it's a new dawn of fire

di luckily_mellark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo- il sostituto ***
Capitolo 2: *** ti trovo bene sai? ***
Capitolo 3: *** Hunger Games ***
Capitolo 4: *** vorrei chiederti scusa ***
Capitolo 5: *** non restano che macerie ormai ***
Capitolo 6: *** mercoledì ***
Capitolo 7: *** ancora di salvezza ***
Capitolo 8: *** vincitori e vinti ***
Capitolo 9: *** dolore isteria e spiegazioni ***
Capitolo 10: *** non si ammettono repliche ***
Capitolo 11: *** ti va di giocare? ***
Capitolo 12: *** starò accanto a lui. promesso. ***
Capitolo 13: *** problema nuova arrivata ***
Capitolo 14: *** quasi amici ***
Capitolo 15: *** convivenza forzata ***
Capitolo 16: *** cos'è l'amore? ***
Capitolo 17: *** azzurro inquinato ***
Capitolo 18: *** prova a dormire ***
Capitolo 19: *** rabbia passione disperazione ***
Capitolo 20: *** quel che finisce e quel che comincia ***
Capitolo 21: *** fidati di me ***
Capitolo 22: *** compleanno da pazzi ***
Capitolo 23: *** non resisto se te ne vai ***
Capitolo 24: *** libertà ***
Capitolo 25: *** la baia ***
Capitolo 26: *** non ti sarò d'intralcio, ti sosterrò ***
Capitolo 27: *** saluti ***
Capitolo 28: *** la vostra nuova vicina ***
Capitolo 29: *** Che la Quarter Quell abbia inizio ***
Capitolo 30: *** deja-vu ***
Capitolo 31: *** confido in lei, signorina Everdeen ***
Capitolo 32: *** ultimatum ***
Capitolo 33: *** lezioni di ballo ***



Capitolo 1
*** Prologo- il sostituto ***


La mia vita non è mai stata facile , nel grigiore delle mie giornate la serenità e il divertimento hanno sempre ceduto il posto alla malinconia e alla nostalgia di tutto quello che ho perso o che, ancora peggio mi ha abbandonato.
Mi chiamo Katniss Everdeen . Nei  miei 19 anni di esistenza non ho pensato ad altro che andare bene a scuola, proteggere mia sorella Primrose  e cercare di compiacere quel poco che rimaneva della mia famiglia: mio padre è stato arruolato nell’esercito e da quel giorno di 5 anni fa di lui si è saputo poco o niente fino alla notizia della sua dipartita a causa dell’esplosione di una bomba. La depressione si è presa mia madre nel giro di qualche giorno e io sono stata costretta a badare a mia sorella appena undicenne.  
Se c’è una cosa che ho imparato con l’esperienza è che la vita è una gara tra il dolore e il tempo:  accantona il dolore e il tempo lo curerà. Mamma e Prim si sono trasferite perché questa casa riportava alla luce troppi ricordi dolorosi, ma io mi sono rifiutata categoricamente di seguirle, qui ho le sole cose che mi rendono ancora felice: Gale e il mio adorato poligono di tiro.
Gale e io siamo amici da sempre, lui ha tirato su la sua famiglia aiutando sua madre come io ho fatto con la mia. Ha due fratelli e una sorellina pestiferi di sicuro, ma altrettanto dolci. Non saprei come definire il rapporto tra me e Gale, siamo come fratelli, amici di sicuro, o qualcosa di più? È la mia roccia, il mio punto di riferimento ma sebbene lui una volta mi abbia confessato di essere innamorato di me , io non sono mai stata in grado di ricambiarlo se non con un amore platonico e fraterno, di quelli che resteranno per sempre esprimibili con un “ti voglio bene” e mai con un “ti amo”. Nonostante il mio rifiuto lui non se n’è mai andato, gliene sono infinitamente grata , e vorrei che trovasse una ragazza in grado di amarlo come merita ma fondamentalmente sono troppo egoista e temo il momento in cui questo accadrà.
 
Sono immersa nei miei pensieri, a guardare il campo da calcio sul quale è affacciata la finestra della mia camera, quando la porta di casa si spalanca e Gale entra sporcando di terriccio tutto il pavimento.   ”come è andata la partita?” dopo ogni partita o allenamento  di calcio della squadra di cui è il capitano viene a trovarmi madido di sudore e sporco di terra per scacciare un po’ la solitudine che sento per tutto il giorno. “ sarebbe andata decisamente meglio se quello stupido di Marvel  non si fosse slogato una caviglia all’inizio del decimo minuto . Abbiamo giocato in dieci per il resto del tempo e inutile dire che ci hanno massacrato” il suo tono è un misto tra rabbia per la sconfitta e divertimento per  il fatto di essersi liberato finalmente per un po’ di Marvel che tanto odia.
“ora sono costretto a trovarmi un altro uomo altrimenti ci eliminano dal torneo e non ho nessuna voglia di rinunciare proprio adesso, visto che mancano un paio di partite alla finale! ” attraverso il piccolo appartamento seguendo le orme di fango che ha lasciato, fino al bagno dove lo vedo darsi una rinfrescata al viso e togliersi la maglia: ha un fisico asciutto e ben definito, la pelle sicuramente più abbronzata della mia per via delle ore che passa sotto il sole ad allenarsi. Ci assomigliamo moltissimo, stessi occhi grigi, stessi capelli scuri, stesse espressioni truci dipinte in volto la maggior parte del tempo. “ sono convinta che andresti meglio se andassi a casa a farti una doccia sai? Sicuramente il sapone ti aiuterebbe! Puzzi come un maiale!” ma sto già ridendo prima di finire la frase e dato il suo sorriso capisco al volo di non essere stata minimamente credibile.
Passiamo il resto del pomeriggio a parlare della partita e a mangiare schifezze, popcorn e cioccolata. “Catnip, oggi non posso rimanere per cena come al solito. Mia madre ha chiesto se posso stare a casa con i miei fratelli”. So che gli dispiace lasciarmi da sola ma non posso far altro che annuire. Non voglio farlo sentire in colpa. E poi, con tutto quello che fa per me è il minimo che io possa fare per lui.

Gale è tornato a casa sua e io sto osservando il pavimento lurido da 5 minuti ormai. È una pessima idea mettermi a sistemarlo ora ma sono consapevole che mi occorre qualcosa per distrarmi altrimenti sono certa che gli incubi torneranno a perseguitarmi questa notte: mio padre che esplode, mia madre che non parla, tutte immagini della mia vita passata che non riesco a nascondere al mio subconscio e che continuano a tenermi sveglia la notte e vigile durante il giorno. Prendo lo straccio bagnato e inginocchiata strofino più che per togliere le macchie dal pavimento per rimuoverle dal mio cuore. Non funzionerà mai lo so ma è l’unico modo che mi viene in mente. Mi lascio cadere sul letto troppo grande per me e mi porto le ginocchia al petto, chiudo gli occhi e soffoco i singhiozzi per poi cadere in un sonno tormentato da esplosioni e abbandoni.

A svegliarmi ci pensa lo squillo del telefono che fortunatamente ho fatto mettere sul comodino di fianco al letto in modo che anche appena sveglia io possa rispondere.
Sollevo la cornetta, lieta di sentire mia madre “Katniss, tesoro, come stai? Ti ho svegliato?” la sua voce è piena di apprensione “no mamma, tranquilla, tutto bene” mento spudoratamente per non farla preoccupare. Ogni domenica mi chiama e mi chiede di raccontarle tutto quello che è successo durante la settimana. Questa volta non ho novità, al lavoro va tutto bene, e qui per essere ancora marzo fa parecchio caldo e splende il sole. Mi racconta dei suoi turni sfiancanti al lavoro, della scuola di Prim e del suo nuovo ragazzo che non le piace per nulla. È strano sentire le confidenze di mia madre ma sono davvero contenta che cambiando casa sia riuscita a riacquistare la lucidità di un tempo per badare a mia sorella come si deve. Riattacchiamo con la promessa di sentirci e vederci presto.  
Dato che ho il telefono in mano decido di chiamare Gale  
“ciao Catnip come stai? Dormito bene?” dal suo tono di voce capisco che sta sorridendo, non mi faccio mai sentire così presto se non ho un favore da chiedergli “no ho dormito malissimo ma ti ho chiamato per” non mi lascia finire, decide di intervenire prima e questa volta a sorridere sono io “ si si lo so che hai un favore da chiedermi, dai spara!”
“hai da fare questo pomeriggio? No tanto lo so che non fai mai nulla! Mi accompagneresti in centro? Non ho voglia di stare da sola oggi… ti prego” la mia è quasi una supplica. Lui esita , poi “ Devo fare il provino per il sostituto di Marvel questo pomeriggio, ci metterò poco , poi ti accompagno promesso. Sono riuscito a trovare un solo attaccante degno di questo nome che fosse disposto ad aiutarmi arrivati a questo punto. Ti va di assistere al provino dal campo invece che dalla finestra ? poi ce ne andiamo direttamente dove vuoi.” Se per non restare da sola devo concedergli solo questo allora posso farlo “va bene va bene, ma solo per questa volta sia chiaro. Altrimenti la mia finestra si ingelosisce!” ridiamo tutti e due di gusto, poi la domanda esce dalle mie labbra spontanea “chi sarebbe questo fantomatico e generoso giocatore? Sentiamo, lo conosco?” la risposta non tarda ad arrivare così come la mia reazione “ Peeta Mellark”. Oh si, io lui lo conosco. Lo conosco eccome. Perché tra tanti ragazzi proprio lui?!
 
 
 
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N.d.A
Ciao a tutti! Eccomi con il primo capitolo di quella che spero possa diventare una bella long-fic  anche se è la prima che scrivo :) è ancora una Everlark , esatto, ma questi due insieme mi fanno impazzire! Sono troppo belli. Ringrazio chi è arrivato fino in fondo a questo prologo e si è incuriosito almeno un po’… un altro mondo, leggermente OOC  ma spero possa interessarvi lo stesso :)
Ditemi che ne pensate, sia critiche che apprezzamenti  (se ce ne saranno mai ) mi raccomando !
Bacioni

Luckily

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Capitolo 2
*** ti trovo bene sai? ***


“chi sarebbe questo fantomatico e generoso giocatore? Sentiamo, lo conosco?” la risposta non tarda ad arrivare così come la mia reazione “ Peeta Mellark”. Oh si, io lui lo conosco. Lo conosco eccome. Perché tra tanti ragazzi proprio lui?!
 
 
Ho conosciuto Peeta un paio di mesi dopo la morte di mio padre. Era un quindicenne paffutello e allegro con i capelli sempre pettinati all’indietro di un biondo cenere, gli occhi chiari e una voce ancora acuta da bambino. Ripensandoci ora, non mostrava alcun segno del cambiamento fisico che porta l’adolescenza solitamente. Ricordo come fosse ieri, la giornata piovosa e il cielo grigio di quel giorno:  ero appena uscita da scuola e due ragazzi di un anno più grandi di me avevano deciso di darmi fastidio, parlavano di mio padre, di che fine avesse fatto, che secondo loro me lo meritavo perché ero antipatica e non parlavo mai con nessuno. All’epoca la mia ingenuità non mi aveva dato modo di rispondere a tono, ero abituata alla protezione dei miei genitori e vivevo spensierata come una ragazzina dovrebbe fare. Sono scoppiata in lacrime subito perché il ricordo di mio padre, al quale ero particolarmente affezionata, era ancora vivo e pulsante dentro di me. Sarei voluta scappare ma quei due energumeni mi bloccavano la strada,allora rimasi li a piangere seduta sull’asfalto bagnato a farmi deridere. Poi quel ragazzino è comparso dal nulla e si è messo in mezzo ai due intimando loro di smetterla, di lasciarmi andare , ribadendo più e più volte quanto fossero stupidi a prendersela con me. Un battito di ciglia dopo lo stavano picchiando selvaggiamente. Nulla è più nitido nella mia testa del sangue che usciva dal suo labbro rotto in quel momento. I nostri occhi si sono incrociati, ed è bastato  davvero  un attimo perché ,nonostante il grido d’aiuto che leggevo in quell’azzurro, la mia codardia riuscisse a prendere il sopravvento: e io sono scappata lasciandolo la, da solo, a soffrire solo per aver salvato me. Nessun ringraziamento per avermi protetto è uscito dalle mie labbra fino ad oggi.

L’odio che provo nei suoi confronti è sbagliato, lo so, dovrei essergli grata. Forse odio me stessa per il debito che ho nei suoi confronti e io, non voglio avere conti in sospeso con nessuno. Sento una morsa allo stomaco all’idea di doverlo rivedere: immagino di trovarmi davanti il ragazzino paffuto con il labbro rotto e pieno di lividi che una settimana dopo l’aggressione, per ridere, si teneva ancora una mano all’altezza delle costole dolenti. Immagino due occhi azzurri che mi fissano disgustati e arrabbiati per averli abbandonati senza fare nulla.
Vorrei poter dire a Gale che rinuncio a tutto pur di non vedere Peeta, ma a quel punto mi chiederebbe delle spiegazioni che non ho intenzione di dargli. Lui non sa nulla di quella storia e ho paura che se ne venisse a conoscenza potrebbe abbandonarmi all’insegna del ribrezzo . Non posso fare altro che prepararmi e scendere per assistere alla selezione. 

Opto per un vestito arancione tenue e un paio di sandali comodi, mi infilo la giacca di jeans leggera e mi lego i capelli ancora umidi dalla doccia nella solita treccia, prima di scendere le scale di corsa. Davanti al portone c’è Gale che mi aspetta sorridente. Percorriamo quei pochi metri che dividono il portone di casa mia dal campo da calcio scherzando sul torneo e su quanto io sia terribilmente opportunista. Mi fa sedere sugli spalti deserti mentre lui va ad aspettare Peeta davanti agli spogliatoi. Ci mettono circa 10 minuti per comparire davanti ai miei occhi in pantaloncini e maglietta mentre parlano tra loro.
Credo che il mio cuore abbia perso qualche battito alla vista di Peeta. I miei ricordi di lui si fermano a  5 anni fa ma quel viso glabro e rotondo è diventato più magro e squadrato, il lieve accenno di barba che si fa vedere. I capelli non sono più perfettamente pettinati, ora cadono ricci e spettinati, non troppo lunghi. Le spalle larghe, il fisico indiscutibilmente tonico e asciutto sotto la maglia non troppo aderente e quella pelle bronzea fa risaltare i suoi occhi chiari come il cielo d’estate mentre incontrano i miei grigi di tempesta.
Se pensavo di trovarci odio, nel suo sguardo, mi sbagliavo di grosso. Mi sorride ora, e il confronto con l’immagine che avevo di lui mi viene automatico. Qualcosa è cambiato.
A farmi tornare alla realtà è la voce di Gale,fatta dura dall’autorità di capitano
“ Scaldati Mellark, poi vediamo di che sei capace.”
 Seguo l’allenamento con rinnovato interesse.
 
 
“Catnip noi abbiamo finito. Dammi venti minuti per darmi una sistemata e andiamo” Gale mi si avvicina per abbracciarmi e io lo caccio a lavarsi tappandomi il naso e ridendo. “che ti pare di Mellark? “ bisbiglia, anche se il diretto interessato è già scomparso, sembra davvero interessato al mio parere questa volta,  “ non mi è sembrato male, si … insomma, se la cava non ti pare?” chiarisce.
Che il biondo sappia il fatto suo è innegabile, anche per una che come me, che di calcio capisce esattamente il minimo indispensabile. è veloce nei movimenti ed ha un buon controllo della palla, ma quello che mi colpisce di più è la precisione dei suoi movimenti, nulla è lasciato al caso, tutto è studiato per unire compostezza e agilità nel miglior modo possibile. Se gli serve un giocatore penso che l’abbia trovato. “ direi di si, mi pare che ci sappia fare. Credo tu abbia trovato il tuo uomo. E ora vai a lavarti!” lo spedisco dentro gli spogliatoi senza dire altro.
Sono passati  quindici minuti  quando qualcuno mi raggiunge e si siede accanto a me. Non lo guardo nemmeno, riconoscerei il passo del moro ovunque e questo non è il suo.
“ ciao Katniss”  la voce acuta che ricordavo ha ceduto il posto alla voce roca e profonda di un uomo adulto. Non rispondo, non riesco a pensare a nulla che non sia il suo labbro sanguinante. “ non so se ti ricordi ancora di me” colma il silenzio imbarazzante che io ho creato. Questa volta mi volto e annuisco: si, mi ricordo benissimo di lui. Aspetto che da un momento all’altro mi insulti per non averlo aiutato ma non lo fa, piuttosto continua a sorridermi.      Il mio sguardo viene attratto dalle sue labbra piene, schiuse in un sorriso che fa appena intravedere i denti bianchi e perfetti ; le due fossette sulle guance lo fanno sembrare più giovane dei suoi vent’anni.  Spero non si sia accorto che sono arrossita perché sento le guance andare a fuoco .
“ ciao Peeta” è l’unica cosa vagamente sensata che ora riesco a dire. La mia mente è invasa da mille ricordi e trovarvi qualcosa di logico è tremendamente difficile.
“ti trovo bene sai? Questa tonalità di arancione ti dona particolarmente, fa risplendere i tuoi occhi.” La sua voce è calma e per nulla imbarazzata, al contrario di quello che provo io adesso. Non sono abituata ai complimenti e tantomeno fatti da qualcuno a cui non dovrei assolutamente andare a genio. Che stia architettando qualcosa?  Sicuramente vorrà farmela pagare o vorrà giocare con me per farmi stare male. Per vendicarsi è chiaro. Ma a questo gioco posso essere brava anche io.
“grazie. “ esito, alla ricerca di qualcosa da dire “anche tu sembri in forma” . Non sono mai stata brava con le parole. Quello bravo è sempre stato lui: è una specie di dono il suo, parla di qualsiasi cosa con una naturalezza disumana; ricordo che dava gli annunci all’interfono della scuola e con le sue parole riusciva a convincere praticamente tutti. Era merito suo se gli eventi scolastici andavano sempre a buon fine, su questo nessuno aveva dubbi.
“in effetti, rispetto all’ultima volta che ci siamo visti , sto molto meglio.”  ammicca e io capisco immediatamente che tutte le mie , per quanto stupide, speranze che lui non ricordi sono svanite nel nulla più assoluto. Come potrebbe mai dimenticare la ragazzina fifona che lo ha tradito lasciandolo in mezzo ad una strada?  E infatti lui ricorda, ricorda eccome.  E scommetto che mi crede pazza , visto che continuo a non parlare.
Sospira , “ arriva Gale… è stato un piacere rivederti Katniss. Magari se il tuo ragazzo mi fa entrare nella squadra potremmo anche rincontrarci. Ciao dolcezza” si alza e ho solo il tempo per rispondergli “lui non è il mio ragazzo” prima che si allontani verso la sua moto dandomi le spalle. Resto immobile a fissarlo mentre si sistema il casco e parte. Gale mi raggiunge e sposta lo sguardo interrogativo più volte tra me e Peeta  “ voi vi conoscevate già?”  sospiro , non voglio che lui sappia la verità, e non voglio mentire. “non proprio … diciamo solo di vista”  l’omissione non è una bugia, in questo caso. Fortunatamente non indaga oltre o non avrei resistito a lungo al suo interrogatorio.       Passiamo qualche ora tra i negozi del centro, ma sono troppo distratta  e torno a casa a mani vuote.

“ ehi… alla fine hai deciso di farlo entrare nella squadra o no?” la curiosità ha la meglio poco prima di salutarci, non resistevo più. A quanto pare l’ho distratto da qualche pensiero perché sussulta e si schiarisce la voce “ si, mi serve qualcuno che sia capace e lui lo è. Non avevo molta scelta comunque. A mercoledì il primo allenamento ufficiale con la squadra. Vedremo come se la caverà in quel caso.”  Mi sento sprofondare, sarò costretta a parlarci di nuovo.
Ci salutiamo con un abbraccio e io salgo a casa trascinando i piedi. Non mangio nulla, mi è passata completamente la fame. Accendo la tv ma non la ascolto nemmeno , fino al momento di andare a letto. Chiudo gli occhi solo per vederne altri due, profondi come l’oceano che mi fissano . Forse non è andata poi così tanto male oggi. Forse non sarà poi così male rivederlo, e poi ,in fin dei conti gli devo ancora delle scuse.
 
 
 
 
 
n.d.A
Ed ecco il secondo capitolo. Prima di tutto… spero sia piaciuto! In secondo luogo vorrei ringraziare per il commento positivo al prologo, sono molto molto felice di aver suscitato un po’ di curiosità…
Fatemi ,come sempre ,sapere che ne pensate ! Critiche, commenti e apprezzamenti, tutto è ben accetto.
Alla prossima
Luckily  

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Capitolo 3
*** Hunger Games ***


La sveglia suona, insiste e io non ho la benché minima voglia di alzarmi, assonnata , con la bocca ancora impastata dal sonno tranquillo di questa notte sporgo una mano fuori dal letto per raggiungere l’aggeggio e spegnerlo, sono le 7 e 40 . Poi mi rimetto tranquillamente sotto le coperte, appoggio la testa spettinata sul cuscino e chiudo molto lentamente gli occhi. Eppure c’è qualcosa, qualcosa che non va. Le 7 e 40. Oggi è lunedì ,certo. Mi alzo di scatto, in una frazione di secondo sono in bagno a lavarmi, in una mano lo spazzolino da denti, nell’altra la spazzola per i capelli. “ Sono in ritardo!!!” vorrebbe essere una sorta di rimprovero a me stessa ma credo che come punizione ai miei vicini di casa, che sono completamente innocenti e non mi hanno fatto nulla, funzioni molto meglio. Il mio urlo sono sicura abbia destato loro e tutto il quartiere. Dovrei essere al lavoro tra 20 minuti e contando che in autobus ci metto circa un quarto d’ora ad arrivare ho esattamente 5 minuti per uscire e di casa, e sono ancora in pigiama. Infilo le prime cose che mi capitano sotto mano,  un paio di bermuda di jeans e una maglietta a maniche corte piuttosto larga, mi infilo le converse afferro la borsa ed esco mangiucchiando ancora la mia colazione. Come se non bastasse la corsa per casa devo anche correre per arrivare alla fermata del bus in tempo e so benissimo che in caso contrario quell’autista antipatico, che ho capito chiamarsi Brutus , mi lascerebbe a terra.  Mentre ,fortunatamente, salgo sul mezzo e timbro il biglietto mi  ritrovo a pensare a quanto effettivamente sia azzeccato il nome Brutus per quell’armadio di uomo al volante in questo momento. È alto enorme e pelato, un cipiglio permanente gli fa tenere la fronte costantemente contratta, e giuro su quello che ho di più caro al mondo che se lo incontrassi per strada probabilmente cambierei meta. Fa paura. Fino a qualche anno fa quando mi vedeva correre alla fermata rallentava e mi aspettava. Ora invece, forse perché si è stufato dei miei ritardi, se mi vede correre accelera e se ne va a meno che non sia costretto a far salire la vecchietta di turno: in quel caso, la sua espressione quando mi guarda, sembra voler dire “fallo ancora e ti uccido”. Io ci ho provato davvero ad essere puntuale, ma qualcosa mi dice che il ritardo è inciso nel mio DNA e non cambierà mai.

Arrivo in negozio con 3 minuti di ritardo, accettabile tutto sommato. Haymitch, il mio capo mi guarda sorto ma non dice nulla. Gestisce questa cantina da 25 anni e sono fermamente convinta che non esista persona più esperta di lui sul sapore di tutti gli alcolici che conserva e vende quaggiù , nello specifico io vendo e lui “assaggia” tutto quello che vede, per controllare , dice lui, che la sua merce sia di ottima qualità. È ubriaco metà del tempo, l’altra metà la passa a brontolare. Gli voglio un gran bene però, era amico di mio padre e mi ha assunta, come unica dipendente, proprio quando a casa le cose andavano peggio e gliene sono eternamente grata. Non che questo sia il lavoro dei miei sogni, ma mi aiuta molto a parlare con le persone, visto che non sono una ragazza socievole. Che sono acida come una zittella poi, l’ubriacone me lo dice sempre!

La mattinata passa lentamente e nei momenti in cui non ci sono clienti continuo a pensare a quale potrebbe essere la vendetta che Peeta sta escogitando, e di conseguenza come comportarmi. Entro le due del pomeriggio ho già immaginato più di 20 modi diversi  in cui potrebbe farmi soffrire. La realtà è che dietro a quegli splendidi occhi azzurri si potrebbe nascondere di tutto. quei gesti calcolati di ieri mi davano l’impressione di essere finti, studiati per ingannare qualcuno , architettati fino nel più piccolo dettaglio.
Stacco alle quattro del pomeriggio, dopo aver portato il mio capo nel suo monolocale sudicio sopra al negozio. Lo trascino letteralmente su per le scale, gli frugo nelle tasche alla ricerca delle chiavi mentre lui ride , troppo ubriaco per capire cosa sta succedendo, naturalmente non abbastanza lucido per dirmi dove trovare quello che sto cercando al primo colpo. La puzza che mi riempie le narici appena entro è enorme e rivoltante , e dopo averlo gettato brutalmente sul divano coperto dai vestiti sporchi corro ad aprire le finestre del salotto per  far girare l’aria. Questo è un angolo di mondo che la civiltà non ha raggiunto. Haymitch vive selvaggiamente in una giungla di piatti sporchi e calzini puzzolenti, e non mi sorprenderei se in questo schifo abitasse in compagnia di qualche roditore. Non solo manca l’ordine, ma ci manca anche un tocco femminile. Non so perché non trovi una donna ; Non è vecchio, ha quarant’anni, e a dirla tutta non sarebbe nemmeno un brutto uomo se si curasse un po’ di più; il problema è il carattere che ha sviluppato negli ultimi anni , dopo la morte della famiglia è rimasto solo ed è diventato scorbutico e brontolone, affoga il suo dolore nell’alcol a mio parere e sarebbe davvero il caso smettesse perché mette seriamente a rischio la sua salute.
 
 

Ad aspettarmi a casa c’è il caos più totale che ho lasciato questa mattina nella fretta. Devo sbrigarmi a sistemare tutto altrimenti farò tardi da Gale che questa sera fa una sorta di riunione della squadra casa sua, a cui siamo invitate, come uniche ragazze anche io e Madge , una mia coetanea dai capelli biondo platino con cui vado particolarmente d’accordo.
Decido che per l’occasione potrei anche prepararmi con maggiore cura rispetto a quanto faccio di solito per uscire: indosso un paio di jeans scuri aderenti e una canotta verde acqua che lascia nuda la schiena, mi trucco leggermente con un filo di matita , ombretto e mascara. Se Madge riesce ad essere sempre perfetta perché non posso sembrare anche io carina questa sera?
Mi lego i capelli nella solita e irrinunciabile treccia stando attenta a lasciare libero il ciuffo sulla fronte e mi infilo le scarpe col tacco che mia sorella  mi ha regalato un paio di anni fa per natale. Spero vivamente di non sembrare un tirannosauro camminando. Confido di restare seduta per tutta la serata. Per ogni evenienza metto comunque un paio di ballerine nella borsa.
 
 
Sono in cucina con Madge mentre i ragazzi finiscono la loro riunione prima che si trasformi in una vera festa tra amici. Abbiamo pizza, birra a fiumi, stuzzichini e dolci per un esercito, ma si sa che undici uomini non si sfamano con poco. Parliamo del più e del meno, realmente interessate a quello che l’altra da dire. Quando sbircio in salotto e vedo che hanno cominciato a mangiare barcollo sui tacchi fino allo stereo e accendo l’ipod. È mezzanotte passata quando il campanello suona e Gale va ad aprire, non credevo aspettasse qualcun altro, io al posto suo sarei preoccupata ma lui apre la porta senza esitazione alcuna.
“Ragazzi lui è Peeta Mellark! Salutate il nuovo, speriamo- meno –antipatico Marvel!” ancora non è entrato dalla porta, dopo la presentazione, che un ovazione si leva nella sala. Persino Madge tirandomi delle gomitate esulta. Io invece me ne sto zitta. Pensavo di passare una serata tranquilla e invece eccolo qua,a riportarmi alla mente che sono in debito con lui. Sono arrabbiata con Gale per non avermi detto che ci sarebbe stato anche lui. “Katniss,ma lo hai visto? Katniss?! Mi stai ascoltando?” con una gomitata la bionda mi toglie dai miei pensieri. E siccome non ho nessuna intenzione di ascoltare i suoi sproloqui su quanto sia attraente il ragazzo che mi sta rovinando l’esistenza decido di ritornare in cucina a prendermi una birra. Magari l’alcol mi farà pensare ad altro.
Le scarpe mi fanno malissimo, e mi gira la testa. Mentre mi sistemo in equilibrio precario su una gamba sola per togliermi il primo trampolo sento una mano afferrarmi sul gomito per non farmi cadere. Peeta è arrivato in cucina e al contrario di tutto quello che avevo immaginato questa mattina sulla sua vendetta nei miei confronti, si china per aiutarmi a togliere i tacchi. Lo guardo dall’alto in basso, mentre cerca di slacciare il cinturino alla caviglia e sento l’imbarazzo crescere e la lucidità tornare. Mentre si alza mi affretto a infilarmi le ballerine. “ ora stai molto meglio sai? con quei tacchi non mi sembravi per niente a tuo agio” rompe l’imbarazzante silenzio ancora una volta con un complimento e io non so proprio che dire. Mi ha appena tolto le scarpe e riesce ancora a rimanere serio. All’improvviso allunga una mano verso il mio viso e porta una ciocca di capelli ribelli dietro l’orecchio con un movimento lento e sicuro mentre io resto immobile. “puoi anche respirare, sempre che ti vada di farlo ovviamente” non mi ero accorta di essere in apnea. Pessima figura. Lui ridacchia e si appoggia con la schiena al tavolo puntellandosi sui gomiti. Ha gli occhi persi nel vuoto come se stesse pensando a qualcosa. Forse non sa cosa dire, o forse si aspetta che parli io questa volta . “allora, cosa ci fai qua?”  lo accontento, cercando di soddisfare anche la mia curiosità. Mi guarda e si acciglia come se avessi fatto la domanda più stupida del mondo “ bhe faccio parte anche io della squadra adesso. E Gale mi ha invitato. Mi sembrava scortese non presentarmi alla prima festa”  a questo non avevo pensato, lui fa parte della squadra adesso. Mi aveva avvertito che ci saremmo rivisti, ma non pensavo così presto. “almeno ti saresti dovuto presentare alla riunione e non a mezzanotte” il mio tono risulta molto più severo di quello che volevo. “perche tutto questo ritardo?” cerco di stemperare un po’ l’atmosfera che io stessa ho creato. Mi studia per un attimo che sembra lunghissimo poi parla “ avevo un impegno inderogabile. Sono arrivato il prima possibile.” Un'altra risposta vaga e calcolata. Sto per chiedergli di cosa si trattasse ma le grida dal salotto mi distraggono  “andiamo a vedere che succede” mi prende per mano, in un contatto che per qualche motivo mi fa fremere, e mi tira dagli altri. Sono tutti in cerchio davanti alla tv , Cato e Tresh in prima fila con il naso a due centimetri dalle immagini sullo schermo dove in un ring, due uomini stanno facendo a pugni in un incontro cruento . assomiglia al pugilato, ma in questo match non ci sono quelle stesse regole. è un torneo veloce, pochi partecipanti coraggiosi di tutte le età, peso, sesso, senza alcuna distinzione: buttati a coppie sul ring per combattere come pugili e si avanza per eliminazione diretta. Chi resta a terra se ne torna a casa, non ci sono falli, non c’è nulla che si possa contestare, nessuna assicurazione sulla vita . Un torneo del genere una volta l’anno. Questi sono gli HUNGER GAMES.

Con la coda dell’occhio vedo Peeta sorridere malizioso , nei suoi occhi una scintilla . A Cosa starà pensando?
 
 
 





N.D.A
Eccomi tornata con un nuovo capitolo! Ecco gli HUNGER GAMES! In versione rivisitata, ovvio, ma eccoli qua. Non potevano mancare assolutamente…
Grazie a tutti per i bellissimi commenti ai capitoli precedenti e spero che questo non abbia deluso le vostre aspettative. Fatemi sapere che ve ne pare mi raccomando ;)
Baci
Luckily 

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Capitolo 4
*** vorrei chiederti scusa ***


Questa storia degli Hunger Games sta perseguitando tutti da giorni ormai. Manca ancora un mese all’inizio degli incontri e già i volantini per l’evento sono sparsi ovunque in città, i manifesti appiccicati ai muri e i biglietti stanno già finendo. Tutti gli anni i ragazzi riescono ad accaparrarsi i biglietti, e prontamente tutte le volte io fingo di stare male, per non accompagnarli. Vedere quei corpi martoriati, pieni di lividi e contusioni mi fa stare male e sapere come se li sono procurati aggrava la situazione. Un anno Gale mi disse che voleva prendervi parte ma ,tra i miei rifiuti, le mie urla e la vista di tutto quel sangue si ricredette e capì quanto fosse stupida l’idea. Questi sono i giochi degli affamati di pugni, degli assetati di sangue. Devi avere fegato per parteciparvi e coraggio per affrontarne le conseguenze. Perché l’adrenalina ti fa salire sul ring ma i dolori che durano per mesi o per sempre ti portano in ospedale.
La settimana passa tranquilla, mi sarebbe piaciuto assistere a qualche allenamento della squadra ma purtroppo Haymitch mi trattiene al lavoro più del solito perché a quanto pare gli affari vanno bene, e puntualmente arrivo a casa quando hanno già finito ed entrano negli spogliatoi. Ancora due partite, poi ci sarà la finale… E poi un po’ di pace finalmente, vacanza anche per questi poveri atleti che hanno faticato tanto. Credo che il prossimo match lo guarderò dagli spalti e non dalla mia finestra.
È domenica mattina quando Gale mi chiama  per chiedermi conferma della mia presenza alla partita e prendermi il posto. Ho un paio di ore prima di dovermi presentare al campo e decido di passarle a riordinare il disastro che regna sovrano in questo appartamento. Dopo ogni incontro, che vincano o perdano, è d’obbligo andare a mangiare qualcosa al fast food tutti insieme, io e Madge comprese, ormai siamo come delle mascotte per questi uomini che si fanno chiamare District, quindi decido di prenotare anche il tavolo per la cena. Indosso una gonna a balze nera che arriva poco sopra il ginocchio e una camicetta azzurra leggera senza maniche che infilo un po’ dentro la gonna. Ogni giorno è più caldo del precedente e non mi preoccupo di prendere nulla per coprirmi le spalle. Vista la disastrosa esperienza dei con i tacchi, indosso un paio di ballerine ed esco. Come al solito li raggiungo negli spogliatoi per fare loro i miei migliori auguri e ascoltare il discorso incoraggiamento del loro capitano ma questa volta li trovo mentre mangiano focaccine. Resto letteralmente sconvolta quando vedo le loro facce piene di briciole e zucchero che mi guardano e non posso fare a meno di scoppiare in una rumorosa risata alla quale piano piano si uniscono tutti. Tresh mi allunga un dolcetto glassato di blu che accetto molto volentieri . “chi è l’artefice di tutto questo? Gale, da quando dai il permesso di mangiare così prima di giocare?” chiedo divertita al moro che mi sta facendo gli occhioni dolci mentre parla “erano così profumati che non ho saputo resistere! All’inizio li ho vietati ma poi sono stato il primo a cedere” la mia risata torna a farsi sentire. Gale resiste ad ogni tentazione, devono essere esageratamente buone questa piccole opere d’arte. Mi basta un morso per capire che sono stati fatti da mani esperte, e da quel che ne so io nessuno di loro sarebbe capace di tanto. Apro la bocca per addentare di nuovo la leccornia quando Cato parla “ le ha fatte Peeta comunque” e il boccone mi va di traverso. Arrivano in quattro a soccorrermi per non farmi soffocare. “se ti facevano schifo potevi dirlo subito invece di strozzarti!” a parlare è il biondo che adesso vuole farmi credere di essere un pasticcere. “ma chi vuoi prendere in giro. Secondo me le hai comprate” sentenzio appena riesco a respirare di nuovo. Mi guarda, la testa leggermente inclinata verso sinistra, un sorriso compiaciuto su quella faccia che vorrei tanto prendere a schiaffi in questo momento. Non sopporto le persone arroganti. Prima di parlare afferra un dolcetto e se lo rigira tra le mani venendomi incontro “ certo Katniss le ho comprate, dal Mio forno” sottolinea Mio  mentre punta i suoi occhi nei miei. E se gli occhi sono davvero lo specchio dell’anima allora lui non sta mentendo. E non mi sta prendendo in giro.  Mi fa l’occhiolino e riprende a parlare tranquillamente con i suoi compagni. Gale mi afferra per un braccio e mi porta fuori “che diavolo ti è preso Catnip? Cos’hai contro di lui? Non va a genio nemmeno a me ma questa è un’altra storia. Anche l’altro giorno alla festa hai cambiato umore quando è arrivato. Mi vuoi spiegare che sta succedendo?” il suo tono apprensivo mi fa arrabbiare ancora di più, non è bastata l’umiliazione di prima, ora anche lui si deve intromettere e fare il genitore preoccupato. Funziona con i suoi fratelli non con me. però parlare con qualcuno di quello che sento mi potrebbe fare bene e lui è l’unico davvero disposto ad ascoltarmi. Sembra capire la mia indecisione quindi parla lui “ehi ascoltami, qualunque cosa sia a me puoi dirla. Giuro che non me ne vado. Però non voglio segreti tra di noi a causa di quel cretino ok?”a queste sue parole cedo e gli racconto tutto: racconto della prima volta che ho visto Peeta, dei bulli, delle offese e del suo sangue sulla strada; racconto di quanto l’ho osservato mettersi una mano sulle costole per parlare e ridere ,e racconto di quanto sono rimasta stupita dal suo cambiamento, infine parlo dei miei sospetti sulla sua vendetta e di quanto mi senta in colpa per non averlo aiutato all’epoca e mai ringraziato. Il mio migliore amico mi ascolta in silenzio, quando finisco mi sorride mestamente e mi abbraccia “ allora credo che dovrei essere grato a Peeta se ora sei qua con me sana e salva”.
Mentre rientra negli spogliatoi mi guarda e borbotta un “sarebbe più semplice odiarlo se non sfornasse cosa tanto buone.” Sorrido e vado a sedermi al mio posto tra il pubblico.
 
La partita sta andando alla grande, i District conducono il gioco con 4 goal contro l’1 degli avversari.  Stanno giocando davvero bene, scattanti e precisi. Nonostante Gale sia il più abile in campo la vera sorpresa della giornata è Mister-Dolcetto – o – scherzetto come lo chiamano in squadra: Peeta supera gli avversari senza problemi e tira in porta un paio di volte. Se la cava piuttosto bene. L’unico problema è che tende a fare tutto da solo. Al momento questo suo essere restio al gioco di squadra confonde gli avversari ma alla lunga capiranno che è il suo punto debole e punteranno tutto su quello. È già la terza volta che invece di passare palla avanza da solo senza possibilità di segnare.
 
Andiamo a festeggiare la vittoria nel solito posto, un locale a mezz’ora di strada in macchina da casa mia dove servono panini e hamburger straripanti di salse. Il personale è gentilissimo e sponsorizza tutte le attività che si svolgono nel mio quartiere. Conosco la proprietaria da una vita, è una signora sui sessant’anni di nome Sae e per i suoi panini succulenti è soprannominata La Zozza. Ci da un tavolo rotondo enorme e ci serve subito anche se sono solo le cinque del pomeriggio. È abituata a vederci qua tutte le domeniche e si prepara sempre il giorno prima visto che ordiniamo un sacco di cose. Le pareti rivestite di legno di questo posto sono accoglienti e il soffitto decorato mette subito allegria. È tutto in stile rustico come i piatti che servono ma tutto combacia perfettamente senza essere scontato o volgare.
Se ne stanno andando un po’ alla volta tutti quanti e io sto aspettando che Gale finisca di parlare con Sae perché non avendo la macchina mi deve scarrozzare lui. Mi afferra un polso e si avvicina al mio orecchio “ senti, mi ha chiamato mamma e devo andare in ospedale subito perché si è sentito male Rory, è un problema se ti accompagna a casa Peeta? So che non ti va a genio ma” la sua voce è un sussurro e io non lo lascio finire. “vai dalla tua famiglia, io me la cavo. Non preoccuparti.” Mi lascio sfuggire un sospiro e rialzandosi mi guarda, si sente in colpa e lo so ma non posso permetterglielo. Io posso farcela. Mi sforzo per fare un sorriso che lui ricambia con uno altrettanto forzato. Sale in macchina e parte.
A pochi metri Peeta ci deve aver osservato per tutto il tempo, ha due caschi in mano e venendomi incontro me ne porge uno. Non parliamo, mi infilo il casco e lui mi aiuta ad allacciarlo sotto il mento. Mi squadra per qualche secondo, poi si sfila la giacca e me la porge. Sorride, un sorriso sghembo e sincero. “mettila, altrimenti in moto, vestita così, prenderai freddo. E io non voglia che il nostro portafortuna si ammali per colpa mia” il suo tono è dolce e non so bene come interpretarlo. Mi infilo la giacca “grazie” sussuro, ma so che mi ha sentito perché mi fa l’occhiolino. Sale in moto, si infila il casco ed esce dal parcheggio. Mi fa cenno di salire dietro di lui e io obbedisco. “tieniti forte” la sua voce è distorta dal casco integrale che fa vedere solo l’azzurro dei suoi occhi. Mi sistemo reggendomi con le mani sul sellino della moto. Lui sbuffa e scuote la testa divertito per poi cercare le mie mani e portarsele intorno ai fianchi stringendoci in quello che sembra un abbraccio. “è cosi che ti devi tenere Dolcezza! Ah ti do un ultimo consiglio. Stringi bene le gambe se non vuoi che tutti vedano quanto deve essere sexy il tuo intimo!” ride e parte, mentre io sono ancora imbarazzata per il suo commento e per l’estrema vicinanza dei nostri corpi.
 
Facendo slalom tra le macchine c’è voluto meno del previsto per arrivare a casa. Ho le gambe rigide per la posizione non troppo comoda e non vedo l’ora di sgranchirmele. Parcheggia a qualche metro di distanza dal mio portone, sono le otto di sera ma fa già buio. Gli restituisco il casco ma non appena mi sfilo la giacca sento un brivido di freddo lungo la schiena. Peeta sembra notarlo e si affretta ad afferrare la cerniera e a richiuderla. Chissà quanto freddo deve aver patito lui per tutto il tragitto. Mi sento in colpa e anche se non voglio si faccia strane idee decido lo stesso di parlare “senti… ti va di salire da me un attimo? Così ti restituisco la giacca e magari ti scaldi un pò… posso farti un the caldo se vuoi” sono imbarazzata e guardo a terra. Lui sembra valutare la mia proposta e le mie intenzioni “vada per il the caldo allora” e sorride.
Lui si guarda intorno, casa mia sembra incuriosirlo parecchio. Mentre io metto sul fuoco il bollitore e cerco le bustine di infuso lui vaga per il salotto e scruta ogni soprammobile con grande interesse, e non posso che pensare che sia un tipo davvero particolare. Poco dopo gli porgo la sua tazza, siamo seduti a tavola uno di fronte all’altra. “Peeta…” esito, e lui alza lo sguardo dalla bevanda fumante per fissarlo su di me , allora continuo incoraggiata dalla curiosità che ora dimostra “ dovrei chiederti scusa…”
 
 
 
 
 
N.d.A
Ecco il nuovo capitolo! Come sempre grazie a tutti per aver letto i precedenti! Spero che questo sia all’altezza degli altri, anche se forse è un pochino noioso… bhè… che dire… leggete e recensite così mi dite che ne pensate!
Alla prossima
Luckily

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Capitolo 5
*** non restano che macerie ormai ***


“Peeta…” esito, e lui alza lo sguardo dalla bevanda fumante per fissarlo su di me , allora continuo incoraggiata dalla curiosità che ora dimostra “ dovrei chiederti scusa…”
Storce la testa di lato non capendo a cosa mi riferisco. Sbuffo, non so se sta cercando di rendermi tutto più difficile , ma non sarebbe affatto divertente. È uno sforzo enorme parlare, e non penso che riuscirei a ripeterlo due volte. Se vuole le accetta così le mie scuse altrimenti che vada a quel paese. Katniss Everdeen non concede il bis.
“non ho intenzione di ripetermi quindi ascolta bene e sia chiaro che la cosa deve restare un segreto tra noi capito?” fisso i miei occhi sui suoi per fargli capire quanto io sia seria, in questo momento.
Muove lentamente la testa in segno di assenso “ va bene, ma se magari ti decidessi a parlare sarebbe meglio, odio promettere senza sapere a cosa vado incontro”. Mi schernisce ancora con il suo tono beffardo. Odio e continuerò ad odiare la sicurezza che ostenta. Se lo sguardo potesse uccidere ora Peeta sarebbe steso al suolo. Prendo un profondo respiro mentre l’imbarazzo si impossessa di me e mi costringe a guardare altrove. Le mie guance vanno letteralmente a fuoco e fisso l’angolo tra la parete e il soffitto, la mia voce è flebile mentre parlo “Ti devo delle scuse per come mi sono comportata oggi con te, riguardo i dolci intendo. Non ti conosco nemmeno e mi sono permessa di giudicarti , non avrei dovuto farlo. Mi dispiace davvero. È che…” mi fermo, non so quali siano le parole giuste per spiegare la rabbia che mi assale quando sono con lui. È una fiamma che mi fa dire e fare cose stupide. Un fuoco che mi sta bruciando dentro e non mi fa ragionare . Io non ce l’ho con lui, ce l’ho con me stessa, e ne sono consapevole, ma perché ogni volta mi torna in mente questo ragazzo? Ogni volta che lo vedo commetto qualche errore e allora ricollego tutto a lui. “è che…? Ti prego continua. Mi sono appena ripromesso che non ti avrei interrotto ma cavolo il tuo silenzio mi sta uccidendo” mi giro verso di lui sinceramente stupita. Vuole che continui. Le mie labbra disegnano un sorriso malinconico mentre torno a fissare il soffitto. “è che mi fai perdere la testa Peeta! mi fai arrabbiare talmente tanto che con te non riesco a combinarne una giusta.” sbuffo “mi sento in colpa per quello che ti hanno fatto quando mi hai salvato da quei bulli e mi sento malissimo perché avrei dovuto aiutarti e invece sono scappata. Non riesco a togliermi dalla testa il tuo sangue. e anche se è tardi per dirlo ora…” prendo fiato  “Grazie.” Chiudo gli occhi aspettando che in qualche modo mi ferisca. Mi sono esposta troppo, mi sono liberata, ma so che ci saranno delle conseguenze che mi faranno soffrire. Aspetto il colpo… che però non arriva. Apro timidamente gli occhi, se lui non attacca io avrò il tempo di rimettere insieme i pezzi di quel muro che ci separava prima e che deve assolutamente tornare a separarci ora.
Lo guardo scuotere la testa e stringere tra le dita la tazza ancora piena. “sai Katniss, se quella volta ho fatto quello che ho fatto, se quella volta mi sono messo in mezzo era perché nessuno, nessuno al mondo deve permettersi di toccare un ragazza ne guardarla nel modo in cui loro guardavano te. Sai, tante volte me li sogno ancora i loro occhi. Ma sapevo che mettendomi in mezzo le avrei prese, e l’ho fatto lo stesso. E mai, mai e poi mai avrei voluto che tu intervenissi. Se avessi avuto la forza di parlare ti avrei detto di fare esattamente quello che hai fatto cioè scappare. Dovrei ringraziarti io, perché mi hai risparmiato la fatica di aprire bocca. Se tu ti fossi messa in mezzo avrebbero picchiato anche te o forse avrebbero fatto di peggio, non ci voglio nemmeno pensare e non me lo sarei mai e dico MAI perdonato. E non mi interessano i tuoi ringraziamenti, lo rifarei altre cento volte per proteggerti.” L’ho ascoltato, ho sentito il mio cuore alleggerirsi di un peso ad ogni parola che pronunciava. Lui non mi odia, e per me,  o forse lo farebbe per tutte le ragazze, si farebbe massacrare ancora. Mi rendo conto che Peeta è forse la persona più altruista che abbia mai incontrato. Ha tenuto gli occhi fissi sulle sue mani per tutto il tempo in cui ha parlato. Non so cosa rispondere, non so come muovermi adesso perché ero completamente impreparata per questo. Lo vedo girare la testa verso di me con un sorriso timido, sembra quasi chiedere perdono per quello che ha appena detto. Basta un secondo, un battito di ciglia e la sua espressione torna quella spavalda e arrogante da uomo vissuto “ per la storia dei dolci, sei perdonata tranquilla. Comunque sia io sono davvero un fornaio che tu ci creda o meno. Erano buone le focaccine almeno?”  Preferivo la versione dolce di questo ragazzo, senza dubbio. Ammicca e comincia a sorseggiare il suo the ormai freddo. “si, erano mangiabili” borbotto, irritata, ma non sono minimamente convincente perché sa perfettamente di aver creato una delizia.
“E così… tu vivi da sola….” La sua non è una domanda ma decido comunque di rispondere “ehm…si, vivo da sola da un paio d’anni. Mia madre e mia sorella si sono trasferite perché questa casa ricordava loro mio padre.” Annuisce mentre si alza da tavola e vaga per il soggiorno, le braccia conserte mentre osserva tutte le foto che ho esposto qua e la. “anche io vivo da solo.” Lo guardo curiosa, vorrei chiedergli perché mai un ragazzo con una bella famiglia dovrebbe vivere da solo a vent’anni, ma lui parla prima che io possa domandare nulla “ me ne sono andato di casa perché vivere con mia madre era impossibile, e a lungo andare credo sia stata la scelta migliore che abbia mai fatto. Ho trovato un piccolo appartamento sopra un locale vuoto e con i soldi del premio scolastico e un piccolo aiuto da  un amico ho comprato sia l’uno che l’altro. L’appartamento è diventato casa mia mentre ho trasformato il vecchio laboratorio in un forno.” Mentre racconta i suoi occhi si illuminano, sembra dannatamente fiero delle sue scelte e lo invidio per questo, io sono completamente insicura.
“Peeta, posso chiederti un favore?  Mercoledì è il compleanno di mia sorella Prim e lei, il suo ragazzo e mia madre verranno a trovarmi e io sarei intenzionata a preparare una torta. Non è che per caso mi puoi dare la ricetta delle tue focaccine?” domandare è lecito e rispondere è cortesia dicono dalle mie parti.
Mi guarda come se gli avessi chiesto la luna. Gli occhi sbarrati  e la bocca leggermente aperta in un’espressione che mi fa ridere a crepapelle. “facciamo così Katniss” il suo tono è serio, si è ripreso dalla sorpresa “io ti do la ricetta delle focaccine se tu prometti che resterà un segreto tra me e te, te la darò una volta sola, quindi stai bene attenta. Peeta Mellark non concede il bis.” Mi sta prendendo in giro per quello che gli ho fatto promettere prima , è evidente.  “ touchè  Mellark ” .  Gli porgo un foglio e un pennarello , visto che di penne non ne trovo nemmeno una adesso , e lui comincia a scrivere la ricetta.
Sono le nove e mezza di sera quando decide di doversene andare , dopo avermi spiegato come impastare, mescolare etc etc.  “ grazie del the comunque” si infila la giacca di pelle e si avvicina alla porta, da buona padrona di casa lo accompagno; poi tutto succede troppo in fretta: mi afferra un braccio e me lo fa passare con il suo dietro la schiena all’altezza dei reni, impedendo i miei movimenti. Sono bloccata, il mio petto sul suo, il suo braccio dietro la mia schiena mi spinge verso di lui ancora di  più. Con la mano libera recupera il pennarello stappandolo con i denti e afferra la mia mano ancora inerme lungo il fianco. Scrive un numero sul mio avambraccio  per poi prendermi il mento delicatamente tra le sue dita. Fronte contro fronte, “ chiamami se hai bisogno d’aiuto con i dolci” la sua voce roca mi provoca un brivido lungo la schiena, il suo respiro si infrange sulle mie labbra così come il mio sulle sue, sono vicine,troppo vicine. Lascia la presa dietro la mia schiena lentamente e mi lascia un bacio umido sulla mano che si è portato alle labbra continuando a guardarmi negli occhi. Non mi accorgo di aver smesso di respirare finchè non sento la porta chiudersi.
“Respira Katniss, respira. Va tutto bene” cerco di convincere me stessa, con scarsi risultati. Osservo il numero che ha scritto a caratteri cubitali sulla mia pelle; una scarica di emozioni mi invade, tutte quelle che avrei dovuto provare prima ma che l’intensità del suo sguardo ha inibito: ansia, paura, piacere, trepidazione, desiderio forse? E una minima parte di delusione.  Annaspo alla ricerca d’aria , non sono abituata al contatto fisico e per oggi ne ho avuto anche troppo.
Mi rifugio sotto le coperte, devo riesaminare la serata sotto un altro punto di vista: mi sono scusata con Peeta  e mi sono aperta con lui. Lui si è aperto con me. Mi sembra indubbiamente equo. Lo posso accettare. Mi sono tolta un peso dal cuore, chiedendogli finalmente scusa e ringraziandolo ma mi ha spiazzato dicendo che lo rifarebbe altre cento volte per me, io cosa sarei disposta a fare per lui? Sinceramente non lo so. Quello che ho capito questa sera è che dietro la facciata di arroganza si nasconde il ragazzo più buono che abbia mai conosciuto. Adesso non so più se quello che provo per lui sia davvero odio o qualcos’altro ma di quel muro che ci divideva non sono rimaste che macerie ormai, impossibili da ricostruire.
 
 
 
 
 
N.d.A
Ecco le scuse di Katniss finalmente! 
Grazie mille per le stupende recensioni che mi avete lasciato e continuate a recensire recensire recensire mi raccomando! Spero di avervi trasmetto tutte le emozioni che ho provato io scrivendo questo capitolo!!
Bacioni, alla prossima!
Luckily 

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Capitolo 6
*** mercoledì ***


Mercoledì mattina, ore cinque.
Mi metto a sedere, e con gli occhi ancora chiusi vado in bagno a lavarmi la faccia. Continuo a inciampare sui miei stessi piedi e a sbattere contro tutti i mobili che trovo nel mio percorso. Devo svegliarmi. Oggi è il compleanno di Prim, devo prepararle le focaccine. L’impasto deve lievitare e io questa mattina devo andare a lavorare quindi l’unico momento che ho per darmi alla pasticceria è adesso. Mi domando come faccia Mellark a svegliarsi a quest’ora tutti i giorni, quello è matto ve lo dico io.  Fortunatamente ieri ho fatto la spesa e ho pronto tutto l’occorrente per creare. Ancora in pigiama e stando attenta all’ora, per non fare tardi al lavoro, peso gli ingredienti, li metto assieme dentro ad una terrina, seguendo in modo più che scrupoloso l’ordine della ricetta, mescolo con un cucchiaio. Quando ho ottenuto una pasta liscia, immergo le mani nella farina e poi nel composto versandolo sul tavolo e lavoro di polsi fino a che non ottengo una palla liscia ed elastica. Metto tutto in una ciotola coperta da un panno e sistemo la cucina ormai tutta imbrattata di impasto e farina.  In meno di due ore sono riuscita ad ottenere l’impasto che da acquoso e appiccicosissimo, insomma uno schifo, è diventato liscio e molto carino da vedere. Queste sono soddisfazioni!
Esco di casa correndo come al solito e arrivo in negozio stranamente puntuale. Gli affari vanno a gonfie vele per Haymitch e nei pochi momenti di lucidità fa capolino tra i clienti per parlarci personalmente. Vorrei accompagnare al mio dolce anche un degno alcolico e appena si libera mi decido a chiedergli un consiglio “ ehi Haymitch, mi potresti aiutare?” non si gira “se si tratta di questioni d’amore sappi che non me ne frega un cazzo e che non sono disposto a farti da psicologo.” Sempre il solito, il livello di alcol nel suo corpo è inversamente proporzionale alla quantità di frecciatine che mi manda. “perché mai dovrei chiedere consigli ad un vecchio scorbutico?” ringhio “perché noi ci assomigliamo Dolcezza! ” quel nomignolo apre una falla sulla diga di contenimento che avevo posto ai ricordi di domenica sera.  Quella vicinanza, quel calore, mi hanno fatto per la prima volta desiderare il contatto fisico. Io non ho tempo per queste cose e prima le dimentico meglio è. “noi non ci assomigliamo affatto. Io non sono scorbutica. Cmq volevo solo sapere che vino accompagnare al dolce per Prim questa sera.” cambio discorso sperando che lui non ci faccia troppo caso. Mi indica una bottiglia che io prendo prima di uscire dal negozio.
Arrivo a casa un’ora prima dell’arrivo previsto della mia famiglia, esattamente il tempo per cuocere e decorare i dolcetti con la glassa. Mi infilo un paio di shorts della tuta che sono troppo corti e una maglietta troppo grande che copre a malapena quello che i pantaloni non nascondono: per cucinare andranno benissimo. Prendo la ciotola e un urletto di puro piacere esce dalle mia labbra al vedere l’impasto lievitato. Lo taglio e lo farcisco come da istruzioni, inforno il tutto e aspetto. Rassetto casa nel frattempo e preparo sul tavolo tutti i regali che ho fatto a mia sorella. Mi lego i capelli nella solita treccia e mi trucco leggermente in modo tale da dovermi solo cambiare i vestiti quando arriveranno, ci tengo a fare buona figura con il nuovo ragazzo di Prim.
L’allarme del forno suona, indicandomi la fine della cottura. Estraggo la teglia dal forno e aspetto qualche secondo prima di mettere in bocca un pezzettino della mia creazione ustionante. Appena la mia lingua tocca quella cosa percepisco il sapore orrendo e disgustoso che ha , e mi sale un conato di vomito. Sputo tutto nella pattumiera. Ero convinta di aver creato un capolavoro e invece ho fallito miseramente. Il problema è che non ho un dolce per festeggiare adesso. A meno che….
Mi precipito in camera per cercare il cellulare, apro la rubrica e individuo subito il contatto che sto cercando. Chiamo. Suona a vuoto. Una,Due, tre volte prima che qualcuno mi risponda. “Pronto? Chi parla?” la sua voce al telefono è strana ma è sempre e comunque roca e gutturale. “ciao Peeta, sono Katniss”  rispondo. “che piacere sapere che il MIO numero ha raggiunto effettivamente il TUO telefono, non ci speravo più.” Sperare, mio, tuo, anche al telefono riesce a farmi smettere di ragionare. “dimmi cosa ti serve Dolcezza, qualche consiglio?” è ironico e se non fosse per il bene che voglio a mia sorella e per il bisogno che sento di farla felice , adesso non avrei più il suo numero. “smettila di fare tanto il gradasso Mellark” divento acida “o il TUO numero , dal MIO telefono sparisce immediatamente.” Sono felice di poterlo deridere io adesso. “sia mai. Dimmi che è successo Katniss” Alt. Altro cambio di tono. Ora è dolce e mi incoraggia a parlare. “lmifocainfnnschfo” la mia voce è bassa per la vergogna e parlo troppo veloce perché lui possa capirmi. Infatti la richiesta di ripetere arriva immediatamente “che cosa hai detto?!! Non ho capito assolutamente nulla!”vergognosa o no ho bisogno del suo aiuto “ le mie focaccine fanno schifo” dall’altro capo del telefono sento una sonora risata. Poi un sospiro, sento che sta muovendo il telefono “ qual è la marmellata preferita di tua sorella?” chiede “Fragole” rispondo istintivamente “ottimo, arrivo, dammi dieci minuti. Vediamo che si può fare, intanto preparami zucchero uova e una frusta .” E riaggancia. Speravo mi aiutasse non che venisse a casa mia. Una sorta di ansia mi invade, e mi fa tremare le ginocchia e stringere lo stomaco in una morsa. Per distrarmi eseguo gli ordini di Peeta. suona il campanello e corro ad aprire sperando non sia mia madre. Davanti mi ritrovo il ragazzo biondo vestito con i pantaloni della tuta grigi e una maglia fin troppo aderente che fascia i muscoli delle sue braccia come se gli fosse cucita addosso. Lo osservo spostando lo sguardo dal basso delle sue converse , salendo verso i suoi addominali, i pettorali scolpiti e messi in evidenza dal tessuto, il borsone che porta  a tracolla, all’alto delle sue labbra piene la cui vicinanza alle mie mi ha fatto provare mille brividi e dei suoi occhi cerulei. Solo allora mi accorgo del livido violaceo che gli deturpa lo zigomo destro. Una nota stonata in una melodia fin troppo perfetta.
“mi lasci entrare o devo starmene sul pianerottolo tutto il pomeriggio?” spavaldo e sorridente mi fa tornare alla realtà e , mentre arrossisco ,mi scanso per farlo passare e chiudere la porta. Lo accompagno in cucina dove vede la teglia ancora piena del mio disastro culinario.  Appoggia il borsone su una sedia, afferra un pezzetto di impasto e lo tiene sulla lingua per un po’. “hai messo il sale al posto dello zucchero Katniss. Purtroppo ormai questi sono irrecuperabili mi dispiace” sentenzia e il mio cuore perde un battito. “che possiamo fare allora? Io ho promesso un dolce a Prim e non voglio deluderla ma”piagnucolo e lui mi interrompe con un gesto della mano “ ti ho portato un vassoio di focaccine alla fragola appena sfornate, puoi dire di averle fatte tu se preferisci. Solo che non ho avuto il tempo di glassarle quindi comincia a mescolare gli albumi con lo zucchero e aggiungici il colore che vuoi.” Ora ho davanti 4 boccette con del liquido colorato tra cui scelgo il rosa. “grazie Peeta! Grazie mille! Mi hai salvato ancora! Non so come sdebitarmi adesso” lui alza lo sguardo e mi sorride gentile poi riprende a smussare gli angoli dei dolcetti. Sono intenta a preparare la glassa e non mi accorgo dei suoi movimenti fino a quando le sue mani entrano direttamente nel mi campo visivo spostando la ciotola zuccherina. È dietro di me e preme il mio corpo contro il tavolo con il suo. Non ho modo di girarmi,stretta nella prigione che ha creato con il suo stesso corpo. il suo bacino spinge prepotente il mio sedere, il suo petto sulla mia schiena, quando parla al mio orecchio il suo fiato mi solletica il collo  e il mio cuore accelera la sua corsa già forsennata “ spero vivamente che sotto questa maglia tu abbia qualcosa oltre agli slip, in caso contrario ti consiglio vivamente di andare a metterti un paio di pantaloni” espira “ vestirti un po’ di più sarebbe un ottimo modo per sdebitarti.” Lo sento allentare  la presa su me e spostare una mano in modo da permettermi di fuggire in camera a vestirmi. Ed è esattamente quello che faccio. Mi infilo quello che indossavo la mattina al lavoro e mi siedo sul letto. Non posso tornare ora in cucina, non sono emotivamente pronta. Il mio cuore ha raggiunto velocità che non credevo umanamente possibili. Per quanto io non volessi impressionarlo, ero convinta che gli uomini reagissero in modo diverso alla pelle scoperta. Mi ha chiesto di vestirmi, probabilmente gli faccio schifo come ragazza. Non che mi interessi, no no. Ancora rossa in volto torno in cucina dove tutto è già pronto e glassato. Tranne un dolcetto. Peeta, come se prima non fosse successo nulla, mi prende per mano e mi porge la sach-a-poche con la glassa. Le mie mani nelle sue formano piccoli ghirigori di zucchero e un sorriso mi sorge spontaneo vedendo quanto possa essere brava se ben guidata.  Lui mi sorride a sua volta e divide la meraviglia a metà e me la porta alle labbra, che io schiudo per assaggiarla. È davvero buonissima. “così, se chiedono, sai anche come si glassa.” Ridiamo insieme. “grazie” dico “grazie a te per esserti vestita, così mi hai lasciato lavorare. Se penso che non avevi nulla sotto la maglia…” ribatte ammiccando e ridacchia tra se e se mentre io divento un peperone. Avevo i pantaloncini sotto! Potrei dirglielo ma ora come ora non ha importanza e mi concentro sul livido che ha in viso. Torno seria e lui, vedendomi, smette di ridere. “come ti sei procurato questo?” gli passo un dito sulla botta e lui si ritrae con una smorfia malcelata. Stupida, non dovevo toccare, è ovvio che gli faccia male. Ma è stato un gesto impulsivo, guidato dall’istinto. “ sono scivolato.” Sbuffo “ sei un pessimo bugiardo. Che è successo? Non me la bevo questa stronzata. Se cadi puoi sbucciarti un ginocchio, non rovinarti uno zigomo.” Scuote la testa rassegnato  “senti Katniss restane fuori ok? Non è detto che io volessi mentirti. Lascia perdere ora. Ti prego” il suo sguardo si fa cupo per un attimo, poi i suoi occhi si illuminano e torna a sorridere. Anniusco. Per ora non indago oltre anche se sono piuttosto curiosa di sapere cosa glielo ha procurato. Poi la consapevolezza mi travolge come un’onda anomala, ho già visto un livido simile su di lui, 5 anni fa. Questo scemo ha fatto a botte, di nuovo. Sto per parlare ma il campanello me lo impedisce. Lo guardo di sbieco mentre vado ad aprire. Voglio scoprire se le mie supposizioni sono vere e prima o poi confesserà, costi quel che costi!
 
 
N.d.A
Capitolo ricco di zuccheroooo! È un capitolo di transizione quindi magari è noioso ma vi prego di portare pazienza un altro pochino! Tra poco le cose si potrebbero fare più interessanti …
Sono veramente contentissima delle vostre recensioni! Continuate a scrivermi vi prego….
Alla prossima
Luckily

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Capitolo 7
*** ancora di salvezza ***


Mia madre e Prim entrano in casa seguite da un giovanotto piuttosto alto che sembra molto imbarazzato. Dall’aspetto fisico ricorda vagamente Gale, con i capelli castani e gli occhi scuri e profondi. Li faccio accomodare mentre con la coda dell’occhio vedo Peeta sistemare velocemente la cucina e infilare la sach a poche pulita nel suo borsone. La delicatezza che serve per decorare non sembrerebbe appartenergli, a meno che non lo si veda effettivamente all’opera.
“ciao mamma! Ciao sorellina! Come state? Mi siete mancate tantissimo” le abbraccio poi mi rivolgo al ragazzo alle loro spalle
“ Ciao, accomodati” entra e chiudo la porta, gli tendo la mano
“piacere, io sono Katniss la sorella di Primrose “ sorrido cercando di farlo sentire a suo agio. Stringe la mia mano con il vigore di un giovane uomo e risponde al mio sorriso
“piacere io sono Alex, grazie mille di avermi invitato comunque” per il momento pare educato.
“Katniss, tesoro mio, vuoi fare le presentazioni?” mia madre parla dolcemente al mio orecchio e capisco che si sta riferendo a Peeta che nel frattempo mi ha raggiunto in salotto.
“mamma lui è Peeta, Peeta lei è mia madre” accompagno tutto con un gesto piuttosto teatrale della mano. Lui le tende la mano “ è un piacere conoscerla signora” poi volge la sua attenzione a mia sorella e alla sua nuova fiamma “tu devi essere Primrose, tua sorella parla molto e molto bene di te e so che oggi compi gli anni. Tanti auguri” lei ride e mi guarda sorniona “grazie “ risponde.
“Katniss, io a questo punto andrei via se per te va bene” la voce di Peeta mi distoglie dalla conversazione silenziosa che sto avendo con Prim fatta di occhiate e espressioni buffe. Oh no, non se ne andrà senza che io sia riuscita a scoprire se i miei sospetti sono fondati o meno. Però credo che invitarlo a cena sia decisamente troppo e sembrerebbe ambiguo.
“bhe, puoi fermarti per cena se ti fa piacere” non so nemmeno io in che risposta sperare.
“no ma grazie lo stesso, ci vediamo più tardi se vuoi però.” È dolce questa volta e decido di seguirlo in cucina mentre recupera le sue cose. Lo guardo mentre si infila la giacca e recupera il casco, poi si passa una mano tra i capelli spettinandoseli ancora di più.
“fammi sapere se il dolce piace alla tua famiglia , e soprattutto fammi sapere se dopo posso passare a salutarti, perché ho come l’impressione che tu abbia qualcosa da chiedermi o sbaglio?” sbuffa e torniamo in salotto. Ha già una mano sulla maniglia della porta quando mamma lo ferma chiamandolo e gli si avvicina.
“ragazzo come ti sei procurato quel livido?” il grande difetto di questa donna è di essere troppo apprensiva anche nei confronti di chi non conosce bene e si preoccupa troppo. È per questo che funziona bene come medico ma non come genitore di due figlie grandi.
“lavoro in un forno e anche se può sembrare un mestiere sicuro alle volte non lo è! Mi creda” il suo tono è divertito ed è talmente sicuro e tranquillo nel raccontare la sua storia che se non mi avesse mentito prima ora gli crederei probabilmente. Mi sbagliavo, non è un pessimo bugiardo. Sa fingere fin troppo bene e questo mi preoccupa. Perché mai avrebbe dovuto raccontarmi quelle cavolate prima , facendo finta di non saper mentire?  Forse davvero non voleva mentirmi. D'altronde me l’ha detto poco fa. Devo assolutamente chiarire e per una volta spero che la mia famiglia se ne vada presto così potrò accettare la proposta di Peeta.
“Katniss ci vediamo ok?” si rivolge prima a me poi a tutti gli altri “  Arrivederci e ciao a tutti” saluta con la mano e chiude la porta dietro di se.
“tesoro, chi è quel giovanotto? È il tuo ragazzo?” mia madre rompe il silenzio, vedo Prim e Alex intenti in effusioni sul divano e decido di farla allontanare da loro portandola con me in cucina mentre preparo la cena.
“ no mamma, non è il mio ragazzo. È solo un amico e compagno di squadra di Gale che è venuto per insegnarmi a fare il dolce per questa sera, tutto qua.” Rispondo con un alzata di spalle mentre mescolo la pasta.
“ho capito, ho capito. Come stai tu invece ? raccontami che succede di bello qui.”
Le racconto del lavoro, del mio giorno libero che passo come al solito a tirare con l’arco al poligono, delle partite del campionato di calcio a cui assisto, dell’infortunio di Marvel e alla sostituzione con Peeta.
La serata passa tranquilla e capisco che Alex non piace a nostra madre perché semplicemente sta troppo attaccato a Prim, troppi baci secondo lei. A me invece, per quanto non possa soffrire le dimostrazioni di affetto troppo spinte, sembra un tipo apposto. L’entusiasmo che mia sorella mette nelle cose più banali mi sorprende sempre e non si smentisce nemmeno quando apre i regali e saltella allegra per tutta la casa con ogni nuovo pacchetto, le ho regalato un sacco di cose inutili insieme ad un vestito che tanto desiderava e che ho ordinato su internet. Ovviamente spaccio per mie le focaccine, che fanno un successone, ma sentendomi in colpa alla fine ammetto che mi ha fatto solo da supervisore il biondo che hanno conosciuto poco fa mettendo però in chiaro che non ha mosso un dito!
Quando decidono di andarsene è quasi mezzanotte. Prim mi chiede un abbraccio come al solito ma una volta strette mi sussurra in un orecchio “ quel Peeta mi piace e giuro che se te lo fai scappare mi arrabbio” ridacchia e scherza, io però sono seria quando parlo “non stiamo assieme Prim, e non credo succederà mai, lui non mi interessa in quel senso”. La sento sospirare rassegnata “non cambierai mai Kat. Lasciati andare un pochino, hai solo vent’anni! Te lo meriti.” .
 
Ora che sono di nuovo sola compongo il numero del fornaio sul cellulare e opto per un sms
- Ciao Peeta, la mia famiglia è appena uscita,purtroppo è tardi quindi presumo che tu sia già a casa. Mi dispiace davvero perché se c’è una cosa su cui hai ragione è che vorrei chiederti un paio di cose. Spero di non averti svegliato. Buona notte.
Katniss   -
La risposta, al contrario delle mie aspettative, arriva dopo pochi minuti
- sfortunatamente per me sono ancora più che sveglio anche se dormire non mi dispiacerebbe affatto. Sono da te tra 5 minuti, mettiti qualcosa e scendi, non voglio rischiare di vederti come questa mattina -
 Anche scrivendo riesce a irritarmi. Rispondo
- arrogante anche per messaggio. Datti una calmata ragazzo. Mi vesto stai pure tranquillo, non voglio farti schifo di nuovo. Muoviti. –
Se lui può essere sfacciato lo sarò anche io. La risposta ancora una volta non tarda ad arrivare.
- fidati che sarebbe molto meglio per te se mi facesse schifo quello che ho visto prima … -
Non lo capisco. Proprio non lo capisco. Prima mi fa vestire, poi dice che non gli fa schifo. Che si decidesse una buona volta! Mi infilo una giacca di jeans e le ballerine e quando sento il rumore della moto scendo.
“alla buon’ora Dolcezza!” è appoggiato alla moto e mi squadra da capo a piedi. Lui ha ancora il borsone segno che non è passato per casa.
“ sono puntualissima idiota.” Acida è dire poco . metto il broncio
“calmati, stavo solo scherzando” si avvicina e con due dita mi solleva il mento, portando i miei occhi a livello dei suoi “sarà meglio che parli sai? non mi va di restare in silenzio per tutta la notte” è ironico ancora una volta.
“i tuoi dolci sono piaciuti ma per loro li ho fatti io sappilo. Tu non hai mosso un dito” annuisce, e fa capire che non gli interessa. Non è di questo che vuole parlare.
“senti Katniss. So di cosa vuoi parlare quindi vai dritta al punto. Non ha senso girarci intorno” ora il suo tono è severo e sbrigativo
“voglio sapere perché hai fatto a botte. Voglio sapere perché racconti bugie a me e alla mia famiglia.” Non so se sono mai stata più seria di così
“si, ho fatto a botte se è questo che ti interessa ma non nel modo in cui credi tu. E ti avevo avvertito che non volevo mentirti, ma ci dovevo almeno provare nell’eventualità remota in cui mi avessi creduto.” Mentre parla la sua voce si fa più rabbiosa e profonda.
“ci avrei creduto se mi avessi parlato come hai fatto con mia mamma . Ora dimmi come te lo sei procurato” alzo la voce anche io adesso
“perché vuoi tanto saperlo? Cosa ti importa di me? e poi parliamo da una settimana, praticamente  non ci conosciamo, e pretendi che io venga a raccontarti quello che faccio nella mia dannatissima vita? È questo che vuoi da me? bhe non vedo perché dovrei cominciare io a parlare, come sempre. Parlami tu per prima, raccontami quello che fai, quello che provi,parlami di te. Poi forse ti dirò qualcosa che mi riguarda.” Sta praticamente urlando adesso. Evidentemente la sua vita stessa è un tasto dolente. Per me è off limits, a meno che io non parli di me stessa. Cosa che sono innegabilmente restia a fare. È un impasse.
“io non voglio sapere della tua vita, puoi farci quello che ti pare. Voglio sapere cosa ti sei fatto questa volta e basta.” Voglio calmarlo,quindi parlo lentamente e dolcemente.
“ per il momento non sono affari tuoi. Raccontami di te, io racconterò di me.”
Non mi va di parlare quindi lascio perdere. “ benissimo. Non sono affari miei. E poi proprio non capisco cosa tu voglia sapere della mia vita.” Sono rassegnata da tutta questa storia. Gli do le spalle e mi incammino verso il portone. Non voglio litigare con lui, anche se so che il danno è fatto oramai.
“Katniss aspetta” lo guardo abbassare la testa. “mi dispiace, non ce l’ho con te, sono solo molto arrabbiato per un altro motivo che non ti riguarda affatto. Scusami” non alza lo sguardo ma il suo tono è quasi una supplica e ha una nota d’urgenza nella voce.
“non puoi prendertela con me per qualcosa di cui non ho colpa. Impara a controllare le tue emozioni e i tuoi sbalzi d’umore che è meglio” apro il portone. Lui rimonta in sella.
“se solo sapessi cosa li ha procurati non parleresti così ” il suo è un sussurro appena udibile che però a me arriva alle orecchie chiaro e tondo.
“E allora dimmelo cosa li ha procurati i tuoi cambiamenti d’umore Peeta, dimmelo!” la mia voce esce stridula e mi brucia la gola per le lacrime trattenute, non sarebbe dovuto venire.
“io sono un pugile Katniss, combatto da quando ho 15 anni, so cos’è il dolore. E nessuno mai si è interessato a me, a come stavo! nemmeno la mia famiglia mi alleviava il dolore delle ferite, ne quelle fisiche ne quelle morali . Eppure oggi tu ci sei riuscita, ho perso l’incontro ieri e me le hanno date di santa ragione, umliandomi ma con te non ho sentito più nulla. Me ne sono andato, e il dolore è tornato prepotente ad invadere il mio cervello . Non avrei mai voluto dipendere da qualcuno per stare bene.  ” Mi manca il fiato e i miei occhi si appannano. Ha parlato prima lui alla fine, e questa volta so che sta dicendo la verità. Capisco come ci si sente, mi sono sentita bene solo quando gli ho chiesto scusa e l’ho ringraziato per avermi salvato, lui era l’unico rimedio al mio senso di colpa, al mio dolore e sto bene quando lo vedo, nonostante tutto, io  sono lo stesso per lui.  
Non voglio essere legata a nessuno, questa storia deve finire così come è iniziata, consci dell’esistenza dell’altro, ma divisi da qualcosa di invalicabile perché tutti e due non avremmo voluto dipendere dall’altro .
Lo guardo negli occhi, e quell’azzurro profondo è la goccia che fa traboccare il vaso. Scoppio in lacrime, non posso accettare la sua supplica silenziosa di essere la sua ancora di salvezza, non adesso. E scappo. Come feci 5 anni fa, lasciando solo ad essere massacrato. Ma questa volta sono io a fargli del male.
Torno a casa piangendo a dirotto, possibile che mi ci sia affezionata tanto da non poterci litigare? Mi sento un verme. Non so come comportarmi ora. Forse dovrei sparire, togliergli ogni ricordo che ha di me, obbligarlo a risopportare tutto senza di me come anestetico. Ma non posso farlo, solo il pensiero di non poter più odiare e rivedere quella sua faccia arrogante mi chiude lo stomaco. O soffre lui, o soffro io. Ora la scelta spetta a me.
Sento la moto partire con una sgommata e porto la coperta sopra la testa a coprirmi tutta. Cado presto in un sogno popolato da urla e silenzi assoluti, occhi azzurri che implorano e guantoni da boxe.




N.d.A
scusate il ritardo! ecco il nuovo capitolo. 
ho provato un sacco di emozioni scrivendolo, spero di avervele trasmesse almeno un pò,
fatemi sapere cosa ne pensate come sempre! nel bene e nel male ovviamente.
alla prossima!
la vostra      
Luckily

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Capitolo 8
*** vincitori e vinti ***


Sono passate tre settimane dall'ultima volta che ho visto e sentito Peeta.

Questa mattina c'è la finale del torneo e se tutto va bene, e i District vincono, questa sera si festeggia guardando lottatori sudati che si distruggono per la gloria ,nonché un notevole malloppo di soldi. Beh a dirla tutta gli Hunger Games sono d'obbligo, che si vinca o si perda. Gale mi ha praticamente costretto a promettere che, in caso di vittoria, non mi sarei tirata indietro dal passare la serata con loro a festeggiare. In poche parole per il bene del mio migliore amico devo sperare che vincano i District, per il bene del mio stomaco e della mia salute mentale dovrei sperare che perdano per poi rifiutarmi di assistere ai giochi.

Sono seduta sugli spalti tra qualche spettatore, probabilmente parenti e amici dei calciatori, aspettando Madge. Qualche giorno fa, presa dalla voglia di parlare con qualcuno, le ho raccontato della serata con Peeta e le ho fatto promettere di non parlarne con nessuno

 

 

madge sai tenere un segreto?”

ovviamente, ma per chi mi hai preso!” è divertita ma mi ascolta con interesse

Peeta qualche giorno fa è venuto a casa mia per aiutarmi a fare un dolce per la mia famiglia e devo ammettere che abbiamo passato un bellissimo pomeriggio” mi vergogno a raccontare ma ho davvero voglia di sfogarmi

mi fa piacere Kat! Cos'è successo ?” mi da delle gomitate scherzose per farmi parlare

nulla durante il pomeriggio in realtà” ometto la parte dei vestiti, quelle sono cose imbarazzanti e troppo personali che non è tenuta a sapere. Sospiro e parlo prima che possa interrompermi

a mezzanotte era sotto casa mia perchè gli avevo chiesto di parlare. Ho combinato un casino! Lui mi ha detto che sono l'unica che riesce ad alleviare il dolore che prova e che non avrebbe mai voluto dipendere da qualcuno per stare bene. E io sono scappata piangendo senza nemmeno rispondergli, perchè non posso essere un punto fermo per lui, se non riesco a gestire nemmeno me stessa. Non voglio che usi me per stare bene e quando non farò più effetto magari mi butterà via. Ho pensato che se sparissi dalla sua vita lo obbligherei per forza a fare a meno di me, ma il problema è che ora mi manca.” abbasso la voce finendo la mia confessione

Katniss, per come la vedo io, quella era una confessione bella e buona della sua volontà di approfondire ,diciamo, la vostra amicizia.” e con le mani mette le virgolette su amicizia.

stai dicendo che era una dichiarazione d'amore?” la guardo accigliata e confusa

calma, rallenta ragazza mia! Amore no! Interesse suona meglio. Sveglia Katniss,il dolore è solo un pretesto e invece tu pensavi che ti volesse usare come un'aspirina e anche controvoglia. Smettila di prendere tutto alla lettera.” parla come se fosse ovvio, cosa che per me evidentemente non è. Pare capirlo e si addolcisce

ti voleva far capire che si è trovato talmente bene con te che ne vuole ancora. Penso tu gli piaccia. Adesso non dirmi che lui non ti interessa. Perchè giuro che non ci credo. Chiunque sarebbe interessata a qualcuno che ha un corpo del genere senza nemmeno pensare al carattere! Dagli una chance almeno. E poi mi hai detto che ti manca.” mi fa l'occhiolino e io le sorrido timidamente.

certo che rifiutarlo in quel modo! Si sarà sentito malissimo povero ragazzo. Credo che tu non potessi fare di peggio” rido con lei, ma solo per non piangere. Faccio davvero pena. Vent'anni ed essere così ingenua.

