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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Non ci capisco più niente... *** Capitolo 2: *** Lacrime ed equivoci *** Capitolo 3: *** Autocompiangimento mode on *** Capitolo 4: *** Ti perdono ogni volta! *** Capitolo 5: *** Annunci! *** Capitolo 6: *** Preparazioni per la serata di Gala *** Capitolo 7: *** Gli imprevisti del ballo *** Capitolo 8: *** Complicazioni parte I *** Capitolo 9: *** Complicazioni parte II *** Capitolo 10: *** Un disperato bisogno di te *** Capitolo 11: *** Epilogo (bonus) ***
Eccolo.
Il suo inconfondibile suonare tre volte il campanello. Scendo di corsa le scale,
con i capelli al vento. Fuori piove, non posso lasciarlo sulla soglia di casa.
Arrivo e spalanco la porta. I capelli rossi sono leggermente scompigliati, gli
occhi azzurri e profondi mi scrutano mentre indossa un impermeabile. Tra le
mani tiene un ombrello ormai chiuso, poco male, poteva aspettare qualche altro
secondo là fuori.
«Ciao!» gli sorrido, lui mi
sorride di un sorriso che per un attimo mi abbaglia. Calma Hermione, calma.
Entra permettendomi di chiudere la porta. Mi fiondo
di nuovo sulle scale. Arrivata a metà scalinata mi giro, si è tolto
l’impermeabile ed ora è tranquillamente seduto sul divano. Gli grido un: «Finisco
di sistemarmi e andiamo». Lui annuisce ancora sorridendo e
torno di sopra.
Stamattina
colazione con Ron, eh già Ron, il mio
migliore amico. Cosa consigliano gli esperti di bon ton per queste
occasioni? Intanto sento che la pioggia è terminata e dalle persiane socchiuse
arrivano degli sprazzi di luce. Per ora sarebbe meglio farsi una doccia. Apro
il getto d’acqua e lo posiziono su 'acqua fredda'.
Durante la doccia, mentre tamburello sulle piastrelle, cerco di decidere
l’abbigliamento. Ron è ancora giù che mi aspetta, è passata quasi mezz’ora…non
vorrei farlo spazientire semplicemente per una colazione! Appunto, solo una
colazione…solo una colazione, da amici.
Indosso una gonna di jeans lunga fino al ginocchio, a balze, con una maglietta
colorata a fasce contornate di nero e un paio di ballerine nere ai piedi.
Aggiusto i capelli alla bell’e meglio, raccogliendoli in parte in una pinzetta
colorata. Okay…38 minuti, potrebbe essere un mio nuovo record di velocità nel
vestirsi. Scendo giù, saltellando dalle scale. È intento a guardare la TV.
Nonostante sappia da anni dell’esistenza di quell’ “aggeggio infernale contenente babbani”, come lo chiama
lui, ne rimane affascinato ogni volta. Non si è accorto che sono scesa, troppo
impegnato ad ascoltare un programma che spiega il sistema della tosatura delle
pecore.
«Pronta!» esclamo sorridendo. Per
quanto ogni volta possa farmi arrabbiare, mi è pressoché impossibile regalargli
un sorriso.
Si
gira, mi studia per un secondo, poi sorride anche lui.
«Sicura di non aver
dimenticato niente?»
Lo
guardo dubbiosa: «Che ho dimenticato?» dico
guardando l’orlo della gonna, le scarpe e la maglietta.
«No è che…immaginavo
di dover aspettare di più!» confessa ridendo per la mia espressione.
Mi
stringo nelle spalle: «È solo una colazione» , dico con un
tono di voce, non ben identificabile. Forse deluso è il termine più
appropriato, però.
Lo
vedo sospirare lievemente, di solito quella è l’anticamera dei nostri litigi,
spero non si arrabbi. Perché poi dovrebbe?
«Bene, okay, possiamo
andare allora!» Non si arrabbia, evviva! Mi dirigo verso la porta, lo faccio
passare prima di me e la chiudo con un colpo di bacchetta. Ho installato una
specie di antifurto magico, che garantisce una sicurezza 50 volte maggiore
rispetto agli antifurti babbani.
Camminiamo
fianco a fianco, sotto il sole di giugno. Della pioggia, rimangono solo alcune
pozzanghere sparse sulla strada. Cerco di evitarle con cura, per non
compromettere le mie ballerine. Ron ora indossa solo una maglietta azzurra a
maniche corte e un paio di bermuda a quadrettoni bianchi con un paio di scarpe
da ginnastica ai piedi. Avrà fatto sparire l’impermeabile con la magia.
Sono
più o meno le otto di mattina, il cielo è ormai terso e una leggera brezza ci
sfiora, lievemente.
«Mamma mi ha chiesto
di invitarti alla Tana, per domani a pranzo. Ovviamente non sei obbligata…»,dice dopo qualche
secondo di silenzio.
«Certo che vengo, che
domande…!»,dico entusiasta. Non vedo Molly da un paio di mesi, e mi farebbe
tanto piacere farle di nuovo visita, ma gli impegni di lavoro non me lo hanno
permesso prima.
«Bene allora!» esclama illuminandosi
di un sorriso da capogiro. Sbatto le palpebre un paio di volte, prima di
tornare cosciente. Lui se ne accorge e ridendo di quel mio stato confusionale,
mi chiede: «Herm, che hai?»
«Oh…ah…niente,
niente.» Balbetto, cercando di essere più convincente possibile.
«Lo sai che di me ti puoi
fidare, vero?» mi chiede scrutandomi serio, stavolta.
Che
domande…metterei anche la mia vita in mani sue, per quanto io mi fidi
ciecamente di lui.
«Sì, che lo so.» rispondo sincera, pur
non capendo ancora dove voglia arrivare.
«Sai che puoi dirmi
tutto, vero?»
«Lo so, Ron, lo so.» dico con voce
esasperata.
Ultimamente
i nostri ruoli si sono invertiti, lui è quello sensibile e attento a capire gli
altri. Io sono diventata menefreghista. Terribilmente menefreghista. Non riesco
più a preoccuparmi di nient’altro, se non di me. Purtroppo, quando piangi ogni
notte, assaggiando il sapore delle tue lacrime, finché queste hanno la
possibilità di scorrere, finché ne hai a disposizione, perdi interesse verso i
sentimenti degli altri, semplicemente perché i tuoi sono stati calpestati. Nel
mio caso, sono stati calpestati da colui che è accanto a me in questo momento.
Colui che ora mi sta chiedendo:
«E allora cosa c’è?
Sei cambiata, Mione…»
«Può essere.» rispondo vaga. «Anche
se fosse?» chiedo con un’intonazione di acidità, che non
desideravo avere.
«Beh…» lo vedo in difficoltà
con le parole, in questo non è cambiato, e non sono cambiata neanche io, che
conservo sempre la mia abile parlantina.
«Lasciamo perdere…» dice scuotendo la
testa. «Spero che un giorno ti deciderai a dirmi cos’è che ti affligge.»
«Forse», dico rivolgendogli un
timido sorriso. É inutile negarlo, sa che gli nascondo qualcosa. Me lo legge
negli occhi. Ma cosa potrei dirgli? Potrei dirgli che lo amo talmente tanto che
questo mi sta distruggendo? Potrei dirgli che sono stufa di essere la sua
migliore amica, che vorrei solo scappare per non vederlo più? Ma come potrei?
Come? Senza di lui io non vivo. Forse un giorno, vuoterò il sacco, forse. Per
ora lasciatemi ancora la possibilità di rimandare. Come faccio da ormai troppi
anni.
Siamo
arrivati al bar, tempismo perfetto! Ora Ron si distrarrà nell’ordinare e non
tornerà più sul discorso precedente…Lo spero, almeno! Non sarei capace di
mentirgli. Posso solo tentare di sviarlo, confessandogli che, effettivamente
c’è qualcosa. Ma non saprà mai cosa. Non deve saperlo o lo perderò anche come
amico, e non potrei sopportarlo.
Eccoci
seduti ad un tavolo, mentre ci gustiamo un cappuccino, tutto schiuma, come
piace a noi. Ron è scoppiato a ridere, quando, dopo aver bevuto un sorso di
cappuccino, la schiuma mi è rimasta sopra le labbra, come a formare una sorta
di baffo.
«Assomigli al mio
bisnonno, sai? Aveva dei baffi così!» prova ad ironizzare quel rosso
scansafatiche.
Gli
faccio una smorfia e poi aggiungo: «Grazie del complimento!» mi
fingo offesa e gli metto un broncio falso, pulendomi le labbra con un
fazzolettino del bar. Ron, si accorge che sto fingendo, eppure appoggia la sua
mano sulla mia che è poggiata sul tavolo. Sento un brivido attraversarmi. Lo
guardo ancora imbronciata.
«Questo voleva essere
un complimento?» dico sarcastica per non compromettermi ulteriormente. Ma
prima…voleva dire che io sono bella? Impossibile! Io sono Hermione Granger, non
posso essere bella. Magari anche
carina, ma bella no. Devo aver capito male, ecco
perché.
«Devo essere più
esplicito?» dice con quel dannato sorriso sulla sua faccia di bronzo. Devo
ammettere che mi sta confondendo. Non so che rispondere, mi limito a fissarlo
perplessa, la mia faccia deve essersi trasfigurata in un punto interrogativo.
Il suo sorriso si allarga di più.
«Diciamo che
anche…anzi, soprattutto, nella versione con baffo hai un certo fascino.» ammette ridacchiando.
«Tu dici?» dico inarcando un
sopracciglio, sorridendo. Ecco appunto, Ron non pensa che io sia bella, né lo
penserà mai.
Usciamo
fuori dal bar. Un ragazzo sulla soglia del bar mi fissa. È carino. Ha i capelli
castano chiaro corti, gli occhi scurissimi, la mascella ben pronunciata, un
fisico scolpito. Mi rivolge un sorriso fin troppo audace, io sposto lo sguardo
su Ron. Lo sta guardando anche lui, in cagnesco. Oh. Oh. Guai in arrivo. Cerco
di intervenire: «Mh, Ron?»
«Eh?» bofonchia finalmente
spostando lo sguardo da quel tipo, fino ad incontrare il mio. Ha un’espressione
più rilassata, finalmente.
«Andiamo? Tra
mezz’ora attacco al lavoro.» dico guardando l’orologio.
«Sì, anche io ho il
turno di mattina.»
Io
e Ron lavoriamo come Auror del Ministero della Magia. Dopo lo scontro finale,
tra Harry e Voldemort, siamo diventati una specie di celebrità del mondo
magico, il lavoro c’è stato offerto dovunque. Ma noi, il magico trio, abbiamo
preferito mantenerci uniti, lavorando insieme al dipartimento di Difesa. Di
Mangiamorte ce ne sono sempre in giro, ma sono molti di meno, e tutti
appartenenti alla vecchia guardia. Per di più ora, senza il loro padrone,
faticano ad organizzarsi negli attacchi e ci risulta più facile, rispetto ad un
tempo, catturarli.
Camminiamo
fino a trovare un posto isolato dove Smaterializzarci per raggiungere il
Ministero.
Saluto
Ron con un sorriso, prima di andare a cambiarmi ed indossare una divisa più
consona per il lavoro.
Appena
entrata in ufficio, un indaffaratissimo Harry mi saluta immerso da innumerevoli
scartoffie.
«Serve aiuto?», dico sorridendo
amabilmente.
«Sei un tesoro,
Hermione», dice Harry ricambiando il mio sorriso con gratitudine e
porgendomi un ammasso di carte e certificati da compilare.
Vado
a sedermi dietro la mia scrivania di ciliegio.È
ampia, proprio come piace a me. Su questa c’è un computer babbano di ultima
generazione, un porta piume super accessoriato, alcune pergamene bianche ed un
paio di fotografie mie, mie con Harry e Ron e una con me e Ron. È la mia
preferita, si capisce. L’ha scattata Harry quest’inverno, mentre eravamo in
vacanza insieme in uno scialet di montagna. Con noi tre, c’era anche Ginny che
da un bel po' di tempo sta con Harry. Li invidio un po’ per la loro sfacciata
felicità, ma dopo tutto quello che abbiamo passato, anzi soprattutto tutto
quello che Harry ha passato,
se lo merita eccome. E poi il mio fratellone, come lo chiamo io, è innamorato
pazzo di Ginny e lei è innamorata pazza di lui.Mi
chiedo quand'è che si sposeranno...
Sospiro
e in quel preciso istante entra Ron che saluta Harry con un sorriso e poi
sorride anche verso di me. È andato a cambiarsi anche lui, ora indossa la
divisa nera degli Auror con una spilla luminosa raffigurante una “A” bianca in
movimento. Mi ci vuole poco più di mezz’ora per riempire i certificati di
Harry, che non sembra neanche più sorpreso della mia velocità, c’è abituato.
Non c’è molto da fare, per cui inizio a giocare con il computer ad un gioco di
carte babbane: il solitario. Non è il massimo del
divertimento, lo ammetto, ma almeno così posso evitare di guardare Ron per
tutto il tempo. Ora mi viene in mente un detto: “Lupus in fabula”, infatti
eccolo qui, che mette una sedia accanto a me. Evidentemente neanche lui ha
niente da fare. Io lo ignoro, e continuo a giocare imperterrita.
«Hermione? Ti sei
accorta che qui c’è il tuo caro amico Ron?» mi sussurra lui,
pericolosamente vicino al mio viso.
«Come potrei non
accorgermene? Hai la grazia di un elefante quando ti sposti.» dico sbuffando senza
girare la testa dallo schermo del computer.
Ride
di gusto e poi mette un braccio dietro la mia spalla e si avvicina per vedere
meglio quello che sto facendo. Rabbrividisco, senza farlo apposta…Perché deve
farmi quest’effetto? Dannazione, se ne è accorto…che gli dico?
«Hai freddo?» chiede preoccupato.
«Un po’»,mento io, «Credo
di non sentirmi tanto bene.» E difatti, non sto bene, ma per
motivi psicologici e non fisici.
«Fa’ vedere.» dice mettendo una mano
sulla mia fronte. Nonostante sia un contatto così casuale e ingenuo, sento un
altro fremito. È sempre attento con me…anche affettuoso. Ma non nel modo in cui
lo vorrei io.
«Non sembri avere la
febbre.» constata ritirando la mano e accarezzandomi la guancia. Basta,
potrei non essere più responsabile delle mie azioni, smettila. Non lo guardo
ancora, ho smesso anche di giocare al solitario, ora fisso semplicemente lo
schermo e sono immobile sotto il suo tocco.
«Herm? Vuoi andare a
casa? Tanto qui non c’è nient’altro da fare.» prova a dire, vista la
mia mancanza di risposta.
«Non stargli troppo
addosso, Ron!» la voce di Harry , appena tornato nel nostro ufficio irrompe nelle
mie orecchie, «deciderà lei quando andarsene, no?».
«Già, comunque
preferisco andare. A domani ragazzi.» dico sorridendo lievemente ed uscendo
dall’ufficio.
«Comandante Granger!
Va via?» Lizzie,una nuova recluta è davanti a me che mi sorride
cordialmente. È una ragazza carina, coi capelli biondo miele, lisci e lunghi e
gli occhi verde smeraldo. È minuta e bassina, non si direbbe, ma nel
combattimento corpo a corpo è fenomenale!
«Sì, Lizzie, non sto
molto bene.» dico sorridendole lievemente di rimando.
«Hermione!» Sento chiamarmi, mi
giro e vedo arrivare Ron di corsa.
«Cosa c’è?» chiedo preoccupata.
Lui
mi fa un gesto in aria con la mano, come per dire che non è successo niente,
mentre riprende fiato.
«Vuoi che ti
accompagni a casa?» chiede ancora un po’ affannato. «Oh
ciao Lizzie» saluta la ragazza, che arrossisce e ricambia con
un cenno. Credo che Ron le piaccia molto. Lui però sembra non accorgersi del
suo comportamento, guarda me. Un senso di orgoglio ingiustificato mi riempie i
polmoni. Lui si preoccupa solo
per me.
Non
sentendomi rispondere, mentre ero troppo presa dai miei pensieri, Ron mi prende
per un braccio e bofonchia un: «Non sei nelle condizioni di
tornare a casa da sola, perciò ti accompagno che tu lo voglia o no.» Ma non è adorabile?
«Ma no non
preoccuparti, me la cavo.», parlo finalmente, anche se a dire il vero, non
mi dispiacerebbe affatto che mi accompagnasse.
«Ci tengo alla tua
salute, perciò fatti accompagnare!»
Ammicco
verso Lizzie che è stata ad ascoltare tutta la nostra sceneggiata, guardando
costantemente il mio amico. Posso capirla benissimo. Così ancora trascinata da
lui, arrivo di fronte ai camini magici. Guardo Ron di sbieco, come per chiedere
una spiegazione.
«Una
materializzazione potrebbe essere pericolosa se non ti senti bene…chissà dove
andresti a finire!» commenta ridacchiando, prende una manciata di polvere
volante ed io faccio lo stesso. Mi prende per mano e un altro brivido mi
scuote. Inspira, espira, ok, ci siamo, sono tornata consapevole delle mie
azioni. Sono o non sono Hermione Granger la razionale?
«Blackberry
Street 27!» gridiamo insieme, e qualche secondo dopo, siamo tornati a casa
mia. Tossisco un po’ a causa della fuliggine nel caminetto e poi mi pulisco i
vestiti anneriti con la bacchetta, lo stesso fa Ron.
«Sono a casa sana e
salva», gli dico sorridendo. «Grazie.»
«Dovere.», sorride anche lui.
«Ah…» biascico a bassa voce,
con un tono amaro.
«Cosa c’è?» lo vedo perplesso,
forse si sta chiedendo se è stato lui a farmi intristire e perché.
«Pensavo di essere un
po’ più che un dovere…per te.» dico arrossendo e guardandomi i piedi. So
perfettamente che non intendeva dire “dovere” in quel senso…ma voglio sentire
ora cosa dice. Mi faccio coraggio e torno a guardarlo, dire che è rimasto
spiazzato è poco. Sa che aspetto una sua risposta, ma lui si avvicina a me e mi
abbraccia sollevandomi quasi da terra. Sento il suo odore così particolare
penetrarmi nelle narici, mentre le sue braccia forti mi fanno sentire al
sicuro. Wow mi sembra di volare, in tutti i sensi! Si avvicina al mio orecchio
e mi sussurra: «Sei il dovere più piacevole del mondo…».
Oh cavolo! Non mi sento più le gambe. Il respiro si affievolisce, la vista mi
si annebbia. Non capisco più niente. Sento solo un’ondata del suo profumo e poi
svengo tra le sue braccia.
«Hermione!!! Ohi,
Hermione!». Qualcuno mi chiama. Che è successo? Chi ha spento la luce? Cerco
di aprire gli occhi e con un po’ di difficoltà nel focalizzare chi ho davanti,
capisco che è Ron. Sono sul letto, ho la testa appoggiata su due cuscini e lui
mi è affianco dandomi piccoli schiaffetti sulle guance per farmi riprendere.
Quando vede che apro gli occhi, sospira sorridendomi.
«Mi hai fatto
prendere un accidente!» Lo guardo perplessa, che ci fa lui qui?
«Ron, ma che è
successo?» mormoro con voce impastata cercando di alzarmi, ma Ron me lo
impedisce.
«Meglio che rimani a
letto…» mi accarezza una guancia col dorso della mano e senza volerlo
avvampo sotto il suo tocco.
Cerco
di darmi un po’ di contegno sollevandomi meglio sul cuscino e poi lo guardo
inarcando un sopracciglio. «Allora?»
Lui
ride del mio atteggiamento e poi mi risponde: «Sei svenuta.»
Strabuzzo
gli occhi, non ero mai svenuta prima in vita mia! «Davvero?
Quando? Come?»
«Piano con
l’interrogatorio signorina Granger…una domanda alla volta!», sorride e io
deglutisco consapevole che se continua a sorridermi così, sverrò un’altra
volta.
«Non ti ricordi
niente?» mi chiede poi apprensivo.
«No, cioè sì…» arrossisco fortemente «Mi
hai abbracciata.»
«Bene, pensavo avessi
perso la memoria!»
«Ehi, che credi, non
mi faccio mica abbattere da uno svenimento!» Ne sei proprio sicura
Hermione? Ti è bastato abbracciarlo per perdere i sensi! No, non ne sono più
sicura. Quando c’è in ballo Ron non sono mai sicura di niente.
«Comunque, è tutto
merito di Harry, è stato lui a consigliarmi di accompagnarti» confessa lui ridendo
quasi nervoso.
Allora
non è stata un’iniziativa sua…ecco mi sono di nuovo immaginata tutto. Che
illusa che sono…avrei dovuto capirlo subito.
«Già, ringrazierò
anche lui.» dico con voce soffocata, sto per mettermi a piangere, ma non devo
farglielo capire, avrei preferito non svegliarmi più e rimanere svenuta per un
altro po’.
Guardo
i suoi occhi azzurri scrutarmi per qualche secondo, poi dice: «Dai,
ora vado, ti lascio riposare, se non stai bene non esitare a chiamarmi, eh» mi
fa l’occhiolino dandomi un bacio in fronte.
Chiudo
gli occhi, stringendoli, no, non devo piangere.
CRACK!
Una
lacrima, seguita da mille altre mi attraversa il viso, ma lui se n’è già
andato.
Sono sul divano mentre leggo un romanzo d’amore molto smielato,
che Tonks mi ha regalato per Natale. È un po’ vecchiotto, ma lo adoro, è la
centesima volta, nonostante le sue 3567 pagine, che lo rileggo. Mentre sono
totalmente assorta nella lettura, un leggero ticchettio alla finestra richiama
la mia attenzione. Alzo lo sguardo ed un piccolo gufetto grigio scuro, è lì
sulla soglia della vetrata che aspetta impaziente. Ha con sé una lettera. Spalanco
la finestra e quello plana sul tavolo. Lo raggiungo, gli regalo un biscotto che
mi è capitato sotto mano e quello fa un grugnito di assenso. Credo gli sia
piaciuto. Riconosco subito la grafia sulla busta dove c’è scritto:
“Per Hermione Granger”. È Ginny! Apro la busta e mi trovo in mano
la pergamena contenente:
Cara Hermione,
Ho assolutamente bisogno di vederti…! Dimmi tu dove e quando
possiamo incontrarci, io non ho altri impegni.
P.S. Non iniziare a preoccuparti ora, non è nulla di grave…anzi!
Rispondimi presto!
Tua Ginny
Afferro la prima piuma e la prima pergamena che mi capitano sotto
mano e le rispondo in fretta:
Cara Ginny,
Per oggi non ho impegni di nessun genere. Sono tornata a casa
prima dal lavoro perché tuo fratello ha insistito tanto dicendo che non stavo
bene. Beh, sì in effetti sono svenuta ma ora sto benissimo, non preoccuparti.
Tornando a noi, puoi venire subito a casa mia, così mi spieghi che è successo.
Ti abbraccio,
Hermione
Do un altro biscotto al gufo e gli lego la lettera per Ginny alla
zampa. Continuando a tormentarmi sul motivo del nostro incontro. Ha bisogno di
vedermi…e non è nulla di grave, anzi! Che vorrà dire? Mentre ancora io rimugino
internamente, il gufo di qualche minuto fa è tornato a farmi visita. Slego in fretta
la pergamena di risposta:
Mi precipito!
Ginny
Vedendo che non ho intenzione di rispondere, il piccolo gufo va
via, lasciandomi sola in salotto. Un secondo dopo mi sento chiamare:
«Herm! Ma dove sei?» una voce che riconosco
essere quella della mia migliore amica mi chiama dalla cucina.
«Ginny sono qui! In
salotto!» grido io di risposta. Lei mi raggiunge poco dopo, con un sorriso
raggiante sulle labbra e i capelli rosso fuoco un po’ scompigliati. Se il
aggiusta passandoci le mani una volta e poi viene ad abbracciarmi forte.
«Allora?» dico io una volta
distaccateci.
«Una notizia bomba!» esclama Ginny,
sprizzando felicità da tutti i pori. Non so come faccia ad essere sempre così
entusiasta! Di certo non rientra nelle mie doti.
«Che aspetti allora,
parla!» esclamo mentre la curiosità dentro me cresce sempre di più. Chissà
perché, ma ho il presentimento che c’entri Harry!
«Ecco beh…», mi sorride
timidamente «Non ne sono pienamente sicura…ma sì insomma…credo
di essere incinta!» dice tutto di un fiato.
«Wow!» cerco di enfatizzare
io, «Bisogna festeggiare!» propongo abbracciandola.
«Oh, sì certo che lo
faremo!» dice stringendomi. «Ma per rendere la notizia
pubblica devo prima fare uno di quei test…sai, per essere più sicuri!»
«Va bene, ne hai già
comprato uno?» le chiedo.
«Sì…sono passata
prima da Diagon Alley e sono stata alla Medifarmacia. Mi hanno consigliato due
tipi di test. Questo qui credo sia babbano…mentre l’altro è normale.» Per lei che non è nata
babbana, gli oggetti magici vengono considerati ‘normali’.«Quale
pensi che debba fare per primo?» mi domanda incerta, con una
nota di emozione nella voce. Deve essere bello scoprire di aspettare un
bambino…wow…chissà se a me accadrà mai. Sospiro, prima di riprendermi dai miei
pensieri e chiedere a Ginny di mostrarmi le due scatolette contenenti i test.
Le esamino un attimo e poi dico:
«Quello babbano è un
sistema più veloce, entro 20 minuti ti da il responso». Lei mi fa un gran
sorriso, io le rispondo allo stesso modo. «Ma il risultato non è
completamente sicuro…» proseguo, «Quello
magico, invece, ci mette di più, qui dice che una notte dovrebbe bastare, ma il
suo risultato è quello definitivo.»
«Bene…allora faccio
prima il test babbano.» mi dice lei interrogativa, quasi a cercare
una conferma in me. Io annuisco sorridendole. Prende la scatola e se la rigira
tra le mani, quasi tremando.
Le faccio un occhiolino di incoraggiamento, e l’accompagno in
bagno. Mentre facciamo le scale le chiedo:
«L’hai detto già ad
Harry?»
«No, non ancora. Lui
non deve scoprire niente, è una sorpresa! Tu sei stata la prima a cui l’ho
detto.»
Le sorrido e lei non può saperlo, ma ora mi sento per la prima
volta di nuovo utile, dopo mesi. Ginny è in bagno da un bel po’, io sono
tornata a divorare il mio libro, di sotto. Sento un CRACK ben definito e mentre
alzo lo sguardo noto che due grandi occhi verdi mi guardano allegri.
«Harry!» dico urlando, in modo
che Ginny mi senta e non esca dal bagno. Se lei vuole mantenere la faccenda
segreta non deve fargli scoprire che è qui.
«Scusa se ti ho spaventata!»
mi
dice, forse insospettito dal mio tono di voce stridulo.
«Oh fa niente!», lo rassicuro io,
stavolta parlando normalmente. «Che ci fai qui?»
«Sono venuto a vedere
come ti sentivi…» mi dice scrutandomi con fare sospetto.
«Ron mi ha detto che
sei svenuta.» continua poi.
Ahia. Ma perché Ron non tiene mai quella boccaccia chiusa?
«Sto benone, ora!
Ah…e grazie di esserti preoccupato per me…Ron mi ha detto che gli hai
consigliato tu di accompagnarmi a casa.» dico con una nota di delusione sulla
voce. Cerco di abbozzare un sorriso, mentre sono ancora seduta sul divano.
Appoggio il libro che stavo leggendo sul comodino affianco a me e lo invito a
sedersi. Lui non fa troppi compimenti e si stravacca sul divano.
Mi guarda sospettoso, con fare da Auror. Cerco di ironizzare:
«Harry, guarda che
non sono un mangiamorte! Non guardarmi così!» dico ridendo.
«Oh sì lo so…» sorride apertamente
«Allora Ron ti ha detto così?» smette di sorridere e mi guarda
con un’espressione indecifrabile sul volto.
«S-sì»
balbetto.
Lui aggrotta le sopracciglia.
«C’è qualcosa che non
va, Harry?», domando incerta.
«No, no, niente.»,
ora mi sorride di nuovo.
Lo guardo perplessa e bofonchio un: «Se lo
dici tu!» e mi alzo sgranchendomi le gambe.
«Ti va una tazza di
the?» propongo in modo da potermi allontanare da lui e avvisare Ginny di
non farsi vedere, anche se credo che abbia già scoperto che lui è qui, dopo il
mio urlo isterico. Harry annuisce e poi si distrae un attimo armeggiando con
alcune chiavi. Perfetto. Salgo le scale in un batter d’occhio e sono in bagno.
Ginny non c’è. Provo ad andare in camera mia e Ginny è seduta sul letto, con in
mano un aggeggio di plastica bianco contenente un liquido blu. La guardo
interrogativa, mentre lei mi mostra meglio il test.
«Secondo questo sono
incinta.» dice raggiante, io corro ad abbracciarla forte e poi mi ricordo
di Harry.
«C’è Harry giù in
salotto…immagino che non debba vederti…»
Lei annuisce convinta: «No, non deve sapere che sono
qui! Sennò addio sorpresa! Mi raccomando tu, non spifferare niente!» io
annuisco divertita, lei si alza dal letto e mi schiocca un bacio sulla guancia.
