Fuori strada

di LittleSun
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Soltanto Aloe ***
Capitolo 2: *** L'avvocato e l'artista ***
Capitolo 3: *** Regole per una sana convivenza ***
Capitolo 4: *** Bel pigiama! ***
Capitolo 5: *** Maledetto Jason! ***
Capitolo 6: *** Che cos'è per te l'amore? ***
Capitolo 7: *** Ormoni, questi sconosciuti. ***
Capitolo 8: *** Ally dice bugie ***
Capitolo 9: *** La veterinaria e il gelato di soia ***
Capitolo 10: *** Chi la fa l'aspetti ***
Capitolo 11: *** Grigio ***
Capitolo 12: *** Nero ***
Capitolo 13: *** Resta con me ***
Capitolo 14: *** Quella persona ***
Capitolo 15: *** L'amore è un brutto anatroccolo ***
Capitolo 16: *** Sognando tette ***
Capitolo 17: *** Sono una stupida ***
Capitolo 18: *** Salvate il soldato Jason ***
Capitolo 19: *** Soltanto Dafne ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Soltanto Aloe ***


Capitolo 1

Soltanto Aloe
 
Capita che nella vita a volte dobbiamo modellarci sul desiderio di qualcun altro, diventiamo qualcuno solo per non deludere le aspettative che vengono riposte su di noi, mettiamo da parte noi stesse perché così nessuno ci guarderà con disappunto, disprezzo.
Non possiamo fare a meno di desiderare che le persone che ci circondano ci accettino ma facciamo l’errore di annullarci pur di essere accettati.
Viviamo nell’incertezza che se fossimo semplicemente noi stessi allora nessuno ci vorrebbe.
Mi chiamo Dafne Morris ma mi faccio chiamare Aloe, non c’entra niente lo so, ma Dafne è un nome troppo pesante che sono costretta a portare , un nome che deve fare sempre mostra di sè. Aloe è una cosa che ho scelto io, viene solo da me e adesso quasi tutte le persone che mi conoscono mi chiamano così.
All’inizio, ovvero quando avevo 13 anni, ero conosciuta così solo nei forum di storie dove pubblicavo, era il mio nickname, il mio alter ego, scrivevo storie che piacevano a molte ragazze e tutte mi chiamavano così, anche quelle che mi conoscevano poi con il nome di Dafne mi continuavano a chiamare Aloe.
Ho imparato ad amare i libri, la scrittura, ad inneggiare alla fantasia perché ci fa scoprire mondi in cui nessun aereo o treno ci possono portare, mondi che stanno chiusi nella testa di una persona o che possiamo creare noi stessi come vogliamo.
Aloe ha sempre voluto fare la scrittrice, viaggiare e scoprire le novità, non vuole catene, nei libri ha trovato un porto sicuro, la sua seconda casa quando aveva problemi a scuola, quando sua mamma la rimproverava, quando piangeva nascosta sotto le coperte perché non riusciva a fare amicizia a scuola.
Dafne era l’opposto di Aloe, era stata creata per soddisfare tutti i desideri inespressi della madre e in seguito della zia, che era andata vivere con la sorella dopo che era rimasta vedova così da poter aiutare in casa dato che mia madre aveva avuto me con non si sa chi, due donne frustrate e austere, prive di immaginazione, di amore, con sorrisi tirati e veri sorrisi solo quando la cosa le toccava in prima persona.
Dafne non piangeva mai davanti a nessuno, era sempre ordinata, perfetta.
La scrittura non era per lei come non era per lei qualsiasi cosa non desse soldi, fama e un lavoro fisso, questo le era stato insegnato sin dalla più tenera età e questa era l’unica cosa che poteva fare per non soccombere alle prediche della zia e della madre.
Devo diventare un importante avvocato, non uno qualunque ma il più importante, se fallisco vorrà dire che non sono capace, che sono stupida, così mi ripete mia madre non appena c’è l’occasione e lei la trova sempre.
Una volta sola ingenuamente avevo osato dire che volevo fare la scrittrice FORSE, mia madre aveva finto di svenire e poi aveva pianto guardandomi con uno sguardo deluso, la zia le si era seduta accanto e l’aveva consolata, distruggendo me però.
Non posso dimenticare le sue parole, sono impresse nella mia mente e mi bloccano, ogni volta che provo a immaginarmi in qualche ruolo diverso dall’avvocato quelle parole corrodono il mio sogno.
“Una scrittrice, fallita, stupida, disoccupata, morta di fame… è questo che vuoi essere? Non avresti mai successo, ci sono scrittori importanti, ma tu non sarai mai come loro. Sei una ragazzina arida brava solo a imparare a memoria dai libri, non potresti mai scrivere, chi ti credi di essere? Vuoi fare morire tua madre che si è rovinata la vita per te?”
non avevo osato ribattere, non avevo osato più e basta.
Avevo 15 anni quando era successo questo e da allora non era rimasto più niente di Aloe se non dietro il computer.
Alla fine sono diventata quello che voleva mia madre con l’appoggio di mia zia, una ragazza impeccabile, a modo, studiosa, sempre ottimi voti, anche bella dicevano, cosa che secondo loro serviva nel caso avessi sbagliato qualcosa negli studi. Io annuivo, ho imparato ad annuire, non c’erano scelte oltre questa comunque.
A mia madre non importava che non avessi praticamente nessun amico, che fossi sempre sola e che ogni tanto dalla mia camera si sentissero singhiozzi, nessuno mi consolava, ero solo debole se piangevo.
Nulla aveva cambiato che all’età di 18 anni avessi problemi di anoressia nervosa, mi avevano portato dal medico e poi dalla psicologa ma non erano serviti a niente gli avvertimenti fatti dai dottori a quelle due donne di ghiaccio, loro annuivano e a casa mi tormentavano poi accusandomi di non valere nulla.
Così una sera avevo deciso di dare una fine alla mia storia, un finale scelto da me come facevo nelle mie storie dove decidevo io, mi chiusi in bagno e con un rasoio tracciai due linee nei polsi, non volevo vivere una vita così. Vedevo i miei coetanei e li invidiavo, volevo essere come loro, volevo innamorarmi, uscire, giocare, non volevo essere una marionetta per sempre volevo diventare una bambina vera, ma nessuna fata madrina era mai venuta da me e nessun padre aveva rischiato tutto per me.
Dopo quell’incidente da cui purtroppo ero stata salvata, i medici e la mia psicologa si erano imposti su mia madre e la zia mettendole davanti a una scelta definitiva o dopo il liceo mi mandavano a studiare fuori o loro prendevano provvedimenti legali, così si era arrivati alla conclusione  che mi avrebbero mandato a studiare fuori città pur che avessi continuato gli studi legali, per me era più di quanto potevo solo osare sperare, così accettai, piano piano i miei problemi nervosi si dileguarono riducendosi a qualche conato di vomito in periodi particolarmente stressanti e non mi tagliai mai più.
Mi comportai sempre da Dafne ma incominciai a farmi chiamare Aloe, soltanto Aloe.



Angolo dell'autrice:
Ciao a tutte !
Se siete arrivate fin qua sotto solo per questo avete già la mia gratitudine e sarò felice di leggere una vostra opinione a riguardo se l'avrete che siano consigli o altro, sono ben accetti purchè i modi siano gentili, se qualcuno facesse una critica sgarbata probabilmente ne soffrirei... ahahah xD
Se avete dubbi o qualsiasi altra domanda sarò ben felice di rispondervi, quindi non siate timide, io per scrivere qua sto combattendo con i denti contro la mia timidezza.
Amo leggere da quando sono piccolina, leggo sempre tutti i giorni, ogni giorno, la lettura per me è qualcosa di profondo, una dolce carezza, non so come farei a sopravvivere senza, rispetto ogni singola autrice di questo sito sia che io abbia letto la storia sia che io non l'abbia fatto, rispetto le persone che scrivono perchè riescono a regalare qualcosa al lettore, qualcosa che poi ognuno di noi fa crescere dentro di sè.
Sono una appassionata di storie romantiche e fantasy principalmente, non mi piace il genere horror. çWç
Mi sono iscritta qui quando ho deciso che avevo voglia di storie d'amore e non ne trovavo più in giro che mi interessassero ed indovinate? sono finita direttamente nel paradiso della storia d'amore, dove ho trovato storie che davvero non hanno niente di meno di alcune pubblicate nei libri.
Comunque ho parlato troppo!
E' la prima storia che pubblico qui quindi spero sarete magnanime e prego chiunque commenterà di non farlo con l'aspettativa di publicizzare la sua storia, non è il caso e vi prego di non farlo.
Ooook, non mi viene altro da dire.
Grazie ancora se siete arrivate fin qua giù :D
A presto,
LittleSun

p.s. pubblicherò regolarmente una volta alla settimana e se ritarderò avvertirò a tempo debito, non sono una persona che fa aspettare tanto perchè sono la prima che soffre moltissimo quando aspetta un capitolo e l'autrice fa aspettare più del dovuto ç___ç

 

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Capitolo 2
*** L'avvocato e l'artista ***


Capitolo 2
L'avvocato e l'artista
Finalmente la mia stanza era diventato un ammasso di scatole, borse e valige, il letto mostrava uno scarno materasso e in quella prigione, ovvero la mia stanza, non rimaneva più nulla di me se non un passato da dimenticare. Stavo lasciando Boston finalmente, la settimana prima avevo trovato una stanza in un appartamentino in un quartiere vicino a dove frequentavo i corsi di legge, ai due sergenti di ghiaccio avevo detto la coinquilina era una donna ma obbiettivamente non sapevo nulla né avevo voluto indagare dato che quelle due aspettavano una qualsiasi pecca nel piano per farmi restare a casa ma fin’ora non c’era stato nulla a loro favore, avermi fatto crescere così perfettina aveva avuto i suoi vantaggi.
Tra poche ore avrei avuto il volo, volo che mi avrebbe portato lontano da qui, il mio primo volo in aereo. Emozionata? Di più.
“Dafne hai preso tutti i libri che ti servono? Non vorrei che li lasci qui e pensi di stare andando in vacanza” mia mamma prontamente distrugge il mio momento di estasi, torturandomi con i soliti discorsi. E’ una donnetta bassa, piatta come una tavola, sempre in tailleur e con i capelli neri legati sempre in un austero chignon,mi guarda con freddezza e incrocia le braccia al petto
“Ho preso tutto, non sto andando in vacanza, sto andando fuori per studiare” ribatto mentre metto la giacca.
“La tua carta di credito verrà ricaricata ogni tot con i soldi concordati ogni mese spero fino ad allora saprei farteli bastare ma in caso dimmelo subito, non voglio mia figlia sembri una morta di fame. Ma se non avrai risultati taglio i fondi e dovrai provvedere da sola a tutto, non ho interesse  a mantenere un fallimento, mi piacciono solo i buoni investimenti!” crudele, come al solito.
“Lo so, non c’è bisogno che dici sempre le stesse cose, lo so maledizione!” il mio tono diventa tagliente come un coltello.
“Modera i toni ragazzina, chi ti credi di essere?” ed ecco che interviene la copia di mia madre solo più alta, la zia.
“Nessuno” borbotto guardando per terra, sempre due contro una, così funzionano con loro.
“Comunque questo è per te, dicono che a New York ce lo hanno tutti, fanne buon uso” mia madre mi passa uno scatolo, fisso perplessa prima il pacco e poi lei, un regalo? A me? Di solito ero abituata a ricevere regali solo dopo un ottimo voto, come premio e uno al mio compleanno, a Natale solo se il quadrimestre si chiudeva bene sennò nulla, ora io non avevo fatto nulla.
“Forza aprilo” mi sprona lei scocciata.
Scarto il regalo e dentro c’è un tablet, moderno, con mille funzionalità.
“Bellissimo, grazie!” utile, leggero, perfetto per portarlo in giro, lo guardo allibita, poi do due baci composti in guancia a mia zia e a mia mamma.
“Fanne buon uso e non stare a giocare” dice la zia.
“Si” fine degli entusiasmi, è il caso che io vada.
 
Arrivate all’aereoporto, dopo avere spedito gran parte dei pacchi, restano solo due trolley da imbarcare e un piccolo bagaglio a mano da salire con me.
Mia mamma è tesa come una corda di violino, non si è mai separata da me per più di due giorni ed erano stati casi rarissimi. Forse, chi può dirlo, le mancherò.
Prima saluto mia zia così che possa essere breve e coinciso, poi passo a mia mamma e nonostante sia stata la causa di molti miei dolori la abbraccio e nascondo il viso nel suo collo come facevo quando ero piccola, molto piccola.
La sento deglutire e poi mi passa una mano frettolosa nei capelli, mi sussurra piano “Stai attenta Dafni”.
Non mi chiamava Dafni da quando avevo cinque anni, prima era il suo abbreviativo tenero, il suo modo di richiamarmi o di dimostrarmi affetto, sentirglielo dire ora me la fa sentire un po’ più vicina, mi si inumidiscono gli occhi, alla fine tutto quello che ho fatto fin’ora era per essere amata da lei, per sentirmi apprezzata, per sentirmi ancora chiamata così. Mi stacco e la guardo, lei deve notare i miei occhi umidi e le si appannano anche a lei ma non dice nulla e si trattiene.
“Stai attenta anche tu” le rispondo con un tono tremulo e piano, le stringo una mano delicatamente e mi volto diretta al volo, verso una nuova vita.
In aereo tesa come una corda di violino  mi siedo, il pensiero che tra poco mi solleverò in cielo mi fa ingarbugliare lo stomaco e sommato al fatto che da domani starò sola sento un senso di nausea impossessarsi di me, ma mi trattengo e poggio la testa sul finestrino freddo.
Scorgo il mio riflesso, il mio colorito di solito pallido ora è quasi cadaverico, i miei occhi verdi con sfumature castane sono sgranati e i miei capelli color caramello sono legati in una morbida treccia, poi chiudo gli occhi perché la nausea non accenna a farsi da parte.
Quando l’aereo decolla rischio di vomitare a spruzzo sul sedile di fronte a me, accanto a me c’è un uomo che ride solo da un po’, mi allunga una bottiglia con un liquido trasparente e lo versa in un bicchiere offerto dalla compagnia, pensando sia acqua lo bevo e mi brucia tutta la gola.
“Che roba è?” chiedo facendo una smorfia disgustata.
“Vodkaaaa!” mi urla felice, poi ride e infine si addormenta.
“Merda” non avendo mai preso alcolici , la mia reazione è prevedibile incomincio a ridere sola e poi mi addormento anche io. Inizio trionfale… davvero.
 
Mi sento scuotere per una spalla, mi gira la testa.
“Miss? Miss? Mi sente?” una voce delicata ma che non conosco mi parla vicino all’orecchio, con fatica apro gli occhi e mi guardo intorno, vedendo di fronte a me una donna con un cappellino azzurro e una divisa  sgrano gli occhi e mi guardo intorno.
L’aereo è vuoto, deserto… che cavolo è successo? Poi mi ricordo dello stress che avevo e dell’uomo che mi aveva offerto quell’alcolcolico, brava Aloe, nessuno ti ha mai detto che non si accettano cose dagli sconosciuti?
“Si? Mi dica? Siamo arrivati?” biascico.
“Si, la chiamo da circa dieci minuti, la pregherei di scendere per favore” mi chiede cordiale.
“Mi scusi” mi alzo e barcollando mi dirigo all’uscita, una volta recuperati tutti i bagagli tiro fuori dalla borsa la cartina e incomincio a studiarla, alla fine opto per un taxi ci manca solo che in questo stato vado in metro.
Salita in taxi do il nome della via e mi accoccolo vicino al finestrino per imprimere nella mia mente ogni dettaglio più piccolo di questo nuovo posto.
New York è piena di palazzi, il verde è quasi inesistente, c’è molta vita, gente che esce e entra come un fiume agli ingressi della metropolitana.
Il quartiere dove c’è il mio condominio si trova un po’ fuori mano ma ha un ingresso della metro a un passo quindi non è un problema, o così almeno la proprietaria della casa mi ha detto.
Arrivo davanti alla mia nuova casa con 5 minuti di ritardo, per me deplorevole ma tutto sommato un miracolo dato che mi stavano dando per morta su quell’aereo. Una signora tarchiata vestita di rosa mi sta aspettando all’ingresso, intuisco che aspetta me perché appena vede che sto scendendo le valige si sbraccia e mi corre incontro.
“Benvenuta Miss Morris, io sono Eliza Bloom ma puoi chiamarmi Eliza, è andato bene il viaggio?” mi prende una valigia e zampetta via verso l’ingresso, io mi limito a rincorrerla.
“La prego mi chiami Aloe, scusi per il ritardo ma durante il volo mi sono addormentata e non riuscivo proprio a svegliarmi” dico mortificata.
“Ritardo cara? Si vede che sei una signorina per bene! Comunque la casa è al terzo piano, ovvero l’ultimo, il condominio apparteneva a mia madre ma l’ho ereditato io, oltre la vostra casa ci sono nell’immobile tre famiglia, una signora anziana e un cinese. Il tuo coinquilino è un bravo ragazzo, a suo modo, spero saprete metterlo in riga” blatera all’infinito anche mentre siamo in ascensore, io allo specchio mi do una sistemata non voglio presentarmi come una barbona o una donna trasandata. Quindi sono in casa con un uomo, spero non si riveli imbarazzante, non do segni di provare disagio e rispondo al fiume di parole di Miss Bloom con cenni di assenso.
Arrivate al mio piano lei rimane in ascensore, mi da il suo bigliettino da visita, mi saluta pimpante e se ne va.
Mi fermo davanti la porta di quella che dovrebbe essere casa mia e deglutisco, nella mia mente mi limito solo a sperare che vada tutto bene e che la convivenza non sarà un supplizio, prendo coraggio e suono il campanello.
Dalla casa sento rumore di un vetro rotto, poi uno strillo di donna, borbottii concitati e varie imprecazioni di cui sconoscevo l’esistenza e infine la porta si apre.
La gola mi si secca totalmente e punto gli occhi con accuratezza nello stipite della porta, mio dio!
Il ragazzo che mi ha aperto la porta è a petto nudo con una tovaglia messa a vita bassa che a stento copre quello che dovrebbe coprire, ha i capelli biondi e bagnati, i pettorali tutti umidi e mi guarda sorpreso.
“Tu sei?” chiede scocciato.
“La nuova coinquilina” dico dubbiosa cercando di guardarlo in faccia per educazione senza fare vagare lo sguardo altrove.
“Cazzo troia, era oggi? Merda si, entra” tre parolacce in un secondo, record!
“Emh… si, grazie” entro a capo chino e mi metto in quello che sembra l’ingresso.
“Aspetta qui” dice e senza aspettare una risposta scompare, si chiude nella sua stanza e sento altre risatine, rumori strani.
Compare dopo 5 minuti, in cui sono diventata rigida come un legno, si è vestito, sembra. Indossa dei pantaloni da tuta blu a vita bassa e una tshirt sporca di colore che aderisce perfettamente sui pettorali.
“Allora, ragazze ci sentiamo” dice rivolto all’interno della sua stanza, io sono rigida di lato alla porta dell’ingresso, ragazze?
“Si Jas, ciao!” dice una donna orientale uscendo dalla stanza, lui le da uno schiaffo sul sedere, questa mi passa vicina e se ne va.
“Ok, ciao dolcezza” una donna di colore segue l’altra, lui le da nuovamente lo schiaffetto e quella va via anche.
“Bye honey” una biondona tettona gli tocca la patta dei pantaloni, lui le da una patta sul sedere e anche lei mi passa accanto tirandosi dietro la porta.
Io per quanto di ghiaccio non riesco a nascondere il mio sguardo sconvolto, non si può dire che fosse razzista aveva almeno tre etnie diverse dentro quella stanza, noto che mi sta osservando perplesso.
“Tre?” chiedo senza pensare, lui mi fissa e dopo si apre  in un grande sorriso.
“Capita, comunque quella è la tua stanza” dice dirigendosi verso una stanza poco lontana dalla sua, in fondo al corridoio, apre la porta e io mi affaccio la testa per vedere dove sono finita.
Accendo la luce e uno scarafaggio mi passa accanto alla mano che avevo posato sull’interruttore mi scappa uno strillo e salto indietro fissando la stanza e in lontananza vedo altri due che scappano in punti nascosti ed inizio a urlare isterica.
“ODIO GLI SCARAFAGGI, LI ODIO. PERCHE’ QUESTA STANZA E’ UN IMMONDIZZAIO?” fisso l’interno di quella che dovrebbe essere la mia stanza ma che ricorda molto di più una piccola discarica privata, a gli angoli ci sono cibi lasciati lì a marcire, oggetti rotti e bottiglie di alcolici vuote e, aguzzando lo sguardo, noto un preservativo.
Mi volto con un’aggressività che non avevo mai rivolto verso nessuno, fisso il mio coinquilino che sta guardando con una fasulla concentrazione la polvere poggiata sul mobile del corridoio.
“Tu. Dimmi. Subito. Perché. La. Mia. Stanza. Fa. Così. Schifo!” gli ordino sibilando e puntandogli l’indice al petto.
Lui alza mollemente lo sguardo dal mobile, si stiracchia e mi fissa annoiato “Mica sono la signora delle pulizie” e si dirige verso una stanza che ancora non ho visto, lì per lì rimango basita, mi ha davvero risposto così?
“Forse non capisci. Dimmi perché la mia stanza ha PALESI tracce della tua presenza!” indico il preservativo ma lui è già andato via e non si volta.
“Il mangiare non ce l’ho messo io, è dei vecchi proprietari e il preservativo invece… non saprei, forse anche quello è dei vecchi proprietari” risponde dall’altra stanza, mi si accappona la pelle al pensiero dei microbi, della muffa e dell’orrore che c’è in quella stanza. Prendo un fazzolettino dalla borsa che stringo convulsamente tra le mani e chiudo la porta della “mia stanza” rabbrividendo. Poi raggiungo a passo di marcia la stanza da cui mi rispondeva il signorino e mi ritrovo in una cucina, forse, dato che ogni mobile è ricoperto di cartacce, rifiuti e piatti sporchi, lui è seduto su una sedia che mangia dei resti di patatine fritte, di mattina! Sono sconvolta, lo fisso disgustata e sgrano gli occhi.
“E’ tutto lurido qui… tutto sporco, schifoso, disordinato. TU! Sei la disgrazia di questa casa, perché non pulisci?” mai nella mia vita mi ero sentita così arrabbiata, volevo prenderlo e lavare i piatti con i suoi bei capelli biondi.
“Ma che vuoi? Sei appena arrivata e già rompi, che noia! La casa, tranne la tua stanza, vengono pulite una volta al mese da una mia conoscenza” dice guardando deluso il pacchetto di patatine che sembra avere finito le sue risorse.
“Tua conoscenza? Non la manda Eliza?”
“Eliza è avara ci farebbe aumentare l’affitto di un sacco, viene una mia amica, una ragazza casa e chiesa che mi porto a letto una volta al mese e lei siccome non vuole farlo nella sporcizia pulisce tutto e poi me la scopo” diretto, lascivo e … opportunista.
“Io sono… senza parole. Tu usi una povera ragazza sia sessualmente che come donna delle pulizie? e lei te lo permette?” allibita, se potessero gli occhi mi cadrebbero dalle orbite.
“Ehi! Non trattarmi come un maniaco sessuale è quella che facendo tutto il tempo la santarellina a un certo punto mi chiama assatanata, io la aiuto a sfogarsi, non sia mai che io rifiuti una signora che mi chiede aiuto” dicendo ciò mi guarda poi languidamente, il mio sopracciglio si inarca fino a quando non ho la sensazione che sia sparito.
“Ok ok, basta, buon per voi, non voglio sapere altro. Ora, la cosa è una e non ci sono alternative. Resta a casa, io sto uscendo! C’è un supermarket qui vicino? Torno subito, hai soldi? Così anticipo io e poi me li restituisci” mi trasformo nel sergente di ferro frutto della mia rigida educazione, tono pragmatico, spicciolo e autoritario.
“Come vuoi, basta che poi la smetti di rompermi le palle” alza le spalle e butta il pacchetto di patatine vuoto per terra, cos’è questo soggetto? Un povero maiale sarebbe più pulito e forse la convivenza non mi sembrerebbe così abominevole.
“Così sia. Solo un’ultima curiosità, anzi due!” dico ricordandomi improvvisamente, lui alza gli occhi al cielo ma si limita a stare in silenzio.
“Uno, a quando risalgono gli ultimi coinquilini che sono stati nella mia camera?” so che sarà in qualche modo rilevante la risposta.
“4 mesi…” sbuffa annoiato e io lo ignoro, sono sbigottita, quella stanza è un porcaio da mesi, se anche respiro la dentro mi prendo qualche malattia gravissima, chiudo gli occhi e respiro profondamente, calma Aloe, Calma.
“Seconda domanda, come ti chiami?” sorrido timidamente, ero così presa dal volerlo uccidere, cosa che vorrei fare tutt’ora che ho saltato la parte in cui mi presentavo, educatamente.
“Jason, ma puoi chiamarmi Jas” dice e sta volta mi sorride divertito, probabilmente anche per lui presentarsi ora è abbastanza assurdo.
“Io sono Dafne, ma puoi chiamarmi Aloe”
“Che cazzo c’entra?” un signore, davvero.
“Lunga storia, ma preferirei mi chiamassi Aloe” la chiudo lì, non mi va di farmi psicanalizzare da uno che non rispetta neanche il luogo in cui vive.
“Cosa studi?” sembra curioso.
“Giurisprudenza,tu?” lo scruto non sapendo cosa aspettarmi.
“Oh oh, abbiamo un avvocato qui! Io studio all’accademia di belle arti, sono un’artista” fischia quando sente la professione a cui ambisco. Eccoci qui, l’artista e l’avvocato che vuole fare l’artista. Gli scherzi del destino.

 
Angolo dell'autrice:
Ciao a tutte, ho deciso di pubblicare solo per questa settimana un capitolo in più solo per presentare anche il nostro protagonista maschile, spero il capitolo vi piacerà.
Vorrei premettere che ho stabilito che Aloe si trasferisce da Boston a New York ma non darò mai informazioni dettagliate riguardo determinati luoghi o altro perchè conosco poco e niente di New York e tantomeno di Boston. Mi manterrò sul vago e alcune cose le inventerò direttamente per facilitarmi le cose. XD
Finalmente Aloe sta lasciando casa, riuscirà a sopravvivere a questo tsunami di immondizia che è il suo coinquilino? Secondo me saprà metterlo in riga ma chissà ;)
Grazie a chi leggerà e lascerà una traccia del suo passaggio e a chi leggerà silenziosamente.
Alla prossima settimana,
LittleSun

 

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Capitolo 3
*** Regole per una sana convivenza ***


Capitolo 3
Regole per una sana convivenza

Una volta finite le presentazioni sono uscita di casa, mi sono fatta spiegare dov’era il supermarket e ora eccomi qui a riempire carrelli di detersivi, detergenti, disinfettanti, stracci, scope, palette, pezze… ovviamente a casa non c’era un solo di questi magici accessori, compro anche guanti e mascherine, non si sa mai.
Pagato il conto torno a casa con un animo combattivo nuovo, spalanco la porta e la chiudo dietro di me, lui esce dalla cucina e appena vede cosa sto trasportando un lampo di comprensione gli passa nello sguardo e i suoi occhi azzurri mi fissano con sospetto.
“Io esco…” un finto tono indifferente accompagna la sua camminata verso la sua stanza ma io con il manico della scopa gli blocco l’accesso mozzandogli quasi le mani.
“No. Tu aiuti me, adesso” tono autoritario imparato senza volerlo da mia madre, più tardi lo rimpiangerò ora ne ho davvero bisogno perché sono davanti a un caso umano.
“Mi stavi per mozzare le mani!” mi fissa  sbigottito e arretra.
“Aiutami, ora!” continuo a fissarlo minacciosa.
“Va bene, ho capito, sei pazza” c’è del risentimento nel suo sguardo e nei suoi occhi ma me ne frego così impara a vivere nella sporcizia.
Decidiamo di affrontare tutte le stanze insieme, gli passo guanti e mascherina e nonostante lui sia refrattario appena intuisce che puliremo anche la mia stanza le mette subito senza fare storie. Preparo le buste e il pesticida contro qualsiasi forma di essere vivente proveniente da fogne e dintorni.
Rientriamo in stanza, ringrazio il cielo di essermi vestita in maniera comoda , appena accesa la luce i tre scarafaggi di prima corrono in tutte le direzioni, io strillo di nuovo, Jas impreca e parte alla carica, una la stronca con un colpo di scarpa e le spruzza il pesticida sopra, le altre le uccide con il veleno, io mentre rimango immobile paralizzata dal disgusto.
Una volta essermi fatta giurare che sono morte e avergli fatto controllare tutti gli angoli prendo la paletta e le raccolgo per poi buttarle in una busta che chiudo subito.
“Guarda che se sono morte non tornano in vita” mi fissa perplesso, probabilmente pensa che ho dei problemi mentali.
Una volta uccisi gli insetti  però collaboro anche io, insieme spostiamo tutti i mobili che ci sono, alcuni decido di buttarli e lui vedendo le loro orride condizioni mi appoggia e non fa storie, passo straccio e disinfettanti ovunque, poi tocca al letto, entrambi lo fissiamo ora per la prima volta e facciamo contemporaneamente una smorfia di puro disgusto.
Sul letto ci sono chiazze varie di sangue, piccole e grandi, Jason prende la parola con un tono divertito.
“Le possibilità sono tre: uno- ci hanno sverginato sopra un cavallo; 2- ci hanno sverginato sopra più di una donna; 3- ci hanno ammazzato qualcuno” poi ridacchia, io dal conto mio invece ho un colorito verdastro e riesco solo a mormorare tra un rantolo e l’altro “Magari era una donna con il ciclo…” zero convinzione e infatti lui sbuffa e poi ride sonoramente.
“Sorvolando che se fosse veramente così questa doveva avere uno tsunami o non mettere mai l’assorbente, ti posso assicurare che questa stanza ha visto solo proprietari maschi nella sua lunga esistenza, me lo ha detto Eliza”.
Mi limito a pigolare, sto per rimettere.
“Quindi che vuoi fare?” mi fissa in attesa.
“Lo bruciamo” dico con un tono un po’ folle.
“Fai paura… lo buttiamo? Chiama un’azienda in modo che te ne portino uno nuovo in tempo e fai in modo che si portino via questo” mi suggerisce e io annuisco.
“Lasciamolo così allora, la stanza la completiamo non appena ho il materasso, ora puliamo le altre stanze” mi dirigo fuori e punto al bagno.
Con mia sorpresa non è messo male come le altre stanze, lui si accorge della mia sorpresa e mi sorride compiaciuto.
“Io non sarei così felice di avere il bagno meno sporco delle altre stanze, mi vanterei se fosse pulito” dico mentre mi piego a pulire la vasca.
“Ma sei una nonna, fatti una bella scopata” borbotta mentre si piega a pulire con disappunto il water a cui non mi sono neanche avvicinata. Mi irrigidisco sentendo questa battuta e mi limito a non rispondere, sono una ventenne vergine, ho dato solo un bacio nella mia vita, mai stata fidanzata, mai avuto, tanto meno, un rapporto.
“Secondo te il materasso arriva entro sta sera?” cambio discorso.
“Penso di si… lo spero per te” ridacchia.
“Posso sapere cosa ti diverte?” mi volto a guardarlo senza capire.
“Perché sennò dove dormi?” mi paralizzo, ha ragione.
“Ci sarà un divano in questa casa, no?” è una soluzione, tanto è solo per poco.
“Oh si, c’è il divano…” il tono che usa è strano, divertito e…compiaciuto, faccio un immediato due più due.
“Non mi dire! Nel divano anche?” afflitta mi siedo un po’ sul pavimento del bagno a riposare poggiando la schiena sul bordo della vasca da bagno e lo guardo avvilita.
“Un po’ ovunque ma mica potevo sapere che qualcuno ci avrebbe voluto dormire” dice a sua discolpa.
“ E allora  dormo in un albergo e domani mattina torno, maledizione!” la stanchezza inizia a farsi sentire ma siccome ancora mancano due stanze e una di quelle è la cucina non posso permettermi di scoraggiarmi e mi alzo per finire di pulire.
“Prima vedi che ti dicono in negozio”  ribatte lui concludendo il discorso.
“Giusto” e cadiamo entrambi nel silenzio, stanchi e provati dalle ore no stop di pulizia.
A metà pomeriggio finalmente abbiamo finito, la casa splende come un gioiello, mi sono premurata di ordinare insieme al materasso e un nuovo armadio anche un copri divano bordeaux con cui voglio rivestire  l’oggetto profanato.
Lui si va a stendere sul divano esausto io invece prendo un foglio dal blocco appunti che tengo in borsa, mi siedo al tavolo pulito della cucina e mi concentro per scrivere le regole della sana convivenza.
 
Regole per una sana convivenza con Aloe
1-   Una volta a settimana si pulisce tutta la casa insieme, dividendo le spese dei prodotti.
2-    Le spese del cibo si dividono anche così come i turni quotidiani di cucinare e lavare i piatti.
3-   Negli spazi comuni è vietato accoppiarsi come conigli in primavera.
4-   Negli spazi privati non di propria proprietà è vietato accoppiarsi o entrare.
 
 
Soddisfatta finisco di compilare e aggiungo un “Continua…” , perché sono certa che il mio coinquilino me ne darà motivo, e la incollo sulla porta dell’ingresso dal lato rivolto all’interno.
Jason mi compare alle spalle e legge la lista, fissa me e poi la lista , prende la penna che avevo messo dietro l’orecchio e aggiunge in un bordo del foglio “Sto cazzo :) ”  e poi se ne va ridendo.
Lo afferro per un bordo della maglia e gli dico con un tono che ricorda il ringhio di un animale “Tu rispetterai queste regole”.
“Va bene, va bene, mamma mia sei terrificante. Che cazzo hai fatto per tutta la tua infanzia per essere ridotta così?” mi sbraita spazientito.
“Chiedilo a chi mi ha educata!” ribatto punta sul vivo e mi chiudo in bagno raggomitolandomi per terra, sono una strega, una maledetta strega.
Devi restare calma Aloe, non devi reagire così,  è normale che tu ti sia seccata, al posto di entrare in una casa bella e pulita sei arrivata e subito hai dovuto pulire un porcile con una delle persone più disinteressate del pianeta.
Ti ha insultata solo perché non sa in che altro modo relazionarsi, non che io sia un’esperta in relazioni in effetti ma almeno il mio modo di rapportarmi non offende nessuno oltre me stessa.
Mi alzo dal bagno, mi ricompongo ed esco per sistemare i vestiti fuori dagli scatoli e li smisto in categorie sul letto in modo da ritrovarmi avvantaggiata una volta arrivato l'armadio, lui è scomparso forse è dentro la sua stanza, meglio così! Sistemo la roba nella scrivania e svuoto vari scatoloni in modo da fare ordine e non sentirmi all'interno di un magazzino.
La mia camera ora pulita mi risulta più confortevole, ha una finestra abbastanza grande che si affaccia sulla strada regalandomi, dato che sono all’ultimo piano, un bel panorama pieno di silhouette di grandi edifici che si allungano verso il cielo, un cielo che mi è permesso vedere da qui ogni qual volta il suo colore  cambia.  Ed è nel silenzio della mia camera con lo sguardo puntato verso  l’esterno  che finalmente sono consapevole di essere libera
.

Angolo dell'autrice:
Salve a tutte, per oggi pubblicherò di lunedì perchè avevo il capitolo già pronto ma più avanti in base alla mia velocità il giorno cambierà MA l'appuntamento settimanale rimane, quest'anno devo diplomarmi ma comunque un pò di tempo per me lo trovo sempre anzi DEVO trovarlo perchè sennò impazzisco, davvero. XD
Coooomunque i primi capitoli saranno di passaggio giusto per fare conoscere i personaggi tra loro e farli conoscere a voi, piano piano si entrerà sempre più dentro la storia e spero che vi piacerà, al solito ringrazio anticipatamente chi recensirà e ringrazio anche chi legge in silenzio e quelle persone gentilissime che mi stanno seguendo. Grazie davvero, sarò sempre felice di ricevere vostri pareri. Il capitolo alla fine sembra breve quindi probabilmente sarò buona e ne pubblicherò un'altro tra venerdì e sabato! (ho almeno altri 3 capitoli pronti, poi pazienza ç_ç)
Alla prossima,
LittleSun p.s. Alla fine la citazione che ho messo nella trama era del capitolo 3 e non 4...scusate:P

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Capitolo 4
*** Bel pigiama! ***


Capitolo 4
Bel pigiama!

Il materasso il giorno prima era arrivato giusto in tempo per non farmi dormire in un albergo o per terra, a seconda dei casi, così ero andata a dormire serena nella mia nuova camera dopo avere messo un pò in ordine l'armadio e avere mangiato una pizza velocemente nella solitudine della mia nuova casa dato che Jason era uscito subito dopo essersi ripreso dalle pulizie.
Sono degli urli che mi risvegliano però dal mio gradevole torpore, non distinguo bene perché quando mi sveglio di solito ci metto un’ora per connettere il cervello, quindi quando il mio sonno viene interrotto non mi metto a fare due più due ma mi alzo di scatto e a tentoni cerco un’arma, trovo una gruccia.
Qualcuno sta urlando in casa, una donna sembra, vedo di sfuggita l’orologio e sono le sei del mattino, deglutisco a fatica e barcollando arrivo dietro la porta, riesco a sentire gli urli meglio da qui, ogni tanto diventano dei mugolii, forse la donna sta morendo, devo intervenire.
Ancora presa di sonno spalanco la porta della mia camera facendomi coraggio e tenendo la gruccia come un’arma mi dirigo verso la fonte del suono.
Tengo gli occhi semi chiusi perché non riesco ad aprirli bene, la voce viene dal salone, la porta è chiusa.
Avverto solo dei lievissimi mugolii ora, prendo un grosso respiro e spalanco la porta.
Nel momento in cui spalanco la porta però il mio cervello sembra finalmente risolvere il mistero, ma è troppo tardi, i miei occhi vedono cose che non avevano mai visto, spalanco la bocca basita, lei piegata e lui dietro di lei, mi guardano stupiti e… nudi.
Mi paralizzo, totalmente e deglutisco a vuoto.
“Ma che cazzo?!” dice Jason mentre con nochalance esce da dentro di lei e mi si avvicina, sempre nudo, io arretro e cerco di guardare ovunque tranne che nella sua direzione.
“Scusami, pensavo stessero uccidendo qualcuno” dico imbarazzata, avverto che si è immobilizzato, la donna borbotta qualcosa con tono offeso e lui scoppia a ridere.
“Uccisa? Stavi morendo tesoro?” dice chiaramente rivolto alla tizia.
“Si, di piacere sicuramente” risponde lei in tono derisorio.
“Beh… scusatemi, non volevo disturbarvi, continuate pure” biascico prima che la mia lingua si paralizzi nella mia bocca facendomi rimanere lì immobile e muta. Sono un’idiota. Velocemente chiudo la porta alle spalle e mi dirigo in bagno a passo spedito non prima di sentire dire “ma è normale? Sembra una bambina piccola, con quel pigiama poi” mi deride lei, “Boh, era l’unica disponibile per venire qui” risponde lui, poi non sento come procede il discorso perché chiudo la porta del bagno e apro il lavandino per lavarmi la faccia.
Mi guardo allo specchio, le guance sono arrossate e credo rimarranno così per molto tempo ancora, ma cosa mi è saltato in mente?
I miei capelli color caramello sono al solito legati nella treccia notturna ma nella notte la parte superiore si è gonfiata e ora sembro con un piccolo casco, sospiro e osservo il mio pigiama che era stato argomento di conversazione, lilla con dei merletti nel colletto, che ha di male? Non sono un oggetto sessuale né mi sono mai preoccupata di esserlo quindi la notte dormo con un pigiama caldo e comodo non con un baby doll in attesa che il principe azzurro venga a stuprarmi.
Prendo dalla mia parte di armadietto bagnoschiuma, shampoo e creme idratanti e vado a farmi una doccia per schiarirmi le idee e per prepararmi dato che tra qualche ora dovrò andare al corso.
Nella doccia mi svuoto di qualsiasi pensiero, scordo tutto e mi godo solo il calore dell’acqua e il profumo di cui si è impregnato il vapore.
Finita la doccia odoro di zucchero filato e vaniglia, dolciastro ma amo queste fragranze, mi avvolgo nella tovaglia e i capelli me li stringo in un turbante, prendo la crema idratante e dopo aver ordinato il bagno ed essermi assicurata che non c’è nessuno in giro mi fiondo in camera.
Mi siedo davanti alla finestra e vedo il cielo colorarsi della luce del sole, mi asciugo i capelli lentamente e li lascio prendere volume, tanto poi verranno piastrati, dato che ho i capelli abbastanza lunghi però impiego almeno 20 minuti per asciugarli tutti bene.
Una volta asciutti ancora avvolta dalla tovaglia  apro l’armadio , perfettamente ordinato e diviso in categorie, scelgo una camicetta lunga e lenta rosa antico, dei jeans, un reggiseno a pois e delle mutandine normali, non abbino mai la biancheria; poi scelgo una giacchetta di un rosa antico più scuro legata in vita con una cinturino, degli stivaletti marroncini con un tacco non troppo alto, una borsa abbastanza grande dello stesso colore e occhiali da sole, orologio, orecchini dorati e un bracciale di cuoio.
Mi fisso soddisfatta allo specchio che ho in camera, ho ancora un’ora prima di dover uscire quindi posso concedermi un’acconciatura un pelo più complicata del solito e mi trucco delicatamente, con un po’ di matita nera, ombretto rosa chiaro, mascara e un po’ di lucidalabbra alla fragola.
Sono finalmente le otto e posso uscire di casa, indosso giacca , sciarpa, occhiali da sole e metto il tablet nella borsa ed esco dalla stanza pronta a fare finta di nulla riguardo l’accaduto imbarazzante della mattina.
Vado in cucina per prendere uno snack da mettere in borsa e trovo Jason seduto al tavolo, solo, mi irrigidisco, lui si accorge di me e alza la testa.
“Esci così presto?”
“Si, devo essere a lezione alle nove e dato che esco prima ne approfitto per prendere un caffè al volo” rigidamente prendo lo snack e faccio per andarmene ma poi mi fermo e mi prendo di coraggio “Comunque per favore potresti limitarti ad accoppiarti solo nella tua stanza, per me è molto imbarazzante la situazione e quelle regole che ho attaccato alla porta non sono lì per non essere rispettate” parlo rivolta alla porta.
“Come vuoi… comunque c’è una differenza tra una persona che ha un’orgasmo e una che sta morendo. Come fai a confondere le due cose?” eccola, la presa in giro.
“Non tutti la notte sentendo delle urla riescono a comprendere le cose al volo, la mattina sono piuttosto lenta e la notte ancora meno” rispondo impettita in mia difesa.
“Comunque da ora in poi non preoccuparti più se la notte senti urla, giuro che non farò morire nessuno di piacere, manco a te Miss perfezione” aggiunge alla fine ammiccando, lo guardo con indifferenza mentre tento di nascondere  l’imbarazzo.
“Ne farò volentieri a meno, grazie comunque, ora vado. Questa sera preparo io la cena?” lo guardo nella speranza che non riapra il discorso, mi guarda incuriosito.
“Si, fai tu, io ceno a casa ma dopo esco” aggiunge.
“Come vuoi, preferenze? Sei vegetariano, vegano, onnivoro, carnivoro?” chiedo sorridente perché ho superato la fase peggiore.
“Mangio tutto” sorride e si mette le mani dietro la testa dondolandosi sulla sedia.
“Allora vediamo che riesco a preparare, a più tardi!” esco dalla cucina e mi dirigo alla porta, sento che si alza dalla cucina ed esce anche lui, ma non mi volto, sto per uscire ma mi blocco perché mi sento chiamare.
“Ah Aloe?”
“Si?” mi giro sinceramente incuriosita a guardarlo.
“Bel pigiama!” si lecca le labbra in maniera seducente, io arrossisco e lui scoppia a ridere.
“Idiota” sbotto infastidita e sbatto la porta di casa uscendo.
Fuori prendo grandi respiri e provo a calmarmi, non devo essere così suscettibile  risulto ridicola!
Mi prendo il mio tempo per ritornare nella mia bolla di tranquillità in cui le emozioni sbattono sulla patina e rimbalzano indietro, mi guardo intorno c’è freddo ma il sole che brilla riesce a rendere la temperatura abbastanza mite, sorrido rivolgendo il viso al cielo, prendo il caffè e mentre lo sorseggio mi dirigo alla sede del corso, ci sto un po’ a trovarla ma ,alla fine, arrivo sana e salva.
La sede è abbastanza grande e splendente, fuori ci sono altre persone che parlano tra loro e noto che l’abbigliamento che ho scelto è più che appropriato, emanano tutti un’aria di superiorità e eleganza, nonostante io sia una di loro mi mettono abbastanza in soggezione.
Leggo in un tabellone qual è l’aula del mio corso e una volta entrata scelgo un posto vicino alla finestra in terza fila, in classe ci sono solo altre 3 persone sedute sparse che si fanno i fatti loro, man mano che le ore passano l’aula di questo primo anno si inizia a riempire nel posto accanto al mio non si siede nessuno ed il prof entra, è un uomo brizzolato, vestito elegante con un foulard nero al collo, si presenta come Mr. Gardiner, ci presenta la materia e dopo mezz’ora inizia a spiegare, io prendo appunti, è bravo a spiegare lo riconosco.
A un certo punto la porta si apre ed entra una ragazza vestita meno elegante rispetto a gli altri, si scusa profusamente e il prof si limita a muovere le labbra in una linea retta e ad annuire , lei con il capo chino si dirige verso la mia fila e si siede accanto a me.
“Era libero,no?” mi sussurra rivolgendosi al posto che sta occupando.
“Si, tranquilla” rispondo timidamente, non sono un’esperta nel relazionarmi con il prossimo.
“Che palle questa roba” borbotta fissando il prof e giocando con una matita che ha uscito dalla borsa, la guardo perplessa.
“Come mai studi qui allora?” non posso fare a meno di chiederlo, la curiosità è l’unica cosa che mi sblocca e raramente le persone mi incuriosiscono.
“Guadagnano bene” storce la bocca ma poi mi sorride con uno sguardo complice.
Ha dei grandi occhi nocciola e capelli corti che le arrivano alle spalle spettinati castani anche, sembra vivace e molto intelligente , anche molto carina.
Ricambio il sorriso “Solo per questo?”
“Anche perché devo portare avanti il mestiere di famiglia… sennò pensa che delusione” la cosa non sembra turbarla minimamente e infatti usa un tono abbastanza ironico.
“Ti dispiace quest’imposizione?”
 “Non più di tanto perché nel tempo libero faccio quello che mi piace fare, quindi è un buon compromesso, se sarà ricca potrò coltivare le mie passioni”.
Il suo punto di vista mi illumina in qualche modo, perché non l’ho mai vista così? “Ha senso…” mi limito a dire.
“A te piace la legge?La giustizia?” fa una voce più grossa per dare enfasi alla cosa,  questa ragazza si diverte con poco.
“No, ma sono costretta” m’incupisco.
“Bella merda, vedrai che sopravvivrai” mi da una pacca sulla spalla poi sorridendomi sempre con il suo sorrisino divertito mi allunga una mano.
“Io comunque sono Nathalie, piacere di conoscere qualcuno che non ama la legge” ammicca, mi sorge spontaneo un sorriso  sulle labbra e stringo la sua mano.
“Io sono Dafne ma preferirei tu mi chiamassi Aloe” mi apro in un sorriso inizialmente timido ma che diventa sincero piano piano.
“Abbreviazione insolita” inarca un sopraciglio perplessa.
“Storia lunga, un giorno ti spiego davanti a un cafè” arrossisco notando poi che ho detto implicitamente che ci sarà un’altra occasione di vedersi, potrebbe non volere.
“Quando vuoi, anche dopo le lezioni se preferisci, sono felice di conoscere una persona che è qui non per scelta sua, mi fa sentire meno falsa e più tranquilla”  sembrava entusiasta e contagiò anche me, forse finalmente lontana da casa sarei riuscita a stringere amicizie come una persona normale.
La lezione finì dopo due ore e mentre uscivamo dall’aula riprendemmo a parlare.
“Sei di qui?” chiesi mentre ci dirigevamo al bar della facoltà.
“Si, sono nata e cresciuta qui, questa città ha ben pochi segreti per me, tu?”
“Io sono di Boston mi sono trasferita ieri”
“Ma quindi non conosci niente di qui, dovremo farci un giro qualche volta e magari andare a fare un pic nic a Central Park” Nathalie è una persona che si entusiasma facilmente a quanto pare, sembra compensare tutti i miei maledetti stenti.
“Mi piacerebbe molto” piego la testa di lato e le faccio un sorriso grato che lei ricambia.
“Hai coinquilini? Io vivo ancora dai miei ma non mi dispiace ho i miei spazi, la mia dependance e non mi rompono le balle perché se no lascio gli studi seduta stante e me ne vado, quidi patti chiari, amicizia lunga e … cazzi miei” disse fiera, non potei fare a meno di ammirare la sua sicurezza.
“Si, ho un coinquilino… un disastro, non puoi neanche immaginare come ho trovato la casa ieri e cosa è successo nell’arco di poche ore… terribile. Comunque ti ammiro, davvero, vorrei avere anche solo un quarto della tua forza di importi sui tuoi” sbuffai.
“Oddio,che è successo? Credimi c’è poco da ammirare a volte mi odio solo perché sto ascoltando questo loro desiderio. I tuoi sono molto severi?” ci sedemmo in un tavolo del bar abbastanza appartato e io volli sedermi vicino alla vetrata,  facemmo le nostre ordinazioni e poi le risposi, le raccontai di tutte le orribili vicende delle ultime ore e tra una risata e l’altra lei cercò di consolarmi anche se riuscì ben poco nell’intento perché non riusciva a smettere di ridermi in faccia, immagino sia comico visto dall’esterno quindi la perdonai.
“Comunque non so chi sia mio padre, sono stata cresciuta fino all’età di 6 anni da mia mamma e poi si è unita mia zia che ha dato un sincero contributo per rendere la mia vita quello che è adesso” sbocconcellai la ciambella che avevo ordinato.
“Uh, una situazione di merda quindi, vedrai che da tanta merda ne uscirai solo più forte, da grande sarai una donna che le persone rispetteranno, funziona così più il tuo passato è merdoso più il tuo futuro sarà splendente” mi ammiccò e sdrammatizzò, poco da dire, Nathalie mi stava molto simpatica.
“Spero davvero sia come dici tu, grazie” le regalai un sincero sorriso riconoscente e poi mi concentrai sul mescolare lo zucchero che avevo versato nella tazza.
“Quindi Aloe è il diminutivo di Dafne perché?” chiaramente mi stava prendendo in giro, alzai gli occhi al cielo e le feci una linguaccia.
“Dafne è un nome pesante, mi è stato imposto, come la mia vita del resto. Aloe è il mio lato libero quello che ancora nutre la speranza di poter essere come vuole, quello nato facendo ciò che amo” spiego cercando di non sembrare una pazza bipolare.
“Wow che figata! E sentiamo, cos’è che ami fare?” la mia gratitudine per questa ragazza che mi accetta senza sfottermi sta raggiungendo livelli mai toccati prima da nessuno essere umano.
“Scrivere, le cose che riguardano l’arte, tutto ciò che è un passo avanti la realtà, tutto ciò che nasce dalla nostra testa e di cui noi siamo padroni” i miei occhi brillano, lo sento, quando parlo di ciò che mi piace mi accendo di una luce diversa dal solito.
Se di solito sono una lampada con un velo sopra per fare meno luce e non disturbare chi dorme quando parlo di chi amo invece è come se quel velo volasse via lasciando che la stanza venga illuminata dalla luce che ho dentro fregandomene se sveglio chi dorme, peggio per loro.
“Sei una bella persona, mi sembravi solo una Miss perfezione ma vedo che c’è molto di più, sono sinceramente felice di averti conosciuta” mi stringe una mano.
“Anche tu con questo nomignolo schifoso?” Sbuffo infastidita dato che solo sta mattina quell’idiota di coinquilino mi aveva chiamato così.
“Si, dai! Guardati non hai niente fuori posto e scommetto che il tuo armadio è diviso per categorie e che sei una maniaca dell’ordine!” ride notando la mia espressione sconvolta e… colpevole. Si, lo ammetto, ci ha azzeccato in tutto… merda.
“C’è qualcosa di male?” borbotto offesa.
“No, assolutamente! E’ un dato di fatto ed è divertente notare alcuni tuoi atteggiamenti meticolosi” mi consola cercando di rimediare.
“Non è colpa mia… l’educazione che ho avuto ha queste controindicazioni!” dico in mia difesa.
“Secondo me saresti stata così precisina a priori,  ovviamente la tua educazione ha influito ma credimi alcuni tratti di noi rimangono anche se  ci provano a cambiare in tutti i modi. Hanno fatto fatica per insegnarti ad essere precisina?” il suo ragionamento mi stupisce, nuovamente, è un modo diverso di vedere la cosa.
“No, però pensavo  fosse perché a casa tutto era in ordine e mia mamma ci tiene molto, come mia zia del resto. Non ho mai riflettuto che effettivamente questa cosa ce l’ho avuta sempre a prescindere da loro” la guardo sorpresa.
“Visto? Sei così, Miss Perfezione ti accetto anche così, non preoccuparti.  Non pensare che ogni cosa di te è frutto del desiderio di qualcuno, impara a distinguere ciò che fai per gli altri e ciò che fai perché tu sei così”.
“Sai non mi aspettavo che oggi avrei conosciuto il mio nuovo guru, domani ti offro qualsiasi cosa al bar” mi sento leggera, questa ragazza mi ha aperto gli occhi sulla mia vita.
Lei scuote la testa sempre con il sorriso sulle labbra a farmi capire che non le devo nulla, poi ci alziamo, ci salutiamo affettuosamente e ognuno si dirige in direzioni diverse, mi sembra di conoscere questa ragazza da sempre.
Visto? Non sei così negata a stringere amicizie, sei solo una stronza complessata, dico a me stessa.
Mentre mi ritiro a casa ormai è quasi pomeriggio, passo in qualche negozio per comprare dei libri consigliati dal professore Gardiner e poi vado al supermercato, il sole sta incominciando a tramontare quando mi dirigo a casa con le buste piene di roba.
Una volta a casa sembra non ci sia nessuno, vado in stanza, mi tolgo tutti i vestiti e gli accessori, indosso il mio pigiama lilla, le pantofole comode bianche e pelose, mi strucco e mantengo i capelli legati così da non rischiare che qualche capello finisca dentro alla pietanza che preparo facendomi rimettere.
Quando sono pronta vado in cucina ed esco gli ingredienti: hamburger, formaggio affumicato, strisce di bacon, insalata e salsa barbecue. Questa idea mi è venuta mentre tornavo a casa e aver visto il menù esposto di un fast food.
Non ho cucinato molte volte nella mia vita, qualche dolce e pochi primi piatti, ma nonostante una quasi ustione alla mano riesco a cuocere perfettamente il tutto che metto in un panino, accompagnato con un insalatina giusto per alleggerire il peso della cena, si fanno le 20 e Jason non arriva, metto i panini nel micronde sperando non si raffreddino e vado in bagno a sciacquarmi perché cucinare mi ha accaldata.
Dieci minuti dopo sento la porta aprirsi esco dal bagno e lo vedo appendere la giacca all’appendi abiti, lo saluto con un cenno della mano.
“Ti piace proprio stare in pigiama” sembra lievemente perplesso.
“Sono a casa e sono stanca che cavolo ti aspetti?” ricambio lo sguardo.
“Boh… sei con un uomo in casa e sembra che sei a casa con la mamma” si dirige verso la cucina.
“La prossima volta mi farò trovare con tacchi a spillo e completino intimo così potrai mangiare direttamente sul mio corpo nudo” rispondo piccata dalle sue INUTILI parole non sapendo neanche io da dove mi escono certe frasi, lui mi fissa apatico e poi scoppia a ridere.
“Lasciamo stare, meglio che resti in pigiama” e passando mi scompiglia i capelli.
“Ehi! Solo perché sono più bassa di te e non sto provando a mangiarti non vuol dire che mi devi trattare come una bambina” ridacchio mentre lo scaccio.
“Come vuoi, che buon profumo, che si mangia?” sembra contento adesso e sorride felice mentre, quasi scodinzola, verso la cucina.
“Cheesburger bacon fatto in casa” rispondo con orgoglio mentre lui si siede e io gli servo il panino.
“Sembra buono, sicura di non averci messo veleni o altro?” mi guarda con finto sospetto.
“Lo do a un poveraccio della strada se fai ancora il principino” dico fingendo di levargli il piatto, lui se lo tira a se.
“Scherzetto! Mangio, ferma là” e lo addenta fissandomi soddisfatto e con aria di sfida.
Io mi limito a scuotere la testa e a mandare giù il mio panino, durante la cena parliamo del più e del meno.
“Quindi tu cosa studi?” mentre finiamo di mangiare la cena mi rendo conto di non sapere bene cosa studia, so solo che è nel campo artistico.
“Un po’ di tutto, fotografia, marketing della fotografia e materie pittoriche ma punto a diventare un importante fotografo, magari nel campo della moda” sorride soddisfatto.
“Sembra interessante, hai sempre voluto studiare queste cose?”
“Sempre” nei suoi occhi azzurri scorgo lo stesso calore che invade i miei quando parlo di ciò che amo.
“Sei fortunato”dico senza pensarci molto con un tono che sa molto di rimpianto e lui sembra accorgersene e mi guarda curioso.
“A te non piace la giurisprudenza?”
“No, ma a mia madre e mia zia si, quindi…” lascio cadere la frase in sospeso e sparecchio per poi cambio discorso “Tocca a te lavare i piatti, è il mio turno di riposo ora,adios” esco dalla cucina mentre lui guarda svogliatamente i piatti e le pentole accumulati nel lavello, mi scappa un risolino.
Vado in camera prendo il dvd del “Castello errante di Howl” e il mio plaid azzurro chiaro e mi dirigo verso il salone, poggio tutto sul divano e vado in cucina a prendere i pop corn che avevo comprato il pomeriggio apposta per l’occasione.
Quando rientro in cucina lui sta lavando i piatti e guardandolo da dietro mi accorgo di quanto sia muscoloso, ben messo e con un didietro niente male, questi pensieri mi fanno arrossire dalla punta dei capelli fino a quella dei piedi.
“Che fai lì impalata?” si gira dubbioso riscuotendomi immediatamente dai miei pensieri assurdi.
“Niente! Pensavo se volevo bere o no qualcosa” invento lì sul minuto dirigendomi verso il frigo per poi sparirci dentro, sento Jason ridacchiare e sollevo la testa facendola sbucare da dietro lo sportello del frigo.
“Che ridi?” lo fisso accigliata.
“No, nulla” evidentemente ha finito di lavare i piatti perché si sta asciugando le mani.
“Come vuoi” borbotto, prendo una sprite e mi dirigo verso il divano, inserisco il dvd, prendo il telecomando e me lo metto accanto sul tavolino vicino al divano, mi copro con il plaid e sospiro beata.
Sto selezionando la lingua del dvd quando la testa di Jason che sbuca dalla porta del salone mi distrae, lo fisso spazientita.
“Che fai?” chiede non potendo trattenere un risolino gutturale.
“ Guardo un film, posso? Non è un porno mi dispiace” metto su un broncino fasullo e poi faccio una smorfia infastidita e continuo a impostare il dvd.
“Sembri una nonnetta” ridacchia mentre si siede sul bracciolo del divano dal lato opposto del mio.
“Non è una bella giornata se non mi insulti almeno 10 volte” brontolo.
“Ma dai! Sei giovane e stai qui seduta a vedere film sola con la copertina” ora mi sta ridendo in faccia ,facendomi incazzare.
“Sai com’è siamo all’ inizio della settimana, vivo qui da due giorni e mi sono svegliata presto per colpa di qualcuno” lo accuso scoccandogli uno sguardo di fuoco che lui sostiene per qualche secondo e poi si concentra sul televisore.
“Inoltre questo è un divano e quello davanti è un televisore quindi ne sto facendo un uso proprio, dubito che tu qua sopra abbia mai visto un film dato che ci sai fare solo sesso” e noto il suo sguardo colto in flagrante e mi ritengo soddisfatta focalizzandomi totalmente sul film che sto per avviare se il signorino si toglie.
“Vuoi fare una scommessa?”.
Mi volto immediatamente a guardarlo con uno sguardo indagatore, lui mi sta sfidando, tutto di lui emana sfida.
“Prima dimmi” mi limito a dire.
“Io sta sera ti dimostro che so usare questo divano anche solo per guardare un film e tu domani sera mi dimostri che non passi ogni sera in questo modo” dal suo tono percepisco che sa già di aver vinto e probabilmente ha ragione ma non voglio ammetterlo.
“Va bene, ci sto” dico guardandolo senza lasciare trapelare il mio dubbio interiore, io posso permettermi di essere insicura dentro ma fuori la gente deve avere l’impressione di stare parlando con una persona che non ha dubbi, mai.
“Vedremo, domani sera c’è una festa, ti lascio l’indirizzo domani mattina prima di uscire, io vado direttamente lì mi cambio da un’amica, se tu non verrai avrò vinto” si tuffa nel posto libero accanto a me e si prende un po’ di coperta.
“Ok, no problem” oh si invece, non mi aspettavo avesse già pronta una serata, deglutisco in ansia.
“Puoi portare un’amica se vuoi” aggiunge alzando le spalle, “Che film è?” con la testa fa cenno verso la televisione.
“Il castello errante di Howl” dico sorridente afferrando i pop corn e lui subito si riempie un pugno facendomi imbronciare.
“Sei proprio una bambina” usa un tono intenerito però che non mi permette di seccarmi, un po’ imbarazzata mi limito a sbuffare e avvio il dvd.
Sono un’amante di Hayao Miyazaki, i suoi film hanno uno stile, delle musiche e delle storie così belle che non posso fare a meno di amarli, così leggeri e spensierati.
Nei primi minuti del film tiro su le gambe e mi accoccolo dal mio lato del divano poggiando la testa sul bracciolo che ho vicino, lui invece è stravaccato però si tiene la coperta sopra, questa specie di assurda intimità con uno sconosciuto mi fa sorridere, mi sento bene, più a casa ora che in 20 della mia vita.
Durante il film una volta finiti i pop corn siamo entrambi abbastanza assonnati, lui ha sbadigliato almeno 5 volte e io ho gli occhi lucidi per i numerosi sbadigli, non perché il film non sia bello ma perché sono le undici e l’accoppiata tv più pancia piena più copertina mi è deleteria e anche per Jason a quanto pare, a un certo punto lui si poggia su di me con nonchalance, io mi irrigidisco in imbarazzo, non sono abituata ad avere contatto con uomini ma lui sembra tranquillo e non dargli alcun peso.
“Tranquilla, non faccio nulla” dice senza staccare gli occhi dallo schermo notando il mio irrigidimento, sorrido tra me e me e mi rilasso, ed è in questa strana complicità che mi addormento improvvisamente nonostante raramente io mi addormenti davanti a un film che mi piace tanto.


http://i57.tinypic.com/t6cpdg.png  <- completo che indossa Aloe per andare al corso! Lo aggiungo perchè sono una fissata di vestiti e dovrete sopportarlo u.u

Angolo dell'autrice:
Ciao a tutte,
per prima cosa, al solito, ringrazio chi mi segue e chi mi legge in silenzio, grazie davvero.
In questo capitolo tralasciando l'ingenuità disarmante di Aloe si iniziano a vedere i primi passi di Aloe nel mondo esterno, conosce infatti Nathalie che diventerà un punto focale nella sua vita, l'amore è importante ma avere un'amica lo è ancora di più, almeno così la penso io.
Inoltre ha iniziato a studiare seriamente al corso e... cosa più importante: sta iniziando a conoscere Jason.
I due non hanno avuto molto tempo per loro e il fatto che siano quasi totalmente opposti diciamo che influisce ma si sa gli opposti si attraggono, tutto sta a farlo capire ai due interessati che vivono nel loro mondo "beati" e ignorano totalmente sentimenti inutili, a parer loro, come l'amore. ;D
Questo capitolo è abbastanza lungo e come promesso l'ho postato oggi per compensare la brevità di quello precedente.
Spero vi piaccia, se commentate mi fa molto piacere.
Alla prossima settimana,
LittleSun.


 

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Capitolo 5
*** Maledetto Jason! ***


Capitolo 5
Maledetto Jason!