 

 

 

Parlare con lei mi ha fatto riconsiderare la questione da un altro punto di vista. Se come ha detto lei quella era una sottospecie di dichiarazione, io sono stata talmente stupida da non capire un bel niente. A quello che ci siamo detti ho pensato a lungo ma ho sempre dato per scontato che la sua fosse una richiesta di aiuto per alleviare il dolore fatta controvoglia e dettata dal corso degli eventi, che con i sentimenti non avrebbe avuto nulla a che vedere, sarei dovuta essere una farmacia ambulante in poche parole, un diversivo. Se è vero quello che dice Madge, che di ragazzi e relazioni ne sa molto più di me, io mi sono fatta un sacco di paranoie e ho rifiutato qualcosa che nemmeno avevo capito, e forse nel modo peggiore. Più ci penso e più mi accorgo di quanto stupida sono stata. Solo io potevo pensare qualcosa di simile. Non ho avuto il coraggio di scrivere a Peeta negli ultimi due giorni ma sono più che decisa a parlargli oggi senza che ci siano fraintendimenti.

 

Madge mi raggiunge e si siede accanto a me, mi abbraccia e guardiamo assieme la partita molto attentamente. A metà del primo tempo, quando il punteggio non si sblocca dall' 1-1 ci raggiungono Clove e Lux , che definirei oche invece di ragazze. Belle da mozzare il fiato, ma intelligenti molto meno. Sono le ragazze di Cato e Marvel e assistono a quasi tutti gli incontri comprese le trasferte che noi invece evitiamo accuratamente.

Le sto osservando attentamente e mi volto verso il campo solo quando sento il boato della folla che segue il goal. Capisco chi ha segnato solo quando una ragazza dall'altro lato del campo urla “Vai così Peeta! “ e lui si gira e le manda un bacio. Sembra più un maschio che una femmina, i capelli troppo corti a punte che vanno per conto proprio, la voce profonda e la presenza inquietante. La sua presenza comincia a irritarmi. Quando mi guardo attorno e distolgo lo sguardo dall'urlatrice provetta mi accorgo che Madge mi sta fissando preoccupata.

“che c'è?” sbotto

“non mi sarei stupita se fosse morta da come l'hai guardata. Un altro secondo e la incenerivi quella ragazza.” si mette le mani sui fianchi e mi guarda storto

“e allora? Non ho fatto nulla, smettila di fissarmi” borbotto e metto il broncio mentre lei ride di gusto

“ tu sei gelosa! Lo volevi tu quel bacio, altrochè se lo volevi!” mi punta il dito contro con la bocca spalancata, nemmeno avesse fatto la scoperta del secolo

“io non volevo un bel niente! Non dire idiozie! È solo che non può mettersi ad urlare così” sto brontolando adesso e suscito ancora una volta la sua ilarità

“oh si, certo certo, faccio finta di crederti.” torna a seguire il gioco.

 

 

La partita si conclude a favore dei District con un 3-1 meritato. Raggiungiamo i vincitori negli spogliatoi per complimentarci con loro. Gale sprizza gioia da tutti i pori e come lui tutti gli altri. Madge prende la parola entusiasta “complimenti a tutti! Ottima partita davvero. Sono colpita che dei puzzoni come voi potessero davvero vincere questa cosa” a proposito, l'odore qui è insopportabile davvero. Ci tirano addosso tutti i calzini che si sono appena tolti e noi scappiamo inorridite.

Ci mettono almeno 20 minuti prima di uscire e io dopo essermi congratulata personalmente con il capitano cerco il biondo per chiarire la questione. Appena lo vedo lo afferro per un polso e lo trascino dietro l'angolo lontano da orecchie indiscrete

“Katniss che diavolo stai facendo?” mi guarda confuso

“shhh abbassa la voce! Potrebbero sentirci!” voglio alleggerire la tensione quindi gli metto un dito sulle labbra e sussurro. Spero stia al mio gioco. E lo fa per fortuna,

“ oh non lo vorrei mai, qui le questioni sono top-secret” sussurra sorridendo. Ottimo, se sta al gioco non è troppo arrabbiato con me...credo.

“appunto.” mi giro a destra e sinistra alla ricerca di eventuali spioni, via libera. Torno al tono di voce normale e lui fa lo stesso.

“allora, innanzitutto mi dispiace per quello che è successo” annuisce e sbuffa divertito

“mi hai rifiutato, non dovrebbe dispiacerti! A dire la verità non credevo nemmeno mi avresti più parlato. “ allarga le braccia e il suo tono indica chiaramente che tutto quello che è successo è stato ovvio.

“senti carino, io non sapevo nemmeno di averti rifiutato. “ nessuno capisce che per me non è stato affatto ovvio. E la cosa mi fa arrabbiare. Ora è visibilmente confuso e devo spiegarmi meglio

“io pensavo che mi volessi usare per distrarti dal dolore! Come un'aspirina ecco... nulla che implicasse sentimenti e che non ne eri neppure contento. E io non so distrarre neppure me stessa figuriamoci un'altra persona.” è imbarazzo allo stato puro, ma devo continuare a parlare.

“ io non ne so nulla di queste cose, se non ci fosse stata Madge a farmelo capire io adesso non sarei qui. “ confesso

“tu hai parlato con Madge?” spalanca gli occhi e la bocca. Qualcosa mi fa pensare che non avrei dovuto dirglielo. No, probabilmente non avrei dovuto. Si passa una mano nei capelli e scuote la testa rassegnato.

“Ok” prende fiato “va bene. Quindi mi potresti dire che cosa sei venuta a dirmi esattamente?”

che sono venuta a dirgli esattamente? Non lo so. Volevo scoprire le sue intenzioni e l'ho fatto ma ora merita una spiegazione che io non avevo messo in conto di dare. Prendo tempo

“chi era la ragazza che ha urlato prima? È la tua fidanzata?!?!” faccio trasparire la mia disapprovazione lui invece è serio

“assolutamente no. Johanna è la mia migliore amica. Ed non è proprio il mio tipo.” dentro di me gioisco e mi annoto mentalmente che quello era un bacio in amicizia, un po' come i baci sulla fronte che mi dava Gale. Chissà ,quale sarà il suo tipo?

“c'è qualcos'altro? ”

“in realtà si” ,ora devo dirlo per forza

“mettiamola così. Diciamo che mi sei mancato e che mi piacerebbe approfondire la nostra amicizia” uso le parole della bionda esperta omettendo le virgolette. Per il momento essere amici mi basta. Ma a lui?

Ha lo sguardo perso oltre il campo, si morde il labbro assumendo un'aria pensierosa e osservandolo mi scopro curiosa delle sue elucubrazioni. Alla fine parla

“approfondire l'amicizia. Penso si possa fare, si credo di si” mi tende una mano. Lo stupisco afferrandola solo per darmi la spinta per gettargli le braccia al collo appoggiando la mia testa sulla sua spalla. La sua sorpresa dura un attimo e ricambia l'abbraccio stingendomi le mani intorno alla vita.

Profuma di pane e di bagnoschiuma, la fragranza mi invade le narici e credo che se ne avessi la possibilità non mi stancherei mai di sentirla. Inaspettatamente mi lascia un bacio dolce sui capelli e sussurra qualcosa che al momento non capisco, poi realizzo essere “approfondire per bene, magari qualcosa di più” . Ci stacchiamo quando sento i ragazzi arrivare e mentre girano l'angolo faccio finta di lisciare le pieghe del vestito blu a pois che mi sono messa oggi. Lui ride del mio comportamento ma non commenta.

 

“allora Katniss, sei obbligata ad esserci questa sera!” Tresh mi sventola davanti i biglietti degli Hunger Games che ha trovato con tanta fatica. Sospiro

“A quanto pare non ho scelta” sono esasperata, ma una promessa è una promessa e va mantenuta. Vedo Peeta irrigidirsi di fianco a me e quando mi guarda ha gli occhi spalancati.

“ci andrai anche tu?!” è incredulo

“ovviamente, non hai sentito? Non sapevi di quello che mi ha chiesto Gale?” scuote la testa con rabbia e a grandi passi raggiunge il mio migliore amico e lo trascina via. Alzo le spalle, ora non mi interessa dove lo stia portando.

Mi offrono un bicchiere di Champagne per festeggiare e non mi tiro indietro anche se come sapore non è affatto dei migliori. Ci diamo appuntamento per la sera stessa, alle 21.45 davanti alla palestra dove si terranno gli incontri e Cato si offre di passare a prendermi in macchina visto che abitiamo relativamente vicini. Sono delusa che non si sia offerto Peeta questa volta.

 

 

Decido di mangiare poco sapendo che il mio stomaco potrebbe non reggere la vista delle ferite e sarei vittima facile della nausea.

In realtà i giochi sono iniziati due giorni fa con le eliminatorie e questa sera ci saranno solo i migliori a scontrarsi per i turni finali. Ed è la serata più emozionante perchè si eleggerà l'unico vincitore tra migliaia di partecipanti. È tradizione che le ragazze, la sera della finale debbano essere più sexy possibile, o meglio dire il meno vestite possibile e alle volte ho il sospetto che sia per questo motivo che siamo invitate. È impossibile ignorare le usanze perchè i buttafuori altrimenti non ti fanno proprio entrare. Mentre spulcio nel mio armadio alla ricerca dell'abbigliamento perfetto suona il telefono, la ragazza dall'altra parte del filo ha il mio stesso problema, peccato che lei e i suoi capelli lunghi lisci e biondo platino e il suo corpo snello siano seducenti tutti i giorni senza sforzo. Prima decidiamo cosa si metterà lei, poi passeremo a me.

 

Esco di casa non sentendomi affatto a mio agio: sono riuscita a farmi concedere da Madge gli shorts al posto della mini mini mini gonna che voleva propinarmi lei. Non che i pantaloni siano molto più lunghi ovviamente. Io sono pudica di natura e mostrarmi troppo non mi piace, non farlo apposta almeno. Arrossisco ricordando il commento di Peeta di qualche settimana fa. Il top aderente si abbina alle scarpe alte. mi copro con un cappotto pesante almeno finchè non sarò arrivata.

 

 

Madge è sicuramente più disinvolta di me in questo look, non che le si addica, ma starebbe bene con qualsiasi cosa. Nel parcheggio partono i fischi dei ragazzi quando scendiamo dalle auto: loro approvano almeno.

Mi guardo intorno alla ricerca di Gale e lo vedo mentre parla con la ragazza di questa mattina,Johanna mi pare si chiami. Allora c'è anche Peeta forse. Ma per il momento non riesco a vederlo.

 

Entriamo mostrando i biglietti, la sala è enorme e al centro regna sovrano il ring. I riflettori lo illuminano insieme ai corridoi per l'accesso dei concorrenti. Mi sento in ansia e mi tranquillizzo solo quando sento il braccio di Gale cingermi la vita accompagnandomi nel nostro settore. Non ci sono posti a sedere, solo settori intorno all'arena dove accaparrarsi un posto in piedi ovviamente. Come se non bastasse riusciamo anche ad arrivare in prima fila e credo di essere proprio l'unica che non vorrebbe esserci. Leggende narrano che la prima linea riceva schizzi di sangue. Che schifo.

 

Quando la sala è piena, di colpo le luci si spengono lasciando illuminato a giorno solo il ring. Corridoi di neon blu segnano l'entrata degli sfidanti. La voce del presentatore, Caesar Flickerman, fa ammutolire il pubblico

“Signori e dolci Signore ecco a voi l'annuale edizione degli HUNGER GAMES! Siete pronti? “

il boato generale è la conferma che i giochi possono iniziare. Il campione in carica è un ragazzo di ventisette anni, Finnick Odair. Bello da morire, ma presuntuoso come pochi: la gloria gli ha dato decisamente alla testa. È il primo ad entrare nell'arena alzando i pugni guantati al cielo.

Il suo sfidante è un omone muscoloso che all'apparenza potrebbe schiacciarlo come una mosca, ma ora che non ci sono regole, e si perde per resa o KO l'agilità è tutto, e questo tipo non sembra averla.

Questo è un torneo dove si mescolano tutti i tipi di lotta, dal karate al pugilato al wrestling, tutto è concesso. Chi conosce più stili , maggiori possibilità ha di vincere o quantomeno sopravvivere. Finnick per esempio è campione di Arti Marziali Miste.

 

L'incontro è più veloce del previsto, il campione in carica batte lo sfidante per K.O con una ginocchiata allo sterno seguita da un gancio destro al viso.

 

 

Capita alle volte, visto che tutto questo non è esattamente legale, che gli incontri siano programmati per fare avanzare qualcuno facilmente. Capita invece altre volte che facciano scontrare due concorrenti promettenti per aumentare il divertimento. Non so in che categoria sia il match che segue, quello che so invece è che perdo la concezione della realtà appena Caesar pronuncia i nomi

 

“ ed ecco a voi per la quarta volta su questo ring, il grizzly degli Hunger Games! Boggs! “

la folla ulula al suo ingresso

“ dall'altro lato, l'unico concorrente che sia mai arrivato oltre alle eliminatorie alla sua prima volta! Fate un applauso al giovanissimo Leone del ring! Peeta Mellark!”

 

entra fiero di se alzando i pugni, vestito come tutti i lottatori solo dei pantaloncini e i guanti. Lo vedo entrare nella gabbia e guardarsi intorno finchè non incontra i miei occhi con i suoi, il suo sorriso sghembo gli increspa le labbra che poi muove in un silenzioso “portami fortuna, dolcezza” sento solo il rumore del mio cuore che batte ad una velocità indecente scandendo il tempo che passa. Mi volto e vedo lo stupore negli occhi dei ragazzi. Poi la voce di Johanna rompe il silenzio nella mia testa e tutto riprende talmente veloce che fatico a capire che succede. Una gomitata di Peeta sotto il mento e Boggs è a terra. È tutto quello che colgo. Il biondo esce esultante dall'arena tenendo gli occhi fissi nei miei, per quanto io voglia seguirlo, non mi muovo di un millimetro. Madge mi affianca

“ma tu lo sapevi?” scuoto la testa. Mi giro verso Gale, lui è l'unico che non ne è rimasto stupito

“TU” lo indico minacciosa “ tu lo sapevi! Perchè non mi hai detto nulla?!”

“ prima di tutto non capisco perchè ti sarebbe dovuto interessare, secondo è stato lui a dirmi esplicitamente di non dirtelo” alza le spalle come se della mia rabbia non gli importasse nulla,

“mi hai costretto a venire qua eppure sai cosa è successo! Ti ho detto che mi sogno ancora di lui da quella volta e tu che lo sapevi , decidi spudoratamente di farmelo rivivere? Perchè mi fai questo? “ schifo ecco cosa mi fa Gale in questo momento.

Ho la tentazione di andarmene, ma il mio istinto mi dice di restare a guardare lo sviluppo degli eventi. E io scelgo di seguire il mio istinto.

 

 

 

 

 

 

 

N,d,A

 

un po' di azione finalmente! Bhe non so che dire, solo spero vi piaccia almeno un po'.

Grazie infinite a chi ha dedicato tempo alla mia ff fino ad adesso e magari, dico magari, continuerà a farlo ancora. Incuriositi dalla storia? Lo Spero ! Incrocio le dita! Non fatemi stare in ansia vi prego, fatemi sapere cosa ve ne pare!

 

Alla prossima

 

Luckily

 

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Capitolo 9
*** dolore isteria e spiegazioni ***


Una ragazza minuta, dai capelli rossicci e lo sguardo trasognato cerca la mia attenzione toccandomi il braccio. Sono almeno due spanne più alta di lei e la guardo minacciosa dall'alto verso il basso, cosa che non sembra assolutamente intimidirla.

“ sei Katniss, giusto?” la sua voce è acuta e urla per farsi sentire in mezzo al caos

“si sono io, che c'è?” rispondo in malo modo tanta è la rabbia che brucia dentro di me

“ potresti seguirmi un attimo?” perchè mai dovrei seguire una sconosciuta in un posto che brulica di assetati di sangue non lo so ma lo faccio lo stesso. Vedo Madge e Gale guardarmi sconvolti ma decido di non preoccuparmene. Lei si troverà un'altra distrazione, lui può andare a quel paese per quello che mi riguarda.

La affianco in pochi passi

“potresti dirmi chi sei tu?” almeno sapere chi mi ha rapito credo sia un mio sacrosanto diritto.

“certo scusami, non mi sono nemmeno presentata. Mi chiamo Annie Cresta.” si ferma per tendermi la mano che stringo con decisione

“bene Annie. Ora mi potresti dire dove diavolo mi stai portando?” urlo anche io per farmi sentire mentre camminiamo

“scusami Katniss ma non posso dirtelo. Se lo facessi tu non mi seguiresti più e io ho davvero bisogno che tu venga con me” è allegra, e continuo a pensare che se mi avesse voluto davvero rapire sarei stata non solo un ostaggio facile ma addirittura accondiscendente. Ormai mi sono impicciata in questo casino e arriverò fino in fondo. Almeno mi ha avvertito che magari non sarà una cosa piacevole per me. Che criminale premurosa questa Annie. Mi fa passare dietro il bar e ci infiliamo in un corridoio buio e stretto dove lei mostra un pass a tutti i gorilla della sicurezza che incontriamo. Ci fermiamo davanti ad una porta di metallo pesante che di apre solo grazie al badge che porta al collo. Prima di farmi entrare mi da le ultime raccomandazioni

“tu non dovresti essere qui, è un'eccezione che faccio per un amico quindi per favore non fatevi beccare. Lui è già dentro. Vi verrò ad aprire la porta tra cinque minuti durante l'incontro che precede il suo. Non una parola su chi ti ha fatto entrare chiaro?”

annuisco intimorita dalla sua serietà. Adesso so che verrò liberata.

Mi apre la porta ed entro, l'odore di chiuso e muffa mi fa girare la testa. Mi trovo in un vecchio ufficio arredato di tutto punto ma inutilizzato e lasciato nell'umidità a marcire. Le luci artificiali al neon traballano e fa piuttosto freddo. Sembra l'ufficio di un detective di quint'ordine, manca solo la sigaretta accesa nel posacenere e un po' di fumo per creare l'atmosfera giusta. Alla scrivania è appoggiato Peeta con le braccia incrociate davanti al petto nudo. L'azzurro delle sue iridi incontra il mio grigio e per un momento sembriamo squadrarci come due estranei.

“Kat, io vol“ non lo lascio nemmeno finire la frase che piombo tra le sue braccia. Resta sorpreso da questo gesto d'affetto ma lo ricambia immediatamente

“pensavo ce l'avessi con me” sospira, sembra sollevato. Ma non dovrebbe affatto esserlo perchè lo sono davvero. Sono incavolata nera con lui.

“io ce l'ho con te infatti. Mi hai fatto preoccupare a morte stupido!” sbatto i pugni sul suo petto in segno di stizza.

“mi dispiace Kat, non volevo che tu assistessi. Ho chiesto a Gale e mi aveva assicurato che tu non ci saresti stata oggi. Ma a quanto pare è stato proprio lui ad obbligarti” guarda lontano mentre parla ed è visibilmente deluso e contrito per come sono andate le cose.

“sono arrabbiata anche con lui se ti interessa. Lui sapeva cosa ho provato 5 anni fa eppure mi ha costretto a rivivere tutto daccapo. “ mi mette le mani sui fianchi e mi attira a se per abbracciarmi di nuovo, più stretta di prima. Mentre parlo ho la testa nell'incavo del suo collo e il mio naso sfiora l'accenno di barba sul suo viso

“chi è la ragazza che mi ha portato qui?”

“chi ? Annie?” mi prende per le spalle e delicatamente mi allontana da lui per potermi vedere mentre parla, annuisco e lui continua

“bhe lei è la moglie di Finnick. È un tipetto strano ma apposto. Confesso che è una ragazza dolcissima, quando vuole. Quando non vuole invece organizza tutto questo” e fa roteare il dito per indicare il tutto

“cosa?! Lei organizza gli Hunger Games?” sono allibita

“bhe non proprio, diciamo che aiuta ed è il capo della sicurezza” ride di gusto e io penso mi stia prendendo in giro

“smettila, io sono seria!” gli tiro una pacca sulla spalla che lui ignora

“anche io lo sono, è solo che la tua faccia è stata buffissima” mi canzona,non lo sopporto, ma il tempo a nostra disposizione è poco quindi lascio correre.

“che tu ci creda o meno lei qualche anno fa è stata campionessa femminile degli Hunger Games. In poche parole l'ultima ragazza che rimane vince il titolo e si dovrà scontrare regolarmente con i ragazzi. Non ne restano molte di solito. Lei invece non solo ha passato le eliminatorie ma ha sbaragliato anche molta della concorrenza maschile. Poi un paio di anni fa è rimasta incinta di Finnick e ha smesso di combattere . Può distruggerti credimi!” non sta scherzando e ripensandoci ho capito perchè se anche avesse voluto rapirmi non si sarebbe degnata di legarmi, mi avrebbe steso in un battibaleno.

“perchè partecipi Peeta?” sono curiosa. Lui esita prima di aprire bocca.

“mi servono i soldi per ristrutturare la panetteria e non c'è nessuno della mia famiglia che voglia aiutarmi. Mia madre fa soldi a palate con il suo lavoro ma non è disposta a concedermi un prestito. Quindi questo mi è sembrato il modo più veloce per racimolare un gruzzoletto più che sufficiente. Non è indolore ma necessario.” il suo sorriso sghembo non coinvolge gli occhi . Poi prosegue

“Annie è un'amica dei miei fratelli. Quando l'ho conosciuta aveva già vinto la sua edizione e stava già con Finnick. È stato lui a propormi di partecipare, scherzava all'epoca ma io mi sono allenato e alla fine ho valutato l'idea e ho accettato. Siccome mi vuole bene, dice lui, mi ha insegnato personalmente qualche tecnica ed essere un pugile ha aiutato davvero molto.” sentiamo bussare e la porta scatta, Annie fa capolino dentro con la testa e ci dice che il nostro tempo è scaduto. Usciamo senza lamentarci e lui si ferma davanti all'ingresso degli spogliatoi

“stai attento ti prego” la mia più che una preghiera è una supplica

“lo farò, stai tranquilla e goditi lo spettacolo!” ridacchia e si avvicina a me per lasciarmi un bacio sulla guancia , che ora scotta . Si allontana e dandomi le spalle va a recuperare i suoi guantoni.

 

Quando raggiungo gli altri nel settore 12 mi guardano come se avessero visto un fantasma. Ho gli occhi di tutti puntati addosso e sono consapevole della loro curiosità su dove io sia stata fin'ora, considerat che mi sono persa delle lotte emozionanti a quanto dicono.

L'incontro che a cui sto assistendo ora è tra un gigante scuro di carnagione e un ometto canuto barcollante per i troppi colpi ricevuti. È addirittura noioso seguire questo genere di scontri ma sono necessari.

È l'una quando Peeta sale sul ring per l'ennesima volta , dovendosi battere con un bestione di almeno venti chili più pesante di lui.

Al contrario di prima seguo i suoi movimenti con interesse e preoccupazione. Trattengo il respiro ogni volta che viene colpito e gioisco quando colpisce. Vedere tutto da così vicino è una maledizione: lo sento tirare aria tra i denti per il dolore dopo l'ennesimo colpo alla schiena, poi rialza la guardia.

Vedo il rossore che segue ogni pugno sul suo torace e penso che se ne esce vivo sarà, come minimo, ricoperto di lividi.

Quando passa al contrattacco capisco finalmente che ce la può fare. Si fa preciso e composto mentre i suoi calci atterrano l'avversario e i suoi montanti lo stendono. Ora Peeta domina la sfida, è sopra il nemico e gli blocca braccia e gambe con il suo peso, mentre non lascia tregua al suo viso: dopo avergli rotto il setto nasale, lo tempesta di pugni fino a che l'energumeno non è costretto ad arrendersi.

Quando esce la stanchezza ha provato il suo fisico, e spero con tutto il cuore che alla finale a cui è candidato manchi ancora parecchio tempo. I suoi ricci biondi gli si sono appiccicati alla fronte madida di sudore e continua a stringere i pugni in spasmi involontari. Fino ad ora ha disputato 5 incontri e la finale che si è ampiamente guadagnato sarebbe il sesto. Lo vedo allontanarsi massaggiandosi i lombi e il petto.

Alle tre in punto del mattino, mentre gli spettatori sono ancora carichi e affamati Caesar Flickerman si avvicina al microfono urlando

“pronti per eleggere l'unico vincitore degli HUNGER GAMES?! Voglio sentire la vostra voce coraggio! Accogliamo nell'arena il campione in carica, colui che è arrivato fino a qua senza rivale alcuno! Eccolo, il re delle arti marziali, il poseidone del ring, Finnick Odair!” lascia il tempo al campione di salire acclamato dalla folla

“ed ecco a voi, la novità assoluta di quest'anno , arrivato in finale al primo tentativo. Questo ragazzo ci stupirà ancora?! Ed è lui, il leone ruggente, Peeta Mellark!”

 

Peeta contro Finnick, se ne vedranno delle belle. L'allievo avrà superato il maestro?

Fanno cozzare i guantoni per salutarsi e si mettono in posizione di guardia mentre aspettano il via. Si guardano negli occhi e si sorridono. Sono a pochi centimetri dalla rete del ring e riesco a vedere quanto la situazione sia assolutamente impari. Peeta è sfatto e provato, Finn sembra fresco come una rosa. La mano di Madge sulla mia spalla mi fa trasalire. Guarda anche lei sul ring apprensiva e mi stupisce quando incita il biondo urlando. Sta cercando di confortare me con questo gesto e gliene sono grata. Ho paura che succeda qualcosa di irreparabile e saperla vicina mi rincuora.

 

Un fischio e la lotta ha inizio. Nessuno fiata, si sente solo il rumore dei passi degli sfidanti.

Il mio cuore ha un sussulto quando Finnick parte all'attacco. Ricomincia il caos.

 

Si stanno rotolando a terra, cercando di sottomettersi a vicenda, da qui li sento imprecare, stretti nelle prese dell'altro e per le posizioni a cui sono costretti.

Basta un pugno in pieno viso e vedo il sangue di Peeta scorrergli lungo il mento e schizzare la gabbia, impazzisco.

Sento le gambe cedere e sarei caduta, se due paia di braccia non mi avessero afferrato per tempo. Urlo come una dannata ma nessuno mi sente, o forse la voce non mi esce nemmeno. La gola secca, mi brucia, ma non mi importa, devono salvarlo, devo fare qualcosa, non posso abbandonarlo così, vogliono portarmi via ma non ci riusciranno ancora. I miei occhi non si schiodano dalla gabbia, cerco di capire ma il mio cervello non elabora coerentemente le immagini che vede. È tutto così confuso.

Un calcio alle costole e l'urlo di Peeta riempie l'aria, mi riporta alla realtà, fatica a respirare, a muoversi.

Li vedo schivare e incassare colpi, talvolta sono talmente rapidi nel farlo che non sembra affatto che si stiano toccando. È una danza cruenta e sanguinosa che risveglia gli istinti primordiali di sopravvivenza : sottometti o sarai sottomesso.

Ancora una volta sono a terra, le gambe di Finnick a bloccare quelle di Peeta , le sue braccia strette intorno al collo in una morsa micidiale.

“arrenditi Peeta. Non hai speranze” il tono sbrigativo del campione non ammette repliche

“mai” la determinazione torna in quegli occhi azzurri, mentre cerca di divincolarsi

“sei uno stupido cazzo! arrenditi non voglio spaccarti qualcos'altro” stringe le braccia togliendo la poca aria rimasta al biondo, che boccheggia, annaspa. Alza la mano e per un millesimo di secondo mi illudo che stia per batterla al suolo in segno di resa.

E invece afferra il capo del suo avversario in un ultimo disperato gesto, senza ottenere nulla. Sono passati pochi secondi e il suo viso è paonazzo, l'aria non gli arriva ai polmoni.

La voce mi esce incontrollata dalle labbra in un urlo disperato

“Sta soffocando! Sta soffocando!” mi dimeno e le braccia di Gale mi avvolgono e mi sollevano di peso per portarmi via.

“lasciami, lascialo! Non respira!” le lacrime scendono copiose sulle mie guancie

Prima di essere trascinata via l'ultima cosa che vedo è Finnick che mi sussurra un muto “mi dispiace” prima di allentare la presa su Peeta che cade riverso al suolo. Un ultimo pugno allo sterno gli toglie i sensi. E io precipito nell'oblio con lui.

 

 

 

 

 

 

Quando riprendo conoscenza la prima cosa che sento è l'aria fredda della notte solleticarmi le gambe scoperte. Un vociare indistinto mi arriva alle orecchie. Apro gli occhi, sono nel sedile posteriore dell'auto di Gale, la mia testa è appoggiata sulle ginocchia di Madge che mi sta accarezzando la fronte umida. Mi hanno alzato le gambe e qualcuno ha pensato anche a togliermi le scarpe che giacciono accanto a me.

Gale sta litigando animatamente con Johanna. Se ho capito bene ce l'ha con me perchè secondo lei il suo migliore amico voleva dimostrarmi qualcosa non arrendendosi ed è tutta colpa mia visto che non sarei dovuta nemmeno essere presente. Poi le voci si fanno più numerose e concitate. Madge scende dalla macchina e mi lascia da sola ad ascoltare.

 

“Complimenti campione!” Johanna e Finnick si conoscono?

“Hey ragazzi!” ma se lui è qui, Peeta dov'è? Per quanto sono rimasta svenuta?

“allora?” non capisco a cosa si riferisca Gale, fortunatamente me lo chiarisce Annie

“abbiamo fatto appena in tempo a vestirlo che Haymitch lo ha portato a casa sua. Urlava dai dolori poverino” Haymitch ?! Cosa c'entra lui con tutto questo? Di chi stanno parlando? Chiaramente di Mellark suppongo. Che gran casino.

“appena Katniss si sveglia la riaccompagno a casa e andiamo da lui”

“non ci pensare nemmeno Hawthorne. Sei l'ultima persona che vorrebbe vedere in questo momento” lo rimbecca diretta e rabbiosa Johanna.

Faccio finta di riprendere i sensi solo ora e mentre mi alzo, realmente, a fatica sento gli occhi di tutti su di me. Annie mi si avvicina

“come stai Katniss? “ la sua voce è come quella di una mamma, dolce e premurosa

scuoto la testa, non dovrebbe interessare come sto io ma come sta Peeta così domando, per accertarmi di aver capito bene prima

“dov'è Peeta? Come sta?” la gola brucia mentre parlo. Si scambiano occhiate d'intesa

“è a casa di un suo amico ora, non preoccuparti.”

“vi ho chiesto anche come sta” replico

sospirano “ ha sicuramente passato periodi migliori questo è sicuro” Johanna interviene ironica

rivolgo la mia attenzione a Finnick

“complimenti per la vittoria. Magari se non lo strozzavi era meglio però” risulto più acida di quanto volessi

“che cazzo dici ragazzina!” le mani di Johanna di avvicinano minacciose al mio collo ma vengono fermate da Finnick in persona

“Mason stai calma, lei non poteva saperlo” poi torna a parlare con me

“ non ho strozzato Peeta, gli ho lasciato aria a sufficienza perchè non riportasse danni. Volevo evitargli altre fratture quindi l'ho solo fatto svenire per mettere fine all'incontro.” è molto calmo quando parla e le sue parole mi convincono delle buone intenzioni che lo animavano.

“altre fratture?” chiedo

“probabilmente gli ho incrinato un paio di costole, forse addirittura rotte. Da come urlava non so davvero che pensare.” lo guardo scioccata, può un calcio essere tanto potente? A quanto pare si.

La Mason interrompe la nostra conversazione

“ certo che hai fatto proprio una scenata là dentro. Se Gale non ti portava fuori subito ora il tuo video spopolerebbe sul web. Sei isterica cavolo! “ mi vergogno da morire e imbarazzata abbasso lo sguardo. Mi ricordo solo di aver cercato di prendere a pugni Gale perchè mi lasciasse libera di andare a salvare Peeta.

“voglio andare da lui” asserisco convinta. Ridono tutti.

“vogliamo andare tutti da lui cretina. Solo che non possiamo. Haymitch lo ha vietato” se mi risponde ancora così male quella ragazza non mi riterrò più responsabile delle mie azioni.

Prendo il cellulare e compongo il numero del mio capo. Suona a vuoto. Riaggancio e ci riprovo.

“Catnip che stai facendo?” zittisco Gale in modo da sentire il suono del telefono

“chiamo Haymitch” rispondo svelta. Suscito lo stupore generale.

Finalmente risponde

“Dolcezza non ti sembra che sia un po' tardi per chiamarmi? Sono le 4 e mezza della mattina, io stavo dormendo. Se non puoi venire al lavoro domani potevi aspettare a dirmelo. Comunque stattene pure a casa.” sbadiglia e cerca di mettere giù. In sottofondo sento qualche flebile lamento.

“Tu, Haymitch, mi devi delle spiegazioni. E sto venendo a prendermele. ORA.”

 

 

 

 

 

N.d.A

 

ecco a voi il nuovo “breve” capitolo!

Chiedo prima di tutto scusa per le scene dei combattimenti. Ho trovato piuttosto difficile scriverle e ho preferito glissare un po' sull'argomento. Spero in ogni caso che siano quantomeno leggibili e non completamente da buttare, in caso contrario ditemelo senza problemi mi raccomando. Per il resto, che dire, spero la storia vi piaccia e se vi emozionasse, anche solo per un momento, io sarei la persona più felice della Terra.

Come per ogni capitolo ringrazio chi ha dedicato tempo per leggerlo e magari recensirlo. I vostri commenti mi fanno sempre molto piacere.

Bacioni

Alla prossima

la vostra Luckily

 

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Capitolo 10
*** non si ammettono repliche ***


Riaggancio senza aspettare alcuna risposta. Non mi interessa se ha altro da fare, se non mi vuole li. Voglio delle spiegazioni, le pretendo. Cosa c'entra Haymitch con Peeta, Johanna ,Annie e tutti gli altri? E perchè io sono l'unica che non ne sapeva niente?Persino Gale sa qualcosa e tutto questo mi manda fuori di testa.

“bene, ora ci stanno aspettando” guardo tutti gli altri ad uno ad uno.

“Hey ragazzina chi cavolo sei tu per avere il numero del nostro mentore? E come ti permetti di parlargli così?!” ancora una volta Johanna tenta di avventarsi su di me.

“ datti una calmata. Si da il caso che io sono una sua dipendente. Per l'esattezza l'unica. inoltre lui è il mio padrino. A questo punto direi che dovreste essere voi a spiegarmi cosa avete a che fare con lui” se lei è arrogante lo sarò anche io.

“è il nostro ex allenatore. È lui che ci ha insegnato tutto ed è solo grazie a lui se ora siamo qui. Portagli rispetto, o te la vedi con me!”

“come se mi facessi paura” fingo che non me ne faccia solo per non darle soddisfazione. Ci guardiamo in cagnesco per un tempo che pare infinito finchè Finnick non parla

“sentite ragazze non importa. Adesso dobbiamo preoccuparci di cosa fare con Mellark. Per il momento Katniss ci ha solo fatto un favore, direi di approfittarne e andare.” si guarda attorno preoccupato. “chi vuole venire? Non possiamo andarci tutti.” effettivamente siamo troppi, quindici persone a casa di Haymitch non ci starebbero mai.

Fortunatamente l'intera squadra decide che passerà a trovare Peeta un'altra volta. Fatta eccezione per Gale. Restiamo io, lui, Johanna, Finnick, Annie e Madge. Salgo in auto con Gale e Madge e ci diamo appuntamento davanti a casa dell'ubriacone.

 

Nella mia mente rivedo i momenti peggiori di questa serata, rivivo l'ansia e la paura che li hanno accompagnati e mi si chiude lo stomaco. Le urla di Peeta, le mie insieme che fanno da macabra colonna sonora ai miei ricordi. La nausea e l'agitazione sono talmente forti che mi costringono a chiedere di fermarci cosicchè io possa vomitare la cena e quel poco alcol che avevo ingerito questa sera. Ora che il peggio è passato il mio corpo esige una tregua, e come previsto ho fatto bene a mangiare come un passerotto.

Sono egoista anche nei miei pensieri, il peggio è passato per me ma per qualcuno deve ancora arrivare. Qualcuno che non ho il coraggio di vedere, magari steso su un letto tramortito dagli antidolorifici. Finnick dice che non si è mai comportato così, che non ha mai fatto tante storie per i dolori degli allenamenti, il che non fa che aumentare le mie preoccupazioni.

Guardo Gale mentre è concentrato alla guida e mi torna in mente, silenziosa e strisciante tutta la rabbia che provo nei suoi confronti. Più ci penso e più il suo gesto mi pare subdolo, meschino, mi domando perchè si sia comportato così. Non voglio dimenticare, voglio delle spiegazioni anche da lui, prima o poi. Ma questo per ora si può accantonare.

 

Parcheggiamo davanti all'entrata della cantina, sulla cui porta campeggia la scritta Chiuso Per Ferie, senza nessuna data. Conoscendo il mio capo, quando ha scritto quel cartello ormai consunto, sperava di poter ingannare i clienti concedendosi qualche giorno in più di riposo rispetto al previsto. Ora, più per istinto che per un vero e proprio ragionamento, penso sia una specie di messaggio in codice per dirmi di entrare in negozio invece che nell'appartamento. Cerco nella borsa il mazzo di chiavi, quelle della cantina che devo aprire io al mattino, sono insieme alle mie di casa. Quando apro l'odore di disinfettante mi invade le narici e mi fa storcere il naso. È lo stesso che sentivo in ospedale quando andavo a trovare mamma durante il suo turno di lavoro. Mi porta alla mente solo ricordi negativi e ha un sentore di malattia e disagio.

Vedo Haymitch e un altro uomo di mezz'età, canuto e robusto che parlottano attorno ad un letto improvvisato tra gli scaffali pieni di bottiglie. Quando sentono la porta cigolare e noi scendere i tre scalini che ci separano dalla cassa si voltano. Ora che fanno silenzio sento anche i gemiti soffocati di Peeta disteso all'altezza delle loro ginocchia.

Mentre io resto immobile, paralizzata dal timore per quello che potrei vedere Finn e Johanna mi spintonano per passare e andare da lui, quando lo raggiungono gli sussurrano che andrà tutto bene. Mi superano anche Madge e Gale che vanno a presentarsi al padrone di casa e allo sconosciuto che lo affianca, Plutarch si chiama.

Il mio padrino mi guarda storto

“ehy qual buon vento Dolcezza! Pensi di raggiungerci o di stare li impalata per sempre? Sei piuttosto bruttina come fermaporte” sghignazza. Io mi faccio paonazza e mi muovo meccanicamente verso il gruppo. Quando vedo Peeta, capisco quanto effettivamente sia provato dalla fatica di rimanere sveglio. È sudato e le palpebre ogni tanto cedono facendolo assopire per qualche istante. Poi le riapre fulmineo, impaurito. Fa piccoli respiri veloci e quando il fiato gli viene a mancare approfondisce il gesto con una smorfia.

“ciao Kat” un sussurro esce dalle sue labbra e io mi accuccio vicino a lui. sorprende tutti con un sorriso e un occhiolino dedicato solo a me. È incredibile come anche in questo momento sia lui a tranquillizzarmi.

“ciao Peeta” ricambio ammiccando a mia volta.

La sua mano raggiunge piano la mia guancia dove si ferma

“non so proprio come Haymitch possa dire che saresti brutta come fermaporte. Per me sei stupenda” è la cosa più dolce che mi abbiano mai detto, per quanto strana sia. Sorrido timida e arrossisco, sento le gote andare a fuoco.

“ecco come abbandonare un amico per una ragazza. Sei proprio una persona orribile Peeta!” Finnick è sinceramente divertito mentre parla

“ vorrei farti notare che è per colpa tua se sono conciato così adesso. Bell'amico che sei anche tu Finn. Chi è la persona orribile adesso?” la voce di Peeta, sebbene flebile, scatena l'ilarità generale.

“ragazzo adesso ti portiamo in ospedale. Non ammetto altre repliche, Gale, Finn aiutatemi a sollevarlo e a metterlo in macchina.” Haymitch impartisce ordini che i due ragazzi eseguono subito.

“no, ti prego in ospedale no” piagnucola il biondo facendo cadere la mano lungo il suo fianco.

“smettila ragazzo, non fare la femminuccia. Ho detto che non ammetto repliche. Stà fermo adesso.”

 

 

 

Stiamo aspettando che i medici ci diano il risultato delle radiografie.

In pronto soccorso è stato accettato in codice giallo dopo che abbiamo spacciato le sue ferite per un incidente, dato che una delle poche regole degli Hunger Games è di non presentarsi in ospedale dicendo di avervi partecipato. Fin da subito è stato chiaro che gli eventuali danni hanno interessato il torace e la zona addominale.

 

Una donna alta dai capelli castani con degli occhiali piccoli poggiati sul naso ci raggiunge in sala d'attesa. Il suo camice bianco lascia scoperti i polpacci e svolazza dietro di lei mentre cammina. Il tacco delle scarpe batte ritmico sul pavimento spezzando il silenzio carico di tensione. Otto persone per un solo paziente si vedono raramente anche per casi più gravi di quello a cui siamo interessati noi. Alla dottoressa scappa un risolino alla nostra vista

“dovrei parlare con un parente del signor Mellark. “ la sua professionalità è indiscutibile

“può parlare con me, anche se non sono un parente sono la persona più vicina che ha in questo momento” Haymitch tende la mano alla dottoressa

“sono la dottoressa Paylor” ricambia la stretta, per poi sfilarsi gli occhiali per esaminare un'altra volta la cartella clinica di Peeta.

“il ragazzo ha riportato seri danni alla gabbia toracica insieme a diverse contusioni relativamente lievi in tutto il corpo. In particolare ha una costola incrinata, una rotta e una frattura allo sterno. Sono costretta a tenerlo in osservazione almeno per questa notte. Fortunatamente non sono stati lesi altri organi quindi non sarà necessaria nessuna operazione. “ sorride incoraggiante a tutti noi, si congeda dicendoci che presto arriverà un'infermiera per condurci nella stanza del ragazzo.

 

Sono basita. Gale mi cinge la vita per sorreggermi e ci incamminiamo tra i corridoi dell'ospedale. Non so se essere felice perchè gli poteva andare peggio o se dovrei essere triste perchè in fin dei conti la diagnosi non è affatto delle migliori. Finnick abbracciato ad Annie è sicuramente il più sconvolto tra noi, non pensava che i suoi colpi fossero tanto potenti e di certo non avrebbe tirato quell'ultimo pugno se ne avesse saputo le conseguenze.

 

In stanza Peeta è sveglio, disteso sul letto con il torace fasciato e la testa rivolta alla finestra. Non fa nulla per girarsi verso di noi, segno che al momento non gli va di farlo. Quando Johanna gli si para davanti lui insiste perchè ce ne andiamo, cosa che ovviamente non intendiamo fare.

“Peeta?” Madge cerca ti attirare la sua attenzione

“ che volete? Non siete già abbastanza soddisfatti di avermi portato qua dentro?” è arrabbiato e non capisco il perchè. Madge ammutolisce. Plutarch prende il suo posto

“senti ragazzo lo sai che è per il tuo bene. Starai qua solo fino a domani poi ti rimanderanno a casa. “

“oh certo, a casa dove nessuno può assistermi . Mi manderanno dalla mia famiglia, ecco dove finirò. “ la collera fa accelerare il ritmo dei suoi piccoli respiri

“te lo prometto Peeta, non ci torni da tua madre. Siamo stati costretti ad avvisarla ma non ha dato segni di voler venire a vedere come stai.” gli occhi del giovane si fanno lucidi e la voce è rotta mentre parla

“nemmeno questa volta, potrei morire e a quella donna non gliene fregherebbe nulla di me. Non sono abbastanza per lei no?” espira, guardando la finestra.” non lo sono mai stato.”

mi si riempiono gli occhi di lacrime mentre ascolto Peeta e mi rendo conto di quanto io sia fortunata ad avere l'amore incondizionato della mia famiglia.

Johanna mi prende per un braccio e mi porta fuori dalla stanza

“ non provare a piangere Katniss” è minacciosa

“non ho intenzione di farlo” ed è la verità

“bene. Forse è meglio che tu e gli altri ve ne torniate a casa ora. A lui ci pensiamo noi” sta cercando senza mezzi termini di mandarci via

“non ci penso nemmeno, io resto qua” sono irremovibile nella mia decisione, lei sospira

“ se fosse per me, ti manderei via a calci nel sedere. Ma dubito che lui voglia che te ne vada. Ma gli altri devono uscire, categoricamente. Intendo la biondina e il tuo amico” rifletto sulle sue parole poi annuisco

“adesso ci parlo io “

“non sei stupida quanto pensavo” mi lascia da sola in mezzo al corridoio. Mi siedo su una sedia poco prima che Gale e Madge mi raggiungano.

“sentite ragazzi, perchè non andate a casa a riposare?” sono troppo stanca per pensare ad un modo gentile per congedarli

“e tu che fai qui?” Gale non è contento della mia decisione

“preferisco stare qua. Mi fa sentire meglio il fatto di saperlo al sicuro e in buone mani” ammetto

il moro scuote la testa sbuffando “come pensi di tornare?”

non ci avevo pensato, ma improvviso “magari Haymitch mi può portare a casa più tardi. Oppure torno in autobus.”

“non credo che ci siamo modi di farti cambiare idea quindi, ci vediamo Katniss.” è rassegnato.

Sentendo il mio nome e non il soprannome che lui è solito appiopparmi mi tornano alla mente tutte le spiegazioni che voglio,così chiedo alla bionda un secondo per parlare da sola con il mio migliore amico.

“Gale perchè l'hai fatto? Intendo dire, sapevi che Peeta non voleva ch'io assistessi e tu hai insistito ancora di più perchè ci fossi. eppure ti avevo raccontato di come mi sono sentita quella volta” lo guardo in quei suoi occhi così simili ai miei “l'hai fatto apposta, non puoi negare. Ma perchè?”

prende un profondo respiro e guarda lontano, oltre le mie spalle.

“Catnip ero, sono geloso. Ci ho messo un'eternità per entrare nella tua vita, lui invece arriva e si prende un bel posto dopo pochi giorni. Non lo sopportavo già per la sua bravura nel calcio, poi quando vi ho visti parlare e tu sorridevi non ho capito più nulla. Ho usato il suo segreto contro di lui sperando che vedendolo combattere di sua spontanea volontà tu ti ricredessi su di lui. E tornassi da me, ma non l'hai fatto. E ho combinato solo un casino” torna a guardare me, e nell'attimo che io impiego ad elaborare ciò che ha appena detto, sento le sue labbra premere sulle mie. È un bacio violento, famelico che chiede,pretende invece di dare.

Il mio cuore si spezza, mentre appoggio le mie mani sul suo petto e lo spingo lontano da me. Ho la bocca ancora serrata, umida dal bacio non ricambiato. Mi guarda, passandosi una mano tra i capelli, è serio, non si è pentito di quello che ha appena fatto. Con una lentezza che non mi appartiene mi copro il viso a reprimere un singhiozzo. Con il dorso della mano mi pulisco le labbra e sussurro “ questo non dovevi farlo. Hai combinato un gran casino Gale. Vattene. ”

mi da le spalle e sparisce dalla mia vista.

 

 

Siamo rimasti solo io e Haymitch insieme a Peeta, che imbottito di analgesico dorme come un ghiro. Il suo mentore gli fa compagnia. Sono le due del pomeriggio oramai.

Mi sento sola e continuo a ripensare al bacio di Gale e ai commenti di Johanna che in un angolo ha assistito a tutto. Mi ha detto che dovevo aspettarmelo, che l'amicizia tra uomo e donna non esiste. Se c'è, è solo perchè uno dei due prova attrazione nei confronti dell'altro. A maggior ragione se poi, lui si era già dichiarato in passato.

Se questo è vero allora anche lei prova qualcosa per Peeta o lui per lei: e non riesco ad accettarlo.

Quello che c'è tra me e Peeta invece mi è difficile da definire. So che a lui interesso ma in che senso?questo non l'ho ancora capito. E a me lui? Ormai credo sia innegabile. È bastato pochissimo perchè mi entrasse sottopelle e invadesse gran parte dei miei pensieri. Eppure è un sentimento che sta tra l'amicizia e l'innamoramento, è una bilancia in equilibrio così precario e apparentemente perfetto che un alito di vento potrebbe farla pendere da una parte o dall'altra.

 

 

Un grugnito mi distoglie dai miei pensieri, riportandomi alla realtà dove un ragazzo biondo e riccioluto con due occhioni cerulei sta goffamente tentando di stiracchiarsi senza provare dolore. Si è svegliato e con la testa inclinata verso la spalla sinistra sorride

“sono contento che tu sia rimasta”

“ sono contenta di essere rimasta” ammetto

“come stai?” incredibile, ancora pensa a me

“dovrei chiedertelo io” replico divertita

“nemmeno questo mi è concesso sapere di te?” mette il broncio come un bambino. Vado a a sedermi ai piedi del letto e gli bagno le labbra visto che fa difficoltà a bere vere e proprie sorsate. Rido sotto i baffi

“questo lo puoi sapere, sto bene anche se sono preoccupata per te”

“sei stanca, smettila di stare in ansia e dormi un po' “ vorrebbe sembrare categorico, ma ottiene scarsi risultati.

Ci guardiamo negli occhi stando in silenzio, non uno di quelli imbarazzanti. Ma uno di quelli che non vanno colmati, se non con qualcosa di veramente importante.

 

Mi avvicino a lui e con quanta più delicatezza possibile lo abbraccio e gli scompiglio i capelli.

“resti con me?” la sua richiesta è inaspettata e sembra una doccia fredda. Non riesco a pensare a nulla, la risposta esce spontanea dalle mie labbra

“si, finchè me lo permetterai” 

sorride “la affrontiamo insieme questa cosa ?” 

annuisco

“insieme.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

Ciao a tutti! Ecco il nuovo capitolo che tanto aspettavate!!

sono super super felice di sapere che la storia vi intriga tanto.... come sempre, è di dovere ringraziare coloro che hanno letto tutto fino in fondo e che mi hanno dedicato un pizzico del loro preziosissimo tempo! Grazie infinite anche per le recensioni stupende che spero arrivino mooooolto numerose per questo e i capitoli che seguiranno perchè sono iper contenta di sapere quello che pensate voi.

Alla prossima

Bacioni giganti

Luckily

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Capitolo 11
*** ti va di giocare? ***


Mi avvicino a lui e con quanta più delicatezza possibile lo abbraccio e gli scompiglio i capelli.

resti con me?” la sua richiesta è inaspettata e sembra una doccia fredda. Non riesco a pensare a nulla, la risposta esce spontanea dalle mie labbra

si, finchè me lo permetterai” sorride

la affrontiamo insieme questa cosa?”

annuisco

insieme.”

 

 

mi alzo e per sgranchirmi le gambe decido di fare due passi per la stanza. La mia curiosità ha la meglio, e incurante di quello che gli altri potrebbero pensare di me inizio a curiosare in ogni anfratto: mobili, cassetti, ante, armadietti, esploro tutto. Mi sento osservata ma decido di continuare, e non curarmene assolutamente. Indosso ancora i tacchi alti visto che non sono passata per casa a cambiarmi. La mia inesperienza, e la vicinanza di questo ragazzo che non mi fa ragionare, mi portano a fare gesti inconsulti che sottolineano quanto io sia goffa con addosso cose troppo femminili. Davanti al letto c'è un tavolino con un cassetto che sporge all'altezza delle mie ginocchia. Per quel poco che so, è molto meno faticoso piegarsi tenendo le gambe dritte che accucciarsi quando si indossano certi trampoli. Quel cassetto mi attira talmente tanto che non esito nemmeno un secondo a sbirciarci dentro. Quasi pesto la testa quando Peeta ,coprendosi gli occhi con una mano, protesta

“Katniss! Non metto in dubbio che sia un panorama mozzafiato ma ti prego, non metterti mai più così!” mi alzo immediatamente rendendomi conto di quello che ho fatto, gli ho servito il mio fondoschiena su un piedistallo, proprio davanti agli occhi. Stupida stupida stupida. Mi giro più imbarazzata che mai e lo guardo ridere, la mano davanti alla faccia lascia due belle fessure da dove sta beatamente sbirciando. Si accorge di essere stato scoperto e ridiamo insieme senza pensare alla possibilità di svegliare Haymitch.

“prima non ci avevo fatto caso, ma adesso che ti guardo direi che per i miei gusti sei decisamente troppo poco vestita” adesso si tiene il mento e annuisce con fare cospiratorio, è davvero buffo quando fa così.

“appena Haymitch si sveglia lo obbligo a portarti a casa” è fin troppo convinto della sua idea

“e perchè mai dovremmo darti ascolto?” mi metto le mani sui fianchi e lo guardo storto

“perchè io sono il povero ammalato che deve essere accontentato non ti pare?” sta facendo gli occhioni dolci e sporge il labbro inferiore in un espressione davvero tenera. No Katniss non farti distrarre un'altra volta!

“e poi io potrei dormire un pochino mentre dormi anche tu, perchè tu potrai tornare solo se ti sarai fatta un bel pisolino.” continua. Protestare è inutile con lui, avrà sempre e comunque l'argomentazione adatta per rispondere.

Scuoto la testa e alzo le mani in segno di resa

“per questa volta hai vinto tu Peeta”

sorride raggiante.

 

Quando Haymitch si sveglia Peeta lo informa delle sue decisioni. Come previsto nemmeno il mio capo riesce a controbattere a lungo e dopo venti minuti di intensa discussione è costretto ad arrendersi e a portarmi a casa.

Il tragitto in macchina dall'ospedale a casa mia è breve ma riesco comunque ad estorcere alcune informazioni

“Haymitch, mi potresti spiegare come mai li conosci?” capisce che mi sto riferendo a Johanna, Peeta e gli altri.

“Peeta è il figlio minore di un mio caro amico, un po' come te insomma” resta con gli occhi sulla strada ma prende a tamburellare con le dita sul volante.

“non ha mai avuto buoni rapporti con la sua famiglia, come avrai capito” certo, l'avevo intuito

“quando era piccolo suo padre qualche volta mi chiedeva di portarlo con me a pescare mentre era al lavoro, per non lasciarlo con la madre. E io accettavo tutte le volte, perchè era un bambino adorabile, e perchè dovevo molto a quell'uomo.

Cresciuto ha dovuto dare una mano nel forno di famiglia ed era costretto a sottostare agli ordini dei genitori.” sbuffa seccato

“non dovrei essere io a raccontarti della sua vita.” si interrompe un attimo “quindi chiedilo a lui se vuoi saperne di più. Ti dico solo che quando Peeta è tornato da me, io allenavo già Finnick, Johanna invece è arrivata dopo. Sono stato anche io un atleta, e anche io sono riuscito ad accaparrarmi l'ambito titolo di campione negli Hunger Games. Sembrerà strano ma è così. Anche se a quel tempo i concorrenti erano meno e tutto era molto meno violento. Ad ogni modo ci sapevo fare e Finn mi ha chiesto di diventare mio allievo. Li alleno di sera, dopo aver chiuso il negozio, se è questo che ti interessa. Siamo arrivati comunque.”

accosta davanti al portone di casa mia e mi fa scendere “ti passo a prendere domani mattina alle nove. Sii puntuale.”

“lo sarò.”

 

 

 

 

Solo quando sento il getto ristoratore della doccia sulla pelle mi concedo di elaborare quello che mi ha detto Haymitch. Possibile che Peeta abbia avuto screzi così grandi con i suoi? Non sono convinta che dovrei impicciarmi in queste cose. Se vuole, me ne parlerà lui prima o poi. E poi, quell'ubriacone campione dei Giochi? Mi viene da ridere e faccio fatica ad immaginarlo mentre alza le braccia al cielo in segno di vittoria. Chissà quanto tempo fa ....

Con tutto quello che è successo, ho relegato il bacio di Gale in un angolo buio della mia memoria ma ora che il flusso dei miei pensieri ha preso vigore torna a farmi visita. Mi sento in colpa per averlo cacciato, ma sono felice di non aver ricambiato. Non voglio rovinare l'amicizia che mi lega a lui soltanto perchè è geloso, eppure ho paura che ora non mi voglia più vicina.

 

Decido di concentrarmi sull'asciugatura del mio corpo. Mi avvolgo in un asciugamano morbido che attorciglio attorno al seno per bloccarlo e mi pettino i capelli per poi acconciarli nella solita treccia. Il vapore acqueo che riempie il bagno si disperde a poco a poco quando apro la porta che dà sulla mia camera da letto. Mi infilo il pigiama e incurante di che ore siano vado in cucina a prepararmi qualcosa da mettere sotto i denti. Dopo il caffellatte mi distendo sotto le coperte per cercare di recuperare tutto il sonno perso questa notte.

Il telefono vibra e lo afferro per vedere di chi o di cosa si tratta: la stanchezza cede il posto alla sorpresa quando leggo il messaggio

 

-Buona notte Dolcezza, domani copri meglio quel meraviglioso panorama mi raccomando . Peeta . -

 

La sua arroganza non lo abbandona proprio mai.

 

- Già mi mandi a letto? Comunque tempismo perfetto, sono sotto le coperte. La smetta di pensare al mio fondoschiena, è da maleducati caro signor Mellark, dovrebbe saperlo. Che ne dici di farmi compagnia e andare a dormire anche tu?.

Katniss

p.s : smettila di essere tanto arrogante con me!-

 

stringo il cellulare nel pugno e poggio la testa sul cuscino nella trepidante attesa di un sua risposta.

Dopo 15 minuti la delusione si fa spazio nel mio cuore. Perchè non mi risponde più? Che gli ho scritto? Forse sono stata troppo diretta, non lo so. Mi sono rassegnata e sto cedendo al sonno quando la vibrazione si fa sentire, non me la sono immaginata questa volta.

 

-scusa il ritardo. un'infermiera cattiva mi ha infilato un ago sul dorso della mano. Odio questo posto e ho fame. Il brodino non sazia, soprattutto se non sei tu a darmelo, come questa mattina. Non vedo l'ora che arrivi domani per avere un po' di compagnia.

P.s. Non credo che smetterò di essere arrogante, mi piace stuzzicarti, sei troppo bella quando ti arrabbi. -

 

come dovrei interpretare questo messaggio? Vorrei chiamare Madge per farmi dare un consiglio ma mi rendo conto che è troppo tardi, quindi lascio perdere.

Mi addormento prima di poter inviare la mia risposta. Nei miei sogni nulla torna a farmi visita è riesco a passare finalmente una notte calma.

 

Quando mi sveglio il sole è già sorto da un pezzo e ho tempo solo per lavarmi e fare colazione prima dell'appuntamento con Hatymitch. Frugo nell'armadio alla ricerca di qualcosa di comodo ma allo stesso tempo carino e femminile: infilo dei Jeans lunghi e aderenti strappati sulle ginocchia, che si sono ammorbiditi con il frequente uso, una camicetta senza maniche blu, ai piedi un paio di stivaletti di pelle. Ora che tutto è coperto e al suo posto e che non sono costretta sulle punte mi sento decisamente più a mio agio.

 

“buon Giorno capo!” saltello allegra fino alla macchina

“direi che oggi siamo di ottimo umore” anche lui sembra essere felice e riposato

“dormito bene?” annuisco e lui per tutta risposta mette in moto e parte.

Nessuno dei due ha argomenti di conversazione quindi, dopo averlo ringraziato del passaggio, ci godiamo il silenzio nell'abitacolo dell'auto.

 

 

 

Sto per mettere un piede dentro la stanza d'ospedale quando mi accorgo del vociare che vi proviene. Una ragazza riccioluta, bionda e formosa ha il viso a pochi centimetri da quello di Peeta e lo sta guardando con finta aria minacciosa. I capelli lunghi le ricadono in morbide onde sulle spalle strette, raccolti con delle forcine dietro la nuca. Mi scopro gelosa di quell'incredibile vicinanza.

 

“ che piacere rivederti Delly! “ Haymitch ci annuncia, allargando le braccia tra le quali la ragazza si tuffa entusiasta

“mi siete mancati tantissimo voi due!” schiocca un bacio sulla guancia dei mio padrino.

Essere esclusa mi innervosisce parecchio.

Peeta mi osserva con un sorriso a trentadue denti stampato in volto. È ancora sdraiato a letto, ma è riuscito ad indossare una maglietta invece che stare a torso nudo. Mi chiede di raggiungerlo per sedermi sul letto con lui e io non esito nemmeno per un istante

“Katniss, lei è Delly, mia cugina” imbarazzata per la mia gelosia di prima le tendo la mano, lei per tutta risposta mi abbraccia.

“Haymitch, Delly porta novità!” Peeta non riesce a stare fermo tanto è felice, e le fitte alle costole lo riportano alla realtà con delle smorfie.

“mia madre verrà a trovarmi! Non è bellissimo?”

vedo l'espressione del mentore farsi cupa, immagino non voglia guastare la felicità del ragazzo ma si capisce lontano un miglio che non la pensa allo stesso modo, per lui è tutt'altro che una buona notizia.

“Certo ragazzo, è davvero fantastico” finge, con scarsi risultati o forse con scarso impegno.

Il sorriso del biondo sparisce del tutto, lasciando il posto alla delusione e al rammarico

“perchè per una volta non puoi essere felice per me?!”

“perchè, ti stai illudendo Peeta, lei non verrà qua per vedere come stai, ma solo per farti stare peggio, come ha sempre fatto le poche pochissime volte che si è ricordata di avere anche un terzo figlio.” lo sguardo di Haymitch è profondo e serio, gli occhi scuri scrutano le emozioni che le sue parole hanno provocato.

“Peeta, io vado a casa ora, scrivimi quando esci e dove ti portano, così so dove venire a trovati ok?” Delly interrompe le occhiatacce dei due uomini e si congeda lasciando un bacio sulle guance di tutti noi. È troppo espansiva per i miei gusti ma sicuramente non antipatica.

Saranno anche cugini, ma si assomigliano come due gocce d'acqua. Stesso fisico longilineo, i capelli ricci e biondi, gli occhi azzurri in un viso squadrato ma proporzionato. Si capisce il profondo legame che li unisce dall'entusiasmo con cui si parlano, mi ricordano molto il rapporto che ho io con mia sorella, scherzoso, sincero e soprattutto indissolubile.

 

 

 

Haymitch è uscito per andare a cercare un medico che potesse informarlo sulla situazione, quindi io e Peeta siamo rimasti soli. Fortunatamente con lui è quasi impossibile cadere in quel silenzio imbarazzante perchè ha sempre qualcosa da dire, che sia intelligente o meno. Questa volta però, anche se generalmente preferisco ascoltare invece che parlare, decido di prendere io la parola

“Peeta, noi siamo amici vero?” è una domanda rischiosa, la risposta potrebbe effettivamente non piacermi ma mi frulla in testa da un po' e mi pare un buon momento per svuotare la mente e fare chiarezza

“in realtà non lo so. Anzi direi che ancora non lo siamo, no” asserisce. Resto basita e probabilmente ho la bocca spalancata perchè non mi aspettavo questo

“non fraintendermi Katniss! Volevo solo dire che gli amici si dicono le cose profonde e personali. Noi invece non ci conosciamo bene” è allegro e questo mi rincuora. Il suo ragionamento non fa una piega in realtà, quindi mi viene un'idea

“senti Peeta, ti va di giocare? Così, per conoscerci meglio” mi tolgo le scarpe e mi siedo sul letto incrociando le gambe in modo tale da stargli perfettamente di fronte

“mi piace giocare. Penso che accetterò. E anche se non mi piace stare alle regole, dimmi quali sono, forse per questa volta farò il bravo e onesto giocatore.” ammicca e cerca di sistemarsi il cuscino dietro alla schiena per stare seduto provando meno dolore possibile. Non posso fare a meno di pensare che sta sopportando questo per fare contenta me quando invece potrebbe stare disteso.

“funziona così: a turno ci facciamo delle domande personali a cui siamo costretti a rispondere sinceramente. Se non possiamo o vogliamo rispondere si deve pagare pegno in qualche modo. Che decideremo in seguito. Che ne pensi?” spero che voglia giocare comunque

“penso che non avrò molte altre occasioni per soddisfare la mia curiosità nei tuoi confronti quindi accetto. Non mi piace parlare di me ma correrò il rischio, credo ne valga la pena. Chi comincia?” ci rifletto un attimo, io ho proposto il gioco e gli voglio chiedere molte cose, quindi mi pare corretto dare per prima delle informazioni.

“comincia pure tu” sorrido

“ così sia. Bhe, vediamo cosa potrei mai chiederti” lo vedo pensare guardando il soffitto, in un gesto esagerato e teatrale

“ecco ho trovato!” una scintilla gli illumina gli occhi, adesso ho paura e non so cosa aspettarmi

“dimmi un po', come andavi a scuola?” sospiro, meno male, ha scelto una partenza leggera, a questo posso rispondere tranquillamente

“allora, a scuola andavo benone, facevo di tutto per rendere fiera di me mia madre e darle un motivo per sorridere dopo la morte di papà. Andavo bene soprattutto in italiano e in inglese, matematica invece era il mio cruccio. Soddisfatto?”

annuisce, quindi tocca a me e scelgo anche io la partenza soft

“e tu invece come te la passavi tra le mura scolastiche?” si gratta la nuca mentre ride

“oh bhe, domanda di riserva? Vabbè dai, farò una figuraccia ma rispondo perchè ho paura della penitenza. Allora, sono stato uno studente modello fino a quindici anni, poi lavorando al forno ho dedicato sempre meno tempo allo studio fino a che un anno non sono stato quasi bocciato e mi sono salvato per miracolo. Gli altri anni li ho passati arrancando e vivendo di rendita. Poi all'ultimo anno sono stato sospeso per aver tentato di picchiare una ragazzina, che poi all'epoca era più maschio lei di me, che mi dava fastidio. Quando hanno decretato la legittima difesa era troppo tardi per il mio profitto e per il giudizio sulla condotta e sono uscito con il minimo possibile. Ma tanto, per fare il fornaio uscire con il minimo o con il massimo dei voti non importa, basta la passione e la manualità e soddisfi i clienti. Ovvio,saper parlare, scrivere e far di conto non guasta ma nessuno verrà a vedere il tuo diploma.”è imbarazzato ma apprezzo la sua onestà

“quella ragazza era Johanna vero?” scoppiamo a ridere tutti e due mentre conferma i miei sospetti.

“ora tocca a me. Il tuo colore preferito?”

“senza dubbio il verde” non ci penso nemmeno

“maddai, ti facevo più una tipa da rosa o azzurro” mi fa la linguaccia a cui rispondo con un finto sguardo seccato. Comincio a credere però che l'azzurro stia scalando la classifica dei miei colori preferiti, dopo aver visto i suoi occhi

“il tuo colore preferito qual è invece?” chiedo

“arancione, quello dei tramonti, non quello dei pennarelli fluo, sia chiaro. Sono un ragazzo romantico io! Cosa credi?”

“maddai ti facevo più un tipo da blu e giallo!” lo prendo in giro ripetendo le sue stesse parole. Scuote la testa in segno di ammonimento

“il tuo hobby, la tua passione?”

“questa è facile. Tiro con l'arco da quando ho 7 anni, me lo ha insegnato papà, andavamo sempre al poligono insieme, lui era bravissimo. Io me la cavo ora. Ogni tanto quando sono stressata vado a tirare per rilassarmi.” le sue domande incuriosiscono anche me quindi le ripeto

“ la tua di passione?”

“ credo sia cucinare ma non ne sono sicuro. Amo anche fare a scazzottate con Finn.” la luce che ha negli occhi tradisce il suo affetto incondizionato per Finnick.

“ora passiamo alle cose serie ragazza! Questo gioco deve farsi più intrigante!” mi guarda malizioso e io impallidisco, forse mi sono cacciata in un guaio e temo la piega che questa conversazione potrebbe assumere

“l'ultimo ragazzo che hai avuto. Stupiscimi Dolcezza” ora sono io a sentirmi in imbarazzo

“ a 10 anni, mi ha scritto un bigliettino e dovevo rispondere si o no mettendo la crocetta sul quadratino. Non sapevo nemmeno come si chiamava quel bambino ma siamo stati felicemente insieme per qualche ora. “

“mi credi stupido? È ovvio che non ti credo Katniss!”

“oh io non sto scherzando sono serissima. Mai altri ragazzi. Qualche bacio qualche volta ma mai un ragazzo.” mi guarda sospettoso ma decide di credermi

“l'ultimo bacio allora. “

“no no le regole sono regole. Una domanda sola, caro, ora tocca a me.” vorrei evitare quella domanda sul bacio ma credo che mi farà visita più tardi.

“raccontami perchè non vai d'accordo con la tua famiglia” so di aver chiesto troppo quando non aspetta nemmeno un secondo per rispondere

“voglio la penitenza. QUALUNQUE essa sia. Non voglio rispondere” all'inizio il suo tono è severo e penso mi odi per l'argomento che ho scelto, poi si calma e addolcisce la voce “ non adesso almeno ”

“scusami non dovevo farti una domanda così personale.” sono sinceramente dispiaciuta

“non avresti dovuto, ma stai tranquilla, se non ne parliamo va tutto bene” torna a sorridere ed io con lui

“ora tocca a me quindi sono proprio curioso di sapere chi è l'ultimo che ha avuto il piacere di toccare quelle labbra” come previsto torna a farmi visita e sono tentata di scegliere la penitenza. Ma se nessuno dei due comincia ad aprirsi non ci conosceremo mai bene, quindi decido di raccontare la verità: tanto a lui cosa può importare di Gale?

“soddisferò la tua voglia di informazioni. L'ultimo che ha toccato queste labbra, ma non credo proprio sia stato un piacere, è stato Gale” espiro “ieri.”

mi guarda stupito poi si incupisce. Non ne capisco il motivo, poi mi tornano alla mente le parole di Madge e mi do della scema per non averci pensato prima, se io piaccio davvero a Peeta ci sarà rimasto sicuramente malissimo nel sapere che qualcuno mi ha baciata. Mi affretto a spiegare

“ lui fondamentalmente è geloso del fatto che io e te passiamo del tempo assieme, perchè da quando mia mamma si è trasferita ho avuto solo lui come amico. Già una volta si è dichiarato e io l'ho rifiutato. Pensavo gli fosse passata la cotta per me ma a quanto pare non del tutto. Io non voglio rovinare la nostra amicizia e poi lui non mi è mai interessato in quel senso quindi l'ho respinto e l'ho mandato via anche ieri” lui pare sollevato per un istante, poi si perde a guardare qualcosa dietro le mie spalle.

“ quindi tu e lui non state insieme?” la sua voce è piatta

“no, siamo solo amici.” affermo con decisione. “che mi dici invece di te e Johanna? Proprio lei mi ha detto che non c'è amicizia tra uomo e donna a meno che da parte di uno dei due non ci sia anche un interesse diverso”

“diciamo che noi siamo un caso particolare, l'eccezione che conferma la regola appunto. Lei non è attratta da me e io non sono attratto da lei, abbiamo solo delle esperienze in comune che ci hanno fatto avvicinare molto, tutto qua. “ che sia vero? Non lo so ma per il momento mi fido. Tra loro non ho visto tutta l'intimità che c'è con Delly e la cosa mi tranquillizza non poco. Non ho nemmeno visto quel tipo di amicizia che lega me e Gale. Quella ragazza comincia a starmi simpatica lo ammetto. Anche perchè potrebbe uccidermi in qualunque istante ed è meglio farsela amica.

L'ingresso di un infermiera interrompe il nostro gioco, aiuta Peeta ad alzarsi per andare in bagno. Quando torna gli sistema il letto in modo che possa stare seduto con la schiena dritta senza infastidire le costole doloranti, quindi se ne va dopo avergli tolto l'ago della flebo dal braccio sinistro in cui era infilato.

Io mi risistemo su letto, lasciandogli spazio per stendere le gambe. Ora sono seduta vicino a lui, vicina ai cuscini dove mi ha ricavato un posticcino e me lo ha indicato battendo la mano sul materasso,

“allora Kat, perchè quel bacio non sarebbe stato piacevole?” vuole ricominciare a giocare, o vuole chiarimenti, non lo so ma non mi importa nemmeno, rispondo e basta

“non ho nemmeno risposto Peeta! Sono stata ferma immobile e poi l'ho spinto via! Non può essere stato piacevole! Ma che domande fai?” sono davvero colpita, dove vuole andare a parare?

“sarebbe potuto essere piacevole lo stesso sai? Magari sei tu che baci male e non lo vuoi ammettere!” che sta dicendo?

“cosa stai insinuando?” ho bocca e occhi sbarrati dalla sorpresa

“esattamente quello che ho detto” è divertito, arrogante e come al solito la risposta alla sua faccia tosta è la mia irritazione.

“io bacio benissimo per tua informazione! Al limite chi bacia male qui sei tu!” rispondo a tono e rossa in viso mi giro dall'altra parte a guardare il muro.

Mi sento afferrare per il braccio e tirare, mentre perdo l'equilibrio mi volto per cercare di capire, ma le mie labbra incontrano le sue. Con un braccio mi impedisce di cadere, mentre l'altra mano trova la mia nuca e mi impedisce di allontanarmi con una leggera pressione. Il cuore accelera, gli occhi si chiudono e non capisco più nulla. Le mie labbra si muovono con le sue, rispondendo a quel contatto umido e tremendamente dolce. Non riesco ad interrompere tutto questo e non so nemmeno se vorrei farlo, giusto o sbagliato che sia.

Mi lascio trasportare dalle emozioni, da lui.

Quando si stacca poggia la fronte sulla mia, i nostri respiri affannati ancora si scontrano nella breve distanza che separa le nostre bocche. Certo, devo ricredermi perchè bacia proprio bene. Tengo gli occhi chiusi e mi mordo il labbro inferiore per colmare il vuoto che ora avverto . Sento il suo fiato sulle mie labbra quando parla

“volevo solo accertarmi che tu avessi ragione” lasciandomi un casto bacio sulla fronte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

eccomi tornata! Il capitolo è lungo, lo so e chiedo perdono perchè forse lo è davvero troppo. Ma non me la sono sentita di lasciare le cose a metà. Vi prego abbiate pietà di me!

Questa cosa mi frullava in testa dall'inizio e così l'ho scritta...

capitolo pieno di zucchero anche questo ma Katniss e Peeta sono troppo dolci insieme che, insomma, un po' ci voleva!

Vorrei davvero, davvero,davvero,davvero,davvero (ok sto esagerando scusate xD) davvero tanto sapere se vi piace o no! Fatemi felice vi prego....

e come al solito mille grazie per tutte le fantastiche opinioni ai capitoli precedenti!!! a chi segue o ha nei preferiti questa storia!

alla prossima

Luckily

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Capitolo 12
*** starò accanto a lui. promesso. ***


Quando si stacca poggia la fronte sulla mia, i nostri respiri affannati ancora si scontrano nella breve distanza che separa le nostre bocche. Certo, devo ricredermi perchè bacia proprio bene. Tengo gli occhi chiusi e mi mordo il labbro inferiore per colmare il vuoto che ora avverto . Sento il suo fiato sulle mie labbra quando parla

volevo solo accertarmi che tu avessi ragione” lasciandomi un casto bacio sulla fronte.

 

 

 

Non so cosa porti una persona a rispondere, ad accettare quello strano contatto così intimo. Forse è l'istinto, forse la ragione, forse qualche sentimento recondito nascosto sotto strati di altri pensieri, che decide di riaffiorare in quel momento esatto, per stupirti, sconvolgerti, confonderti.

È bastato per risvegliare in me qualcosa che non sapevo di provare. Perchè i baci, quei baci che non ti aspetti hanno la capacità di svegliare le emozioni più profonde, e le consapevolezze prendono il posto dei dubbi e delle verità forzate.

La fronte di nuovo appoggiata alla sua, respiro nel suo respiro, corto, affannato, frenetico come il mio, e se questo momento ci unisce davvero, il suo cuore starà seguendo il ritmo forsennato del mio.

La mia mano, guidata da fili invisibili che non sono io a comandare, si muove fino a raggiungere il suo petto, senza fare pressione, con una delicatezza che non mi appartiene, per accertarmi che tutto sia vero. Sento la sua vita pulsare veloce sotto le mie dita a ricordarmi che tutto questo si prova in due. D'altronde ce lo siamo promessi. Insieme.

 

 

Apro gli occhi e metto fine al mio tocco sulla sua pelle. La stanza d'ospedale torna attorno a me, riportandomi alla realtà. Vedo Peeta sorridermi.

 

Haymitch entra nella stanza con passo pesante e senza dire nulla comincia a sistemare tutto nel borsone che ha portato Finnick al ragazzo dopo la notizia del suo ricovero. È nervoso, se non adirato oserei dire. Mi spavento quando fa sbattere l'anta di un armadietto.

“cosa c'è Haymitch?” è Peeta a dar voce alle mie domande, per tutta risposta ottiene un grugnito animalesco

“ci sono brutte notizie? Qualcosa non va?” insiste

“è arrivata la tua famiglia. Tua madre è ancora più insopportabile di quanto la ricordassi.” mentre lo sguardo di Peeta si fa dubbioso, il mentore infila una maglia nella sacca per poi chiuderne la cerniera soddisfatto.

“mi mandano a casa oggi vero?” l'ansia è palpabile nella sua voce

“certo che torni oggi, non hai più niente da fare qui”

“non mi porta via lei vero?” il riferimento a sua madre è palese e Haymitch si limita a negare con la testa.

Un sospiro di sollievo esce da quelle labbra che ho appena baciato.

“i medici vorrebbero che tu tornassi a casa con la tua famiglia, ed è stato tuo padre a firmare tutti i documenti. Ma l'ho convinto a lasciarti con me e nessuno ha fatto obbiezioni. Quindi, per quanto ne sanno i dottori, tu stai con i tuoi parenti, nella realtà vieni a casa con me. È chiaro ragazzo? “ l'ubriacone è serio così come la risposta affermativa che riceve.

 

Le quattro persone che entrano poco dopo nella stanza assomigliano incredibilmente a Peeta: capelli biondi, occhi chiari fisico snello e spalle larghe, nessuno però dimostra di avere quella scintilla che accende il suo carattere. Quell'inconfondibile bontà che già mi ha dimostrato più volte. La voce del ragazzo esce stridula quando saluta la famiglia. Solo suo padre, un uomo non troppo alto con i capelli ormai radi e le braccia muscolose, si sporge sul letto per abbracciarlo. La madre, e quelli che presumo essere i due fratelli mettono più distanza possibile tra loro e il malato, nemmeno fosse contagioso.

Ci sono malattie in cui prendere le distanze è ritenuto giustificabile, non piacevole ma sicuramente accettabile. Altre volte invece, il malato ha bisogno di contatto, di aiuto fisico piuttosto che morale e la vicinanza di qualche affetto è di importanza enorme. Peeta fa parte ora di chi necessita di sostegno anche solo per mettersi in piedi.

Non so cosa voglia dimostrare, provando ad alzarsi dal letto, quello che vedo però è che gli costa gran fatica e qualche smorfia. Solo la mano del signor Mellark si protende per sostenerlo nello sforzo.

 

Quella donna, con il naso adunco e le labbra sottili contorniate da piccole rughe, dimostra senza remore totale indifferenza per il figlio più piccolo, e sarei tentata di chiederle il motivo di tanto astio. La voce di Peeta mi riporta con i piedi per terra

“Katniss, questa è la mia famiglia” non credo di aver immaginato la nota di dispiacere nelle sue parole. Saluto tutti con educazione e poi mi rintano nell'angolo più remoto della stanza imitando Haymitch per lasciare un po' di privacy.

 

“Peeta, sei proprio caduto in basso sai?! Mi hai deluso ancora una volta. Farsi pestare per soldi. Mi vergogno di te, mi vergogno di avere un figlio così. Se al posto tuo ci fosse stato tuo fratello avrebbe perlomeno vinto, tu non porti nemmeno un po' orgoglio alla tua famiglia.” quella donna non si degna nemmeno di guardare colui che è sangue del suo sangue. Sono invece io, che vedo la delusione mischiata alla rabbia nel suo sguardo. Abbassa il viso prima di guardarmi per un fugace momento, in cui capisco che non vuole che io sia qui. Esco immediatamente dalla stanza, e Haymitch con me.

Chiudo la porta alle mie spalle.

 

 

Mi siedo, o meglio dire mi butto su una sedia in corridoio e mi copro gli occhi con i palmi delle mani. Tutta la felicità di qualche minuto fa è sparita. Se io non sopporto quella donna, dopo averla vista solo per qualche minuto, non so come Peeta possa ancora gioire sapendo del suo arrivo. È proprio vero che la speranza è l'ultima a morire. Fosse per me, con una famiglia così, la mia speranza sarebbe morta e sepolta sotto metri di terriccio da tanto, troppo tempo.

 

“io avevo detto a quello scemo di non illudersi un'altra volta. Ora ci vorranno settimane per ridargli un minimo di autostima” ascolto Haymitch borbottare arrabbiato

“quella donna, prima o poi me la pagherà. Lavora sui sensi di colpa, fa leva su quelli per far star male suo figlio che è troppo sensibile. Troppo. Troppo. Troppo.” sospira “ è subdola, è meschina, cattiva è un eufemismo per descriverla. “ non posso che dargli ragione, per quanto ho visto con i miei occhi, sono gli stessi aggettivi con cui l'avrei descritta io.

 

“Katniss” alzo gli occhi per guardare il mio padrino che poche volte mi chiama con il mio nome. Appena si accorge di avere la mia attenzione parla

“quando andranno via quel ragazzo avrà il morale a pezzi, di solito si sfoga con la boxe o creando qualche nuovo dolce, ma questa volta bisogna trovare qualcos'altro che lo distragga. Lo aiuterai vero? L'ultima volta che l'ho lasciato solo dopo aver visto sua madre ha avuto una crisi e stava facendo cose, credimi sulla parola, davvero stupide”

“certo che lo aiuterò. Gliel'ho promesso.” e sono decisa a farlo al meglio. Vedo la sua espressione interrogativa e prima che possa parlare, rispondo al suo silenzioso quesito

“mi ha chiesto di aiutarlo ad affrontare la convalescenza, di superare il momento insieme e io glielo ho promesso. Anche questo è incluso e non mi tirerò indietro. D'altronde lui ha già aiutato molto me.” annuisce convinto

“si, Peeta è buono. Non c'è altro modo per descriverlo appieno. Credo che nemmeno vivendo altre cento vite nessuno di noi potrebbe meritare di averlo affianco. È sempre disponibile e metterebbe la vita di chiunque davanti alla sua, anche quella della megera che dice di essere sua madre. È per questo che si merita un po' di felicità.”