«Vado a casa allora,
farò anche il test magico e poi ti mando un gufo per farti sapere…se è positivo
lo annuncerò domani a pranzo alla Tana, ci sarai vero? Ti prego dimmi di sì!» dice Ginny
congiungendo le mani a mo di preghiera, inscenando una faccia implorante, che
mi ricorda tanto quella di suo fratello quando mi chiedeva i compiti ad
Hogwarts.
Sospiro lievemente e poi annuisco ancora una volta sorridendole.
«Grazie! Grazie!
Grazie!» saltella come una bambina che ha appena ricevuto una caramella e
un attimo dopo si è smaterializzata.
Faccio mente locale e mi ricordo di Harry e del the…il mio amico
dovrà aspettare un altro po’. Mi smaterializzo direttamente in cucina per non
fare le scale e metto un tegame d’acqua sul fuoco. Aspetto che si riscaldi
abbastanza poi lo tiro fuori e verso l’acqua in due tazze, una azzurra e
l’altra rossa con i fiorellini, poi metto il filtro di the. Prendo goffamente
le tazze in mano e mi dirigo in soggiorno. Harry è ancora sul divano e si
rigira tra le mani una scatoletta bianca con le scritte verdi. Il test magico
di Ginny, l’ha dimenticato da me! Oh merda. Devo essere davvero sbiancata, lui
si è accorto della mia presenza.
«E-ecco
il the.» mormoro appoggiando la mia tazza rossa sul tavolo e porgendogli
quella azzurra, ostentando indifferenza per la scatoletta.
Harry mi guarda a bocca aperta e poi prende tra le mani la tazza
fumante. Io prendo posto su una sedia, di fronte a lui. Inizio a trangugiare
the, per non dover parlare, scottandomi la lingua e sputando un po’ di liquido
in una tosse fastidiosa. Harry se ne accorge e ridacchia in sottofondo.
Rimaniamo in silenzio per un altro po’, fino a che mi accorgo che la mia tazza
è vuota. Ora non ho più niente con cui distrarmi per evitare di parlargli.
Sconsolata la riporto in cucina e la metto sul lavello, per poterla lavare
dopo. Anche Harry ha terminato il suo the, prendo la sua tazza e la metto
affianco a quella mia, torno in soggiorno. A quanto pare Harry ha deciso di
rompere il silenzio.
«Hermione non è che
devi dirmi qualcosa?»
Cazzo. Cazzo. Cazzo. Lo so, io Hermione Granger, non sono di certo
una tipa volgare, ma stavolta non riesco a trattenermi.
«No, cosa dovrei
dirti?» Ti prego Harry, non il test, non il test!
«E questo cosa è?» dice riprendendo in
mano la scatoletta. Inizio a sudare freddo. Ginny ha tanto insistito perché non
dicessi niente…ora che mi invento???
«È…È…» provo a dire, ma non
riesco a proseguire sotto il suo sguardo sbalordito.
«Hermione, guarda che
so leggere! È un test di gravidanza!» mi accusa con un tono di rimprovero.
«Beh, lo so cos’è!» ribatto con voce
indispettita dal suo tono.
«E allora?» dice alzandosi e
parandosi davanti a me che sono seduta.
«Allora cosa?» replico fingendo di
non capire.
«Sei incinta?» dice riducendo gli
occhi in due fessure.
«NOOOO! Sei pazzo?» urlo sconvolta e in
preda al panico. In quell’istante dietro le spalle di Harry, fa la sua comparsa
una figura troppo conosciuta per passare inosservata ai miei occhi. Ron! Si
avvicina a me e ad Harry e sentendomi troppo sovrastata da quei due in piedi,
mi alzo anche io, purtroppo il risultato non varia di molto. Ron ha una faccia
che parla da sola: è sconcertato. Deve aver origliato l'ultima parte della
conversazione.
«Che ci fai qui?» dico strabuzzando gli
occhi e deglutendo.
«Ero venuto a vedere
come stavi…ma ora ho capito benissimo qual è il problema» , dice con un tono di
voce poco raccomandabile. Guai in arrivo.
«S-sei
davvero incinta? E non ci dici, non MI dici niente! Non una parola!» mi rimprovera Ron
respirando quasi affannosamente e guardandomi in cagnesco.
«Una buona volta Ron,
NON, e dico NON sono incinta!» urlo come una forsennata.
«Ma credevi di
esserlo!» dice Harry prendendo le parti di Ron.
Sento la furia entrare in circolo nelle mie arterie, come possono
solo pensarlo? Cerco di calmarmi. Decido di essere sincera con loro, anche a
costo di umiliarmi, ma non trovo altra via d’uscita.
Sospiro sentendo i miei occhi lucidi: «Come potrei? Ecco io…io…sono ancora vergine!»
Ron sembra essersi calmato. Harry sembra non capirci più niente.
Tutti e due, però, continuano a guardarmi a bocca aperta, pieni di stupore.
Stringo i pugni mentre le lacrime premono per uscire e corro in
camera mia sbattendo la porta.
Stupida,
Hermione, stupida. Non dovevo dirglielo, ora non la smetteranno più di
prendermi in giro e chiamarmi suora. Vaffanculo ad Harry, Ron e pure a Ginny, che
mi ha messo in questo casino. Stringo la federa del lenzuolo, come a volerla
strappare, mentre viene bagnata dalle lacrime a poco a poco. Sento qualcuno
bussare alla porta e con velocità incredibile prendo la bacchetta e faccio un
incantesimo di chiusura resistente anche all’Alohomora.
Bussano ancora.
«Hermione?» è Harry a parlare ma
deve esserci anche Ron, di sicuro.
Non
rispondo, non si aspetteranno di certo che lo faccia!
«Hermione stai bene?» Harry parla
pacatamente. Continuo a richiudermi nel mio mutismo, mentre tuffo il volto tra
le lenzuola per nascondere il rumore dei miei singhiozzi alle loro orecchie.
Come vuoi che stia, Harry? Di merda, ecco come sto!
«Herm!» stavolta è Ron a
parlare. «Va bene, non ci vuoi parlare, ma sono certo che puoi sentirmi.»
Che
cavolo vuole ora quell’imbecille? Ma lasciatemi in pace e basta! Voglio solo
starmene a piangere per qualche oretta finché gli occhi non me lo
consentiranno. Magari dopo non sarà cambiato niente, oppure avrò un peso più
leggero sul cuore.
«Ascolta…ti chiedo
scusa. Non potevo immaginare…io…»
Mi
alzo dal letto con furia, apro la porta di scatto e mi trovo davanti le facce
sbalordite dei miei migliori amici che sussultano sollevati, ma che tornano ad
un’espressione preoccupata non appena vedono il mio viso. Non voglio neanche
provare ad immaginare che aspetto abbia la mia faccia, ora.
«Fuori da casa MIA!» urlo guardandoli in
modo sprezzante per poi sbattere ancora la porta alle mie spalle.
«Hermione, apri! Per
favore, scusaci!» mi chiama Harry ancora sulla soglia della porta chiusa. Lui
è quello più paziente, non se ne andrà presto ,eppure spero che questa volta
riesca a capirmi. Non voglio vedere nessuno, preferisco crogiolarmi da sola
nella pena per me stessa e per la mia vita.
«Andatevene! Vi odio!»
urlo
da dentro la mia camera con voce strozzata dal pianto, mentendo. Loro non
replicano, probabilmente scossi. No, non li odio. Non potrei mai farlo, ma
tutta la rabbia che si è accumulata, mi ordina di prendermela con qualcuno,
chiunque esso sia, e lanciargli contro tutto il mio dolore.
Sento
dei mormorii, tuttavia riesco a sentire distintamente quello che Harry e Ron si
dicono.
«A quanto pare non
vuole saperne niente…» sussurra quello che credo sia Harry.
«Uscirà prima o poi!
Deve uscire cavolo!» e questo è Ron.
«Se vuoi proprio
saperlo potrei restare a vivere nella mia camera anche per il resto della mia
vita, per quanto mi riguarda! Perciò vi consiglio di sprecare il tempo per
qualcosa di più utile!» urlo con voce petulante, simile a quella con
cui spingevo Harry e Ron a fare i compiti 4 anni fa.
«Ma Hermione…» tenta Harry,
illudendosi di potermi convincere con le sue buone maniere.
«Non vi voglio
vedere, punto e basta. Ora andatevene.» dico a voce alta, tentando di chiudere
il discorso.
«Va bene, ce ne
andiamo! Ma domani ne parliamo!» mi intima Ron, con fare minaccioso, che
nonostante tutto non mi scalfisce minimamente.
«Non ritengo di dover
parlare di nulla con te, Ronald Weasley. Ora se non vi dispiace, gradirei
dormire in pace, senza due scocciatori che urlano fuori dalla porta della mia
camera. Sarà meglio per voi che ve ne andiate, altrimenti vi schianto a
ripetizione!» li minaccio con voce seria.
Ron
ed Harry sanno delle mie abilità negli schiantesimi e
nelle fatture orcovolanti. Li sento sussurrare troppo
lievemente perché questa volta riesca a sentirli. Un piccolo tonfo mi segnala
che se ne sono andati.
Tiro
un sospiro di sollievo accasciandomi sul letto e prendendo a pugni il cuscino.
Non ce la faccio a stare qui, mi sento soffocare. Decido di uscire di casa.
Scelgo solo una giacca di jeans da abbinare a quello che indosso già: una
maglietta colorata e un pantalone nero a sigaretta, con dei comodi sandali
bassi.
Cammino
mentre all’orizzonte un tramonto rosso fuoco si estende sotto la mia vista e mi
ricorda immancabilmente i capelli di una certa
persona. È colpa sua! È colpa sua se mi sono ridotta così! Se l’ho aspettato
invano per più di otto anni e lo aspetto ancora. È colpa sua e dello sfacciato
amore che provo per lui se non ho trovato nessun altro che mi faccia sentire
amata, che mi protegga, e perché no, qualcuno che faccia l’amore con me. E invece Hermione Granger, 21
anni, studentessa più brillante di Hogwarts, componente migliore del corpo
Auror, famosa in tutta l’Inghilterra, amica di Harry Potter il prescelto, colei
che ha ucciso BellatrixLestrange,
uno dei mangiamorte più temuti…udite udite è solo una
fallita. Una fallita innamorata persa del suo migliore amico, e nonostante
sappia tutto di lui, in undici anni che lo conosco non sono riuscita a
conquistarlo. Cosa c’è che non va in me? Perché posso essere solo Hermione l’amica brava, buona e
fedele? Seriamente Hermione, cosa hai fatto in 21 anni a parte combattere con
un numero imprecisato di mangiamorte?
Beh…sono
stata brava a scuola, ho preso il massimo dei voti ai M.A.G.O.,
ho un lavoro di prestigio al ministero, un sacco
di soldi, una villa con un giardino spazioso al centro di Londra e tanti amici che mi vogliono bene. Ma brava. Clap, clap. Può partire un
bell’applauso per Hermione Granger! Su! Più forte! Non sento, non sento, non
sento. Non voglio sentire. Non
voglio sentire questa marea di voci che sento dentro me. Quasi mi viene da
ridere pensando a quanto sono patetica. Penso a Ginny, distrattamente. E lo
ammetto. La invidio. Lei ha tutto ciò che desidera. Io, invece? Io ho tutto quello che si potrebbe desiderare,
ma infondo non ho scelto io il successo e la ricchezza, non l’ho desiderato.
Diciamo che mi è capitato. Cosa c’è di sbagliato in me? Magari sarò troppo
saccente, troppo permalosa, troppo isterica…troppo…vergine! Mentre Ginny, un anno più piccola di me, che veniva a chiedere
consigli a me, su come
comportarsi con Harry, ora è probabilmente incinta e non si potrebbe essere più
felici di lei. Sospiro fortemente, seduta su una delle panchine in un parco
deserto. Una folata di vento porta con sé un profumo molto simile al suo. E lo maledico mentalmente.
Perché
dannazione, è tutta colpa tua Ronald Weasley!
***
Do
un occhiata all’orologio: le due di notte. Cerco di accoccolarmi meglio sul
divano e rituffo la mia mano nella mega busta di patatine che ho in grembo.
Divoro tutto con soddisfazione, ingoiandolo direttamente e deglutendo un paio
di volte per mandare giù il boccone. Solo una fioca luce proveniente dalla TV,
illumina il soggiorno buio. Seguo distrattamente una soap opera smielata e
priva di gusto, parteggiando per la giovane protagonista, che si scaglia contro
una burbera e troppo apprensiva madre, cercando di convincerla a lasciarle
vivere la sua vita, via da quel paesino sperduto dove era nata. Infilo di nuovo
la mano nella busta di patatine e quando constato che sono finite, sento un
terribile senso di oppressione gravarmi sullo stomaco. Scoppio a piangere a
dirotto, un po’ per le patatine, un po’ per il non saper gestire delle
situazioni in apparenza così semplici. Hermione, calma, ragiona. Con un
assestato colpo di bacchetta, trafiguro una busta di patatine
alta quasi un metro, accogliendola con un gran sorriso tra gli occhi lucidi.
Ingoio le patatine con voracità, riconoscendo sulla superficie di ogni patata
dei tratti somatici a me famigliari, che riconducono una volta a Ron, una volta
ad Harry, una volta a Ginny e persino a Victor Krum! Rido delle idiozie che mi
sono passate per la testa e poi torno a focalizzare la mia attenzione sulla
telenovela di prima. Un’idea inizia a balenarmi in testa, mentre penso che
quella è la soluzione più intelligente che io abbia potuto mai trovare in una
sera del genere.
Soddisfatta
di me stessa spengo la TV e trascinandomi in camera mia, mi cambio indossando
una camicia da notte bianca e corta. Spicco un balzo sul letto. Sento il mio
respiro libero e sereno come non lo era da tanto. E mi addormento presto, senza
versare nessuna delle solite lacrime pre-sonno.
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Come al solito ringrazio tutti i miei lettori e
chi segue questa e le altre mie fan fiction!
Con le vostre parole mi rendete sempre
enormemente felice!
Volevo precisare, anche, che effettivamente lo
spunto per il test di gravidanza babbano e magico l’ho preso da un’altra fan
fiction che ora non ricordo, ma che se ritroverò non mancherò di citare.
Bye, Bye!
«Miss Granger!» Gracchia il Ministro
della Magia Scrimgeour, portando i suoi occhi da felino su di me che sono
appena entrata nel suo ufficio. Mi sento un tantino a disagio, ma non posso
certo darlo a vedere!
«Ministro, che
piacere vederla!» mento con voce sincera. Che brava attrice che sono! Beh,
non vorrei fare una brutta figura, perciò meglio che tenga la bocca chiusa il
più possibile, sono qui per una cosa importante.
«Il piacere è tutto mio,
miss Granger! Prego si sieda, non faccia complimenti!» dice indicandomi una
delle sedie, davanti alla sua scrivania. Mi siedo titubante sulla prima sedia a
destra e lo guardo accennando un sorriso.
«Allora a cosa devo
l’onore?» mi chiede il Ministro, sempre mantenendo i suoi modi galanti. Che
fa? Vuole corteggiarmi?
«Ho ripensato alla
sua proposta…e» mi fermo. Ne sono veramente sicura? Oh, andiamo, certo che sì!
«E?» mi esorta lui con un
sorrisino in faccia. Come fa a sapere che accetterò? Beh…forse visto che ho già
rifiutato, l’unico motivo per cui avrei potuto tornare da lui sarebbe stato
appunto accettare.
«E…» sorrido. Mi piace in
un modo incredibile tenere la gente sulle spine. «Accetto.»
dico con voce ferma e calma.
«Oh, mi fa davvero
piacere, miss Granger!» dice, mostrandomi un sorriso a 48 denti.
«Mi chiami pure
Hermione.» propongo io…se non si è già capito odio quel Miss Granger! Mi fa
sentire una bambinetta imbecille.
«Bene, Hermione» dice guardandomi
furbescamente da sotto gli occhiali. «Sarà perfetta, non ne dubito!»
Se lo dice lui! Su Hermione! Forza e coraggio, abbi fiducia nelle
tue capacità!
«Mi fido del suo
parere, Ministro.» dico sorridendo più sollevata. È andata. Per quanto non
sopporti quel tizio, gli sono grata dell’incarico. Infondo, non potevo
continuare ad autocommiserarmi per sempre…neanche per Ron. Ho una vita, e per
quanto schifosa sia, devo puntare al massimo.
Perché Hermione Granger ottiene sempre il massimo.
***
Mi congedo dal Ministro con un sorriso stampato in faccia che non
vuole andar via. Torno in ufficio e mi precipito direttamente alla mia
scrivania, ignorando gli sguardi interrogativi di Harry e Ron sul mio buon
umore. Non li ho ancora perdonati, per ora non mi va proprio. Hanno tentato in
ogni modo di rendermi partecipe ad una qualche conversazione, questa
stamattina, ma mi sono limitata ad un: “Sì, infatti” o ad un: “Oh, già”
totalmente disinteressato. Tamburello con le dita sul tavolo, fingendo di
leggere alcuni fascicoli che ho davanti agli occhi, sbirciando costantemente
l’orario. Attendo un gufo di Ginny, con il risultato del test di
gravidanza…uffa ma quanto ci mette? Ieri sera le rispedì la scatoletta
contenente il test magico, che aveva dimenticato a casa mia e che mi aveva
causato non pochi problemi! Bastava una notte e avrebbe avuto il responso…ma
una notte è passata! Oh Ginny! Quanto ci metti? Alzo casualmente lo sguardo e
vedo che Ron mi sta fissando intensamente. Quando vede che me ne sono accorta,
sembra riprendersi da un qualche tipo di trance e volge lo sguardo alle sue
scartoffie. Sospiro rassegnata. Finalmente quello che più attendevo arriva. Un
piccolo gufo grigio, atterra con grazia davanti a me e mi porge la zampetta
sulla quale è legata un foglietto di pergamena arrotolato. La curiosità mi sta
lacerando. Sfilo il nastro con cui la lettera era assicurata all’animale e
leggo avidamente:
Hermione!
Positivo, ci credi? Positivo! Oh mamma, non sai che emozione! Non
mi sento più le gambe!!! E oggi sarà anche il gran giorno dell’annuncio! Mi
dispiace per quello che è successo ieri…Harry mi ha raccontato. Non volevo
metterti in imbarazzo, non era mia intenzione, credimi, sul serio. Ti chiedo
scusa e ti prego non avercela con me! Voglio che tu sia partecipe della mia
felicità sin da ora, visto che questo bambino anche se non è ancora nato, ti
deve già molto. E ti deve tanto anche la sua mamma!!! Ci vediamo più tardi
allora.
Ti abbraccio, amica mia.
Ginny
Sorrido. Per quanto io mi sforzi, non riesco a portare rancore a
Ginny per più di 5 minuti.
«Novità?» mi chiede Harry, con
un sorriso titubante. Devo scegliere. Tenergli ancora il broncio o lasciare che
la felicità di questa notizia mi porti a perdonarlo? Okay…per il futuro papà la
penitenza è finita, non voglio rovinargli in alcun modo la giornata.
«Sì» sorrido, «Grandi
novità…!»
Vedendo il mio umore decisamente migliorato, Ron decide di
chiedermi di più, mi sorride. Oddio…no, non farlo. Tu non hai ancora scontato
la pena, mio caro, ma se mi sorridi in quel modo non rispondo più delle mie
facoltà mentali. Deglutisco e riprendo il controllo.
«Beh…perché non ci
dici di che si tratta?» mi chiede con un filo di timore. Sì, Ron
Weasley, fai bene ad aver paura, non ti ho ancora perdonato!
«Uno: non sono affari
tuoi. Due: mi riservo la facoltà di non risponderti per non rovinare il mio
ritrovato buon umore.» dico guardandolo fredda e glaciale.
A questo punto, Ron, dovrebbe sbuffare e lasciare perdere il
discorso e invece con mio grande stupore non lo fa. Non mi sento affatto
tranquilla.
Si avvicina con grandi falcate alla mia scrivania e appoggia le
braccia sul tavolo facendomi sobbalzare e incatenando i suoi occhi con i miei.
È arrabbiato, i suoi occhi sono furenti. Harry si dilegua fuori dall’ufficio
borbottando una scusa che non riesco a sentire, probabilmente ha sentito
l’odore dell’imminente litigata che ci sarà tra me e Ron e ha deciso di non
prendervi parte neanche come spettatore. Perfetto, ora siamo soli.
«Hermione, basta, ti
ho chiesto scusa, hai finito di tormentarmi, no?» Ennò, caro. Io ti
tormento quanto mi pare e piace. Tu mi tormenti ogni notte, nei miei sogni,
quindi se posso prendermi questa piccola rivalsa nella realtà non me la faccio
sfuggire di certo.
«No, non ancora.» ghigno cupamente in
stile Malfoy. Ron, continua a fissarmi imperturbabile, con uno sguardo talmente
intenso da riuscire a confondermi. Quel blu profondo delle sue pupille ha
effetto ipnotizzante su di me.
«Scusa, lo ripeto…Mi
perdoni?» dice addolcendo lo sguardo. Sembra un tenero cucciolo in cerca di
affetto. Perché? PERCHÉ DIAVOLO DEVE ESSERE COSÌ IRRESISTIBILE? Abbasso lo
sguardo sulle scartoffie, no, non riuscirà a convincermi così facilmente. Mi ha
umiliata e la ferita è ancora troppo calda, brucia ancora.
«Non per ora.» dico fermamente senza
guardarlo.
«E perché?» dice spazientendosi
di nuovo. «E guardami quando parlo, Hermione!»
Mi volto verso di lui e gli mostro uno sguardo rabbioso. Addio
buon umore!
«Perché? Tu mi chiedi
perché? Mi hai umiliata, Ronald, non te ne rendi conto, forse?» sibilo alzandomi
dalla sedia per apparire più minacciosa, nonostante Ron sia molto, anzi troppo,
più alto di me.
«Ma non volevo!
Hermione io non sapevo…che beh…quello…appena Harry ti ha chiesto se eri incinta
mi è salito dentro un moto di rabbia, insomma…un bambino è una cosa
importante…mi sono infuriato al solo pensiero che tu potessi tenercelo
nascosto…che potessi averlo tenuto nascosto a me!» si giustifica
guardandomi ancora profondamente. Nei suoi occhi vedo la sincerità…ed è una
cosa disarmante. Io non so più che rispondergli. Ma Ron, diavolo! Ragiona, non
sono mai uscita con nessuno! Con chi potevo avere un bambino?!
«Non mi spiego come
tu abbia potuto anche solo pensarlo lontanamente…e poi non avrei potuto mica
rimanere incinta senza un ausilio e tu dovresti sapere bene che non sto uscendo con
nessuno, ultimamente.» sospiro con la mia solita voce da so-tutto-io, la rabbia
sta scivolando via. Vedo Ron irrigidirsi. Apre la bocca un paio di volte ma non
ne esce alcun suono. Messo di fronte all’evidenza dei fatti, si è accorto di
essere nel torto.
«Non…non ci ho
pensato. Questo dimostra ancora una volta che sono solo uno stupido
imbecille, va bene? Uno stupido imbecille che viene ogni volta a chiederti
scusa strisciando. Forse non te ne rendi conto, ma mi umilio anche io.» Abbasso lo sguardo e
un gran senso di colpa si fa strada in me. Io e il mio dannato orgoglio. Una
parte di me vorrebbe stringerlo forte ora, fino a togliergli il fiato, per
provare ad immaginarlo anche solo per un secondo come mio. Una parte di me,
invece, vorrebbe schiaffeggiarlo urlandogli addosso tutto il mio dolore
represso, nei suoi confronti. Mi sento quasi tremare, le lacrime iniziano a
rigarmi il viso inconsapevolmente mentre fisso una mattonella nei minimi
dettagli. Una lacrima, scende giù fino all’orlo del mio mento e da lì spicca un
volo nel vuoto, cadendo proprio sulla mattonella sulla quale ho riposto il mio
interesse. Due grandi braccia mi stringono forte le spalle, mentre la mia testa
prende posto sul petto di Ron, che ora mi accarezza i capelli. Rimango
assolutamente immobile in un primo momento. Dio, come sto bene. Potrei toccare
il cielo con un dito! Alla fine, cedo al suo abbraccio e mi aggrappo a lui più
forte, mentre singhiozzo ancora inconsapevolmente.
«Hermione,
dannazione, lo vuoi capire che non c’è niente di sbagliato in te?»
sussurra
piano e con una voce dolcissima avvicinandosi al mio orecchio. Come lo sa? Come
fa a saperlo che ho pensato quello per tutta la notte?
«Anche se mi fai
incazzare due giorni sì ed uno no, nessuno potrà essere mai meraviglioso quanto
te.» dice nello stesso tono di voce stringendomi di più a sé. Quasi in
un modo possessivo. Rabbrividisco al significato delle sue parole. «Non
sentirti in imbarazzo per quella cosa, non hai nulla di
meno alle altre. Nulla, anzi.»
Per quella cosa, so di per certo che si riferisce alla mia
verginità. Mi stacco dalla sua stretta dopo un minuto di perfetto silenzio. Lo
guardo con gli occhi ancora lucidi e gli sorrido grata.
«Gra-grazie.» balbetto tirando su
col naso.
Lui mi sorride con un sorriso ampio e poi mi asciuga una lacrima
superstite con un pollice, carezzandomi la guancia. L’entrata di Harry ci fa
sussultare entrambi. Ron toglie subito la mano dalla mia guancia, io mi sistemo
il trucco, sbavato dalle lacrime. Vedo Harry spostare con un sorrisino lo sguardo
da Ron a me.
«Possiamo
considerarci perdonati, allora?» mi chiede sorridendomi e anche Ron mi guarda
allo stesso modo. Come faccio ad essere arrabbiata con loro? Voglio dire sono
due gran zucconi, impiccioni e scansafatiche…ma nonostante tutto li trovo
comunque adorabili. Trovo adorabile soprattutto Ron, se non si fosse capito…
Annuisco sorridente con ancora gli occhi un po’ bagnati e Harry
viene ad abbracciarmi fraternamente. Un abbraccio diverso da quello precedente,
anche per le emozioni che mi trasmette. Quando ci stacchiamo, poco dopo, Ron ci
fissa con un sopracciglio inarcato.
«Harry da quando in
qua abbracci Hermione? Quello spetta a me!» dice con un tono
all’apparenza infastidito, ma credo stia bluffando.
«Brutto egoista! Avrò
anche io il diritto di abbracciarla, no? È pur sempre la mia migliore amica!» ribatte Harry
appoggiando un braccio sulla mia spalla. Ridacchio alle loro battute in stile
coniugi sposati da 30 anni.
«Ma quanto sei
sfacciato! Lasciala! Tu hai Ginny, e se la fai soffrire sai cosa ti succederà!»
dice
Ron con fare minaccioso, irrompendo e staccando il braccio di Harry dalla mia
spalla, per poi ospitarmi interamente tra le sue braccia, con una mano sulla
mia testa e l’altra sui miei fianchi. La mia guancia aderisce al suo petto e la
mia palpitazione aumenta di intensità, mentre il suo profumo mi intontisce, ma
stavolta non svengo. Sento un rumore aritmico di sottofondo. Un susseguirsi di
“bum, bum” infinitamente veloci, che riconosco essere i battiti del suo cuore.
Veloci quanto i miei. Ma allora anche lui…? No! Hermione, che vai pensando…
Harry dietro di noi, ridacchia e risponde a Ron «Tu
piuttosto sai che ti succede se fai qualcosa ad Hermione!»
Mi stacco da Ron, lui grugnisce quasi contrariato ma non ci faccio
caso più di tanto, guardo l’orologio e sgrano visibilmente gli occhi: «Ron,
se tua madre non ci vede arrivare entro 2 minuti, ci invierà delle
strillettere!»
«Oh santo cielo! Il
pranzo, come ho potuto dimenticarmene!» effettivamente, Ron non dimentica mai
di mangiare, è una delle sue priorità!
Io, lui ed Harry ci dirigiamo fino alla sezione per le
smaterializzazioni e in un batter d’occhio, eccomi dopo mesi, di nuovo davanti
alla porta d’ingresso della Tana.
Tempo
di un battito di ciglia e io, Harry e Ron ci siamo smaterializzati nel cortile
della Tana, dato che le smaterializzazioni in casa
sono proibite per motivi di sicurezza. Percorriamo il vialetto di ghiaia fino
ad arrivare sulla soglia di casa. Ron suona il campanello controllando
l’orologio.
«Siamo in perfetto
orario! La mamma non dovrebbe aver nulla da ridir-»
Una
sorridente signora Weasley appare sulla porta, interrompendo Ronald.
«Ragazzi! Su presto
entrate! Il pranzo è pronto, mancavate solo voi!» dice scoccando un
occhiata torva a suo figlio, che una volta fuori dalla vista di sua madre si
batte la fronte con fare disperato. Io ed Harry ridacchiamo all’unisono e ci
dirigiamo in sala da pranzo, dove un’ampia tavolata e un altrettanto ampia
stola di ospiti, ci saluta calorosamente.