 

“Cazzo merda…”
Furono queste soavi parole e un movimento accanto a me a svegliarmi, mi mossi lievemente e avvertii un altro movimento vicino a me, mi alzai di scatto e mi guardai attorno perplessa, le mie gambe erano intrecciate a quelle di qualcun altro, osservai con sguardo vacuo l’intrico poi lasciai salire lo sguardo e vidi che Jason era il proprietario delle gambe e stava fissando me con uno sguardo da demente e un sorrisetto divertito, i capelli biondi erano meravigliosamente spettinati, che ci faceva nel mio letto? Letto che si era rimpicciolito tra l’altro dato che lui usciva un po’ fuori, cercai di concentrarmi ma la verità non giungeva, stavo per riaddormentarmi lì seduta.
“Questo divano è una merda per dormire…” Jason mi aiutò con il suo immancabile garbo a fare chiarezza nella situazione.
“Oh” mi scappò questo unico suono che racchiudeva il grande segreto della comprensione, ci eravamo addormentati entrambi come due idioti ed eravamo finiti annodati in questo divano striminzito, insieme alla consapevolezza si fece largo anche l’imbarazzo e con fretta mi districai dal nodo di gambe e saltai su.
“Tranquilla senza penetrazione non si rimane incinte, soprattutto vestite e se quel vestito è di un tessuto doppio come quello del tuo pigiama” ma quanto si divertiva a prendermi per il culo?
“ Ah ah come mi fai ridere” dissi senza espressione facciale e con un tono piatto e apatico.
“Ma scusami mi guardi come se fossi uno stupratore e ti sei alzata come se nel sonno te lo avessi messo in bocca” la sua volgarità mi stroncò, blaterai due cose senza senso e mi fiondai in bagno lasciandolo nel divano a sbellicarsi.
La persona che mi guardava dallo specchio era una povera malata di mente, i capelli il giorno prima elegantemente legati presentavano ancora solo i residui della vecchia acconciatura che ora pendeva floscia da un lato e al solito i miei capelli tendevano a salire verso l’alto, la fidanzata brutta di Frankestain.
Considerato poi lo sguardo vuoto e gli occhietti acquosi mattutini, il rossore a chiazze in viso e nel collo probabilmente ero anche peggio della fidanzata brutta di Frankestain.
I film mentivano, le donne dopo che dormivano con un bel uomo nella realtà non sembravano appena uscite da una seduta estetica, nei film addirittura alcune volte dopo un rapporto avevano la stessa piega, il trucco perfetto, un colorito sano.
A questo punto meglio non immaginare com’ero io dopo un po’ di sesso.
Mi sciolsi i capelli che ricaddero con una piega assurda lungo la schiena,li spazzolai con vigore e mi lavai la faccia con cura e anche i denti, almeno non ero più chiazzata, legai i capelli in una coda di cavallo alta e feci il trucco di base quotidiano, man mano che mi svegliavo avvertivo i dolori alle ossa dovuti alla posizione assurda con cui avevo dormito.
Quando uscii dal bagno non vidi Jas, evidentemente si stava dando un tono in camera sua, andai nella mia stanza e dall’armadio uscii un paio di jeans chiari, una camicia azzurro chiaro, delle ballerine dello stesso azzurro e indossai una giacchetta di lana grigia, indossai una sciarpa bianca di lana dato che avevo molto male al collo, un orologio con il quadrante minuscolo con un laccetto grigio e un bracciale di swaroski.
Misi un bel giaccone sopra il tutto, presi una borsa bianca e uscii, notai un post-it all’ingresso.
 
 
Moon Light, Lincoln Street 20.
Sta sera si balla,
se non vieni potrò chiederti qualunque cosa ;)
Jas
 
 
Deglutii, merda… la scommessa!
Non avevo alcuna voglia di andare a una festa piena di sconosciuti, maledizione a quella stupida scommessa che avevo accettato, come mi era venuto in mente?
Sospirai e poi uscii di casa, mentre camminavo la mia testa vagava altrove, non era la prima festa a cui andavo, ero stata a molti compleanni nella mia vita ma non credo che quello di sta sera fosse un compleanno.
In ogni caso avevo sempre evitato alcolici e avrei continuato a farlo, meglio evitare di umiliarmi.
Ok, non ero mai stata l’anima della festa o la leader di qualche gruppo però ero stata sempre invitata alle feste o uscite essendo ogni anno rappresentante di classe e all’ultimo anno rappresentante d’istituto, non di certo per le mie doti sociali ma più che altro per il mio innegabile impegno, la mia madia che era la più alta della scuola e i miei numerosi premi presi nelle competizioni fatte nelle varie scuole,insomma il preside mi trattava come un trofeo e il corpo studentesco aveva ben pensato di utilizzarmi per avere favoreggiamenti quando il preside non voleva concedere qualcosa.
Quindi nonostante non fossi una cheerleader o la più popalare inviti ne ricevevo in abbondanza, andavo solo a quelle necessarie con orari pietosi come Cenerentola,non che mezzanotte fosse poi così presto però a gli occhi degli altri il fatto che io avessi gli stessi orari di una principessa disney non aveva cambiato mai nulla, sfigata ero e sfigata rimanevo, Cenerentola no però lei trovava l'amore in poche scarsissime ore per una scarpa e io invece risultavo una bambina,mah...stronza.
Ma finite le feste io ritornavo nel mio gradino sopra gli altri e loro continuavano a comportarsi come se io fossi davvero su quel gradino.
Con il tempo mi ero abituata a stare lì sopra, vedevo tutto, sentivo tutto, partecipavo a tutto ma non ne facevo parte, sarei potuta benissimo essere un’elegante carta da parati.
Le compagne avevano provato ad avvicinarmi ma non s’impegnavano davvero, qualcosa di me le intimoriva, nonostante non mi vantassi mai penso si sentissero inferiori, illuse… non sapevano quanto le invidiavo, quanto avrei voluto essere loro amica e quanto io non fossi perfetta e quanto in realtà  fossi sbagliata.
Gli anni così erano passati, alcuni ragazzi coraggiosi nello stupore generale mi avevano pure invitato ad uscire ma io timida com’ero rifiutavo sempre, non perché non m’interessassero, li avrei voluti conoscere, ma perché temevo di non essere come loro volevano, non volevo deluderli… neanche a loro.
Così ero diventata a detta di tutti “bella e impossibile(e anche sfigata, non dimentichiamolo)” cosa che mi aveva rattristato molto e che mi aveva salito ancora di più in quel maledetto gradino.
Solo un ragazzo particolarmente coraggioso aveva osato di più degli altri, mi aveva condotto in un posto più riservato e si era dichiarato.
 
“Io ti osservo sempre, sei splendida, elegante, intelligente… io vorrei conoscerti meglio, vorrei ci frequentassimo” si era passato una mano dietro la nuca e aveva guardato imbarazzato altrove, io ero arrossita dalla punta dei capelli fino alla punta dei piedi, non sapevo proprio come affrontare una dichiarazione, non ne avevo idea, lo guardai imbarazzata e non riuscii a dire nulla ma i nostri occhi s’incrociarono.
“Sei bellissima, le tue guance rosse mi fanno impazzire, hai degli occhi stupendi” si avvicinò sicuro di sé e io rimasi lì pietrificata,ma da dove era uscita questa industria del complimento?
“Io… non saprei, sono molto impegnata, non ho tempo per nulla, forse è meglio di no” riuscii a dire mentre arretravo verso il muro alle mie spalle, lui eliminò la distanza tra di noi e poggiò le braccia alla parete per impedirmi di uscire.
“Dai, usciamo insieme” insistette avvicinando il suo viso al mio rendendomi se possibile ancora più nervosa.
“Io preferirei tu ti allontanassi, davvero non è il caso”  tentai di spingerlo ma lui ovviamente più forte di me, anche un chiuaua sarebbe stato più forte di me, si avvicinò e poggiò le sue labbra sulle mie, io serrai le mie e gli pestai un piede.
“Come ti permetti?” gli urlai contro “Lasciami in pace, non osare mai più toccarmi o prenderò provvedimenti” lo fulminai e corsi via.
Non mi si avvicinò mai più e fu l’ultimo e primo bacio della mia vita, avevo 16 anni.

 
Bello. Intenso. Una vera merda.
Sempre per restare in tema principessa disney, alcune di loro il primo bacio lo ricevevano in morte apparente eppure si svegliavano super contente, l'amore nasceva nel corso del film grazie alla voce splendida di queste stupende ragazze ed era fatta! I principi le andavano a salvare a qualunque costo e baciavano anche il loro cadavere, romantico... anche se hai limiti della necrofilia, forse. Non per dire ma se io provassi a cantare per conquistare il mio lui, se esistesse, probabilmente morirebbe di dispiacere (e non basterebbero neanche dieci miei baci per svegliarlo) o manco percepirebbe il suono prodotto dalle mie corde vocali, magari però gli alieni o i cani del quartiere percepirebbero il mio splendido canto e avrei  un amore impossibile: alieno/umano  o , nel caso peggiore, cane/umano.
Il ricordo di quel bacio ancora mi scombussola, vita grama, un trauma inutile che mi ha segnata.
Pensare al mio passato mi faceva storcere il naso per il disgusto, non dovevo paragonare le cose passate al mio presente, non sono più una bambina, ora posso fare ciò che voglio e sta sera farò ciò che mi va e niente che non voglio.
Accompagnata dai miei pensieri mi accorsi solo quando avevo varcato l’ingresso di essere arrivata al corso, andai in classe e mi sedetti al solito posto, il posto accanto al mio era occupato da una figura ormai familiare.
“Ciao Aloe!” mi salutò sorridente Nathalie.
“Ciao, come stai?” sorrisi felice alla mia compagna di banco.
“Tutto bene, tu?”
“Sarei potuta stare meglio, ho dormito un po’ male e sta sera sono costretta da una scommessa fatta con il mio coinquilino ad andare a una specie di festa” dal mio tono trasparì tutto il mio disappunto.
“Dai, sarà divertente! Dov’è?” chiese curiosa.
“Moon Light, mi pare. Ti va di farmi compagnia?” la guardai speranzosa facendo gli occhi da cucciolo.
“Ehi non farmi quegli occhioni, va bene, ci sarà da divertirsi! Ti passo a prendere in macchina o prendi un taxi?”
“Ci vediamo là davanti, non preoccuparti prendo un taxi, a che ora si va di solito?” mi fissò divertita dalla mia domanda.
“Direi alle 21:00 va bene essere lì davanti, ami le feste eh?” domandò ironica.
“Non sai quanto” borbottai e poi mi concentrai sulla lezione che il professore stava per iniziare.
 
Finita la lezione, presi il solito caffè con Nathalie e parlammo del più e del meno, a pomeriggio inoltrato dopo avere comprato qualche accessorio andai a casa per sistemarmi per la serata, ma prima accesi il tablet e andai sul sito di FF che non toccavo da qualche giorno, ringraziai alle ragazze fedeli che mi recensivano da anni e a quelle nuove che da lettrici silenziose avevano deciso di apprezzare il mio lavoro e complimentarsi con me, faceva sempre piacere leggere i pareri di tutte queste persone, mi sentivo migliore quando leggevo tutti quegli apprezzamenti rivolti alla mia creatività, nessuno di loro mi conosceva di persona ma mi conoscevano anche di più di mia madre.
Promisi che avrei pubblicato il prossimo capitolo al più presto e chiusi il sito, andai nella mail e trovai un messaggio della mia unica migliore amica con cui avevamo un’amicizia a distanza da almeno 6 anni, ci vedevamo ogni tanto durante l’anno ma parlavamo spesso di tutto via email, l’avevo conosciuta come autrice nel sito, amavo le sue storie, e lei aveva seguito le mie storie, a furia di darci pareri in privato sulle rispettive storie avevamo inziato a parlare di noi e lei era diventata la mia migliore amica e io la sua.
 
Ciao traslocata,
com’è sentirsi liberi? Spero che stia andando tutto bene, voglio che mi racconti tutto, non tralasciare niente, o ti uccido!
Io sono un po’ stanca, oggi hanno annunciato gli esami e saranno ai primi di novembre, sono in ansia ho paura di non riuscire a dare tutte le materie, mamma dice che devo stare tranquilla e papà mi tranquillizza che ce la farò però ho troppa paura di non riuscire.
Spero bene :(
Ah, Molly  aspetta una femminuccia, avrò una nipotina! *_*
Ah 2, ho conosciuto un ragazzo troppo figo al corso di chimica, mi ha passato una formula di un composto chimico e sono sicura che tra noi due si sia creata la chimica, gliel’ho anche detto, ha riso e mi ha invitato ad uscire dice che sono simpatica, ci mancherebbe. u_u
Fatti sentire presto sennò ti chiamo durante le lezioni,
ti voglio bene
mi manchi.
Tua,
Abby
 
 
Ricevere le mail della mia migliore amica mi faceva sempre sorridere, aveva una situazione totalmente opposta  alla mia e anche un carattere diverso dal mio ma andavamo d’accordo come non ero mai andata d’accordo con nessuno.
Mi capiva subito, al volo, sapeva tutto di me e parlavamo spesso al telefono anche se bastava una mail a farci sentire unite, mi rimboccai le maniche per risponderle.
 
Ciao piccola chimica,
La libertà ha un sapore così dolce, non mi aspettavo potesse piacermi così tanto, non voglio tornare mai più sotto le grinfie delle megere, voglio restare qui!
La casa la divido con un coinquilino disordinato e la mia stanza era un porcaio, ma ora è tutto sistemato e pulito, ovviamente grazie a me. :D
Al corso mi annoio ma i professori sono bravi e ho conosciuto una ragazza simpatica, Nathalie, che è forzata anche lei ma che ha trovato il lato positivo e grazie a lei mi sembra di non fare una cosa totalmente schifosa, direi che è un passo avanti!
Poi se mi vieni a trovare, e lo farai (si, è una minaccia), te la faccio conoscere.
Oddio… avrò anche io gli esami a novembre probabilmente, meglio non pensarci sennò inizio a studiare come una pazza già da ora, tu tranquilla che hai un futuro nella medicina, hanno ragione i tuoi, stai serena, andrà tutto bene.
Quindi Molly aspetta una bimba? Che tenerezza, con la mamma e il papà che si ritrova verrà una bambolina. *_*
Per quanto il ragazzo con cui si è creata la chimica (sei una cretina!) escici e poi raccontami tutto, mi raccomando però conoscilo bene prima di buttarti a capofitto al tuo solito!
Io sta sera andrò a una festa, ho fatto una scommessa, ma non ho intenzione di fare cavolate, spero bene. :(
A presto,
ti voglio bene anche io,
miss you.
Tua,
Aloe
 
 
Finito di scrivere la mail spensi il tablet e dato che si erano fatte le sette andai a mangiare qualcosa velocemente così poi in un’ora e mezza mi sarei sistemata, calcolo dei tempi: perfetto.
Mangiai due toast e un’insalata e una volta finito mi feci la doccia e lo shampoo in modo da poter rimodellare i miei capelli che dopo quella notte avevano preso una piega impossibile.
Una volta pulita e con i capelli asciutti andai a scegliere i vestiti della serata.
Presi un vestito rosso corto ma non scollato, attillato sul petto ma con la gonna morbida che con una giravolta si alzava dolcemente, un copri spalle nero, delle scarpe nere con un tacco alto e un’allacciatura adorabile.
Poi aprii il cassetto dell’intimo e ne scelsi uno abbinato di pizzo nero che non avevo mai usato come completo ma solo spaiato.
Indossai il tutto e poi mi dedicai a gli accessori e scelsi un anello con una pietra nera sopra a cui erano abbinati due piccoli orecchini, una collana con un piccolo fiocco abbinato al fiocchetto della mia pochette.
Piuttosto soddisfatta acconciai i capelli e mi truccai sobriamente azzardando solo con un po’ di rossetto rosso della stessa intensità del vestito.
Sorrisi timidamente allo specchio e uscii, dato che erano le otto e mezza e il taxi sarebbe arrivato per quell’ora, infatti era già sotto, salii velocemente e senza parlare ci dirigemmo verso la discoteca.
Capii di essere arrivata ancora prima che il taxi si fermasse dalla fila di macchine davanti una grande insegna sferica e luminosa, scesi davanti all’ingresso e nonostante la fila vidi subito Nathalie che saltellava verso di me.
“Ma sei splendida! Ben arrivata!” mi diedi un bacio per guancia e mi guardò felice.
“Non scherzare, tu stai troppo bene, non ti avevo mai visto con la gonna”  mi complimentai, stava davvero bene i capelli erano perfettamente piastrati se non era per delle punte che aveva lasciato sollevate come per darle la solita aria sbarazzina, indossava una gonna corta di jeans, una maglietta nera a fascia e degli stivali neri con poco tacco che le arrivavano sotto il ginocchio, era molto carina.
“Non amo le gonne, ma quando si esce la sera ci vuole” mi ammiccò poi mi prese per mano e mi trascinò verso l’entrata del locale ignorando tutta la fila.
“Emh… e la coda? Ci vuoi fare uccidere?” domandai alludendo a quelle persone che ci stavano fulminando con lo sguardo.
“Tu stai al mio gioco” ammiccò e andò a passo di marcia verso l’omaccione in nero che bloccava l’ingresso, gli si fermò davanti facendo inarcare sia il mio sopracciglio che quello del tizio.
“Posso fare qualcosa per voi dolcezze?” sembrava divertito.
“Direi di si, vorremmo entrare” sorrise raggiante e fece ridere l’uomo sguaiatamente.
“E lo farete, ma seguite la coda” disse lui indicandoci la fine dell’infinita coda.
“Siamo state invitate da Jas se aspettiamo la coda non lo vedremo neanche” incrociò le braccia al petto e lo guardò impaziente, io mi limitai a sgranare gli occhi ma non fare trasparire nessun’altra emozione.
“Ah ma siete amiche di Jas, potevate dirlo subito, entrate pupe” amicò e con mio infinito stupore ci fece entrare.
Una volta dentro fermai Nathalie e non riuscii trattenere la mia curiosità “Come facevi a sapere che nominando Jas ci avrebbero fatto entrare?”
“Non lo sapevo! Ho provato l’unica carta che mi sembrava giusto giocare” si volta e  mi fissa, io la guardo sconvolta.
“Tu sei pazza… e schifosamemente fortunata” poi scoppio a ridere e lei mi segue.
 
Dopo esserci riprese ci immergiamo nel locale, la pista da ballo è piena di gente che si dimena e decido che eviterò accuratamente di andare in quella zona.
“Ti va di bere qualcosa?” dice Nathalie indicandomi il bancone del bar.
“Ma si dai” e ci dirigiamo insieme al bancone, siamo in coda quando una voce mi riscuote.
“Ma guarda un po’ chi c’è! Sei venuta davvero” mi volto e un Jason sudaticcio mi sta venendo incontro,indossa una camicia a scacchi neri e rossi lievemente sbottonata e dei pantaloni chiari  a vita bassa, i capelli biondi sono mossi a caso e sorride giulivo mentre mi guarda.
“Te lo avevo detto che l’avrei fatto” incrocio le braccia al petto e lo fisso indispettita, Nathalie accanto a me fischia come un uomo rozzo facendomi arrossire, Jas la guarda curioso.
“Lei è Nathalie, la mia compagna di corso” faccio le presentazioni, lei allunga la mano e lui la stringe facendo il sorriso idiota che ormai collego a quando ci prova con qualcuno.
“Jas piacere” la fissa ancora e poi fissa a me che nel frattempo sto guardando altrove a disagio.
“Come sei elegante Aloe, prendete qualcosa da bere e vi porto al tavolo dove sono con dei miei amici” si mette ad aspettare che prendiamo le bevande e poi ci accompagna al tavolo.
Su dei divanetti sono seduti tre ragazzi e due ragazze, appena arriviamo tutti quelli seduti ci fissano curiosi e io sto per sprofondare per la timidezza, non reggo gli sguardi, non reggo nulla.
“Ragazzi e ragazze queste sono Aloe e Nathalie! Ragazze, loro sono Mark, Nate, Brandon , Lucy e Cloe”
“Ciao a tutti” saluta sicura di sé Nathalie e si accomoda a suo agio su un divanetto, io sorrido appena e mormoro un “Piacere di conoscervi” e poi mi siedo accanto a Nathalie.
Accanto a me è seduto quello che mi sembra si chiami Mark, Jas si è andato a sedere vicino Lucy e ora parlano molto vicini, Nathalie parla con interesse a Brandon e io rimango lì seduta rigida come una spranga di ferro.
“Ti piace ballare?” chiede cordialmente Mark.
“Emh, no, non sono molto portata” faccio una lieve smorfia e lui ridacchia.
“Allora un lento dopo lo balli, conduco io” mi ammicca, ha dei begli occhi castani e un sorriso caldo, mi ricorda la cioccolata calda.
“Va bene” sorrido timidamente.
“Allora dovremo aspettare ancora qualche ora, i lenti li mettono dopo di solito” e si stende comodamente, io prendo il mio drink e mordicchio la cannuccia.
“Ti piace la discoteca?” mi sento chiedere e mi volto a guardarlo.
“No, troppo rumorosa” ammetto facendolo ridere.
“E cosa ti piace?”
“I pigiami” interviene Jas che a quanto pare non era abbastanza impegnato, mi volto e lo incenerisco con lo sguardo.
“Pigiami?” Mark ci fissa perplesso.
“Lascialo perdere è un povero cretino, mi piace molto leggere o scrivere” dico ignorando Jas e rivolgendomi solo a Mark.
“Interessante… vi conoscete già tu e lui?” fa cenno a Jas.
“Purtroppo sono la sua coinquilina da quasi tre giorni, voi come vi conoscete?”
“Vivete insieme? Tu e lui?” sembra sconvolto.
“Si, perché?” sono perplessa.
“No così… vi starete divertendo” fa un allusione che capisco solo dopo pochi secondi.
“Oh, ti sbagli, non facciamo assolutamente nulla” alzo le mani come per rimarcare le mia innocenza.
“Strano, capisco. Io e Jas comunque frequentiamo lo stesso corso ma ci conosciamo da quando avevamo 6 anni” sorride all’amico che ha ripreso a parlare, se così si può dire quando due persone usano la lingua ma non per scandire le parole, con la sua vicina di posto.
 
Io e Mark parlammo ininterrottamente quasi per tutta la sera, ci eravamo allontanati dagli altri a un certo punto perché tutti stavano pomiciando allegramente e scorgendo il mio disagio mi aveva proposto di passeggiare nei terrazzi esterni del locale, io avevo accettato grata della sua sensibilità.
Era un ragazzo sveglio, intelligente, comprensivo e vivace, mi stavo trovando davvero bene con lui, non appena una musica soffusa che non assomigliava per nulla al ritmo martellante di prima ci raggiunse lo vidi allungarmi una mano.
“Mi concedi il ballo che mi hai promesso prima?” i suoi occhi nocciola brillano di speranza e così gli stringo la mano e sorrido.
“Te lo sei meritato”.
Entriamo dentro e andiamo in pista, gli cingo il collo con le braccia e lui poggia le mani sui miei fianchi e mi avvicina a sé, arrossisco e guardo altrove ma lui mi alza il mento con un dito.
“Sei imbarazzata?” sussurra vicino al mio orecchio.
“Un po’ ” mormoro io.
“Solo un ballo e ti libero” e mi fissa negli occhi e io ricambio, che strana sensazione ballare un lento con un ragazzo, un esplosione di emozioni contrastanti mi invadono.
Da un lato vorrei poggiare la testa sul suo petto e dall’altro vorrei correre a casa, una parte di me vorrebbe essere più spigliata e magari dargli un leggero bacio ma l’altra parte di me mi rimprovera di non fare cavolate senza prima esserne sicura.
Così vittima di questo grande conflitto mi limito a fissarlo e lui con mio sommo sollievo fa lo stesso, finito il lento riprendiamo a parlare del più e del meno e ci rechiamo al tavolo dei nostri amici, appena arriviamo notiamo che il tavolo e stracolmo di bicchieri semi vuoti, devono aver bevuto molto in nostra assenza.
“Guardate un po’ chi è tornato… i piccioncini” biascica Jas mentre si alza e barcolla verso di me e mi poggia un braccio intorno alle spalle, io ondeggio per il peso improvviso ma resto in piedi, gli altri al tavolo ridacchiano totalmente sbronzi.
“Cazzo ragazzi ma potreste evitare di fare così ogni volta, ora come vi porto a casa?” disse Mark guardando spazientito i suoi compagni che gli risero in faccia, mi scappò un risolino e Jason che era al mio fianco mi fissò attentamente.
“Miss Perfezione si diverte! Guardate!” gli altri mi fissarono un secondo e poi ripresero a ridere e io mi imbronciai.
“Dai ragazzi adesso basta, vi riporto a casa” disse Mark mentre cercava di farli alzare da quei divanetti.
“Io vado in taxi e se vuoi mi occupo di Jas però tu per favore riporta a casa Nathalie” dissi mentre alzavo gli occhi al cielo e sorreggevo come potevo Jason.
“Sicura di farcela?” disse lui cupo.
“Sentito? Si occupa di me ora” sbraitò Jason e mi si avvicinò alla guancia per scoccarmi un bacio, mi scostai e balbettai paonazza.
“Ma che fai? Se non ti comporti bene ti abbandono accanto a un cassonetto della spazzatura, tranquillo Mark ce la posso fare, tu ce la farai?” fissai quel branco di rincoglioniti, Nathalie era in braccio a uno dei ragazzi e lo sbaciucchiava.
“Posso gestirli, tu spero riuscirai a gestire Jas, sa essere un vero e proprio tornado” borbottò e mi fissò, io ricambiai lo sguardo e poi lo rassicurai “tranquillo, saprò gestirlo, alla prossima” gli diedi un veloce bacio in guancia, salutai Nathalie e tutti gli altri con la mano e poi trascinai fuori Jason.
Una volta all’aria fresca lo sentii prendere fiato.
“C’è una bella serata oggi… vero?” borbottò mentre lo facevo entrare dentro il taxi.
“Oh si, davvero bella, forse te la saresti goduta di più se non ti riducevi così” dissi mentre prendevo posto all’interno dell’abitacolo della macchina.
“Ma ora miss perfezione si occuperà di me, che potrei desiderare di più?” mi ammiccò e prima che potessi rispondere sbiancò e si portò una mano alla bocca.
“Ti prego non vomitare, non ora!” lo supplicai, lo guidai sulla mia spalla e lo feci poggiare “adesso chiudi gli occhi, quando arriviamo ti chiamo”.
“A gli ordini” e si addormentò subito facendomi sorridere sola.
 
Una volta arrivati lo feci scendere e lo sorressi fino all’ascensore, il colore biancastro lo aveva abbandonato una volta sceso dalla macchina.
“Hai delle belle gambe” me le stava letteralmente mangiando con gli occhi, alzai gli occhi al cielo e gli sollevai la faccia con una mia mano.
“Grazie, ma tieni gli occhi a posto!” lui sorrise ma puntò i suoi occhi nei miei facendomi aggrovigliare lo stomaco, grazie al cielo l’ascensore arrivò giusto in tempo e mi fiondai fuori seguita a ruota dall’individuo barcollante.
Una volta in casa corsi in stanza, mi tolsi le scarpe e lanciai la borsetta sul letto, indossai le pantofole e raggiunsi Jas che si era poggiato a una parete e si stava sbottonando la camicia.
“Che stai facendo?” sgranai gli occhi e lo bloccai.
“Ho caldo…” borbottò.
“Andiamo in bagno vieni, prima però prendi il pigiama” lui annuì, barcollò fino alla stanza e ne uscì con dei pantaloni a scacchi e una maglietta bianca a maniche lunghe.
“Non è bello come il tuo ma a me piace” trovò ,nonostante tutto, la forza di deridermi.
“Attento a te, ora che sei debole potrei decidere di affogarti nel lavandino” minacciai mentre lo accompagnavo in bagno.
“Ce la fai solo?” chiesi fissando Jas che guardava perplesso il lavabo e poi si toglieva velocemente la camicia rimanendo a petto nudo, avevo visto più volte nudo  quell uomo che vestito ma nonostante tutto ancora la nudità mi metteva a disagio.
"Sembra sopravviverai..." mi voltai per uscire ma mentre stavo  per andare sentii un rumore e mi voltai, aveva fatto cadere il porta spazzolino ed ora era a quattro piedi a cercare di recuperare le cose, sempre a petto nudo ovviamente, sbuffai e mi piegai anche io nel tentativo di aiutarlo ad un certo punto mi accorsi che lui stava gattonando sensualmente verso di me e mi irrigidii sul posto ipnotizzata da quegli occhi azzurri che mi stavano incatenando lì dov’ero,lui arrivò di fronte a me e avvicinò il viso al mio, sorrise malizioso e mi soffiò sulle labbra “Penso sia il momento di conoscerci meglio Miss perfezione”.
Ci vollero alcuni secondi prima che io riuscissi a riscuotermi dall’incanto della situazione, lo spinsi piano e mi alzai “Io invece non credo, vedo che sei abbastanza in forze, vado a dormire, buonanotte Pluto” ghignai e gli accarezzai la testa come un cagnolino dato il modo in cui era messo.
Non aspettai che mi rispondesse e corsi in camera mia grata del mio autocontrollo fantastico, mi misi il pigiama e mi tuffai sotto le coperte, aveva provato a baciarmi? Avvampai e poi feci dei grandi respiri nel tentativo di prendere sonno cose che mi riuscì solo molte ore dopo.
Maledetto Jason!
 

http://i57.tinypic.com/2hpoj61.jpg  <- vestito che indossa in discoteca! Io lo trovo troppo carino *__* (sei di parte! nd.tutti)

Angolo dell'autrice:
Salve belle fanciulle!
Questo capitolo devo dire che è abbastanza lungo, come potete notare non ho il senso della misura o troppo lunghi o troppo corti ^_^"
Questo è l'ultimo capitolo che avevo pronto dopodichè dovrò muovere il mio regale fondoschiena e preparare il prossimo!
In questi giorni sono uno zombie ahah la scuola mi strema (anche se non faccio un granchè) MA confidate nella buona stella che mi guida e vedrete che non salterò l'appuntamento settimanale u_u
Coooomunque tralasciando tutto ciò, allora in questo capitolo conosciamo la migliore amica di Aloe che ha conosciuto grazie al forum in cui scrive e scopriamo anche a chi Aloe deve il primo bacio e un pò di come era lei in passato oltre una depressona a casa.
Me la immagino proprio come una secchiona carina ma quasi invisibile, ovviamente viene eletta perchè quando si tratta di scuola Aloe non rifiuta mai nessun impegno e il preside, come ho scritto, la adora quindi chi meglio di lei? Certo per i discorsi in pubblico non è molto portata ma chi l'ha votata lo sapeva già ed è stata candidata da secondi lei non l'avrebbe mai fatto XD
Considerate poi che se è una persona è timida, introversa,brava in tutto un pò di soggezione la mette o almeno a me un pochino a me la metterebbe, quindi di conseguenza le persone la mettevano su un gradino come se fosse inavvicinabile e alla fine lei lo è diventata, poveraccia ahah X3
Poiii, Jason ha provato a adescare la nostra donna di ferro con una gattonata sensuale ma capirà presto che questa tattica non è adatta se non vuole trovarsi avvelenato una di quelle sere.
Mi dilungo troppo e poi faccio spoiler,
al prossimo capitolo!
Grazie a tutte le persone che leggono questa storia, avete la mia gratitudine.
LittleSun

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Capitolo 6
*** Che cos'è per te l'amore? ***


Capitolo 6
Che cos'è per te l'amore?

La mattina mi sveglio presto nonostante la sera prima mi ero addormentata tardi, mi stiracchio per bene e vado in cucina a preparami una ciotola di latte e cereali per mangiarla mentre seduta nel divano guardo  la televisione.
La televisione mattutina non me l’ero mai potuta concedere quindi emozionata navigo in vari canali fino a quando non mi fermo in una casuale sit com che sta iniziando in quel momento, non sono una fan di questo genere di programmi però mi stavo annoiando e tanto entro dieci minuti sarei dovuta uscire di casa.
La storia parlava di una ragazzaccia che conosce durante una rapina un uomo altolocato a cui stava per rubare un costoso orologio e questi due dopo aver discusso decidono di rivedersi, non so in base a cosa, per fare un patto.
Questo è quello che mi ha spiegato l’anticipazione al nuovo episodio e non ci ho capito assolutamente nulla.
“Guardi questa porcheria?” Jason fa capolino sul divano, anche lui ha in mano una ciotola.
“No,è la prima volta che guardo questa roba” alzo le spalle ma non continuiamo la conversazione perché degli spari provenienti dal televisore attirano la nostra attenzione e come due pesci lessi ci facciamo prendere dalla banalità della telenovelas.
Dopo, quelli che per me sono pochi minuti, in cui io e Jason restiamo in religioso silenzio e concentrati sulle avvincenti vicende che coinvolgono i due protagonisti della storia i miei occhi per caso cascano sul quadrante dell’orologio digitale messo accanto al televisore e mi si gela il sangue nelle vene.
“OMMIODDIO JASON! LE 8:40… COM’è POTUTO SUCCEDERE???” balzo giù dal divano e mi agito per tutto il salone.
“Di già? Ma come è possibile?” anche lui rimane piuttosto turbato ma al posto di alzarsi prende il telecomando e armeggia con il televisore per poi dire un semplice e sonoro “Ah”.
“Ah? Tutto qui? Ah, cosa??” mi avvicino nella sua zona in modo da vedere anche io ciò che vede lui, osservo il televisore e subito capisco.
Sul televisore Jason ha aperto la pagina delle info e in chiare lettere c’è scritto “Amori da galera- maratona del giorno-“, ovvio dovevo immaginarmelo effettivamente che questa puntata stava durando troppo rispetto ai soliti 30/40 minuti massimo, da quante eravamo seduti lì come due cretini?
“Perché a me?” crollo nel divano abbattuta.
“Su, dai. Non sei ancora in tempo?” provò blandamente a incoraggiarmi Jason.
“Non credo, iniz…” stavo per spiegarmi ma fui interrotta da un sonoro “SH” da parte del mio garbato coinquilino.
“Sh? SH A ME?” lo guardo scioccata mentre una specie di calda ira mi sale dallo stomaco fino a farmi irrigidire tutti i muscoli e rendere le labbra sottili come potrebbe averle Voldemort, lui mi fissa scettico.
“Sei orribile con questa espressione. Comunque stai zitta, non parlare, chiudi la bocca, ecc… continuo?Ti piace  di più così? Matias sta decidendo di dichiararsi a Ingrid ,forse, ti vuoi perdere questo momento?” mi dice senza staccare gli occhioni azzurri dallo schermo.
Resto interdetta a fissarlo con disgusto ma poi la rabbia sfuma sostituita da una curiosità incontenibile. Insomma, posso perdermi la dichiarazione? Mai. Posso perdermi la lezione? Solo per oggi sì.
Quindi mi riconcentro sullo schermo e mi faccio inghiottire di nuovo dal grande vortice in cui solo un’insulsa telenovelas può catapultare.
“Comare…sei una comare. Devi molto ai due protagonisti, se non ti sto dando colpi di scopa in testa per il fatto che mi hai azzittito è solo grazie a loro” dico altezzosa.
“Tu sei la vera comare, sei tu che hai acceso il televisore. E comunque li schiverei tutti i tuoi colpi” risponde anche lui con un tono di superiorità e avrei ribattuto se Matias mentre si dirigeva verso casa di Ingrid non fosse stato sparato da un delinquente geloso della protagonista.
Da quel momento mi dimentico della lezione che stavo perdendo, di Jason che mi aveva fatto seccare e di tutto il resto, esistevano solo i due protagonisti  e la loro struggente storia d’amore.
Le ore passarono e si arrivò quasi ad ora di pranzo, nessuno dei due si era vestito né mosso se non durante le pubblicità, avevamo seguito tutto con interesse, scambiandoci opinioni, battute su alcune cose discutibili della serie e mi aveva passato pure un fazzolettino quando Ingrid era andata da Matias ricoverato al pronto soccorso e in fin di vita ed io mi ero commossa.
Arrivati a quel punto i due protagonisti risultavano distrutti ma innamorati più che mai e tutto sommato la storia stava arrivando a un lieto fine.
Proprio mentre Matias fa una struggente dichiarazione d’amore affiora nella mia mente una domanda e con il cervello in pappa per le troppe ore di tv no stop gliela faccio senza vergogna.
“Cos’è per te l’amore?” la mia domanda non ha un tono trasognato anzi sembra io stia chiedendo se fuori piove o c’è il sole, lui mi fissa pensieroso e poi risponde “ un calcio nei coglioni quando meno te lo aspetti, per te?” ora il suo sguardo è curioso.
Io non so rispondere subito, ci penso un po’, cos’è l’amore per me? Fisso la telenovelas e guardo Ingrid sorridente nonostante le tante lacrime versate per la sofferenza causata dai suoi sentimenti per Matias, alla confusione, la paura, penso a tutti i film, i libri, le fanfiction e non riesco a vedere solo qualcosa di bello ma anche qualcosa di spaventoso, di incontrollabile e seguendo questo filo logico la risposta finalmente arriva “ una macchina in discesa con i freni rotti”.
Lui scoppia a ridere “quindi siamo due romanticoni “ e io non posso trattenermi dall’unirmi a lui.
“Sei mai stato innamorato?” chiedo dopo essermi ripresa.
Lui fa una smorfia carinissima prima di rispondere “Innamorato è un parolone. No, non lo sono mai stato ma di cotte ne ho avute numerose. E tu?” ridacchiò probabilmente ricordando qualcosa.
“Innamorata mai. Però all’età di 5 anni avevo una cotta planotica e patetica per un mio compagnetto con cui non parlavo mai. Sai com’è quando si è bambini, maschi e femmine non stanno mai insieme, chissà poi cos’è a cambiare le cose e le due fazioni si alleano e gli uni non sanno stare senza gli altri” dico senza pensarci un secondo e riflettendo sulle mie parole.
“Solo una cotta a sei anni?” mi guarda sconvolto.
“Beh… nella mia vita ho avuto solo tempo per ascoltare gli altri e non è mai stato contemplato cosa volessi io, quindi amen” borbotto a disagio mentre guardo i titoli di coda.
“E’ una cosa triste… Sei figlia unica?” non so in base a cosa collegò questa domanda.
“Si e non so chi è mio padre, probabilmente sono così frigida e lo sono sempre stata perché a crescermi sono state una madre e una zia fredde come il ghiaccio” mi sfogo senza neanche rendermene conto.
“Ma spiegami tua madre con quale faccia fa la fredda o la severa con te?” dice dopo aver riflettuto un po’ sulle mie parole e io non capisco.
“Come scusa? In che senso?”
“Con quale faccia si permette di decidere per te o giudicarti quando lei ti ha avuto con qualcuno fuori dall’ambito matrimoniale? Potrebbe anche aver fatto una cazzata. Che lavoro fa?” continuò lui.
“Niente, i miei nonni erano ricchissimi morendo mia mamma ha ereditato proprietà e molti soldi e a prescindere è stata sempre mantenuta”
“Quindi… ti ha avuto in rapporti extra coniugali, non ha studiato, non lavora  MA pretende la tua di perfezione e ti tratta male nonostante tu sia cento volte più riuscita di lei. Perché le permetti di farlo?” il suo sguardo ardeva e le sue parole mi scossero. Anche lui, come Nathalie, mi stava piano piano aprendo gli occhi su qualcosa che non avevo mai voluto vedere: la verità.
“Ho sempre temuto il suo giudizio e le loro parole negli anni in cui crescevo hanno messo dentro di me dubbi e paura del giudizio altrui” mi porto le ginocchia al petto e ci poggio il mento sopra, un atteggiamento di protezione dato che mi sto aprendo molto e non voglio fare vedere troppo di me.
“Il giudizio degli altri va preso, accartocciato e buttato nel cesso. Non quello di tutti ma quello delle persone che giudicano da una sedia senza mai sporcarsi le mani non va ascoltato. Loro stanno lì seduti e dicono agli altri come vivere, cosa vivere e come fare, se sono così bravi perché non si alzano, muovono il culo e dimostrano quello che dicono? Parole, il giudizio di chi sa usare solo le parole non deve importarti” non avevo mai conosciuto questo suo lato, non avevo mai visto tutto questo ardore e non avrei mai potuto pensare che dentro la sua testa ci fossero pensieri così sicuri e privi di paura. Era bello con quegli occhi accesi di passione per i suoi ideali, dannatamente bello. Chissà com’erano quegli occhi quando guardavano qualcuno con amore…
“Proverò a ricordarmelo, grazie per questo discorso così bello, non pensavo che una persona così disordinata avesse le idee così ordinate” gli sorrisi timidamente e cercai dal tono di fare trasparire più gratitudine possibile.
“Ti stupirai un giorno di scoprire quante doti nasconde una persona disordinata. Il caos è solo fuori, dentro di me è tutto dove dovrebbe essere per questo non mi curo
di mettere in ordine l’esterno” dice pavoneggiandosi, alzo gli occhi al cielo e gli spettino velocemente i capelli.
“Sì ma adesso evita di montarti e non cercare scuse, la casa va pulita!”dico alzandomi e sgranchendomi.
“Azz… io ci ho provato” ridacchia mentre anche lui si alza “Un giorno scoprirai anche altre mie dote ma se vuoi non dovrai aspettare neanche quel giorno e cogliere l’attimo, carpe diem” ride e usa un tono roco, io che gli stavo dando le spalle mi volto e lo trovo rivolto verso di me che si accarezza sensualmente il petto per poi tirare l’elastico dei pantaloni e farlo scattare.
La mia bocca si spalanca mentre uno sciame di feromoni aggredsce i miei timidi ormoni, boccheggio in cerca di ossigeno e osservo tutto il percorso fatto dalle sue mani. Perché un cretino simile ha il corpo di un Adone? Dov’è la giustizia in questo mondo infame?  Per non dargli soddisfazioni eccessive dato che ormai il sorrisetto compiaciuto non ero riuscita a impedirlo e me l’ero cercato mi tolgo lentamente una ciabatta e gliela lancio.
“Potresti smetterla di fare il pervertito?” chiedo incrociando le braccia al petto.
“Non voglio impedirti di provare il fuoco dopo aver sentito così tanto freddo” si lecca le labbra con lingua guardandomi intensamente, altri feromoni mi attaccano, ormai ero circondata ma non potevo arrendermi,anni di frigidità buttati così?
“Per ora sto bene così, grazie del disturbo”rispondo mentre esco dalla camera, senza bisogno di voltarmi sapevo che mi stava seguendo.
“Ti va di venire con me all’accademia? Oggi abbiamo un set fotografico e io devo fotografare, non so dato che non hai niente da fare…” gli sono grata per aver smesso di farmi allusioni e di umiliare i miei ormoni.
“Perché no? Basta che la smetti di fare come un gatto in calore, ci manca poco che inizi a urinare per tutta la casa” borbotto.
“Cretina. Comunque allora sistemati che andiamo, ci sarà da divertirsi!” detto questo scodinzola nella sua stanza e io striscio i piedi verso la mia.
Prima di vestirmi però vado in bagno a lavarmi e poi torno in camera, scelgo una camicetta rossa con un’allacciatura a fiocco sul collo, una gonna nera e attillata, una giacchetta con un’apertura originale, collant neri di pochi den e delle scarpe con il tacco semplici. Al solito feci il classico trucco, legai i capelli in alto e li legai con un nastro nero, misi un orologio nero, gli orecchini con due pietre nere anche quelle e poi giusto perché ormai il nero era il colore del giorno presi anche una borsa spaziosa e un paio di occhiali.
Prima di uscire dalla camera però apro il tablet giusto per controllare la mail e infatti, come sospettavo, trovo una mail di Abby.
 
 
Ciao donna libera,
Oddio, TU sei andata a una festa? Miracolo! Raccontami tutto u_u
Non vedo l’ora di conoscere questa Nathalie se in un giorno è riuscita a sciogliere quest’iceberg che mi ritrovo per amica allora è una persona che merita punti stima.
E il coinquilino invece? Non vuoi farmelo conoscere? ;)
Per gli esami Ally non iniziare a stressarti eh? So come ti riduci prima di un esame e sono costretta a ricordarti che puoi sempre recuperare e che non ne hai mai fallito uno QUINDI non incomiciare a morire non appena si avvicina il giorno, mi raccomando…
Se sopravvivi tu, sopravvivo io.
Per quanto riguarda il piccolo chimico (non poi tanto piccolo…e non parlo dell’età. Non fare la faccia schifata/scandalizzata, ti vedo!) la serata è andata più che bene, abbiamo parlato tanto, è molto intelligente, muove quel bacino come se glielo avesse insegnato Eros in persona, mi ha fatto vedere le stelle e anche tutti i pianeti, uno per uno. Non ero mai stata così bene… in questi giorni vuole rivedermi, sono troppo contenta. Mi piace tantissimo, ancora di amore non se ne parla però voglio conoscerlo meglio, mooolto meglio. Mi intriga, quando mi ha baciata stavo per infilargli una mano nei pantaloni seduta stante.
Oook, mi fermo perché probabilmente ti sanguinano gli occhi al momento MA sei la mia migliore amica certe cose devo dirtelo assolutamente.
Aspetto tue notizie,
ti voglio bene,
Abby
 
La mia migliore amica aveva la capacità innata di farmi cascare le ovaie per terra, ogni volta che conosceva uno e me ne parlava era come leggere un porno, anzi sta volta c’era andata piano, le altre volte sembrava addirittura di vederla mentre faceva le cose… molto imbarazzante, non mi stupisco però che fosse tra le più quotate del sito, vorrei dire le sue storie a bollino rosso piacevano a una grande maggioranza.
 
Ciao Abby,
non so come farei senza le tue descrizioni dettagliate, non sapre vuoi aggiungere altro? (sono ironica… ti prego non farlo!)
Mi fa piacere che il tuo piccolo, ok non piccolo, chimico ti abbia fatto fare un giro nell’universo e che tu abbia aspettato così tanto per farlo (altra ironia, perdonami).
Comunque ho piena fiducia nelle tue capacità intellettuali quindi se tu sei contenta e presa da lui tanto da andarci a letto allora mi fido, prendi precauzioni!
Comunque la serata è andata bene, ho conosciuto un ragazzo simpatico si chiama Mark abbiamo parlato molto, SI parlato e BASTA. U_U
Forse lo rivedrò, non lo so, è amico di Jason (il coinquilino) quindi se mai riuscirò con lui credo che lo rivedrò.
Che dire sul mio coinquilino? Oltre al disordine e al fatto che è una comare devo dire che mi sto abituando ai suoi modi, è anche lui molto intelligente oggi me ne ha dato la prova, ero sconvolta.
Comunque cercherò di non uccidermi nel pre esame e nel dopo nel caso vada male… prega per me.
A presto Abby,
ti voglio bene.
Ally
 
 
Ally era il soprannome che mi aveva dato la mia amica quando aveva deciso che era triste che il mio nome non avesse un soprannome e lei questo lo trovava carino e sinceramente anche io. Una volta inviata la mail, risistemo il tablet nella sua custodia e esco dalla stanza, Jason mi aspettava poggiato con le spalle al muro e smanettava con il telefono, non appena lo raggiungo alza lo sguardo e mi sorride.
“Si vede che sei un avvocato, ti vesti come se stessimo andando  in tribunale”
“Devo offendermi?” misi le mani sui fianchi e strinsi gli occhi minacciosa.
“No, non ho detto che stai male, solo che sei molto elegante e… classica”
“Sembra un insulto, voglio ignorarti prima di sfociare in risposte poco eleganti. Andiamo?” lo supero dirigendomi verso la porta a passo spedito facendolo ridere.
“Come sei permalosa. Sei gnocca con questi vestiti, era solo per dire… una cosa casuale!”
“Se fai silenzio riesco a sentire il rumore che fai arrampicandoti sugli specchi” mimo con la mano il gesto di udire, lui si limita a ridacchiare.
“Mi arrendo, andiamo! Un giorno usciremo vestiti uguali!” mi superò per poi voltarsi apparentemente entusiasta della sua idea.
“Cos’è questa sindrome da gemellino che ti è venuta?” rispondo scettica e con il dubbio che trapela dalla mia voce.
“Farò finta di non sentirti, un giorno ti vesti come mi vestirei io e un giorno io mi vesto come ti vestiresti tu. Che ne dici?” allunga una mano e mi guarda come un bambino guarda la mamma quando vuole qualcosa, sbuffo e gliela stringo.
“Io assecondo questa cazzata e tu cercherai di comportarti bene con me” detto questo entriamo in ascensore, lui si volta a guardarmi nello spazio angusto.
“Vuoi fare cose incestuose con il tuo gemellino?” ammicca poggiandomi una mano su un fianco.
“Stai raggiungendo un nuovo record di disgusto,mai provato niente di simile… quanto impegno! Bravo!” questo ragazzo mi aveva fatto scoprire il sarcasmo.


http://i59.tinypic.com/1zb3p5z.jpg <-- completo numero 3 di Aloe, spero vi piaccia *_*

Angolo autrice:
Hola a todos!
Questo capitolo lo definirei di passaggio ma comunque abbastanza significativo in quanto ci fa conoscere nuovi aspetti del carattere di Jason, ci fa notare come Aloe si stia piano piano abituando al suo irruento coinquilino.
Che dire? I due sono esperti in amore come lo potrebbe essere una cacchina di cane, non hanno idea di cosa sia l'amore e lo collegano a cose abbastanza brutte, cambieranno idea questi due stolti ;D
Aloe e Jas sono diretti all'accademia in cui studia Jas, cosa faranno i due? Cosa farà Aloe in un ambiente che le piace tanto ma a cui non appartiene?
Lo scopriremo solo vivendo u_u
Al prossimo capitolo bella gente,
con affetto.
LittleSun

 

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Capitolo 7
*** Ormoni, questi sconosciuti. ***


Capitolo 7
Ormoni, questi sconosciuti.

In metro avevamo parlato del più e del meno, di riviste, di attori/attrici preferite, hobby e così via.
Il tempo era volato e senza neanche accorgermene eravamo arrivati alla sua accademia, un luogo luminoso in cui all’interno vi erano quadri, foto, sculture. Le finestre erano messe in modo che il sole colpisse le opere in maniera strategica regalando all’osservatore l’impressione che ogni lavoro fosse stato fatto sotto la supervisione del sole. Rimasi incantata a guardare ogni cosa davanti alla quale passavamo.
“Ti piacciono?”mi chiede Jason evidentemente divertito dalla mia espressione.
“Tantissimo, è tutto così luminoso! C’è qualche tuo lavoro esposto?” mi giro  nella sua direzione per guardarlo incuriosita.
“Si, quel quadro. Mi sono ispirato alla tecnica pittorica che utilizzava Van Gogh” dice indicandomi un quadro di medie dimensioni dove i colori predominanti sono il rosso e il giallo. Un tramonto, il più caldo, bello e stilizzato dei tramonti, avverto il calore del sole quando si appresta a tramontare,la sabbia tiepida ancora del calore assorbito durante tutto il giorno e una lieve malinconia che solo un tramonto può dare.
E’ normale penso collegare il tramonto alla tristezza, la nostalgia, la malinconia al contrario dell’alba che invece è speranza, inizio e quieta bellezza.
“Ti fa così schifo che non vuoi commentare?” sembra a disagio e infatti con la coda dell’occhio vedo che si muove nervosamente.
“Io lo trovo splendido, mi trasmette calore e anche un po’ di tristezza ammetto ma è molto bello e la tecnica che hai utilizzato ha reso i colori ancora più caldi e concreti” gli sorrido sinceramente per fargli capire che apprezzo davvero il suo lavoro.
“Oh beh… grazie. Vieni andiamo nell’ala della fotografia che mi stanno aspettando” dice e si appresta ad andare velocemente verso una stanza che si trova alla fine di un lungo lucido corridoio, non appena entriamo varie voci femminili emettono suoni di gioia come in media potrebbe fare un pappagallino molto affezionato al padrone, alzo gli occhi al cielo.
“Jassy, sei arrivato! Temevamo ti avessero rapito, Carol e Trisha sono pronte per gli scatti e noi abbiamo sistemato le luci. Ma… lei chi è?” tre teste femminili si voltano a fissarmi, tre ragazze tutte parecchio carine, vestite casual e con i capelli sciolti e spettinati, mi muovo a disagio sul posto comprendendo a cosa si riferiva Jason quando mi aveva definita “elegante”.
Insomma era come se la mamma di Hitler fosse andata a una festa di gitane, giusto per fare capire l’abisso che divideva me e quelle donne.
“Mi chiamo Aloe,piacere di fare la vostra conoscenza” mostro il mio sorriso più tirato che si spegne in un nano secondo, loro annuiscono con un sorriso non meno degno del mio e poi riguardano Jason “Chi è lei?”.
Avverto una vena che incomincia a pulsare nella tempia, io mi sto sforzando un minimo per sembrare cordiale maledette stronze!
“Lei è la mia coinquilina!” spiega ignaro della situazione Jason.
“Oh mio dio… vivete insieme?” dice una ragazza guardandomi come io ho guardato gli scarafaggi che c’erano nella mia stanza il primo giorno nella mia nuova casa.
“Già… C’è già Cloe?” continua a ignorarle Jas.
“Si, ti sta aspettando, meglio andare” interviene una delle tre pacatamente trascinando via le altre due.
Arriviamo in un vero e proprio set fotografico, pieno di faretti, ombrellini e tutto il necessario di cui sconosco i nomi tecnici, fisso tutto incantata.
In un angolo dello sfondo bianco per le foto, dove stanno montando la scenografia, ci sono due ragazze con acconciature strane, vestiti succinti e di tessuti bizzarri che deduco sono le modelle che deve fotografare Jason, lo salutano radiose ma lui si dirige verso una donna sulla cinquantina vestita in maniera sobria che sta sistemando delle luci con due assistenti, io mi limito a seguirlo passivamente senza però smettere di guardare tutto con curiosità.
“Cloe, eccomi! Scusa per l’attesa, ho portato un’amica si chiama Aloe, spero saprai tenerla d’occhio” la donna si volta, saluta Jason e poi mi squadra.
“Vuoi farmi causa giovanotto?” dice fissandomi e poi aprendosi in un sorrisone, io mi limito a sospirare e il mio coinquilino ride altamente divertito.
“Non è ancora qualificata un giorno forse lo potrà fare però” dice lui.
“Avvocato quindi eh?” la donna continua a riferirsi a me.
“Si” il monosillabo del disagio eccolo, sempre pronto ad aiutarmi.
“Timidina la ragazza, bene cara mettiamoci qui e lasciamo fare a Jason, ti va un caffè?” mi chiede sorridente, ricambio il sorriso in maniera meno spontanea e annuisco; così lasciamo Jas al suo lavoro e io e lei ci sediamo con due tazze fumanti un pochino più indietro.
“Da quanto conosci Jason?” mi chiede mentre sorseggia il cafè e con lo sguardo supervisiona tutti i lavori.
“Una settimana a breve” rispondo mentre guardo le due modelle disinibite divertirsi immensamente davanti le fotocamere.
“Interessante” dice sorridente alludendo a qualcosa che non comprendo.
“In  che senso?” non posso trattenere la mia curiosità.
“Beh di solito le ragazze cedono facilmente al fascino di Jason e tu in una settimana scommetto non hai fatto proprio nulla con lui” sembra molto sicura di quello che dice.
“Mi scusi ma come fa a dirlo con certezza che non abbiamo fatto niente?” la fisso sbalordita.
“Beh, se tu eri stata a letto con lui a quest’ora oggi non ti aveva portata qui ci tiene bene a separare le sue compagnie di letto dalle sue compagnie amichevoli, te lo assicuro, lo conosco da qualche anno” il suo discorso non faceva una piega, lineare.
“Oh,capisco. Si, ha ragione anche se mi sembra inutile dirlo dato che ne è perfettamente consapevole” ci scherzo su.
“Giusto, so già di avere ragione, raramente non ne ho” si volta a guardarmi compiaciuta e io le sorrido timidamente.
“Sai, sei proprio un bel bocconcino, misteriosetta, timida, per i fatti tuoi ma sembri più una persona con una bella maschera che una ragazza che sta bene con se stessa” ora mi sta analizzando e la sua deduzione fatta dopo avermi conosciuta meno di 15 minuti fa mi stupisce, spalanco la bocca rendendola un aeroporto per mosche.
“Ma…come?” mi limito a chiedere.
“Ti ho vista prima mentre guardavi le mie assistenti hai spostato il peso da un piede all’altro quando ti hanno ignorata e hai fatto la stessa cosa quando ho scherzato sul fatto che eri un'aspirante avvocato. Ho notato il sorrisino tirato che hai fatto quando sei entrata e ho visto la luce nei tuoi occhi mentre guardavi questo set fotografico, una luce che non è comparsa quando invece ho nominato l’argomento dei tuoi studi. Questo mi fa pensare che porti una maschera che non ti piace e io mi chiedo chi ti ha messo questa maschera? Scusa forse sono invadente ma sono una buona osservatrice e le piccole cose sono il mio pane” si sistema gli occhiali che le erano scivolati sul naso e mi sorride soddisfatta.
Dal canto mio invece continuo ad avere un espressione sconvolta, ma chi è questa donna? Sherlock Holmes? Non mi ero neanche accorta di avere tutte queste cose stampate in fronte.
“No… ma figurati, non mi aspettavo che tu…cioè non so, non credevo di avere un’insegna lampeggiante sulla mia testa con scritto vita, morte e miracoli” sorrido mesta.
“Oh ma io non so niente della tua vita, io so solo che hai una maschera” torna a guardare il set fotografico, dove Jas divertendosi sta scattando milioni di foto,  ama quello che fa ed è un piacere lavorare con lui, lo vedo da come le persone gli ruotano attorno.
“Come si toglie qualcosa che non è chiaro neanche a noi? Come si fa a capire dove siamo noi e dove inizia la maschera?” ormai ne approfitto, voglio capire di più e dato che questa donna è così intuitiva magari saprà illuminarmi là dove io credo non ci sia neanche uno straccio di torcia.
“Probabilmente cascherà da sola non appena risolverai con te stessa il motivo per il quale ancora la indossi” mi da una patta sul ginocchio e si alza.
“Spero di capirlo…” abbasso lo sguardo sulle  mie ginocchia e mi incupisco.
“Se posso permettermi ti consiglio di approfittare della compagnia di Jas per scioglierti un po’” mi guarda dall’alto con un grande sorriso che va da un orecchio all’altro.
“Cos-Che cosa?” la guardo stralunata e le guance mi si imporporano, non può essere un allusione sessuale, sarò io deviata.
“Beh magari la sua infinita passione può scioglierti un po’” continua nonostante il mio disagio sia palese, la guardo con la bocca aperta e un espressione demenziale.
“Non fare quella faccia ragazzina, non sarai ancora una verginella vero?”.
La guardo allarmata e tossicchio cercando di prendere tempo per una risposta ma evidentemente il mio silenzioso temporeggiare le fa comprendere tutto, mi sembra giusto.
“Oh… non me lo aspettavo, eppure sei così carina. Se proprio non vuoi fartelo, il che mi dispiace dirlo è un attentato alla tua libido, almeno fate amicizia e fatti aiutare a sbloccarti un po’, chissà che non sarà proprio lui a farti cadere la maschera o ad aiutarti a capire come si toglie. Poi se per caso scoccherà la scintilla e vorrai andare anche sul passionale sono certa non te ne pentirai, ho sentito dalle mie allieve che ci sa fare, io stessa se non avessi un marito che amo e che mi soddisfa pienamente ci farei un pensierino su Jas” tutto il discorso lo fa con la stesso tono indifferente che userei io per dare le istruzioni su come si monta un mobiletto per il bagno. Dal collo fino all’attaccatura dei capelli sulla fronte ho preso il colorito della bandiera italiana, il collo presenta un rosso eritema e il viso va dal bianco al verdastro. Una sconosciuta sta davvero analizzando la mia persona e dicendo di fare sesso con il mio coinquilino? Forse cambiando casa sono anche finita in un mondo parallelo in cui una donna che ha l’età di mia madre mi sprona ad accoppiarmi per superare i miei blocchi psicologici, ovviamente non mi aspettavo che tutte le donne fossero come mia madre sennò il mondo era pieno di dittatori ma non mi aspettavo neanche questo.
“Suvvia non guardarmi così e chiudi quella bocca prima che qualcuno decide di approfittare di te” a questo punto mi ride in faccia e io mi alzo barcollante per l’overdose d’imbarazzo.
“Cercherò di limitarmi a fare amicizia, la ringrazio per il resto dei suggerimenti che mi ha dato” me ne esco nella solita maniera formale che mi viene quando mi sento sotto pressione.
“Chiamami Cloe” risponde semplicemente.
“E tu chiamami Aloe, non ragazzina” mi sbilancio e faccio un sorriso più sicuro di me.
“Come vuoi Ally, ora raggiungo quegli scapestrati ma se mai avrai bisogno di un parere da mamma vieni a cercarmi tranne il fine settimana e il lunedì mi trovi sempre qui”
“Quello è un parere di mamma? Un invito ad accoppiarmi?” la guardo sconvolta cosa che la fa ridere ancora.
“Certo! Ho una figlia della tua età, uno di 13 anni e una di 5 anni, un giorno anche loro riceveranno questi consigli se ne avranno bisogno, tanto o con o senza la mia benedizione faranno sesso, è l’evoluzione della specie tesoro” detto questo mi da un’altra vigorosa pacca sulla spalla e mi lascia nella penombra sconvolta.
Mentre rifletto sulle parole di Cloe mi arriva un sms di Nathalie.
 
Stai male? Come mai oggi non sei venuta?
Il professore ha dato i giorni in cui si terrà l’esame di diritto: 7-8 novembre! Ho una  paura assurda.
Devi comprare questi libri da cui studiare:  Voci del diritto vol.1- Storia del diritto- Diritti e doveri vol.1-2.
Secondo me sono troppi, non capisco come dovremmo fare.
Ci vediamo dopo domani,
Naty

 
 
Impallidisco istantaneamente, non mi aspettavo assegnasse così tante cose considerando poi che non abbiamo neanche molti mesi per prepararci, è vero potrei sempre rimandarla ma poi non voglio accumulare ulteriori pesi dato che dubito le altre materie saranno semplici. C’è poco da fare devo iniziare immediatamente a studiare e non perdere tempo.
“Terra chiama Aloe! Si prega di dare segni di vita o verrà data per dispersa” una mano grande che mi sventola davanti la faccia mi riscuote dai miei pensieri deprimenti, strabuzzo gli occhi e  metto a fuoco la persona davanti a me che si rivela essere un Jason borioso.
“Uh?” una risposta degna di una donna scimmia ‘Io Tarzan, tu Jane’.
“Era ora! Ci sei? E’ da un po’ che ti chiamo” mi fissa perplesso evidentemente preoccupato che in qualche ora ho scambiato le mie facoltà intellettive con quelle di un primate.
“Si, scusa ero immersa nei miei pensieri. Che c’è?” finalmente tornata in me lo guardo curiosa.
“Nulla ho finito, andiamo a comprare qualcosa per la cena e andiamo a casa?”
“Non esci sta sera?”
“Uhm,no, sta sera no” mi sorride sornione e io non riesco a trattenere la mia sorpresa.
“Assurdo! Come mai?”
“Così, sono stanco e con nessuna di loro per ora mi va di stare, sono tutte conquiste recenti” si mette le mani in tasca e si incammina annoiato.
“Deve essere bello per loro essere considerate alla stregua di un niente” borbotto.
“Loro si accontentano di essere tutto una notte e il resto dei giorni nulla, mica glielo impongo con la forza” dice in sua difesa.
“Ha senso, non capisco perché”
“Ma come! Non lo capisci? Sono così sexy…” si volta e spalanca le braccia come per farmi ammirare il suo corpo perfetto e poi si mettere a ridere e mi unisco a lui.
“Effettivamente, che domande stupide che faccio” rincaro lo scherzo e poi ci incamminiamo fuori dall’Accademia.
Dato che si è fatta ora di cena andiamo in un minimarket che troviamo sulla strada del ritorno e compriamo un insalata e delle fettine di carne da arrostire.
Alla cassa lo vedo che fissa con interesse le porcherie che mettono di solito vicino all’uscita,  per intrappolare i bambini, e sembra mangiarsele con gli occhi.
“Ne vuoi uno?” chiedo divertita, lui si riscuote e si passa una mano sui capelli per smuoverli.
“Ma no, mica mangio questa roba” dice a disagio e non capisco il perché.
“Qual è il problema? Se le vuoi prendile” ora sono davvero perplessa.
“Lascia stare davvero” cerca di non fare posare lo sguardo sul espositore di zuccheri, allora decido di fare da intermediario tra lui e i dolci e prendo due barrette di cioccolato al caramello presumendo che fossero quelle che lui guardava prima.
“Non le voglio!” scatta per togliermele di mano.
“Ma chi ha detto che sono per te? Sono per me!” divertita le allontano dalla sua presa un secondo prima che lui possa prenderle e poi gli rido in faccia vedendo la sua espressione moritificata.
“Ah, ok” alza le spalle ostentando indifferenza  e mi sorpassa per aspettarmi fuori dalla cassa, non posso fare a meno di continuare a ridere.
Fuori dal minimarket decido di prendere una barretta e addentarla per osservare la sua reazione, lui mi guarda con un’attenzione che mi metterebbe a disagio se non fosse per l’espressione da ebete, gli porgo la barretta con un sorriso accattivante da ragazza della pubblicità e lui si allontana come se gli stessi offrendo cacca di cane.
“Dimmi perché temi la cioccolata” lo inchiodo con lo sguardo e uso il mio tono gioviale da sergente di ferro.
“No”
“Dimmelo”
“No”
“Dimmelo, ORA!”
“E va bene, mostro! Vedi… io sono sempre stato un bambino in carne, ho iniziato a dimagrire durante i primi anni del liceo ma prima ero un piccolo cucciolo di ippopotamo, mia mamma mi faceva mangiare in continuazione e non mi privava di nulla, mangiavo più di 5 di quelle –indica la barretta di cioccolato che gli sto offrendo- al giorno, ho smesso di mangiare porcherie quando crescendo mi sono accorto che mangiavo ogni giorno più di un intero villaggio del Congo” il suo sguardo è puntato su un tombino e io lo guardo sbigottita.
“Mi stai dicendo che TU super adone amante della compagnia femminile e super ambito sei stato uno sfigato?” lo fisso sconvolta, allora c’è speranza per tutti, e che speranza!
“Super adone? Comunque si e ti sarei grato se non lo dicessi a nessuna delle ragazze che incontrerai in futuro non vorrei fare scendere la loro voglia sessuale” usa un tono minaccioso che mi fa ridere sonoramente.
“Ma ora non hai più quel problema, che gli cambia a loro?”
“Cambia, non importa solo l’apparenza oggettiva ma anche l’immagine mentale che loro hanno di me”
“Che cosa superficiale…” dico con disprezzo.
“Sono tutte così, inutile fai la moralista” mentre ci siamo incamminati nuovamente e lui inclina la testa lievemente per vedere la mia reazione.
“Io non sono così e lo sai anche tu altrimenti non me lo avresti raccontato dato che, se non te ne fossi accorto, sono anche io una donna” lo guardo con aria di sfida.
“Tu sei diversa, sei troppo intelligente e razionale per fare cambiare la tua opinione in base a qualcosa di relativo come l’estetica” dice con un tono quasi…ammirato?
Mi blocco e lo guardo allibita, era un complimento?  JasonUomoBonoDivino mi ha fatto un complimento? Forse c’era della droga in questa barretta, fisso il cibo incolpato con sospetto e poi torno a guardare Jason che nel frattempo mi fissa divertito.
“Grazie…Allora dato che sono intelligente e razionale  ascoltami e dai un morso a questa barretta, ti perdono e ti accetterò anche più grassottello” quegli occhi belli li avresti anche con 30 kili di grasso in più, completo nella mia mente e gli allungo la mano che tiene il cioccolatino, lui mi fissa intensamente come a studiare le mie parole e poi, con mio infinito stupore, si avvicina e morde la barretta non staccando gli occhi dai miei, quella specie di bacio indiretto mi fa provare un piccolo brivido che mi sale dalla schiena e arriva alla nuca.
“Buoooona” in estasi e con suoni che collegherei al sesso, del buon sesso, si gusta quel boccone di dolcezza che tanto desiderava.
“Attento che se fai ancora questi versi ti scritturano per un filmino porno” ci scherzo su mentre lo guardo con tenerezza e gli lascio la barretta per completarla.
“Mi accetterai comunque?” chiede con un tono serio che mi fa sentire improvvisamente a disagio, lo guardo e vedo che mi sta guardando con speranza e aspettativa.
“Si, te l’ho detto, ingozziamoci insieme e se ingrassiamo andiamo in palestra, anche se non ho mai avuto problemi di sovrappeso, anzi semmai il contrario ci sono stati periodi in cui mi si potevano contare tutte le costole” mi sento in dovere di fargli questa mezza confessione dopo che lui si è aperto così tanto con me e si è fidato.
“Ed è un male?” forse lui intende la magrezza solo come stato di bellezza.
“Si, quando è una malattia e di bello non ha più nulla” sussurro ripensando a quei periodi neri della mia vita.
“Mi dispiace, se mai dovrai dimagrire di nuovo e io ingrassare ti darò un po’ delle mie riserve di grasso, non temere” mi da una spintarella e mi sorride, ricambio subito confortata dal fatto che non ha provato compassione ma anzi ha sdrammatizzato.
Mentre camminiamo gli squilla il telefono, risponde subito non prima di avere guardato incuriosito il telefono.
“Pronto Cloe? Dimmi tutto, che posso fare per te?”
Lo vedo sgranare gli occhi, poi sospirare e poi annuire al nulla.
“Domani? Per forza? No… no… ricordo, va bene”
Blatera  agitato e alla fine usa un tono rassegnato.
“Ok, domani pomeriggio li aspetto, ciao”
riattacca e mi guarda con gli occhi da cucciolo bastonato e subito mi metto sulla difensiva.
“Che vuoi da me?” i film e i libri insegnano che quando qualcuno ti fa gli occhi da cucciolo devi dubitare, sempre.
“Come sei cordiale Aloe, davvero. Era Cloe, sei impegnata domani pomeriggio?” ci sta girando attorno, lo capisco dal suo modo di grattarsi la nuca nervosamente.
“Si, perché?” il mio sospetto cresce.
“Ecco, dovrei fare da baby sitter ai figli di Cloe, mi aiuti? Ti prego” eccoli, di nuovo, gli occhi da cane bastonato… come sono azzurri, NO ALOE NON CEDERE!
“No” accelero il passo.
“E dai! Vengono da noi! Devi farmi solo compagnia!” mi affianca e si para davanti a me per ostacolare ogni mio tentativo di fuga.
“Mh, ok, ma ti farò solo compagnia non dimenticarlo domani” concedo infine ignara di tutto mentre Jason mi abbaglia con un mega sorriso e mi abbraccia facendomi quasi svenire.
Quel contatto mi porta a scoprire una cosa di me, ho altri coinquilini che reagiscono molto stranamente in presenza di Jason, non pensavo di esserne munita anche io eppure dentro di me era appena iniziato un concerto metal di dimensioni titaniche dove stuoli di ormoni pogavano.
E sì, le mani di Jason sui miei fianchi e la sua guancia a contatto con il mio collo avevano provocato la resurrezione, molto più sorprendente di quella di Gesù Cristo, dei miei ormoni. Ormoni, questi sconosciuti.


