~Love is not impossible~

di mychemicalromance96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Venezia, estate 1710 ***
Capitolo 2: *** ••Firenze, inverno del 2012•• ***



Capitolo 1
*** Venezia, estate 1710 ***


~Prologo~
Venezia, estate 1710.
"Lunghi i tuoi capelli dal castano scuro hanno danzato leggiadri davanti ai miei occhi. 
Le tue labbra rosee pronunciano dolcemente il mio nome, ripetendolo continuamente all'infinito.
Le tue mani candide sembrano stringere con un innata forza le mie, un gesto che sembra implorarmi di non lasciarle.
Oh tu, mia candida fanciulla, concedi il tuo amore a me, corrispondilo, non sfuggire ad ogni mio richiamo, ti prego resta al mio fianco..''
''Vorrei tanto dirle queste parole, farle capire che ha bisogno del mio amore, che io sono il ragazzo giusto per lei ma sopratutto farle capire quanto la amo.''
La voce di un ragazzo dallo sguardo triste e sofferente sembrò far riflettere a lungo il suo amico che gli camminava di fianco.
Passeggiavano quella mattina di inizio estate nei giardini della corte del marchese dei Barovier , diventato un doge veneziano grazie all'appoggio favorevole del papa Clemente XI, ma in particolar modo per l'amicizia profonda che li legava.
Il sole caldo e protettore, con i suoi chiari raggi illuminava qualsiasi cosa, mettendone in risalto i particolari..
Il vasto giardino della corte si estendeva per quasi un kilometro, ricco di fiori e alberi di vario genere.
Era apprezzato da tutti coloro che venivano invitati dal marchese e da sua moglie Lucrezia.
Sembrava un piccolo paradiso dove poter passeggiare tranquilli, allontanandosi per un po dalla difficile e opprimente vita di corte.
Un luogo sicuro dove poter stare in pace, senza aver la paura di venire scoperti oppure spiati.
Almeno cosi' sembrava esserlo per Lorenzo, unico figlio del marchese Barovier, amante della più totale tranquillità e pace, proprio come sua madre.
''Lorenzo rassegnati, lei non ti amerà mai, e poi dovresti smetterla di provare qualcosa nei suoi confronti. 
Vedrai che ti passerà.
E' l'unica ragazza che fa l'addestramento d'armi nella Guida di tuo padre.
Ancora non riesco a capire come una ragazza sia stata accettata, solo gli uomini possono combattere. 
Una donna che impugna una spada... Ma dai che orrore!" Il parere del suo amico lo infastidì moltissimo.
''Riccardo! E' un anno da quando oramai provo qualcosa per lei, non mi passerà, non sono infatuato di lei, la amo ed e' ben diverso credimi.'' Il suo tono severo spaventò lievemente l'amico.
''Non arrabbiarti Lorenzo mio, che è una bella ragazza non ci sono dubbi, ma non è il tipo di donna adatto a te, alla tua posizione sociale, chissà da dove viene e a quale classe sociale appartiene, e poi ricordati chi sei veramente tu, chi siamo veramente noi.'' Quelle parole lo fecero rabbrividire al tal punto di rallentare improvvisamente il passo.
Subito ricordò chi fosse veramente, sebbene aveva sempre cercato di voler dimenticarlo sopratutto perche' amava Angelica.
L'idea che fosse un demone e quindi non umano lo tormentava dal profondo del cuore.
Apparteneva insieme alla propria famiglia come del resto anche altre casate veneziane alla cosiddetta razza pura demoniaca, una razza che era sempre stata temuta fin dalle sue origini dagli esseri umani.
Per secoli i demoni erano stati perseguitati e uccisi perché considerati figli del diavolo, dalla bellezza sovrumana e dall' intelligenza di altissimo livello.
Nessuno era a conoscenza del fatto che i Barovier fossero dei demoni, come così per tante altre famiglie nobiliari.
Sapevano nascondere la loro natura agli occhi fin troppo ingenui degli umani, poiché i demoni da loro scoperti nel compiere gesta atroci come massacrare o cibarsi del sangue umano per mantenersi in vita, erano stati fin troppo pochi, quasi diventati una serie di leggende popolari.
Ma Lorenzo era diverso, lo sapeva, come del resto anche la sua famiglia.
Non osavano uccidere nessuno solo per proprio interesse personale, o meglio accrescere la loro potenza per vivere più a lungo, ma preferivano trascorrere tranquillamente la loro vita, i loro anni senza aumentarli.
A cosa serviva uccidere persone innocenti solo per vivere più a lungo, vedendo continuamente persone sofferenti, causando negli anni continuo dolore?
A nulla! 
Era questa la risposta che Lorenzo si dava ogni volta che si poneva quella domanda.
Da quando aveva visto Angelica, un anno fa, avrebbe voluto rinunciare a qualsiasi cosa, sopratutto al fatto di essere un demone, perché questo gli impediva di potersi avvicinare completamente a lei, perché nonostante aveva imparato in 18 anni della sua vita a saper controllare il suo istinto demoniaco, aveva paura di farle del male.
''Il demone che è dentro di te, prende il sopravvento senza che nemmeno tu te ne accorga e compie il suo dovere!" gli aveva detto una sera suo padre quando da poco gli aveva parlato della sua vera natura.
In tutti quegli anni aveva imparato ad essere ''libero'' da questa maledizione, come lui l'aveva chiamata, ma sapeva bene che forse tutti quegli anni di assoluta quiete e non di placamento del desiderio di sangue che il demone dentro di se chiedeva, non sarebbero serviti a nulla, sopratutto perché la sua natura gli impediva di poter stare con Angelica.
Aveva avuto modo di osservarla qualche volta, mentre era intenta ad esercitarsi nella Guida, la scuola di addestramento.
Si muoveva con grazia con eleganza ed ogni movimento che compiva sembrava essere stato studiato minimamente, progettato prima di essere praticato.
Ma ciò che lo colpiva sempre era l'agilità di quella ragazza.
Restava sempre incantato nel vederla lottare, e desiderava tanto poter combattere con lei un giorno.
Ma da dove veniva e quale fosse la sua storia erano domande alle quali non sapeva mai rispondere.
Qualche volta le si era avvicinato parlandole, quando non combatteva e tornava nei suoi alloggi, ma più di scoprire che li studiava anche altre discipline come del resto molti allievi, non seppe più nulla.
Era sempre stata indifferente nei suoi confronti, e la cosa lo aveva sempre stupito.
Era di una bellezza incredibile e erano molte le ragazze di nobili famiglie che volevano essergli da fidanzata ma lui non le degnava di uno sguardo.
Lui voleva lei, Angelica e l'avrebbe amata per sempre, nonostante il fatto di essere un demone, nonostante sarebbe stato molto pericoloso e difficile per lui.