 

 

Sento la porta aprirsi e sbattere contro il muro, poi i passi rumorosi della donna e dei due figli maggiori lungo il corridoio. Ci alziamo e torniamo nella stanza, dove Peeta sta abbracciando suo padre: piccole lacrime scivolano lungo le guance dei due, seduti sul letto. Quando si accorgono di noi, in un gesto che sembra coordinato e calcolato, si passano il dorso delle mani sul viso per asciugare velocemente i segni della sofferenza. Riconosco quanto si assomiglino quei due, e mi scappa un sorriso.

“Pee, io raggiungo i tuoi fratelli. Ci vediamo ok, fammi sapere come stai.” il sig. Mellark liscia i capelli al figlio in un gesto d'affetto e se ne va “ ci vediamo Mitch” rivolge un saluto amichevole al mio capo, un sorriso a me, ma l'ultimo sguardo prima di voltarsi è per il suo bambino ormai uomo.

 

Peeta non si gira completamente verso di noi finchè non è riuscito a ricacciare indietro tutte le lacrime. Vorrei proprio sapere perchè sta così male, ma attribuisco tutto a sua madre e non faccio domande. Haymitch ed io ci sediamo di fianco a lui sul letto e prendo a carezzargli la schiena dolcemente, gesto che sembra consolarlo. Quando finalmente, con un sospiro, porta gli occhi a livello dei miei vedo il segno rosso sulla sua guancia che è inconfondibilmente indice di uno schiaffo. Passo leggermente le dita sul rossore guidata dall'istinto. Qualcosa mi dice che so chi è stato. Peeta mi abbraccia e strofina il naso sul mio collo: mi fa il solletico e i miei risolini probabilmente lo spingono a continuare. Sorride mestamente anche lui.

 

“ehi voi due datevi una calmata, cosa sono queste effusioni?! Non davanti a me vi prego!” Haymitch si copre gli occhi con una finta espressione schifata.

Le persone a cui permetto di toccarmi si contano sulle dita di una mano, ma tra le braccia di questo ragazzo mi sento a mio agio e non mi va proprio di sentire le lamentele del vecchio ubriacone

“se non ti va di vedere, sei libero di uscire!”

 

 

 

Sto portando il borsone di Peeta per le scale mentre Haymitch lo aiuta a vestirsi in camera. Mi raggiungeranno presto nel parcheggio dell'ospedale. Lo hanno dimesso facendo promettere di evitare, per qualche settimana di fare sport. Era nostra intenzione mentire quando hanno chiesto a che tipo di attività fisica si dedicasse il biondino ma il suo fisico tradiva l'assiduo e costante allenamento. “Quegli addominali non si hanno per caso”, ha detto la dottoressa Paylor quando lo ha visitato l'ultima volta.

Con una frattura alle costole, o un'incrinatura, in 3 settimane si torna quasi come nuovi, il problema, in questo caso è lo sterno. Serve riposo, e anche se non ha coinvolto organi, il trauma che ha subito richiede al minimo una decina di settimane di riposo, 3 mesi più o meno di noi mortale, come li ha definiti Peeta. L'obbligo di inattività lo ha sconvolto non poco.

 

Entrati nel porcile che è la casa sopra la cantina, ci aspetta una sorpresa : Finnck, Annie e Johanna hanno riordinato tutto e sembra quasi un appartamento abitabile. Insieme a loro, ci sono anche i ragazzi della squadra di calcio e Plutarch. Lo spazio è talmente poco che il primo pensiero che mi passa per la testa è il paragone con le sardine in scatola. L'unico comodo è Peeta, disteso nel letto che gli è stato preparato nella stanza degli ospiti.

È sera quando la maggior parte degli invitati alla festa di pronta guarigione se ne va.

Haymitch è crollato sulla poltrona e dorme beatamente con la bocca aperta, è buffo vederlo così; Finnick lo porta in camera sua e lo mette a letto, almeno domani non si lamenterà dei dolori al collo.

Johanna si propone di accompagnarmi a casa e sono costretta ad accettare non avendo la macchina. Mi piacerebbe restare ancora un po' con Peeta ma sarò di nuovo qui domani mattina, in fin dei conti devo anche lavorare. Il grande vantaggio di tutta questa situazione è che ho una scusa perfetta per venirlo a trovare tutti i giorni.

Il breve corridoio che porta al bagno passa davanti alla camera dove dorme il ragazzo. Ha la porta aperta e lo vedo mentre cerca di infilarsi la maglia del pigiama. È una scena comica ai miei occhi: alza poco le braccia per sentire meno dolore e si incastra con la testa nel tessuto. Si divincola e cerca di uscire da quella morbida prigione girando su se stesso e imprecando sottovoce. Ridendo lo raggiungo ed evidentemente non deve essersi accorto della mia presenza perchè appena afferro il bordo della sua maglia si ferma e si irrigidisce.

“per quanto divertente sia vederti lottare con una maglia ho deciso di aiutarti” afferro il bordo dell'indumento e glielo sfilo mentre mi risponde

“tu credi sia una cosa comica, ma non sai quanto cavolo è difficile!” grugnisce.

“non lo metto in dubbio Peeta, ma chiedere aiuto non ti costava nulla” la mia allegria è palese mentre rigiro le maniche per il verso giusto

“e allora aiutami” mi guarda serio

“è quello che sto facendo se non te ne fossi accorto” arriccio il naso e guardo il mio operato soddisfatta. La differenza di altezza non facilita il mio compito, mentre gli faccio passare il capo nel buco giusto.

“riesci a mettere le braccia ora?” penso di prenderlo in giro con questa domanda, ma quando vedo la difficoltà con cui si muove capisco quanto ho fatto bene a chiederglielo.

“forse” la sua espressione concentrata scatena la mia ilarità.

“smettila di ridere e aiutami! Sei proprio cattiva sai Kat?!!” sta ridendo anche lui ma cerca di non darlo a vedere. Prendo la sua mano e lentamente la infilo nella manica, lo vedo storcere il naso ma trattiene qualsiasi commento. Faccio lo stesso anche dall'altra parte. Le sue mani si appoggiano sui miei fianchi e con un leggero strattone fa aderire il mio corpo al suo. Solo qualche centimetro separa le nostre labbra, naturalmente chiudo gli occhi,e il mio respiro accelera sicura che quello spazio, in poco tempo, non sarebbe più esistito.

“Katniss andiamo? Ti vuoi muovere? Se non ti sbrighi ti lascio qua” la voce di Johanna rompe l'atmosfera e mi fa aprire gli occhi istantaneamente.

“Credo sia meglio tu vada. Lei non aspetta nessuno” la distanza tra noi ora è aumentata, così come la delusione che si impossessa di me.

Mi lascia un bacio sulla guancia “buona notte Dolcezza”

sospiro “buona notte” , con lo sguardo basso e le spalle curve mi avvio verso la porta

“fosse per me ti chiederei di restare, ma Haymitch non me lo permetterebbe mai. Dovresti dormire con me e non vuole queste cose in casa sua” mi giro a guardarlo stupita. Vorrebbe davvero che dormissi con lui o sto fraintendendo tutto? Lo vedo alzare le spalle e sporgere il labbro,dispiaciuto.

Esco dalla camera dandogli le spalle.

 

Una volta in macchina, seduta sul sedile posteriore insieme ad Annie, i miei pensieri ritornano a pochi minuti prima: le sue mani, con quel semplice tocco hanno scatenato in me una scia di brividi. Forse quel bacio, lo volevo davvero. Ma sarebbe arrivato o potrei aver frainteso anche questo? Con lui mi è così difficile pensare!!

“Katniss ci sei?” Finnick mi sventola una mano davanti al volto per avere la mia attenzione

“si scusa, ci sono. Dimmi” cercherò di chiarirmi le idee quando sarò da sola

“come è andata questa mattina? Che hanno detto i dottori?”

“dovrà starsene a riposo per almeno qualche settimana. Ma per una guarigione completa ci vorranno nel migliore dei casi tre mesi pieni.” ricordo quello che la Paylor ci ha detto questa mattina e lo ripeto

“povero Peeta, proprio a lui che non è capace a stare fermo” Annie è sinceramente dispiaciuta per il ragazzo

“dobbiamo trovargli qualcosa da fare” Johanna ride di gusto mentre fa un elenco di passatempi stupidi e talvolta volgari.

Una sola della sue proposte mi colpisce, lei ha detto che Peeta è un vero artista. In realtà non so in che campo, ma questo mi da un sacco di idee su come mantenere fede alla promessa che gli ho fatto e a quella che ho fatto al mio padrino.

“è venuto a trovarlo la sua famiglia questa mattina” dico tranquillamente, certo non pensando di scatenare un putiferio.

Johanna infatti inchioda e io sbatto la testa.

“che hai detto?” si gira a guardarmi con gli occhi scuri spalancati

“ho detto che la sua famiglia è venuta a trovarlo” scandisco parola per parola mentre mi massaggio la fronte arrossata.

Fa ripartire l'auto e brontola tra se e se quanto odi quelle persone che fanno soffrire continuamente il suo migliore amico. Dopo cinque minuti di borbottii quasi non mi accorgo della domanda che mi rivolge

“e sua mamma come si è comportata?”

rispondo meccanicamente guardando fuori dal finestrino il paesaggio che sfreccia

“gli ha detto quanto fosse delusa da lui, che non porta mai orgoglio alla famiglia e che se ci fosse stato suo fratello avrebbe vinto”

“odio quella donna. Non si merita nè il marito che ha né tanto meno un figlio come Peeta. Tutte le volte la stessa storia, prima lo insulta e poi se ne va lasciandolo a deprimersi. Se non ci fossimo noi a quest'ora chissà quali e quante stupidaggini avrebbe commesso per cercare un po' di considerazione da lei che non avrà mai. “ la tensione nell'aria è palpabile e ricordando la guancia colpita parlo

“credo che questa volta gli abbia tirato anche uno schiaffo. Non so se sia vero, ho solo visto Peeta con la guancia arrossata e stava piangendo. “ mi pento immediatamente di aver fatto la spia

“vi prego, fate finta di non sapere. Non avrei dovuto parlare di questa cosa.” la mia è una supplica che spero accolgano. Annie mi prende le mani nelle sue

“tesoro, noi manterremo il segreto stai tranquilla. Se Peeta non parla noi faremo finta di non sapere nulla. È successo già altre volte, lui non parla subito di queste cose ma alla fine ce le racconta. Gli serve solo il tempo per calmarsi un pochino.” usa ancora con me quel tono dolce da madre che mi fa sentire sollevata all'istante.

“Grazie ragazzi.”

“Katniss, mi faresti un favore?” Finnick si volta di nuovo verso di me

“se mi è possibile, con piacere” spero solo non sia nulla di preoccupante

“se Mellark ti racconta della sua vita, poi tu non sparire. È importante” mi domando quanto tremendo possa essere il suo passato per indurmi a scappare

“non lo farei in ogni caso” e di ciò sono convinta.

Finn annuisce soddisfatto e torna a guardare davanti a se

nonostante conosca Peeta da poche settimane, sento che non riuscirei mai ad abbandonarlo: non so quanto lui potrebbe sentire la mia mancanza, ma so per certo quanto soffrirei io senza di lui. Mi sono affezionata a quel ragazzo tanto buono e così bello che ha invaso i miei pensieri di giorno e i miei sogni di notte. L'interesse che nutro nei suoi confronti va ben oltre la semplice amicizia, e fatico a rendermi conto di cosa sia realmente.

“sai, Kat, tu non immagini nemmeno quante persone lo hanno lasciato da solo dopo aver conosciuto il suo passato. Ha un sacco di problemi, te lo dico sinceramente. Non mi interessa che rapporto abbiate voi due, sono affari vostri. Ma se vuoi far parte della sua vita devi stargli vicino nei suoi momenti peggiori, non sparire per poi farti viva solo quando sta bene.” Johanna mi parla con calma, come se fosse questione di vita o di morte.

“di lui ti dirò solo quello di cui hai bisogno per essere preparata, le nozioni minime per non spaventarti subito ok? Mi stai simpatica, lo ammetto, e vedo quanto è felice con te, non ti permetterò di rovinare tutto.”

cosa può fare di Peeta una persona tanto imprevedibile? Mi sto agitando ma non voglio vacillare nelle mie convinzioni. Farò quello che devo. Non mi interessa cosa potrebbe succedere.

Annuisco e lei dallo specchietto retrovisore accenna un sorriso.

Accosta davanti a casa di Finn e Annie che scendono lasciandoci sole. Io prendo il posto accanto a Johanna e ripartiamo.

La lascio riflettere per tutto il tragitto fino a casa mia. Una volta fermi, comincia a parlare

“conosco Peeta da un po' di tempo ormai, abbastanza per aver visto il lato peggiore di lui. Ti assicuro che non è facile stargli accanto in quei momenti, fatico anche io che ci sono quasi abituata. È sotto costante cura di uno psicologo, per tutti i traumi che la madre gli ha procurato. Ogni tanto l'idea che lei sia, come dire, inconsapevole di quello che fa, gli passa per la testa e comincia a blaterare che quello che vede non è reale, che vuole svegliarsi da quell'incubo. Mettiti bene in testa ragazza, che lui non è pazzo. È solo un uomo a cui manca l'amore genitoriale che nessuno potrà mai rimpiazzare. Qualunque cosa faccia lui in quei momenti, devi ricordarti questo, non è pazzo. Devi solo farlo tornare da te.”

mi si riempiono gli occhi di lacrime, ancora e ancora, e giuro con tutta me stessa, che non me ne andrò, che gli starò accanto, che cercherò con tutte le mie forze di attenuare quel vuoto.

“io non ti ho detto nulla Katniss, sia chiaro” è tornata la solita ragazza autoritaria ,

Scendo dalla macchina asciugandomi le guance ormai bagnate.

Dovrò solo farlo tornare da me, sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

eccomi tornata finalmente! Scusate il ritardo, ma la scuola, come saprete, impegna ben più delle sei ore alla mattina, con lo studio, i compiti ecc ecc.... poi quest'anno ho la maturità quindi il tutto come minimo raddoppia.

È possibile che i prossimi capitoli non arrivino con la frequenza con cui sono stati pubblicati i primi 10, proprio a causa degli impegni scolastici. Verranno messi in ogni caso nel più breve tempo possibile ve lo prometto! Vi chiedo solo di avere pazienza se la mia storia vi piace e volete continuare a leggerla. Questo periodaccio finirà e tornerò puntuale prima o poi!

Comunque....

Ecco un piccolo input alla storia personale di Peeta! Ho voluto riadattare alla mia storia qualche aspetto che nel romanzo lo caratterizza, in questo caso il depistaggio visto in chiave leggermente diversa.

 

Enormemente grazie per le tantissime recensioni al capitolo precedente! Sono stata felicissima di leggerle e non vedo l'ora di leggerne delle altre!!!

come sempre un ringraziamento speciale a chi ha messo questa ff nelle preferite, seguite e ricordate e anche a chi ha dedicato del tempo a quello che la mia fantasia ha prodotto!

 

Tantissimi bacioni

sempre vostra

Luckily

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** problema nuova arrivata ***


Mettiti bene in testa ragazza, che lui non è pazzo. È solo un uomo a cui manca l'amore genitoriale che nessuno potrà mai rimpiazzare. Qualunque cosa faccia lui in quei momenti, devi ricordarti questo, non è pazzo. Devi solo farlo tornare da te.”

mi si riempiono gli occhi di lacrime, ancora e ancora, e giuro con tutta me stessa, che non me ne andrò, che gli starò accanto, che cercherò con tutte le mie forze di attenuare quel vuoto.

io non ti ho detto nulla Katniss, sia chiaro” è tornata la solita ragazza autoritaria ,

Scendo dalla macchina asciugandomi le guance ormai bagnate.

Dovrò solo farlo tornare da me, sempre.

 

 

 

 

Non riesco a smettere di pensare a quanto possa essere imprevedibile Peeta. Quello che mi ha detto Johanna mi ha confuso non poco, lo descrive come uno psicopatico ma mi dice che non lo è. A me non è sembrato pazzo, per niente. Bhè, un po' pazzo lo deve essere per aver scelto di prendere parte agli Hunger Games ma questa è un'altra storia.

Esco dalla doccia e mi strofino per bene con l'asciugamano, la morbida spugna sembra un ottimo diversivo alle mie preoccupazioni. Vedendomi allo specchio, gli occhi cerchiati di nero dal trucco colato, ricordo di essermi completamente dimenticata di struccarmi. Ecco che ancora una volta, Peeta, o i miei pensieri su di lui, mi fanno passare le cose di mente. Comincio a dubitare della mia salute mentale invece che della sua. Mi strucco e mi metto il pigiama per andare a dormire.

Il mio caldo giaciglio è un posto magnifico per escogitare un qualche modo per stare accanto al ragazzo senza che abbia l'effettiva conferma dell'interesse che provo nei suoi confronti. Non ho ben chiaro nemmeno io cosa provo e per questo non ho intenzione di espormi troppo. Quel bacio probabilmente gli ha messo in testa qualcosa ma non mi sento pronta a confermare le sue ipotesi. Inoltre devo trovare qualcosa che possa distrarlo dalla noia mortale che lo aspetta nei prossimi tre mesi. Non lo conosco molto bene, quindi tanto vale cominciare da qualche idea a caso. Magari domani gli porterò le parole crociate. Chissà che magari si diverta pure.

 

Mi addormento con in testa l'immagine buffa di Peeta concentrato davanti ad un libricino pieno di caselle nere e bianche, la matita sull'orecchio e l'espressione accigliata di chi si ostina a voler ricordare risposte che non conosce.

La notte non mi lascia pace, vedo mio padre gridare il mio nome mentre esplode, mia madre rinchiusa in camera che si rifiuta di parlare con me, Prim che affamata e sporca chiede il mio aiuto che non posso darle. Ma l'incubo peggiore ha il volto di Peeta e lo sguardo vacuo di un morto, suicidatosi perchè lasciato da solo, abbandonato da tutti, considerato pazzo, no lui non è pazzo. Una persona così buona non può essere pazza.

 

Mi sveglio urlando il suo nome, implorandolo di non andarsene.

La fronte sudata e le mani che tremano mi ricordano che è stato solo un sogno, nella realtà va tutto bene. È sempre più difficile affrontare le notti da sola, destarsi cercando di distinguere la realtà dalla finzione. Quando ero a casa con mia madre e mia sorella queste cose le affrontavamo assieme, e rinunciare al loro sostegno è stato parte del prezzo che ho dovuto pagare per restare qui e non trasferirmi con loro.

Prendo il cellulare dal comodino per controllare l'ora, sono le 4:35 della mattina. Una busta nell'angolo in alto a sinistra dello schermo risveglia il mio cervello e la mia curiosità

 

  • domani mattina gradirei proprio una bella focaccina calda. Ci pensi tu a farle? -

la sfacciataggine che Peeta dimostra anche per messaggio mi stupisce ogni giorno di più ma quello che mi incuriosisce, oltre alla presa in giro per le mie abilità culinarie usata come palese mezzo per instaurare un conversazione leggera è l'ora in cui il testo è stato scritto e inviato. Il telefono dice chiaramente che l'ora di ricezione risale a 25 minuti fa, 4:10 precisamente. Cosa ci fa lui sveglio a quest'ora? E perchè mai dovrebbe scrivermi adesso? Ricordarmi che non è mentalmente instabile adesso è difficile.

Rispondo, tanto ormai sono sveglia ed è improbabile che riesca a dormire di nuovo.

-se vuoi morire avvelenato te le preparo con piacere. Ustionanti, non calde. Sei il solito simpaticone, anche alle quattro della mattina. Che ci fai ancora sveglio ?-

 

 

non mi aspetto certo che risponda, si sarà addormentato o il mio telefono avrà ricevuto tardi il messaggio.

Contro ogni mia immaginazione però mi sbaglio di grosso. Non faccio in tempo a posare il dispositivo sul comodino che già vibra notificandomi la risposta.

 

  • simpaticone è il mio secondo nome Dolcezza! Ci tengo alla mia vita comunque. Me le preparerò da solo non ti preoccupare ma a te non faccio nulla ,sappilo, perchè sei cattiva con il povero ammalato! Predichi bene e razzoli male cara mia. TU che ci fai sveglia a quest'ora? Io non riesco a prendere sonno, ho qualcuno per la testa -

 

qualcuno per la testa? Chi? Sono curiosa e gelosa di chi occupa talmente i suoi pensieri da non farlo dormire.

 

  • io predico bene e mi comporto anche bene. Non sono cattiva come dici tu! Io sono sveglia perchè QUALCUNO mi ha svegliato. Sogni e incubi a parte ovvio. Chi ti passa per la mente? -

     

mi metto comoda, la schiena sulla testiera del letto matrimoniale dove dormo. Porto le ginocchia al petto e ci appoggio sopra il mento. Guardo lo schermo del telefono immerso nelle coperte spegnersi e così il mio entusiasmo. Quando poi vibra e si illumina la gioia torna a farsi largo nel mio cuore. Non ho mai provato emozioni così contrastanti nel giro di così poco tempo. Quella pazza sono io, non Peeta! Un sorriso da ebete mi aleggia in viso mentre leggo

 

  • a tenermi sveglio è una ragazza tanto bella quanto petulante. È gentile, simpatica permalosa e premurosa. Mi dispiace per gli incubi, capisco come ci si sente -

 

 

questa ragazza deve essere fantastica da come la descrive lui. La rabbia si impossessa di me all'istante. Prima mi bacia e poi viene a raccontarmi, come fanno gli amici, dei suoi coinvolgimenti sentimentali! Probabilmente lei non gli risponde a quest'ora. Sono la ruota di scorta insomma. Non voglio parlare di questo! Anzi a questo punto non voglio parlare affatto. Che vada a quel paese lui, e quella stupida ragazza. Magari come al solito è anche una che ci sta con tutti. Katniss Everdeen non è la seconda scelta di nessuno. Rispondo nel modo più sgarbato che la mia naturale buona educazione mi permette

 

  • senti Peeta. Sono le quattro del mattino e proprio non mi va di parlare di quanto ti interessi o meno qualche ragazza che nemmeno conosco. Non voglio darti consigli su come conquistare una donna, quelli fatteli dare da Johanna. Non siamo così intimi io e te. -

 

e tanto meno mi va di aiutare qualcuna a portarlo via, ma questo non lo scrivo.

Vado in cucina per farmi una tazza di the , magari poi riuscirò a rilassarmi e a dormire.

Lascio il telefono volutamente in camera da letto, non mi va di essere disturbata ancora.

 

L'acqua comincia a bollire a tempo di record e vi immergo la bustina. Sono talmente sovrappensiero che non mi accorgo nemmeno di aver combinato un pasticcio sul tavolo, dove l'acqua è traboccata dal bicchiere e ha bagnato tutta la tovaglia.

Bevendo mi scotto le labbra e la lingua ma non ci faccio troppo caso, sono scottata dentro, brucio per la gelosia che mi attanaglia le viscere e per la rabbia che mi chiude lo stomaco. Lui non può baciarmi e poi parlarmi delle sue cotte come se niente fosse! Non può. Torno in camera dopo che la bevanda non ha sortito gli effetti sperati anzi, ha peggiorato la situazione.

Mi stendo sotto le coperte, girata su un fianco con il cellulare di fronte a me. La luce delle notifiche brilla, per farmi sapere che è arrivato un messaggio e che ancora non l'ho letto.

Non vorrei rispondere, a dire il vero sarei tentata di ignorare tutto e non leggerlo affatto, tanto sarà solo un messaggio di scuse e una buona notte. La curiosità però ha la meglio e mi rilasso solo quando compare il testo.

 

 

  • ahahah Katniss. Apparte il fatto che non chiederei mai consigli a Johanna, TU non hai capito niente, o meglio hai frainteso tutto. Io non cerco consigli su una donna, non te ne ho nemmeno chiesti. E dopo la tua risposta, alla lista di aggettivi sono costretto ad aggiungere anche TREMENDAMENTE INGENUA. -

     

 

che stia... no è impossibile, nessuno lo farebbe. Ma forse... No Katniss, nemmeno Gale lo faceva, te lo avrebbe detto quella volta sennò! Magari invece lui... NO KATNISS, NON STA PENSANDO A TE!

Sono talmente pazza da urlarmi addosso da sola. Peeta non può parlare di me, non sono mai stata al centro delle attenzioni di qualcuno, perchè dovrei esserlo ora? E poi sono solo illusioni le mie, considerato invece che è lui ad essere nei miei pensieri ormai. Mi accorgo dopo qualche minuto del secondo messaggio che arriva

 

  • se te lo stai finalmente chiedendo, SI, sto parlando di te scema! Sei un po' lenta a capire certe cose, lo sai questo?! Bhe se non te lo stavi chiedendo invece, ora lo sai, e in tal caso sei ancora più lenta! Ahahahah buona notte Dolcezza. Ora torno a dormire e anche tu è meglio che lo faccia. Sennò domani vendi gli scaffali invece che le bottiglie.-

     

 

non ci posso credere. Fisso quelle lettere che mi vorticano davanti agli occhi più volte eppure il significato sembra chiaro. Sono talmente sollevata e allegra che tralascio tutta la serie di insulti che seguono. Sta pensando a me! Non che abbia detto chissà cosa ma la sua descrizione mi lusinga più di quanto mi offenda, il che è tutto dire.

No, non ho mai provato emozioni così per nessuno questo è certo.

Mi addormento solo quando il sorriso ebete è tornato a farsi spazio tra le mie labbra.

 

 

 

 

 

Come al solito arrivo al lavoro con qualche minuto di ritardo, fortunatamente però Haymitch non si vede in giro e posso aprire senza sorbirmi nessuna predica. Magari sta ancora dormendo.

L'odore di disinfettante torna a farsi sentire, nonostante siano passati due giorni. Sono costretta a pulire tutto e ho un mancamento quando vedo le piccole tracce di sangue sul pavimento. Impiego più tempo del previsto per far tornare la cantina un negozio al posto di un pronto soccorso.

 

I primi clienti si fanno vedere verso mezzogiorno, chi per del buon vino, chi per scegliere qualche liquore pregiato da regalare. Una donna tra tutte mi colpisce per il suo strano modo di fare e per i buffi vestiti.

Indossa tacchi vertiginosi, una gonna rosa strettissima al ginocchio, una camicetta gialla che non può non dare nell'occhio. L'accento è strano, e ricorda vagamente quello che sento spesso in tv dagli abitanti della capitale.

Cammina impettita per il negozio e sembra più interessata alla mobilia che agli alcolici , mi torna in mente il messaggio di Peeta, venderò mobili oggi. Mi scappa un risolino che fa indispettire la cliente.

 

“mi scusi, in cosa posso esserle utile?” uso il tono più gentile che conosco.

La donna di gira verso di me facendo oscillare paurosamente l'eccentrica acconciatura in cui sono costretti i suoi capelli biondi

“grazie Cara, sto cercando il signor Haymitch Abernathy, non è sua questa cantina?” la voce stridula mi diverte alquanto ma cerco di non darlo a vedere

“certo, è il mio capo. Al momento però non è in negozio. Se ha pazienza un attimo glielo chiamo. Cortesemente mi può dire il suo nome?” quando qualcuno cerca Haymitch di solito è per questioni d'affari e mi ha sempre raccomandato di chiamarlo. E sebbene questa donna non abbia l'aspetto di una commerciante non faccio eccezioni

 

“Effie Trinket. Mi può annunciare così.” annuisco convinta e mi dirigo alla cassa dove c'è il telefono. Compongo il numero velocemente e attendo

 

“Pronto chi parla?” la voce assonnata che mi risponde non può che essere dell'ubriacone

“Haymitch sono Katniss. In negozio c'è una donna che ti cerca. Dice di chiamarsi Effie Trinket. Che devo fare?”

dall'altro capo del telefono sento sbuffare

“che seccatura è già arrivata. Dille che arrivo subito. Intanto mi raccomando trattala bene e offrile qualcosa da bere, fai scegliere a lei ti supplico.” riaggancia prima che io abbia la possibilità di rispondere.

 

Torno dalla signora e la trovo intenta a passare il dito guantato su tutti gli scaffali per poi controllarselo. Comincio a pensare che possa essere una dell'ufficio igiene.

 

“Signora, Haymitch, ehm scusi, volevo dire il signor Abernathy sarà qui a momenti. Posso offrirle qualcosa nel frattempo? “ non capita spesso di dover essere tanto professionali con i clienti che entrano qua dentro. Generalmente sono vecchi o ubriaconi, o vecchi ubriaconi. Quando arriva qualche cliente che non abbia superato la cinquantina d'anni si passa subito a toni informali poiché non se ne intendono molto di superalcolici.

“signorina, prego.” mi fulmina con lo sguardo e io capisco immediatamente di aver commesso un errore, quella donna ci tiene al suo essere nubile.

“e gradirei molto un goccio di quel brandy pregiato che avete solo voi” corro a prendere la bottiglia nella riserva assieme ai bicchieri. Haymitch non sarà affatto contento di aprire una riserva che ha vent'anni per offrirne solo un goccio ad una donna. Queste sono le bottiglie che vende a prezzi esagerati per i festeggiamenti importanti.

 

“ecco a lei, signorina” calco l'appellativo mentre le porgo il liquore ambrato.

“la ringrazio molto, non mi ha ancora detto il suo nome. Dovrò complimentarmi con Haymitch per gli ottimi collaboratori di cui si circonda. “ sono lusingata dal suo complimento e arrossisco

“mi chiamo Katniss Everdeen”

mi sorride cordialmente e mentre beve a piccoli sorsi misurati si dirige verso la parete più lontana della cantina

“è mogano questo?!” indica lo scaffale dove sono sistemate con cura le bevande più costose e rare, impolverate talvolta.

Mi coglie alla sprovvista ed esito, non sapendo cosa rispondere, non che mi sia mai posta nemmeno il problema di sapere il materiale di cui sono fatti i mobili qui dentro.

Boccheggio un attimo, ma fortunatamente è il mio capo a rispondere mentre scende le scale che dall'appartamento portano al negozio

“Certo che è Mogano, cara Effie. Se non sbaglio mi hai detto tu di prenderlo così. “

 

grazie Haymitch, mi hai risparmiato una figuraccia da incompetente.

I due sembrano conoscersi da parecchio tempo, e strano ma vero il brandy aperto non fa alcun effetto al mio capo. Anzi quasi quasi si può dire che è felice di vedere quella donna. È vestito di tutto punto, elegante e ben pettinato e credo di non averlo mai visto così prima d'ora. Reprimo un'altra risata e li lascio soli per seguire nel frattempo un altro paio di persone che sono appena entrate.

 

 

 

Sono alla cassa, e intravedo dietro una colonna i due seduti ad un piccolo tavolino che di solito usiamo per le degustazioni. Prima discutono animatamente poi ridono, sembrano amici di vecchia data. Haymitch si passa una mano tra i capelli e mi guarda per un istante, mi ha beccato a spiarli, che figuraccia!

 

“dolcezza perchè non stacchi adesso? Tanto non arriverà più nessuno, sono le cinque, e al limite ci penso io ok?” mi fa segno con la mano di andarmene e non ammette repliche.

Che voglia restare da solo con quella donna? Chi lo sa...

Effie mi sorride raggiante e mi saluta con la mano, da vera signora. Ha classe non c'è che dire

“Katniss?” Hatmitch mi chiama e io mi volto, già arrivata alla porta

“dimmi”

“Peeta ti sta aspettando di sopra, lo vai a trovare? “

mi incammino verso le scale che portano all'appartamento. Sono un po' preoccupata, ma ho voglia di vedere quel ragazzo e finisco per accettare

“se vuoi, Effie si ferma a cena, puoi rimanere anche tu. Il ragazzo ne sarebbe molto contento”

non so che dire, non ho mai mangiato da Haymitch, e non so nemmeno come mi comporterò con Peeta

“ti prego cara, resta. Due donne contro due uomini” Effie è gentile e finalmente si decide a darmi del tu.

“va bene. Vi aspettiamo di sopra. “ non gli do il tempo di rispondere e corro su per le scale.

 

 

 

 

Che stupida, nemmeno ci ho pensato a chiedere le chiavi dell'appartamento. La porta era chiusa e ho bussato prima di rendermi conto che così facendo Peeta si sarebbe dovuto alzare.

Sento il rumore dei passi strascicati all'interno e in me aumenta il senso di colpa. Quando apre e mi vede un sorriso enorme si fa spazio sul suo volto.

“mi fai entrare o hai deciso che devo restare sul pianerottolo tutta la sera?” il mio tono beffardo lo fa tornare alla realtà, mi stava squadrando un po' troppo per i miei gusti.

Si scosta ed io entro chiudendomi la porta alle spalle. La casa è stranamente pulita e la mia espressione confusa fa ridere Peeta.

“mi sono persa? Non credo che questa sia la casa giusta. È tutto troppo pulito.” stiamo ridendo entrambi ora

“Haymitch ha pulito tutto per l'arrivo di Effie. Quella donna è maniaca dell'ordine. E del mogano. Dio solo sa quanto ama il mogano”

lui conosce Effie, magari mi può spiegare qualcosa.

“oh bhe. Ecco perchè cercava la polvere dappertutto prima in negozio! Pensavo fosse una dell'ufficio igiene!”

lo vedo portarsi una mano sulle costole e la mia espressione si fa seria

“Peeta, mi dispiace di averti fatto alzare. Scusami, ora torna a stenderti che è meglio”

annuisce e lo riaccompagno in camera. Sbadiglia sonoramente e visto che, come diceva sempre mio padre, lo sbadiglio è la malattia più contagiosa del mondo, sbadiglio anche io. Passiamo almeno dieci minuti a ridere delle nostre smorfie, e non mi dispiace affatto.

 

“Kat, hai dormito questa notte?” il sorriso sghembo scopre leggermente i denti bianchi

“non molto a dire la verità, tu?” alzo le spalle per far intendere che la mia condizione non mi interessa granchè

“ho tre mesi per dormire, se non dormo una notte non cambia nulla” è allegro e mi convinco delle sue parole.

“Peeta, ti ho portato una cosa!” cerco nella borsa il libricino che ho comprato in edicola questa mattina, la causa del mio ritardo

“spero tu non mi abbia portato le focaccine!” sgrana gli occhi e io faccio la finta offesa mentre gli porgo il mio regalo.

“ho pensato che potesse essere un buon modo per passare il tempo” mi stampo il faccia l'espressione più angelica e innocente che conosco e aspetto la sua reazione. Mi guarda stranito per poi attirarmi a se e abbracciarmi. Mi stringe talmente stretto che non riesco nemmeno a respirare

“Peeta, lscim nn epiro” non riesco nemmeno a parlare

mi allontana da lui prendendomi per le spalle

“che hai detto?” inarca un sopracciglio e piega la testa di lato

“ho detto lasciami non respiro! Mi stavi stritolando”

“scusami ti prego” sporge il labbro ed è talmente dolce che non resisto dall'abbracciarlo a mia volta.

Mi fa il solletico per staccarsi da me io comincio a ridere istericamente implorandolo di smetterla. Giochiamo così, come due bambini, rincorrendoci per il letto nei limiti che il fisico malconcio di Peeta permette. Sfortunatamente, è più forte di me anche in queste condizioni e mentre giro dietro alla testiera mi afferra, solleva e butta sul letto. Una mossa di wrestling in piena regola che esegue con tanta delicatezza da togliermi il fiato. Mi dimeno divertita mentre cerco di alzarmi, ma lui è sopra di me,sorridente e malizioso che mi tiene fermi i polsi con un mano. Sbatto i piedi e muovo la testa

“lasciami Peeta! Lasciami andare!” ansimo ridacchiando

“non ci penso proprio! Prima ammetti che ho vinto!” stringe la presa sui polsi

“ma non era una gara!” gli soffio in faccia

si avvicina al mio orecchio per parlare

“e con questo? Tu ammetti che ho vinto e io ti lascio andare! Se non è una gara non ti costerà nulla non credi?!” sussurra

“in tal caso, mai!” ricomincio a ridere, era da troppo tempo che non passavo un momento tanto felice. Mi sento in pace con me stessa e non voglio che smetta così presto.

“Mai??!! ah vedrai Dolcezza, avevi un'occasione e l'hai sprecata, vedrai cosa ti farò!” detto questo comincia a torturarmi i fianchi. in assoluto, per me, i fianchi sono la parte peggiore dove fare il solletico. Quasi non respiro, mentre tra una risata e uno sbuffo lo prego di lasciarmi stare, di smetterla.

“allora, me lo dici o no che ho vinto Katniss?” il suo tono si fa serio per un istante mentre fissa le sue iridi azzurre nelle mie. Poi strizza l'occhio per farmi capire che sta ancora scherzando. Sono stremata e mi manca il fiato, lui è seduto a cavalcioni su di me e il suo peso non facilità di certo la mia ripresa. Penso di essere paonazza mentre rispondo

“ok ok hai vinto tu! Non so cosa, ma hai vinto tu!”

sento la presa sui polsi allentarsi leggermente

“ottimo ragazza, era proprio quello che volevo sentirmi dire”

ancora su di me, mi tiene fermo il mento con la mano libera e posa inaspettatamente la sua bocca sulla mia.

I respiri tornano a farsi pesanti, affannati. Rispondo al bacio meccanicamente, come se il mio corpo avesse già deciso cosa fare dal principio, senza consultare il cervello.

Mi perdo nella morbidezza di quelle labbra, che lentamente si schiudono per permettere alla sua lingua di incontrare la mia scatenando in me un turbinio di emozioni e brividi.

Un rumore ci distrae, un attimo di lucidità e capiamo che qualcuno si sta schiarendo la voce proprio davanti a noi. L'imbarazzo è tanto che Peeta si sposta immediatamente, facendo vedere a Haymitch il rossore che predomina sulle nostre facce.

“bene bene bene, cosa hanno visto i miei occhi! Datevi una calmata voi due! “ se ne va chiudendosi la porta alle spalle, con un'espressione alquanto schifata.

Con la coda dell'occhio vedo il ragazzo, scarlatto in viso, con i capelli scompigliati, e le labbra umide dal bacio appena interrotto. Nessuno dei due si muove di un millimetro.

“beccati” è l'unica cosa che riesce a esalare seriamente prima di alzarsi e andare in bagno. Io resto la imbambolata con le mani a coprirmi la faccia per la vergogna.

 

 

 

A cena, ne io ne Peeta parliamo, Haymitch ogni tanto ci fulmina con lo sguardo. È tutto piuttosto serioso, finchè Effie e il padrone di casa non intavolano una conversazione a cui noi due non possiamo partecipare. Giro la testa continuamente tra la strana coppia di amici, e il ragazzo alla mia sinistra che per l'imbarazzo affonderebbe la testa nel piatto.

Fisso lo sguardo su Peeta e lo osservo mentre ascolto vagamente le parole degli altri due commensali

 

“ allora Effie, per quanto ti tratterrai qui in città?”

 

è davvero cambiato molto da quando mi ha salvato

 

“un paio di settimane Haymitch, giusto il tempo per fare qualche affare”

 

e devo ammettere che anche un gran bel ragazzo. Ingenua si, ma gli occhi li ho anche io

 

“dove starai, per dormire e il resto? Cioè hai qualche parente qua?”

 

eh, i suoi occhi, quell'azzurro è micidiale per i miei pensieri. Mi distraggono i suoi occhi

 

“starò all'hotel Villa Snow, caro, non ho nessuno che abiti qui che mi possa ospitare”

 

e ora si aggiunge anche il desiderio di ritrovare quelle labbra

 

“non ci penso nemmeno a farti stare da Snow. È un vecchio pazzo, maniaco e le camere non sono nemmeno definibili tali. No, troveremo un'altra soluzione. Non ammetto repliche”

 

labbra che si stanno muovendo, stanno dicendo qualcosa

 

“potrebbe stare qui al posto mio “

 

e tu Peeta? Dove andresti?

 

“e tu vorresti tornartene a casa scommetto. No Peeta, hai bisogno di qualcuno che ti aiuti”

 

Haymitch ha ragione, Peeta ascoltalo.

 

“ma Katniss verrebbe a trovarmi tutti i giorni!”

 

che stai dicendo? Non so nemmeno dove abiti!

 

“oh non lo metto in dubbio ragazzo. Ma così le rendi la vita difficile, dovrebbe fare avanti e indietro. Fai prima a stare da lei.”

 

bastano poche parole per farmi tornare completamente alla realtà “Fai prima a stare da lei.”

 

sento gli sguardi di tutti puntati su di me. Pensano davvero che io possa accettare?! Quella che prima sembrava un'idea assurda prende forma nella mia testa e in quella di Haymitch che cerca di spiegarsi

 

“bhe, se Peeta potesse stare da te, Effie dormirebbe qui e non avremmo il problema di quel vecchio pazzo di Snow. Tu hai la camera di tua sorella libera se non sbaglio. E poi mi sembra che tu e il ragazzo andiate parecchio d'accordo” mi fa l'occhiolino e io arrossisco di nuovo. Proprio non so cosa rispondere.

 

Tutti aspettano la mia decisione, aspettano che valuti la proposta. Ma non c'è molto da valutare purtroppo

 

“Allora?” sento nella voce di Peeta forse un pizzico di speranza

mi mordo il labbro e sospiro prima di rispondere

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

chiedo, supplico, imploro perdono per la settimana di ritardo con cui è uscito questo luuuuuungo capitolo. Spero almeno di non aver deluso le vostre aspettative!

Il fine settimana è arrivato e anche qualche giorno di riposo ( evviva le vacanze di carnevale!!!!) quindi arriveranno presto i prossimi aggiornamenti.

 

In ogni caso

 

che ne dite?? vi piace l'idea di un trasferimento?? fatemi sapere sapere sapere sapere!

E poi, la battuta del mogano dovevo ASSOLUTAMENTE metterla. Adoro Effie e non poteva certo mancare nel racconto.

Spero con tutto il cuore che la storia continui a piacervi

 

un ringraziamento sentito a tutti coloro che hanno letto, recensito, preferito, seguito, ricordato la mia ff perchè mi riempiono di orgoglio! GRAZIE GRAZIE GRAZIE e mi raccomando continuate a recensire numerosissimi, qualsiasi cosa vogliate dire non fatevi problemi! È ben accetta.

 

A prestissimo

la vostra

Luckily

 

 

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Capitolo 14
*** quasi amici ***


Tutti aspettano la mia decisione, aspettano che valuti la proposta. Ma non c'è molto da valutare purtroppo

 

Allora?” sento nella voce di Peeta forse un pizzico di speranza

mi mordo il labbro e sospiro prima di rispondere

 

 

 

 

mi guardano, fiduciosi e trepidanti e io non so cosa rispondere. O meglio, so cosa dovrei rispondere ma non sono per nulla convinta di volerlo. È da tempo che non condivido quella casa con qualcuno e avere costantemente la presenza di questo ragazzo mi spaventa, se non fossi pronta ad affrontare le sue crisi? Se mai ne avesse una, ovvio. Non ho molta scelta d'altronde, o accetto o lascio quella povera donna nelle grinfie di un vecchio maniaco e non sono così cattiva.

“va bene.” accetto sospirando, rassegnata.

Ho paura di quello che potrebbe succedere, in fin dei conti non sono più abituata a convivere con qualcuno e la possibilità di combinare qualche pasticcio non è così remota.

Il sollievo generale è palese ed Effie mi ringrazia abbracciandomi.

Mi alzo da tavola e mi rifugio sul piccolo terrazzo che dal soggiorno si affaccia sulla strada. Appoggiandomi alla balaustra lascio che il venticello leggero della sera mi scompigli i capelli e mi accarezzi il viso, non fa affatto freddo ma l'aria frizzante punzecchia le mie gote tingendole di rosso.

La strada sotto di me è leggermente illuminata dalla fioca luce dei lampioni e le urla di qualche allegro gruppo di ragazzi si sentono in lontananza. È tutto così rilassante che nemmeno mi accorgo di non essere più sola.

“Katniss “ il tono incerto di Peeta mi coglie alla sprovvista spaventandomi un po'. Distolgo l'attenzione dal panorama per portarla sul viso abbassato del ragazzo. È chino sul parapetto e tenendosi sui gomiti si guarda le dita con cui giocherella nervoso

“Katniss ascolta, io non voglio che tu stia male per causa mia.”

non capisco e mi acciglio, lui sembra capire la mia confusione quindi prosegue

“si, insomma... ho capito subito che non mi volevi a casa tua. E io non voglio forzati a fare qualcosa che non ti va. Guarda che non è un problema, posso chiedere a Johanna se mi ospita per questa notte e domani me ne torno a casa mia. Se tu tieni il segreto con Haymitch, io tolgo il disturbo, non devi preoccuparti”

non mi guarda in faccia mentre parla e io mi maledico per non aver mascherato le mie emozioni. Anche questa volta mette prima me ed Effie di se stesso: lui può soffrire mentre noi dobbiamo essere felici e al sicuro.

Sbuffo esasperata

“io non sto male a causa tua. Io non sto male affatto. Sono solo preoccupata tutto qua. Non sono brava a condividere i miei spazi con qualcuno, ho solo paura di non esserne più capace.” sono sincera e gli sorrido incoraggiante

quando mi risponde però le sue labbra sono tirate in una smorfia d'indecisione

“davvero? Cioè, io mi arrangio, non devi farti carico dei miei problemi.”

“Peeta, ascoltami bene. Tu verrai a stare da me ormai è deciso. Starai da me finchè Effie non se ne andrà. Non mi faccio carico dei tuoi problemi, mi prendo la responsabilità delle mie promesse. Ti ho giurato che l'avremmo affrontata insieme... e più insieme di così si muore!”

vedo la sua fronte corrugata distendersi e mi sento sollevata anche io. C'è anche la possibilità che tutto vada bene, solo che io mi dimentico sempre di guardare il bicchiere mezzo pieno.

“grazie Katniss. E anche se non te l'ha detto apertamente ti ringrazia anche Haymitch. Effie è molto importante per lui ma stenta ad ammetterlo.” fa vagare lo sguardo lontano all'orizzonte e solleva timidamente gli angoli della bocca mentre parla.

Restiamo in silenzio a goderci l'aria serale per un tempo che pare infinito, nessuno dei due parla, ma va bene così.

Decido che è meglio rientrare quando lo sento tossire e subito dopo gemere di dolore. Non vuole darlo a vedere ma è stanco e lo capisco dai suoi gesti lenti e da come i suoi respiri si sono fatti piccoli e veloci, evidentemente respirare normalmente gli è difficile ora.

Raggiungo Haymitch ed Effie che in cucina stanno chiacchierando amabilmente lavando i piatti

“Haymitch scusami, ma potremmo andare ? Non mi sembra che Peeta possa reggere in piedi ancora molto.” indico il ragazzo seduto in divano che con una mano si massaggia il petto.

“dolcezza prepara le sue cose, io finisco di lavare i piatti e arrivo. “

contenta che non abbia fatto storie mi avvio verso la camera degli ospiti.

 

Prendo il borsone di Peeta e lo riempio con tutte le sue cose, non sono molte ma impiego comunque una decina di minuti a recuperarle e sistemarle per bene. Il ragazzo mi affianca e mi schiocca un sonoro bacio sulla guancia.

Felice prende da sotto il cuscino una busta bianca e la mette in borsa insieme alle parole crociate che gli ho portato io poi si siede sul letto e mi fa cenno di sedermi accanto a lui. Quando sente il materasso cedere sotto il mio peso si distende,come a guardare il soffitto. Forse spera che io lo imiti ma non lo faccio.

“lo sai, nessuno si era mai preoccupato tanto per me come avete fatto voi in questi giorni. Essere apprezzati è davvero bellissimo.” mi giro per osservarlo, stupita dalla sua affermazione così spontanea. Ha gli occhi chiusi e il viso rilassato, sembra più giovane dei suoi vent'anni.

Ha ragione, sentirsi importanti per qualcuno è meraviglioso, da una sorta di sicurezza che ti permette di superare tante difficoltà. Stento a credere che nessuno prima si sia interessato a lui.

“maddai mi prendi in giro?!” gli tiro un leggero pugno sul ginocchio per alleggerire l'atmosfera scherzando. Ma lui torna immediatamente serio

“no Kat, sono serio. Credimi se ti dico che la sensazione di sentirmi importante non mi è familiare. Magari un giorno ti potrei pure spiegare il perchè, sempre se vorrai saperlo”

“certo che voglio saperlo! Giuro che non me ne andrò” le parole escono da sole, ancora una volta i pensieri vicino a lui si sono azzerati. Mi rendo conto del casino che ho combinato quando si porta a sedere e mi fissa con gli occhi sgranati. Ho spifferato il segreto che la Mason mi ha raccontato con il diretto interessato. Mi sento malissimo

“che.. che hai detto scusa?” sembra non ragionare più nemmeno lui. Devo sistemare in qualche modo

“ho detto che non me ne vado, sai quando si dice 'non scappo mica sai?' ecco in quel senso” la risatina isterica che mi esce dopo rovina tutto il mio tentativo di elusione

“no non sono stupido Katniss. So che non era quello il significato! Chi ti ha parlato? Chi è stato? Haymitch? Johanna? Finnick? O Annie? Solo loro sanno di questa storia. Avanti dimmelo. Chi è stato?!” alza la voce e sembra impazzito. Mi sento sempre peggio, mi vergogno e mi sento in colpa nei suoi confronti e in quelli di Johanna che ha solo cercato di aiutarmi.

“nessuno Peeta, non so di cosa tu stia parlando” quasi piango mentre cerco di continuare nella mia inutile bugia

“oh dolcezza proprio non sei capace a mentire. E probabilmente mi consideri più idiota di quanto non sia in realtà. Quindi è meglio che parli subito” tiene gli occhi puntati su di me e io abbasso lo sguardo per la vergogna. Devo dire la verità, non accetterà altro.

“è stata Johanna ma “ cerco di continuare, devo supplicarlo di non prendersela con lei era in buona fede, la colpa è solo mia, ma mi interrompe prima

“niente ma Katniss!” prende il cellulare dalla tasca dei pantaloni e compone il numero di quella che spero resterà sua amica dopo il mio errore. Non voglio che la chiami, devo fermarlo. Copro il telefono con la mia mano impedendogli di premere il pulsante di chiamata

“che stai facendo?” è furioso

“lasciami spiegare prima Peeta. Non è colpa sua. Lei voleva solo aiutarmi a starti vicino. Non so nulla, se non che il tuo passato potrebbe spaventarmi . Ti prego non chiamarla, doveva essere un segreto tra me e lei e io invece ho rovinato tutto. Non prendertela con lei ti supplico.” una lacrima mi bagna la guancia per scendere lenta verso il mento. Lascio la presa sul cellulare.

Lui sospira e scuote la testa, poi getta lontano da se sul letto il telefono e si alza e percorre a grandi falcate la stanza. Alzo gli occhi per osservarlo e quando vede il mio viso bagnato dalle lacrime si risiede e delicatamente le asciuga con un dito. Sa essere dolce anche quando è arrabbiato. Sospira e esita un attimo prima di aprire bocca

“non è vero che non te ne andrai. Scapperai anche tu come hanno fatto praticamente tutti. Parli così solo perchè non sai ancora di che si tratta.”

“non è vero Peeta. Non me ne andrò lo giuro. Non troverai il modo di spaventarmi così tanto.” prendo le sue mani nelle mie, cerco di convincerlo, di rassicurarlo

“non lo so Kat, è così difficile. Non sono ancora pronto a raccontarti tutto. Non voglio perderti adesso ok? “

“ma non me ne andrò lo vuoi capire? “ insisto

“non voglio parlartene ora. “ non ha più senso continuare a pressarlo, per oggi non racconterà nulla.

“prometti che non cambierà nulla tra te e Johanna dopo quello che ti ho detto? “ devo ottenere almeno questo adesso

“Johanna l'ha fatto in buona fede, è una brava ragazza e vuole solo che io sia felice. Non cambierebbe nulla anche se me la prendessi con lei perchè mi passerebbe subito. E non me la prendo nemmeno con te, tu non potevi sapere e forse è un bene che lei abbia parlato. Promesso comunque”

le sue parole mi levano un macigno dal cuore. Il sollievo è istantaneo.

“ora andiamo che Haymitch ci aspetta”.

 

 

Effie ci saluta con un caloroso abbraccio e ci ringrazia ancora e ancora. La sua voce stridula mi diverte sempre di più. Scendiamo le scale e usciamo dal portone principale davanti al quale è parcheggiata l'auto che ci porterà a casa.

Sono ancora indecisa se dare a Peeta il letto di Prim o se farlo stare nella vecchia camera dei miei genitori. Credo proprio che farò scegliere a lui a questo punto.

Per tutto il tragitto lascio che a parlare siano i due uomini mentre me ne sto accoccolata sul comodo sedile posteriore. L'auto sfreccia veloce per le vie buie e semideserte della città, guardo fuori dal finestrino le poche case con le finestre illuminate e la mia mente vaga a quando c'era ancora papà e la nostra luce restava accesa fino a tardi spettatrice delle storie che i nostri genitori ci raccontavano per farci addormentare, sono cresciuta ma quei momenti mi mancano tantissimo. Le palpebre si fanno pesanti e mi addormento senza quasi rendermene conto usando la sacca di Peeta come cuscino.

 

Nel torpore sento qualcuno che mi spinge lievemente poi le voci si fanno più chiare e distinte

“bensvegliata dormigliona!” il sorriso di Peeta è la prima cosa che vedo, ancora mezza addormentata

“siamo arrivati, mi sa che è meglio che ti svegli del tutto perchè hai visite” il suo tono da allegro si incupisce e io capisco che qualcosa non sta andando nel verso giusto.

Mi stropiccio gli occhi con il dorso della mano e mi metto a sedere. Quello che vedo fuori dal parabrezza non mi piace per niente.

 

Gale è appoggiato alla portiera della sua macchina parcheggiata davanti a casa mia. Non mi va di vederlo adesso, non dopo quello che ha fatto l'altro giorno. E poi farebbe storie sapendo che per le prossime due settimane avrò un ospite a casa. Guardo Haymitch alla ricerca di un consiglio su cosa fare ma lui si limita ad alzare le spalle

“dolcezza noi ti aspettiamo qua. Facci un segno quando possiamo scendere dalla macchina. “

perchè non fa domande? È strano ormai si conoscono non dovrebbero aver problemi a parlare con Gale. Qualcosa non torna, sanno che dobbiamo parlare? Allora forse non sono l'unica ad aver spifferato un segreto. Scendo dalla macchina e lo chiamo

“Catnip è tutta la sera che ti aspetto. Dobbiamo parlare” nella sua voce non mi sfugge la nota di rabbia. Gale è facile da capire, agisce d'istinto e si lascia trasportare da quelle stesse emozioni che sa celare così bene. È una roccia fuori ma brucia dentro.

“ che ci fai qui Gale?” il mio tono è molto più severo di quanto in realtà volessi.

“sono venuto a vedere se è tutto vero quello che si dice” mi guarda dall'alto verso il basso. Non c'è traccia dell'amicizia che ci lega

“di cosa stai parlando? Spiegati meglio” non capisco a cosa si riferisce

“sto parlando del tuo nuovo coinquilino. Potevi dirmelo tu invece di aspettare che fosse qualcun altro a riferirmelo.”

sono esterrefatta. Ma lui come fa a saperlo? Lo so io da poche ore eppure lui è già a conoscenza di tutto

“e tu come lo sai?! Me ne rendo conto a malapena io non vedo perchè dovrei dare spiegazioni a te. E poi non ho avuto scelta.“ gli urlo contro

“sai perfettamente quanto io sia geloso, e poi si che avevi scelta Catnip. “ cosa ne può sapere lui? Ora brucio anche io, sono arrabbiata. Due fuochi che si scontrano per vedere chi inghiottirà l'altro. Sono indipendente da troppo tempo perchè lui mi faccia la predica come un padre. O peggio un fidanzato geloso. Io e lui non saremo mai nulla di simile, che se lo metta in testa una buona volta. Potrà avere la mia amicizia incondizionata, ma nulla di più.

“che ne sai tu Gale? Non potevo lasciare una povera donna da sola con un maniaco alla porta“ gli do le spalle e mi incammino verso la casa. Lui mi afferra un polso per bloccarmi. Mi infastidisce il suo comportamento, soprattutto se penso che siamo osservati

“Johanna mi ha detto che Mellark resterà qua per le prossime due settimane” ora si spiega tutto. Smetto di fare resistenza e lui lascia la presa

“ Peeta ha chiamato Johanna allora. Non me ne sono nemmeno accorta” il mio è solo un sussurro ma vengo capita ugualmente

“no, l'ha chiamata Haymitch. Voleva sapere se lei poteva ospitare Mellark. Ecco perchè avevi scelta. Potevi farlo andare da lei.” non ci capisco più nulla. Haymitch non ci ha parlato di Johanna. Sono stata con Peeta tutta la sera, lui non lo sapeva. Almeno credo. E se lo avesse saputo, perchè scegliere di stare da me?

Il mio silenzio spinge Gale a prendere di nuovo la parola

“non dirmi che non lo sapevi! Mi ha giurato lei stessa che vi aveva avvertiti e io le credo.”

“smettila Gale. Smettila di farmi la predica!” ringhio

“tu non sai un bel niente di quello che è successo. Solo perchè qualcuno ti racconta le cose non vuol dire che siano tutte vere. E sei talmente accecato dalla gelosia che la mia versione nemmeno l'hai ascoltata. Chi ti ha detto che lo volevo a casa mia? Non ho avuto scelta! Non mi sono offerta io di ospitarlo eppure le cose sono andate così e non si possono cambiare.” prendo un respiro profondo, tutto questo discorso mi ha tolto il fiato. Vorrei continuare ma vengo anticipata

“non ti preoccupare Katniss. Io vado da Johanna, tolgo il disturbo.” la voce di Peeta è come un pugno nello stomaco. Perchè è sceso dalla macchina? Non doveva sentire questo discorso. Non è vero che non lo voglio a casa mia, dovevo solo dare una motivazione a Gale, ma questo lui non lo sa. Guardo furiosa il moro.

“Peeta aspetta!” lo raggiungo prima che possa risalire in macchina, gli devo una spiegazione. Lui si gira e attende

“Kat davvero non voglio essere un peso per te, ne voglio farvi litigare. Mi hai già detto che è geloso, non voglio peggiorare le cose. Stai tranquilla, ti ho già detto che me la caverò. Non farti carico dei miei problemi. Non ti sei offerta tu di ospitarmi.” sembrerebbe tranquillo se non fosse per l'ultima frase con cui sottolinea le mie parole di poco fa, segno che devono essergli pesate molto.

“no Peeta tu non capisci. Non è vero che non ti voglio qua. Ti ho già spiegato la situazione, e per favore, resta. Se noi litighiamo non è certo per colpa tua. Io e te avevamo già pianificato tutto.” intreccio per la prima volta le mie dita alle sue, pregandolo silenziosamente di ignorare quello che ho detto poco fa e restare. Lo vedo osservare prima me e poi Gale con cui scambia una lunga occhiata.

“Kat io non sono sicuro che le cose tra voi due si rimettano apposto se io resto. Non posso e non voglio rovinare la vostra amicizia.” sta ancora guardando oltre le mie spalle. Mi volto per valutare se Gale ci può sentire, e quando realizzo di no sussurro

“lui se ne farà una ragione Peeta. È geloso per qualcosa che non avrà mai. È geloso perchè a lui non ho mai permesso di stare da me. È arrabbiato perchè non gliel'ho detto prima. Ma io ce l'ho altrettanto con lui perchè mi ha baciato e perchè non vuole darsi per vinto.”

lo vedo mordersi il labbro “Kat, và da lui e parlaci, fai in modo che se io sto da te le cose tra voi non cambino. Chiarisci la situazione. Io resto in macchina così non posso sentire. Ma giuro che se ti tocca un'altra volta lo faccio a pezzi” è serio ma sono io a sorridere per le sue parole

“sei ridotto uno schifo, cosa avresti intenzione di fare sentiamo?” mi guarda divertito e risponde con un alzata di spalle

“ah maddai. Non lo so, ma di certo non permetterò che ti faccia male. Amico o no non deve permettersi intesi?” mi fa l'occhiolino e sparisce dentro la macchina. È incredibile come riesca a rendere certi discorsi così leggeri nonostante la loro serietà.

Gale mi sta aspettando

“allora Catnip? Va via?”

“no Gale, gli ho chiesto io di rimanere.” è ora di mettere le cose in chiaro con lui

“e tu devi smetterla di essere geloso a quel modo. Ti comporti come se fossi il mio fidanzato ma non lo sei e credo proprio che non lo sarai mai. Te l'ho già detto, potremmo essere sempre amici, ma mai nulla di più. Tu sei come un fratello per me, non voglio perderti, ma non posso darti quello che vuoi.” aspetto che replichi ma non lo fa, quindi rompo il silenzio ancora una volta

“sei già rimasto una volta, non ti chiederò di starmi vicino ancora anche se spero tu lo faccia. Sarei troppo egoista se lo facessi. E giuro che capirei se te ne andassi via.” eppure spero con tutto il cuore che rimanga. Deglutisce e prende aria

“mi serve tempo” sale sulla macchina e mette in moto. Sento la terra mancarmi sotto i piedi. Vedo i miei punti fermi dissolversi uno dopo l'altro mentre l'auto si allontana.

Peeta e Haymitch mi raggiungono, non fanno domande per fortuna, e io non parlo. Mi limito a tirare fuori le chiavi e a aprire portone e porta. Entro, accendo le luci e butto la giacca sul divano.

“Bhe che state aspettando? Entrate o no?” sono ancora fermi sullo zerbino. Il borsone viene messo sul divano e Haymitch saluta e esce di casa. È tardi e deve sistemare anche lui la sua ospite. Come padrona di casa non mi smentisco nella mia inettitudine e non parlo per molto tempo nel quale sono riuscita a mettermi in pigiama e a lavarmi i denti, pronta per dormire. Torno in soggiorno e Peeta è ancora la, vestito di tutto punto che mi osserva curioso

“che hai? “ sono nervosa e lascio trasparire il mio stato d'animo dalla mia voce

“io non so dove mettere la mia roba in realtà” ammette intimidito dal mio comportamento distaccato. Di certo non so mettere le persone a proprio agio, questo è appurato

“dove vuoi dormire? In camera di Prim o dei miei genitori?” come previsto lascio scegliere a lui

“scelgo la camera di tua sorella, la camera dei genitori non va violata” il suo sorriso sghembo risveglia il dolore nel mio cuore e se questa conversazione non finisce al più presto rischio di mettermi a piangere e non voglio

“vieni ti accompagno, fa come se fossi a casa tua” gli faccio fare un tour della casa in modo che non debba più chiedere il permesso di fare qualcosa e lo porto in camera di Primrose

“le lenzuola sono pulite” dico la prima cosa che mi passa per la testa

“va bene, grazie Kat”

“ora vado a letto sono molto stanca. Se hai bisogno sono nella stanza affianco ok? Chiama pure. Buona notte” fingo uno sbadiglio e corro in camera mia. Prima di chiudere la porta sento Peeta salutarmi “buona notte Dolcezza” .

 

 

 

 

 

Sono le tre del mattino e non riesco a prendere sonno. Non ho chiuso occhio e continuo a pensare a Gale. Già mi manca e litigare con lui mi ha sempre fatto male, ma mai paragonabile a quello che provo ora. Non posso dargli quello che vuole, ma lo vorrei affianco lo stesso. Vorrei che non provasse per me altro che amicizia, vorrei che tutto tornasse come all'inizio quando parlavamo da fratelli e non c'era altro genere di interesse se non per il bene dell'altro. Ma so che le cose non andranno mai come desidero. Mi ha detto che gli serve tempo, tornerà da me? Non posso fare a meno di sperarlo eppure mi rendo conto che potrebbe non essere così, anzi è molto più concreta la possibilità che non torni. Non so come fare a sistemare le cose, la notte non sta portando consiglio. È tutto un gran casino, ho rinunciato al mio migliore amico per qualcuno che per me rappresenta cosa esattamente? No, non ho rinunciato a nessuno, non ancora almeno, continuo a sperare. E quel ragazzo che dorme a pochi passi da me cosa significa? Me lo sto chiedendo da troppo tempo e la risposta non arriva. È tutto complicato, la mia vita è complicata, incasinata, un labirinto. Da quando Peeta è arrivato.

Mi prendo la testa tra le mani, le dita nei capelli e la fronte sudata. Piango e le lacrime bagnano il cuscino. I singhiozzi escono incontrollati, ma non mi importa più nulla, voglio solo sfogarmi, liberarmi del nodo che ho in gola. Mi faccio piccola piccola sotto le coperte, e stringo le ginocchia al petto.

La porta cigola e il materasso si piega sotto il peso di qualcuno

“Kat che succede?” la voce di Peeta è balsamo per la mia mente distrutta, piango ancora più forte, lui non dovrebbe essere qui, dovrebbe dormire. L'ho svegliato io.

“Kat guardami ti prego” c'è apprensione nella sua voce. Con gli occhi gonfi ascolto le sue parole e lo guardo

mi scosta le ciocche di capelli dalla fronte e mi accarezza la testa cercando di calmarmi

“che cosa ci fai sveglio?” chiedo

“non sei brava a piangere senza fare rumore” sorride

“mi dispiace”

“non importa, ero già sveglio. Stavo solo scherzando”

“non è vero, ti ho svegliato, scusami”

“invece di obbiettare a quello che dico, ti va di raccontarmi per quale motivo stanno scendendo questi lacrimoni?” il suo tono dolce mi tranquillizza un po' e riesco a prendere qualche respiro senza fare troppo rumore

“Gale se n'è andato. Mi ha detto che ha bisogno di tempo.” i singhiozzi tornano prepotenti mentre le mani di Peeta vagano ancora tra i miei capelli scompigliati.

“vedrai che si risolverà tutto, stai tranquilla, tornerà, ti vuole bene” mi alzo e lo abbraccio stretto.

“pensaci Kat. Nessun uomo lascerebbe la donna che ama al proprio nemico senza lottare non credi?” mi stringe forte tra le sue braccia e il caldo che sento proviene direttamente dal mio cuore

“ma io non ricambio il suo amore. Non sarebbe molto più semplice lasciarmi al nemico senza fare nulla? Vorrei che io e lui fossimo solo ottimi amici Peeta, lo vorrei tanto” tiro su col naso

“no non è più semplice lasciarti andare, tu potresti cambiare idea e lui non ci avrebbe provato abbastanza. Tornerà abbi pazienza. E magari sarete amici proprio come vuoi tu.” sembra così convinto delle sue parole

“e tu come le sai queste cose? Hai mai provato qualcosa del genere?” mi rilasso e espiro sul suo collo, lui ferma la mano che mi accarezzava la testa

“ho amato e lasciato andare, senza provare a fare nulla, non potendo fare nulla. Ma se avessi potuto avrei lottato fino in fondo.” è come ascoltare una favola, le sue parole mi trascinano nella tranquillità e il mio cuore si calma a poco a poco

“saresti un fidanzato perfetto. Non immagino neppure quante ragazze ti vorrebbero” lentamente il sonno torna nella mia mente e la stanchezza nel mio fisico

“potrebbero volermi tutte le ragazze del mondo ma a me ne interessa solo una, e lotterò per lei, se non scapperà “ sono ancora abbracciata a lui, la mia testa nell'incavo del suo collo.

“chissà chi è la fortunata” mugugno prima di assopirmi sulla sua spalla.

L'ultima cosa che avverto prima di cadere nel mondo dei sogni è il suo sorriso mentre mi bacia sulla fronte.

sta rispondendo alla mia domanda, ma ormai non lo sento più.

 

 

 

 

 

 

 

 

 









 

 

N.d.A

 

eccomi tornata! Nuovo capitolo nuove sorprese. O vi aspettavate già qualcosa? Sono troppo prevedibile ormai? Chissà...

bhè bhè bhè... che dire.... i soliti ringraziamenti non guastano mai, anche se in realtà mi farebbe piacere che le recensioni fossero un po' di più....comunque questo dovete deciderlo voi lettori!

 

A prestissimo

sempre vostra

Luckily

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Capitolo 15
*** convivenza forzata ***


 “chissà chi è la fortunata” mugugno prima di assopirmi sulla sua spalla.

L'ultima cosa che avverto prima di cadere nel mondo dei sogni è il suo sorriso mentre mi bacia sulla fronte.

sta rispondendo alla mia domanda, ma ormai non lo sento più.

 

 

 

 

La sveglia suona e quel rumore assordante e acuto sembra avere intenzione di spaccarmi i timpani di prima mattina. Mi rigiro nel letto, senza nemmeno guardare tiro un pugno in direzione del comodino sperando di centrare il bersaglio e spegnerla. Ottengo solo un allucinante fitta alla mano per aver colpito l'angolo del mobile. Al secondo tentativo però va meglio. Mi stropiccio gli occhi e mi metto seduta, nell'attesa che il torpore abbandoni la mia mente. È la stessa storia tutte le mattine, rimbambita e assonnata dal sonno tranquillo appeno trascorso. Sono un disastro ma non me ne curo affatto, mi alzo e esco dalla camera con un'andatura ciondolante che terrorizzerebbe uno zombie. Vorrei andare in bagno ma qualcosa si è schiantato contro di me e mi ha buttato a terra. O meglio, io sono andata a sbattere contro qualcosa. Mi massaggio il sedere ammaccato brontolando riguardo la mia poca attenzione. Sto per rialzarmi e mi aggrappo alla prima cosa che capita per farmi forza: strano, è così caldo e soffice questo mobile. Aspetta. Qui non ci dovrebbero essere mobili!

Guardo verso la mia mano, stretta attorno ad un'altra più grande. Peeta. Sono andata a sbattere contro Peeta. Direi che non è esattamente il risveglio migliore del secolo, apparte il sorriso ovvio, quello mi piace.

“buongiorno Dolcezza!” è così allegro di prima mattina che ha la stessa tonalità acuta della sveglia. Mi tappo le orecchie

“oh stà buono, parla più piano! “ borbotto, dopo una notte di pianti ho la testa dolente. Mi guarda divertito e alza un sopracciglio.

“buongiorno Dolcezza, così va meglio?” sussurra contro il mio orecchio

“decisamente, buongiorno a te” farfuglio per poi chiudermi in bagno. Nel momento esatto in cui chiudo la porta sento la sua risata allegra spargersi per la casa. Ma come fa? Come fa!? Se avessi io l'obbligo di starmene a letto non me lo farei ripetere due volte, lui invece non ci vuole proprio stare a riposo.

Mi guardo allo specchio, gli occhi gonfi e la massa di capelli aggrovigliata mi danno un'aria tutt'altro che pronta per affrontare la giornata. Devo andare al lavoro e sono quasi sicura che dovrò rasarmi la testa per sistemarmi. Afferro la spazzola e la faccio affondare tra le onde castane. Dopo qualche urletto non certo di gioia ho un aspetto quantomeno presentabile. mi lavo i denti, il viso e metto un velo di crema sulla pelle poi esco e mi vesto per andare alla cantina.

Peeta è in cucina che sgranocchia qualche biscotto preso dalla dispensa, davanti a lui una tazza piena di latte. Lo affianco e rovisto nello scaffale dedicato alle cose da colazione.

“in realtà non c'è molta scelta là dentro” la voce del ragazzo mi coglie alla sprovvista e sobbalzo facendo cozzare la testa contro il legno

“lo vedo. È anche più vuoto del solito. Faccio pochissime volte la spesa, di solito io e Gale uscivamo a comprare cose già fatte. Sono una pessima cuoca” già Gale, più ci penso e più mi manca . Apro altre ante e sbircio dentro. Salgo su uno sgabello per arrivare a quelle più alte.

“Haymitch mi ha chiamato e ha detto che non serve che tu vada al lavoro oggi, ci pensa lui”

mi giro verso di lui stupita

“sul serio? Strano, molto strano.” mi gratto il mento pensierosa

“si sul serio. E non è affatto strano, secondo me era prevedibile. Conoscendo quei due si saranno dati alla pazza gioia e vorranno stare ancora assieme.” mi guarda mentre sorseggia dalla sua tazza.

“pazza gioia? “ non capisco “che vuol dire?”

ride di gusto, ride di me, e io mi innervosisco. Poi alla fine parla

“hanno passato la notte insieme Katniss, mi ha addirittura fatto cambiare casa, cosa vuoi che abbiano fatto? Se la saranno spassata alla grande! E poi è da un po' che quei due si piacciono. Lei però è troppo impegnata con il lavoro e si vedono pochissimo”

ora si spiega tutto!

 

“visto che non devo andare al lavoro ti dispiace se vado al poligono?” detesto chiedere il permesso ma da oggi in poi sarà così per qualche settimana

“no fai pure, io me ne starò a letto”

“grazie, sarò di ritorno per le undici immagino. Vedi di non strafare nel frattempo per favore” sorrido e sparisco in camera mia a cambiarmi, metto qualcosa di comodo e torno in salotto. Afferro rapida un biscotto ed esco di casa.

 

 

 

Da quando papà è morto vado al poligono pochissime volte, il mio arco però è ancora li. I titolari e responsabili dell'attività sono Beete e Boggs, due giganti buonissimi e letali allo stesso tempo. Sanno usare armi di tutti i tipi e il loro quoziente intellettivo supera la media, ma non farebbero male ad una mosca se non in caso di estremo bisogno.

Il mio primo arco è stato creato dalle mani esperte di Beete che ancora oggi me lo fa trovare sempre pronto e nelle migliori condizioni.

Sono stati felicissimi di vedermi, fortunatamente non c'era nessuno dato l'orario. Capitava e capita ancora che mi lascino entrare prima dell'orario di apertura, come oggi. La concentrazione di cui necessita il tiro con l'arco riesce a distrarmi da tutti quei pensieri negativi che invadono la mia mente. In quei pochi metri che percorro per recuperare le mie frecce le cose mi appaiono sotto una luce diversa. Quel gesto tanto familiare mette in risalto tutti quei particolari che mi sono sfuggiti in precedenza. Mi tornano alla mente le conversazioni, i gesti, le espressioni, tutto.

Continuo a pensare al litigio con Gale, a quanto sia geloso e al fatto che lo rivoglio indietro. Non ha detto che non tornerà, ha detto che gli serve tempo e io sono disposta a dargliene quanto ne vuole, se serve a fare pace. Peeta ha ragione, nessun uomo lascia la donna che ama al suo nemico. Il problema adesso sta proprio nella parola nemico: perchè si è definito un nemico di Gale? È successo qualcosa tra di loro e io me lo sono persa? Apparte avermi costretto ad assistere agli Hunger Games Gale non ha fatto altro... o mi sto sbagliando?

Decido di chiederlo proprio a Peeta una volta arrivata a casa.

I quattro chilometri che separano casa mia dal poligono li faccio di corsa, un po' di esercizio fisico non fa male a nessuno, tanto meno a me. Ho le cuffie nelle orecchie per lasciare fuori i problemi e la musica al massimo, il ritmo della canzone è il ritmo dei miei passi.

 

 

Arrivo sotto casa completamente sudata, le chiavi strette in mano per aprire velocemente il portone. Sono le undici e un quarto, ergo è un ritardo accettabile. Salgo gli scalini a due a due ed entro in casa sbattendo la porta. Butto la giacca sul divano, voglio solo lavarmi, scalcio le scarpe in mezzo al corridoio, incrocio le braccia davanti al corpo e afferro i bordi della maglietta fradicia. La sfilo e la butto sul pavimento. Mi slaccio il bottone dei pantaloni e spalanco la porta del bagno.

 

Peeta.

 

È un attimo, questione di pochi secondi e la sua immagine mi si stampa indelebile nella mente. Davanti al lavandino, coperto solo dall'asciugamano stretto attorno ai fianchi, i capelli bagnati dalla doccia appena fatta e la schiuma da barba che gli copre solo metà del viso, in mano il rasoio.

Spero con tutto il cuore che a lui non sia successo lo stesso: un peperone dev'essere meno rosso di me. Ci guardiamo negli occhi e ritrovo quel poco di lucidità utile per richiudere la porta e correre in camera mia.

Ore, sta da me da qualche ora, e io già mi dimentico di non essere più da sola. Anzi, peggio. Mi spoglio in corridoio per poi invadere la sua privacy in bagno con una non certo idilliaca versione di me sudata, arrossata e in intimo.

Dicono che è come se fossi in costume, bhe posso affermare con certezza che non è così: il mio intimo rosa cipria sbiadito non è lontanamente paragonabile ad un bikini. L'unico aggettivo con cui posso definirlo è triste, ma non era nei miei programmi che qualcuno lo vedesse.

Mi infilo infastidita e umiliata la prima maglia che trovo dentro l'armadio e esco per raccogliere le mie cose sparse per casa.

Mi rifugio in cucina e aspetto il mio turno per farmi la doccia.

Bastano cinque minuti e Peeta è sulla soglia della cucina che richiama la mia attenzione schiarendosi la voce. Mi volto imbarazzata e lo vedo ancora a torso nudo, ora però il viso è pulito e sui fianchi gli cadono morbidi i jeans.

Quello che però attira di più la mia attenzione è la pelle cosparsa di chiazze bluastre un po' ovunque, nei limiti in cui il mio occhio può vedere,che prima non avevo notato. Sotto al braccio, sulle costole il segno più grande.

Mi avvicino a lui e gli giro un paio di volte attorno

“sono i colpi degli Hunger Games questi? “ domando, anche se penso di conoscere già la risposta

“si, ma non li sento nemmeno, l'unico che mi disturba a volte è questo” e indica un livido violaceo che dalla base del collo arriva fino alla nuca.

“è quello che mi ha procurato Finnick cercando di strozzarmi” ammette sereno.

“e in ogni caso se ne stanno già andando.”

“ok, allora posso andare a lavarmi” fingo noncuranza e mi avvio verso il bagno

“comunque, prima non ho visto nulla, apparte i tuoi splendidi occhi e quanto diventavi rossa. “ mi giro appena in tempo per vedere la sua espressione beffarda sparire sostituita da un finto sorrisetto ingenuo. Oh no Mellark, non ci casco. Sei solo un arrogante bastardo quando fai così e io non ti sopporto. So che hai visto tutto, o forse i miei occhi sono proprio l'unica cosa su cui non ti sei soffermato.

Si prende gioco di me e prima o poi gliela farò pagare cara è una promessa!

“sai, dovresti ricordarti di bussare ogni tanto” sorride, ammicca e mi sorpassa per andare in camera di Prim. Resto immobile a ringhiargli contro mentalmente tutti gli insulti che conosco.

 

 

 

Chiudo il rubinetto della doccia e vengo avvolta dalla calda nube di vapore acqueo e condensa che si è formata nel bagno, mi stringo l'asciugamano intorno al corpo e mi spazzolo per bene i capelli bagnati per poi sistemarli nella solita treccia che cade sulla spalla. Apro la finestra e coperta solo dal telo esco, facendo bene attenzione ad avere via libera verso la camera. Finchè si vive da soli ci si può permettere il lusso di scordarsi i vestiti in camera e di non portarseli in bagno, ora però che in questa convivenza forzata ci sono dentro fino ai capelli devo stare mille volte più attenta. Già mi manca la libertà di essere sbadata quanto mi pare e piace.

Apro la cassettiera e accendo lo stereo, oggi mi va di ascoltare un po' di musica. Alzando il volume quasi al massimo mi isolo nel mio mondo dove nessuno può disturbarmi e mi dedico a me stessa: un po' di crema, qualche passata di smalto su mani e piedi ed è già passata mezz'ora. Mi alzo e mi levo l'asciugamano per infilarmi un comodo vestito verde acqua con la gonna ampia e il corpetto stretto. Sto lottando, come al solito, per districarmi dal tessuto e quando la testa trova la via giusta per uscire noto con dispiacere di non essere più da sola.

“dovresti imparare a bussare sai?!” il mio tono acido fa ridere Peeta mentre mi sistemo il vestito addosso

“ma io ho bussato”inarca un sopracciglio e si avvicina allo stereo spegnendolo

“ma tu non mi hai sentito, tieni il volume esageratamente alto, diventerai sorda così” ridacchia

“sembri mia nonna, anche lei mi diceva in continuazione di abbassare la musica perchè si preoccupava della salute delle mie orecchie” rovisto nei cassetti alla ricerca di un maglioncino per coprirmi le spalle

“avresti dovuto ascoltarla. Non è la sola a tenere in considerazione la tua salute”

“lo terrò a mente, grazie” la mia risposta sarcastica lo fa sbuffare

“eddai Kat sono serio! Ci tengo a te” si avvicina e si siede sul letto

“serio come quando hai detto di non aver visto niente prima, immagino” non lo guardo neppure, mentre sistemo la mia camera e porto i teli umidi in bagno; lui mi segue

“diciamo non proprio allo stesso modo” con la coda dell'occhio lo vedo grattarsi la nuca divertito

“e anche se avessi visto che problema ci sarebbe?” sgrano gli occhi e arrossisco di colpo

“che problema ci sarebbe? Davvero mi stai chiedendo questo?!” la mia voce si è fatta talmente stridula che mi brucia persino la gola a parlare

“no non hai capito” scuote la testa e arrossisce pure lui “ volevo dire che alla fine sarebbe stato come vederti in costume da bagno, sempre se avessi visto qualcosa ovviamente.” guarda il soffitto e io pur di non incrociare il suo sguardo torno a sistemare casa

“guarda che puoi anche dirlo che hai visto tutto. La cosa poco fa pareva farti ridere. E ad ogni modo non è la stessa cosa” prendo carta e penna e comincio a fare la lista della spesa

“si che è la stessa cosa, anzi avevi ancora i pantaloni addosso quindi saresti stata più scoperta in costume in effetti” apro la dispensa e continuo ad annotare quello che manca

“ti ripeto che non è la stessa cosa. Cosa vuoi mangiare per pranzo? Ordiniamo la pizza? Questo pomeriggio andrò a fare le spese” gli porgo i volanti delle varie pizzerie da asporto che conosco

“vada per la pizza. E in ogni caso anche tu hai visto me quindi siamo pari” alza le spalle. È davvero convinto che sia la stessa cosa?