Angolo dell'autrice:
Eccomiii, bella gente salve!
Non pensavo ce l'avrei fatta a pubblicare, scusatemi per il ritardo ho provato in tutti i modi a scrivere ma la scuola mi ha stroncato la creatività e la voglia di vivere ahaahah
Scusate davvero ma ho avuto interrogazioni e compiti in classe che mi hanno spompata e la sera, anche volendo, non riuscivo a scrivere però sono tornata e ho rispettato il mio appuntamento settimanale u_u9 *si auto celebra*
Il capitolo è un pass che mi permetterà di sbloccare i futuri scenari, i nostri due cari amici si stanno conoscendo un pochino meglio e evento dell'anno Jason sta facendo risvegliare gli ormoni-fossili di Aloe, Cloe a modo suo sarà una figura rilevante nella storia e nel prossimo capitolo conosceremo due dei suoi figli, secondo voi davvero Aloe dovrà fare solo compagnia a Jason? Io non credo :P
Grazie di cuore a tutte le lettrici nel silenzio e alle ragazze che mi seguono (se ci sono ragazzi pardon), chiunque voglia scrivere un parere è gradito.
Alla prossima settimana,
LittleSun

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Capitolo 8
*** Ally dice bugie ***


Capitolo 8
Ally dice bugie
 
Quella sera dopo una piacevole cenetta finalmente a letto ero riuscita a placare il festino di ormoni che quel contatto più ravvicinato con Jason mi aveva suscitato, grazie a lui ero riuscita a dimenticarmi dell’ansia per l’esame impegnativo imminente  che una volta sola era ritornata nuovamente a tormentarmi facendomi rimpiangere la compagnia di quello sbruffone, dato che ormai l’ansia era venuta presi il tablet e iniziai a scrivere qualche rigo per la mia storia e infatti dopo un’ora ero già pronta per dormire, il miracolo di impegnare la propria mente in qualcosa che non riguarda noi stessi, uno dei motivi che mi faceva amare la scrittura.
 
La mattina mi alzo presto al solito, Jason sembra ancora dormire profondamente, e faccio una colazione sostanziosa, una doccia veloce e poi mi vesto in maniera un po’ più frivola dato che non ho lezione.
Opto per un vestitino rosa molto chiaro con delle ballerine in tinta,una giacca di un rosa più scuro, lego i capelli in una treccia e all’inizio della treccia applico un fiocco dello stesso colore del vestito, metto un anello dorato con una pietra rosa e degli orecchini a cuoricino dorati anche, per concludere indosso una sciarpa di un’altra tonalità di rosa e prendo una borsa che si abbina perfettamente a tutto il resto.
Mi trucco sobriamente ed esco a farmi un giro per comprare i libri e iniziare a studiare, mentre sono in caffetteria a prendere un caffè il telefono mi squilla, vedo il nome e quasi mi strozzo: Mamma.
Rispondo con il cuore in gola ma cerco di non farlo notare, in quei giorni non mi aveva cercata neanche una cavolo di volta per chiedermi niente.
“Pronto?” dico.
“Dafne ciao, come stai?” formale, al solito.
“Ciao mamma, bene grazie e tu come stai?” con un estraneo sarei stata più calorosa.
“Non mi lamento, grazie. Al corso come procede? Quando hai esame?” un cane da fiuto non avrebbe saputo fare di meglio, mi madre probabilmente aveva un radar grande come quelli usati per localizzare gli aerei, come faceva a indovinare sempre quando avevo un esame o compito in classe che sia? Sempre, non le si poteva nascondere nulla, di scolastico s’intende.
“Grazie per avermi chiesto com’è andato il trasloco e come mi sto trovando in questa nuova città, qui tutto bene e il trasloco è andato alla perfezione, il mio coinquilino mi ha aiutato a pulire e sistemare le cose. Il corso procede bene e avrò esami il mese prossimo stavo andando a comprare i libri” non riesco a trattenere il rancore come una volta, non posso credere che non gliene freghi nulla, dovrei essere abituata ma per me è incredibile ancora che una madre non s’interessi della propria  figlia.
“Non fare la spiritosa Dafne, hai detto coinquilino? Stai scherzando spero” la sua voce si è indurita notevolmente facendo trapelare rabbia o… preoccupazione?
“Sono serissima, abbiamo stanze diverse ovviamente” rispondo perplessa.
“Non va bene, cercati una nuova casa entro questa settimana e una coinquilina donna ” oh, ecco da chi ho preso il mio schifosissimo tono autoritario.
“E perché scusa?”
“Perché non voglio ti distrai e perdi tempo dietro a cose futili”
“Ma chi ti dice che mi distrae? Ma che cosa ne sai? Io sto studiando come sempre e adempio al mio dovere come ogni anno della mia vita da quando sono viva” sto iniziando ad alterarmi e non è un bene.
“Non parlarmi così, non osare. Evidentemente New York ha un cattivo ascendente su di te, se continui così ti faccio ritornare di corsa a casa e farti fare le cose seriamente” sta quasi urlando, una specie di paura primitiva di fare arrabbiare mia mamma mi fa calmare istantaneamente.
“Scusa, ti assicuro che lui non mi sta distraendo minimamente è qui anche lui per studiare e prende molto seriamente quello che fa. Sto entrando in libreria a comprare i libri di testo, ci sentiamo, ciao mamma” la chiudo lì perché non voglio sentire più quelle parole, quelle solite critiche infondate.
“Va bene, ciao Dafne” rimango un po’ ad ascoltare il rumore della linea caduta e poi poso il telefono in borsa e sospiro aspramente, non sarei tornata assolutamente a casa, MAI.
In libreria compro i libri assegnati dal professore che grazie al cielo non superano le duecento pagine l’uno e ancora immusonita dalla conversazione con mia mamma mi ritiro. Una volta a casa passo davanti al salotto per dirigermi in cucina e noto con la coda dell’occhio qualcosa che non va così torno indietro.
Quante ore ero stata via? Tre, quattro ore massimo? Fisso il salone con gli occhi quasi fuori dalle orbite, sul divano c’è una donna nuda messa in posa, tutto intorno cartacce, macchie di colore, attrezzi e un Jason, stramaledetto, che dipinge su una tela scrutando la ragazza intensamente. Non capisco poi perché cavolo deve dipingere a petto nudo!
E non esultate voi stupidi ormoni, chi è il cretino che dipinge atteggiandosi così? State a cuccia, maledetti!
“Posso sapere gentilmente cosa caspita stai combinando in salone e perché una donna nuda sta poggiando le sue parti intime sul  NUOVO –sottolineo l’ultima parola- copri divano dove mi sdraio ogni sera?” ed eccolo il tono più inquietante del mio repertorio, calmo, posato ma con una nota vibrante che rende tutto più spaventoso anche perché accompagnato da un sorriso falso come il seno di quella donna sdraiata sul mio adorato divano.
“Eccola, la fata madrina cattiva –trattiene una risata- Kim ti presento Aloe” con un tono da gentiluomo in un contesto totalmente fuori luogo  fa le presentazioni.
“Piacere, comunque mi sono lavata dopo il rapporto prima di sdraiarmi sul divano, tranquilla” con un sorriso da barbie mi da una giustificazione che per poco non mi fa scoppiare la vena della tempia, ovviamente non poteva essere bella e intelligente la donna in questione, bella e idiota… aaaah che buon gusto.
“Il mio disgusto prescinde dalla quantità di docce che ti fai, grazie per l’avvertimento” il mio sorriso sento che sta prendendo una curvatura innaturale.
Jason tossisce a disagio e Kim invece mi guarda confusa.
“Ora puoi gentilmente togliere le tende da qui?” sto iniziando a incavolarmi soprattutto quando vedo Jason lanciare una cicca per terra.
“Kim ti dispiace andare a farti una doccia e aspettarmi in camera, penso dovremo cambiare posto per dipingere, Miss Perfezione qui uccide la mia creatività” ammicca alla ragazza che subito si alza e va in camera del cretino che ora mi guarda corrucciato.
“Mi piace dipingere in questa stanza, ha una luce particolare e mi ispira” sospira beato sedendosi comodamente a gambe divaricate e incrociando  le braccia nel petto che presenta una notevole tartaruga.
Ehi, stupidi ormoni adesso basta immischiarvi nei miei pensieri, sono infastidita!
“Ti dispiace ispirarti lontano da questo salone e usare soggetti vestiti e non donnette da due soldi che strisciano le loro parti intime ovunque per farti fare un disegnino?” veleno allo stato puro.
“Ehi! Non parlarmi così, io sono fatto della stessa sostanza dei sogni” dice con un tono pomposo citando uno degli aforismi più sentiti su internet infastidendomi non poco.
“Di immondizia quindi?” rispondo acida indicando con il mento le cartacce che lo circondano come putti intorno a una divinità, “al contrario tuo io sono fatta di carne, sangue e viscere, quindi vedi di dare una pulita prima che io decida di dimostrarti che tu sei fatto della mia stessa sostanza e credimi non ti piacerà il mio metodo” ghigno maligna dopo aver concluso in maniera macabra il mio discorso.
“Tu sei pazza, maledetto il giorno che sei entrata in questa casa!” mi fissa schifato mentre raccatta le sue cose.
“Il mio arrivo ti ha salvato dal tetano e gravi infezioni! Dovresti essermi grato!” dico in mia difesa.
“Mi uccidi l’ispirazione”
“Me ne frego della tua ispirazione! Fuori dal salone tu e la tua sporcizia, se vuoi fare arte premurati di non sporcare tutta la casa” guardo con disgusto il pavimento e poi il divano contaminato da una nudità estranea.
“Avvocato di merda” borbotta mentre si infila nella sua stanza con tutta la sua roba.
“Artista cafone” gli urlo dietro, lui si affaccia dalla porta, mi fa una linguaccia e un dito medio e mi sbatte la porta in faccia.
Rimango lì sconvolta, un bambino, uno stupido bambino; poi vado a passo di marcia e digrignando i denti nella mia stanza e mi tuffo a pancia in giù nel letto. Cretino!
 
Il tempo passa e Jason ormai è uscito da ore, penso tornerà solo all’orario in cui arriveranno i figli di Cloe, nel frattempo mi sono premurata di sistemare nuovamente il salone, immergere nei disinfettanti il copri divano e ho iniziato a studiare.
Nella solitudine mi rendo conto di avere un po’ esagerato con lui perché ero arrabbiata con mia mamma in realtà. Certo lui non ha idea di cosa sia rispettare gli spazi comuni però riconosco di avere usato dei modi un po’ troppo aggressivi e sicuramente non volevo sminuire la sua professione di artista, maledetta linguaccia perché non te la prendevi così con la causa della tua incazzatura?
Si fanno le quattro e Jason rientra, mi vede seduta sul divano e si imbroncia, non saluta e va in cucina. Ok, io ho esagerato però lui è un bambino davvero.
Sto per raggiungerlo e fare il primo passo e scusarmi, approfittandone per dare l’esempio, ma suona il citofono così vado a rispondere.
“Chi è?”
“Oh Ally sei tu! Sto facendo salire i bambini” dice allegramente e in sottofondo sento un brontolio indistinto a quell’ultima definizione.
“Si, prego, falli salire” apro il cancello e poi apro la porta.
Jason esce dalla cucina e mi fissa “sono arrivati?” chiede sempre imbronciato.
“Si” e si, io volevo proprio fare il primo passo, orgoglio di merda che mi fa parlare a monosillabi.
Sentiamo il rumore dell’ascensore che raggiunge il pianerottolo e ci voltiamo verso la porta dove si stanno avvicinando due figure una piccola , saltellante e rosa e l’altra svogliata, dinoccolata e abbastanza alta.
“Bella Jas” fa il ragazzo battendo il cinque con Jason, la piccola gli saltella intorno e poi dopo averlo fatto piegare gli da un bacio in guancia.  Il ragazzo quasi quattordicenne è abbastanza alto per la sua età, indossa jeans chiari e molto calati, abbastanza da farmi sapere che mutande indossa, ha i capelli castani spettinati come Jason (evidentemente è una moda) e una maglietta attillata, tiene le mani in tasca, è un ragazzo carino e sembra esserne molto consapevole, si volta con curiosità e mi fissa.
“E’ lei la ragazza di cui ha parlato mamma?” dice poi rivolgendosi a Jason che annuisce cupo e mi guarda palesemente incavolato.
“Piacere Mike” mi porge la mano e io la stringo sorridente.
“Aloe, piacere mio”
Mi sento poi tirata per la gonna e abbasso lo sguardo e incontro due occhioni verdi che mi guardano. La piccolina mi arriva a metà coscia, ha i capelli castani legati in due treccioline,un maglioncino rosa e sopra dei jeans un tutù rosa anche e delle calosce rosa con dei fiorellini sopra. E’ un amore, mi sciolgo guardandola e mi accovaccio per arrivare alla sua altezza  e salutarla.
“Ciao piccola, tu come ti chiami?” le stringo una manina paffuta.
“Annie,tu?”
“Aloe ma puoi chiamarmi Ally!” le sorrido, lei ricambia timidamente e poi mi si fionda letteralmente in braccio facendomi ridere per la tenerezza.
“Sono vestite uguali praticamente… tutto quel rosa” sghignazza il fratello della bimba facendo ridere il mio coinquilino decelebrato.  Ovviamente me ne sono resa conto anche io di questa scelta di colori molto simile ma non è necessario che loro lo sappiano, no?
“Ah ah che ridere. Comunque Mike non sei troppo grande per andare dalla babysitter?” dico mentre con ancora in braccio Annie vado in cucina per prepararle la merenda.
“Mia mamma mi ha costretto solo perché una volta mi ha beccato con una mia amica a casa” dice in sua difesa punto sul vivo mentre seguito da Jason ci raggiunge in cucina, si siedono tutti a tavola tranne me che decido di preparare una cioccolata calda, seguendo la ricetta da internet ovviamente.
“E che facevate con l’amica?” ridacchia Jas.
“Me la facevo, ovviamente” si vanta il giovanotto.
“Ehi moderate i termini, Annie è piccola” li rimprovero facendo cenno alla bambina che ci sta guardando con un sorrisino ingenuo stampato in volto.
“Lascia stare, An non capisce nulla di ‘sta roba” sbuffa Mike.
“Quindi già lo hai fatto?” continua il mio indelicato coinquilino.
“Certo, quasi tutti in classe” continua a pavoneggiarsi l’altro lasciandomi basita, ma sono dei mostri i giovani di oggi? Io ancora vergine sono… assurdo.
“Si, immagino anche io l’ho fatto alla tua età” risponde  il cretino.
“Fico! Ma Ally te la sei fatta?” mi casca il cucchiaio che avevo appena preso per mescolare gli ingredienti e lo fisso stralunata mentre le guance mi si arrossano istantaneamente,boccheggio.
“Anche no” risponde l’altro schifato.
“Che devi fare a Ally,Jessy?” interviene la piccola guardandomi preoccupata.
“Nulla tesoro, nulla. Guarda c’è un biscottino!” le metto davanti una confezione di biscotti al cioccolato che sembrano deviare l’attenzione della piccola che incomincia a giocare con i biscotti facendoli parlare.
“Ma perché? A parte i vestiti da bambina è figa…” ok, ok mi perdoneranno se privo il mondo di un’inutile adolescente?
“Si, è figa lo so… però è acida e frigida” borbotta Jason guardandomi interessato.
“Vi dispiacerebbe non parlare di me come se non ci fossi? Soprattutto Jason potresti evitare di insultarmi, tu ispiri sesso solo alle persone che hanno un Q.I. sotto la media quindi è normale che chi non te la da per te è acido e frigido” rispondo piccata all’insulto, lui fa per rispondere ma veniamo interrotti da una vocina angelica che ci spiazza.
“Sesso? Ally e Jessy?” la piccola Annie aveva lasciato tre persone senza parole, la fissiamo sconvolti e poi parliamo tutti contemporaneamente.
“Sembra che stia parlando di due ragazze… fico!” dice Mike ridendo bellamente.
“Hai visto che hai fatto Ally? Vergognati!” esclama Jason.
“Non si dice tesoro, nono! – sento quello che dice Jas e mi volto a incenerirlo- Non osare incolparmi!” sbraito cercando di contenermi.
Sarebbe stato un lungo pomeriggio, me lo sentivo, un lunghissimo pomeriggio.
La piccola corruga la fronte e ci guarda confusa poi decidendo che i biscotti sono più interessati ricomincia a giocare e mangiarli.
“Finiamola con questi discorsi, io preparo la cioccolata e vi lascio” dico rimproverando gli altri due e gesticolando con un nuovo cucchiaio pulito.
“Ci lasci?” dice Jason perplesso.
“Si, ovvio, sei tu il babysitter non io” dico ovvia.
“Ma avevi detto stavi qui” piagnucola.
“Non ho detto che avrei fatto da balia anche a te o mi sarei presa un impegno che devi portare a termine tu” lo lincio con lo sguardo.
“Ma rimani dai!” insiste.
“No”
“Ti prego Ally non andare” dice con una vocina piccola piccola Annie facendomi stringere il cuore, sospiro e accetto facendole battere le  manine di gioia, Jason esulta e le riempie un piattino di biscottini.
Finita la merenda optiamo per vederci tutti insieme un film, dopo un litigio tra fratelli, imprecazioni varie di Mike e pianti disperati da parte di Annie alla fine dopo un sorteggio fatto da me e Jason per acquietare gli animi vince , con somma gioia di Annie, “La bella e la bestia” e quindi ci sediamo tutti nel divano e attiviamo il dvd.
La bimba mi si appollaia addosso, Mike imbronciato si mette nel lato opposto a braccia conserte e sbuffa ogni tre secondi, Jason è seduto al centro e ha una faccia stremata di chi non sa perché ha accettato questa cosa, insomma la faccia che dovrei fare io.
Dopo  un’ora di film le uniche sveglie siamo io e Annie totalmente prese dal film, i due ragazzi sono morti ai primi dieci minuti del film dopo qualche critica casuale giusto per sminuire una cosa da ragazze.
Uomini, sentono minata la virilità non appena fanno una cosa da donne, io mica mi sento con meno femminilità se guardo un film d’azione, noi donne siamo più duttili non c’è nulla da dire.
Alla fine del film consolo Annie che si è messa a piangere per la felicità e sveglio quei due cretini.
“Potevare a durare più di dieci minuti no?” li rimprovero mentre mi alzo.
“Mamma mia che dormita” si stiracchia Jason ignorandomi.
“Troppa rottura di palle, ma che schifo ste robe delle principesse” sbadiglia Mike.
“Scusate potreste evitare di ignorarmi?” esclamo esasperata mentre Annie fissa con rancore il fratello ma non dice una parola mostrando così la teoria che le donne maturano prima degli uomini, molto prima.
“Dicevi?” dicono contemporaneamente guardandomi sornioni.
“Siete due bestie” sbraito offesa dal loro atteggiamento fastidioso.
“Ooooooh, Ally baci Jessy?” esclamò la piccola saltellando sul divano e guardandomi sognante.
“Eh?” la guardo confusa mentre Mike ride e Jason sogghigna.
“Ora voglio vedere come se ne esce…” bisbiglia il fratello della piccola a Jas.
“Baciatevi, dai!” continua a saltellare.
“No piccolina, non può essere” dico con un sorriso falso e rigido.
“Ma… la bestia, il principe” bisbiglia mentre gli occhi si inondano di lacrime.
“Ma lui non è un principe , è solo una bestia” dico cercando di convincerla.
“No, Jessy è bello come un principe, lui sicuro è il tuo principe” due lacrimine scendono bagnando quelle guanciotte paffute.
E ora? Che stra cavolo dovevo fare? Me l’ero cercata… non potevo usare un altro termine? Uno qualsiasi? No, ovviamente no. La giornata era iniziata di merda e sarebbe finita di merda, evidentemente.
Guardo Jason in cerca di aiuto ma lui alza le spalle e mi sorride altamente divertito da tutta la faccenda, questa me la paga.
“Tesorino Ally ha un raffreddore bruttissimo, appena starò meglio darò un bel bacio al principe” tossisco e starnutisco per finta giusto per convincerla, Mike sbuffa per camuffare una risata e invece Jason ride apertamente.
Annie mi fissa attentamente poi le scendono altre due lacrimine “Ally dice bugie”.
Sospiro profondamente e mi volto verso Jason che sta giocherellando con un ciuffo di capelli biondi mentre stravaccato sul divano osserva tutta la scena con un’aria compiaciuta.
Chiudo gli occhi, prendo un grosso respiro e li riapro, mi dirigo lentamente verso Jason che ora mi sta guardando con uno sguardo che è un misto di confuso e sorpreso.
Copro tutta la distanza che c’è tra di noi e lo guardo intensamente, nella stanza non si sente più nulla, Annie sospira come quando ha visto Belle baciare il principe, io sono prigioniera degli occhi di Jason, non riesco a staccare lo sguardo, tutta la mia timidezza, tutto il mio rancore una volta presa la decisione sembrano essersi eclissati, ora sento solo il cuore che accelera i suoi battiti, le guance mi s’imporporano, gli occhi mi si inumidiscono e proprio mentre mi piego verso di lui sento una scarica di adrenalina che mi percorre interamente, una scarica che mi fa poggiare una mano sulla sua guancia, che mi fa avvicinare le mie labbra alle sue e che una volta avvenuto il contatto mi fa chiudere gli occhi.
Una volta che chiudo gli occhi e avverto una morbida pressione sulle mie labbra e un calore che parte dal basso ventre lascia una scia di fuoco nel ventre, nel petto, in gola e esplode sulle labbra, un frammento di secondo e mi sembra di stare assistendo al big bang, alla creazione del mondo. Avverto l’umido delle sue labbra, le mie mani sentono la morbidezza della sua pelle, una sua mano mi si poggia sul collo mandandomi dritta nelle fiamme di quel fuoco che questo bacio mi sta scatenando. Non sento dolore, non sento bruciore, non sento nulla se non questo grande calore che piano piano sta lambendo il mio cuore levandogli uno dei tanti strati di ghiaccio.
Avevo letto tante cose riguardo ai baci, visto moltissimi film, addirittura avevo letto alcuni articoli che parlavano dell’importanza del bacio ma nessuno mi aveva mai detto quanto fosse ultraterreno questo semplice contatto con un’altra persona, due labbra che si toccano e uno si sente come spettatore del fenomeno naturale più bello che esiste. Vorrei che non finisse m…
“Vedete di non figliare qui che Annie è piccola”
COSA? Che cos’è questo suono irritante che distrugge tutta l’atmosfera? Mi stacco immediatamente da quella fonte di calore e mi guardo intorno confusa, metto a fuoco la figura di Jason che ancora sotto di me tiene una mano poggiata sulla mia che tengo ancora sulla sua guancia, mi guarda intensamente e nei suoi occhi leggo molto stupore e dolcezza. Tolgo la mano delicatamente arrossendo vistosamente e guardo Annie giusto per non guardare né il motivo del mio odio né il motivo del mio imbarazzo. Annie ci sta fissando con gli occhi a cuoricino e la boccuccia a O “Visto? E’ il principe”.
Sorrido giusto per risponderle ma non aggiungo altro e cambio discorso facendo finta di niente, mentre mi distraggo avverto tutta la sensazione di calore ritirarsi fino a sparire lasciando di nuovo quel freddo, quello stesso freddo che ora avverto con una nuova consapevolezza, un gelo che mi fa desiderare altro calore.
“Stai dicendo che vuoi baciare ancora Jason?” Squittiscono i miei ormoni, perché le persone normali hanno una coscienza e io ho degli ormoni?
“No, non sto dicendo questo, lasciatemi in pace”.
“Vuoi dirci che non ti è piaciuto? A noi è piaciuto più del lecito” insistono.
“No, non mi è piaciuto” nego più a me stessa che a loro.
“Ally dice bugie”



http://i59.tinypic.com/e6c5ll.jpg <---Completo rosa *_* io lo adoro!

Angolo autrice
Scusateeee il ritardo, sono stata ultra impegnata, scusate T_T
GRAZIE INFINITE a chi legge in silenzio, a chi recensisce e vorrà recensire, a chi mi ha messo tra le ricordate e a chi segue la mia storia, grazie di cuore<3
Spero il capitolo sia di vostro gradimento, pubblicherò quanto prima :D
A presto *_* grazie ancora


 

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Capitolo 9
*** La veterinaria e il gelato di soia ***


Capitolo 9
La veterinaria e il gelato di soia

 

Inutile dire che dopo quel pomeriggio avevo evitato qualsiasi contatto fisico con Jason, ogni tanto lui faceva battutine riguardo a quel episodio ma mi limitavo a non rispondere cosa che alla fine lo aveva demoralizzato abbastanza da non farlo più entrare in argomento, per la mia gioia.
Il giorno dopo il “caloroso” evento mentre andavo mi bagno mi ero scontrata con un umido e mezzo nudo Jason che usciva dalla doccia ed il contatto dentro di me aveva scatenato una scossa ormonale di magnitudo 7.0 come minimo, mi ero scusata profusamente con un tono febbrile e quasi asmatico, lui aveva, ovviamente, riso e subito dopo mi ero fatta una doccia fredda stronca ormonella.
Mentre mi lavavo avevo seriamente valutato di sterilizzarmi per evitare imbarazzanti vampate sessuali ingestibili. Come avevo fatto a passare da sergente di ferro a gatta in calore? Mancava poco che iniziavo a miagolare in maniera straziante ogni volta che i suoi feromoni erano nei paraggi.  Non potevo permettermi una distrazione così grande, non avrei retto per molto.
 
Una mattina come tante altre mi alzo di buon’ora e approfittandone della mancanza di lezioni mi metto nella cucina silenziosa con un bel caffè caldo e dei biscotti alla panna a studiare il secondo libro, il primo lo avevo già completato, stavo sottolineando e memorizzando dei concetti non proprio semplici quando il mio irruento coinquilino  entra in cucina distraendomi inevitabilmente.
Alzo lo sguardo dal libro e me lo ritrovo con i pantaloni della tuta abbassati quasi vicino l’inguine dove è messa in bella mostra una splendida V  e il petto immancabilmente nudo, i capelli biondi sono adorabilmente scompigliati naturalmente, mi vede e mi sorride, io invece sto cercando di trattenere dentro la saliva per non farla fuoriuscire ,versione cascata, dalla mia bocca insieme alla colazione.
Ma poi perché quest’uomo ha la malsana abitudine di passeggiare a petto nudo sempre? Quanto possono essere egocentrici i fottuti uomini? Se continua così senza neanche sapere come  mi troverò iscritta a un’associazione che si occupa di difendere le tartarughe… e che tartarughe. Niente, sono ridotta male, resta solo la sterilizzazione.
“Giorno” sbadiglia buttandosi su una sedia di fronte la mia dopo essersi riempito anche lui una tazza di caffè.
“Posso sapere cosa ti spinge a camminare ,in pieno ottobre e in una casa non riscaldata, a petto nudo costantemente?” sibilo acida.
“Ti piace quel che vedi? Ti scombussola?” mi ammicca affabile mentre si accarezza gli addominali.
“Oh si, la stupidità umana mi scombussola sempre” deglutisco a fatica e rispondo indispettita.
“Quanto sei acida Ally, era caffè o veleno quello che hai bevuto?” fa una smorfia mentre indica la mia tazza vuota.
“Spiritosone, scusa se mi stanca averti sempre semi nudo in giro, mi crea disagio! Pensa se lo facessi io, sarebbe sgradevole” esclamo per fargli capire il mio punto di vista.
“Ma a chi prendi in giro? Disagio? Io la chiamerei attrazione sessuale, potente attrazione sessuale” mi deridono i miei pessimi ormoni.
“Zitti, state zitti!”
“Se vuoi fai pure, non mi dispiacerebbe” risponde il deficiente leccandosi lentamente il labbro superiore guardandomi con uno sguardo da marpione.
Annaspo in cerca di qualcosa di sottile e velenoso da dire ma non mi viene in mente nulla, così mi alzo di scatto, raccolgo tutti i libri e accampando una scusa banale corro in stanza e prendo il telefono quasi strappando il carica batterie dalla presa, mi tuffo sul letto e chiamo il numero d’emergenza. Dopo qualche squillo sento la voce della salvezza rispondermi.
“Pronto?”
“Abby, sono Ally, sto impazzendo… aiutami!” uggiolo al telefono.
“Ally che succede? Non è da te chiamare a quest’ora se non è successo qualcosa di grave!” esclama preoccupata.
“I miei ormoni. Non riesco più a controllarli, Jason mi sta scombussolando”
“I tuoi…che?” sembra seriamente perplessa, poi c’è un attimo di silenzio e un secondo dopo la sua risata fragorosa fuoriesce dal telefono tanto che devo allontanarmi il telefono dall’orecchio.
“Ormoni,Abby! Non ridere, sono seria, sto diventando una squilibrata… IO!” sbraito rendendo la mia voce più acuta nell’ultima parola giusto per sottolineare l’assurdità della cosa.
“Ok, frena un attimo, che mi sono persa?” tenta chiaramente, senza molto successo, di trattenere le risate.
“L’altro giorno per un caso assurdo e senza senso ci siamo dati un bacio a stampo e ora non riesco a controllare i miei ormoni, non riesco a comprendere” continuo a piagnucolare.
“Frena,frena,frena di nuovo… TU HAI BACIATO IL TUO COINQUILINO? TU?” le sue urla sono così forti che sono certa di avere il timpano dell’orecchio destro forato da parte a parte.
“Tu sì che mi sei d’aiuto ora il mio disagio è cresciuto, se ti affacci lo vedi,salutalo da parte mia” dico acida.
“Scusa, non lo faccio più, ci sono. Meglio non indago oltre , spiegami qual è il problema se hai baciato sto ragazzo? Anzi dovresti essere felice e grata” dice ovvia stupendomi.
“Allegra? Grata? E perché mai?” evidentemente mi sfugge qualcosa.
“Ma come perché? Non ti avevo mai sentito dire una cosa simile in anni di amicizia, un tempo pensavo che avevi mandato tutti i tuoi ormoni in un lager, dovresti essere felice di sapere che sono ancora lì ed in perfetta salute” la mia ex migliore amica spiega tutto con un tono pratico e altamente divertito che mi fa venire voglia di riattaccare.
“Sei ufficialmente entrata nella mia black list, dovrò comprarmi un cane per compensare la tua assenza” dico con tono offeso facendola ridere.
“E dai Ally, dico davvero non reagire così se il tuo corpo manifesta i primi segni di riabilitazione dopo la prigionia, vivi con uomo e la cosa non ti era mai successa quindi è normale, soprattutto se è carino anche” forse con quest’ultima spiegazione si era ripresa il suo posto di migliore amica.
“Carino? Abby non ha capito quanto sia figo da morire, sexy da impazzire e stuprabile il nostro vicino di stanza” blaterarono i miei ormoni.
“Voi state giocando con il fuoco stronzetti” minaccio.
“Forse ti sei salvata e l’acquisto del cane è rimandato a data da destinarsi, se fossi in te starei attenta. Ho paura che questa storia mi distrarrà, ho un esame importante a breve e se va male mia mamma e mia zia mi tormenteranno, non posso permettere succeda” la voce mi diventa roca esponendo la mia reale preoccupazione e la sento sospirare.
“Ally tesoro mio, sei una ragazza con un Q.I. superiore alla norma, ti impegni sempre fino in fondo e non hai mancato mai un impegno preso. Ti sei dimostrata una donna forte e che sa il fatto suo, ora che sei lontana da quelle due stronze puoi riprenderti la gioventù di cui ti hanno privata, le esperienze giovanili e farne tante nuove, se non ti manterranno più ti troverai un lavoro, studierai e se non ce la farai ti aiuterò anche io economicamente ma non tornerai da loro, ormai sei fuori.  So che forse ancora non hai realizzato la cosa ma sei fuori, sei libera. Non farti più rovinare la vita da loro, si sono già prese abbastanza della splendida persona che sei. Se ‘sto benedetto ragazzo ti piace allora facci amicizia, stacci, vacci a letto se proprio ti va oppure diventa sua amica, ma non privarti più della felicità e di fare esperienze” il suo tono dolce e affettuoso mi aveva fa piangere commossa, non sono abituata a sentirmi dire tutte queste belle cose e le sue parole hanno aperto uno dei numerosi lucchetti che mi erano stati messi durante la mia infanzia.
“Grazie, grazie di cuore Abby” è l’unica cosa che riesco a dire.
“Non piangere bambolina, prenditi quello che è tuo, io ci sono” mi consola.
“Ci proverò, ho ancora tanto da imparare”
“Conosci qualcuno che è nato perfetto? Che non ha mai sbagliato o che sapeva già fare tutto? Qualcuno che non ha vissuto periodi di merda durante la sua vita? Se sì dimmelo che appena lo scovo gli rompo il culo” impreca facendomi ridere di cuore.
“No, non ne conosco”
“Ecco, allora Ally sbaglia e impara dai tuoi errori!”
“Lo farò, grazie sei una vera amica”
“Naaah faccio solo il mio dovere e cerca di divertirti un po’ che se continua così vedo incombere sopra la tua testa un vibratore a mo’ di spada di Damocle” la conclusione del discorso mi fa quasi uscire gli occhi dalle orbite.
“Ma che cazz… Che stai dicendo???? Uccidi un discorso bellissimo così? Ti uccido” blatero preda di un imbarazzo mortale.
“Su su, si scherza, tesoro io devo andare a lezione, mi raccomando se hai bisogno chiama, ci sentiamo presto”
“Scappa che è meglio, brava! Si, grazie lo stesso per te, ti voglio bene”
“Anche io, a presto”.
Una volta chiusa la molesta chiamata mi limito a scuotere la testa e asciugarmi le guance bagnate dal pianto di prima, poso il telefono sulla scrivania per rimetterlo a caricare e con l’anima meno pesante torno in cucina a sparecchiare.
Dentro trovo un Jason vestito che sta lavando i piatti e che ha sparecchiato pure il mio lato, si volta a salutarmi sorridente e io lo guardo sospettosa.
“Che hai fatto? Cos’hai combinato?”
“Perché? Ho solo pulito!” alza le braccia come a dichiararsi innocente.
“E da quando pulisci?”
“Da quando ho deciso che oggi non voglio litigare ma andare a fare una passeggiata con te, mi sto annoiando” dice guardandomi più che soddisfatto della sua azione.
Lo fisso come se mi avesse parlato in aramaico antico, mi sta prendendo per il culo?
“Tu hai pulito perché vuoi fare una passeggiata con me?” ribadisco la cosa anche perché magari ripetendola mi sembrerà meno assurda.
“Potrei offendermi se continui a ripeterlo con quel tono stupito, quindi? Vieni a fare un giro?” sbuffa e poi mi sorride speranzoso.
“Perché proprio io?” non me ne riesco a capacitare.
“Oh quanto la fai lunga, mi sto annoiando da morire, mi stai simpatica e oltre a casa praticamente non stiamo mai insieme” si passa una mano tra i capelli imbarazzato intenerendomi, dentro di me i miei orridi ormoni stanno facendo una specie di canto corale degno delle migliori chiese e mi istigano ad accettare, persuadendomi infine.
“Perché no? Dammi il tempo di sistemarmi, dove andiamo?” sorrido timidamente e lui ricambia sorpreso dal mio si.
“Pensavo di andare al parco e di mangiare un gelato, io dietetico però”
“Sai sei quasi più paranoico di una donna per quanto riguarda la dieta, non sei messo male di che cavolo ti preoccupi?” lo rimprovero.
“Che non sono messo male lo so, grazie Ally – mi ammicca provocante- ma vorrei rimanere tale”
“Che stronzata, vabbè affari tuoi, vado a cambiarmi faccio il prima possibile” sto per andarmene ma mi richiama.
“Vestiti sportiva o quanto meno comoda, spero che l’unica cosa pratica nel tuo armadio però non sia un pigiama” sghignazza divertito.
“Ah Ah che simpatico, guarda non ti mando a fanculo solo perché ormai l’impegno l’ho preso” faccio un gesto con la mano come per scacciarlo e con il naso all’insù esco dalla cucina lasciandolo a ridere solo.
Una volta in stanza posso concedermi di mostrare un lieve panico, vestiti comodi io? Casual?
Acci cazzarola ma ne ho?  Ok, lo ammetto, il mio armadio è per lo più pieno di vestiti scomodi e da ragazza seria, io e il casual andiamo d’accordo come Jason e l’igiene, in media.
Lo spalanco e mi ci immergo ne esco poco dopo con un paio di jeans scuri e attillati, un maglioncino bianco con dei cuoricini neri e una giacchetta di simil pelle sagomata, il massimo che sarei riuscita a ottenere dal mio armadio delle frivolezze.
Per il resto c’è poco da fare, prendo degli stivali pelosi e caldi con dei fiocchi dietro che mi fanno sospirare, uno zainetto nero, una sciarpa e degli occhiali da sole, concludo il tutto con un cappello nero, anche quello, con un pon pon.
Mi trucco sobriamente, metto l’orologio e mi guardo allo specchio, per i miei standard ero più che casual, per quelli di Jason ne dubito.
Esco dalla camera e lo trovo che mi aspetta all’ingresso poggiato con la schiena alla porta e le mani in tasca, un immagine sublime da rivista di moda, i miei ormoni lo commentano con gioia e io sospiro.
“Non te l’hanno mai insegnato che guardare una persona e sospirarle in faccia è maleducazione?” chiede lui perplesso mentre inarca un sopracciglio.
“Non ti rispondo, andiamo? Devo tornare presto per studiare” m’incammino e lo spintono dalla porta per superarlo.
“Ma che noiosa che sei…” biascica mentre mi segue.
In ascensore maledico lo spazio angusto in cui alla velocità della luce si sta diffondendo il profumo di Jason e sospiro di nuovo.
“Ok,ora mi sto incavolando, si può sapere che hai sempre da sospirare?” mi dice con un tono spazientito, lo guardo altezzosa.
“Nulla che ti riguardi, posso chiederti perché non hai invitato nessuna delle tue amiche?”
“Te l’ho detto, io e tu non ci vediamo mai oltre l’ambito casalingo e quindi mi andava” sorride gioioso mentre ci incamminiamo verso la metro.
“Mh sarà” dico poco convinta mentre i miei ormoni gongolano inebriati da queste attenzioni e ancora storditi dal suo profumo.
“Quanto sei diffidente Ally, comunque la tua concezione di casual è divertente, sai? Cosa sono queste treccine?” ridacchia prendendone una e giocandoci con le dita, arrossisco violentemente a quel contatto ma evito di agitarmi sul posto tanto per non dargli il piacere di vedere che effetto mi fa un qualsiasi contatto con lui.
“Devi farti più spesso le treccine… amiamo le treccine” sospirano i miei ormoni in trance.
“Domani mi faccio un caschetto” minaccio facendoli azzittire immediatamente.
“Non ho occasione di vestirmi casual spesso quindi è normale che il mio armadio ne sia sprovvisto. Lascia stare le mie treccine!” gli scosto la mano facendogli una linguaccia.
Nel frattempo siamo scesi dalla metro e ci stiamo dirigendo in una gelateria che si trova di fronte l’ingresso del parco.
“Scorbutica, non ti ho mai visto con i capelli sciolti ora che ci penso” mi guarda curioso facendomi accelerare il passo per allontanarmi il più possibile dai suoi occhi indagatori.
“Sono scomodi sciolti” mi limito a dire mentre lui facilmente mi raggiunge.
“Ma dai, che cavolata”
“Immagino tu sia un esperto di capelli lunghi” dico inarcando un sopracciglio e fissando i suoi capelli corti.
“Come vuoi” alza le spalle e mi fa un finto gesto cavalleresco per farmi entrare per prima in gelateria, alzo gli occhi al cielo e borbotto un “cretino” che lo fa ridere di cuore.
La gelateria ha un sacco di gusti e quel cretino paranoico se ne prende uno bianco alla soia, una cosa insipida e senza senso a mio parere, io mi prendo una coppa grande con kinder,cioccolato bianco e cioccolato fondente con granella di noci e wafer sopra, la guardo beata e soddisfatta, noto che invece Jason sposta lo sguardo dalla mia coppa alla sua coppetta con uno sguardo di sofferenza e mi scappa un risolino, così impara a fare la 'modella pazza'.
Con lo sconsolato Jason al mio fianco mi dirigo verso un muretto del parco che si affaccia su tanti corridoi alberati in cui la gente corre,passeggia i cani o si ferma su una panchina per leggere.
Al fresco sotto l’ombra degli alberi mi godo il mio gelato, noto che ancora il cretino sta fissando il mio  e gli allungo la coppetta.
“Smettila di fare quella faccia o prendine un po’, non esagerare non ingrassi con un gelato”.
“Assolutamente no” scuote la testa e interrompe il contatto visivo con il mio gelato.
“Adesso basta, mangia!” mi spazientisco, prendo il suo cucchiaino e lo immergo nella mia coppa e poi lo avvicino alla sua bocca, lui mi guarda sconvolto e poi fa una faccia sostenuta e ammiccante.
“Vuoi imboccarmi? Come sei provocante”
“Anche gli ammalati, i vecchietti  a volte e i bambini si imboccano, lo vuoi o no?” dico spazientita scuotendo piano il cucchiaino davanti alla sua bocca, dopo il mio paragone il sorriso gli sparisce dalla faccia, mi guarda seccato e finalmente apre la bocca, alzo gli occhi al cielo e gli rimetto il cucchiaino nella sua coppetta.
“La prossima volta prova a passarglielo con la tua bocca” strillano i miei ormoni estasiati.
“Mi fate schifo” rispondo semplicemente.
“Mmmmmh che buono, che meraviglia” mugola con gli occhi chiusa in preda sicuramente a un piacere mistico.
“Peggio per te che ti privi di queste meraviglie per fare il figo” lo rimprovero.
“Rimpiangerei di più il sesso” dice in sua difesa.
“Cazzi tuoi” chiudo lì a disagio prima di entrare in un campo minato.
“Come sei pudica” ridacchia.
“Tu ridi troppo a mio parere” lo fulmino con lo sguardo.
“Sesso” dice con un tono sensuale e io arrossisco.
“Smettila!”
“S-e-s-s-o” scandisce come un attore porno facendomi agitare e diventare del colore della lava.
“Quanto sei coglione, basta!” gli do un pugno sul braccio.
Perché a me? Perché sempre a me? Ma poi per quale motivo dovevo sempre arrossire quando si parlava di sesso, quanto disagio, maledetto deficiente.
“Oh si, ti prego dillo ancora” mugolano di piacere i miei ormoni che ignoro prontamente, ci mancano solo loro.
Mi scoppia a ridere in faccia vedendo le condizioni in cui mi sono ridotta per la sua pietosa idea.
“Ora vado a casa così la smetti di prendere in giro e posso studiare e rendere proficuo il mio tempo” faccio per alzarmi ma lui mi afferra per un polso e mi ritira a sedere.
“Scusa, resta dai, sei strana non ci sono abituato a scherzare con una ragazza senza poi andarci a letto, sei anche la prima con cui convivo in un certo senso, mi fai ridere non ti seccare” borbotta a disagio, io sbuffo sonoramente per camuffare anche un sorriso ,grande come il ponte di San Francisco, che mi sta spuntando in faccia.
“E va bene ma è l’ultima possibilità che ti do” faccio la sostenuta e finisco di mangiare il mio gelato.
Per un po’ restiamo in silenzio, poi Jason si alza per buttare le nostre coppette e quando si risiede ha di nuovo in faccia il sorrisino molesto di quando sta per dire qualcosa che lo diverte particolarmente.
“Facciamo un gioco” esordisce rendendomi, se possibile, ancora più sospettosa.
“No, grazie” dico subito.
“Uffa, manco sai che gioco è” ridacchia alzando gli occhi al cielo.
“Se viene da te non può essere niente di buono”
“Prevenuta, potrei offendermi sai?”
“Hai un secondo per espormelo” cedo infine.
“Ok, è il gioco delle votazioni, diamo un voto alla gente che passa e un commento sintetico” sorride soddisfatto, lo guardo perplessa ma alla fine ,sospirando per la milionesima volta in quel giorno, accetto.
Davanti a noi passa una ragazza con i capelli corti e biondi che corre.
“7 ma probabilmente a letto è da 9” dice Jason.
“8 e sicuramente è una ragazza che sta molto sui libri” aggiungo, inarca un sopracciglio e mi fissa scettico.
“Ma che ne sai?” esclama poi.
“Ma perché tu che ne sai quanto è brava a letto?” rispondo io stizzita.
“Ma si capiva dall’ancheggiare” dice lui come se io fossi stupida e lui vedesse una verità palese, lo incenerisco con lo sguardo.
“Questo gioco è una merda”
Lui non fa in tempo a rispondermi che davanti a noi passa un ragazzo, sta volta, che corre anche, lo osservo attentamente, niente male… niente male davvero.
“9 forse studia medicina” butto lì mentre seguo il bel moro andare via dalla mia visuale, Jason mi guarda scettico.
“1 probabilmente non sa neanche com’è la figa” volgare e cafone.
“Sei orribile… 1? Ma perché? Dici cavolate e sei osceno” faccio una smorfia schifata.
“Mica sono gay che commento gli altri ragazzi e sicuro è come dico io” probabilmente non sentivo un ragionamento così dalle scuole medie ma perché gli uomini non posso commentare gli altri uomini senza temere di essere omosessuali e invece noi donne possiamo dare pareri su altre donne senza però risultare lesbiche? Dov’è il senso di tutto questo? Gli uomini poi hanno questa specie di competizione con gli altri come se sminuendo gli altri loro risultassero più fighi, in qualche modo, e poi insultando le prestazioni a letto creano ( a modo loro) il grande divario che li separa dall’individuo giudicato in questione.
“Io non sono lesbica e prima ho commentato quella ragazza” rispondo acida.
“Ma con voi donne è diverso” dice ovvio.
“No?”
“Si, voi vi commentate sempre, noi uomini no, non ne abbiamo bisogno di commentare noi lo sappiamo già a primo sguardo” il suo tono serio mi fa venire un eccesso di risa e mi piego in due per tenermi le mani sulla pancia.
“Ma che stereotipi assurdi sono? Ma queste idee nel tuo cervello nascono come piante selvatiche o qualcuno gliele mette?” lo derido di cuore.
“Tu ridi ma un giorno scoprirai sulla tua pelle che è così” minaccia facendomi ridere ancora di più.
“Oh non vedo l’ora di scoprirlo” mi asciugo le lacrime e lo fisso altamente divertita.
“Continuiamo questo schifo di gioco” dice offeso facendomi ridere ancora.
Passa una donna tipo spagnola e sopra i trenta, molto curata e con una coda alta e Jason fischia facendomi scuotere la testa schifata.
“Sembri un posteggiatore di bassa lega” arriccio il naso disgustata.
“9 ed è una veterinaria” dice sicuro, incrociando le braccia al petto e seguendo con lo sguardo la donna fino a quando non scompare dalla nostra visuale.
“8 E…Veterinaria? Che cavolo ne sai?” m’interrompo perché nella mia mente la sua frase ha fatto tabula rasa, stare con questo ragazzo abbassa in maniera drastica il mio Q.I.
“Si, veterinaria, hai visto che gambe toniche e con che tocco delicato si è sposata il ciuffo dai capelli?” il fatto che ogni volta che dice una stronzata poi mi guarda come se io fossi cretina mi provoca una certa irritazione, mi fa venire voglia di prendere un ramo caduto da un albero e infilarglielo nel posteriore così da farlo diventare uno spaventapasseri.
“E quindi? Non mi sembra che sia una prerogativa delle veterinarie e basta spostarsi il ciuffo di capelli se gli va davanti l’occhio” sono davvero perplessa, questo ragazzo è un’idiota patentato.
“Ok, scommettiamo?” dice guardandomi con gli occhi illuminati della solita luce infantile che lo caratterizza.
“Cosa?” mi mordo il labbro inferiore per trattenermi dall’accettare subito.
“Se vinco io tu ti sciogli i capelli e per tre giorni non li legherai neanche a casa, se invece vinco io… dimmelo tu” sorride come se avesse appena vinto un nobel per la scienza.
Cosa cazzo gli interessa di vedermi con i capelli sciolti? Mah… questo ragazzo mi lascia senza parole.
“Mh ok, va bene. Comunque se vinco io invece devi rinunciare a farlo per tre giorni” dico piuttosto soddisfatta, lui mi guarda risentito ma poi annuisce cupo e mi stringe la mano.
“Ora come dovremmo prenderla però? È andata da un po’ ” esclamo ovvia fissando il corridoio deserto.
“Semplice, alzati e corriamo” balza in piedi, mi prende la mano e inizia a correre trascinandomi dietro.
Dopo avere fatto uno scatto iniziale felino degno delle migliori atlete sono letteralmente spompata, boccheggio in maniera asmatica e sembra quasi che nella milza mi si sia infilato un chiodo, ogni tanto Jason mi guarda e ride della mia espressione, la bocca mi si è seccata dato che l’ho tenuta aperta e se fossi un cane a quest’ora avrei la lingua che mi penzola fuori.
Sono penso una delle persone meno atletiche dell’universo, sono una studentessa modello questo implica che il mio massimo sforzo fisico è alzarmi dalla scrivania e andare in bagno, forse non correvo dalla mia più tenera età.
Quando sento di stare per morire, praticamente Jason mi sta trascinando come se fossi una carcassa, fortunatamente ci fermiamo e nonostante la vista appannata noto la tizia spagnola (causa della mia rovina) che si è fermata proprio vicino a noi per bere.
Jason le si avvicina affabile e passandosi una mano fra i capelli, lasciandomi a strisciare dietro di lui, lo stronzetto non è per nulla turbato dalla corsa.
“Ciao, scusa se ti disturbo, ma io e la mia amica abbiamo fatto una scommessa sul tuo mestiere, potresti dirmi che lavoro fai?” non posso vederlo in faccia ma dall’espressione altamente compiaciuta della donna posso anche immaginare lo sguardo che sta usando Jason.
“Figurati nessun problema – si gira per guardarmi e dopo aver visto le mie condizioni sembra sollevata la stronza- faccio la veterinaria!” dice con  un tono civettuolo.
La mia bocca si spalanca, ancora di più,  e per poco non mi si schianta per terra, i miei occhi escono quasi dalle orbite e se non avessi appena perso 10 anni di vita probabilmente le tirerei un pugno in faccia e poi mi metterei a urlare tipo una posseduta ma siccome non ho più facoltà motorie mi limito a guardarla con lo sguardo vitreo dei pesci morti.
“Capisco, ti ringrazio” la voce di Jason è più che soddisfatta.
“Di nulla tesoro, tieni il mio biglietto da visita se hai bisogno di un’occhiata al tuo animaletto contattami” gli porge un bigliettino e credo di non essere l’unica ad aver capito che “l’animaletto” di cui parla la signora non è sicuramente un cane ma più un serpente, il serpente di Jason probabilmente.
“Grazie mille, farò un salto sicuramente” dice giulivo il proprietario del serpente.
La donna fa un cenno nella sua direzione e poi corre sensualmente via, Jason si gira verso di me e notando la mia espressione, palesemente il contrario della sua, ride e si piega in due indicandomi, io mi riscuoto dalla mia morte apparente e lo fisso altezzosa, per quanto possibile.
“Vuoi un applauso, coglione?” faccio un sorriso acido e mimo il gesto, poi mi volto e vado via ma ovviamente lui mi ferma e mi fa voltare.
“E dai, te l’ho detto di non sfidarmi Ally. Ora il mio premio però” si avvicina a me, mi tira via gli elastici delle mie trecce e me le scoglie mentre io ancora vittima dello shock lo fisso imbabolata.
I miei capelli color caramello lievemente mossi mi ricadono sulle spalle e mi arrivano a metà schiena, lui mi guarda sorpreso e con interesse e io a quel punto mi scosto.
“Contento ora? Che ti aspettavi Raperonzolo?” l’acido lattico dev’essermi andato alla testa.
“No, non sapevo che aspettarmi ma sono piacevolmente sorpreso” sorride e mi prende di nuovo una ciocca di capelli facendomi sussultare, lo guardo e stringo gli occhi per capire che intenzioni ha, oltre quella di farmi morire precocemente s’intende.
“Ora facciamo l’ultima parte del gioco” continua lui guardandomi intensamente.
“Sarebbe?” deglutisco io tentata di giocarmi le mie ultime energie per scappare.
“Io voto te e tu me” sorride malizioso.
“Ma anche no, gioca solo” gli tolgo i miei capelli dalle mani e arretro pronta a sferrargli un calcio nel serpente se si riavvicina. Ok, devo smetterla con questa nuova metafora da zoologa pazza.
“Dai non fare la rompi balle” sbuffa ma poi ridacchia notando che sono sulla difensiva “e va bene, inizio io allora. 8 e sei una verginella pudica” inarca un sopracciglio come a sfidarmi a negarlo, io boccheggio offesa. Solo 8 brutta merdona?
“Come vuoi allora, però non piangere. 7 e sei uno stupido maiale” sorrido serafica con uno sguardo maligno e lui mi fissa offeso ma poi si ricompone e si mette una maschera indifferente.
“Non ti credo” si limita a dire.
“Nemmeno io” ho il mio orgoglio anche io e meno di quella veterinaria serpentofila non valgo.
“Dimmi la verità”
“Anche tu”
“Io te l’ho detta la verità cara”
“Io anche, caro”
“Un giorno ti farò diventare più sincera, puoi scommetterci” dice incamminandosi verso l’uscita del parco facendo il sostenuto.
“Lo so che per te è doloroso accettare la verità ma sappi che la mia idea quella è e quella rimane, tu però se cambi idea fammi sapere” fischietto soddisfatta e mi incammino verso l’uscita al suo fianco, lasciandomi scappare un grande sorriso pensando al pomeriggio frivolo e altamente inutile che ho passato, uno dei pomeriggi più belli della mia vita.
“Credici cretina” ribatte lui.
“Non esagerare con le parole che sennò poi la tua amica veterinaria non troverà niente da visitare” minaccio facendolo ridere e non posso fare a meno di unirmi alla sua risata spensierata.
 


http://i58.tinypic.com/2qimv86.jpg   <--- Altro completo *_*

Angolo dell'autrice:
Tada-da-daaaan!
Ed ecco a voi il nono capitolo, sono riuscita a pubblicarlo potrei piangere di sollievo!
L'arrivo della primavera mi ha stroncata non so il perchè ma a me viene di andare in letargo appena l'autunno finisce, avrò dei problemi xD
Comunque spero che il capitolo sia di vostro gradimento e non vi deluda ç___ç non vorrei avere fatto una schifezza, in caso perdonatemi!
Grazie alle numero lettrici silenziosi, alle gentilissime ragazze che seguono la mia storia, che l'hanno inserita tra le ricordate e tra le preferite... grazie di cuore davvero. <3

Un caloroso ringraziamento va a quelle ragazze che recensiscono facendomi sorridere e facendomi apprezzare maggiormente quello che scrivo, grazie mille per spendere un pò del vostro tempo per commentare la mia storia.
GRAZIE A TUTTE/I U_U
Al prossimo capitolo :*


 
 

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Capitolo 10
*** Chi la fa l'aspetti ***


Capitolo 10
Chi la fa l'aspetti

 

Stavo sognando che il professore e il mio peluche pallina (una pecorella rosa) mi rimproveravano per il mio poco impegno e alla fine venivo bocciata all'esame quando poco prima che venisse segnato il voto nel mio libretto un bussare continuo e violento mi riscuote dal mio torpore, non capisco se è parte del sogno oppure viene da fuori, alla centesima bussata però apro gli occhi di scatto.
“Chi cazzo è?” mugolo con una voce roca da anziana in fin di vita.
“Ally è successa una cosa bruttissima devo entrare” Jason non aspetta neanche il mio consenso e spalanca la porta, io mi metto a sedere immediatamente pronta a fargli conoscere l’ira funesta di chi è svegliato in maniera assolutamente sbagliata, apro la bocca per fare uscire il mio fiume di improperi ma una luce improvvisa mi lacera la cornea e per un po’ non riesco ad aprire gli occhi che lacrimano senza posa né a dire nulla dato che tutta la situazione, considerando poi le mie scarse capacità intellettive mattutine, mi sta confondendo nel profondo del mio essere.
La risata sguaiata della stessa persona che mi ha svegliato (e sta rovinando l’esistenza, aggiungerei) mi raggiunge e mi riscuote dal mio stato confusionale, alla bella e meglio apro gli occhi e lo fisso con uno sguardo serpentino che farebbe piangere Voldemort.
“Cosa. Cazzo. E’.  Successo?” sibilo pronta per scattare in piedi e azzannarlo alla gola.
“Che paura mamma mia, sei spaventosa Ally, mai conosciuta una donna così inquietante dovresti vedere la tua faccia in questa foto… Che orrore” detto questo per nulla intimorito mi ride in faccia fino a lacrimare.
Avete presente la vena a croce pulsante che compare nei cartoni animati quando un personaggio è particolarmente incazzato? Beh io ne ho al momento esattamente una uguale. Non solo mi ha svegliata con la delicatezza di un vecchietto che soffre di aerofagia ma mi sta pure prendendo per il culo, cosa devo fare? Lo ammazzo subito e mi sbarazzo del corpo o uso a mo’ di supposta le mie scarpe con il tacco di 15 cm?
E cos’è che ha detto? Foto? Improvvisamente mi sveglio e lo fisso con uno sguardo che avrebbe ridotto alle dimensioni di una formica un titano ma che ovviamente a lui non turba per nulla.
“Hai detto che mi hai fatto una foto?” domando sempre con un sibilo minaccioso e il mio sguardo si sposta sulla macchina fotografica che tiene nella mano destra.
“Si, è per ricattarti” dice con nonchalance lasciandomi priva di parole.
“Ricattarmi?”
“Si ho bisogno che vieni con me a fare una cosa periodicamente  e sono certo che senza ricatto non accetteresti” sempre con tranquillità mi spiega e poi si siede ai piedi del mio letto e mi mostra la macchina fotografica.
Osservo lo schermo e poi arrossisco e spalanco la bocca in preda all’orrore, mai avevo fatto una foto così brutta, mai nella mia vita.
Nell’anteprima ci sono io, o almeno quel mostro in teoria sono io, con i capelli sciolti e spettinati come una criniera di un leone maltrattato, la bocca aperta in un evidente accenno di protesta e gli occhi con solo la parte bianca della pupilla visibile. Insomma se al posto mio ci fosse stata una carcassa putrescente forse la foto sarebbe stata più carina, che mostruosità manca solo un rivolo di bava per completare l’opera.
Disgustata ma più agguerrita che mai torno a fissare Jason con la speranza che il potere del mio sguardo basti a stroncare la sua vita immediatamente.
“Cosa vuoi di preciso?”
“Devi venire con me a un corso di danza” dice guardando, finalmente, altrove.
“Prego? Non ho capito” se possibile i miei occhi stanno sporgendo ancora di più, se dopo oggi sarò deformata saprò con chi prendermela.
“Mi serve che vieni con me a un corso di danza, balli da sala, di coppia” mi torna a guardare ma spazientito, LUI si spazientisce, mi trattengo dal strangolarlo.
“Non me ne può fregare di meno della danza, vacci tu e non rompermi le balle, cancella quello schifo” rifiuto nel modo più chiaro e sgarbato che conosco.
“No, le altre mi romperebbero le balle con pretese tu invece non vuoi niente da me e quindi sei perfetta”
“Non me ne frega niente, vai solo”
“Non voglio solo, mi servi tu. Se non vieni stampo questa foto e la lancio nella tua sede dell’università” mi minaccia con un ghigno.
“Non lo faresti…”
“Ti assicuro che mi serve, lo faccio”
“Brutto stronzo di merda…. Io non so ballare! Che te ne fai di me?” urlo quasi esasperata.
“Non m’importa, mi servi lo stesso. Allora? Che si fa?” mi sorride scompigliandosi ancora i capelli.
“Io accetto ma te ne farò pentire e dopo voglio essere testimone mentre cancelli quella schifo di foto” lo minaccio.
“Va bene, grazie Ally” si alza, mi scombina i capelli (per quanto possibile) ed esce dalla stanza lasciando il mio relitto a letto.
Ma di preciso che cosa ho fatto nella mia precedente vita per non meritarmi la pace e la felicità? Forse ero un aguzzino o un dittatore…
Crollo sul letto e sospiro profondamente, l’occhio mi cade sulla sveglia sul comodino e quasi mi strozzo, le 6:30 quel decelebrato si è alzato all’alba solo per prendermi nel momento di massimo tramortimento… me la pagherà, non so come né quando ma me la pagherà, lo giuro su tutte le divinità esistenti e non.
Alle 7:00 decido di alzarmi e approfittare della mattinata per passare al corso, anche se non abbiamo lezioni obbligatorie, giusto per capire come sono combinati i miei colleghi, mando un sms a Nathalie nella speranza di incontrarla in sede.
 
Ciao Nathy! Stai andando al corso? Io penso di passare dato che mi sono svegliata molto presto a causa di quel demente.
Fammi sapere : *
 
Poso il cellulare e mi vado lavare facendo una bella doccia calda per distendere i muscoli. Fuori dalla stanza incontro Jason che sta per uscire, mi si avvicina , mi porge un bigliettino e  sorride sornione.
“Vieni a quest’indirizzo alle 16:00, ci vediamo direttamente lì”
“Stronzo, ok. Come devo vestirmi?”
“Come vuoi ma meglio comoda anche se penso tu possa indossare anche i tacchi visto che non credo si faccia streching. Ah, oggi ho invitato qualche amico qui se vuoi invita qualche amica” alza le spalle, mi fa un cenno di saluto con la mano e se ne va.
Scuoto la testa e lascio che l’acqua bollente e il mio bagnoschiuma profumato sciacquino via tutto il fastidio. Finita la doccia mi asciugo lentamente e disegno fiorellini sullo specchio coperto da un velo di vapore, i miei capelli dato che devono restare sciolti ancora per due giorni a causa della scommessa persa  li curo maggiormente e li asciugo con accuratezza e una volta finito faccio dei boccoli alla fine dei capelli, una volta completati vado in stanza e decido come vestirmi, non avendo idea di come si ci veste per una lezione di balli di coppia decido di ispirarmi a Grease o una roba simile, prendo dall’armadio una gonna azzurra che arriva a metà coscia, una camicetta senza maniche azzurra anche lei che si lega con un nodo in vita, ai capelli dietro applico un fiocco azzurro e il mio problema alla fine si rivelano le scarpe. Si usano i tacchi? Mentre rifletto mi metto i collant color carne e guardo il telefono, con mio sollievo trovo la risposta di Nathalie.
 