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Capitolo 2
*** ••Firenze, inverno del 2012•• ***


Stesa sul letto, osservavo pensierosa il soffitto di camera mia. Era da tempo ormai che pensavo continuamente alla mia vita, a cosa avrei fatto un giorno, ma in particolare con chi avrei fatto famiglia. Sebbene avevo solo 18 anni, quei pensieri mi tormentavano da un bel po. Avevo una terribile paura del mio futuro, non riuscivo ad immaginare cosa avrei fatto della mia vita, e nonostante avevo alcuni sogni, alcuni progetti pensavo sempre che non sarei ma in riuscita a portarli a termine dato il mio vizio di cambiare continuamente idea. Non ero mai stata molto sicura delle mie scelte e spesso finiva sempre che mi pentivo per la scelta che avevo fatto e che magari avrei dovuto fare diversamente. Solo la scuola e la scherma erano le mie più ferree decisioni, le mie sicurezze, ma sopratutto passioni. In particolare la scherma... Già, il mio sport preferito. Praticavo quello sport da quando avevo 10 anni. Attraverso la spada riuscivo a sfogarmi, a tirare dentro me tutta la rabbia e l'odio che provavo sopratutto verso me stessa verso tutti gli errori e gli sbagli che avevo fatto, ma sopratutto verso il mondo nel quale vivevo. Un mondo pieno di atrocità, di cattiverie, e in continuo dolore. Mi alzai lentamente e rivolgendo lo sguardo verso la mia amata spada poggiata con cura sulla cassapanca di legno affianco alla scrivania, sorrisi. Quando la impugnavo, iniziavo a sentirmi meglio, una strana energia, potenza mi penetrava nel corpo dandomi la carica giusta per iniziare a duellare contro il mio nemico. Già il mio nemico, il mondo stesso, ecco chi era il mio vero nemico. Avevo partecipato a molte gare in quegli anni e avevo sempre fatto per lo più il primo posto, poche volte il secondo e mai nessun terzo posto. A tutti piaceva come tiravo di scherma, e spesso mi chiedevano quali erano le tecniche che usavo, ma spiegavo loro che non usavo nessuna tecnica ma solo attenzione, tanta attenzione verso il proprio nemico nascosto proprio come me dietro quella maschera nera. Non avrei mai cambiato idea su quello sport e mai l'avrei fatto. Riusciva a completarmi, a riempire quel vuoto dentro me che neppure i miei amici riuscivano a colmare qualche volta. Solo in quel momento mi accorsi di aver lasciato la finestra di camera aperta. Mi alzai andando subito a chiuderla. Era notte e fuori oltre a tirare un gelido vento di fine inverno, pioveva. Abitavo con i miei genitori e mio fratello maggiore Luca, un anno più grande di me, in una zona un po più distante dal centro di Firenze, molto tranquilla dalla frenetica vita quotidiana. Non amavamo la vita troppo frenetica, sopratutto rumorosa. Avevamo sempre amato la più completa tranquillità, tranne un po mio fratello, il quale amava divertirsi la sera con i suoi amici in quale locale nel centro. Anche io lo facevo con i miei amici, ma evitavamo locali chiassosi. Osservai con attenzione la pioggia che cadeva violentemente dal cielo, picchiando con insistenza sulle case, sulla strada e persino contro le finestre. Sembrava anche lei arrabbiata proprio come me. Restai a lungo affacciata alla finestra senza dare importanza al fatto che mi stavo bagnando, e che il freddo penetrava nelle ossa come piccoli aghi pungenti. Volevo ascoltare il suo lamento, le sue grida, ciò che stava dicendo all'intera umanità, ma senza essere ascoltata, tranne da me. Mentre ero persa di nuovo nei miei pensieri, in lontananza nel buio della notte mi parve scorgere su una stradina che conduceva alla cappella di Santa Maria del Fiore, una figura molto strana. Sembrava confondersi con il nero del cielo notturno. Era molto lontana da me, e per questo non riusci' a definire chi fosse. Ma