“non funziona così! Per un maschio è diverso” afferro un volantino e cerco di scegliere cosa mangiare

“perchè dovrebbe esserlo? “

“perchè... bhe perchè voi ragazzi non avete nulla da nascondere li sopra” lo indico senza nemmeno guardarlo

lo sento ridacchiare

“se la metti così, per quanto riguarda noi ragazzi, nemmeno voi avete qualcosa da nascondere” lo fisso torva e lui alza le mani in segno di resa

“te la sei cercata Dolcezza!”

scoppiamo a ridere entrambi di gusto. Quest'uomo è tanto furbo quanto bello.

“in ogni caso, io non ho davvero nessun problema” riprende e sembra serio, non posso fare a meno di pensare che forse è davvero pazzo

“la tua totale mancanza di pudore è sconvolgente Mellark, nemmeno mia sorella, che non si vergogna di nulla è mai arrivata a tanto” tengo la penna sospesa in aria tra me e lui.

“sul serio Kat, se io non mi vergogno perchè dovresti farlo tu?” oh santo cielo sta parlando seriamente? Sono senza parole

“stiamo davvero parlando di come potrei girarmene per casa nuda e senza problemi?”

“ehi! Io non ho detto nuda. Volevo solo dire che se per caso ricapitasse ciò che è successo oggi non dovresti farne un dramma, tutto qui”

“si certo, come no” sbuffo e afferro il telefono

“allora che pizza vuoi?” compongo il numero della pizzeria

“salsiccia e patatine fritte”

“leggera direi” sorrido sarcastica

“è buonissima per tua informazione” mi fa la linguaccia e io contraccambio

“certo certo, sarà come dici tu” premo il tasto di chiamata e mi porto la cornetta all'orecchio.

 

 

 

 

 

 

Mangiamo in divano in modo che Peeta possa sentire meno dolore possibile alle costole, a detta sua mangiare così, quasi disteso è un'impresa ardua ma per me è solo esilarante. Mi ricorda vagamente gli antichi mosaici romani, dove si vedono uomini distesi mangiare chicchi d'uva piuttosto succulenti. Più lo guardo e più mi torna in mente l'immagine di lui mentre si fa la barba a torso nudo, e il paragone con quelle statue greche viste nei musei si fa strada spontaneo nella mia testa, questo ragazzo è di una bellezza classica, simile a quegli eroi mitologici di cui tanto si parla e al cui fascino nemmeno io sono immune.

Qualche anno fa lo avrei al massimo definito carino, non che io sia una di quelle ragazze che guardano solo l'aspetto fisico, ma non conoscendolo descriverlo per il carattere sarebbe stato impossibile. Oggi invece, devo ammettere che a prima vista lo definirei bello.

“Katniss? Ci sei?” si è accorto che lo stavo fissando e ora mi sventola una mano davanti agli occhi

“si scusa, stavo solo pensando” ammetto

“a cosa? Se non sono indiscreto ovvio”

“fino ad ora non ti è mai importato se fossi indiscreto o no” ho la bocca piena e scateno la sua ilarità parlando

“questo è vero, ma ora mi importa, quindi, se non sono indiscreto, a che pensi?”insiste. Ovviamente non voglio dire la verità ma decido di togliermi qualche dubbio su di lui

“mi stavo domandando perchè hai deciso di entrare nella squadra di calcio se già fai il pugile. Ma non vorrei essere indiscreta ovviamente” lo prendo un po' un giro usando le sue stesse parole, ma la risposta mi interessa davvero. Lui non sembra accorgersi del mio scherzo

“diciamo che dovevo allenare di più le gambe e peccavo in resistenza quindi la proposta di Gale è semplicemente arrivata al momento giusto e ho accettato.”

“e perchè il pugilato?” questa è una domanda che gli riservo da qualche giorno e penso che sia il momento più adatto per chiedere.

“perchè mi distrae dalle cose brutte, mi libera la mente. Un po' come il tiro con l'arco per te suppongo”

“in effetti è vero, ma qualcuno deve pur averti indirizzato a cominciare no? Nel mio caso è stato mio padre ad insegnarmi fin da piccola. Tu come hai scelto la boxe?”

Lui non sembra avere nessun problema a rispondere

“è una storia lunga sei sicura di volerla sentire?” annuisco convinta

“quando ero piccolo pur di stare lontano da mia madre studiavo come un matto, non che mi importasse troppo di quello che mi entrava in testa, le informazioni mi distraevano dai pensieri negativi. A scuola a causa dei miei voti ero considerato un secchione, non di quelli sfigati con gli occhiali perennemente rotti che si vedono nei film, ma di quelli circondati da amici e parecchio popolari. Ti ricordi quei tipi enormi che minacciavano tutti nei corridoi?”

purtroppo me li ricordo benissimo, annuisco e lui continua

“ecco, ero il loro bersaglio preferito. All'inizio si limitavano a minacciare, poi visto che non ci davo peso, dalle parole sono passati ai fatti. Erano più le volte in cui tornavo a casa pieno di botte che quelle in cui tornavo sano. Solo mio padre si preoccupava per me e un giorno mi disse che mi avrebbe fatto cambiare scuola se non la smettevo di tornare in quello stato. Non volevo cambiare per non perdere gli amici quindi l'unica soluzione era affrontarli.”

“e perciò sei andato da Haymitch?” chiedo

“no, all'epoca non sapevo nulla di quello che faceva Haymitch. La prima cosa che ho fatto è stata rivolgermi alla squadra di lotta della scuola, scelta estremamente stupida perchè era composta da quelle stesse persone che mi continuavano a rivoltare come un calzino. Ovviamente mi hanno riso in faccia e mandato via. “ prende un profondo respiro e io lo interrompo ancora

“e perciò sei andato da Haymitch?” insisto, lui sorride

“esatto. Un pomeriggio sono corso da lui e l'ho visto che allenava Finnick. Per i due mesi successivi l'ho implorato di farmi da mentore ma siccome ero il figlio di uno dei suoi migliori amici non voleva saperne e ha chiamato mio padre, che chissà da quale strano spirito era posseduto in quel momento, non solo gli ha detto di allenarmi ma l'ha anche pregato di fare alla svelta. E pensa un po'? In tutto questo mia madre era furiosa non perchè io sarei andato a farmi massacrare, ma perchè mio padre non l'aveva consultata e aveva pensato per conto proprio dandomi il permesso. “ riprende a mangiare la sua pizza, ma io ho altre domande per lui

“ma quando hai salvato me ti stavi già allenando?”

“no altrimenti le avrei prese, ma con dignità. Quella volta io ho fatto solo da diversivo per dare a te il tempo di scappare. È stata la volta in cui tornando verso casa mio padre mi ha proposto di cambiare scuola.”

ricordare quell'episodio deve essere fastidioso per me quanto per lui, quindi cerco di cambiare discorso

“secondo me stai meglio con un po' di barba” asserisco convinta. Mi guarda stupito per il cambio improvviso, poi si rilassa visibilmente

“da quando tutta questa confidenza?” storge la testa di lato e mi guarda perplesso ma divertito

“mi pare che tu la tua confidenza te la sia presa già qualche tempo fa” dico ricordando il giorno in cui feci le focaccine e lui mi spedì in camera a vestirmi

“e poi vivi a casa mia, ne ho tutto il diritto” continuo

“supponendo che tu abbia ragione, secondo te dovrei tenermi la barba?”

“si, giusto quell'accenno che solletica chi ti bacia” e come al solito non ho pensato abbastanza

“chi mi bacia eh?” ed ecco che torna la spavalderia nella sua voce.

“si” fingo indifferenza al suo tono e mi alzo per andare a prendere da bere

“non è che vorresti essere tu?” cosa? Io ? no. O forse si, ma questo non lo deve sapere. Ammetto che mi piacerebbe toccare di nuovo quelle labbra ma è l'ultima cosa di cui vorrei venisse a conoscenza.

“non dire idiozie Mellark” fortunatamente non può vedere il colore dei miei zigomi.

 

Torno a sedermi sul divano solo quando il mio colorito torna roseo. Improvvisamente, mi tornano in mente tutti i pensieri di questa mattina e decido di chiedere un'ultima cosa al mio ospite.

“Peeta posso chiederti un'altra cosa?” prendo i cartoni delle pizze e li porto via, ormai vuoti

“certo, tutto quello che vuoi” risponde dolce. Ecco di nuovo la versione di lui che mi piace

“perchè dici che sei un nemico di Gale?” lo vedo irrigidirsi di colpo e tirare aria tra i denti, agitato.

“pensavo di averti già risposto ieri sera” è serio e io ripenso automaticamente alla conversazione che abbiamo avuto a tarda notte. Ricordo di avergli chiesto chi fosse la fortunata ma poi più nulla.

“credo di essermi addormentata in realtà” a capo chino, vergognandomi un po' raggiungo la cucina

“sei sicura di volerlo sapere?” mi guarda indeciso e in me si fa strada il sospetto di conoscere già la risposta, ma di non esserne pienamente consapevole.

“si” voglio che sia lui a dirmelo, non voglio fraintendere o immaginare nulla.

Fissa i suoi occhi azzurri nei miei e inspira profondamente

“amiamo la stessa ragazza Katniss, e ne siamo entrambi a conoscenza. Come potremmo non essere nemici?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

sono tornata... capito pieno di fronzoli, non succede effettivamente nulla di troppo importante, solo un po' di storia MA c'è un finale a sorpresa per Katniss... e per voi?

 

Come ogni volta, grazie per le recensioni, bellissime!

Fatevi sentire

 

A presto

Luckily

 

 

 

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Capitolo 16
*** cos'è l'amore? ***


 “sei sicura di volerlo sapere?” mi guarda indeciso e in me si fa strada il sospetto di conoscere già la risposta, ma di non esserne pienamente consapevole.

si” voglio che sia lui a dirmelo, non voglio fraintendere o immaginare nulla.

Fissa i suoi occhi azzurri nei miei e inspira profondamente

amiamo la stessa ragazza Katniss, e ne siamo entrambi a conoscenza. Come potremmo non essere nemici?”

 

 

uno. Due. Tre. Il mio cuore perde battiti, poi accelera, poi rallenta. Ancora una volta aumenta il ritmo solo per portare più sangue sulle mie guance, poi all'apparenza si calma, solo per riprendere dopo il suo galoppo forsennato.

Mi aggrappo al bancone della cucina e lo stringo con entrambe le mani, le nocche sbiancano. Peeta mi ha detto che mi ama. È inequivocabile, come due più due fa quattro, Gale ama me, se amano la stessa ragazza allora Peeta ha appena ammesso di amarmi. Io? Io non lo so. Non amo Gale, ma non so se amo Peeta, interesse c'è ma l'amore non so nemmeno cosa sia: so cosa non è, e non è quello che provo per Gale.

Perchè è più facile tra infinite possibilità scartarne una, è più facile trovare cosa non è l'amore tra milioni di sentimenti possibili piuttosto di capire cos'è davvero. Loro lo sanno, io no. Cosa vuol dire essere innamorati? Cosa si prova amando qualcuno? Quanto vorrei saperlo adesso, potrei dare una risposta a quest'uomo il cui sguardo fisso nel mio blocca ogni movimento. Mi inchioda con l'intensità di quell'azzurro e non penso più, boccheggio, annaspo alla ricerca dell'aria che non vuole entrare nei miei polmoni, non vuole dare ossigeno alle mie membra. Perchè è questo che fa Peeta, paralizza. Congela ogni singolo muscolo del mio corpo che brama solo il contatto con quelle labbra. È questo l'amore? Non lo so.

Piccoli respiri, mentre lo vedo avvicinarsi. Sono nel panico, mai come in questo momento vorrei aver amato prima. Ma non ho mai avuto tempo per legarmi a qualcuno, non mi sono mai interessata a qualcuno prima come a questo ragazzo ora. È questo l'amore? Per l'ennesima volta, non lo so.

Tremo, le mani tremano, le ginocchia cedono, mentre mi apre dolcemente le dita che stringevo attorno al tavolo e le massaggia tra le sue mani. Lo stomaco si chiude in una morsa dolorosa. È questo l'amore? Fa male?

Potrebbe essere solo il panico, potrebbe non essere amore. Ma sono stufa di cercare quello che non è. Sono stufa di non sapere, voglio provare, sulla mia pelle, sulle mie labbra cosa vuol dire amare. Basta scartare, di possibilità ce ne sono tante, troppe per andare ad esclusione.

La sua mano che sale sul mio braccio, accarezza la spalla con gesti calcolati lenti, metodici. Mi sistema il colletto della felpa e io non mi muovo, forse non voglio nemmeno farlo. Il suo tocco è dolce, curativo.

“Katniss, calmati” mi sussurra, la sua bocca sfiora il lobo del mio orecchio. Anche la sua voce è dolce, sensuale, e cura le ferite che il fuoco dentro di me ha provocato.

Torno a respirare di nuovo, l'aria che arriva ai polmoni finalmente.

La sua mano che sale ancora, il pollice che sfiora leggero la mia clavicola sopra al tessuto, poi su, sfiora il collo e si ferma sulla nuca. Siamo vicini, troppo vicini, o forse non abbastanza. Mi ritrovo a pregare che quello spazio non resti vuoto, non questa volta. È questo l'amore? No, questo è desiderio, ma di cosa? Da cosa proviene? Forse c'è qualcosa di più grande dietro, non so cosa sia, è sconosciuto sconvolgente.

E le mie preghiere vengono esaudite, la distanza colmata. Le sue labbra sulle mie e di nuovo, non ragiono più. Rispondo, non serve pensare, è solo istinto. Si stacca da me, le sue mani sui miei fianchi e mi solleva, mi fa sedere sul tavolo, non oppongo resistenza. Nulla di me si oppone a lui e la sua bocca torna sulla mia, le lingue giocano, si rincorrono. È una danza dove ,ancora una volta , è lui a condurre e io lo lascio fare.

Una mano si posa sulla mia guancia e la accarezza poi lui si stacca definitivamente da me sussurrando

“questa volta mi sono preso quello che volevo. Pensaci. Se vorrai, la prossima volta, potrai prenderti tu quello che vorrai”

Se ne va, sparisce oltre il corridoio lasciandomi sola. Mi tocco il viso che scotta, le labbra gonfie dai baci.

Peeta, tu giochi sporco. Potrebbe definirsi corruzione questa, abuso del potere che hai su di me. Tu lo sai che non ragiono quando ci sei tu. Giochi estremamente sporco Mellark.

E io devo ancora capire.

 

 

 

Scendo dal tavolo con un balzo, metto i polsi sotto l'acqua, riprendo il controllo di me e del mio dannatissimo corpo che rifiuta di obbedirmi quando sono con Lui.

Devo uscire, chiarirmi le idee. Potevo fingere e inventarmi qualche scusa, ma lui mi ha risparmiato la parte della codarda ingenua, mi ha anticipato regalandomi il tempo per pensare. Smanio per un consiglio questa volta, ho bisogno di qualcuno che ne sappia più di me. Che mi aiuti a dare un nome a quello che sento. Prendo il telefono e compongo il numero. Suona libero un paio di volte poi finalmente rispondono

 

“pronto Madge, sono Katniss” l'urgenza è palese nella mia voce

“ciao Kat come stai?” è contenta di sentirmi

“non lo so, hai da fare questo pomeriggio? Mi serve un consiglio”

“certo che no, dimmi solo dove e ci sarò” mi conosce abbastanza per sapere che non chiederei mai aiuto se non in casi estremi

“vieni con me a fare la spesa?” è il primo posto che mi sia passato per la testa

“sono da te tra un'ora. Arrivo in macchina” riaggancia e io sospiro di sollievo.

 

 

 

Passo il tempo a truccarmi e rigirarmi la punta della treccia tra le dita. Del ragazzo nemmeno l'ombra. È sparito e gliene sono grata. Quando il campanello suona afferro la borsa e la lista della spesa e mi precipito giù dalle scale gridando un “io esco” poco prima che la porta si chiuda.

Madge mi guarda stupita e io salgo in macchina senza dare spiegazioni. Il tragitto è breve fino al centro commerciale e parlo solo quando stringo la sbarra del carrello tra le dita. Mi aiuta a restare con i piedi per terra, a non tornare con la mente al bacio di prima.

“avanti Kat, dimmi che succede” il suo tono rassicurante mi aiuta a parlare. Non ho voglia di raccontare tutto, voglio andare dritta al nocciolo della questione

“cosa vuol dire amare una persona Madge? Cosa si prova?“ non so se sia la sua naturale dolcezza ma non fa domande, si limita a sorridermi e a rispondermi. Mentre la ascolto butto nel carrello un sacco di cose, cioccolata e caramelle soprattutto

Amare è un concetto che non si può davvero spiegare a parole, sono emozioni, vibrazioni che ogni tanto senti e che vanno contro ogni logica. L’amore è un sentimento speciale e unico che ci fa dimenticare tutto, ci fa sentire fuori dal mondo e ci fa credere che tutto sia possibile. Ti chiude lo stomaco, ti fa sentire le farfalle svolazzare dentro di te. Ti toglie l'appetito e il sonno alle volte. “ ha lo sguardo trasognato mentre io invece continuo a prendere articoli, pasta, olive, farina, burro,gelato

“ma... ma come si fa a sapere se si ama qualcuno?” Madge afferra delle scatolette di tonno e me le sventola sotto il naso

“non lo si sa. Al massimo si capisce. Cerca di seguirmi ok? È complicato. Le cose in amore ti entrano in testa anche se non vuoi. Non si può amare per forza. E non ci si può convincere di farlo se non è reale. Si ama senza pensarci è qualcosa si istintivo, non lo comandi. E se te ne rendi conto è già troppo tardi perchè sei già cotto a puntino. Non sai che ti stai innamorando finchè non ci sei già dentro fino al collo.” in un gesto teatrale fa cadere le lattine sopra il resto della spesa.

“bene ho soddisfatto la tua curiosità? Hai ottenuto quello che volevi?” continua.

“credo” balbetto attirando la sua attenzione “credo di si” sono agitata e stringo il metallo sempre più forte. Se quello che dice lei è vero ed è tutto così incontrollabile allora forse con quel bacio a decidere è stato il mio corpo e io devo ancora rendermene conto

“Katniss, mi vuoi dire che sta succedendo? “ indaga e io voglio dirle la verità, magari confessarmi potrebbe aiutare a dissolvere i miei dubbi

“Peeta ha confessato di amarmi”

“cosa?!” mi guarda allibita

“proprio quello che ho detto” ribatto

“ma è bellissimo Kat!” saltella allegra per il negozio. E mentre io rido per il suo comportamento, lei si blocca di colpo

“ma tu non mi sembri felice” è sospettosa

“non lo so Madge, è complicato”

“perchè complicato? Che vuol dire?”

“vuol dire che non so cosa significa amare una persona. Non ho mai amato prima e farlo adesso mi sembra difficile. “ abbasso di nuovo lo sguardo vergognandomi della mia confessione

“sai che ti dico? Bisogna ripassare nel reparto gelati. Te ne serviranno tanti.” ci dirigiamo silenziose verso il banco freezer e afferriamo vaschette di ogni gusto, non mi ci staranno mai a casa. A detta della mia migliore amica entro questa sera ne finiranno almeno due o tre e la cosa mi spaventa.

Rileggo la lista e mi accerto di aver preso tutto, poi passiamo alla cassa.

 

Quando abbiamo caricato tutte le borse in macchina ci sediamo e chiudiamo le portiere in modo che nessuno possa sentirci.

“è ora di analizzare la situazione.” incrocia le braccia al petto e mi costringe a parlare. Prendo un profondo respiro e comincio

“Peeta sta da me perchè Haymitch ha avuto dei problemi” non voglio entrare in dettagli che non la riguardano. Lei annuisce, ma non mi interrompe

“ieri ho avuto una brutta discussione con Gale e lui mi ha consolata. Diciamo pure che mi sono addormentata mentre lo abbracciavo e non ho sentito che mi ha confessato di provare qualcosa per me. Oggi invece dopo pranzo stavamo parlando e alla fine è tornato il discorso di ieri sera e ha ribadito che mi ama. Il problema è che io non capisco cosa provo per lui, cioè quando sono con lui è come se il mio cervello non funzionasse più nel modo giusto. Non riesco a ragionare a dare un senso logico ai miei pensieri perchè tutti prima o poi finiscono per riguardare lui. E sale la rabbia perchè non ci sono abituata. Ho sempre avuto il pieno controllo di me e invece con lui va tutto a quel paese. Mi spiazza, non so se mi spiego. “ ammetto.

il sorrisetto della bionda non promette nulla di buono

“appena me l'ha detto io, da stupida, sono andata nel panico. E lui ne ha approfittato per baciarmi.”

“e tu che hai fatto?”

“ho risposto, non ci ho nemmeno pensato. È come se il mio corpo si muovesse da solo”

“oh Kat, tu sei cotta di lui, bru-cia-ta. “ e se avesse ragione?

“dici?”

“dico, dico. E adesso scendiamo da questa macchina e andiamo a cercare il vestito per il primo appuntamento perfetto. “ Ma che sta dicendo? È a casa mia adesso!

“Madge, Peeta sta da me e sta male. Come fa ad esserci un primo appuntamento? E poi io sono tipo da queste cose.” puntualizzo

“suvvia il primo appuntamento ci deve essere. E poi chissenefrega se è a casa tua. Preparagli un brodino caldo e portaglielo a letto. Va bene lo stesso. Se tu ti metti in ghingheri capirà le tue intenzioni e sarà comunque un momento speciale! E tu capirai cosa provi davvero. È a questo che serve il primo appuntamento” mi spinge fuori dalla macchina per un secondo accarezzo l'idea di prepararmi per piacere a qualcuno.

 

 

Passiamo ore tra i negozi del centro commerciale a cercare qualcosa che faccia al caso mio. Secondo Madge ci vuole qualcosa di semplice visto che è il primo appuntamento e che siamo comunque a casa mia. È dieci volte più emozionata lei di me. Io ho solo paura che Peeta mi prenda per una sciocca.

Alla fine, dopo aver discusso anche di trucco e capelli carico in auto qualche busta di vestiti che sono stati definiti “di emergenza”.

Il look d'attacco è fatto di un tubino aderente rosso bordeaux con dei sandali con il tacco neri. In fin dei conti l'unica cosa su cui ho avuto il permesso di scegliere è stata la mia treccia che terrò ordinata per tutta la sera. Il trucco deve essere leggero e semplice.

Il piano è non farsi scoprire dal ragazzo nella preparazione per poi stupirlo durante la cena. Anche se non sono sicura dell'effettiva riuscita della questione. A me pare piuttosto ridicolo, tutto questo. Mi ha appena confessato di amarmi e già devo fare queste cose? E se non fossi sicura di quello che provo? Madge ha detto che si capisce tutto e che devo farlo per forza se voglio darne fuori.

 

 

Entro in casa con tre borse per mano e le scarico in cucina. Peeta non si vede e io ne approfitto per sistemare tutto nella dispensa. Sono le sei e ho tutto il tempo di preparare la cena. Cerco in internet qualche ricetta appetitosa e opto per un risotto allo zafferano e di secondo una semplice bistecca ai ferri con verdure. Sembrano semplici da realizzare e quindi fanno al caso mio. Meno male che ho appena fatto la spesa.

Vinta dalla curiosità sbircio nella camera di Prim. È buia e sul letto ampio dorme tranquillamente il biondo. Mugugna qualcosa che non capisco, segno che sta sognando e dorme profondamente.

Preparo la cena stando attenta a non scambiare il sale con lo zucchero questa volta. Quando è tutto pronto entro in camera e chiudo la porta a chiave per provarmi i vestiti che ho acquistato oggi.

All'inizio ero scettica verso l'idea della mia migliore amica. Eppure con questo vestito addosso mi sento sicura di me e bella. Stringe in vita e fascia le curve nel posto giusto per mimetizzare quelle sbagliate. Alle volte è proprio vero che la semplicità è il massimo della sofisticatezza.

Metto i tacchi e cercando di fare meno rumore possibile raggiungo il bagno dove mi trucco. Un velo di ombretto, matita e mascara colorano gli occhi, il rossetto le labbra e la crema colorata il viso. Semplice e poco vistoso. La cena è pronta e sono combattuta se portarla in camera o mangiare insieme in soggiorno. Alla fine scelgo il soggiorno,solo per non sembrare troppo sdolcinata con lui. In fin dei conti deve accorgersi da solo che è un primo appuntamento.

 

Apparecchio il tavolino da the davanti al divano e mi liscio la gonna del vestito per darmi un minimo di contegno. Comincio a pensare che potrebbe ridere di me e tutto questo non mi piace e non mi convince più tanto. Cosa mi hai messo in testa Madge? Ma oramai non posso più tornare indietro.

Mi faccio coraggio e ostentando sicurezza busso per svegliarlo.

Nulla.

Busso più forte, ma quello che arriva in risposta è un suono indistinto.

Spingo la porta che cigola sui cardini e nel buio più totale distinguo solo una sagoma ai piedi del letto.

 

 

Peeta è seduto a terra, la dita che tirano i riccioli biondi, si dondola avanti e indietro come fanno i bambini che hanno bisogno di affetto, o i pazzi. Si tiene i palmi delle mani stretti contro le orecchie, come se non volesse sentire qualche rumore acuto, qualche voce, che però non c'è.

“Peeta” lo chiamo ma non mi guarda neppure, accendo la luce e lui serra gli occhi

“Peeta che succede? Stai male?” una lacrima gli bagna la guancia e io l'asciugo con un dito, ma lui continua a non rispondere. Lo scuoto leggermente afferrandolo dalle spalle per svegliarlo da quella trance in cui sembra essere caduto. Mi guardo intorno alla disperata ricerca di qualcosa da fare quando sento le sue parole

“smettetela , basta. Basta. “ alza la voce intimando a qualcuno,che io non riesco a vedere, di smetterla.

“Peeta che succede? Parlami, sono Katniss” lui mi guarda con gli occhi colmi di terrore

“sei tu che li fai litigare vero?”

“chi Peeta? Chi faccio litigare?” se questa è una delle sue crisi, io non so davvero come comportarmi.

“i miei genitori. Litigano perchè sono nato, sempre. Lei urla che non mi vuole non la senti?” comincio a capire e a collegare tutto con quello che mi ha detto Johanna l'altra sera. Per quanto lo sembri, lui non è pazzo. Mi si riempiono gli occhi di lacrime al pensiero di lui da piccolo scosso da queste crisi.

“no Peeta, non li faccio litigare io, e nemmeno litigano per colpa tua” uso il tono più dolce che mi riesce con la voce rotta dai piccoli singhiozzi che mi sconquassano il petto. Non mi importa altro che di lui adesso. Gli liscio i capelli cercando di farlo tornare da me, di farlo tornare alla realtà, al presente. I suoi occhi perdono l'ombra che li oscurava e tornano quelli azzurri e lucenti che conosco.

“Katniss io” è sconvolto e si allontana da me indietreggiando piano

“Katniss io non sono pazzo credimi. Ti prego non te ne andare” è terrorizzato e si appiattisce contro il muro

“shhh” mi porto un dito davanti alle labbra indicandogli di tacere

“stai calmo, non vado da nessuna parte. Lo so che non sei pazzo Peeta. Tranquillo.”

si lascia scivolare a terra con le spalle contro il muro sussurrandomi preghiere di rimanere. Mi avvicino a lui, contenta di averlo fatto tornare da me, di esserci riuscita. L'abbiamo superata insieme. Ora mi importa solo di lui, non mi interessa della cena, del vestito bagnato dalle sue lacrime quando mi abbraccia, del trucco colato. Mi interessa solo che lui stia bene ora, tutto il resto può attendere.

È questo l'amore? Credo di si, forse è una delle mille sfaccettature di questo spaventoso e bellissimo sentimento.

Asciugo quelle lacrime amare e prendo il suo viso tra le mie mani per poi baciarlo. Baciarlo sulle guance, sulla fronte, sulle labbra. E gli scappa un sorriso sincero per la mia audacia. Non sono brava con i sentimenti ma quello che provo te l'ho dimostrato Peeta?

“mi sono presa quello che volevo” gli sussurro all'orecchio, e il suo sguardo questa volta brilla di genuina felicità.

Mi scosta da lui e mi osserva con occhio critico

“sei davvero bellissima questa sera” arrossisco, tanto vale essere sincera

“avevo organizzato un primo appuntamento a dire il vero” mi guarda incredulo

“dovevi capire qualcosa? Mi dispiace di aver rovinato tutto” sono l'unica che non conosceva la teoria del primo appuntamento allora. Annuisco imbarazzata.

“non hai rovinato nulla e comunque in salotto è pronta la cena” borbotto. Allegro mi passa un dito sotto gli occhi per togliere alla buona il mascara colato e si alza porgendomi la mano per aiutarmi a fare altrettanto.

“andiamo a mangiare dai” mi blocca per le spalle e mi lascia un lieve bacio a fior di labbra.

“ti devo un primo appuntamento allora” e si incammina sereno verso il salotto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

scusatemi ma ero emozionatissima e ispirata e dovevo assolutamente scrivere. Vi è mai capitato di essere impazienti verso la vostra stessa storia? Di volerla continuare a tutti i costi? Bhè a me è successo proprio questo e non ho resistito, cercate di capirmi vi prego.

In ogni caso sono iperfelice di aver ricevuto quei commenti meravigliosi! E di vedere i contatori delle visite, dei ricordati, preferiti e seguiti salire salire salire (mi sento Effie quando parlo così xD ) !

 

Aggiornerò presto promesso, magari non prestissimo come è arrivato questo capitolo ma presto comunque. Scusate il giro di parole.

 

A presto

 

sempre vostra

 

Alessia

 

ovvero

 

Luckily

 

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Capitolo 17
*** azzurro inquinato ***


andiamo a mangiare dai” mi blocca per le spalle e mi lascia un lieve bacio a fior di labbra.

ti devo un primo appuntamento allora” e si incammina sereno verso il salotto.

 

 

 

 

 

Il timer del forno a microonde mi avverte che la cena è pronta per essere servita. Con quello che è successo si era freddata e sono stata costretta a scaldarla alla buona, abbiamo fame e nessuna voglia di aspettare.

Mangiamo in silenzio e sento l'imbarazzo crescere dentro di me quando mi guarda. Non mi sono assolutamente pentita di quello che ho fatto, solo non mi sento a mio agio ora come ora. È normale sentirsi così? Magari un giorno sarà più facile, lo spero. Il silenzio che si è creato tra noi un po' mi inquieta, è come se l'ombra dell'episodio di Peeta incombesse ancora su di noi. Ho quasi finito il mio risotto ed è lui il primo a parlare

“allora” lo guardo incuriosita sperando non tiri fuori qualche discorso sdolcinato da fidanzato

“come ti è sembrata la cena?” il suo tono è incerto, ma capisco che sta cercando un argomento a caso per rompere il ghiaccio. Abbiamo parlato più tranquillamente la prima volta che ci siamo rincontrati che ora, è un paradosso.

“questo dovrei chiedertelo io, visto che sono io la cuoca qua dentro” lo assecondo nella sua scelta, a me va bene tutto tranne quel pessimo silenzio imbarazzato

“in teoria si, ma tu non parli quindi ti rubo la battuta” mette in bocca una cucchiaiata di riso e mi guarda con occhi furbi

“sei sleale Mellark. Questa me la lego al dito sappilo” metto un finto broncio che non convincerebbe nessuno e lo fisso minacciosa

“ti avevo detto che non mi piace stare alle regole. E comunque invece di lamentarti potresti rubare le mie battute anche tu” mi fissa fintamente minaccioso anche lui e restiamo in un silenzio, questa volta, giocoso per qualche minuto

“era buonissima, la migliore di sempre” mi vanto, il mio tono altezzoso lo fa sogghignare

“sono contento che la mia cucina ti piaccia” è presuntuoso fino alla punta dei capelli spettinati

“ehi! Questo non vale! Ho cucinato io!” in un gesto di stizza mi metto le mani sui fianchi e lui mi imita immediatamente facendomi il verso

“ti rubo le battute e anche il ruolo di cuoca allora!” vuole fare il furbo? Continua così Mellark. Vedremo chi l'avrà vinta.

“in tal caso allora mentivo. Era immangiabile”

“certo, come no, e il piatto si è svuotato da solo.” scettico e arrogante, un mix terribilmente fastidioso che infervora la mia fantasia

“ho mangiato per pietà. So che sei un ragazzo sensibile e io che sono buona non volevo farti soffrire” lo vedo irrigidirsi, non gli piace essere considerato debole

“se questa sera starai male non mi riterrò minimamente responsabile” asserisce

“non starò male perchè tu non saresti mai in grado di fare tutto questo,qualcuno ti ha aiutato” so perfettamente che potrebbe fare anche di meglio se volesse, ma mi piace stuzzicarlo. Accompagno le mie parole con le virgolette fatte con le dita.

“Katniss Katniss Katniss, ti farò vedere cosa vuol dire cucinare.” suona come una minaccia, una gustosa minaccia.

“visto che mi hai rubato il ruolo ora puoi anche sparecchiare e lavare i piatti non ti pare?” mi distendo in divano e lo guardo.

“ok hai vinto tu. Vado a lavorare” sorride e si alza per andare in cucina con i due piatti in mano

“stai fermo e vatti a sedere sciocco. Lo faccio io” lo raggiungo con il resto delle posate e carichiamo tutto nella lavastoviglie.

È divertente scherzare con lui in questo modo, ma soprattutto viene naturale ed è piacevole.

Vorrei stare un altro po' in sua compagnia prima di chiudermi nella mia stanza fino al sorgere del sole, quindi cerco un'idea convincente

“Peeta, ti va di guardare un po' di tv?”

“perchè no? . Ti aspetto in divano”

mi siedo nel lato opposto al suo in modo da stargli di fronte. Si acciglia e batte la mano sul cuscino affianco a lui. Penso voglia che mi sieda vicino e titubante accetto. In fin dei conti dovrebbe essere il minimo della pena.

Con il telecomando tra le mani scorre i canali alla ricerca di qualcosa di appetibile. Il suo interesse viene attratto da un film di qualche anno fa, che nessuno dei due ha mai visto. È una commedia, simpatica oltretutto che mi strappa qualche sorriso. Senza che nemmeno me ne accorga, il braccio di Peeta mi circonda le spalle e mi stringe a se, come fanno i ragazzini al cinema. La differenza è che loro sono insicuri, mentre il biondo di fianco a me ostenta un pieno controllo di se e una sicurezza esagerati. Il problema è che lui ottiene quello che vuole, se lo prende ad ogni costo.

La sua mano mi accarezza la spalla e io mi rilasso automaticamente, sono questi i gesti che hanno il potere di calmarmi all'istante, dolci e premurosi.

“Dai metti qui le gambe” si indica le ginocchia e io chissà per quale ragione, obbedisco.

Mi sfila con delicatezza prima un sandalo poi l'altro, è la seconda volta che mi toglie le scarpe e non capisco perchè lo faccia

“mi spieghi perchè non ti piacciono i tacchi alti?” cerco di sembrare il più gentile e naturale possibile

“ non è che non mi piacciono anzi, su di te stanno stupendamente bene. È che mi fanno paura, solo non mi va che tu cada da quei trampoli rompendoti le caviglie.” che premuroso

“ah e per correttezza, visto che tu hai preso confidenza e lo faccio anche io, ti avverto che in fatto di grazia sui tacchi ricordi un t-rex. “ se la ride il bastardo. Prima mi attira con la dolcezza e poi mi da il colpo di grazia. Gli ringhio contro ogni insulto che conosco

“brutto insolente che non sei altro come ti permetti? Prova tu a camminarci su quei cosi!” incrocio le braccia al petto e faccio l'offesa, lui ride ancora più forte

“chi ti ha detto che non ne sia capace?” tutto potevo pensare ma non certo che avesse un passato da drag queen

“sii sincero. Sei una drag queen e io sono solo una dannatissima copertura ai tuoi loschi piani veri?” non posso fare a meno di scherzarci su. Proprio non riesco a prendermela con lui quando mi provoca così apertamente

“sei impazzita Katniss? Tu stai male” mi mette una mano sulla fronte come se fosse mia madre, ovviamente prendendomi in giro.

“dammi una spiegazione valida del perchè tu saresti capace di camminare su dei trampoli come quelli con più grazia di me”

“perchè Johanna mi ha obbligato a farle compagnia mentre imparava. Diceva che da sola non è divertente” alza le spalle come se fosse la cosa più naturale del mondo, per me non lo è affatto

“non ho capito. Johanna doveva imparare e ha obbligato te a mettere i tacchi?” corrugo la fronte mostrando il mio dubbio. Lui muove la testa in segno di assenso

“ti prego raccontami questa storia” ora sono proprio curiosa.

“se proprio vuoi. Non ti interessa il film? Va bene. L'anno scorso Finn e Annie si sono sposati e Jo ed io abbiamo fatto da testimoni, per una volta Annie le ha chiesto di indossare qualcosa di femminile e lei ovviamente ha accettato. Non immagini nemmeno le risate che ci siamo fatti nel vederla con l'abito da damigella addosso durante le prove. Goffa e rude come lei non ne esistevano molte credimi” eppure a me Johanna non è sembrata affatto goffa, anzi

“non è vero! È un maschiaccio ma non è impacciata!” dico

“tu l'hai vista dopo la trasformazione di Cinna! Quell'uomo è un genio. Trasforma dei troll in vere e proprie ragazze, fa miracoli credimi. Se ne avrò mai l'occasione te lo presenterò. Comunque, Johanna si è rivolta a lui per imparare a camminare sui tacchi in tempo per il matrimonio solo perchè l'ho costretta io, non volevo facesse brutta figura. Purtroppo mi ha messo delle condizioni che ho dovuto accettare, ossia che andassi da Cinna con lei. E Cinna si è divertito un mondo a mettere a confronto la mia andatura e quella della mia migliore amica, entrambi più alti di 12 centimetri. Ecco perchè ho imparato” è tutto tronfio come se questa fosse la conquista della sua vita. Quando la finirà di gonfiare il petto come i polli?

“che numero hai di scarpe Katniss?” mi chiede

“40 perchè?” spero non voglia infilarsi i miei sandali

“perchè se solo avessi i piedi un pochino più grandi ti farei vedere tutti i tuoi errori” sbuffo, mi rifiuto di essere corretta da un uomo su queste cose

“fidati che non c'è miglior correzione di quella che viene dalla persona da cui vuoi farti vedere. Almeno sai cosa gli piace” mi fa l'occhiolino

“scusa chi ti ha detto che l'ho fatto per te?” alzo la voce

“ti sei fatta tutta carina per quale motivo allora?” si comporta come se dovesse per forza ragione ma lui non sa nulla

“sei il solito egocentrico arrogante Peeta! Non mi vesto così piacere a te ma per essere più sicura di me stessa” non può davvero essere certo che io l'abbia fatto per lui.

“e allora perchè non lo fai tutti i giorni? “ domanda

“bhe” esito “ perchè non mi sentirei a mio agio” aggiungo sottovoce, forse, in minima parte potrei davvero averlo fatto per piacere a lui.

“appunto” il suo tono si fa dolce e mi solleva il mento con dita per guardarmi negli occhi

“si vede la differenza tra chi lo fa perchè si sente più sicura e chi lo fa per piacere a qualcuno. Se tutto questo ti da fiducia lo fai tutti i giorni, non importa per cosa o per chi. Mentre io ti dico, correggimi se sbaglio, che tu ti sentiresti meglio con una felpa e delle converse. E ti vesti così solo perchè non sei abbastanza sicura che la tua immagine piaccia a chi devi incontrare e vuoi cercare di migliorarla. Vero o falso?”

mi fermo a riflettere distogliendo lo sguardo dall'azzurro delle sue iridi. Ha ragione, mi sentirei sicuramente più a mio agio con una felpa ma non in questa situazione. Per questa sera, ho lasciato volentieri il caldo bozzolo dei miei vestiti rassicuranti per avventurarmi in qualcosa di più femminile e, speravo, attraente. A questo punto credo abbia ragione lui, l'ha fatto solo perchè pensavo di migliorarmi ai suoi occhi.

“vero” sussurro a malincuore, non è facile dargli ragione in questi casi.

Mi bacia le labbra e la fronte, poi si rimette a guardare la televisione in silenzio.

Resto a fissarlo mentre mi rendo conto che con lui è dannatamente difficile capire come comportarsi. Il suo modo di parlare, la sua voce potrebbero convincere chiunque a rimettersi sui propri passi e rivalutare le proprie azioni. Lo odio per i suoi modi di fare, è come se riuscisse a leggermi nel pensiero, a capirmi più di quanto faccia da sola. Tutto questo è decisamente frustrante.

Mi risiedo e mi appoggio a lui nella speranza di non fargli male, poggio la testa sulla sua spalla. Torno a seguire il film anche se non mi entusiasma più come prima, non solo perchè mi sono persa un pezzo di storia ma anche perché continuo a pensare a quello che mi ha detto Peeta. Non so come e nemmeno quando Morfeo mi accoglie tra le sue braccia.

 

 

 

 

 

La voce dolce e indistinta che sento mi riporta indietro dall'oblio dei sogni burrascosi che la mia mente ha prodotto. Apro gli occhi beandomi del buio che invade la stanza. Il soffice divano è ancora sotto di me ma la mia testa preme su qualcosa di diverso. Rotolo sul fianco per capire e la mia guancia incontra le gambe di Peeta. Mi sono addormentata usando il ragazzo come cuscino. La voce e la luce intermittente della televisione mi infastidiscono, decido di spegnerle. Quando mi alzo, un lamento mi fa capire che non sono l'unica ad aver dormito. Peeta assonnato si stiracchia e sul suo viso torna quel sorriso sghembo che adoro.

“ben svegliata Dolcezza, dormito bene?” la sua voce distorta dallo sbadiglio

“abbastanza, ma che ore sono?” chiedo, visto che il film sembrava finito da un pezzo

“le due, ti sei addormentata su di me non volevo svegliarti. Se le mie costole non fossero a pezzi ti avrei portato a letto ma non ce la faccio a sollevarti. Scusami” non dovrebbe essere dispiaciuto

“sei stato qua per far dormire me? Non serviva, ma grazie lo stesso” non so con che coraggio lo faccio, o se i miei freni inibitori siano andati in tilt ma mi alzo e lo bacio. Resta interdetto un attimo poi ricambia con ardore. I suoi di freni però non sono stati mai così attivi perchè dopo poco mi allontana e si chiude in bagno.

 

 

 

 

 

 

 

La luce del giorno filtra attraverso le tende e mette subito di buon umore. Il groviglio di coperte attorno al mio corpo mi scalda ancora e io me ne resto là, a crogiolarmi in quella splendida sensazione di relax che il letto dona. Se fossi da sola, questa sarebbe la classica giornata apatica, in cui non faccio altro che rigirarmi tra le lenzuola sonnecchiando a intervalli regolari per dimenticare il mondo esterno. Oggi però sono decisa ad alzarmi per preparare il pranzo, per la colazione Peeta si sarà arrangiato presumo.

Quando metto i piedi per terra un brivido di freddo corre lungo la spina dorsale costringendomi a cercare la felpa e infilarmela in fretta.

Esco dalla camera e il silenzio della casa mi insospettisce, nemmeno Peeta si è svegliato?

Anche in soggiorno la temperatura non cambia, e mi accoccolo sul divano con la tazza di the in mano avvolta nel plaid rosso che mia madre mi ha regalato prima di partire. Un Post-it attaccato alla tv attira la mia attenzione

 

  • sono fuori con Haymitch. Doveva parlarmi e non volevamo disturbarti. Chiamami quando ti svegli così posso rientrare. Non ho le chiavi.

    Peeta -

 

 

 

spero vivamente non stia aspettando la mia chiamata da troppo tempo. Corro in camera a prendere il telefono e cerco nella rubrica il suo nome quindi chiamo

 

“buongiorno Katniss” la sua voce profonda mi fa sussultare

“buongiorno” mi scopro davvero contenta di sentirlo

“sono sveglia, puoi rientrare se vuoi” continuo

“non ancora. Arriverò più tardi” è incredibilmente serio, sospetto sia arrabbiato per qualcosa, il suo tono duro mi preoccupa

“va tutto bene Pee?” quando sento che gli scappa un singhiozzo capisco che non è rabbia bensì tristezza. Sento dei rumori confusi poi la voce di Haymitch in sottofondo che impreca e prende il telefono

“dolcezza stiamo tornano” non mi da nemmeno il tempo di rispondere che riaggancia.

 

 

Mi lascio cadere sul divano inerme, spaventata dalla situazione che continuo a non capire. Mi stringo le ginocchia al petto e mi scaldo con la coperta nella speranza che il calore del tessuto contagi anche il mio cuore. Nemmeno due minuti dopo e la porta viene scossa da colpi insistenti e forti. Corro ad aprire e nel momento stesso in cui mi scosto dall'uscio Peeta entra come un fulmine e corre in camera di Prim. Sono talmente in ansia per lui che nemmeno mi accorgo di aver letteralmente sbattuto la porta in faccia a Haymitch. Lo guardo confusa, e in cambio ottengo solo un'occhiata triste. Vorrei correre da Peeta, ma il mio polso bloccato e il mio padrino che scuote la testa mi bloccano.

Conosco quello sguardo, quegli occhi che mi fissano privi di luce, le labbra che tremano leggermente in una smorfia che vorrebbe assomigliare ad un sorriso.

Vi prego, ditemi che non è vero, ditemi che mi sto sbagliando

Quell'espressione non si dimentica, rimane impressa, stampata e indelebile nella mente come un marchio a fuoco sulla pelle. Quello sguardo indica dolore, perdita, Morte.

Mi manca il respiro, e le gambe cedono, sono inginocchiata a terra prima ancora di sapere di chi si tratta. Mi brucia la gola e gli occhi pungono, le lacrime minacciano di uscire e io non voglio piangere, devo essere forte.

Un tonfo secco, un colpo solo poi tutto torna a tacere

Haymitch si inginocchia davanti a me e mi abbraccia

Un altro colpo, che viene dalla camera di Prim

“chi?” non riesco a pronunciare altro

“tutti” non è vero

“tutti chi Haymitch? Tutti chi?” parlare mi costa tutta la poca aria che ho nei polmoni, boccheggio

l'ultimo colpo, poi urla strazianti invadono la casa... e il mio intero essere. Non c'è parte di me che non ascolti impotente quelle grida di sofferenza. Sono impietrita, siamo impietriti da tutto questo.

Ogni mia cellula torna a 5 anni fa alla notizia della morte di mio padre. Quel giorno ho perso una parte di me, morta, saltata in aria come un macabro fuoco d'artificio.

“tutta la sua famiglia Katniss “ è solo un sussurro poi lacrime amare scorrono per le guance del vecchio.

Non voglio crederci, non è successo davvero.

“come?” non voglio sapere altro, solo questo, poi potrò correre da lui

“incidente d'auto” corro.

 

Spalanco la porta e Peeta è li, seduto sul pavimento, la schiena contro il letto. Lacrime silenziose scendono sugli zigomi, sul mento, sul collo, nella stoffa della maglia pesante. Si prende la testa tra le mani, si tira i capelli, stinge i denti,ma non emette alcun suono. Nemmeno un singhiozzo esce più da quelle labbra distrutte di denti, martoriate e sanguinanti.

Mi guarda, l'azzurro inquinato da troppo nero, e cede ancora, cede alle emozioni. Urla e io lo abbraccio, lo bacio ma lui non c'è. Non c'è più il mio Peeta, quell'auto se l'è portato via, se ne è andato anche lui. Ora c'è solo un insieme di cocci, un involucro vuoto, carne e ossa senza anima. Perchè nonostante tutto venderebbe l'anima al diavolo per farli tornare indietro.

Urlo anche io, piango e non resisto più. Lui non c'è, non mi sente. Non devo essere forte per nessuno.

Gli accarezzo i capelli, mentre lo stringo a me, profondi respiri per infonderci un po' di calma e coraggio.

Non sei solo Peeta, ci sono io ora con te.

 

 

“Peeta, dobbiamo andare” la voce di Haymitch riempie la stanza ma non ottiene risposta.

“Peeta guardami ti prego” gli prendo il viso tra le mani lo costringo a tenere i suoi occhi nei miei

“Peeta” lo chiamo ancora, il suo petto si alza e abbassa velocemente, sta tornando

“torna da me Peeta, non lasciarmi adesso”singhiozzo fronte contro fronte, gli accarezzo dolcemente una guancia.

“sono morti Katniss. Sono tutti morti”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

non so che dire in realtà. Spero vi sia “piaciuto” il capito. Metto tra virgolette perchè nulla è bello quando si parla di morte.

Ringrazio ancora una volta per le splendide e attesissime recensioni che non smetto e non smetterò mai di chiedervi.

 

a presto

 

Luckily

 

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Capitolo 18
*** prova a dormire ***


Peeta, dobbiamo andare” la voce di Haymitch riempie la stanza ma non ottiene risposta.

Peeta guardami ti prego” gli prendo il viso tra le mani lo costringo a tenere i suoi occhi nei miei

Peeta” lo chiamo ancora, il suo petto si alza e abbassa velocemente, sta tornando

torna da me Peeta, non lasciarmi adesso”singhiozzo fronte contro fronte, gli accarezzo dolcemente una guancia.

sono morti Katniss. Sono tutti morti”

 

 

 

 

 

 

Haymitch mi ha letteralmente spinto fuori dalla stanza e ora è qui davanti a me che mi stringe le spalle e mi fissa. Ho male alla testa e tutto questo non sembra essere vero. Vorrei con tutto il cuore svegliarmi da questo incubo, tra le coperte appallottolate nel cuore della notte. So come ci si sente, a perdere qualcuno, ma perdere la propria famiglia, buona o pessima che sia equivale forse a perdere se stessi, le proprie radici.

“Katniss è importante che tu ora mi stia a sentire bene” mi scrolla per avere la mia attenzione e al contrario di quello che si potrebbe intuire dalla mia faccia lo sto ascoltando attentamente

“Peeta è stato convocato dalle autorità per riconoscere i corpi dei suoi famigliari. Deve andare”

“non possono obbligarlo!” sbotto. È contro ogni logica, ogni buon senso. Non basta sapere che tutti i suoi famigliari sono deceduti, deve anche vedere i loro corpi esanimi magari devastati.

“e invece possono, visto che è la persona più vicina alle vittime. Quindi mi serve cosciente capito? Ora lo tiriamo fuori da li e lo aiutiamo a prepararsi per il viaggio. Abbiamo quattro ore di macchina prima di arrivare.” invidio il suo sangue freddo in certi casi

“vengo anche io” non voglio lasciarlo in questo stato

“no, ha già detto che non ti vuole. Andiamo io e lui soli. Passeremo la notte fuori e domani mattina saremo di ritorno. Stai zitta e fai quello che ti dico. Per una dannatissima volta Katniss stammi ad ascoltare.” è bastata la mia espressione a fargli capire che avrei voluto replicare.

“va bene, per favore fatemi avere vostre notizie almeno” è l'unica richiesta che ho, non può negarmi anche questo

“come vuoi” liquida l'argomento con un gesto della mano per darmi altre istruzioni

“chiama Johanna, Finnick e Annie per avvertirli dell'accaduto. Ti lascio il telefono del ragazzo, ci troverai tutti i numeri che ti serviranno. È probabile che chiamerà il dottor Aurelius, è l'unica e sottolineo unica persona a cui devi rispondere. Spiega anche a lui la situazione e fatti dare tutte le indicazioni su come dobbiamo comportarci, è importantissimo, ricordatelo Katniss” cerco di annotare tutto a memoria

“adesso andiamo a tirarlo fuori da li” borbotta e ci incamminiamo verso la camera di mia sorella.

 

Busso e apro piano la porta cigolante, nonostante l'interno sia comunque buio riesco a vedere la sagoma di Peeta rannicchiata sul letto.

“Haymitch puoi restare fuori un attimo?” sussurro

“come vuoi dolcezza, provaci tu e chiama se hai bisogno” sono contenta che mi lasci provare da sola.

Appena entro viene accesa la piccola lampada sul comodino, l'azzurro è l'unica cosa che la fioca luce fa vedere.

“Peeta, è ora di andare” mi accuccio davanti a lui e gli accarezzo il viso umido, la voce dolce

“tu non verrai ” non è una domanda

“no, non verrò” confermo. Lo sento sospirare di sollievo. Se non mi vuole avrà le sue ragioni e non mi pare il momento per contraddirlo. Inoltre devo fare anche io la mia parte.

Tira su col naso e si stropiccia gli occhi, poi il cipiglio sicuro sul suo viso mi fa intuire la sua rinnovata determinazione.

“Katniss per favore aiutami con la fasciatura” si alza in piedi e si sfila la maglietta. Le fasce che la Paylor ci ha regalato sono ai piedi del letto e le raccolgo alla svelta per passargliele.

Lo aiuto a girarle intorno al torace, poi sulla spalla per non farle scivolare, come da istruzioni dei dottori, serviranno a sostenerlo durante il lungo viaggio in auto.

Nonostante tutto, mi attira a se e mi abbraccia, poi mi bacia. Lo fa con un tale intensità da togliermi il fiato, come se fossi l'unica cosa rimastagli e non volesse lasciarmi andare. Sento le lacrime bagnarci le labbra e non distinguo più di chi siano, se mie, se sue. Porto le braccia intorno al suo collo e faccio aderire i nostri corpi, come se questo piccolo gesto potesse trasmettergli tutta la voglia che ho di stargli accanto, nella disperazione si aggrappa a me e stringe la presa sui miei fianchi, fino a fare male, fino a lasciare la pelle livida ma non mi interessa, non chiedo altro che essere il suo punto fermo ora, la sua ancora di salvezza.

Perchè supererai anche questa Peeta, e non sarai mai solo, non lo sarai mai più te lo prometto.

 

Inspiro nell'incavo del suo collo e il profumo mi si imprime nella mente, riempie le narici e sa di buono, sa di pane e dolci, sa di lui.

Mi allontana dolcemente per asciugarsi gli occhi con il dorso della mano. Mi lascia un dolcissimo bacio sulla fronte ed esce. Mi accascio sul letto mentre sento la porta d'ingresso chiudersi alle loro spalle.

Sono sola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Afferro il telefono che Haymitch ha lasciato in bella vista sul bancone della cucina e mi accorgo immediatamente che è più complicato del previsto da usare, ci capisco pochissimo di tecnologia al contrario di quello che sembra fare Peeta. Riesco a sbloccarlo per miracolo e copio i numeri che mi servono su un pezzetto di carta per ogni evenienza. Decido di chiamare per prima Johanna, non so bene come darle la notizia e nemmeno come potrebbe reagire quindi andrò dritta al punto senza tanti giri di parole.

Basta pochissimo perchè dall'altra parte risponda la ragazza

“Ciao stupido dimmi che vuoi alla svelta perchè sono impegnata” non mi sarei dovuta aspettare un saluto formale ma non immaginavo si parlassero così, mi sta scambiando per Peeta e la cosa non mi sorprende visto che sto chiamando con il suo telefono, il suo tono è tremendamente allusivo segno che sono davvero in ottima confidenza

“pronto Johanna sono Katniss” non sento altro che silenzio per qualche secondo poi risponde

“ciao isterica, che ci fai con il cellulare di Mellark?” sembra diffidente, il tono scherzoso l'ha abbandonata quasi del tutto, fatta eccezione per il mio soprannome

“spero tu non abbia davvero da fare perchè devo parlare seriamente con te”

“se si tratta di Hawthorne sappi che non mi interessa ragazzina” Gale? Cosa c'entra Gale con lei?!

“non so cosa c'entri Gale con te ma non è di lui che voglio parlare, è di Peeta che si tratta.”

“Parla allora”

“la sua famiglia ha fatto un incidente in auto, lui è appena andato via con Haymitch per il riconoscimento” le parole mi escono a fatica e la mia voce si spezza più volte

“ci sono state vittime? Chi è morto Katniss?!” non sono la sola che merita il soprannome di isterica adesso

“tutti” è bastata una sola parola a fare riaffiorare le lacrime. In sottofondo la sento inveire contro qualcosa e una fin troppo nota voce sembra sostenerla, possibile che Gale sia con lei in questo momento?

“quando torneranno?” anche la sua voce è rotta dall'emozione

“domani mattina”

“a domani allora” la conversazione non prosegue oltre.

 

 

 

Mi approprio di qualche minuto prima di chiamare Annie e Finnick, per calmarmi e avere la forza di parlare di nuovo. Ripensare a quello che è successo risveglia in me il dolore che provai alla morte di mio padre, che si somma a quello che ora provo per Peeta, soffro io perchè lui sta male e sebbene so cosa significhi, so perfettamente che non c'è nulla da fare per aiutarlo. Davanti alla morte, l'impotenza regna sovrana.

Prendo un profondo respiro e chiamo Finn al cellulare

 

“Pronto Pee!” è allegro e mi dispiace rovinargli la giornata, ma devo avvisarlo

“ciao Finnick, sono Katniss”

“oh ciao Kat, sei con Peeta vedo”

“no, ho solo il suo telefono, devo parlare con te di una cosa importante che lo riguarda” il mio tono serio lo mette in allarme

“gli è successo qualcosa?”

“è con Haymitch ora, i suoi hanno fatto un incidente in macchina ed è stato convocato per il riconoscimento” dico tutto d'un fiato

“cosa?! Chi è morto?” sento la sua voce e subito dopo quella di Annie salire di alcune ottave, la notizia li ha sconvolti

“tutti Finn, non c'è stato nulla da fare” il silenzio che segue è disarmante

“dimmi solo quando torna e dove lo posso trovare”

“domani mattina dovrebbe tornare, sta da me ora. Ti mando l'indirizzo per messaggio”

“grazie Kat. A domani”

“a domani.”

 

come previsto alle cinque in punto squilla il cellulare, sullo schermo lampeggia il nome Aurelius. Rispondo immediatamente

“Pronto Peeta, sono il dottor Aurelius” la voce dell'uomo suona molto professionale

“buongiorno dottore, Peeta non c'è. Può parlare con me”

“ mi può dire gentilmente con chi ho il piacere di parlare?” è molto gentile

“la prego di scusarmi, mi chiamo Katniss Everdeen e sono un'amica di Peeta. Ho io il suo telefono perchè è successa una cosa molto grave” rispondo seria. Non voglio piangere con il dottore

“riguarda il ragazzo? È successo qualcosa?”

“i suoi genitori sono morti” non ho voglia di fare tanti giri di parole, con quest'uomo sarò schietta

“oh santi numi. “

passiamo qualche minuto a parlare di come Peeta appreso la notizia, di come è successa la tragedia. Poi mi suggerisce di non lasciarlo solo per lungo tempo, perchè già in passato ha tentato di fare cose non troppo intelligenti quando soffriva, e di raccontargli la verità nessuna bugia di nessun tipo. Ci salutiamo cordialmente dopo mezz'ora di conversazione.

 

il resto della giornata lo passo davanti alla tv, con la speranza di distrarmi un po'. Ogni tanto sbircio i telefoni cercandovi qualche messaggio che mi informi sulle condizioni del ragazzo, che però non arriva mai.

Evito accuratamente di cucinare mangiando solo gelato, l'apatia torna a farsi viva così sprofondo nel divano avvolta dal plaid.

Sono le sette di sera quando finalmente riesco ad alzarmi e la prima cosa che faccio è ficcarmi sotto il getto caldo della doccia. È rilassante e scioglie i miei muscoli rigidi, lavando via tutta la tensione accumulata a partire dagli Hunger Games.

Dopo mezz'ora passata sotto l'acqua decido che per ora può bastare, le grinze sul mio corpo confermano solo la mia scelta.

Mi metto comoda con un paio di pantaloni della tuta e una canottiera restando scalza, la porta semiaperta della camera di mia sorella attira la mia attenzione. Sono immobile, poggiata allo stipite, osservo l'interno, il letto sfatto, i vestiti di Peeta in disordine sulla scrivania e l'armadio ammaccato dai suoi pugni, già mi manca non averlo per casa. E penso a quanto sia strano, avendo vissuto da soli per tanto tempo, sentirsi incompleti dopo aver passato due giorni con qualcuno di speciale.

Non c'è posto, in questa casa che mi ricordi tanto mio padre come questo. In questa stanza, su questo stesso letto, io lui mamma e Prim ci raccontavamo le fiabe, quelle avventure di eroi e giganti, mostri e principi azzurri che salvano splendide principesse. Mi siedo e accarezzo quelle coperte perdendomi nei ricordi. Ma questo profumo no, questo profumo non mi ricorda mio padre, questo è il profumo di un principe azzurro che sta perdendo se stesso, questo è il profumo inebriante di un ragazzo che chiede solo un po' di affetto. E chissà, forse a papà sarebbe piaciuto Peeta, perchè quegli occhi di un azzurro impossibile ipnotizzano, conquistano, rapiscono. È ammaliante nel suo modo di parlare, sagace e astuto nei modi di fare, carismatico e sensibile, bello da morire. Ma il principe azzurro ha sempre qualche difetto, ce lo insegna la vita d'altronde, nessuno è perfetto. Quindi se io non riesco a trovarne in lui, non può essere Peeta il mio principe. Chissà quale principessa è destinato a salvare. Nel frattempo voglio essere io a salvare lui.

Costi quel che costi.

 

La maglia del suo pigiama fa capolino da sotto il cuscino, la afferro e la porto al naso, per riempirmi del suo odore, inconfondibilmente dolce. Tolgo quella che indosso per infilare quella che tengo stretta in mano, troppo grande per me. Il telefono resta muto e la preoccupazione si fa strada nel mio cuore, lo osservo in continuazione, ma nulla.

Sto per addormentarmi, sul letto del ragazzo quando la vibrazione e la luce intermittente ridestano i miei sensi intorpiditi.

 

“pronto Haymitch” spero solo abbia buone notizie

“ciao Dolcezza” la sua voce stanca mi insospettisce

“come state?” chiedo apprensiva

“come vuoi che stia lui? Ha appena visto quello che rimaneva dei cadaveri della sua intera famiglia. No non sta bene” è sarcastico e non posso fare a meno di arrabbiarmi.

“smettila con il tuo stupido sarcasmo Haymitch! Non è il momento” sbotto

“e tu smettila con le domande stupide” risponde esasperato

“posso parlargli?”

“sembra posseduto, non credo che abbia voglia di sentire nessuno, non parla nemmeno con me. Ma tanto vale chiedere” posso solo aspettare adesso. Sento dei rumori di sottofondo, qualche parola indistinta dei due poi finalmente la voce più bella e triste che io abbia mai sentito riecheggia

“ciao Katniss” è solo un flebile sussurro ma riesco a coglierlo lo stesso

“ciao Peeta” il suono dolce della mia voce lo raggiunge e gli scappa un singulto, sto cercando qualcosa da dire, ma vengo anticipata

“non vedo l'ora di essere a casa Katniss” assomiglia ad un bambino, l'innocenza nelle sue parole mi colpisce

“lo so Pee, domani sarai a casa, abbi pazienza, siamo tutti qui ad aspettarti” domani ci saranno anche i suoi amici, la sua nuova famiglia

“nonostante tutto, mi mancano sai?” la tristezza torna ad invadere il mio cuore, la purezza dell'animo di questo ragazzo ha dell'incredibile. Nonostante quello che gli hanno fatto, ha perseverato nell'amore.

“so anche questo Pee, ma loro resteranno sempre con te, se solo tu lo vorrai” per quanto possano sembrare solo frasi fatte, lo penso davvero e voglio assicurarmi che lui lo sappia

“Katniss” mi chiama

“dimmi”

“ho paura” è una confessione che non posso ignorare, per quanto possa sembrare scontata non lo è

“sono qui, ci sono io con te Peeta. Non devi avere paura” voglio rassicurarlo

“ grazie” la sua voce si spezza prima in tanti piccoli singhiozzi e sento il suo respiro accelerare

“Peeta, mi fai una promessa?”

“si”

“promettimi che proverai a dormire questa notte” so che non ci riuscirà, ma deve almeno provarci. Io non l'ho fatto quella volta, ma nessuno me lo aveva fatto promettere. La forza di volontà è l'unica cosa che in questi casi ti fa andare avanti, e bisogna avere un obbiettivo da raggiungere.

“ ci proverò promesso”

“bravo, ti voglio bene” confesso

“buona notte Kat ti voglio bene anche io” è un piacere immenso saperlo e mi scappa un sorriso

“buona notte Pee” sto per mettere giù ma la voce di Haymitch mi blocca

“dolcezza domani saremmo di ritorno per l'una. Dobbiamo sbrigare delle faccende qua prima di partire.”

“va bene, avviserò gli altri di arrivare per tempo. Buona notte”

“notte”

 

mi stendo sfinita dalle emozioni sul letto di Peeta, infilandomi sotto le lenzuola. Gli incubi tornano insistenti a farmi visita a disturbare il mio sonno con palle di fuoco, urla e oceani di lacrime salate delle persone che amo.

 

 

 

 

 

 

 

Johanna, Annie e Finnick sono appena arrivati quando il campanello di casa suona ancora una volta. Devono essere loro per forza. Dal tempo che ci mettono a salire le scale intuisco che qualcosa non va, e mi precipito a vedere. Peeta si sorregge al suo mentore, grava su di lui con tutto il peso, incapace di proseguire.

“Peeta” lo chiamo e lo vedo sussultare

“dolcezza porta su questo” Haymitch mi porge una borsa e delle scartofie “ chiama Finnick per favore, da solo non riesco a portarlo fino a su”

“posso aiutarti io” replico

“fai quello che ti ho detto per favore, è meglio che venga Finn” risponde esasperato.

 

 

“a letto, subito, bisogna togliergli le fasce, ci pensi tu dolcezza?” accetto immediatamente ricevendo occhiate interrogative dai miei ospiti ma non me ne curo, ora non ha importanza.

Una volta in camera comincio a svolgere le bende e mi concentro sugli occhi cerchiati di nero di Peeta. Non deve aver dormito affatto, spero lo faccia più tardi, ma non potrei sbagliarmi più di così.

La processione in camera sua continua per tutto il pomeriggio, facciamo a turni per fargli compagnia ma non si decide a parlare. Tace e tiene gli occhi chiusi, sappiamo perfettamente che non sta dormendo dal suo respiro irregolare e dei piccoli gemiti che talvolta escono dalle sue labbra. Sta steso su un fianco anche se non dovrebbe. Tutto quello che facciamo è inutile, non ci ascolta, è come se fosse sprofondato in un coma profondo, in uno stato vegetativo.

I giorni seguenti sono un supplizio sia per noi che per lui. I suoi gemiti aumentano, e le nostre idee per farlo tornare diminuiscono. Abbiamo provato di tutto, ma nulla sembra interessargli, nulla sembra restituirgli quella scintilla di vita che i suoi occhi hanno perso. Si alza solo per andare in bagno e per bere. Non mangia da due giorni ormai e io non so cosa fare per convincerlo a mettere qualcosa nello stomaco. Le occhiaie violacee aumentano in netto contrasto con i capelli chiari che gli si appiccicano alla fronte sudata. Dorme pochissimo o forse non dorme proprio. Se ne sta solo a guardare avanti senza espressione per tutto il giorno, vorrei proprio sapere cosa gli passa per la testa.

 

 

 

 

“Peeta, credo proprio sia giunta che ti alzi e vai a farti una doccia. Cominci a puzzare sai?” ebbene si, ci provo ancora una volta. Non voglio arrendermi. Sono sincera con lui, ora puzza e glielo dico. È l'unico modo che ho per ottenere una qualche risposta. Grugnisce in risposta senza muovere un muscolo per assecondare la mia richiesta. Sono seduta sul letto e afferro distrattamente il libricino di parole crociate posato sul comodino. Faccio scorrere veloce le pagine senza un reale interesse, tanto per muovere le mani. Gli schemi sono quasi completamente vuoti, i margini dei fogli invece sono cosparsi di piccoli disegni fatti a penna, sono bellissimi. Macabri e perfetti allo stesso tempo.

“Peeta li hai fatti tu questi?” chiedo curiosa, lo vedo annuire

“sono davvero belli” lo informo. Un alzata di spalle e liquida il discorso.

Esco nervosa dalla stanza con un'idea fissa nella testa. Quei capolavori stanno stretti nel margine di un libretto di carta riciclata. Se è questo che fa chiuso in camera tutto il giorno, gli darò la possibilità di farlo al meglio. Una volta Johanna mi disse che era un artista ma non ne capii il senso. Ora invece mi è chiaro. Prendo una risma di fogli e delle matite e glieli porto. Ho intenzione di uscire a prendere tele e pennelli, almeno per farlo provare a dipingere. Io ho già trovato il modo per esorcizzare le mie paure, ora tocca a lui farlo, per non cadere in depressione.

 

 

 

Il negozio di colori non è lontano da casa mia e percorro la breve distanza a piedi. Ho comprato dal signor Darius una piccola selezione di colori, quelli primari, come li ha chiamati lui, qualche pennello con setole e forme diverse e qualche tela, una specie di Kit del principiante. Mi auspico che tutto questo serva a farlo riprendere almeno in parte.

Quando passo davanti al campo da calcio, ho una sgradita sorpresa.

Gale è avvinghiato a Johanna, si stanno baciando con una tale foga da farmi venire il voltastomaco. Credo mi abbia visto, perchè la spinge via di malo modo e mi insegue. Non ho intenzione di fermarmi ma sono costretta a farlo per cercare le chiavi nella borsa. Maledico silenziosamente tutti gli dei che mi passano per la testa perchè ormai mi ha raggiunto

“Catnip “ ha il fiato corto, dietro di lui vedo la Mason rabbuiarsi

“che vuoi Gale?” domando più acida del previsto

“parlarti in realtà” risponde tranquillo

“momento sbagliato direi. Ti stavi divertendo mi pare” lo spiazzo e non sa cosa rispondere

“non sapevo di te e Johanna” gli faccio notare

“non sapevo di te e Mellark” replica. È vero, io non gli ho detto nulla, ma non so nemmeno io cosa siamo, non devo renderne conto a nessuno

“io e lui non stiamo assieme” puntualizzo

“nemmeno io e lei, è solo per divertimento per noi due” Johanna è dietro di lui e ovviamente so che ha sentito tutto

“complimenti Hawthorne sei proprio uno stronzo” lo sorpassa furiosa e si avvia oltre il portone che ho appena aperto.

Gale la guarda andare via senza dire nulla e riporta la sua attenzione su di me

“ha ragione Gale, sei solo uno stronzo. Anche lei ha un cuore” raccolgo le mie cose mente parlo

“Catnip, ho sentito di Peeta e volevo dirti che mi dispiace, che può stare da te allora”

“non mi serve il tuo permesso!” sta cominciando a irritarmi

“mi dispiace per quello che hai visto prima”

“senti a me non interessa cosa fai o con chi. Che sia maschio, femmina o chissà chi puoi fare quello che vuoi. Te l'ho detto chiaro e tondo che siamo e rimarremmo solo amici.” sbotto. Sono gelosa di lui come migliore amico, non di lui come ragazzo. E mi da fastidio che si comporti ancora come vantasse un qualche diritto su di me. Stento a sopportarlo. Non aspetto la sua risposta e me ne vado.

 

 

Johanna mi sta aspettando, non ha nemmeno provato a suonare il campanello tanto nessuno le sarebbe venuto ad aprire, è passata a trovare Peeta a quanto pare anche se non ci credo più di tanto.

Peeta è steso nella solita posizione, ma nei suoi occhi azzurri è tornata la scintilla che li rende meravigliosi. Mi siedo davanti a lui e lo guardo interrogativa, lui indica con il movimento della testa i fogli sul comodino. Sono tutti disegnati, alcuni rappresentano la sua famiglia, in altri si vedono braccia e gambe mutilate. Il sangue è ovunque, in ogni singolo foglio di carta. Lo guardo sconvolta, per qualche istante. Sono piccole opere d'arte che sembrano reali.

“Peeta ti ho portato una cosa” studia ogni mio movimento senza aprire bocca. Lascio tele pennelli e pittura ai piedi del letto, ed esco dalla stanza lasciandolo da solo con la sua migliore amica.

 

Qualche ora più tardi Johanna se ne va lasciandoci soli, poco prima di uscire mi ha consigliato vivamente di passare in camera di Prim, aveva un'aria strana, quasi serena potrei dire.

Preparo la cena e ancora una volta con il vassoio in mano passo da Peeta.

 

Il mio cuore perde un battito quando lo vedo. O quella donna può fare miracoli, o non saprei spiegarmi tutto questo. Il biondo è in piedi, con la faccia e i capelli sporchi di pittura, il quadro davanti a lui appena finito. Accenna un sorriso e io, appoggiata la cena sul letto, corro tra le sue braccia. Mi è mancato così tanto.

“Peeta” soffio contro il suo collo, non voglio staccarmi da lui, ho paura di perderlo di nuovo

“Kat” la voce roca e bassa dal non-uso, per quanto superficiale e ipocrita io possa sembrare in questo momento, è maledettamente seducente.

“Peeta mi hai fatto impazzire!” lo rimprovero

“mi dispiace Kat, mi dispiace da morire. Ma non sapevo come fare, li vedo sempre, non mi fanno dormire, non posso chiudere gli occhi. Se dipingo, spariscono per un pò”

“lo so Pee ma devi dormire” è una supplica

“non riesco. Ho paura Kat. “ si lamenta

“ci sono io con te” mi alzo in punta di piedi e faccio combaciare le nostre labbra.

“ora vatti a lavare, per favore” sorrido, ancora attaccata a lui.

Questa volta mi obbedisce.

 

 

 

 

 

Sono legata, imbavagliata, non posso urlare, non posso muovermi. Prim spostasti da quella strada ti prego! Le due macchine arrivano, Prim spostati! La vedo sul cofano ricoperta di sangue e schegge di vetro, poi l'esposione. Di lei non rimane altro che fumo, e vorrei urlare, scappare, soccorrerla ma non posso mi stanno legando non posso chiedere aiuto. Sono morti, tutti morti.

Ho paura e lei non c'è più, sono sulla sabbia bagnata vedo mamma e papà lontani. È una tortura questa? Salvatemi vi prego. È tutto troppo caldo, brucio. Ancora. Il fuoco non mi lascia andare. Vi prego aiutatemi, fatemi almeno urlare. Forse il mio desiderio si avvera, qualcuno mi libera. Urlo a pieni polmoni.

Katniss!” la conosco questa voce. Peeta sei tu? Perchè mi salvi ancora?

 

 

“Katniss!” qualcuno mi sta abbracciando, Peeta è con me.

“Katniss va tutto bene?” annuisco poco convinta davanti alla sua preoccupazione, dev'essere notte fonda.

“che ore sono? Che ci fai qui?” chiedo, il ritmo del mio cuore ancora frenetico

“sono le tre e mezzo del mattino. E tu ti agitavi, e ti ho sentito e sono venuto a controllare” spiega. Si distende di fianco a me e si mette sotto le coperte. Lo guardo storto, senza capire. Il suo tono innocente mi fa sorridere

“io ho gli incubi, tu anche, magari” esita “bhe, magari potremmo affrontarli assieme”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

e per l'ennesima volta.... SCUSATE IL RITARDO!

Bhe che dire capitolo lungo che copre un arco di tempo di qualche giorno per l'esattezza. Ho voluto inserire qualche particolare del romanzo nella mia storia, come la pittura che secondo me è uno degli elementi che caratterizza e distingue di più il mio adorato Peeta.

Spero con tutto il cuore che vi piaccia anche questo capitolo.

Grazie a chi è arrivato fino in fondo a queste otto (8!!!) pagine !

Fatevi sentire vi prego!! mi piace leggere le vostre recensioni!

A presto

Luckily 

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Capitolo 19
*** rabbia passione disperazione ***


Katniss mi dispiace scusami. Io, non ho più pensato a nulla è stato tutto così”

semplice, naturale” concludo io per lui. Ed è vero, è talmente semplice, talmente naturale da sembrare spaventoso. Non ne ha colpa lui, io ho risposto ad ogni suo singolo tocco. Non ho più pensato a nulla, e non posso permettere che accada ancora.

Imbarazzata sparisco nel bagno a farmi la doccia e a prepararmi per la notte.

Mi infilo sotto le coperte, poco dopo mi segue anche lui. Prima di addormentarmi noto che stiamo dividendo anche lo stesso pigiama, io la maglia, lui i pantaloni.

 

 

 

 

 

Qualcosa sta cercando di tenermi saldamente distesa a letto, mi sento soffocare dal calore trattenuto dalle coperte che non mi è affatto familiare. Il rumore sordo del temporale e della pioggia che batte prepotente sul vetro delle finestre mi fa trasalire e risvegliare, braccia forti mi avvolgono in una morsa che mi blocca sul materasso e mi impedisce i movimenti. Peeta si agita leggermente e trema ad ogni tuono, lo osservo mentre le sue labbra sono tirate in una smorfia impaurita e le sopracciglia si inarcano per chiudere ancora di più gli occhi, mi fa tenerezza la sua espressione infantile di fronte all'acquazzone che non potrebbe essere più diversa dalla sicurezza che dimostrava ieri sera. Già, ieri sera. I ricordi mi assalgono e le guance si infiammano mentre le immagini di lui che mi ammanetta tornano vivide davanti ai miei occhi, un gemito scappa dalle mie labbra che mi affretto vergognosa a tappare portandomi le mani al viso. Non posso permettermi certi pensieri mentre sono a letto, abbracciata al mio ragazzo, perchè tutte le emozioni vengono quadruplicate sentendo la nostra pelle a contatto ancora una volta.

“ehi Dolcezza” la voce assonnata di Peeta mi fa scattare automaticamente, non volevo svegliarlo

“shh, torna a dormire “ gli sussurro piano per farlo riaddormentare

“brutti sogni?” continua mentre io ne approfitto per spostare la sua mano dal mio fianco e liberarmi dal suo calore. Non posso dirgli che i miei sogni non erano affatto brutti, che stavo rivivendo ieri sera, che è sveglio a causa del mio piacere e non dei miei affanni.

“in un certo senso” mento, sperando che si limiti ad abbracciarmi per poi tornare a dormire.

Si mette seduto e scosta le coperte per avvicinarsi ancora di più a me,

“sei tutta rossa Kat, stai male?” chiede premuroso poggiando la sua bocca sulla mia fronte. Se solo sapesse che è colpa sua se il sangue affluisce copioso alle mie guance.

“no Peeta sto benissimo” lo allontano da me spingendolo per le spalle

“ho solo caldo, torna a dormire” risulto più severa del previsto e il suo sguardo apprensivo lascia il posto alla scintilla arrogante, le sue labbra ora disegnano un sorrisetto ambiguo. Guarda l'ora sul cellulare

“sono le 7, penso che potrei anche starmene sveglio” incrocia le gambe e si sistema meglio di fronte a me, togliendomi le coperte

“cosa devo fare perchè tu decida di rimetterti a letto?” sbuffo esasperata. Mellark, non chiedermi la verità ti prego.

“potresti darmi un bacio, oppure potresti raccontarmi i tuoi sogni” si tiene le mie coperte strette in mano cosicché io non possa riprendere sonno. Mi ha incastrato un'altra volta. Sono una pessima bugiarda, se mi inventassi un sogno lo capirebbe subito, se invece scegliessi il bacio, sarebbe come firmare la mia condanna, ammetterei di aver mentito. Mi vergogno troppo per confessargli tutto

“scelgo il bacio” lo guardo dritto negli occhi sperando che la mia decisione lo svii dal sospettare che non sto dicendo la verità

“ottima scelta Everdeen, davvero intelligente”

mi sporgo verso di lui per sbrigare alla svelta questa faccenda ma lui mi ferma. Lo guardo interrogativa

“ehi calmati Dolcezza. Non ti ho detto che lo volevo ora. Qualcosa invece mi dice che sia tu a volerlo subito “ lo fulmino con lo sguardo mentre torno a distendermi dandogli le spalle, offesa. Si prende gioco di me e io non lo sopporto quando fa lo stronzo.

“eddai Kat! Piccola stavo solo scherzando!” mi accarezza la spalla e ridacchia, il mio respiro accelera appena colgo il significato di quel nomignolo. Nessuno, apparte papà mi ha mai chiamato così. Ma quella parola pronunciata da lui ha un suono tanto dolce, completamente diverso da quello che aveva anni fa. Non ho mai accettato di essere Piccola per qualcuno, significava essere indifesa, e io non lo ero, non volevo esserlo, ma c'è qualcosa che mi impedisce di rifiutarla adesso. Perché deve stravolgere il mio mondo? Perchè deve distruggere tutte le mie certezze? Se lo guardassi potrebbe leggere tutta l'insicurezza nei miei occhi. Mi sento esposta, indifesa, una preda troppo facile che lui vuole a tutti i costi, odio sentirmi così, odio l'influenza che ha sul mio umore,su di me.

“Katniss guardami ti prego” sussurra poggiando le labbra sui miei capelli. Non mi volto, non posso farlo, lui non può capire quello che provo ora.

Lo sento inspirare contro il mio collo mentre si sistema dietro di me, tira su le lenzuola a coprirci e mi abbraccia stringendoci.

“ho caldo” è l'unica cosa che riesco a dire, spero si stacchi da me, non lo voglio così vicino, ho già visto gli effetti che fa. Scalcia le coperte e scopre le mie gambe nude che porto immediatamente vicino al petto, continua a tenere le sue mani su di me, imperterrito, quando vorrei solo che si allontanasse .

“Kat, mi dispiace, non volevo offenderti” mi bacia la spalla, e io irrigidisco. Ieri mi ha fatto cedere sotto al suo tocco, ma adesso non avrà nulla. Voglio solo dormire un altro po'.

“buona notte” sconfitto torna ad appoggiare il capo sul cuscino, posso finalmente respirare.

Lentamente chiudo gli occhi, cercando di ricadere tra le braccia di Morfeo, il temporale imperversa ancora ,oscurando il cielo che dovrebbe ormai albeggiare, con il suo ritmico martellare che accompagna il battito del mio cuore. Forse Gale ha ragione, Peeta si è preso un posto nel mio cuore in troppo poco tempo, avremmo dovuto essere amici prima. Non avrei dovuto accettare di essere la sua ragazza ieri, non ci ho pensato abbastanza, non ho avuto modo di farlo.

Eppure non riesco a non pensare a lui.