Ciao Ally! Se tu vai io vado, poi ci prendiamo un caffè però ;)
 
Sorrido e le rispondo subito.
 
Affare fatto, a tra poco :)
 
Dato che passerò dal corso decido di mettere delle scarpe blu con il tacco, indosso poi una giacca di jeans chiaro, preparo una borsa azzurra capiente dato che devo portarmi anche il libro d’appresso e una volta messi gli orecchini ed essermi truccata esco.
A volte penso di esagerare con la mia ossessione per i vestiti, mia zia mi ha sempre accusato di essere vanitosa ma non ho mai smesso di mettere così tanta cura nel vestire, per me è importante essere impeccabile e non solo intellettualmente parlando ma anche esteticamente. A prescindere da cosa si dice in giro la gente giudica le persone dalla “copertina” e io non voglio essere da meno neanche in questo tipo di aspettativa.
Una volta arrivata davanti alla mia sede aspetto Nathalie all’ingresso e noto che alcune persone, tre uomini per essere precisa, mi stanno fissando, li guardo per un nano secondo e poi distolgo lo sguardo a disagio.
“Di sicuro sai come non passare inosservata” mi prende in giro  una voce familiare alle mie spalle, mi volto sorridendo verso Nathy che mi abbraccia affettuosamente.
“Non ho niente di insolito” borbotto imbarazzata.
“A parte due belle cosce offerte gratis agli apprezzatori, che devi fare che ti sei messa così in tiro?” mi fa l’occhiolino e io assumo il colorito del petto del pettirosso, che poetessa sono.
“Ma nulla davvero, mi andava così” cerco di simulare indifferenza.
“Raccontala a chi ci crede sta cazzata, quindi?” incrocia le braccia al petto e mi guarda chiaramente in attesa. Al contrario di me Nathy indossa delle vans con la fantasia ad anguria,jeans scuri e una felpa rossa oversize, al solito i capelli corti sono spettinati in maniera sbarazzina, la differenza tra me e lei  è palpabile e quindi mi rendo conto che mentire non avrebbe senso, sono palesemente una persona che non deve fare la spesa dopo la lezione.
“Sono stata incastrata da Jason e oggi pomeriggio devo andare con lui in un posto” borbotto affranta mentre andiamo in aula.
“Incastrata come?” insiste lei non contenta della mia spiegazione poco approfondita.
“Corso di ballo” sbuffo.
“Come?” si ferma per guardarmi negli occhi e io cerco di farle capire con uno sguardo che è la verità, il messaggio probabilmente arriva perché scoppia a ridere, è la seconda persona che ride di me oggi forse non sono portata né per la scrittura né per fare l’avvocato, dovrei ponderare  l’opzione di fare il clown regalerei molti sorrisi.
“Come ha fatto a convincerti? senza offesa ma non mi sembri proprio una tipa da ballo” si ricompone ma alla fine della frase le scappa un altro risolino.
“Ha una foto compromettente” sibilo con rancore e lei mi guarda stupita.
“Non me l’aspettavo… voi due, cioè… avete?” boccheggia e mi guarda sconvolta, ci metto qualche secondo a capire il suo discorso e sgrano gli occhi.
“Oddio no! Hai capito male! Ha una foto mia che ha scattato sta mattina in cui sono venuta molto male perché presa di sorpresa, noi non…” lascio cadere la frase mentre per l’imbarazzo ho la sensazione che la testa mi stia fumando.
“Ah ecco… mi sembrava strano” ridacchia lei riprendendo a camminare.
“Grazie eh” dico offesa.
“No Ally dai non fraintendermi, non mi sembravi tipo da foto hot” mi da una spintarella amichevole.
“Ok, ti sei salvata in calcio d’angolo, ti perdono” ricambio la spintarella e rispondo con un tono fintamente altezzoso.
“Se impari bene il merengue poi insegnamelo” mi sfotte lei, le faccio una linguaccia mentre prendiamo posto nei nostri soliti banchi.
“Ah ah divertente, niente ti perdono lo stesso ma ti sei giocata un invito sta sera a casa mia, peggio per te” incrocio le braccia al petto e la guardo a mo’ di sfida.
“No, dai invitami!!” insiste lei.
“Ci penserò”
“Che stronza”
“Sarò magnanima te lo concedo ma solo per questa volta” cedo infine.
“Grazie sua maestà” ridacchia Nathy prima di concentrarsi sulla ripetizione di una mia compagna di corso a un altro mio compagno.
 
 
Finita la lezione io e Nathy ci prendiamo il nostro caffè e scherziamo sul professore e insultiamo alcuni nostri compagni di corso che sembrano avere sempre un continente di cacca sotto il naso, verso ora di pranzo lei se ne va per i conti suoi e io vado in un localino ,vicino la zona indicata dal bigliettino di Jason , per mangiare qualcosa di leggero; durante il pranzo continuo a studiare e poi alle 16 vado davanti l’ingresso della palestra  e trovo un felicissimo Jason ad accogliermi.
“Vedo che nel tuo vocabolario la parola comodità è stata cancellata” ride guardando i miei vestiti.
“Che ho di male?” dato che è la seconda persona che ci scherza su mi sembra giusto chiedere.
“Nulla, stai bene solo che magari questa gonna striminzita ti impedirà di fare tutti i movimenti bene”spiega paziente.
“Ne dubito, in Grease ballano con la gonna e nessuna sembra avere problemi” spiego saputella.
“Ti senti così capace da paragonarti a ballerine professioniste? Allora hai pantaloncini sotto almeno?” inarca un sopracciglio scettico.
Queste sue domande mi creano un forte senso di disagio, ha ragione nient’altro da aggiungere.
“Meglio lasciare stare” borbotto ed entro in palestra, ci dividiamo negli spogliatoi, lascio la borsa dentro un armadietto ed entro in sala.
Dentro ci sono per lo più coppie, qualche ragazza sola e l’istruttrice, ha lunghi capelli neri, la carnagione abbronzata, gli occhi scuri, un viso sensuale, alta, slanciata e un sedere messo in mostra da dei pantaloncini gialli attillati che gliene lasciano una buona porzione fuori. Indossano tutte i tacchi e la cosa mi rasserena, saluto timidamente. Dov’è quel deficiente quando serve?
“Una nuova iscritta? Benvenuta, io sono Shana, hai mai fatto ballo o danza?” dice lei sculettando sensualmente verso di me facendomi sentire sexy come un cactus.
“Emh no, veramente non credo di avere mai ballato neanche in camera mia sola” biascico a disagio.
“Vabbè le cosce sode ci sono, al resto penserà la musica! Hai un accompagnatore o sei sola?”
Sto per rispondere anche per farle notare che le mie cosce sode non sono sicuramente una cosa che mi renderà un’abile ballerina ma capisco che non ce n’è più bisogno quando lo sguardo dell’insegnante si fa indagatore e alcune donne si danno gomitate, non ho bisogno di girarmi e mi limito a indicare dietro di me svogliatamente per rispondere alla domanda sul mio accompagnatore.
Mi sento tipo il brutto anatroccolo in mezzo a questi due, anche con i tacchi sembro un pigmeo o un puffo calpestato, lui Adone sceso in terra per punirmi della mia vita passata (ormai ne sono sicura) e lei Afrodite venuta tra noi umani per fare vedere che non solo Jannifer Lopez ha l’esclusiva di avere un culo divino.
“Sono l’accompagnatore di questa ragazza, piacere di conoscervi mi chiamo Jason” si mette le mani in tasca facendo abbassare, casualmente (?), i suoi pantaloni mostrando così la sua splendida V pubica che tanto piace al genere femminile, io alzo gli occhi al cielo ormai abituata all’egocentrismo di questo essere umano a me vicino.
L’insegnante lo guarda come un gatto che ha appena visto il topo più succulento di tutti, scuote i capelli e sorride affabile e allunga una mano affusolata.
“Shana e queste sono le mie ragazze” indica le donne dietro che si sono avvicinate per presentarsi, incrocio lo sguardo dei loro accompagnatori contrariati e loro incrociano il mio, alzo gli occhi al cielo e loro sorridono. Che scene tristi.
Finiti le imbarazzanti presentazioni Shana ci fa sistemare noi donne davanti e gli uomini a un metro da noi dietro, prima tocca a noi, Shana mette una musica latino americana per scioglierci i muscoli, iniziamo a sciogliere il bacino.
Shana è sciolta come se non avesse ossa, muove il bacino in una maniera quasi ipnotica, subito noi donne proviamo a imitarla e avverto tutto l’abisso che mi divide da culo d’oro, non sono solo rigida come un pezzo di marmo ma il mio bacino è di legno, le altre noto sono pure in difficoltà, odio non sapere fare le cose.
Dopo vari tentativi, movimenti agili di gambe, ancheggiamenti di dubbia utilità e figuracce non sono più un solo un ciocco di legno ma la futura sposa di Pinocchio, ho scoperto di non avere una paresi e che i fianchi li posso muovere anche senza smuovere tutto il busto.  Shana si è avvicinata più volte a me per aiutarmi a sciogliermi, le altre ragazze mi guardano solidali dato che loro sono riuscite prima di me, alla fine però riesco (per modo dire) e tocca ai ragazzi.
Guardare da dietro Jason che muove in modo virile il bacino mi provoca una strana calura diffusa, i ragazzi si dimostrano paradossalmente più abili ad imparare e presto hanno assimilato la semplice coreografia d’inizio.
Ora ci dobbiamo unire al nostro partner, Jason mi prende per i fianchi e mi fa aderire completamente a lui, gli sistemo come un automa le braccia dietro il collo e quando siamo tutti pronti Shana fa partire la musica e iniziamo a provare a coordinarci,il ballo è così sensuale e fa strisciare così tanto le nostre intimità che a un certo punto inizia a incepparsi il  mio sistema nervoso e il mio self control, tra la musica e il bacino di Jason penso che sto per perdere ufficialmente il senno.
“Ally ma ti vuoi sciogliere? Sembra che sto ballando con una paralitica” mi sibila nell’orecchio il ballerino dell’anno.
“Scusami John Travolta se sto rovinando il tuo sogno di gloria nel campo della danza ma sai com’è mi stai strisciando addosso e non sono abituata a tutto questo strusciare” ribatto impulsivamente vittima di una crisi isterica incombente.
“Ti eccito?” dice ammiccante al mio orecchio e con questo manda a puttane tutto il mio auto controllo, tutti i passi che nella mia mente mi stavo ripetendo compulsivamente vengono rimossi,  avviene il reset e mi fermo completamente. Bloccata. Una statua.
“Aloe?” mi dice Jason, Shana si avvicina a noi.
“Qualche problema?” ci fissa perplessa.
“La mia amica è stanca” dice subito lui e questo suo atteggiamento mi riscuote dal torpore e lo fisso accigliata, manca poco e mi spinge con un calcio su una sedia nell’angolo della palestra.
“Sei stanca? Ti do il cambio?” si offre Shana fissandomi.
“Io no…” sto per dire ma Jason m’interrompe immediatamente.
“Si, grazie Shana, Aloe si stanca subito poverina,è cagionevole” mi fa un sorriso fasullo e mi da una spintarella (che quasi mi tramortisce) verso la sedia sopra nominata. Lo guardo indignata e gli do le spalle e me ne vado immediatamente, mi siedo con un broncio che quasi mi striscia per terra, io cagionevole? Ma vaffanculo.
Shana sculetta fino a Jason se lo spalma sopra e fa partire una nuova canzone, i due iniziano subito a fare la loro danza che però mi ricorda tanto la danza di corteggiamento di qualche uccello tropicale, Jason evidentemente sta usufruendo di tutte le sue conoscenze ballerine e sta cercando di essere il più provocante possibile, Shana dal canto suo invece si sta comportando come se fosse alla finale di X-factor, il risultato finale  è una specie di tornado di ormoni che sta per stroncarmi.
Stanno facendo così tanto spettacolo che le altre coppie, principianti, si fermano per evitare che gli arrivi qualche super pugno o calcio e si avvicinano a dove sono io alcune ragazze.
“Ma non sei gelosa di come sta ballando con il tuo ragazzo?” mi chiede una biondina.
“Non è il mio ragazzo” mi limito a dire incazzata per l’umiliazione che sto subendo per colpa di quel deficiente.
“Allora perché sei seccata?”
Non è una bella giornata se qualcuno non mi fa il terzo grado.
“Perché odio non sapere fare le cose e mi annoia essere umiliata da Shakira” dico chiaramente riferendomi alla mia istruttrice che sta calpestando tutta la poca autostima che avevo racimolato durante la lezione.
“Fa sempre così, è una brava insegnante ma è egocentrica e si comporta, spesso e volentieri, come una ragazza facile” aggiunge guardando contrariata la scena.
“Noto entrambe le cose che mi hai detto non so perché ma saltano all’occhio” dico ironica facendola ridere.
“Difficile effettivamente non notarlo” aggiunge.
“Hanno una manifesto luminoso sopra la testa che dice GUARDAMI GUARDAMI” rincaro la dose e dopo di che mi unisco anche io alla sua risata.
“Comunque fatti valere, anche se non è il tuo ragazzo magari poi cambi idea e Shana ti metterà i bastoni tra le ruote, fai attenzione” mi dice criptica prima di allontanarsi per andare a svegliare malamente il suo fidanzato che si è incantato sugli scattanti glutei della donna di fuoco che sgambetta in pista.
Alla fine di questo porno-musical amatoriale Jason si avvicina a me con un sorriso che va da un orecchio all’altro e mi da una pacca sulla spalla.
“Ottimo lavoro” dice compiaciuto, lo fisso per assicurarmi che la testa non è stata sostituita dal suo membro, e dopo aver costatato che è tutto nella norma gli rispondo.
“Mi prendi forse per il culo?”
“Siamo una bella squadra, non fare quella faccia Ally” dice dopo aver visto il mio sopracciglio sinistro scattare verso l’alto non appena ho sentito cosa ha da dire.
“A me sembra invece che sono stata umiliata pubblicamente e che l’unico che ha fatto un ottimo lavoro sei tu con Miss CuloSodo2014 lì infondo –indico con il mento l’insegnante intenta ad aiutare una ragazza con un passo di danza- io sono stata cacciata da te come un rifiuto tossico” rispondo acida.
“Ma no dai, vedrai che la prossima volta andrà meglio, non fare così” indifferente al mio malumore mi da un’altra pacca sulla spalla e mi sorride incoraggiante, sento le mani prudere, ho il serio bisogno di spaccargli la faccia.
“Prossima volta? Non credo ci sarà, vedo che ti sei messo subito a tuo agio e avrai comunque una compagna di ballo, cancella quella foto e lasciami in pace” cerco di essere il più chiara possibile e mi alzo per uscire dalla sala tanto mancano pochi minuti alla fine della lezione ma lui mi ferma.
“Gli accordi non erano questi, devi venire a più di una lezione te l’ho detto sta mattina” finalmente gli è scomparso il sorrisetto da quel bel visino appuro soddisfatta.
“Mi spieghi perché? Voglio un motivo sono certa non te ne freghi proprio niente della danza” non capisco il motivo di tanta insistenza, sono sicura ci sia qualcosa sotto ma non ho idea di che cosa sia, lo vedo farsi pensieroso.
“Non posso dirtelo per ora ma comunque è un’occasione per stare noi due insieme” si riscuote dai suoi pensieri e mi sfiora la guancia con il dorso della mano. La sua frase più il suo sorriso stanno per farmi cedere e credergli ma qualcosa mi dice che è una cavolata che usa per farmi stare buona, gli scosto immediatamente la mano.
“Non pensare di prendermi per fessa con queste smancerie, non provare neanche per un secondo ad abbindolarmi per farmi fare la brava. Non vuoi dirmi il motivo? Mi sta bene ma non provare a mentirmi e a prendermi in giro. Non sono come quelle cretinette che ti porti a letto, sarò pudica è vero, fredda come una lastra di ghiaccio e probabilmente ho le stesse esperienze amorose di un lemure neonato ma non mi faccio prendere in giro da nessuno” dico arrabbiata, se c’è una cosa che odio è essere presa in giro dalle persone, sono troppo intelligente per accettare di essere trattata per stupida.
“Scusami Aloe, mi dispiace… non voglio né usarti, né prenderti in giro né farti seccare. Il vero motivo di tutto questo non te lo posso dire, posso solo dirti che mi serve la tua presenza qui” vedo dal suo sguardo che non sta mentendo sta volta e annuisco.
“Bene allora va tutto bene, spero questa cosa si risolva presto perché odio fare questi schifo di balli” borbotto e gli faccio una sorta di sorriso pacifico per fargli capire che il peggio è passato, lui subito mi prende una mano lasciandomi stupita.
“Non l’ho chiesto a te solo perché eri l’unica che poteva andare bene perché conosco anche ragazze normali, l’ho chiesto a te perché comunque è vero che con te mi trovo bene e mi diverto sempre, due piccioni con una fava” sembra restio a dire questo genere di cose infatti noto che si sta mordicchiando l’interno della guancia, sorrido imbarazzata, gli stringo lievemente la mano e poi la sottraggo dalla sua presa.
“Basta effusioni o diventerò diabetica” scherzo e finalmente, nonostante Shana non ci abbia congedato, esco dalla sala.
Da sola negli spogliatoi mi poggio con le spalle alla parete e prendo dei grossi respiri per calmare il rossore alle guance, un sorrisino molesto si forma spontaneamente.
“Contenta eh?” ghignano i miei ormoni riscuotendomi dalla mia mielosa trance.
“Lasciatemi in pace, è solo perché non sono abituata” dico per difendermi.
“Si si, tutti così dicono, attenta che se continua così ti prendi una bella cotta… se non ce l’hai già” rispondono denigrando la mia risposta.
“Io cotta per quell’idiota? Ma fatemi il favore! Non succederà mai” esclamo.
“Come vuoi, non ti abbiamo avvisato” e mi lasciano sola con la mia pazzia, già vedo un nuovo titolo per una storia La donna che sussurrava agli ormoni tratto da una storia vera di ordinaria follia, racconto biografico.

Metto in un cantuccio della mia mente tutto l’allucinante discorso ed esco dallo spogliatoio per aspettare Jason fuori dalla palestra e poco dopo mi raggiunge.
“Oi, andiamo a casa?” sorride chiudendosi la cerniera della giacca dato che sta iniziando a piovere.
“Si, ci conviene accelerare se non vogliamo inzupparci” dico mentre cerco nella borsa l’ombrello.
“Si infatti, menomale che tu hai l’ombrello” dice mentre osserva il cielo da sotto la tettoia della palestra, sul pavimento iniziano a comparire le prime tracce di pioggia, nella mia borsa però non sembra esserci l’ombra del mio ombrello e poi mi viene in mente un ricordo che mi raggela.
“L’ho lasciato nell’altra borsa” sussurro contrita mentre un tuono in quel preciso istante rimbomba nel cielo, molto film dell’orrore o commedia di scarso livello.
“Stai scherzando? Dimmi che è così” mi guarda sconvolto, effettivamente da una persona come me ci si aspetta di trovare sempre l’ombrello nella borsetta ed infatti era stato sempre così fino ad ora.
“Non so come sia potuto succedere” dico con apatia fissando le gocce che aumentano a vista d’occhio.
“C’è poco da fare… corriamo” e come un flashback mi prende per un polso e mi trascina via, con i tacchi però la mia già inesistente agilità viene meno e quindi praticamente sto rallentando tutto, Jason si volta a guardarmi contrariato.
“Togliti le scarpe”
“Che schifo, assolutamente no!”
“Toglile o ci becchiamo l’uragano” questo sembra convincermi e a malincuore mi tolgo le scarpe e me le tengo nella mano che Jason non sta stringendo. Non mi era mai successa una cosa simile, la mia vita sta prendendo una piega assurda da quando mi sono trasferita e sembra che gli eventi avvengano senza che io possa scegliere se parteciparvi o meno. La cosa mi emoziona e mi scappa un grande sorriso nonostante sia fradicia ormai, Jason si volta a guardarmi e sorride anche lui.
“Sei proprio bassa… si può sapere che stai ridendo?”
“E’ la prima volta che mi succede una cosa simile” gli faccio una linguaccia per la battuta sulla mia altezza ma poi torno a sorridere.
Corriamo sotto una pioggia scrosciante per almeno 7 minuti, la fermata della metro tutto sommato è piuttosto vicina, ma sono sufficienti per inzupparci interamente, ho i piedi congelati e i capelli bagnati come dopo una doccia, Jason non è da meno, anche lui ha i capelli totalmente fradici e i vestiti inzuppati, l’unica differenza è che non è scalzo.
Appena vediamo la fermata avvicinarsi con un ultima accelerazione entriamo al coperto nella metro, per un secondo ci osserviamo e riprendiamo fiato,soprattutto io ne ho bisogno.
“Hai i collant bucati” dice lui osservandomi i piedi sporchi che escono dal collant mutilato, che visione spregevole, io la regina della perfezione ho i piedi di una monaca in pellegrinaggio.
“Corrici tu scalzo sotto la pioggia” ribatto per camuffare l’imbarazzo.
“Se me lo chiedevi ti prendevo in braccio” scherza lui.
“Ma anche no!” arrossisco io.
“Ti sarebbe piaciuto” ribatte lui.
“Non ne dubito ma riposati principe azzurro” dico ironica e lui alza un sopracciglio.
“Principe azzurro? Io?” ridacchia.
“Era per dire, non te la tirare ora” gli do una spintarella mentre mi strizzo i capelli assorta nei miei pensieri.
“Sai sei carina quando non fai la persona con un libro nel culo” dice prendendo tra le dita una ciocca di capelli sfuggita alla strizzata e giochicchiando pensoso.
“Sei un maestro dei complimenti vedo, potresti vincere un nobel” borbotto offesa, sarebbe stato un complimento da 40° corporei se non lo uccideva con quel continuo.
“E dai Ally leggi tra le righe ti sto dicendo che quando sei spontanea sei molto più carina” si concentra ancora di più sulla ciocca dei miei capelli e usa un tono più nervoso perché non ho capito subito cosa voleva dire.
“Grazie allora” tento di mascherare l’imbarazzo ma senza troppo successo, lui alza lo sguardo e per un po’ restiamo a fissarci, lui con in mano i miei capelli e delle piccole goccioline che gli scendono dai capelli e io fradicia nel midollo.
Istintivamente allungo una mano per asciugargli una gocciolina d’acqua che gli stava scendendo nella mascella e rabbrividisco per il contatto, il brivido mi fa scostare velocemente la mano.
“E’ tardi direi che è meglio tornare a casa, non voglio pigliarmi l’influenza a una settimana dall’esame” esclamo con un finto tono rilassato e lo supero in modo da impedirgli di vedere la mia espressione ebete.
“Si è meglio” biascica lui mentre mi raggiunge con due falcate.
 
Finalmente arriviamo a casa e siamo infreddoliti come due ghiaccioli, usciti dalla metro la pioggia era finita ma era stata rimpiazzata da un vento che ci aveva fatto congelare.
“Brrrrr che freddo, troppo freddo chi si fa prima la doccia?” dice Jason rabbrividendo mentre appende la giacca all’appendiabiti.
“Posso io per favore? Sarò velocissima solo che se mi ammalo la settimana prima dell’esame la mia vita è finita per sempre”
“Va bene, fai tu. Veloce però che ho freddo” e se ne va nella sua stanza tremando, io in vista della cena vado in camera a prendere una tuta rosa carina pur di non mettere il pigiama dato che dovrebbero venire persone a cena, di rimettermi in tiro però non se ne parla.
Non appena il getto dell’acqua calda mi colpisce mi scongelo e mi sento meglio, faccio veloce però, non voglio fare ammalare Jason.
Una volta in tuta dico a Jason che il bagno è libero e mi metto ad asciugarmi i capelli in salone, una volta finito mi guardo allo specchio e i miei capelli sono mossi e ribelli ma mi sento troppo stanca anche per piastrarli e opto per legarli in una coda alta, l’unica cosa che faccio per darmi un po’ di tono è truccarmi lievemente.
Poco dopo Jason esce dalla doccia in tuta anche lui e si avvicina al divano dove mi sono seduta per studiare un po’ nonostante la stanchezza.
“Ehi cosa sono quei capelli legati? Ancora i giorni non sono finiti, vedi di toglierti l’elastico subito” dice assottigliando gli occhi dopo essersi seduto accanto a me.
“Sono stata tutto il giorno con i capelli sciolti ora non ce li ho sistemati, ti prego lasciameli stare così” piagnucolo io, lui si allunga e mi toglie l’elastico, prima ancora che io possa fermarlo lo ha già lanciato in un angolo della stanza, sento i miei capelli gonfiare e mi poggio le mani sopra.
“Stronzo, sono orribile, ti prego lasciameli legare” dico imbarazzata, non voglio mi veda così.
Allunga entrambe le mani verso le mie che stanno cercando di contenere i capelli e me le sposta per farle posare sulle mie gambe, poggia le sue mani sui miei capelli e mi accarezza per poi riportarmi due ciocche ribelli dietro le orecchie, lo guardo sconvolta per questi gesti così delicati e lui incatena con un mezzo sorriso il suo sguardo al mio.
Rimaniamo per un po’ così a guardarci immersi nel silenzio della casa interrotto solo dai nostri respiri, i suoi occhi lentamente diventano padroni dei miei ed è come se non potessi guardare altro che non sia lui.
Lui si avvicina lentamente a me e dentro di me si scatena un allarme rosso, che faccio? Mi sposto? Mi sta baciando? Devo allontanarmi? Devo restare? Crisi nera e totale.
Nel frattempo le sue labbra sono sempre più vicine e sento le palpebre farsi pesanti è come se il mio corpo stia decidendo per me senza curarsi di cosa voglio o forse è proprio questo che voglio? Voglio risentire le sue labbra calde sulle mie?
Non riesco neanche a pensare lucidamente, lui è sempre più vicino e tutto del mio corpo dice di colmare quei pochi centimetri e di fottermene di tutti questi ragionamenti inutili.
Che faccio? Mi allontano o resto?
Resto.
Nel momento stesso in cui decido i miei occhi si chiudono e il mio corpo brama quel morbido contatto ma poi le sue labbra si poggiano sulla mia guancia molto vicino alla mia bocca e spalanco gli occhi. Davanti a me Jason si allontana lentamente con un sorrisino malizioso e divertito,  io invece rimango paralizzata.
Mi sento abbastanza umiliata, incavolata con me stessa per avere solo valutato di ri baciare questo stupido idiota. Mi riscuoto dalla mia morte celebrale e mi alzo di scatto prima di fare sfociare il mio disagio in una crisi isterica.
“Vado in camera a studiare, quando arrivano gli altri chiamami” mi alzo e faccio per andarmene.
“Ally? Ti sei seccata?” mi volto a guardarlo sperando che dal mio sguardo non trapeli nulla e vedo che mi sta squadrando con uno sguardo confuso.
“Seccata? Perché dovrei? Un bacetto sulla guancia non mi ha mai turbato non preoccuparti” ironizzo.
“Sicura?” fa per alzarsi ma lo blocco con una mano.
“Devo studiare Jason non ho tempo da perdere. Ti facevo più coraggioso, non mi aspettavo che un bacio in guancia turbasse te” ammicco e ci scherzo su, lui assottiglia lo sguardo per analizzarmi e io cerco di controllarmi il più possibile, non posso dargli la consapevolezza del mio cedimento di prima, non reggerei l’umiliazione.
“Come vuoi, allora quando arrivano ti chiamo, a dopo” alza le spalle e si accende la televisione per poi sistemarsi comodamente nel divano.
In stanza mi siedo con il fiatone sul letto e guardo davanti a me, cosa mi passa per la testa? Non succederà più che mi umilio così con lui, non posso farmi abbindolare come una stupida. Controllo, Aloe, controllo.
“Però ti sarebbe piaciuto baciarlo” dicono sibillini i miei ormoni.
“No…”
“Ancora bugie Aloe? Non sei stanca di mentire?” dicono con tono accusatorio.
“Ok, lo ammetto, mi sarebbe piaciuto baciarlo di nuovo” posso fare questo minimo sforzo di ammetterlo con me stessa.
“Bene, finalmente lo hai ammesso, è una fatica essere i tuoi ormoni. Sai qual è il prossimo passo dopo l’ammissione?” aggiungono con un tono malevolo.
“No… quale?” dico titubante.
“La vendetta. Noi adoriamo Jason ma questi giochetti non ci piacciono” dicono facendomi aprire un sorriso maligno sul volto.
“Come dovrei vendicarmi?”
“A questo dovresti pensare tu, noi siamo solo ormoni”
“Oh certo, quando vi conviene” borbotto.
“Noi ti diremmo di ripagarlo con la stessa moneta ma comunque la scelta è tua”
“Dite? Dargli la speranza di un bacio e poi cambiare rotta una volta che ci è cascato? Non male” non sono una grande seduttrice ma per vendetta posso anche studiare attentamente pur di riuscire e se c’è una cosa di cui sono certa è che non c’è niente che io non sappia fare una volta averci studiato su.
“Noi tifiamo per te Aloe” ridacchiano i miei ormoni e mi lascio andare a una risatina frivola, tanto ormai da quando ho superato la barriera della mia prigione mi sono avvicinata pericolosamente alla pazzia, probabilmente la libertà mi ha dato alla testa.
Attento a te Jason, chi la fa la aspetti.
Aloe non dimentica.



 
http://i57.tinypic.com/2m3mott.jpg  <--- Ed ecco il completo, a modo mio, ispirato a "Grease" escluse le scarpe, ovviamente u___u

Angolo dell'autrice:
Ciao a tutte (se ci sono ragazzi ciao anche a voi)!
Ed eccomi con il decimo capitolo, che fatica!
In questi giorni mi sembra che il tempo non basti mai per fare tutto quello che mi piace, scrivo a rate ma ho le idee abbastanza chiare grazie al cielo ahah xD
Alloraaaaa secondo voi per quale motivo Jason vuole a tutti i costi fare queste lezioni di ballo? Perchè ha bisogno di Aloe? è vero che lei gli sta simpatica ma addirittura ricattarla ? C'è qualcosa sotto sicuro,  si accettano scommesse (potreste essermi d'ispirazione tra l'altro)!

Poi il quasi bacio è stato una vera cattiveria Aloe tra il ballo e questo ha accumulato troppo, ce la farà a vendicarsi?
Lo scopriremo solo nella prossima puntata (coff, capitolo) u_u
Nel prossimo capitolo ci sarà anche la cena, care mie *_*9
Comunque grazie di cuore a chi ha aggiunto la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite, grazie anche a chi recensisce (anche un parere mi farebbe davvero piacere) e un grazie grande anche a tutte voi che leggete in silenzio. GRAZIE <3
Alla prossima settimana,
LittleSun

 

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Capitolo 11
*** Grigio ***


Capitolo 11
Grigio

 

Nei 20 minuti che avevano seguito le mie elucubrazioni avevo segnato nel mio quaderno degli appunti una specie di tabella di marcia sul come muovermi per vendicarmi su Jason. Non ero solo una persona precisina nelle attività scolastiche, ero anche maniacale nelle cavolate.
La lista portava in ordine i seguenti punti:
1-   Cercare il significato preciso di sexy su internet;
2-   Dopo aver assimilato il termine vedere come fare per esserlo;
3-   Leggere più fiction originali romantiche con il bollino rosso o arancione;
4-   Creare una strategia per applicare le cose apprese precedentemente;
5-   Una volta fatta una strategia a prova di bomba stroncare il bersaglio.

Tutto ciò riconosco ha un qualcosa di patetico ma la mia mente lavora meglio quando ha uno schema preciso da seguire, in quei due giorni mi sarei preparata un esame importante e avrei stroncato Jason, insomma sarei stata impegnata quanto un capo di Stato.
I miei grandi progetti vengono interrotti dal citofono che suona e dal richiamo di Jason, mi do una sistemata allo specchio, per quanto possibile quando si indossa una tuta, e vado alla porta nella speranza che sia Nathy, speranza che si volatilizza non appena vedo che nessuna delle facce che stanno entrando in casa le appartiene.
“Hey Jas! Hai visto che tempo di merda c’è?” dice un ragazzo che avevo visto quella sera quando ero andata alla serata al Moon Light, Nate forse.
“Nate aveva proposto di affittare un motoscafo ma era troppo dispendioso” dice Mark entrando in caso e scrollandosi dai capelli castani la pioggia, la sua voce viene coperta da un gridolino isterico proveniente da una ragazza bionda e con i tacchi altissimi che sta entrando ora in casa.
“Jassy tesoro” si sbraccia e si avviluppa a Jason come una cozza allo scoglio, vedo Jason sorridere beota mentre le da un lascivo bacio in guancia, mi sa che sta notte dormirò con i tappi per le orecchie, quando la porta si chiude si voltano verso di me che li sto guardando con il mio solito sorriso del disagio tipico di quando mi approccio all’inizio con le persone.
“Ma chi è?” esclama per prima Lucy storcendo la bocca in un espressione di fastidio. Eh lo so bella, pensavi di avere il campo tutto libero sta sera e invece per tua sfortuna ci sono io!
“Sono Aloe, ci siamo già conosciute a una serata qualche tempo fa. Ciao Lucy” dico cordiale come una segretaria con il mal di testa durante le ultime ore di lavoro, acida ma sorridente.
“Ah, ti ricordavo diversa, più carina” ridacchia giuliva e nella mia mente si fa spazio una splendida immagine di me che la prendo per i capelli e la lancio dal balcone, mi unisco alla risata.
“Che coincidenza, mi hai tolto le parole di bocca” altre risate da parte mia e lei mi guarda offesa, bingo!
“Aloe, mi fa piacere vederti, non mi aspettavo di trovarti qui, non credevo saresti durata con questo idiota” dice Mark interrompendo la guerra fredda tra me e Lucy, si avvicina e mi abbraccia leggermente, io sorrido e ricambio.
“Non so neanche io come sto sopravvivendo a questa convivenza, ogni giorno mi sorprendo di trovarmi ancora qui o di trovare lui ancora vivo” sta volta rido sinceramente e Mark si unisce a me.
E’ carino Mark, non è turbolento come Jason, è gentile ma affascinante, nonostante la pioggia ha i capelli castani pettinati ordinatamente.
“Si continuate pure a fare finta che io non sia qui e io alla fine di stasera vi sputo nel piatto” dice Jason guardandoci arcigno, alzo gli occhi al cielo e saluto Nate nel frattempo.
“Sto tremando di paura guarda” dico dirigendomi in salone insieme agli altri.
Io mi accoccolo nella poltrona e loro tre nel divano, incominciano a parlare del più e del meno, mi accorgo del fatto che Lucy mi lancia continui sguardi indagatori e poi tocca parti casuali del corpo di Jason e ride sguaiatamente qualsiasi cosa lui dica. Questo suo modo di comportarsi mi sta divertendo immensamente, la fa sembrare totalmente pazza e la cosa non può che farmi piacere.
“Jassy hai qualcosa da bere?” dice con un tono lamentoso la squinternata.
“Si, qualche birra, le prendi tu Ally?” dice mentre guardandomi accarezza una coscia nuda (non pioveva abbastanza forte probabilmente) di Lucy, alzo un sopracciglio con una tale rapidità che temo mi possa cascare da un momento all’altro.
“Jassy –sottolineo sul nomignolo- non ti senti bene?” dico fintamente preoccupata cogliendolo di sorpresa.
“No, grazie sto bene, ho solo sete” dice lui sorridendomi, poverino ogni tanto questo suo non comprendere lo scherzo mi fa provare pena nei suoi confronti.
“Allora alzi il culo e te lo prendi da solo” concludo la recita stiracchiandomi, mi guarda ferito, Nate e Mark mi guardano e ridono apertamente, Lucy prova a consolare Jason.
“Ragazzi volete qualcosa da bere?” dico rivolgendomi melliflua solo a Mark e Nate.
“Si grazie, mi piacerebbe una birra” risponde Nate con un ghigno.
“Grazie anche per me, ti accompagno” dice Mark alzandosi e dirigendosi con me in cucina.
In cucina apro il frigo e ne tiro fuori quattro birre e le poggio sul bancone della cucina per aprirle, Mark mi osserva mentre sta appoggiato rilassato nella parete di fronte a dove sto armeggiando io con l'apribottiglie.
“Tu non ne prendi?” dice dopo aver fatto il conto delle birre.
“No, io preferisco non bere, sto bene così” mi volto e sorrido leggermente.
“Saldi principi morali?” scherza lui curioso.
“Pesanti principi morali, direi” preciso io.
“Li abbiamo tutti, cambia solo riguardo cosa” dice lui sorridendo comprensivo.
“I tuoi cosa riguardano? Scusa, forse non dovrei chiedere e che a volte è bello potersi confrontare” ricambio il sorriso.
“Ma figurati che vuoi che sia! Io per esempio tutto ciò che inizio lo porto a termine a qualunque costo, anche se quella cosa non m’interessa più, per me è di vitale importanza non lasciare mai niente di incompiuto nel lavoro, nello studio e nella vita. Ah ed essendo cresciuto in una famiglia molto religiosa  non bestemmio mai e non manco di rispetto a chi crede anche se io ho smesso di credere molto tempo fa” sulle sue guance compare un lieve rossore forse dovuto all’aver dovuto parlare di se, io dal canto mio lo sto ammirando perchè i suoi principi sono molto simili ai miei, soprattutto il non abbandonare mai un impegno preso.
“Il punto primo lo posso capire fin troppo bene” gli poggio una mano sulla spalla brevemente per fargli capire la mia vicinanza, lui mi sorride radioso.
“Fa piacere conoscere menti affini ogni tanto, quei due nell’altra stanza sono i miei migliori amici ma quando si tratta di morale e altro non mi aspetto certo grandi cose” scherza lui.
“Non so Nate ma da Jason ormai ho smesso di aspettarmi qualcosa di sano, quel uomo è delirante a volte” gli passo due bottiglie in mano, facendo intuire per chi sono e io ne porto le altre due, nel frattempo entriamo in salone dove gli altri stanno scherzando.
“Era ora! Quanto ci vuole per prendere due birre in frigo?” sbotta infastidito Jason appena ci vede e si allunga per prendere una birra dalle mie mani ma io svolto velocemente e porgo una delle due a Nate.
“Io non ti ho preso nessuna birra” gli sorrido gelida infastidita dalle sue pretese.
“Quella la berrai tu?” inarca un sopracciglio e mi fissa scettico.
“Non posso?” rispondo piccata.
“Non mi sembra che tu abbia mai mostrato interesse per quelle birre in queste settimane” spiega sicuro della sua teoria.
“Ti sembrava male” mi volto e porgo la birra a Mark che sta fissando la scena tra il divertito e perplesso, prima però provo un sorso e faccio una smorfia schifata, che saporaccio!
“Oh si, vedo che era per te, grazie Mark” ride Jason, mentre prende la birra che gli passa l’amico e poi alza la bottiglia in direzione del diretto interessato che a sua volta ricambia questo brindisi invisibile.
“Ma come fate a convivere se siete totalmente diversi?” chiede scherzoso Nate.
“Vorrei capirlo anche io” esclama stizzita Lucy.
“Mica ci dobbiamo sposare, è una convivenza di convenienza” spiego io.
“Ma Jas si comporta bene?” si accoda agli altri due Mark ridacchiando.
“E’ a giornate ma effettivamente almeno una al giorno me la combina, ad esempio oggi a causa di un ricatto mi ha costretto ad andare a un corso di ballo da sala e di coppia con lui” mi lamento approfittandone dei presenti sperando in un po’ di conforto, Jason inizia a tossire perché si strozza con la birra e gli altri lo fissano con tanto d’occhi.
“Jassy tu balli?” Lucy è la prima a riprendersi.
“Balli da sala?” precisa Nate, Mark è ancora troppo sconvolto per intervenire nel discorso.
“Suvvia non fate quelle facce di cazzo, che c’è da stupirsi?” Jason usa l’approccio infantile  da ‘sono figo e sicuro e voi no, gne gne’.
“Scusa se non ti ho mai sentito dire nella mia vita  che eri interessato al ballo da sala” si risveglia finalmente Mark.
“Beh non è che ti dico sempre tutto” risponde Jas preso palesemente in contropiede.
“Ah no?” dice semplicemente Mark ridendo.
“Non dire cazzate Jas proprio a noi dici tutto anche le cose più turpi che nessuno vorrebbe ascoltare, da quando in qua TU sei interessato al ballo?” dice Nate parecchio divertito da tutta la situazione una volta superata la sorpresa iniziale.
“Storia lunga poi vi spiego, promesso” sbuffa rassegnato Jason.
“Ma perché hai chiesto a LEI e non a ME?” Lucy sbotta premurandosi di sottolineare l’apparente differenza tra noi due.
“Mi veniva più facile Ally, è accanto alla mia stanza non ho dovuto neanche alzare il telefono per chiederle” nessuno a parte Lucy gli crede, io mi limito a fare una smorfia per la bugia che ha raccontato.
“Ci crede solo Lucy” Mark ripete praticamente quello che sto pensando e io annuisco.
“E per ovvi motivi” aggiunge Nate ovvio facendomi annuire ancora.
“Sentite lasciamo stare dai, è un discorso complicato mi annoio a spiegarlo” sbuffa Jason infastidito da questo interrogatorio.
“Si infatti mi sono annoiata, che facciamo?” sbadiglia Lucy, nel frattempo mi vibra il telefono e con mio sommo dispiacere scopro che Nathy non può venire a causa del tempo.
“Io penso vado a studiare a breve” dico mentre mi arrotolo una ciocca di capelli mossi tra le dita costatando che stanno lievitando sempre di più,magari da qui a fine serata avrò i capelli a forma di panettone.
“Studi? Ora che sei in compagnia? Che palle” dice Nate per poi mettersi le mani dietro la nuca e guardarmi pigramente.
“Presto ho un esame e mi conviene prepararmi bene” spiego gentile.
“Dovreste vederla studia la mattina all’alba, la sera tardi e il libro se lo tiene sempre in borsa a prescindere da quello che sta andando a fare” mi deride Jason e indovinate chi ride? Lucy ovviamente. Sto per rispondere ma Mark mi precede.
“Io la trovo una cosa ammirevole! Quando hai esame?” dice gentile e io lo guardo piena di gratitudine.
“Tra due giorni” deglutisco tesa.
“Mark fa il farfallone con Aloeeee” Jason con una specie di cantilena infantile interrompe il momento, guadagnandosi un mio sguardo disgustato e  uno scapaccione da parte di Mark.
“Non so davvero come faccia ad essere così idiota, sapete se ha avuto qualche trauma da piccolo?” chiedo ai suoi amici e loro in risposta ridono sonoramente.
“No no, è andato peggiorando con l’età poveretto” dice Nate mentre sghignazza per l’espressione di disappunto di Jason.
“Capisco, deve essere stata dura per voi stargli vicino” uso un tono comprensivo per fargli comprendere che li capisco, Mark annuisce solenne.
“Grazie, è bello sentirsi capiti” risponde Nate per poi scoppiare a ridere in faccia all’amico che si alza e prova ad accopparlo, così ingaggiano una specie di lotta in cui viene tirato dentro anche un Mark refrattario. A guardarli dalla mia prospettiva sembrano proprio dei bambini che giocano e la cosa mi fa sorridere intenerita.
“La dovete finire… di… prendere… per il… culo” dice Jason tra uno scappellotto e l’altro. Alla fine non so come ha la meglio lui e pavoneggiandosi come un tacchino demente si risiede al suo posto e mette un braccio sulle spalle di Lucy che al contatto sembra pronta per appartarsi con lui.
A un certo punto la testa mi gira forte e mi sento un pochino accaldata, mi guardo attorno disorientata e Mark se ne accorge.
“Tutto bene Aloe?” si alza e si avvicina preoccupato.
“Non so, sto avendo un giramento, è meglio che vado a letto” dico alzandomi ma barcollo come un ubriaco e Mark mi afferra al volo prima che io mi schianti al suolo.
“Ehi ma sta male?” sento dire a Nate.
“Ally basta che non vomiti sul tappeto” dice Jason rimanendo seduto sul divano.
“Ma come fai a essere così stronzo?” borbotta stremato Mark mentre mi sostiene.
“Tranquillo Aladin il tuo tappeto di merda è al sicuro” biascico io nonostante mi senta in fin di vita, io ci provo a essere una donnina per bene ma lui proprio fa uscire fuori il peggio di me.
Sento il corpo di Mark tremare dalle risate e le risate degli altri, cerco di tirarmi su e li guardo nonostante il giramento.
“Davvero sarà meglio che vada, non mi sto sentendo bene, forse con tutta quel acqua di oggi mi sono presa la febbre” borbotto mentre cautamente mi incammino verso la porta.
“Ok, ciao” dice Lucy guardandomi un istante per poi voltarsi verso Jason raggiante, quella brutta sgualdrina dei miei stivali.
“Ciao Aloe, spero ti rimetterai presto” dice Nate alzandosi e dandomi un bacio sulla guancia.
“’notte Jasmine” dice Jason guardandomi vagamente corrucciato.
“Hai bisogno di una mano per andare in camera?” si offre Mark evidentemente impensierito dalla mia espressione contratta, sto per rifiutare ma quando mi stacco da lui per dirglielo sento un altro forte giramento e poggio la mia mano sul suo braccio.
“Si, per favore” bisbiglio e mi porto una mano sulla tempia per il mal di testa, lui mi cinge le spalle con un braccio e lentamente mi accompagna in camera, aspetta girato che io indosso il pigiama e poi quando lo avverto che sono pronta  mi aiuta a mettermi a letto e si siede nel bordo del letto a  guardarmi.
“Hai medicine? Hai mangiato qualcosa?”
“Si, nel beautycase nell’armadio e no, non mi va” parliamo entrambi piano perché mi sento davvero a pezzi.
“Vado a prenderti di là qualcosa da mangiare sennò non puoi prenderti la medicina” dice premuroso ed ignorando i miei mugolii di dissenso esce dalla stanza.
Mi fa piacere che qualcuno si prenda cura di me, non sono abituata a ricevere tutte queste attenzioni, sorrido al soffitto con la vista appannata dalle lacrime dovute alla mia temperatura corporea in crescita e alla commozione.
Poco dopo rientra in camera con in una mano un bicchiere d’acqua e sull'altra un piatto con del pane e del formaggio, si siede dov’era seduto prima.
“Tieni, mangia questi, mi spiace non avete molto in frigo spero il formaggio non sia troppo pesante” dice pensieroso e non so perché mi metto a ridere.
“Andrà bene, grazie, scusami del disturbo” mi metto a sedere e spizzico lentamente il mangiare che mi ha portato, una volta terminato di mangiare prendo un farmaco per far scendere la febbre e mi raggomitolo sotto le coperte, Mark prende una cosa sopra il comodino e lo scuote, lo fisso perplessa sta per caso maltattrattando uno degli oggetti che tengo sul comodino.
“Ma che stai facendo?” biascico sempre più indebolita.
“Ti misuro la febbre, penso ti stia salendo la temperatura, ancora la medicina deve fare effetto”dice divertito dalla mia domanda e si avvicina su di me  delicatamente per spostarmi la coperta, lo guardo stralunata e troppo confusa per vergognarmi del mio stupido pigiama rosa confetto.
“Sarà meglio che te lo metti da sola, aspetterò 5 minuti con te e poi ti lascerò dormire” mi passa il termometro che piazzo sotto l’ascella  e per quei minuti d’attesa ci guardiamo, sorrido timidamente e lo ringrazio almeno cinquanta volte.
“Se mi ringrazi un’altra volta ti misuro la temperatura dal retto” dice stupendomi e poi scoppiamo a ridere insieme, io mi stanco subito però rimango sorridente.
“Ok, non lo dico più, scusa” gli faccio una linguaccia e poi torniamo a guardarci, scaduto il tempo mi toglie il termometro, lo guarda e strabuzza gli occhi.
“38.5… cazzo, riposati, dirò a Jason di controllarti prima di andare a letto e domani mattina, se hai bisogno chiamalo mi raccomando” si raccomanda come una mamma facendomi uscire una lacrima, quanto avrei voluto durante la mia vita avere mia madre così vicina, vedere nei suoi occhi un quarto della preoccupazione che ha ora Mark, un solo sguardo di apprensione nei miei confronti, una carezza per rendere la febbre meno pesante, mai niente; a volte credo che questa ferita causata dalla mancanza di amore nei miei confronti da parte di mia madre non se ne andrà mai, resterà lì sempre a indebolirmi.
“Penso che sarà troppo impegnato con Lucy, non preoccuparti sopravvivrò, grazie davvero Mark” gli stringo la mano e sorrido piena di gratitudine, lui stringe la presa e si china a darmi un bacio in fronte.
“Ci conosciamo da poco ma quello che mi hai fatto conoscere mi basta per volerti essere amico, quando ti sentirai meglio mi piacerebbe uscire con te” sussurra sopra la mia fronte, arrossisco ancora di più raggiungendo forse i 40° corporei e poi annuisco semplicemente e faccio un sorriso timido a cui lui risponde.
“A presto Ally” fa un cenno con la mano che io ricambio ed esce.
“A presto…” sussurro ancora scombussolata.
Poco dopo, stordita mi addormento e non so quando e che ore sono quando mi sveglio perché qualcuno mi sta accarezzando i capelli, apro gli occhi e vedo che Jason mi sta guardando, strizzo un po’ gli occhi ma ho la sensazione che la febbre si sia abbassata anche se sento le ossa tutte rotte e la testa pesante.
“Che stai facendo?” mormoro con un filo di voce.
“Mi prendo cura di te…” risponde piano mentre posa una pezza umida sulla mia fronte.
“E Lucy? Che ore sono?” dico mentre il battito del mio cuore accelera impercettibilmente.
“Lucy dorme di là e sono le sette del mattino” si siede sul mio letto vicino a me.
“Perché sei sveglio a quest’ora?”
“Perché ieri sera quando sono andato a letto avevi la febbre alta e stavi facendo dei brutti sogni sicuramente” sussurra e avverto nel suo tono un’incrinatura che potrebbe sembrare tenerezza.
“Ieri sembrava non te ne fregasse nulla, sinceramente…” borbotto nonostante sono felice delle sue attenzioni.
“Eri in buone mani. Come ti senti?” cambia discorso con nonchalance e io sono troppo stanca per invischiarmi in dialoghi faticosi.
“Meglio, devo studiare oggi come faccio se mi sento così rintontita?” il terrore dell’esame mi invade totalmente.
“Ehi, calma… non puoi rimandarlo?” dice semplicemente.
“No, non posso assolutamente, a breve devo alzarmi e studiare” esclamo provando ad alzarmi ma subito un capogiro mi fa ricadere a letto, il panico inizia a farsi largo, mancano due giorni, come farò se rimango in questo stato?
Mia mamma non mi crederà mai se le dico che ho fallito perché stavo male, non sentirebbe ragioni, oddio! Devo riprendermi, devo riprendermi assolutamente.
“Stai giù Ally, se proprio devi riposati un altro po’,dopo fai colazione, prenditi un’altra medicina e prova a studiare quanto puoi ma non sforzarti sennò rischi una ricaduta” dice severamente ma poi tradisce il suo tono serio facendomi una lieve carezza sul viso. Lo guardo incantata, sarà la febbre, è così bello con questo sguardo corrucciato e con questo suo modo timido di preoccuparsi per me.
“Sì, signor Capitano” lo scimmiotto.
“Bene, vedo che hai ripreso lo spirito almeno, io oggi resto a casa quindi qualsiasi cosa hai bisogno basta che mi chiami”si alza e si stiracchia.
“Perché fai questo per me?” voglio sapere il perché di queste sue premure nei miei confronti.
“Perché sei mia amica e perché non voglio fallisci l’esame dopo tutto l’impegno che ci hai messo, sarebbe ingiusto” borbotta palesemente imbarazzato.
“Fai l’eroe?”ci scherzo su per fare uscire entrambi dall’imbarazzo, mi guarda grato e si pavoneggia.
“Spetta agli esseri perfetti aiutare le donzelle in difficoltà” ammicca vanitoso facendomi ridere.
“Allora perché mi stai aiutando? Non vedo nessun ragazzo perfetto nei paraggi” gli faccio la linguaccia e poi torniamo a ridere dopo di che ci scambiamo uno sguardo complice e lui esce dalla stanza.
Rimango sul mio letto a pancia in su  a riflettere sui notevoli cambiamenti che in poche settimane la mia vita ha subito, prima non avevo nessuno a occuparsi di me quando stavo male, mi limitavo a fare finta di stare bene o nei casi peggiori stavo in stanza e prendevo le medicine fino a quando non guarivo, adesso invece ho addirittura due uomini gentili e attraenti che si occupano di me.
Sorrido ebete al soffitto e mi appisolo di nuovo senza neanche rendermene conto, nel primo pomeriggio mi sveglio sconvolta e rintontita dalle troppe ore di sonno, inizio a sentirmi insofferente per le troppe ore di nullafacenza, mi alzo e barcollando vado in bagno, mi lavo la faccia e mi butto su una sedia in cucina tipo uno straccio e mi limito a fissare il tavolo con l’espressione di un pesce lesso. Ora chi ce la fa a tornare in stanza a prendere i libri? Sbuffo sonoramente e incrocio le braccia sul tavolo e ci poggio la testa sopra, manco a dirlo mi riaddormento sul tavolo nel giro di pochi secondi.
“Ally?” una voce familiare mi richiama dall’oltretomba, mi sento sempre più stordita, sbattendo più volte le palpebre noto che al posto della luce del sole è una luce artificiale a illuminare la stanza, possibile che io abbia dormito così tanto?
“Ally? Svegliati su” di nuovo quella voce che tenta di riscuotermi dal mio torpore, mi volto nella sua direzione e Jason è piegato vicino a me e mi osserva vagamente divertito.
“Mh si, ci sono, che ore sono?” borbotto piano con la voce ancora impastata di sonno.
“Le otto di sera, è ora di cena” dice lui cautamente, io mi raddrizzo di colpo e quasi non vomito a causa del movimento improvviso. Non ci credo, ho solo sta notte e domani per completare lo studio, sono rovinata.
“Se è uno scherzo io ti ammazzo” la voce roca rende il tutto più minaccioso.
“Guarda tu stessa, mostro” dice lui sbuffando e indicando l’orologio della parete di fronte a me, ha ragione Jason, maledizione ho dormito quasi quattro ore su questo tavolo, ho un torcicollo e un mal di schiena terrificanti ma nulla rispetto all’angoscia  che incombe sulle mie spalle come una spada affilata.
“Io devo studiare, devo studiare subito” come in trance mi alzo e tento di correre in stanza ma non ho considerato le mie gambe doloranti e addormentate per la posizione scomoda in cui ero stata fino a qualche minuto prima e casco lunga distesa sul pavimento della cucina, un angolo inutile della mia mente si rallegra del fatto che il giorno prima era stato pulito.
“Ally? Ally! Ma che cazzo fai?” Jason mi solleva e mi tiene in braccio, io scalcio debolmente per farmi mettere giù ci manca solo un colpo basso da parte dei miei ormoni.
“Devo prendere i libri Jason, devo studiare… solo domani non basta, devo ripetere tre libri” sento le lacrime salirmi agli occhi e faccio di tutto per trattenermi dal piangere lì in braccio a lui come una bambina.
“Senti ormai per stasera riposati, domani ti sentirai meglio e ti sveglierò io stesso presto così potrai studiare tutto il giorno ma per ora non sforzarti, rilassati sono sicuro le cose le sai a prescindere dal tuo ripasso finale” sorride paziente mentre con me in braccio si dirige in salone, mi stende sul divano e dopo avermi coperto con un plaid mi si siede accanto.
“Non posso fallire…”mormoro con l’ansia che fa martellare forte il mio cuore.
“Non fallirai e non c’è niente di male a fallire” dice lui guardandomi intensamente.
“Se fallisco sono una persona inutile” ripeto le parole che mi aveva detto mia madre durante tutta la mia infanzia, parole che sembrano mie ma che in realtà non lo sono.
“Immagino che questa stronzata non te l’abbia detta la tua testa… Ally queste cavolate non sono vere, se fallisci una volta puoi sempre rimediare. Non esiste solo il nero come colore né solo il bianco, esiste anche il grigio e credimi se ti dico che un esame è sicuramente nel grigio, se va male lo recuperi ed è tutto risolto” il suo sguardo è di fuoco e il tono che usa riesce a farmi calmare.
“Proverò a ricordarmelo, a volte la voce di mia madre e mia zia sono così forti che non riesco neanche a sentire la mia voce” ammetto abbassando lo sguardo sulle mie mani strette a pugno.
“Un giorno la tua voce sarà più forte di qualsiasi altra voce dentro e fuori la tua testa ma fino ad allora ascolta anche la mia voce” sussurra dopo essersi avvicinato al mio orecchio, sobbalzo e lo guardo, me lo ritrovo a pochi centimetri, mi allontano subito.
“Non sono sicura riuscirò mai a togliermi le loro voci dalla testa” dico  cercando di non pensare alla vicinanza del suo viso, sono malata, in crisi e disperata non lascerò che succeda nulla che possa confondermi ulteriormente.
“Oh credimi, io so essere molto persuasivo” ghigna risistemandosi al suo posto facendo finta di non aver notato il mio allontanamento.
“Lo spero davvero” sospiro io.
“Ora però è il momento di svagarti, ti aspettano delle giornate impegnative e tu sei ancora in convalescenza, quindi ti dirò cosa facciamo ora. Adesso noi ci sistemiamo qui sotto questo plaid e ci guardiamo, fino a quando resistiamo, la prima serie di Games of thrones sono sicuro che hai bisogno di sangue, tradimenti e sesso” dichiara balzando in piedi per inserire un dvd nel lettore, per poi fiondarsi nuovamente sotto il plaid e con il sorriso di un bambino felice fa partire il dvd.
“Direi che può andare, di che parla?” chiedo ormai convinta, è vero sa essere persuasivo, mentre lui seleziona la lingua.
“Non saprei spiegartelo senza perdere almeno un’ora quindi guarda e capiscilo da sola” ridacchia da solo per la sua simpatia e io mi limito a scuotere la testa.
Il dvd parte e noi torniamo nella nostra abituale trance da telefilm, dopo la prima puntata , numerose battute e tantissimo disagio dovuto alle scene di sesso, che questo telefilm dispensa come fosse un francescano che da pane ai poveri, sono più rilassata e per la prima volta da quando ho memoria mi lascio andare a un gesto spontaneo di affetto con un uomo e mi poggio sulla sua spalla.
“Se vuoi spariamo dei fuochi d’artificio…” dicono ironici i miei ormoni avvertendo le mie ondate di compiacimento dopo avere superato la timidezza.
“Oh state zitti voi, sto male, sono debole” brontolo io.
“Sicuramente è una buona scusa da utilizzare ma a noi non ci prendi in giro” dicono altezzosi.
“Ora basta, lasciatemi in pace!” li caccio via infastidita, chi mi conosce meglio della mia coscienza? I miei ormoni, con loro è una battaglia persa in partenza.
“Sai dovremmo correre più spesso sotto la pioggia se poi un po’ di febbre ti rende così docile?” ridacchia Jason compiaciuto.
“Visto che è per la febbre?” rincaro la dose ai miei ormoni saputelli.
“Lui è cretino e in certe cose ingenuo come un neonato, se gliela sbattono davanti reagisce come un animale in calore ma se invece ci sono mosse più sottili come una carezza o una testa poggiata sulla spalla lui si da motivazioni stupide” spiegano schifati dalla mia spiegazione.
“Mi arrendo” dichiaro sfinita, hanno ragione c’è poco da fare.
“Se fai un’altra battutina mi sposto” rispondo orgogliosa a Jason.
“Uff ok, sto zitto” e detto questo si ammutolisce davvero e riapre la bocca solo per commentare alcune scene.
La serata procede così fino a mezzanotte come minimo, mi costringe a mangiare due fette di pizza per prendere la pillola e poi per la seconda volta da quando sono arrivata in questa casa ci addormentiamo insieme, senza alcun disagio da parte mia se non una sensazione di calore e di casa nel petto.