piano piano, nel gelido freddo di quella notte, mi accorsi che si muoveva verso me quasi zoppianco. Quando entrò meglio nel mio campo visivo, mi resi conto che si trattava di un ragazzo, ma la cosa che mi stupì fortemente fu nel vedere sulla sua schiena due grosse ali bianche quasi a voler spezzare tutto quel terribile nero notturno. Il ragazzo avanzava sempre di più verso me, e sia la paura che la curiosità si impossessarono maggiormente del mio corpo, quando quell'essere misterioso si fermò proprio sotto il mio palazzo. Sebbene vi erano 3 piani a separarci, avevo una terribile paura che quell'essere sarebbe arrivato fin da me e magari mi avrebbe uccisa. Chi era? E come era possibile che avesse due paia d'ali sulla schiena? Quando il ragazzo completamente fradicio alzò lo sguardo su di me, il terrore aumentò di più nel vedere sul suo viso bagnato due grosse lacrime rosse. Sembrava essere sangue. Aveva uno sguardo stanco come se fosse arrivato da molto lontano. Improvvisamente emanò un grido profondo, agghiacciante, quasi squarciandosi nel gelido freddo di quella notte di terrore. Gridai anche io, e per lo spavento, per la paura chiusi immediatamente la finestra, e feci lo stesso anche con le altre finestre della casa. Per fortuna non era molto grande, e dopo aver messo il lucchetto anche dietro la porta d'ingresso nel salone, cercai di riprendere fiato. La casa si suddivideva in due piani, e al piano di sopra vi erano la camera dei miei, mia e di mio fratello. La mia e quella di Luca erano vicine, quella dei miei genitori più in fondo al corridoio. Improvvisamente mentre cercavo di riprendermi dallo spavento sentì qualcosa muoversi in fondo al salone. Alzando lo sguardo vidi un ombra avvicinarsi con cautela verso di me. Gridai nuovamente ancora più spaventata. ''Giulia!" Gridò quest'ombra. Accesi di scatto la luce del lampadario da parete e mi accorsi che era mio fratello. Anche lui era spaventato quanto me. ''Giulia, cosa è successo? Perché hai gridato come una matta in camera tua?" Chiese preoccupato. ''Ho visto-ho vist..'' Non riuscivo a parlare tanto che ero spaventata. Subito mi afferrò per le spalle e stringendomi a se cercò di tranquillizzarmi. Mi voleva molto bene, e quando vedeva che ero spaventata o mi era successo qualcosa mi stringeva sempre a se per farmi stare subito meglio. ''Cosa hai visto?" Chiese con voce dolce. ''Un ragazzo sotto la pioggia, zoppicava verso casa nostra, verso di me, mi aveva vista. Aveva due grosse ali bianche sulla schiena e quando mi aveva notata, aveva alzato lo sguardo su di me. Due grosse lacrime rosse gli erano fuoriuscite dagli occhi.'' Dissi senza nemmeno capire io cosa diavolo avevo detto. Luca mi guardò perplesso. ''Giuly sicura di stare bene? Forse hai la febbre!'' Così dicendo controllò se scottavo. Quel gesto mi diede molto fastidio, tanto che mi allontanai. ''Ti giuro che ho visto quell'essere, Luca, era davvero terrificante. Che motivo avevo di iniziare a gridare e correre come una dannata per la casa serrando tutte le finestre?" gli feci notare seria. ''Sicura che non hai fatto un brutto sogno? A volte i sogni che facciamo sembrano così reali da spaventarci." Iniziò a dire. ''Non stavo sognando giuro..'' la rabbia iniziò a montare in me. ''Dai ora vai a riposare sei solo stanca, lo studio in questo periodo ti sta uccidendo molto...'' A quelle sue parole deicisi di fare come mi aveva detto. Ritornando in camera diedi un ultima occhiata alla finestra ormai serrata. Fuori la pioggia continuava a picchiare con violenza contro tutto ciò che incontrava alla fine della sua caduta. Una volta sotto il piumone sperai davvero che tutto ciò era stato solo un incubo e niente più.

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