 

 

 

 

“Sveglia mentecatto! “ la luce invade la stanza e io sono costretta ad aprire gli occhi, vedo Johanna aprire le tende per fare entrare le luce del sole. Che diavolo ci fa lei qui? Peeta brontola e si struscia contro di me cercando di coprirsi dal bagliore

“ma guarda guarda cosa trovo qui dentro” la mora se la ride di gusto alla vista di noi due nello stesso letto stretti l'uno contro l'altra

“vattene Jo, non rompere” Peeta affonda la testa nel cuscino mentre parla

“no che non me ne vado stupido, sono le dieci e dovete alzarvi. L'avvocato arriverà presto e manca da ispezionare ancora metà casa.”

“ok mamma altri cinque minuti”

“stupido imbecille irriverente chiamami un'altra volta così e ti faccio alzare a suon di pugni!” strilla la Mason. Il teatrino è alquanto divertente e soffoco un sorriso mentre poggio i piedi per terra e mi dirigo verso il bagno sbadigliando.

“avete cinque minuti per farvi trovare in sala, vestiti “ Johanna sbatte la porta e io per la prima volta torno a guardare Peeta.

“Katniss mi spiegheresti che è successo prima?” sorride ancora per lo strano risveglio, scuoto la testa, non voglio che sappia, devo prima pensarci.

“posso prendermi quel bacio ora?” chiede serio

“si” la mia voce flebile lo raggiunge comunque. Si avvicina e prende il mio viso tra le sue mani, unendo prima le nostre labbra, poi le nostre lingue.

“buongiorno Katniss” sospira quando si stacca da me.

“buongiorno” sorrido, per poi scappare in bagno. Nonostante tutto, i suoi baci rendono migliori le mie giornate.

 

 

Usciamo dalla dependance di corsa, evitando le pozzanghere che la pioggia della notte ha lasciato. Entriamo nella villa con il fiato corto. Le voci concitate che provengono dal salotto fanno sorridere Peeta e di conseguenza anche me. Lo guardo mentre tenendomi la mano mi conduce dagli altri e realizzo che non saremmo mai potuti essere solo amici.

“buongiorno piccioncini” la voce di Finnick mi riporta alla realtà dove non esistiamo solo io e il biondo accanto a me

“buongiorno disgraziati che ci avete svegliato” Peeta si allontana da me per abbracciare il suo migliore amico

“ciao ragazzi” la voce dolce di Annie è accompagnata dagli urletti felici di un bambino, che riconosco essere lo stesso della foto che ho visto in camera del mio ragazzo.

“Annie lui è vostro figlio?” chiedo incerta

“si, lui è Junior” guarda il piccolo “avanti piccolo, vai da zia Katniss, non essere timido” lo spinge leggermente verso di me e io mi inginocchio aprendo le braccia per accoglierlo. Deve avere più o meno tre anni. Ha gli stessi capelli ramati del padre e l'espressione pacifica e trasognata della madre, gli occhi verdi e la carnagione olivastra.

Per tutta risposta il piccolo corre dal padre che lo solleva in aria facendogli i versacci. È la classica scena strappalacrime di gioia che dopo la morte di mio padre non ho mai potuto sopportare, ma che oggi mi fa sorridere.

“scusalo Katniss è timido” Annie torna a rivolgersi a me dispiaciuta per la disubbidienza del figlio

“oh non fa nulla, sarà per la prossima volta, non sono mai stata simpatica ai bambini” ammetto sorridente

“certo che non gli stai simpatica! Sei isterica!” Johanna ride e farei di tutto per far sparire dalla sua faccia quel sorriso compiaciuto, Peeta mi anticipa

“scherza scherza Jo che quel povero pargolo non viene nemmeno da te, lo terrorizzi” ora ridiamo tutti, tranne Johanna-la-zia-cattiva.

 

 

 

 

 

 

 

Haymitch ed Effie entrano raggianti dall'enorme portone principale carichi di bottiglie di champagne e pizza, un'accoppiata strana anche per la dolce capitolina perfezionista amante del mogano. Sono le tre del pomeriggio e noi dobbiamo ancora pranzare, siamo stati impegnati in giro per la casa tutta la mattina ad annotare tutte le cose che i Mellark avevano.

“alla buon'ora! Stavamo morendo di fame!” Finn li raggiunge e li aiuta a portare tutto in cucina, io li seguo inciampando ancora nei pantaloni troppo lunghi che Peeta mi ha prestato per stare comoda.

“Champagne?” chiediamo in coro vedendo le bottiglie impreziosite da dettagli dorati e tappi in sughero decorati

“certo! Oggi si festeggia” i bracciali di Effie tintinnano mentre batte le mani entusiasta e saltella sui tacchi vertiginosi. È sempre stravagante, oggi indossa un vestito con una gonna esageratamente ampia blu, i capelli cotonati sono acconciati in una morbida coda di cavallo che le illumina il viso.

“cosa si festeggia di preciso?” chiedo impaziente, inspirando affamata il profumo della pizza ancora calda, pregustando la mozzarella filante sulla lingua, ho già l'acquolina in bocca.

“calma Dolcezza vorremmo che ci foste tutti prima di parlare” colgo il chiaro riferimento a Peeta, ancora impegnato nello studio a parlare con l'avvocato. Sono chiusi in quella stanza da ore ormai.

“ma noi abbiamo fame!” Finn e Johanna si uniscono a me in un coretto di supplica, che continua finché non convinciamo tutti che far freddare il pranzo sarebbe controproducente, lasceremo da parte qualche fetta per il fornaio.

 

 

 

Peeta entra finalmente in cucina dove stiamo mangiando, nel bel mezzo di un'intensa discussione su chi sia in realtà la zia preferita di Junior, tra me e Johanna, visto che non si avvicina a nessuna delle due

“io sono convinto che se potesse scegliere una zia preferita opterebbe per la barbona che dorme davanti al supermercato piuttosto che stare con una di voi due, almeno quella donna ha un minimo di istinto materno” ci giriamo sorpresi dalla sua presenza e concludiamo ridendo che la sua ipotesi è quella più plausibile.

“Pee vuoi una fetta di pizza? È ancora calda” sposto il cartone nella sua direzione visto che si è seduto accanto a me

“no mi è passato l'appetito, godetevela voi la mia parte” si passa una mano nei capelli mentre con le labbra disegna un sorriso forzato

“ragazzo va tutto bene?” Haymitch lo guarda preoccupato ma viene liquidato con un gesto frettoloso della mano

“si si è tutto ok.” la voce del biondo non mi convince affatto ma vengo distratta da Effie che, prendendo in mano la prima bottiglia di bollicine si appresta a darci le dovute spiegazioni

“carissimi, oggi si festeggia” esulta

“questo lo avevate già detto, vai avanti” la esortiamo

“io e Haymitch” prende un profondo respiro mentre guarda il mio padrino, creando un po' di suspense.

La curiosità ha la meglio su Finnick

“voi cosa?” lo scappellotto arriva immediato sulla sua testa da parte di Annie

“noi ci sposiamo!”

l'incredulità regna sovrana su questa stanza, restiamo tutti a bocca aperta mentre guardiamo i due scambiarsi un leggero bacio a fior di labbra. Stento a credere che l'ubriacone burbero e la stravagante perfezionista abbiano deciso di sposarsi.

“che notizia meravigliosa! Siamo felicissimi per voi” Annie corre ad abbracciarli seguita a ruota da suo marito.

“congratulazioni!” mi alzo e li raggiungo anche io dandogli qualche bacio sulle guance in una delle mie rare dimostrazioni pubbliche di affetto.

Peeta non dice nulla, si limita a sorridere, anche se la luce nei suoi occhi non è più la solita.

“bhè direi che possiamo brindare allora!” Johanna riempie i bicchieri di champagne e ce li porge uno alla volta, escludendo il mio ragazzo che però protesta

“perchè a me niente brutta strega?”

“perché sei a stomaco vuoto idiota” si insultano come se niente fosse questi due, il loro rapporto è spettacolare, io e Gale non siamo mai stati così.

“e allora? Lo reggo benissimo l'alcool! Dammi quel bicchiere” tende la mano che viene prontamente sbattuta contro il tavolo con uno schiaffo della mora

“non ci penso nemmeno, tu mangia e poi ti do da bere altrimenti me la scolo io la tua parte” in un modo tutto suo, di sicuro, ma si prende cura di Peeta e questo mi fa piacere

“dai brutta strega dagli da bere, vuole festeggiare anche lui, non fare così” Finn la prende in giro e alla fine è costretta a cedere di fronte agli occhioni dolci dei due a cui nessuno può resistere.

“tieni stupido mentecatto” non lo guarda e Peeta, soddisfatto afferra il bicchiere e se lo scola

“allora ragazzo, di che avete parlato per tutto questo tempo chiusi li dentro?” il mentore da voce alle domande che affollano la mia mente. Vedo il biondo tirare aria tra i denti prima di rispondere

“mi ha detto che la casa è piena di ipoteche, non posso venderla finchè non saldo tutti i debiti di mia madre” risponde tranquillo e se non avessi già visto come sa fingere bene probabilmente adesso sarei sicura che di tutto questo non gli importi granché.

“ma tu puoi rifiutare l'eredità non è vero?” Effie interviene sorseggiando ancora il liquido chiaro e frizzante

“in teoria si, in pratica invece se rifiuto l'eredità, mi portano via anche l'appartamento e la panetteria” si morde un labbro mentre cerca di sorridere per dare a tutti la notizia.

“Cosa?! Non possono farlo! È roba tua quella!” Haymitch sbatte il bicchiere di vetro sul tavolo infrangendolo in mille pezzi

“caro, ti prego, un po' di contegno!” la capitolina lo rimprovera poi torna a guardare Peeta, incredula

“non possono farlo, a meno che tua madre non avesse in proprietà anche quegli immobili”

“e lo sai qual è la cosa buffa di questa situazione Effie? Che lei li aveva e io non lo sapevo.”

mille domande si fanno spazio dentro di me, comincio a non capire più nulla di quello che sta succedendo. Come faceva a non sapere che sua madre aveva in proprietà il suo forno? Quello che aveva costruito con le sue mani? È assurdo, non può avergli fatto anche questo prima di andarsene.

“che vuol dire?” chiedo prendendogli la mano

“piccola, vuol dire che sono rovinato” mi sorride, mi accarezza piano la guancia, ha l'espressione di un pazzo mentre con tutta calma cerca di rendermi facile da capire la situazione. Ecco perchè non ha mangiato, ecco perchè voleva bere a tutti i costi. Torna a rivolgersi anche agli altri

“quando ho ricevuto i soldi del premio scolastico con cui poi ho comprato l'appartamento ero ancora minorenne e sono stati messi sul conto di papà insieme a quelli che poi mi ha prestato Haymitch. Per queste dannatissime leggi che regolano il nostro paese un ragazzo sotto i ventun anni non può avere il pieno possesso di un immobile ma può comunque intestarlo ad un genitore per poi riscattarlo il giorno stesso del suo ventunesimo compleanno. Dovete sapere che pur di mandarmi fuori dai piedi, la mia famiglia ha accettato più che volentieri questa condizione a patto che non dovessero sborsare nemmeno un centesimo. E così è stato.” pendiamo tutti dalle sue labbra così continua, stringendo il bordo del tavolo tra le dita

“tra le ultime volontà di papà non era nominato il mio forno e la mia casa, e lo capisco perchè ormai mancavano solo pochi mesi al mio compleanno e il tutto avrebbe riguardato solo me. Peccato invece che pochi mesi fa, la mia cara e dolce mammina” il sarcasmo ha raggiunto livelli indescrivibili nel suo tono

“ha obbligato mio padre alla comunione dei beni. E indovinate cosa vuol dire questo?” muovo lentamente la testa da destra a sinistra. Ti prego, dimmi che non è vero. Sembra capire quello che mi passa per la testa

“esatto Kat. Proprio così, lei era proprietaria di tutto quello che mi ero guadagnato, ergo l'appartamento e il forno fanno parte dell'eredità. Se la rifiuto, perdo tutto quello per cui ho lottato fin'ora. Perchè ha dato il meglio di se, proprio prima di morire.”

lo guardiamo per un tempo infinito senza saper bene cosa dire. È una situazione sconcertante, che non riesco ad accettare io, figuriamoci lui. Mi tremano le ginocchia e torno a sedermi prendendomi la testa tra le mani, guardando il tavolo. Una mano mi scompiglia i capelli e poco prima che riesca ad alzare lo sguardo Peeta mi lascia un bacio tra i capelli. Dovrei essere io a confortare lui, invece sta funzionando tutto al contrario. Anche se è emotivamente a pezzi mette me prima di tutto.

“Katniss stai tranquilla, questa cosa non riguarda te” mi sussurra all'orecchio con voce piatta. Come può anche solo pensare che io sia preoccupata per me stessa? Sono in ansia per lui, ma non riesco a dimostraglielo. Lo prendo per un polso e lo trascino fuori dalla cucina verso il terrazzo, incurante del fatto che ci stanno osservando tutti.

Quando siamo soli scivolo a terra con la schiena al muro osservando il sole che scende piano sull'orizzonte

“Peeta, che hai intenzione di fare?” è una domanda futile eppure esce dalle mie labbra come se fosse importante. Sospira e si siede dietro di me, facendomi accomodare con la schiena contro il suo petto, poggia il mento sulla mia spalla mentre con il naso mi solletica il collo.

“non ne ho idea piccola, non ne ho proprio idea. Pensavo che i miei problemi fossero finiti con il funerale, e giuro, mi sentivo meglio dopo averli salutati per l'ultima volta. Ma mi sbagliavo di grosso” mi mordicchia il lobo dell'orecchio facendomi rabbrividire. Non so perchè si comporti così, ma se serve a distrarlo non voglio oppormi, fino a quando non deciderà di spingersi troppo oltre.

“quanto tempo hai per decidere se accettare o meno?” chiedo cercando di restare lucida mentre lascia una scia di baci sul mio collo

“un paio di giorni, ma non è che io abbia molta scelta” interrompe quello che stava facendo per parlare

“se non accetto perdo tutto quello che ho, mentre se accetto con le filiali dell'azienda di mia madre posso guadagnare qualcosa in futuro, sempre che io riesca a pagare tutti i debiti. In ogni caso quello che non ho detto prima è che il mio forno è chiuso dalle autorità finché tutti i conti non saranno sistemati. Se accetto ho sei mesi per pagare almeno la metà di quello che devo.” mi abbraccia e restiamo in silenzio a guardare il panorama per un tempo che pare infinito. Vorrei trovare le parole perfette per dirgli che io ci sarò sempre ma non riesco a pronunciarle, sembrano tutte così prive di significato davanti a questa situazione.

“vorrei restare così, con te, per sempre,senza dover pensare a nulla, solo noi due e nessun problema, ma sono un tale casino Kat, non dovresti voler stare con me” mi stringe ancora di più nell'abbraccio, la sua voce è velata di malinconia.

“non sei tu il problema Peeta, supereremo tutto vedrai”cerco di tranquillizzarlo carezzandogli le mani strette intorno alla mia pancia. Sbuffa, ma non dice altro.

 

 

“ragazzi mi spiace disturbarvi” Finnick ci raggiunge in terrazza aprendo piano la vetrata che la divide dal salotto

“Peeta dovrei parlarti un secondo” mi alzo immediatamente per dare spazio al ragazzo di alzarsi

“Katniss potresti lasciarci da soli?” non me lo faccio ripetere due volte e rientro. Mi rannicchio sul divano ad osservare i loro movimenti, incuriosita senza sentire però nemmeno una parola.

È buffo come normalmente non ci accorgiamo della quantità di informazioni che il corpo trasmette durante una conversazione. Mi perdo ad osservare i due ragazzi, mentre le loro ombre si allungano al tramonto per poi sparire nel buio della sera. Finnick parla tenendo Peeta per le spalle, cercando di tenerlo calmo, i suoi gesti sono ansiosi e meccanici, come se stesse dicendo qualcosa di impensabile da realizzare. Il giovane Mellark si dimena, una luce strana, che non saprei definire, gli attraversa lo sguardo e un sorriso di determinazione gli storce la bocca perfetta. Poi parla, arriccia il naso, unisce le mani pregando l'amico di fare qualcosa che gli viene costantemente rifiutata scuotendo il capo.

Qualcuno si siede accanto a me ma non me ne curo, osservo ammaliata le movenze dei due che sembrano litigare ora

“tesoro va tutto bene?” Annie e Junior sono affianco a me

“non mi interessa di quello che provo io, vorrei che lui stesse bene, ne sta passando troppe, non resisterà ancora a lungo” poggio il mento sulle ginocchia e non mi volto mentre parlo con lei, continuo a guardare fuori

“povero ragazzo, vedrai che si sistemerà tutto prima o poi, Peeta è forte, se la caverà” accarezza i capelli del figlio che si sta addormentando tra le sue braccia

“lo spero”

 

Peeta rientra sbattendo la porta per poi chiudersi in cucina con Finn e Haymitch. Io, Effie, Johanna e Annie ascoltiamo in silenzio le urla che provengono dalla stanza, sedute in divano.

“tu non ci andrai ragazzo, scordatelo” il mentore sta cercando di placare la collera del mio ragazzo, senza successo

“io ci andrò eccome, e Finn mi lascerà il posto. Non andrà lui al posto mio, sono affari miei e non voglio altri debiti da saldare.” sbraita. Con la coda dell'occhio vedo la rossa trasalire e portarsi una mano alla bocca.

“sei solo un bambino Peeta! Non ti lascerò andare la, non hai speranze, rischi la pelle lo vuoi capire? Sei conciato male proprio in questo momento. Se vuoi ci vado io, non hai altre scelte.” non ho mai sentito Finn alzare la voce, incute timore

“mi pare di essere abbastanza grande per decidere della mia vita. Fai quella telefonata Finn e non rompere”

“sei un'idiota ragazzo. Lascia perdere, non ti serve andare la. Ti aiutiamo noi in qualche modo.” Haymitch prende la parola.

Di cosa stanno parlando? Non capisco, dove vuole andare Peeta? Guardo spaesata Annie e Johanna che si stanno lanciando occhiata d'intesa, ditemi qualcosa vi prego.

“Katniss tesoro, per favore, vai di sopra, adesso arriverà anche lui” la rossa, mi spinge lentamente verso le scale e seppur controvoglia non posso far altro che ubbidirle.

Mi siedo sull'ultimo scalino tentando di origliare.

“Peeta tesoro non puoi andare, è tutto molto più pericoloso degli Hunger Games che conosci tu. Non hai speranze contro di loro.”

“smettetela di dirmi quello che posso o non posso fare. Sono grande abbastanza per decidere del mio futuro da solo. Non ho altro da perdere a questo punto lasciatemi provare” la voce del biondo sale di qualche tono mentre parla, poi si spezza

“nulla da perdere dici? Ti sei accorto di avere degli amici? Siamo una famiglia ormai Peeta! “ Johanna alza la voce e la risposta, dolorosa non tarda ad arrivare

“non ho più una famiglia Jo! “ sento i passi per le scale farsi pesanti e mentre mi rifugio in camera sento Finn parlare

“se di noi non ti interessa nulla, almeno pensa a Katniss. Cosa vuoi fare con lei?” purtroppo non sento risposta.

 

 

 

La porta della camera si apre violentemente e altrettanto forte viene sbattuta per essere chiusa. Sono immobile ai piedi del letto mentre Peeta si avvicina e con prepotenza, stingendomi con le mani sui miei fianchi, fa aderire i nostri corpi. La sua bocca cerca la mia, in un bacio carico di disperazione e bisogno. È una silenziosa supplica, mi sta chiedendo di restare con lui, di non abbandonarlo e io non voglio e non potrei mai farlo.

Mi spinge verso il letto e mentre si siede mi attira a se facendomi accomodare sulle sue ginocchia, senza mai staccare le nostre labbra. Mi manca l'aria e ogni volta che mi stacco da lui per respirare la sua bocca torna a torturare il mio collo, le sue mani giocano con l'orlo della t-shirt troppo grande. Ansima lui e gemo io, mentre con un gesto veloce mi sfila la maglia portando alla luce il reggiseno di pizzo che lui stesso mi ha fatto comprare ieri. Scende a baciare ogni centimetro della pelle che ha appena scoperto con tanta foga e desiderio, che so, non essere dettato dal piacere ma dalla disperazione. Lo lascio fare, non riesco a sottrarmi al suo tocco famelico, sebbene io sia consapevole che tutto questo è sbagliato, non è così che deve succedere, è troppo presto, è rabbia questa, non passione, non è amore. O se lo è, sta sepolto troppo in fondo per poter riaffiorare ora.

“Peeta “ mugolo, mentre con le braccia allacciate al suo collo affondo il naso tra i suoi ricci biondi. Non risponde, percorre con le dita l'orlo dei Jeans che indosso facendomi rabbrividire.

“Peeta” riprovo ma la mia voce già poco chiara si spezza quando le sue mani si infilano tra i Jeans e gli slip sul mio sedere per invertire le posizioni e farmi stendere sul letto.

“fermati” biascico mentre con i baci scende verso il mio ombelico, nella mia voce nonostante i miei sforzi per nascondergliela affiora l'emozione che cresce in me.

grugnisce ma non mi da retta, incoraggiato da quello che sente

“Peeta” con la lingua traccia spirali immaginarie sul mio ventre scendendo ancora.

Solo quando le sue mani cercano di aprire il bottone dei pantaloni capisco che non avrò altre occasioni per fermarlo.

“Peeta basta! Fermati” riporto il suo viso all'altezza del mio, l'azzurro dei suoi occhi ha lasciato il posto a pozze di oceano di un blu più intenso, dovuto all'eccitazione.

“piccola che succede?” la voce roca continua a provocarmi brividi per tutto il corpo

“Peeta non deve succedere così, non voglio. Tu sei arrabbiato e problemi non mi risolvono in questo modo” mentre parlo vedo la delusione nei suoi occhi, poi la consapevolezza di aver corso troppo. Si sposta da me e si stende al mio fianco guardando il soffitto

“mi dispiace Pee ma non sono pronta a farlo adesso, non così almeno. Se devo succedere voglio che significhi qualcosa per tutti e due” continuo affondando la testa nel cuscino imbarazzata.

“ehi ehi ehi, Dolcezza, sta calma” mi accarezza i capelli “hai ragione tu, ho corso troppo mi dispiace. Se può rassicurarti almeno un po' avrebbe significato molto per me anche così”

mi volto per vedere la sua faccia e il suo sorriso sghembo e rassicurante. Mi lascia un ultimo bacio a fior di labbra

“credo che sia meglio se ora vado a farmi una doccia fredda” si allontana verso il bagno tenendosi le mani in tasca.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

ciao a tutti, eccomi tornata con l'ennesimo capitolo. È vero, è triste anche questo, ma la morte della famiglia non può essere facile giusto? Ci sono un po' di aspetti da valutare prima che tutto torni alla normalità.

Non odiatemi se faccio soffrire Peeta così tanto, credetemi se vi dico che lo amo alla follia anche io, ma dopo grandi sofferenze ci sono sempre grandi gioie no?

Spero che il capitolo vi piaccia, e che il finale Hot non sia completamente illeggibile (in tal caso chiedo perdono ). Mi farebbe molto piacere ricevere qualche consiglio su come descrivere scene simili senza cadere nel volgare o nel banale. E, appunto, ditemi se sono stata volgare in quello che ho scritto, visto che non mi sono limitata con gli insulti da parte di Johanna (ah, adoro anche lei, e non è vero che mi sta antipatica).

Detto questo....

come sempre vi supplico di farmi sapere che ne pensate, e mi fareste felicissima se il numero di recensioni aumentasse un pochino...

comunque sia

grazie a chi è arrivato alla fine di questo capitolo

grazie a chi è giunto alla fine di tutto questo sproloquio che sono le mie note d'autrice

grazie a chi ha aggiunto la mia storia alle preferite, seguite, ricordate ecc ecc ecc

e con un ultimo appello\supplica passo e chiudo

Recensiiitteeeeee pleasseeee

 

bacioni

 

a presto

 

Alessia

 

P.s.

una curiosità, ma voi quanto ci mettete a scrivere un capitolo? Io ci metto una vita, sono l'unica?

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Capitolo 20
*** quel che finisce e quel che comincia ***


Katniss!” qualcuno mi sta abbracciando, Peeta è con me.

Katniss va tutto bene?” annuisco poco convinta davanti alla sua preoccupazione, dev'essere notte fonda.

che ore sono? Che ci fai qui?” chiedo, il ritmo del mio cuore ancora frenetico

sono le tre e mezzo del mattino. E tu ti agitavi, e ti ho sentito e sono venuto a controllare” spiega. Si distende di fianco a me e si mette sotto le coperte. Lo guardo storto, senza capire. Il suo tono innocente mi fa sorridere

io ho gli incubi, tu anche, magari” esita “bhe, magari potremmo affrontarli assieme”

 

 

 

strabuzzo gli occhi esterrefatta, è uno stranissimo modo di entrare nel letto di una ragazza

“lo sai che sei piuttosto invadente vero?” dico tra il divertito e il preoccupato,

lo vedo velocemente uscire da sotto le coperte e mettere i piedi per terra

“scusami io” è imbarazzato e non riesce nemmeno ad articolare una vera frase di scuse

“cioè scusami, mi dispiace, mi sono lasciato prendere dalle emozioni, scusami”

forse non aveva cattive intenzioni, mi pento subito di averlo respinto così in malo modo. Magari ha ragione, potremmo provare ad affrontarli assieme che può succedere? Dormivo sempre con Prim quando facevamo brutti sogni, con lui non può essere troppo diverso. È già alla porta quando lo chiamo

“Peeta?” si volta verso di me e nel buio della notte risplendono i suoi occhi azzurri

“si Katniss?” mi sorride e anche il bianco dei denti fa capolino dalle labbra oscurate

“resteresti con me?”

“certo” si avvicina e si siede sul letto

“sei sicura? Non te ne pentirai dopo?” la sua domanda mi coglie alla sprovvista, forse ho capito male quello che vuole da me

“è solo per dormire Mellark! “ mi metto immediatamente sulla difensiva, da me non avrà nient'altro che qualche ora di sonno tranquillo, spero.

“certo che è solo per dormire Katniss! Per chi mi hai preso?” sembra offeso

“io” credo di dovergli una spiegazione “io pensavo che tu volessi qualcos'altro, perchè cosa dovrei pentirmi allora?”

“io da te non voglio nulla Kat, pensavo che magari insieme sarebbe stato più facile tutto qua. Anche perchè ci conosciamo appena e non credo proprio che tu saresti disposta a... bhe hai capito cosa intendo. E ti ho chiesto se nei sei sicura perchè non vorrei mai che una volta sveglia tu cambiassi idea e mi tirassi qualcosa sulla testa. “ è divertito e sghignazza, io d'altro canto sono parecchio irritata dalle sue prese in giro ma mi fa piacere vederlo così rilassato dopo tutto quello che ha passato, quindi non me la prendo più di tanto.

“dai Pee dormiamo adesso” sono serena mentre si infila sotto le coperte e si mette comodo.

“Katniss sai che ti voglio bene vero?” ha gli occhi chiusi e le labbra tirate un una linea dura, seria

“adesso lo so con certezza” gli sposto una ciocca di capelli dalla fronte

“anche io ti voglio bene Peeta” di sicuro più di quanto avrei mai immaginato.

 

 

 

 

 

 

Quando mi sveglio il sole è già alto e la sveglia mi informa che sono le nove, di fianco a me Peeta dorme beatamente, non me la sento di svegliarlo. Oggi è il giorno del funerale della sua famiglia e voglio lasciargli le ultime ore di pace che gli restano per oggi. La cerimonia si svolgerà a mezzogiorno direttamente al cimitero. Scendo dal letto e vado in cucina per preparare la colazione. Metto a scaldare un paio di croissant nel forno e preparo il caffè. Il profumo della bevanda è inebriante e si sparge per la casa, di solito questo profumo è il preludio ad una buona giornata, ma dubito fortemente che oggi lo sarà.

I passi pesanti del ragazzo precedono il suo arrivo di qualche secondo, giusto il tempo per sfornare la colazione.

“giorno “ la voce assonnata e lo sbadiglio che segue mi costringono a girarmi per guardarlo. Ha addosso solo i pantaloncini e io davvero non posso credere di non essermi accorta di aver dormito con lui vestito così, o meglio, svestito così. In realtà non so bene cosa dire quindi pronuncio la prima frase che mi viene in mente

“così prenderai freddo” mugugno e mi siedo a tavola

“certo” si siede e afferra il dolce per metterlo sotto i denti.

“buon giorno comunque” parlo mentre lo osservo. Le occhiaie sono evidenti e violacee, segno che non deve aver dormito bene nemmeno sta notte

“Peeta non hai dormito vero?” non è propriamente una domanda ma mi aspetto una spiegazione comunque

“ho dormito pochissimo, ma con te sono stato molto meglio, credimi” non mi guarda, o sta mentendo o mi sta nascondendo qualcosa. Non mi va di indagare oltre.

“Penso che dovrò passare per casa mia a prendere un vestito da mettere per il funerale” sembra innaturale il suo tono leggero

“dovresti chiamare Haymitch per farci venire a prendere prima. Io non ho la macchina” ammetto. Sembra riflettere per qualche istante mentre si gratta la cortissima barba ispida

“hai la patente Kat?”

“si, solo che non ho mai avuto occasione di comprarmi un'auto” racconto, poi porto alla bocca la punta croccante del croissant

“bene, allora dopo passiamo da me e prendiamo la macchina per portarla qua. Non voglio dipendere dal vecchio.” brontola

“tu hai una macchina? Pensavo avessi una moto” è riuscito a risvegliare la mia curiosità

“mi piace girare in moto ma questo non vuol dire che io non abbia una macchina anzi. Diciamo che la maggior parte delle volte uso l'auto. È sicuramente più versatile” spiega mentre sorseggia il suo caffè caldo.

“non posso darti torto, ma tu comunque non puoi guidare in queste condizioni” gli faccio notare, visto che ancora, quando deve uscire è obbligato a fasciarsi.

“non ho mai detto che guiderò io. La voglio portare qua per farla guidare a te” ha coraggio questo ragazzo, bisogna ammetterlo, far guidare la sua auto a me è una decisione poco saggia. Ma sono troppo orgogliosa per ammettere di aver guidato pochissime volte in vita mia dopo aver preso la patente.

“sei sicuro di quello che stai dicendo? “

“certo, è il minimo che posso fare per sdebitarmi al momento.” mentre parla addenta l'ultimo pezzo di colazione poi si alza e girando attorno al tavolo mi affianca

“sai Everdeen che in pigiama sei proprio fantastica?” mi schiocca un bacio sulla guancia e se ne va facendomi l'occhiolino. Credo di essere un peperone in questo momento e sento il viso andare a fuoco. Com'è che lui riesce a commentare qualsiasi cosa e io non trovo mai le parole per rispondergli?! Normalmente non avrei problemi, ma con lui è tutto mille volte più difficile!

 

Mi spoglio restando in mutande e reggiseno, apro l'armadio cercando tra i pochi vestiti uno che possa andare bene per la triste occasione. Ne metto qualcuno sul letto e resto immobile ad osservarli, massaggiandomi il mento con le dita. Quello blu scuro con la gonna plissettata sembra essere un po' troppo sbarazzino, quindi lo rimetto via. L'abito nero che mia madre mi ha regalato un paio di anni fa potrebbe fare al caso mio, ha le spalle coperte e le maniche a tre quarti nonché una gonna al ginocchio. O forse dovrei scegliere qualcosa di più semplice come un paio di jeans e una t-shirt.

Sono troppo concentrata per accorgermi della porta che cigola piano sui cardini

“Katniss Haym” Peeta si fa sentire e io afferro la prima cosa che capita per coprirmi alla meno peggio

“Esci Peeta!” urlo con quanto fiato ho in gola ma lui non sembra curarsi delle mie proteste. Entra coprendosi gli occhi con una mano e raggiunge il comodino dove afferra dei bracciali e il suo cellulare. Esce chiudendosi la porta alle spalle e lo sento appoggiarvisi contro.

“Cavolo Peeta! Non puoi entrare così! Potevi bussare!” so che mi può sentire anche con la porta chiusa. Mi infilo la prima maglia che trovo sul letto

“ora che sono vestita puoi entrare” non se lo fa ripetere due volte. Lo guardo imbronciata, vorrei capisse che non mi sembra proprio il caso che lo rifaccia in futuro

“stai calma Dolcezza. Non ho visto niente. Il tuo strillo è arrivato prima che potessi fare nulla” il suo tono annoiato e saccente

“non mi interessa. Devi bussare prima, e poi non saresti dovuto entrare fregandotene di quello che ti ho urlato!” sbotto

“mi serviva quella roba e l'ho presa dove sta il problema? Te l'ho già spiegato come la penso” cerca di tranquillizzarmi con la voce dolce e mielosa, ottiene solo l'effetto contrario

“se a te manca totalmente il pudore non vuol dire che a me piaccia farmi vedere così da te! In questa casa servono delle regole” sbuffo e ignorandolo torno a fissare i vestiti. Mi aspetto delle scuse dal biondino

“ok Katniss mi dispiace, la prossima volta starò più attento promesso” sbuffa anche lui e mi si avvicina fissando tutti gli abiti sparsi sul letto

“mi vuoi spiegare perchè tra tutte queste possibilità ti sei infilata proprio la mia maglia del pigiama?” mi distoglie dai miei pensieri e appena mi rendo conto di quello che ha detto tiro i lembi della maglia che indosso per accertarmi che sia tutto vero.

Ops. Mi sono messa la sua maglia, ecco il perchè del profumo che sentivo.

“era la prima cosa che ho trovato per coprirmi. È colpa tua se ce l'ho addosso, ma se esci mi cambio e te la ridò” da una parte mi dispiace e sono imbarazzata, dall'altra mi piacerebbe sentire questo odore ancora per un po'. Mi squadra per qualche attimo poi parla

“credo proprio che te la lascerò sai? Sta meglio a te che a me e poi non mi serve” sorride malizioso “puoi tenerla, se la vuoi”

rifletto sulla sua proposta, anche se so già di volerla tenere assolutamente. Certo è che non mi voglio mostrare come una dodicenne innamorata e cadere ai suoi piedi subito. Io sono Katniss Everdeen e non corro dietro a nessuno, tantomeno gli cado ai piedi. Assolutamente no. Anche se mi è difficile essere lucida con lui, soprattutto quando è così poco coperto, con le spalle larghe, le braccia tornite, il corpo delineato e scolpito, i peli chiari che dall'ombelico scendono per sparire dietro l'elastico dei pantaloni. Ecco. Mi sto deconcentrando, ancora.

“Katniss? Ci sei?” Peeta richiama la mia attenzione ride quando lo guardo storto

“si ci sono”

“hai deciso cosa metterti?” mi chiede gentile

“no, hai qualche consiglio?” gli indico le varie opzioni e si cimenta in qualche stano abbinamento al quale io rispondo, senza essere vista, con una faccia schifata. Poi finalmente mi porge un vestito a maniche corte blu notte con un ampia scollatura sulla schiena, un tubino aderente con la gonna abbastanza lunga per l'occasione.

“metti questo” propone passandomelo e io lo invito ad uscire con un gesto della mano per lasciarmi cambiare.

 

“ehi Dolcezza ci sei?” bussa alla porta mentre io sto ancora cercando di chiudere la zip

“si. Solo non riesco a chiudere la cerniera” urlo perchè mi possa sentire

“posso entrare almeno?” apre leggermente la porta per non essere costretto ad alzare la voce

“si entra” tengo su l'abito incrociando le braccia davanti al petto e gli do le spalle, stando davanti allo specchio

guardo il suo riflesso e potrei giurare di aver visto una scintilla di approvazione o malizia illuminare quei due frammenti di cielo che ha al posto degli occhi, per qualche motivo mi sento scaldare dentro. Se è questo che si prova piacendo a qualcuno, credo proprio che ci riproverò prima o poi. Nonostante tutto sono contenta che quello sguardo sia dedicato a me

“Peeta mi chiuderesti il vestito?” continuo a osservarlo dalla superficie riflettente. Si avvicina con passi lenti e mi scosta i capelli dalla schiena lasciandoli cadere sulla spalla. Noto solo ora che si è cambiato anche lui. Indossa un paio di Jeans e una t-shirt aderente che gli fascia i bicipiti, ha detto che si cambierà a casa sua.

Allunga la mano verso la zip che parte a livello dei reni per finire in mezzo alle scapole. La chiude con una calma esasperante, facendo precedere il tocco delle sue dita sulla mia schiena al passaggio del cursore. È una reazione istintiva, incontrollata, quella che il mio corpo ha al suo tocco: una scarica di brividi mi percorre la schiena più volte e dal suo sguardo compiaciuto capisco che si è accorto anche del mio respiro accelerato.

Se sta cercando di provocarmi ci sta riuscendo fin troppo bene, e lo sa, ne sta approfittando. Posandomi una mano sulla pancia mi attira a se, lasciandomi una scia di baci bollenti sul collo, fin dietro l'orecchio. Sono costretta a mordermi un labbro per ricacciare indietro il gemito che tentava di sfuggirmi.

“ti sta divinamente questo vestito” rompe il silenzio spostando la mano sul mio fianco per poi toglierla.

“grazie” poche parole perchè non mi fido affatto della mia voce in questo momento.

“fuori fa ancora freddino, ti consiglio di mettere una giacca sopra” ora parla come se non fosse successo nulla, mentre la mia mente ancora elabora il calore delle sue labbra sul mio collo.

“Haymitch verrà a prenderci tra qualche minuto, sarebbe meglio farci trovare pronti non ti pare?” annuisco e afferro giacca di pelle e ballerine per poi uscire con lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

Salgo le scale del piccolo condominio dietro a Peeta che ha già pronte le chiavi in mano. L'appartamento è al terzo piano, senza ascensore, e la porta di ingresso è di un colore scuro in netto contrasto con le pareti verdognole del pianerottolo. Haymitch ha detto che ci aspetta direttamente al cimitero, guiderò io la macchina di Peeta fino a li, non c'è stato modo di far cambiare idea al ragazzo.

“prima di entrare, ti chiedo scusa per il disordine che troverai. Non spaventarti ti prego” è imbarazzato e si passa una mano tra i capelli.

Vive in un piccolo trilocale, con le pareti chiare completamente decorate e l'angolo cottura occupa metà del salotto.

Ci sono vestiti e cose sparse ovunque ma dopo i suoi avvertimenti mi sarei aspettata di peggio. Ho visto cose peggiori in vita mia, questo disordine è accettabile.

“senti, fai come se fossi a casa tua, serviti da sola, sempre che ci sia qualcosa in frigo” lo ascolto e annuisco, intanto do un'occhiata in giro.

“vado a fare una doccia e a vestirmi, faccio presto” poi sparisce dentro il bagno.

L'orologio a muro segna le dieci e mezza. Curioso tra gli scaffali pieni zeppi di libri, nel frigo quasi vuoto in cui però, si nota la cura che vi è dedicata. Immagino che in questa casa non manchi mai il cibo. La terza stanza dev'essere per forza la camera da letto. Mi ha detto di fare come se fossi a casa mia quindi mi avventuro oltre la porta per sbirciare nel suo mondo.

Poster di atleti sono appesi alle pareti, un letto ad una piazza e mezza occupa la maggior parte dello spazio. Le foto sono poche e ritraggono tutte i suoi amici, Johanna, Finnick, Annie e un piccolo marmocchio dai capelli ramati e gli occhi verdi che deve essere loro figlio sono sparsi qua e la in piccole cornici colorate. Solo uno scatto rappresenta la sua famiglia, tutti e cinque sorridenti. Mi si riempiono gli occhi di lacrime che ricaccio indietro con il dorso della mano.

“vedo che hai scoperto da sola il mio rifugio” Peeta è poggiato al muro e la sua espressione è cupa.

“mi dispiace, non sarei dovuta entrare”

“no hai fatto bene” mi toglie la foto dei suoi dalle mani e la poggia sulla mensola in modo che non si possa vedere.

“l'unica cosa di cui mi pento è di non avergli mai detto quanto bene in realtà gli volessi” parla senza guardarmi, mentre dall'armadio sceglie cosa mettersi

“Peeta, non te ne hanno mai dato motivo” cerco di rassicurarlo, ma nemmeno io sono convinta di quello che sto dicendo, mi blocca prima che possa proseguire oltre

“no Katniss. Tutti dovremmo volere bene alla nostra famiglia, a prescindere da quanto ci abbia fatto soffrire. Mi hanno dato la vita e non c'è dono più grande, e io non li ho mai ringraziati, mai resi orgogliosi di me, non gli ho mai detto vi voglio bene. “ sento la sua voce spezzarsi mentre parla e lo vedo tremare leggermente.

“tu li avrai resi orgogliosi ne sono sicura. E in ogni caso adesso hai una vita davanti per farlo, loro saranno sempre nel tuo cuore.”

“già, spero di riuscirci” taglia corto per non crollare a piangere, e io non so davvero cosa dire per tirarlo su di morale.

Esco mentre si veste, e mi rifugio in salotto, spiluccando biscotti glassati che ho trovato nella dispensa.

“Katniss che te ne pare? “ mi volto per guardarlo, è davvero strepitoso. La camicia bianca infilata nei pantaloni eleganti che cadono perfetti sui suoi fianchi lo slancia, facendolo sembrare ancora più avvenente di quanto non sia già. La giacca nera e la cravatta sottile dello stesso colore gli danno un'aria formale ed elegante che gli s'addice particolarmente.

“mi pare che vada benissimo” ammetto con la bocca piena.

“perfetto allora prendi tutte le tue cose e vieni con me, ti voglio mostrare il mio angolo di paradiso” faccio come dice e afferro borsa e giacca prima di scendere le scale fino al pianterreno.

“dove mi porti?” la mia curiosità parla da sola e lui prendendomi per mano mi fa passare da una piccola porta in ferro battuto. È completamente buio e mi sento persa senza la mano di Peeta nella mia mentre si allontana per accendere la luce. Le lampade illuminano il locale un poco alla volta: la panetteria che lui stesso ha costruito è davanti ai miei occhi.

È piccola, intima, il forno poco lontano dal bancone e dalla cassa. Le pareti sono interamente dipinte di bianco e azzurro e l'espositore ha forme davvero originali.

“Katniss, ti presento la mia gioia” nonostante nel suo tono manchi l'allegria e l'arroganza di sempre, percepisco l'orgoglio che prova per questo posto.

“è davvero stupenda” sono sbalordita dalla quantità di dettagli che poco a poco riesco a cogliere, rendono tutto molto più accogliente.

“peccato che non abbia i soldi per ristrutturarla” torna triste e mi domando se mai sua madre abbia visto questo posto, per rifiutargli un aiuto economico.

“ci sono tanti lavori da fare?”

“si, il reparto forno va rifatto da capo, il bancone e l'espositore sono troppo piccoli. Ed è da ridipingere tutto. “ mi indica i vari difetti con la mano

“hai tanti clienti?”

“abbastanza, anche se non è un bel posto i miei dolci e il mio pane hanno un discreto successo. Le mie torte piacciono più di tutto il resto però” spiega

“allora un giorno mi farai assaggiare una di queste torte ok?” lo guardo e gli stringo la mano che tengo saldamente incollata alla mia

“con immenso piacere” ricambia la stretta intrecciando le nostre dita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le quattro bare affiancate, davanti alle rispettive fosse scavate in questo prato ormai in fiore scatenano in me tanti, tantissimi ricordi. Al funerale di mio padre fui l'unica a non svenire della mia famiglia, ma la bara era una sola. Quanto può essere forte Peeta per affrontarne quattro, da solo, e stare in piedi comunque? Haymitch e Finnick lo sorreggono per tutta la funzione, hanno paura che possa sentirsi male. Tutti gli occhi sono puntati sul più giovane dei Mellark, che pur perdendo tutto deve continuare a vivere. Vedo i parenti e gli amici commuoversi e darsi sostegno a vicenda, asciugandosi le lacrime. Peeta invece non lo fa, non se ne cura nemmeno delle lacrime salate che rotolano giù fino al mento. Piange in silenzio osservando la sua famiglia mentre viene adagiata nel prato dove dormirà per sempre. Le spalle dritte e il mento alto mentre uno alla volta, lancia il primo pugno di terra sul legno laccato della madre, del padre, dei due fratelli. Lo vedo articolare qualche parola senza suono quando si inginocchia per dare l'ultimo saluto.

Quando il funzionario lo chiama, sono poche le parole che riesce a pronunciare con voce ferma, molte di più quelle distorte dall'emozione. Non importa se è tardi, è riuscito a dire la cosa più importante di tutte “io amavo e amerò sempre la mia famiglia, nonostante tutto. Vi voglio bene, vi prego statemi accanto adesso” e io sono immensamente fiera di lui.

 

 

 

 

 

 

Siamo attorniati di persone, che gli augurano ogni bene, io resto saldamente attaccata al suo braccio. Ci sono tutti gli amici di Peeta, la squadra di calcio, Plutarch e Effie, nonché parenti e amici dei suoi genitori e fratelli che lui nemmeno conosce. Delly si avvicina e ci abbraccia, anche lei deve aver pianto, lo si capisce dagli occhi rossi e lucidi.

“Pee mi dispiace così tanto” Delly è una donna dolcissima

“lo so D. “ sussurra lui all'orecchio della cugina mentre si stringono

“se c'è qualcosa, qualsiasi cosa che io possa fare, fammelo sapere” gli accarezza una spalla

“grazie, lo terrò a mente D.” si sorridono mestamente e si separano per dar modo alla folla di raggiungere il ragazzo orfano dei ricchi signori Mellark.

Un uomo alto e biondo, vestito di tutto punto raggiunge Peeta per ultimo e lo prende in disparte. Non posso seguirli perchè Annie mi prende per mano e mi conduce dagli altri ragazzi. Vedo da lontano arrivare Gale e Johanna mano nella mano.

“Katniss cara, come sta Peeta? Lo chiediamo a te perchè, sai com'è fatto, non ci direbbe mai la verità” la voce acuta della rossa mi fa sobbalzare

“bhè, ieri e questa mattina sembrava stare abbastanza bene, rideva anche. Poi quando ha visto le foto della sua famiglia è tornato triste” racconto, ma continuo a tenere lo sguardo fisso sulle mani dei due

“l'importante è che cominci già a riprendersi” sospira Finnick , che deve essersi accorto del mio sguardo truce verso la coppietta sorridente perchè continua sul mio orecchio

“smettila o gli incenerirai le mani a quei due. Che problema hai con loro?”

lo strascino via scusandomi con il resto delle persone e cerco di non dare nell'occhio mentre spiego i miei problemi ad un quasi, perfetto sconosciuto, ma va bene così

“ieri Gale l'ha lasciata così, in mezzo alla strada per venire da me, e ora sono di nuovo insieme?”

“si lo so cosa è successo, Jo mi ha raccontato tutto. Ma l'ha perdonato, dovresti fartene una ragione sai?”

“ah lascia perdere, non mi interessa cosa facciano” alzo le spalle e le mani in segno di resa e mi allontano per andare da Peeta, voglio vedere come sta. Ma qualcuno mi blocca

“Catnip” mi volto a guardarli mentre arrivano insieme

“ciao Gale, Johanna” sono seria e composta mentre parlo con loro

“Catnip posso parlarti di una cosa?” se proprio deve

“certo”

“io e Jo, stiamo assieme adesso” oh, è addirittura più di quanto mi aspettassi. Non potevano annunciarlo in momento peggiore comunque

“mi fa piacere per voi, ma mi pare un momento alquanto sbagliato per annunciarlo al mondo non vi pare?” protesto

“no Kat, lasciali fare. Mi fa piacere per voi ragazzi” Peeta mi ha raggiunto e mi cinge la vita con le braccia possenti. Lo sguardo omicida che leggo negli occhi di Gale è inequivocabile. Lui fa lo stesso con Johanna, sperando di ottenere qualcosa dal biondo, che però non arriva.

“grazie Mellark” il mio migliore amico bacia Johanna con foga davanti a noi, e quando si stacca cerca subito rabbia e gelosia in quegli occhi azzurri. Quello che trova invece è solo un occhiolino per la Mason.

Poi Peeta mi prende il mento tra le dita e posa le sue labbra sulle mie, un bacio che di casto e dolce ha ben poco in confronto al desiderio di vendetta che vi leggo dentro. È una gara a chi fa la pipì più lontano e, seppure in modi diversi, nessuno dei due vuole cedere.

 

 

 

 

 

Una volta saliti in auto abbiamo finalmente il tempo per parlare un po'

“Peeta che significava quel bacio di prima?” chiedo curiosa e seccata, non voglio essere usata da lui per farsi vedere

“significava solo che voglio far capire a Gale che sei mia “mi fissa mentre scandisce parola per parola, come a voler sondare la mia reazione

“io non sono tua!” gli faccio notare, non mi ha mai chiesto di esserlo

“ capisco, forse se te lo chiedo espressamente cambierai idea. Katniss vuoi essere la MIA ragazza?” sottolinea il possesso e non sono sicura della risposta che voglio dare

“non lo so, ci devo pensare” prendo tempo, e lui non sembra gradire ma non mi forza nella decisione

“bene, hai da fare oggi pomeriggio?” chiede tornando a guardare davanti a se

“no perchè?”

“l'amministratore nonché avvocato della mia famiglia mi ha spiegato che dovrei decidere se vendere o no la casa dei miei. Visto che in questo momento ha un buon valore sul mercato. Tutto quello che c'è dentro è automaticamente mio ora e dovrei andare a fare un inventario il prima possibile. Quindi ti va di accompagnarmi oggi stesso?” propone, mentre sporge il labbro inferiore nell'espressione dolcissima alla quale non si può dire di no.

“sei sicuro di farcela? Non sarà faticoso?” ha appena assistito al loro funerale, non credo sia una buona idea

“si che sono sicuro. Voglio farlo ora e togliermi il pensiero.” muove la testa convinto e io accetto.

“sto molto meglio ora che gliel'ho detto, spero solo abbiano sentito” un timido sorriso gli incurva le labbra.

 

 

 

 

 

Casa Mellark è semplicemente enorme. Sviluppata su quattro piani, con piscina e dependance. I saloni sono decorati con mobili antichi e i lampadari predominano sopra le tavole di mogano pregiato. Un maggiordomo prende le nostre giacche all'entrata e porge le sue condoglianze al ragazzo. Saliamo le scale con carta e penna alla mano e scegliamo a caso la stanza da cui partire. Sono talmente tante che non fa differenza da dove si comincia.

“vieni Kat, cominciamo da qui. Questa è la stanza di mio fratello maggiore Luke”

“ti seguo”

la camera è arredata perfettamente, spaziosa, e luminosa, al centro il letto matrimoniale, una porta nascosta nella parete conduce alla cabina armadio

“ma tutti avevate camere così enormi?” chiedo guardandomi attorno allibita

“no, lui si è preso la più grande, anche se non sono piccole nemmeno le altre. Poi ti farò vedere camera mia, sempre che l'abbiano lasciata tale e quale. “ comincia a spostare oggetti da tutte le parti e a catalogarli secondo una logica di cui non mi ha ancora reso partecipe.

Passiamo il pomeriggio a mettere in lista oggetti di tutti i tipi, sono le otto quando Peeta esce dalla cabina armadio di suo fratello mezzano Alan.

Un lembo della camicia esce dai pantaloni, le scarpe e la giacca sono state abbandonate all'ingresso, la cravatta allentata ancora al collo.

“senti Dolcezza, io vorrei fermarmi qua questa notte, domani mattina dovrebbero arrivare Finn e Annie con Johanna a darmi una mano. Se ti va puoi andare a casa, prendi pure la macchina.” sospiro, non mi va di dormire da sola questa notte, lo vorrei a casa con me.

“oppure puoi restare qua anche tu, a me farebbe piacere.” aggiunge e il mio cuore riprendere a battere speranzoso

“ma non ho nulla per cambiarmi e nemmeno lo spazzolino”

“non ti preoccupare, qualcosa qua si trova” mi sorride incoraggiante e vorrei sapere se è davvero contento che io rimanga.

“hai fame? Io si, molta.” lo assecondo e scendiamo in sala da pranzo.

 

Le cuoche ci hanno preparato uno stufato d'agnello favoloso, di cui ho finito due porzioni intere.

Risaliamo in camera di suo fratello per concludere il lavoro nel guardaroba, alle undici, dopo esserci accoccolati in divano per un po' di televisione.

“ehi Peeta guarda che ho trovato?” lo raggiungo in corridoio sventolando un paio di manette di peluche che ho trovato in uno scatolone tra i vestiti

“dove diavolo le hai trovate quelle?” ride seguendomi e sequestrandomele

“nello scatolone delle riviste di Alan.” spiego. Peeta svuota il contenuto della scatola per terra

“io tutta questa roba non la metto nella lista. Mi vergogno” sta contando il numero delle riviste dedicate ad un pubblico adulto che il fratello collezionava. Ridiamo di gusto tutti e due.

 

 

 

“vieni ti faccio vedere camera mia” mi prende per mano e mi porta nella dependance dove le domestiche hanno già provveduto a portare le nostre giacche e borse. In più c'è anche una shopper con un cambio per me nel caso volessi lavarmi.

“le domestiche pensano proprio a tutto” osservo imbarazzata, nemmeno a natale ho mai ricevuto intimo

“no in realtà ho chiesto io di passare a prendertelo. Ho capito stando da te che ti lavi tutte le sere e non volevo stravolgere le tue abitudini” sono stupita, e come sapeva la taglia?

“è un pelino invadente ma per questa volta ti ringrazio” gli lascio un bacio sulla guancia che lui accetta volentieri.

Osservo il resto della camera che è tappezzato di poster e disegni. Un paio di guantoni sono appesi al muro.

Il letto matrimoniale in un angolo ha le lenzuola candide in netto contrasto con le pareti arancioni.

“Dolcezza, questa è per te” esce dal guardaroba lanciandomi qualcosa che afferro al volo. È una maglia enorme, che userò come pigiama questa notte.

“ti devo aiutare con la cerniera?”chiede

mi tornano alla mente tutte le emozioni di questa mattina e, sperando non ripeta le stesse movenze, sono costretta ad accettare perchè da sola non ce la faccio.

Ma a lui, come al solito, non basta contraddirmi, deve anche sorprendermi.

Fa scendere la zip lentamente, mentre per ogni centimetro lascia un bacio umido sulla mia spalla, da dove ha spostato la stoffa dell'abito. Ogni bacio è un brivido nuovo finchè non resisto più. Mi volto e arrotolo la cravatta nella mano per avvicinarlo di più a me e baciarlo con foga. Se lui sta giocando con me, io posso giocare con lui altrettanto bene.

Le nostre lingue si incontrano, fameliche e giocano a rincorrersi mentre con il suo corpo mi spinge delicatamente sul letto. Ho perso qualsiasi brandello di lucidità, il mio intero fisico è controllato dai brividi che i suoi movimenti riescono a procurarmi. Mai avrei pensato di spingermi tanto oltre con qualcuno. Le sue mani afferrano i miei polsi e non so come ne quando mi ritrovo con un braccio ammanettato alla testiera del letto. Quelle stesse manette che io ho trovato sono diventate la mia rovina.

“che stai facendo?” è sopra di me, le sue labbra umide dai baci mi distraggono

“ti impedisco di scappare, è a questo che servono non credi ?” l'ironia di questa risposta mi manda su tutte le furie

“lasciami, aprile” mi dimeno ma riesce a bloccarmi

“tu rispondi, vuoi essere la mia ragazza? Va bene qualsiasi risposta e ti lascio andare” il suo sorriso sghembo cancella ogni cosa dalla mia mente, la sua bocca di nuovo sulla mia non mi lascia pensare.

“allora Kat?” sento il suo fiato sul mio collo mentre continua a baciarmi, sempre più giù verso la clavicola.

Voglio essere la sua ragazza? Forse si, ma voglio la mia libertà, non voglio appartenere a a qualcuno, voglio i miei spazi. Le cose sono compatibili? Non ne ho idea. Continua a farmi bruciare, a farmi percorrere da tremiti incontrollati, devo rispondere. Lo voglio? Si, dannatamente si.

“si Peeta” mi mordo la lingua per reprimere un sospiro incontrollato.

si ferma e mi guarda, indugia sui miei occhi

“si cosa?”

“si voglio essere la tua ragazza, ma ad una condizione” si acciglia

“sentiamo”

“ad ognuno i suoi spazi”

“era sottinteso dolcezza”sorride entusiasta

a quanto pare, le cose sono scontate più che compatibili. Esperienza zero, urge apprendimento.

“dalla tasca dei pantaloni tira fuori le chiavi e mi lascia liberi i polsi, che non ho il tempo di massaggiare. Con una spinta inverte le posizioni, ora sono sopra di lui. Le sue mani accarezzano le gambe, prima incerte, poi più audaci, ma è solo quando le sento sollevare il vestito dalle cosce che riprendo pieno possesso dei miei sensi e del mio corpo. So dove vuole andare a finire, e io non lo voglio.

“Peeta!” quasi urlo, sbarrando gli occhi e allontanandomi da lui

“che succede?” la sua voce fa trasparire tutta la confusione che sta provando

“ma che stavi facendo?! Mi avevi detto che da me non volevi nulla!” sbotto

sembra pensarci un attimo, poi comprende

“Katniss mi dispiace scusami. Io, non ho più pensato a nulla è stato tutto così”

“semplice, naturale” concludo io per lui. Ed è vero, è talmente semplice, talmente naturale da sembrare spaventoso. Non ne ha colpa lui, io ho risposto ad ogni suo singolo tocco. Non ho più pensato a nulla, e non posso permettere che accada ancora.

Imbarazzata sparisco nel bagno a farmi la doccia e a prepararmi per la notte.

Mi infilo sotto le coperte, poco dopo mi segue anche lui. Prima di addormentarmi noto che stiamo dividendo anche lo stesso pigiama, io la maglia, lui i pantaloni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

eccomi tornata finalmente! Capitolo lunghisssssimooooooo, spero vi piaccia! Tanti tanti baci per questo giovane uomo che è stato tanto male. Se li merita che dite?

Fatemi sapere cosa ne pensate vi prego!

Grazie mille a tutti per aver letto i capitoli precedenti e un grazie speciale a chi ha recensito!

A presto, prestissimo

 

vostra

 

Luckily

 

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Capitolo 21
*** fidati di me ***


 “sai che sei davvero magnifica questa sera piccola?” la sua voce ha una nota nuova, languida che mi fa irrigidire. Mi abbraccia da dietro mentre cerco di togliere via lo strato di trucco che Cinna ha creato su di me.

grazie” dico incerta guardandolo attraverso lo specchio, sento le sue labbra calde sul mio collo, la mano intraprendente tira i nastri che chiudono il corsetto del vestito

Peeta che stai fac” mi volta facendomi appoggiare la schiena sul bordo del lavandino e posandomi un dito sulle labbra non mi fa finire di parlare

shhh, rilassati piccola” espira premendomi con il suo corpo contro il marmo, con tocchi lenti ed esasperati scosta la spallina del mio vestito

ti fidi di me?” sussurra contro il mio collo

 

 

 

vorrei dire di si, si Peeta, mi fido di te. Ma ho così tanta paura, tremo sentendo le sue mani di nuovo sui miei fianchi, che mi accarezzano curiose sopra la stoffa azzurra, ma questa volta è diverso. Già altre mille volte sono stata oggetto delle sue carezze, ma mai come ora hanno scatenato brividi tanto intensi, e mi ritrovo ad odiarlo questo gesto, perchè mi rende vulnerabile, esposta nel profondo al suo penetrante sguardo ceruleo.

Deglutisco a fatica, pregando che capisca le mie intenzioni prima ancora che lo faccia io.

Riprende a baciare ogni millimetro di pelle lasciato scoperto dal vestito, piano, lentamente, tracciando talvolta umide spirali con la lingua sul mio corpo

“dimmelo Kat, ti fidi di me?” insiste, la voce roca dal desiderio

“si” espiro sul suo orecchio a fatica, mi fido di lui, ma non di me stessa. Non delle mie decisioni.

La sua bocca è subito sulla mia, i baci timidi non esistono più, il desiderio e la passione governano ogni suo movimento, mentre passa la lingua sulle labbra per farmele schiudere.

Mi fa sedere sul freddo piano di marmo del lavandino staccandosi da me per una frazione di secondo che sembra eterna, ho bisogno di lui come l'aria adesso, non ragiono più e mi perdo eliminando il resto del mondo al di fuori di noi due, delle sue mani su di me. Lo lascio fare, lui sa come comportarsi, e va bene così, riempio la breve distanza stringendo le gambe attorno ai suoi fianchi stretti, intrecciando le dita ai ricci sulla sua nuca, avverto il tocco lieve dei suoi polpastrelli sulle autoreggenti, è dannatamente piacevole e lui lo sa, perchè continua, gioca distrattamente con il pizzo bianco delle calze mentre le nostre lingue danzano frenetiche e affamate, cercandosi fino allo sfinimento. Vorrei controllare le mie emozioni adesso, per razionalizzare quello che sento, quello che sta succedendo, eppure non ci riesco, ogni frammento di lucidità è spazzato via dai baci di Peeta nel momento stesso in cui nasce. Ho gli occhi fissi su qualcosa che in realtà non vedo, mentre scende verso le clavicole baciando e sfiorando la pelle nuda con la punta del naso.

“Peeta” ora suona più come un mugolio indefinito che lui ignora. Posso fingere di non sapere qual è il suo obbiettivo, cosa gli sto permettendo di fare nascondendomi dietro quell'ingenuità di cui lui mi ha spesso accusato ma una parte di me è pienamente consapevole che se non lo fermo ora non ne avrò molte altre occasioni. O perlomeno dovrei dirgli a cosa sta andando incontro lui perché non credo vorrebbe continuare sapendo la verità.

Cerco di dare voce ai miei pensieri, ma le sue mani che curiose e intraprendenti si insinuano sotto il tulle della gonna esagerata mi fanno sussultare. Mi solleva senza sforzo posandomi le mani sulle natiche, cerco le sue labbra quando un nuovo calore dal basso ventre si irradia per tutto il corpo.

“Katniss” ansima facendomi tornare con i piedi per terra

“girati” sussurra dolcemente al mio orecchio e io obbedisco senza esitazioni. Piano mi scosta i capelli e tira i nastri del corsetto, sciogliendo l'unico nodo che teneva su il vestito. Tremo sentendo la stoffa scendere lungo il corpo lasciandomi in biancheria, quell'agitazione che prima non c'era ora si fa largo nel mio cuore, riverberando fino agli zigomi completamente arrossati . Si prende tutto il tempo per osservarmi, sentendomi in imbarazzo cerco di coprirmi come meglio posso balbettando sillabe senza senso che vengono prontamente ricacciate indietro

“non ci provare nemmeno, sei perfetta” Peeta è sempre così premuroso, così dolce, mi beo delle sue parole mentre mi spinge sul letto e scosta le lenzuola.

Gioco con il bordo della sua maglia che in breve tempo raggiunge il mio vestito sul pavimento. Mai avrei pensato che questo potesse succedere davvero, e invece eccomi qua, anche se praticamente inerme, in balia delle emozioni e di un ragazzo troppo bello per essere vero, per stare con me. O forse non vorrà stare con me, dopo che gli avrò detto che non l'ho mai fatto prima. Per la prima volta, ho davvero paura di un suo rifiuto. Ma se quello che so è vero, tanto lo scoprirebbe comunque e a quel punto sarebbe anche peggio.

“Peeta fermati” lo allontano controvoglia, e noto il disappunto nelle sue iridi azzurre, ma non dice nulla, si limita a guardarmi interrogativo

“devo dirti una cosa” esordisco timida, evitando di incrociare i suoi occhi

“se non vuoi, non fa nulla Dolcezza” mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

“non è questo” ha frainteso, e inspiro cercando il coraggio di continuare

“ecco io” balbetto “io”

“tu?” mi sprona

“io sono vergine” espiro coprendomi la faccia con le mani, aspettando che se ne vada rifiutandomi. Qualcosa mi scopre il visto forzando le mie braccia, lievi baci si posano sulla mia fronte

“non avrei potuto sperare di meglio” a questa parole spalanco gli occhi stupita anche dal tono dolce e allegro con cui vengono pronunciate. Il suo sorriso enorme e contagioso fa incurvare le labbra anche a me

“perchè? “ chiedo curiosa

“perchè lo sono anche io” cosa?! Mi vuole prendere in giro? Sembra notare la mia espressione sconvolta

“sono serio Kat. È la prima volta per entrambi. Sempre che tu lo voglia ancora ovviamente”

credo proprio di volerlo, a questo punto.

Mi limito ad annuire, un sospiro di sollievo esce dalle labbra rosse del biondo che riprende a baciarmi con più foga di prima.

Traccia linee immaginarie sulla mia pelle, scendendo verso il seno, seguendo con la lingua il contorno della poca stoffa ancora rimasta a coprirmi, poi giù sul mio ventre dove avverto il suo sorriso orgoglioso per avermi fatto sfuggire un gemito di piacere.

Le mie mani vagano sulla sua schiena, i muscoli tesi nello sforzo per non gravare con i suo peso su di me. Decido con un'audacia che non sapevo di possedere, di capovolgere la situazione, portandomi a cavalcioni su di lui, percepisco la sua eccitazione premermi addosso. Ricambio quello che lui ha dato a me poco fa, lasciando scie di baci infuocati che dalla sua bocca arrivano al collo, alle spalle, al petto. Il suo respiro pesante mischiato al mio si infrange sul mio viso quando, messosi seduto, cerca di liberarmi dal reggiseno litigando con i ganci. Solo ora, dopo la sua confessione, mi accorgo di come i suoi gesti, che prima consideravo sicuri ed esperti, risultino impacciati e istintivi, tanto quanto lo sono i miei. Gli prendo il volto tra le mani e ricongiungo le nostre labbra nel tentativo di facilitargli il compito.

Basta un attimo e la mia biancheria con i suoi pantaloni raggiunge il pavimento.

“sei sicura?” vorrebbe una conferma, ma intuisco che accetterebbe qualsiasi risposta. Ma io ho capito cosa voglio

“si, sono sicura, e tu lo sei?” in fin dei conti, questa decisione non riguarda solo me

“tu non sai nemmeno quanto. Ti amo, questo ti basta?” il mio cuore si ferma, perde uno, due, tre battiti. Mi ama. Ha detto che mi ama. Boccheggio alla ricerca dell'aria, non ero pronta a sentire questo.

“stai tranquilla, non devi rispondermi. Volevo solo che lo sapessi, cercavo solo di farti capire quanto sei importante per me” in quell'azzurro cielo, solo serenità, gioia, amore. Chissà se i miei occhi riescono a trasmettergli quello che provo per lui.

Mi rilasso, sentendomi finalmente importante, e inarco la schiena quando con le mani raggiunge la mia intimità, quando gioca con il mio seno ormai libero, stuzzicandolo per farmi, o meglio farci ansimare ancora di più. Perdo la cognizione del tempo, dello spazio, di tutto al di fuori di noi, del suo profumo, del suo calore, della sua lingua che dalla mia pancia scende sempre più giù portandomi un po' alla volta sull'orlo del baratro dal quale non vorrei più tornare indietro, incatenandomi ad una sensazione di cui vorrei liberarmi, esplodere, andarmene da quel piacevole limbo in cui mi ha confinato staccandosi da me, negandomi il paradiso.

Apro gli occhi, e lo vedo prendere qualcosa dal cassetto nel comodino, lo osservo in tutta la sua pienezza mentre torna da me.

“fermami se ti faccio male ok?” sorrido stringendolo sempre di più, pelle contro pelle, e tremo quando lo sento premere, farsi poco a poco spazio in me, dolcemente, come se fossi qualcosa di fragile, che può frantumarsi da un momento all'altro. E fa male, ma lui non lo deve sapere, perchè lo posso sopportare, perchè non deve distrarci. Tiro prepotentemente aria tra i denti mentre entra definitivamente in me, completandoci come pezzi di un puzzle che combaciano perfettamente. Ha la bocca socchiusa, gli occhi serrati, le guance arrossate, e potrei restare a guardarlo per sempre così, mentre ricomincia a muoversi prima lentamente, poi le spinte si fanno irregolari, rapide, rispondo ad ogni suo gesto con rinnovata passione, il dolore scema lasciando il posto a sospiri di puro piacere. Affonda in me un'ultima volta mentre raggiungiamo l'apice insieme e i nostri nomi pronunciati dall'altro non hanno mai avuto suoni tanto dolci.

 

 

 

 

 

 

 

Peeta è al telefono con Finnick che deve aver avuto problemi perchè abbiamo trovato undici chiamate perse quando ci siamo staccati. Mi accoccolo sul suo petto, inspiro il suo profumo nuovo che probabilmente abbiamo addosso tutti e due in questo momento, sa di noi e gli dona particolarmente così come i capelli arruffati e il sorriso ebete che ci aleggia in viso.

Mi accarezza i capelli con la mano libera, l'altra tiene il telefono incollato all'orecchio

“si Finn ho capito, mi dispiace” sospira, probabilmente si starà scusando per non aver risposto prima

“ma ero occupato. MOLTO occupato” sottolinea e lo vedo sgranare gli occhi per poi ridere

“ma gli affari tuoi mai? Tanto non te lo dico che impegno avevo” come se quel furbo non lo sapesse già. Le risposte di Finn mi sembrano prevedibili, fin troppo e io mi sento terribilmente in imbarazzo ora che questo non è più un nostro segreto.

“avanti dimmi perchè mi cercavi almeno” Peeta sbuffa, si alza ed esce dalla stanza coprendosi con il lenzuolo lasciandomi sola. Decido allora di farmi una doccia calda, so che è tardi ma non ho voglia di starmene qui da sola senza far nulla. Corro in bagno e apro il getto d'acqua, sorrido al pensiero di non aver nulla addosso da dovermi togliere. Mi spalmo sul corpo il bagnoschiuma profumato e friziono per bene, godendomi quella delicata schiuma bianca che mi avvolge, continuo, arrossendo nel ripensare a quello che è successo, gli sarà piaciuto tanto quanto a me? In fin dei conti io non ho fatto molto, che vergogna, magari l'ho pure deluso. Ero troppo impaurita e l'ho lasciato fare, apparte per pochi sparuti momenti di straordinaria intraprendenza che di certo non saranno bastati. Mi sento una stupida, una ragazzina spaventata, chissà cosa si aspettava da me. L'unico lato positivo è che lo avevo avvertito, e uomo avvisato mezzo salvato, sempre che in questa situazione valga.

“Kat? Ci sei? È una vita che sei la dentro! Va tutto bene? Guarda che entro se non mi rispondi” la voce di Peeta arriva ovattata alle mie orecchie, attutita dalla porta e dal getto d'acqua. Faccio sbucare la testa fuori dalle ante di vetro scorrevoli per guardare l'ora, mezz'ora che sono sotto la doccia, cavolo. Sto per rispondere ma la porta di spalanca di colpo

“Katniss va tutto bene?” è preoccupatissimo e io ridacchio davanti alla sua espressione

“certo” richiudo la doccia, fortunatamente appannata e comincio a sciacquarmi continuando a parlare col mio ragazzo

“mi hai terrorizzato sai? Pensavo stessi piangendo o chissà che” sbuffa

capisco cosa deve aver pensato perchè ricordo quello che mi ha detto Madge qualche tempo fa, anche lei dopo la sua prima volta si è messa a piangere. Quello che in assoluto non volevo e tutt'ora non voglio è pentirmi di aver fatto l'amore per la prima volta nella mia vita.

“io non stavo piangendo, cos'è adesso non ci si può più lavare in santa pace?” chiudo l'acqua

“passami un asciugamano per favore” faccio passare la spugna soffice attorno al corpo attorcigliandola sopra il seno e scendo dal piatto scivoloso. Peeta resta imbambolato a guardarmi mentre mi spazzolo i capelli

“dovresti uscire sai? Dovrei asciugarmi e vestirmi” metto le mani sui fianchi risoluta e gli indico la porta

“dopo quello che abbiamo fatto ti vergogni ancora?” inclina la testa di lato e sogghigna

“non è questione di vergogna, è questione di privacy caro mio, e in ogni caso, te lo ripeto per la millesima volta, non girerò mai nuda davanti a te, ne a nessun altro. E ora vedi di uscire” si incammina

“grazie” chiudo la porta alle sue spalle e mi vesto, in poco tempo lo raggiungo sul lettone matrimoniale ancora sfatto. Le lenzuola chiare sono macchiate da qualche gocciolina vermiglia che riconosco come sangue

“ehi, Peeta, ti ho fatto male prima?” non pensavo di averlo graffiato tanto da farlo sanguinare. Dall'armadio sta tirando fuori altre lenzuola, evidentemente anche lui deve essersi accorto delle macchie

“non è mio Dolcezza, è tuo” sorride mentre lo aiuto, perplessa a disfare il letto. Non capisco, non può essere mio. Poi mi tornano alla mente le parole della mia migliore amica. E così quello è effettivamente mio, la prova inconfutabile che non esistono più barriere a dividere me da Peeta. Mi si attorcigliano le viscere.

“stai bene? Sei pallida” prendo un profondo respiro mentre ripiego le lenzuola e mi ci infilo sotto

“si si tutto apposto” si stende accanto a me e mi accarezza i capelli, qualche sbadiglio sfugge dalle sue labbra subito seguito dal mio

“che voleva Finn?” domando curiosa. Lo vedo rabbuiarsi un attimo, guardare il soffitto, poi me

“nulla, non preoccuparti” non mi convince, c'è qualcosa di strano nel suo atteggiamento, vorrei continuare a parlarne per scoprire qualcosa di più, ma non ne ho il tempo

“vado a lavarmi io adesso, per quanto mi dispiaccia togliermi il tuo odore di dosso” ammicca e sparisce dalla mia vista.

Mi accoccolo sotto le coperte e inspiro il profumo di pulito che sanno le federe sui cuscini morbidi e faccio appena in tempo a sentire il materasso spostarsi sotto il peso del ragazzo, un bacio posarsi tra i miei capelli prima di addormentarmi.

 

 

 

 

 

 

 

Freddo, freddo gelido al posto di Peeta accanto a me. Mi alzo di scatto, mettendomi a sedere terrorizzata. Non può davvero essersene andato, non può essere stato così stronzo da avermi abbandonato dopo quello che è successo tra noi. Apro il suo armadio e afferro la prima maglia che vedo, fregandomene delle buone maniere, la infilo ed esco con il fiatone dalla stanza. Corro per tutto il corridoio, scivolo un paio di volte sul parquet lucido e sul pavimento dove è appena stata passata la cera, mi aggrappo al corrimano delle scale mentre scendo i gradini a due a due senza guardare dove metto i piedi. Se lo trovo giuro che lo ammazzo quello schifoso! Mi sono fidata e ora mi ha scaricato. Sicuramente starà aspettando che esca da casa sua per rientrare.

“buongiorno” mi accorgo della voce troppo tardi per evitare l'impatto.

Cado a terra, e ruzzolo giù dagli ultimi due scalini, sento un liquido caldo bagnarmi la maglia mentre imprecando mi massaggio la schiena

“porca miseria Katniss ti sei fatta male?” grugnisco in risposta sentendo chiaramente qualcosa di metallico cadere a terra

“tu te ne sei andato!” sbraito allontanandomi da Mellark

“non sono andato da nessuna parte” risponde tranquillo, allungandomi la mano per aiutami ad alzarmi

“non c'eri a letto quando mi sono svegliata! Stavi scappando non è vero?! Non volevi nient'altro che quello da me!” gli punto un dito contro inviperita

“ ma cosa ti salta in mente? Sei impazzita per caso?!” alza la voce anche lui prendendomi il viso tra le mani

“volevo farti una sorpresa facendoti trovare la colazione a letto appena sveglia, ecco perchè non c'ero! Ero in cucina sciocca” solo ora noto il vassoio a terra e il caffè versato sul marmo, i pasticcini sparsi qua e la. Come ho anche solo potuto pensare che se ne fosse andato? Abbasso lo sguardo, vergognandomi. Lui in risposta addolcisce il tono

“non me ne andrei mai, non dopo quello che c'è stato, non dopo una notte fantastica come quella appena trascorsa. Cosa devo fare per farti capire che ti amo?” arrossisco vistosamente e lo guardo di sottecchi. Si piega quel tanto che basta per appoggiare la sua bocca sulla mia, prima in un bacio dolce, poi sempre più profondo e passionale. Un briciolo di delusione mi torce lo stomaco quando si stacca.

“andiamo a fare colazione ora, dopo puliremo questo disastro” sorride e io di rimando poi mi prende per mano e mi strascina in cucina.

 

 

 

“perchè a me sembra tutto già così in ordine in questa casa?” parlo con la bocca piena, indicando Peeta con la punta del croissant

“perchè le domestiche stanno facendo per bene il loro lavoro, noi contribuiremo tra poco” spiega sorseggiando il suo caffè

“ma come fai a permettertele, ecco insomma, io avevo capito che non potevi più” cerco di non sembrare troppo invadente

“in realtà è una storia lunga, nel senso che tutti gli utili che le aziende di mamma percepiscono servono per pagare prima gli operai, poi i fornitori, e poi la casa. Solo dopo queste spese vengono pagati i debiti. Ecco perchè ce ne sono tanti. Io non posso cambiare l'ordine della distribuzione perchè è scritto sul contratto quindi mi devo adeguare. La casa e i domestici sono pagati finché l'attività avrà vita, quindi se da una parte sono apposto, dall'altra rinuncerei volentieri a qualcosa pur di risanare i buchi sul bilancio il prima possibile.” spiega serio, senza scomporsi

“capisco” è l'unica cosa vagamente sensata che riesco a dire

“ti riporto a casa appena abbiamo sistemato un po' o vuoi fare qualcos'altro prima?” domanda allegro

“in realtà, visto che domani mamma e Prim se ne vanno dovrei fare la spesa, e mi farebbe molto piacere se mi accompagnassi”

“si può fare” si alza e io con lui per tornare in camera, dove potrò togliermi questa t-shirt bagnata di caffè.

 

 

 

 

La mattinata passa velocemente, spostiamo mobili, sistemiamo il giardino, giochiamo a golf con i fenicotteri di plastica, spilucchiamo qualche stuzzichino avanzato dalla festa. Carico in macchina la montagna di doni, rigirando i pacchetti tra le mani senza capire come tante persone che nemmeno mi conoscono abbiano deciso di farmi un regalo.

“non mi hai detto cosa ti hanno regalato tua madre e tua sorella” sussulto quando sento le sue braccia cingermi la vita

“Prim mi ha regalato delle frecce nuove, vedessi che roba!” annuncio entusiasta

“e tua madre invece?”

“un vestito rosso spettacolare e l'arco di papà” mi mordo un labbro mentre lo dico, mi manca tremendamente quell'uomo

“dev'essere stato un padre fantastico” mi stringe di più a se

“lo era, lo era davvero”

“un giorno potrò venire a vederti tirare? “ l'espressione la cucciolo bastonato è incantevole quanto insidiosa

“non lo so” vacillo vedendo i suoi occhi farsi sempre più lucidi

“e va bene!” cedo e lui torna a comportarsi da adulto

“grazie” rientra in casa saltellando contento.

 

 

 

 

Il supermercato è gremito e Peeta fatica a starmi dietro con il carrello lungo le corsie, tra gli scaffali pieni di prodotti che continuo a inserire nella lista della spesa. Pane, latte, carne, affettati, yogurt, surgelati, verdure ogni scaffale contiene qualcosa che a casa mi manca.

“hai riempito il carrello Dolcezza, non credi che per il momento possa bastare?” il mio povero ragazzo sconsolato dovrà farci l'abitudine purtroppo. Rido di gusto

“non siamo nemmeno a metà!” lo prendo in giro

“cosa?!” sgrana gli occhi esterrefatto

“sto scherzando scemo, ho quasi finito. Mancano solo i dolci e le patatine da mangiare mentre guardiamo i film” si rinvigorisce sapendo che in questo argomento ha finalmente voce in capitolo

“prendi i pop-corn “ propone

“e se invece prendessimo le caramelle questa volta?” controbatto

“e se prendessimo entrambe le cose? “ suggerisce

“mi pare logico. Ci sto” sorridiamo come ebeti mentre i dolci da pagare aumentano inesorabilmente.

Siamo ormai alle casse, dove c'è una coda chilometrica

“quindi questa è l'ultima notte che passiamo separati per colpa della mia famiglia” rompo il silenzio tranquillo che si era formato tra noi. Si rabbuia di colpo, come se stesse ricordando qualcosa di spiacevole, è la stessa faccia turbata di ieri sera

“ehi è successo qualcosa? Sei strano” sussulta quando gli tocco la spalla, devo averlo distratto dai suoi pensieri. Scuote energicamente la testa e un sorriso che non coinvolge gli occhi gli incurva le labbra. Qualcosa deve pur essere successo invece.

 

 

 

 

Parcheggia l'auto sotto casa mia, mentre scendo mi afferra il polso e mi trattiene seduta, guardandomi dritto negli occhi. Quell'intensità nel suo modo di fare non l'avevo mai vista prima, e qualcosa mi dice che non porta nulla di buono

“Katniss, io e te, dobbiamo parlare”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

Sono in ritardissimo lo so, e chiedo scusa per l'ennesima volta ma questo capitolo è stato difficilissimo da scrivere, un vero travaglio. Almeno per la prima parte. È la prima volta che scrivo qualcosa di simile quindi vi chiedo di avere pietà di me e di darmi consigli se ne avete, sarebbero davvero davvero graditi. Spero che non sia tutto da buttare, e che almeno nel complesso anche questo capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere che ne pensate, così che possa capire dove migliorare.

Grazie infinite a chi segue questa storia e arriva alla fine di ogni capitolo! È davvero un onore per me avere parte del vostro tempo!

 

A presto

 

Vostra

 

Luckily

 

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Capitolo 22
*** compleanno da pazzi ***


È passato quasi un mese dagli Hunger Games e dalla tragedia che ha segnato Peeta nel profondo. La temperatura si sta lentamente alzando, il sole di maggio comincia a scaldare l'aria e gli animi. Gli allenamenti di calcio sono ricominciati, Marvel è tornato per fortuna così Gale non è diventato matto a cercare l'undicesimo uomo.