Forse il grigio potrebbe diventare il mio colore preferito.

http://i59.tinypic.com/1564ae0.jpg  <- E solo per voi... TADA DA DAAAAN uno dei pigiami di Aloe con tanto di beautycase, peluche casuale (non è pallina) e ciabattine! *_*

Angolo dell'autrice:
Buonasera a tutte voi!
Direttamente dall'oltretomba ecco a voi ME ed il mio capitolo, scusate davvero per il ritardo ma ho avuto carenze d'ispirazione riguardo questa storia (in compenso ho inziato a scrivere un'altra storia e avuto l'idea per un'altra ancora...mah) ma ci ho lavorato ogni giorno così ho risolto il problema in cui mi ero inceppata, ero indecisa sulle tempistiche ma alla fine ho spezzato in due questo capitolo per lasciare la parte più "succosa" al prossimo capitolo.
So che probabilmente mi vorrete spaccare la testa dato che questo è solo un capitolo di passaggio ma nel prossimo, dato che ho le idee chiare, mi farò perdonare (spero)
... i promise!
Comunque è doveroso ringraziare di cuore tutte voi carinissime lettrici che recensite, che inserite tra le preferite-ricordate-seguite questa storia e che leggete in silenzio. Grazie davvero questa storia senza di voi non avrebbe senso, anche leggere solo il contatore delle visite mi fa venire voglia di scrivere un nuovo capitolo. Grazie per apprezzare quello che faccio. <3
Se vorrete darmi un vostro parere tramite recensione o pvt oppure segnalarmi qualche errore fate pure, può solo aiutarmi a crescere come "scrittrice" (nel senso più modesto del termine).
Con affetto,
LittleSun
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** Nero ***


Capitolo 12
Nero

 
La mattina è davvero Jason a svegliarmi con una tazza di the e qualche fetta biscottata, io sono totalmente sdraiata nel divano con le ossa che mi fanno male come se avessi corso per quattro giorni di fila.
“Come ti senti oggi?” chiede sedendosi nella poltrona a lato del divano.
“Mi sento tutta rotta ma penso che la febbre sia scesa di tanto, dovrei farcela a studiare oggi” sospiro esausta, è solo il mio notevole senso di dovere a spronarmi a studiare nonostante mi senta a pezzi, non potrei mai arrendermi così.
“Non so come fai a studiare dopo essere stata male, io di solito se non sono guarito completamente non riesco a fare niente di impegnativo” leggo nel suo sguardo una venatura di ammirazione nei miei confronti.
“A me la malattia non mi ha mai impedito di impegnarmi, certo vado a rilento perché non sono una macchina però devo stare veramente male per mettere da parte il mio dovere” spiego mentre sorseggio il the a gambe incrociate, devo avere un aspetto terribile ma evito di preoccuparmene.
“Mi stanca anche solo sentirti dire queste cose. Oggi comunque starò fuori tutto il giorno, a breve esco, penso dormirò fuori, è un problema?” chiede mentre con la mano destra gioca con un ciuffo di capelli, non è la prima volta che lo fa, ogni volta che è soprappensiero lo vedo giocare con i capelli, è una cosa davvero carina a mio parere.
“Ma no, figurati anzi grazie per esserti preoccupato per me in questi giorni,avere la casa libera oggi  non può che farmi bene” sorrido e mi trattengo dal chiedergli cosa farà, sono pur sempre affari suoi e non voglio essere invadente.
“Ok, mi raccomando domani al mio ritorno fatti trovare vittoriosa che festeggiamo” ghigna e mi allunga una mano per battere il cinque e io scuotendo la testa, ma con un grande sorriso, rispondo al gesto.
“Allora cucini tu” scherzo io mentre mi alzo dal divano e mi sgranchisco un po’ nella speranza che le ossa tornino a funzionare normalmente e non come degli ingranaggi di un macchinario che non vengono oleati da anni.
“Va bene ma solo per questa volta, non ci fare l’abitudine! Mi stavo scordando di dirtelo, sai che sei piuttosto morbida? Non l’avrei mai detto” ridacchia e io lo guardo perplessa.
“Mi stai dicendo che sono grassa?” domando indignata e mi guardo istantaneamente le cosce e la pancia anche se attraverso la tuta.
“No, ti sto dicendo che hai due belle tette morbide” dice alzandosi e correndo fuori dalla stanza lasciandosi dietro una sonora risata, per qualche secondo rimango lì paonazza con la bocca spalancata, possibile che la sera precedente ero stata così idiota e così distratta dalla malattia da scordarmi il fondamentale dettaglio di essere senza reggiseno? Dopo anni e anni di dormite senza reggiseno mi ero scordata ,prima di addormentarmi vicina a Jason, che non indossavo nessuna protezione, oltre il pigiama, tra me e la persona a me vicina. Un orrore, uno scempio, una vergogna.
Rimango a boccheggiare davanti al divano con lo sguardo che punta la porta da cui è uscito Jason poi la vergogna lascia il posto all’irritazione e a passo di marcia, arti cigolanti permettendo, raggiungo il cretino in cucina che sta ancora ridendo. Approfittandone della sua distrazione mi tolgo la mia adorata ciabatta rosa e gliela scaglio in testa, colpisco (per miracolo) il bersaglio e sta volta sono io a ridere della sua espressione stupita.
“La prossima volta che ti prendi confidenze tattili eccessive o che osi commentare il mio fisico la scarpa te la ritrovi dove non batte il sole, è un avvertimento, ti invito a prenderlo sul serio” dico poi abbastanza seria mentre mi avvicino a lui per recuperare la pantofola cercando di mantenere una certa dignità apparente come minimo.
“Sei un’esagerata assurda, mica ti ho detto che volevo che mi facevi una sega con le tette” esclama risentito, la sua esclamazione però mi fa sbattere la testa nello spigolo del tavolo dato che ero piegata per raccattare la pantofola, mi alzo a guardarlo con gli occhi lucidi per il dolore, la bocca spalancata sia per la sofferenza sia per l’orrore della sua frase, ma che cosa aveva mangiato quel uomo a colazione? Volgarità allo stato puro?
“Farò finta di non avere sentito quello che hai appena detto, non dovevi uscire presto?” cerco di evitare che riapra l’argomento perché anche un trauma celebrale prima di un esame non credo di poterlo tollerare.
“Secondo me  in futuro i libri di storia avranno un capitolo dedicato solo a te, in quanto giovane donna di questo secolo con il pudore secondo solo a quello delle monache” dice con fare da professorino, non so se lanciargli contro un’altra pantofola o saltargli al collo per provare a strozzarlo.
“Mi scuserai se non rido apertamente ma ti assicuro che una parte recondita di me sta ridendo” dico con un tono apatico.
“Pensaci… Suor Aloe La Pudica, non suona benissimo?” dice solenne guardandomi con lo sguardo illuminato.
“Pensaci… Don Jason Il Coglione, non è perfetto?” gli faccio il verso  usando lo stesso tono.
“Guarda sei così simpatica che anche il mio culo si è messo a ridere” mi risponde lui indispettito, io lo guardo con un espressione di puro disgusto.
“Davvero hai detto una schifezza simile? Ascolta io  starei ore a conversare con te ma domani ho un esame e sono stata già ampiamente debilitata dalla malattia e non vorrei abbassare anche il mio Q.I. parlandoti, già sono sicura che quello dell’intero condominio è sceso precipitosamente” dico dandogli una patta comprensiva sulla spalla.
“Adesso esco davvero ma solo perché la tua simpatia potrebbe istigarmi al suicidio e sono ancora troppo giovane per morire” mi da una stessa patta a modo suo comprensiva sulla spalla e poi si mette a ridere e io mi unisco a lui, anche se è un’idiota ed è la causa scatenante di molti fastidi e disagi mi sto comunque affezionando a questo stupido che riesce a farmi sorridere così spesso.
Detto questo esce dalla cucina e si chiude in camera sua, io invece sciacquo la tazza e mi vado a lavare i denti e la faccia in bagno, poi vado in camera e mi sistemo i libri sulla scrivania, tempero tutte le matite sistemandole in ordine di lunghezza e poi ordino gli evidenziatori in ordine di tonalità, quando sto per sedermi dopo essermi assicurata che in stanza non c’è niente fuori posto, Jason bussa alla porta.
“Posso entrare Ally?” chiede.
“Si, certo” e subito entra e si avvicina a me, nota come ho sistemato la scrivania e si apre in un enorme sorriso che mi fa inarcare un sopracciglio.
“Dovrebbero assumerti in Accademia da me per sistemare tutti i colori nell’aula di pittura, ce ne sarebbe davvero bisogno” scherza lui.
“Quando devo studiare e l’esame è imminente tendo a essere ancora più ordinata del solito” spiego consapevole del fatto che lui ha ragione.
“Ognuno ha i suoi tic nervosi pre esame, io prima di un esame divento se possibile ancora più disordinato” ride lui, io dal canto mio non riesco a immaginarmi neanche come sia un Jason più disordinato, ora la casa è accettabile perché ci sono io ma ho ancora i ricordi vividi del mio arrivo in questa casa che mi fanno accapponare la pelle.
“Non voglio neanche immaginare” sbuffo in pensiero già per il possibile evento.
“Magari grazie a te riuscirò a non sprofondare nei rifiuti” dice lui contento.
“Probabile, non voglio che il luogo in cui abito diventi un covo di virus per i quali ancora non esiste la cura” dico preoccupata.
“Non preoccuparti, i miei esami inizieranno alla fine di novembre, c’è tempo” dice tranquillo, al suo posto io stavo già iniziando a sclerare, vorrei solo un quarto della sua serenità al momento.
“Meglio così”
“Ora vado davvero, mi raccomando, non distruggerti e riposati un po’, domani andrà tutto bene” si avvicina e mi abbraccia, all’orecchio mi sussurra “in bocca a lupo Miss Perfezione” poi si allontana da me e mi guarda sorridente, nonostante sono un po’ scossa dal caloroso contatto dei nostri corpi ricambio sinceramente il sorriso perché gli sono davvero grata per la fiducia che ripone nei miei confronti.
“Crepi” rispondo e lui si volta e si dirige verso la porta, mentre abbassa la maniglia però lo richiamo.
“Jason?”
“Si?” dice voltandosi, io velocemente mi avvicino, mi metto in punta di piedi e lo tiro verso di me, gli do un bacio in guancia e con il rossore sulle mie guance che si propaga alla velocità della luce mi allontano.
“Grazie” mormoro guardando con interesse il pavimento.
“Grazie a te” deduco che sta sorridendo e poi esce dalla porta.
Una volta sola cerco di ricompormi e dimenticarmi di tutto per concentrarmi solo sullo studio, faccio due grandi respiri e mi siedo alla scrivania per studiare, a costo di uccidere parte dei miei neuroni devo riuscire a finire tutto.
Nel primo pomeriggio ,dopo aver mangiato solo un pacchetto di crackers, ho la testa che mi martella furiosamente per il troppo studio, sono piegata sui libri ormai da ore ed è il telefono a riscuotermi dal mio libro; rispondo dopo il secondo squillo.
“Pronto?” ho la voce roca per il troppo silenzio.
“Spero che tu non stia fingendo di stare male Dafne, sai che non abbocco a questi giochetti” non ho bisogno di chiedere chi è, è il giorno prima dell’esame ed è scontato che mia madre mi chiami, mi maledico mentalmente per non avere guardato prima chi era il mittente della telefonata.
“Non sto male, grazie comunque per il pensiero” dico io con un accenno di apatia che uso di solito come autodifesa quando non voglio mostrare le mie emozioni, troppe volte i miei sentimenti nonostante fossero urlati erano rimasti inascoltati o sminuiti, con il tempo avevo iniziato a chiuderli tutti infondo al mio cuore in modo che nessuno potesse usarli per ferirmi o potesse farmi sentire più sbagliata di quanto già non mi sentissi.
“Domani a che ora hai l’esame?” aggiunge freddamente.
“Alle 9:00 devo presentarmi in sede poi a seconda della velocità del professore e dell’ordine di quelli iscritti all’esame si vedrà, mi sono prenotata nel sito tra i primi però, quindi credo che per le 10 avrò finito” mi limito a dire.
“Alle 10:00 ti chiamo per sapere com’è andata, se va male preparati le valigie che torni a casa e non sentirò ragioni” usa il tono glaciale che mi ha fatto sempre paura e lei lo sa, la paura mi invade come quando da piccola avevo preso in un compito ,a causa del raffreddore, un dieci meno al posto del mio solito dieci pieno e lei si era limitata a guardare prima il compito e poi me con uno sguardo che mi aveva fatto sentire piccola e fragile come un cristallo in bilico sul bordo di un mobile, aveva detto con voce lenta “Tutto qui?” forse per le altre persone un commento così non è niente, anzi c’è di peggio nel mondo ma per me quel tono e quello sguardo erano il mondo, il mio mondo che si spezzava sotto il peso delle sue parole. A quell'epoca avevo nove anni ed avevo iniziato a tremare, non ero riuscita a parlare né a piangere, tremavo soltanto e lei si era alzata e se n’era andata, lasciandomi lì sola con il mio fallimento, avrei voluto scusarmi, urlarle che mi dispiaceva che non sarebbe più successo, desideravo mi abbracciasse, che mi dicesse che non ce l’aveva con me per questo, volevo sentirmi dire che ero ancora la sua bambina ma quelle parole non arrivarono mai.
“Andrà bene” dico soltanto, mi sento pesante come se rivangare questi ricordi mi avesse fatto venire di nuovo la febbre.
“Bene, a domani Dafne”
“A domani” e detto questo riagganciamo, poso il telefono accanto a me e mi rimetto a studiare, ma la testa è pesante e mi sento come se la febbre stesse risalendo, spero con tutto il cuore non sia così.
Il telefono suona nuovamente e lo osservo intimorita, poi però mi rendo conto che è la suoneria di un messaggio e che quindi ovviamente non è mia madre che non sa mandare messaggi, lo apro curiosa e noto che il mittente è Nathy.
 
Ciao Ally,
Mi dispiace non essere potuta passare l’altra sera ma se ne stava venendo giù il cielo. Come stai? Come sta andando lo studio?
 
Sospiro, almeno so per certo che anche Nathy è nella mia stessa schifo di barca, nel mio casa più che di una barca si tratta del Titanic.
 
Oi Nathy,
Non preoccuparti, mi è dispiaciuto però che non sei potuta  passare :( dovrai rimediare più avanti con la speranza che il tempo stavolta non si metta in mezzo. Comunque, sto meglio adesso ma fino a ieri avevo un febbrone da cavallo,tu come stai? Per quanto riguarda lo studio meglio che non commento, sono sull’orlo di una crisi di nervi e a causa della febbre non ho potuto studiare come dovevo. A te come procede?
 
Mi risponde poco dopo.
 
Rimedieremo sicuramente, fanculo al tempo :D
Mamma mia, la febbre prima di un esame è il male, mi dispiace tanto spero tu ti sei ripresa totalmente, io sto bene  a parte il ciclo che mi è venuto giusto oggi ma lasciamo stare perché potrei scrivere almeno 100 imprecazioni -.-
No comment per lo studio, se avevo delle palle le avevo già messe in un tritacarne, mi sto annoiando a morte, ti giuro!  Vedrai che domani ti andrà bene, ti sei impegnata tanto anche prima di ammalarti, non avrai troppi problemi e in caso rifai l’esame, non devi preoccuparti, sei una ragazza intelligente.
Non ti distraggo oltre, a domani Ally e se domani mattina nel casino non ci becchiamo IN BOCCA AL LUPO! Si fotta il lupo…
 
Sorrido per l’incoraggiamento della mia amica e con il cuore leggero nonostante la testa pesante le rispondo.
 
Ahahahaha crepi! Grazie Nathy, sono sicura andrà bene anche a te, sottovaluti le tue potenzialità.
Buono studio, a domani, buona fortuna per l’esame! ;)
 
Detto questo poso il telefono nuovamente accanto a me e riprendo a studiare, con la sera arriva anche la paura, la febbre è ritornata, mi sento a pezzi, nella testa tutte le cose studiate sembrano messe all’interno di un calderone pieno di acqua bollente che fonde tutto e non mi lascia distinguere tra loro i miei pensieri, ceno con un pezzo di pane senza nulla e prendo le medicine sempre ripetendo l’ultimo dei tre libri, ormai è l’una di notte quando il mio telefono vibra di nuovo, lo prendo perplessa e con la vista appannata per la malattia e la stanchezza.
 
Ok, è il momento di chiudere il libro, mangiare qualcosa di più sostanzioso di un pezzetto di pane, lavarti i denti e dormire. Domani sarà una giornata impegnativa ma ne uscirai vincitrice come tuo solito, non preoccuparti e non distruggerti oltre. So che già tua mamma ti ha chiamato per fare il solito terrorismo psicologico e non smetterò mai di dirti quanto tu sbagli a darle retta, è solo una vecchia vipera. Dormi tesoro, domani ti chiamo nel pomeriggio, per favore non distruggerti come tuo solito.
Sono con te,
buona fortuna.
Ti voglio bene!
Tua,
Abby
 
Un sorriso seguito da due lacrime mi compare sul viso dopo aver letto il messaggio della mia migliore amica che dimostra di conoscermi come le sue tasche, decido di fare come mi dice forzandomi anche a mangiare e una volta a letto le rispondo.
 
A volte mi fai paura, sappilo…mi sento spiata!  Ho fatto tutto quello che mi hai detto comunque, sono a letto e spero davvero di meritare la fiducia che riponi nei miei confronti, vorrei riuscire a non dare importanza a mia madre ma è difficile.
Ora dormo, grazie Abby, sei una vera amica, la migliore.
A domani,
sogni d’oro
ti voglio bene :*
 
In seguito spengo il telefono e poco dopo non so se è per la febbre o perché non ne posso davvero più crollo in un sonno profondo senza sogni e senza luci.
La mattina mi sveglio per miracolo, la febbre è uno stabile trentotto ma mi costringo ad alzarmi e barcollante mi dirigo in bagno per sistemarmi alla meno peggio per non fare vedere al professore che sto male e quindi sminuire la mia esposizione.
Mi lego i capelli in un frettoloso chignon, mi trucco in maniera semplice evitando di truccare gli occhi in quanto a causa dell’alta temperatura corporea sono molto lucidi e non vorrei trasformarmi in un panda durante l’esame.
Come vestiti invece decido di mettere dei pantaloni di jeans nero invernali, una maglietta a casacchina viola con una cintura nera in vita e subito per i brividi indosso una giacca nera aperta con dentro un imbottitura di lana che subito mi riscalda, al collo metto una sciarpa di lana nera e come scarpe opto per un paio con tacco quindici viola scuro, in cui barcollo pietosamente ma non voglio uscire senza.
Metto l’orologio, un paio di orecchini semplici neri, afferro la borsa nera e corro (si fa per dire) fuori senza fare colazione, anche volendo non riuscirei neanche a ingoiare un sorso d’acqua, ho lo stomaco chiuso e le tempie martellano senza pietà.
Arrivo per miracolo, probabilmente, alla sede d’esame che  anche se sono in anticipo è già gremita di studenti che ripassano e che aspettano impazienti di togliersi il pensiero, mi siedo sospirando in una sedia e chiudo gli occhi cercando di riepilogare mentalmente le cose che ho studiato ma è tutto confuso, sento la testa come se pesasse cento kili  e non riesco neanche a concentrarmi.
Dopo un’ora e mezza di attesa snervante, sono ormai a pezzi sia psicologicamente sia fisicamente, la sedia mi sembra (nonostante l’imbottitura) dura come un altare di pietra usato per i sacrifici umani nei tempi antichi.
Arriva il mio turno e non capisco se mi martella più forte il cuore o la testa, avanzo lentamente verso l’aula e cerco di apparire il più serena possibile ma evidentemente è un fallimento perché il professore mi guarda con sospetto, mi siedo davanti a lui, incrocio le mani e lascio che inizi la tortura.
Riesco a rispondere a quasi tutte le domande, non come vorrei, riesco a dare le risposte giuste ma senza approfondirle, vedo che il professore vorrebbe di più e mi piacerebbe davvero poterlo accontentare ma non riesco nella confusione della mia testa a trovare i dovuti approfondimenti, quasi alla fine dell’esame sono esausta, non riesco neanche più a formulare frasi con una corretta struttura grammaticale e il professore è costretto a fermarmi.
“Signorina Morris, ha bisogno di una pausa? Si sente male? È pallida come un lenzuolo” esclama guardandomi preoccupato mentre con la bocca semi aperta sto cercando di dare una risposta alla sua ultima domanda ma le parole non escono.
“Si…sto bene, mi scusi” mormoro.
“Mi sembra invece che lei stia molto male e che stesse male pure all’inizio dell’esame, perché si è presentata nonostante le sue condizioni precarie?” chiede curioso.
“Devo fare l’esame” non riesco a dare una risposta più completa di così.
“Io apprezzo il suo impegno e apprezzo maggiormente lo sforzo che ha fatto per sostenere tutto l’incontro. Le sue risposte, nonostante le sue condizioni, sono state anche migliori di quelle molti ragazzi che si presenteranno qui oggi. Proprio per questo so che non sta facendo il suo massimo e non perché non vuole. Quindi non me la sento di bocciarla però non posso darle più di 24, è un voto oggettivo e non basato sulla fiducia però la invito caldamente a non accettarlo e ritentare alla prossima sessione d’esame, le darei i pieni voti sicuramente” dice con uno sguardo quasi paterno che per un momento mi lascia interdetta, sono davanti un bivio, fare l’esame con un voto mediocre che ucciderebbe la mia media futura o dire a mia mamma di aver fallito anche se per lei comunque 24 sarebbe alla pari di un fallimento, a questo punto non ho scelta, ho fallito…miseramente.
“Verrò alla prossima sessione, scusi per averle fatto perdere del tempo, grazie della pazienza. Se permette vado” dico con un tono atono come se fosse la voce di un estraneo a parlare.
“Non si deve scusare, mi aspetto grandi cose da lei Miss Morris,a presto. Si riguardi, mi raccomando” mi stringe la mano e io fluttuo fuori dall’aula, nella testa non c’è niente e sulle pareti della mia mente rimbalza la parola fallimento come una palla pazza, vorrei accasciarmi a terra per il dolore e per la paura che mi attanagliano le viscere ma resisto, cammino lentamente nelle strade senza vedere né sentire. Ho bisogno di andare a casa.
Sento il telefono vibrare e rispondo conscia di non potere evitare la verità e che non posso fuggire alle mie colpe.
“Pronto?” mormoro.
“Com’è andato l’esame?” dice fredda mia madre spezzandomi ulteriormente, come le dico che ho fallito? Come farò a tornare a casa con lei e mia zia? Non posso mentirle. Non posso scappare. Non riesco a fare come mi dice Abby.
“I-io… sono stata rimandata al mese prossimo” dico soltanto mentre con la mente scappo via schifata da me stessa, schifata da tutto.
“Hai fallito, quindi. Lo sapevo non dovevo farti andare via, erano solo capricci i tuoi, erano tutti una scusa per andare via quei giochetti che facevi tempo fa” sibila acida, distruggendomi lentamente come solo lei sa fare  e io non riesco a scappare, sono prigioniera delle sue parole. Per lei il mio tentato suicidio è stato solo un gioco per farmi andare via, si rifiuta di capirmi e di vedermi.
“Sto male… ho la febbre, scusami” sussurro con la voce che trema.
“No, sei solo un fallimento, un fallimento che ho generato per deludermi” e con quest’ultima frase le vecchie ferite si riaprono e quel poco che c’era di Aloe, l’Aloe che stava crescendo, scompare sostituita dalla tremante e distrutta Dafne, la solita Dafne.
“Scusa” dico piano come a farle capire cosa mi sta facendo.
“Prepara le valige” e riattacca senza lasciarmi il tempo di rispondere, mi scuso altre cento volte al telefono silenzioso e poi ormai perduta arrivo a casa, mi tolgo le scarpe lasciandole per terra chissà dove e la stessa fine fanno la giacca, la sciarpa e gli orecchini.
La casa è silenziosa, sono sola … come sempre.
Vado in bagno e socchiudo la porta, poi tutte le debolezze vengono a galla e mi piego sul water per vomitare, perché sono sporca dentro, non sono bella, non sono brava, non sono intelligente e non sono amata. Sono sola.
Vomito perché non sono una buona figlia, perché non sono una brava alunna e perché sono un fallimento. Non dovevo nascere.
Le lacrime escono impietose perché sto tornando com’ero prima e avevo promesso a me stessa che non sarebbe più successo, avevo giurato a me stessa che non mi sarei mai più fatta del male e umiliata.
Sono debole in verità e non riesco a ribellarmi, rimango chiusa nella gabbia in cui mi sono abituata a stare. Qualcuno mi liberi, qualcuno mi faccia uscire.
Vomito ancora ma continuo a sentirmi sporca, l’occhio mi cade sulla lametta nel bordo vasca, tremando e piangendo sempre più forte l’avvicino lentamente al polso della mano destra e seguendo la vecchia scia di dolore traccio una nuova linea rossa, più lieve e meno calcata perché la mano trema troppo, i singhiozzi aumentano e alla fine non riesco a vedere più nulla, non riesco più ad alzarmi e a muovere i miei arti, come scollegata dal mio corpo mi accascio sul pavimento freddo del bagno e osservo tra le lacrime le linee delle piastrelle del bagno, vorrei che qualcuno mi salvasse, vorrei qualcuno fosse qui per me ma sono sola e nessuno vuole allungarmi una mano per aiutarmi ad alzarmi.
Sono stanca, non riesco più a tenere gli occhi aperti, li chiudo e subito diventa tutto buio.
Tutto nero.


http://i62.tinypic.com/1zxqo3m.jpg   <-- completo dell'esame, mi sono tenuta sui colori scuri ><

Angolo dell'autrice:
Ciao a tutte, scusate il ritardo... ero convinta che durante le vacanze avrei avuto tanto tempo per scrivere e invece, ovviamente, mi sbagliavo XD
Questo al capitolo alla fine è uscito fuori troppo lungo e anche parecchio impegnativo, in quanto sono stata indecisa su come fare svolgere le cose, quindi al contrario di come vi ho detto la scorsa volta non è quello "decisivo" ma sarà il prossimo che sarà tra l'altrò visto dal pov di Jason. u.u
Scusate per il capitolo deprimente ma mi serviva davvero tanto e vi giuro che non ce ne saranno molti altri così deprimenti ç_ç soffro a fare soffrire i miei personaggi!
Non vogliatemene, il capitolo di Jason è già in lavorazione quindi spero di poter aggiornare quanto prima!
Grazie a tutte le ragazze che recensiscono dandomi spunti per migliorarmi, mi fa davvero piacere leggere cosa pensate.
Grazie a chi ha inserito la storia tra le ricordate-seguite-preferite, mi rallegra molto vedere che la mia storia è apprezzata.
Grazie a chi legge silenziosamente, vedere il contatore delle visite mi motiva sempre.
Grazie davvero di cuore. <3
Al prossimo capitolo, spero che questo capitolo non vi deluda.
A presto,
LittleSun



 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Resta con me ***


Capitolo 12
Resta con me
(pov Jason)
 
Un botto fortissimo mi fa svegliare di soprassalto, mi metto di scatto a sedere e mi guardo intorno stordito, stringo gli occhi per mettere a fuoco la causa del rumore che mi ha fatto svegliare nel peggiore dei modi e vedo Nate piegato a terra che raccoglie pezzi di vetro di una bottiglia di vodka fracassata.
“Porca troia, uno non si può neanche muovere con questo bordello” ha i capelli neri sparati in tutte le direzioni, sembra un pazzo, come me è a petto nudo ed ha una faccia da coglione.
“E non ti muovere se non sei capace di fare due passi in linea retta, merda” sbotto io mentre sono stordito  dagli effetti della sbronza della sera precedente, la dovrei smettere di bere di settimana, le mattine poi sembro un fottutissimo zombie.
“Ma stai zitto cretino, non solo scrocchi ospitalità da me e Mark” ribatte Nate mentre pigramente e ciondolando pulisce il pavimento, non è mica colpa mia se i miei migliori amici sono coinquilini e hanno anche in affitto una casa con un salone da festino più grande del mio, vengo spesso qui a divertirmi, invitiamo sempre un paio di ragazze con cui prontamente finiamo a letto.
“Io non scrocco, guarda che gli alcolici li pago sempre io e ricordati inoltre stronzetto che l’asiatica che ieri ti ha fatto un pompino in bagno te l’ho presentata io” rinfaccio prontamente, mi piace provare tutte le etnie, perché fermarmi solo alle bianche? Io sono aperto a provare tutti i colori e tutti i gusti; italiane, cinesi, indiane, africane, inglesi, norvegesi… il mondo è bello perché vario e a me piace provare questa varietà. Ripenso soddisfatto alla bella biondona svedese con cui mi sono divertito ieri sera su questo divano, purtroppo non ha resistito nessuno dei due per il troppo alcool che circolava nel nostro organismo ma per quello che siamo arrivati a fare non posso che darle un bel otto pieno con tanto di applauso, quella bocca e quella lingua, mamma mia.
“Senti se devi farti una sega vai in bagno, il tuo alza bandiera mattutino mi sta facendo venire voglia di rimettere di nuovo” dice guardando disgustato il cavallo dei miei pantaloni che si è rigonfiato al pensiero dei ricordi focosi della sera precedente “comunque quella cinesina era ben disposta verso le novità, non ti dirò cosa mi ha fatto ma ti posso assicurare che non c’è niente che non abbia voluto fare, effettivamente te lo sei meritato quel posto sul divano” aggiunge poi palesemente appagato, ci scambiamo uno sguardo giulivo e vittorioso, ed in quel momento entra Mark, al contrario nostro indossa una maglietta sopra i pantaloni del pigiama, il solito bravo ragazzo.
“Ma si può sapere perché state facendo questo casino? E’ mezzogiorno c’è chi dorme a quest’ ora” borbotta infastidito buttandosi svogliatamente accanto a me sul divano.
“Nate ha pensato bene di rompere una bottiglia di vodka e poi ci siamo messi a ripassare un po’ le cose interessanti di ieri sera” spiego io con un ghigno malizioso.
“A proposito di cose interessanti, a te com’è andata con l’olandesina?” chiede Nate curioso quanto una comare, stravaccandosi sulla poltrona laterale al divano in modo da squadrarci entrambi.
“L’olandesina ha un nome ed è Molly” dice compunto Mark.
“Come vuoi, buon per te. Quindi com’è andata?” Nate fa capire chiaramente che non gliene frega nulla della ragazza smuovendo la mano con fare snob e ritorna sull’argomento che realmente gli interessa.
“E’ andata bene, se n’è andata un’oretta fa” dice laconico Mark, ogni volta con lui è difficile tirare fuori le cose, dice che sia irrispettoso nei confronti delle ragazze raccontare queste cose personali della loro intimità, ovviamente a me e Nate questi discorsi ci toccano in una percentuale minima, quasi inesistente.
“E dai, che schifo me ne frega di quando se n’è andata! Voglio sapere di quando è venuta!” dice spazientito Nate facendomi ridere di cuore mentre Mark scuote la testa schifato anche se un sorrisino gli distrugge la maschera d’uomo serio.
“Avrete fatto pur qualcosa o avete parlato fino a poco fa del meteo?” aggiungo io  che sono davvero curioso.
“Non so davvero perché siete i miei migliori amici. Molly comunque è stata fantastica e piuttosto brava peccato che voleva stare solo sotto” aggiunge alla fine con una lieve nota di sconforto, io e Nate facciamo una smorfia di disappunto, non c’è peggio delle donne che in un’intera notte di sesso vogliono fare la stessa posizione per ore, a che cosa lo hanno inventato a fare il kamasutra? Puah!
“Ahi, le fanatiche del missionario sono le peggiori, secondo me fanno parte di una setta” dice Nate serio facendomi ridere fino alle lacrime mentre Mark gli da uno scappellotto ridendo anche lui.
“Secondo me sei cretino e basta” dice poi sempre ridendo.
“Ma almeno i preliminari sono stati buoni?” chiedo davvero curioso, so che anche Nate sta elaborando per dare un voto a questa conquista di Mark.
“Ti dirò che non sono stati male, non si è voluta far fare nessun lavoro di bocca o mano, non le piacciono dice, in compenso a me ha fatto il lavoro completo” dice annuendo, io e Nate annuiamo pure. Questo da punti alla ragazza e in un certo senso compensa le numerose ore di missionario; se c’è una cosa difficile questa è soddisfare una donna nei preliminari, ora io sono abbastanza ferrato ma i primi tempi mi ci volevano un GPS e un libretto delle istruzioni per comprendere il clitoride. Una ragazza che preferisce non ricevere dei preliminari è una specie di miracolo, nessuna rinuncia di solito.
“Questo le da punti in più” dico io ad alta voce dopo la mia riflessione.
“Assolutamente, peccato per il missionario sennò era da nove come minimo” aggiunge Nate convinto atteggiandosi da professore.
“Un giorno crescerete e la smetterete di dare un voto alle vostre conquiste, è molto denigrante e non è una cosa che si vota. Quando troverete qualcuna che vi piace davvero ve ne fregherete del voto” ed ecco la ramanzina, effettivamente aveva resistito fin troppo oggi.
“Non incominciare con le tue menate da romantico Mark perché altrimenti mi alzo e vado a pisciare sul tuo letto” lo minaccia Nate serio, sta volta sono io a scuotere la testa la sua finezza mi lascia sempre basito, Aloe penso piangerebbe sentendolo dire queste cose. Il pensiero mi va a lei e subito m’impensierisco, starà bene? L’esame l’avrà passato?
“Sentite un po’ perché non facciamo la lista dei desideri? È da tanto che non ci aggiorniamo” aggiunge entusiasta Nate e Mark sbuffa sonoramente, io mi limito ad annuire; la lista dei desideri è un elenco di persone che ci vorremmo fare, almeno due volte al mese la facciamo, Mark è praticamente costretto a farla.
“Inizia tu almeno” borbotta svogliato il mio amico rispettoso.
“Come vuoi, attualmente ci sono in lista Marion, viene al corso di scenografia con me, Elizabeth, del corso di ceramica e Aloe,assolutamente” dice soddisfatto, alzo lo sguardo di scatto, ha detto Aloe? Lo guardo sconvolto, non me lo sarei mai immaginato da lui.
“Aloe?” dico perplesso e curioso allo stesso tempo.
“Si, perché questo stupore?” ribatte lui.
“Boh, non pensavo fosse il tuo tipo” spiego io ancora stupito.
“Non è certo come quelle che di solito mi faccio però è bella, con quei modi raffinati, quel fisico perfetto, sempre sistemata, con quegli occhioni da cerbiattina pudica.” Dice con un sorrisone da predatore che conosco fin troppo bene, so benissimo com’è Aloe ma non mi aspettavo lo avesse notato anche lui.
“Ah, ho capito” dico semplicemente.
“Tocca a te Jas” mi sprona Nate incrociando le braccia dietro la testa come suo solito.
“Per ora sono soddisfatto ma devo mettere in lista Kelly, l’assistente di Chloe, e Sunny, la nuova ragazza della segreteria” elenco io, so che sto saltando Aloe ma non mi va di metterla nell’elenco, non saprei dire il perché.
“Aloe non è nella tua lista?” dice subito, come se mi stesse leggendo nella mente, Mark mentre mi guarda attentamente.
“Mh no, non direi” mento, forse mi sono rincretinito, perché mento? Fanculo alla sbronza.
“Mi vuoi dire che vedendotela ogni giorno intorno non ci hai fatto un pensierino, magari dopo averla vista dopo una doccia o in reggiseno?” insiste incredulo.
“Non l’ho mai neanche vista scalza, a dirla tutta. Quella ragazza è di ghiaccio, anche se…” sto per aggiungere senza pensarci un commento sul seno di Ally che casualmente ieri mattina me lo sono ritrovato schiacciato sul mio petto, nonostante i pigiami a dividerci non ho potuto non notare l’estrema morbidezza e la pienezza di quei seni, rimango perso nei miei pensieri.
“Anche se? Che stai pensando maiale?” aggiunge divertito il mio amico, mentre Mark silenzioso continua ad osservarmi.
“Ha due tette che non sono niente male” dico compiaciuto, manco se erano mie.
“Buono a sapersi” esclama famelico facendomi insospettire.
“Comunque va bene lo ammetto, è anche nella mia lista” borbotto alla fine, inutile mentire ai miei due migliori amici.
“Mark, è il tuo turno” dice soddisfatto Nate.
“Io nella mia lista del cavolo, sapete che odio queste porcherie, ho Sarah, quella che studia con me grafica pubblicitaria, e Aloe” di Mark avevo già il dubbio ma ora a conti fatti mi rendo conto che Aloe ,inconsapevolmente, ha puntati sulla sua figura ben tre fari di ormoni maschili. Non mi aspettavo fosse così ambita.
“Brava la piccola Aloe, addirittura tre. Quando posso rivenire a casa tua?” chiede Nate, sta palesemente ideando qualcosa per portarsela a letto, poveretto non sa che andrà a sbattere contro una spessa lastra di ghiaccio.
“Quando vuoi però cerca di trattarla bene” dico improvvisamente protettivo, forse sono bipolare.
“Trattala bene? Tu lo hai detto? Non io?” esclama Mark guardandomi come se mi fossero spuntate due tette sulla fronte.
“E’ una mia amica e mi sto affezionando, mi dispiacerebbe vederla soffrire”rispondo alzando le spalle per sembrare indifferente, in realtà davvero vorrei proteggerla, ho la sensazione che sia vergine.
“Tranquillo bro, userò i guanti con la principessa” ghigna Nate.
“Che atteggiamento infantile, non ha senso asfissiarla” dice Mark scuotendo la testa contrariato.
“Penso sia vergine” butto lì ed entrambi mi guardano stupiti.
“E questo come lo sai?” dicono in coro.
“Boh, una sensazione mia” rispondo semplicemente, ed è vero, entrambi mi credono perché sanno che altrimenti lo avrei detto.
“Chissà chi dei tre lo scoprirà” ridacchia Nate.
“Non intendo giocare a questo gioco questa volta, m’interessa davvero Aloe, anche solo come amica, non intendo trattarla come una poco di buono, è una brava ragazza” detto questo Mark si alza ed esce dal salone, io fisso la schiena del mio amico e mi chiedo se non sia un po’ cotto di Ally.
Nate si volta a guardarmi perplesso, “ma non ti sembra un tantino esagerato?”.
Io lo fisso a mia volta, sono certo che Mark sia interessato ad Aloe e forse anche non solo come amica come dice lui. La cosa mi mette un pizzico di fastidio dentro, perché dovrebbe conquistarla lui e non io? Io ci sto molte più ore di lui perché dovrebbe vincere lui il gioco?
“Non fare quella faccia Jas… ok, il gioco l’ho proposto io ma sai benissimo che l’unica condizione da rispettare e non provarci con le donne che interessano davvero agli altri due. Siamo amici da anni ormai, non lasciamo che competizioni rovinino il nostro rapporto” dice Nate notando il mio sguardo competitivo, anche lui ogni tanto sa essere maturo, la verità è che ci tiene davvero all’amicizia che ha con me e Mark, tutti e tre ci siamo conosciuti in un periodo dove stavamo molto spesso soli.
Mark lo conosco da quando ho sei anni avevamo fatto tutte le scuole nella stessa classe, lui era un ragazzino molto magro, quasi spigoloso, gli occhiali spessi come la suola di uno stivale e timido all’inverosimile; io dal canto mio avevo il peso di una foca monaca e non essendo né agile né alto né nulla trascorrevo le mie giornate in aula chiuso a giocare ai videogiochi mentre Mark studiava, si può dire che fossimo amici solo perché non avevamo scelta. In prima media al nostro duo sfigato si aggiunse un ragazzino basso, quasi quanto un bambino delle elementari, mingherlino con un apparecchio metallizzato grande quanto un’imponente attrazione del lunapark che gli girava anche intorno alla testa, balbuziente e con una capacità innata di mettersi nei guai, quel ragazzino era Nate.
Gli anni delle medie furono i più difficili per il nostro trio, fuori da scuola stavamo spesso insieme e provavamo a migliorarci a sostenerci, ma a scuola era un vero inferno, ci chiamavano: la palla, la secchia e lo sgorbio.
La cattiveria che riescono a raggiungere dei ragazzini agli inizi della loro pubertà è davvero disarmante, le medie passarono così tra un maltrattamento e l’altro.
Al primo liceo eravamo tutti più alti ma purtroppo mantenevamo le nostre caratteristiche immutate, tutto cambiò quando un pomeriggio Nate si presentò da noi senza apparecchio, all’inizio non lo avevamo neanche riconosciuto, era un altro!
Questo suo drastico miglioramento ci svegliò  tutti e tre, così io iniziai a mangiare di meno (molto di meno), Mark iniziò ad indossare le lentine e mangiare più cibi proteici e a Nate lo aiutammo in tutti modi a togliersi la balbuzzia.
All’inizio del terzo anno eravamo tre persone nuove, tutti sul metro e settanta, con i muscoli a ricoprire le nostre ossa e molto più attenti all’estetica sia dal punto di vista dell’abbigliamento sia dal punto di vista del nutrimento e co. Io stesso ancora oggi presto attenzione all’alimentazione e mi alleno, così come Mark e Nate, ogni tanto Nate balbetta in momenti di forte stress o io prendo peso ma in linea generale siamo migliorati tutti molto, insieme. Dopo quel miglioramento la strada del successo era stata tutta in discesa e presto si erano dimenticati tutti quanti dei tre sfigati che eravamo.
Ognuno di noi però ha dentro sé la consapevolezza che senza gli altri due saremmo stati perduti, senza gli altri ci saremmo arresi, non saremmo migliorati, è stato dividere il dolore e l’umiliazione per anni a spronarci a migliorarci, a farci dare coraggio reciprocamente.
“Oi, sei tra noi?” Nate mi riscuote dai miei pensieri sventolandomi una mano davanti gli occhi.
“Si, scusa mi ero perso nei ricordi, comunque si hai ragione prima viene la nostra amicizia poi il nostro gioco” dico convinto.
“Jas però lo stesso vale per te, se ti rendi conto di provare qualcosa parlane, non fare finta di niente” mi sta facendo un’analisi accurata, conosco quello sguardo.
“Certo…” dico poco convinto e sulla difensiva.
“Sai che intendo. Abbiamo fatto i seri abbastanza per oggi, mi sta esplodendo la testa, vado a farmi un caffè ne vuoi uno?” dice alzandosi e dandomi una pacca sulla spalla prima di dirigersi verso l’uscita del salone.
“Si, grazie” mi alzo e lo seguo  in cucina dove troviamo Mark intento a leggere il giornale dal suo tablet con i soliti occhiali spessi quanto una bistecca mentre sorseggia del the.
“Ancora quelle porcherie usi? Quante volte ti ho detto di cambiarli?” esclama Nate osservando con disgusto l’amico che lentamente alza lo sguardo per guardare con sufficienza colui che lo ha insultato.
“Non vedo perché a casa mia, di mattina, quando gli unici in casa oltre me sono due primati dovrei mettermi le lentine e non i miei comodissimi occhiali. Illuminami, sei forse innamorato di me?” Mark a volte, dietro quella facciata di uomo pacato e maturo, nasconde una serpe velenosa; fin da quando eravamo bambini ogni tanto improvvisamente White Mark diventava Black Mark, terribile, i primi tempi era terrificante, una volta aveva fatto piangere Nate, indimenticabile.
“Stai bevendo veleno?” dice scherzoso Nate, ormai abituato a questa bipolarità del coinquilino, mentre gli guarda la tazza scherzosamente.
“Non ho bisogno di ingerire veleno se c’è un coglione che ogni mattina si premura di farmi innervosire, credimi” blatera aggressivo mentre Nate pacato e in silenzio si prepara il caffè, Mark sembra soddisfatto e si immerge nuovamente nella sua lettura, io dal canto mio mi siedo divertito accanto a Mark e mi metto a leggere la scatola dei cereali, non so come faccia lui a leggere il giornale dopo una sbronza.
Finito di fare colazione tra scherzi, sfuriate di Mark e cavolate di Nate, mi alzo pigramente e mi sgranchisco, ormai è il primo pomeriggio ho tutti i tempi sballati dopo un festino.
“Devo tornare a casa, ho promesso che cucinavo io sta sera per festeggiare” dico mentre mi smuovo i capelli cercando di togliere la forma assurda che hanno.
“Un maritino premuroso” mi schernisce Nate guadagnandosi una manata nella nuca.
“No, un coinquilino gentile e un amico adorabile” dico pieno di me, sono consapevole di essere una splendida persona ma mi piace farlo notare anche agli altri.
“Dimentichi sempre di elencare la modestia, splendore” mi deride Mark anche se è abituato a questo mio lato egocentrico.
“Come vuoi amico, comunque vado davvero, ci sentiamo in serata per aggiornarci per domani, forse riesco a trovare qualche altra giovane donna vogliosa di divertirsi” mi atteggio da magnaccio mentre mi infilo la maglietta che avevo buttato in un angolo del salone mentre i miei amici pigramente mi seguono.
“Fammi sapere, io sono sempre disponibile per fare il cicerone sessuale” dice Nate con convinzione facendomi ridere mentre Mark alza gli occhi al cielo.
“Io ti faccio sapere poi se vengo” aggiunge stanco.
“Ok, allora ci sentiamo a più tardi” li saluto con un gesto della mano ed esco mentre indosso la giacca.
In strada passo davanti una pasticceria e un languorino mi fa brontolare la pancia nonostante ho appena mangiato la parte di me sovrappeso potrebbe mangiare per ore e ore senza curarsi di nulla.
Vedo in vetrina dei cestini alla crema bianca con sopra un grazioso decoro rosa, mi ricordano Aloe così prendo due grossi respiri e cauto entro in pasticceria, mi sento come un topolino che è caduto in una trappola.
Mi avvicino al bancone respirando con la bocca in modo da inalare meno odori deliziosi possibili e subito una graziosa commessa si avvicina per prendere l’ordinazione.
“Posso fare qualcosa per te?” sorride affabile ma nulla mi attrae come quella torta sette veli dietro al bancone, al momento neanche se una donna super formosa mi si offrisse nuda sul bancone mi interesserei.
“Si grazie vorrei prendere un cestino alla crema con sopra quel decoro rosa” dico velocemente.
“Altro?” chiede mentre sistema in un vassoio piccolo il dolcino, deglutisco teso guardando uno splendido dolce ricoperto di cioccolato e noci che mi chiama, distolgo lo sguardo prima di ordinare l’intera torta e mangiarmela all’istante.
“Avete dolci senza grassi e zuccheri?” chiedo con la voce roca per l’impegno che sto mettendo per resistere alla tentazione.
“E’ una pasticceria, signore” dice con un sorriso tirato la ragazza.
“Ho notato… “ dico laconico.
“Abbiamo questo involtino di sfoglia magra con una crema fatta di soia, panna vegetale e frutta dentro, le assicuro però che abbiamo dolci più pregiati” la ragazza guarda con un certo disgusto questa specie di dolcino pallido che mi sta porgendo, trattengo una singola lacrima che vorrebbe drammaticamente uscire alla vista di questo aborto di dolce ma annuisco con le ultime forze che mi rimangono, la commessa alza le spalle e sistema accanto al cestino questo obbrobrio e poi confeziona tutto, pago ed esco come un fulmine dalla pasticceria prima di crollare lì.
Una volta fuori torno a respirare normalmente e mi incammino verso casa, passeggio lentamente guardando le varie vetrine dei negozi, il cielo, le belle passanti e ovviamente il mio riflesso sui vetri, non c’è che dire sono proprio fantastico, così alto e così bello, ma come fanno a non saltarmi tutte quante addosso anche solo quando starnutisco?  Nonostante le poche ore di sonno sembro riposato, sono un figo.
I miei pensieri hanno tutti questo andazzo narcisista fino a quando non arrivo nell’androne del mio palazzo, all’interno trovo la signora Eliza, la proprietaria, la saluto con un cenno della mano sperando che non si fermi a chiacchierare come suo solito.
“Con la signorina Norris si sta trovando bene?” mi blocco e mi giro avvilito, mi aspettano ore di conversazione se tutto va bene e non trovo un modo per scappare.
“Benissimo, grazie”
“Molto bella vero?”
“Si, signora” provo inutilmente a scoraggiare la conversazione.
“Magari da questa convivenza ne uscirà un bel matrimonio” esclama felice facendomi quasi strozzare con la mia saliva, ma che problemi ha questa donna?
“Suvvia Eliza non vada così oltre con la fantasia”
“Vedremo, io ho occhio per i matrimoni, nelle telenovela che seguo non ne sbaglio una” si pavoneggia, la guardo preoccupato per la sua salute mentale.
“La realtà è un po’ diversa signora” provo a dissuaderla ma so già che è una battaglia persa.
“Vedremo, non ne sbaglio una, stavo andando a trovare gli inquilini del primo piano perché hanno avuto dei problemi con i termosifoni e devo un po’ vedere quanto mi costerà aggiustarli” si incupisce improvvisamente e il suo sguardo si fa truce, indietreggio spaventato, non vorrei mai essere al posto di quei poveracci.
Ricordo ancora il mio primo mese nella casa quando avevo rotto per sbaglio la chiave nella serratura della porta e avevo chiamato candidamente la gentilissima proprietaria peccato che al suo posto era arrivata l’ombra di quella brava donna, ricordava più un toro che vuole incornare il torero; mi aveva rimproverato per almeno due ore, aveva quasi valutato di sfrattarmi e poi aveva fatto alcune minacce spaventose che non oso ripetere.
Da quel momento qualsiasi danno fatto lo avevo sistemato io anche a costo di rimetterci di tasca mia, Eliza è un’adorabile signora sempre gentile ma quando si tratta di soldi da spendere diventa un mutante schiumante di rabbia e questo mi da l’idea per fuggire dall’infinita chiacchierata che altrimenti sarei costretto a subire.
“Mi scusi signora ma forse ho scordato un lavabo aperto in casa, mi conviene correre sopra” dico improvvisamente.
“Se combina qualche danno oggi signor Gray le assicuro che lei domani non vedrà la luce del sole” mormora ancora più cupa con uno strano ghigno, mi si accappona la pelle e decido di farmi tutte le scale a piedi pur di non dovere sottostare ancora a quello sguardo assassino in ascensore.
“No, corro subito a chiuderlo, a presto Eliza” faccio un gesto con la mano e veloce scappo via prima di essere sacrificato al dio del risparmio.
Arrivato al mio pianerottolo affaticato per la corsa mi fermo un attimo a prendere fiato e poi entro, una volta in casa qualcosa attira la mia attenzione lungo l’ingresso ci sono oggetti sparsi: scarpe, orecchini, borsa… più guardo gli accessori più sgrano gli occhi, poso i dolci nel mobile all’ingresso e piano raccolgo gli oggetti, possibile che sia andato così bene l’esame che Ally si è portata a letto qualcuno? Non saprei giustificare il disordine altrimenti.
E se fosse arrivato un ladro e questi fossero i segni della lotta? Mi raggelo preoccupato ma poi mi riscuoto dal mio allarmismo crescente, meglio chiedere direttamente a lei.
“Ally ci sei?” rimango in ascolto ma il silenzio invade la casa, innaturale, scarto la prima opzione, e se davvero è entrato un ladro? Cautamente avanzo dopo essermi armato con un ombrello e vado verso la stanza di Ally che è in fondo al corridoio mentre ne approfitto per guardare dentro le altre stanze, quando il mio sguardo si ferma sul bagno e la porta semi aperta però l’ombrello mi scivola di mano, Aloe è raggomitolata a terra vicino al gabinetto, sembra dormire.
Apro maggiormente la porta ed entro, subito un lieve odore acre, come di vomito, mi invade le narici e comprendo che ha vomitato, deve essere stata male, mi inginocchio preoccupato accanto a lei e quando sto per riscuoterla mi accorgo di una lametta luccicante tenuta in una mano e di una striscia di sangue nel polso del braccio opposto a quello che tiene la lama, all’inizio non riesco neanche a collegare le due cose per quanto sono sconvolto, poi sento una morsa di ansia stringermi lo stomaco e subito levo la lama dalle sue mani, prendo acqua ossigenata e una garza e le bendo il polso ferito ringraziando la buona sorte per non averla fatta tagliare più in profondità, a quest ora… non riesco neanche a elaborare il pensiero, è inaccettabile.
Giro a pancia in su il suo corpicino privo di sensi e noto che ha la fronte corrugata, le guance umide di lacrime probabilmente versate quando era ancora sveglia, prendo una tovaglia pulita la inumidisco e le pulisco il volto dalle lacrime e le tracce di vomito.
“Ally mi senti?” le poggio una mano sul viso e mi accorgo che scotta, le sue guance sono paonazze, mi avvicino lentamente come se avessi paura di spezzarla con un minimo gesto più rude.
Le sue palpebre vibrano leggermente ma non si aprono, la prendo in braccio sempre delicatamente e la porto in stanza, l’adagio sul letto, vorrei cambiarle gli abiti però quando sto per spogliarla mi fermo, mi ammazzerebbe se sapesse che l’ho vista svestita e non si fiderebbe più di me.
Non so come cambiarla né posso aspettare troppo, c’è solo una persona che potrebbe aiutarmi subito e che probabilmente infastidirebbe Ally meno di me, esco di corsa di casa e scendo al primo piano, suono frettolosamente e subito l’inquilino viene ad aprirmi pallido mentre scorgo Black Eliza dietro, potrebbe essere una parente di Mark per questo suo lato.
“Scusate non volevo disturbarvi, Eliza potrebbe venire velocemente a casa mia? ho un favore da chiederle” ansimo preoccupato e stanco a causa della scala fatta di corsa.
“Signorino se è venuto a dirmi altri problemi riguardanti la casa prepari i bagagli” Eliza si avvicina come un treno ad alta velocità e infilza il suo dito indice nel mio petto per intimorirmi, probabilmente se non fossi stato così preoccupato per Ally mi sarei inginocchiato e le avrei chiesto perdono.
“No Eliza, la casa sta benissimo, deve aiutarmi con la mia coinquilina… sta male” dico dirigendomi di nuovo verso le scale, lo sguardo truce si trasforma in preoccupato e in pochi minuti siamo di nuovo dentro casa mia, accompagno Eliza nella stanza dove c’è Ally ancora immobile sul letto e le spiego la situazione tralasciando la parte della lametta, so che Ally vorrebbe che nessuno sapesse.
Eliza sembra capire e mi invita ad aspettare fuori mentre lei mette il pigiama ad Ally e le asciuga il sudore della febbre alta con un panno, nel frattempo io preparo una bacinella con dell’acqua fresca e una tovaglietta da metterle sulla fronte.
Dopo una decina di minuti esce Eliza dalla stanza con lo sguardo triste e scuote la testa gravemente, mi avvicino preoccupato.
“Come sta? Grazie per avermi aiutato, non sapevo che fare”
“Ha la febbre alta e per ora sembra priva di forze, non riprende conoscenze. Mi raccomando tienila d’occhio perché se peggiora dovrai chiamare il pronto soccorso” mi spiega garbatamente.
“Va bene, me ne occuperò io, grazie davvero Eliza” dico sinceramente.
“Figurati ragazzo mio, per qualsiasi cosa chiamami, tienila d’occhio e stalle vicino per sta sera” aggiunge la donna mentre si dirige verso l’uscita, la saluto ringraziandola ancora per la gentilezza, mi sfugge ,però, un lieve sorriso malizioso che si fa largo nel volto di Eliza mentre esce di casa.
Non appena chiudo la porta vado in stanza a mettermi il pigiama e vado in stanza di Aloe, le cambio la pezza e mi siedo sul bordo del letto , le scosto i capelli dal viso e la guardo intenerito. Sembra così piccola e così fragile senza quell'armatura di orgoglio e perfezione che porta addosso come una punizione, fa quasi impressione vederla così vulnerabile. Quante cose non so di te Ally? Che cosa ti ha spinto a tagliarti?
Le accarezzo, senza neanche accorgermene, una guancia e le tremano le palpebre chiuse segno che forse si sta svegliando, continuando a tenerle una mano sulla guancia bollente provo a svegliarla.
“Ally? Mi senti?” la chiamo sperando che apra gli occhi e inaspettatamente li apre, i suoi occhioni verdi umidi per la febbre mi guardano confusi.
“Scusa” mormora lievemente tanto che a stento riesco a percepirne il suono della voce.
“Non hai nulla di cui scusarti Ally” le dico io con il tono più delicato che ho e che non usavo da molti anni.
“Scusami, ho fallito, non sono stata in grado… ho fallito” le lacrime ricominciano a rigarle il volto e vederla in questo stato mi rattrista immensamente, vedere al di là delle persone che si nascondono dietro una corazza alcune volte fa apparire come un’invasione quest’intromissione, come se noi non dovessimo guardare il dolore di altre persone ma allo stesso tempo come se non potessimo lasciarli soli a soffrire, in questo momento vorrei tanto che un pezzo del suo dolore andasse sulle mie spalle, che lo dividesse con me.
“Ally tu non devi scusarti di nulla, mi ascolti? Devi solo alzarti, riprendere a fare come tuo solito e non stare mai più così male per un esame. E’ un esame, capisci? Lo potrai rifare anche mille volte, anche se non sarà di certo il tuo caso, ma la tua vita quella è unica in ogni suo giorno è sprecarla per cose così marginali è sbagliato” provo a spiegarle mentre le asciugo con il pollice le lacrime che scendono copiosamente.
“Io l’ho delusa Jason, di nuovo, io la deludo sempre. Mi farà tornare a casa, non voglio tornare” capisco che sta delirando, sgrana gli occhi quando dice l’ultima frase e mi afferra una mano, la stringe come se non avesse come altro aggrapparsi e stesse per cadere, se si agita così riperderà i sensi.
“Ally tu non potrai mai curare la sua delusione perché non dipende da te, l’unica persona che l’ha delusa è lei stessa, tu sei solo la vittima di un problema che non ti appartiene, che è solo di tua madre. Tu sei… fantastica, dico davvero” ne approfitto del fatto che non è del tutto cosciente per farle un complimento, anche se di solito evito di propinarmi in elogi tranne che nei miei confronti, però so che lei ne ha bisogno in questo momento e che lo è davvero, a prescindere dal mio stupido orgoglio.
“Non farmi tornare, ti prego” si mette a sedere nonostante un palese capogiro che la fa quasi ricadere sul cuscino e si fionda tra le mie braccia, nasconde la testa nel mio petto e inizia a piangere fragorosamente un po’ come una bambina, dal pigiama avverto l’elevata temperatura dovuta alla febbre e in un primo momento rimango spiazzato poi mi riscuoto dalla sorpresa e la stringo tra le mie braccia, poggio il mio mento sulla sua testa e la cullo lievemente, al momento non mi sembra di avere a che fare con una donna ma con una ragazzina, una ragazzina che ha tenuto per troppo tempo dentro di sé una tempesta.
“Sfogati Ally, piangi fino a quando non sei stanca, io resto qui” poi rimango in silenzio e lei piange, piange per quelle che mi sembrano ore, ogni tanto si scusa, ogni tanto mi supplica di non farla andare via ma non le rispondo perché so che al momento non sentirebbe nulla perché ha solo bisogno di sentire se stessa.
Alla fine pian piano i singhiozzi si diradano e la sua presa sulla mia maglietta si allenta, si stacca da me lentamente e con gli occhi arrossati mi guarda e si corica affondando nel cuscino, io la guardo non sapendo che fare e aspettando una sua nuova azione per capire come muovermi di conseguenza.
Vedo i suoi occhi chiudersi lentamente e poi riaprirsi, è  stanca dopo tutto il pianto quindi mi alzo per lasciarla dormire ma una volta in piedi la sua mano afferra la mia, la guardo perplesso.
“Resta qui, per favore, dormi qui” dice con la voce impastata di sonno e febbre, la sua richiesta mi spiazza, e ora che faccio? Ok, la vorrei aiutare e proteggere, ma dormire con lei? Non è che appena si riprende dalla febbre e mi ritrova con lei a letto mi trovo un pugnale nel petto? Ora però non posso lasciarla sola così, faccio il giro del letto e inspiegabilmente teso mi infilo sotto le coperte e mi giro verso di lei, Aloe fa lo stesso e ci guardiamo, lei sorride con gli occhi semichiusi e mi prende una mano.
“Grazie Jas” sussurra con un lieve sorriso sulle labbra così sincero da lasciarmi totalmente confuso, poi crolla in un sonno profondo e io la raggiungo nel mondo dei sogni  poco dopo esausto.

Angolo dell'autrice:
Ciao a tutte, mi dispiace sono mortificata per questo immenso ritardo, giuro che non ho abbandonato la storia e che non mi sono dimenticata di voi, anzi tutt'altro.  Quest'anno devo diplomarmi quindi sono piuttosto presa questo capitolo è rimasto abbandonato per un pò, spero vi piaccia il modo in cui ho trattato il punto di vista di Jason e spero soprattutto che il capitolo non vi abbia annoiato, ammetto che non ero molto convinta. T_T
Ho voluto approfittarne per farvi conoscere un pò meglio la controparte maschile, quindi il suo passato, il suo modo di ragionare, i suoi passatempi quando non è a casa o quando Aloe non lo vede e il suo rapporto con i suoi due migliori amici; in questo capitolo torna anche la proprietaria di casa Eliza Bloom che dopo la sua diagnosi ghigna misteriosamente, secondo voi perchè? :D
Uhm che altro dire, Aloe purtroppo compare solo alla fine di questo infinito capitolo ma nel prossimo già sarà più presente, non so se fare il prossimo sempre pov Jason o tornare a Aloe, consigli?
Scusatemi ancora per il ritardo, cercherò di postare quanto prima il prossimo capitolo!
Un abbraccio,
LittleSun

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Capitolo 14
*** Quella persona ***


Capitolo 14
Quella persona

Sento un fastidioso ronzio nelle orecchie, il corpo rigido e mi sembra che tutti i liquidi del mio corpo siano evaporati durante la notte, ho ricordi confusi del giorno precedente, sento il cuore più leggero ma avverto ancora forte la tensione e il dispiacere per come mi sono arresa ieri, arresa alla parte più debole di me.
Apro lentamente gli occhi anche se le palpebre mi sembra che pesino tonnellate, cerco di mettere a fuoco la vista e noto una presenza accanto a me, man mano che il mio corpo prende consapevolezza mi rendo conto che la mia mano è poggiata su una superficie che si muove, sgrano gli occhi e scosto la mano, trattengo il respiro come se  l’aria improvvisamente fosse diventata amara.
Accanto a me c’è Jason che sembra essere immerso in un sonno profondo, i capelli sparati da tutti i lati, la bocca semichiusa, una visione incantevole ma la domanda che sorge nella mia mente annebbiata è: perché cavolo Jason è nel mio letto?
Cosa ho fatto ieri? Stringo le labbra con forza al pensiero che lui mi può avermi visto in quello stato imbarazzante, mentre dentro di me si fa largo questa convinzione lui apre lentamente gli occhi e li ferma nei miei.
“Giorno” biascica e mi sorride con calore lasciandomi basita, cos’è tutta questa delicatezza? Cosa ho fatto?
“Ciao” dico rigida, lui se ne accorge e mi guarda confuso.
“Guarda che non abbiamo fatto nulla ieri sera, sono qui perché me lo hai chiesto tu” mi spiega come immaginandosi il motivo della mia freddezza, io dal canto mio rimango spiazzata, io gli ho chiesto di dormire con me? Sono forse diventata pazza?
“Ah… ho fatto o detto altro?” meglio ormai sapere la verità tutta d’un colpo piuttosto che scoprirla lentamente.
“Nulla di cui tu debba preoccuparti Ally, come ti senti?” sul concludersi della frase mi poggia una mano fresca sulla guancia accaldata stupendomi se possibile ancora di più, il contatto però non mi da fastidio anzi mi da una sensazione di calore allo stomaco che mi fa sentire stranamente bene così decido di essere troppo stanca per scostarlo e fare la pudica, un po’ di affetto non ha mai ucciso nessuno.
“Meglio, grazie per esserti preso cura di me, scusa per il disturbo” mormoro mortificata per averlo fatto diventare la mia baby sitter.
“Ehi, non scusarti, non hai fatto nulla per cui devi farlo” continua a sorridermi in maniera così tenera che per un attimo mi si secca la bocca e non riesco a fare nulla che non sia guardarlo, forse è questo quello di cui parlano nei libri o che si vede nei film, è questa la sensazione che si prova quando l’altro lato del letto è riempito dal corpo di una persona che ti sorride quando ti addormenti e quando ti svegli, quella persona che rimane al tuo fianco quando stai male e con cui litighi ma poi con un bacio fai pace.
Vorrei scordarmi di tutto e restare così altre ore a inebriarmi del suo sorriso sincero che mi fa dimenticare di tutto il dolore passato e non mi fa tremare per il dolore futuro, come fa un sorriso a dare così tanto?
Il mio corpo si muove da solo e gli poggio a mia volta una mano sulla guancia, nella pancia ormai è come se avessi un folletto che fa le capriole (si, le farfalle sono superate), sta volta è lui quello stupito e cerca nel mio sguardo il modo di capire cosa mi passa per la testa, il problema è che non so neanche io cosa sta passeggiando nella mia testa attualmente.
Questa complicità tra di noi mi fa aprire in un sorriso, non credevo fosse possibile, credevo che dopo il giorno prima il mio sorriso successivo sarebbe arrivato dopo mesi.
“Hai un bel sorriso anche se sei un po’ strana per la febbre” ridacchia Jason che mi sta squadrando con attenzione, gli faccio una linguaccia e ridacchio anche io.
“Anche tu hai un bel sorriso” ma si dai, godiamoci questo momento senza inibizioni.
“Incredibile! Mi hai fatto un complimento! Sicura che non ti stai sentendo male?” ormai non riesce neanche più a mascherare la sua sorpresa e la cosa mi fa ridere ancora di più, mal volentieri scosto la mano dal suo viso e mi giro a pancia in su ridendo al soffitto, anche lui allontana la sua mano e si mette nella mia stessa posizione con un sorriso sollevato sul volto.
“Grazie davvero Jas”
“Figurati”
Restiamo un po’ in silenzio avvolti da un silenzio che ci culla e che non ha bisogno di essere riempito, è raro trovare persone con cui non è necessario usare parole anche quando non ce n’è bisogno, molti temono il silenzio ma in questo momento nessuno di noi prova disagio o avverte la necessità di eliminarlo, al contrario ce ne beiamo entrambi, è come se ieri fossi morta e oggi risorta come una nuova persona, probabilmente se sta mattina mi fossi svegliata sola non mi sarei sentita così bene, se Jason non mi avesse aiutata, non mi avesse sorriso sicuramente sarei rimasta morta ma con l’illusione di essere viva, grazie a lui ho capito che merito di più di portare la mia vita avanti solo per soddisfare i piaceri degli altri, ho compreso che è giusto che anche io soddisfi i miei bisogni, sono libera di fallire e ritentare, cascare infinite volte e poi rialzarmi, sono libera di piangere e smettere quando voglio, di scegliere chi avere al mio fianco e quando.
Mi sollevo dalla mia posizione ribaltandomi a pancia in giù e sostenendomi sui gomiti in modo da avere la parte superiore del corpo rialzata e governata da non so quale parte del mio cervello mi avvicino a Jason che ora mi sta guardando incuriosito ma quando nei suoi occhi passa un lampo di comprensione non ha tempo di pronunciare una parola perché poggio le mie labbra sulle sue muovendole con dolcezza come a chiedergli il permesso di poter avere questo contatto, all’inizio rimane come pietrificato poi insinua una mano tra i miei capelli per avvicinare ancora di più i nostri volti e rendere il bacio ancora più intimo, non avevo mai baciato nessuno né tanto meno così ma è come se le mie labbra fossero nate per poggiarsi sulle sue, ho la sensazione di sapere come muovermi senza sembrare impacciata e maldestra.
La sua lingua si insinua lentamente nella mia bocca e io ricambio facendo in modo di poter assaporare la sua bocca e sentire il suo sapore, lui con un colpo di reni ribalta le posizioni ed è lui sopra di me a baciarmi, gli cingo il collo con le braccia e svuoto la mente da tutto lasciando che siano i nostri corpi a parlare.
Lui mi accarezza il volto e lentamente scende a accarezzarmi il collo, ogni lembo di pelle da lui toccato è come se scottasse, non di febbre sta volta però, quella non credo ci sia più.
Restiamo così un bel po’ e sento come se il mio corpo fosse diventato di cera calda e lui potesse darmi la forma che più desidera, a un certo punto le sue mani si avventurano un po’ più sotto del collo e vanno a sfiorarmi un seno ma non faccio neanche in tempo a pensare a quanto sia piacevole tutto ciò che subito lui si stacca rompendo la magia, io lo guardo in maniera interrogativa non parlo perché so che la voce potrebbe uscirmi troppo  ansante e non mi sembra il caso, lui si siede immediatamente leggermente stravolto e mi fissa.
“Scusa ma non posso” dice semplicemente. Non può? Sento come se dentro di me un palloncino si fosse svuotato completamente rimanendo solo l’ombra della pienezza di poco prima, cerco di mascherare la mia delusione. Non mi sembra che abbia detto “non posso” a quelle tre ragazze che uscivano dalla sua camera da letto quando l’ho incontrato per la prima volta, poteva dire qualsiasi altra cosa come “non mi va” o ancora più realisticamente “non mi piaci” che sarebbe stato molto più credibile anche se doloroso, perché non mi ha rifiutato subito? Forse non voleva offendermi, beh tentativo fallito perché adesso sono umiliata.
“Capito, sarà meglio che vada a lavarmi, mi sento a pezzi” dico alzandomi velocemente con un sorriso tirato e spento, il meglio che riesco a fare.
“No, non credo hai capito, non posso perché…” tenta di spiegarsi ma io alzo una mano per fermarlo prima che inizi a giustificarsi.
“Non c’è bisogno che mi spieghi perché non puoi, penso sia evidente e non voglio sentirmelo dire, grazie per ieri davvero ma ora vorrei cambiarmi se non ti dispiace” e tanti saluti all’Aloe senza inibizione. Lui fa per dire qualcosa ma si ammutolisce, scuote la testa e esce non senza lanciarmi uno sguardo da cane bastonato che ignoro per evitare l’eventualità di saltargli al collo e strozzarlo.
Una volta sola prendo due grandi respiri e per calmarmi e svuotare la mente ordino la camera meticolosamente e spolvero dove necessario pur di non pensare al fatto che la prima volta che mi sono lasciata andare sono stata rifiutata, penso faccia parte della vita, non è detto che quello che vogliamo voglia a noi, devo farmene una ragione.
Forse la mia vita è troppo complicata e lo sono anche io, non sono in grado di gestire uomini e delusioni annesse, forse sarebbe meglio che io rimandassi a periodi più felici.
Per ora devo risolvere il rapporto controverso con mia madre, sistemare la mia andatura universitaria e inculcarmi in testa che faccio le cose per me e per nessun altro.
Il primo va risolto quanto prima perché non credo di potere ancora vivere con il peso del giudizio di mia madre sulle spalle.
Il secondo è facilmente risolvibile perché se c’è una cosa di cui sono convinta è la mia intelligenza.
Il terzo penso vada da sé una volta risolti i primi due problemi.
Una volta che avrò sistemato questi aspetti della mia vita forse riuscirò a piacere a qualcuno e magari non sarò rifiutata.
Sospiro e mi massaggio le tempie, poi prendo il telefono e chiamo la mia migliore amica che dopo due squilli precisi risponde.
“Dio grazie, temevo fosse andato male e ti fossi uccisa” esclama senza neanche darmi il tempo di salutare.
“Ci sono andata vicina” ci scherzo su, silenzio dall’altro lato.
“Stai scherzando?” soffia al telefono.
“No, ma mi piacerebbe, ora sto bene, ho avuto solo un piccolo crollo dopo che l’esame è andato male e ho parlato con mia mamma” spiego pazientemente, il primo passo per superare un problema è accettare di avere un problema, o almeno così dicono.
“Quella brutta tr…” si censura ma riesco a immaginare il colorito continuo della sua frase.
“Sai che la penso come te” rido io.
“Ma sicura ora stai bene? Ti sei già ripresa? Incredibile” continua l’interrogatorio la mia migliore amica.
“Ho avuto un piccolo aiutino ma ora senza febbre riesco a essere più lucida e calma, in qualche modo adesso sono in una fase zen”
“Aiutino? Sarebbe? Di chi?”
“Jason mi ha dato una mano… si può dire” blatero imbarazzata.
“Nooo, ti ha fatto un lavoretto di mano?” esclama al massimo dello shock la mia migliore amica facendomi quasi strozzare a morte con la saliva.
“Ma da dove ti esce fuori un’idea simile? Come cavolo ti tiri su di morale quando sei depressa?” le chiedo una volta ripresa dalla strozzatura.
“No, ma io non c’entro è perché hai detto che ti aveva dato una mano” mi spiega ovvia come se fossi io che non capisco e penso male delle cose più scontate.
“Intendevo che mi ha sorriso e la cosa mi ha fatto stare bene” le dico spazientita, mi rendo conto dopo che la frase risulta melensa e sdolcinata, non da me.
“Ah…” dice soltanto.
“Mh?”
“Ah!” esclama poi facendomi spaventare.
“Devo chiamare l’ambulanza? O pensi di riuscire a dire altro?” chiedo io perplessa dalla sua reazione.
“Ti sei innamorata! Tu! Incredibile…” ormai è un treno, parla sola, alzo gli occhi al cielo.
“Non sono innamorata”
“Le persone innamorate escono dal loro baratro di depressione con un sorriso”
“Ma queste cose le leggi da qualche parte o le partorisce da solo il tuo cervello?”
“Si si, fai la spiritosa ma intanto ho ragione” borbotta offesa lei.
“Davvero no, penso mi piaccia” dico mentre le guance mi si arrossano, ringrazio il cielo che non c’è nessuno a guardarmi mentre mi comporto da svampita frivola.
“Penso? A me sembri abbastanza convinta, quando lo hai capito?” il suo tono si fa serio, segno che è davvero interessata e avverto una lieve nota di compiacimento dietro al suo tono curioso.
“Poco fa dopo che mi ha sorriso ma non sono ricambiata” il mio tono si fa lugubre.
“Scusami tu in una mattinata decidi che una persona ti piace e nello stesso arco di tempo stabilisci anche che non sei ricambiata? Non ti sembra una cosa un po’ irrealistica?” detta così effettivamente la cosa non è molto sensata.
“L’ho baciato e all’inizio ha accettato poi però a un certo punto si è fermato e si è scusato dicendo che non poteva, quindi sono certa di non essere ricambiata” dico piccata ancora dal ricordo.
“Ah, capisco quindi… CHE COSA? LO HAI BACIATO?” ora sta proprio urlando alla cornetta e sono costretta ad allontanare il telefono.
“Si ma…” non faccio in tempo a finire di spiegarle che riprende a parlare interrompendomi senza ritegno.
“Chi sei? Che hai fatto alla mia amica pudica e impacciata? Chi è questa predatrice?”
“Se la smetti di dire cavolate e mi aiuti magari mi tiri su il morale” dico acida facendola ridere.
“Scusami ma da te mai me lo sarei aspettato, finalmente hai deciso di smuoverti, era ora! Secondo me, dato che ha ricambiato il bacio, avrà le sue motivazioni per essersene andato con quella giustificazione” dice lei con un tono pratico, inarco un sopracciglio.
“Ma che dici? E’ ovvio che all’inizio ha ricambiato per non offendermi”
“Non è come dici, secondo me ha un suo motivo contorto per essersene andato con la coda tra le gambe, o con beh… altro tra le gambe” ridacchia da sola per la sua battuta a doppio senso mentre io mi indigno.
“Abby!” la richiamo scandalizzata.
“Suvvia non fare la puritana non dopo che hai assalito quel povero ragazzo” mi sfotte.
“Adesso è lui la vittima?” esclamo sconvolta.
“No, però sei tu la cretina, il ragazzo ora è confuso, usa il tuo essere donna per confonderlo di più, non lasciare sfuggire questo accenno di momento di fuoco ma arrostiscici sopra un bel pranzone”
“Mh che bella metafora, sono commossa dalla tua retorica” la prendo in giro io.
“Sono seria, è il tuo momento amica, batti il ferro finché è caldo, attraversa la strada finché la sbarra è alzata, hai capito vah…”
“La sbarr… ma che stai dicendo? Cosa cavolo merda stai dicendo?” impreco ormai paonazza per i suoi doppi sensi.
“Dai, faceva ridere” sghignazza al telefono.
“Sei orrenda”.
“Come vuoi, cerca di essere più desiderabile, più affascinante, impegnati insomma” mi sprona lei con il tono di un generale che aizza i soldati per la guerra.
“Ci provo, anche se non so come metterci mano” sospiro io, non ho davvero idea su come si affascina un uomo, le poche cose che ho fatto le ho fatte preda degli istinti.
“Questo week-end che fai?” chiede improvvisamente spiazzandomi per l’improvviso cambio di argomento.
“Non credo di avere in programma niente di particolare per tutta la settimana” rispondo perplessa.
“Bene, domani sera vieni a prendermi all’aereoporto per favore” dice pratica.
“Stai scherzando?”
“No, sono serissima, non ti vedo da un sacco stavo già progettando di venirti a trovare  e questo mi sembra il momento più propizio tra l’altro”
“Abby, grazie! Sono felicissima” la mia felicità sale alle stelle, il pensiero di vedere la mia migliore amica soprattutto in questo periodo mi rende felice come non mi sentivo da tanto, averla vicina mi aiuterà tanto.
“Non consumare tutta la felicità ora, tienine da parte un po’ anche per domani” ride lei.
“Ci provo!” mi unisco alla sua risata.
“Ora chiudo che devo avvertire i miei genitori, a domani Ally, stai su mi raccomando” mi saluta lei.
“Va bene, a domani Abby!” ricambio il saluto, sto per riattaccare ma lei mi interrompe.
“Ah Ally? Rifletti bene e domani dammi la risposta, è lui quella persona?” non mi da il tempo di risponderle e riattacca la chiamata lasciandomi con un grande pensiero nella mente.
Da quando eravamo due ragazzine sognanti parliamo sempre di “Quella persona”, quella persona che diviene l’unica su miliardi di persone, quella persona che fa sorridere anche quando non c’è neanche un motivo per sorridere, quella persona che riempie le giornate con la sua calda presenza, quella persona che non importa quante volte guarderai altrove quella sarà sempre lì al tuo fianco.
Quella persona di cui innamorarsi.
Potrebbe essere Jason quella persona?
Si, potrebbe.