***
Sorrido
a quella che ormai è l’unica
famiglia che possiedo. Un fastidioso groppo si fa strada nella mia gola al
pensiero dei miei genitori, ma cerco di cacciarlo via bevendo un sorso d’acqua
e affogandomi quasi. Ginny alla mia sinistra, accanto ad Harry batte forte con
una mano sulla mia spalla guardandomi sospettosa, io le rispondo con un sorriso
forzato tra la tosse. Ebbene sì, la guerra ha segnato in profondo ognuno di
noi. Gli effetti li posso vedere anche davanti a me, dove il signor Arthur Weasley, ormai paralizzato dal bacino ai piedi a
causa della maledizione cruciatus, intinge il
cucchiaio nella deliziosa minestra di zucche di Molly. Sposto lo sguardo su un
indaffaratissima Tonks, i capelli di un cupo viola scuro, che sta imboccando il
piccolo Jake con cura. Sorrido guardandolo meglio e
riconducendo gli occhi del bimbo a quelli di suo padre Remus,
anche lui vittima della guerra, caduto per aprire la strada verso Voldemort ad
Harry. Ricordo, proprio come se fosse ieri, la disperazione di Harry, e il
senso di colpa tremendo che gravava sulle sue spalle per la tragica sorte di
alcuni di coloro che avevano combattuto fianco a fianco a lui. I mesi seguenti
la caduta di Voldemort furono terribili: la guerra magica era ormai un capitolo
chiuso, eppure il dolore annebbiava le viste di tutti noi, al punto dal credere
che non avremmo trovato mai più la pace. Flash di terribili istanti mi piombano
in mente, finché non vedo tra la minestra delle fiamme. Fiamme che avvolgono
una casa di un quartiere babbano, e che poi dilagano all’intero isolato. Quella
casa era casa mia. Un ghigno cupo di alcuni mangiamorte e poi incantesimi
sparati a raffica. Non ero più consapevole di ciò che stavo facendo, fatto sta
che volevo vendetta e vendetta avrei avuto. Mi asciugai gli occhi ricolmi di
pianto e urlai di dolore e disperazione. No, loro non lo meritavano! Nessuno di
quei babbani lo meritava! Uccisi, per la prima volta nella mia vita. Uccisi BellatrixLestrange, prima che
lei potesse uccidere me.
***
Le
fiamme scompaiono dalla mia visione e torno mentalmente al pranzo. Tutti i
presenti chiacchierano allegramente del più e del meno. Nessuno sembra essersi
accorto del mio temporaneo viaggio nel passato. O almeno è quello che avrei
pensato fino ad un secondo fa. Alzo la testa e incontro gli occhi di Ron,
tremendamente azzurri che mi scrutano apprensivi. Sta per chiedermi qualcosa,
evidentemente come sto, ma Molly lo precede:
«Allora, Hermione
cara, è da un bel po’ che non ci vedevamo!»
«Già! E che siamo
stati pieni di lavoro ultimamente, solo ora abbiamo una tregua dopo mesi!» le rispondo accennando
un sorriso, ancora parzialmente immersa nei miei ricordi.
«L’importante è che
tu sia qui e ne siamo felicissimi.» commenta in tono materno che mi ricorda tanto
la mia, di mamma.
«La ringrazio tanto
dell’invito, qui mi sento davvero a casa.» Pienamente a casa,
aggiungerei.
«Puoi venire quando
vuoi, non c’è bisogno che ti inviti, cara, piuttosto ti prego di darmi del tu,
mi fa sentire vecchia! Beh sì, lo so di avere già 5 nipotini, ma sai
com’è…l’importante è sentirsi giovani dentro!» dice raggiante la
signora Weasley e un secondo dopo sento delle risatine provenienti da sinistra.
Individuo subito Ron, George e Charlie che tentano di nascondersi allo sguardo
della madre, invano.
«E voi che avete da
ridere, sentiamo!» strilla in tono impettito Molly.
«Ridere? Chi, noi?» domanda Charlie con
un’espressione innocente. Ron e George assumono la stessa espressione, facendo
gli occhini dolci.
«Ma che ho fatto di
male per avere questi disgraziati come figli?!» dice Molly alzandosi
per poi sparire in cucina e prendere le altre portate.
«Beh…secondo me Molly
è davvero un tipo giovanile.» commenta Harry e io annuisco. George e Charlie
sbuffano, mentre Ron si avventa in un secondo sul piatto di pollo e patate che
è appena comparso davanti a noi. Scuoto la testa divertita al comportamento del
mio amico. Lui vede che lo sto guardando con una strana espressione dipinta in
faccia e mi chiede con ancora la bocca piena: «Perché mi guardi così?»
«Perché ho davanti un
mago che ha la grazia di un ippogrifo non
ammaestrato, quando mangia.» ridacchio impugnando per bene le posate e
mostrando a Ron come mangiare correttamente. Lui sbuffa ingoiando un altro
boccone e bevendo un grosso sorso d’acqua.
«Non era nel mio
intento essere aggraziato.» commenta facendomi il verso con voce
insolente.
Inarco
un sopracciglio insospettita dalla sua risposta, ma la voce di Ginny irrompe
squillante raccogliendo l’attenzione di tutti. Io sorrido ampiamente sapendo
già di cosa si tratta, mentre gli altri guardano Ginny assolutamente perplessi.
Noto un’espressione stupita anche sul volto di Harry che a quanto pare non sospetta
proprio nulla.
«Bene, ehm, visto che
la famiglia è tutta riunita avrei un…ecco un annuncio da fare a tutti voi…è una
cosa piuttosto importante, perché sì insomma io…» dice la piccola di
casa Weasley, sorridendo timidamente. Cerca il mio sguardo per ottenere un
appoggio e io la guardo fermamente di rimando per infonderle sicurezza. Sembra
funzionare.
«Non sarai mica
incinta, Ginny?» irrompe George in modo scherzoso, «Perché l’ultima volta che hai
fatto questo tipo di annuncio, hai detto che ti saresti sposata con Harry…quindi
tirando ad esclusione adesso manca solo che ci annunci di essere incinta! Eheheh! Improbabile, vero?»
Alla
domanda di George, però, nessuno osa fiatare.
Ginny
si immobilizza perdendo tutta la sua sicurezza con 15 teste voltate verso di
lei. Harry impallidisce boccheggiando come un pesce. Ron con le sopracciglia
aggrottate ha gli occhi puntati su Ginny, come se volesse cavagli fuori la
verità da solo, (cosa pressoché impossibile, visto che è nota a tutti la sua
scarsa abilità in Legilmanzia), Molly e Arthur hanno smesso di mangiare ed hanno ancora le posate a
mezz’aria. George perde il suo solito ghigno e si mostra anche lui molto
preoccupato. Come diamine faceva a saperlo?! Ginny si volta di nuovo verso me
con un’espressione di terrore in volto, del tipo: “Non volevo che venissero a
saperlo proprio così.” La vedo
prendere un respiro profondo e mordersi le labbra, per poi confessare: «Beh…sì…sì
è così!» esclama entusiasta. Un secondo di assoluto silenzio
precede le urla di gioia dei presenti, tutti si voltano irrimediabilmente verso
Harry che fissa Ginny con sguardo vacuo.
«S-sei
incinta?» chiede alla sua ragazza in un sussurro.
«Sì, papà!» saltella sprizzante di
gioia la futura mamma.
«Papà…» mormora Harry prima di
finire indietro con la sedia, scomparendo alla mia vista.
Ginny
si accovaccia su Harry e lo stesso fa Molly. Harry è svenuto a terra, lo
sollevo con un incantesimo e lo poggio su un morbido divano del soggiorno.
«Harry! Harry!»chiama
Ginny preoccupata.
Harry
apre gli occhi come un automa, sbatte le palpebre un paio di volte guardando
me, Ginny e Molly che lo fissiamo dall’alto. Emette un mugugno incomprensibile,
prima di dire: «Ma che diamine…?»
«Harry! Sei svenuto
appena hai saputo che sono incinta!» notifica Ginny tenendogli la mano e scrutandolo
apprensivo. Harry spalanca gli occhi, scioccato. Non mi dire che sviene di
nuovo!
«Che-che
c’è non…non lo vuoi?» sussurra Ginny con voce rotta. Molly alla sua destra
trattiene il fiato portandosi una mano davanti alla bocca.
«No, io…no! Cioè sì!» balbetta Harry in
evidente stato confusionale.
Ginny
reprime un singhiozzo mentre i suoi occhi si stanno riempiendo di lacrime.
Anche io resto impalata dinanzi al mio migliore amico, in attesta di una sua
risposta più esplicita. Infondo Harry ha solo 21 anni, Ginny ne ha 20…sono
ancora giovanissimi, ma non è che ci sia un’età specifica per queste cose…sono
cose che accadono e basta, no?
«Basta, ho capito.» dice Ginny alzandosi e
tirando su col naso. Afferra la sua borsa e la sua giacca di lino e si smaterializza
prima che qualcuno possa fare qualsiasi cosa per fermarla. Molly è anch’essa
scomparsa dalla scena. Ci siamo solo io ed Harry. Lo guardo in modo severo, per
trasmettergli tutta la mia delusione. Da lui proprio non me l’aspettavo! Povera
Ginny!
«Era suo il test che
ho trovato a casa tua?» mi domanda Harry con voce flebile e gli
occhiali storti sul naso.
Annuisco.
Lui si aggiusta gli occhiali e scatta in piedi, barcollando un po’. Lo afferro
per un braccio, quando lui mi assicura di star bene con un gesto della mano.
«Cosa hai intenzione
di fare?» domando in tono di rimprovero per il suo comportamento di poco fa.
«Andare a riprendermi
mia moglie e mio figlio.» afferma un secondo prima di smaterializzarsi
regalandomi un grosso sorriso, da me subito ricambiato. Davanti a me ora c’è
solo un divano vuoto. Ci sprofondo sopra, sospirando soddisfatta…o quasi. Mi
rialzo subito, per tornare in cucina e annunciare che tutto si sia sistemato.
Appena entrata nella stanza, tutti si zittiscono per guardarmi con fare
interrogativo.
«Risolveranno tutto
tra di loro, ne sono convinta.» dico tornando al mio posto a tavola.
«Ma Harry…» irrompe Molly con gli
occhi lucidi.
«Oh, era solo un po’
scioccato per la notizia, ma è felicissimo!» le rispondo notando il
palese sollievo sul viso della signora Weasley.
«Bene lo sapevo che
Harry sarebbe stato contento di essere padre! Qualcuno dovrebbe prendere
esempio da lui!» esclama Molly lanciando un occhiata in tralice a Ron,
l’unico dei suoi figli che non ha messo ancora su famiglia. Un secondo dopo mi
sento osservata, e noto appunto Tonks e Arthur
Weasley ridacchiare, mentre spostano lo sguardo da me e Ron. Sono assolutamente
certa che le mie guance abbiano assunto una tonalità cremisi molto accesa. Ron
invece cerca di non guardare nessuno in particolare, fissando il soffitto sopra
di lui. Una cosa, però, mi dice che non sia indifferente a tutto questo: il
rossore sulla punta delle sue orecchie. Mi viene quasi da sorridere al pensiero
che Ron, ormai, sia come un libro aperto per me, riesco a leggere ogni suo
gesto.
***
«Mh,
delizioso questo intruglio babbano…come hai detto che si chiama?» mi chiede Arthur Weasley, mentre poggia sul tavolo una tazzina, ormai
vuota.
«Caffé!» esclamo sorridendogli.
«Mi sento più sveglia,
più pimpante!» dichiara Tonks dopo aver bevuto la sua porzione di caffé, i capelli di un viola più chiaro. «Ultimamente
ho talmente tanto da fare con Jake e con il lavoro al
ministero che non ho più un attimo di tempo!»
«Infatti il caffé contiene caffeina, che aiuta a mantenersi svegli.» dice Ron, il quale
conosce il caffé e le sue proprietà da un bel po’ di
tempo, grazie a me.
«C’è una novità che
vorrei comunicarvi.» inizio sorridendo ai presenti. Qualcuno si irrigidisce al
pensiero dell’annuncio di Ginny, ma sono subito rassicurati dal mio sguardo
sereno e del tutto diverso da quello di qualcuno che sta per annunciare alla
propria famiglia una gravidanza. «Il ministro Scrimgeour mi ha
proposto di diventare la testimonial del Ministero
Della Magia.»
«E che gli hai
risposto?» chiede Ron scrutandomi con un’espressione indecifrabile.
«Ho accettato…in
pratica sarò presente ad ogni convegno e presterò la mia immagine anche per i
manifesti del ministero.» dico sorridendo leggermente imbarazzata.
George
fischia e poi esclama: «Wow! La nostra Hermione diventerà una
celebrità, più di quanto non lo sia ora!» Tutti i presenti si
congratulano con me regalandomi grandi sorrisi. Solo Ron se ne sta in disparte
a guardare la scena.
***
Ho
salutato tutti i presenti alla Tana, promettendo a Molly Weasley di tornare
presto a trovarla. Ron si è offerto di accompagnarmi a casa. Ha insistito fino
all’esasperazione, per convincermi a prendere l’autobus, piuttosto che
smaterializzarci direttamente. E’ seduto accanto a me, i capelli arruffati dal
vento che penetra dal finestrino e gli occhi azzurri persi nel vuoto del
panorama esterno. Resto a guardarlo, impedendomi di provare qualsiasi emozione,
ma è tutto inutile. Lui è il mio magnete e io sono la calamita. Tutto di lui mi
attrae, non ci sono regole, né c’è una spiegazione precisa. Succede e basta. Si
volta a guardarmi tutto pimpante per il suo primo giro in autobus.
«Caspita che figata!» esclama emozionato.
«Sapevo che ti
sarebbe piaciuto!»
Mi
scruta per qualche altro secondo. Il sorriso scompare dalle sue labbra.
«Perché vuoi farlo?» mi chiede con
espressione corrucciata.
«Fare cosa?» Non capisco proprio a
cosa si riferisca!
«Il fatto della testimonial…» sussurra con tono di voce per me
irrimediabilmente sexy.
«Beh…voglio
dimostrare a tutti che non sono più solo una secchiona…voglio sentirmi in
qualche modo bella...» ammetto fissandomi le scarpe, mentre il pullman continua
il suo percorso attraverso la città.
«Ma tu sei bella,
Hermione! E non devi dimostrarlo a nessuno! Hai tante qualità!» commenta Ron,
facendomi arrossire. Torno a guardarlo e mi specchio in quelle pozze chiare.
Beato lui…riesce a elargire complimenti in modo così noncurante e non ha la
minima idea dell’effetto che le sue parole facciamo su di me.
«Il tuo parere è un
po’ di parte, Ron…ma ne sono convinta…voglio farlo!» dico sorridendogli
grata.
«Beh in questo
caso...buona fortuna allora.» conclude Ron, voltandosi e tornando a fissare
il finestrino alla sua sinistra.
Che
strano…perché sembra essere improvvisamente così distante adesso?
Capitolo 6 *** Preparazioni per la serata di Gala ***
UN DISPERATO BISOGNO DI TE
UN DISPERATO BISOGNO DI TE
CAPITOLO VI: Preparazioni per la serata di
Gala!
“FESTA DI GALA AL MINISTERO! TUTTI I DIPENDENTI MINISTERIALI SONO
INVITATI LA SERA DEL 3 LUGLIO ORE 20.00, PER PARTECIPARE ALLA FESTA DI GALA, IN
ONORE DEL CINQUANTASEIESIMO COMPLEANNO DEL MINISTRO SCRIMGEOUR E DELLA NOMINA
DELLA NUOVA TESTIMONIAL DEL MINISTERO MAGICO, IL COMANDANTE AUROR HERMIONE
GRANGER. SARANNO PRESENTI NUMEROSI PERSONAGGI DI
SPICCO DEL MONDO MAGICO CHE RESTERANNO IGNOTI FINO AL GIORNO DELLA SUDDETTA
SERATA. SI CONSIGLIA UN ABBIGLIAMENTO ELEGANTE.”
Leggo
svogliatamente uno dei tanti manifesti affissi sulle pareti del ministero.
Accanto, un cartellone scarlatto raffigurante me, mi sorride indicando lo
stemma del Ministero della Magia, un calderone sormontato da due bacchette
incrociate a mo di X. Sospiro pensando che infondo non sono venuta male…no,
anzi! Distolgo l’attenzione dalle pareti e mi focalizzo sui miei doveri.
Stamattina c’è l’incontro con le nuove reclute Auror e il mio compito è
mostrare un po’ loro il lavoro al ministero e elencare i pericoli e i doveri che
li aspettano. Sbuffo ai miei compiti di ordinaria quotidianità e incrocio
Lizzie McGregor che mi si affianca salutandomi
cordiale, io faccio lo stesso rivolgendole un sorriso.
«Oh comandante! Sono molto
contenta di poterle essere utile!» squittisce eccitata la ragazza biondina
accanto a me.
«Credo che tra un po’ non sarai
più della stessa idea…» commento leggermente tetra.
Lizzie si acciglia guardandomi spaventata. Io sghignazzo tra me e me e apro la
porta dell’aula dove è previsto l’incontro con le reclute. Una sorta di boato
accoglie me e la mia collega appena entrate. Un chiasso che all’esterno non era
percepibile, viste le pareti insonorizzate. Più di 30 giovanissimi aspiranti
Auror si presentano alla mia vista, mentre chiacchierano, si lanciano cartacce,
scherzano, senza accorgersi del mio arrivo. Lizzie mi guarda basita e io
ricambio il suo sguardo accompagnandolo con un gesto della mano, quasi come
volessi scacciare delle mosche fastidiose.
«Ehm, ehm» tossisco un po’ per
attirare l’attenzione.
Tutti si voltano verso di me con occhi sgranati, alzandosi automaticamente in
piedi. Si saranno sicuramente accorti che urlare come selvaggi al primo
incontro di addestramento, non è il modo migliore per conquistarsi le simpatie
dei superiori. Sorrido sadicamente a tutti coloro che in questo momento mi
stanno guardando spaventati…beh…sono una strega in tutto e per tutto! Vedrete
se Hermione Granger non vi farà rigar dritto!
***
Stasera c’è la festa al ministero, sono agitatissima! Avrò tutti gli sguardi
dei presenti puntati addosso, perché sarà resa ufficiale la mia carica di Testimonial del Ministero.
Ma che testarda che sei, Hermione! Idiota di un’ orgogliosa che non sei altra!
Ho rifiutato
l’aiuto di Ginny, che si era gentilmente offerta di aiutarmi con il make up,
sostenendo di non aver bisogno di niente di troppo ricercato ed elaborato per
stasera. E invece ne ho bisogno! Devo assolutamente essere perfetta, anche per
lui o meglio, soprattutto!
«GINNY!» urlo dalle braci del
mio camino, comparendo in quello del salotto di Ginny ed Harry.
Ginny accorre
visibilmente preoccupata richiamata dalla mia voce: «Che è
successo?»
«Devi aiutarmi, Gin!»
Sulla faccia della mia migliore amica appare un sorrisone furbetto dello stile:
“lo-sapevo-che-non-potevi-farcela-senza-di-me” e la
cosa che mi fa più rabbia è che ha perfettamente ragione!
***
«Hermione, per la barba di Merlino, vuoi stare ferma?» mi
urla Ginny, mentre traffica con i miei capelli applicando una pozione per
rendere definita la massa cespugliosa di boccoli castani che mi ritrovo.
«Ma non ci riuscirai mai! Sono un
disastro!» piagnucolo muovendomi in preda al panico, ancora un po’ di più
sulla sedia dove sono seduta.
«Herm, scusami ma devo proprio
farlo!»
«Cos…?» cerco di chiedere ma
un’altra voce mi precede.
«Pietrificus
totalus!» Dannazione! Ginny mi ha pietrificata!
«Oh, ecco, finalmente posso
lavorare in pace!» sospira Ginny guardando nello specchio la nostra immagine
riflessa. Impossibilitata nel mandarla a quel paese, roteo gli occhi verso lo
specchio, cercando di guardarla nel peggior modo possibile e trasmetterle la
mia collera in questo momento. Ginny se ne accorge e ridacchia sonoramente,
prendendo a canticchiare una fastidiossima canzone
babbana. Io come al solito non posso fare altro che guardare quello che la mia
migliore amica alle mie spalle, sta combinando ai miei capelli. Ginny spalma
abilmente su tutto il cuoio capelluto la pozione definente, arricciando i
capelli con le mani fino alle punte. Devo ammetterlo, sta facendo un buon
lavoro. Buonissimo, oserei dire!
Dopo più di una mezz’oretta non riconosco i miei capelli. Scioccata, chiudo e
riapro gli occhi sorpresa, ma l’immagine che mi si presenta davanti è sempre la
stessa: il riflesso di Ginny, sorride soddisfatto e i miei capelli…i miei
capelli…sono delle onde marroni, perfette! Se potessi parlare emetterei un gridolino di gioia! “Su Ginny! Che aspetti?! Sciogli
l’incantesimo, ormai hai finito!” vorrei dirle, ma nessun suono proviene dalla
mia bocca. Guardo Ginny, per quello che posso, con l’espressione più
interrogativa che mi riesce in questo momento.
«Non ho ancora finito! Dimentichi
il trucco, forse?» sorride la ragazza dai capelli rosso fuoco davanti a me,
correndo a prendere un misterioso beauty case blu. Non mi ero assolutamente
chiesta cosa contenesse quando Ginny è arrivata, ma ora la cosa mi preoccupa
davvero. Pensa seriamente di truccarmi? Ma non è possibile, lo sa che odio il
trucco! GINNY! Voglio urlare, voglio urlare, voglio urlare! Mentre all’esterno,
al contrario del tumulto interno, sono perfettamente immobile come una statua
di marmo, Ginny inizia a passarmi un leggero strato di cipria sul volto. Ma
dico, è impazzita?! Vuole che la mia faccia diventi una maschera di cera?
Continuo a maledire mentalmente la mia “amica”, lanciandogli occhiate di
traverso, ma lei continua imperterrita nel suo lavoro.
«Chiudi gli occhi!»
Obbedisco al suo ordine e lei passa un leggero strato di ombretto grigio perla
sulla palpebra superiore, sfumandolo verso l’arcata delle sopracciglia. Infila
di nuovo le mani in quel beauty case, pieno di odiosi cosmetici e ne tira fuori
il mascara più altri piccoli cilindri ignoti, che sospetto essere dei rossetti.
Serro di nuovo gli occhi, senza che ce ne sia il reale bisogno, per non guardare
ed evitare di innervosirmi ancora di più. Ginny prosegue imperterrita per un
altro paio di minuti, sento solo il lieve tocco delle sue dita sul mio viso e
questo mi aiuta un po’ di più a scaricare la tensione accumulata.«Et voilà!» apro di scatto gli occhi, pronta
al peggio e…per la seconda volta Ginny mi stupisce! La tonalità dell’ombretto è
molto più chiara di quello che avevo pensato e si adatta perfettamente alla mia
carnagione, il rossetto di un chiarissimo rosa salmone, risalta le mie labbra,
ora non più screpolate.«Beh allora, che ne dici?» mi
chiede Ginny, apparentemente inconsapevole del fatto che non posso risponderle
in questo momento e fin quando non si deciderà a liberarmi!
«Ops, quasi dimenticavo…FINITE INCANTATEM!» dice puntandomi
contro la bacchetta e io finalmente, riprendo pieno possesso del controllo del
mio corpo e della mia voce. Mi specchio e un’espressione raggiante mi si
dipinge in viso, per poi saltare direttamente al collo della mia migliore
amica, abbracciandola forte. Ginny risponde al mio abbraccio, dopo un primo
minuto di incertezza.
«Che paura! Pensavo mi avresti
uccisa una volta liberata!» confessa quando ci stacchiamo.
«Volevo farlo, effettivamente…» – sogghigno e Ginny
finge un’espressione terrorizzata – «ma devo ammettere che hai fatto
un ottimo lavoro e perciò ti perdono!»
«Menomale, sennò come faresti
senza di me?» ridiamo tutte e due, ebbene sì, ha proprio ragione!
***
Controllo
un’ultima volta il mio riflesso nel piccolo specchio contenuto dalla pochette,
cercando, invano, di trovare un minimo difetto allo chignon, con cui ho
raccolto parte dei miei capelli. Fortunatamente tutto sembra essere perfetto e
la serata promette bene! Ho indossato un vestito, color grigio perla, che Ginny
ha comprato apposta per me a Diagon Alley, lungo fino al ginocchio e con una
morbida scollatura davanti e dietro, il tutto accompagnato da scarpe col tacco,
o per meglio dire da due trampoli che sempre Ginny mi ha comprato e costretta a
mettere. Non fate quelle facce! La piccola, dolce Ginny quando si arrabbia
diventa una vera e propria furia, ed è severamente sconsigliato contraddirla!
Sono già le sette e mezza e non è ancora arrivato, ma è possibile?! Inizio a
camminare avanti e indietro per il salotto, in attesa che il mio ‘caro’ Ron, mi
venga a prendere per andare insieme alla festa del ministero.
Idiota che non è altro, gli avevo detto di venire qui per le sette e mezz’ora
dopo non ho ancora sue notizie! A questo punto mi toccherà andar da sola! Ma mi
sentirà, appena lo vedo gliene dico quattro, anzi no, anche otto!
DLIN DLON! DLIN DLON! DLIN
DLON! DLIN DLON!
Non posso avere dubbi, è sicuramente lui! Corro alla porta, rischiando di
inciampare nel tappeto, a causa di queste dannate scarpe, apro velocemente alla
porta e un Ron sorridente nel suo smoking scuro mi guarda negli occhi, per poi
fermarsi ad esaminare il mio vestito. Vedo le sue orecchie assumere
un’adorabile tonalità scarlatta e anche io arrossisco, conscia di quello che
per me significa un suo sguardo.
«Ciao» sussurro intimidita,
abbandonando i propositi di strozzarlo. «Ciao Hermione, s-stai molto bene…così» dice Ron,
incespicando un po’. Sorrido al suo tentativo di farmi un complimento che come
al solito non è dei migliori, ma ne apprezzo comunque lo sforzo. «Grazie, ora andiamo è già tardi!» esclamo afferrando una
stola e posizionandola sulle mie spalle seminude e sulle braccia scoperte.
Chiudo la porta e Ron con uno dei suoi sorrisi irresistibili, che io chiamo
“malandrino”, mi porge il braccio tentando di essere galante. «Madame?» Io scoppio a ridere, pensando a quanto questi modi troppi raffinati non
si adattino alla sua personalità. «Cosa c’è? Che ho sbagliato stavolta?» mi chiede con uno
sbuffo interrogativo verso la mia risata. «Proprio niente, è questo il punto!» sorrido ancora, per
poi afferrare il suo braccio e stringermi a lui.
Usando la smaterializzazione, io e Ron giungiamo nel
salone d’ingresso del Ministero della Magia.
Lo spettacolo che si presenta di fronte ai nostri occhi è a dir poco
stupefacente.
Il pavimento nero e lucido sotto i nostri piedi riflette la luminosità del
soffitto blu pavone, costellato di sfere luminose che volteggiano attorno
all’icona del ministero, creando ghirigori e forme d’ogni tipo. Accanto a noi,
una folla ben nutrita di maghi, streghe e creature magiche di ogni tipo, ha il
naso all’in su, estasiata da quel piccolo spettacolo.
Anche Ron, spontaneamente, si lascia scappare un: «Ohhh».
Io sorrido lievemente, la sua tenerezza è davvero disarmante. Come si fa a
resistergli?
Al centro del salone, la fontana dorata raffigurante i Tre Magici Fratelli, si
erge imponente come al solito, scintillando e attraendo gli occhi degli
spettatori che non sono concentrati sul soffitto.
Una cosa però mi lascia interdetta: da quando in qua le meravigliose statue del
mago e della strega, appartenenti alla fontana, salutano gli ospiti e li
invitano ad entrare? E da quando in qua le statue del centauro, del goblin e dell’elfo domestico si inchinano ai presenti?
Questa volta, l’«Ohhh» di
turno spetta a me.
Strano, dopo tutti questi anni vissuti nel mondo magico, cose simili riescono
ancora a stupirmi. Ecco perché ringrazio di essere una strega e non una
semplice babbana -senza offesa a quest’ultimi, è chiaro- costretta a vivere
nella noiosa e ripetitiva realtà della vita reale. Una realtà dove i sogni
restano solo sogni e dove la magia si vede solo nei film.
Il mondo in cui sono nata, quello in cui ho trascorso i primi anni della mia
vita, ormai non mi appartiene più. Lancio un breve sguardo a Ron, ancora
intento a guardarsi intorno stupito. Forse lui non ci pensa mai, nato da una
famiglia di maghi purosangue, probabilmente non ha mai pensato a come sarebbe
stata la sua vita se non fosse stato un mago. E’ qualcosa di intrinseco al suo
essere, è nel suo sangue, è il suo mondo.
Io, invece, dopo aver perso i miei genitori, le mie radici, ho deciso di
ricostruire tutto daccapo, dedicandomi completamente al mondo magico, lasciando
che mi adottasse completamente. Ma a questo continuo a pensarci spesso: se non
fossi stata una strega cosa ne sarebbe stato di me? Se non avessi mai
incontrato Ron ed Harry su quel treno, se avessi continuato a vivere nel mio
piccolo mondo solitario in cui a nessuno era permesso l’accesso, se avessi
continuato a sigillare il mio cuore…se non avessi mai trovato Ron, avrei
trovato lo stesso l’amore?
Questo pensiero talvolta mi mette paura, sai Ron?
Quante cose sarebbero diverse adesso, se la lettera di ammissione ad Hogwarts
non fosse mai arrivata…non rimpiangerei nessuna delle cose che ho ora.