Peeta sta guarendo lentamente, in tutti i sensi, le fratture si stanno rimarginando e con sua immensa gioia qualche giorno fa ha deciso di rimettersi a cucinare, con discreti risultati. Anche il dolore per la perdita della famiglia sta facendo spazio ad una rinnovata voglia di vivere per dar loro motivo per essere fieri di lui. Ora che ha riacquistato un po' di autonomia ha deciso di tornare a casa sua, o meglio, nelle sue case. Passa la maggior parte del suo tempo sui registri contabili della famiglia per trovare una soluzione ai suoi problemi, e in quei momenti lo vedo talmente preoccupato che distrarlo è diventata la mia nuova occupazione. Qualche notte la passiamo ancora insieme, soprattutto quando la giornata è stata particolarmente difficile, e sappiamo che gli incubi ci faranno visita. Gli episodi, visti gli accadimenti, sono inevitabilmente aumentati e ogni volta che torna da me Peeta mi rivela sempre nuovi particolari della sua infanzia. Ho capito che per farlo rinsavire è utile tanto uno schiaffo di Johanna quanto un mio bacio, ma quello che mi stupisce di più è che alla vista di Junior Peeta si riprende all'istante. Contro ogni aspettativa, la vista dei bambini gli fa bene, sono come una medicina per lui, una volta mi ha pure detto il motivo “vorrei dare loro tutto quello che non ho avuto io” confermando tutte le ipotesi che lo vedono come un padre perfetto.

Oggi è il mio compleanno, ventun'anni di fuoco come li hanno definiti i miei amici, ventun'anni persi secondo Haymitch, simpatico come la sabbia nelle mutande, lui non si smentisce mai d'altronde.

Non mi è mai importato granché né dei regali né dei festeggiamenti, mi piacciono le cose semplici, mi sarebbe bastato passare questa giornata con mamma, Prim, Peeta e forse, dico forse, Haymitch, che ad ogni modo non avrebbe accettato l'invito. E invece, colpa dei dannatissimi occhioni dolci del mio ragazzo, sono stata costretta a partecipare ad una mega festa in mio onore che si terrà alla villa dove sarò attorniata da persone di cui nemmeno ricordo i nomi. Secondo la lista, in cui, per puntualizzare, non ho avuto voce in capitolo, gli invitati saranno all'incirca un centinaio. Nemmeno ai matrimoni c'è così tanta gente. Ho scoperto il lato megalomane della buffa compagnia in cui sono finita! Se all'inizio tutto questo sembrava comico e divertente, andare per negozi con Annie, Johanna, Madge e Prim per trovare i vestiti perfetti mi ha fatto ricredere completamente. Mia sorella è stata contagiata dal perfezionismo di Annie e dall'entusiasmo della Mason e io non ho avuto scampo. Per un intero pomeriggio sono entrata e uscita dai camerini di tanti, troppi negozi provando abiti che non ero io a scegliere.

Tutta colpa di Peeta, e me la pagherà, questa me la lego al dito!!

 

 

 

cerco di svegliarmi stropicciandomi gli occhi, fortunatamente è stata una notte tranquilla e rilassante nonostante soffra la lontananza del biondo ultimamente, Madge non mi avrebbe mai perdonato un bel paio di occhiaie viola

“non si abbinano con il tuo vestito” avrebbe detto. Mi scappa un sorriso mentre scendo dal letto per andare in bagno, che trovo però occupato. Mamma e Prim, appena hanno saputo della festa hanno deciso di fermarsi da me un paio di giorni, giusto il tempo per godersi una mini-vacanza in famiglia all'insegna del divertimento.

“Prim muoviti li dentro! Non sei da sola!” urlo ma la mia voce esce più gutturale del previsto e la fa solo ridere. Se avere Peeta per casa all'inizio era difficile, avere due donne che occupano un bagno solo lo è ancora di più

“adesso esco, ho quasi finito” la sua voce allegra di prima mattina è a dir poco fastidiosa, vorrei proprio sapere qual è il motivo di tanta felicità

“ma si può sapere che stai facendo li dentro?” mi accovaccio davanti alla porta, secondo i miei calcoli dovrò pazientare ancora un po'

“mi sto preparando per la festa! Devo farmi la piastra, truccarmi, mettere lo smalto” continua con la lista ma ho smesso di ascoltarla dopo la piastra

“tutto ora devi fare?” sbuffo e mi alzo, è meglio se me ne torno a letto, almeno li starò comoda

“eh si Kat, dopo il bagno servirà anche a te per prepararti e devi essere bellissima visto che sei la festeggiata! Ti servirà tempo immagino” risponde da dietro la porta ermeticamente chiusa

“mi bastano cinque minuti Prim” brontolo

“cosa?! Non ci credo, conoscendoti, in cinque minuti fai in tempo a lavarti e a farti quella solita treccia. Non ti farò uscire così lo giuro” la determinazione nella sua vocina, di solito dolcissima, mi spaventa. Sono stata colta in fallo, farmi la treccia era esattamente la mia intenzione. Mi avvio verso la camera borbottando invettive contro chiunque le abbia insegnato a prepararsi.

“Katniss tesoro hai dormito bene?” mamma ultimamente è molto premurosa nei miei confronti il che non fa che accrescere in me il sospetto che voglia qualcosa

“abbastanza mamma, tu?”

“abbastanza bene, grazie. Senti volevo chiederti una cosa” ecco, ci siamo, come pensavo

“dimmi” cerco di sembrare tranquilla e disinteressata

“ho notato che in giro per casa c'è qualcosa di strano, come se ci abitasse qualcun altro oltre a te” e si che ho cercato di far sparire tutte le tracce che quel furbo di Mellark aveva lasciato in giro. Non volevo che mia madre venisse a sapere che dormiva qua, ma che razza di fiuto hanno le madri? Se scopre qualcosa darà di matto, ne sono sicura.

“ehm, no mamma ti stai sbagliando, qui ci sono soltanto io” quanto vorrei saper fingere come Peeta in questo momento. Mi guarda storto come se non credesse pienamente alle mie parole poi però sorride e mi lascia tornare a letto. Sotto le coperte prendo il telefono e compongo il mio numero preferito.

 

“Pronto, qui Peeta Mellark, in cosa posso esserle utile?” scherza e io non posso che rispondergli a tono quando fa così

“buon giorno signor” faccio una pausa poi riprendo “come ha detto che si chiama scusi?”

“signor Mellark, ma per lei e solo per lei, in esclusiva per oggi che è il suo compleanno può chiamarmi Peeta il magnifico” percepisco il suo sorriso nella voce altisonante con cui fa riecheggiare il suo nuovo nome

“Peeta il magnifico, è banale! Ritenta sarai più fortunato” faccio schioccare la lingua sul palato in un gesto altezzoso

“ehi non vale! A me piaceva! Peeta- il -ragazzo -innamorato suona meglio?” addolcisce il tono, segno che sta smettendo di scherzare

“si mi piace molto di più” ammetto sincera

“allora piccola, tanti auguri!” sento il suono di un bacio provenire dall'altro capo del telefono

“grazie Pee”

“non c'è di che! Sei pronta per questa sera?” lui è sicuramente più emozionato di me

“ehm... più o meno” l'imbarazzo mi tradisce

“scommetto che sei ancora a letto vero?”mi rimprovera bonariamente

“si” sussurro, lui per fortuna ride

“ok, sbrigati, ci vediamo alle otto da me intesi?”

“certo, tanto sarò in ritardo come al solito” lo provoco

“non ci provare signorinella!”

“vedremo, a dopo” riattacco senza attendere risposta e con un sorriso ebete me ne torno a dormire.

 

 

 

“Katniss, Katniss svegliati!” mi sento scuotere con forza mentre sono costretta ad aprire gli occhi

“dai sorellona alzati! Ti prego Katniss” accontento mia sorella tirandomi su a sedere ancora mezza addormentata

“che vuoi Prim?” sbadiglio rumorosamente

“è l'una Katniss! È tardissimo e devi ancora mangiare! Sbrigati dai!” saltella ai piedi del mio letto, agitatissima ed eccitatissima per il grande evento

“va bene paperella adesso mi preparo” le scompiglio i capelli perfettamente lisci e conquisto finalmente il bagno.

Mi rilasso sotto la doccia insaponandomi per bene e strofinando, mentre la mia mente vaga e immagina come questa festa a tema potrebbe essere. L'idea è balzata in testa a Finnick dopo che ha sentito della mia riluttanza a onorare come si deve il mio compleanno: FESTA DI NON COMPLEANNO l'ha chiamata, ispirandosi ad Alice nel Paese delle Meraviglie. Ci hanno messo un'eternità per convincermi ma alla fine ho ceduto davanti alle loro suppliche. Io dovrei impersonare Alice, Finn si è scelto il ruolo del cappellaio matto, Annie sarà la sua inseparabile leprotta marzolina. A Johanna è stato assegnato il ruolo di Regina di cuori mentre per quanto riguarda Peeta, non è dato a sapersi, sarà una sorpresa dell'ultimo minuto.

 

Chiudo il getto d'acqua e mi asciugo per bene pettinandomi energicamente i capelli per togliere ogni nodo, me li intreccio su una spalla e mi dirigo in cucina. Mangiamo tutte e tre insieme raccontandoci del più e del meno, scopro che Alex è stato invitato alla festa ma non è potuto venire.

“tesoro vuoi aprire ora i nostri regali o preferisci aprirli questa sera?”

“mi piacerebbe aprirli ora mamma, dopo ho paura di non apprezzarli come si deve” sorrido e abbraccio la mia famiglia prima che spariscano per recuperare i pacchetti.

Sono tre in totale, tutti avvolti in carte dai colori vivaci che mi mettono un'immediata allegria. È in questi momenti che la mancanza di papà si fa sentire, ma con i preparativi per questa sera, quest'anno la malinconia non è stata troppo pesante.

“devi rompere la carta sorellona, altrimenti porta sfortuna!” sorrido a mia sorella guardandola di sottecchi mentre lascio perdere il mio minuzioso lavoro per strappare tutto l'involucro. Scopro con mio enorme piacere che Prim mi ha regalato un set di 5 frecce nuove di zecca in fibra di carbonio, chissà quanto le saranno costate, che andranno a sostituire le mie ormai logore. Mamma invece mi ha regalato un vestito rosso bello da mozzare il fiato, con cui capisco finalmente che ha accettato che sua figlia è ormai una donna. La terza scatola, dalla forma quantomeno strana attira la mia attenzione più di tutto il resto, ha un che di familiare ma non saprei dire precisamente cosa. È solo quando slego il nastro che avvolge il regalo che le lacrime, miste tra gioia e dolore cominciano a scivolare leggere sulle mie guance e sul mio sorriso che si va via via allargando ogni secondo che passa: l'arco di mio padre, consunto e allo stesso tempo maestoso riempie la mia mano come se fosse stato fatto su misura per me. Non so cosa dire vorrei solo che lui fosse qui con me ora.

“tuo padre voleva che lo avessi tu,nel giorno dei tuoi ventun'anni. Te lo avrebbe dato lui stesso se fosse ancora con noi.” anche mia madre si commuove e non esito nemmeno un secondo prima di abbracciarla

“grazie” sussurro al suo orecchio, mentre con la mano invito Prim ad unirsi a noi.

“vostro padre mi manca ogni giorno di più” la voce di mia madre ci fa sussultare, mi scappa un piccolo singhiozzo

“anche a noi manca tantissimo” le rispondo

“tanto ci sta guardando da lassù” Prim, nonostante tutto, è allegra. Lei ha davvero capito che papà non ci ha mai abbandonato.

“bene bando alle ciance, è ora di prepararsi” mamma scioglie l'abbraccio e si asciuga il viso mentre io porto i regali in camera mia.

 

 

 

Sono già le quattro quando comincio a sistemare l'occorrente per la trasformazione sul letto. Li fisso inebetita cercando di immaginarmi più simile ad Alice possibile ma non mi viene in mente nulla. Prim, per cui è stato inventato un ruolo speciale come sorellina di Alice, è già vestita nel suo abito ampio giallo e sta aspettando che mia madre si vesta per cominciare a truccarla. Mamma sarà una delle cortigiane della regina di cuori assieme ad Effie, il cui look, a mio avviso, non sarà stravolto più di tanto.

Bussano alla porta e non me ne curo finchè un'orda barbarica sfonda la porta di camera mia invadendo i miei spazi. Annie, Johanna, Madge che trasporta un trolley entrano seguite da un uomo sulla trentina, scuro di carnagione, dai lineamenti marcati, che non ho mai visto prima d'ora. Mi tende la mano possente che afferro con decisione da buona padrona di casa

“piacere, io sono Cinna”

“Katniss” rispondo gentile, poi mi rivolgo alle altre

“si può sapere che ci fate qui?” sbotto

“siamo qui per aiutarti pazzoide” Johanna e la sua naturale buona educazione

“e poi ci ha chiamato tua sorella” indica la porta da dove Prim sta spiando eccitatissima. La fulmino con gli occhi, ma lei fa spallucce entrando e sedendosi accanto ad Annie.

“aiutarmi in cosa per l'esattezza?” indago

“a prepararti cara, devi essere splendida questa sera. Ed è per questo che ti abbiamo portato il miglior stilista di sempre” la rossa indica Cinna con enfasi e solo ora mi torna in mente la descrizione che Peeta mi ha dato di lui qualche tempo fa. Sono proprio curiosa di vederlo all'opera.

“sei lavata? Hai tutti i vestiti?” Madge rompe il silenzio e apre la sua valigia immensa che scopro essere piena di trucchi e accessori per capelli. Ogni tanto questa ragazza mi spaventa, non lo nego.

“ho tutto e sono pulita, non preoccuparti” sbuffo, rassegnata. Spero solo riescano a rendermi davvero uno splendore perchè io, da sola, non saprei fare molto.

Per le due ore successive Cinna mi gira intorno spiegandomi il piano d'azione e modificando i suoi bozzetti per adattarli al meglio al mio fisico. Madge e Johanna ascoltano rapite la sua voce mentre io mi limito ad annuire non capendo quasi nulla del suo linguaggio tecnico. Quello che invece ho capito è che quest'uomo mi piace, mi sta simpatico perchè nonostante il suo lavoro, sa farsi i fatti suoi e mi lascia la mia privacy che apprezzo davvero tanto.

Finalmente alle sei entriamo in bagno io e lui mentre le altre si preparano, autonome, in camera mia e di mia sorella.

Sento i pennelli che vagano rapidi sulla mia pelle, come a dipingere una tela candida. Smetto di respirare per qualche secondo mentre traccia due linee perfette di eyeliner sulle mie palpebre. I capelli che scendono in morbide onde fino alle spalle terminano con dei piccoli boccoli sulle punte, sulla nuca un grosso fiocco azzurro completa l'opera. Ho il permesso di guardarmi allo specchio solo dopo aver infilato il vestito azzurro con la gonna assurdamente ampia al ginocchio e la traversa bianca sopra che caratterizza il personaggio principale del libro. L'immagine riflessa sullo specchio è incantevole, anche dal mio punto di vista. Se non fosse per il colore dei capelli, che invece di castani dovrebbero essere biondi, potrei essere scambiata davvero per l'Alice originale. Cinna ha fatto un capolavoro, il fiocco tra i capelli, i boccoli e le piccole lentiggini che dal naso si diradano sugli zigomi donano quel non so che di infantile, compensato dalle linee di eyeliner che rendono il mio personaggio molto più maturo dell'originale. Resto a bocca aperta mentre liscio le pieghe della gonna, appositamente modificata e ampliata con strati e strati di tulle che la rendono super-vaporosa.

Mi guardo attorno e davanti a me, la regina di cuori, la leprotta marzolina, la sorellina di Alice, e il ghiro hanno preso vita. Ognuno ha personalizzato il proprio travestimento e un ghiro così sexy non si è mai visto, Madge non cambierà mai , insieme ad una regina di cuori che di regale non ha proprio nulla. Questa festa sarà uno spettacolo! E non vedo l'ora di vedere in che cosa si sarà trasformato il mio uomo.

Prima di uscire di casa infilo un paio di parigine bianche, rigorosamente autoreggenti, e delle ballerine nere in vernice.

“Everdeen, mi secca dirtelo, ma sei davvero uno schianto sai?” questo complimento da parte di Johanna proprio non me lo aspettavo

“Grazie” sorrido emozionata prima di salire in macchina.

 

 

 

 

 

 

 

La villa è irriconoscibile. Ogni più piccolo anfratto è stato addobbato e sistemato in modo da creare la perfetta atmosfera del Paese Delle Meraviglie, ci sono foreste incantate nel salotto, prati di fiori parlanti all'ingresso, le scale sono diventate corridoi psichedelici verso un possibile mondo in superficie. Il giardino, pieno di gigantesche carte da gioco e fenicotteri colorati è preparato per essere il castello della regina cattiva. É una sceneggiatura da film e stento a credere che Peeta possa davvero aver organizzato tutto questo per me. Mentre cammino tra la folla che si congratula con me e mi fa i migliori auguri scorgo tavolate imbandite di ogni ben di dio, dolce e salato, non fa differenza, sono serviti in piattini decorati con bigliettini che riportano frasi come “c'è una pozione che ti fa rimpicciolire” o “ questa torta ti farà ingrandire” e ogni singola bibita è servita in fialette colorate chiuse da tappi di sughero.

Tutte queste persone sorridono e io poco a poco comincio a riconoscerne alcune, vecchi compagni di scuola, amici di Peeta che ho visto al funerale, ma di lui e degli altri nemmeno l'ombra. Continuo a cercarli tenendo per la mano Prim fino a che, all'improvviso, tutte le luci si spengono, lasciandoci nell'oscurità più totale. La prima ipotesi è che sia un blackout, poi però un solo riflettore mi illumina, Prim mi lascia sorridente la mano e si allontana, come tutti gli altri, da me di qualche passo. Mi sento spaesata e spaventata, non so cosa fare e nemmeno cosa aspettarmi, mi guardo attorno cercando di capire che succede. Ansimo, sono nel panico, non mi sono mai piaciute le sorprese, soprattutto se comprendono scherzi di pessimo gusto, e ho una pessima sensazione.

“E' tardi! È tardi! “ una voce alle mie spalle mi fa voltare automaticamente, ormai nella mia testa, non esistiamo altro che io e la voce che mi sta venendo incontro, trattengo il respiro.

“ È tardi! Sono in arciritardissimo!” nella cono di luce entra un saltellante Bianconiglio, dalla maglia a maniche corte bianca e il panciotto nero, l'orologio da taschino stretto nella mano guantata, i pantaloni eleganti cadono morbidi sui fianchi,con un bellissimo e paffuto pon-pon di lana bianca sul sedere, le orecchie bianche e rosa, uno teso uno piegato spiccano vistose tra i riccioli biondi, e io mi tranquillizzo all'istante, un clamoroso sorriso e un sospiro di sollievo esce dalle mie labbra tinte di rosso.

“Uh, poffare poffarissimo! È tardi! È tardi! È tardi!” continua imperterrito nella sua esibizione, un occhiolino mi convince definitivamente a lasciarmi coinvolgere e a partecipare. Non so quanta fatica sia costata a Peeta impararsi tutte le battute a memoria, ma io la mia parte la ricordo alla perfezione, non serve improvvisare

“Questo sì che è buffo. Perché mai dovrebbe essere tardi per un coniglio? Mi scusi? Signore! “ decido di rendere questa versione di Alice piuttosto impertinente, scatenando l'ilarità generale e l'espressione stupita del mio ragazzo

“Macché! Macché! Non aspettano che me! In ritardo sono già! Non mi posso trattenere!” è un attore nato, risponde a tono, senza alcun problema

“Dev'essere qualcosa di importante. Forse un ricevimento. Signor Bianconiglio! Aspetti! “ sta scappando dalla mia vista, voglio seguirlo

“Oh, no, no, no, no, no, no! È tardi! È tardi, sai? Io sono già in mezzo ai guai! Neppure posso dirti "ciao": ho fretta! Ho fretta, sai? “ corre via e io lo inseguo, mentre le luci si riaccendono una dopo l'altra. Non so dove sia sparito ma nel frattempo incontro il Cappellaio Matto che non ha informazioni sul Bianconiglio, e lo Stregatto, interpretato da uno spiritosissimo Haymitch vestito di viola a strisce e truccato in modo quasi irriconoscibile dalla ragazza di Cinna, Portia. Nella ricerca spilucco qualche dolcetto dal sapore meravigliosamente buono e sorseggio qualche pozioncina della crescita al gusto di fragola.

Mi sento tirare per un braccio, Gale è accanto a me vestito da guardia della regina

“hai trovato il Coniglio pazzo?” lo guardo interrogativa, e solo quando scoppia a ridere capisco che si sta riferendo a Peeta.

“lui non è pazzo” metto un finto broncio verso il mio migliore amico e lo seguo fino in giardino

“io ti dico che è pazzo, ma proprio pazzo di te, per averti organizzato una festa del genere” si guarda stralunato intorno per enfatizzare le sue parole

“non lo so, magari è solo un megalomane” ridiamo tutti e due di gusto, poi noto una cosa che poco fa mi era sfuggita

“come mai non sembri affatto geloso oggi?” chiedo incurante di quello che potrei scatenare con questa domanda

“sai Catnip, ho capito una cosa in queste ultime settimane” è serio e capisco al volo l'importanza che ha questo discorso e con quanta fatica lo sta pronunciando

“ho capito che non ero realmente innamorato di te solo quando ho incontrato Jo. Lei è particolare, unica, non che tu non lo sia ovviamente, ma con lei è diverso. C'è un fuoco che brucia in lei che mi attira, sono come una falena attirata dalla fiamma di una candela. Non so se puoi capirmi, ma mi sento contorcere le viscere quando sono con lei” è la prima volta in tutta la mia vita che vedo Gale Hawthorne arrossire.

“certo che ti capisco, e non sai quanto io sia felice per te, anzi per voi” ed è davvero così. Non c'è regalo più bello che il mio migliore amico potesse farmi.

“vieni Alice, la regina di cuori vuole vederti” mi trascina tra gli invitati e tra le carte da gioco.

 

 

 

 

 

“Fa' la riverenza quando pensi! Risparmierai tempo!” Jo è la regina più inflessibile che conosca, rido mentre, anche con lei, insceniamo un po' improvvisando, una piccola recita
“ Sì, maestade!”

“ Guarda in su. Appropinquati. E non intrecciare le dita! Raddrizza quei piedi. Riverenza! Apri la bocca un po' di più e dì sempre "siiiiii maestade!" cammina dondolandosi sulle punte e sventolando un fenicottero rosa da giardino tra le mani, dire che è una scena comica è un eufemismo.
“Siii... Maestade.”
“E ora... da dove vieni, e dove sei diretta?”
“Cercavo di ritrovare il Bianconiglio.” ed è quello che mi interessa davvero.

“credo che tu l'abbia già trovato” non è la Mason a parlare ma Peeta che porta, aiutato da Finnick e Gale una magnifica torta a quattro piani.

Resto basita, con la bocca spalancata vedendo quell'opera d'arte golosa glassata di mille colori. I piani asimmetrici sono decorati da mille soggetti diversi, ma quello che domina è il numero 21 in cima alla torta. Peserà una tonnellata tanto è grande, dovrà bastare per tutti. Vedo Prim saltellare dietro di me entusiasta di tutto quello che vede e la invito a soffiare con me sulle ventuno candeline, esprimendo un desiderio. Il mio non lo posso rivelare altrimenti non si avvererà! Per la prima volta mi sento in imbarazzo quando cominciano a cantare. La melodia classica però si trasforma presto in una scenetta comica tra il Cappellaio Matto, il Bianconiglio, la Leprotta bisestile, la Regina di cuori, lo Stregatto e il Ghiro.

 


Noi tutti abbiam un compleanno ogni anno
Ed uno solo all'anno, ahimè, ce n'è
Ah, ma ci son trecensessantaquattro non compleanni
E quelli preferiamo festeggiar
Ma allora oggi è anche il mio non compleanno!
Davvero?! Com'è piccolo il mondo!
In tal caso... Un buon non compleanno A me? A te!
Un buon non compleanno A me? A te!
Or spegni le candele e rallegrati perché...
... un buon non compleanno aaaaaaaaaaaaa te!!!

 

 

sono talmente buffi assieme che è impossibile non adorarli all'istante.

 

 

 

 

 

Aperta la montagna di regali, tra cui ho trovato oggetti di cui non sapevo nemmeno l'esistenza come ad esempio un trinciapollo elettrico, o un cuscino massaggiante, decido di andare in cucina, l'unico posto rimasto sobrio della casa, per restare sola con Peeta qualche minuto. Mamma e Prim non sanno della nostra relazione e per tutta la serata siamo stati costretti a non toccarci. Chiudo la porta alle mie spalle facendolo sobbalzare

“ciao Dolcezza” mi raggiunge in pochi passi aggirando il bancone e appoggiando le posate che stava asciugando. Mi attira a se passando la sua mano dietro la mia schiena per congiungere le nostre labbra nel primo vero bacio della serata. Mi beo di quel contatto, mordicchio lentamente le sue labbra facendolo gemere piano

“mi sei mancata piccola” sussurra mentre porto le mani sul suo collo

“grazie della festa Pee, è stata magnifica” arrossisco mentre i suoi occhi azzurri si fissano nei miei grigi

“mi fa piacere che si stata di tuo gradimento, all'inizio pensavo fosse un pochino esagerata” ammette e io ridacchio

“effettivamente lo era, ma è stata ugualmente fantastica, la miglior festa di sempre. E quel capolavoro di torta di chi era? Era squisita”

“mio, l'ho fatto io. Mi ci sono voluti due giorni per finirla ma ne è valsa la pena” sorride orgoglioso di se e io schiudo le labbra di rimando

“non serviva che ti affaticassi tanto”

“serviva eccome invece! Non sapevo cosa regalarti e ho pensato che farti personalmente la torta di compleanno fosse una buona idea” ammette

“non serviva che mi facessi un regalo, ma grazie lo stesso” torno a baciarlo facendo incontrare le nostre lingue, fameliche, vogliose di recuperare tutto il tempo perduto negli ultimi giorni.

“ehm, sapevo che non me la raccontavi giusta Katniss” mi stacco immediatamente da Peeta e vedo Prim sulla porta che mi guarda storto.

“Prim guai a te se racconti a mamma qualcosa” la minaccio, non deve parlare o quella donna darà in escandescenza

“dovresti dirglielo tu invece, ne sarebbe davvero entusiasta. Sono giorni che non fa che dire quanto le piacerebbe vederti con un ragazzo, come quel Peeta per esempio. L'ha detto lei, te lo giuro!” sono sorpresa e loro lo notano. Ora che la maggior parte degli invitati sono andati via magari potrei anche confessare tutto

“sul serio?”

“è la verità. Comunque ci sta aspettando, se vogliamo andare” esce dalla cucina lasciandomi interdetta.

“secondo me tua sorella ha ragione, dovresti dirglielo” Peeta mi incoraggia con un piccolo buffetto sulla guancia.

“e così sia” mi avvio verso al macchina e mi preparo in testa qualche frase per cominciare.

 

 

 

 

 

 

Non so come, non so quale strana divinità io debba ringraziare, ma non solo mia madre ha preso bene la notizia che io e Peeta stiamo assieme, ma mi ha appena dato il permesso di dormire qui, in casa sua. Ha specificato che dovremmo assopirci in camere diverse, ma non può controllare quindi credo che oltrepasserò senza remore i suoi limiti questa notte.

“davvero mamma posso restare qui?” chiedo incredula

“certo tesoro, così domani aiuti a sistemare. Ma fai la brava mi raccomando, tanto ci saranno anche gli altri vostri amici non è vero?” ah. Ecco dove sta il problema. Lei è convinta che non saremo soli.

“ehm” comincio ma la mia bugia viene prontamente interrotta da quella molto più convincente di Peeta

“certo signora Everdeen, Katniss starà nella stanza delle ragazze con mia cugina Delly, Annie e Johanna, non si preoccupi”

“ok a domani ragazzi e divertitevi” la macchina parte e vedo mia sorella farmi l'occhiolino orgogliosa. È stata lei a convincere mamma a farmi restare, adoro quella piccola peste.

Saliamo in camera ridendo ancora della nostra “innocente” bugia.

 

 

“Katniss” sono sulla porta del bagno quando Peeta mi ferma

“dimmi” mi si avvicina cauto, un pacchetto stretto tra le dita

“questo è il mio vero regalo per te. Volevo dartelo in privato, non so se ti piaccia in realtà”

mi porge la scatolina che apro con cura, portando alla luce una meravigliosa collana, come ciondolo una perla nera.

“oh mio dio Peeta è meravigliosa!” l'adoro. Sorride mentre si porta dietro di me scostandomi i capelli chiude la catenina attorno al mio collo

“è un sollievo sapere che l'apprezzi” lo bacio, non ho parole per descrivere come mi sento ora, felice, apprezzata, amata. È stato il compleanno più bello e strano della mia vita” tutto merito di questo ragazzo.

“sai che sei davvero magnifica questa sera piccola?” la sua voce ha una nota nuova, languida che mi fa irrigidire. Mi abbraccia da dietro mentre cerco di togliere via lo strato di trucco che Cinna ha creato su di me.

“grazie” dico incerta guardandolo attraverso lo specchio, sento le sue labbra calde sul mio collo, la mano intraprendente tira i nastri che chiudono il corsetto del vestito

“Peeta che stai fac” mi volta facendomi appoggiare la schiena sul bordo del lavandino e posandomi un dito sulle labbra non mi fa finire di parlare

“shhh, rilassati piccola” espira premendomi con il suo corpo contro il marmo, con tocchi lenti ed esasperati scosta la spallina del mio vestito

“ti fidi di me?” sussurra contro il mio collo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

finalmente un capitolo feliceeeeeee. Ok è letteralmente pazzo lo so! Perdonate la mia follia, ma la festa di compleanno di Kat non poteva essere banale e nemmeno la torta! Se vi fa schifo ditemelo, e se vi pare noioso avvertitemi.

Gale finalmente da delle spiegazioni degne di questo nome, ne siete contenti carissimi lettori?

Ditemi cosa ne pensate come al solito mi raccomando!

Grazie a tutti di essere arrivati fino in fondo a questi 21 capitoli!

Evviva le coincidenze mi sono accorta solo ora che compie 21 anni nel capitolo numero 21!!!! giuro che non l'ho fatto apposta!

 

Bene, non so che altro dire se non

 

UN BUON NON COMPLEANNO! A ME? A TE!

 

Ahahahah

 

detto questo

 

Alla prossima

 

sempre vostra

 

Luckily 

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Capitolo 23
*** non resisto se te ne vai ***


Parcheggia l'auto sotto casa mia, mentre scendo mi afferra il polso e mi trattiene seduta, guardandomi dritto negli occhi. Quell'intensità nel suo modo di fare non l'avevo mai vista prima, e qualcosa mi dice che non porta nulla di buono

Katniss, io e te, dobbiamo parlare”

 

 

 

 

Credo che “dobbiamo parlare” sia, in assoluto, la frase che induce più di tutto alla riflessione. Mentre lo guardo confusa, e mi rimetto seduta, penso a tutto quello che potrei aver fatto di male, a tutto quello che magari non ho fatto e che mi aveva chiesto. L'unica cosa certa è che con molta probabilità si tratta della scorsa notte, magari vorrà farmi qualche appunto.

“se ho fatto qualcosa che non va sappi che non era mia intenzione” mi metto sulla difensiva, per quanto io tenga a questo ragazzo, non sono abituata agli interrogatori e alle scenate e non penso che li sopporterò mai. Poggia i gomiti sul volante, si passa entrambe le mani nei capelli sbuffando sonoramente

“non si tratta di questo, non hai fatto nulla di male “ si copre gli occhi con i palmi delle mani. A questo punto, visto che non si decide a parlare mi faccio coraggio

“è per questa notte vero? Non ti è piaciuto” rossa in viso per l'imbarazzo guardo fuori dal parabrezza, almeno ora ho la possibilità di fugare i miei dubbi

“ma sei matta? Cosa ti viene in mente!” si acciglia voltandosi verso di me, stupito

“certo che mi è piaciuto Kat! “ aggiunge costringendomi a guardarlo

“e allora di che si tratta?” chiedo. Si incupisce sempre di più, si morde il labbro inferiore. Dev'essere qualcosa di molto importante se cambia d'umore in modo tanto repentino.

La risata nervosa che gli riesce ha un che di macabro, spaventoso

“non so nemmeno da che parte cominciare”

“da dove vuoi, non fa differenza, basta che ti decidi a parlare. Mi stai spaventando” lo esorto. Prende un respiro profondo, quasi a farsi coraggio

“parteciperò alla Quarter Quell” aspetta la mia reazione torturandosi le mani.

Sono sconvolta, questo però è ovvio, perchè non riesco a concepire l'idea che il mio ragazzo si vada a far massacrare un'altra volta dopo quello che ha appena passato. Cioè, la Quarter Quell non è altro che la versione mondiale dei già violenti Hunger Games annuali, vi partecipano, di solito, i campioni delle varie nazioni ed è uno spettacolo che trasmettono addirittura in televisione. Non si conosce il luogo in cui si combatte e bisogna essere espressamente invitati dagli organizzatori, che scelgono solo gli atleti più forti. È un massacro in piena regola, un abominio a luci rosse dedicato solo a chi non è debole di stomaco e in cui hanno già perso la vita almeno tre o quattro sfidanti, perchè non esistono regole e nemmeno la pietà dentro quell'arena. Quello che distingue la Quarter Quell è che i concorrenti devono presentarsi almeno sei mesi prima dei giochi per allenarsi insieme, in modo che ognuno conosca le abilità degli altri, il che tramuta tutto in un gioco di lotta e strategia, non solo forza bruta.

“io non credo” non serve nemmeno pensare, le parole escono senza filtri.

“cosa?” finge di non aver capito, ma io sono più che disposta a ripeterlo

“non credo proprio che tu parteciperai a quella cosa” la mia voce risuona di sicurezza

“io invece dico di si” arrogante e incazzato, binomio perfetto per la litigata perfetta. Ma non mi importa, lui non può tornare sul ring e lo devo convincere

“saresti solo carne da macello, e io non te lo permetterò” se vuole affrontare qualcuno, che affronti me.

“smettila di giudicarmi come un cucciolo ferito. Sono grande abbastanza per fare le mie scelte, e ho deciso di andarci.” stupido. Ecco cos'è, uno stupido.

“a quanto mi risulta tu non hai ricevuto l'invito, e poi non sei nemmeno nelle condizioni fisiche per affrontare una cosa simile. Non fingere di non saperlo, si vede da come cammini, alle volte ancora zoppichi. Come pensi di poter vincere?” gli punto un dito contro alzando la voce

“in sei mesi mi sarò rimesso completamente e la storia dell'invito non ti deve interessare” sbotta infuriato

“mi interessa eccome invece Peeta! Se non hai ricevuto l'invito vuol dire che proprio non hai speranze contro quelli” ho già un mano sulla portiera, pronta ad andarmene. Non voglio sentire nient'altro che riguardi gli Hunger Games.

“non mi interessa il tuo permesso, non mi farai cambiare idea.” scendo definitivamente dall'auto, indignata, afferro le borse della spesa e me ne vado senza nemmeno salutarlo.

Il motore si avvia alle mie spalle, le ruote stridono sull'asfalto mentre giro la chiave nella serratura del cancello. Digrigno i denti e nemmeno me ne accorgo, sono arrabbiata, sono delusa, sono frustrata, mi ha escluso completamente dai suoi progetti, come se per lui valessi meno di zero. Apro la porta cercando di trattenere le lacrime, non voglio che l'ultimo giorno di vacanza della mia famiglia sia rovinato dai miei problemi.

“sono a casa” urlo, sperando che la voce non tradisca quello che provo

“tesoro come è andata?” mamma mi corre incontro abbracciandomi e penso che se questo contatto durasse giusto un po' di più, tutti i miei sforzi sarebbero vanificati.

“benissimo mamma” non mi va di parlare, oggi anche meno del solito. Scappo in camera mia appena ne ho l'occasione, voglio stare da sola, sono stanca di fingere di stare bene.

Nel telefono, nessuna chiamata, nessun messaggio, niente di niente, ma non sarò io a chiedere scusa, non questa volta. È incredibile quanto ci assomigliamo in questi casi, testardi, orgogliosi, freddi, nessuno dei due cede per riavvicinarsi. Vorrei parlare con qualcuno, qualcuno che mi capisca, che mi conosca.

Sblocco il telefono dove campeggia beffarda la foto di me e Peeta durante la festa di ieri sera, bellissimi, quasi irreali, i volti dipinti da artisti spettacolari, sembra prendermi in giro, per ricordarmi che lo perderò, se non metterò presto da parte l'orgoglio.

Scuoto la testa, apro la rubrica, cerco, chiamo. Trattengo il respiro, e mai come adesso vorrei avere la forza di fare la cosa giusta, ma io sono Katniss Everdeen, e le scelte giuste, non le faccio praticamente mai.

 

“pronto Catnip” la voce di Gale è una stretta al cuore, non avrei dovuto chiamare lui, avrei dovuto chiarire con Peeta, ma non ci riesco

“ciao Gale” pungono gli occhi

“disturbo?” spero non sia con la Mason, non voglio rovinare anche il loro rapporto. Lo sento parlare con qualcuno dietro di lui poi torna

“sono con Johanna, ma non preoccuparti, dimmi tutto” il saluto della ragazza arriva ovattato alle mie orecchie, sono tranquilli, posso parlare.

“come stai?” chiedo

“io bene, e tu? È da tanto che non mi chiamavi” il suo tono scherzoso mi fa capire che non ce l'ha con me per averlo ignorato in tutto questo tempo

“mi dispiace di averti trascurato Gale” le parole si spezzano in un singhiozzo che avevo inutilmente cercato di trattenere

“Catnip stai bene? È successo qualcosa?” è preoccupato, e mi conosce abbastanza bene da sapere che non piangerei se non fosse per qualcosa a cui tengo davvero. Annuisco e sibilo un

“si” che coglie al volo

“ehi ehi ehi calmati, non starai mica piangendo vero? “ sa già la risposta

“dai raccontami cosa è successo” prendo un profondo respiro, ormai non posso più tirarmi indietro

“Peeta parteciperà alla Quarter Quell e io non so cosa fare per convincerlo a non andarci” spero mi capisca tra i singhiozzi

“ sul serio? Allora alla fine ha deciso quell'idiota” non capisco, lui sapeva già tutto?

“non chiamare Peeta così” è comunque il mio ragazzo e non ha il diritto di insultarlo

“scusami, non mi riferivo a lui. è che Jo me l'ha raccontato e non ci credevo, ma da quello che sapeva lei Odair non aveva ancora deciso cosa fare” Finn?

“cosa c'entra Finnick con tutto questo?” indago

“come sarebbe a dire cosa c'entra?! Non te l'ha raccontato?” è stupito, e io sono costretta ad ammettere di essermene andata senza aver lasciato che il biondo mi spiegasse per bene le cose.

“non mi ha spiegato nulla, non gliene ho dato modo”

“te lo spiego io allora. Hanno invitato Odair in quanto campione degli Hunger Games, Peeta gli ha chiesto di cedergli il posto visto che con Junior non ci sarebbe potuto andare, ma, come ti ho già detto, fino ad oggi non aveva preso una decisione.” è calmo e in quei pochi silenzi sento Johanna borbottare indistintamente. E così l'invito l'ha avuto Finn, e l'ha passato a Peeta. Sarei tentata di fiondarmi a casa di Annie per prendere a botte quella testa calda di suo marito che ha permesso al mio ragazzo di andare a morire. Già, morire. Le lacrime scendono copiose quando saluto Gale, e riaggancio, affondo la testa nel cuscino, che ha ancora quel sentore dolce del profumo di Peeta, di pane, di zucchero, di buono.

“Katniss, tesoro mio, è pronta la cena” mia madre bussa piano alla porta, la stanza è completamente buia, somiglia al mio umore nero. Sento i cardini cigolare, i passi farsi sempre più vicini, il materasso piegarsi sotto il peso di questa donna speciale. Mi accarezza la testa e scosta i capelli appiccicati al volto dalle lacrime salate che ancora non accennano a fermarsi.

“mi vuoi raccontare cosa è successo? Ti ha fatto qualcosa che non volevi?” la voce dolce e comprensiva è come balsamo per il mio cuore a pezzi

“no mamma, lui non lo farebbe mai, ha detto che mi ama” sospiro rassegnata

“è una cosa bellissima amore mio, perchè stai piangendo?! Dovresti essere al settimo cielo, Peeta è un ragazzo fantastico o mi sbaglio?”sorride, cercando di tirarmi su di morale, ma l'effetto su di me è l'esatto opposto.

“è forse la persona migliore che conosca. È buono, premuroso, dolce” non lo avevo mai descritto così prima d'ora, nemmeno a me stessa, eppure questi tre aggettivi messi assieme lo descrivono bene, e ne sento già la mancanza. Non voglio che parta.

“ma se ne andrà presto” aggiungo, prima che lei possa aggiungere altro.

“se ne andrà? E perchè dovrebbe farlo? Dove dovrebbe andare?” non capisce quanto seria sia la situazione, ma non posso spiegarle degli incontri di pugilato, delle competizioni internazionali, dei massacri ingiustificati.

“va via per sei mesi, forse di più, e non c'è modo di fargli cambiare idea.” mugolo tirando su col naso

“vorresti andare con lui?” mi coglie alla sprovvista, non avevo mai preso in considerazione l'idea di partire

“non lo so”

“senti tesoro, potrà sembrarti strano da parte mia, ma so cosa vuol dire essere innamorati. Non credo che nemmeno per lui sarà facile lasciarti per tutto questo tempo, quindi se vuoi seguirlo, io sarò dalla tua parte.” mi abbraccia e mi stringe forte dandomi tutto il sostegno di cui ho bisogno, non voglio che se ne vada né domani né mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Katniss” mi rigiro dall'altra parte del letto, non può essere già mattina.

“sorellona alzati, hai ospiti” ospiti, è talmente presto che non mi ricordo nemmeno che vuol dire la parola ospiti

“Prim torna a dormire, è ancora presto” brontolo tenendo su le coperte sopra la testa

“non è presto, sono le otto. E comunque c'è qualcuno per te” chi mai potrebbe essere a quest'ora? “

“va bene ora mi alzo, vatti a preparare Paperella che sennò la mamma si arrabbia, sai che ama la puntualità” le do una spinta leggera e lei sorridendo se ne va. La porta, come al solito cigola sui cardini, ma sta volta non si chiude, non subito almeno. Resto zitta, fingendo di dormire, nel buio della mia stanza, aspettando che il nuovo arrivato o la nuova arrivata si esponga. Le coperte dall'altro lato del letto vengono spostate, qualcuno ci si infila sotto, quelle braccia forti che riconoscerei ovunque, mi circondano, mi proteggono. Peeta ha messo da parte l'orgoglio prima che lo facessi io, ancora una volta, si dimostra migliore di me.

“so che sei sveglia” il sussurro contro l'orecchio genera brividi che corrono liberi sulla mia pelle.

“mi dispiace per quello che è successo ieri, sapevo che l'avresti presa male. Ma non mi hai lasciato spiegare perchè lo devo fare” mi giro, voglio guardarlo in faccia mentre parla. Sono ancora stretta tra le sue braccia, e inspiro dall'incavo del suo collo il suo inconfondibile profumo

“non ora ti prego” lo supplico, voglio salutare mamma e Primrose col sorriso. Mi prende il viso tra le mani grandi, con il pollice sottolinea le mie occhiaie

“non hai dormito molto vero? Hai pianto” mi posa un bacio sulla punta del naso.

“nemmeno io ho dormito. Ma ti prego, non piangere più per me, non ne vale la pena” continua perché non sa l'effetto che ha su di me, non si rende nemmeno conto di essere l'unico ragazzo a cui ho concesso la parte più profonda della mia anima, la quintessenza di ciò che sono davvero.

Controvoglia mi stacco da lui, vado in bagno a prepararmi e già il calore del suo corpo contro il mio mi manca, inaspettatamente mi mancano le sue carezze e il suo desiderio nei miei confronti. No, non posso permettergli di lasciarmi.

 

 

 

 

 

 

 

“mi mancherai Katniss” mia sorella mi getta le braccia al collo e io la stringo a me, le voglio un'infinità di bene, è sempre doloroso separarmi da lei dopo aver passato assieme qualche giorno come ai vecchi tempi. L'unico rimpianto che ho del non essermi trasferita è che non la vedo crescere.

“abbi cura di te tesoro mio e dimmi cosa scegli di fare” mamma ci raggiunge e completa finalmente l'adorato quadretto di famiglia.

“grazie di tutto, grazie dei regali, grazie grazie grazie” non voglio che se ne vadano, le trattengo attaccate a me.

“ci vediamo presto intesi? Promesso?” domando fiduciosa

“promesso” rispondono in coro.

Raccolgono tutte le loro cose e una volta salutato Peeta chiudono le portiere dell'auto e partono.

Stringendomi nelle spalle osservo il veicolo allontanarsi, fino a sparire, accompagnato da un sospiro, alla mia vista. Il freddo che sento ora non viene da fuori, ma sboccia da dentro, invadendo ogni mia cellula, fino ai confini più remoti del mio essere. Il calore di quei muscoli tesi, di quelle braccia amorevoli che mi avvolgono e che ho imparato a conoscere bene è l'unica cosa che possa dare conforto al mio animo, e sono convinta di poter collassare, se Peeta non cambia idea, se lui parte davvero.

“ehi Dolcezza rientriamo?” la voce roca del biondo mi risveglia dai miei pensieri, ricordandomi che abbiamo di che discutere, vuole darmi delle spiegazioni che sarò ben lieta di ascoltare.

Annuisco convinta strofinandomi le braccia con i palmi delle mani. Saliamo le scale in silenzio, senza fretta, girando con calma le chiavi nella toppa, aprendo la porta cautamente, per proteggermi dall'ondata incontrollata di malinconica nostalgia che potrebbe assalirmi da un momento all'altro

“allora, ti va di fare colazione?” chiedo, tentando di intavolare una semplice conversazione

“mi piacerebbe molto” il tono allegro e il sorriso non coinvolgono l'azzurro splendido dei suoi occhi. Raccatto per la cucina tazze, pane marmellata e il latte e lo sistemo per bene sulla penisola delle cucina facendo un po' di spazio per entrambi, spalmo sulla fetta burro e confettura e la porto alle labbra ingolosita

“penso che tu ora possa riprendere il discorso di prima” mi guarda accigliato e confuso dalla schiettezza della mia affermazione. Deglutisce a fatica ma alla fine parla

“senti Katniss, mettiamo bene in chiaro che non sono felice di partire”

“e allora non farlo” mi sembra talmente ovvio che le parole mi escono da sole, irritandolo

“devo farlo” sottolinea le due parole con un tono duro, non proprio familiare

“no che non devi, nessuno ti costringe” ed è vero, nessuno vorrebbe mai vederlo combattere di nuovo. La sedia stride sul pavimento pulito mentre viene violentemente calciata indietro. Ora mi guarda minaccioso dall'alto in basso, il boccone mi va di traverso

“è la vita stessa che mi costringe cazzo! Pensi che mi diverta a prenderle? Dimmelo Katniss?!” urla rabbioso, paonazzo in viso

“qualsiasi sia il motivo sono certa che c'è un altra soluzione” rispondo convinta, alzandomi e prendendogli il viso delicatamente tra le mani, ma lui non mi guarda

“Peeta, guardami per favore” quasi lo supplico “qualsiasi cosa sia la superiamo insieme, ce lo siamo promessi ricordi?”

il suo respiro che si infrange sulla mia pelle, affannato dalla rabbia, dall'impotenza

“Katniss ho sei mesi per sistemare i conti, sennò mi tolgono tutto! Come pensi che possa riuscire a fare tutto in così poco tempo? Se vinco la Quarter Quell avrò un vitalizio che mi permetterà di uscire dai casini. Non ho nulla da offrirti adesso, che razza di uomo sono se non riesco nemmeno a darti una buona ragione per stare con me?” ha gli occhi lucidi ma l'orgoglio gli impedisce di piangere

“tu mi dai un sacco di buoni motivi per stare con te, sceglierei sempre te, non mi interessa cos'hai adesso, cosa avrai in futuro! Voglio te, il resto può aspettare. Resta con me ti prego, non resisto se te ne vai, non posso vederti combattere ancora.” faccio aderire i nostri corpi, in un gesto impetuoso e istintivo dettato dal bisogno di fargli sentire la necessità che ho di lui. Non sono brava con le parole, magari così riesce a capirlo. Mi cinge la vita prepotentemente

“Katniss” affonda il viso nei miei capelli, inspira, poi scende sul collo, lo bacia disperato, come se fossi la medicina a tutti i suoi problemi

“Peeta resta qui, ti supplico” è un gemito, sta già giocando con il bordo della mia maglia

“non posso, devo andare, ti prego non farmelo pesare ancora di più” toglie la stoffa che separa il mio seno dal suo petto, prima la mia maglia, poi, veloce, la sua.

“c'è un modo per farti restare?” sospiro mentre scende a baciale le mie clavicole

“no Kat, nessuno” mi spinge sul divano, è su di me

“quando partiamo?” se non può restare, andrò con lui.

“tu non vai da nessuna parte. Io ho l'aereo tra una settimana” ansimo, nemmeno nei miei incubi peggiori avevo così poco tempo per stare con lui

“io vengo con te” fisso i miei occhi nei suoi, risoluta

“assolutamente no, quello non è posto per te” ignora la mia serietà, giocando con il mio seno ormai libero

“nemmeno per te se è per questo” biascico

“vuoi ancora parlarne? Ti ho già detto come stanno le cose. Sono costretto” si stacca da me, visibilmente infastidito

“chi verrebbe con te, se non io?” incrocio le braccia al petto, per coprirmi, per farmi coraggio

“nessuno. Non voglio nessuno. È così difficile da capire?” Sbuffa

“si, è inconcepibile. Guarda come ti sei ridotto contro Finn, ti farai male e tu vuoi stare da solo? Come pensi di fare?” il mio sarcasmo accende la sua ira

“mi arrangerò, non posso chiedere a Finn di venire con me, ha un figlio a cui badare e mai e poi mai priverei quel piccolo angelo di suo padre, Haymitch ha la cantina e un matrimonio in programma, i miei problemi non lo riguardano, Johanna ha Gale ora” spiega ma lo interrompo

“ci sono io”

“non voglio che tu venga” scandisce ogni singola parola con una furia omicida

“perchè?!”

“perchè metterei anche te in pericolo! E non voglio mettere a rischio la cosa più bella che la vita mi abbia mai dato” sbraita

“io verrò, che tu mi voglia o meno. Non ti lascio andare da solo” potrebbe succedere di tutto, ma sarò abbastanza forte per affrontare il destino, per lui.

“sei svenuta agli Hunger Games e per fortuna c'era Gale a proteggerti. Io questa volta non potrei fare nulla per te, sarò chiuso in un'arena. La gente che circola la, è la più pericolosa che esista. TU NON VERRAI” mi blocca il mento con le dita e mi guarda negli occhi, arrabbiato e risoluto

“oh puoi stare certo che verrò invece” gli rispondo a tono, beffarda

“oh no dolcezza, tu te ne resti qua, puoi giurarci” arrogante, arrabbiato, testardo, altruista, buono, coraggioso, e può essere anche così dannatamente sensuale? Mi sto distraendo ancora, non posso dargliela vinta così facilmente, anzi, non posso dargliela vinta affatto.

“vedremo” il mio sguardo potrebbe incenerirlo

“vedremo” il suo non è da meno.

Mi alzo, cerco la maglia sul pavimento e la infilo, senza curarmi del reggiseno. Sbatto qualsiasi porta mi capiti sotto tiro, perchè dev'essere così orgoglioso? Perchè si ostina a preoccuparsi per me? Io sono Katniss Everdeen e non ho mai avuto bisogno della protezione di nessuno, nemmeno della sua. Mi è entrato nell'anima, si è preso il mio cuore, ha conosciuto la parte migliore di me, e ora dovrei permettergli di andarsene? In nome di che cosa? Di un futuro migliore? Bhé, con pazienza può costruirselo anche qua quello, ha tutte le capacità per farlo. Sei mesi, sono tantissimi. Ma io andrò con lui, non mi interessa cosa pensa, scoprirò dove si terranno i giochi e lo seguirò, costi quel che costi. Non voglio vederlo massacrato in diretta tv a migliaia di chilometri di distanza da me. Sono morte delle persone, in quell'arena, molto più preparate di lui, e il pensiero di una sua imminente dipartita fino ad ora, non si era mai fatto strada tra nella mia mente. Sento il rumore pesante dei suoi piedi nudi sul pavimento, mi cinge la vita

“potresti morire” tremo al solo pensiero, lo dico più a me stessa che a lui

“non succederà, mi arrenderò prima te lo prometto”

“perchè Finnick te lo lascia fare?!” sono tremendamente arrabbiata con Odair

“perchè l'ho obbligato. Ho chiamato l'organizzatrice degli Hunger Games, e la Coin ha costretto Finn a lasciarmi il posto. Lui non voleva”

“sarebbe stato meglio se l'avessi ascoltato” gli getto le braccia al collo giocando con i riccioli biondi, solleticandogli il collo prima con la punta delle dita, poi con la punta della lingua

“una settimana, potevi anche avvertirmi prima” sussurro mentre cerco di slacciare la cintura che gli tiene i Jeans aderenti ai fianchi stretti

“l'ho saputo solo ieri sera, me l'ha detto Finn al telefono. Se lo avessi saputo prima probabilmente non avrei permesso che la nostra storia arrivasse a questo punto” si riferisce senza ombra di dubbio al sesso, o meglio all'amore, perchè tra le due cose c'è una differenza enorme. Si stende sul letto alla mia più piccola spinta, mi sistemo su di lui baciando ogni centimetro di pelle lasciata scoperta dalla maglia. Gioco con il bottone dei suoi pantaloni sfiorando piano con la mano l'erezione che pulsa prepotente sotto di me. Si morde un labbro impedendo a qualsiasi suono di uscire da quella bocca rossa dai baci, ma mi lascia fare, affondando le unghie nei miei fianchi.

“Kat, amore, mi stai torturando così lo sai?” ansima

Amore, suona talmente dolce detto da lui, mi scalda il cuore e sorprendentemente, mi piace essere chiamata così. Amore. Amore. Amore. Continua a rimbombare nelle mie orecchie, nel mio cervello che lo analizza da ogni angolazione, sotto ogni sfaccettatura.

“facciamo che ora torturo io un po' te ok?” sorride languido, sfilandomi la maglia e sollevandomi da lui quel tanto che basta per togliermi l'ultimo lembo di stoffa che mi divideva dalla nudità. Non sento più l'imbarazzo di ieri sera, è tutto così uguale eppure così diverso, come se ci conoscessimo già, e allo stesso tempo dovessimo scoprire nell'altro la maggior parte delle cose. Adrenalina, Eccitazione è tutto quello che sento ora, mentre lui si diverte a giocare con me,in me, con dita curiose, dove nessun altro prima era mai arrivato, e il mio respiro si fa pesante imitando il suo. Mi lascia andare solo quando l'orlo del precipizio si staglia davanti a me, ribaltando la situazione. Lo guardo stordita mentre, allontanatosi da me, cerca qualcosa

“che stai facendo?” mi puntello sui gomiti per vedere meglio, sento le guance andare a fuoco

“cerco i Jeans “ è sbrigativo

“a che ti servono?” domando curiosa, anche un po' scocciata ad essere sincera

“ho i preservativi dentro amore, non credo proprio tu voglia rischiare” trovato quello che cercava, torna da me. Meno male che ci ha pensato lui, a me non è passato nemmeno per l'anticamera del cervello.

Riprende a baciarmi, prima lentamente, poi la frenesia e il desiderio hanno la meglio su di lui, e di conseguenza su di me. Prima piano, poi accelerando, perdendo il controllo, torna a completarmi, assaporando la piacevole sensazione di amore misto a soddisfazione con gli occhi serrati e le labbra schiuse, curvate in un dolcissimo sorriso.

Lo osservo abbandonarsi alle emozioni, e lo imito, perchè non voglio perdermi nulla di lui, voglio lasciarmi pervadere dal mio pezzetto privato di paradiso, prima che tutto questo,nel giro di qualche giorno, si trasformi in un inferno.

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

Mi dispiace enormemente per tutto questo ritardo, è stata una settimana intensa per via della scuola e il tempo che trovavo libero non era mai abbastanza per riuscire a pubblicare. Spero che il cambio del rating non abbia dato problemi a nessuno, ma dovevo farlo, per come stanno andando le cose tra i due piccioncini. Sul serio, io li adoro, in qualsiasi versione.

Comunque, come al solito spero che il capitolo sia piaciuto, ripagando almeno un po' tutta questa attesa. Vorrei sapere cosa ne pensate, cosa ve ne pare della storia, se vi fa schifo, se vi intriga in qualche modo, se vi incuriosisce o che altro.

Nuovamente, ringrazio tutti coloro che seguono questa long, la mettono tra le preferite e la recensiscono.

Grazie di essere arrivati fino in fondo, vi prego non uccidetemi per quello che sto facendo succedere.

 

A presto, spero prestissimo

 

vostra

 

Luckily

 

 

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Capitolo 24
*** libertà ***


Lo osservo abbandonarsi alle emozioni, e lo imito, perchè non voglio perdermi nulla di lui, voglio lasciarmi pervadere dal mio pezzetto privato di paradiso, prima che tutto questo,nel giro di qualche giorno, si trasformi in un inferno.

 

 

 

- 4

 

 

 

“dolcezza dovresti smetterla di brontolare sai? La mia proposta sembrerebbe allettante per chiunque, mentre tu sei talmente acida e frigida che non vuoi passare gli ultimi giorni che hai con il tuo uomo?” abbasso il volume dell'impianto stereo dell'audio dove, in questo momento, è attaccato il mio telefono per usare il vivavoce

“io non sono frigida Haymitch!” sbotto irritata. Quell'uomo ha la straordinaria capacità di farmi arrabbiare anche a chilometri di distanza

“se lo dici un'altra volta giuro che faccio dietro front con la macchina e vengo da te a fartela pagare cara” sibilo

“ah, non credo proprio che ne saresti capace dolcezza” la risata invade l'abitacolo e il pensiero di mantenere fede alla mia promessa pare all'improvviso incredibilmente reale

“piantala ubriacone! E non li voglio i tuoi giorni di ferie! “ stringo il volante tra le dita tanto forte che le nocche sbiancano. Mi dispiace perdere momenti preziosi con Peeta ma abbiamo capito subito che ci sarebbero serviti in ogni caso i nostri spazi, sono bastati tre giorni da inseparabili per accorgersi che non avremmo resistito a lungo così. Questa mattina me ne sono andata dalla villa, dove siamo stati tutto questo tempo, perchè ero davvero arrivata al limite, e come me anche lui, mi sono fatta una doccia e una sana e riposante dormita a casa mia, da sola, pensando e facendo esattamente quello che mi pareva. Mi sento terribilmente in colpa a pensare che mi è piaciuto, ma essendo realista, è andata proprio così, è stato liberatorio.

“maddai lo vuoi fare felice una buona volta quel ragazzo?” arrossisco, meno male che il mio padrino non può vedermi perchè altrimenti saprebbe che, in quel senso, ci ho già provato a fare felice Peeta

“smettila, non sono affari che ti riguardano!” la voce troppo stentorea tradisce la mia bugia

“aspetta un secondo ragazzina, cosa mi state nascondendo voi due furfanti?” non capisco se sta ridendo o cosa

“noi? Assolutamente nulla!” rido, e prima che possa replicare

“ok ciao Haymitch, ci vediamo domani” riattacco, sapendo perfettamente che domani mi farà il terzo grado, e infierirà con le sue battutine a doppio senso.

La strada verso la villa è incredibilmente piena di incroci, stop, precedenze e passaggi a livello, che, anche se la ferrovia non passa più per quei posti, continuano assurdamente a funzionare. Non ricordavo che guidare mi facesse innervosire in questo modo ma sono talmente tesa e infastidita che se avessi il mio arco con me, userei le teste degli altri automobilisti come bersagli. Sarà la fretta di arrivare, sarà la voglia che ho di riaccoccolarmi tra le braccia solide e calde del mio ragazzo ma premo sull'acceleratore, come mai ho fatto prima d'ora.

Parcheggio nel vialetto lastricato, ornato da cespugli potati a regola d'arte nelle forme più varie e originali, scendo stando attenta a non inciampare sui miei stessi piedi e storcermi le caviglie mettendo male i sottilissimi tacchi a spillo che ho comprato poco tempo fa con Madge in un istante di follia molto simile a quello che qualche ora fa mi ha indotto vestirmi bene e truccarmi a dovere anche se adesso ho l'atroce sospetto di aver messo male l'eyeliner.

Suono il campanello e mi stringo nel maglioncino color crema per ripararmi dal venticello serale, non fa esattamente freddo ma la leggera brezza mi fa venire comunque la pelle d'oca. Mi guardo intorno mentre aspetto che qualcuno mi faccia entrare: la facciata della casa richiama stili antichi ma le grandi vetrate donano anche quel non so che di moderno che si intona perfettamente, l'architetto di certo deve aver avuto molto gusto.

Sobbalzo quando il portone si muove lasciando intravedere una minuta figura femminile vestita da governante, dal sorriso gentile

“buona sera signorina Everdeen, la stavamo aspettando. Venga avanti la prego” nonostante il pragmatismo professionale la sua voce è cordiale e gli occhi le brillano luminosi. Deve avere qualche anno più di me, un paio probabilmente, e i capelli ramati le incorniciano elegantemente il viso affilato, è difficile credere che faccia questo lavoro vista la sua bellezza e una fitta di gelosia mi pervade quando realizzo che lei e Peeta hanno passato la giornata nella stessa casa senza che ci fossi io a controllare. Scaccio il pensiero facendo qualche passo avanti e porgendole educatamente il trench che tenevo tra le braccia

“Peeta” trasale coprendosi la bocca, accortasi del suo errore

“mi scusi, il signor Mellark arriverà tra poco, lo vado a chiamare” e così lo chiama per nome. Sento lo stomaco contorcersi e il fuoco divampare dentro di me, mi sento minacciata. So che si tratta della solita innata gentilezza, che Peeta è fin troppo buono e che cerca di mettere a proprio agio chiunque eppure questa volta proprio non riesco a digerire tutta questa confidenza.

“non si preoccupi, se mi dice dov'è lo raggiungo io” quella che produco dopo è più una smorfia che un sorriso, ad ogni modo finge di non notarlo e mi accompagna per i corridoi intricati. Si ferma di colpo davanti ad un arazzo e ne scosta piano un lembo scoprendo una porticina di legno che non avevo mai visto prima. Bussa tre volte producendo una specie di breve ritmo che cerco di memorizzare all'istante. La porta si apre appena la ragazza stacca il pugno dalla superficie rugosa

“dentro trova il signor Mellark e il signor Odair, se vuole seguirmi” si incammina, agevolata dalla sua piccola statura, nel corridoio e io la seguo goffa incespicando tra le mattonelle sconnesse, sto per cadere e sbattere il mento a terra quando una mano, afferrandomi per il braccio, blocca la mia discesa

“entrata spettacolare direi! Non credi dolcezza?” sospiro e sorrido al suono di quella voce, Peeta continuerà a salvarmi, sempre

“Lavinia vai pure, grazie di averla accompagnata fin qui” sono ancora sospesa a mezz'aria quando mi fermo ad osservare la reazione della giovane. Guarda Peeta come si guarderebbe una divinità, arrossisce e sorride civettuola alle gentili attenzioni nei suoi confronti, lui le piace, ecco perchè una come lei ha scelto di lavorare per uno come lui. La fulmino seduta stante, tirandomi su mi precipito ad unire le mie labbra a quelle del mio ragazzo. Lo so che non dovrei farlo, lo so che non è nemmeno da me, io generalmente sono una persona metodica e cauta ma quando si tratta si Peeta io non penso più razionalmente, ed è ora che Lavinia capisca come stanno le cose, lui è mio e non lo divido con nessuno. Quando mi stacco, l'eco della risata del biondo si diffonde per tutta la sala, che solo ora, riconosco come una palestra in piena regola.

“che cos'era quello Katniss?” sta ancora ridendo e mi prende in giro

“nulla” alzo le spalle fingendo noncuranza e mi incammino non so bene dove, basta allontanarmi da lui. La mia bravata di prima, la mia presa di posizione ora mi costa un incredibile afflusso di sangue sugli zigomi

“oh io invece sono sicuro che l'hai fatto per qualcosa!” insiste, ridendo a crepapelle

“no, assolutamente per nulla ti sbagli. Se non ti piace non lo rifarò mai più” non posso certo dirgli apertamente che sono gelosa marcia di lui e guai a chi lo tocca. Devo mantenere un briciolo di dignità.

“per tua informazione mi piace, quindi sei libera di baciarmi quando vuoi” ammicca a pochi centimetri dal mio viso, arrogante come quando sa di avere la situazione in pugno. Si prende tutto il tempo di giocare con la sua preda. Vorrei controbattere ma vengo interrotta con un dito posato sulle labbra

“ti conosco abbastanza bene per essere sicuro che non lo rifarai, non è nel tuo carattere fare cose simili” e ha ragione

“e se tanto mi da tanto, direi anche che dallo sguardo omicida che hai rivolto a Lavinia, forse sei pure gelosa” riprende a ridere vedendo la mia faccia sconcertata, non perchè ha torto, ma perchè ha centrato perfettamente il punto.

“io non sono gelosa.” incrocio le braccia al petto in segno di stizza, ma si sa, non sono mai stata brava a mentire, non a lui almeno

“guarda che non c'è nulla di male ad esserlo” sussurra all'orecchio così piano che faccio addirittura fatica sentirlo.

“forse solo un pò” non c'è nulla di male nel dimostrare un po' di insicurezza no?

“solo un po'?!” mi stringe cingendomi la vita con le braccia muscolose

“da uno a 10? “continua

“5” è neutro, non può accusarmi di nulla

“solo? Io per te avrei detto 100 senza nemmeno pensarci!” sporge il labbro e mette su il broncio da cane bastonato

“uffa, 10, non di più” sorride sornione mentre mi bacia con trasporto

Mellark, hai vinto una battaglia. Non la guerra.

Stai attento.

 

 

“ciao Finn!” urlo per farmi sentire, ovunque sia in questa immensa sala piena di sacchi appesi di tutti le fattezze possibili e immaginabili, di macchinari e attrezzature per gli allenamenti. Al centro un tappeto enorme e leggermente imbottito funge da ring.

“ciao Katniss!” la testa rossa esce da dietro un sacco di pelle marrone, quasi più grande di lui, con un asciugamano attorno al collo e le mani avvolte nei guantoni da boxe

“come stai?” domanda realmente interessato

“starei molto meglio se tu non avessi ceduto al ricatto di Peeta, ma nel complesso sto abbastanza bene. Tu invece come te la passi?”

“adesso bene, allenarmi un po' mi ha aiutato a smaltire la tensione. Junior che piange sempre, Annie che è sempre più indisposta nei miei confronti, non capisco più cosa fare, e stare qua mi aiuta a pensare” ammette tranquillo, io mi limito a sorridere anche se so benissimo cosa vuol dire sfogarsi con uno sport. Il mio arco ne è la prova tangibile

“ehi Odair, ti va di provare un po' di corpo a corpo? “ Peeta sarebbe dovuto essere dietro di me e invece è già sul tappeto alla base delle piccole gradinate

“Mellark perchè ti ostini a farti battere?” stanno scherzando come due bambini e mi scappa un sorriso. Mi accomodo sui gradoni, prendendomi tutto il tempo per osservare l'ambiente che mi circonda: dev'essere stato un vecchio parcheggio sotterraneo riadattato, gli spalti sono stati creati dopo rispetto alla struttura dell'androne che è decisamente più antica. Ho girato per tutta la casa e non mi sono mai accorta di questo posto, il che vuol dire che le poche scale che ho percorso prima sono abbastanza per raggiungere un piano sotterraneo.

“avanti pappamolle! Mi stai facendo il solletico così” la voce di Peeta riporta la mia attenzione sulla zuffa, dove i due si stanno allegramente rotolando per terra

“avanti voglio vedere qualcosa di entusiasmante io!” urlo sorridendo, canzonandoli

“qualcosa di emozionante hai detto?” Finn mi lancia un'occhiata maliziosa mentre si sfila la maglia

“che ne dici di questo?” si batte un pugno sul petto come un gorilla, non era esattamente questo che intendevo per entusiasmante!

“ehi amico! Così non vale!” Peeta si porta le mani sui fianchi e si sfila la maglia a sua volta, facendomi arrossire.

“sentite sarà meglio che vi rivestiate o vi prenderete un malanno” cerco di sembrare più austera possibile, non posso negare che la vista del mio ragazzo così non mi provochi un certo brivido lungo la spina dorsale, e un ben noto e piacevole, per quanto inadeguato calore si irradia dal basso ventre fino alle guance attraverso ogni cellula.

Mentre si rinfilano i vestiti sudati colgo il fugace occhiolino del biondo nella mia direzione e qualcosa mi dice, forse il mio istinto, che non vede l'ora che Finnck se ne vada per stare con me in santa pace. Chissà.

 

 

 

“Finn posso parlarti un attimo?” sono ancora sulle gradinate quando i due si dirigono verso la porta da cui sono entrata, in cui si affacciava un grande bagno.

Mentre li aspetto gironzolo, barcollando sulle scarpe alte, per la palestra, curiosando tra le attrezzature che sono riposte in ogni angolo disponibile. Afferro i guanti che Peeta ha gettato a terra, insieme alle fasciature, prima di andare via. Scalcio le scarpe e mi tolgo il maglioncino, infilo prima una mano, poi l'altra nei guantoni, che proteggono solo le nocche con un sottile strato morbido. Non ne avevo mai visti di così strani, poco protettivi è quello che mi viene in mente. Li sistemo bene tra le dita anche se mi stanno larghi e mi avvicino, guardandomi attorno per accertarmi di non essere vista, ad un sacco e sferro il mio primo pugno. È una sensazione strana, quasi liberatoria anche se mi fanno male le nocche e i polsi. Più mi accanisco contro il bersaglio più sento l'adrenalina salire e il raziocinio scemare, mi sento potente e sicura di me.

“fletti le ginocchia e spingi con l'anca” mani possenti accarezzano le mie braccia, scendendo fino ai polsi, ansimo per la vicinanza del suo corpo al mio. Ops, sono stata scoperta ad usare i suoi guanti

“tutto il tuo corpo sferra il colpo, non solo il braccio” la mia schiena aderisce al suo petto, il suo bacino preme contro il mio per bilanciare le gambe flesse

“brava rilassati” è un sospiro mentre carico il colpo, il mio corpo controllato da Peeta come se fossi una marionetta, ogni mio muscolo si muove sotto le sue pressioni.

“e ora mettici la forza” all'unisono le nostre mani toccano il sacco, spostandolo di qualche centimetro

“ottimo lavoro dolcezza” la sua mano scende sul mio fianco, carezzevole e possessiva allo stesso tempo.

Non rispondo, mi limito ad assorbire quello che è appena successo, un gemito di dispiacere incontrollato esce dalle mie labbra quando si allontana da me

“Finn è andato via, e quelli” indica le mie mani “ sono troppo grandi per te, ti farai male” è un ammonimento serio, non i suoi soliti avvertimenti giocosi.

“mi dispiace” li sfilo e glieli porgo

“vieni con me” si volta e io lo seguo senza esitazioni. Mi fa aspettare davanti allo pseudo-ring mentre rovista in un baule che prima avevo tentato di aprire senza successo.

Quando torna da me, inclina la testa come per studiarmi

“posso darti un paio di pantaloni?” osservo la mia gonna di pelle nera, a balze, la stessa che indossavo la sera in cui mi ha riportato a casa in moto

“cos'ha che non va la mia gonna?”

“non è esattamente adatta a fare quello che ho in mente di fare con te, adesso” sgrano gli occhi al suo sguardo malizioso e corrugo la fronte. Non vorrei ma la mia testa si muove da sola, annuendo. Accidenti a te e all'effetto che mi fai Mellark.

Mi lancia un paio di pantaloncini cortissimi che non possono che essere da donna, che ci fa lui con questi? Poi li riconosco, erano nella borsa con la biancheria che le domestiche mi hanno comprato tempo fa, ma io non li ho usati quella volta per dormire.

Li infilo rapidamente sotto la gonna, poi le mie mani raggiungono la zip per toglierla. Peeta mi precede.

“questo lo faccio io” ammicca, la tensione sale alle stelle dentro di me, accompagnata dalle immancabili scariche elettriche che mi attraversano ogni volta che le sue mani toccano lembi di pelle scoperta. A che gioco sta giocando? Cosa vuole fare ora? Ho una stramaledettissima paura di quello che ha in mente. La gonna scivola a terra con un fruscio, tremo leggermente sperando che non si noti

“dammi la mano destra Dolcezza” fa scivolare una garza di cotone bianco attorno al palmo della mia mano e la avvolge in più giri passando per il dorso e per il polso, la blocca infilando un guanto che miracolosamente mi va giusto. Ripete tutto con la sinistra. Lo guardo stranita mentre si avvolge le fasce attorno alle nocche e si toglie la maglia prima di infilarsi i suoi guantoni.

“sali sul ring Kat, voglio mostrarti una cosa”

 

una volta che i miei piedi nudi toccano il suolo morbido una benda cala davanti ai miei occhi, impedendomi di vedere, il buio mi circonda. Sono sola, cieca, in mezzo ad una stanza che conosco a malapena.

“Peeta, è uno scherzo di pessimo gusto” alzo la voce, ma la risposta arriva come un sussurro al mio orecchio destro

“fidati di me, ti prego” mi rilasso sentendo il mio corpo contro il suo di nuovo, non sono più da sola.

“cosa vedi ora?” chiede

“niente” stento a trattenere il sarcasmo nella mia voce

“ascolta, cosa senti?” mi fermo ad ascoltare ciò che mi circonda, un sibilo in lontananza attira la mia attenzione, si sta avvicinando

“qualcosa si avvicina, un fischio”

“bene, resta concentrata su quello che senti, che percepisci sulla pelle” il freddo si impossessa di me quando il suo corpo si allontana, ma cerco di rimanere concentrata. Ascolto il sibilo avvicinarsi, poi passare oltre, seguito da molti altri suoni simili, avverto il tocco caldo delle mani di Peeta mentre stringe qualcosa sui miei polsi, in netto contrasto con l'aria improvvisamente pungente della palestra. Mi sento spaesata, confusa ma resisto per lui.

Il mio braccio scatta verso l'alto, non mi ricordo di aver deciso di muoverlo. Lo fa ancora, si muove verso sinistra, allora capisco che c'è qualcos'altro che lo comanda non io, per qualche ragione non oppongo resistenza

“Kat” mi giro, la voce è alle mie spalle

“voglio che tu sappia cosa provo quando sono nell'arena, magari in questo modo riuscirai a capire” la voce dolce di Peeta mi incuriosisce, ha un accento nuovo, un'emozione che non avevo mai sentito prima.

I movimenti che mi costringe a fare, avendo legato i suoi polsi ai miei, sono inizialmente cauti, misurati. Solo quando abbandono la mia rigidità e mi abituo al buio tutto diventa frenetico.

“ascolta amore, usa l'udito, il tatto” qualcosa si avvicina al mio viso, ne sento il rumore sordo. Mi abbasso, seguendo l'istinto. Non ragiono più, è questione d'istinto, alzarsi, abbassarsi, colpire, spostarsi, rielaboro tutto ciò che il mio corpo assimila, nel buio completo dei miei occhi. Mi sono sempre affidata alla vista, l'arco non si può usare altrimenti, ma ora, all'improvviso, mi sento davvero libera, libera come non lo sono stata mai. Inspiro l'odore di sudore e pane mischiati, sorrido quando si fanno più intensi, Peeta si sta avvicinando. Aspetto che il rumore del suo respiro sia a pochi passi da me, poi gli getto d'impulso le braccia al collo, ormai slegate.

“wow” è l'unica cosa che riesco a dire

“ora hai capito perchè non smetto? Perchè non ne ho così tanta paura?” mi accarezza dolcemente i capelli, senza slacciare la benda

“credo di si, mi sentivo” esito “libera”

“sai, tanti usano solo la forza bruta, ma se non ragioni e non percepisci cos'hai intorno, è quasi inutile, il loro punto debole sono gli occhi ed è facile raggiungerli. ecco perchè la Quarter Quell, non si vince solo con i muscoli, ci vuole l'astuzia” spiega tranquillo. Io mi limito ad annuire, comprensiva.

Un attimo dopo sento le sue labbra calde premere sulle mie, impetuose. La sensazione di libertà è sparita, sostituita da un opprimente desiderio di togliermi la benda per vederlo.

“non farlo” forse mi legge nel pensiero, forse ha in mente qualcosa, ma lo accontento, nonostante il suo sia solo un sospiro distorto dall'incontro delle nostre lingue.

“grazie” sussurro al suo orecchio mentre scende sul collo

“grazie per il brivido di libertà. Ma non ti lascerò andare da solo, non sperare di convincermi” la libertà mi piace, ma a lui tengo di più. È troppo importante.

Sbuffa, concentrandosi sulla mia pelle scoperta “ci ho provato, almeno”

Manca poco, troppo poco alla partenza.

Stai con me Peeta.

Ti prego.

 

 

 

 

 

 

 

 

- 3

 

 

“sai che ti dico?! Che oggi io e te andiamo in un posto speciale. Ti passo a prendere tra due ore. Prepara un borsone, stiamo fuori sta notte” riattacca.

Guardo a bocca aperta il telefono, sono le tre del pomeriggio, dove diavolo vuole andare?

Ah, io non lo capirò mai. Ma posso passare altro tempo senza di lui? Non credo proprio. Sono tornata a casa dopo il lavoro esausta e ora mi tocca pure prepararmi per uscire, se non è un bastardo lui non lo è nessuno. Sorrido mettendo lo spazzolino dentro lo zaino. No, Peeta è troppo buono.

Dove diavolo avrà intenzione di portarmi? Non mi ha detto niente, assolutamente nulla. Mi faccio una doccia, mi insapono per bene i capelli e li sciacquo energicamente, con urgenza. Con l'asciugamano attorno al corpo mi pettino e invece che la solita treccia ne faccio due, come quando ero piccola. Magari daranno ancora l'impressione che io sia un angioletto. Infilo reggiseno e mutande, apro il telefono e leggo il nuovo messaggio

 

  • niente tacchi o gonne, per quanto belli non sono funzionali per quello che ho in mente. Portati un maglione pesante o qualcosa di caldo. Niente storie Dolcezza. Tra mezz'ora sono da te. Fatti trovare pronta.

    P. -

 

arrogante, saccente, prepotente e despota. Scuoto la testa rassegnata e divertita allo stesso tempo. Nello zaino infilo un cambio, un maglione di lana di papà, calzini e biancheria per ogni evenienza. Mi trucco leggermente prima di infilarmi un paio di Jeans larghi, una t-shirt stampata bianca e una felpa con la zip nera. Infilo le mie fedeli nike nere e il giubbotto di pelle ormai logoro.

Scendo le scale di corsa, con l'entusiasmo che solo una doccia rilassante ha saputo risvegliare e incrocio le braccia appena il rombo di un motore, alquanto familiare, mi giunge alle orecchie. È venuto in moto. O è sadico, o è masochista. I medici all'ospedale dopo il ricovero gli avevano caldamente raccomandato di non usare la moto per almeno tre mesi, e dopo trenta giorni lui già se ne gironzola su due ruote tutto contento

“ciao piccola” scende e si sfila il casco avvicinandosi

“è una moto quella che vedo?” domando

“no è un cavallo a motore Katniss” ride, e il mio pugno arriva alla sua spalla scherzoso

“non avresti dovuto usare la moto” gli faccio notare, sta volta seria

“e non dovrei nemmeno portarti dove stiamo andando, eppure me ne frego e lo faccio lo stesso” incurante mi passa un casco

“non dovresti ignorare così bellamente le direttive dei medici” insisto

“eddai, sto guarendo velocemente, e poi ho solo tre giorni con te, intendo ricordarmeli a vita quindi lasciami fare” si infila il casco e mette in moto

“e così sia” in fin dei conti la penso come lui

“lo zaino te lo dovrai tenere sulle spalle, assieme a questa” mi porge un grosso rotolo abbastanza pesante

“lo so che è scomodo ma in questo caso, la moto, è il mezzo con cui si vive meglio il viaggio. E io non voglio altro che tu te lo goda appieno. Amo vederti sorridere” arrossisco e intravedo i suoi occhi azzurri illuminarsi a sua volta, per poi farmi un occhiolino pieno di cose non dette, pieno di promesse. Studio l'involucro, picchetti, pali, teli. Stupita, do voce alla mia curiosità

“perchè ti sei portato dietro una tenda ?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

eccomi tornata! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto come gli altri, magari anche di più.... innanzitutto chiedo scusa per il disastro del rating, da arancione a rosso e poi di nuovo arancione, ma mi sono pentita del primo cambio quasi subito. Scusate scusate scusate. Potete perdonarmi?? (vi faccio gli occhioni dolci dolci) per favoreeee!!

Grazie mille a tutti coloro che leggono questa long, a chi la segue e la mette tra i preferiti, vedo il contatore salire e sono felicissima!! vorrei veder salire anche quello delle recensioni però... si può fare? Pleaseeeeee

 

in ogni caso, fatevi sentire! Fatemi sapere cosa pensate della storia, di questo conto alla rovescia... Peeta e Katniss, una tenda... chissà!

a presto il nuovo capitolo

bacioni

Luckily 

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Capitolo 25
*** la baia ***


 “lo so che è scomodo ma in questo caso, la moto, è il mezzo con cui si vive meglio il viaggio. E io non voglio altro che tu te lo goda appieno. Amo vederti sorridere” arrossisco e intravedo i suoi occhi azzurri illuminarsi a sua volta, per poi farmi un occhiolino pieno di cose non dette, pieno di promesse. Studio l'involucro, picchetti, pali, teli. Stupita, do voce alla mia curiosità

perchè ti sei portato dietro una tenda ?”

 

 

la risata che, soffocata, esce dalle sue labbra mi fa sentire un'ingenua, come se non avessi capito un bel niente di un evidente scherzo. Metto le mani sui fianchi e storgo la testa, in attesa di una spiegazione

“avevo intenzione di dirtelo, ma vista la tua faccia mi sa proprio che ti lascerò il beneficio del dubbio” esclama, incredibilmente divertito

cerco l'offesa peggiore che mi venga in mente “sei un..”