Angolo dell'autrice:
Buonasera a tutte belle giovani!
Sto facendo numerosi mea culpa per questo ritardo e la sera sto un pò in ginocchio sui ceci per questo mostruoso e vergognoso ritardo (in senso figurato ovviamente, nella mia mente la sera sto sui ceci).
Sappiate che non è dipeso dalla mia volontà e che non ho dimenticato Ally e Jas, ho avuto gli esami di maturità e dopo sono stata vittima di uno strano virus post esame chiamato "Libertà pazza e sconsiderata" in cui mi sono data a uno spaventoso cazzeggio e avevo la concentrazione media di una blatta e quindi non mi venivano idee per scrivere un capitolo per questi due bricconi(???), sono stata a mare, in montagna, mi sono data a attività di gruppo (niente di osceno anche se scritto così potrebbe sembrarlo), ho recuperato cose da vedere e quindi alla fine oggi ho deciso che potevo dedicare tutto il pomeriggio alla creazione del capitolo che come sottotitolo ha "perdonate la scritteriata".
E inoltre ho scritto tanti capitoli di una storia nuova per cui ero ispirata molto di più, gestire Ally alcune volte è difficile davvero, non odiatemi ma quelle poche volte che ho scritto era solo per ispirazione.
Comunqueeeee dopo avervi raccontato pietosamente tre mesi della mia vita in una sintesi che farebbe piangere anche al mio cane vi comunico che spero di pubblicare al più presto un nuovo capitolo tutto per voi e che a settembre potrei avere qualche problemino perchè trasloco. "Ah, ma allora ne hai sempre una?!" [nd.tutte le lettrici] 
Vi giuro che ho periodi in cui sono un'inutile alga e altri in cui non ho neanche il tempo di mangiare... questo periodo fa parte della seconda categoria aahahah
Finito il poema, scusatemi ancora.
Scusate eventuali errori ma ad un certo punto non riesco neanche più a vederli nonostante le numerose letture, qualsiasi segnalazione è ben accetta.
Grazie a chi tornerà a leggermi nel silenzio e grazie a chi leggerà e si fermerà qualche minuto del suo tempo per recensire.
Grazie davvero. <3

Con affetto,
LittleSun

 

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Capitolo 15
*** L'amore è un brutto anatroccolo ***


Capitolo 15
L'amore è un brutto anatroccolo

 
"Innamorarsi", l'imprevista caduta delle barriere che esistevano fino a quel momento fra due estranei
Erich Fromm- L'arte di amare
 
Dopo la chiamata con la mia turbolenta migliore amica mi immergo in pensieri così melensi che ad un certo punto mi spavento, non è da me pensare cose così sdolcinate, non dico che voglio tornare dietro la mia muraglia cinese di pudore ma neanche immergermi a capofitto in un barattolo di miele senza neanche sapere se so nuotarci o meno.
D’altra parte forse è un po’ vero che sto accelerando i tempi, prima mi comporto come una foca monaca, poi mi faccio trovare nel pieno della sindrome da “fanciulla in difficoltà”, in seguito gli salto addosso e per giunta mi offendo anche se lui scappa a gambe levate dalla mia stanza, non credo io al suo posto avrei fatto diversamente. In mia difesa è giusto dire che però lui poteva anche rifiutare subito e non dopo aver ricambiato, giusto per non confondermi e non farmi sentire una maniaca. Io Dafne Morris, detta Aloe, dopo una forte depressione e una deleteria febbre sono diventata una maniaca, arrossisco nella solitudine della mia stanza e mi copro la faccia con un cuscino in un tentativo blando di sopprimermi prima di dover essere ricostretta a vedere Jason, poi lancio il cuscino sul letto infastidita dal mio atteggiamento da protagonista di qualche commediola rosa e cammino avanti e indietro all’interno della mia stanza.
Mi piace Jason. Sorriso ebete.
Ho baciato Jason. Altro sorriso ebete.
Sto diventando un pezzo di zucchero. Smorfia schifata.
Però bacia bene. Sorriso al soffitto.
So baciare, incredibile. Sorriso al mio letto.
Forse gli ho fatto schifo. Sguardo triste rivolto verso la finestra.
No, io non c’entro, è lui che è incoerente. Smorfia agguerrita e cenni di assenso.
Sono diventata pazza, assolutamente e incondizionatamente pazza concludo dopo essermi resa conto che nel giro di qualche minuto ho provato svariati stati d’animo.
Probabilmente se continua così domani Abby mi viene a trovare in qualche centro psichiatrico, la pancia mi gorgoglia e sono costretta a dover valutare di uscire fuori dalla mia camera per andare a mangiare rischiando di incontrare la causa dei miei squilibri, immediatamente i miei intestini entrano a fare parte della mia lista nera.
Poggio il mio orecchio sulla porta chiusa e cerco di percepire qualche rumore proveniente dall’esterno, la casa sembra nel più totale silenzio, apro lentamente la porta e esco la testa fuori per assicurarmi davvero dell’assenza del nemico, esco fuori e con passi molto silenziosi mi dirigo verso la cucina, mentre passo dal bagno sento il rumore della doccia e sospiro di sollievo perché ho un po’ di tempo per fare le scorte.
Mi imbottisco un panino con una fetta di prosciutto, prendo un pacco di crackers e una bottiglia d’acqua, afferro una mela e il più velocemente e silenziosamente possibile mi dirigo verso la mia stanza ma proprio mentre sono davanti la porta del bagno quest’ultima si spalanca, io e Jason ci guardiamo e sgraniamo gli occhi contemporaneamente.
Lui non so perchè ha quella reazione mentre io invece sto cercando di mantenere un contegno decoroso davanti al suo petto nudo e ai suoi addominali scolpiti, ma dico io perché tutte  a me? Dov’è scritto che devo sempre trovarmi in situazioni pessime?
“Oi” dice lui.
“Ehi” rispondo io.
Silenzio.
“Fa un po’ caldo, vero?” dice Jason mentre imbarazzato si passa un asciugamano sulla chioma bagnata, chissà perché questo ragazzo si diverte così tanto a pascolare semi nudo per casa glielo chiederò prima o poi, magari non oggi se non voglio compromettere per sempre l’immagine che ha lui di me, forse vuole farmi impazzire completamente.
“Ce ne sarebbe se fosse agosto e non novembre” preciso io inarcando un sopracciglio.
“Si beh la casa è calda” butta lì, che cazzata.
“Si, molto” uso un tono piatto in quanto sto morendo di freddo e la casa non è proprio calda anzi è fredda come se da qualche parte ci fosse una riserva di ghiaccio del Polo.
Si muove a disagio sul posto, io dal canto mio stringo al petto le scorte mentre piano piano mi congelo sul posto.
“Senti, a proposito di questa mat…” sta iniziando a dire ma subito fingo di essermi affogata.
“Ally?” chiede lui perplesso, io lo guardo fingendomi agonizzante e tossisco.
“Mi… è… andato… qualcosa di… trave…rso” ansimo tra un colpo di tosse fasullo e l’altro, lui sembra preoccuparsi e dimenticandosi della sua nudità si avvicina a me per soccorrermi, il pensiero di stare vicina a lui quando è così tanto esposto mi agita e mi affogo davvero, brava Aloe bel modo di andarsene all’altro mondo.
Mi scosto e mi dirigo verso la mia stanza prima che il contatto possa avvenire e dopo aver mormorato vari “tutto apposto, sto bene, a dopo” mi chiudo in camera dove lancio le scorte di cibo sul letto e rivolgo gli occhi al cielo mentre tossisco la mia anima, dopo qualche minuto in cui mi è passata la mia squallida vita davanti mi riprendo e il mio viso da rosso acceso torna ad essere del consueto biancore, esausta mi butto sulla sedia della scrivania e fisso malconcia un punto a caso della mia stanza.
“Se continui così morirai, stupida” ed ecco il ritorno in scena dei miei ormoni, era strano effettivamente che non averli sentiti parlare neanche mezza volta nell’ultimo periodo.
“Oh, lasciatemi voi! E’ già tutto pessimo senza che anche voi interveniate”
“Sembra invece che tu non sappia stare senza di noi, hai appena rischiato di morire per asfissia per un petto nudo, non so se comprendi la gravità delle condizioni della tua mente” dicono acidi e non posso fare a meno di incassare la testa nelle spalle e ostentare un dignitoso silenzio.
“Comunque ti sei comportata bene fino ad ora, non ci hai dato motivo di lamentarci cerca di non inidirizzare i tuoi pensieri su grandissime cavolate ma su come usare questo feeling per ottenere qualcosa di più” aggiungono saputelli incoraggiati dal mio sottomesso silenzio.
“Qualcosa di più?” chiedo io confusa.
“Si! Ma davvero si dice di te che sei intelligente? Se ti piace Jason devi puntare a starci insieme, come coppia” odiosi, lamentosi, aggressivi ed inutili ormoni.
“Ora basta, avete rotto, andate via, mi state solo confondendo” mi impunto io scacciandoli, loro borbottano ma alla fine lasciano la mia testa in pace.
Cosa mi aspetto da questa mia… cotta? Se così è onesto definirla.
Non ne ho la più pallida idea, si sta insieme a una persona solo quando si è innamorati, no? O almeno, in teoria è così poi in pratica non saprei, forse è questo il mio problema eccello in teoria e in pratica invece non so come applicare neanche una delle cose che so, non capisco come facciano a essere due cose così distinte, se la teoria l’ho capita perché non riesco a immaginare come metterla in pratica (senza assassinare la mia dignità)? Non comprendo quanto è spesso questo muro che separa una cosa dall’altra e io odio non capire.
Mi butto a peso morto sul letto e  rosicchio la mela passivamente, il cellulare vicino a me vibra e lo prendo, mi è arrivato un sms.
 
Ciao bella ragazza, non ti ho disturbato in questi giorni perché sono stata anche io sommersa dallo studio, inutile dire che questo esame non l’ho passato, spero a te sia andato meglio. Ci dobbiamo vedere qualche volta, anche prima che riprendono le lezioni. Non dimenticarti!
XOXO
Nathy
 
Sorrido al telefono, mal comune mezzo gaudio, detto che ho sempre trovato molto triste ma che in questo momento comprendo perfettamente, è una cosa molto infantile ma sono davvero felice di non essere da sola nel mio fallimento, ho un’amica che mi comprende e proprio per la stessa materia, sono fortunata!
Oddio, sono cattiva, sono contenta per Nathy solo che trovo la cosa consolante… sono una merda di persona e non ne avevo idea.
 
Ohi Nathy, purtroppo l’esame non è andato bene neanche a me, sono stata un po’… molto, depressa. Scusami se non ti ho cercato, mi dispiace che ti è andato male l’esame. Comunque sono d’accordo, dobbiamo vederci assolutamente!
Baci :*
Ally
 
Sono una persona falsa. Il telefono vibra di nuovo.
 
Posso dire una cosa molto sinceramente?
 
Si è accorta che in realtà sono una carogna? Ma è impossibile!
 
Dimmi tranquillamente :)
 
Aspetto un po’ e dopo un po’ mi arriva la risposta, una volta letto il messaggio scoppio a ridere di cuore.
 
Scusami davvero, non sono una stronza ma sono troppo contenta che anche tu hai fallito l’esame, mi sento come se facessi meno schifo. SCUSA. :(
 
Sollevata e con un sorrisone le rispondo.
 
Oddio, non sai che peso mi togli, anche io ero e sono troppo contenta. SCUSAMI. :(  ;)
 
Risponde dopo pochi secondi.
 
Ahahahaah non ci credo, siamo due stronze megagalattiche! Che dici se oggi pomeriggio studiamo insieme e stasera andiamo a farci un giro per brindare al nostro insuccesso? :D
 
Perché no? Potrebbe essere un’ottima idea, sia per quanto riguarda lo studio sia per evitare un po’ Jason e fare un po’ abbassare il livello infinito disagio che provo appena lo guardo per più di qualche secondo.
 
Affare fatto! Ci vediamo alla gelateria vicina l’università? Scusa se sono sfacciata ma posso dormire da te stasera? :(
 
Una volta ricevuta la sua risposta affermativa ed averla letta più volte per vedere se tra le righe potevo rintracciare del fastidio mi alzo e mi preparo un borsone con tre cambi: uno per la sera, il pigiama e il completo per l’indomani così da ritirarmi a casa solo con Abby.
Una volta che la  borsa è pronta scrivo un bigliettino per Jason su un post-it color panna da attaccare all’ingresso.
 
Coinquilino, io sta sera dormo da Nathy e domani sera torno con la mia migliore amica Abby che sarà per un po’ mia ospite.
A domani, non sporcare in giro e non invadere i miei spazi! :D
Ally
 
Esco, sempre dopo la solita indagine per verificare la presenza o l’assenza del mio problema personale, e dopo aver accuratamente attaccato il bigliettino mi chiudo la porta alle spalle e sospiro di sollievo, non me n’ero accorta ma evidentemente stavo per morire di asfissia.
Dopo una bella camminata sono più rilassata e quando raggiungo Nathy sono una persona che nessuno riterrebbe maniaca o squilibrata, sono vestita in maniera più sportiva (nei miei canoni) e imbacuccata per evitare di riammalarmi a una distanza così breve provocando lo sciopero immediato dei miei anticorpi.
Appena la raggiungo noto che la mia amica è più o meno vestita come me e presenta due profonde occhiaie e i lati del naso vistosamente arrossati, inarco un sopracciglio e lei fa lo stesso.
“Non mi dire che sei stata anche tu influenzata” dice stupita e divertita contemporaneamente.
“Mi copi per caso? Pensavo di avere solo io l’esclusiva della fortuna immensa di ammalarmi nel periodo di un esame importante” ridacchio io.
“Forse qualcuno ci ha maledetto… comunque io sono stata anche minacciata di morte dai miei genitori” borbotta lugubre mentre ci incamminiamo verso casa sua tagliando da un piccolo parco, alla sua affermazione non posso fare a meno di esplodere in una sonora risata.
“Indovina un po’, anche mia mamma mi ha minacciata” la mia risata si fa amara e ci scambiamo uno sguardo di comprensione reciproca.
Durante la camminata parliamo del più e del meno, ridiamo della nostra sfortuna e ci ripromettiamo di farci valere al prossimo esame.
Arrivati a casa sua non passiamo dalla casa principale ma entriamo da una porta più piccola laterale che scopro conduce a una specie di monovano che Nathy ha arredato a suo piacimento e che è palesemente la sua tana, si respira un’aria sicura e rilassata, dopo essermi tolta i cento strati di abiti anti-malattia mi siedo comodamente sul divano e lei mi porge una tazza di the caldo e si accoccola in una poltrona di fronte a me.
“Quindi domani arriva la tua migliore amica? Figo, sono curiosa di conoscerla! Ogni quanto vi vedete?” mi chiede Nathy sorridendo mentre soffia sul liquido bollente che ha nella tazza.
“Sono molto contenta, purtroppo non possiamo vederci spesso ma comunque ha scelto di venire in questo periodo più per aiutarmi nei casini della mia vita che per una sua reale possibilità, rimarrà indietro sicuramente con delle lezioni” spiego io e dalla mia voce traspare la più profonda gratitudine e il più sincero rispetto che nutro nei confronti della mia migliore amica.
“Che gentile, sei molto fortunata! Viene per sostenerti moralmente per l’esame?” domanda e io arrossisco pensando al reale motivo del suo pronto intervento.
“Beh… si, anche. Soprattutto però per aiutarmi a risolvere, diciamo, una questione sentimentale” blatero e poi bevo ustionandomi, probabilmente per sempre, il palato pur di ingoiare anche l’imbarazzo, Nathy inarca stupita un sopracciglio.
“Sentimentale? Raccontami” mi ordina e nonostante i miei vari modi per evitare di parlarne alla fine con un cipiglio da gufo cattivo, o mamma Weasley, mi persuade e le racconto degli ultimi avvenimenti e dei miei dubbi, ogni tanto lei mi ride in faccia senza riuscire a trattenersi guadagnandosi la mia indignazione, alla fine del discorso mi da la sua opinione pacificamente previa minaccia da parte mia.
“Io non so se tu ne sei innamorata e questo probabilmente lo puoi sapere solo tu, però penso che i sentimenti siano come un brutto anatroccolo, non ridere! – aggiunge  dopo che le sbuffo in faccia una sonora risata dopo la sua metafora assurda- dicevo, i sentimenti sono come un brutto anatroccolo, se ci pensi… i sentimenti veri intendo, agli inizi si liberano con la loro sola forza della barriera che li imprigiona e vengono al mondo, a fatica, rischiando anche di farsi del male, una volta fuori devono farsi valere ma magari non piacciono perché non sono abbastanza definiti, senza contare che magari non saranno sicuri di loro stessi, verranno sminuiti o ritenuti sbagliati, alla fine però crescono e diventano uno splendido cigno, sicuro di sé e puro.
Ovviamente ogni cosa ha le sue imperfezioni ed un cigno in acqua scivola come se non nuotasse nella materia ma sulla terra è goffo ed impacciato ma basta che ritorna in acqua e nuovamente diventa bellissimo e tutti si scorderano di quanto fosse brutto all’inizio e di quanto sia goffo in certi momenti nonostante ormai sia cresciuto e sia tanto diverso dal brutto anatroccolo che era all’inizio.
Io penso che amare sia difficile, nessuno ci spiega le regole, ci dice come comportarci, chi scegliere, noi stessi per capire di provare un sentimento ci mettiamo un po’ perché la prima azione che spontaneamente compiamo è proprio mettere in dubbio quello che proviamo, il primo intralcio alla nascita naturale di qualcosa siamo proprio noi con i nostri dubbi.  Alla fine con i piedi di piombo cerchiamo di trovare risposte  anche se probabilmente anche solo dalle nostre azioni dovremmo già sapere a cosa stiamo puntando, è un po’ come quando buttiamo la moneta per decidere e nel momento che lanciamo sappiamo già per cosa stiamo sperando e quindi abbiamo già la risposta.
Io penso che le tue azioni siano soltanto i primi passi di un brutto anatroccolo nel mondo ma sono sicura che dentro di te sai già se diventerai un cigno oppure no” Nathy ha parlato con un sorriso sognante sulle labbra, gli occhi dolci e mi ha tenuta incatenata alla sua assurda metafora fino alla fine, la tazza di the che avevo in mano adesso è ghiacciata ma mi sento come se da dentro di me stesso nascendo infiniti fili colorati che si diramano dal mio cuore per legarsi direttamente, non a Jason, ma all’altra parte di me stessa, Dafne… la parte che non ho mai accettato, la parte di me da cui sono sempre scappata.
 
“Pensi che questa volta riusciremo a stare insieme?” chiedo a Dafne.
“Dipende da tante cose ma io non vedo perché non dovremmo riuscire se ci impegnamo. Sappiamo cosa vuol dire stare soli e lo accettiamo, sappiamo cosa vuol dire non essere soli e lo bramiamo; se quello che cerchi lo cerchi perché non vuoi stare più sola allora ti conviene prendere altro tempo ma se accetti la solitudine allora potrai ambire a legarti a qualcuno” risponde razionale lei.
“Allora penso di essere pronta ad ammettere i miei sentimenti ma prima di dirlo a lui voglio risolvere alcune cose e soprattutto capire se lui mi vuole come io voglio lui”
“Sai quello che devi fare allora, io mi fido di te e non ti rovinerò niente” dice gentile l’altro lato di me stessa, forse quello che ha sofferto di più.
“Grazie”
 
“Ally sei tra noi?” Nathy mi riscuote dai miei pensieri e mi sventola una mano davanti agli occhi, ormai parlo di più con tutte le varie presenze dentro la mia testa che fuori, forse sono bipolare o forse considerando anche gli ormoni sono tripolare.
“Si, scusami, pensavo a quello che hai detto e ti ringrazio, hai sbloccato una parte della mia mente che si era inceppata e non riusciva a risolvere il problema. Non mi aspettavo che avresti fatto un discorso simile, grazie” le dico stringendole una mano e sorridendole calorosamente, le devo molto, mi ha fatto fare chiarezza in quel vortice nero che è il mio cuore.
“Figurati, non sono un’intellettuale ma se queste poche pillole ti bastano e ti aiutano sono felice, sono dell’idea che ogni persona deve avere quello che merita e se non riesce a prenderlo chi può deve darle una mano” sorride teneramente e io ricambio.
“Grazie ancora di cuore”
“Bene, saltiamo i convenevoli, vado a lavarmi e mettere il pigiama, così dopo ci mettiamo a vedere un film, il brindisi per il nostro fallimento lo faremo un altro giorno” dice Nathy alzandosi e dirigendosi verso il bagno, tra un discorso e l’altro il tempo è volato e siamo rimaste entrambe a casa al calduccio.
Non me n’ero ancora accorta ma sono cambiata, quella che un tempo era la mia sagoma solitaria ora ha accanto altre sagome che mi sostengono, è bello sapere di non essere soli, è bello potere contare su altre persone che tengono a te.
Ne approfitto della solitudine e prendo il telefono per mandare un messaggio a Jason.
 
Sai, attualmente sono un brutto anatroccolo ma presto diventerò un cigno, spero assisterai al cambiamento :)
 
Ridacchio in solitudine e poso il telefono al mio fianco ma sono costretta a riprenderlo subito per l’arrivo di un messaggio.
 
Ally? Hai bevuto? Ti sei fumata qualcosa?
 
Ecco, la gentile risposta del principe Jason, gli rispondo.
 
Chi può dirlo ;) Assisterai?
 
La risposta non si lascia attendere.
 
Non so che  cazzo stai dicendo ma assisterò ok, come vuoi basta che non diventi una gallina, mi fa senso la crestina.
 
Rido come una scema e decido di non rispondere più, poggio lo schermo del telefonino sulle labbra e sorrido in pace con me stessa.
“Hai bevuto mentre ero di là?” chiede Nathy mentre ritorna dal bagno con indosso il pigiama.
“No, non ho bevuto, stavo pensando che credo di essere diventata un cigno” e ancora sorridendo mi alzo e me ne vado in bagno mentre alla mia amica si illumina lo sguardo di comprensione e mi sorride complice dirigendosi nel divano pronta a inserire il dvd di qualche commedia rosa con cui ci diletteremo durante la serata.
In bagno mi guardo allo specchio e sorrido al mio riflesso.
“Forse dovrei iniziare a vestirmi di bianco per entrare nel personaggio e dovrei andare a vedere il balletto del lago dei cigni” dico a me stessa e poi rido tra me e me.
Ok, forse più che un cigno sono diventata una iena ridacchiante o una squilibrata.



Angolo dell'autrice:
Buonasera a tutti!
Rieccomi qui, spero di non avervi fatto aspettare troppo, ammetto di avere perso la cognizione del tempo... in compenso sono tornata a scrivere, alleluja! *spara coriandoli*
Spero il capitolo vi piaccia, ho paura che dato che sta volta mi sono dedicata solo ad Aloe e non molto a Jason/Ally allora non vi piaccia, però penso che sia importante fare capitoli introspettivi tra una presa di coscienza e l'altra, giusto per essere coerente... Secondo voi sto correndo? Sono troppo lenta? Il prossimo capitolo lo volete dal pov di Jas o da quello di Ally?
Spero che molti dialoghi che ci sono stati tra Ally e le sue svariate parti interiori (io penso che noi esseri umani abbiamo tante sfaccettature e tante personalità dentro di noi solo che lasciamo che sia una a dominare sulle altre) vi siano chiari in caso chiedete e vi sarà dato.
Oggi sono particolarmente insicura però penso sia perchè sono in una palese fase premestruale e oggi è il primo giorno di pioggia da quando è iniziata l'estate e sono anche MOLTO metereopatica durante i cambi stagione.
Comunque grazie di cuore davvero per il sostegno che avete dato a questa storia, io e i miei personaggi non possiamo crescere senza le vostre opinioni e senza il vostro silenzioso sostegno.
Grazie, grazie, grazie. <3
Spero che il capitolo vi piaccia e aspetto le vostre opinioni nel caso vi sentiate di condividerle con me.

p.s. in alto trovate la citazione tratta da un libro, "L'arte di amare", scritto da Erich Fromm filosofo "moderno" che ho studiato durante il precedente anno scolastico di mia spontanea volontà e che mi ha colpito molto, se avete tempo e interesse vi consiglio di leggerlo, può rivelarsi illuminante (oppure se vi scoccia, andate su wikiquote e leggete le citazioni, illuminano comunque).

With Love,
LittleSun

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Capitolo 16
*** Sognando tette ***


Capitolo 16
Sognando tette
Pov Jas

 
Ci sono infiniti termini che potrei usare per descrivermi, ad esempio splendido, oppure meravigliosa creatura divina o meglio ancora, nona meraviglia del mondo ovviamente l’ottava meraviglia sono i miei occhi e la decima i miei capelli.
Tralasciando però gli infiniti modi con cui potrei definirmi oggi riesco solo a dirmi che sono un coglione, un povero coglione ed è per questo che da quasi un’ora sono rinchiuso qui a lanciare e riprendere la mia palla pazza sulla parete, potrebbe sembrare una normale manifestazione di autismo ma in realtà dato che non posso prendermi da solo a calci nelle palle sto utilizzando questo modo per sfogarmi, mi sembra un’adeguata metafora.
Dopotutto una palla vale l’altra, il rimbalzo continuo fa un rumore ipnotico e a casa non c’è pericolo che disturbi nessuno quindi posso stare qui a fissare la palla per elaborare il livello di demenza a cui sono arrivato oggi.
Io, Jason il più bello del vicinato e non, sono scappato a gambe levate da una ragazza piacente che ci ha provato con me, non me ne sono andato facendo il figo o altro, sono proprio andato via a gambe levate … come un povero cretino.
Sono scappato da una ragazza vergine come un verginello, attualmente di me starà pensando che:
-Ho fatto coming out mentre la baciavo;
-Con le ragazze che ha visto stare con me ho giocato a briscola;
-Ho l’ansia da prestazione;
-Non avevo il viagra con me;
-Lei non mi attrae.
L’ultima è sinceramente quella che mi fa incavolare di più perché per spegnere il mio incendio nelle parti basse ho dovuto fare una doccia fredda e solo così ho potuto calmare i bollenti spiriti, però diciamocelo la sera prima la ritrovo moribonda e il giorno dopo mi salta addosso, come minimo uno due domande se le fa.
Sì, non io però, di solito quando sono così ben disposte, a meno che non gli esce un polipo dalla vagina o un tentacolo (per intenderci), mi ci lancio a brache calate.
Invece con lei no, mi sono gasato e poi mi sono irrigidito (in più sensi) e deciso che quel rapporto era meglio non averlo, perché? Boh.
Boh, è la risposta che sono riuscito a ottenere in 130 palleggi con il muro e quindi almeno due ore di riflessione, non che io non sia intelligente ma sicuramente non è la prima dote a cui si pensa quando si parla di me.
Aloe mi repelle? No.
Aloe mi attrae? A quanto pare.
Aloe mi spaventa? Può darsi.
Perché? Boh.
Punto e a capo.
Ok, si sa che io non sono portato per le relazioni, proprio non mi piacciono, mi fanno sentire oppresso e mi spaventa l’idea di legarmi a una persona per sempre, ho paura che l’infatuazione iniziale si trasformi in abitudine, l’abitudine muti in disprezzo e il disprezzo si trasformi in indifferenza, non voglio che una persona importante per me diventi così e so che non può succedere altrimenti.
Però effettivamente tutto questo per una scopata è improbabile succeda, forse sto diventando sentimentale, devo uscire prima di impazzire completamente.
Mi sono lasciato scappare l’occasione di farlo con una vergine, adoro le vergini, hanno quel modo timido di dimenarsi sotto durante il rapporto, ti guardano con un tale trasporto e stringono le gambe ai tuoi fianchi con un tale vigore che eccitano da impazzire, e poi alternano momenti di totale mansuetudine a momenti di passione sfrenata in cui prendono il comando, splendide! Mi fanno sentire un po’ come un vampiro che sente l’odore del primo sangue, mi rendono famelico.
E pure davanti a quegli occhioni verdi, quei baci passionali e quelle guance imporporate me la sono data a gambe, non posso fare a meno di prendermi la testa tra le mani e pentirmi, nonostante non sono un praticamente sento il bisogno di fare un Mea culpa più e più volte, non posso credere di essere stato così magnanimo e di avere rifiutato il sangue di una vergine.
Emh… forse con la storia del sangue mi sto facendo prendere la mano ma penso che come vampiro sarei proprio un gran bel pezzo di figo, già adesso ho una bellezza ultraterrena ma con l’aiuto dell’immortalità diventerei non l’ottava, non la nona ma bensì l’unica meraviglia del mondo e dei vari multiversi.
Menomale che non c’è Mark qui ora perché probabilmente sarebbe entrato  nella fase Black e mi avrebbe picchiato a sangue, in teoria lui potrebbe essere un lupo mannaro e Nate? Un folletto di Babbo Natale, dopo averlo pensato mi metto a ridere sonoramente da solo, come sono simpatico, una volta ringalluzzito grazie a questo mio dono dell’umorismo prendo il telefono dal comodino e chiamo Mark.
“Pronto?” risponde al secondo squillo.
“Amico, dobbiamo indire una riunione urgente riguardante il quinto vizio capitale” dico con tono serio, ho bisogno dei miei due migliori amici.
“Che hai combinato stavolta?” sospira lui.
“Nulla ed è per questo che dobbiamo fare urgentemente la riunione” spiego concitato, so che lui capirà.
“Vieni quando puoi” dice subito facendomi sogghignare.
“A tra poco, sto arrivando” e riattacco, mi vesto come capita tanto a me sta bene tutto ed esco di casa immediatamente.
Arrivo da loro nel giro di mezz’ora e subito mi accolgono entrambi in salone per discutere, Nate nella solita poltrona e Mark nell’altra, io mi siedo nel divano.
“Allora? Che è successo? Le riunioni sono cose serie, spero tu non abbia sottovalutato la loro importanza” chiede curioso Nate. Le riunioni dei sette vizi capitali erano nate al secondo anno di liceo quando avevamo deciso di migliorarci, ogni membro del nostro trio in casi importanti aveva il diritto di proclamare la riunione e tutti i restanti membri dovevano accorrere.
Le riunioni dell’Avarizia venivano indette quando uno di noi tre si rifiutava di prestare del denaro o aiutare economicamente uno degli altri due membri.
Quelle della Superbia, venivano indette di più quando eravamo giovani e diventavamo piano piano più fighi, e solitamente per non fare diventare uno dei tre troppo sprezzante nei confronti degli altri.
L’altra riunione, quella dell’Ira, era stata perlopiù convocata per Mark quando si arrabbiava anche per cose di poca importanza creando asti nel gruppo, Black Mark è davvero una brutta bestia da domare.
Le riunioni della Gola servivano a persone come me, ma anche agli altri, per aiutare un amico quando vedevamo che esagerava e riprendeva peso.
Quelle della Lussuria quando uno di noi in un determinato periodo si comportava come un cane in calore, quelle dell’Accidia quando uno di noi si scoraggiava troppo diventando portatore di negatività e tristezza.
Ultime, le riunione dell’Invidia, quando ci invidiavamo tra di noi o invidiavamo gli altri allora ci riunivamo per confortarci e affrontare il problema in modo da superarlo e non doverci ricadere più, insomma siamo un adorabile trio dei buoni propositi, gli alcolisti anonimi ci fanno un baffo.
“E’ grave, lo giuro” rispondo io.
“Sbrigati a spiegare” esclama impaziente Mark.
“Io sono scappato da una donna piacente VERGINE – calco sull’ultima parola- che voleva fare sesso con me, sono scappato come una signorinella” in altri contesti non lo direi mai ma a loro posso dirlo, hanno sentito di peggio, loro mi guardano con tanto d’occhi.
“Cazzo! Questa è peggio di quando ti eri fissato che dovevi farlo nelle vetrate dei palazzi, in quel periodo ti odiavo” dice sconvolto Nate ricordandomi antiche orribili fissazioni, che disagio.
“O peggio di quando ti eri fissato che dovevi portarti a letto una milf e perseguitavi le signore e io mentivo pur di non uscire con te” aggiunge Mark facendomi arrossire, quella era sicuramente una delle fasi più nere della mia sessualità, un periodo breve ma molto buio e che si era concluso quando ero stato quasi violentato da una cascante signora sessantenne, i porno a quei tempi mi avevano fatto idealizzare la milf, trattengo a stento un brivido.
“Forse è meglio che vado se non continuiamo perchè così non uscirò vivo da questa seduta” dico pronto alla fuga ma Mark che è vicino a me mi trattiene.
“Tralasciando tutti questi bei ricordi che ci hai regalato, ti sei chiesto perché sei scappato? Non è da te” riprende il discorso Mark curioso e finalmente serio.
“Ma soprattutto chi è questa qui?” chiede Nate in versione pettegola e io mi agito sul posto, non so se dovrei dirlo dopo il discorso dell’altro giorno.
“Io non so perché sono scappato, non ne ho idea” rispondo sperando che non notino che sto glissando sulla faccenda della persona.
“Perché non vuoi dirci chi è?” insiste il fottuto Nate.
“Al diavolo Nate, è Aloe” incrocio le braccia al petto e scocco uno sguardo colpevole a Mark che per un secondo mi fissa con una faccia priva di espressioni e poi alza gli occhi al cielo.
“Non guardarmi in quel modo mi interessa ma non sono innamorato e il fatto che tu non l’abbia violentata mi fa, stranamente, avere una buona opinione nei tuoi confronti che come sai bene è molto raro succeda” scherza lui tranquillamente, lo guardo con gratitudine sorvolando sulle varie allusioni offensive.
“Guarda che comunque quello a essere violentato sono stato io eh” aggiungo poi impettito, per una volta che non faccio niente vengo accusato lo stesso, ovviamente non mi credono, Mark ride ma Nate mi scoppia a ridere proprio in faccia senza alcuna delicatezza, gli lancio in faccia un cuscino.
“Questa te la potevi risparmiare in quanto è veramente poco credibile” spiega Nate dopo aver afferrato al volo il cuscino.
“Invece è così, ieri stava male, mi sono coricato con lei su sua richiesta dato che aveva la febbre alta e questa mattina abbiamo parlato un po’, lei era di buon umore e palesemente guarita e mi ha baciato, io mi sono emozionato e l’ho baciata, quando stavamo andando oltre però sono scappato, è questo il mio problema, a me lei attrae e allora perché sono andato via?” spiego in una maniera così sincera che i due dopo i primi attimi di scetticismo non possono fare a meno di credermi.
“Incredibile… lei ti è saltata addosso e ancora più assurdo tu hai rifiutato, UNA VERGINE” esclama Nate anche lui precisando il fattore verginità che ai nostri occhi malati è una cosa esaltante.
“Non è che ti piace?” dice Mark ignorando la parte della verginità non senza mascherare il suo disgusto nei nostri confronti.
“A me? Lei?” rido io stavolta, come potrebbe mai piacermi Miss Perfezione.
“Guarda che se la rispetti sessualmente vuol dire o che ti piace o che ti sei affezionato e una cosa non esclude l’altra in ogni caso” cerca di farmi ragionare Mark e io smetto di ridere, che sia vero? Mi sono affezionato?
“Forse mi sono affezionato, non volevo farla soffrire, so che lei non è come le altre ragazze con cui vado, mi dispiacerebbe farla stare male, soprattutto in questo periodo che è stato difficile” spiego ed il discorso non fa una piega.
“Sicuro sia tutto qui?” chiede Nate non del tutto convinto.
“Che altro dovrebbe esserci? In questo periodo mi sono preso cura di lei, è la prima donna con cui parlo, esclusa mia madre o qualche altro raro caso, con cui non voglio andare a letto soltanto, l’ho anche aiutata senza secondi fini” non so se sto persuadendo loro o me, ma evito di pensarci troppo.
“Già il fatto che ti prendi cura di un essere umano è una cosa che commuove e stupisce, chissà che Aloe non possa entrare nel tuo cuore da troione” dice Mark sorridendomi gentile, provo un brivido di terrore in tutta la schiena, cambiare il mio cuore da troione? Per Aloe?
“Forse stiamo esagerando, non credo sia così, magari non mi attrae così tanto” dico frettolosamente prima che possa andare oltre con quel discorso sdolcinato.
“Se non ti attrae Aloe sei omosessuale e poi menti sapendo di mentire brutto coglione, fino a ieri era nella tua lista” mi deride Nate ed ha anche ragione.
“Ok, hai ragione, però boh se mi piace non so dirvelo e se è così non so neanche come comportarmi in caso, forse è perché ci convivo e non voglio stare con una donna che piange ogni volta che mi vede” il pensiero di Aloe che soffre a causa mia mi fa stare davvero male ma questo è perché ho un cuore buono.
“Oh, il nostro bambino fa discorsi da uomo, sta crescendo” dice Nate asciugandosi una lacrima fasulla e dando pacche amichevoli sulla spalla di Mark che ghigna, io li guardo orripilato.
“Ma finitela idioti! Non è come dite” sta volta lancio due cuscini e li prendo entrambi in pieno.
“Comunque, qualsiasi cosa sia lei per te è più speciale delle altre ragazze quindi fattene una ragione e poi stiamo dando per scontata una cosa” dice Mark paziente.
“Cosa?” chiediamo simultaneamente io e Nate.
“Che a lei tu piaccia” e questa frase mi stupisce, effettivamente l’ho dato per scontato come se fosse ovvio.
“Ma dai, sicuro le piaccio, mi ha baciato in un modo…” impossibile non mi voglia.
“Potrebbe essere solo attratta da te, non sarebbe la prima volta” aggiunge e la cosa mi indigna, io piaccio sicuro ad Aloe ne va del mio ego.
“No, io le piaccio” dico fingendomi sicuro, Nate mi guarda, sorride e inarca un sopracciglio.
“Così sembra che ci tieni troppo” ha ragione.
“Ma lo sai che sono vanitoso” butto lì, non mi crede nessuno dei due.
“Vabbè non so se sei sordo o solo non vuoi sentire quindi ti lascio al tuo destino quando ti illumini fammi sapere mentre non mi farò da parte” dice Mark alzandosi e stiracchiandosi, lo guardo con tanto d’occhi, ma come può dirlo dopo questo discorso? Nate sembra invece pensieroso dopo il primo momento di sorpresa.
“Come vuoi, fratello” dico io ostentando nonchalance e poi mi sdraio sul divano tanto ormai e sera inoltrata.
“Resti da noi?” si informa Nate cambiando discorso.
“Yes, tanto sono solo soletto a casa” sbadiglio io mentre mi stravacco ancora di più.
“Poveretta l’avrai offesa a morte lasciandola sul più bello oggi” ridacchia Nate e mi rabbuio so per certo che è offesa, non vuole più parlarmi e mi evita, da domani avrò pure la sua amica in mezzo alla casa e non potrò più parlarle, spero almeno non sia il suo clone.
“Mi spieghi quando ti abbiamo adottato?” chiede Mark guardandomi mentre mi sistemo i cuscini del divano sotto la testa.
“Vuoi che indico la riunione dell’avarizia?” chiedo io con un sorriso lupesco.
“Non essere idiota e va bene, fa come vuoi” borbotta e poi esce per andare in cucina.
La sera restiamo a casa a chiacchierare a caso, non facciamo baldoria e dopo cena siamo tutti assonnati così loro vanno nelle loro camere lasciandomi solo e pensieroso, ad un certo punto il telefono vibra e quasi non mi cascano gli occhi dalle orbite, ho un messaggio di Aloe.
 
Sai, attualmente sono un brutto anatroccolo ma presto diventerò un cigno, spero assisterai al cambiamento :)
 
Guardo il telefono con uno sguardo vitreo e rileggo il messaggio una seconda volta, ma non ne riesco a trarne il senso. Sembra una cosa positiva ma non capisco che cavolo c’entro io. Forse è sotto effetto di qualche sostanza, meglio chiedere.
 
Ally? Hai bevuto? Ti sei fumata qualcosa?
 
Dopo poco ricevo la sua risposta e ridacchio da solo, che strano massaggiare con lei, non capisco se dopo quello stato di morte celebrale si è svegliata con una doppia personalità o sono io che non comprendo questi suoi giochi di parole, do una risposta più o meno sensata nell’insensatezza generale e poi non ricevo più risposta, spero solo sia viva, la casa senza di lei tornerebbe a essere una topaia e mi mancherebbe vederla nel divano contenta di non fare nulla.
Dopo aver elaborato questo pensiero semi nostalgico decido che è il caso dormire prima di  suicidarmi per la mia smielatezza ed effettivamente crollo in un sonno pesantissimo poco dopo, sogno solo tette, tette morbide e belle, tutta la notte.
L’indomani mattina appena sveglio faccio una doccia fredda ed essendo la seconda decido di salutare i miei amici e andare a correre per sfogare energia, magari incontro la veterinaria.
Il parco è un deserto, mangio fuori un’insalata e nel pomeriggio torno a casa, faccio un’altra doccia, mi metto in tenuta da casa e mi chiudo in camera a dipingere fino a quando in serata non sento la porta aprirsi e due voci femminili divertite annullano il silenzio in cui era piombata la casa.
Mi affaccio ed immediatamente l’amica di Aloe si illumina e Aloe sorride imbarazzata, avrei voglia di chiudermi il collo nella porta così da evitare l’imbarazzo offeso di Ally.
“Ehi, bentornata! Piacere sono Jason” dico poi uscendo dalla stanza e porgendole la mano non prima di essermi smosso i capelli, quanto sono figo, Ally alza gli occhi al cielo e lo sguardo dell’amica si illumina di comprensione, non so perché però.
“Piacere mio, sono Abby” Abby e Ally, sembra il titolo di un cartone animato per bambini.
Abby è alta quanto Aloe, meno formosa però, ha i capelli castani lunghi legati in due trecce, una salopette di jeans e una giacca rossa con un cappuccio grandissimo, ha gli occhi castano chiaro quasi ambrato molto vispi e due occhiali dalla montatura leggera, sembra una secchiona.
“Prima volta qui?” chiedo tanto per fare conversazione.
“Si, città caotica direi! Comunque preparo io la cena, tu, Ally, va a farti una doccia che stanotte non voglio che puzzi dato che dormiamo insieme” e spintona via l’amica dalla sua posizione da statua e Aloe per rispondere le fa una linguaccia, mi fa un cenno e va in camera sua, io e Abby rimaniamo soli e ci fissiamo, è carina ma si vede che sa di essere intelligente mi sta proprio squadrando, mi sento in soggezione.
“Ti senti figo vero?” mi chiede spiazzandomi.
“Beh un po’” dico io imbarazzato.
“Tsk, modestia da quattro soldi, sei figo hai tutte le ragioni per tirartela ma prova a ferire la mia amica o a trattarla male e io ti cambio i connotati e quel bel faccino che ti ritrovi, siamo intesi?” dice poi aguzzando lo sguardo mentre gioca con una treccia, è terrificante, non c’entra nulla con Aloe, niente.
“Si, cioè ok, non farei mai male ad Ally” dico io subito, non so perché ma sento che davvero lei potrebbe vendicarsi amaramente se faccio cazzate.
“Comunque grazie per esserti preso cura di lei, Ally è una ragazza in gamba ma ha ancora troppi mostri sotto il letto da affrontare ma se è sulla buona strada questo è grazie a te. Ora cucino, a dopo” detto ciò si allontana fregandosene della mia reazione o domande, che ragazza assurda.
Mi chiudo di nuovo in camera e subito mi sento al sicuro,  poco dopo sento rumori in bagno e la doccia aprirsi, un minuto al massimo dall’inizio dello scrosciare dell’acqua e uno strillo fortissimo proveniente dalla cucina mi fa sobbalzare, salto giù dal letto con il cuore in gola e corro in cucina dove trovo Abby sul tavolo che urla, la guardo sconvolto, non faccio in tempo a chiedere che entra tutta scaramigliata Aloe in cucina, non posso fare a meno di guardarla sbalordito, ha i capelli legati in uno spettinato chignon con ciuffi che le ricadono intorno al viso facendole quasi da cornice, le guance arrossate e lo sguardo sconvolto e spaventato, ma la cosa che non posso trattenermi di guardare è lo striminzito asciugamano che la copre a stento, le sue curve sono tutte evidenziate e non me n’ero mai accorto ma oltre a delle belle tette ha anche delle belle gambe, l’effetto bagnato rende tutto ancora più gradevole.
“Abby, oh mio dio, che ci fai lassù? Cosa è successo?” mi riscuoto dai miei pensieri poco casti e torno a fissare, anche se contrariato, Abby che mi accorgo mi ha appena lanciato uno sguardo e poi ha sorriso compiaciuta, ma forse me lo sono sognato.
“Scusatemi, falso allarme, mi era sembrato di avere visto un topo” dice quasi con tranquillità mentre in maniera composta scende giù dal tavolo e si risistema, io e Aloe la stiamo guardando con tanto d’occhi, non riusciamo neanche a parlare per quanto siamo ancora troppo agitati.
“Avete fame?” chiede Abby sorridendoci candidamente come se non fosse successo nulla, io annuisco e Aloe pure.
“Ally vai a vestirti ti prenderai un malanno così” dice con il tono di una mamma rivolgendosi all’amica che annuisce di nuovo ed esce dalla cucina dandomi una gradevole panoramica del suo fondoschiena, mi volto e quella pazza mi fissa ghignando. Cosa mi sono perso?
La cena scorre tranquilla e chiacchierando del più e del meno, tralasciando la sua pazzia è una ragazza simpatica e si vede che vuole molto bene ad Ally, le due scherzano molto spesso e devo dire che sono grato a Abby per aver un po’ lenito l’imbarazzo tra me e Ally.
La notte però sogno di nuovo tette e stavolta so a chi appartengono.


Angolo dell'autrice:
Salve a tutte, ecco a voi il capitolo dal punto di vista di Jason, spero vi piaccia!
Jason è ancora molto confuso ma si può intuire già che Aloe non gli è indifferente ed è diversa rispetto alle altre, che ne dite del trio di cretini? E di Abby? :D
Spero che l'egocentrismo di Jason non vi stia sulle palle, io lo adoro e spero che anche per voi sia così, è il mio idiota bellissimo preferito <3 *demente mode: ON*
Scusate per la fretta di questo angolo autrice ma ho fatto le corse perchè domani il pc va in assistenza *sigh* e nel fine settimana trasloco *sob* e quindi non volevo farvi aspettare troppo, ma ora ho mamma che mi sta scartavetrando le ovaie quindi chiudo qui così ahahah
Grazie per tutto il sostegno che mi date sia silenzioso che scritto, è importante per me!
A presto care,
LittleSun

p.s. se ci sono errori scusate, appena avrò un pò di pace correggerò questo capitolo e quello dell'altra storia, SCUSATEMI, ho fatto il possibile. ç_ç non sono analfabeta, giuro!

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Capitolo 17
*** Sono una stupida ***


Capitolo 17
Sono una stupida
Cause there’ll be no sunlight
if I lose you, baby
There’ll be no clear skies
if I lose you, baby
Just like the clouds,
my eyes will do the same if you walk away
Everyday, it will rain,
rain, rain 

Bruno Mars- It will rain

Quando piove ho la sensazione che il cielo pianga e io mi sono sempre chiesta, sin da quando ero bambina, cosa lo rattristi tanto.
Il mio respiro appanna il vetro su cui ho poggiato la fronte, è tarda mattinata ed io sto osservando ormai da qualche ora la strada inondata dall’acqua e seguo con lo sguardo le gocce che sbattono sul vetro per poi scivolare via.
Le giornate di pioggia quando sono a casa al calduccio mi piacciono tantissimo, mi fanno sentire al sicuro, come se niente possa intaccare le mie barriere, nessun dolore, mi sembra di fronteggiare la tristezza senza paura di diventarne una vittima.
Piove, piove sulle strade, nei parchi, piove anche sul mare e i laghi, acqua su altra acqua, mi piace pensare a quanto sia forte e irruenta l’acqua, intimidisce e dona vita, vorrei essere come l’acqua, fluido che scorre libero, trasparenza e vita.
“Vuoi che ti metto una musica melodrammatica così completiamo questo deprimente quadretto?” chiede la mia amica posando il libro che sta leggendo ancora a letto sotto le tante coperte, mi guarda divertita e incrociando le braccia al petto, mi volto a guardarla facendole una linguaccia, io mi sono piazzata nel bordo della mia finestra, non riuscivo a stare oltre a letto.
“Ah ah come sei divertente, tu semmai come mai non sei incazzata come tuo solito? Tu detesti la pioggia e oggi invece sembri quasi felice, pensavo volessi uscire per girare un po’ New York” le dico guardandola incuriosita, la mia amica ha sempre odiato la pioggia, la deprime e la mette di malumore, o almeno così mi ha sempre detto, oggi invece fin da quando ha aperto gli occhi l’aver visto la pioggia sembra averla messa di ottimo umore lasciandomi più che perplessa.
“Gireremo domani, oggi sono stanca, in caso stasera invitiamo dei miei amici di New York qui, che ne pensi?” sorride ancora tranquillamente ignorando la parte in cui commeno il suo odio per la pioggia.
“Come ti pare, devo cucinare o ordiniamo le pizze?” dico poi alzando le spalle, mi fa piacere farle incontrare suoi amici se ci tiene.
“Pizza, ho voglia di pizza! A proposito di mangiare, andiamo a fare colazione?” si alza e si copre con una morbidissima e voluminosa vestaglia verde acqua e si incammina verso la porta.
Spero di non incontrare Jason, sono ancora molto imbarazzata e non so come comportarmi, sono più consapevole dei miei sentimenti e della situazione in generale ma questo non toglie il suo precedente rifiuto né lo rende meno triste.
“Come vuoi” rispondo facendo una smorfia e seguendola fuori dalla stanza, in prossimità dell’ingresso esce Jason dalla sua stanza con un giaccone, un cappello di lana, con un puffo di lana sopra, da cui fuoriesce un ciuffo di capelli biondi, lo trovo adorabile.
“Buongiorno ragazze, io esco, a stasera!” esce con questo tempo? E’ pazzo?
“Coraggioso, a più tardi” Abby sorride raggiante, e non capisco perché.
Io dal canto mio faccio un gesto imbarazzato con la mano e poi lo guardo andare via, faccio per dirigermi in cucina ma noto la mia amica che si è poggiata sulla parete proprio di fronte la porta dell’ingresso, ghigna e alterna lo sguardo dalla porta di casa allo schermo del telefono.
“Ma si può sapere che diavolo stai facendo?” esclamo perplessa, è da quando si è svegliata che è pazza, si volta verso di me e sorride, un altro sguardo alla porta e la serratura della porta di casa si apre mentre Abby sorride sempre più radiosa, io guardo lei e poi guardo Jason che entra in casa totalmente zuppo e ci guarda sconvolto.
“Fuori c’è il diluvio universale, pensavo fosse una pioggia meno insidiosa, ho fatto due metri fuori dal portone e mi si è rotto l’ombrello e una macchina mi ha schizzato” blatera sconvolto facendoci vedere l’ombrello che sembra aver affrontato l’uragano katrina, il suo sguardo mi fa scappare una sonora risata che fa voltare entrambi verso me.
“Ti diverte?” mi chiede a metà tra l’offeso e il divertito.
“Un po’, la tua faccia stravolta è troppo divertente” non riesco a smettere di ridere e poco dopo anche loro due si uniscono a me.
“Beh, io vado a fare un thè caldo, ti unisci a noi?” chiede a Jason la mia amica mentre felice si dirige in cucina, se non sapessi che Jason non le piace penserei che ci sta provando ma c’è qualcosa di più, non capisco cosa però.
Jason ci raggiunge poco dopo vestito con dei pantaloni da tuta rossi adidas e una maglietta nera abbastanza attillata, questo ragazzo starebbe bene anche con la tunica di Merlino e ne è chiaramente consapevole.
Siamo seduti a tavola con le tazze fumanti a parlare del più e del meno ed esce il discorso dell’invito serale.
“Peccato che i miei amici non possano venire” dice dispiaciuto e un po’ mi dispiaccio anche io, non vedo Mark da un sacco.
“Vedrete, sarà una bella serata” dice Abby soffiando compiaciuta sul suo thè, una volta finito il thè siamo a tavola annoiati dalla pioggia che non accenna a smettere, Abby un secondo si alza e corre in camera nostra, temo che mi lasci sola con lui con cui è caduto subito un silenzio imbarazzato ma subito dopo rientra con un gioco da tavola, due gomme da masticare e un lecca-lecca, allungo una mano per prendere il lecca-lecca ma lei lo allontana senza troppi complimenti.
“E’ di Jason questo” dice guardandomi con uno sguardo di rimprovero, dal canto mio la guardo come se le fosse spuntata una proboscide, Jason invece è solo perplesso.
“Scusa?” dico io continuando a fissarla senza comprendere il perchè del suo atteggiamento idiota.
“Fa nulla” scuote la mano e da il lecca-lecca a Jason che lo accetta di buon grado, io con grande disappunto prendo la mia gomma da masticare alla fragola, accavallo le gambe seccata e mi concentro sul gioco.
Monopoli.
Ho rovinato amicizie in passato per questo gioco, fa uscire l’imprenditore di merda che è dentro ognuno di noi soprattutto dentro di me, il mio lato più competitivo e avido, menomale che è solo un gioco.
Inizia il gioco con la solita quiete che precede la tempesta, mezz’ora dopo infatti sto masticando la gomma come una cheerleader mestruata, Abby con la sua gomma fa una bolla ogni cinque secondi che poi fa scoppiare, quel continuo pop mi sta facendo venire sicuramente qualche tic nervoso, Jason impreca una volta sì e dieci pure, nervosamente e con movimenti febbrili apre il lecca-lecca mentre osserva con uno sguardo minaccioso la mia prossima mossa, comprare una carta di una proprietà che serve a lui per completare un tris, ora posso ricattarlo, è giusto tenere in pugno il nemico.
Abby ride sonoramente e Jason assottiglia ancora di più lo sguardo guardando le mie mani che con accuratezza sistemano l’oggetto del suo desiderio tra le mie potenti fila, mentre mi fissa le carte inizia a giochicchiare con il lecca-lecca che tiene in bocca, usando la lingua in modo osceno, inizio a sudare freddo mentre il resto del mio corpo si infiamma, la mia sudorazione sembra quasi una misura anti-incendio, non riesco neanche a distogliere lo sguardo.
La sua lingua picchietta il maledetto dolciume peccaminoso, poi lo avvolge con movimenti circolari e lo nasconde in bocca gonfiandosi una guancia per poi ricominciare la lenta tortura (dei miei ormoni), per me è come se il tempo si fosse fermato, vorrei essere al posto del lecca-lecca, altro che diventare avvocato o scrittrice questa sì che è un’ambizione come si deve e che da gratificazioni.
Non so se lo fa apposta o agisce così perché sovrappensiero, la gente normale quando è pensierosa sembra lobotomizzata ma il signorino no, lui deve sembrare un pornodivo.
Una risatina mi riscuote dai miei pensieri e mi volto, anche se controvoglia, verso la mia migliore amica che sta guardando la scena con le lacrime agli occhi e una mano a coprirle la bocca, spalanco la bocca imbarazzata e infastidita ma decido di rimanere in un dignitoso silenzio, l’importante è che l’eccelsa porno star non se ne sia accorta.
Lo guardo con la coda dell’occhio per assicurarmene e infatti lo trovo totalmente ignaro che con la fronte aggrottata sta guardando le sue carte e poi le mie con rancore, dentro di me si fa largo un sobrio dispiacere del mio lato più libidinoso quando mi accorgo che sta rompendo nervosamente il lecca-lecca con i denti privandomi di quella precedente visione paradisiaca.
Il fastidio di avermi ridotta interiormente, senza farlo apposta ma è un dettaglio, a una bavosetta adolescente si ritorce contro di lui per tutto il resto della partita, infatti straccio tutti diventando il capo indiscusso.
“Benvenuti ad Aloelandia, da questo lato potete trovare la direzione –indico me stessa- pronta ad aiutarvi per qualsiasi problema, dall’altro lato –indico Abby e Jason- potete trovare i camerieri e il personale al vostro servizio. Nella speranza che passiate delle splendide vacanze, La direzione” dico con un tono di voce gongolante e facendo un balletto che prevede lo schekeramento di tutto il busto, ovviamente in altri casi mi sarei uccisa per la vergogna ma preda dell’euforia quel balletto sembra in qualche modo giusto.
“Chi è questa stronza che ho davanti? Dov’è Aloe? Portate via questa cretina, perfavore” dice Jason guardandomi sconvolto mentre Abby si piega sul tavolo tenendosi la pancia per le risate, si asciuga le lacrime e guarda Jason con compassione.
“Ti assicuro che questa è Aloe, il suo lato stronzo ma sempre lei rimane” dice tra una risata e l’altra, nel frattempo cercando di non ridere in faccia a Jason mi sono avvicinata alla finestra per guardare se il tempo accenna a voler cambiare, nulla, pioggia scrosciante senza sosta.
“Piove ancora?” chiede Jason, anche se con una certa dose di diffidenza che mi fa sorridere divertita, per il momento il disagio sembra essersene andato, menomale.
“Già” rispondo io.
“Cazzo, di questo passo dovremo iniziare a distruggere i mobili per costruire un’arca” esclama lui sorpreso.
“Prova a distruggere anche solo un mobile e costruirò con le tue ossa una zattera” ridacchio io minacciosa, lui per tutta risposta mi scocca un’occhiata indignata.
“Megera”
“Demente”
“Cogliona”
“Stupido”
“Ma quanto siete carini?” dice divertita Abby guardandoci con un sorriso maligno dopo aver interrotto quello che sarebbe stato un lungo battibecco, entrambi la stiamo guardando schifati e…imbarazzati? Jason è imbarazzato? Abby sembra aver riaperto il discorso del disagio e non sembra sentirsi in colpa, anzi sembra parecchio soddisfatta, dove vuole arrivare?
“Ma fammi il favore” borbotto io.
“Carini per un cazzo, nessuno potrebbe essere carino insieme a quella” sbotta Jason indicandomi con il mento, la cosa mi offende da morire, è per questo che è scappato? Non gli piaccio neanche esteticamente?
“Veramente chiunque sarebbe carino con me perché le basi sono buone, lo stesso non si potrebbe dire per te” mento sapendo di mentire ma poco importa, me la paga, non può offendermi sempre, ho anche io un orgoglio, porca miseria.
“Se proprio dobbiamo dire le cose come stanno io ho tutto buono, la base – si indica il cavallo dei pantaloni- è una meraviglia e il resto è da favola” si intreccia le dita delle mani dietro la testa con un’aria di sfida, il movimento fa alzare un po’ la maglietta che scopre un po’ di quel ventre piatto e con qualche addominale ben visibile, deglutisco.
“Vaffanculo” quando ci vuole ci vuole, di solito evito di dire parolacce ma sono dell’idea che a volte solo certe parole siano adeguate a esprimere bene il concetto, insomma chi è lui per sconvolgere i miei ormoni, farmi pensare all’amore, umiliarmi. Chi è lui per avere così tanto spazio dentro la mia testa?
Lui mi guarda sorpreso e Abby scuote la testa come una mamma che vede i propri figli fare i capricci.
“Smettetela, dai” dice poi con un sorrisetto scuotendo la testa.
“Ha incominciato lei!” mi accusa subito Jason beccandosi una mia occhiata di puro schifo.
“Ma cosa hai? Due anni? Tre?”
“Non sapevo fossimo coetanei”
“Ma smettila, io ne dimostro almeno dieci in più”
“Ma va va, chi era che prima illustrava Aloelandia?” inarca un sopracciglio in segno di sfida.
“Era un caso raro quello, è colpa del Monopoli, basta discutere con te è inutile, che si mangia a pranzo?” dico poi cambiando discorso pur di non continuare a battibeccare come una cretina con un cretino.
“Boh, quello che volete voi, insalata e salmone affumicato? Ne ho portato due confezioni da casa, ne avevano regalate cinque a mio padre” propone Abby e sia io che Jason annuiamo, non male come menù.
“Io ora dovrei scendere un secondo sotto perché devo controllare una cosa con i coinquilini del primo piano” aggiunge poi Abby, la fisso perplessa.
“Mi prendi in giro? Cosa devi risolvere con degli sconosciuti?” sono a dir poco basita, non capisco se oggi abbia deciso di essere declassata da migliore amica a nemica oppure stia tramando qualcosa di così contorto che io non riesco neanche a immaginare.
“Oggi mentre cercavo di connettere il mio ipad alla linea di casa mi risultava ci fosse già un utente, che non siete voi, connesso. Per questo vorrei scendere e discutere con loro, sicuramente voi non ci fate caso, senza offesa ma non sembrate due esperti di tecnologia e simili” ci spiega impaziente, effettivamente come posso mettere in dubbio quello che sta dicendo? Non ne capisco niente, ha ragione e dalla faccia di Jason direi che anche lui non è messo bene e non sa come obbiettare, Abby consapevole di aver vinto annuisce tra sé e sé ed esce dalla stanza per andare a cambiarsi, poco dopo compare con dei jeans, un maglione oversize rosso e degli stivali pelosi, di solito si cura di più ma da quando è arrivata sembra la versione trascurata di Abby.
“Io sto scendendo, a tra poco” fa un cenno con la mano, di nascosto a Jason mi fa l’occhiolino facendomi arrossire e sparisce sotto. Che stronza.
Una volta soli cala il gelo su di noi, mi sento tipo una scultura di ghiaccio, Jason invece sembra che ha le formiche nelle mutande per come si muove nervosamente sul posto.
“Io vado in camera” dico poi scongelandomi e dirigendomi verso l’uscita della cucina, la mano di Jason mi afferra il polso di colpo e io mi volto stupita a guardarlo, sono certa di avere gli occhi sgranati.
“Ally, puoi ascoltarmi per favore? Vorrei scusarmi” dice non guardandomi negli occhi palesemente a disagio.
“Scusarti? E di cosa?” faccio la finta tonta sperando che lui legga tra le righe il mio completo disagio nel trattare l’argomento.
“Dai, lo sai, di ieri mattina” ora mi sta guardando per capire se lo sto prendendo in giro o meno, sbuffo.
“Non dobbiamo parlarne Jason, non devi scusarti, non devi sentirti in colpa o a disagio, non hai fatto niente di male. Sono una persona abbastanza matura da poterti tranquillamente dire che non renderà, questo avvenimento, la nostra convivenza più pesante, quindi tranquillo” sorrido in maniera tirata dopo aver preso fiato in seguito al mio lungo discorso.
“Ma io vorrei spiegarmi” ribatte lui, ma allora si vuole fare uccidere!
“Io non voglio sentirti però, non ne voglio sapere niente di ieri, vorrei solo dimenticare” sospiro rassegnata.
“Non sembrava ieri tu volessi dimenticare” dice acido, faccio saettare il mio sguardo nel suo, sta andando in un territorio spinoso e gli conviene fermarsi in tempo.
“Non osare…”
“Dico solo la verità”
“No, tu dici cavolate, ieri mi sono lasciata prendere dalla situazione, ero scombussolata, scusami tu se ti ho turbato non era mia intenzione… violentarti. Ora scusami vado in camera” lo guardo imbarazzata, lui mi fissa stupito e io corro fuori dalla cucina per chiudermi in stanza e buttarmi sul letto a faccia in giù, che vergogna.
Non era così volevo andasse, avrei preferito fare finta di niente, perché bisogna sempre parlare di tutto? Perché? Certe cose nel silenzio trovano il loro posto, anche perché appena escono fuori vengono storpiate dalle bugie, io non voglio dimenticare quel calore che mi ha fatto provare ma non riesco a dirlo, è sempre più facile mentire, dire le cose nell’esatto opposto di come sono.
Non ti voglio.  Mi piacerebbe averti un altro po’.
Voglio dimenticare.  Non riesco a non pensare alle tue labbra sulle mie.
Non siamo fatti per stare insieme.   Mi piacerebbe che delle nostre reciproche differenze ne facessimo il nostro punto di forza, vorrei che nell’essere due persone diverse diventassimo un “noi” ma non perché voglio cambiarti, alla fine mi piaci proprio perché sei così diverso da me.
 