Non rimpiangerei nemmeno te e questo sentimento struggente che mi provoca la
tua presenza.
Sono così vicina a te, le nostre mani si sfiorano lievemente, il mio palmo
tremante, caldo, fin troppo caldo, agogna la tua stretta.
Già, sono vicina a te, ma qual è la distanza che mi separa dal tuo cuore?
«Ehm, ehm»,
Ron si schiarisce sonoramente la voce e ho quasi l’impressione che lo stia
facendo già da parecchio. Sbatto violentemente le palpebre, ritornando al
presente e cacciando via tutti gli strani pensieri che si sono affollati nella
mia mente. Di fronte a me il ministro Scrimgeour mi guarda con un sopracciglio
alzato, attendendo impaziente di avere la mia attenzione. Io arrossisco di
botto affrettandomi ad augurargli un felice buon compleanno e complimentandomi
con lui per i grandiosi effetti magici usati per l’occasione. «Oh grazie, mia cara signorina, troppo gentile», civetta
Scrimgeour, scrollando la testa e facendo muovere la sua chioma leonina.
Ron, accanto a me, lo guarda stranito, come se avesse appena visto uno di quei Nargilli, tanto decantati da Luna Lovegood
ai tempi di Hogwarts, sulla sua faccia.
Credo di sapere il motivo di quell’espressione. Il ministro,
infatti, è noto ai più come un vecchio scorbutico, spiccio, dai modi
decisamente bruschi, un vero e proprio leone in tutti i sensi. Questo tizio
davanti a noi, invece, assomiglia piuttosto ad un gatto intento a fare le fusa
nella stagione degli amori…beh, magari ammetterlo qui sarebbe un po’ troppo
presuntuoso da parte mia, ma onestamente credo proprio che il nostro ministro
abbia una cotta per me.
E, lo chiarisco sin da subito, non è che mi faccia piacere.
Se qualcun altro dovesse scoprirlo non si spargerebbe in giro la voce che sono
riuscita ad ottenere il mio prestigioso posto al ministero, seducendolo?
“Questa è bella!”, penso sorridendo al solo pensiero.
Io Hermione Granger, 21 anni, strega tanto esperta nell’uso di qualsiasi tipo
di incantesimo, quanto inesperta in amore, le cui esperienze romantiche possono
essere ridotte ad un semplice bacetto dato a Victor
Krum al quarto anno di Hogwarts, per ripicca al suo eterno amore, nonché
migliore amico da una vita, come potrei mai attrarre un uomo?
Di solito, quando espongo certi tipi di discorsi a Ginny, lei mi liquida
dicendo: «Ti fai
troppe pippe mentali!» Sarà davvero così?!
«Bene allora, le danze stanno per essere aperte, signorina Hermione»,
la voce di Scrimgeour diventa più soffice pronunciando il mio nome,
sorridendomi con quei suoi occhioni gialli da Stregatto, «signor Weasley»,
il suo tono torna piatto e incolore, salutando Ron con un cenno del capo.
«Divertitevi!», esclama prima di
venire trascinato nella folla da un suo segretario. «Grazie, ministro», rispondiamo noi due all’unisono.
Aspettate un attimo, torniamo indietro di qualche secondo. Cos’è che ha detto
il ministro?
Le danze stanno per essere aperte? Per la barba di Merlino, quella di Morgana e
di tutti gli altri maghi e/o streghe il cui nome inizia per M! Io non posso
ballare!
Sudando freddo, mi volto di scatto verso Ron, il cui sguardo azzurro puntato su
di me, è parecchio interessato. «Ahem…», mormora Ron,
grattandosi la nuca. Le sue orecchie hanno assunto una curiosa tonalità
scarlatta. E’ imbarazzato? Perché? «A-uhm…»,i suoi sforzi di iniziare una conversazione sono davvero
ammirevoli, non c’è che dire.
Alzo un sopracciglio, eloquente: «Sì, che c’è Ron?» «Mi chiedevo se…bè visto che il ministro ha
detto che…uh…le danze…iniziate…» , dice gesticolando in modo infervorato.
Malgrado, il 90% delle volte che parliamo ho bisogno di un interprete per
capirlo, nonostante parliamo la stessa lingua (o almeno questo è quello che
credo), stavolta, discorso confusionario a parte, ho capito dove vuole
arrivare.
Panico!
Arretro inconsciamente, con un’espressione di sgomento dipinta in faccia.
Questa volta è il mio turno di vedere un Nargillo
volante, con gli occhiacci sporgenti e il corpo allungato, che senza rispettare
la mia delicata situazione mentale, mi fa una linguaccia.
Dannato, ora ti acchiappo!
Tento di inseguirlo, dimenando le braccia, dimenticandomi per un momento la
missione di questa serata: mantenere l’equilibrio su questi trampoli infernali
che qualcuno si azzarda a chiamare semplici tacchi a spillo. Sbilanciandomi,
inciampo tra i piedi di Ron, innescando una reazione a catena che non mi
permette di evitare l’imminente caduta sul poveretto. Fortunatamente due forti
braccia, mi bloccano le spalle giusto in tempo per limitare i danni ad una
semplice cozzata del mio naso contro i pettorali scolpiti di Ron.
Accidenti! Come può un muscolo essere così duro? Probabilmente andare a
sbattere contro un muro di cemento armato mi avrebbe procurato meno danni! «Ti sei fatta male?»,mi chiede il mio amico.
L’imbarazzo di prima sembra essersi volatilizzato, adesso è preoccupato. «Uh…no, non troppo»,dico, massaggiandomi lievemente la parte lesa. Quando rialzo lo sguardo,
però, noto che i nostri visi sono pericolosamente vicini. Gli occhi blu zaffiro
di Ron, mi intrappolano in un vortice confusionario in cui perdo persino il
controllo della mia espressione.
Chissà che faccia da pesce lesso avrò adesso!
Anche Ron sembra notevolmente sorpreso da quest’improvvisa intimità. Il suo
respiro caldo mi entra nelle narici.
Se potessi, fermerei il tempo in questo momento.
Purtroppo però, vanificando le mie speranze e riscuotendosi istantaneamente dal
torpore di questa situazione, il rosso mi afferra la mano, voltandomi le spalle
e trascinandomi dietro di lui.
Il mio cuore perde un battito, milioni di parole mi si affollano in gola,
costituendo un groppo che mi rende difficile anche respirare. Opto per un
momentaneo silenzio.
Mano a mano che il tempo passa, però, le mie capacità neuronali sembrano
tornare ed un campanello d’allarme suona nella mia testa. «Ron, dove mi stai portando?» , chiedo allarmata, mentre
vado a sbattere contro un po’ di persone che incontro nella mia traiettoria.
Ron, senza degnarmi di uno sguardo, procede spedito. «Ti porto a ballare», risponde semplicemente.
Eh? «No, no, no!»,
esclamo puntando i piedi saldamente a terra, affrettandomi a troncare sul
nascere i suoi propositi. Sono anni che non ballo e con questi tacchi finirei
solo per fare una figuraccia.
Ha intenzione di rovinare la mia reputazione di strega perfetta al ministero? «Beh, prima ti sei buttata spontaneamente tra le mie braccia…pensavo che
questo gesto volesse significare un ‘sì’», spiega lui, senza
scomporsi.
Che voi ci crediate o no, è proprio in momenti come questo che mi sento
irrimediabilmente stupida. Cosa posso dirgli? Che a dire il vero stavo
inseguendo un Nargillo?
Al diavolo! Mi sono messa nei casini da sola…l’unica cosa che posso fare adesso
è… «Okay, se proprio insisti», mi arrendo, senza aver
opposto nemmeno un minimo di resistenza.
Ron, mi guarda sospettoso con la coda dell’occhio.
Deve averlo allarmato la mia mancanza di proteste…probabilmente ha capito che
sto tramando qualcosa. Eggià, caro mio, fai bene a preoccuparti, anche io ho
i miei secondi fini!
Non ci arrivate? E va bene, adesso ve lo spiego.
Credo che tutti voi conosciate a sufficienza questo gran fusto dagli occhi blu,
alias Ronald Weasley, da essere abbastanza consapevoli che pretendere che il
soggetto suddetto mi inviti (bè, più che un invito è
stato un ordine, ma di solito non do importanza a simili quisquilie!) a ballare
nuovamente in futuro sia praticamente impossibile.
Carpe diem, Hermione!
***
Tutta la mia intraprendenza iniziale sembra scemare una volta raggiunta la
pista da ballo.
Mi irrigidisco un attimo, poi guardo Ron con un’espressione cauta. «Non pestarmi i piedi, non mettere in pericolo la mia incolumità per
nessun motivo e tieni le mani apposto, è chiaro?», elenco con
la professionalità di un libro stampato. Ad essere sincera, non è che mi
dispiacerebbe tanto se non tenesse le mani a posto per una volta…è solo che
siamo in mezzo a tutta questa folla, tutti si girano a guardarmi, riconoscendo
il mio volto sorridente sui manifesti attaccati alle pareti e questo mi mette
un tantino a disagio.
Ron, annuisce, sbuffando, poi mi afferra la mano, facendomi compiere una
piroetta. Prestando attenzione alla musica in sottofondo, posso riconoscere la
melodia del twist.
Okay, penso che per una volta uno strappo alla regola si possa fare.
Mi lancio nelle danze con entusiasmo, sorridendo a Ron, mentre anche lui
sorride a me.
Non sono passati nemmeno due minuti, e, nonostante le mie premesse iniziali,
sono stata proprio io la prima a pestare i piedi al mio povero compagno di
danza.
Ron ghigna malignamente: «Chissà quanto potrei guadagnare vedendo la
notizia che il comandante Auror, Hermione Granger, ha la grazia di un drago in
calzamaglia quando balla!» «Taci o sarà peggio per te, sottoufficiale.», sibilo
pericolosamente, «Sai bene che anche io sono in possesso di materiale
molto interessante su di te. Vediamo un po'...credi che raccontare a tutti di
quella volta in cui sei corso a casa mia in lacrime, perchè pensavi che la
lavatrice in fase di strizzaggio fosse posseduta da
un demone, sia sufficiente a barattare la tua notiziola su di me?» . Accarezzando già la vittoria, vedo Ron soccombere alla mia logica, con la
bocca ampiamente spalancata e lo sguardo vitreo. «Guarda che non…non stavo piangendo!», protesta,
continuando a farmi volteggiare a tempo. «Infatti, pardonne-moimonsieur,
stavi frignando!», scherzo, ridendo apertamente. «Avrei voluto vedere te al mio posto! Quella dannata lavarobe…» «Lavatrice, Ron, lavatrice.», correggo automaticamente. «Ecco, quella dannata lavatrice continuava a saltare da una parte
all’altra, tremando tutta come se stesse per scoppiare da un momento all’altro!
La mia reazione è stata più che naturale!», cerca di
giustificarsi, tirandomi bruscamente a sé, lasciando che io prenda il suo posto
e lui il mio. «Naturale per un mago dal quoziente intellettivo uguale a quello di un procariote unicellulare!» Incredibile come riusciamo a ballare, mantenendo un ritmo
abbastanza simile a quello della canzone, e al tempo stesso discutere per una
questione così stupida.
In questo non cambieremo proprio mai, vero Ron? «Tregua! Quando inizi a tirare fuori quei termini astrusi lo sai che non
ti seguo più!», ammette con sguardo esasperato.
Io valuto la sua proposta, guardandolo dall’alto in basso, facendo finta di
snobbarlo. «Levati quella faccia da signorina con la puzza sotto il naso! Sembri la Umbridge!» In risposta alla sua affermazione, lo fisso con uno sguardo oltraggiato,
al quale Ron risponde con una grassa risata che alla fine contagia anche me.
Risata, però, che scompare non appena udiamo le note della canzone seguente: un
lento.
Sì, miei cari, proprio un lento. Quel ballo che tutti noi conosciamo, adatto a
coppiette fresche, stagionate o surgelate che siano, oppure ai vecchi padri/zii
che trascinano in pista le loro figlie/nipoti riluttanti. «Ehm…»
Magari fingendo che Ron sia mio zio Eddie, potrei
riuscire a cavarmela egregiamente, in fondo la faccia riluttante non mi manca.
Purtroppo, non è questo il maggior problema al momento.
Ron ha lasciato la mia mano ed è rimasto impalato di fronte a me, guardandomi
in modo indeciso, con le solite orecchie in fiamme.
Potete spiegarmi come mai un playboy fatto e finito come lui, abbia ancora dei
problemi di imbarazzo nel ballare il lento con la sua migliore amica?
Se mai i problemi dovrei averceli io, no?
Supportata da un famoso proverbio babbano: “Chi fa da se, fa per tre”, decido
di prendere il toro per le corna, o meglio per il collo.
Tranquilli, tranquilli, reprimerò l'impulso di strozzare questo essere
adorabilissimo, nonché idiota cosmico del mio migliore amico, e mi limiterò a
circondargli il collo con le braccia.
Se non si decide a recepire il messaggio non verbale che gli sto inviando,
giuro che lo schianto senza pensarci due volte.
1, 2, 3, 4, 5…conto mentalmente i secondi che gli ci vorranno per riprendersi.
Nel frattempo le mie mani sono ferme sulla sua nuca, desiderose di
accarezzarlo, e al tempo stesso paralizzate dal dubbio. La mia testa, che fa
capolino dalla sua spalla, è saldamente voltata verso le altre coppie in
movimento, per impedirgli di distinguere il mio rossore.
Al sesto secondo, quando ormai non avrei più pensato che potesse riprendersi,
Ron mi stringe a sé, posizionando i palmi delle sue mani sulla pelle della mia
schiena, lasciata scoperta da questo dannato vestito.
Accidenti, Ginny, non potevi comprarmi un vestito più normale o questo è
chiedere troppo?
I nostri corpi non sono totalmente appiccicati, ma in questa posizione ho già
fin troppo caldo.
Continuo a tenere il mio naso a debita distanza dal profumo invitante emanato
dal collo di Ron, tuttavia, mi rendo conto di dover trovare un degno argomento
di conversazione.
Chissà perché adesso, impegnati in un lento e non più in un twist, non troviamo
altri insulti da rivolgerci.
«Un lento è sicuramente più innocuo per i miei piedi», sussurra
Ron con una risatina nervosa, cercando di rompere il silenzio. «Mmm», rispondo con un verso di
assenso, incapace di articolare una frase di senso compiuto.
Proprio come ha detto Ron, per sua fortuna, il lento è un ballo innocuo per i
suoi piedi, al contrario è estremamente deleterio per il mio cuore, che
dall’inizio della serata continua correre come un forsennato, perdendo battiti
e inciampando ogni volta che Ron mi lancia una timida occhiata.
E’ patetico, ogni volta, notare quanto sono innamorata di lui.
Alla parte strumentale iniziale della canzone, si sostituisce la voce melodiosa
e bassa del cantante, permettendomi di riconoscere la melodia di una canzone
babbana parecchio famosa.
I know your eyes in the morning sun I feel you touch me in the pouring rain And the moment that you wander far from me I wanna feel you
in my arms again And you come to me on a summer breeze Keep me warm in your love and then softly
leave And its me you need to show How deep is your love I really need to learn cause were living in a world of fools Breaking us down When they all should let us be We belong to you and me Quanto è profondoiltuoaffetto per me, Ron? E quanto è profondo il
mio per te?
Tutti questi anni difficili, dolorosi, sofferti, in cui ho perso tutto e ho
capito che mi restavi soltanto tu, sono davvero serviti a qualcosa?
Quello che ho adesso, che sono riuscita a costruire dopo la guerra, non è che
un banale castello di carte.
Ogni mia decisione è stata condizionata sempre dalla sua ombra.
I believe in you You know the doorto my verysoul Youre the light in my deepestdarkesthour Youre my saviourwhen I fall And you may not
think I care for you When you know down inside That I really do And its me you needto show Sai
Ron, questo non te l'ho mai detto, ma al termine della Guerra Magica, con
ancora in mano la bacchetta fumante dell'Avada
Kedavra lanciato a BellatrixLestrange,
distesa tra i corpi dei nostri compagni straziati al suolo, ho pensato che
forse avrei avuto abbastanza forza per usare la maledizione ancora una volta,
contro di me.
Ricordo ancora quell'inesorabile silenzio, rotto soltanto dal mio respiro
rapido e spaventato.
Non sapevo dove fossi, nè tu, nè
Harry, ma non c'era altro rumore che quello del mio cuore. L'unico cuore capace
di battere nel raggio di quasi un chilometro.
Non osavo pensare al futuro, non sapevo nemmeno se ne avrei avuto ancora uno.
Stringevo convulsamente quel pezzo di legno tra le mie mani. Magari un Oblivion sarebbe bastato, solo un po' per cancellare il
dolore.
Magari...
Urlai, a pieni polmoni, scoppiando in lacrime, egoisticamente sollevata di
essere ancora viva, ma al tempo stesso attanagliata dal senso di colpa di
essere l'unica ad essere sopravvissuta in quella carneficina.
Non meritavo di vivere, non aveva alcuno senso farlo quando avevo perso tutto
ciò a cui tenevo.
All'improvviso passi veloci, qualcuno si stava avvicinando, gridando un nome:
il mio.
Tra le lacrime che non la smettevano di scendere, i rossi capelli di Ron furono
il primo particolare che riuscii a distinguere.
Si trascinava faticosamente, con un'enorme ferita sul braccio sanguinante e una
ancora più grande nel proprio cuore.
Le mie mani, dapprima strette in pugni feroci, si aprirono senza protestare. La
bacchetta mi cadde dalle mani, rotolando a qualche metro di distanza dai miei
piedi.
Le nostre lacrime si incontrarono e si fusero assieme, come se appartenessero
ad una sola persona. Le nostre mani si cercavano, i nostri corpi si
aggrappavano l’uno all’altro per non affondare nella disperazione. «Non devi lasciarmi mai, Hermione.»
Non era una richiesta, era un ordine. E ancora oggi non sono riuscita a
disobbedirgli.
Ho fatto sempre tutto per te, Ron, ma non so se sarò capace di continuare a
farlo. How deep is your love I really need to learn cause were living in a world of fools Breaking us down When they all should let us be We belong to you and me
Tuttodi me tiappartiene, mentretucontinui
ad esserecosìinafferrabile. Continui a
dirmi che mi vuoi bene, che non potresti stare senza di me, che sono la tua
migliore amica. Mi illudi, tappandomi le ali e io non riesco, o meglio non
voglio, liberarmi dalla tua presa.
Le sue mani, rigidamente ferme sulla mia schiena, sono roventi, tuttavia mi
fanno rabbrividire.
Il tuo profumo è così dannatamente irresistibile che muoio dalla voglia di
chinarmi sul tuo collo, lasciato scoperto dalla camicia leggermente sbottonata.
Nonostante tutto non ho il coraggio di alzare la testa e perdermi in quegli
occhi blu come il mare. Lascio vagare lo sguardo tra le coppie, notando Harry e
Ginny, stretti in un abbraccio intimo, complice, così diverso dal nostro rigido
e imbarazzato.
Sono felice per loro, tremendamente felice, eppure un po’ invidiosa al tempo
stesso. Dovrei vergognarmi per questo? «Guardali», esordisce Ron indicando con un cenno del capo
il suo migliore amico e sua sorella, «Dovrebbero essere una visione
sconsigliata a chi soffre di diabete. C’è troppo zucchero nell’aria!»,
commenta con una nota scherzosa nella voce fintamente disgustata. «Dimenticavo quasi che il romanticismo non si addice ad un dongiovanni
come te.», rispondo prontamente. «Come scusa? Vuoi dire che non sono un tipo romantico?» «Esatto.» Mi lancia uno sguardo da cucciolo ferito al quale rispondo semplicemente
alzando un sopracciglio.
Le note finali della canzone, sfumano fino a dissolversi. Le mie mani, si
staccano malvolentieri dalla sua nuca, riluttanti a lasciarlo andare.
Con improvvisa velocità, però, Ron mi afferra i polsi, guidando nuovamente le
mani verso il suo collo. Lo guardo interrogativa e al tempo stesso sorpresa da
quel gesto.
Ritorna a posizionare i palmi delle sue mani sulla mia schiena, avviluppandomi
in un abbraccio così stretto che mi mozza il fiato.
Nel frattempo nella sala da ballo si diffonde la musica di un altro lento.
I could feel at the time There was no way of knowing Fallen leaves in the night Who can say where they´re
blowing
«R-Ron»,balbettorossa come un peperone, trovandomifaccia a faccia con ilsuopetto. «Bè,
che c’è? Sto solo cercando di fare il romantico…», risponde con
semplicità, illuminandosi di un sorriso. «Oh», rispondo automaticamente, mentre il mio
celebre sangue freddo mi saluta con la manina, pronto a partire per le Hawaii. «Che dici, allora? Ne sono capace?»
Maledettamente capace, direi! «Uhm…non male…per un principiante…», replico, nascondendo
i miei veri pensieri.
As free as the
wind
And hopefully learning
Why the sea on the tide
Has no way of turning
«Eh?! Io un principiante? Adesso
ti faccio vedere io!», ribatte, colpito nel suo orgoglio di galletto rampante.
Ridacchio, divertita dalla sua reazione, ma la risata mi si mozza in gola
quando percepisco una delle sue mani risalire fino ai miei capelli. «Che cosa stai-» «Shhh», bisbiglia nel mio
orecchio, interrompendomi.
Mi irrigidisco, mentre un brivido mi percorre la schiena.
Con un gesto rapido, Ron sfila la forcina che appuntava i miei capelli in uno
chignon, causando la caduta di una cascata di capelli ricci e ben definiti
sulla mia schiena.
Mi acciglio, pronta a protestare, però, lui mi precede, sussurrandomi ancora in
modo suadente nell’orecchio sinistro. «Io li preferisco così.» More thanthis - thereisnothing More thanthis - tell me one thing More thanthis - thereisnothing
Rialza la testa, per vedere la mia espressione, scrutandomi con i suoi occhi
chiarissimi.
Io mi limito ad un decoroso silenzio, mentre la mia faccia si colora di diverse
tonalità carminio sotto il peso del suo sguardo.
Probabilmente incoraggiato dalla mia mancanza di proteste, Ron prosegue nel suo
intento, affondando la mano destra nei miei capelli e lasciando che la sinistra
si posizioni sulla mia schiena, molto ma molto più in basso rispetto a dove era
prima.
“Eh?!”, questo è l’unico pensiero traducibile prodotto dalla mia mente.
It wasfun for a while Therewas no way of knowing Like dream in the night Who can saywherewe´regoing
Spostandosi con una lentezza esasperante, la mano che aveva intorcigliato
attorno ai miei capelli giunge fino al mio viso, sfiorandolo appena, quasi
avesse a che fare con un oggetto immensamente fragile.
Abbassa nuovamente il viso verso il mio, appoggiando la sua guancia destra
sulla mia sinistra, mugugnando qualcosa di simile alla melodia del lento che
stiamo ballando.
Le sue mani così dolci su di me e la visuale di alcuni riccioli rossi alla base
della sua nuca, mi riempiono di una tenerezza infinita, stringendomi il cuore
in una morsa, strano a dirsi, amaramente dolce.
Già, anche amara, poiché so che il mio amico non mi rivolgerebbe mai delle
attenzioni simili in un contesto normale. Lo so questo, eppure adesso ho solo
voglia di godermi questo momento e sperare che duri il più allungo possibile.
No care in the world Maybei´mlearning Why the sea on the tide Has no way of turning «Ancora convinta che io non sia abbastanza romantico?»,
domanda Ron, smettendo di canticchiare la canzone. Lo sento sorridere tra i
miei capelli. «Ah…sì, sì, certo, sei romantico.», mi affretto a
rispondere, sperando di riuscire a far calare la mia temperatura corporea che
ha quasi raggiunto un livello febbrile. «No, non ne sei davvero convinta!»,protesta, staccandosi da me e fissandomi con un broncio
decisamente adorabile. «Sì, lo sono!» «No!» «Ti dico di sì!» «E io ti dico di no!» «Andiamo, Ron, non fare il bambino, adesso!» «Non sto facendo il bambino, è solo che mi da fastidio quando dici
cazzate solo per farmi star zitto!» «Ma non è vero!», protesto, alzando la voce per
coprire la sua.
All’improvviso, un brivido freddo mi colpisce la nuca, come la sensazione di
essere osservata…
Girando di scatto la testa, vedo quasi metà degli invitati voltati nella nostra
direzione per assistere ad un imprevisto spettacolino, dove un momento prima
due tizi sono abbracciati ed impegnati in effusioni non proprio esplicite - ma
quasi- e il secondo dopo litigano come se volessero sbranarsi a vicenda.
Oh altissima, purissima, levissima, MERDA! «Oh, ehm…scusateci», dico imbarazzatissima,
mentre le persone mi lanciano occhiate di disapprovazione e tornano al tempo
stesso a ballare.
Questa situazione mi mette fin troppo a disagio, meglio congedarmi dalle danze
per questa sera!
Guardo Ron furente, sperando di riuscire a trasmettergli la mia collera in modo
sufficiente solo attraverso uno sguardo. «Che c’è?», risponde lui ingenuamente, sentendosi preso
in causa. «Se vuoi ballare ancora trovati un’altra accompagnatrice.»,
lo liquido, staccandomi all’istante da lui, ancora enormemente arrabbiata per
tutto quello che è successo con Ron e ancora di più per la figura che ho appena
fatto.
Non credo ci sia bisogno di dirvi quanto odi fare scenate in pubblico.
Rapidamente, per quanto possa muovermi su questi tacchi, lascio Ron,
dirigendomi in fretta a bordo pista. Lo sento chiamarmi alle mie spalle un paio
di volte, ma non gli presto attenzione.
Districandomi tra i vari maghi e streghe che dondolano a tempo di musica, cerco
un passaggio che mi faccia uscire di qui, oltretutto ho bisogno di una bella
boccata d’aria.
Un mago sbadato, mi urta mi modo lieve, ma, per quanto possa essere stato lieve
l’impatto, questo influisce sul mio già precario equilibrio e disgraziatamente,
finisco per rimbalzare sul pancione di uno sconosciuto. Alzando la testa con
circospezione, noto che non si tratta di altri che il Ministro. Non ci voleva
anche questa!
Mi affretto a scusarmi col Ministro, ma quest’ultimo mi sorride piuttosto
bonariamente, dicendo di non preoccuparmi, invece lo vedo lanciare un’occhiata
piuttosto interessata alla mia acconciatura. «La preferisco con i capelli sciolti, signorina Hermione»,
commenta in un modo che oserei dire languido e io arrossisco di botto, non per
causa sua, ma perché mi torna in mente il precedente complimento di Ron. «A-ah, la ringrazio.» «Non c’è niente di che! Piuttosto si faccia invitare a ballare da questo
povero vecchietto! Sempre se le va, ovvio!», mi propone
gioviale Scrimgeour, con un’occhiata a cui non posso dire di no.
A quanto pare le mie avventure sulla pista da ballo non sono ancora terminate
per questa sera!
***
Malgrado desiderassi più di ogni altra cosa fuggire dalla festa, il mio
infelice destino mi ha costretto oltre che a ballare i seguenti 3 lenti col
ministro, anche a ballare con Harry, con Malocchio Moody,
(nel suo caso sfortunatamente avevo solo un piede da pestare), con KingsleyShacklebolt e altri
colleghi del reparto Auror a cui appartengo.
Non so dove sia Ron, l’ho perso di vista parecchio tempo fa e Harry mi ha
confermato di non averlo più visto da prima in giro.
Ho cercato un paio di volte di sgattaiolare via per andare a cercarlo e
scusarmi per il comportamento di prima, ma sono costretta a stare qui e a
sorridere a tutti, malgrado non ne abbia assolutamente voglia.
Scrimgeour mi si avvicina come al solito sorridente, richiamando la mia
attenzione. «Venga con me, venga con me, signorina Hermione!»
Io lo seguo sinceramente incuriosita da tutto quell’entusiasmo.
Alzando gli occhi, però, noto accanto al ministro una figura molto alta che
sorpassa facilmente la statura tozza di Scrimgeour.
Un uomo dai capelli corti e gli occhi scuri, con la barba curata, piuttosto
muscoloso, mi sorride smagliante, non appena i suoi occhi incontrano i miei. «Hemmioni?» Che cosa? Non mi dire che questo tizio è… «…Victor?!»
L’ANGOLO DELL’AUTRICE:
In questo capitolo Hermione è stata un po’ altalenante nei
suoi stati d’animo, ma credo sia una cosa che capiti a tutti…in realtà ciò è
successo soprattutto a causa del mio umore instabile, anche se non siamo qui
per parlare di questo… Se volete sapere i titoli delle due canzoni, la prima è
"HowDeepisyour love" dei BeeGees, la seconda è "More
thanthis" dei Roxy Music. Vorrei inoltre ricordare che non ci sono
spoiler del 7o libro, perchè quando ho iniziato a scrivere questa ff non era ancora stato pubblicato.
Buona lettura! *Killer*
«Hemmioni?» Che
cosa? Non mi dire che questo tizio è… «…Victor?!»
La sorpresa di questa nuova scoperta annienta
totalmente le mie capacità cognitive. Senza avere il tempo di organizzare i
pensieri e realizzare la situazione, mi sento avvolta improvvisamente in un
abbraccio mozzafiato dal suddetto uomo bulgaro.