“si lo so, sono un ragazzo fantastico, non serve che me lo ripeti” la scintilla nei suoi occhi mi fa ribollire, sento le guance andare a fuoco

“non volevo dire questo” sbuffo stizzita

“ma smettila! Non ci vorrà molto e dopo lo saprai, anche se non credo ci siano dubbi sull'utilità di una tenda” con un gesto secco abbassa la visiera e mi fa cenno di salire dietro di lui

“stringiti”

mi accomodo e gli circondo la vita con le braccia, allacciando le mani all'altezza dei suoi addominali, come mi ha insegnato lui la prima volta che è stato a casa mia .

 

L'aria fresca mi sferza i vestiti e la pelle dandomi una bellissima sensazione di pienezza, mentre zigzaga attraverso le auto mi sento come un uccello in planata verso la sua preda.

“quanto ci vorrà più o meno?” non sono convinta che mi possa sentire, ma cominciano a farmi male le gambe

“mezz'ora se tutto va bene” urla per sovrastare il rumore dell'aria che si infrange su di noi

“uffa, è scomodo”

“non ti va mai bene niente però!” sta sicuramente sorridendo, ho imparato a conoscere quella nota speciale nella sua voce che c'è solo quando è davvero felice.

Appoggio la testa sulla sua schiena e mi rilasso, aspettando con ansia il momento in cui potrò sgranchirmi le gambe.

 

 

“Dolcezza, siamo arrivati” la voce ovattata mi riporta alla realtà, sento la moto rallentare per poi fermarsi definitivamente davanti ad un piccola casetta di mattoni intonacata di bianco. La veranda in legno è abbastanza grande per contenere un lungo tavolo e qualche sedia, una sedia a dondolo dall'aria comoda e qualche vaso di fiori. L'erba sotto le scarpe si mescola a qualche granello di sabbia quando rimetto i piedi per terra e mi tolgo il casco

“wow” è davvero incantevole, attorniata dal verde del prato ben curato, e protetta dalle dune che si vedono in lontananza. Mi perdo ad osservare il tetto di tegole scure, i gradini di pietra che portano all'ingresso dove una porta di legno scuro delimita l'interno dall'esterno. Peeta si toglie il caso e si apre la giacca prima di dirigersi verso la casa, allegro, io me ne resto impalata vicino alla moto

“che fai li? Non vieni?” mi porge una mano, incoraggiante. Annuisco e lo raggiungo, l'assito del pavimento che scricchiola sotto i nostri passi. Peeta bussa un paio di volte e lo vedo grattarsi la nuca prima di passarsi una mano tra i capelli biondi per ravvivarli

“chi è?” la voce di una donna gracchia da dietro il legno massiccio della porta,

“sono Peeta Mellark”

“chi?” non deve sentirci bene

“sono Peeta, il figlio del fornaio” Peeta urla ridendo per farsi sentire e mi spiega a gesti che i padroni di casa non ci sentono bene perchè sono anziani. Quella che prima era solo una voce ora ha preso le sembianze di una dolcissima signora dai capelli bianchi che le arrivano morbidi e non troppo folti sulle spalle. Ha la schiena curva per il peso degli anni e un sorriso accomodante di chi ama le persone.

“buongiorno Mags. Come sta?” la scena dal mio punto di vista è alquanto comica, il biondo è alto almeno il doppio della vecchietta e si sporge in avanti per abbracciarla, poi le porge un sacchetto di biscotti fatti da lui

“buongiorno a te caro” lo saluta per poi rivolgersi a me “buon giorno anche a te”

“Mags, lei è Katniss, la mia fidanzata” arrossisco a questa presentazione e guardo il mio fidanzato.

“piacere di conoscerla signora” non so chi sia questa donna, ma la mia innata buona educazione mi fa parlare

“chiamami Mags ti prego”

“allora, salve Mags” le porgo la mano che lei stringe con la forza di una farfalla. La sua attenzione torna sul mio ragazzo

“allora ragazzo, cosa sei venuto a fare da una povera vecchietta come me?”

“volevo chiederle se potevo piantare la tenda alla baia” l'azzurro dei suoi occhi si fa più intenso e i muscoli delle braccia si irrigidiscono nell'attesa. Non so di che baia stia parlando, ma poco mi importa, per quanto non mi piacciano le sorprese di lui mi fido.

Mags soppesa l'idea, poi l'angolo della sua bocca si piega verso l'alto acuendo le rughe che già le increspano il viso abbronzato

“ma certo che puoi. Verrà qui anche Finnick?” sembra quasi emozionata e speranzosa

“non lo so, non ho mai pensato di chiederglielo, non per oggi almeno”

“capisco” la donna si sposta e ci fa entrare in casa, facendoci strada attraverso un piccolo corridoio azzurro ci conduce in cucina.

“vi unite a me per cena?” domanda “o volete mangiare in spiaggia?”

“in realtà pensavo di mangiare in spiaggia, è tardi e ci metteremo un po' di tempo a fare tutta la strada a piedi “ Peeta deve avere una tabella di marcia davvero rigida da rispettare perchè altrimenti, vista la sua naturale gentilezza, avrebbe accettato l'invito solo per farle compagnia

“bene allora vi preparo qualcosa da mettere sotto i denti” Mags sta già tirando fuori dal frigo dei contenitori trasparenti, alcuni contengono pesce, altri verdure, tutti hanno un aspetto davvero invitante

“non serve signora, non si preoccupi” intervengo, nonostante tutte quelle leccornie mi facciano salire l'acquolina in bocca non mi pare il caso che si affatichi per noi, ho come l'impressione che potrebbe spegnersi da un momento all'altro davanti ai miei occhi

“oh no insisto” mi sorride, “Peeta caro, vai a mettere il tuo trabiccolo nella rimessa per favore” ridacchio mentre Peeta incenerisce la simpatica vecchietta con gli occhi per aver chiamato la sua adorata moto trabiccolo . Esce e io faccio per seguirlo ma qualcosa attira la mia attenzione. Tante conchiglie sono appese sulla parete del corridoio di fronte alla porta della cucina, come nuvole perlacee su un cielo pervinca. La rete da pescatore, lisa e bitorzoluta pende dal soffitto a terra a creare un arazzo tridimensionale che contiene innumerevoli piccole fotografie, come a catturarle per sempre.

Con la punta delle dita sfioro la carta lucida, i soggetti che vi sono impressi, un bambino mingherlino dai capelli rossicci e un uomo canuto che gioca con lui, castelli di sabbia, barche ormeggiate, un ragazzo sorridente che mostra i muscoli orgoglioso, un uomo con una donna minuta dal pancione rotondo e ospitale. Finnick .

“conosci anche tu Finn?” ritiro immediatamente la mano, colta in fallo. Mags mi ha raggiunto in corridoio

“oh no, non preoccuparti, continua, non sono certo segreti” rassicurata riprendo ad osservare la parete

“Finnick è mio nipote, mi sono presa cura io di lui quando mia figlia è sparita e con lei il suo compagno. È un ragazzo speciale vero?” nella sua voce percepisco la malinconia, e mi si attanagliano le viscere. Sono sempre stata troppo egoista per poter anche solo pensare che qualcun altro al di fuori della bolla in cui io e Peeta ci siamo rinchiusi, potesse avere problemi. Annuisco.

“si lo è. È davvero importante per tutti noi” sospiro

“mi manca molto, non ho mai visto suo figlio”

non so cosa rispondere per cui taccio, lasciando che il silenzio avvolga la casa.

 

 

“Mags noi andiamo! Ci vediamo domani ok?” urliamo all'unisono io e Peeta prima di chiuderci la porta alle spalle, il sole comincia ad abbassarsi verso l'orizzonte.

Camminiamo al limitare della piccola pineta per quasi un'ora, sotto le scarpe si alternano soffici aghi di pino e granelli di sabbia spostati dal vento. La tenda e gli zaini pesano sulle spalle larghe del biondo che si rifiuta di condividere la fatica, testardo com'è non imparerà mai. Piccole gocce di sudore gli imperlano la fronte e la nuca. Le dune di sabbia stanno rapidamente lasciando il posto a massi e alte formazioni rocciose, che formano un arco tutto intorno a noi, come a proteggerci o intrappolarci. Svoltiamo appena la parete scoscesa di staglia di fronte a noi, per addentrarci in una grotta dalla volta ampia e accogliente, in fondo alla quale una luce si fa gradatamente più intensa. È un tunnel, un passaggio attraverso la scogliera.

“siamo quasi arrivati” Peeta mi distoglie dalla mia attenta osservazione, prendendomi per mano e accelerando il passo. La sua emozione, poco a poco, sta contagiando anche me, e non vedo l'ora di arrivare.

 

Davanti a noi, come nascosta a sguardi indiscreti dalla natura, si apre una piccola baia dove la sabbia liscia è lambita da acque assolutamente cristalline di quell'azzurro paragonabile solo agli occhi di Peeta, come un cielo sereno d'estate. Qualche onda si infrange schiumosa sul bagnasciuga, creando una melodia rilassante per il corpo e per la mente, gli alberi che incorniciano la spiaggia sono lussureggianti e immensi, un connubio perfetto tra la pineta che abbiamo costeggiato prima e qualche pianta esotica, dai colori brillanti.

“è magnifico” sussurro, estasiata. È come un piccolo pezzetto di paradiso in terra, e fatico a credere ai miei occhi

“si lo è. Vieni, andiamo a sistemare la tenda prima che cali il sole” mi affretto a seguirlo verso lo spiazzo che è stato ricavato al confine tra sabbia ed erba che di primo acchito non si nota.

“come hai scoperto questo posto?” chiedo, la curiosità è troppo forte

“io, Finn, Johanna e Annie ci venivamo spesso fino a qualche anno fa, gli unici modi per arrivare fin qui sono via mare o dalla caverna che a sua volta è accessibile solo passando per la proprietà di Mags quindi ci siamo sempre sentiti al sicuro. L'abbiamo scoperto in un' esplorazione avventurosa da adolescenti” lo vedo aprire il sacco della tenda e sorridermi, mi affretto ad aiutarlo. Stendiamo un telo di plastica per impedire all'umidità di filtrare,

“al sicuro da cosa?” continuo

“bhe, volevamo avere un posto tutto nostro, lontano da occhi e orecchie indiscrete, dove poter fare quello che volevamo quando volevamo” mi passa un angolo della tenda che fisso con il picchetto. Se questo, doveva essere il loro posto, allora io non dovrei essere qui. All'improvviso mi sento fuori luogo,

“e allora perchè ci stai portando me?” indago

“perchè fai parte del gruppo ormai, e questo posto è giusto che lo conosca anche tu. E poi sei la mia ragazza e questo è un posto speciale che voglio condividere con te” mi guarda di sottecchi, alzando le sopracciglia e incurvando un angolo delle labbra

“ma Jo, Finn, e Annie non si arrabbieranno quando glielo dirai? Perchè glielo dirai vero?” non voglio che la mia sia un'invasione da dover tener segreta. Mentre parliamo la tenda sta lentamente prendendo forma, ora manca solo il telo di copertura

“ehi Dolcezza, sta calma” si avvicina per passarmi il lembo di stoffa e ne approfitta per posarmi un lieve bacio sulla guancia

“sanno già tutto. Sanno che siamo qua oggi e a loro va più che bene, a dirla tutta è stato Finn a suggerirmi di portartici” con un grugnito di soddisfazione pianta l'ultimo picchetto e osserva l'opera completa, fiero del suo lavoro.

“sul serio?”

“altroché!” i denti bianchi si intravedono appena tra le sue labbra schiuse. Il peso che avevo nel petto se ne è andato e finalmente mi sento a mio agio.

Il sole morente tinge il cielo di arancione e rosso e rosa con qualche sprazzo di bianco, riflettendosi sulla superficie liscia dell'acqua calma. Mi siedo sulla rena ancora calda e faccio scorrere le dita tra i granelli e le conchiglie osservando il cielo.

“sai” Peeta si siede dietro di me facendomi appoggiare contro il suo petto, le sue braccia mi cingono la vita e il mento poggia sulla mia spalla. Mi sposto quanto basta per intravedere il suo ciuffo biondo con la cosa dell'occhio

“pensavo che l'arancione di questi tramonti fosse il mio colore preferito” Stupita mi volto a guardarlo

“ma ogni volta che rivedo i tuoi occhi mi convinco che non è più così” sospira, sorridente, tornando a guardare lo spettacolo che la natura ci sta offrendo. Mi rannicchio contro di lui, facendomi più piccola possibile, godendomi per la prima volta il calore che le guance arrossate mi danno. Nessuno mi aveva mai fatto dei complimenti così, e anche se sono terribilmente romantici, quasi mielosi, non mi spiacciono affatto. Non so bene cosa rispondere, e per fortuna lui non mi guarda, perchè non reggerei l'intensità delle sue occhiate. Un fremito mi scuote

“hai freddo?” alzo il mento per incrociare i suoi occhi, che però continuano a scrutare l'orizzonte.

No, vorrei rispondere, non ho freddo. È solo la reazione che ho ogni volta che mi parli, che mi sfiori, che mi guardi. Sei tu che mi fai tremare, perchè vorrei che la distanza tra noi si azzerasse, vorrei sentirti più vicino. Tremo perchè probabilmente non merito neanche un secondo della tua attenzione e invece tu me la regali tutta, e non so come fare per farti capire quanto ci tengo a te. Vorrei dirti che, si Peeta, ti amo anche io.” ma non ci riesco. Qualcosa, in me, blocca quelle due parole, che di semplice non hanno proprio niente. Mi rifugio nella sottile speranza che la leggera brezza che è salita mi difenda, quindi annuisco.

Con il naso mi sfiora il collo, per poi sciogliere l'abbraccio. Si sfila la felpa e me la porge restando con la t-shirt a maniche corte.

“grazie” inspiro dal colletto il suo profumo “ma tu non prenderai freddo così?”

mi fa l'occhiolino e si inginocchia di fronte a me, prendendomi il viso tra le mani

“non preoccuparti per me”

le punte dei nostri nasi che si sfiorano, il mio respiro accelerato che si fonde con il suo, ci guardiamo per un tempo che sembra infinito prima che le labbra si trovino ancora, e ancora. Il battito aumenta a dismisura quando le sue mani scendono a sfiorarmi l'incavo del collo, le spalle, le braccia, i fianchi. Gioco con i suoi capelli, nel disperato tentativo di sentirlo sempre più vicino, come se potessimo diventare una cosa sola. Mi spinge piano sulla sabbia che, ancora tiepida, mi fa da soffice cuscino. Gli mordicchio il labbro inferiore nella foga, e lo sento sospirare poi gemere piano mentre la mia lingua trova la sua. Le mani, controllate solo distrattamente, giocano con la sua maglia, avvertendo i muscoli tesi sotto la stoffa. Boccheggio, quando la zip della mia felpa si apre e le mani calde di Peeta trovano la mia pelle scoperta. Si stacca dalla mia bocca, per baciare quello che le sue mani hanno scoperto, disegnando con la lingua linee immaginarie che percorrono l'orlo dei miei pantaloni, togliendomi l'aria. Inarco la schiena e mi mordo l'interno della guancia, forse un po' troppo forte, perchè il sapore metallico del sangue risveglia i miei sensi facendomi riacquistare un briciolo di lucidità.

“non qui” mormoro, sospirando. Lui è ancora alle prese con la cintura dei jeans per prestare attenzione a quello che dico, o forse mi sta deliberatamente ignorando.

“Peeta, non qui” deve avermi sentito questa volta perchè lo sbuffo si infrange distintamente sulla pelle bollente. Si lascia cadere con la schiena sulla sabbia, guardando il cielo. Nonostante sia quasi buio, riesco a vedere il rossore che gli colora le guance e ascolto il suo respiro tornare alla normalità, a cui fa eco il mio

“non ci avrebbe visto nessuno” sogghigna, mi alzo quel tanto che basta per tirargli un pugno sulla spalla, giocoso. Sono ancora accaldata e delle mie trecce è rimasto che un ammasso indistinto pieno di sabbia

“sai che sei proprio buffa così?” scherza, portandosi le mani dietro la testa. Mi risistemo alla buona la maglia

“così come?” incrocio le braccia al petto indispettita

“rossa in viso, tutta scompigliata, per non parlare del fatto che sei piena di sabbia” ride e io con lui

“tu non sei messo tanto meglio lo sai?” inarco un sopracciglio e sorrido compiaciuta

“ah si?” spalanco gli occhi quando mi butta a terra un'altra volta, ridendo come un matto. Quando si toglie da me, una luce maliziosa gli illumina gli occhi. In silenzio si toglie le scarpe e si alza, lo osservo incuriosita.

“che stai facendo?” chiedo, mi metto seduta e circondo le ginocchia con le braccia.

“ho voglia di farmi un bagno” si volta per un attimo, euforico, poi si sfila la maglietta da sopra la testa e torna a camminare verso la battigia. Osservo la linea dei muscoli sulla sua schiena, le spalle larghe e i fianchi ben proporzionati a tutto il corpo. Porto le mani sulle guance, ustionanti. Ridacchio mentre, senza guardarmi, si sfila i pantaloni e si tuffa in acqua con i boxer. Si prenderà un malanno.

Mi sfilo le scarpe e i calzini e raggiungo il bagnasciuga, tenendo le braccia strette attorno al corpo

“allora? Vieni o no?!” le gocce d'acqua fanno brillare la sua pelle anche con la poca luce che è rimasta e gli schizzi si spargono tutto intorno nel momento stesso in cui scrolla i capelli, come un cane. Apre le braccia e mi invita a raggiungerlo, con quell'espressione da cucciolo ferito a cui non si può dire di no.

“guarda che se non vieni tu, ti vengo a prendere io” minaccia, ridendo e puntandomi un dito contro.

“non oseresti” urlo perchè mi possa sentire, provocandolo

“ scommettiamo?” si sta già avvicinando. Se non mi levo immediatamente i vestiti rischio di finire in mare completamente vestita, so che non mi risparmierebbe. Mi sfilo la felpa e i pantaloni, a malapena lo vedo fermarsi ad osservare i miei movimenti. Sorride, ottimo segno.

Faccio passare la maglia sulla testa con un unico gesto veloce e prima che possa pentirmene corro in acqua, coperta solo dall'intimo.

Il mare è inaspettatamente abbastanza caldo da non farmi tremare. Rido di gusto alla vista di Peeta con i capelli appiccicati alla fronte gli cadono davanti agli occhi, sembra più giovane, se non avesse le guance ruvide dalla barba corta, e non conoscessi a memoria il suo fisico probabilmente non gli darei più di diciassette anni.

Ci schizziamo per alcuni minuti, giochiamo spensierati senza che l'incombenza della sua partenza gravi su di noi. Ho il fiatone quando risalgo in superficie dopo che mi ha spinta per l'ennesima volta sott'acqua. Non faccio in tempo ad aprire gli occhi che lo sento su di me ancora, fa aderire i nostri corpi prendendomi in braccio, e io gli allaccio le gambe intorno alla vita e le braccia al collo. Le sue mani mi sostengono la schiena, la accarezzano,fameliche,desiderose e non mi interessa più nulla se siamo in acqua, se chiunque potrebbe vederci, se l'aria pungente della sera mi accarezza la pelle facendomi rabbrividire. Voglio le sue labbra, le sue attenzioni, lo voglio per me e lo voglio ora.

“Kat” mi stringe di più, e io per tutta risposta lo zittisco baciandolo. Sa di sale, di fresco, di buono. È come una droga, crea dipendenza, una dannatissima dipendenza. Mordicchia il mio collo, e io senza quasi accorgermene reclino indietro la testa, sospirando.

Fa scorrere una mano sulla mia gamba, dal piede, alla coscia, mentre raggiunge la riva e mi adagia sulla sabbia ormai fredda. Fa leva sui gomiti per non gravarmi addosso e sfila quel poco che resta a separarci ancora. Lo bacio con più foga e spingo il bacino contro il suo, sincronizzando i nostri movimenti. Le spinte si fanno sempre più intense, profonde e irregolari, sento i nostri respiri fondersi,i nostri corpi unirsi ogni volta di più, i suoi e i miei gemiti soffocati alternarsi fino all'estasi. Non credo di essermi mai sentita più felice di così.

 

 

 

 

Attorno al fuoco, seduti con gli asciugamani sulle spalle mangiamo quello che Mags ci regalato. Continuo a guardare di sfuggita Peeta che sembra non accorgersene, assorto com'è a contemplare talvolta lo scoppiettare dei carboni ardenti, talvolta le stelle. Ci siamo asciugati e cambiati, abbiamo raccolto i vestiti siamo andati alla ricerca della legna per accendere il falò. Il silenzio che c'è ora, non ha niente a che vedere con quelli carichi di tensione, anzi, è rilassato e pacifico. La luce aranciata che proveniente dalle fiamme disegna strane ombre sul viso del ragazzo che mi sta di fronte, evidenziandone gli occhi chiari e i ricci sfatti e disordinati. Scoperta, gli sorrido, mentre addento l'ultima fetta di torta salata, e mi torna in mente quello che questo pomeriggio mi ha detto la anziana signora

“Peeta, Mags oggi mi ha detto una cosa” mi guarda incuriosito e deglutisce, pronto ad ascoltarmi

“ha detto che non ha mai visto Junior” continuo “non capisco perchè. Tu lo sai?”

si incupisce, un attimo pensieroso, poi parla

“Finnick è stato abbandonato da sua madre quando aveva quattordici anni ed è stato affidato alla nonna, cioè Mags. Lei e suo marito l'hanno cresciuto nel migliore dei modi, ed è grazie a loro se lui non ha reagito troppo male alla cosa, o per lo meno non gli sono rimasti segni evidenti addosso. Nessuno sa perchè i suoi se ne siano andati, ma da qualche ricerca che abbiamo fatto io e Johanna sembra che non avessero la possibilità di mantenerlo. Nulla si sa per certo però, sono solo ipotesi.” prende una pausa per masticare un altro boccone e poi riprende

“quando ha conosciuto Annie le cose con suo nonno sono peggiorate, perchè tornava a casa tardi, li faceva preoccupare a morte, mentiva sugli allenamenti con Haymitch e non alzava quasi più un dito per aiutare chi per lui aveva dato tanto. Quando si è reso conto del casino che aveva combinato era già troppo tardi. Avrebbe voluto riappacificarsi con Mags e Albert ma poi, Annie è rimasta incinta e le cose gli sono sfuggite di mano. Gli ci sono voluti due mesi per digerire la notizia e decidere di tenere il bambino. Se ora pensano a Junior come l'errore più bello della loro vita, all'inizio non era così. Ma non avevano nemmeno intenzione di abortire quindi non restava che dirlo alle famiglie.” mi sorride mestamente giocherella con le dita, facendole schioccare.

“cos'è successo allora?” sono curiosa, vorrei saperne di più e lo incito a parlare. Sospira

“è successo che Albert l'ha presa peggio del previsto. Mentre i genitori di lei l'hanno in qualche modo sostenuta, Finn è stato letteralmente cacciato di casa. Ogni tanto sente ancora Mags, ma non ne vuole sapere di parlare con suo nonno. Non torna mai qui, a meno che non si sicuro che Albert non ci sia, ma in ogni caso non ha mai avuto il coraggio ne il fegato di far vedere il suo angioletto a sua nonna. Abbiamo tentato di convincerlo in tutti i modi, persino Annie ha tentato, ma non c'è stato nulla da fare. Testardo com'è non lo si convince con nulla. Questo è quanto” si stiracchia e si alza, sbatte l'asciugamano e lo butta dentro la tenda.

“Mags vorrebbe davvero tanto vederlo” parlo più a me stessa che a Peeta, ma mi risponde lo stesso

“e chi non vorrebbe conoscere il suo nipotino? Ogni volta che rivedo quella donna, sempre più ingobbita e provata dall'età, mi tornano in mente tutte le occasioni in cui ci ha chiamato teppistelli per via delle nostre bravate dalla scogliera. È una donna a dir poco fantastica. Quando ci riprendeva, mi sentivo talmente in colpa che la volta successiva le portavo un sacchetto di biscotti” ride imbarazzato,grattandosi la nuca

“come quelli di oggi? Cosa dovevi farti perdonare?” sorrido anche io, ascoltandolo

“di essermi fatto massacrare per soldi, ovviamente. I biscotti non sono bastati però questa volta. Mi ha fatto capire benissimo che non me la perdonerà tanto facilmente” mi alzo anche io e lo abbraccio, affondando il viso sul suo petto. Il suono regolare e forte del suo cuore mi calma, e uno sbadiglio esce inaspettato dalla mia bocca

“andiamo a letto che è meglio” sussurra baciandomi i capelli. Annuisco, stanca dalla giornata, dal bagno in mare e dalla lunga camminata, non me lo faccio ripetere due volte.

Entro nella tenda e mi infilo nel sacco a pelo più piccolo, aggancio le cerniere in modo da unire i due letti per formarne uno solo un po' più grande. Poco dopo, il rumore delle braci spente dallo scroscio dell'acqua mi giunge alle orecchie, segno che Peeta ha soffocato il fuoco. Entra nella tenda e se la chiude alle spalle, accende la torcia mentre si sistema accanto a me, poi la spegne.

“vieni qui Dolcezza” allunga il braccio e mi accoccolo contro di lui, usando il suo petto come cuscino, il calore del suo corpo mi scalda all'istante, facendomi sentire sicura e protetta. Mi scioglie i capelli mentre sbadiglio e si tiene sui polsi gli elastici che prima tenevano malamente insieme le trecce.

“buona notte” con la punta del naso sfioro la sua pelle

“buona notte amore, e sogni d'oro” il bacio che si posa sulla fronte è l'ultima cosa che percepisco fino in fondo. Nella mia mente, impronunciato, resta sospeso un ti amo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

ecco dopo tanta attesa il nuovo capitolo! Spero vi piaccia, e soprattutto spero di essere riuscita a regalarvi qualche emozione.

Non so bene cosa dire, se non un grazie a tutti per aver letto, e un grazie ancora più grande a chi continua a recensire nonostante i miei clamorosi ritardi. GRAZIE GRAZIE GRAZIE per la pazienza. Cosa ne dite? Vi piace la mia idea per questo capitolo? Portate pazienza se non vi è piaciuto, tra non molto tornerà l'azione...

fatemi sapere le vostre opinioni, belle o brutte che siano, sono sempre tanto utili!

Grazie grazie e ancora Grazie a tutti!

Un bacione immenso

 

sempre vostra

 

Luckily

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Capitolo 26
*** non ti sarò d'intralcio, ti sosterrò ***


 “vieni qui Dolcezza” allunga il braccio e mi accoccolo contro di lui, usando il suo petto come cuscino, il calore del suo corpo mi scalda all'istante, facendomi sentire sicura e protetta. Mi scioglie i capelli mentre sbadiglio e si tiene sui polsi gli elastici che prima tenevano malamente insieme le trecce.

buona notte” con la punta del naso sfioro la sua pelle

buona notte amore, e sogni d'oro” il bacio che si posa sulla fronte è l'ultima cosa che percepisco fino in fondo. Nella mia mente, impronunciato, resta sospeso un ti amo.

 

 

 

 

 

Freddo. In questo posto fa maledettamente freddo.

Mi rannicchio cercando di scaldarmi un po', le ginocchia strette al petto e le palpebre così pesanti, troppo pesanti.

“Peeta ho freddo” biascico con la bocca impastata dal sonno, non apro nemmeno gli occhi. Sento che potrei riaddormentarmi da un momento all'altro, e lo vorrei tanto. Nessuna risposta.

“Peeta ho freddo” ripeto, magari prima stava dormendo. Non so per quale ragione lo chiamo così insistentemente, ma il mio cervello non si accende e io blatero, blatero, blatero.

“Peeta” mugolo, facendo schioccare le labbra. Ancora niente risposte. Ho così tanto sonno adesso, voglio il mio cuscino, il mio dolce adorato caldo cuscino. Rotolo e lo cerco con la mano, per riguadagnare il mio abbraccio caldo, ma mi sembra di cadere nel vuoto, giù, sempre più giù. Poi il mio naso che si schianta sul terreno scricchiola

“porca miseria” grugnisco tenendomi con le mani la faccia, ora sono sveglia, maledettamente e completamente sveglia.

“come diav..” poi lo vedo. Il sacco a pelo di Peeta è vuoto. Ecco spiegato il freddo e la sensazione di cadere, non c'era nessuno a fermare la discesa del mio braccio. Ecco perchè non rispondeva.

Il panico mi assale, mi guardo attorno come se in questo minuscolo spazio ci fosse anche solo un angolo in cui nascondersi. Dove è andato? Dev'essere notte fonda, niente luce, niente cinguettare degli uccelli. Solo lo sciabordio delle onde e l'ululato lieve del vento. Mi alzo, rabbrividendo, dal sacco a pelo e mi infilo il maglione di lana di papà, apro la cerniera della tenda facendo meno rumore possibile. Mi guardo intorno, afferro la torcia ed esco.

In mezzo tra la tenda e il mare, seduto sulla sabbia, nell'oscurità più totale, c'è il mio ragazzo. Mi avvicino lentamente, non voglio spaventarlo

“che ci fai sveglia?” sospiro, e lo raggiungo, senza badare al rumore. Mi siedo accanto a lui. La sua voce è fredda, distaccata, come se fossi un'intrusa nel suo mondo. Mi intimidisce, questa versione di lui

“avevo freddo e non ti ho più trovato” mormoro, la mia voce è flebile tanto quanto la mia sicurezza. Non risponde, si limita a guardare il mare mordendosi il labbro. Quel labbro che ho un'insana voglia di baciare. La felpa è chiusa e ha il cappuccio calcato in testa sotto il quale sporge il riccioluto ciuffo biondo. Le ciglia lunghe gli incorniciano gli occhi celesti, la luce della luna crea strani effetti sul suo viso mettendo in evidenza l'angolo della mandibola e il naso dritto.

“e tu?” domando, “cosa ci fai qui?” non capisco il suo umore, e questo mi spaventa. ho bisogno della sua voce, di un indizio che mi faccia intuire a cosa sta provando. Cerco di essere più dolce e delicata possibile

“non riuscivo a prendere sonno” ammette, stringendo con più forza il labbro inferiore tra i denti.

“colpa mia? Parlo troppo nel sonno?” cerco di scherzare, magari riesco a farlo sorridere

“no Katniss, non è colpa tua” freddo, scostante, severo. Ora ho capito, è arrabbiato.

Mi abbraccio le ginocchia, un po' per scaldarmi, un po' per proteggermi dalla sua rabbia. Deglutisco a fatica, ma ho bisogno di sapere, odio sentirmi in colpa per un motivo che non conosco.

“che succede Pee?” ho il mento appoggiato alle ginocchia e lo guardo mentre si alza, irritato e cammina avanti e indietro calciando sassolini e conchiglie creando una nuvoletta di sabbia che mi finisce in faccia. Non l'ho mai visto così prima d'ora, si passa entrambe le mani tra i capelli e poi sul viso dove si fermano. Ma continua a stare zitto

“si arrabbiato con me?” continuo, non vorrei fargli l'interrogatorio ma non vedo altro modo per farlo parlare. Ci vuole un'eternità prima che si decida

“no Katniss, non sono arrabbiato con te. Ora smettila con questo terzo grado” il tono è talmente severo che uno spiacevole brivido percorre tutta la mia spina dorsale. Abbiamo passato una giornata bellissima, cos'è che gli ha fatto cambiare umore così? È frustrante non capirlo e sento le lacrime pungermi gli occhi, con il dorso della mano le ricaccio indietro, proprio non mi sembra il caso di piangere.

“per favore Peeta, parlami. Cosa c'è che non va? Non capisco” mi trema così tanto la voce che sono convinta, potrebbe spezzarsi in qualsiasi momento.

Si prende il suo tempo per sedersi, questa volta di fronte a me, con uno sbuffo esasperato. “e va bene” fruga nelle tasche della felpa e ne estrae il telefono, lo sblocca e me lo passa.

Lo guardo negli occhi prendendo il cellulare

“è arrivato” constata. Mi acciglio, è arrivato cosa?

“il messaggio con il luogo dove si terranno i giochi” torna a mordersi il labbro. Se non la smette, ora, gli salto addosso seduta stante.

“smettila di morderti il labbro per favore” fisso i miei occhi nei suoi, poi guardo il telefono

 

- Cartagena da Indias . Colombia. -

 

Oddio. É.... E' così lontano... E' così ...pericoloso?... Oddio. Non so nemmeno cosa pensare.

“è meglio se chiudi la bocca Dolcezza” alzo lo sguardo dallo schermo illuminato e serro la bocca che non mi ero nemmeno accorta di aver spalancato per lo stupore.

“sono semplicemente preoccupato. Ora” sottolinea “ora si, che ho paura.” il suo autocontrollo sta cedendo, la voce è già salita di un paio di ottave

“si insomma, sono nove ore di volo, è piuttosto lontano non ti sembra?” la risatina isterica mi fa preoccupare ancora di più

“Peeta, fai un respiro profondo” cerco di farlo calmare ma mi ignora

“è buffo che mi renda conto solo ora di quello che sto per fare. Mi ammazzeranno” ride, sembra un pazzo

“Peeta.” alzo la voce, sento il cuore che martella nel petto

“Peeta. Calmati. Nessuno ammazza nessuno” urlo. Mi tremano le mani mentre gli restituisco il telefono. Se lo infila in tasca respirando profondamente. La crisi di panico, al momento sembra scongiurata.

“Katniss io..” anche se si è tranquillizzato lui, io non sono affatto calma

“tu?”

“devi dirti che... no aspetta Haymitch mi...” farfuglia cose incomprensibili, mangiandosi le parole

“tu cosa?” sbotto

“oh al diavolo! C'è una cosa che non ti ho detto” i nostri sguardi si incrociano per un istante, poi torna a guardare il mare. Lo osservo, circospetta e sospettosa

“cosa?”

“bhe, ecco” tira aria tra i denti, cercando forse il coraggio per parlare, o perlomeno cercando le parole giuste

“Haymitch verrà con me” cosa?! Sgrano gli occhi. Mi sento presa in giro, profondamente.

“non volevo che venisse, ma ha vinto lui. Ha insistito tanto” cerca di spiegarmi ma nemmeno lo ascolto. Perchè quell'ubriacone può accompagnarlo e io no?! Mellark sei un cretino.

“e Effie? Il loro matrimonio?”

“tutto si festeggerà dopo che saremmo tornati, se torneremo ovvio. O meglio, lui tornerà di sicuro, io non lo so, visto che mi faranno a pezzi e che..” sta blaterando e si sta di nuovo facendo sopraffare dalla paura.

“Peeta!” richiamo la sua attenzione facendo schioccare due dita davanti alla sua faccia e si calma subito

“scusa” annuisco

“perchè?” continuo, mi deve delle spiegazioni

“perchè cosa?”

“non fare il finto tonto con me Mellark. Sai benissimo cosa ti sto chiedendo” nelle mie occhiate c'è tutta la rabbia che provo in questo momento

“no, non lo so. Forse penso di saperlo, ma non ne sono sicuro. Quindi spiegati meglio Katniss”

“perchè Haymitch può accompagnarti e io no?!” sbotto, furiosa

“ecco. Appunto. Proprio di questo volevo parlarti” è troppo calmo ora, e mi ricorda la tranquillità dell'occhio del ciclone

“a questo punto, visto che non sono emotivamente pronto ad andarmene senza vederti per sei mesi, credo tu possa venire con me”

 

Posso.

Andare.

Con.

Lui.

 

Reprimo il sorriso ebete più grande del mondo. Per quanto io sia felice, non posso certo gongolarmi davanti a lui o potrei fargli cambiare idea e poi, dovrei ancora essere arrabbiata con lui. O no?

Scelgo la via più semplice, fare la sostenuta. Alzo gli occhi al cielo

“tanto sarei venuta lo stesso.”

“vuoi davvero ricominciare a litigare su questo?” è incredulo e ha gli occhi sbarrati

“non voglio litigare” ed è davvero una cosa che voglio evitare “ma davvero non avevi capito che ti avrei seguito in ogni caso? Il tuo permesso mi facilita solo le cose”

il colore del suo viso passa dal bianco al rosso nella manciata di secondi che gli servono per digerire quello che gli ho detto.

“speravo mi ascoltassi. Speravo tenessi in considerazione anche quello che desidero io,non solo ed esclusivamente quello che va bene a te. Non pensavo che le mie parole non contassero nulla per te” la mani scompigliano esasperate i capelli mentre il suo sguardo gelido incontra il mio. Le pupille scure attorniate da impenetrabili lastre di ghiaccio.

“non è vero che non contano nulla” deglutisco, intimorita da tanta veemenza. Le sue parole, i suoi desideri contano per me tanto quanto l'ossigeno serve per respirare.

“ah si?! Ignorare le mie richieste non è proprio il modo migliore per dimostrarlo sai Katniss?” veleno puro nella sua voce. Si alza e percorre a grandi falcate la piccola spiaggia, mettendo più distanza possibile tra noi due. Quella stessa distanza che cerco di colmare correndogli dietro.

“Peeta” la mia mano contro il suo pugno chiuso sembra minuscola, immagine perfetta per descrivere l'incredibile senso di inferiorità che provo in questo momento. Questo ragazzo è migliore di me, in tutti i sensi, e non lo meriterei nemmeno se vivessi altre cento vite, ne sono convinta. E ha ragione, non sto facendo nulla per fargli capire quanto tengo a lui, lo faccio solo, continuamente, arrabbiare.

“Peeta” supplico “ti prego, guardami” . Per l'ennesima volta, ascolta me piuttosto che dare retta al suo istinto che gli dice di andarsene e non parlarmi. Aggrotta la fronte e mi osserva senza togliere la mano dalla mia

“quello che dici mi interessa, davvero. E ci tengo a te più di quanto tu creda, è solo che” mi blocco, cercando le parole migliori da usare. Le trovo solo guardandolo negli occhi

“è solo che non avrei mai potuto lasciarti da solo, non in questa situazione. Potrebbe succederti qualsiasi cosa e “ inspiro, la sola idea mi disgusta” potresti farti male, potrebbero ammazzarti e io sarei impotente a migliaia di chilometri di distanza. Non posso accettarlo. Proprio non posso”

“Katn” cerca di parlare ma lo interrompo.

“no, lasciami finire Peeta.” Non troverò più il coraggio per dire tutto questo, e non posso lasciarmi sfuggire l'occasione

“tu mi sei stato accanto, mi hai salvato, mi hai fatto capire davvero cosa vuol dire vivere, cosa vuol dire amare. E io non posso lasciarti rischiare da solo, non me lo perdonerei mai. Voglio starti accanto nei momenti peggiori, godermi il meglio e il peggio di te, senza distinzioni, voglio essere il tuo punto fermo come tu sei diventato il mio, e non posso farlo se tu mi tieni a distanza” gli getto le sbraccia al collo, affondando il viso poco sopra la clavicola per nascondere il rossore. Non si ritrae a quel contatto così inaspettato, e dopo qualche istante di esitazione, le sue solide braccia mi cingono la vita, calde, accoglienti e sicure. Amorevoli.

“Katniss, mi dispiace, non penso davvero quello che ho detto. È che sono agitato, ho paura, e preferirei che fossi dalla mia parte, obbediente, piuttosto che un'adorabile ribelle” mi stringe in un abbraccio sempre più intimo e bisognoso, avverto sotto le dita, i muscoli tesi del collo rilassarsi mentre gli accarezzo la nuca e gioco con i suoi riccioli

“quella magari falla in altre occasioni” ridacchio al suo tono lascivo e gli tiro scherzosamente una ciocca di capelli.

“continua a sognare Mellark”

mi solleva in aria facendomi volteggiare un paio di volte, poi perde l'equilibrio e cadiamo sulla sabbia fresca ridendo. Sono contenta che il nostro litigio si sia concluso, nel migliore dei modi, entrambi colpevoli, entrambi perdonati.

Mi accoccolo contro il suo petto ampio, mentre con la mano mi accarezza la schiena lentamente, dolcemente

“te lo prometto” sussurro “ non ti sarò d'intralcio, ti sosterrò ”

“grazie” sorride, posandomi prima un piccolo bacio tra i capelli, poi sulle labbra.

“e ora andiamo a dormire, ne abbiamo bisogno entrambi” ci incamminiamo, lui davanti a me, verso la tenda

“e togliti quel sorrisetto compiaciuto dalla faccia, Everdeen” ma come diavolo ha fatto a vederlo? Mi copro la bocca con le mani, colpevole

“O rischi di farmi cambiare seriamente idea” scherza.

Ma io, quel sorriso, beato e si, letteralmente compiaciuto, non riesco proprio a togliermelo.

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

nuovo capitolo, e nuove scuse. Questa volta il mio ritardo è imperdonabile, lo so, ma è un periodo difficile e la scuola mi sta facendo impazzire quindi vi chiedo l'impossibile. Perdonatemi vi prego!!!

Il capitolo è più corto del solito, ma non meno ricco, spero, di emozioni, che mi auguro di avervi trasmesso al meglio.

Dal prossimo capitolo, fino a data da destinarsi, Everlark in viaggio! Non troppo piacevole però, altrimenti che Hunger Games sarebberò? C'è anche in me una piccola piccola piccola ma non troppo, vena capitolina amante dei giochi ahahahah

scherzi a parte

 

“Possa la buona sorte sempre essere a tuo favore Peeta!”

 

 

Baci & Abbracci

 

sempre vostra (sempre che non mi uccidiate prima per i miei incredibili ritardi)

 

Luckily

 

p.s.

 

A prestooooo!!!

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** saluti ***


A salutarci all'aeroporto sono venuti tutti, ma proprio tutti.

Sorrido mentre trascino l'enorme valigia attraverso il parcheggio, mi mancheranno un sacco. Sei mesi, forse un po' di più, senza i miei nuovi amici, la mia famiglia, saranno interminabili suppongo, in fin dei conti mi sono affezionata talmente tanto a loro che non potrei più farne a meno.

Sentirò la nostalgia ripensando all'allegria di mia sorella, agli abbracci di mia madre, il calore di Annie, l'ilarità di Finnick, la tenerezza di Madge, agli occhi penetranti del mio migliore amico Gale e forse anche alle frecciatine di Johanna.

Sbuffo quando le ruote del trolley si incastrano sui gradini dell'edificio, impedendomi di avanzare. Peeta, apprensivo ed esagerato come al solito, mi ci ha fatto mettere dentro quintali di cose, per ogni evenienza e per ogni occasione. Mi domando cosa possa servirmi una muta da sub, sinceramente.

“Ehi Catnip ce la fai con quell'affare?” Gale mi coglie di sorpresa, distraendomi dai miei pensieri.

“credo” strattono la valigia su per la scalinata stringendo i denti

“credo di si” grugnisco per lo sforzo. Maledetto Mellark, pesa una tonnellata questa valigia.

“dai qua” con un sorrisetto tirato Gale mi toglie dalle mani il manico del bagaglio e lo richiude, sollevandolo con un movimento fluente, come se fosse una piuma. Da quando è diventato tanto forte? Oppure sono io ad essermi infiacchita?

“grazie” dico, sinceramente grata per il suo gesto. Un'alzata di spalle è quello che ricevo per risposta. Tipico di Gale quando è infastidito.

Quando l'ho informato della mia partenza, non l'ha presa affatto bene. Continuava a ripetere che non era il caso che andassi, che mi sarei messa nei guai inutilmente e che non era affatto il posto giusto per me. Peeta, a suo avviso, se la sarebbe cavata anche senza la mia presenza. Io, ovviamente, non sono mai stata più in disaccordo con lui. Se c'è una cosa che lui conosce alla perfezione di me, è la mia assurda cocciutaggine, la mia ostinata determinazione ad ottenere quello che voglio, se mi interessa veramente. Per questo si è arreso di fronte alla mia scelta di partire, ma non ha certo dissimulato la sua ostilità, ne lo sta facendo in questo momento, quando ormai potrebbe benissimo metterla da parte visto che non mi vedrà per sei mesi. Mi dispiace lasciarlo, ma lui può stare senza di me, al contrario di Peeta, e con Johanna sono sicura che se la spasserà ugualmente alla grande.

“Gale non fare così per favore!” il mio tono lamentoso lo fa ridacchiare, ma continua a non rispondermi

“vuoi davvero che per tutto questo tempo riveda solo la tua orribile faccia immusonita?” scherzo e mi sganascio dalle risate alla vista della sua smorfia contrariata.

“la mia faccia è bellissima. E la mia espressione cupa e ostile la rende ancora più fantastica e sexy” annuncia, fiero, e fintamente indignato, levandomi un peso dal cuore. Proprio non mi andava di lasciarlo arrabbiato. Meglio un Gale scherzoso che uno rancoroso, senza dubbio.

“come no, Hawthorne” ghigno

“assolutamente si, Everdeen”

oh si. Lui mi mancherà davvero tanto.

 

 

Il vociare confusionario e indistinto che anima l'aeroporto, a quest'ora della sera, non può che appartenere alla nostra strana combriccola. Come al solito, sono l'ultima ad arrivare, e mi stanno tutti aspettando. Mia madre e mia sorella mi corrono incontro, salutano Gale, e mi stringono in un abbraccio stritolatore.

“mamma, così mi soffochi!” le accarezzo le braccia sottili, ma non accenna a lasciarmi

“mi mancherai così tanto tesoro mio” farfuglia, emozionata

“eh no, non piangere ti prego. Sennò piango anche io” sbuffo, felice, mentre la allontano da me e passo una mano tra i capelli perfettamente acconciati di Prim.

“ti voglio bene Katniss” sussurra, con gli occhi lucidi, tirando su con il naso per non far colare l'abbondante mascara che le colora le ciglia altrimenti bionde. Quant'è diventata grande la mia piccola Primrose.

“te ne voglio tanto anche io Paperella” dico, per poi posarle un bacio sulla fronte.

“ma adesso smettetela. Non me ne sto andando per sempre, e non sto andando in guerra! Sarò presto di ritorno” se non la smettono di commuoversi rischio di mandare all'aria il viaggio per restare con loro. So che riuscirebbero a convincermi a restare con le loro lacrime.

Ad aspettare i miei occhi, quando alzo lo sguardo dalla mia famiglia, ci sono quelli nervosi e contrariati di Peeta.

Mi mordo la lingua sapendo perfettamente quello che ho combinato questa volta per meritarmi quell'occhiata feroce.

Questa notte, era il mio unico desiderio prima di partire, volevo passarla con Gale da buoni amici, come facevamo prima che tutte queste persone, tutte questi avvenimenti cambiassero il nostro rapporto. Come facevamo quando, da sola, assistevo alle partite di calcio dalla finestra della mia camera e poi lui mi veniva a trovare, talvolta dormiva con me salvandomi dagli incubi e dalla solitudine. L'idea, non ha reso affatto felice il mio biondissimo ragazzo, che ha accettato solo perchè ho insistito troppo. Non ha reso felice nemmeno Johanna, se è per questo.

“Ciao Peeta” mormoro sporgendomi verso di lui per salutarlo con un bacio, che prontamente ricambia. Un piccolo e casto bacio come saluto, davanti a tutti, immancabilmente arrossisco.

“Ciao Katniss” ok sono nei guai fino al collo. La sua voce è troppo roca, troppo profonda, troppo seria.

“dobbiamo andare a fare il Check-in” annuisco, seguendolo verso il bancone dove un' hostess dal sorriso cordiale e le movenze professionali ci saluta e ci chiede i passaporti

“Signor Mellark, può appoggiare i suoi bagagli sul nastro per favore?” domanda, allegra la ragazza fissando Peeta

“subito” la sua valigia è abbondantemente più leggera del limite consentito. Ha fatto portare tutto a me?

“grazie” il cartellino della ragazza indica che si chiama Clara.

“signorina Everdeen, può mettere ora il suo bagaglio sul nastro trasportatore?” annuisco e cerco la maniglia di quell'affare assurdamente pesante.

“lascia, faccio io” sbuffo al tono gelido e distaccato di Peeta, mentre afferra con facilità i miei averi e li deposita sul nastro. Come previsto il peso eccede di un bel po'. Clara reprime un sorrisetto divertito che io però non mi lascio sfuggire. Alla mia occhiata infastidita si ricompone

“visto che il suo bagaglio, signor Mellark, pesa meno del consentito, posso far passare questo lo stesso senza supplemento. Per questa volta” la sua voce civettuola mi fa in qualche modo sospettare che sia attratta da Peeta. Scaccio l'idea all'istante.

“la ringrazio tantissimo” prende una pausa per scrutare il badge della hostess “Clara”

“buon viaggio allora, Peeta” come sono passati al tono confidenziale?? e perchè a me non sta augurando buon viaggio?

Poi capisco: Lui, lo sta facendo apposta. Sta cercando di farmi ingelosire! Si sta vendicando per la mia richiesta di ieri. Complimenti Mellark, ottima tattica ma questa volta non funzionerà, perchè so a che gioco stai giocando.

 

 

 

“Katniss cara, mi raccomando, tieni a bada il ragazzo ok?” la voce dolce di Annie è un balsamo, delicata e carezzevole, capace di mettere un freno al galoppare frenetico del mio cuore,

“certo che lo farò! Stanne certa” ci abbracciamo, salutandoci. È ora di andare.

“state attenti” è l'unica raccomandazione seria di Finnick, che si aggiunge a tutte quelle stupide che ci ha fatto prima.

L'urletto triste di Junior mi riempie le orecchie

“zio Peeta” corre verso di lui instabile sulle gambette corte e paffutelle, corre verso le braccia stese di Peeta, che accovacciato lo aspetta.

“ciao pesciolino” lo solleva in aria e gli fa fare un piccolo saltino, riafferrandolo poi tra le braccia forti. Vederlo così a suo agio con un bambino in braccio mi mette in soggezione, io con gli esserini così delicati, proprio non ci so fare. Osservo la scena, come se fossi completamente estranea a quella parte del mio ragazzo che mostra un innato istinto paterno

“Zio Peeta, non vale che vai via!” Junior tira su col naso, stizzito, contro la spalla del biondo

“dai pesciolino, non starò via tanto. Promesso” il bimbo lo guarda dubbioso, poi accenna un sorriso sdentato

“promesso?”

“Promesso!” risponde Peeta, alzando il mignolo. Il piccolo intreccia la manina cicciottella al dito dell'uomo e stringe, muovendola energicamente. Questa si che è una promessa.

“ma adesso chi sta con me quando mamma e papà non ci sono?” Junior borbotta, gli occhioni ,chiari come quelli del padre, imbronciati.

“magari zia Johanna” tutti ci giriamo verso di lei che, prontamente, alza il dito medio verso il suo migliore amico

“col cazzo che bado io a quella peste!” annuncia, senza mezzi termini.

“Johanna!” la rimproveriamo tutti, ridendo

“io la zia pazza non la voglio”

“ecco” torna a rivolgersi a Peeta ”vedi mentecatto, non mi vuole” Jo indica il piccolo Odair ghignando.

“ehi, piccolo, che ne dici se ci pensa zia Madge?” intervengo io, indicando la mia migliore amica, leggermente in disparte. Annie la guarda, speranzosa.

“ehm,io...” esita, incerta

“si tratta solo di una sera a settimana, quando e se puoi tu ovviamente” spiega Finn, sorridendo bonariamente alla bionda

“penso di poterlo fare, si “ sorride di rimando lei. Vedo con la coda dell'occhio Annie sospirare

“ecco fatto pesciolino. Abbiamo trovato chi starà con te!” Junior sembra soppesare le parole di Peeta, poi si gira verso Madge e la squadra dalla testa ai piedi

“eddai piccolo, non dirmi che non ti piace nemmeno lei!” la finta indignazione di Peeta mi coglie di sorpresa.

“ zia Madge è buonissima” lo posa a terra e con fare cospiratorio, finge di rivelargli un segreto.

“e poi guarda quanto è bella!” Madge arrossisce e io sbianco.

Mentre il piccolo corre dalla nuova babysitter, io fisso malefica il biondo. Le braccia incrociate, con lo sguardo segue il passo veloce del suo protetto, ma sogghigna. Ha fatto apposta anche questo. Brutto stronzo che non sei altro Mellark!.

 

 

 

Passo sotto il metal-detector la mia borsa, e attraverso il body scanner che fortunatamente non suona. Mentre aspetto che i miei tre compagni di viaggio vengano ispezionati, do un ultimo sguardo alla mia famiglia, che sta ancora salutando. Prim sulle spalle di Gale agita una mano, mia madre sventola un fazzoletto bianco mentre si affretta ad asciugare le piccole lacrime che le offuscano gli occhi

“vi voglio bene” grido sventolando la mano per salutarli, non so se mi possano sentire ma di sicuro mi stanno vedendo

“forza andiamo Dolcezza” Haymitch mi trascina via verso i Gate, e i miei cari spariscono dal mio campo visivo.

 

 

“so cosa stai cercando di fare” mi allaccio la cintura, ho guadagnato , fortunatamente, il posto vicino al finestrino.

“davvero?” Peeta alza un sopracciglio, divertito, e senza guardarmi infila le nostre cose sul vano porta oggetti sopra i sedili. Poi si siede affianco a me.

“stai cercando di farmi ingelosire.” dichiaro.

“maddai” si sistema meglio e si allaccia la cintura. Di fianco a lui si siede un signore corpulento e pelato

“non fare il finto tonto con me. Lo fai apposta. Hai fatto il carino con la hostess, hai detto a Madge che è bella, solo perchè vuoi farmela pagare perchè non ho dormito con te questa notte.”

“non nascondo che mi abbia dato particolarmente fastidio la tua richiesta di dormire con Hawthorne” guarda verso gli assistenti di bordo che stanno spiegando le procedure di sicurezza

“e dovresti guardare anche tu. Non si sa mai” la sua mano afferra il mio mento e lo gira verso la crew. Sbuffo.

“si chiama Gale.” continuo

“non è questo il punto” ribatte lui

“e allora qual è?” insisto tornando a guardarlo

“il punto è che dovresti seguire le hostess Katniss” alzo gli occhi al cielo e lo accontento. Me ne sto zitta per tutto il tempo in cui vengono indicate le operazioni di emergenza.

“allora?” sobbalzo sentendo l'aereo muoversi. L'ultima volta che ho volato avevo si e no sei anni e c'era mio padre con me a darmi conforto.

“allora non mi va che tu dorma ancora con lui” la voce calma e piatta mentre cerca Effie e Haymitch con lo sguardo. Sono a pochi sedili di distanza da noi, quindi non possono sentirci.

“ma siamo solo amici, quante volte devo ripetertelo? E poi lui sta con Johanna. O te lo sei scordato?”

“non mi sono scordato di questo come non mi sono dimenticato del bacio che ti ha dato in ospedale. E non mi fido di lui in ogni caso. Questa notte è stata insopportabile per me Dolcezza” nell'ultima frase la sua voce assume quella sfumatura dolce e romantica che fa, al solito, accelerare il mio cuore.

“mi dispiace” ammetto, non mi va l'idea di averlo fatto star male

“ma ne avevo bisogno. Avevo bisogno di stare un po' con lui da buoni amici”

“lo so. È per questo che ho ceduto. Ma non mi va che succeda un altra volta ok? Non di notte almeno.” gli angoli della bocca incurvati verso l'alto.

“va bene” senza farmi vedere dalle assistenti di volo, slaccio la cintura e lo bacio, cogliendolo alla sprovvista, poso le mani sulle guance e approfondisco il contatto, cercando la sua lingua.

Quando l'aereo prende velocità mi stacco e mi allaccio la cintura. Il sangue, pompato freneticamente dal mio cuore mi imporpora gli zigomi. Afferro la mano di Peeta sul piccolo bracciolo che ci separa, e stringo, per contrastare la paura. Gli occhi ermeticamente serrati.

“ehi piccola. Hai paura?” c'è stupore, comprensione e delicatezza nel suo tono profondo ma amorevole. Annuisco, sentendo l'aereo staccarsi da terra. Il mio respiro è superficiale, veloce.

“va tutto bene, guardami” apro prima un occhio, poi l'altro, quando lo vedo portarsi la mia mano, stretta attorno alla sua, alla bocca. Sono ipnotizzata dai suoi occhi piantati nei miei, dal tocco umido e soffice delle sue labbra sulla mia pelle tesa. Piano, lieve, deposita una bacio su ogni dito, partendo dal pollice fino al mignolo, per poi tornare indietro, senza staccare nemmeno per un secondo le sue iridi azzurre dalle mie grigie.

La lingua che guizza veloce per inumidire quei lembi di pelle rosea e carnosa, risveglia in me qualcosa di ancestrale, una fame intensa, un desiderio che parte dalla parte più profonda di me e si irradia in tutto il mio corpo, nel basso ventre, nelle gambe, nel petto, monopolizza i miei pensieri.

Mordicchiandomi la punta dell'anulare, mi riporta alla realtà.

“ecco fatto Dolcezza” sorride orgoglioso indicandomi il simbolo della cintura di sicurezza ormai spento. Quanto è durato il nostro isolamento? Siamo già in quota. È riuscito a distrarmi durante tutto il decollo. Sospiro, tastandomi le gote bollenti.

 

 

 

È mezzanotte, o era mezzanotte. Oh insomma, non ne ho la minima idea! Questo dannato fuso orario mi sta facendo venire il mal di testa. Siamo in volo soltanto da due ore e già mi fa male il sedere, odio stare seduta così a lungo. Del sonno, neanche l'ombra. Nove ore così saranno eterne. Sbuffo.

Ho tenuto sveglio Peeta fino ad ora, obbligandolo a completare con me qualche schema delle parole crociate, costringendolo a giocare a carte, ad ascoltare i miei sproloqui su qualche libro che ho appena finito di leggere. Poi alla fine però ha ceduto, e si è addormentato durante una partita a tris. Ora ronfa beatamente sulla sua poltroncina reclinabile con la testa appoggiata al cuscino rosso, gradito gadget che la compagnia aerea ci ha fornito una volta in quota. Effie e Haymitch mi hanno fatto compagnia per un po' , ma anche loro, alla fine, si sono lasciati andare tra le braccia di Morfeo. L'unica che non riesce a rilassarsi sono io.

Guardo fuori dal finestrino la notte buia e le sparute nuvolette biancastre sotto di me, e mi sento come un uccellino volato troppo in alto, terribilmente fuori posto. Volare non mi piace un granchè. Accarezzo l'avambraccio di Peeta e mi accoccolo meglio contro di lui, cercando di addormentarmi.

 

 

 

“Dolcezza, è ora, svegliati” il bacio sulla fronte e la dita intrecciate ai miei capelli mi rendono felice ancora prima di aprire gli occhi. Mi stiracchio e noto la giovane hostess offrirmi un bicchiere di succo d'arancia che accetto molto volentieri

“che ore sono?” domando restituendo il bicchiere vuoto

“le otto e mezzo di mattina, tra poco atterreremo all'aeroporto di Bogotà.”

“grazie mille” la signorina se ne va e io torno a guardare Peeta.

“paura anche dell'atterraggio? “ domanda, risvegliando in me il desiderio con quel suo sguardo languido

“abbastanza” ammetto

“buono a sapersi” mi fa l'occhiolino prima di baciarmi appassionatamente.

 

 

 

 

“tutto questo è inammissibile!” Effie brontola per qualsiasi cosa, sul serio.

“cara smettila, non è poi così male. Ti ci dovrai abituare almeno un po' a questa situazione” il mio padrino sta cercando inutilmente di calmare la sua futura mogliettina che continua a inveire contro il degrado che vede per le strade della città. Il viaggio in taxi dovrebbe durare più o meno mezz'ora e proprio non mi va di sentire le sue lamentele per tutto questo tempo.

“Effie, vedrai che l'alloggio sarà fantastico, non preoccuparti” cerco di rassicurarla

“certo Effie, sarà pulitissimo” Peeta rincara la dose per farla tacere.

“lo spero, per il resto questo posto è bellissimo” ed è vero. Il paesaggio è stupendo, e mentre zigzaghiamo tra il traffico osservo i volti delle persone, dei bambini che giocano felici sul marciapiede con palloni di cuoio sdrucito e consunto, ma sono felici e questo mette allegria anche a me.

Peeta incrocia le sua dita alle mie, e da qualche leggera stretta ogni tanto, per attirare la mia attenzione su qualcosa che vuole mostrarmi, fuori dal suo finestrino; un animale, un'auto particolare, un monumento storico. La sua curiosa felicità fa tenerezza. Spero questo non cambi mai.

 

 

 

Scendiamo dall'auto stanchi e rattrappiti per il lungo viaggio, scarichiamo i bagagli davanti alla torre dove gli organizzatori del torneo aspettano ogni anno i partecipanti per assegnare loro un alloggio in città. Generalmente si tratta di piccoli appartamenti in centro, ma capitano, alle volte, concorrenti che vengono assegnati a ville o villette con piscina. Spero sia il nostro caso, visto che siamo in quattro. L'auricolare che ci viene fornito, mentre ci sistemiamo lungo la fila, traduce tutto quello che viene detto in spagnolo nella nostra lingua, in modo tale che nessuno abbia problemi di comunicazione.

La sala è enorme, con un alto soffitto a volta, luminosa e ariosa. Al centro, illuminato da un solitario raggio di sole mattutino, è posizionato il banco per l'iscrizione ufficiale alla Quarter Quell. Ogni uno di noi deve iscriversi, dichiarando di essere o un ospite o un campione.

 

“chi è lo sfidante?” un uomo o meglio, un armadio, sulla cinquantina, brizzolato e abbronzato ci scruta, soffermandosi su Haymitch, che alza le spalle e le mani.

“sono io”

alla vista di Peeta, l'uomo prorompe in una risata rumorosa di scherno, di derisione

“tu? Un ragazzino? Vorrai scherzare spero!” l'arroganza in quel tono, per nulla affabile, mi innervosisce. Vedo i pugni del biondo contrarsi, fino a che le nocche non sbiancano completamente.

“esattamente io” sbatte un paio di volte le palpebre facendo ondeggiare le lunghe ciglia chiare, fingendosi confuso per quella domanda.

“c'è qualche problema?” la diplomazia è sempre stata l'arma migliore di Peeta, ma ho come il presentimento, che in questo posto, sia inutile.

“se c'è qualche problema? Tornatene a casa poppante!”

potrei giurare di aver visto la mano di Peeta avere uno spasmo di rabbia.

“lascia che mi iscriva, e poi riparleremo di chi dovrà tornare a casa” continua stoicamente senza reagire apertamente alle risate si scherno.

La tensione, per quanto sia grande questa stanza, è palpabile, tangibile, reale.

Mi avvicino a lui e gli accarezzo una spalla

“non dargli retta Pee, ci sono qua io con te” cerco di calmarlo, ma i suoi occhi sono scuri, arrabbiati, troppo furiosi per essere addolciti dalle mie parole.

“e questa mocciosa chi sarebbe?” si rivolge a me, avvicinandosi. Io indietreggio, spinta dal braccio di Peeta che preme sul mio stomaco

“è la tua fidanzatina, poppante?” ci canzona

Poi tutto accade troppo velocemente

Il braccio peloso e sudato dell'energumeno si allunga verso di me, afferrandomi una spalla. La voce di Peeta arriva ovattata alle mie orecchie

“non osare toccarla o io “ ringhia

“o tu cosa?” le dita affondano nella mia pelle.

Un gemito sfugge, strozzato, dalle mia labbra.

il pugno di Peeta sul naso dell'uomo,

il rumore sordo di qualcosa che si spezza,

l'urlo isterico di Effie

il rosso del sangue che cola copioso su un volto tumefatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

eccoci arrivati a destinazione, finalmente. Ingresso trionfale nei macabri Hunger Games per Peeta, non trovate?

In ogni caso, grazie per essere arrivati fino in fondo a questo nuovo capitolo!

Ho notato però che state perdendo interesse per la storia, e visto che nell'ultimo capitolo pubblicato ho ricevuto una sola, per quanto bellissima recensione, mi domando se sia il caso di continuare a scrivere questa long. Che dovrei fare? Continuo o lascio perdere? Rispondete sinceramente, non preoccupatevi.

Grazie, in ogni caso, a tutte le fantastiche persone che mi stanno seguendo, che hanno messo la storia tra i preferiti seguiti ricordati e chi più ne ha più ne metta!!

ogni consiglio che avete da darmi è ben accetto mi raccomando!!

recensite recensite recensite e fatemi sapere, secondo voi, cosa dovrei fare per favoooooreeeee

 

a presto

 

sempre vostra

 

Luckily

 

 

 

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Capitolo 28
*** la vostra nuova vicina ***


Poi tutto accade troppo velocemente

Il braccio peloso e sudato dell'energumeno si allunga verso di me, afferrandomi una spalla. La voce di Peeta arriva ovattata alle mie orecchie

non osare toccarla o io “ ringhia

o tu cosa?” le dita affondano nella mia pelle.

Un gemito sfugge, strozzato, dalle mia labbra.

il pugno di Peeta sul naso dell'uomo,

il rumore sordo di qualcosa che si spezza,

l'urlo isterico di Effie

il rosso del sangue che cola copioso su un volto tumefatto.

 

 

 

“tu sei morto.” l'uomo biascica la minaccia tenendosi le mani premute sul naso, cercando di fermare il fiotto cremisi.

Mi tremano le gambe, tutto questo non poteva cominciare peggio di così. Mi sento sopraffatta dagli eventi, colpevole per quello che è successo perchè se avessi tenuto la bocca chiusa ora non ci troveremo in questa situazione. L'unico suono che mi riporta alla realtà è lo scrocchiare delle dita di Peeta, che noncurante di quello che è appena successo si sta dirigendo verso il banco per le iscrizioni. Le braccia forti di Haymitch mi afferrano giusto in tempo per evitare la mia caduta.

“stai bene dolcezza?” è stranamente premuroso, anche se non sono io quella che dovrebbe stare male. Il mio padrino stringe il mio gomito e mi sorregge, continuando a guardare la schiena tesa del mio ragazzo, piegato sul tavolo a compilare qualche documento. Le spalle larghe, coperte dalla t-shirt bianca, sono evidenziate dai muscoli contratti, il solco nel mezzo è ben visibile e definito. Mi ritrovo a pensare, in questo strano momento, a quanto poco io abbia prestato attenzione a quello che faceva nell'ultimo periodo. Si deve essere allenato molto, negli ultimi Hunger Games non era così in forma.

“s-si” balbetto cercando la voce, provando a reggermi autonomamente sulle gambe. Haymitch mi lascia andare e va a preoccuparsi di Effie che se ne sta, con la testa tra le mani curate, su un piccolo divano in fondo alla sala. Se questo l'ha spaventata, non dovrebbe essere qui. Non è posto per lei. Ma anche io ho avuto paura in fin dei conti.

 

Nella confusione generale, l'uomo sanguinante è sparito lasciandosi dietro una disgustosa scia di goccioline rosse che imbrattano il pavimento di marmo candido, come se fosse parte integrante dei giochi.

“firma. Ho già compilato tutto io. Sbrigati che poi ce ne andiamo da qui” guardo Peeta e obbedisco, senza controllare nemmeno quello che ha scritto. La sua espressione è dura, le nocche bianche per la rabbia, gli occhi oscurati da un ombra di cattiveria. Mi fa paura.

 

 

 

Il tintinnio di metallo contro metallo mi innervosisce, acuendo la tensione di cui è carico l'abitacolo dell'auto appena presa a noleggio. Nessuno parla.

Probabilmente pensiamo tutti che il primo a fiatare scatenerà una guerra.

Decido che sarò io, la prima martire. Prendo un respiro profondo, incrocio le dita dietro la schiena. La pelle morbida del sedile posteriore mi solletica i polpastrelli. Effie mi guarda, irata, ansiosa di avere un pretesto per parlare. Ho intenzione di darglielo.

“Peeta” ansimo

“stai bene?” domanda. Mi meraviglio di come, con me, continui a mantenere un tono dolce e tranquillo. Perchè mi chiedono se sto bene? Non potrei stare altrimenti.

“si, ma tu?” sussurro, comunque intimorita dai suoi occhi stanchi e scuri. L'azzurro limpido si è trasformato in un cielo in tempesta

“si può sapere che ti è preso ragazzo?” Haymitch alza la voce, continuando a tenere la mani saldamente incollate al volante della Maserati GranCabrio nera.

“la stavo proteggendo” risponde, ignorando la mia domanda.

“ti sei reso conto di quello che hai fatto?” Effie sbraita infliggendo ai miei timpani un'atroce tortura

“che altro avrei dovuto fare?” ora Peeta alza la voce, roca e gutturale spezzata dalla tensione

“ci hai messo in pericolo tutti!” continua la donna, è talmente agitata che il suo timbro di voce rasenta il suono delle unghie sulla lavagna.

“Effie non esagerare per favore. Calmati”

“no Haymitch non mi calmo affatto. Non si rende conto dei guai in cui ci ha cacciato con quel gesto da vero maleducato”

vorrei tapparle la bocca con quell'orrendo foulard rosa che porta al collo. Come se l'educazione servisse nella Quarter Quell.

“Se l'educazione fosse importante in questo posto, non esisterebbero nemmeno gli Hunger Games non credi?” soffoco un sorriso alla risposta acida, maleducata, di Peeta.

Haymitch sospira rumorosamente fermandosi al semaforo rosso

“non le avrebbero fatto nulla, ragazzo.”

“e questo chi te lo dice? Non posso permettere che succeda” l'occhiata furente del biondo è inequivocabile

“ deve imparare a cavarsela da sola. Ti sei messo in mostra e ora se la prenderanno con te. Sei già svantaggiato, non farti inutili nemici chiaro?”

 

L'auto riparte con uno stridio di ruote sull'asfalto, avanzando rapida sulle strade semideserte della zona residenziale. Le villette e i piccoli condomini dai colori sgargianti si susseguono ai lati delle strette viuzze lussureggianti di altissime palme ed esotici alberi da frutto. La musica dei bar riempie l'aria, il venticello mi scompiglia i capelli carezzandomi la pelle. Questo posto sarebbe anche bello, se non mi ricordasse continuamente che sono qui per un motivo ben preciso, macabro e violento, ma pur sempre ben preciso.

“quale di queste sarebbe la nostra?” domando, continuando a guardare fuori dal finestrino scrutando i numeri sui portoni e sui cancelletti

“il numero è il 14a. Credo sia un appartamento visto che c'è scritto al terzo piano” Peeta legge scrupolosamente la mappa che gli è stata consegnata.

“abbiamo appena passato il 10, quindi dovremmo essere praticamente arrivati” non nascondo la leggera nota di eccitazione nella mia voce.

 

Il palazzo è intonacato di un rosa brillante, qualche buffo ghirigoro bianco decora la facciata altrimenti scialba. Le scale sono strette, i gradini alti e ripidi, faticosi per la maggior parte della gente ma non per me, che trotterello senza sforzo fino al piano.

“Peeta ti vuoi dare una mossa? Sei diventato vecchio di colpo?” batto il piede sul marmo rovinato del pianerottolo, impaziente di scoprire cosa si cela dietro quella porta di scuro legno massiccio

“sarei arrivato prima di te, se non mi toccasse portare su anche i tuoi bagagli signorinella” arrossisco di botto, sentendomi in colpa. Rido nel vederlo trascinare, insieme ad Haymitch le mie valige e quelle di Effie.

“ridi ridi, che tanto la fatica la stiamo facendo noi” nel momento in cui Haymitch sbuffa, mi passa per la mente l'immagine di un buffo vecchietto di ottant'anni.

Ridacchio uno “scusa” poco convincente prima di aprire la porta.

L'alloggio che ci hanno assegnato è composto da due appartamenti comunicanti, identici tra loro, dalle pareti bianche e il pavimento di cotto. Le stanze sono vuote, asettiche, con qualche mobile solitario rintanato in un angolino. La luce e la polvere sono dappertutto, l'odore di chiuso e stantio mi invade le narici.

“Per tutto il mogano del mondo e questo cosa sarebbe?!” Effie da voce ai miei pensieri prima che io stessa abbia il tempo di aprire bocca. Non mi aspettavo certo di dover pulire appena arrivata.

“Penso proprio che dobbiamo darci una mossa a sistemare, altrimenti questa notte dormiremo sul pavimento” Peeta sembra divertito e l'azzurro, tornato limpido, dei suoi occhi me lo conferma: il tafferuglio di prima sembra acqua passata.

 

 

Le piccole goccioline di sudore che ci imperlano la fronte brillano alla luce del sole morente che entra dalle finestre, attraverso le pesanti tende grigie. Abbiamo lavorato tutto il giorno per rendere questa casa abitabile, accogliente e funzionale: tutto sembra vagamente più normale e meno insensato e triste se messo al suo posto. Effie è una vera maniaca dell'ordine “un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto” è il suo cavallo di battaglia.

Sto finendo di sistemare l'ingresso quando qualcuno bussa alla porta.

Sono confusa, certo è, che non aspettavamo visite. Guardo Haymitch diffidente, cercando un consiglio su cosa fare. Si limita ad alzare le spalle.

Faccio forza sulla maniglia e apro.

 

“Piacere io sono Cressida. La vostra nuova vicina” mi tende la mano, che afferro riluttante. La sua intera figura è una calamita per i miei occhi: tacchi vertiginosi, gambe lunghe e tornite, sode, coperte da bermuda di Jeans a vita bassa, canottiera larga a nascondere un fisico asciutto e formoso. La pelle bronzea, i capelli biondissimi, quasi platinati, rasati in metà testa sono piegati dal capello da baseball calcato sulla fronte.

“Katniss.” rispondo osservandola negli occhi che sono azzurri, ma non quella sfumatura rassicurante che appartiene a Peeta, i suoi sono di un celeste freddo, calcolatore.

“questo è uno degli appartamenti che riservano per gli affamati” fa schioccare la lingua sul palato mentre osserva qualcosa oltre le mie spalle. Qualcosa che le interessa a quanto pare.

“affamati?” domando, nessuno qua è affamato. E nessuno qua è un morto di fame.

“si, affamati. È così che chiamiamo qui chi partecipa ai giochi. Si chiamano Hunger Games no?” continua ad osservare curiosa l'interno della casa oltre le mie spalle, senza degnarmi di uno sguardo. Questa ragazza mi sta facendo innervosire parecchio.

“sei tu che devi combattere?” domanda, noncurante. Probabilmente non le interessa minimamente la mia risposta. Per qualche motivo l'angolo della sua bocca si incurva verso l'alto, allusivo.

“no. fortunatamente sono io che devo sporcarmi le mani” Peeta è dietro di me, le spalle poggiate sullo stipite dell'ingresso.

“ciao io sono Peeta.” le tende la mano, gentile come sempre.

“ciao Bellissimo, io sono Cressida”

la guardo in cagnesco per il resto della ,fin troppo lunga, conversazione: ecco cosa stava sbirciando oltre la porta. Sogghigno, ancora non sa che lui è mio.

Ad ogni modo ci racconta che lei ha accompagnato un suo amico per gli Hunger Games qualche anno fa e si è innamorata di questo posto tanto da trasferirvisi. Ora lavora per un giornale locale e fa da cicerone in giro per la città ad ogni nuovo impavido sfidante che viene assegnato all'alloggio 14a.

Penso che potrebbe tornarci utile in fin dei conti.

 

“ragazzi vi va di andare a fare un giro questa sera? Vi porto in centro a ballare” Cressida è talmente entusiasta che la sua felicità ci contagia. Non so ballare, ma per la prima volta in vita mia sono contenta di imparare qualcosa conoscendo persone nuove. Peeta mi sta cambiando. In meglio.

“io non so ballare” confesso. Mi studia per un attimo, poi rivolge la sua attenzione a Peeta.

“tu che mi dici? Sai ballare o no?”

“assolutamente no.”

ridiamo tutti e tre di gusto.

 

 

“ ci vediamo alle nove. Puntuali mi raccomando!” esce saltellando dalla porta, scompigliandosi i biondissimi ricci.

“credo che dovremmo dirlo al vecchio ubriacone che usciamo” dico, tirando fuori dall'armadio delle lenzuola pulite. Peeta ne afferra un lembo e le sistema sul materasso

“presumo di si. Anche se non credo abbia qualcosa in contrario. Magari vorrà venire anche lui” chissà se Haymitch e Effie sanno ballare... rimbocco la stoffa leggera sul letto e lo osservo soddisfatta. Nemmeno un maledetta piega. Erano anni che non riuscivo a fare un letto così bene.

Il rumore delle molle del materasso che scricchiolano mi fa rimangiare tutto. Come non detto.

“si può sapere perchè cavolo ti sei buttato sul letto?!!!” sbraito alzando le braccia al cielo. La sua espressione colpevole e stupita allo stesso tempo mi fa tenerezza

“io” deglutisce “io ero stanco” biascica, fintamente intimorito dalla mia furia omicida

“e allora? Era una vita che non rifacevo il letto così bene!” alla vista dei suoi occhioni dolci non riesco più a trattenere le risate.

“se vuoi” comincia, con il suo tono esageratamente provocatorio e malizioso

“se vuoi ti do un buon motivo per disfarlo questo letto”mi tira per il braccio facendomi cadere su di lui. Le sue braccia mi avvolgono in una stretta dolcissima mentre le sue labbra trovano la pelle scoperta del mio collo. Tutto cigola pericolosamente, come se dovesse cadere a pezzi da un momento all'altro.

“anche sporca e affaticata sei comunque bellissima lo sai?” arrossisco baciandolo.

Anche se è sotto di me, accaldato e ansimante per l'incontro appassionato delle nostre lingue non riesco, nemmeno per un secondo, ad avere il controllo della situazione. Le sue mani su di me stanno comandando ogni mio movimento, scendono lungo la spina dorsale, facendomi rabbrividire, stringono i fianchi, desiderose.

“Peeta aspetta” mugolo, emozionata.

Mi guarda interrogativo, giocherellando con il bordo della mia maglietta informe

“Haymitch e Effie ci sentiranno”

“non lo so” sussurra, lascivo, mentre cerca di scoprire il reggiseno

“lo so io” ricaccio giù la t-shirt spostandogli le mani “non mi va di essere ascoltata”

“eddai piccola. Cosa pensi che abbiano fatto loro? O che cosa faranno dopo quando ce ne andremo a ballare?” ridacchia alla mia ennesima occhiataccia “e poi dovremmo pure inaugurarla questa camera non credi? “ l'occhiolino che ne segue porta soltanto una mia sberla scherzosa sul suo petto. Starmene a cavalcioni, sopra il mio ragazzo a scherzare è allo stesso tempo divertente e imbarazzante. Diventa solo imbarazzante quando le con le dita affusolate percorre le mie cosce lasciate scoperte dai pantaloncini corti, fino alle ginocchia che allarga con forza facendomi perdere l'equilibrio. Il mio bacino premuto contro il suo, la lingua che guizza veloce tra la carne rosea di quelle labbra piene mi fanno perdere il lume della ragione. Mellark comincio ad odiarti per l'effetto che mi fai.

Chiudo la porta a chiave e torno da lui, sfilandogli la maglietta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

Ma io vi adoro. ADORO ADORO ADORO ADORO ADORO ADORO ADORO ADORO ADORO ADORO ADORO ADORO ADORO ADORO ADORO!!! è chiaro?!!

grazie grazie grazie per le bellissime recensioni, sono immensamente onorata che mi abbiate chiesto di continuare ( Lo speravo davvero tanto!!!) .

Continuerò promesso!!!

comunque

Dedico questo capitolo estremamente Everlark a tutti coloro che mi hanno chiesto di continuare, a chi legge sempre la mia storia, a chi la recensisce... insomma a tutti quelli a cui piace ciò che la mia fervida fantasia ha prodotto :)

Recensite recensite recensite anche questa volta, vi prego :)

a Presto

 

vi voglio un gran bene! Bacioni

 

sempre vostra

 

Luckily

 

p.s.

 

questo chapter mi serviva come introduzione al personaggio di Cressida, che sarà piuttosto importante per i prossimi eventi. Alla prossima, con molta molta più azione. Promesso!

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Capitolo 29
*** Che la Quarter Quell abbia inizio ***


ridacchia alla mia ennesima occhiataccia “e poi dovremmo pure inaugurarla questa camera non credi? “ l'occhiolino che ne segue porta soltanto una mia sberla scherzosa sul suo petto. Starmene a cavalcioni, sopra il mio ragazzo a scherzare è allo stesso tempo divertente e imbarazzante. Diventa solo imbarazzante quando le con le dita affusolate percorre le mie cosce lasciate scoperte dai pantaloncini corti, fino alle ginocchia che allarga con forza facendomi perdere l'equilibrio. Il mio bacino premuto contro il suo, la lingua che guizza veloce tra la carne rosea di quelle labbra piene mi fanno perdere il lume della ragione. Mellark comincio ad odiarti per l'effetto che mi fai.

Chiudo la porta a chiave e torno da lui, sfilandogli la maglietta.

 

 

 

 

Rientrare in casa alle tre del mattino è assolutamente irripetibile. Ho ancora il ritmo latino coinvolgente nelle orecchie, i miei piedi continuano a muoversi senza che abbia la benché minima idea di quello che sto facendo mentre giro, non senza difficoltà la chiave nella serratura. Mi accorgo vagamente del saluto brillo di Cressida mentre entra in casa sua sbattendo la porta, facendomi dolere la testa. Ho la mente annebbiata, le gambe distrutte e mi si chiudono gli occhi per la stanchezza, non sono abituata a fare le ore piccole e il mio intero corpo anela riposo dopo questa faticosissima giornata.

I cardini cigolano lievemente annunciando il nostro rientro: Haymitch ci accoglie seduto in divano, l'espressione omicida in volto, e una bottiglia di qualche strano alcolico locale mezza vuota tra le mani.

“vi pare ora di tornare questa?” il tono severo della sua voce mi fa rizzare i capelli. Mentre biascico una qualche sorta di scusa, male articolata per giunta, Peeta si fa avanti, reso audace dall'alcol pur essendo lucido.

“ci spiace Haymitch, ma tu devi proprio sentirla quella roba. Ti entra dentro e non riesci a fermarti! Non ci siamo nemmeno accorti dell'ora. Sareste proprio dovuti venire con noi!” è allegro, naturalmente felice per quello che ha appena imparato e chiaramente noncurante dei rimproveri che il suo mentore ci sta rivolgendo.

“domani mattina, non mi interessa se siete rientrati solo ora, vi voglio svegli alle sette.” ci punta il dito contro, l'astio è palpabile.

Sgrano gli occhi, vagamente cosciente delle quattro ore scarse di sonno che mi sono state concesse.

“ti odio Haymitch” sussurro, evidentemente non così piano come immagino perchè lui mi sente

“odia tutto l'alcol che hai ingurgitato e la vostra irresponsabilità. Non me.” maledetto ubriacone.