E questi pensieri melensi? Da dove sbucano fuori?
Alzo la testa di botto e mi riscuoto, sto parlando come una schifosissima ragazza innamorata.
Possibile che sono passata già a questo punto? Ma non c’è una via di mezzo in questa mia testa?
Mi copro il volto con le mani in un gesto disperato e non so quanto sto in questo modo ma so che dopo un po’ una mano piccola si poggia sulla mia spalla per poi spingermi a poggiarmi nell’incavo del suo collo.
“Sei arrivata da qualche parte?” chiede Abby con voce dolce, accarezzandomi la spalla per confortarmi.
“Ti odio” dico soltanto tenendomi ancora il volto coperto, la sento ridere.
“Hai bisogno di spinte tesoro, lo faccio per te. Allora, c’è stato qualche risvolto?”
“No”
“Basta bugie Ally”
“Io… io penso… di essermi innamorata” non appena lo dico mi sento quasi soffocare, è una situazione che non può portare da nessuna parte, non mi vuole neanche per andare a letto, lui che si fa chiunque abbia una vagina, figurarsi per una relazione, ma poi io con tutti i miei difetti e i miei problemi sono degna di essere amata? Possibile che qualcuno possa volermi? Jason no, sicuramente.
“Lo hai detto” ridacchia la mia amica mentre mi stringe più forte a lei, probabilmente consapevole del caos che ho dentro.
“L’ho detto e sto già soffrendo. Abby è un amore non corrisposto, la prima volta che mi innamoro e già sono infelice” mi copro di nuovo il viso con le mani nella speranza di non piangere come una bambina a cui è volato via il palloncino appena acquistato.
“Questo lo stai dicendo tu, io penso sia molto meglio di come credi la situazione e lo vedrai tu stessa, però oggi devi fidarti di me, stasera tu sei sotto le mie cure” mi piace questo di Abby, lei fa un primo tentativo di persuasione ma poi aspetta che le cose succedano, i fatti non si possono negare, le parole si.
“Che vuoi fare?” dico scoprendomi di poco gli occhi per squadrarla, lei mi sorride complice.
“Oggi scelgo io come devi vestirti e tu non mi andrai contro.”
“Come vuoi” alzo le spalle, tanto non ho niente da perdere.
 
 
Qualche ora dopo, numerosi battibecchi, attacchi di panico e chi più ne ha più ne metta, sono pronta per accogliere gli amici di Abby.
Dopo una guerra, non proprio fredda, alla fine ho i capelli sciolti e ondulati, mossi in maniera quasi selvaggia (come dice Abby), un trucco scuro agli occhi che ne risalta il colore, un rossetto rosso leggermente scuro, un tubino nero che arriva a metà coscia e che rende ogni movimento una specie di spogliarello, l’abito ha uno scollo a V che mette in evidenza le mie forme e che mi fa vergognare come una ladra, ho delle scarpe di velluto nero con un tacco altissimo, per coprire le spalle nude ho indossato un coprispalle, nero anche quello.
Considerato che non indosso mai scollature eccessive e solitamente i colori che uso sono sempre chiari e pastello in questo istante la figura che vedo allo specchio sembra il lato cattivo di Aloe, la cosa non mi dispiace devo ammettere a me stessa.
“Dark Aloe è una figa pazzesca” esclama Abby soddisfatta, lei si è messa in tiro abbandonando i vestiti che ha usato in questi giorni, indossa un vestito rosso scuro attillato e corto, delle scarpe nere con il tacco anche lei, il trucco più chiaro e ha tolto gli occhiali ed ha sciolto i capelli rendendoli una cascata di lunghi capelli mossi e castani.
“Anche tu stai bene, non capisco perché in questi giorni sei stata vestita come una ragazza di paese sottomessa alle zie” ridacchio io guardandola mentre ancheggia in giro per la stanza.
“Tutto calcolato, non preoccuparti” sorride misteriosa.
“Come vuoi, mi stanca pure chiederti, comunque perché siamo vestite così se dobbiamo stare a casa?” non mi sembra una domanda così insensata dopotutto.
“Beh, diciamo che al posto della pizza ho ordinato sushi e che mentre tu ti lavavi ho sistemato il salone in un ambiente più elegante” sorriso ancora più calcolatore, è terrificante.
“Seriamente?” vado per uscire e vedere con i miei occhi ma lei mi ferma.
“No, tu uscirai solo quando suoneranno alla porta” dice la mia amica e io la fisso perplessa ma proprio in quel momento suonano al citofono e io le faccio una linguaccia mentre esco dalla stanza seguita da un’amica imbronciata.
Mentre lei risponde al citofono, Jason esce dal bagno preceduto da un gradevolissimo odore di dopobarba che mi ricorda l’odore che avevano le lenzuola dopo che ci aveva dormito lui, sospiro per contenermi, noto mi sta guardando con gli occhi quasi fuori dalle orbite e con la bocca semi aperta, mi scappa da ridere.
“Ridi?” mi chiede dopo essersi ricomposto.
“La tua espressione” spiego mentre continuo a ridacchiare mentre Abby aspetta sul pianerottolo i suoi amici.
“Scusami se oggi per la prima volta non ti vedo vestita come la fata madrina” sbotta lui.
“Sto male?” pigolo insicura, se non gli piaccio?
“Beh… no” dice  a disagio grattandosi la nuca ed io arrossisco, posso gongolare un po’? Posso?
Non faccio in tempo a rispondergli che entrano in casa tre amici di Abby, mi riscuoto dal mio torpore di soddisfazione e li accolgo ancora sorridente per quel semi complimento di Jason.
Si chiamano Matt, Logan e Robert, sono tutti e tre ragazzi avvenenti, simpatici, studiosi e … affascinanti.
Siamo due ragazze circondate da quattro ragazzi uno più bello dell’altro, probabilmente Abby era ben conscia di questa cosa e infatti è al settimo cielo, la mia viscida amica.
Jason sembra abbastanza pensieroso e di malumore, improvvisamente e nel corso della serata il suo umore  non sembra voler migliorare ma peggiorare.
Risponde laconicamente quando interpellato e perlopiù sta a guardare con rancore vari oggetti casuali del salone, il suo comportamento mi lascia perplessa, di solito è l’anima della festa, forse lo è solo quando ci sono ragazze con cui deve provarci penso con amarezza.
Per quanto riguarda me cerco di essere il più socievole e simpatica possibile per tutta la sera, parlo un po’ con tutti ma alla fine Matt sembra avere una fissa per Abby, Logan sembra troppo impegnato con il suo telefono e Robert è l’unico con cui riesco a conversare piacevolmente, infatti dopo cena e dopo varie risate perché nessuno di noi, tranne Jason, sembrava capace di usare le bacchette, io e Robert ci troviamo in balcone a parlare di cultura giapponese, cibo straniero e altro, mi sto divertendo molto, lui è una persona che viaggia molto e sembra conoscere un sacco di cose.
“Allora, scusa se sono un po’ invadente ma per caso sei fidanzata?” chiede facendomi un sorrisino misterioso dopo essersi poggiato con i gomiti alla ringhiera del balcone per guardarmi, io arrossisco in maniera imbarazzante e soprattutto incontrollata.
“No, tu?” chiedo più per educazione che per reale interesse.
“No, come mai una ragazza come te non è fidanzata? Non sembra mancarti niente né fisicamente né intellettualmente, se mi permetti sei parecchio attraente” BUM. Non so se aprire la bocca o tacere ma so che direi qualcosa di totalmente sconclusionato se parlassi quindi mi limito ad ignorare il mio rossore alle guance e lo guardo sorridendo per ringraziarlo, lui mi guarda divertito dal mio rossore e mi afferra una mano per avvicinarmi a lui e dato che ero posizionata proprio difronte a lui gli finisco praticamente sopra, alzo lo sguardo e leggo tanta malizia nel suo. Ok, che sta succedendo?
Schiudo la bocca per lo stupore, un quasi sconosciuto mi sta per baciare? Che faccio resto o vado?
Nel frattempo lui si avvicina sempre di più e poi… qualcuno decide per me.
“Aloe per favore potresti venire di là, sta uscendo dell’acqua dalla porta della tua stanza” dice Jason comparendo alle nostre spalle, paonazza mi scosto da Robert e quest’ultimo scocca uno sguardo di fastidio all’indirizzo di Jason che però lo ignora bellamente.
Mi riscuoto e lo seguo in silenzio, sono così in imbarazzo che non riesco neanche a preoccuparmi per la stanza e sono così rincoglionita che non mi accorgo una volta in stanza che non c’è nessuna acqua a bagnare il pavimento, la porta si chiude e Jason vi si poggia con la schiena, io alzo lo sguardo e vedo che mi sta guardando con quasi rabbia, sono frastornata.
“Non c’è nessuna acqua” costato ovvia.
“Lo so” risponde secco senza smettere di guardarmi in quel modo, non sto capendo.
“Che c’è? Perché mi guardi così?” chiedo sulla difensiva.
“Per caso dopo che sei stata male ti sei svegliata con una doppia personalità? Da quando in qua fai la cretina con chiunque? Prima io e ora questo tizio, ti va bene proprio chiunque vero? Dovresti stare attenta, non tutti sono affidabili come me” mi sputa addosso velenoso e io non posso credere a quello che ho appena sentito, mi avvicino e lo schiaffeggio.
“Fammi uscire di qui, immediatamente e non parlarmi mai più” sibilo a dieci centimetri dal suo viso.
“No” mi blocca i polsi con le sue mani calde e io mi sento tremare di rabbia, nessuno mi aveva mai parlato così, fatto queste accuse… da lui poi non me lo sarei aspettato.
“Lasciami” dico con tono piatto.
“No”
“Se per te sono solo una poco di buono allora devi subito scostarti da me perché non hai capito niente. Chi sei tu poi per decidere con chi posso flirtare oppure no?” lo guardo con lo sguardo ferito non mascherato al meglio dalla rabbia, lui mi guarda e sembra riscuotersi.
“Tu puoi stare con chi vuoi”
“Grazie del permesso, ora levati di qui” cerco di staccare i polsi dalla sua presa salda ma non riesco, lui non molla e continua a guardarmi in quel modo.
“Ma ti va bene veramente chiunque?” chiede deluso.
“Non mi va bene chiunque, non me ne frega niente di chiunque” a me interessi tu.
“E allora perché ieri? Perché stasera con lui?” chiede come se non riuscisse a capacitarsi, è geloso?
“Non sono affari tuoi, non credo che a tutte le ragazze con cui sei stato hai fatto questo interrogatorio, quindi perché stai facendo così a me? Sei geloso?” butto lì studiando la sua reazione che non tarda ad arrivare, sgrana gli occhi e mi guarda sorpreso, sconvolto.
“Geloso? Di te?” poi mi scoppia a ridere e io a quel punto offesa e umiliata, per la millesima volta da lui, mi scuoto con tutta la forza che ho per liberarmi.
“Basta, sono stanca di essere umiliata da te. Non sono una cretina e non sono neanche una puttana, fatti gli affari tuoi, posso baciare chi mi pare e piace, anzi se ora non ti disturba vorrei andare da Robert e completare quello che tu con le tue cazzate hai interrotto” gli (quasi) urlo in faccia, lui stringe la presa e mi scocca uno sguardo di puro odio, uno sguardo che in qualche modo mi fa provare paura, tristezza e … desiderio. Ok, forse sono una ragazza disturbata.
“No” dice ma non faccio in tempo a insultare il suo vocabolario striminzito che le sue labbra si poggiano con impeto sulle mie, sgrano gli occhi sconvolta. Ma. Che. Cazzo?
Faccio per staccarmi per pestarlo a sangue ma lui con una mano mi afferra saldamente per un fianco e mi attira più vicino a sé facendo aderire i nostri corpi, il contatto ha lo stesso effetto di una scarica elettrica che mi percorre dalla punta dei capelli alle dita dei piedi, con una mano grande e calda tiene un lato del mio viso e nonostante le iniziali proteste non riesco a non cedere alla fine, allaccio le mie braccia dietro al suo collo e gli accarezzo i capelli della nuca, lui mugola di piacere a quelle carezze e io mi sento elettrica  come una centrale, potrei benissimo tenere illuminata tutta New York stasera con solo la carica che sta scorrendo dentro di me.
Lui mi accarezza la schiena, i lati del busto e mi tocca i capelli, le nostre labbra sembrano sigillate, la sua lingua cerca la mia che risponde immediatamente a quel contatto familiare, penso a come oggi giocava con il lecca-lecca e a come ora sta giocando con me, rabbrividisco di piacere e lo stringo ancora di più.
Vorrei avere le sue mani ovunque e vorrei che le mie mani potessero andare ovunque su di lui, mi accarezza l’inizio coscia e io meccanicamente la alzo in modo che lui possa tenerla sollevata con il suo braccio, sentire la sua presa ferrea nelle cosce mi fa volere di più.
Mi stacco lievemente per prendere fiato.
“Jas…” mormoro, non so a che scopo, forse per sentire nella mia bocca tutto di lui e non solo il sapore della sua bocca ma anche il suo nome.
“Mh?” sorride sul mio collo mentre lascia una scia di baci bollenti che mi fanno bollire come una pentola a pressione e sragionare.
“Andiamo a letto… Abby capirà” probabilmente non sono in me, forse c’era della droga nel sushi, non ne mangerò mai più se poi dico queste cose sconsiderate.
Lui si stacca sorpreso per guardarmi negli occhi e oltre al desiderio leggo nei suoi occhi anche indecisione e dispiacere, non capisco perché, inizio a sentirmi a disagio.
“Aloe…” fa per dire.
“Vieni a letto con me” gli accarezzo una guancia con mano tremante, non voglio che mi rifiuti, non voglio vederlo andare via ancora da me non appena mi apro di più a lui. Non voglio sentirmi rifiutata da lui. Mi guarda dispiaciuto ora nonostante io avverta ancora che mi desidera.
“Non posso, scusami” dice abbassando poi lo sguardo, sento il cuore frantumarsi in mille pezzi e la stupida magia creatasi poco prima si disintegra in mille pezzi come uno specchio che va in frantumi. Inizio a tremare per le lacrime, per il dolore, per il freddo improvviso che sento dentro e per la rabbia cieca che sto provando.
“Perché mi hai baciato?” chiedo guardandolo con le ultime forze che mi rimangono mentre i miei occhi si inumidiscono senza che io possa fare nulla.
Lui mi guarda, nel suo sguardo ora ci sono solo confusione e dispiacere, si dispiace per me di nuovo, sono cascata di nuovo nello stesso errore, come una stupida. 
 
Sono una stupida.
 
Non sembra volermi rispondere ma io non sono intenzionata a cedere, devo sapere.
“Perché mi hai baciata?” una lacrima, nonostante la rabbia, supera il confine delle mie barriere e mi scivola su una guancia, lui sembra volermela asciugare e dire qualcosa ma poi sembra desistere forse perché sa che mi farebbe ancora più male una sua carezza in questo momento.
Mi guarda serio e poi alza le spalle, e capisco che quella alzata di spalle è l’unica risposta che riceverò, comprendo anche che è l’unico motivo per cui mi ha baciata incurante di tutto.
Non faccio in tempo a rispondergli che lui si volta, apre la porta ed esce via lasciandomi lì con l’immagine delle sue spalle e nient’altro. Un grande vuoto al petto.
Un’umiliazione che brucia come ferro incandescente e un dolore che non sembra trovare vie d’uscita se non stare nella mia testa e tormentarmi, crollo per terra e scoppio in lacrime cercando di non essere troppo rumorosa.
Il tempo passa e l’unica  cosa che riesco a fare, ancora in lacrime, è raggiungere il letto e raggomitolarmi là sopra nella speranza che tutto passi.
Confusamente sento gli ospiti andarsene e poi quello che penso sia un litigio tra Abby e Jason ma non ho voglia di indagare, voglio stare solo qui in silenzio con il mio dolore.
A un certo punto la porta si apre ed entra qualcuno e si sdraia accanto a me.
“Mi dispiace Ally. L’amore non sempre trova la strada giusta, la verità è che l’amore non è una strada ma un labirinto, possiamo trovare persone che ci salvano e altre che ci portano più lontano. Sai, la verità è che a volte provare amore è prima di tutto una cosa dolorosa, ma non un dolore qualunque è un dolore che spacca in due, a volte amare è come avere una ferita aperta e trovare sempre qualcuno che è pronto a allargare quella ferita, mi chiedo perché non si muoia mai però… io avverto il dolore come se fosse una ferita piena di sangue e incurabile, eppure non muoio, è come riconoscerne la sofferenza, avere la consapevolezza che non ci sono cure e nonostante questo restare, quanto sadismo, quanto masochismo.
Dicono che l’amore sia la cosa più bella che esista ma io, Ally, non ci credo più sai? … non è la cosa più bella che esiste, fa troppo male eppure, se devo essere sincera, nonostante io ora non sia felice, io sono contenta di avere amato, ho perso la battaglia ma sono contenta di avere amato, anche se mi viene da piangere” mormora Abby al mio fianco con voce roca che sulla fine si rompe e nonostante i miei occhi appannati  vedo che sta piangendo. Ero così presa da me stessa che non mi ero accorta che la mia migliore amica stesse soffrendo.
“Il chimico?” chiedo con una voce che proviene dall’oltretomba.
“Mi ha tradito” dice e poi le si rompe la voce ed inizia a piangere anche lei, mi avvicino e la stringo in un mezzo abbraccio dato che siamo sdraiate, piango anche io e piangiamo insieme.
“Mi dispiace” singhiozzo.
“Sono contenta di averlo amato, davvero... però fa male” mormora tra una lacrima e l’altra.
“Anche io sono contenta di amare Jason anche se mi ha fatto male come non mi sarei mai aspettata” dico lacrimosamente.
“Parli al presente?” chiede la mia amica sorridendo tra le lacrime, le sorrido di rimando.
“Io non riesco a pensare che non sia lui la persona giusta per me, anche se ora mi ha ferita io non riesco a non immaginarlo al mio fianco, mi sono innamorata del “noi” che c’è dentro la mia testa e non posso lasciare andare questo sogno, non ancora” dico per poi riprendere a piangere aggrappandomi a lei, mi stringe forte a sé.
“Vedrai che troverete la strada per incontrarvi, io sono con te, ti aiuterò”
“Grazie” ridacchio tra le lacrime, sono certa di essere un mostro con tutto il trucco nero colato.
“Siamo lenti a smettere d'amare, perché speriamo di essere amati...” dice la mia amica sospirando mentre cita Ovidio.
“Che merda” dico io in risposta a questa perla.
“Già” e detto questo crolliamo in un sonno sporco di trucco, di lacrime e pieno di amarezza, ma nessuna delle due è sola, con un’alleata si arriva prima alla meta.

Angolo autrice:
Tesori sono di fretta quindi non mi dilungo troppo anche se avrei voluto... che palle!
Scusate eventuali errori anche se non dovrebbero essercene, grazie per tutto il sostegno che mi date e spero vi piaccia e non vi annoi o vi sembri affrettato, fare stare questi due insieme è una tragedia.
Ho voluto mettere un pò di tutto: malinconia, spensieratezza, amore, gelosia, passione, dolore, amicizia.
Un pò tutto, insomma...
Scusate corro davvero, nelle recensioni (se le farete) mi dilungherò di più se avrete curiosità o altro.
Scusate per l'attesa.
Grazie a chi mi sostiene sempre, legge e recensisce. GRAZIE DI CUORE. <3
A presto,
LittleSun :*
 

 

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Capitolo 18
*** Salvate il soldato Jason ***


Capitolo 18
Salvate il soldato Jason

“Dov’è Ally? Che è successo?” Abby ha appena chiuso la porta dietro ai suoi ospiti e subito mi viene incontro con la furia omicida negli occhi, la guardo vagamente intimorito.
“E’ in stanza, non è successo niente” so che non mi crederà ma vale la pena tentare, dopotutto sono un codardo, no?
“Non osare prendermi per il culo, ho visto che siete andati in camera insieme e poi lei non è più uscita, dimmi che è successo” quasi non mi perfora un polmone con il suo indice con cui con violenza mi sta pungolando il petto.
“Senti ma cosa cazzo vuoi? Anzi, che volete entrambe? Non sono il tipo che vuole rotte le palle, mi siete simpatiche e Ally mi sta a cuore ma la cosa finisce qui, inutile che tu mi tratti come se ci dovessimo sposare o lei ci prova con me, non ho intenzione di sposarmi o stare con un cazzo di nessuno, sono stato chiaro?” le parole mi escono di bocca prima che il cervello possa filtrare le cose vere da quelle condizionate dalla rabbia e dalla colpa, risultato? Mi becco un ceffone fortissimo alla guancia, guardo la ragazza davanti a me con gli occhi sgranati, stringo i pugni per non ricambiare il favore.
“Sai Jason? Non avevo idea di come tu fossi, non sapevo chi avrei incontrato una volta arrivata e tutto quello che so lo so solo perché Ally mi ha parlato di te ma sai che penso davvero? Che lei sia stata solo troppo buona, come sempre, perché mi aspettavo di più da te e non di certo il matrimonio, mi aspettavo solo che tu fossi diverso dai tanti stronzi che ci sono in giro e invece ti sei dimostrato alla pari di loro, come tutti, passate sui sentimenti delle persone senza neanche stare un secondo a pensare prima di agire, a riflettere un istante prima di comportarvi come se a guidarvi fosse solo il vostro putrido egoismo, perché la verità è che è vero noi ci illudiamo e molto spesso ci convinciamo di cose che in realtà non esistono ma un pizzico di quell’illusione ce l’abbiamo perché voi ci fate vedere qualcosa di bellissimo, ce lo fate desiderare e poi ve ne andate. E’ come se all’inizio ci date una splendida fotografia, di un posto meraviglioso, noi iniziamo a crederci fermamente in quel posto, pensiamo che ogni cosa alla fine ci condurrà lì ma poi ad un certo punto scopriamo che la foto non era di un posto esistente ma di un cartellone pubblicitario che quel luogo non esiste e ci lasciate lì con quella foto che non vale niente, con in mano qualcosa di nessun valore che per noi aveva avuto tutto il valore del mondo. Io odio voi stronzi, voi che non vi fate scrupolo a regalarci anche solo per un secondo un’illusione perché poi noi restiamo con il cuore che sanguina e il cervello che non vuole più ragionare e voi invece ve ne andate per la vostra strada. Sei deludente Jason, deludente come tanti altri” mi sputa queste parole con odio, disprezzo, ogni sua singola sillaba è intrisa di rancore e ammetto che mi colpiscono, fanno un po’ male ed è giusto ammettere che c’è un fondo di verità dietro però non posso fare a meno di notare che queste parole non sono rivolte esclusivamente a me, lei si sta sfogando con me di qualcosa che avrebbe voluto dire a qualcun altro.
“Probabilmente hai ragione su tante cose in questo discorso e non ho motivo di negarti nulla però Abby forse dovresti dirlo a chi ti ha spezzato il cuore, non a me, io non so che farmene delle tue ferite, non so che farmene delle ferite di Aloe, non so come aiutarvi, non so come essere migliore so solo che entrambe avete visto cose che non ci sono sia in me che nel tuo ex, o qualsiasi cosa fosse, vi siete convinte o avete frainteso i gesti e mi dispiace davvero ma forse da questo imparerete a sapere decidere meglio chi fa per voi e chi no” non sembro neanche io, non pensavo di essere così stronzo e freddo, la vedo sgranare gli occhi che si riempiono di lacrime e una di queste sfugge al suo controllo.
 “Lui… mi amava, me lo aveva detto” dice con voce tremante, la donna forte di prima si sta spezzando davanti ai miei occhi e non riesco a non accostarla alla figura di Aloe, mi sento un verme, uno stronzo incredibile, mi allontano da lei, dal suo corpo scosso dai tremiti e da quegli occhi che mi implorano di dissuaderla dalla realtà dei fatti, occhi illusi che ancora non vogliono accettare la verità.
“Mi dispiace” sussurro e mentre mi chiudo la porta di casa per andare chissà dove la vedo poggiarsi a una parete mentre si copre il viso con le mani.
Dopo di che ricordo solo di essere uscito con una lieve pioggerella, di essere andato a bere e poi non ricordo più nulla.
 
“Dici dovremmo svegliarlo?” sento la voce di Mark intromettersi nel mio sonno di piombo, non ricordo quasi nulla della sera precedente, ricordo solo quando mi sono venuti a prendere Mark e Nate, non ho idea di che ora fosse però e soprattutto ricordo poco e niente di cosa ho fatto prima del loro arrivo.
“No, ieri lo siamo andati a prendere da quella stronza dopo che lui ci ha chiamato quasi disperato, lasciamolo riposare” risponde Nate.
Oddio, quella stronza? Ma chi?
“Non ho capito che cosa ha combinato ma sono certo abbia fatto una cazzata delle sue” dice Mark sospirando, che bell’amico, quanta fiducia.
“Secondo me questa volta l’ha fatta più grossa del solito, era distrutto, voleva portarsi a letto quella Shana da secoli e invece ieri dopo essersela scopata ci ha chiamato dal bagno dicendo che aveva bisogno di aiuto. Le cose sono due, o quella gli ha mangiato l’uccello, e non mi stupirei, o ha combinato qualcosa di grave e ha usato Shana come diversivo” ribatte Nate facendomi pietrificare, sono andato a letto con Shana dopo essermi ubriacato, avere ferito Ally e fatto piangere Abby… Sono un completo disastro.
“Ah, quindi quella era Shana? La tizia del corso di ballo?” chiede Mark curioso distraendosi dal discorso principale.
“E chi altro sennò? Jas si è portato i coglioni parlando di lei con noi, ricordi? Quella va a letto solo con tizi fidanzati, è la regina delle stronze, per portarsela a letto quel viscido ha fatto pure fatto iscrivere Ally al corso di ballo” gli spiega Nate non consapevole del fatto che è come se mi stessero riempendo di pugni allo stomaco.
Non sono solo un disastro, sono anche il peggiore pezzo di merda nell’arco di kilometri, ammetto che all’inizio l’idea di iscrivermi con Ally al corso di ballo mi era sembrata geniale ma poi avevo lasciato perdere sia le lezioni di ballo che Shana, evidentemente non da ubriaco che mi sarà sembrata un’idea geniale andare a scoparmela da depresso così tirava su due cose, me e il mio compare del primo piano.
“Mi scordo sempre quanto sia privo di delicatezza, buon gusto e altruismo quel cretino, menomale che però lui non fa mai mancare le occasioni per ricordarmelo. Ieri ha provato a raccontarci qualcosa ma non ho capito quasi nulla” dice Mark, vorrei alzarmi e schiaffeggiarlo ma so che sono io a meritarmi questo trattamento non lui.
“Non ho capito bene come ma in sintesi posso affermare con certezza che ha fatto stare di nuovo male Aloe, peggio della prima volta sicuro, e che ha fatto piangere pure una certa Abby che non ho ben capito chi sia” Nate ha un potere quando vuole, riesce ad afferrare subito il nocciolo delle cose senza perdersi a guardarne l’involucro.
“Vorrei capire come fa, ha una specie di dono nel fare stare male gli altri e poi di conseguenza anche se stesso, per quanto cerchi di negarlo” ok, dopo la risposta di Mark decido di intervenire nel loro discorso prima che mi uccidano di sensi di colpa senza volerlo.
“Se avete finito vi ringrazio, sapete com’è vorrei provare a essere ancora felice un giorno” biascico acido e li sento raggiungermi in salone, apro gli occhi e vedo che mi fissano dall’alto, Mark con un pasticca per il mal di testa in mano e Nate con un bicchiere d’acqua, è proprio vero che sono tipo i miei due genitori adottivi.
Accetto tutto ringraziandoli e mentre aspetto che l’antibiotico faccia effetto mi metto a sedere ancora frastornato, sono andato a letto con Shana, non ci posso credere.
“Ragazzi, sono un completo coglione, non posso credere a quello che ho combinato” mi copro il volto con le mani in un gesto di disperazione totale è come se sentissi di avere vissuto la giornata precedente tutta nel modo sbagliato.
“Io non penso sei un coglione…” dice Mark, Nate lo guarda sconvolto e io mi scosto le mani dal viso per vederlo chiaramente in viso, inarco un sopracciglio con un sorriso amaro che mi increspa le labbra.
“Io penso sei solo un codardo” completa poi facendo annuire Nate.
“E perché?” chiedo io infastidito, non amo gli insulti e i giudizi di nessun tipo.
“Sai benissimo perché. Jas ti conosco da una vita e raramente ti ho visto fare tutte queste coglionate una di seguito all’altra” mi risponde, Nate annuisce di nuovo, temo che a breve gli si possa staccare la testa dal collo se continua così.
“Non so di che parli” dico, in realtà so fin troppo bene a cosa si riferisce, forse e dico forse non sono totalmente sincero con me stesso riguardo ai sentimenti che provo nei confronti di Aloe, non è amore ma non è neanche indifferenza o solo semplice attrazione, altrimenti non sarei scappato ma me la sarei semplicemente fatta.
“E dai, basta fare la testa di cazzo Jas” Nate mi da uno scappellotto, non tanto delicato, sulla nuca.
“Ok, avete ragione, è vero… sono stato un codardo, ho fatto una cazzata, è che non so che voglio, non so come comportarmi, ho una fottuta paura di impelagarmi in un rapporto che mi farà solo rovinare i migliori anni della mia vita” butto lì tutto d’un fiato, Mark fa un piccolo sorriso soddisfatto e Nate invece fa un grande sorrisone.
“Amico hai appena superato la parte più difficile: accettare di avere un problema, al resto ci pensiamo noi” ghigna Nate.
“Preferirei evitare” dico guadagnandomi immediatamente due scappellotti da entrambi.
“Guarda che cazzate peggiori delle tue difficilmente è possibile farle. Allora la prima fase potremmo chiamarla quella del perdono, ovvero tu che cerchi di fare ritornare la fiducia nei tuoi confronti che adesso sappiamo essere ai minimi storici, potresti partire da delle scuse per poi comunicare tutto il tuo pentimento usando parole a tuo piacimento” annuncia Nate euforico come se fosse tutto uno splendido gioco.
“Magari prima prova a pensare e poi a parlare, sono sicuro che il risultato cambi” aggiunge con un sorrisetto cattivello Mark, ci manca solo lui che entra nella fase Black giusto ora.
“Che carini siete… e poi? Che dovrei fare?” tanto vale farli andare avanti con questa loro trovata.
“Dando per buono che riceverai il perdono e che non verrai fanculizzato per sempre – deglutisco al pensiero- potresti passare alla fase del conoscervi meglio, invitarla ad uscire, scoprire qualcosa in più riguardo lei per vedere se realmente vi piacete” proclama dopo, non so da quando Nate è diventato il dottor Stranamore ma dirglielo ora non credo mi aiuterebbe in qualche modo quindi evito di indisporre le uniche persone che sembrano volermi aiutare.
“Magari capirete di non essere fatti per stare insieme continuerete ognuno per la sua strada da bravi amici” aggiunge Mark, guardo entrambi pensieroso.
“E se non mi perdona? Che faccio?” mi sembra giusto valutare per bene anche il fallimento e non solo il possibile successo.
“Cerchi di farti vedere a casa il meno possibile e se va male ti cerchi un’altra camera in affitto” dice senza giri di parole Nate, il mio umore scende precipitosamente, è per questo che non mi invischio mai in situazioni simili con le donne perché poi quando la cosa va male finisce che sono sempre io il mostro che deve sparire.
“Ecco perché non voglio nessuna relazione o possibile relazione ma vi rendete conto della fatica, dello stress e di tutto lo schifo che comporta provare più che semplice attrazione? Ma ne vale la pena?” mi sfogo mentre loro mi guardano pazienti anche se quasi disinteressati al mio monologo.
“Solo perché ti comporti come un tredicenne idiota non vuol dire che avere una relazione sia sempre così difficile o schifoso, se vogliamo usare i termini che utilizzi tu” mi rimbecca Mark.
“Scusatemi ma neanche voi siete fidanzati eh… non credo sia il caso che ve la tiriate così tanto” sorrido velenoso, voglio proprio vedere cosa mi diranno, Nate si apre in un sorriso sornione e Mark invece si rabbuia, ho un cattivo presentimento.
“C’è un motivo caro mio se vivo con Mark e non in una casa dove possono abitare sia donne che uomini, perché so già come mi finirebbe non appena una donna venisse a vivere sotto il mio tetto, finiremmo a letto, lei si innamorerebbe e io la lascerei, oppure me ne innamorerei anche io, ma siccome io al contrario tuo sono intelligente e amo divertirmi ho preferito vivere con questo Don Giovanni nascosto- e indica Mark che gli lancia un’occhiataccia- piuttosto che fare come te per poi ridurmi come un demente schiaffeggiato dalla vita” conclude indicandomi, lo guardo a bocca aperta, sto seriamente valutando di andarmene da questa casa, i miei amici sono cattivi.
“Al contrario di come credi tu, piccolo rincitrullito, io sono interessato ad avere una relazione seria ma purtroppo vivo a casa con un maiale-guarda Nate sorridendo malvagio- e ho per amico un cretino che non sa tenerselo nelle mutande e che praticamente passa più tempo nel mio divano a piagnucolare che a casa sua, quindi dimmi tu, come faccio a iniziare una relazione seria quando mi vergogno a portare una donna a casa mia per paura che voi possiate fare o dire qualche stronzata delle vostre, facendola quindi scappare a gambe levate?” se dovessi paragonare Mark a qualcuno ora lo paragonerei a un qualche personaggio malvagio dei cartoni animati, quando tutto attorno a loro si rabbuia e i fiori appassiscono, per non parlare del sorriso maligno con cui ci sta guardando, io e Nate incassiamo contemporaneamente la testa nelle spalle non sapendo neanche come obbiettare, Mark ritorna a parlare rendendosi conto che noi non spiccicheremo parola.
“Torniamo a noi, dato che sono sicuro che a riguardo non avete nulla da dire, perché non chiami e le parli? Ma prima di tutto, chi è Abby?” lo guardo in maniera circospetta e rispondo.
“Abby è la migliore amica di Ally, la sta ospitando da qualche giorno e non credo nessuna delle due muoia dalla voglia di parlarmi” spiego senza entrare nel dettaglio.
“Io capisco che Ally ti detesti ma mi spieghi come sei riuscito a farti detestare anche dalla sua migliore amica?” chiede Nate perplesso mentre Mark scuote la testa, sospiro e gli racconto tutto.
“Sono tentato di annullare la nostra amicizia” dice alla fine del mio discorso Mark, lo guardo risentito.
“Davvero amico sto iniziando a pensarci seriamente anche io” si unisce anche a Nate al coro del “rendiamo tutti infelice Jason perché è da sopprimere”.
“Non potete, ci conosciamo da una vita!” esclamo in mia difesa.
“Troppo, evidentemente” Mark continua a guardarmi con disprezzo.
“Ragazzi, dai…” anche se me ne vado che posso fare? Torno a casa per farmi scuoiare vivo? Vago in giro per la città per poi diventare un barbone?
“Dai Mark, anche lui ci ha aiutati tante volte, aiutiamolo” Nate sembra un padre che chiede alla moglie intransigente di essere ancora un po’ paziente con il loro unico figlio scapestrato, sbuffo.
“Va bene ma per favore Jas cerca di essere più riflessivo, non puoi fare sempre il cazzo confuso” concede infine il magnanimo Mark.
“Sono qui a chiedervi aiuto proprio perché voglio migliorarmi” sbotto spazientito da tutta quella pantomima.
“Bene, perché io ho già un’idea!” esulta Nate che sembra che nulla possa abbatterlo.
“Sarebbe?” inarco un sopracciglio quasi preoccupato.
“Noi, io e Mark, ora usciamo e andiamo a casa tua a parlare con questa Abby e in caso anche con Aloe” dice guardandoci con gli occhi che brillano, io e Mark lo guardiamo perplessi.
“E perché? Che dovremmo ottenere?” chiede Mark con una smorfia confusa.
“Ma come perché?! Cerchiamo di calmare le acque, magari questa Abby la convinciamo a interessarsi di nuovo alla faccenda e ci aiuta anche lei e se le cose vanno veramente bene magari riesco anche a…” non completa la frase che Mark lo interrompe subito.
“Non dirlo!” esclama.
“Farmela” completa lo stesso Nate ignorando l’amico, si premura anche di sorridergli dispettoso.
“E’ una ragazza che sta soffrendo per amore” lo rimprovera mentre io li guardo in attesa che si ricordino il motivo per cui dovrebbero fare tutto questo, ho la sensazione che si siano solo trovati un passatempo per questa uggiosa giornata.
“Per questo voglio portarmela a letto se è il mio tipo” gli risponde come se la cosa fosse ovvia.
“Sei un essere ignobile” ribatte Mark, Nate sta per rispondergli ma li interrompo prima che questo loro discorso duri decenni perché conoscendoli è una possibilità da non scartare.
“Se avete finito di parlare di cose inutili vorrei provare a sistemare la mia vita incasinata”
“Allora va bene il piano?” chiede a entrambi Nate.
“Ho alternative?” dice Mark.
“No” rispondiamo in coro io e Nate, il nostro amico sbuffa e si alza.
“Bene, sarà il caso di andare allora, tu sistemati, ordina il divano e prendi i vestiti di Nate, non farti trovare ancora vestito uguale che dai l’idea di essere un disperato, noi due sappiamo che lo sei non c’è bisogno di condividerlo con il mondo” mi guarda con un cipiglio severo mentre Nate spalanca la bocca per ribattere la parte che comprende i suoi vestiti.
“Perché i miei vestiti e non i tuoi?” chiede piccato.
“Perché io sto facendo già troppo per voi e questo è il prezzo del mio contributo” alza le spalle per poi dirigersi verso l’ingresso per sistemarsi senza aspettare oltre una nostra risposta.
“Andiamo allora, vedrai che sistemiamo tutto Jas” Nate mi sorride e mi da due pacche sulla spalla, poi si dirige anche lui all’ingresso e io lo seguo.
“Ragazzi, grazie” borbotto a disagio guardando la punta delle mie scarpe da ginnastica.
“Tutto ma le smancerie tra noi no, ringraziaci solo dopo e se riusciremo a renderti più simpatico agli occhi di due donne ferite, poi ti sdebiterai venendo qui a farci le pulizie o in qualche altro modo” mi sorride Mark mentre esce fuori casa.
“A me basta che ogni tanto ancora mi presenti qualche bella figa” dice Nate alzando le spalle, sorrido e annuisco ad entrambi e poi chiudo la porta.
Non mi resta che pregare per loro, nel caso non tornino dirò che si sono sacrificati per una causa pura, sorridente e molto più sollevato rispetto a quando mi sono svegliato mi lancio sul divano e accendo la televisione, cosa potrei dire ad Ally quando la rivedrò?
“Ehi, ciao! Sai siccome sono un coglione mi volevo scusare, che dici usciamo stasera?” Bocciata.
“Ehi, te l’ho mai detto che sei splendida e le tue tette me le sogno spesso? Ho sbagliato ieri ti va di uscire? Solo io e tu?” Ultra bocciata.
“Ciao Aloe, forse non te l’ho mai detto ma io penso tua sia una ragazza speciale, ti piacerebbe dimenticare ieri sera e uscire con me?” Assolutamente no. Scartata.
Improvvisamente mi assale il panico e se rovinassi di nuovo tutto perché non sono in grado di mettere due parole in fila senza fare incazzare qualcuno?
Se i miei amici riusciranno nell’impresa sono sicuro che è la mia ultima possibilità di provare a vedere se può nascere qualcosa tra me e lei, non posso rovinare tutto ancora, non è ammissibile… senza parlare poi del fatto che perderei anche i miei due migliori amici che sicuramente non vorranno più vedermi dopo che avrò reso vani anche i loro sacrifici.
Ma che parole si usano per scusarsi? Cosa potrebbe rabbonire Aloe?
“Vedi Ally io ho sbagliato, scusami, penso che tu mi piaci, non ti andrebbe di uscire con me?” Niente, non sono in grado, mi sbatto la testa nel bracciolo della poltrona nella speranza di partorire qualcosa di sensato, passa mezz’ora di varie ipotesi e nella mia mente c’è il deserto non mi resta che improvvisare, tremo al pensiero di cosa direbbero i miei amici sentendomi dire una cosa simile, è risaputo che io e l’improvvisazione abbiamo un rapporto controverso ma non vedo in che altro modo potrei comportarmi.
Chissà come sta andando tra i miei due migliori amici e Abby, spero lei non si stia nutrendo di loro tipo vampiro anche se la vedo difficile, Mark è troppo maturo per attaccare briga gratuitamente e Nate se la tira troppo per non affascinare qualunque esponente del sesso opposto.
Due ore dopo, ormai lavato e annoiato, finalmente il telefono suona salvandomi così da un ulteriore logoramento da suspance.
“Dovresti baciarci il culo ripetutamente per almeno un’ora buona” è la voce di Nate la prima che sento dopo ore, sta gongolando e straparlando quindi posso dedurre che è andata bene, mi apro in un enorme sorriso.
“Mi dispiace ma non bacio culi però avete la mia gratitudine, la mia immensa e sconfinata gratitudine. Allora, com’è andata?” chiedo poi curioso.
“Ha aperto Abby, Ally era fuori a fare una passeggiata, quando le abbiamo detto chi eravamo ci stava chiudendo la porta in faccia ma gliel’ho impedito mettendo un piede  tra me e la porta, me lo stava quasi amputando, a quel punto è intervenuto Mark cercando di dirle che eravamo dalla sua parte e che tu eri nostro amico ancora per poco ma che in onore della nostra vecchia amicizia volevamo proporle un modo sensato di fare stare te e Ally insieme” spiega, non oso immaginare quante me ne hanno dette.
“Immagino vi siate divertiti a sparlarmi” dico amaro.
“Solo all’inizio per avere la sua fiducia poi quando ha detto delle cose non vere su di te ti abbiamo difeso, hai abbastanza difetti di tuo senza che se ne inventino altri” lo sento sorridere dal telefono e sorrido anche io, le principesse hanno le fate madrine e i principi, come me, invece hanno due migliori amici stronzi ma sempre presenti, non potevo chiedere di meglio.
“Ragazzi siete meravigliosi” mi congratulo con loro.
“Avevo detto baciare, non leccare, il culo comunque sì è vero, siamo stati meravigliosi” si pavoneggia lui e glielo lascio fare, questa volta se lo sono meritati.
“Se avete finito di dirvi smancerie vorrei un attimo parlare con lui” sento la voce di Mark e poi rumori sinistri mi fanno intuire che ha strappato con poca delicatezza il telefono dalla mano di Nate.
“Ora, tu andrai a casa, Abby uscirà, parla con Aloe, scusati e prova a essere sincero con te stesso e con lei. Dopo dovrai cercare di essere il ragazzo che conosciamo sia io che Nate, non proprio perfetto ma sicuramente sei meglio di quello che hai mostrato fin ora di te stesso. Vai e fatti onore, se renderai vani i nostri sforzi la prossima volta che ti avvicini alla nostra porta ti sparo a distanza, fatti due conti” mi minaccia ma posso avvertire dietro al tono severo che in qualche modo è contento per me.
“Grazie ragazzi, appena succede qualcosa vi aggiorno, vi devo un sacco di favori” riattacco e corro fuori casa, non so cosa dirò ad Aloe, non so se mi ascolterà, non so se quello che dirò le basterà o se non sarà abbastanza, non so neanche come andranno tra noi le cose anche se ci sarà un chiarimento, l’unica cosa che so è che voglio che lei sappia che non l’ho rifiutata perché il problema è lei ma perché dentro la mia testa non tutto è sempre lineare, è pieno di intoppi, bugie, false righe e alla fine nonostante tutte queste interferenze io voglio farle sapere che vorrei provare a percorrere una nuova strada e vorrei che lei fosse con me, forse non dureremo neanche una settimana, forse dureremo per gli anni a venire, voglio solo che lei sia con me e che sappia che mi piace più di quanto mi è mai piaciuta nessuna.
Non so se è amore ma sono dell’idea che in queste cose non bisogna correre ma accettare che facciano il loro corso e prenderne quello che viene.
Magari non ci ameremo mai e allora qualsiasi cosa avremo avuto mi basterà.
Voglio lei e tanto basta.
Finalmente credo di sapere cosa dirle, corro più veloce che posso e in metro rimango fremente fino a quando non posso uscire e continuare a correre, apro il portone del palazzo con urgenza, spero lei sia a casa mentre faccio i gradini due alla volta, finalmente al mio pianerottolo mi volto in direzione della nostra porta con il fiatone e davanti scorgo una figura di donna, ha una capigliatura austera e dei vestiti perfettamente stirati tutti neri, picchietta il piede nervosamente e quando si accorge della mia presenza si volta a squadrarmi.
Il modo in cui mi guarda mi mette immediatamente in soggezione, non mi guarda con curiosità ma con la chiara intenzione di emettere un giudizio, come un’insegnante che prima di interrogarti vuole metterti più paura possibile perché nella sua mente ha deciso già che voto metterti e niente di quello che farai sarà mai abbastanza.
La cosa che mi turba di più però è che in qualche modo mi ricorda qualcuno anche se alla lontana, forse la forma del viso, o il colore dei capelli, proprio mentre nella mia mente si sta facendo largo il terrore accompagnato dalla consapevolezza, la figura severa davanti a me decide di palesarsi.
“Salve, sono Mrs. Morris la madre di Dafne Morris, lei sarebbe il coinquilino di mia figlia?” chiede continuando a osservarmi come se fossi un panda che sta strisciando il culo sul suo parabrezza, in un primo momento non capisco neanche di chi sta parlando poi la mia mente elabora che è il nome di Aloe e annuisco soltanto, non sono sicuro di avere abbastanza voce attualmente, questa donna mi sembra solo un oscuro presagio di problemi… gli ennesimi.
“Mia figlia non è in casa?” chiede ancora e io scuoto la testa, cazzo Jason parla!
“Lei è per caso muto? Disturbato? Parla la mia lingua?” mi chiede lentamente come se fossi o straniero o malato di mente, mi trattengo dall’alzare gli occhi al cielo, che donna insopportabile.
“No signora, mi scusi per non averle risposto in maniera adeguata, purtroppo mi sto ritirando ora in casa ma presumo che sua figlia non sia in casa” cerco di essere il più cerimoniale e delicato possibile anche se vorrei infilarla in ascensore e farla sparire.
“Oh, almeno sei americano, temevo fossi straniero” che simpatica, è anche razzista.
“La prego, si accomodi” mi faccio avanti e apro la porta dandole la precedenza per poi chiudermi la porta alle spalle, mi sento come un topo che si è messo in trappola, lei si guarda intorno con disprezzo, le indico il salone e lei prima di sedersi spolvera la poltrona, pulita, con un fazzolettino e la bocca piegata all’ingiù.
Sono tentato di sputare sulla poltrona solo per vedere se sviene o mi strangola ma mi siedo in maniera composta di fronte a lei mentre ci fissiamo a vicenda, e ora che dovrei fare?
Mando un messaggio allarmato a Mark e Nate.
 
Cazzo malato, ragazzi c’è quella strega di madre di Aloe qui, altro che dichiararmi se questa non si leva dalle palle non sono sicuro neanche di potere vivere qui. Avvertite Aloe o Abby, entrambe anzi. Siamo nella merda. Qualcuno mi aiuti, sono solo con questa megera, giuro che tra poco questa qua chiama la polizia solo perché si annoia e vuole levarmi dai coglioni. Mi odia e non ho aperto bocca.
 
Scrivo il messaggio in maniera febbrile mentre sento lo sguardo della donna perforarmi, mi disprezza e mi detesta anche se l’ho appena conosciuta, non prova neanche a camuffarlo è come se me lo stesse urlando. Prego che qualcuno venga a salvarmi presto.
Qualche minuto dopo mi arriva un messaggio in risposta al mio.
 
Vorrei capire cosa hai fatto per nascere così sfigato, Abby sta avvertendo Aloe, dice che se verrà qualcuno sarà solo Aloe, lei dice che con la mamma di Ally non vuole averci niente a che fare, ti augura buona fortuna.
 
Oh, ma che bello, quindi a breve saremo io, Aloe che mi detesta e sua mamma a cui faccio ribrezzo.
“Le piace New York?” chiedo tanto per fare conversazione, scombinandomi i capelli e cercando di sorridere in maniera calorosa, fallisco miseramente.
“No” dice soltanto congelandomi sul posto.
Qualcuno.
Mi.
Aiuti.

Angolo dell'autrice:
Alèèèè- oh oh!
Scusate ma il coro da stadio ci voleva, ora mancano solo fuochi d'artificio e trombette per rendere al meglio la festosità del momento.
Sto pubblicando, benedetta e maledetta ispirazione, è da giorni che ho il capitolo morto, scrivo un rigo e chiudo, fino a qualche ora fa scrivevo una frase alla volta e poi mi distraevo, un parto... doloroso, un travaglio lunghissimo ma alla fine ecco il nascituro, un capitoletto di appena 10 pagine ma in buona salute, non è eccelso ma neanche una mer*a totale quindi spero lo accetterete di buon grado, mi sono impegnata tanto pur di pubblicarlo oggi e non farvi aspettare oltre.
Spero non sia deludente e in qualche modo sia chiarificativo, all'ultimo c'è anche l'antagonista che si palesa, insomma non è all'altezza del precedente ma non è solo un capitolo di passaggio, un pochino sì però.
Scusate per l'attesa infinta davvero. T_T
Ma non sono troppo carini Jason, Mark e Nate? Gli voglio troppo bene. <3
Penso, ma non è sicuro, che questo sarà l'ultimo capitolo dal pov di Jason ma non è detto, non so quanti altri capitoli restano alla storia ma ancora ho delle cose necessarie da scrivere quindi non so dirvi un numero preciso ma credo che i tempi andranno stringendo ma non è detto niente, sono solo idee personali, non ho fretta di finire, ogni storia ha il suo tempo senza allungamenti nè abbreviazioni.  [Ma allora che lo scrivi a fare?! nd. tutti]
Grazie per la pazienza, grazie ai numerosi lettori del silenzio (non è un nome figo?), grazie a chi aggiunge la storia alle seguite/ricordate/preferite e grazie di cuore a chi recensisce, non sapete che gioia è per me leggere le vostre opinioni e quanto mi motivi nell'andare avanti. GRAZIE <3

A presto,
LittleSun

p.s. scusate eventuali errori al solito mi si attiva il correttore automatico e non distinguo più errori e non errori. X°D un giorno correggerò tutto, magari appena finisco la storia. ^_^

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Capitolo 19
*** Soltanto Dafne ***


Capitolo 19
Soltanto Dafne

“Stai scherzando, vero?” urlo al telefono mentre mi fermo in mezzo alla strada come se mi avessero appena sparato, dall’altro lato della cornetta Abby mortificata mi sta comunicando una notizia che mi ha spedita direttamente al centro dell’Inferno.
“Vorrei fosse così ma sai che non scherzerei mai su una cosa così… mi dispiace ma forse è il caso di affrontarla, prima o poi questo momento sarebbe arrivato, lo sapevi tesoro” dice con un tono carico di apprensione.
“Merda… scusa chiudo, a dopo...se sopravvivo” le rispondo stremata, non ho neanche la forza di dire qualcosa di più articolato, lei mi saluta e mi lascia a me stessa.
Ok, mia mamma è a casa mia, nel mio salone, vuole parlarmi e probabilmente farmi una lavata di capo e nella peggiore delle ipotesi trascinarmi a casa… deglutisco una massiccia quantità di saliva al pensiero.
Come se non bastasse Jason è a casa solo con lei e a quanto dice Abby è lì perché vorrebbe parlarmi, mi si secca la gola per il panico, che cosa può volermi dire? Scusa Ally ma mi sembri un pochino appiccicosa vorrei prendessimo le distanze, non voglio mi salti addosso ogni volta che mi vedi, va bene?
Non voglio parlare con nessuno dei due, maledizione, che se ne vadano al diavolo, magari se li lascio un altro po’ da soli si uccideranno a vicenda o mia madre sacrificherà  la vita di Jason in nome della salvezza dell’intelletto del cosmo, cosa altamente più probabile della prima ipotesi.
Vorrei davvero lasciare i due da soli e rendere la mia passeggiata interminabile ma qualcosa dentro di me, forse la parte sopita del mio carattere, mi dice che non è più il caso di scappare, di evitare di affrontare mia madre, di violentare Jason ogni volta che mi si avvicina solo perché non sono in grado di dirgli che da un po’ ho iniziato a provare interesse per lui, non posso stare tutta la vita a nascondermi, a scappare e farmi sottomettere dalle situazioni, è arrivato il momento di affrontare i fantasmi della mia vita, probabilmente non ne uscirò vincitrice ma se proprio devo perdere almeno voglio farlo senza tenermi dentro il peso di tutte le cose non dette.
E’ vero quando si dice che niente ferisce più delle parole, dentro di me dozzine di parole non dette ogni giorno mi feriscono e mi tolgono un pezzetto di me, pezzo dopo pezzo, cambiandomi ma è il momento di prendermi la responsabilità di quello che ho dentro è accettare che i miei atteggiamenti possono anche ferire qualcuno, che non devo per forza soffrire io pur di non fare del male a chi mi sta intorno.
Io probabilmente non renderò mai fiera di me mia madre perché non le vado bene a prescindere da quanto mi annullo per lei ed è una cosa con cui faccio i conti da anni e a cui mi devo rassegnare, devo accettare di non essere perfetta, di non andarle bene, devo accettare di essere Dafne e non solo Aloe, dentro di me devo lasciare il posto a tutte le sfaccettature della mia personalità, non posso essere solo la ragazza perfetta che sta male ogni volta che sbaglia, che preferisce scomparire piuttosto che vedere il disappunto negli occhi della madre, voglio essere anche la ragazza che scrive, che viaggia negli ampi cieli della creatività e che si lascia coinvolgere da un ragazzo, un ragazzo rozzo, cafone, senza interesse per l’igiene e facile come una donna di un postribolo ma altruista, divertente e libero, un ragazzo che in qualche modo mi ha cambiato e ha risvegliato dentro di me desideri che non avevo mai provato prima, che mi ha fatto capire che non sono solo un automa alla mercé della madre ma un essere capace di amare nonostante io non ami molto me stessa, è stato capace di farmi desiderare di essere di più di quello che sono perché voglio piacergli, voglio piacergli quando sono debole e crollo, quando sono forte e ottengo ciò che voglio, desidero che mi ami come non sono riuscita mai a farmi amare da mia madre e di più come solo una persona che ti ama può fare.
E’ come se davanti a me ci fosse una strada asfaltata, ben illuminata, creata da mia madre, una strada che percorro senza decidere nulla e che so che andando dritto mi condurrà esattamente dove altri vogliono che io sia e poi c’è quella strada terrosa, piena di crepe che devia dalla strada dritta e perfetta, non ho idea di dove conduca, potrebbe essere anche un vicolo cieco ma non mi spaventa, provo più paura nei confronti di qualcosa che mi impedisce di essere me stessa, preferisco sbagliare e ferirmi perché sono state le mie scelte a condurmi a quel punto piuttosto che continuare a fare sempre la cosa giusta ma ferendomi per conto di altri.
Percorrerò la strada impervia e misteriosa che ho iniziato a vedere solo grazie all’arrivo di Jason nella mia vita e se lui vorrà accompagnarmi sarò felice di tenere la sua mano mentre scopro cosa voglio davvero sennò sarò comunque felice di cambiare rotta, di andare fuori strada.
 