Un intenso odore di tabacco e menta giunge fino
alle mie narici, costringendomi ad arricciare il naso.
«Hemmioni!», continua
a strepitare Victor, stringendomi stretta. Proprio in questo momento realizzo
la situazione altamente precaria in cui mi trovo: ginocchia piegate,
sbilanciate rispetto al mio baricentro e piedi doloranti, pronti a cedere, a
causa di questi trampoli infernali che qualcuno osa chiamare scarpe.
Realizzando che l’unica cosa capace di tenermi
ancora in piedi è Victor, decido di ricambiare il suo abbraccio, aggrappandomi
come un naufrago appena approdato a terra sulle sue ampie spalle.
Okay, adesso dovrei essere salva.
Evidentemente non avevo in mente le
implicazioni a cui questo mio gesto mi avrebbe portato.
Victor non solo continua ad abbracciarmi, anzi
aumenta la sua stretta e quasi mi solleva da terra con uno slancio ammirevole.
«V-Victor?
Per-per favore, lasciam…»,
cerco di dire, ma la mia voce da sottiletta compressata
è alquanto debole.
Stringo gli occhi, trattenendo anche il fiato,
per cercare di sopravvivere all’abbraccio del boa constrictor.
Eventualmente spero anche che qualcuno venga a
salvarmi.
Accidenti, dove si è cacciato Ron?!
«Ehm, ehm…».
Qualcuno alle nostre spalle si schiarisce rumorosamente la voce e tanto basta
per permettermi di nuovo di assaporare aria fresca.
Girando di scatto la testa, vedo Scrimgeour,
piuttosto imbarazzato, guardarci eloquentemente.
Anche in questa occasione non ho mancato di
attirare sguardi indiscreti. Cavolo.
«Bene, bene! E’
normale per due amici che non si vedono da tanto tempo avere una reazione
simile! Non è così?», domanda retoricamente il Ministro, invitando in modo implicito
tutti gli altri a girarsi e a tornare alle precedenti conversazioni.
Ho già detto che stasera adoro quest’uomo? E’
riuscito a salvarmi da due situazioni di pericolo mortale, nel primo caso per
la mia salute e nel secondo per la mia reputazione in meno di cinque minuti.
Più rapido e scattante di una Firebolt ultimo modello!
Lo ringrazio accennandogli un sorriso
riconoscente e per tutta risposta lui abbassa pudicamente le palpebre, mentre
le sue guance si colorano di rosa.
Oddio, che abbia interpretato il mio
ringraziamento come un’avance?
«Ministro! Ministro!», un
signore dai capelli brizzolati, alto e magro come un stecchino, con dei piccoli
occhialini posti sulla punta del naso e l’aria parecchio affannata,
districandosi tra gli invitati, chiama a gran voce il ministro, che vedendolo
arrivare, si ricompone e torna ad assumere un’espressione formale.
«Cosa c’è, Wothington?», chiede Scrimgeour
all’uomo con tono piatto.
«Uh, Ministro…Dovrei
parlarvi, se possibile, in privato…» , risponde Worthington, a bassa voce, spiando me e Victor di
sottecchi, come se non volesse essere sentito. Mi ricorda un topo: con quel suo
atteggiamento furtivo, la voce stridula e un fastidioso tic nevrotico alle
labbra.
Sul volto paffuto del Ministro passa un’ombra,
che, tuttavia, scompare immediatamente cancellata da un ampio sorriso,
facendomi quasi dubitare di averla vista davvero.
«Non ci si può far
niente…il dovere mi chiama! Vi auguro un buon divertimento, signori!»,
Scrimgeour si congeda cortesemente, lasciando me e Victor da soli.
Un momento: ho detto da soli?
Volto di scatto la testa verso il bulgaro, in
atteggiamento difensivo, pronta a fuggire non appena cerchi di intrappolarmi
come prima. Il suo sarà stato un gesto di grande affetto, oppure premeditava di
uccidermi?
In ogni caso, farei meglio a stare attenta ed
evitare altri assalti!
Anche Victor, dall’alto della sua altezza, mi
guarda attentamente, sorridendomi con quei grandi occhioni
neri e luminosi.
Quasi quasi mi fa
tenerezza.
Già, tenerezza, forse è questo il motivo per
cui senza togliergli gli occhi di dosso, ho risposto al suo sorriso come
un’idiota.
Okay, Hermione! Cerca di riprenderti, per
favore!
Non basta perdere la ragione per tutta la sera
solo perché Ron ha ballato con me, adesso mi faccio pure contagiare da Victor
con questo giochetto dei sorrisini come se fossi una bambina di cinque anni!
Così non va assolutamente bene, devo darmi una
calmata e riacquisire il mio autocontrollo.
Oppure dovrei dire self-control,
così fa più fico, no?
«Hemmioni…», mi
sento chiamare da un tizio con l’accento strano.
Victor, mi sventola una mano d’avanti,
probabilmente, per l’ennesima volta, mi ero incantata, persa nelle mie
riflessioni filosofiche di alto livello.
(Sì, come no…Se quella la chiami “filosofia di alto livello”,
allora le discussioni degli allevatori sulla porchetta sono pura metafisica! La
creme de la creme! -.- ndA)
Ehi, ehi, ehi, da dove viene questa voce che
parla di porchette e crema?!
(Non è niente, Hermione stai solo diventando pazza! U_UndA)
Ah, va bene, se è così mi rassicuro…
Aspetta…aspetta…COSA?!
«Hemmionni!!!»,
all’ennesimo richiamo, riprendo coscienza della realtà attorno a me. Farei meglio
a non immergermi troppo nei miei pensieri…sentire anche voci che mi parlano e
si prendono gioco di me non è un buon segno, suppongo.
«Sì, Victor?»
grazie a Merlino, riesco a ritrovare la mia voce seria e professionale in
qualsiasi momento.
«Visto che ti erri inncantata a fissarre il banconne delle bbibbite, vuoi che
andiammo a prenderrequalcossa?»
Sì, probabilmente un drink mi farebbe bene per
schiarirmi le idee.
«Certo, andiamo.»
Dopo aver posso un passo, però, mi accorgo di
una cosa.
«Ehm…Victor?», lo
chiamo, invitandolo a fermarsi, visto che si era già allontanato in direzione
del bancone.
«Che c’è?»,
domanda, voltandosi.
«Uhm…»,
balbetto in modo incoerente, certa di essere diventata ormai rossa come un
pomodoro. «Mi
presteresti il tuo braccio?»
Victor mi guarda interrogativo, poi ad un certo
punto una smorfia di orrore si palesa sul suo viso.
«Prestarrtello?»,
ripete con voce rauca.
Oh mamma! Chissà questo qui cosa ha capito!
Ricordavo che Victor non fosse molto sveglio, ma non fino a questo punto. Cosa
pensava? Che volessi amputargli il braccio e poi restituirglielo una volta
usato?
Un po’ stizzita e innervosita, mi faccio
coraggio e puntando attentamente i piedi a terra, lo raggiungo, per poi
aggrapparmi al suo braccio e rilassarmi un po’.
Possibile che una donna di 21 anni non sappia
camminare sui tacchi alti?
Voi direte di no, eppure io sono l’eccezione
che conferma la regola.
«Allora, Victor,
andiamo?», senza farlo apposta uso l’intonazione
burbera e saputella che usavo ai tempi di Hogwarts; Victor si mette
automaticamente sull’attenti. Certe abitudini faticano ad andarsene.
Come dimenticare tutti gli insulti e i
rimproveri che ho riversato su Ron con quel tono?
A dire il vero lo uso ancora, sempre e solo con
lui, sempre e solo per motivi futili ed inutili.
Proprio come quello che ci ha portato al
battibecco di poco fa… Chissà se ce l’ha ancora con me e chissà se riuscirò a
liberarmi di Victor, scaricandolo a qualche collega appassionato di Quidditch.
Certo, come non ho fatto a pensarci prima?
Victor Krum, giocatore della nazionale bulgara
dalla tenera età di diciotto anni, è di certo una star di tutto rispetto per un
appassionato di sport.
Ricordo che anche Ron lo adorava ai suoi
esordi, prima di iniziare ad odiarlo in modo altrettanto spassionato. Se la
memoria non mi inganna, questa improvvisa inversione di comportamento contribuì
ad una violenta litigata tra noi anche all’epoca.
Diciamoci la verità, Ron non ha mai potuto
vedere di buon occhio Victor anche per colpa mia, anzi soprattutto per causa
mia. Lui e la sua dannata mania del migliore amico!
Vorrei davvero che un giorno la smettesse di
considerarmi come un oggetto di sua proprietà, per rendersi conto che anche io
sono una persona con i propri sogni e i propri desideri. Il fatto che la maggior
parte dei miei sogni lo riguardino e che lui sia sempre il primo di tutti i
miei desideri, però, non ha niente a che vedere con questo suo complesso del
fratello maggiore.
Ci tiene a me, questo lo so, anche se esprime
il suo affetto in una maniera piuttosto singolare.
Per me è facile capire quando è serio su
qualcosa, ma ciò non giustifica il suo volere di tapparmi le ali.
Hai paura che fugga da te, Ron?
Non temere, anche se volessi non potrei farlo,
perché il mio cuore è saldamente incollato al tuo.
Questo è un legame che nemmeno le ali del
destino potrebbero spezzare, ne sono certa.
Arrivati al bancone dei drink, Victor inizia a
servirsi e inizia a sproloquiare di alcuni alcolici presenti sul tavolo.
Non lo ricordavo così loquace, probabilmente è
già ubriaco.
«Hemmioni,
tu cosa prrendi?»
«Un bicchiere di punch, grazie.»
Professionale, fiscale, fredda, incolore. La
mia voce si aziona in automatico, sul mio volto si compongono sorrisi di
circostanza, niente di tutto ciò che accade attorno al mio corpo riesce a
coprire questo suono assordante.
La mia anima, tutto il mio essere, urla il suo
nome, in modo spasmodico.
I miei occhi lo cercano tra i tavoli, tra le
coppie che ballano, l’espressione di poco fa: i suoi occhi azzurri stupiti e al
tempo stesso feriti dal mio rifiuto.
Perché continuiamo a farci del male, quando
basterebbe così poco per essere felici?
«Hemmioni…», la
solita voce irritante mi chiama.
«Hermione, Victor.
Sono anni che ci conosciamo e devi ancora imparare come mi chiamo?»,
sbotto in modo più brusco di quanto volessi.
Sono certa che anche se il suo nome fosse ZhelyazkoYordanyotov,
anziché Victor Krum, lo pronuncerei correttamente sin da subito.
Allora, perché lui non riesce a pronunciare un
semplice “Hermione”? Non ci vedo nulla di difficile, no?
«Herrmionne…»,
prova a dire Victor, quasi timoroso di deludermi.
Ci rinuncio, adesso sembra che abbia un trapano
in bocca con tutte quelle r ed n.
Quasi quasi
preferisco “l’Hemmionni” trogloditico.
Come può questo bulgaro da strapazzo
trasformare il mio elegante e raffinato nome di origine Greca, usato anche da
Shakespeare in “The Winter’s Tale”, in un nome
così…così…vichingo?!
Mi sono decisa a dirgliene quattro quando poi,
incontrando i suoi occhietti carichi di aspettativa, la mia fronte aggrottata
perde consistenza e la mia lingua si scioglie dicendo: «Bravo!»
Se quello davanti ai miei occhi, gongolante per
l’incoraggiamento appena ricevuto, non fosse un bel (beh sì, devo ammetterlo,
il suo fascino virile attira parecchio) pezzo di maschio bulgaro, alto quanto
un palo della luce (perdonatemi, le similitudini, quando non si tratta di Ron,
non sono il mio forte), crederei di essere tornata nuovamente alle elementari,
ai tempi in cui per tutti i bimbi il momento più soddisfacente, e al tempo
stesso imbarazzante, è recitare la poesia di natale davanti a tutti i parenti
riuniti per il pranzo.
Finalmente, una risata genuina fuoriesce dalle
mie labbra. Che strano, non avrei mai creduto di poter sorridere ancora questa
sera.
All’improvviso, però, il mio sguardo, come
guidato da una misteriosa consapevolezza, si alza, focalizzando una figura
famigliare che si trova esattamente davanti a me, di spalle.
Con il cuore in gola, riconosco dei capelli
rossi, spettinati, sopra ad una giacca scura. La sua schiena muscolosa è
perfettamente riconoscibile e non mi stupisco, quando l’uomo si volta verso un
suo interlocutore, di cogliere il profilo perfetto di Ron. Il naso dritto e
stretto, le labbra carnose, il mento prominente, malgrado ogni particolare
delle sue fattezze mi sia noto, adoro starlo a guardare da lontano, quando non
sa di essere spiato. Un mezzo sorriso mi si affaccia sulle labbra, mentre ogni
cellula del mio essere, mi urla di andare da lui e porre fine all’agonia che mi
infligge la sua assenza. C’è, però, qualcosa che mi ferma. Una figura
femminile, minuta, ma snella, accanto a lui, mi fa desistere dal mio intento.
Qualcuno che conosco, o forse no, dai lisci capelli biondi, conversa
amabilmente con Ron, ignara che qualche metro più in là, io stia per impazzire
dal dolore e dalla gelosia.
I due ridono, le loro teste si muovono nel mio
campo visivo, fino a che, la distanza tra i loro si annulla, quando la donna
bionda, sussurra complice qualcosa al suo orecchio, con un atteggiamento
alquanto intimo. Incapace di resistere oltre, volto le spalle alla scena,
probabilmente un po’ troppo bruscamente, o almeno in modo talmente evidente da
attirare l’attenzione di Victor.
«Tutto benne?», mi
chiede con un sopracciglio alzato.
Io con gli occhi socchiusi e le mani premute
sulle tempie, respiro profondamente, cercando di allontanare da me l’immagine
di poco prima.
«Ah…sì, non è niente», mi
affretto a rassicurarlo.
Rialzando gli occhi verso di lui, vedo Victor
guardarmi fisso, da sotto le sue lunghe ciglia nere.
Il suo sguardo è eccezionalmente profondo, come
se mi guardasse per la prima volta davvero questa sera.
Lo guardo interrogativa, senza ricevere
risposta. Solo un gioco di sguardi indecifrabili tra di noi.
Poi qualcosa nei suoi occhi cambia: il suo
sguardo diventa ancora più profondo di prima, mi scava dentro, arrivando nelle
profondità più remote del mio essere.
Un legilimens?!
Mi accorgo però, che il suo intento non è
leggere i miei pensieri, la mia mente non è invasa da nessun intruso. Qualcosa
dentro di me sta cambiando, un piccolo click, appena percettibile che non mi fa
male e non mi fa neanche paura.
Indifesa, in balia di questo sguardo, incapace
di distogliere gli occhi dai suoi occhi ora diventati neri come la pece, mi
arrendo, aspettando che sia lui a liberarmi.
Quando, finalmente, i suoi occhi iniziano a
rischiararsi un po’ di più, la strana sensazione di poco prima se ne va così
come è venuta.
Con le guance che vanno a fuoco, sono la prima
ad interrompere il contatto visivo, voltandomi di scatto, annullando l’effetto
della stretta ipnotica dei suoi occhi.
Il bicchiere colmo di punch
fin quasi all’orlo è il miglior rifugio per nascondere il mio viso, in attesa
che il rossore si plachi.
Nonostante la mia freddezza proverbiale, sono
sempre stata debole agli attacchi frontali.
Ho sempre avuto paura di farmi guardare negli
occhi, ciò vorrebbe dire mostrare agli altri le mie debolezze più profonde: la
paura di restare da sola, la precarietà della mia vita, continuamente esposta
ai pericoli, la fragilità della mia personalità, la mancanza di certezze, i
miei sogni che resteranno tali per sempre, impossibili da realizzarsi.
Vorrei sapere cosa sia successo qualche secondo
fa, ma non ho il coraggio di proferire parola e chiedergli cosa abbia cercato
di fare.
Inizio a sentirmi a disagio, consapevole di
avere lo sguardo di Victor ancora addosso, senza riuscire a fermare i sussulti
che percorrono la mia schiena.
Mando giù tutto d’un sorso il punch, affrettandomi poi a riempirlo nuovamente. Adesso
anche le mani mi tremano.
Vedendomi in questo stato, il bulgaro
sopraggiunge in aiuto, riempiendo il bicchiere al mio posto.
Mi gira la testa, mi copro gli occhi, sperando
che prima o poi le cose accanto a me decidano di fermarsi. Sento il liquido
scorrere nel bicchiere.
«Tieni»,
dice porgendomi il cristallo. Le mie mani si allungano in modo spasmodico verso
di questo, cerco in tutti i modi di contenere i tremiti.
Il punch fresco
che scivola lungo la mia gola, mi aiuta a riacquistare nuovamente i miei sensi.
Come dei flash, la scena a cui ho assistito
poco fa, continua a piombare nei miei pensieri, non lasciandomi tregua.
Non è niente, Ron era solo con un’amica, niente
di cui preoccuparsi.
Sto attenta a non incontrare gli occhi di
Victor, non sapendo che espressione mostrare.
L’agitazione si impossessa di me e, incapace di
controllarla, per saziare la mia masochistica curiosità, mi giro nuovamente in
cerca di Ron. Non lo trovo.
Cerco di non trarre conclusioni troppo
affrettate da questo, c’è tanta gente, è normale che l’abbia perso di vista,
giusto?
Suppongo che il mio comportamento risulti
piuttosto strano, ma Victor evita le domande e per questo gli sono grata.
Strano a dirsi, ma non riesco a trovare nessuno
di mia conoscenza nella folla che ci avvolge.
Sarà ormai passata più di un’ora da quando ho
visto Harry e Ginny per l’ultima volta, sebbene abbia visto Ron solo pochi
minuti fa. No, non di nuovo, non voglio ricordare di nuovo.
Neanche Scrimgeour, che pure questa sera si era
infilato spesse volte nelle mie conversazioni, si è più fatto vivo.
Le risate, gli schiamazzi, la musica, il
vociare della gente accanto a me, sembra sempre più ripetitivo. Persino le
facce di coloro che mi circondano continuano a ripetersi. Dovunque io mi giri,
è come se fossi circondata da un esercito di cloni apparenti.
Nonostante tutto sembri così tranquillo, però,
sento che qualcosa non va.
Che prima Victor abbia usato un incantesimo non
verbale su di me? E’ impossibile, non ha con sé nemmeno la bacchetta e non ho
sentito alcun influsso magico provenire da lui.
Presa dalla frenesia, continuo a esaminare
freneticamente la sala e le persone che mi attorniano.
Sono accerchiata da una folla di cloni che
continuano a ripetersi, stesse facce finte, stesse espressioni rigide come
quelle di manichini: posso essere abbastanza certa che questa non sia solo
un’illusione.
Tutti stretti attorno a me, come a precludermi
ogni possibilità di fuga.
Una violenta sensazione di soffocamento mi sale
alla gola, proprio come durante un attacco di claustrofobia.
Annaspo in cerca di ossigeno, sebbene mi trovi
in un luogo ampio e ben arieggiato.
Mi aggrappo al bancone delle bibite, tirando la
tovaglia posta su di questo e facendo cadere decine di bicchieri a terra.
Alcuni pezzi di vetro mi feriscono le mani e le braccia, scoperte dal vestito.
Malgrado il fracasso causato, nessuno sembra
accorgersi di me, nemmeno Victor che continua a sorseggiare il suo champagne,
guardandosi intorno con aria assente.
E’ come se nemmeno esistessi.
Vedo il sangue scorrere dai tagli inferti dalle
schegge di vetro, sento il dolore pulsarmi nelle vene.
Ma è una sola la cosa che riesco a distinguere,
nel caos che sento in testa e nella moltitudine di emozioni che mi investono.
Un pensiero, nitido, venuto da chissà dove, si
staglia a chiare lettere nella mia mente.
Sono in trappola.
***
Che palle, certo che questa festa è proprio una
noia colossale.
O almeno lo è, se Hermione non è con me.
A proposito dove sarà andata a cacciarsi? Dopo
la sfuriata di prima, quando mi ha lasciato solo come un cretino, ho cercato di
ritrovarla, ma in mezzo a questa folla è praticamente impossibile, visto che
non appena termino di parlare con qualcuno, un altro tizio si fa avanti e mi
inchioda sul posto un'altra mezz’ora.
“Capitano Weasley di qua, Capitano Weasley di
là…”.
Certo, però, che devono essere proprio tutti
pazzi di me. La gente mi adora, sono l’idolo delle folle, ragazzi!
Okay, okay, stavo semplicemente scherzando,
guardate che li sento quei “buuu” in lontananza!
Malgrado ciò, per quanto io possa essere
popolare con gli altri, tutto cambia quando si tratta della mia migliore amica:
la super strega Hermione Granger.
Eggià,
mica una strega qualunque, ma una strega con le palle, miseriaccia!
In ogni caso, provvista di attributi o no, Hermione
resta sempre una donna, razza che non ho mai compreso completamente.
Non guardatemi così, solo perché Hermione
continua a ripetere che io sia un dongiovanni, un playboy e chi più ne ha più
ne metta, sono stato sempre lontano anni luce dal capire la psicologia
femminile.
Ad esempio, parlando di una situazione
ipotetica, e sottolineo ipotetica, se
la donna di cui siete irrecuperabilmente innamorati vi
si buttasse tra le braccia un momento prima e poi, dopo aver urlato in mezzo a
tutta quella gente e aver fatto, conseguentemente a questo, una colossale
figura di merda, vi lasciasse da soli come un baccalà, voi come reagireste?
Beh, sì, ero abbastanza incazzato,
ma, pensandoci bene, sono arrivato alla conclusione che sarebbe meglio per me
ed Hermione mettere da parte questa ennesima litigata e goderci la serata, per
quanto possiamo.
Un momento…non stavo parlando di una situazione
ipotetica? Perché cavolo ho detto “io ed Hermione”?
Beh, sarà stata una pura e semplice
distrazione, non prestate troppa attenzione alle mie parole, come sapete già
sono solo un povero idiota!
(Beh, idiota lo è di sicuro, visto che
sta facendo di tutto per non ammettere la verità! - ndA)
Come scusa? Chi ha parlato nella mia testa?!
(Sono la voce della tua coscienza U_U, il tuo Grillo Parlante personale, Ronnocchio.
- ndA)
Ronnocchio? E
chi è questo sfigato?
(Come potevo aspettarmi che conoscesse
Collodi? Vabbè, lascia perdere, continua con la
storia e smettila di perderti in chiacchiere inutili! - ndA)
E va bene…continuo da dove ero rimasto…a
proposito dove ero? Sinceramente non ricordo di preciso, ma qualunque cosa
fosse sono certo si tratti di Hermione.
Hermione, Hermione, Hermione, Hermione…
Il suo nome continua a risuonarmi in testa come
una dolce cantilena.
Pensate che un giorno mi sono ritrovato a
riempire svariate pagine del mio registro personale di Auror con una serie di
Hermione, scritti in diverse calligrafie e seguiti da un cuore.
Sono stato attento a non farmi scoprire da
nessuno, soprattutto dalla ragazza in questione, ma proprio sull’ultimo, Harry
mi ha sorpreso da dietro ed è quasi crollato a terra per le troppe risate.
Sarà troppo sdolcinato, magari anche patetico,
mieloso e quant’altro, ma non vi sembra maleducato
ridere sui puri sentimenti di un bel giovine
come me?
(Ronnocchio ti sei dimenticato di
aggiungere anche modesto! – ndA)
Esatto, grazie Grillo Parlante! Come può Harry
ridere sui puri sentimenti di un giovine bello e modesto come me?!
In ogni caso, poiché quello stolto non la
smetteva di ridere, sono stato costretto a stroncare quel dannato sorrisetto
che aveva in faccia con un bel cazzotto!
Anche voi che vi siete azzardati a ridere,
siete avvisati, cari miei!
A questo punto Hermione direbbe che sono un
bruto, che usare la violenza non serve a niente e bla,
bla, bla…di solito quando
fa dei discorsi simili non l’ascolto mai fino in fondo. Quando la guardo,
mentre è intenta a rivolgermi epiteti come al solito poco gradevoli, non posso
fare a meno di incantarmi a fissare le sue labbra carnose, piegate in una
smorfia di disapprovazione e le sue gote, rosse per la rabbia e il furore
inespresso.
Passionale, tutto in lei è passionale. Ecco
perché la sento così simile a me.
Non fraintendetemi: Hermione è un genio, io un
idiota (menomale che lo sai – ndA), lei eccelle in tutto quello che fa, io sono sempre
arrivato secondo ad Harry, ma tutti i suoi gesti e i suoi atteggiamenti, fanno
trasparire grinta e la voglia di non arrendersi, proprio come succede quando ci
troviamo a litigare, anche per delle stupidaggini.
Lei come me, ci mette il cuore in tutto quello
che fa e, a volte, mi piacerebbe che dedicasse una parte di quel suo grande
cuore anche a me.
Non che non mi voglia bene, ma almeno non mi
dimostra quel tipo di bene che io vorrei
ricevere.
Un bene che è qualcosa in più del semplice
bene, un bene che qualcuno chiamerebbe solo e semplicemente amore.
Strano, però, ho sempre avuto qualche
difficoltà a pronunciare questa parola.
Forse è proprio per questo che non le ho ancora
rivelato la vera natura dei miei sentimenti.
E’ perché, ogni volta che siamo assieme, sono
sempre io il primo ad avvicinarmi a lei, ad abbracciarla, a chiamarla, a
cercarla, mentre lei accetta passivamente ogni mio gesto.
Come se volesse allontanarmi, senza però sapere
come fare. Questo è quello che penso spesso.
Poi però vedo il suo sguardo triste quando non
ci parliamo, le lacrime che versa quando per caso le dico qualcosa di cattivo,
il sorriso luminoso che rivolge solo a me quando siamo solo io e lei.
Sai, Hermione, sei l’enigma più fitto e al
tempo stesso la verità più grande a cui aspiro.
Colei che riesce a farmi male con un solo
sguardo tagliente, ma che possiede l’unica medicina per guarirmi.
Sarai il mio angelo o il diavolo che mi spedirà
all’inferno?
E’ passata più di un’ora da quando l’ho vista
l’ultima volta, mentre ballava con Scrimgeour e altri componenti del reparto
Auror, poi più nulla, come se se ne fosse andata.
Ce l’ha davvero così tanto con me? Pur di non
vedermi è andata via dalla festa?
«Capitano Weasley!»
Rieccoli
all’attacco...e io che pensavo finalmente di essere riuscito a trovare un po’
di pace!
Sentendomi chiamare, mi giro naturalmente verso
l’origine della voce con un’espressione incuriosita.
Una
giovane donna dai lisci capelli biondi, che le si appoggiano delicatamente
sulle spalle, mi viene incontro, fasciata in uno stretto vestito blu scuro,
impreziosito da paiettes color argento, come piccole
stelle nel buio notturno. Sul suo viso dall’incarnato chiaro, di una perfetta
forma ovale, spiccano due lucenti occhi azzurri, risaltati ancora di più
dall’ombretto del medesimo colore, applicato sulle palpebre.
Accecato
dalla sua bellezza genuina, mi chiedo di chi si tratti, inconsapevole di aver
incontrato prima di allora una bellezza simile.
«E-ehm,
ci conosciamo?», le chiedo, inconsapevole di aver appena fatto una domanda
parecchio cretina.
La
ragazza ride in modo composto, portandosi una mano alla bocca, e arrossisce
leggermente.
Se dovessi descriverla soltanto con una parola,
direi che “delicata” è l’aggettivo che più le si addice.
Una perla rara di questi tempi.
«Sì, capitano. Sono
la recluta Elisabeth McGregor!», dice la ragazza in
tono gioviale.
La
guardo sbalordito.
«Lizzie?! Non ti
avevo proprio riconosciuta!», confesso imbarazzato. Chi l’avrebbe mai detto
che dietro le spoglie di una ragazza così timida e normale potesse nascondersi
un vero e proprio cigno?
«Sei…così diversa! Cioè,
ovviamente intendevo in senso positivo…stai benissimo!»
Il
suo viso si tinge di un intenso color porpora a dimostrare che ovviamente si
tratta della stessa persona che ho sempre conosciuto, un po’ più attraente, ma
al tempo stesso timida e sensibile come al solito.
«Ah…grazie», risponde con una
vocina piccola piccola, imbarazzata fin troppo dal
mio complimento.
Non
ne sono completamente sicuro, ma qualcosa mi dice che Lizzie abbia una cotta
per me.
Che
dire, come non sentirsi lusingati da una cosa simile?
Purtroppo,
mi dispiace per voi miei cari fans, ma il mio cuore è
solo di Hermione…solo quello però, il resto è disponibile per chiunque voglia
approfittare dell’offerta ;)!
(Certo, certo, tutti ti vogliono e nessuno ti prende!
– ndA)
Ma
no, cara mia coscienza…la verità è che non ce n’è abbastanza di me per tutti,
perciò per par condicio
(questa parola me l’ha insegnata Hermione), non ho potuto concedere niente di
me a nessuno!
(Onestamente, non credo a qualcuno farebbe piacere
essere fatto in pezzetti solo per accontentare i suoi fans!
– ndA).
Cosa
hai capito, Grillo
Parlante! Intendevo parti metaforiche
di me!