 

Sentire il materasso sotto le mani è meraviglioso, eccezionalmente confortante e comodo. Senza pensarci mi butto sul letto ancora vestita e schiaccio la faccia sul cuscino che profuma ancora di me e Peeta.

“credo tu ti debba spogliare Katniss” le parole mi arrivano ovattate, dolcissime nello stato catatonico in cui sono caduta.

“mmm” mugolo in risposta scalciando le scarpe e cercando la cerniera del vestito sulla schiena.

“Peeta” alzo le braccia al cielo in una silenziosa richiesta di aiutarmi a togliere la stoffa che mi copre per sostituirla con una delle enormi magliette che ho portato come pigiama. Mentre io mi rigiravo nel letto, disfacendolo, lui si è cambiato e ora mi guarda divertito da sotto quelle ciglia assurdamente bionde e lunghissime.

“vuoi una mano?” sogghigna, io annuisco troppo stanca per riflettere sulla mia risposta. Tira giù la zip con un gesto rapido e afferra il bordo della gonna facendomi alzare. Barcollo per riprendere l'equilibrio, aggrappandomi a lui, stringendo i suoi fianchi forse un po' più del dovuto. Il mio cervello registra, senza elaborare, i fruscio leggero del cotone che mi accarezza il viso, il tocco delicato delle sue mani calde sulle mie gambe, sulla vita, sulle spalle.

Il suono cristallino della sua risata rilassata mi fa sorridere e quando mi infila la maglia e mi solleva tra le braccia per mettermi a letto ho come la sensazione di essere in paradiso.

“ora è meglio dormire, altrimenti domani sarà un inferno” dice, infilandosi accanto a me sotto le coperte.

“buona notte “ riesco a lasciargli un bacio all'angolo della bocca prima di addormentarmi.

 

 

“Sveglia ragazzi! È una grande grande grande giornata! Vi aspettiamo per la colazione tra cinque minuti.”

tutti gli insulti che conosco hanno ora un preciso destinatario. Effie e la sua stridula e irritante voce con l'accento della capitale.

Grugnisco rigirandomi nel letto, dando le spalle a Peeta che nel frattempo ha aperto i suoi splendi occhi azzurri.

“buongiorno dolcezza” sussurra contro il mio orecchio, languido e terribilmente sexy. Ma come fa ad essere un seduttore tanto abile anche di prima mattina?

Cerca la mia bocca prima che possa rispondere qualsiasi cosa, forzandola per far incontrare le nostre lingue. È una danza talmente erotica da assaporare appena svegli che nemmeno mi accorgo di come arriva a sovrastarmi, ancora sotto le lenzuola, sorreggendosi sui gomiti.

“giorno” ansimo, mentre scende a baciarmi il collo facendomi percorrere da milioni di piccole scariche elettriche.

La sua lingua traccia linee immaginarie scendendo verso il seno così come le sue mani giocano sulla mia pelle sotto i vestiti.

“dobbiamo andare Pee” gli accarezzo distrattamente i capelli, assaporando ogni attimo delle sue attenzioni per me

“dobbiamo proprio?” brontola

“si dobbiamo. O Effie ed Haymitch si infurieranno” affermo, e controvoglia lui si stacca da me ergendosi in piedi in tutta la sua bellezza.

 

 

La colazione la gustiamo, ancora mezzi addormentati, sul piccolo tavolo del soggiorno. Le sedie di legno e metallo sono troppo fredde e dure per essere considerate comode, e non fanno assolutamente al caso mio. È vero che sono cresciuta adattandomi a qualsiasi cosa, non volevo assolutamente pesare su mia madre, ma ho ancora un sedere sensibile!

Haymitch ci spiega come si svolgeranno gli allenamenti, con che frequenza, come dovremmo comportarci io ed Effie mentre lui e Peeta saranno impegnati in palestra: non ascolto tutto, mentre guardo fuori dalla finestra che da sul piccolo cortile del palazzo smangiucchiando qualche biscotto, ma colgo ugualmente che io e la capitolina siamo caldamente invitate a tenerci fuori dai guai da sole, e a non dare nell'occhio.

“dobbiamo presentarci la alle dieci, quindi avete il tempo di prepararvi e andare a chiamare Cressida. Sbrigatevi che non voglio arrivare in ritardo sono stato chiaro?”

rispondiamo un si poco convinto sbadigliando all'unisono e ci alziamo da tavola.

 

 

 

“Peeta posso farti una domanda?” mi lascio scivolare con la schiena al muro fino a sedermi sul pavimento di fianco alla porta chiusa del bagno in cui si sta vestendo. Più ci penso, e più sono preoccupata per lui, per questi dannatissimi giochi, per le sue costole che ancora non sono completamente apposto.

“mmm” anche se mugugna lo prendo come un si

“sei davvero sicuro di voler continuare questa cosa? Non sei obbligato a farlo, lo sai” anche se non ho modo di convincerlo, spero almeno di farlo riflettere, di renderlo più prudente. Quello che mi rode davvero è che io non potrò assistere agli allenamenti per più di un paio d'ore a settimana, quindi sarò evidentemente costretta a passare il mio tempo con quel confetto rosa che è la fidanzata di Haymitch. Davvero non capisco cosa ci trovi lui in lei, e lei in lui.

“devo” apre la porta, ed esce accompagnato dal vapore che ha prodotto l'acqua calda della doccia. Mentre si passa l'asciugamano tra i capelli bagnati mi supera, senza guardarmi per raggiungere l'armadio. Si è rinfilato i pantaloni del pigiama che gli cadono morbidi sui fianchi, qualche goccia d'acqua dai capelli scorre giù per la schiena nuda. Mi piace osservarlo, ogni istante scopro qualcosa di nuovo del suo corpo. Sento le guance infiammarsi quindi decido di nascondere il viso tra le ginocchia.

“non è vero che devi.” farfuglio disegnando cerchi immaginari sul pavimento.

Sbuffa esasperato e chiude le ante del guardaroba dopo essersi preso una maglia e aver buttato sul letto un paio di Jeans scuri e strappati.

“Katniss per favore. È ora di smetterla con questa storia. Ti ho già detto un migliaio di volte perchè devo farlo. Non sei stupida, so che se vuoi puoi capire benissimo le mie ragioni e non mi capacito del fatto che tu non voglia assecondarmi. Ho bisogno di quei soldi perchè non voglio perdere la panetteria e il mio appartamento. E poi ho davvero bisogno di allenarmi, non ce la faccio più a reggere lo stress e devo sfogarmi in qualche modo.” mi si avvicina e si accovaccia davanti a me sedendosi sui talloni per portare i suoi occhi a livello dei miei. Con la mano libera, che non tiene la maglia che ancora non si è deciso ad infilarsi, mi accarezza i capelli sistemandomi una ciocca sfuggita alla treccia, dietro l'orecchio.

“non è che io non voglia capire le tue motivazioni ma sono convinta che ci siano altri modi per risolvere la faccenda. Ci sono io, c'è Haymitch e poi Effie, Finn, Jo e tutti gli altri che sarebbero disposti ad aiutarti. Persino mia madre non si tirerebbe indietro.” lo guardo di sottecchi, osservo l'azzurro dei suoi occhi prendere quella strana sfumatura scura di quando è stanco

“non voglio debiti Katniss. Non altri che non riuscirò a saldare. A te piace la tua indipendenza economica? Bhe anche a me. Non ho intenzione di perderla quando ho un'altra possibilità. Se non dovessi arrivare in fondo a questa cosa potrei pensarci, ma anche in quel caso sarei particolarmente restio ad accettare il vostro aiuto. Questo è abbastanza facile da accettare per te? “

“si” sento il senso di colpa bussare alle porte del mio cuore, così come le lacrime pungere dietro gli occhi. Capisco cosa voglia dire per lui accettare l'aiuto di qualcuno, crearsi debiti, perchè anche io ho passato situazioni difficili e ho fatto di tutto per uscirne con le mie forze. È umiliante non riuscire ad andare avanti da soli. È che... è che ho paura. Non sono disposta a vederlo soffrire ancora. Non lo sopporterei. Non sono brava con le parole, ma devo dirglielo.

“Peeta io so cosa vuol dire avere problemi economici e capisco come la pensi credimi. Ma tutta questa situazione è troppo grande anche per te, non esagerare ti prego. Il fatto è che...” improvvisamente le parole mi muoiono in gola, il suo sguardo penetrante mi immobilizza, come se temesse quello che sto per dire e volesse impedirmi di continuare a parlare. Deglutisco, sforzandomi per andare avanti

“è che ho paura per te. Ho paura che ti faccia troppo male.” e per quanto questo sia vero c'è una parte recondita di me, della mia anima, che teme qualcosa di peggio, qualcosa che farebbe più male a me che a lui. Trema all'idea che lui possa in qualche modo allontanarsi, andarsene e cambiare idea, accorgersi che la Katniss che lui ha in testa non è quella reale, quella buona. Teme che lui si accorga finalmente di quanto io sia egoista. Abbasso lo sguardo, mentre una lacrima sfugge al mio controllo e si schianta bagnando il parquet.

“Katniss, guardami” con un dito mi asciuga lo zigomo, e basta questo, insieme ai miei mille pensieri negativi per dare il via libera alla disperazione.

I singhiozzi mi scuotono e sconquassano il petto, mi fa male la testa, e faccio fatica a respirare. È un pianto isterico, disperato, accumulatosi per un tempo che mi è parso infinito, da quando l' ho visto su quel maledetto ring ad ora, che non ne vuole sapere di abbandonare tutto.

“Katniss, amore guardami ti prego” le sue labbra sono così sfocate, così distorte dietro le mie lacrime che le riconoscerei meglio se incontrassero le mie. Ed è esattamente quello che vorrei ora, quello che lui percepisce in questo momento, perchè mi accontenta.

Quando separa le nostre bocce, non accenna a fare altrettanto con le sue mani dal mio viso. Il cielo limpido nei suoi occhi, li rende più sicuri che mai

“non succederà nulla, te lo prometto”

la rabbia prende il posto della disperazione nel momento stesso in cui realizzo che sta promettendo qualcosa che va ben oltre il suo controllo. Urlo.

“come fai a dirlo?! Non sei nelle condizioni di promettere qualcosa del genere!”

“ti prometto amore mio” fa una lunga pausa, aspettando che io mi calmi

“ti prometto amore mio, che non succederà nulla, ne a me, ne a te. Ti prometto che tornerò da te, sempre, sano e salvo. Ti prometto che lo farò per te. Che per te, se dovesse accadere qualcosa di grave, lascerò perdere tutto. Questa ti va bene come promessa?” mi stringe tra le braccia ancora scoperte, lasciandomi il posto per affondare il viso nell'incavo del suo collo, dove sa di pane, zucchero, di Peeta.

“si” sussurro, baciandogli il collo, fino alla mandibola, fino all'angolo delle labbra piene e rosee che tanto mi attraggono. “ma resterai con me?”

“sempre” risponde, con quella nota dolce che mi scalda dentro.

 

 

 

 

 

 

I capelli lisci della donna che parla dal piedistallo al centro della palestra sembrano fatti di pura seta nera, senza la minima piega, sono lucidi e stonano con il suo viso dalla pelle scura troppo largo, rotondo, con gli occhi marroni e piatti, inespressivi. Continua il suo discorso meccanicamente, come un robot che ripete sistematicamente le stesse frasi da tutta una vita.

“i tributi” così chiamano qui i partecipanti agli Hunger Games “sono tenuti a seguire, senza deroghe alcune, tutte le regole che ora vi elencherò. Non sono ammesse eccezioni, e ogni trasgressione sarà severamente punita con la squalifica dal torneo.” Atala, questo il suo nome, continua nella sua predica, dando informazioni su qualsiasi cosa, per evitare troppe domande.

Mi guardo intorno, esploro ogni anfratto di quel salone immenso con gli occhi, ogni angolo in cui arriva luce arrivano anche i miei occhi.

È divisa in postazioni, una per ogni tecnica di combattimento conosciuta, controllate da un uomo o donna vestiti di bianco, come Atala, piene di attrezzi e strumenti, di vari tipi. In alto, sopra le nostre teste, si apre la tribuna da dove, quelli che vengono chiamati strateghi, ovvero gli autori dei giochi, chi deve assicurare che venga dato spettacolo, stanno ad assistere agli allenamenti.

Le pareti sono dipinte di un grigio metallico, opprimente, cariche di luci al neon dalla luce fredda e infinitamente poco accogliente.

Haymitch ed Effie, come me, fanno vagare lo sguardo alla ricerca di qualche particolare interessante, mentre Peeta assimila ogni parola che la donna pronuncia, assaporandone il significato, facendosela entrare bene in testa.

“ad ogni tributo verrà consegnato uno zaino contenente lo stretto necessario per l'allenamento. Nulla, oltre a quello che verrà distribuito potrà uscire da questa palestra. Nulla potrà entrare senza essere stato analizzato dalle guardie. Per qualsiasi richiesta, ogni tributo è tenuto a rivolgersi alla sottoscritta o al custode della postazione in cui si trova. Ora veniamo alle regole che troverete riportate in svariati cartelloni e maxischermi in tutte le sale”

prendo un profondo respiro e stringo la mano del mio ragazzo, pronta ad ascoltare insieme a lui, quali saranno le restrizioni per i prossimi sei mesi.

“ogni tributo dovrà presentarsi qui, alle ore dieci di ogni giorno feriale. Sarà tenuto inoltre a svolgere almeno quattro ore al giorno di allenamento all'interno di questa palestra.”

“ogni tributo è tenuto ad allenarsi esclusivamente con gli addetti alla postazione in cui si trova, dai quali potrà imparare le relative tecniche o migliorarle e approfondirle. Nessun candidato ha il permesso di portare il proprio allenatore in questo posto per esercitarsi.”

Peeta guarda Haymitch stralunato, aprendo leggermente la bocca per chiedere spiegazioni che però non arrivano. Atala continua

“è strettamente proibito qualsiasi tipo di scontro tra i tributi prima che la Quarter Quell abbia inizio. “ sospiro di sollievo, almeno nessuno lo toccherà prima di sei mesi.

“è obbligatorio per ogni tributo, conoscere almeno un terzo delle tecniche insegnate in questa palestra. Quali, è a discrezione del lottatore.”

“Ogni tributo verrà valutato a fine dei sei mesi di allenamento comune, al fine di stabilire scontri degni di nota ed equi. I voti vanno da 0 a 12 dove 0 è il punteggio più basso.”

“ la data di inizio dei giochi verrà annunciata allo scadere dei sei mesi di valutazione. Ricordo fin d'ora che ogni infortunio non può essere seguito da più di due giorni di assenza dalla palestra. Se il tributo dovesse ricorrere all'ospedale per qualsiasi fatto non trattabile dall'infermeria di questo centro, deve ritenersi automaticamente fuori dai giochi.”

“chiunque lasci il paese prima della fine della Quarter Quell deve ritenersi squalificato”

“gli eventuali spettatori sono invitati caldamente a prendere posto sulle tribune, per la sfilata dei tributi.”

sono costretta a lasciare al mano di Peeta, che fregandosene della folla che ci circonda, mi bacia con foga facendo incontrare le nostre lingue. Gli urletti e i fischi che seguono mi fanno arrossire violentemente.

Veniamo accompagnati attraverso uno stretto corridoio ad una tribuna sopraelevata, a livello di quella degli strateghi, in cui le panche sono ricoperte da soffici cuscini rossi. Haymitch, Effie ed io ci affacciamo alla balaustra per vedere più da vicino quello che sta succedendo di sotto. Peeta è sparito dietro una porta, dalla quale esce qualche minuto dopo, completamente cambiato.

 

Indossa un paio di pantaloni aderenti neri, una maglia e una felpa nere,bianche e rosse dove è stampato a caratteri cubitali il paese di provenienza nonché il logo di questa Quarter Quell. I ricci biondi cadono spettinati sulla fronte e sugli occhi, le sopracciglia aggrottate mi fanno insospettire. A cosa sta pensando?

 

 

É quando li vedo tutti, schierati davanti agli strateghi, coperti dagli stessi vestiti, che realizzo: tutto questo non può finire bene... e l'ha finalmente capito anche lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

CHE ABBIA INIZIO LA QUARTER QUELL e...

POSSA LA FORTUNA SEMPRE ESSERE A VOSTRO FAVORE miei cari tributi...

 

 

 

 

 

 

grazie per le splendide recensioni che mi avete lasciato, e mi raccomando, continuate a lasciarmene ancora! Commentate, commentate, commentate :)

A presto,

sempre vostra

 

Luckily

 

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Capitolo 30
*** deja-vu ***


Indossa un paio di pantaloni aderenti neri, una maglia e una felpa nere,bianche e rosse dove è stampato a caratteri cubitali il paese di provenienza nonché il logo di questa Quarter Quell. I ricci biondi cadono spettinati sulla fronte e sugli occhi, le sopracciglia aggrottate mi fanno insospettire. A cosa sta pensando?

 

 

É quando li vedo tutti, schierati davanti agli strateghi, coperti dagli stessi vestiti, che realizzo: tutto questo non può finire bene... e l'ha finalmente capito anche lui.

 

 

 

 

 

Oggi fa davvero un caldo infernale. Quando non piove, cioè praticamente mai, in questo posto si muore per il caldo e per il sole cocente, tanto che penso mi arrostirò come un pollo, se continuo questa mia oziosissima routine.

Da quando Peeta ha cominciato ad allenarsi è passato quasi un mese, e io, come ogni domenica, me ne sto sdraiata sulla piccola spiaggia assieme ad Effie a prendere il sole aspettando che quel pazzo del mio ragazzo e il suo ancora più scervellato mentore finiscano il loro giro di corsa e si uniscano a noi.

La domenica pomeriggio è l'unico sprazzo di tempo che Haymitch ci ha concesso per stare insieme, o meglio, è l'unico breve intervallo di tempo che ha per riposarsi prima di riprendere gli esercizi: ogni giorno, dopo la corsa delle sei del mattino Peeta fa colazione con me, poi esce per andare in palestra ad allenarsi, torna alle otto della sera sfinito e nervoso, tanto che l'unico modo che ho per farlo rilassare è del buon e appagante sesso. Sembra volgare, detta così, ma è esattamente quello che facciamo: non è fare l'amore, quello è per chi ha tempo ed energie a sufficienza, è qualcosa di romantico, lento, carezzevole. Noi appaghiamo il desiderio fisico, quello carnale di sentirci l'una tra le braccia dell'altro in modi sempre diversi, sempre più intimi, passionali e amorevoli al tempo stesso. Fa parte della routine di ogni giorno, ma cambia in continuazione, senza mai perdere il suo significato, ricordandomi continuamente quanto il nostro rapporto sia indelebile e profondo, quanto io lo ami, anche se non gliel'ho ancora detto apertamente. So che non aspetta altro che sentirmelo dire, d'altronde lui me lo ripete in continuazione quanto il suo amore nei miei confronti sia grande, ma quelle due parole proprio non vogliono sentire ragione di uscire dalla mia bocca.

Uno dei primi giorni qui, il mio padrino mi disse una cosa che al momento trovai irritante e offensiva ma che ora ho completamente rivalutato. Mi disse, con il suo tono scherzoso, ironico e invadente che avevo il via libera per stancare e mettere K.O Peeta a letto, perchè non c'è nulla di più riposante di un buon sonno ristoratore quando si è distrutti. All'inizio mi arrabbiai parecchio, poi però, vedendolo fresco e riposato come una rosa appena sveglio, ho capito che non sarebbe stata una cattiva idea, e nemmeno tanto spiacevole a dirla tutta. Assolutamente piacevole, ad essere sincera. Effie e il suo futuro sposo hanno addirittura deciso di chiudere la porta comunicante degli appartamenti, per lasciarci la nostra privacy, così dicono, anche se a mio parere è perchè o vogliono la loro, o sono stufi di sentirci mentre ci “diamo dentro”, perchè ogni tanto facciamo fatica a controllare addirittura le nostre voci, il che è irrimediabilmente imbarazzante per tutti e quattro.

Le domeniche come oggi però, sono tutt'altra storia.

Haymitch, sfidando il regolamento, allena personalmente Peeta per tutta la mattina senza lasciargli mezzo minuto di tregua. Lo distrugge in mezza giornata più di quanto non faccia in palestra in dieci ore da solo. E non batte la fiacca, questo è certo.

Tutto questo perchè, secondo la maggior parte degli strateghi, lui non ha alcuna speranza di vincere: troppo magro, troppo esile, troppo piccolo per affrontare anche solo il più scarso dei suoi palestratissimi avversari. Non l'hanno nemmeno visto combattere, e già sono certi, come me, che le speranze di un suo ritorno a casa integro, a meno che non si ritiri adesso, sono misere. Eppure lui e il suo mentore sono talmente cocciuti da voler continuare a provarci, lavorando ogni santo giorno come forsennati per trasformare ogni milligrammo di grasso in massa muscolare, per aumentare forza, resistenza, precisione e destrezza. Peeta mangia come un maiale nella speranza di mettere su qualche chilo, senza ottenere alcun risultato. Consuma tutto, e dimagrisce, il che aumenta la sua frustrazione e gli porta il morale sotto le scarpe. Continuo ad osservare il suo fisico cambiare, il suo peso aumentare e diminuire con sbalzi troppo repentini che lo porteranno ad ammalarsi, se non si da una regolata.

 

Io ed Effie li guardiamo vagliare ogni sorta di tecnica possibile davanti ai nostri occhi, sul prato al limitare della piccola spiaggia poco fuori città.

Durante la settimana io e la capitolina ce ne vaghiamo, finanziate anche da Haymitch tra i negozi del centro, facendo shopping, visitando musei e luoghi storici, facendo le turiste insomma.

Oggi la sabbia particolarmente morbida e il sole abbagliante mi costringono a starmene in panciolle sull'asciugamano, coperta solo da quell'indecente e striminzito bikini che Effie mi ha fatto comprare. È la prima volta che lo metto, e mi sento abbondantemente a disagio, perchè non ho nulla nel fisico che possa essere minimamente paragonabile a quello delle ragazze autoctone che si mangiano il mio ragazzo con gli occhi mentre il sudore gli imperla i pettorali sempre più scolpiti.

Più le guardo pavoneggiarsi e muovere il culo davanti a Peeta e più mi sale la rabbia, l'invidia e il malumore.

“Effie” la chiamo, cercando un consiglio che mai in vita mia ho chiesto. Ultimamente io ed Effie abbiamo stretto amicizia, e conoscendola meglio, tutto il mio disprezzo per lei è stato sostituito da un profondo rispetto per una donna in carriera in gamba e intelligente.

“dimmi cara” se ne sta sdraiata a pancia in su con gli occhi chiusi e le braccia esili dietro la testa

“tu che sai tutto in fatto di bellezza..” lodarla è il modo migliore per farsi aiutare, questo l'ho capito subito

“come posso fare per sbaragliare la concorrenza?” arrossisco violentemente e una risatina isterica mi esce dalle labbra

“oh tesoro, hai chiesto proprio alla persona giusta! Anche se non credo che tu abbia questo problema con quell'amore del tuo ragazzo” è entusiasta e ha aperto un occhio per guardarmi mentre continua il suo bagno di sole

“io credo di si invece” indico con il mento le oche troppo abbronzate che stanno starnazzando attorno a quell'ammasso di muscoli biondo che mi porto a letto, lei osserva la scena con interesse massaggiandosi le tempie e schioccando le labbra rosso ciliegia, come il costume

“Katniss cara, considerando che lui non le sta nemmeno guardando, inizierei col non preoccuparmi. Poi potresti alzarti e andare baciarlo, tanto per far capire chi comanda non credi?” non so se sia una buona idea, ma mi alzo e lo faccio, incoraggiata dal suo occhiolino complice.

 

Le loro facce sono state impagabili. Da quella stupita e divertita di Peeta, a quella esasperata di Haymitch, ma soprattutto quelle delle colombiane tutte tette e fondoschiena stupite, arrabbiate, sconfitte. Questa si, che è una vittoria personale.

 

 

 

 

È pomeriggio inoltrato quando, ormai distrutti, i ragazzi ci raggiungono mettendo i piedi finalmente sulla sabbia.

“Ragazze, vi va di andare a mangiare in qualche ristorantino tipico questa sera? Vorrei imparare a fare qualche piatto colombiano, prima di tornare a casa” chiede Peeta, ancora intento a sistemarsi affianco a me. L'idea mi sembra allettante, quindi annuisco, seguita a ruota dalla capitolina.

Il tempo di sedersi l'una affianco all'altro, e i due sposini si sono addormentati sotto il sole calante delle sette di sera.

Il tramonto qui, è ancora più spettacolare di quello che abbiamo visto assieme sulla baia di Mags, qualche tempo fa. Ora, seduti nella stessa posizione, con la mia schiena appoggiata al suo petto mi godo il brivido del suo respiro caldo sul collo e l'arancione screziato del cielo d'estate. Le piccole nuvolette disegnano strane forme dai contorni soffici e sfumati.

“amore “ ogni volta che mi chiama così un lento brivido di innocente piacere mi scorre dentro, creando una scia di calore che mi scalda il cuore. Giro la testa quel tanto che basta per posarla sulla sua spalla, stringendomi ancora di più a lui

“devi farmi una promessa. Promettimi che se le cose si dovessero mettere male, tu prenderai il primo aereo disponibile per tornare dalla tua famiglia ok?” lo guardo stranita,è agitato, gli tremano le mani. come può chiedermi di abbandonarlo? Non ha capito che non lo farei mai? Che qualunque cosa sia in mio potere di fare per proteggerlo, io la farei? Evito di rispondere e me ne sto zitta, rannicchiando le ginocchia al petto

“Katniss, è importante che tu me lo prometta. Non sono tranquillo, sapendoti qui, in pericolo e fuori dal mio controllo.”

non sono una brava bugiarda, ma non posso lasciarlo in ansia per colpa mia. Ho già visto che effetti può avere su di lui la tensione, lo stress di qualcosa che non può controllare.

“ok. Hai la mia parola” so che non sarà così, ma per il suo bene, devo prometterglielo. Scusami Peeta.

“Ora credo sia meglio svegliare quei due e andare, devo lavarmi e ho intenzione di rilassarmi un po'.” sottolinea il rilassarsi con un'occhiata maliziosa di cui ho imparato presto il significato: vuol dire, letteralmente, non vedo l'ora di toglierti quei vestiti di dosso, solo che lui, garbato com'è, trova sempre un sistema per non essere apertamente volgare.

 

 

 

 

 

Usciamo dal ristorante sazi, rilassati e felici. Era da molto che non provavo qualcosa di nuovo, e devo ammettere che quasi tutto quello che ho assaggiato era squisito,delizioso e non sarei affatto triste se a casa Qualcuno fosse in grado di riprodurre queste prelibatezze. Il locale ,confusionario e coloratissimo,aveva un che di rustico, come la tavola calda di Sae la Zozza dove la con la squadra di calcio andiamo a mangiare dopo ogni partita. Il mio padrino e la sua quasi- consorte sono ancora dentro il piccolo locale quando, girato l'angolo del buio viottolo dove abbiamo parcheggiato, ci affianca un grottesco ed immenso SUV dai finestrini oscurati. In un batter d'occhio, senza alcun apparente motivo, dall'auto scendono tre uomini incappucciati, i pantaloni corti di uno di loro lasciano scoperto il macabro dettaglio di un teschio tatuato sul polpaccio, troppo solido e scolpito per non essere intenzionalmente allenato.

Vorrei urlare, intervenire, con tutte le mie forze, ma nel rivedere Peeta piegato su se stesso dopo aver ricevuto un calcio sullo stomaco mi si congela il corpo. L'unica cosa che riesco a vedere ora, è il piccolo bambino che cerca di salvarmi da un branco di bulli, malmenato per essere intervenuto in mia difesa.

Quando finalmente riprendo possesso delle mie facoltà mentali, è già troppo tardi. A malapena riesco ad avvicinarmi al gruppo prima di essere violentemente spinta contro ad un lampione spento. L'impatto della mia schiena contro il ferro ghiacciato che mi fa accasciare a terra, si unisce al bruciore lancinante alla guancia per il pugno appena ricevuto.

L'urlo disperato di Peeta, mi trafigge le orecchie e mi costringe a riportare lo sguardo sulla lotta impari che sta avvenendo al buio di uno sporco vicolo

“lasciatela stare!”

Peeta risponde ai colpi, ferisce a sua volta, ma tre contro uno, è troppo anche per lui. In breve tempo il suo corpo è scosso dai calci e dai pugni dei suoi , dei nostri assalitori, senza avere la possibilità di rispondere.

Impietrita e alla costante ricerca di una fonte d'aria per uscire da quest'incubo, li vedo issarlo per il colletto della camicia azzurra e dargli il colpo di grazia.

Un pugno, ben assestato, sulle costole.

Peeta cade a terra, sanguinante, scosso dai tremori e dagli spasmi.

Annaspa perdendosi in quei piccoli sconnessi respiri superficiali, i suoi occhi mi cercano un'ultima volta, come per assicurarsi che io stia bene. Poi si ribaltano, e lui perde i sensi, abbandonandomi.

 

 

Vorrei urlare, gridare, vendicarlo per tutto il male ingiustificato che gli hanno appena fatto. Perchè a lui?

Le lacrime scendono sul mio viso senza che io possa fare nulla per fermale.

Sono solo una codarda. Lui mi avrebbe aiutato.

È come un dejavu, una scena che si ripete per la terza volta nella mia vita, qualcosa che avevo cercato di relegare nei meandri della mia coscienza e che sono costretta a rivedere nei miei sogni ogni volta che Peeta mi è lontano.

Gattono verso di lui, sbucciandomi le ginocchia sul selciato sconnesso del marciapiede lurido.

Lo raggiungo un passo alla volta, lentamente, barcollando sotto il peso dell'impotenza e della vergogna, dei sensi di colpa e della rabbia.

 

Registro a malapena la portiera del SUV sbattere e il rumore di passi che vengono nella mia direzione.

“Peeta” accarezzo il suo corpo steso a terra, intreccio le dita tra i suoi capelli, scompigliandoli dal gel, so che questo gli piace.

“Peeta ti prego” piagnucolo, bagnando con le mie lacrime la manica della sua camicia, l'altra, noto con disgusto, è colorata di rosso cremisi: sangue.

“Peeta” supplico, al corpo inerme del mio ragazzo “resta con me”

tremo come mai prima d'ora.

Un uomo, dietro di me, si schiarisce la voce.

“buongiorno signorina Everdeen” mi volto di scatto, perchè qui, nessuno mi conosce.

Ma quella faccia,anche nascosta nell'ombra del viottolo, la riconoscerei tra tutte. La barba decorata, tagliata finemente per creare i disegni più disparati non può che appartenere all'uomo che ho visto solo un paio di volte, al capostratega, Seneca Crane.

Il sangue mi si gela nelle vene.

“signorina Everdeen. Quale piacere è vederla” sorride soddisfatto, guardando prima me, poi l'opera che i suoi scagnozzi hanno sapientemente operato sul mio ragazzo.

“io e lei, abbiamo cosa molto importanti di cui parlare”

 

 

 

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Capitolo 31
*** confido in lei, signorina Everdeen ***


Peeta ti prego” piagnucolo, bagnando con le mie lacrime la manica della sua camicia, l'altra, noto con disgusto, è colorata di rosso cremisi: sangue.

Peeta” supplico, al corpo inerme del mio ragazzo “resta con me”

tremo come mai prima d'ora.

Un uomo, dietro di me, si schiarisce la voce.

buongiorno signorina Everdeen” mi volto di scatto, perchè qui, nessuno mi conosce.

Ma quella faccia,anche nascosta nell'ombra del viottolo, la riconoscerei tra tutte. La barba decorata, tagliata finemente per creare i disegni più disparati non può che appartenere all'uomo che ho visto solo un paio di volte, al capostratega, Seneca Crane.

Il sangue mi si gela nelle vene.

signorina Everdeen. Quale piacere è vederla” sorride soddisfatto, guardando prima me, poi l'opera che i suoi scagnozzi hanno sapientemente operato sul mio ragazzo.

io e lei, abbiamo una cosa molto importante di cui parlare”

 

 

 

Deglutisco a fatica cercando di sovrastare l'enorme nodo che mi si è appena formato in gola.

Cosa può volere Seneca Crane da me? Come fa a conoscere il mio nome? Non ci siamo mai nemmeno presentati.

Il brivido che mi scuote da capo a piedi è talmente intenso che mi si potrebbe veder tremare a chilometri di distanza.

Si muove a passi lenti verso di me, tendendomi una mano per aiutarmi a mettermi in piedi. Peeta, ancora privo di sensi, continua a perdere sangue e trema leggermente.

Mi alzo, tenendo gli occhi ben piantati in quelli dello stratega la cui barba oggi, non mi fa poi così tanto ridere, rifiuto la sua offerta di aiuto: dopo quello che è appena successo, non voglio nemmeno sfiorarlo.

Taccio, aspettando che continui a parlare lui

“ho una richiesta da farle, signorina Everdeen. E so che non mi deluderà.”

la voce, il suo tono piatto e monotono intervallato da strambi e inquietanti sorrisi compiaciuti, mi costringe ad annuire

“vorrei che lei convincesse il suo amico a ritirarsi dalla Quarter Quell. Non voglio perdermi in convenevoli e non voglio mentirle sulle conseguenze della sua scelta. Sono sicuro, signorina Everdeen, che lei sappia già a cosa porterebbe un suo rifiuto o un suo fallimento, e sono convinto anche che lei non voglia nemmeno che tutto ciò accada.”

oh posso immaginare cosa stia tramando. Picchiare me? Eliminare Peeta, Effie, Haymitch? Uccidere me? Facile da capire,e ovviamente io non lo vorrei mai. Non mi interessa quello che potrebbe fare a me, mi importa quello che potrebbe accadere agli altri per colpa mia. Per quanto sia buffo, io e Crane, vogliamo la stessa cosa.

“lo posso immaginare” dico, alzando il mento, portando i miei occhi a livello dei suoi.

“i giochi si basano su un sistema fragile, e non posso permettere che questo venga compromesso.” continua, e le parole mi escono dalla bocca prima ancora che abbia avuto davvero il tempo di pensarle

“dev'essere un sistema estremamente fragile, se può essere messo in pericolo da un ragazzo alle prime armi, non crede?” mi pento immediatamente della mia irriverenza, perchè tutto quello che dico, potrà essere usato contro di me, contro di noi.

Mi guarda storto, il capo leggermente piegato verso destra, sull'occhio sinistro, la luce proveniente dai lampioni della strada principale, crea strani giochi di ombre.

“è un equilibrio fragile, si, ma non nel modo in cui crede lei. Ed è proprio per questo che non posso permettere che un ragazzino alla sua prima esperienza possa compromettere i giochi con la sua spropositata fortuna del principiante, accompagnato da una strana combriccola di disadattati. I giochi sono qualcosa di serio, qualcosa che dura da generazioni e non sarà con me verranno ridicolizzati. Confido nel suo buon senso, signorina Everdeen. Convinca il signor Mellark a ritirarsi di sua spontanea volontà, lo convinca ad ammettere di non essere abbastanza forte per questi giochi e non gli sarà torto un capello. Andatevene da questo posto, e andrà tutto bene”

Peeta non è così debole penso, non così impreparato per partecipare. È già più forte di molti concorrenti più anziani, lo ha ampiamente dimostrato, ma allora perchè non può partecipare? Perchè il capo stratega stesso, non lo vuole tra i piedi?

Poi, l'idea, mi balena in testa, come se fosse già realtà. So di aver ragione.

“voi avete paura di lui.”

i suoi occhi spalancati, il rossore sulle guance diafane, mi convince che sia proprio così

“lei ha paura che i suoi migliori campioni siano sconfitti da un ventunenne sottopeso. Lei ha paura di ridicolizzare se stesso, non i giochi. Non vuole dare speranza anche ad altri come Peeta. Vuole che la Quarter Quell resti l'opportunità di pochi corrotti e ipocriti.”

quando mi volta le spalle e se ne va, so di aver colpito nel segno. So quello che Seneca Crane non vorrebbe che nessuno sapesse. Peeta Mellark sta diventando un faro di speranza per tutti coloro che non si credono abbastanza, per tutti i sottomessi di quei bestioni che partecipano ai giochi.

“confido in lei signorina Everdeen. Lo convinca a ritirarsi.” sale sull'auto, lasciandomi con il cuore a mille sul piccolo viottolo buio.

Prima di partire però, abbassa il finestrino, e con voce atona, senza guardarmi come io invece sto facendo con lui parla

“so dei suoi allenamenti. So della vostra relazione. Posso eliminarvi dal giro quando voglio. Non faccia brutti scherzi, sono stato chiaro? Questa conversazione tra noi due, non è mai esistita. Glielo ripeto, mi fido di lei, faccia come le ho detto.”

il SUV sgomma, abbandonandomi nella penombra.

Questa conversazione non è mai esistita

non posso parlare con nessuno, sa come trovarmi, sa di noi due, di me e Peeta, della nostra relazione. Cosa vuol dire? Semplice, colpisce me, colpisce lui.

So dei suoi allenamenti

sono vietati, vanno contro il regolamento. Potrebbe squalificarlo quando vuole, ma pretende sia lui a ritirarsi. Qualcosa allora gli impedisce di farlo. E l'unica cosa che impedisce ad uno stratega di eliminare un concorrente è il pubblico, e questa è l'ulteriore prova che ho ragione. Peeta piace al pubblico. Se Seneca lo eliminasse perderebbe molti ascolti e quindi il posto di CapoStratega: l'unica soluzione per lui, è che Peeta si ritiri spontaneamente, e per questo servo io, per convincerlo di non essere abbastanza forte.

Se fallisco verrà fatto del male al mio ragazzo in ogni caso, se riesco a convincerlo, forse salverò lui, ma non la sua autostima, ne la mia mente che sarà accecata dai sensi di colpa.

 

Voglio salvarlo, ma non so che fare.

Vorrei urlare, scapitare, dimenarmi per contrastare l'enorme macigno che questa nuova responsabilità mi ha messo sulle spalle e sul cuore.

 

La vita di Peeta,

La vita di tutti noi,

Dipende da me.

 

E io non posso fallire.

 

 

 

Il rumore dei passi nel vicolo è come un detonatore per le mie lacrime e per le mie urla.

“Katniss che è successo?” Haymitch mi è affianco immediatamente, il singhiozzo di Effie fa eco ai miei.

Il corpo di Peeta, riverso su un fianco ha smesso di tremare e ha acquistato uno strano colorito emaciato, sull'occhio sinistro sta già comparendo un livido violaceo.

“erano in tre” prendo fiato, cercando di spiegare, con le poche parole che ho a disposizione, quello che è successo senza rivelare nulla. È come tentare di uscire da un labirinto bendati e con le mani legate, tutto porta alla Quarter Quell.

L'ultimo regalo di Seneca Crane, mettermi in difficoltà anche con i miei amici.

“e sono scesi dalla macchina, sapevano dove trovarci.” ansimo

“ho cercato di fermarli ma mi hanno colpito, e lui” indico Peeta, accorgendomi solo ora del bruciore allo zigomo

“non ce l'ha fatta a difendersi. Erano tre contro uno e io non sapevo cosa fare” piagnucolo coprendomi gli occhi con le mani, scivolando con la schiena al muro a terra, affianco al mio ragazzo.

“va tutto bene tesoro, ora ci siamo noi qui” Effie mi abbraccia, mettendo momentaneamente da parte le sue paure per far fronte alle mie.

“dobbiamo portarlo via di qui, dobbiamo portarlo a casa. Ora”

e come solo qualche mese fa dopo gli Hunger Games, nella sua cantina, Haymitch mette su quell'espressione seria, di chi, forse, ha già capito cosa è successo.

Non ho mai sperato qualcosa così tanto. Spero che abbia compreso quello che è appena avvenuto senza bisogno che fossi io a dirglielo apertamente, senza bisogno che sia io ad infrangere il terribile patto che ho silenziosamente stretto con il nostro peggior nemico, Seneca Crane.

Il rantolo di Peeta mi riporta alla realtà giusto in tempo per assistere al conato di vomito che lo fa tremare e che lo priva delle poche energie rimastegli. La fronte imperlata di sudore, i tremori dovuti allo sforzo di eliminare dal corpo ogni fonte di energie possibile, fanno sembrare il biondo una creatura ancora più fragile di quanto non sia in realtà.

“Katniss, vai dal proprietario del ristorante a chiedere dell'acqua e zucchero, io intanto lo metto in macchina. Svelta”

eseguo gli ordini del mio padrino con la meccanicità di un automa, e quando sono di ritorno con la bevanda, faccio appena in tempo a salire in macchina che siamo già partiti, diretti verso l'appartamento.

 

 

 

 

Quando posano il corpo sfinito sul letto, dopo le estenuanti scale che gli hanno provocato solo continui gemiti soffocati di dolore, è evidente quanto le ferite siano importanti. I lividi che a poco a poco si stanno formando sul corpo del ragazzo coesistono in una macabra e perfetta simbiosi con il gonfiore e la tumefazione. Non so, e forse non voglio nemmeno saperlo, se queste sono state le stesse condizioni in cui cinque anni fa lo hanno riportato a casa dopo avermi salvato da quei bulli. Forse questa volta non l'avrà fatto per me, ma mi sento responsabile lo stesso, allo stesso identico modo. Vedere il sangue ormai secco sul suo mento, il labbro rotto, la palpebra calante che gli tiene l'occhio chiuso in una ferrea morsa amplifica i miei sensi di colpa all'inverosimile. Se io non fossi stata la, Peeta ora non sarebbe in queste condizioni. O si ? Io non credo. Seneca voleva parlare con me, non con lui.

Lo spogliamo della camicia, e lui geme sommessamente, perchè anche nel dolore non vuole farci preoccupare più di tanto.

È cosciente e mi accarezza la mano, mentre me ne sto seduta accanto a lui, con la sua testa appoggiata in grembo scompigliandogli i capelli umidi di sudore e dalla pezza bagnata che gli ho posato sul capo poco fa in macchina

“ehi, come stai?” sussurro, per distrarlo da quello che Haymitch sta per fare, e lui mi guarda, ma arriccia il naso all'odore di alcool e digrigna i denti al bruciore della sostanza sulle ferite.

“ahi” ridacchia dopo, e le lacrime pungono dietro i miei occhi, perchè se non sono stata in grado di distrarlo da questo, come posso essere capace di portare a termine un compito tanto arduo come dissuaderlo dal farsi letteralmente ammazzare in quell'arena?

“sono stato decisamente meglio” mi guarda, con quell'azzurro ceruleo che non è stato minimamente scalfito dalla violenza della serata.

Continuo ad accarezzagli i capelli, auscultando il battito del suo cuore con la mano sul suo petto. Con la coda dell'occhio, mi accorgo quasi distrattamente di quello che il mentore sta facendo: con il filo spesso passato nella cruna di un ago, mi fa cenno di distrarre nuovamente Peeta. I miei occhi cadono sulla profonda ferita sul braccio che, nonostante io ne sappia davvero poco a differenza di mia madre, capisco avere bisogno di punti. E noi, in ospedale, non possiamo portarcelo.

E prima ancora che l'ago tocchi la pelle chiara del biondo mi chino a baciarlo, costringendolo a rispondere ai miei gesti con foga, con desiderio ed interesse. E mi morde il labbro inferiore facendolo sanguinare quando l'ago penetra nella sua carne, così come la mia lingua invade la sua bocca, distogliendolo dal dolore, una, due, sei volte, tante quante i punti di sutura improvvisati. Il rumore del filo che stride, passando nei fori che la punta ha appena aperto nella carne mi fa accapponare la pelle. E per quanto sia forte lui, sento le sue lacrime bagnarmi il viso.

Mi stacco da lui solo quando sono assolutamente certa che la ferita sia stata chiusa e l'ago rimosso.

 

“ora non tirare il muscolo, ho imparato a mettere i punti quando facevo il servizio di leva militare. Non sono un dottore, accontentati ragazzo.” Haymitch sbuffa e nella bacinella di metallo sul comodino getta il filo tagliato e del cotone imbevuto di disinfettante, poi gli da fuoco.

Peeta grugnisce guardandosi il bicipite ferito, osservando gli incroci di filo obliqui e non perfettamente allineati, a tratti tremolanti.

“bel lavoro Dolcezza” il mio padrino mi sorride, alzando il pollice all'insù e non sono completamente sicura che si riferisca solo al bacio di poco fa.

“già bel lavoro Dolcezza” lo scimmiotta Peeta, prima di passarmi una garza e una fascia e porgermi il braccio.

“tu come stai Kat?” domanda, mentre io srotolo con calma il tessuto bianco sulla sua pelle, attenta a non fargli male, o meglio, attenta a non peggiorare la situazione.

“un po' ammaccata, ma di sicuro sto meglio di te” ammetto, quasi ridendo.

Effie entra in camera facendo risuonare i tacchi a spillo su pavimento, tenendo tra le mani una ciotola piena di una pasta fatta di foglie, crema ed essenze. Dal colore verde smeraldo e dall'intenso profumo di salvia e timo capisco che quella sostanza pastosa serve per accelerare il processo di guarigione degli ematomi: ogni tanto, anche la mamma la usava su di me e Prim per non farci ingerire troppe medicine.

 

 

A lavoro ultimato, guardare Peeta è come guardare un alieno venuto da un'altra dimensione. Gli occhi cerchiati della melma verde, così come i fianchi e le costole lo rendono buffo ed inquietante allo stesso tempo.

“Sai ragazzo, sono davvero preoccupato per te” il mentore si passa una mano tra i capelli e sospira, guardando il corpo seminudo del mio ragazzo

“ho il vago sospetto che ti abbiano appena incrinato la stessa costola, già provata, di qualche mese fa. E se tra qualche giorno, il gonfiore non passa, io ti porto in ospedale. Che tu lo voglia o no”

 

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Capitolo 32
*** ultimatum ***


A lavoro ultimato, guardare Peeta è come guardare un alieno venuto da un'altra dimensione. Gli occhi cerchiati della melma verde, così come i fianchi e le costole lo rendono buffo ed inquietante allo stesso tempo.

Sai ragazzo, sono davvero preoccupato per te” il mentore si passa una mano tra i capelli e sospira, guardando il corpo seminudo del mio ragazzo

ho il vago sospetto che ti abbiano appena incrinato la stessa costola, già provata, di qualche mese fa. E se tra qualche giorno, il gonfiore non passa, io ti porto in ospedale. Che tu lo voglia o no”

 

 

Peeta lo guarda come si guarda un pazzo, occhi sgranati, respiro mozzato in attesa della prossima imprevedibile mossa. La testa scatta lievemente, ripetutamente a sinistra, in un movimento quasi impercettibile provocato dallo stupore e dalla rabbia.

“Haymitch non starai dicendo sul ser..” prova a parlare ma lo anticipo io

“si Peeta. Dice sul serio. E io sono pienamente d'accordo con lui” pianto i miei occhi nei suoi quando si gira verso di me con aria esterrefatta, che tramuta immediatamente in qualcosa d'altro. Fossi in lui, io mi sentirei tradito, arrabbiato, illuso. Ma cos'altro posso fare se non cominciare a recitare la parte di quella contraria? O meglio, sono davvero contraria alla sua partecipazione a questa farsa ma non nel modo in cui ora sono costretta a dirglielo. Sono obbligata, per il suo bene, per il bene di tutti noi a rispettare l'accordo con Seneca Crane, e per farlo devo obbligarlo a tornare a casa.

“Katniss tu non puoi davv...” continua ma anche questa volta non ho intenzione di starlo a sentire. Lui è troppo bravo con le parole, e non posso permettere che mi convinca a farlo restare

“no Peeta. Posso. Posso davvero rimangiarmi quello che ti ho detto sulla spiaggia. Allora non avevo capito come stavano le cose, ma ora che ti vedo ridotto in questo stato mi rifiuto di appoggiarti nella tua folle impresa. Hai già provato cosa vuol dire avere una costola rotta, e faceva male curata, figuriamoci se la lasci così com'è, a guarire da sola. Non permetterò che tu venga fatto a pezzi per nulla” alzo la voce, sperando che non si spezzi nel frattempo, rendendo il mio discorso meno credibile di quello che già ora stenta ad essere. Io non sono brava a parlare, agisco e basta, ma Peeta non si convince solo con i fatti, ha bisogno di rassicurazioni, esempi, prove e dettagliate spiegazioni.

“Lo sai perchè lo faccio, e lo sai che non mi interessa di come starò io” ringhia, interrompendomi.

L'aria è carica di tensione, di elettricità, ed è come se si stesse scatenando una tempesta nel centro di questa stanza. Sento le mani tremare, il corpo fremere sotto il suo sguardo cupo, offeso e tradito.

“lo fai per chi Peeta?!” continuo, smettendo di fissarlo e alzando lo sguardo verso l'angolo tra il soffitto ed il muro, dove una piccola asticella di legno segna il confine tra ciò che sta sopra e ciò che sta accanto a noi. Mi mordo con forza il labbro per non piangere, perchè so che quello che sto per dire è una cattiveria gratuita nei suoi confronti, che se fossi anche solo un po' più abile e gentile e premurosa o quantomeno sensibile,troverei un altro modo per fargli cambiare idea. Ma non lo sono, sono un'egoista che pensa solo al bene suo e del suo ragazzo

“Per chi lo fai Peeta?! Per i tuoi genitori? Sono morti Peeta! Saranno già fieri di te se riuscirai a superare il trauma della loro perdita! Cosa vuoi che gli interessi dei soldi? Della villa? Delle aziende?! Nulla. Dei soldi nella tomba non se ne fanno niente. O lo fai per la tua indipendenza Peeta?! Certo, e poi dipenderai comunque da noi perchè sarai ridotto su una carrozzina, o peggio, e dovremmo comunque assisterti. Meglio l'indipendenza economica o quella fisica?! Ora rispondimi. Prova a dirmi che lo fai per me e giuro che me ne vado, seduta stante, da questa casa. Perchè se lo facessi davvero per me avresti accettato di non rischiare la vita. E invece eccoti qua, malconcio e dolorante, coperto di melma dalla testa ai piedi in nome di non si sa bene quale motivo”

sento la gola ardere per lo sforzo di urlare, e nonostante tutti gli sforzi le lacrime scendono copiose sulle mie guance, annebbiandomi la vista. L'ansia sale così come i singhiozzi e sono costretta a tirare su con il naso e a passarmi la manica della maglietta sugli occhi. Non guardo Peeta, non ne ho il coraggio, dopo quello che ho gli ho appena fatto. Eppure...

Eppure la maggior parte delle cose le penso davvero, e questo mi fa sentire un verme più di ogni altra cosa. L'ho accompagnato nel baratro dal quale, inevitabilmente, non usciremo mai insieme.

Esco dalla camera da letto sbattendo la porta, seguita a ruota da Haymitch che mi afferra per un braccio prima che possa anche solo avvicinarmi alla porta d'ingresso.

I capelli sporchi gli cadono dritti sul visto stanco e affaticato, segnato dalle piccole rughe dell'età e dello stress: mi fissa ma sta in silenzio, trattenendomi comunque con le sue mani forti. In questo momento vorrei solo trovare un posto per piangere, per sfogarmi e stare da sola. Vorrei il mio arco per liberarmi da tutta la preoccupazione che mi attanaglia le viscere, e Gale, perchè lui saprebbe come aiutarmi, saprebbe darmi il consiglio giusto. Ma non ho nulla di tutto ciò qui, e la nostalgia di casa mi assale, come un mostro che tenta di inghiottirmi in un sol boccone. Ho bisogno di rivedere le trecce di Prim, i capelli biondi e le mani gentili di mia madre, sentirle accarezzarmi il viso, la loro voce dolce rassicurarmi, dicendo che va tutto bene, convincermi che tutto potrà tornare a posto anche se tutto qui sta girando nel verso sbagliato.

Ma la realtà è ora ho solo quell'ubriacone del mio padrino, quella frivola della sua compagna e nessuno di loro può darmi ciò di cui ho bisogno. L'unico che potrebbe, è nell'altra stanza, furente e offeso, e non vorrà più saperne di me.

“Ragazza si può sapere che ti è preso?!” mi sento scrollare forte, e torno a concentrarmi sul presente

“non può rimanere qua” sussurro, inghiottendo a vuoto

“questo lo sappiamo tutti, ma lui è testardo. E tu non avevi mai fatto queste scenate. Ma ti rendi conto di quello che gli hai appena detto?! Sarebbe piacevole per te se ti dicessi di non fare nulla per rendere orgoglioso tuo padre?”

scuoto la testa

“so che mi stai nascondendo qualcosa. L'ho capito immediatamente perchè fai schifo a mentire. Ora dimmi la verità. Cosa diavolo è successo in quel vicolo?”

suona maledettamente bene come minaccia

“Seneca Crane” rispondo, perchè ormai so che non posso sfuggire al fiuto di Haymitch.

“Seneca Crane cosa? “

“Seneca ha minacciato tutti noi se Peeta non abbandona subito i giochi” provo a prendere fiato mentre lo vedo distintamente mordersi l'interno della guancia

“ha detto che non vuole che la Quarter Quell venga ridicolizzata da un pivello con la fortuna del principiante. E ha aggiunto che lui sa di noi due come coppia, sa degli allenamenti”

“e perchè non lo elimina lui allora? Ha tutti i presupposti per farlo” si gratta il mento, pensieroso

“perchè perderebbe ascolti. Al pubblico Peeta piace,e molto anche. È l'idolo del popolo, delle grandi masse. È un faro di speranza per chiunque voglia partecipare.”

“e questo non gli va evidentemente a genio” conclude il mentore al posto mio.

Ora che ho raccontato a qualcuno il mio segreto mi sento incommensurabilmente più leggera, ma anche mille volte più vulnerabile.

“promettimi che mi aiuterai a portarlo fuori di qui, ti prego” chiedo, quasi supplico.

Non c'è nulla che io voglia di più della salute di Peeta. Haymitch mi guarda di rimando, con gli occhi pensosi e stanchi poi annuisce

“hai la mia parola”

 

 

 

Torno in camera solo dopo un paio d'ore quando tutti hanno deciso di andare a dormire. Tempo in cui, con l'aiuto di Haymitch sono riuscita a calmarmi e ad elaborare un piano per far demordere il biondo. Piano che prevede che io lasci definitivamente la parte della scontrosa e che torni a fare da sostegno morale al mio ragazzo, mentre il vecchio si occuperà di tutto il resto. Come progetto fa abbastanza schifo, ma è l'unico che mi permetta di non perdere l'amore di Peeta: almeno credo, fintanto che non scoprirà tutto.

Appoggio titubante la mano sul pomello della porta, incerta su quello che accadrà una volta entrata. Potrebbe cacciarmi? Urlarmi addosso? Potrebbe semplicemente fare finta che io non esista, il che sarebbe molto più da lui. Spero vivamente non faccia l'indifferente, perchè non sarei in grado di sopportarlo. D'altronde me lo meriterei, lo so. Mi sono comportata malissimo, gli ho detto cose terribili e me ne pento. Ma che altro avrei potuto fare?

A questo punto spero solo sia disposto ad ascoltare le mie scuse.

Quando entro l'unica luce che illumina la stanza proviene dall'abat-jour sul comodino: sul letto sono stesi un paio di pantaloncini e una canottiera larga, dei calzini e un paio di boxer, poco distante le scarpe da ginnastica del biondo, ma di lui nessuna traccia.

“Peeta” lo chiamo, avvicinandomi alla porta del bagno, l'unico posto in cui potrebbe effettivamente essere.

Dallo scroscio dell'acqua nella doccia e dal vapore che mi increspa i capelli capisco che Peeta deve essere dentro da almeno mezz'ora.

“Peeta” riprovo a chiamarlo, percorrendo a piccoli passi la distanza che mi separa dal gabinetto su cui ho intenzione di sedermi.

Prima arriva il sospiro, poi le parole “Vattene Katniss”

“Peeta per favore lasciami spiegare”

“non hai nulla da spiegare. Ho capito il tuo punto di vista, sei stai alquanto chiara sai? Ora vattene” freddo, duro, marmoreo e irremovibile.

“voglio scusarmi, davvero. Ti prego ascoltami” vorrei vederlo per capire le sue reazioni. È bravo a nascondere le cose a parole, ma il suo corpo molto spesso parla per lui.

“scusarti di cosa? Di aver detto come stanno le cose? Ti aver messo in chiaro una volta per tutte da che parte stai? Non scusarti. Non ha nessun senso” lo sento armeggiare con il rubinetto

“Peeta sono davvero dispiaciuta. Non avrei dovuto dirti quelle cose” continuo, piagnucolando. Non so cosa fare, vorrei solo poter parlare con lui a quattrocchi, perchè avere una parete di vetro in mezzo non mi aiuta affatto

“no, non avresti dovuto. Ma l'hai fatto.” puntualizza, aumentando ancora una volta i miei sensi di colpa

“il fatto è che...” il fatto è che di motivi per cui ho detto quelle cattiverie ce ne sono centinaia, ma nessuno di questi esce spontaneamente dalla mia bocca

“è che? Bhè, fai qualcosa di utile, passami lo shampoo. È dentro il mobile sopra il lavandino” parla come se io e lui fossimo perfetti sconosciuti, anzi, nemici mortali. Obbedisco, aprendo l'anta e cercando con lo sguardo il flacone.

“allora l'hai trovato o no? Dovrei lavarmi”

nel momento in cui afferro la bottiglietta, capisco come farò a costringerlo a parlare con me.

“si l'ho trovato” sorrido beffarda, mentre scalcio via le scarpe, in attesa solo che lui sporga la mano fuori dal box doccia. Quando finalmente lo fa, faccio forza sulle pareti scorrevoli ed entro anche io, con lui, chiudendomele alle spalle e lasciando che l'acqua calda mi appiccichi i vestiti addosso.

“Che diavolo stai facendo?” la sua espressione stupita purtroppo non è l'unica cosa che riesco a cogliere.

“tento di parlare con te” ammetto, trattenendo un piccolo sorriso di vittoria.

“questo non è tentare. Tu mi stai obbligando” incrocia le braccia al petto, e si appoggia con la schiena alla parete.

“hai ragione, ma ho davvero bisogno che tu mi stia ad ascoltare. E soprattutto ho bisogno di guardarti mentre ti parlo” sussurro, cercando di concentrarmi solo sul suo viso e non sul suo corpo nudo davanti a me.

Lui se ne sta zitto, sotto il doccino che continua a farlo grondare di piccole goccioline d'acqua.

“perdonami Peeta, ti prego. È che ho paura, già lo sai. Non so più come fare ad andare avanti così. L'ansia non mi lascia in pace, ho un macigno sul cuore perchè ti so costantemente in pericolo. Guarda questa sera cos'è successo: sono sbucati fuori all'improvviso e ti hanno malmenato con una facilità disumana. Se loro possono farlo cosa impedirà ad altri concorrenti di allearsi e ridurti così? Non voglio che tu stia male Peeta. Se tu fossi al posto mio cosa faresti? Mi lasceresti tentare la storte avversa?”

inaspettatamente lo vedo mordersi il labbro, alzare lo sguardo verso un punto indefinito e stringere i pugni. Capisco che stava lottando contro le lacrime pungenti solo quando le vedo mischiarsi alle gocce che scivolano sui suoi zigomi. Gli getto le braccia al collo, stringendomi a lui e schiacciandolo contro la parete.

 

Non fa rumore quando piange Peeta, affonda solo il naso nei miei capelli e stringe le braccia attorno al mio corpo, scivolando fino a farci sedere sul piatto scivoloso della doccia.

“ho pensato che mi avessi abbandonato anche tu” mormora, ed io sussulto, sentendomi molto più simile ad un verme che ad una donna

“sono solo in questa cosa?”

scuoto la testa,e lo stringo di più a me

“resta al mio fianco Kat”

“sempre, finchè mi vorrai” rispondo convinta.

“mi dispiace per quello che ho detto” parlo poco prima di unire le nostre labbra, sperando che decida di perdonarmi ancora una volta.

“facciamolo” biascica tra un bacio e l'altro

“cosa?” domando confusa, staccandomi da lui. In un attimo mi afferra le gambe e mi fa sedere a cavalcioni su di lui, per poi sollevare l'orlo della maglietta che indosso. Arrossisco per la mia ingenuità e ridacchio, poi annuisco

“ok” sussurro, tornando a baciarlo ancora e ancora.

L'acqua scorre su ogni centimetro di pelle che viene scoperta, sostituendosi ai vestiti, attaccando i miei capelli sciolti al suo e al mio viso, facendoci tenere gli occhi aperti solo per poco, in modo da assaporare la morbidezza della pelle dell'altro, così da ascoltare i sussulti quando il piacere è più intenso.

Le sue mani vagano sulla mia pelle, esplorando e saggiando il calore che si irradia tra le mie membra quando mi è vicino.

Ansimo quando anche l'ultimo pezzo di stoffa lascia il mio corpo, ormai nudo, facendo incontrare la pelle calda e tesa delle nostre intimità.

Reclino la testa e lascio andare completamente il gemito che nasceva nella mia gola solo quando le sue dita si fanno spazio dentro me, con una lentezza straziante, esasperante e assolutamente piacevole.

I movimenti lenti della sua mano assieme ai baci che mi deposita su tutto il corpo, e insieme al pollice che collabora intercettando il centro della mia femminilità, mi portano sull'orlo del precipizio ma non mi lasciano modo di cadere. Gioco e tiro i riccioli biondi sulla sua nuca, gli accarezzo la schiena e graffio le spalle larghe nel tentativo di restare aggrappata ad un briciolo di lucidità.

“Katniss, alzati”

non capisco il motivo ma lo faccio, aiutandolo a issarsi a sua volta.

Mi sorride di sbieco, con quell'espressione arrogante che tanto odio e tanto amo.

Lascio trapelare l'incertezza nella mia espressione quando mi fa voltare e premendomi una mano tra le scapole mi fa piegare in avanti

“che stai facendo Peeta?” mugolo, dubbiosa sulle sue intenzioni

“non riesco a sollevarti, quindi rilassati ok? Andrà tutto bene. Non è poi così diverso dal solito” dice e nel mentre imprigiona con una mano entrambi i miei polsi contro il muro poco più in alto della mia testa. Con la mano libera traccia linee invisibili sulla pelle della mia schiena fino ad arrivare alla mia intimità,dove riprende ad affondare con un ritmo incalzante.

Chiudo gli occhi e mi abbandono alle sensazioni, cogliendo anche la più piccola delle scariche elettriche che mi attraversa il corpo, dal basso verso l'alto. Brucio di un fuoco divampante, ustionante. Non riesco a vedere il mio ragazzo, ma lo sento come se mi fosse davanti: i suoi sospiri, i grugniti malcelati...

quando finalmente entra in me, con un unico violento affondo trattengo a stento un urlo mordendomi il labbro inferiore.

L'acqua della doccia mi massaggia il sedere e la schiena, lava via il sudore che faceva appiccicare i capelli alla fronte di Peeta e si perde in una nuvola di vapore caldo e denso, la leggera peluria sul ventre del ragazzo mi solletica le natiche.

Ci vuole poco, pochissimo, perchè l'eccitazione e la voglia di contatto che ci divora prenda il sopravvento, trasformando le spinte regolari in movimenti concitati e irregolari: e la sensazione è divina, brutale, degradante e inebriante. I miei sensi sono totalmente sconvolti, concentrati solamente su quello che lui mi sta facendo, sul modo in cui solo lui mi fa sentire quel fremito dal basso ventre sempre più intenso, sempre più veloce. E il mio corpo e la mia mente esplodono in una miriade di schegge.

“oh Katniss” geme Peeta al culmine del piacere, tenendomi ferma per i fianchi mentre esce rapidamente da me.

Restiamo fermi così, con la mia schiena appoggiata al suo petto, ad ansimare all'unisono, in attesa che i nostri respiri si regolarizzino.

“oh piccola” esordisce poi, abbracciandomi “questo si che è uno stupendo modo di fare la doccia”

sorrido sfinita, lasciandogli un casto bacio sulle labbra.

 

 

 

 

 

Quando mi sveglio la mattina seguente, il letto dalla parte di Peeta è vuoto e dalla temperatura delle lenzuola capisco che dev'essere passato un bel po' di tempo da quando si è alzato.

Sorrido e arrossisco violentemente al ricordo di ieri sera, al sesso nella doccia, all'amore tra le lenzuola fino a notte fonda.

Mi dirigo in bagno e mi sistemo, pettino i capelli post-nottata e post-coito che sembrano una matassa intricata di lana e vado in cucina.

Il profumo di pancakes e bacon invade la cucina deserta insieme all'aroma inebriante del caffè. Sopra al tavolo campeggiano mille post it colorati, tra i quali uno mi informa che il mio ragazzo e il mio mentore sono andati ad allenarsi e torneranno tra un paio d'ore, un altro mi ricorda che il caffè è decaffeinato e bollente, poi un foglietto disegnato a cuoricini mi ricorda che Peeta mi ama e mi augura un buon risveglio e buon appetito per la colazione. Sorrido come un'ebete prendendo l'unica busta, già aperta, che c'è sul tavolo.

La scritta a penna, in un'elegante calligrafia e a lettere corsive recita

 

Signor Peeta Mellark

 

appartamento dei concorrenti 14a

Cartagena, Colombia.

 

 

Controllo sul retro il mittente.

Deglutisco a fatica, sento le gambe cedere e il sorriso scompare dal mio volto. Scuoto con forza la testa, perchè no, non può essere vero, tutto ciò non porta nulla di buono. Apro con mano tremante la lettera e dispiego il foglio all'interno sapientemente filigranato, la fame è sparita come il colore dalle mie guance

 

Carissimo Sig. Mellark,

Ho il piacere di invitarla alla serata di gala della Quarter Quell , che si terrà Sabato sera alle ore 20.30 nella villa del presidente in onore dei tributi. La invito inoltre a portare con se il suo allenatore e la vostra splendida fidanzata, la signorina Everdeen.

Al termine della cena, i tributi più sponsorizzati apriranno le danze. Le consiglio perciò di fare pratica con i balli da sala.

Cordiali saluti

Seneca Crane

 

P.s

vista la vostra giovane età, ricordo a lei ma soprattutto alla sua compagna di indossare abiti lunghi e di preparare ciò che è stato richiesto

 

 

 

 

“preparare ciò che è stato richiesto” mormoro. Capisco immediatamente che non si sta riferendo ai balli da sala.

 

 

È un ultimatum per me.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

Sono mortificata per il terribile ritardo con cui questo capitolo è uscito ma gli impegni sono stati tanti e finalmente solo adesso sono in vacanza anche io, una meritata vacanza oserei dire, dopo un anno di faticaccia a scuola. Ahaha anche se non importerà a nessuno io lo dico: gli esami sono andati bene! Che gioia....

Comunque tornando a noi....

l'ansia nei due adorabili piccioncini è palpabile e l'aria che tira dopo l'annuncio dello stratega non è delle migliori come spero si possa notare...colpi di scena ce ne saranno, non preoccupatevi, a partire da questa adorabile letterina scritta premurosamente a mano dal “simpatico” signor barba-strana.

Spero con tutto il cuore che continuate a seguirmi, e giuro che ritardi come questo non ce ne saranno più! Un grazie di cuore a chi leggerà il capitolo, e tutta la storia, a chi mi seguiva e continuerà a seguirmi, mettermi tra i preferiti, ecc ecc ecc ma soprattutto vi prego recensite! Adoro leggere le vostre idee, e le vostre opinioni. Per me è fondamentale per continuare a scrivere qualcosa di quantomeno leggibile...

ancora mille volte grazie a tutti

un caloroso abbraccio

sempre vostra

Luckily

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Capitolo 33
*** lezioni di ballo ***


La scritta a penna, in un'elegante calligrafia e a lettere corsive recita

 

Signor Peeta Mellark

 

appartamento dei concorrenti 14a

Cartagena, Colombia.

 

 

Controllo sul retro il mittente.

Deglutisco a fatica, sento le gambe cedere e il sorriso scompare dal mio volto. Scuoto con forza la testa, perchè no, non può essere vero, tutto ciò non porta nulla di buono. Apro con mano tremante la lettera e dispiego il foglio all'interno sapientemente filigranato, la fame è sparita come il colore dalle mie guance

 

Carissimo Sig. Mellark,

Ho il piacere di invitarla alla serata di gala della Quarter Quell , che si terrà Sabato sera alle ore 20.30 nella villa del presidente in onore dei tributi. La invito inoltre a portare con se il suo allenatore e la vostra splendida fidanzata, la signorina Everdeen.

Al termine della cena, i tributi più sponsorizzati apriranno le danze. Le consiglio perciò di fare pratica con i balli da sala.

Cordiali saluti

Seneca Crane

 

P.s

vista la vostra giovane età, ricordo a lei ma soprattutto alla sua compagna di indossare abiti lunghi e di preparare ciò che è stato richiesto

 

preparare ciò che è stato richiesto” mormoro. Capisco immediatamente che non si sta riferendo ai balli da sala.

 

È un ultimatum per me.

 

 

 

 

 

“RAGAZZIII! Contegno prego! Su su! E ora ricominciamo, UN-DUE-TRE... QUATTRO-CINQUE-SEI , avanti!”

sbuffo più irritata che mai dalla vocina stridula di Effie.

Maledetta sia quella volta che ho accettato di farmi insegnare da lei come si balla il valzer.

“AHIA!” scalcio “Peeta stà un po' attento! Quello era il mio piede” brontolo e sospirando e fermando tutto per l'ennesima volta.

“scusami Katniss, non lo faccio apposta! Ma i tuoi piedi sono sempre in mezzo!” mi risponde

“io faccio quello che devo fare!” sbotto, arricciando il naso e stringendo gli occhi a fessura. Queste scarpe mi fanno male, sono scomode e instabili con questo tacco strano e proprio non sono portata per questo genere di balli. Perchè devono costringerci a fare questa cosa, mi domando. Perchè?!

“Bhe anche io!” ringhia Peeta facendo scrocchiare il collo e le dita delle mani.

“Ragazzi Basta!” ci riprende la parruccona piena di lustrini mentre torna a sistemarci nella giusta posizione.

“mi raccomando cara, la tua mano poggia DELICATAMENTE sulla sua spalla” prende la mia mano tra le sue e la poggia molto elegantemente sulla spalla di Peeta, quasi mi pare di non toccarlo nemmeno.

“Peeta caro, il tuo braccio passa appena sotto il suo e la mano si poggia appena sotto la sua scapola.” sistema anche lui e gli lancia un'occhiataccia “non più giù, siamo intesi?”

lui ridacchia e annuisce “come vuole lei, capo”

“Peeta! Contegno! Lo vuole il valzer, non io!” da in escandescenze Effie e riattacca la musica

“al mio tre partire, su su su!”

scuoto la testa e mi posiziono meglio sulle mie gambe alquanto instabili, pronta a fare felice il mondo

“e Un”

inspira Katniss

“Due”

espira Katniss

“TRE”

via!

Un passo avanti

non guardarti i piedi, guarda lui

un passo a destra

smettila di guardarti i piedi!

Un passo indietro e gira

brava

un altro passo avan

“ahia! Peeta mi hai pestato ancora i piedi!” sussurro e stringo i denti

un passo a sinistra, scivola e chiudi

“scusa” mugola a bocca serrata continuando a mostrare quel sorriso da ebete che siamo obbligati a tenere spiaccicato in faccia per tutta la durata della musica.

Lo dirò in eterno: io non sono portata per questo genere di ballo.

“Katniss, accelera, sei fuori tempo!” sbuffo ed eseguo gli ordini velocizzando il passo

avanti, destra, scivola e chiudi, giro, indietro e poi a sinistra

“scusa Peeta ti ho pestato il piede” dico sottovoce. Non vedo l'ora che questa musica finisca.

“lo so, me ne sono accorto Dolcezza” il luccichio nei suoi occhi cambia, facendomi capire che quello che ha addosso ora è un sorriso sincero. Non so perchè, ma arrossisco

“Katniss, il sorriso! “ curvo le labbra e alzo gli occhi al cielo, esasperata.

Ma che cavolo vuole da me questa?

 

Ora arriva la parte difficile: avanti, sinistra, scivola, chiudi e gira, gira, gira.

Ti prego dimmi che non gli ho pestato ancora i piedi....

“KATNISS! Attenta ai piedi del tuo cavaliere!” OH no no. Questo è decisamente troppo!

“ma perchè riprendi sempre me?! Cos'è, lui è perfetto??! anche lui sta sbagliando! Non solo io!” fermo tutto e mi allontano da Peeta, visibilmente indispettita

“Cara mia sono sicura che tua madre ti abbia insegnato l'educazione! “ la parruccona fa sbatacchiare i suoi tacchi per il salotto ma viene prontamente fermata da Haymitch che la tira a se per un braccio

“Effie, tesoro, calmati. Siete tutte e tue troppo nervose” lo sguardo che il mio padrino mi rivolge ha qualcosa di strano, come a volermi dire qualcosa. Ancora non sono riuscita a capire se lui abbia colto l'avvertimento nella lettera o se sia solo frutto della mia immaginazione. Tutte le volte che cerco di parlargli c'è sempre Effie di mezzo, e questa è l'unica volta in cui anche lui assiste alle nostre lezioni di ballo. Anche Cressida ogni tanto viene a vedere i nostri progressi ed è grazie a lei se ora ho un paio di scarpe da ballo della mia misura. Lei sghignazza un po', ci da qualche consiglio e ci procura gli indirizzi di qualche negozio che vende il genere di abiti che servono per queste occasioni.

“Dolcezza” riprende poi il mentore, distogliendomi dai miei pensieri

“riprende te perchè non ti lasci guidare e quindi appena il ragazzo fa qualche passo diverso dal solito tu ti confondi e sbagli o gli pesti i piedi” spiega

“lasciati andare e fa che sia lui a portarti. Vedrai che la colpa ricadrà su di lui” ammicca facendomi scappare un sorriso e una piccola smorfia più o meno divertita a Peeta

“anche perchè, sinceramente, in questo momento mi sembrate due pali della luce”

ridacchia lui e sbuffo io

“cari miei” ricomincia Effie “ il valzer è un ballo elegante, esagerato!” piroetta per la stanza a passi di valzer viennese, accompagnata da un cavaliere immaginario e ancora più aggraziato di lei, provocandomi un briciolo di invidia per la sua delicatezza su quei tacchi esorbitanti. La sua schiena leggermente inarcata, la testa che sembra quasi abbandonata al movimento e sorretta da una strana corrente invisibile generata dal magico vorticare del suo corpo. Immagino che dovrei essere così, io , nel mio futuro abito pomposo da gala: elegantemente diritta, impalpabilmente sorretta dalla braccia di Peeta che guida i miei passi con maestria e sicurezza.

Bhè... probabilmente io non sarò elegante e lui non sarà sicuro, ma basterebbe un pizzico di abilità, andrebbe bene lo stesso. Tanto per non fare una figuraccia...

“su su su! Si ricomincia! E un due e tre”

riprendo la posizione barcollando sulle scarpe, imitando quello che ho visto fare poco fa alla strana e strillante donna.

La musica parte con un assolo di violino e i miei piedi si muovono comandati ancora una volta dalla mia testa

“Katniss, smettila” Peeta sussurra al mio orecchio a denti stretti

“Peeta! Più spazio tra di voi! Non puoi starle così attaccato!” Effie torna a impartire ordini e io colgo lo sguardo eloquente del mio ragazzo. Devo smetterla di comandare io.

Decido di distrarmi e di guardare altrove mentre lascio che Peeta provi a portarmi, anche se con qualche difficoltà, in un universo in cui anche io riesco a ballare.

Distrattamente all'inizio, poi sempre più nitide, mi tornano alla mente tutte le serate passate con papà a cantare, ad ascoltarlo mentre suonava il pianoforte che c'era a casa dei nonni. Spesso metteva la radio e ballavamo insieme completamente fuori tempo sulle note di qualche canzone folk degli anni passati. Era bello essere trasportata da lui, sui suoi piedi: era come stare sulle nuvole. Ed io piccola, ridevo come una matta dalla felicità. Non sento nemmeno il mio corpo muoversi nel presente, mentre mi accorgo con quale gioia possa rivivere un passato che fino a poco fa sembrava dolorosissimo.

Dio solo sa, quanto mi manchi mio padre. Quanto vorrei che fosse qui con me, ad insegnarmi a ballare.

“Katniss?” Peeta mi sorride, quando finalmente torno a guardarlo e capisco che ci stiamo riuscendo davvero. Che stiamo volteggiando su questo pavimento consumato, sulla musica mal riprodotta dal cellulare di Haymitch di un valzer viennese: non saremmo ballerini provetti, ma finalmente ce la stiamo facendo, e questo succede solo se io mi lascio completamente andare tra le braccia di Peeta.

Mi perdo nei suoi occhi azzurri che brillano, per il poco tempo che resta alla fine della melodia.

“Oh finalmente! Bravi bravi bravi! Oh i miei ragazzi!” con le mani strette al petto la futura moglie del mio padrino si avvicina e ci abbraccia calorosamente

“sono così fiera di voi” piagnucola facendomi sospirare prima di ricambiare l'abbraccio

“grazie Effie” diciamo in coro io e il biondo, ammiccandoci a vicenda immediatamente dopo.

“che ne dite di imparare il quick step ? O il fox trot ? OH !Ancora meglio, il tango????”

Oddio, questa donna ha troppo entusiasmo.

“magari un'altra volta amore, ok?” Haymitch interviene in nostro soccorso, e ancora una volta gliene sono immensamente grata

“allora su su su! Dobbiamo andare a prendere i vestiti per il ballo”

 

 

 

 

 

 

Mi sto provando l'ennesimo abito dentro ad un camerino troppo stretto, dentro un negozio troppo colorato, dentro un centro commerciale troppo affollato. Mi manca l'aria al solo pensiero: mi sento soffocare da tutta questa gente, incurante dei mille problemi che affollano la mia mente in questo periodo, che non sa quali minacce incombono su di me, su Peeta, sui miei amici e sulla mia famiglia e che dipendono solo da me. Ed è venerdì pomeriggio e ancora non ho ne i vestiti adatti alla cena ne un piano per salvarci tutti; a quello ci avrebbe dovuto pensare Haymitch ma non sono riuscita a parlargli dalla mattina in cui è arrivata la lettera.

Entro nel vestito rosa e cerco di allacciarlo sulla schiena, poi mi guardo nel piccolo specchio del salottino di prova

“Allora Dolcezza vuoi uscire o dobbiamo aspettarti in eterno? Dobbiamo andare anche noi comprarci i vestiti sai?”

esco solo per far contento l'ubriacone, perchè se fosse per me, non mi mostrerei mai con questo affare addosso.

“Oh tesoro sei un amore” la voce di Effie che esce dal suo camerino con addosso uno spettacolare abito bianco, mi fa venire il voltastomaco. Perchè mai lei deve stare così bene con qualsiasi cosa e io no? Sono pur sempre una ragazza! Una ragazza che ora come ora, sembra un batuffolo di cotone o di zucchero filato: meglio ancora un unicorno rosa piuttosto paffuto. Il fatto è che io non sono affatto paffuta, figuriamoci.

“io non direi” borbotto cercando Peeta con gli occhi. Se ne sta li a fissarmi con una faccia strana, forse stupita, forse schifata, non capisco, quindi decido di chiederglielo

“secondo te come sto?” domando, anche se so già che non sarà questo che indosserò per il valzer

“su una scala da uno a dieci.....un cinque” si gratta il mento e riprende a guardare fuori, segno che posso tornarmene in camerino a provare il prossimo.

Mentre tiro i nastri del lungo vestito di chiffon rosso fuoco per chiuderlo, Peeta bussa alla porta

“Dolcezza, io ed Effie andiamo a prendere il mio vestito al piano di sotto, Haymitch ti saprà consigliare benissimo ok?”

Oh no. Le battutine di quell'uomo no.

“mmm” brontolo

“eddai piccola, faccio presto, e se finisci prima tu, mi raggiungete ok? “ credo proprio stia sorridendo

“ok “ rispondo poco entusiasta

 

esco solo quando sono sicura che non siano più nelle vicinanze

“Wow, sei uno splendore ragazza mia” fischietta il mio padrino facendomi arrossire perchè non sono abituata ai suoi complimenti

“grazie” rispondo guardandomi allo specchio

il tessuto arriva fino ai piedi, ma non tocca terra, il che mi impedirà di inciampare, secondo Effie. A mio avviso potrei comunque cadere e farmi male, indipendentemente dalla lunghezza di ciò che indosserò. Le maniche lunghe lasciano, sulla schiena, spazio ad una vertiginosa scollatura che lambisce le fossette di venere. Piccoli brillanti incorniciano la stoffa e risaltano il mio incarnato ormai abbronzato dal sole colombiano; la gonna apparentemente non molto ampia, ad ogni giro prorompe in una enorme e voluminosa ruota scintillante. Sorrido notando che questo modello incarna la sensualità pur essendo casto al tempo stesso. E mi piace.

“dici che posso mettere questo allora?” domando

“prova a ballare Dolcezza, poi vediamo”

muovo qualche passo, cercando di ripetere quelli che Peeta mi fa fare più spesso e, con mio grande piacere, mi accorgo che non ho nessun problema.

“ottimo. Ora andiamo a prendere qual bamboccio del tuo ragazzo” ride

gli tiro un pugno sulla spalla e rido con lui “non è un bamboccio!”

“oh si che lo è! Guarda in che pasticcio si è cacciato. Gli tocca pure ballare.”

 

“Haymitch” ora che siamo da soli, non posso proprio sprecare l'opportunità di chiarire le cose

“dimmi Katniss”

“tu hai letto personalmente l'invito alla serata di gala vero?”

“assolutamente”

“e non ti pare strano che sia stata scritta a mano?”

“pare strano anche a te che ci sia un 'ricordate di portare ciò che vie è stato chiesto'?”

annuisco e mi mordo il labbro inferiore

“lo hai capito anche tu ,vero Dolcezza?”

“era la stessa domanda che volevo porti io” ammetto, terribilmente preoccupata

“già...” si gratta il mento ispido e sospira chiudendo gli occhi chiari, come se fosse turbato, o meglio, si sentisse in colpa per qualcosa.

“e ora che si fa? “ chiedo

“non ti preoccupare Katniss. Ho in mente un piano. Fidati di me”

 

e io sono stufa di fidarmi degli altri senza controllare la situazione. 

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