Guardo decisa davanti a me e nonostante le gambe tremanti e il cuore che sembra voler andare per la tangente prendo due grossi respiri e mi dirigo verso casa anche se la parte codarda di me vorrebbe solo che io mi nascondessi, probabilmente il mio animale totem è lo struzzo.
Il tempo impietoso scorre velocemente e in pochi minuti, nonostante io abbia fatto il più lentamente possibile, mi ritrovo davanti al portone dell’edificio in cui vivo, edificio che gradirei sparisse in questo preciso istante, un piccolo terremoto? Una tormenta? Un mini incendio? Niente? Madre Natura non vuoi aiutarmi?
No, a quanto sembra no… deglutendo più volte apro con mani tremanti il portone e decido di ignorare l’ascensore per salire le scale, un gradino alla volta, mooolto lentamente come se ad ogni gradino potesse scattare ogni sorta di trappola, in verità ammetto che sto ancora aspettando un qualche intervento divino che possa tenermi lontana da tutto questo, la calma piatta che mi viene in soccorso mi fa capire che non ho via di fuga ed infatti, sempre troppo presto per i miei gusti, mi ritrovo davanti la mia porta di casa che in questo istante mi sembra più la bocca spalancata di un mostro con delle fauci terrificanti che innocua superfice legnosa.
Dopo aver preso l’ultimo “coraggioso” respiro, inserisco la chiave nella serratura e con un movimento degno di un bradipo faccio scattare la chiave, al rumore della porta che si apre il cuore mi arriva in gola e vengo investita, una volta dentro, dal gelo di una casa silenziosa, tipico silenzio che di solito accompagna mia madre, è come se ovunque andasse la gente si reprimesse, sarà meglio che i governi non scoprano mai questo suo talento sennò potrebbero decidere di usarla come macchina per sedare rivolte.
Come un povero avventuriero che affronta la tormenta mi avvio verso il salone e apro la porta, immediatamente incontro gli occhi azzurri di Jason che mi guardano con un misto di sollievo, gratitudine e terrore che non so se è rivolto a me o alla donna austera di fronte a lui che nella sua posizione rigida mi sta fissando facendomi congelare sul posto, mamma.
“Dafne, bentornata” dice lei consapevole forse del fatto che dalla mia gola per ora non uscirà nulla, si alza e in maniera elegante si avvicina e accosta brevemente il viso al mio per scoccarmi due silenziosi baci.
“Mamma, che sorpresa, andato bene il viaggio? Ti posso offrire qualcosa?” maledizione a me che entro in modalità “domestica” non appena c’è lei nei paraggi, menomale che mi ero preparata uno stato d’animo valoroso e deciso… che coerenza.
“No cara, non sarà necessario e il viaggio è stato gradevole, ti ringrazio per l’interessamento” dice con una finta area gentile senza lasciarsi sfuggire una smorfia di disgusto, forse teme di prendere qualche malattia se poggia le sue regali labbra su una tazza della casa, la cosa mi diverte… ah se solo avesse visto la casa com’era all’inizio, probabilmente sarebbe scappata a gambe levate e questo pensiero mi fa venire voglia di fare scatenare Jason come solo lui sa fare in modo da creare il vecchio grande porcaio, pensando a quest’ ultimo per un breve istante poso il mio sguardo su di lui e vedo che è rigido come un manico di scopa e ci fissa perplesso, probabilmente gli sembriamo due estranee piuttosto che madre e figlia che si rivedono dopo mesi di distanza.
“Mi fa piacere rivederti ma posso sapere il motivo di questa tua visita a sorpresa?” chiedo poi timorosa ma stanca dei convenevoli.
“Certo cara, sono venuta qui per riportarti a casa visto il tuo precedente fallimento, non vedo il motivo per cui tu debba stare qui a mie spese senza concludere niente di buono, ci sono modi migliori di impiegare il denaro” ed eccola, l’immancabile stoccata, una stoccata degna della stronza di madre che mi ritrovo ed io da brava figlia sottomessa e plagiata quale suono chino il capo mordendomi le labbra e inizio a vibrare lievemente, oh sì, come sono coraggiosa, come sono valorosa… non mi merito niente, non sono neanche capace di difendermi, sto per annuire mandando al diavolo ore di riflessione quando la voce di lui mi riscuote fino alla parte più profonda del mio cervello e, soprattutto, del mio cuore.
“Ma che cazzate va blaterando?!” certo, il signorino poteva usare un gergo più raffinato vista l’interlocutrice ma comunque il suo intervento basta a farmi alzare lo sguardo per incontrare il suo, adesso anche lui è in piedi e ci sta fissando sconvolto, mia mamma dal suo canto lo sta guardando con un misto di disgusto e orrore, è riuscito a farla scomporre più del solito e la cosa dentro mi fa gorgogliare di gioia.
“Mi scusi ma non è affar suo, non so chi si crede di essere lei per mia figlia ma la invito gentilmente ad uscire da qui e a lasciarci sole” gli dice con un tono tagliente come cento lame, mi stupisco di non vederlo cadere a terra morto o fossilizzato sul posto ma probabilmente mia mamma ha questo effetto solo su di me visto che a queste parole Jason abbandona l’aria da ragazzino spaventato davanti alla maestra e sfoggia uno dei suoi sguardi più strafottenti del repertorio, uno usato molto spesso durante i nostri primi incontri.
“Veramente, gentile signora, lei non è nessuno per dire a sua figlia grande e vaccinata cosa deve o non deve fare, il suo istinto materno probabilmente lo ha espulso insieme a sua figlia il giorno del parto e la cosa mi addolora molto, per Dafne, ovviamente. Mi sembra giusto dirle che lei sa poco e niente di sua figlia se pensa davvero che sia un fallimento, è una ragazza intelligente come poche e che si impegna un sacco anche a costo di rimetterci con la salute, prima di divertirsi mette sempre davanti l’impegno finendo per non divertirsi proprio e non di certo perché gliene freghi qualcosa della giurisprudenza, lo ha fatto affinché la mammina, che sembra sempre avere una scarpa nel culo, fosse fiera di lei e invece lei, signora, cosa fa? La tratta come un fallimento, sa cosa è lei oltre un’ingrata? Lei è una stronza, sua figlia odia così tanto essere come lei vuole che dalle altre persone si fa chiamare con un altro nome, non Dafne ma Aloe.” Parla tutto d’un fiato con una rabbia che non gli avevo mai visto e usando dei termini che neanche in una vita parallela mi sarei aspettata di vederli usati nei confronti di mia madre, rimango a bocca aperta mentre delle lacrime silenziose sfuggono al mio controllo, mi sta difendendo come mai nessuno prima aveva avuto il coraggio di fare, certo forse mi sta complicando le cose ma il suo coraggio mi è d’ispirazione quindi al posto di detestarlo, come in passato avrei fatto, lo guardo con una gratitudine infinita mentre dentro di me sento maturare i miei sentimenti per lui come un frutto ormai maturo che è pronto per essere raccolto.
Mia mamma sta boccheggiando come un pesce appena pescato e lo sta fissando con gli occhi quasi fuori dalle orbite.
“Tu… Tu… lurido, zotico… Dafne è la verità?” dopo aver quasi maledetto Jason decide di girarsi verso di me per capire se quello che ha detto è la verità oppure è solo un ragazzo che delira, ed è qui che entro in gioco io, posso scegliere di negare tutto e passare il resto della mia vita fingendo o posso decidere di approfittare della strada che mi ha spianato Jason e finalmente liberarmi di tutto quello che ho dentro, la scelta anche se spaventosa a questo punto è facile.
“Sì mamma, è la verità, odio quello che mi hai fatto diventare, odio tutto quello che sono stata quando stavo con te, odio persino il mio nome e detesto tutto quello che mi hai imposto fino ad ora, ma la cosa peggiore è che per colpa tua ho detestato me stessa come forse non ho odiato neanche te, perché alla fine non è solo tua la colpa ma anche mia, mia che ti ho permesso di rendermi così, mia che ti ho permesso di ferirmi ripetutamente e di opprimere tutto quello che di me amavo ma che non ti piaceva. Ma sai cosa c’è? Mi arrendo mamma, tu non mi amerai mai e non posso più provare ad essere la figlia che vuoi perché non ti vado bene e non ti andrò mai bene, in realtà tu mi detesti e tutto di te mi fa capire questo ed io non posso più rovinarmi per te, non posso più essere chi non sono per farti contenta perché tanto non lo sei comunque.
A me dispiace di averti rovinato la vita e di non essere mai stata abbastanza, mi dispiace se anche ora ti sto deludendo ma io non voglio più questo per me, io voglio essere io, non quello che tu vuoi io sia. Scusami mamma ma non voglio più essere la figlia che vuoi, io non sono così” le parole mano mano che mi escono dalla bocca vengono accompagnate da grosse e calde lacrime, è così strano dire queste parole ad alta voce, sentirle rimbombare in una stanza e non solo nelle pareti della mia scatola cranica, non mi sembra neanche vero che sto rompendo le catene che fino ad ora mi hanno tenuto prigioniera, sono sollevata eppure non riesco a smettere di piangere, alzo lo sguardo e vedo di fronte a me lo stesso sguardo lacrimoso del mio, strabuzzo gli occhi per assicurarmi sia vero, mia madre mi sta guardando con la bocca semichiusa e delle lacrime che incrinano la sua solita maschera, con la coda dell’occhio vedo Jason lanciarmi un sorriso intenerito e uscire dalla stanza lasciandoci sole.
“Dafne, io ti chiedo scusa… io non avrei mai voluto essere così, non avrei mai voluto farti sentire in questo modo e ti chiedo perdono perché sono stata una madre terribile, ho sbagliato tutto con te, avevo paura tu ti ritrovassi un giorno a vivere la vita che vivo io ed ho iniziato a tentare di proteggerti non rendendomi conto che volevo proteggerti proprio da persone come me, come tua zia. Ho fatto tante scelte sbagliate nella mia vita, alcune imperdonabili e altre che non dimenticherò mai ma tu sei l’unica scelta di cui non mi pento, sono stata felice di metterti al mondo, volevo tu avessi l’opportunità di fare tutto quello che io non ero riuscita a fare, volevo tu fossi indipendente e invece sono diventata tutto ciò da cui scappavo e continuo a scappare, ti chiedo scusa per tutto il dolore che ti ho inflitto e per tutte le tue richieste di aiuto inascoltate, mi rendo conto solo ora di quanto io sia stata mostruosa, di come io abbia fatto di tutto per essere il carnefice del tuo Io e non me lo perdonerò mai, ti ringrazio piccola mia per avermi assecondato per tutto questo tempo, per non avermi mai urlato contro, per essere sempre stata così gentile con me anche se non lo meritavo, grazie e scusami.
Volevo solo che non ti capitasse di doverti trovare a dover dare conto e ragione a una persona come tua zia, dispotica, egoista e vendicativa. Mia sorella è da quando siamo ragazze che non mi perdona e mi tormenta, volevo crearti una strada sicura così da poterti trovare un giorno a non dover stare sottomessa a nessuna persona come lei… invece sono diventata esattamente come tua zia. Scusami Dafni, puoi perdonarmi? Potrai farlo un giorno?”. 
Mia madre non sembra neanche più lei, è come se si fosse spezzato un incanto che la teneva prigioniera, mi dice tutto piangendo, guardandomi come non mi aveva mai guardata, probabilmente una persona diversa da me l’avrebbe mandata all’Inferno e non avrebbe più voluto parlare con lei per ripagarla con la stessa moneta ma non io, è da una vita che voglio mia madre mi guardi come mi sta guardando ora, che desidero si scusi e finalmente mi dice più di quanto mi sarei anche solo sognata di sentire, io non posso non perdonarla, io non posso non darle una seconda possibilità perché voglio che lei mi accetti, voglio che lei veda chi sono e mi apprezzi per questo, senza neanche rendermene conto piangendo le corro incontro e la stringo in un abbraccio lacrimoso, lei a sua volta mi stringe forte e ci ritroviamo a piangere come due bambine, la ragazza che doveva essere perfetta e la donna che si credeva perfetta.
Non so quanto tempo passa e quanti litri di lacrime consumiamo entrambe ma quando ci scostiamo siamo entrambe imbarazzate ma sorridenti, mi allontano e la guardo con gratitudine.
“Se vorrai potrai finire giurisprudenza ma nel frattempo se sei interessata a seguire qualche altro corso dimmelo, ti darò quello che ti serve” mi fa un mezzo sorriso e capisco che sta cercando di rimediare, non mi sembra neanche vero che sto facendo una conversazione simile con la donna che è stata per anni il mio incubo, bastava davvero così poco? E’ questo quello che succede quando si apre il proprio cuore a qualcuno?
“Finirò giurisprudenza, non voglio lasciare a metà quello che ho iniziato ma mi piacerebbe seguire un corso di scrittura creativa e sceneggiatura” dico quasi timorosa e allo stesso tempo mettendola alla prova, lei inclina la testa di lato e fa un lieve sorriso.
“Non perdi tempo eh… sia come vuoi Dafne”.
“Posso davvero? Posso restare qui?” sto fremendo di una gioia quasi infantile ma incontenibile.
“Sì, meglio qui che a casa dopotutto… solo una curiosità, sei sicura che la convivenza con quell’individuo inappropriato sia la scelta giusta? Pensi sia all'altezza della tua compagnia?” fa una mini smorfia di disprezzo che mi fa sorridere, dopotutto non posso aspettarmi che diventi l’angelo della tolleranza dopo anni da despota e di certo Jason non ha fatto una bellissima impressione con lei.
“E’ un po’ rozzo ma è una brava persona, penso sia la scelta giusta” dico convinta, ora più che mai, di che persona splendida sia lui.
“Come credi tu tesoro, nel caso cambiassi idea ti finanzierò una tua qualsiasi altra scelta tesoro” e sembra sperarci davvero intensamente.
“Certo, grazie mamma. Mi chiedo… cosa dirai ora alla zia?” le chiedo infine consapevole che lei non riuscirà a evitare la nazi-zia (nazia) ancora per molto, al contrario mio, tra l’altro non l’avevo mai sentita parlare con termini di disprezzo nei confronti di mia zia, certo so che non sono affiatate dato che hanno più un rapporto piramidale, una in cima e una sotto l’altra, ma non mi aspettavo neanche lei pensasse questo di sua sorella.
“Le dirò la verità e se avrà problemi a riguardo le dirò che come cresco mia figlia è affar mio, probabilmente si arrabbierà ma anche io, come te, devo affrontare i miei fantasmi” fa un sorriso amaro e mi guarda sicura di sé, di certo mia mamma non è un agnellino ma non mi ero mai soffermata sul fatto che lei potesse essere sottomessa alla zia, non mi era mai passato per la testa.
“Grazie, mamma… come mai tu e la zia avete questo tipo di rapporto? Che è successo?” non so se sto osando troppo chiedendo ma voglio approfittare di questo momento per saperne di più.
“Dafne devi capire che io da giovane ho fatto delle scelte di cui non vado fiera, devi sapere che all’età di venticinque anni c’era un uomo molto affascinante ma più grande di me che faceva la corte a tua zia, a me però piaceva molto, anche più del lecito, così mentre i due programmavano le nozze io tentavo di farmi notare da lui, mi sentivo più bella di tua zia, più intelligente e molto più adeguata rispetto a lei, così di nascosto iniziai ad attirare l'attenzione di quest’uomo fino a quando lui non capitolò, non approfondirò questa parte, fatto sta che le nozze non vennero annullate, mia sorella rimase ignara e io e lui continuammo a vederci fino a quando cinque anni dopo non decidemmo di troncare tutto. Io volevo che lui mi amasse ma non voleva lasciare mia sorella e voleva me solo di nascosto quindi alla fine con dolore ho deciso di chiudere il nostro rapporto, capirai che comunque non smisi mai di vederlo perché era pur sempre tuo zio. Il fatto è che… mi sentivo in colpa nei confronti di tua zia che forse sospettava qualcosa ma era troppo orgogliosa per farne parola ma allo stesso tempo faticavo a dimenticare lui visto che lo dovevo incontrare spesso, i problemi però sono arrivati due mesi dopo esserci lasciati, quando ho avuto la conferma di un dubbio che mi portavo dentro da un po’ facendo finta di nulla, ero incinta, sola perché per anni avevo seguito l’uomo sbagliato e mia sorella invece si era scoperto da poco era impossibilitata ad avere bambini, furono i mesi più bui della mia vita ma come si nasconde una gravidanza a persone che si vedono ogni giorno? Così lo dissi a tuo zio e lui decise che era il momento di parlare con la zia, ci incontrammo una sera e le raccontammo tutto, lei non pianse, disse solo che questa cosa non doveva uscire da quelle quattro mura, che io e lui non ci saremmo più dovuti incontrare in privato e soli e che io avrei dovuto dire che la figlia era di un uomo qualunque…” mi guarda imbarazzata come non l’ho mai vista mentre mi racconta quella che capisco essere la storia di mio padre, io ho gli occhi sgranati e mi sembra di stare ascoltando la trama  di un qualche film di serie C e non di certo il motivo per cui sono al mondo, mia mamma poco dopo riprende con un lieve rossore a colorarle le guance.
“Così nella vergogna del giudizio degli altri ti ho partorita e ti ho cresciuto per il tuo primo anno di vita, io e tu sole, tuo padre ha passato un po’ di tempo con te ma quando lui veniva c’era anche tua zia che invece odiava me, te e lui. Mi giudicava sempre aspramente, criticava ogni cosa che facevo che ti riguardava e io non riuscivo ad oppormi perché mi sentivo in colpa nei suoi confronti e tuo padre anche, quando avevi poco più di un anno tuo padre si è ammalato gravemente e in pochi mesi se n’è andato lasciandoti una cospicua eredità e il resto a tua zia,  tua zia mi rinfacciò che le avevo portato via tutto e io l’ho fatta venire a vivere con noi, da quel punto il resto della storia lo sai anche tu… mi dispiace di non avertene mai parlato e soprattutto mi dispiace che i miei errori siano ricaduti anche sulla tua vita. L’eredità è ancora tutta nel tuo conto personale e da oggi puoi gestirla come meglio credi, non te l’ho detto prima perché avrei dovuto spiegarti questa storia e me ne vergogno ora così come allora” conclude il racconto guardandomi quasi con apprensione, io dal canto mio sono una statua di sale, ho anche un’eredità? Seriamente? Mi viene quasi da ridere… Se stamattina al mio risveglio avessi saputo la piega che avrebbero preso le cose non ci avrei creduto e pensare che fino a qualche ora fa ero solo una donna con il cuore spezzato amareggiata dall’ennesimo rifiuto.
“Mi servirà un po’ di tempo per metabolizzare la cosa che mio zio morto era in realtà mio padre” anche solo ripeterlo mi sa molto di telenovela spagnola tipo “Il Segreto” o una roba simile.
“Certo, è comprensibile… mi tratterrò qui solo fino a domani, dormirò in albergo, se ti va domani mattina puoi farmi fare un piccolo tour della città e magari possiamo sbrigare le pratiche in banca per farti accedere al tuo conto” dice quindi alzandosi, sistemandosi la gonna, l’acconciatura e guardandosi allo specchietto per sistemarsi il trucco.
“Va bene mamma, ti chiamo io allora domattina, grazie per la verità” dico alzandomi a mia volta e dandomi due piccoli schiaffetti sulla faccia giusto per vedere se sono sveglia davvero oppure è tutto un sogno, o un incubo, poi l’accompagno alla porta dell’ingresso, mi da un ultimo abbraccio e prima di andarsene guarda un ultima volta la casa alle mie spalle e fa una piccola smorfietta disgustata.
“Sei davvero sicura che qui ti piace?” richiede sperando di potermi fare vivere in un posto molto più adeguato, io scuoto la testa.
“Mi piace davvero” e non parlo solo della casa ma questo è meglio tenerlo per me, non credo sarebbe d’accordo.
“Come vuoi cara, a domani” mi scocca un ultimo bacio in guancia e se ne va.
Una volta sola, ancora frastornata, corro in camera e afferro il telefono per chiamare Abby che risponde dopo il primo squillo, chiaramente in ansia per me.
“Dio… grazie! Sei viva, com’è andata???” non riesce neanche a trattenersi, rido svuotandomi così di tutta l’ansia  che avevo covato fino ad ora.
“Bene, è andato tutto bene, meglio di quanto avrei solo osato sperare, ho tante cose da raccontarti, Jason mi ha pure difesa con lei all’inizio” il resto della storia lo saprà di persona quando la vedrò, certi racconti sono più avvincenti davanti a una tazza di the e tanti biscotti.
“Potrei uccidere per quanto sono curiosa ma dovrò aspettare, ora devi fare un’ultima cosa approfittando di questa giornata che sembra baciata dalla fortuna, parla con Jason, datti un tono e parla con lui, so che si meriterebbe un camion di scarpe nel culo ma fa come ti dico e basta” dice spazientendosi da sola alla fine del discorso, fino a stamattina voleva ucciderlo e vendere le sue carni al mercato nero e ora invece mi sprona a parlargli, com’è inspiegabilmente volubile la mia migliore amica.
“Ok, lo farò… spero bene. Ci vediamo stasera?” le chiedo poi mentre guardo l’armadio alla ricerca di qualcosa di meno sudato e lacrimoso da mettere rispetto ai vestiti insipidi e tristi indossati stamattina.
“Domani mattina, non stasera” dice lei e io allontano un attimo il telefono per guardarlo perplessa nella speranza mi spieghi il perché di certi atteggiamenti di Abby, non capisco dove deve andare.
“Dove vai?”
“Lontana da casa, non mi piacciono ste robe, sarò ospitata da… amici, diciamo” dice e io non capisco neanche di chi stia parlando, non sembra neanche convinta ma poi “ste robe” cosa sarebbero?
“Ste robe?” chiedo, infatti, al limite della perplessità.
“Nulla, devo andare, sono fiera di te baby, a domani… divertiti” ride e chiude il telefono prima che io possa chiederle altro, una volta caduto il silenzio rimango a pensare che forse se avessi studiato psicologia ora potrei aiutare Abby che sembra chiaramente disturbata.
Una volta rassegnatami all’idea che la mia migliore amica è psicolabile decido di concentrarmi su cosa indossare e alla fine opto dei jeans chiari attillati e un maglioncino rosa antico con la scollatura rotonda, rimango in ciabatte dato che non devo uscire, mi pettino i capelli lasciandoli sciolti e portandoli all’indietro con un cerchietto nero e dopo essermi assicurata di non avere trucco sbavato né occhi arrossati decido di dirigermi, con il coraggio residuo dopo una giornata così sfiancante, verso la camera di Jason per chiudere tutto quello che è stato, o non è stato, fino ad ora.
Busso alla sua porta pensando passivamente che non sono mai entrata nella camera di Jason, ne ho visto uscire fuori di tutto, da donne di tutte le etnie a Jason in varie tenute, anche seminudo, ma io non ho mai messo piede al suo interno, la porta mi viene aperta da Jason che mi guarda un misto tra l’agitato e il sollevato, probabilmente teme che io gli possa saltare nuovamente addosso e vuole mettere le cose in chiaro subito.
“Ehi” dice sorridendomi mestamente mentre si inizia a scompigliare i capelli distraendomi pietosamente dal mio obbiettivo iniziale, immediatamente mi impongo il controllo.
“Ehi, ti posso parlare?” certo, in apparenza sembro quasi più coraggiosa di lui che ora appare più atterrito di prima e a mio parere anche piuttosto indeciso.
“Si, certo, entra pure” borbotta infine dopo quello che mi sembra un interminabile dibattito interiore, questo suo atteggiamento virginale sta iniziando a urtare pietosamente il mio sistema nervoso, mi fa spazio per passare e così dopo mesi di convivenza finalmente entro dentro la sua stanza.
Tutto di quelle quattro pareti parla di lui, dal colore caldo scelto per le pareti, al letto messo di fianco alla finestra in modo da essere illuminato sempre dal sole, le numerose foto di paesaggi e non attaccate a caso nelle pareti e i numerosi quadri che sembrano fatti per imbrigliare con pennellate essenziali alcuni aspetti più variabili della natura, come un tramonto, un’alba, la pioggia su una foglia, il vento tra i rami secchi dell’autunno e le increspature dell’acqua.
Non mi stupisce che una persona istintiva come lui sia così interessata alla natura, probabilmente il rapporto tra uomo è natura è molto più simile a quello dei tempi antichi rispetto a quello della donna, inoltre penso che Jason sappia essere caldo come un sole nel pieno della giornata, improvviso come un temporale, rumoroso come una pioggia scrosciante e impetuoso come il vento, me lo immagino come una tempesta che porta scompiglio ma che poi lenisce le sofferenze, dovute alle intemperie, con un bellissimo arcobaleno che rende il cuore più coraggioso e la mente più leggera.
Non mi sorprende che una persona artefatta come me si sia invaghita di una persona così naturale, così sbagliata per me e allo stesso tempo così giusta.
“Mi sento un po’ a x-factor, pensi di bocciare o approvare la mia camera entro breve tempo?” mi chiede a un certo punto lui facendomi rendere conto del fatto che sono stata in silenzio per abbondanti minuti.
“Promossa, questa stanza rispecchia perfettamente la persona che la abita” dico sorridendogli rabbonita dalle ultime riflessioni, cosa che sembra incoraggiarlo dato che al mio sorriso risponde con un mezzo sorriso meraviglioso e un atteggiamento più rilassato.
“E cosa ti comunica?” dice senza abbandonare quel sorrisino e avvicinandosi impercettibilmente, inarco un sopracciglio al pensiero che stia cercando di flirtare con me.
“Tante cose ma non sono venuta qui per adularti” tronco di netto il flirt mentre i miei ormoni minacciano di uccidermi se rompo di nuovo l’aura di sensualità che crea Jason, in compenso il mezzo sorriso del mio coinquilino scompare di nuovo facendomi sospirare.
“E, sentiamo, per cosa saresti venuta qui?” chiede sospettoso.
“Innanzitutto per ringraziarti per poco fa se tu non avessi parlato io probabilmente mi sarei lasciata trascinare via da mia madre, invece tu hai smosso qualcosa dentro di me e ho risolto con mia madre ed è in gran parte merito tuo” mi propongo di iniziare dalla parte sicuramente più piacevole per arrivare al sodo del discorso.
“Figurati, purtroppo non so farmi i cazzi miei soprattutto quando le cose succedono davanti ai miei occhi e poi…” non so come vuole completare la frase perché si interrompe mordendosi il labbro in un modo così accattivante che vengo invasa da un sinistro languore totalmente fuori luogo per il discorso che si sta affrontando.
“E poi?” provo a incoraggiarlo guardandolo negli occhi e inclinando leggermente la testa, lui segue con gli occhi il movimento dei mie capelli che mi scivolano sulla spalla.
“E poi non voglio che tu te ne vada” alza le spalle e scombinandosi ulteriormente i capelli, tra poco sembrerà un pazzo, si mette a guardare fuori dalla finestra, io invece lo guardo con un espressione che di sicuro nessuno collegherebbe al mio quoziente intellettivo.
“Grazie” mi limito a dire rigida come un palo della luce e grazie a questa mia uscita glaciale crolla il tutto in un silenzio imbarazzante, mi stupisco nel non vedere i pinguini zampettare intorno a noi, pinguini che sicuramente Abby mi sbatterebbe nella schiena in preda all’ira sentendo il modo in cui mi  sono approcciata a Jason dopo che mi ha  una cosa assolutamente carina, fottuta me.
Non so quanti minuti passano fatto sta che sono paralizzata quando Jason riapre di nuovo bocca.
“Sono un coglione” dice quasi rabbiosamente e io lo guardo ad occhi sgranati non capendo dove voglia andare a parare con questo inizio di discorso strampalato.
“Lo dici per un motivo in particolare o per una rinnovata consapevolezza di te?” e di nuovo risulto più acida di un limone spremuto dritto in gola, non mi sono mai detestata così tanto.
“Ti ho mai detto che sei simpatica come una pertica su per il culo?” mi dice lui guardandomi, giustamente, risentito.
“No, ma fai bene a dirmelo ora, ti chiedo scusa…” dico mortificata, almeno l’orgoglio posso metterlo di lato visto che ho scelto di fare l’acida al posto che la ragazza amorevole.
“Non fa niente… Senti Aloe io mi sono comportato con te come il più coglione dei coglioni, sono stato una mezza sega, un mezzo coglione, non sai cosa avrei voluto farti e invece sono scappato come se al posto della vagina avessi una faccia di vecchia” dice il discorso con uno sguardo che definirei invasato e alla fine del tutto lo vedo che si azzittisce per poi guardarmi spiazzato per quello che ha detto ma mai spiazzato quanto me.
Penso di avere appena sentito il discorso più scadente e raccapricciante nella storia della mia vita, mando subito fuori dalla mia mente, per il mio bene, l’immagine aberrante di una vecchia al posto della mia vagina e tolgo anche la parte che riguarda le plurinominate parti maschili per soffermarmi sull’unica parte che mi sembra conti realmente qualcosa ovvero il “non sai cosa avrei voluto farti” ed infatti è una frase che mi fa salire in gola il cuore e fa andare a briglia sciolta la fantasia.
“Cosa stai cercando di dirmi?” chiedo incerta sul come reagire al suo sproloquio mescolato a un’apparente risposta indecente.
“Che mi attrai e che mi sono reso conto di non volerti solo portare a letto perché non voglio ferirti, perché tengo a te e non voglio essere io la causa per cui stai male” dice risoluto guardandomi probabilmente grato per non averlo lasciato lì in tronco dopo quel discorso agghiacciante, io non capisco se è un modo carino per dirmi che non vuole problemi con me anche se lo “attizzo” oppure sta cercando di dirmi altro, una parte di me si rifiuta di credere in questa ultima ipotesi… illusioni? No, grazie.
“Tranquillo, capisco cosa intendi, mi sono comportata in una maniera indecente e mi dispiace di averti messo in difficoltà, da ora in poi cercherò di mantenere tutto su toni meno indiscreti” alla fine opto per credere che il suo sia solo un modo per allontanarmi senza però sembrare uno stronzo mostruoso, con mio stupore lo vedo scuotere la testa divertito e poi con due falcate raggiungermi e guardarmi dall’alto in un modo che è tutto tranne lo sguardo di una persona che vuole distanziarsi, anzi.
“Forse hai frainteso, non sono bravo in questo genere di cose, sto cercando di dirti che non solo mi attrai fisicamente come non puoi neanche immaginare ma che sto iniziando a provare per te più di un sentimento schifosamente romantico e che mi piaci Aloe, mi piaci un casino” posa una mano su un mio fianco, alzando lievemente il maglione per accarezzarmi con delle dita intraprendenti un po’ di pelle del mio bacino ed immediatamente è come se il mio corpo tramortito dalle sue parole si fosse risvegliato in un rogo di lussuria infinita e brama.
“Non dici niente?” ghigna divertito della mia espressione da lama disturbato con problemi ormonali e io deglutisco preparandomi a parlare mentre una mia coraggiosa mano, stanca della mia passività, si avventura senza un mio ordine preciso ad accarezzargli i capelli.
“Non mi stai prendendo in giro, vero? Perché mi sono resa conto che tu sei entrato nella mia vita stravolgendomi, mi hai risvegliata da un torpore che mi stava lentamente uccidendo, mi hai salvato dai fantasmi della mia vita, mi hai peggiorata rendendomi una persona migliore e facendomi scoprire cose che non avrei mai immaginato potessero interessarmi. Ho iniziato ad anelare la tua vicinanza, il tuo modo di essere sensuale, gretto e allo stesso tempo così protettivo, mi hai fatto fare azioni spudorate che so provengono dalla parte più istintiva di me che ho sempre tenuto serrata, vedi che hai fatto? Mi hai liberata da tutte quelle catene che mi impedivano di essere me stessa e io ho iniziato a volere di più da te perché mi piaci, davvero tanto Jason e voglio di più” mentre lo guardo nei suoi occhi azzurri intensi e pieni di mille parole un’altra mia mano corre ad accarezzargli quella meravigliosa chioma bionda mentre l’altra sua mano si poggia sul mio altro fianco libero per avvicinarmi ancora di più a sé accorciando le distanze tra i nostri rispettivi corpi.
“Aloe…” mormora soltanto mentre non staccando gli occhi dai miei avvicina le sue labbra alle mie ed improvvisamente quel nome creato per delineare le due parti di me sulle sue labbra mi sembra così sbagliato, così fuori luogo, lui conosce anche Dafne e voglio che ami anche quella parte di me, voglio tornare ad essere Dafne senza dimenticare Aloe, gli poggio un dito su quelle sue labbra così invitanti e semichiuse.
“Chiamami Dafne” mormoro, lui sorride sulle mie dita e con una sensualità inaudita mi lecca lascivamente il dito che subito scosto dalle sue labbra mentre le guance mi si imporporano per la vampata di desiderio assoluto che sto provando.
“Dafne” sussurra lui avvicinandosi ancora un po’ ed io a quel punto mi sento leggera come una piuma e felice come non lo sono mai stata, lascio che le mie mani dai suoi capelli scendano ai lati del suo viso e lo avvicino a me facendo così, finalmente, congiungere le mie labbra alle sue con una voracità che solo una persona che non mangia per molto tempo può comprendere, un bisogno indispensabile, una necessità da cui dipende la vita, è così che percepisco questo incontro delle nostre labbra, uguale agli altri per certi versi ma diverso per molti altri; ad esempio lui non si scosta stavolta ma anzi mi tira ancora più vicina a sé facendomi inarcare la schiena in un gesto inconsapevole, le sue mani esplorano il mio ventre con una dolce irruenza per poi con una mano salire e soffermarsi sui miei capelli con cui giochicchia facendomi impazzire, le mie mani prima poggiate sul suo viso ora scendono a saggiare l’ampiezza delle sue spalle, la tonicità del suo ventre che si contrae al mio passaggio, è come un elisir di passione dal quale non posso smettere di attingere.
Mi scosto da lui quel tanto che basta per togliergli con mani tremanti, un po’ per passione un po’ per ansia, la maglietta e bearmi della visione divina del suo petto perfetto che sembra scolpito dal Bernini, i miei occhi incrociano i suoi che ora sembrano un mare in tempesta, rispondo al suo sguardo comunicandogli tutta la mia sicurezza e così lui si riavvicina a me quel tanto che basta per togliermi il maglioncino e accarezzare con mani sicure ogni centimetro di pelle che viene scoperto, sembra impaziente e così lo sono anche io, voglio di più, voglio tutto quello che può darmi.
Mi avvinghio con le braccia al suo collo e lui con una presa ferrea mi solleva facendomi incrociare le gambe ai suoi fianchi mentre le nostre bocche tornano a incontrarsi per fare giocare le nostre lingue che sembrano non saziarsi mai, le sue mani si poggiano sul mio sedere stringendolo lievemente e in una frazione di secondo sento la mia schiena poggiarsi sul morbido copriletto, il suo petto si scosta lievemente dal mio, le sue mani armeggiano dietro la mia schiena e in un momento di consapevole imbarazzo mi rendo conto che mi sta togliendo il reggiseno, mi sembra al quanto idiota da parte mia coprirmi ora anche perché tutto di me urla che voglio continuare anche se da questo momento in poi so solo la teoria ma come si usa dire: hai voluto la bicicletta? Ora pedala.
Sei bellissima, farò piano, te lo prometto” mi sussurra mentre mette in pratica tutte le sue arti da amatore baciando i miei seni in un modo così impudico che mi scappa un ansito degno di un porno cosa che sembra compiacerlo notevolmente.
Non so cosa proverò di preciso da qui a qualche minuto se solo dolore o infinito piacere oppure indifferenza totale (cosa che escludo per ovvi motivi) ma qualsiasi cosa sia so che voglio scoprirla tra le sue braccia e so di volere che sia lui a insegnarmi.
I suoi baci sul mio seno si fanno più roventi e mi sembra che la temperatura della stanza stia raggiungendo quote degne di qualche deserto africano non di certo di una giornata uggiosa di New York, una sua mano scende accarezzandomi il ventre per poi soffermarsi sui bottoni dei miei jeans e sbottonarli in una lenta tortura che mi fa sragionare, gli mordo il labbro inferiore in un chiaro invito a non tirare troppo la corda, lo sento sorridere sulle mie labbra.
“Sicura vuoi proseguo? Se andremo troppo oltre sarà più difficile fermarmi” mi dice lui galantemente, per quanto può essere galante una persona che accarezza la tua intimità da sopra la biancheria intima.
“Sono vergine non cretina, se osi fermarti domani troverai le tanto tue nominate balle appese al filo da stendere” minaccio ansante vittima delle sue carezze altamente eccitanti, lui ridacchia e da quel momento i sussurri divengono incomprensibili e lasciamo parlare i nostri corpi che si reclamano con un’urgenza incredibile, chi poteva dirlo che dentro di me avevo questo vulcano di desiderio?
I miei pantaloni presto raggiungono il mio maglione e il mio reggiseno sul pavimento seguiti poco dopo dai suoi, entrambi siamo sfibrati da questi preliminari che per quanto gradevoli sono solo l’antipasto di quello che immagino sia un lauto pasto, molto più completo.
Le sue carezze, accompagnate da intensi baci, si fanno sempre più insidiose e io mi avvinghio alle sue spalle con le mani mentre le mie labbra non si scollano dalle sue, le mie mutandine volano anche e così rimango nuda sotto i suoi occhi che mi stanno letteralmente divorando e io desidero lui lo faccia, in un altro momento probabilmente morirei per l’imbarazzo ma in questo momento non me ne può fregare di meno.
Dopo quelli che sono interminabili istanti di piacere accompagnati da un quasi orgasmo decido che è il momento di concludere con l’antipasto e incominciare la parte che si presenta più ostica ma sicuramente, a lungo andare, più interessante.
Gli abbasso i boxer  con un, inevitabile, tremore virginale che mi innervosisce ma che non riesco ad evitare, lui asseconda i miei movimenti e quando siamo entrambi nudi, mi divarica le gambe con un gentile movimento del suo bacino e ci si mette in mezzo, in questo istante non so se esplodere di felicità o perire e basta a causa dell’overdose di emozione che sto sopportando.
Accompagnando il tutto a baci bramosi, carezze dolci e parole incoraggianti finalmente diventiamo un tutt’uno, è una sensazione inspiegabile quella che sto provando, al dolore si mischia anche un gradevole formicolio che mi investe totalmente, i suoi movimenti lenti e comprensivi mi fanno sentire a mio agio e sopportare quel fastidioso bruciore che dopo qualche minuto di garbate spinte sembra quasi diventare sopportabile e con un incoraggiante movimento del mio bacino, lui accelera il ritmo finché i nostri respiri non si fondono, così come i nostri corpi che stretti l’uno all’altro piano piano raggiungono un travolgente piacere che sembra aprire la strada a tanti altri.
“Sei mia” mi sussurra sulle labbra prima di crollare esausto al mio fianco dopo numerosi amplessi, mi giro su un fianco ad ammirarlo e con un dito gli faccio dei ghirigori sul petto sudato, lui volta il viso verso di me e mi sorride radioso, ricambio spontaneamente, poi mi avvicina al suo petto facendomici poggiare sopra, io mi accoccolo tra le sue braccia mentre ci copriamo con le lenzuola, i nostri respiri piano piano rallentano lasciando tutto in silenzio che non necessita di parole, bastano i nostri sguardi, i nostri baci e i nostri occhi che si chiudono all’unisono per dire tutto quello che c’è da dire, proprio mentre stiamo scivolando nell’incoscienza decido che mancano altre poche parole per sentirmi veramente libera di tutto quello che tengo dentro.
“Penso di amarti” mormoro probabilmente a un Jason incosciente ma non importa a me basta poterlo dire ad alta voce, finalmente.
“Penso sia così anche per me” mi sento invece rispondere con mia grande sorpresa, poi con un sorriso beato scivolo in un sonno sereno che mi conduce in strade mai percorse, al mio fianco un uomo disordinato senza il quale, però, non potrei avventurarmi in questo viaggio pieno di cambiamenti.
Certe volte è solo andando fuori strada che abbiamo la possibilità di scoprire paesaggi e luoghi che altrimenti non avremmo mai esplorato.

Angolo dell'autrice:
Chi non muore si rivede... non sono morta ma per voi sicuramente lo sono stata, giustamente.
Sono stata imperdonabile non so se sia più colpa della negligenza patologica, dell'ispirazione sadica o di tutte le altre vicessitudini della mia vita, fatto sta che per scrivere questa storia me la sono vista con il signore. XDD
Chiedo umilmente e sinceramente perdono, grazie per la commovente pazienza che spero alcuni di voi dimostreranno e do ragione a chiunque nel frattempo mi ha fanculizzato.
Ho pensato molto in questo lungo periodo e credo di essere arrivata dove dovevo arrivare, ho pensato a che altro potevo fare succedere ma sembra che i miei personaggi volessero arrivare al punto di arrivo così è nato questo travagliato capitolo a cui è giorni (tanti giorni) che lavoro, non so se sarà di vostro gradimento, se lo detesterete e ammetto di essere in ansia.
La madre doveva redimersi? Si o no? Io ho scelto di sì ma voi cosa ne pensate.
La dichiarazione tra i due come vi sembra? Per me era il giusto culmine di tante giornate tempestose.
Ci sarà un epilogo a breve che è già scritto (nella mia testa) da tanto e non faticherò a metterlo per inscritto, sarà più leggero ma conclusivo.
Chiedo ancora scusa e grazie di cuore a chi mi ha seguito fino a qui, chi legge in silenzio, chi lascia la traccia del suo passaggio, chi ha dato una possibilità a questa storia e chi ha aspettato tutto questo tempo.
Grazie di cuore. <3
Nel prossimo capitolo farò i ringraziamenti in maniera più decente.
Alla prossima,
con affetto e tanto ritardo.
LittleSun
p.s. ho corretto tutto più volte ma certi errori sembra spuntare come funghi quindi scusate ma se lo rileggevo iniziava a starmi sulle scatole 'sto capitolo. çAç siate buone

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Capitolo 20
*** Epilogo ***


Epilogo
 
Un tiepido raggio di sole mi riscalda svegliandomi con dolcezza, guardo il posto vuoto accanto a me e sorrido accarezzando delicatamente con la punta delle dita le increspature delle lenzuola, poi mi guardo intorno, osservo la nostra stanza da letto con il suo color crema, il letto matrimoniale, con una bellissima struttura fatta di ciliegio lavorato, e i quadri alle pareti che mi portano sempre in luoghi meravigliosi ogni volta che il mio sguardo ci si sofferma, infine guardo fuori dalla grande vetrata e osservo le vette dei palazzi che si stagliano sull’azzurro del cielo, come dei titani che vogliono proteggere la città, e sorrido pensando a quanti cambiamenti ci sono stati in questi ultimi sette anni.
Non posso, quindi, fare a meno di ripercorrere, con il sorriso sulle labbra, il ricordo della sera di quando, dopo un anno di relazione, Jason mi aveva chiesto di andare a vivere insieme come una vera coppia in un appartamento tutto nostro, per chiedermelo però non aveva scelto un’occasione intima e normale degna dei migliori film d’amore, ovviamente, ma aveva preferito farlo durante una serata di festeggiamento in cui erano presenti i nostri amici più cari e persino mia madre, lui aveva giustificato la cosa dicendo che voleva al suo fianco tutte le persone che ci avevano sostenuto durante tutti i nostri casini ma tutti i presenti sapevano che in realtà era solo un atto di consueto egocentrismo.
Non potevano mancare quindi all’appello persone come Abby, Nathy, Mark e Nate, che avevano vissuto gli alti e i bassi del rapporto tribolato tra me e Jas, ma c’erano anche Cloe con i suoi due figli, Annie e Mike, e non mancava neanche mia madre che ormai almeno ogni due settimane veniva per un weekend per trascorrere del tempo con me e cercare di sistemare il rapporto costellato di sofferenze che avevamo costruito durante tutta la mia infanzia, non era facile e tutt’oggi a distanza di anni, a volte certe ferite tendono a non volersi rimarginare ma mia madre ha fatto tanto per me e Jason nel corso del tempo e, soprattutto, in piccole dosi.
Dopo quel famoso giorno in cui tutto era cambiato, dentro e fuori di me, non era stato facile delineare quello che c’era tra me e Jason, a volte tornavano le mie paure, a volte lui sembrava disinteressato, altre volte litigavamo per il modo diverso di approcciarci alle cose della vita però tutto sommato ogni difficoltà ci aveva portato a stringere di più il laccio che ci legava tanto che arrivati ad un certo punto immaginarmi senza di lui risultava quasi impossibile, sarebbe stato come se ad una ballerina fosse amputato un piede.
Avevamo iniziato a conoscerci meglio sin dall’indomani della nostra prima volta quando gli avevo raccontato tutto dalle mie paure più profonde all’ultimo dialogo avuto con mia madre, lui mi aveva confortata e incoraggiata a farmi forza in quel periodo di cambiamento perché la parte peggiore, a suo dire, era appena finita, lui poi mi aveva raccontato un po’ della sua infanzia, della sua amicizia con i suoi due migliori amici, del rapporto con i genitori, della sua adolescenza e infine delle sue ambizioni future, tutto quel parlare di noi ancora avvolti nelle lenzuola stropicciate era stato quasi più intimo del rapporto stesso avvenuto la notte prima.
Quando avevo raccontato tutta la storia ad Abby, lei, aveva riso sonoramente e poi mi aveva abbracciata forte quasi in lacrime quando le avevo parlato della storia che mi aveva raccontato mia madre, inoltre finalmente avevo avuto modo di sapere dove era andata a dormire la sera prima… da Mark e Nate, cosa che mi aveva divertito e incuriosito non poco ma che mi era stata più chiara non appena mi aveva raccontato del dietro le quinte di quel “famoso” giorno, praticamente quei tre erano un po’ il Deus ex machina della mia relazione con Jason.
Durante quell’anno se i rapporti con mia madre erano migliorati quelli con mia zia invece avevano trovato una loro conclusione definitiva nel momento in cui lei aveva deciso di troncare ogni rapporto con la sottoscritta e così continua ad essere a distanza di anni nonostante i numerosi cambiamenti, per il resto mia madre e Jason continuavano a sembrare due soldati nemici che si incontrano in un territorio neutrale, anche se avevo il sospetto che a mia madre in realtà Jas piacesse molto solo che era troppo orgogliosa per ammetterlo.
Penso però che abbia accettato del tutto la presenza di Jason nella mia vita quando il nostro primo natale insieme lui le regalò un grande quadro fatto da lui, appositamente per lei, in cui era raffigurato un paesaggio innevato illuminato da una tiepida alba che smussava la freddezza di tutto quel gelo, un quadro molto evocativo e veritiero che io avevo apprezzato molto e che mia madre si era limitata ad accettare con un mezzo sorriso, che aveva fatto entrare in crisi artistica Jason, anche se poi qualche mese dopo, quando eravamo andati a trovarla, lo avevamo trovato appeso in salone e quindi avevamo compreso quanto in verità lei avesse apprezzato il gesto del mio fidanzato, dopotutto, come aveva detto Jason quel giorno, uno scorpione non può diventare una farfalla dall’oggi al domani, io gli avevo ricordato che gli scorpioni non diventano mai farfalle e lui mi aveva risposto con un sorriso drammatico accusandomi di essere creativa come una pertica.
Da allora mia madre, comunque, aveva evitato di tartassarlo ogni volta che era nei paraggi, al massimo lo ignorava, cosa comunque migliore rispetto agli attriti precedenti e che aveva portato un clima di pace di cui mai avrei pensato di poter far parte.
Al contrario di mia madre, però, i genitori di Jason invece erano stati calorosi e affettuosi sin dal primo istante tanto da farmi commuovere, la madre del mio ragazzo mi aveva raccontato storie esilaranti su un Jason pacioccone e i suoi amichetti, mi aveva fatto vedere delle foto così tenere che non ero riuscita a non richiederne una copia da portare a casa, dopotutto lo amavo anche per il suo lato da “cicciottello dimagrito” e volevo custodire e amare ogni singolo suo ricordo dell’infanzia dal più bello al più brutto, così come lui faceva ogni giorno per me.
Abby aveva iniziato a frequentarsi con Mark, tre mesi dopo l’inizio della mia relazione con Jas, e ormai, pure loro, stanno insieme da quasi sette anni, Nathy e Nate invece avevano avuto un rapporto di sesso per un annetto scarso, in cui tutti speravamo facessero il passo avanti, ma non sono mai riusciti ad andare oltre l’aspetto puramente fisico e adesso lui è ancora un fiero marpione single e lei invece è fidanzata con un diligente avvocato amante del rock che mi aveva presentato ad una sua cara amica direttrice di una casa editrice.
E tutto ciò mi riporta alla famosa serata, di poco prima, organizzata per festeggiare la pubblicazione del mio primo libro per bambini, dopo cena ci eravamo diretti tutti nel piccolo salottino del nostro vecchio appartamento a brindare al mio successo e Jason improvvisamente aveva fatto tintinnare un bicchiere e si era inginocchiato ai miei piedi con una scatolina in mano facendoci rimanere di sasso, mia mamma era quasi svenuta, Nate e Mark avevano detto delle parole irripetibili e Abby si era alzata urlando “ommioddio, ommioddio”, io ero rimasta semplicemente di sasso, una scultura di marmo nel salottino, in quel momento ero rimasta incredula a fissarlo non capacitandomi di tanta impulsività, dopotutto a quel tempo un anno di relazione non mi sembrava un valido motivo per sposarci, dovevamo testarci meglio, conoscerci più affondo per non rischiare di essere quelle coppie che si sposano d’impulso e dopo metà anno sono in crisi e divorziano, volevo di più da noi senza però affrettare i tempi.
Lo avevo guardato inebetita ma il suo sguardo non era quello di uno che si appresta a chiedere alla donna amata di sposarlo, sembrava più lo sguardo che aveva ogni qualvolta che mi rubava l’accappatoio per farmi uscire dal bagno nuda, arrabbiata, ma pur sempre nuda, quello sguardo che definivo “monelleria allo stato terminale”,  lo avevo fissato dubbiosa per capire cosa cavolo stesse combinando stavolta ma non mi venne in mente nulla, nel frattempo intorno a noi c’era il caos, Abby stava tentando di rianimare mia madre sventolandole un fazzolettino davanti la faccia mentre quella invocava Dio e tutti i santi affinché fermassero tutto.
“Dafne, è ormai un anno che ti ho al mio fianco e che condividiamo la quotidianità giorno dopo giorno e mi sono reso conto qualche giorno fa che io voglio di più, non voglio solo dividere con te il letto occasionalmente…”
“Impudente! Depravato! Davanti la madre dire queste cose!” sbraitò mia madre improvvisamente energica mentre Abby si asciugava le lacrime al suo fianco, non so se dovute alla commozione o alle risate.
“Io voglio che condividiamo un unico letto ogni giorno, voglio che abbiamo uno studio dove dedicarci alle nostre attività, un salone arredato da noi, voglio che ci creiamo uno spazio tutto nostro, voglio di più di una stanza affittata in una casa dove ci sei anche tu, io voglio…”
“La sposa, si sposeranno… così giovani” sentii biasciare sofferente a mia madre che si stava facendo nuovamente aria con un fazzolettino.
“Io voglio che andiamo a convivere in una casa tutta nostra” detto ciò, lasciandoci tutti di stucco mentre gli altri si sporgevano per vedere meglio il contenuto della scatola vellutata, aprì la scatoletta in cui all’interno, però, non c’era un meraviglioso anello ma bensì una chiave di medie dimensioni con disegnato sulla parte superiore uno smile giallo, a questo punto mia mamma era rimasta così sollevata che ringraziava Dio con così tanto ardore che iniziai a temere che iniziasse una carriera monastica, le mie due amiche ridevano con le lacrime mentre Nate e Mark mandavano a fanculo il loro amico che gli aveva fatto quasi venire un colpo apoplettico spiazzandoli a quel modo.
Io invece, nonostante non si trattasse di una proposta di matrimonio, trattenevo le lacrime perché il suo discorso mi aveva commossa profondamente e smosso qualcosa dentro, il fatto che volesse una casa nostra mi riempiva il cuore di amore, è vero che era come se vivessimo già insieme ma avere due stanze in affitto non poteva essere ritenuto uguale a costruirsi da zero uno spazio nostro che ci rispecchiasse.
“Dillo bene” gli ordinai ridacchiando alla fine, lui mi ammiccò facendomi contorcere le budella.
“Giusto. Dafne, mia sexy musa, vuoi venire a convivere con me finchè padrone di casa non ci sfratti?” rise nonostante il tono serio e gli occhi che gli brillavano come se avessero dentro una costellazione, senza riuscire a trattenermi gli balzai al collo e lo strinsi forte, per poi dargli un lunghissimo bacio che venne interrotto solo quando gli strepiti di mia madre non divennero simili a urla di aquila e le risate intorno a noi non superarono il volume normale.
Alla fine si era scoperto che quella chiave portava a un piccolo appartamento che un collega di Cloe aveva da poco ristrutturato e che Jason grazie ai suoi primi incarichi aveva deciso di affittare, la casa era una pagina bianca della nostra vita, insieme decidemmo i colori  delle pareti, ogni singolo mobile, persino di che colore mettere le tende, quando durante la pittura della stanza da letto avevo chiesto a Jason se per caso non avesse azzardato troppo affittando una casa senza il mio benestare con il rischio che rifiutassi, lui aveva riso sonoramente e aveva detto, certo al cento per cento, che io non avrei mai potuto rifiutare questa proposta perché io e lui ci amavamo allo stesso modo e quindi siccome lui non avrebbe mai rifiutato non era possibile che lo rifiutassi io, la sua motivazione era stata così candida e sincera che mi aveva fatto ridere di cuore.
Un rumore fragoroso mi riscuote dai miei ricordi facendomi sobbalzare sul letto, scatto a sedere e mi guardo intorno per capire da quale stanza proviene il frastuono, mentre mi sto mettendo in piedi un altro rumore metallico, come se ci fosse una pioggia di pentole, mi fa capire immediatamente che in cucina Jason sta facendo un gran casino, mi scappa una risatina quando oltre al rumore di oggetti sento anche delle storpiate imprecazioni di Jason e una piccola risatina cristallina che accompagna il tutto.
Il mio sguardo vola sul comò dove ci sono varie foto dalle più vecchie alle più recenti, mi soffermo su una foto scattata al mare dove ci siamo io e Jason, rossi come pomodori maturi ustionati dalla fronte al mignolo, e una bambina di circa un anno, bianca a causa dell’eccessiva quantità di crema protettiva, che guardiamo l’obbiettivo sorridenti.
Il ricordo della prima volta a mare mia e di Jason come genitori mi strappa un sorriso, quella volta ci eravamo così preoccupati per due giorni di proteggere Liza da qualsiasi raggio di sole, dopo il terrore psicologico subito dalla pediatra, che ci eravamo scordati di proteggerci noi dal sole finendo così per ritrovarci poi, alla fine del weekend, con una figlia immune ai raggi UV e due genitori cotti a puntino, eravamo stati così male dopo che era dovuta venire ad aiutarci mia madre, io e Jason eravamo totalmente K.O. per la febbre e per il dolore dovuto alle papole.
Diventare genitori non era stata proprio una cosa programmata ma tre anni dopo l’inizio della nostra convivenza avevamo dovuto far fronte anche a questo importante cambiamento, i primi due mesi ero stata davvero male, uno dei periodi più bui della nostra relazione, perché avevo paura di diventare madre e sostenevo che non ero pronta io così come non lo era Jason, non tanto da un punto di vista lavorativo dato che economicamente ce la passavamo bene ma più che altro da un punto di vista psicologico, una settimana di quegli orribili mesi avevo pensato addirittura di abortire ma Jason si era ribellato così accoratamente e mi era stato vicino così pazientemente che alla fine ero uscita da quel tunnel buio e freddo, avevo capito che eravamo pronti e che, come diceva Jason, avevamo tempo per imparare ad essere due bravi genitori.
Tutti quanti si erano rivelati più che felici della notizia quando l’avevamo comunicata solo al terzo mese, una volta che era stata avviata positivamente la gravidanza, mia mamma si era commossa, Abby aveva pianto e Nathy mi aveva comprato una serie di tutine coloratissime per bambini, dopo quell’iniziale primo momento difficile, erano stati sei mesi meravigliosi ed il giorno del parto alla fine, dopo aver quasi rotto una mano a Jas, ero riuscita a mettere al mondo la mia bambina e non c’era stato niente di più bello se non stare tra le braccia dell’uomo che amavo con in braccio una creaturina tutta nostra. In quel momento mi ero resa conto di non avere mai amato nessuno così tanto, oltre Jason ovviamente.
Jason era diventato una specie di prolungamento di Liza, non appena la vedeva si illuminava tutto come le strade a natale ed era apprensivo all’inverosimile, all’età di un anno per sbaglio aveva calpestato una manina di Liza ed eravamo dovuti correre all’ospedale non per la bambina, che fortunatamente non si era fatta nulla, ma perché lui una volta vista l’orma della scarpa sulle piccola dita era svenuto senza neanche darmi il tempo di rassicurarlo, avevo dovuto chiamare Abby e Mark per sollevare quel peso morto di fidanzato.
Certo anche a me erano capitati eventi esilaranti e spiacevoli al tempo stesso come quando avevo tentato di tagliare le minuscole unghie di Liza quando aveva solo cinque mesi e per sbaglio le avevo preso un po’ di pelle facendole uscire del sangue, dopo avere urlato come un albatros impigliato in una rete e avere vomitato, ero purtroppo svenuta anch’io, oppure quando il sabato precedente eravamo andati tutti e tre insieme al lunapark e Liza ci era sfuggita di mano ed era corsa al centro dell’autoscontro facendo quasi venire una sincope ai suoi poveri genitori, così mentre io urlavo frasi senza senso e nell’autoscontro si creava il panico, intanto che gli sventurati autisti cercavano di non investire la bambina, Jason era salito su una macchinetta in movimento ed era andato a tutta birra a prendere sua figlia che rideva beata e batteva le mani mentre il papà le faceva fare il più bel giro della sua vita sull’autoscontro, Jason era sceso da quella minuscola macchinetta vecchio di cent’anni per  colpa della paura.
Tutto sommato però essere genitori, a parte certe brutte paure, era stata una delle esperienze più gratificanti della nostra vita, convenivamo entrambi che era stato il migliore dei nostri errori di percorso perchè Liza ci aveva completati.
Un altro rumore assordante mi riscuote definitivamente dai miei pensieri e ancora frastornata mi dirigo in cucina dove adesso le voci sono più forti.
“Papà, ti sei fatto male? Chiamo la mamma?” sento chiedere  a Liza che adesso ha quattro anni ed ha una parlantina notevole.
“No, amore lasciamo dormire la mamma oggi è il suo compleanno” sento borbottare a Jason mentre probabilmente sta spazzando dei cocci di qualcosa.
“Hai rotto la tazza preferita della mamma” costata mia figlia mentre io alzo gli occhi al cielo.
“Lizzy amore non roviniamo il compleanno alla mamma dicendole della tazza, domani poi le diciamo cos’è successo, ok?”
Non do il tempo a Liza di rispondere perché entro in cucina, o meglio, nella mia ex cucina, adesso campo di guerra con impasto ovunque nel tavolo e una tonnellata di pentole sparse per il pavimento.
“La mamma sa già cosa è successo e la mamma ha detto più volte al papà di contenersi quando sta in cucina” sorrido con aria di rimprovero mentre Jason tutto impiastricciato, pure nei finissimi capelli biondi, mi guarda con un sorriso tirato da chi è stato preso con le mani nel sacco.
“Mammina!” Liza salta giù dalla sedia, ancora nel suo pigiamino rosa, e mi corre incontro per poi saltarmi in braccio, la stringo subito in un grande abbraccio e quando mi scosto noto che anche i corti capelli biondi di mia figlia sono sporchi così come il mio pigiama adesso, alzo gli occhi al cielo.
“Lizzy amore puoi dirmi cosa state combinando tu e papà?”
“Auguri mammina, ti stavamo facendo una torta, papà mi ha svegliato all’alba, gli uccellini dormivano” mi racconta mia figlia indicando il padre che adesso, sotto il mio sguardo di inquisitore, ha l’aspetto di un cane bastonato.
“Hai svegliato all’alba la bambina?” chiedo affilata.
“Auguri amore mio?” svia il discorso Jason avvicinandosi e dandomi un veloce bacio sulle labbra facendomi scappare un sorriso.
“Per oggi passerò sulla cosa, quindi? Dov’è questa torta?” chiedo ridacchiando e sedendomi con ancora aggrappata addosso Liza che non sembra volersi scollare da me.
“Papà dai la torta alla mamma!” gongola Lizzy battendo le manine paffute mentre si formano delle fossette sulle guanciotte rosee e gli occhioni castani le brillano entusiasti.
Jason non se lo fa ripetere due volte e con un gran sorriso, ancora tutto arruffato, mette sul tavolo una torta al cioccolato parecchio sbilenca con su scritto con la panna spray “Augrui Armoe”, mi scappa una risata e non posso fare a meno di guardare con gli occhi lucidi le due persone più importanti della mia vita.
“Ha voluto scrivere a tutti i costi Lizzy” spiega Jason sedendosi vicino a me e accarezzandomi con il pollice una mano stretta nelle sue.
“Brava la mia piccola” dico facendo nasino-nasino con mia figlia che ride felice soddisfatta della sua opera.
“Si può mangiare?” chiedo sorridendo a Jason che sembra vagamente e, inspiegabilmente, in ansia; lui annuisce, si alza e divide, molto concentrato, la torta in fette medio-grandi, alla fine ne mette solo una davanti a me e mi guarda colmo di aspettative, inarco un sopracciglio perplessa e guardo Lizzy che mi sorride.
“Voi non mangiate?” chiedo e mi ritrovo a assistere ad una scena buffissima, mia figlia annuisce convinta e Jason scuote la testa vigorosamente, Lizzy poi notando il papà scuote la testa pure.
“Non so cosa stiate combinando voi due ma vorrei mangiare in vostra compagnia e non sola, va bene?” e così Jason molto sconfortato da una fetta pure a Liza e poi una a se stesso, a quel punto iniziamo tutti a mangiare, la torta ha un aspetto pietoso ma un sapore buonissimo, la mangio appagata mentre Liza prende grossi bocconi della sua fetta, l’unico che mangia come un pulcino e guarda ogni mia cucchiaiata è Jason che non appena vede il mio piatto vuoto diventa pallido come un cencio, non faccio in tempo a chiedergli cosa cavolo gli prende che improvvisamente Liza inizia a tossire e diventa paonazza, Jason scatta in piedi e corre da nostra figlia mentre io le do terrorizzata delle vigorose pacche sulla schiena quando la vede cambiare colore.
“Oh merda, oh merda cazzo, oh merda porca, la R, la R era spostata” da anche lui delle pacche sonore a Lizzy che ci guarda spaventata mentre io sono sul punto di avere un crollo isterico.
Liza ad un certo punto sembra ingoiare e riprende fiato ansante e con gli occhi lacrimosi, io la stringo a me ancora tremante e Jason si lascia cadere su una sedia con le mani a sorreggergli la testa.
“Amore stai bene? Ti è andata di traverso la torta?” chiedo a Lizzy dopo che ha bevuto un bel po’ di acqua e il colorito è tornato quasi normale, al contrario di quello di Jason che adesso è violetto, Jason è stato sempre strano ma mai quanto oggi.
“C’era qualcosa di duro che non voleva scendere” mormora mia figlia guardandomi con gli occhioni sgranati, non faccio in tempo a confortarla che Jason è già in piedi e ci guarda con un espressione da pazzo.
“Dobbiamo andare subito all’ospedale!!! Mettetevi le giacche” detto ciò esce dalla cucina e ritorna con il cappotto sopra il suo pigiama e gli altri nostri due soprabiti.
“Non ti sembra esagerato?” chiedo mentre lo guardo sconvolta, mia figlia invece si sta mettendo la giacca anche se tutta storta.
“Credimi, dobbiamo andare subito all’ospedale!” dice lui avvicinandosi per aiutarmi a mettere la giacca.
“Jason ma che ti prende? Sembriamo scappati di casa, siamo tutti in pigiama e tu e Lizzy sembra che avete rapinato una pasticceria, diamoci una lavata e andiamo” cerco di farlo ragionare mentre con figlia in braccio e mano sulla mia schiena ci guida tutti fuori di casa.
“Dafne avevo messo una cosa nella torta che dovevi trovare tu e temo che l’abbia ingoiata Lizzy” dice evitando il mio sguardo mentre ci precipitiamo giù dalle scale, mi scappa un’imprecazione vergognosa che persino mia figlia mi rimprovera.
“Ma ti sembra normale? Che roba era? Mi volevi ammazzare? O volevi uccidere tua figlia?” sbraito mentre ci infiliamo in macchina a pressione con tanto di pantofole ai piedi, Lizzy, adesso ripresasi, sembra trovare tutto esilarante dopotutto sta uscendo in pigiama con mamma e papà, un sogno che si realizza.
“Lo avevo inserito in modo che coincidesse con la lettera R della parola amore ma avendo poi fatto scrivere a Lizzy la R si è spostata e non ci ho pensato più perché poi sei arrivata tu” mi spiega mentre sgomma per strada a super velocità.
“Tu sei un coglione Jason, un gran coglione” gli dico fuori di me mentre poi intimo a Lizzy di non imitare mai la mamma.
Arrivati all’ospedale posteggiamo alla meno peggio e sfrecciamo diretti al pronto soccorso pediatrico, una volta arrivati dopo una fortunata prima attesa veniamo accolti da un medico che ci guarda perplesso.
“Sono il dottor Bolder, che è successo alla piccina?” chiede osservando confuso mia figlia che sembra scoppiare di salute a parte il fatto che si è fatta seria non appena abbiamo messo piede in ospedale perchè pieno di estranei e persone che non stanno bene.
“Mia figlia ha ingoiato una cosa che non avrebbe dovuto ingoiare” spiego linciando con lo sguardo Jason che sembra invecchiato solo a sentire la mia voce, poi sospira, si avvicina al dottore e gli mormora tutto all’orecchio, vedo il dottore dapprima serio alla fine cercare di trattenere le risate per poi esplodere in una fragorosa risata che gli fa vibrare i baffoni.
“Mi è tutto chiaro, se volete accompagnarmi risolveremo il tutto senza troppi problemi, vedremo solo dov’è posizionato l’oggetto e se andrà tutto per il meglio entro stasera sarete già a casa con una bella storiella da raccontare agli amici” ridacchia mentre io lo fisso trasecolata e lo seguo dove faranno l’ecografia a Lizzy che adesso è aggrappata al mio collo e non vuole scendere dalle mie braccia neanche con la promessa che le comprerò un gelato dopo, alla fine la mia losca figlia si decide a mollarmi e farsi osservare dal dottore solo dopo averle promesso che le compreremo il giocattolo visto la sera precedente in tv.
Alla fine per non so quale forza del destino entrano nella stanza solo Liza, il dottore e Jason, lasciando me fuori oltraggiata e sul punto di sfondare la porta con un calcio, mi costringo a ostentare una calma piatta e a mostrare il mio nervosismo solo con il picchiettare furioso delle mie dita, dopo quelle che mi sembrano ore, e quando ormai sono sul punto di fare irruzione  nella stanza per vedere come sta mia figlia e strangolare Jason, il dottore sorridente apre la porta e mi fa cenno di entrare, all’interno della stanza Lizzy sta ridacchiando, Jason sembra tornato giovane e bellissimo, come quando è al meglio di sé, e il dottore sembra aver riso fino alle lacrime.
“Allora? Come sta?” chiedo risentita essendo l’unica ancora distrutta per la preoccupazione e il fastidio dell’attesa.
“Entro qualche ora sua figlia espellerà… l’oggetto senza difficoltà e andrà tutto per il meglio, siete stati fortunati, si è posizionato in un punto propizio” detto questo si risiede accanto a mia figlia e riaccende lo schermo dell’ecografia, probabilmente per farmi vedere anche a me la situazione, mi ritrovo invece a fissare il niente e Jason che fa cenni al dottore.
“Ma che stai facendo adesso?” esclamo oltraggiata mentre mia figlia si tappa la boccuccia con le mani per non ridere.
“Dafne Morris, sono ormai sette anni che ti amo ogni giorno di più e che trascorro le mie giornate con te senza rimpiangere neanche per un minuto le scelte prese in questi anni, mi hai dato una relazione stabile, una casa in cui amo tornare, un letto caldo e una figlia che amo, mi hai regalato più felicità tu in questi sette anni che il resto delle persone durante tutta la mia vita, arrivati a questo punto non posso che volere aprire un nuovo capitolo della nostra vita, forse ho aspettato troppo e forse è sempre stato come se lo fossimo già ma io oggi vorrei avventurarmi a compiere questo altro passo insieme a te, iniziare anche questa nuova avventura con te per rendere effettivo quello che ci lega in tutti i modi possibili – fa un cenno al dottore e lo schermo si illumina dandomi una panoramico dell’interno dello stomaco di mia figlia- quindi, vorresti sposarmi? Ti amo e non amerò mai nessun altra come amo te, vuoi diventare mia moglie?” mi chiede con le guance rosse, le mani che si muovono nervosamente, gli occhi luminosi ed improvvisamente nello schermo distinguo un anello capendo immediatamente cosa avesse ingoiato mia figlia a colazione.
Mi copro la bocca con le mani, ho gli occhi sgranati come se dovessero uscire dalle orbite e li sento pizzicare pericolosamente, mi scappa una risata e poi mi ritrovo ad annuire più volte mentre vengo raggiunta dal mio futuro marito e ci baciamo abbracciandoci stretti mentre veniamo raggiunti da nostra figlia che inglobiamo nell'abbraccio diventando quasi un tutt’uno.
Siamo in pigiama, spettinati, con le pantofole e lo sguardo folle ma non posso fare a meno di pensare a quanto la mia vita sia speciale, unica e come incrociare Jason nella mia strada mi abbia resa la persona più felice di questo mondo. Mi ha dato tutto, anche quello che non mi sarei mai aspettata di potere avere.
“Sì. Lo voglio, l’ho sempre voluto” singhiozzo mentre con una mano stringo forte la mano di Jason che ricambia la stretta come se dovessimo stringerle per  non separarle mai più e con l’altra tengo la piccola mano di mia figlia sentendomi completa e vivendo il più bel compleanno della mia vita.

Angolo dell'autrice:
Sono una vergogna, quanto è passato? Troppo, troppo decisamente.
Ma finalmente oggi ho avuto l'ispirazione e ho potuto mettere insieme tutte le idee raccolte fino ad ora, non so se vi soddisferà o se dopo tutto questo tempo qualcuno leggerà ma metto così un punto a questa storia, la mia prima storia, magari un giorno la revisionerò.
Avrei potuto fare più? Decisamente sì ma lo ritengo comunque un bel traguardo.
Ringrazio chi mi ha spronata a completarla, chi l'ha seguita fin dall'inizio e chi ha letto, ricordato, seguito, inserito tra i preferiti e chi, grazie alle recensioni, ha fatto sì che potessi essere felice del mio operato e mi ha dato un mezzo per migliorarmi. Grazie di cuore a tutti. Un grazie particolare va alla mia migliore amica che nonostante non sia un'appassionata del genere ha letto questa storia apprezzandola e sostenendomi fino all'ultimo, spronandomi periodicamente a dare una fine a tutto questo.
Spero di non avervi deluso con questo epilogo...
Un abbraccio e un caloroso grazie,
LittleSun

 

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