(-__-, come vuoi…in ogni caso basta dire cazzate e
torna ad essere un narratore decente! – ndA)
«Incredibile!», esclamo sinceramente
stupito da ciò che ho appena visto. «Straordinario! Woah…wow!»
«Capitano? Sta bene?», mi chiede la ragazza
bionda.
«Guarda là!», ignoro la sua domanda
e le indico un punto in mezzo alla folla.
In
uno spettacolo che non avrei mai creduto di poter vedere in tutta la mia vita,
Malocchio Moody, piroettando sulla sua gamba di
legno, leggiadro come una farfalla, guida nelle danze la statua della strega
della fontana dei Tre Magici Fratelli, in un quadretto che ha a dir poco del
sovrannaturale persino per un mago come me.
Alla
vista della scena, anche Lizzie scoppia a ridere, questa volta in un modo più
naturale e meno delicato di prima, devo ammettere che la preferisco in
questa maniera.
«Ehm…Capitano, a dire
il vero…sono venuta da lei per dirle una cosa piuttosto seria…», irrompe Lizzie ad un
certo punto, mentre abbiamo gli occhi ancora fissi sui due portentosi
ballerini.
Il
suo tono improvvisamente cupo mi mette in allarme. «Perché?
Cosa è successo?»
Non
aspettandosi una domanda così diretta, la vedo tormentarsi le dita titubante,
poi avvicina rapidamente il suo viso fino ad arrivare al mio orecchio. Dapprima
rimango immobile per quest’improvviso avvicinamento, ma poi capisco che ha
fatto ciò semplicemente per evitare che occhi ed orecchie indiscreti captino le
informazioni.
«Capitano, il generale
Harshcroff la manda a cercare…E’ stata indetta una riunione straordinaria del
corpo Auror e c’è bisogno che tutti siano presenti al più presto al quartiere
generale», mi sussurra all’orecchio, riassumendo brevemente il contenuto
del messaggio.
Se
il comando proviene da Harshcroff, il generale di tutto il reparto Auror
dell’Inghilterra, la cosa dev’essere piuttosto seria.
«Ricevuto,
raggiungerò gli altri immediatamente…prima però sarà meglio che trovi il
comandante Granger.», rispondo, pronto ad andare a cercare Hermione.
Lizzie,
però, mi trattiene per un braccio.
«Non c’è n’è bisogno,
capitano. Venga con me e basta.», dichiara la ragazza in modo freddo,
trascinandomi con lei.
«Ehi! Ehi! Ehi! Non
ce bisogno di reagire così! Potevi semplicemente dirmi che il comandante
Granger era già in sede!», protesto, liberandomi dalla sua stretta, un
tantino irritato. Probabilmente è perché era al quartiere generale che era
scomparsa dalla circolazione.
Mio
malgrado, seguo la McGregor, cercando di stare al suo
passo, districandomi tra tutta questa folla.
Mi
domando quale sia il motivo di questa convocazione urgente.
Non
appena apro la porta del quartiere generale una dozzina di paia di occhi si
alza automaticamente su di me. Il quartiere generale è niente di meno che uno
sgabuzzino, insonorizzato e inaccessibile per qualcuno che non appartenga alla
squadra speciale Auror.
Seduto
di fronte ad un ampia scrivania sta il Generale Harshcroff, un uomo dai
simpatici baffi all’insù, ma dal carattere poco amichevole. Un vero e proprio
leader, insomma.
Vicino
a lui. ci sono i suoi sottoufficiali che detengono le cariche più importanti.
Sembra
che siano tutti presenti e come al solito io sia il solo ritardatario.
Aspettate
un momento, però… e Hermione?
Individuo
Harry, seduto accanto ad Harshcroff, e prendo posto di fianco a lui.
«Harry, dov’è
Hermione? Non l’hanno avvisata della riunione?», bisbiglio
avvicinandomi al suo orecchio.
Harry
non risponde, ma i suoi occhi verdi brillano inquieti dietro le lenti degli
occhiali. Sembra voglia dirmi qualcosa e al tempo stesso non sia capace di
farlo. Apre la bocca un paio di volte, senza che dalle sue labbra provenga
alcun suono. Poi, con frustrazione e rabbia repressa, sbatte violentemente un
pugno sulla scrivania davanti a lui.
«Si calmi, comandante
Potter.», lo riprende, seppur in modo accondiscendente, il Generale.
Io
resto scioccato da quella reazione. E’ così raro che Harry perda il controllo
che quasi quasi inizio a preoccuparmi anche io.
«Mi scusi, Generale.
Mi è stato riferito della riunione straordinaria, ma qual è il motivo per cui è
stata indetta?», mi rivolgo ad Harshcroff, in cerca di una risposta ai miei
dubbi.
Tutti
mi guardano esterrefatti, prima che un mormorio generale si alzi nella stanza.
Tra le varie frasi sconnesse riesco a distinguere solo un: «Non lo
sa ancora?».
«Mi sorprende sapere
che lei non sappia ancora di cosa si tratti, capitano. Signorina McGregor, non le avevo detto di riferire brevemente
l’intera faccenda al capitano Weasley?», domanda Harshcroff, dirottando
immediatamente la sua attenzione su Lizzie.
La
poverina, non riuscendo a sopportare lo sguardo tagliente del comandante
abbassa gli occhi in modo colpevole.
«Mi perdoni,
generale. Ho pensato che quello non fosse il luogo più adatto per riferirgli
una cosa del genere…», cerca di giustificarsi la ragazza con il capo chino.
«Non spetta a lei
decidere questo tipo di cose, gli ordini dei superiori non si discutono. E’
chiaro?», sbotta il generale, attaccandola frontalmente.
Io
cerco di venirle incontro per quello che posso, attirando nuovamente
l’attenzione del Generale su di me. «Non crede sia inutile perdere
troppo tempo su queste sciocchezze, Generale? Voglio dire, se c’è qualcosa che
dovrei sapere perché non dirmela ora e basta?»
Il
Generale sospira rassegnato, perdendo un po’ della rabbia iniziale: «Ha
ragione, capitano. E’ ora di dirle come stanno veramente le cose…»
I
borbottii iniziali sembrano essersi improvvisamente placati, adesso tutti
trattengono quasi il fiato.
Questa
attesa estenuante mi sta distruggendo, davvero.
«Vede capitano…sembra
che il comandante Granger sia stata rapita dai servizi segreti Bulgari. Al
momento abbiamo perso completamente le sue tracce.»
«Che cosa?!», grido
alzandomi di scatto, appoggiandomi i palmi delle mani sulla scrivania che ho
davanti.
Non capisco più niente,
la mia mente si rifiuta di credere a quello che mi hanno appena detto.
E’ impossibile, solo un
sogno.
Tra poco la voce
imponente di mia madre mi sveglierà e mi dirà che è pronta la colazione.
Succederà tra poco, tra
poco…tra poco.
Malgrado io continui a
ripetere queste parole nella mia mente, le uniche cose che vedo davanti ai miei
occhi sono le facce pietose degli Auror presenti nella stanza e l’unico rumore
che sento è quello di un silenzio immobile.
Harry sfiora il mio
braccio premuto violentemente contro il tavolo e mi dice in modo calmo: «Ron,
siediti, per favore.»
Il mio migliore amico
non mi guarda, lo vedo solo stringere i pugni in modo spasmodico, sospirando
pesantemente.
Ricado pesantemente
sulla sedia, non perché ho obbedito al suo ordine, ma perché privo di tutte le
mie forze.
Con una mano tremante
mi tocco la fronte e chiudo gli occhi inorridito.
Devo assegnarmi alla
realtà, una realtà a volte persino più crudele di un incubo.
Hermione, la mia Hermione dove è adesso? Cosa le è
successo? Perché l’hanno rapita?!
Vorrei urlare,
sollevare violentemente per il bavero della camicia il Generale Harshcroff,
chiedergli di smetterla con questa farsa e raccontarmi tutto, all’istante.
Il suddetto Generale,
però, se ne resta al suo posto, lisciandosi i baffi in un modo così calmo che
contrasta ampiamente con il tumulto profondo che sento dentro.
«Bene, allora», parla
quest’ultimo, «se mi è concesso il silenzio da parte di tutti voi spiegherò
bene come stanno le cose.»
Vorrei vedere se lui
nella mia situazione sarebbe riuscito a mantenere quella fottuta faccia di bronzo, continuando a toccarsi
quei baffetti da signorotto
dell’Ottocento come se niente fosse.
Mi conviene restare in
silenzio, nonostante tutto, se voglio sapere ciò che è davvero successo.
«Diversi mesi fa, una
squadra di spie inglesi si è introdotta furtivamente nel territorio bulgaro,
perchè c’era giunta voce da nostri fidati informatori che il Ministero bulgaro,
sotto ricatto, si fosse alleato con le ultime schiere di Mangiamorte
sopravvissute al Signore Oscuro.»
«E queste voci erano
vere?», chiedo incapace di controllarmi.
«Esatto», sospira il
Generale, «accertatisi di questo, i nostri collaboratori hanno continuato ad
agire, infiltrati nel territorio nemico, raccogliendo più informazioni
possibili a proposito di questa alleanza, cercando di reperire dettagli o
qualsiasi cosa potesse esserci utile per scoprire quale sarebbe stato il loro
prossimo attacco contro l’Inghilterra.
Tuttavia, poco prima di
ritornare in patria, il Ministero bulgaro si è accorto di questa intrusione e
ha cercato di bloccare le spie, finché queste si trovassero sul loro suolo. Ha
teso un’imboscata ai nostri agenti, dalla quale solo uno di loro è
sopravvissuto: l’agente Rager,
che fortunatamente aveva con sé tutti i documenti ottenuti durante la
missione.»
«Chiedo scusa,
generale, ma cosa c’entra questo con il rapimento del comandante Granger?»,
domanda una voce femminile dall’angolo. Esattamente la domanda che avrei voluto
fare anche io! Mi volto per accertarmi chi sia stato, ma la figura di Lizzie,
appoggiata contro la porta, mi toglie qualsiasi dubbio. I suoi occhi limpidi e
determinati sono rivolti verso Harshcroff.
«Bene, signori, dovete
sapere che il Ministero Bulgaro, perdute quelle informazioni ha cercato di fare
di tutto per impossessarsene nuovamente. Nel frattempo sono stati sospesi anche
tutti gli attacchi da parte dei Mangiamorte, poiché questi dovevano avere il
tempo di organizzarsi nuovamente, visto che tutti i loro piani erano stati
scoperti.
Quando ormai i
documenti raccolti sembravano aver perduto ogni loro valore, ci siamo accorti,
forse un po’ troppo in ritardo, perché avevamo concentrato la nostra attenzione
più sugli attacchi previsti che sui minimi dettagli, che su uno di questi
documenti era scritto a chiare lettere il nome di tutte le persone coinvolte
nella faccenda. Avevamo nelle mani le prove certe per assicurarli alla legge,
solo che il modo in cui ci eravamo impossessati delle informazioni era illegale
e se avessimo esposto la vicenda al Consiglio Mondiale della Magia, anche noi
avremmo rischiato di ricevere punizioni molto pesanti.
Sapete, appropriarsi
clandestinamente di segreti di stato, per la legge che regola il Consiglio, è
grave quanto cospirare ai danni di un altro Ministero Magico.
Purtroppo era
impossibile per noi fare i nomi dei responsabili, se anche i nomi di coloro che
contribuivano alla salvezza dell’Inghilterra sarebbero stati svelati.
E così, la faccenda è
stata messa da parte, in attesa di trovare un altro modo, lecito stavolta, per
dimostrare la loro colpevolezza.
Ora, quindi, possiamo
ricollegarci agli avvenimenti di stasera.»
«Generale, allora
quello che ci sta dicendo è che i servizi segreti bulgari hanno rapito il
comandante Granger per fare in modo che il Ministero Inglese restituisse loro
quel documento con i nomi delle persone coinvolte nell’alleanza con i
Mangiamorte. E’ giusto?», chiede Harry, cercando di dimostrarsi calmo. Tuttavia
la sua voce si incrina più volte e lo sento piuttosto agitato.
Io cerco ancora di
assimilare le parole del Generale: Hermione, rapita, servizi segreti bulgari,
mangiamorte.
E noi stiamo qua a
parlarne tranquillamente come se niente fosse?!
«Indovinato, Potter»,
risponde il Generale, «Ma non è tutto. Il bersaglio dei Servizi Segreti Bulgari
all’inizio non era la signorina Granger, bensì il Ministro in persona.»
«E…e voi come lo
sapevate?», irrompo nuovamente, sbalordito.
Sbaglio o un rapimento
avviene all’improvviso, senza che nessuno possa prevederlo?
Cosa sta cercando di
dire davvero, il generale?
«Ne eravamo al
corrente, capitano. Siamo sempre stati al corrente di tutti i movimenti del
Ministero Bulgaro, grazie ad alcuni preziosi informatori completamente
integrati in quel territorio.»
Un attimo solo.
«Vuol dire che voi
sapevate anche che ci sarebbe stato un rapimento e non avete fatto niente?!»,
sbatto un pugno sul tavolo, facendolo tremare completamente.
Harry sembra scioccato
dalle mie parole. Ci giriamo entrambi a guardare il Generale, sperando
vivamente che lui ci risponda di no.
Ti prego, fa che
risponda di no, altrimenti non so cosa sarò capace di fare.
«Sì, lo sapevamo»,
risponde Harshcroff, senza perdere il suo proverbiale atteggiamento distaccato.
***
«Mhm…»
Cerco di aprire gli
occhi, ma sembra quasi che le palpebre siano attaccate.
Alla fine ci riesco, ma
tutto avanti a me appare sfocato e confuso.
Devo aver dormito un
bel po’, visto che ho tutti i muscoli indolenziti e un mal di testa da far
paura.
Non c’è niente da fare,
dormire più o meno di 6 ore e 45 minuti per notte, mi riduce sempre in questo
stato.
Chissà che occhiaie
mostrerà la mia immagine riflessa allo specchio.
Faccio per alzarmi,
quando mi accorgo di non riuscire nemmeno a muovermi.
Sbattendo gli occhi un
paio di volte riesco ad avere una visione nitida del luogo in cui mi trovo.
Un quadrato di pareti
grigie, moquette verde muschio sul pavimento, una porta sgangherata in legno,
nessuna finestra visibile.
Per la barba di
Merlino! Ma dove mi trovo?!
Cerco con tutte le
forze di alzarmi, ma per quanto io mi sforzi, né le braccia, né le gambe
rispondono al mio comando.
Mi accorgo di trovarmi
distesa su un vecchio materasso, ingiallito dal tempo e duro come un pezzo di
marmo. Un lenzuolo bianco, lercio e bucherellato in alcuni punti, è adagiato su
di me e mi impedisce di vedere in che condizione si trovino i miei arti.
Provo a rotolare, nella
speranza di scrollarmi la lurida stoffa di dosso, ma urlo di dolore, quando le
mie braccia sfregano contro la superficie ruvida del materasso.
Finalmente libera del
lenzuolo posso finalmente vedere ciò che ne è stato del mio corpo, che a
giudicare dai dolori che mi pervadono e dal fetore di sangue presente nella
stanza, non sembra essere in buono stato.
Le mie braccia appaiono
come un raffinato ricamo di sangue e schegge di vetro conficcate nella pelle.
Stringo gli occhi, quasi a voler rinnegare quella visione e la sofferenza che
essa comporta.
I miei polsi sono
collegati tra di loro da una stretta catena che funge da manette, talmente
stretta che sento il pulsare del flusso sanguigno nelle vene.
Le mie gambe sono le
uniche a non aver subito danni particolari, mentre le mie caviglie, proprio
come i polsi, sono legate in maniera barbara.
Dannazione, cosa mi è
successo?
Nella mia mente,
rievoco gli istanti di coscienza avvenuti prima di svenire, ed ecco che come i
pezzi di un puzzle tutto torna al suo posto.
Ron e quella ragazza
bionda, il porridge, la
vista che si appanna, Victor che ignora il mio malessere, i cloni che mi
circondano, io che cado sul tavolo delle bevande, i bicchieri che si
frantumano, le mie braccia ferite dalle schegge e poi…il vuoto.
Avevo ragione a pensare
di essere in trappola, perché ora effettivamente lo sono.
Di impulso, le lacrime
si accavallano nei miei occhi, pronte a sgorgare come fiumi in piena, ma io
deglutisco, ricacciandole indietro.
Un troppo mi si forma
alla gola, ma faccio del mio meglio per ignorarlo.
Ho solo una missione
adesso: uscire di qui.
E ci riuscirò, fosse
l’ultima cosa che faccio.
***
Mi sento come una bomba
che sta per esplodere.
Mi sento come un’arma
micidiale capace di sterminare il genere umano.
Eppure…sono solo
cretino che non può far niente, mentre la ragazza che ama è stata rapita da
chissà chi, chissà dove.
Ondate di rabbia mi
frustano la schiena, i miei pensieri urlano solo una cosa: VENDETTA!
Mi libero della
scrivania davanti a me, lanciandola con violenza in avanti e mi dirigo verso il
generale.
«Ron, NO!», qualcuno,
probabilmente Harry grida il mio nome, pensando di riuscire a fermarmi.
Non capisco più niente,
so solo che in qualche modo devo sfogare la mia rabbia su qualcuno.
Quando arrivo di fronte
a lui, il generale se ne sta placidamente seduto, con un sopracciglio alzato,
in attesa di vedere la mia prossima mossa.
Cosa è questo sguardo
di sfida che dice: “prova a colpirmi, se ci riesci” ?
Mi sta forse
sottovalutando?
«Sapevate che Hermione
sarebbe stata rapita e non avete fatto niente?! NIENTE?!»
Lo afferro per il
bavero per la camicia, proprio come volevo fare dall’inizio, sollevandolo
interamente dalla sedia con un solo braccio.
Allora vecchio, chi,
secondo te, ha il coltello della parte del manico adesso?
Ci guardiamo negli
occhi da vicino, il mio fiato affannato e colmo di collera, si infrange su quei
suoi dannati baffi.
(Visto che siete così vicini, perché non vi date un bel bacetto? – ndA)
EH?
Approfittandosi del mio
momento di distrazione, Harshcroff ghigna sadicamente, impugna la bacchetta, la
punta contro il mio stomaco e sussurra: «Stupeficium!»
Vengo schiantato
praticamente dall’altra parte della stanza, sbattendo la testa contro il muro
in modo talmente violento da credere di essermela rotta.
«Ron!»
«Capitano Weasley!»
Riaprendo gli occhi,
vedo Harry con la bacchetta puntata verso di me: probabilmente ha appena usato
un Innerva per farmi riprendere.
Lizzie è accanto a lui
e mi guarda in modo altrettanto apprensivo.
Mi tocco la parte lesa
della testa e mi meraviglio di non trovarci del sangue, una smorfia di dolore,
però, mi viene naturale.
«Stai bene?», domanda
Harry.
Beh, dire che sto bene
è esagerato. «Sono ancora tutto intero…», mi limito a rispondere.
Sebbene a fatica, mi
rialzo, rifiutando l’aiuto e le mani protese dei due.
Dirigo il mio sguardo
serio e al tempo stesso arrabbiato verso il Generale. Solo che dopo aver
imparato la lezione e essermi beccato un bel bernoccolo sulla nuca, questa
volta eviterò di partire subito con l’attacco frontale. Probabilmente non avrei
dovuto sottovalutare la sua esperienza come capo del dipartimento Auror da più
di 20 anni. E’ indubbiamente un tipo tosto, devo stare attento a non dimenticarmelo.
Harshcroff mi fissa,
con le labbra incurvate in un sorrisetto soddisfatto.
Lo diverte forse che a
50 anni suonati sia ancora in grado di battere un novellino come me?
I palmi delle mani mi
prudono incontrollabilmente, non ho mai avuto voglia
di picchiare qualcuno come adesso.
«Allora, capitano? Ha
calmato i suoi bollenti spiriti?», domanda, inchiodandomi con quei suoi
occhietti piccoli, ma al tempo stesso inquietanti. Ho quasi l’idea di come
debba sentirsi un Mangiamorte sotto il tiro della sua bacchetta, trucidato da
questi occhi taglienti come una spada e ghiacciati come il mare d’inverno.
Mio malgrado mi ritrovo
ad annuire, riprendendo posto dietro la scrivania. Tutti in aula continuano a
parlare, chiacchierando freneticamente. Tutti mi biasimano per il mio
comportamento riprovevole, ma mentre alcuni decidono di farsi sentire di
proposito, altri hanno almeno il buonsenso di coprirsi la bocca con la mano
prima di bisbigliare offese contro di me al loro vicino di posto.
La smettono solo quando
rivolgo loro uno sguardo assassino.
Sento un lieve pizzico
sul braccio e mi volto verso chi mi ha chiamato.
«Ron», dice Harry, sebbene solo io riesca a sentire le sue
parole nella mia mente.
Evidentemente se sta
usando il contatto mentale vuole impedire che altri filtrino la conversazione.
Annuisco a vuoto,
guardandolo, facendogli capire che sono attento e aspetto di sentire ciò che
vuole dirmi.
«Ron, abbiamo bisogno di loro, solo loro possono dirci
dov’è Hermione. Perciò non fare nient’altro di stupido o potremmo rischiare di
trovarci fuori dall’indagine…»
Fuori dall’indagine? Mi
giro bruscamente di lui, allarmato. Harry abbassa le palpebre in segno di
assenso e ritorna a parlare nella mia mente. «E’ così. Essendo i migliori amici di Hermione, nonché praticamente
parte della sua famiglia, potrebbero ritenerci troppo coinvolti per prendere
parte all’operazione. Perciò, ti prego, lo so che è difficile, ma cerca di
mantenere il sangue freddo.
Anche io muoio dalla voglia di spaccare la faccia a quel
bastardo, che credi!»
L’ultima esclamazione
mi fa sorridere leggermente, malgrado il mio sia un sorriso che si spegne
automaticamente appena il mio pensiero torna a Lei.
Ho capito, basta fare
il coglione. O troviamo il modo di tenere buoni i
superiori, oppure siamo fuori.
«Sì, generale. Vorrei
scusarmi per il comportamento di prima, è stato un gesto dettato dal
nervosismo…», tento di giustificarmi, senza guardare negli occhi Harshcroff.
«Nervosismo? Se del
semplice nervosismo la porta ad attaccare un suo superiore, devo assumere che
per lei uccidere sia come per quei bastardi Mangiamorte.», risponde tranquillo
il Generale, lisciandosi i baffi fintamente pensoso.
In tutta la sala si
diffonde un brusio fastidioso. Harry accanto a me deglutisce, stringendo forte
gli occhi.
Guardo stupefatto il
Generale, incredulo che abbia potuto dire davvero una cosa simile.
Come osa paragonarmi a
quei figli di puttana che hanno distrutto la mia famiglia e ucciso due dei miei
fratelli?
Adesso lo ammazzo per
davvero, giuro.
Adesso faccio sul serio
e non riuscirà a fermarmi con un semplice schiantesimo.
«Ron, ti prego…ricordati di Hermione, abbiamo bisogno
dell’intera squadra se vogliamo trovarla.», la voce del mio migliore amico irrompe
nuovamente nella mia testa, spazzando via gli oscuri pensieri precedenti.
Ha ragione, non si
tratta del mio orgoglio, si tratta di Hermione.
Per lei…beh, credo che
sarei disposto a sopportare le umiliazioni più feroci. Solo per lei.
«No, generale. La prego
mi perdoni. Le giuro che non assumerò
più un comportamento del genere. La prego.»
E fu così che
l’orgoglioso e fiero Ronald Weasley tornò ad essere il codardo piagnucolone che
era ai tempi di Hogwarts.
Da quand’è che non
pregavo qualcuno in questa maniera?
Vedo Harry guardarmi
fiducioso: deve essere convinto che la mia richiesta di scuse abbia funzionato.
A quanto pare sono più bravo a dire bugie di quanto credessi.
«Mh,mh»,
il Generale si schiarisce la voce, poi ritorna a parlare: «In ogni caso questo
non è né il momento, né il luogo più adatto per perderci in chiacchiere.
Continuerò a spiegarvi come mai il comandante Granger sia stato preso di mira
dai Bulgari e di come siamo finiti in questa situazione.»
Tutti i presenti in
sala, compreso me, trattengono un respiro, carico di aspettativa per le sue
parole.
«Continuando il
discorso interrotto precedentemente…», si interrompe allusivamente e tutti
quanti mi gettano un’occhiata piena di astio. Harry si limita a sospirare,
guardandomi brevemente con la coda dell’occhio. «Come vi ho già detto, abbiamo
tenuto sotto controllo il Ministero Bulgaro da moltissimo tempo, continuando a
raccogliere informazioni utili tramite i nostri collaboratori. Questi ci
avevano informato che i Servizi Segreti avevano in mente di rapire il Ministro
Scrimgeour per riscattare il documento contenente i nomi delle persone
implicate nel complotto. Tutto si sarebbe risolto nella massima riservatezza:
il Consiglio Mondiale della Magia non avrebbe mai saputo niente delle nostre
rispettive colpe e loro avrebbero potuto continuare a nascondersi come hanno
fatto fino ad ora.
I Servizi Segreti hanno
scelto un giorno in cui la difesa attorno al Ministro sarebbe stata un po’
allentata, oggi per l’appunto, e hanno mandato le loro spie a completare
l’opera. Niente di più facile da evitare, non appena gli uomini del Ministero
Bulgaro si sono presentati alla serata di gala, abbiamo portato immediatamente
il Ministro in un posto sicuro e inaccessibile. Tuttavia i bulgari avevano un
piano B: avevano deciso che non sarebbero tornati a casa a mani vuote, insomma.
Occorreva loro catturare qualcuno il cui rapimento desse un impatto forte quasi
quanto quello del ministro, ovvero il comandante Granger, che soprattutto ultimamente
ha raggiunto un’enorme grado di visibilità come testimonial del Ministero Inglese in tutto il mondo.
A noi che conviviamo
con lei tutti i giorni potrà sembrare qualcosa di poco rilevante, ma è tutto il
contrario. Se la notizia del suo rapimento dovesse spargersi, creerebbe non
pochi disordini in tutto il Mondo Magico.»
Continua a lisciarsi i
baffi, meditabondo, come se per lui quelle parole valessero meno di niente.
Dentro me un impetuoso
tumulto si alza. Sentire come tutti si siano serviti di Hermione, in modo da
proteggere Scrimgeour, mi disgusta enormemente. Se potessi sputerei in faccia a
tutti questi vecchiacci che se ne stanno seduti comodamente nelle loro
poltrone.
Eggià, cosa mi aspettavo? Solidarietà? Appoggio?
Non hanno mica rapito
la persona più importante della loro
vita, ma della mia. Che sarà mai!
«Perché?», sento
qualcuno domandare, alla mia sinistra.
Harry guarda
Harshcroff, apparentemente composto ed educato, sebbene sia sull’orlo di una
crisi di nervi. Vedo i suoi occhi mandare lampi e il suo sopracciglio destro
agitarsi come in preda alle convulsioni.
«Ha mai sentito parlare
di “esche” , comandante Potter? Il comandante Granger sarà la chiave che potrà
permetterci di risolvere tutta questa situazione: dichiareremo al Consiglio
Magico che siamo venuti in possesso del documento con i nomi degli indagati
grazie ad una semplice operazione di recupero di un Auror rapito apparentemente senza motivo dal
Ministero Bulgaro. Niente di più semplice, no?», conclude il Generale,
soddisfatto di sé. Il suo sguardo ironico e di sfida, trapassa Harry fino a
giungere a me.
Vuole vedere se avrò il
coraggio di fare ancora quello che ho fatto prima? Se dipendesse solo da me
farei anche di peggio.
«E allora? Cosa
aspettiamo per avviare l’operazione di recupero?», si intromette nel discorso
l’agente Smith.
Gli sono immensamente
grato per avermi anticipato con questa domanda. Di sicuro, anche se i contenuti
fossero stati li stessi della richiesta dell’agente, il Generale non mi avrebbe
mai risposto cordialmente.
«Beh, potremmo iniziare anche adesso. C’è solo
un problema…», dice enigmatico il Generale. Per la prima volta in tutta la
serata, mostra in volto un’espressione decisamente più consona alla situazione
e ha anche smesso di toccarsi i baffi.
E’ normale che in
seguito ad un’affermazione così sibillina debba seguire una domanda tempestiva.
«Quale?!», chiediamo
all’unisono più o meno tutti i presenti.
«A dire il vero…non
sappiamo ancora dove il comandante
Granger si trovi...»
***
Ho imparato a convivere
con questo dolore, non è niente di troppo grave, ce la posso fare.
La cosa peggiore è la
stanchezza.
Ho cercato di
spostarmi, in maniera migliore possibile, verso i bordi del materasso, da lì
poi sono riuscita a scendere, arrivando con le ginocchia sul pavimento. La
moquette è ancora più lurida e polverosa di quanto pensassi. Tento di
raggiungere la posizione eretta, eppure è la cosa più difficile al momento. Mi
aiuto con le braccia, seppure legate, cercando di fare perno su queste per poi
sorreggermi sulle gambe. Fallisco un paio di volte, procurandomi un leggero
ematoma sul ginocchio destro, ma alla fine riesco nel mio intento.
Provo a camminare,
sebbene conciata in questo modo sia praticamente impossibile.
L’unica soluzione è
muoversi a mo’ di pinguino, anche se non sono particolarmente propensa a farlo.
Massì, chi se ne frega, tanto non c’è nessuno!
Trascino i piedi nudi e
sporchi sul pavimento, domandandomi dove siano finiti i trampoli che ho
indossato per tutta la sera di gala. A dire il vero, nessuno mi crederebbe se
dicessi di essere appena andata ad una serata di gala, conciata così. Con i
capelli sciolti, increspati ancora di più per l’umidità e suppongo anche
parecchio voluminosi, un vestito sbrindellato e macchiato di sangue che ricorda
ben poco quello che era stato una volta, ferite ed ematomi dovunque la pelle
sia scoperta, mi fanno assomigliare molto di più ad uno zombie che ad un essere
umano ancora in vita. Se poi aggiungiamo all’immagine anche delle catene
annodate strettamente intorno a polsi e caviglie, ecco la perfetta
rappresentazione del classico fantasma che trascinando le sue catene, fa
riecheggiare le sue urla in un vecchio castello.
Magari, chissà, io
potrei fare la stessa fine del povero fantasma...peccato, però, che al posto
del castello io mi ritrovi in uno squallido locale permeato dalla puzza di
muffa.
Lascio che i miei occhi
vaghino per la stanza, sebbene non ci sia molto da vedere, ed ecco che
focalizzo il mio obbiettivo: la porta.
E va bene, non sarà
qualcosa di molto originale, ma perché prendermi il disturbo di cercare
un’uscita alternativa, quando c’è quella principale? Inoltre questa porta
sembra talmente sgangherata e vecchia che la situazione mi puzza un po’…non
dovrei essere un ostaggio da non lasciar scappare assolutamente?
Mi preparo meglio che
posso all’assalto diretto.
Conto mentalmente fino
a tre, prendo la rincorsa, efaccio per
lanciarmi contro la porta, cercando di abbatterla a spallate. Poi però mi fermo
di scatto, prima ancora di toccare il legno.
No, c’è qualcosa che
non mi quadra. E se in questo modo finissi per peggiorare le mie già precarie
condizioni fisiche? Ho perso molto sangue e mi sento male al solo pensiero di
sentirmi ancora più debole di così. Perciò afferro dal pavimento un sassolino,
lo soppeso in mano e lo lancio violentemente contro la porta.
Il suono dello scontro
del sasso contro la porta, mi sciocca: è metallico. Il sassolino, inoltre, si è
sbriciolato in polvere, come se fosse stato disintegrato.
Crollo in ginocchio,
sospirando grata di non essere stata io a fare quella fine.
Mi appunto mentalmente
di non diffidare mai del mio istinto. E’ una delle cose più affidabili che ci
sia a questo mondo!
Fallito l’assalto alla
porta devo darmi nuovamente da fare per uscire di qui.
Allora, allora…cosa
posso fare?
Mentre soppeso le varie
probabilità il mio sguardo incrocia la condotta dell’aria: bingo!
Lo so, è scontato, ma
se usano sempre quella per scappare nei film un perché ci sarà, no?
Fortunatamente il soffitto non è molto alto, utilizzando il materasso,
ripiegato più volte per aumentare il volume, come appoggio, potrei riuscire ad
arrivarci.
Raggiungo il materasso,
non senza la solita fatica e dolore, dovuti alle catene, e inizio a ripiegarlo
a metà, poi in quattro. E’ duro e quasi quasi
più che di molle sembra fatto di ferro. Non so se resisterà in questa
posizione. Premo una mano contro la superficie del materasso, in modo che
rimanga a forza in quello stato e allo stesso tempo cerco di salirci sopra,
puntando bene i piedi, in modo che questi prendano il posto delle mani nel
tenere fermo il materasso, e mi alzo in piedi.
Cerco di stendere le
mie braccia al massimo, ma non è ancora abbastanza. Non ci arrivo.
Mi alzo sulle punte dei
piedi allora, anche se mi sfugge involontariamente un gemito di dolore nel
farlo. Le catene sfregano sulla carne viva della mia pelle, lasciando che il
materasso si sporchi ancora di più di quanto non lo sia già. Questa volta, però,
non si tratta di macchie di unto, o di muffa, ma di sangue. Stringo forte gli
occhi, reprimendo nella gola le lacrime, deglutendo a forza per mantenere la
calma.
Non credo che questo
sia il momento migliore per scoppiare in una crisi di pianto isterico.
Non posso permettermi
di indugiare in simili debolezze fino a che non tornerò a casa…è questa la mia
missione!
Mi manca pochissimo per
arrivare alla griglia della condotta dell’aria. Basta solo allungare un po’ più
le dita e…il gioco è fatto!
Un momento. Adesso che
sono appesa alla griglia come un salame cosa dovrei fare?
Se tiro troppo la
griglia, cadrò anche io e se non lo faccio, non resisterò molto in questa
posizione perché mi mancano le forze.
Va bene che il mio
istinto è infallibile, ma a volte la ragione deve tenerlo a bada. Altrimenti
finisco per ritrovarmi in situazioni impossibili come questa. Sotto di me, è
disteso il materasso, ma il solo pensiero di cadere in picchiata su di quello,
mi mette paura. Sarebbe come cadere sul pavimento, se non anche peggio.
Per la barba, gli
occhiali, il naso aquilino e gli occhietti di Merlino, come diavolo ho fatto a
ritrovarmi in questa situazione?!
L’unico modo è cercare
di cadere in piedi, o per lo meno evitando di battere la schiena o la testa.
In queste situazioni
bisogna pensare praticamente: una gamba rotta guarisce entro un mese, una
paralisi dura per tutta la vita.
Che strano fare
economia anche sulle proprie ferite!
Con le mani ancora
avvinghiate a stento alla griglia, mi dondolo lievemente, cercando di
indirizzare il punto di atterraggio, e poi lascio andare, cadendo, come avevo
previsto in piedi. A quanto pare, non mi sono procurata altri danni oltre ad
una slogatura leggera alla caviglia destra. Se fossi stata nel pieno delle mie
forze, avrei potuto evitare anche quella. Ricado sfinita sul materasso,
chiudendo gli occhi, sentendomi sconfitta.
Ridotta in queste
condizioni non ho nessuna speranza di scappare da questa prigione.
«Ron…», un solo
sussurro fuoriesce dalle mie labbra.
Se solo Ron e gli altri
si fossero accorti della mia assenza…
Se solo…
***
«Cosa vuol dire che non
sapere ancora dove si trovi il
Comandante Granger?!», domanda Harry visibilmente alterato.
Io sono troppo
scioccato ed esasperato per poter strutturare una frase di senso compiuto.
«Vuol dire esattamente
quello che ho detto, comandante Potter», risponde spicciolo il Generale
Harshcroff. «Ma abbiamo un modo per rintracciarla.»
«Quale?!», chiedono in
fretta parecchie voci, tra le quali credo ci sia anche la mia.
«La spilla con il
simbolo del Ministero. E’ stata appuntata sul vestito del Comandante e contiene
al suo interno un microcip,
un’avanzata tecnologia babbana, che ci permetterà di localizzare la sua
posizione, mandando dei segnali ad un computer centrale. Tramite il microcip sarà anche possibile
parlare brevemente con il Comandante Granger, tuttavia, questo non sarà
possibile se lei non si trova più sul suolo Inglese, infatti le barriere
magiche presenti negli altri Stati neutralizzerebbero totalmente il segnale
della cimice.», replica Harshcroff con fare pratico.
Un momento, ha detto
che c’è un modo per contattare Hermione?
«Allora non c’è un
momento da perdere!», suggerisce l’agente Smith, visibilmente ottimista.
«Ovvio che non c’è. I
tecnici responsabili del microcip
sono già intenti a localizzare la posizione dell’ostaggio. Non appena
riceveranno le informazioni necessarie a localizzare il Comandante, manderò
immediatamente una squadra di Auror in missione. Adesso non resta altro che
decidere chi di voi mandare…», conclude
il Generale, incrociando le braccia in un gesto che non faceva presagire nulla
di buono.
Mi sento rincuorato dal
pensiero che qualcuno si stia già occupando di rintracciare Hermione, ma allo
stesso tempo sono enormemente nervoso di non rientrare nella scelta del
Comandante.
Perché diamine devo
sempre essere così irruento? Perché non riesco mai a
pensare prima di agire?
Riecco che gli
innumerevoli rimproveri di Hermione tornano a balenarmi nella testa. Se non
avessi attaccato il Generale prima, forse adesso avrei qualche possibilità in
più di essere scelto. E invece…scommetto che mi dirà: «Mi dispiace, capitano.
E’ troppo coinvolto nella faccenda
per poter pensare in modo lucido». Poi si liscerà di nuovo quegli orrendi baffetti, ghignando e sbeffeggiandosi della mia stupidità.
Scommetto lo farebbe.
Chino il capo tra le
mani, afferrandomi i capelli in modo brusco. Se non dovesse scegliermi per la
missione cosa farò? Non posso far finta di niente e fregarmene di Hermione, mi
distruggerebbe ancora di più…se invece andassi a cercarla da solo, so di per
certo che non riuscirei lo stesso a fare niente, perché io, al contrario loro,
non ho nemmeno una traccia da seguire, né so come poterla localizzare senza il microcip.
Sai, Hermione, durante
la giornata, mentre faccio qualcosa mi chiedo spesso tu cosa diresti. Ad
esempio, adesso, cosa diresti vedendomi in questo stato? Cosa diresti vedendomi
così disperato? Magari rideresti di me, o forse mi
consoleresti.
A dire il vero non lo
so proprio, ogni volta che cerco di prevedere le tue reazioni finisco sempre
per sbagliarmi clamorosamente. Ma c’è una cosa che è sempre la stessa: il modo
in cui pronunci il mio nome. Di persona, al telefono, nei miei sogni.
Mi stai chiamando anche
in questo momento dovunque tu sia?
«Bene allora, ho fatto
le mie decisioni. A guidare la missione sarà il Comandante Potter…»
Vedo Harry sgranare gli
occhi e guardarmi incoraggiante. Niente però, serve a sollevare il mio umore.
Sono leggermente sollevato però che sia Harry ad occuparsi di tutto. Non è
esattamente quello che volevo, ovvero essere scelto, ma è pur qualcosa. Mi fido
di Harry e so che ritroverà Hermione.
«E con lui ci saranno
l’agente Smith, il tenente Reagan, l’agente McGregor e…»
Lo so, sono fuori dalla
lista, eppure una parte di me continua a sperare.
Sempre.
«e…per ultimo il
capitano Weasley», conclude il Generale sistemando meglio alcune scartoffie
sulla scrivania.
Un momento, ha detto me?!
Harry mi guarda con un
sorriso smagliante, e, vedendomi parecchio confuso, annuisce convinto.
Probabilmente deve aver capito cosa mi stavo domandando.
Senza neanche volerlo,
un sorriso spunta sulle mie labbra. Siamo sicuri che non sia solo uno
scherzetto del Generale? Perché se lo è questa volta lo faccio a pezzettini sul
serio!
Intercettando il mio
sorriso idiota, il Generale alza un sopracciglio e io cerco immediatamente di
ricompormi. Sento qualcuno sghignazzare tra gli Auror seduti di fronte alla
scrivania dove sono io.
«La mia scelta non è
stata casuale, capitano. Sappia solo che ritengo più produttivo utilizzare
questa sua…come dire… “grinta” per altri propositi, oltre a quello di tentare
di aggredire un superiore. Ho fiducia in lei, cerchi di non deludermi.»
Vi ho mai detto che amo
il Generale?
(No, al contrario…un secondo fa volevi…un attimo che ricopio le parole:
“farlo a pezzettini”! -ndA)
Prima era prima, adesso
è adesso e domani è un altro giorno, cara coscienza!
(Le tue perle di saggezza fanno concorrenza a quelle dei filosofi, sai
-__--ndA)
Grazie! Nessuno mi
aveva mai fatto un complimento del genere prima d’ora!
(Ahaha…e ti sei mai chiesto il motivo, mio caro? -ndA)
Erano troppo
imbarazzati per ammettere che un idiota come me potesse dire cose sagge ogni
tanto!
(Certo…e io sono Napoleone… -ndA)
Napoleone? Sul serio?! Che
onore avere te come mia coscienza!
(Ma ci sei o ci fai? Spesso me lo chiedo…ma non trovo mai risposta! -ndA)
Certo che ci sono! Con
chi staresti parlando in questo momento se no? E in che senso “ci fai”? Cosa
devo fare?
(Non devi fare niente, fai solo finta che non ti abbia detto niente e
continua a raccontare…-ndA)
No, Napoleone! Aspetta!
(NON CHIAMARMI NAPOLEONE! SONO UNA RAGAZZA OLTRETUTTO! -ndA)
Non avrei mai
immaginato che Napoleone fosse un transessuale…
(...-ndA)
Vabbè, visto che Napoleone non mi risponde più,
torniamo alla realtà.
Cosa stavo dicendo? Ah
già, amo il Generale! Ma non preoccupatevi, Hermione è l’unica padrona del mio
cuore!
«Smettila di
fantasticare e torna in te», mi ammonisce Harry, dandomi una pacca sulla
spalla.
«Preparati, andiamo a
salvare Hermione!»
I nostri due sorrisi
fiduciosi si uniscono, riflettendosi l’uno nell’altro.
Non temere Hermione,
presto potrò riabbracciarti nuovamente…e forse anche fare quello che non sono
riuscito a fare fino ad ora.
E’ proprio vero ciò che
dicono, essere separato dalla donna che ami ti fa capire tante cose, la più
importante, però, è che sei una nullità senza di lei.
Proprio come io sono
una nullità senza di te, Hermione.
«Generale, abbiamo localizzato la posizione del comandante Granger»,
dice un signore alto e magro come uno stecchino che si è appena materializzato
nella stanza
UN DISPERATO BISOGNO DI TE
CAPITOLO X: Un disperato bisogno di te
«Generale, abbiamo
localizzato la posizione del comandante Granger», dice un signore alto e magro
come uno stecchino che si è appena materializzato nella stanza.
Questa notizia mi fa
sentire sollevato come non mai, e, anche se siamo ben lontani da aver trovato
Hermione, è comunque qualcosa.
Il Generale Harshcroff,
annuisce all’uomo e si volta verso di Harry, pronto ad impartire gli ordini.
«Potter, raduni la
squadra e vada con il signor Lewis.»
«Sì, signore», risponde
Harry, pronto ad eseguire il comando. Mi lancia uno sguardo d’intesa e lo
stesso fa con quelli che prima il generale aveva convocato per la missione. Ora
che ci penso bene, in totale siamo cinque uomini ed una sola donna: Lizzie.
Come mai il Generale ha fatto questa decisione?
Io ed Harry siamo
abituati a lavorare insieme, ovviamente con Hermione, e spesso con noi ci sono
anche l’agente Smith e il tenente Reagan.
Si può dire che la
nostra è una squadra già assodata. Ma Lizzie? Come mai Harshcroff ha scelto proprio lei per una missione del genere?
Con ancora queste
domande irrisolte in testa, noto che l’uomo snello di nome Lewis,
apre la porta e ci invita a seguirlo.
Saliamo per qualche
piano nel Ministero, fino a che l’ascensore non si ferma. Le porte si aprono
davanti a noi per rivelare un ufficio caotico e in pieno lavoro, con persone
che vanno e vengono da ogni parte. Il telefono squilla ininterrottamente e su
due grandi schermi sono proiettate delle mappe, sulle quali brilla in modo
intermittente un puntino rosso.
Gli operatori a lavoro ci
guardano incuriositi, anche se non sorpresi, di vedere degli Auror in quel
posto.
«Questo è lo studio di
monitoraggio e sorveglianza del Ministero», ci illustra Lewis
con fare spiccio.
«Prego, da questa parte
signori», riprende facendoci strada.
Agli occhi dei più, lo
spettacolo che abbiamo davanti, sembrerebbe una sorta di savana umana, solo che
al posto dei ruggiti inferociti dei leoni, c’è lo squillo insistente dei
telefoni, e al posto delle veloci gazzelle, ci sono gli operatori che corrono
di qua e di là.
Mi ritraggo al solo
pensiero di dover attraversare quel marasma e noto una certa incertezza anche
negli occhi dei miei compagni, tuttavia Lewis si gira
nuovamente per incoraggiarci e così torniamo a seguirlo senza altre remore.
Nonostante sia stato
colpito in testa da un bel po’ di aereoplanini
volanti che facevano da messaggeri da una scrivania all’altra, posso dire che
tutto sommato l’attraversata della “savana” è stata molto più tranquilla di
quanto pensassi.
Raggiunta la sua
postazione, Lewis si accomoda e prende a trafficare
velocemente con un computer (o in qualsiasi modo si chiami quell’infernale
aggeggio babbano), e dopo un po’ ci indica lo schermo che riporta la stessa
mappa e il puntino rosso lampeggiante che ho visto prima.
«Ricevuta l’informazione
dal microcip, il computer ci mostra la sua posizione
in ogni dettaglio, rispetto ad una mappa. Il puntino rosso è dove si trova il microcip e quindi dove, almeno così supponiamo, si trova
anche il Comandante Granger», spiega l’uomo.
«Può dirci esattamente
dove sia? Abbiamo bisogno delle giuste coordinate», risponde Harry.
«Si trova a cento
chilometri ad est della South-Avenue, lì dovrebbe
esserci un edificio apparentemente abbandonato...il Comandante dovrebbe essere
in quel posto», conclude Lewis.
«Vuol dire esattamente
quello che le ho detto, capitano», replica Lewis,
guardandomi dritto negli occhi. «Ci è possibile conoscere la posizione del microcip, ma non siamo sicuri del fatto che il Comandante
Granger ce l’abbia ancora addosso».
L’uomo parla in modo
calmo, fermo, professionale. Magari una testa calda come me dovrebbe prendere
lezioni da uno di questi qui. E’ possibile che a nessuno freghi niente e io sia
l’unico a cui prudono le mani dalla voglia di colpire qualcuno in maniera così
incontrollabile?
Devo stare calmo,
agitarsi non servirà a niente. Harshcroff mi ha anche detto che mi avrebbe
tenuto sotto controllo, è già un miracolo che mi abbia scelto per la missione.
Non posso assolutamente rischiare di mandare all’aria la sua fiducia.
«C’è un modo per poter
assicurarci che il microcip sia ancora con il
comandante?» , chiede Lizzie, che nel frattempo era rimasta in disparte,
superando Reagan e Smith e
rivolgendosi direttamente a Lewis.
Lo scintillio nei suoi
occhi, dopo aver visto Lizzie, mi dà subito qualche indizio a proposito di
questo repentino cambiamento di comportamento, ma decido di non indagare
ulteriormente.
«E come?», domanda
Harry, avvicinandosi al computer.
Lewis alza un sopracciglio -
chiaramente preferiva avere Lizzie di fronte piuttosto che il mio migliore
amico - si gira verso lo schermo e inizia a trafficare in modo febbrile con la
tastiera.
«Il microcip
ha al suo interno inserito un microfono. Possiamo provare a metterci in
contatto con il microcip e vedere se dall’altra parte
giunge una risposta. In caso contrario potremmo pensare che il microcip sia stato o scoperto e in tal caso rimosso, oppure
perso durante un qualche spostamento», dice Lewis,
senza rivolgerci ulteriori sguardi, completamente assorbito dal suo lavoro
frenetico.
Ehi, ehi, ehi, ha
appena detto che c’è un modo per parlare con Hermione?!
Sul serio???
Vedo lo stesso mio
entusiasmo -okay forse un po’ meno, ma proprio un pochino meno- negli occhi dei
miei compagni.
Guarda tu questi
babbani di cosa sono capaci! E poi saremmo noi i “maghi”.
«Questo vuol dire che
possiamo contattare il comandante Granger?» , chiedo, incapace di trattenermi.
La mia voce suona un tantino isterica ed esagitata. Anche Harry, sebbene sembri
altrettanto rincuorato, mi guarda un tantino perplesso.
«Se ha ancora il microcip con sé, sì», mi concede l’operatore del centro di
monitoraggio.
Vedo Lizzie sorridermi
incoraggiante, io le rispondo allo stesso modo, con il cuore leggermente più
sollevato. E’ il caso di sperare in una risoluzione così tempestiva della
missione?
“Non sputare mai in
faccia alla buona fortuna, quando si presenta alla tua porta”, dice sempre mia
madre. Mi domando da dove prenda queste perle di saggezza, a volte.
Probabilmente dal suo programma radiofonico preferito, quello che trasmette le nuove hit della sua amata Celestina Warbeck! Sempre che si possa considerare come nuova quella
roba lì! Tzè!
Lewis prosegue nel digitare
tasti, mentre tutti noi ci guardiamo l’uno con l’altro un tantino impazienti.
Siamo sicuri che
quest’uomo abbia capito che è necessario localizzare Hermione il prima
possibile, fin tanto che è ancora sul suolo inglese?
Sono lì lì per farglielo presente, quando udiamo un rumore confuso,
come quello di una ricetrasmittente che è stata appena accesa.
I nostri occhi si
dirigono immediatamente verso Lewis e lui conferma i
nostri dubbi: «Siamo appena entrati in contatto con il microcip.»
***
“Quanto tempo è
passato?”
“Che ore sono?”
“Dove mi trovo?”
Sono domande così
semplici, eppure al momento non riesco a trovare una risposta a nessuna di
queste.
Tengo gli occhi chiusi,
inutilmente, tutto continua ancora a vorticare intorno a me.
Incredibile quanto sia
forte questa mia astrazione dal mondo. Sono sempre stata un tipo meticoloso e
preciso, costantemente preoccupata di sbagliare. Hermione la so tutto io, la
super perfettina. Non a caso “La perfezione è
d’obbligo” è stato il mio motto per parecchio tempo. Peccato che in questo
momento non riuscirei a trovare una traccia di precisione in me, nemmeno se lo
volessi.
Guardo pietosamente le
mie ferite, sollevata almeno dal fatto che adesso non sanguinino più. Peccato che
il dolore per la presenza sottocutanea delle schegge di vetro sia sempre
presente e si acuisce ogni volta che mi muovo, senza escludere i miei arti
intorpiditi, costretti ad una posizione molto scomoda. Ora che ci penso, anche
la caviglia che mi sono distorta poco fa, sembra fare più male del previsto.
Come se questo non
bastasse, ho la gola arsa dalla sete e la voce più roca di quella di un vecchio
marinaio.
Inoltre, i morsi della
fame mi attanagliano lo stomaco.
Per Merlino! Odio chi
si lamenta sempre, e odio anche farlo adesso, ma proprio non trovo altro a cui
pensare.
Sarò troppo egoista,
forse?
Mi chiedo chi stia
aspettando adesso, fissando inerme l’apparente porta di legno davanti a me.
Dico apparente, perché
poco fa ho scoperto che si tratta di un’illusione dovuta alla magia e in
realtà, quella che sembra essere una porticina sgangherata, è più dura e
robusta di un pezzo di acciaio.
Cos’altro in questa
stanza è solo un’illusione? Anche la mia speranza di poter tornare libera?
Provo nuovamente a cercare
un po’ di ristoro nel sonno, ma il mio corpo proprio non ne vuole sapere di
stendersi nuovamente su questo materasso infernale. Probabilmente sarebbe
meglio restare in piedi, sempre che riesca a trovare l’equilibrio come prima.
Sono arrabbiata, tremendamente,
con me stessa. Arrabbiata perché solo adesso ho scoperto quanto io sia debole
ed inutile in una situazione simile. Arrabbiata perché sono caduta in una
trappola così facilmente e perdendo conoscenza sono diventata immediatamente
preda del mio nemico.
Ah, ecco. Ho trovato
un'altra domanda senza risposta: “Chi è il mio nemico?”
La mia memoria è
parecchio confusa. Dopo aver bevuto il punch,
ricordo di essere caduta sul bancone dei drink e di essermi ferita con le
schegge di vetro. Probabilmente è stato dopo essere caduta a terra, seguita da
una montagna di schegge, che sono svenuta. Nonostante tutto è come se mi
mancasse qualcosa.
Un piccolo particolare
che avrei dovuto ricordare, eppure ho dimenticato. Un particolare che mi ero
promessa di tenere a mente.
So che c’è, ma non so
di cosa si tratti.
Perché diamine devo
sempre prendere per scontato le cose più piccole ed importanti?
A distrarmi dalle mie
elucubrazioni mentali, però, ci pensa un segnale luminoso che vedo provenire
dal mio petto. Chino la testa di scatto, per vedere di che si tratti, e mi
accorgo che la lucetta proviene dalla spilla del
Ministero che mi hanno dato prima dell’inizio della serata. Mi chiedo perché
non l’ho tolta prima, in fondo è così brutta ed insignificante che potrei anche
staccarla e lasciarla in questo lurido posto.
Peccato che adesso mi
sia impossibile, ho le mani troppo impegnate, sai com’è…
La spilla smette di
lampeggiare, emette un brusio fastidioso e poi…
Poi succede qualcosa
che mi rende felice di non averla buttata prima: la voce di Harry, agitata e
frenetica, chiama il mio nome.
«Hermione!»
***
«Si sono davvero messi
in contatto con Hermione?», chiedono Smith e Reagan all’unisono.
«Il comandante, è
possibile parlare con il comandante!», squittisce Lizzie, attirando lo sguardo
interessato di Lewis.
«Harry, forza! Chiamala
ancora! Risponde? Risponde?», domando ad Harry in modo esagitato, assillandolo
forse un po’ troppo.
«Hermione! Ci sei?
Riesci a sentirmi?», insiste Harry, accorato.
«Nessuna risposta a quanto
pare. Probabilmente ha perso il microcip», deduce Lewis, porgendo la mano verso di Harry, cercando di farsi
riavere il microfono.
«No! No! Prova ancora!
Non è ancora detta l’ultima parola! Chiamala ancora!», insisto, invitando Harry
a fare altrettanto.
«E’ sicuro che questo
aggeggio funzioni correttamente?», domanda l’agente Smith
facendo sì che il sopracciglio di Lewis torni ad
alzarsi nuovamente a livelli cosmici.
«Certo. Cosa crede!»,
risponde l’operatore stizzito, incrociando le braccia. Reagendo in quella
maniera, sembra quasi che abbia deciso di non perdonarci più per quelle
insinuazioni.
«Riprova! Riprova!
Hermione!»
«Comandante, risponda!»
«Hermione! Rispondi se
puoi sentirci!»
«Hermione!»
«Come devo fare a
dirglielo? E’ inutile continuare a…»
L’altoparlante
improvvisamente registra un brusio, poi una voce fioca, ma pur sempre presente:
«H-Harry?»
Tutti quanti
raggeliamo, sentendo la sua voce.
Il mio cuore inizia a
battere all’impazzata. Sento le orecchie andarmi a fuoco e arrossisco per la felicità.
E’ Harry il primo a
riprendersi dall’apparente trance di gruppo.
«Hermione?! Riesci a
sentirmi?»
«Sì, ti sento!»,
risponde Hermione e nella sua voce, seppur roca, sento l’accenno di una risata.
Harry sorride e lo
stesso faccio anche io, sebbene le parole che volevo urlare fino a un momento
prima, mi muoiano in gola.
«Stai bene? Sei ferita?
Sai dove ti trovi?», domanda Harry a raffica.
«Sto bene, ho solo
qualche ferita, niente di cui preoccuparsi, ma non so dove mi trovo. Mi hanno
rinchiusa in un monolocale piccolo e sudicio, con polsi e caviglie legate. Non
c’è nemmeno una finestra e la porta sembra apparentemente una porticina
sgangherata di legno, ma è un illusione dovuta ad un incantesimo. In realtà è
solidissima e possiede un campo magnetico molto forte intorno a sé. Ho provato
anche a scappare per la condotta dell’aria, ma alla fine non ci sono riuscita,
tuttavia sembra essere un’illusione anche quella.», risponde Hermione, precisa
come sempre, elencando ogni dettaglio.
«Okay, tutto chiaro.
Ascoltami bene, Herm, stiamo venendo a liberarti, conosci per caso i volti di
chi ti ha rapita?», chiede Harry. Noto dietro di lui Reagan
appuntare i dettagli forniti da Hermione.
«No…mi dispiace»
«Come hanno fatto a
portarti via? Hanno usato qualche droga per intontirti?»
«Io…non lo so. L’ultima
cosa che ricordo è che stavo bevendo del punch con
Victor e…»
«Victor?! Victor
Krum?», mi intrometto nella conversazione.
«Ron! Sì era lui…mi ha
sorpreso vederlo, non pensavo che…»
«Ascolta, Hermione, è
stato Victor Krum a rapirti?», interviene nuovamente Harry.
«Victor? Io non…non lo
so, Harry. Non riesco a ricordare nient’altro dopo aver bevuto il punch…Sono caduta a terra e suppongo di essere svenuta
nello stesso istante», spiega Hermione con voce turbata. E’ come se si stesse
biasimando di essere svenuta e aver perso coscienza.
«Non preoccuparti. Non
è colpa tua. Tieni duro fino a che non arriviamo, ok?», dico, tentando per
quanto posso di rassicurarla.
«Va bene.»
«Hai preso la mappa con
te?», domanda Reagan a Smith.
«Non c’è un minuto da perdere, ragazzi. Abbiamo già perso troppo tempo in
chiacchiere!», parla poi, rivolgendosi a tutti noi.
Io ed Harry annuiamo,
Lizzie e gli altri vanno a prendere l’attrezzatura necessaria.
«Un’ultima cosa,
Hermione. Prendi tempo. Sappiamo che vogliono portarti a breve via
dall’Inghilterra, per evitare di essere scoperti da noi. Perciò fa qualsiasi
cosa, ma prendi tempo. Ne abbiamo bisogno…una volta fuori dai confini magici
del Paese non potremo più localizzarti. Fa tutto il possibile per ritardare la
partenza, è chiaro?», si raccomanda Harry.
«Va bene, lo farò»,
promette Hermione con voce molto seria.
«E sta attenta. Non
fare niente di azzardato, mi raccomando. Non vogliamo che tu sia Wonder Woman, solo sii prudente», conclude Harry,
sorridendo leggermente.
«Sì, signore», anche
lei sembrava stesse sorridendo, seppur debolmente.
Harry mi guarda, e
vedendo nella mia espressione una preoccupazione ancora più forte, mi porge il
microfono.
Sento le orecchie
andarmi in fiamme.
Chissà perché mi
imbarazza così tanto parlare a lei, di fronte a lui. Accorgendosi della mia
riluttanza, Harry mi sussurra di fare presto, e mi volta le spalle,
raggiungendo gli altri.
Gli altri del mio
gruppo, sembrano troppo affaccendati per pensare a me.
Anche Lewis, ormai vittima della mortale stretta di Reagan, cerca di liberarsi, ma l’Auror ride e non lo lascia
andare, dandogli invece vigorose pacche sulla spalla.
«Mione…non
avere paura, io…sto arrivando, ok?», le dico abbassando di molto il tono della
voce, preoccupato che gli altri mi sentano.
Mi aspettavo rispondesse in modo composto e tranquillo come
aveva fatto con Harry, e invece, alle mie orecchie, la sua sembrava una
preghiera disperata: «Sbrigati…»
***
«Sbrigati…»
Queste le parole che avevo
detto a Ron, incapace di trattenermi dalla voglia che avevo di vederlo e farmi
stringere tra le braccia.
«Sto arrivando…», aveva detto. Ma per me, che ormai avevo perso
la cognizione temporale, quanto presto sarebbe arrivato lui?
Le raccomandazioni di
Harry e le ultime dolci parole di Ron, mi scaldano il cuore.
Adesso so chi
aspettare, so in chi sperare.
E chi poteva essere se
non loro due? Le persone con cui ho vissuto per 11 lunghi anni, quelle con cui
nel bene e nel male, ho lottato. Quelle con cui ho pianto, quelle a cui mi sono
aggrappata quando l’oscurità del dolore sembrava volesse inghiottirmi.
Quelle due persone che
amo da impazzire, sebbene in maniera diversa: Harry come un vero e proprio
fratello maggiore, e Ron come l’uomo con cui voglio passare il resto della mia
vita.
Ci sono tante cose a
questo mondo su cui non scommetterei nemmeno un centesimo, tutto a parte la
nostra amicizia.
Non importa quanti anni
passino, ci saremo sempre noi tre, uniti da qualcosa di più forte da un legame
che è semplicemente esprimibile a parole.
E’ questo quello che ho
sempre pensato.
Devo forse ricordarvi che il mio intuito non sbaglia mai?
Silenzio.
Un’insopportabile ed opprimente silenzio.
Un atroce silenzio, spezzato
solo dai lenti battiti del mio cuore. Com’è possibile che lui continui a
battere in modo così calmo, mentre la mia mente è in tale subbuglio?
Continuo a ripetere a
mente le promesse fatte da Harry e Ron. Sono l’unica cosa, al momento, per cui
vale la pena stare buona e continuare ad aspettare. Aspettare in questo
silenzio, un silenzio irreale, che poco prima le loro voci avevano spezzato.
Fisso la porta, così
intensamente che spero di poterci vedere attraverso. O magari distruggerla con
il solo sguardo.
Se solo avessi con me
la mia bacchetta, se solo avessi imparato ad essere un po’ meno dipendente
dalla magia, magari avrei potuto essere più attiva e a quest’ora sarei già
scappata.
Incolparmi forse mi
farà sentire meglio, in ogni caso è pur sempre qualcosa da fare.
Magari iniziare a
gridare insulti rivolti a me stessa, romperà questo silenzio…sì, forse potrei
farlo.
Chissà se mi sentirà
qualcuno. Chissà se nei paraggi c’è qualcuno.
La stanza assiste
inerme alle mie proteste, alle mie smorfie. Non riesco a trovare compassione
neppure dalla moquette.
Okay, questo è
decisamente troppo, posso capire la pazzia di RobinsonCrusoe, disperso per vent’anni su un’isola deserta,
ma io sono qui da nemmeno un giorno, anche se ne sembrano passati migliaia, e già
sto dando di matto?!
Pensa a qualcosa di
bello, qualcosa di bello, qualcosa di bello…
Seguendo la litania di
queste parole, la prima cosa bella che mi viene in mente è Ron. Che posso
farci?
Sarò troppo smielata?
A questo pensiero mi
scappa un sorriso involontario, poi sento un lieve fruscio e alzo di scatto la
testa verso la porta.
Victor, coperto da un
mantello scuro, lungo fino ai piedi, mi guarda dall’alto della sua statura, con
un sorriso di scherno.
Vedendo questa scena,
l’ultimo particolare che avevo notato prima di svenire, mi ritorna in mente:
Victor sorrideva, sorrideva nello stesso modo in cui sta facendo adesso.
«Ascolta, Hermione, è stato Victor Krum a rapirti?»
Le parole di Harry…
Mentre fisso Victor
incredula, immagino che la mia faccia sia un caleidoscopio di emozioni:
incredulità, consapevolezza, rabbia...paura.
«Bene, bene, Hemmionni. Vedo ke sai sorridere anke in una situazzione del generre…Brrava»
Non riesco a spiccicare
nemmeno una parola. Ho la lingua attaccata al palato e il cuore in gola.
Victor, si stacca dalla
porta e fa qualche passo in avanti. Io mi ritraggo inconsciamente, finendo
distesa direttamente sul materasso.
«Oh, ma che brrava, ti metti già in posizzione…»,
detto questo, Victor scoppia a ridere, ma la sua risata è cupa e non promette
niente di buono. Io non riesco ancora a proferire una frase di senso compiuto,
diamine, perché ho così tanta paura da non riuscire nemmeno a muovere un
muscolo?
Mi scruta, esaminando
ogni parte del mio corpo lasciata scoperta dal vestito strappato, con lascivia.
Poi i suoi occhi tornano nei miei, incatenandoli in una morsa ferrea.
Ho decisamente capito dove vuole arrivare.
Cerco di alzarmi come
meglio posso, stringendo i denti. Le catene mi feriscono nuovamente i polsi.
«Sei stato tu a mettermele?»,
sibilo, finalmente capace di articolare una frase con abbastanza rabbia,
ignorando le sue precedenti affermazioni.
«No, Gerard e Vince sono più esperrti
di me in questo. Sai comm’è, le mie manni sanno solo afferrarre una
scopa e abbracciarre una donna…», mi dice,
rivolgendomi un disgustoso occhiolino.
Un infinità di risposte
ciniche e beffarde circolano nella mia mente, ma dalla mia bocca non ne esce
nessuna.
Farei meglio a
controllare la lingua, o sennò potrei trovarmi in una situazione decisamente
spiacevole.
Bisogna ricordare che è
lui ad aver in mano la situazione, mentre io, in quanto povera, piccola,
innocente, (oh, davvero?! –ndA) vittima, non posso
permettermi di far come mi pare e piace…
Victor si inginocchia,
fino ad arrivarmi completamente davanti. Non smette di sorridere come un
cretino.
«C-cosa vuoi fare?»,
domando allarmata, cercando di controllare la voce il più possibile.
Victor avvicina ancora
di più il viso al mio, appoggiandosi con le braccia al materasso, guardandomi
dritto negli occhi. Qualcosa nel suo sguardo è cambiato radicalmente
dall’occhiata di un momento fa.
«Io…io volevo solo te,
Hermione», dice mortalmente serio.
Sentirlo chiamare il
mio nome correttamente ed in modo così intenso, fa saltare qualche battito al
mio cuore.
«Cosa diav-», inizio a dire, ma lui mi interrompe con un gesto
della mano.
Resto a guardarlo con
occhi sgranati.
«Volevo solo te, ho
sempre voluto solo te…Avrei potuto avere qualsiasi altra donna, ma tu eri
l’unica nei miei pensieri. Credevo di poterti comprare con la mia fama…il mio
denaro… e invece, semplicemente, dopo avermi dato quel bacio la sera del Ballo
del Ceppo, hai detto che non era il caso continuare in quel senso il nostro rapporto. Restiamo amici, ma certo.
Manteniamoci in contatto, ma certo! E io?! Cosa potevo dire?! Tu…tu…mi avevi
offerto la tua amicizia, avevi fatto un atto di carità…ciò ti aveva liberato di
un peso dalla coscienza, vero? VERO?!», dice Victor urlandomi in faccia e
costringendomi ancora di più tra le sue braccia.
Lo guardo impaurita e
al tempo stesso colpita dalle sue parole. «Io…non ho mai pensato a te come
qualcuno che mi facesse pietà…mai!», rispondo semplicemente. I suoi occhi
dardeggiano di fiamme e non sembrano volersi calmare.
«Andiamo, lo sappiamo
benissimo entrambi quanto tu sia brava a dire bugie, quanto tu sia calcolatrice,
quanto poco ti importasse di me allora e quanto mi disprezzi ora!», esclama
Victor, senza una logica precisa nelle sue parole.
«Io…», faccio per dire,
ma lui mi interrompe ancora una volta.
«Non tremare in quella
maniera. Non ti toccherò, se è questo ciò di cui hai paura…», aggiunge,
parlando piano e abbassando lo sguardo.
«Non ho mai toccato una
donna che non mi volesse. Io…invece…ho sempre voluto te e solo te, Hermione, ma
la vita va avanti per tutti…Va avanti e tu non puoi fare altro che lasciarti
trasportare da essa…lontano anche da quello che hai sempre desiderato
veramente. Finiamo per mentire a noi stessi, pur di andare avanti. Anche io mi
sono raccontato tante bugie…ho creduto che avrei potuto dimenticarti un giorno.
Ma non importa quanto tempo passasse, anno dopo anno, non era abbastanza. Non
valeva nemmeno un secondo del mio tempo passato con te…»
Victor rialza
nuovamente lo sguardo. Le sue pupille scure, profonde come un buco nero,
sembrano volermi risucchiare al loro interno. Io assisto alla scena ascoltando
stupefatta le sue parole, spettatrice inerme del dolore che quest’uomo ha
provato nel tentativo di tacere anche a se stesso queste parole.
«Ho finto di essere
indifferente, ma appena ti ho rivista tutti i sentimenti che credevo fossero
ormai sepolti, sono tornati a galla, prepotentemente. Forse…anche più
prepotentemente di prima»
Vorrei dirgli che me
n’ero accorta di questa prepotenza. Non so se ve lo ricordate, ma stava quasi
per strangolarmi con il suo abbraccio quando ci siamo incontrati!
Okay, forse questo non
è il momento per pensare a cose del genere…
E’ strano ciò che sento
dentro di me. Mi rendo conto della freddezza con cui sto accogliendo le sue
parole: non scatenano in me alcuna reazione, né positiva, né negativa. E’ come
se guardassi dal di fuori una vita che non è la mia, è come se ascoltassi
parole che non sono rivolte a me, è come se provassi emozioni che in realtà non
sono le mie.
Victor fa per parlare
nuovamente, ma la mia espressione vacua deve averlo messo in allarme.
«Non hai niente da
dire?», mi domanda lui, cercando il più possibile di evitare il contatto
diretto con il mio sguardo.
«No», rispondo
semplicemente, con un tono di voce neutrale. Tutta questa situazione mi sembra
così distante ed irreale che ormai sembro sul serio essermi convinta del fatto
che non si tratta di una questione che mi riguarda.
Lui sembra ferito dalle
mie parole, di certo si aspettava di tutto tranne la mia reazione indifferente.
A dire il vero, non me
l’aspettavo nemmeno io.
Si ricompone
velocemente e si alza di scatto, voltandomi le spalle e dirigendosi verso la
porta.
«Aspetta», mi sento
dire, sebbene questa voce non sembri la mia.
«Se davvero ci tenevi
così tanto a me, perché mi hai fatto questo adesso?», domando, facendo
tentennare appena le catene, per indicare che mi riferisco al fatto di essere
stata imprigionata qui.
Ho usato di proposito
il passato, perché è quello che è per me. Un passato troppo lontano, dove i
problemi erano futili, privi di senso. Un passato dove io, da ragazza,
consideravo l’amicizia un rapporto anche più solido di una relazione amorosa.
Se ti ho chiesto di
restare amici, Victor, non era per essere a posto con la mia coscienza, era
perché non potevo ricambiare in alcun modo quello che tu volevi, ma non avevo
il coraggio di perderti completamente.
Forse dovrei dirti
questo, forse queste sarebbero le parole giuste. Servirebbero ad alleggerire
almeno un po’ il tuo rancore?
«Ordini dei superiori,
non mi è permesso discuterli», mi risponde lui, continuando imperterrito a
voltarmi le spalle.
«Victor…», tento di
dire, finalmente pronta a confessargli la verità.
«Partiremo tra poco,
giusto per avvisarti.», queste le sue ultime parole, prima di scomparire
nuovamente dietro la porta.
Con gli occhi
spalancati, la bocca semi aperta, mi arrendo nuovamente al potere del silenzio.
E sono nuovamente sola.
***
«Andremo con le scope,
non c’è tempo di trovare un altro mezzo per arrivare in quel posto», decreta Reagan apparentemente convinto che sia la scelta migliore.
«E se usassimo una passaporta? Potrebbe vederci qualche babbano se usassimo le
scope in un orario inusuale!», protesta Lizzie.
«Per creare una passaporta dobbiamo prima chiedere al Ministero il permesso
di attivarne una. Se viene attivata senza il consenso viene immediatamente
distrutta e adesso non abbiamo il tempo di aspettare che il permesso giunga al
Ministro e poi venga firmato, dobbiamo essere tempestivi», le risponde Smith, solidale con Reagan.
«Comandante? Lei cosa
ne pensa?» , chiede Lizzie, apparentemente titubante sulla scelta delle scope.
«Facciamo come dice Reagan: le scope sono il mezzo più veloce che abbiamo per
arrivare a destinazione, solo dobbiamo stare attenti a non farci scoprire.
Presto si alzerà l’alba e il modo migliore per nasconderci agli occhi dei
babbani è volare fino a che c’è la notte a proteggerci.», dichiara Harry con un
innato spirito di leader. Non per niente, fino ad ora, tutte le missioni
affidate a lui hanno avuto un buon esito, e sono sicuro, lo avrà anche questa.
«Già, sono d’accordo
anche io», dico, appoggiando Harry e mettendogli una mano sulla spalla.
Lizzie dapprima sembra
voler replicare, ma, dopo aver sentito il mio consenso, sembra essersi
totalmente rassegnata.
«Andiamo, allora!»
Saliamo velocemente
sulle scope, lanciandoci subito verso la nostra meta. Mentre prendo quota,
stando ben attento a mettermi in formazione con gli altri, sento la fresca
brezza notturna accarezzarmi le guance. Mano a mano che saliamo nel cielo, la
brezza si fa più violenta e fredda, adesso mi sferza il viso, costringendomi a
tenere gli occhi socchiusi.
La sensazione globale,
però, è straordinaria. Mi sento libero da qualsiasi costrizione e da qualsiasi
legame con la terra.
Vedo la città sotto di
me brulicare ancora di vita, nonostante l’orario, in un gioco di luci e colori
che non è possibile apprezzare se non da questa altezza.
Sarebbe così bello se
ci fosse anche Hermione qui con me a godere di questo spettacolo…
Beh, adesso che ci penso,
il motivo per cui non c’è stata mai nemmeno prima l’occasione è perché, che voi
ci crediate o no, Hermione soffre di vertigini! Durante le missioni, ogni volta
che dobbiamo volare, si imbottisce di un sacco di intrugli e pozioni ed in
qualche modo riesce a resistere, ma non ha mai accettato di volare per un puro
giretto di piacere. Lo considera…com’è che dice sempre? Ah sì, ecco ora
ricordo: “Uno stupido passatempo, pericoloso ed insensato”.
In un altro momento
avrei riso del ricordo delle sue parole, adesso, invece, sento la rabbia
strisciare nelle mie vene, lenta ed inesorabilmente distruttiva.
Stringo con una forza
innaturale il manico della scopa, facendo sì che questa acquisti
improvvisamente ulteriore velocità.
Vengo colto di
sorpresa, perchè non mi aspettavo assolutamente che la scopa accelerasse in tal
modo, e perciò perdo il controllo della mia presa sulla scopa. L’attrito
dell’aria, prepotente e aumentato dalla velocità, mi spinge all’indietro, fino
a che non mi trovo aggrappato alla scopa sono con la mano destra e il corpo
ciondolante nel vuoto.
«Ron!», sento Harry
gridare alle mie spalle.
«Capitano!», mi
chiamano gli altri del gruppo, in coro.
Cerco di issarmi a
forza, aggrappandomi alla scopa ancora in moto, anche con la mano sinistra.
Harry mi raggiunge
immediatamente, accostandomi con la sua scopa.
«Ron! Salta qui
sopra!», mi urla in fretta e affannato.
Io scuoto la testa, violentamente: «Ce la faccio da solo!»
«Ma cosa stai dicendo!
Muoviti! Non fare sciocchezze!», replica Harry ancora più agitato dalla mia
risposta. Anche i miei altri compagni mi circondano con le scope, pronti ad
intervenire se necessario.
Mi azzardo a gettare
un’occhiata nel vuoto e resto stupefatto. Anche se non soffro di vertigini mi
rendo benissimo conto del pericolo a cui sto andando incontro. Stiamo volando
ad un’altezza impressionante, migliaia di metri sopra il centro cittadino, e la
scopa sembra mantenersi in volo a malapena, lottando contro le potentissime
sferzate di vento per mantenersi sempre in traiettoria.
«Ron! Si può sapere
cosa vuoi fare? E’ pericoloso!»
Diamine, Harry, lo so
che è pericoloso, che credi!
Tuttavia, mi ostino a
non afferrare la sua mano protesa verso di me.
Mi ci sono cacciato da
solo in questa situazione e da solo ne uscirò. Come posso pretendere di voler
salvare Hermione, se non riesco nemmeno a tirare fuori da un guaio
me stesso?
Faccio forza sulle
braccia, per riuscire a risalire nuovamente, ma la scopa vacilla e trema
terribilmente e quasi mi spinge di sotto.
Gridare per la sorpresa
e la paura mi viene naturale, anche se non avrei voluto farlo.
«Ron!»
Non posso arrendermi,
non posso farlo.
«Va tutto bene, ce la
posso fare!», dico ad Harry con voce flebile, sperando che riesca a sentirmi.
Cerco di infondere le
stesse parole di fiducia ed ottimismo anche a me stesso.
Faccio nuovamente forza
sulle braccia, cercando al tempo stesso di alzare le gambe e tenere la scopa
ferma nella maniera migliore possibile. Questa vibra violentemente, ma non
riesce a scaraventarmi giù.
Stringo i denti,
aggrappandomi nella maniera migliore possibile al manico della scopa.
Con uno sforzo non
indifferente, infine, torno nuovamente a sedermi correttamente sul manico,
sistemandomi per bene e riprendendo il controllo della scopa.
Rallento l’andatura e
mi rimetto al passo con gli altri. Sento i miei compagni tirare un sospiro di
sollievo.
Harry mi guarda con
aria arrabbiata e apparentemente omicida. Io evito il suo sguardo, girando la
testa dall’altra parte, e sogghigno alle sue spalle.
«Bel lavoro, capitano!»,
si complimenta Smith, e a lui si associano tutti i
nostri sottoufficiali presenti.
Harry continua a
guardarmi severo, senza proferire parola.
Cerco di riflettere sui
miei errori: so di averlo fatto preoccupare terribilmente, ma è più che ovvio che
ai miei sbagli occorra rimediare da solo. D’altronde è sempre quello che mi
diceva Hermione ai tempi di Hogwarts, quando andavo a frignare da lei e le
chiedevo di coprirmi con scuse di ogni genere con Harry quando, per troppa
pigrizia, non mi presentavo agli allenamenti di Quidditch.
Ecco, di nuovo lei.
Sempre lei.
«Mione…sto arrivando…»
«…»
«Sbrigati»
Queste sono le uniche
parole che continuano a vorticarmi in testa. Il suo richiamo doloroso, ansioso.
Qualcosa che non posso semplicemente ignorare.
«Siamo arrivati»,
annuncia Harry, dopo diversi minuti di silenzio, con voce incolore.
«Così pare», risponde Reagan.
Scendiamo di quota,
rapidamente. Nessuno sembra essere nei paraggi, perciò atterriamo senza
problemi. In ogni caso occultiamo le scope immediatamente.
Nonostante tutto,
cinque persone coperte da pesanti mantelli neri, nel cuore della notte, in un
vicolo buio e deserto, con scope o no, sembrerebbero decisamente sospette.
Questi pensieri, però, decido di tenerli per me.
Con la mappa ben aperta
in mano, Harry si fa strada, seguito da tutti noi. Giunto nel punto stabilito
si ferma e dichiara: «E’ qui.»
Tutti lo guardiamo
stupefatti e delusi. Un semplice muro?!
Non può essere!
***
Victor mi ha appena
detto che partiremo tra molto poco. Harry mi ha raccomandato di prendere tempo.
Sì, ma come faccio?!
Cerco di pensare ad una
qualsiasi scusa per ritardare la partenza. Se dovessi uscire dai confini
dell’Inghilterra, i miei compagni non riuscirebbero più a trovarmi.
Devo trovare una
soluzione, e possibilmente, anche in fretta!
Potrei chiedere a chi
mi tiene prigioniera di lasciarmi andare in bagno, ma anche facendo così, di
quanto potrei ritardare l’inevitabile?
Inoltre, sospetto che
Victor e compari preferirebbero farmi scoppiare la vescica, piuttosto che
permettermi di usare la toilette, sempre che ce ne sia una in questa topaia.
Basta vedere come m’hanno conciata, legata non con semplici corde, bensì con
catene. Sembro un detenuto rinchiuso in un carcere di massima sicurezza!
Devo agire, in qualche
modo, sui miei carcerieri. Se avessi avuto un po’ di libertà in più dalle
catene e non fossi così ferita, magari sarei riuscita anche a liberarmi e ad
immobilizzarli.
L’arte marziale è la
mia specialità, sapete? Di tutto il reparto Auror, gli unici che riescono a
darmi filo da torcere negli allenamenti, sono il Generale Harshcroff, che con
la sua stazza e forza è peggio di una tigre selvaggia quando combatte, e Ron ed
Harry che, avendo seguito il corso di addestramento con me, ormai conoscono
tutte le mie mosse preferite e riescono ad evitarle in tempo. Con dei perfetti
sconosciuti, per quanto forti siano, utilizzando la mia apparenza di giovane
donna ferita e debole, invece, potrei riuscire facilmente a coglierli di
sorpresa con un attacco improvviso e a metterli k.o.
Nel momento del bisogno
mi sento autorizzata anche ad adottare mezzi così meschini, pur di scamparla!
Va bene, è inutile
perdersi in chiacchiere. Devo concentrarmi e pensare a qualche piano utile e
facile da mettere in atto.
Poiché non ho idea di
chi mi abbia rapita, oltre Victor, sarà proprio lui il soggetto del mio piano.
Per quanto io abbia
ignorato le sue parole, ferita dal suo tradimento, un tradimento che non mi
sarei mai aspettata da un amico con cui mi sono sempre tenuta in contatto, la
sua confessione ha avuto l’effetto desiderato su di me, e cioè, farmi sentire
in colpa. Mi sento in colpa di avergli causato tanto dolore, anche se
inconsapevolmente, ma non saprei proprio come fare a rimediare. Non importa
quanto tempo passi, non sarò mai in grado di ricambiare i suoi sentimenti, in
nessun modo. Forse è per questo che mi sono comportata in modo così serio
prima, perché offrendogli una risposta meno drastica, avrei potuto illuderlo
ancora. So come ci si sente alle prese con un amore non ricambiato, lo so
benissimo.
Aspetterò Ron, ore,
giorni anni, forse anche tutta la mia vita, ma qualcosa tra di noi cambierà
mai? Sarà sempre lui la causa del mio pianto e al tempo stesso della mia più
assoluta felicità? Troverò mai il coraggio di mettere fine alle bugie, alle
scuse, dietro alle quali ci nascondiamo sempre, perché la realtà potrebbe farci
male o rovinare il nostro rapporto?
Ciò che Victor ha detto
prima, il suo rifiuto della verità, perché aveva paura di affrontare i suoi
sentimenti, riesco a comprendere tutto il suo dolore. Eppure, nonostante
questo, non posso dirgli nient’altro che un semplice: “Ti capisco”, perché un
ulteriore coinvolgimento farebbe male sia a lui che a me.
Andrebbe lo stesso così
tra me e Ron se io gli dichiarassi quello che provo? Mi offrirebbe un sorriso
amaro per poi allontanarsi da me, per non farmi soffrire ulteriormente, poiché
incapace di ricambiare il mio amore?
Lo farebbe anche lui?
Perchè, perché, perché,
non posso smettere di pensare a lui e concentrarmi su cose più importanti?
I miei amici hanno
promesso di venire a salvarmi, ma sarà tutto inutile se lascio che i miei
carcerieri mi portino via così presto.
Non posso lasciare che
ciò accada.
Victor si materializza
di nuovo all’improvviso nella stanza, ma questa volta sono pronta ad
accoglierlo. Seduta sul materasso, alzo lo sguardo verso di lui, stando bene
attenta a non far trasparire il veleno nei miei occhi.
«Ti porrtiammo
via immediatammente.», annuncia tornando a parlare in
modo sgrammaticato. Perché fa così, quando mi ha appena dimostrato di saper
parlare benissimo e in modo corretto?
Ignoro questa
affermazione e resto a guardarlo.
«Voglio chiederti una
cosa», gli dico.
Lui resta sorpreso
dalla mia richiesta, non risponde niente. Prendo il suo silenzio come un
assenso.
«Baciami»,
ordino.
Victor mi guarda
stupefatto, strabuzzando gli occhi in modo fin troppo esagerato, spalancando la
bocca come un pesce lesso.
Victor, tu mi hai
tradita, hai tradito la mia fiducia. Ma hai detto una cosa molto vera su di me:
sono una persona calcolatrice.
Mi dispiace, ma una
volta colpita, non porgo mai l’altra guancia.
Mai.
***
«Cosa?! Un muro? E
adesso?», domanda Smith, completamente confuso. Mi
associo a lui. Non ci sto capendo più niente.
Lizzie,
improvvisamente, si fa avanti. Appoggia la mano sul muro e chiude gli occhi.
«Proprio come
pensavo…», mormora tra sé e sé.
Io, Smith
e Reagan la guardiamo straniti. Cosa vuol dire con
questo?
Harry le rivolge la sua
faccia di bronzo inespressiva e domanda: «E’ una barriera magica, vero?»
«Esatto. Il punto più
forte da dove proviene la magia è proprio questo. Non c’è dubbio», risponde la
ragazza bionda.
«Barriera magica?»,
domando piuttosto curioso.
Harry mi guarda male,
senza rispondermi, e si gira dall’altra parte con tutto il proposito di
ignorarmi. Capisco…non mi ha ancora perdonato la pazzia con la scopa…
«Già», risponde Lizzie,
gettando un’occhiata perplessa all’indifferenza del Comandante Potter nei miei
confronti.
«Apparentemente è un
muro, ma poiché sento provenire della magia da qui, e la mappa fornita dal microcip ci indica proprio questo punto, non c’è dubbio che
il Comandante Granger si trovi oltre questa barriera magica», illustra in
maniera molto semplice.
«E come la superiamo?»
«E’ proprio per questo
che Lizzie è qui», risponde Harry. «E’ un’esperta di rimozione e localizzazione
delle barriere magiche ed illusorie. Non a tutti è possibile eseguire delle
magie simili, come quelle di creazione o distruzione di una barriera. Ma c’è
chi si specializza proprio in questo, ed è appunto ciò che ha fatto lei.»
Ecco allora perché quel
vecchio lupo di Harshcroff l’ha mandata insieme a noi in missione!
Evidentemente deve aver previsto che una cosa del genere sarebbe accaduta.
Non potrei mai
immaginare un altro generale degli Auror, se non ci fosse lui, anche se,
diciamoci la verità, è un gran bastardo.
«Vediamo cosa si può
fare», dice Lizzie, poggiando la mano sinistra sul muro e prendendo con la
destra la bacchetta dalla tasca del mantello.
Recita una serie di
formule velocemente, sussurrando appena, poi poggia la punta della bacchetta
contro il muro e questa ci passa facilmente attraverso. Riuscita nel suo
intento, si gira verso di noi e ci sorride: «Ecco fatto!»
Resto sinceramente
impressionato dall’efficacia e dalla rapidità del suo lavoro, ma suppongo c’era
d’aspettarselo, visto che Lizzie è considerata un’esperta in questo campo.
Tutti ci complimentiamo
con lei, facendo sì che lei arrossisca ogni volta. E’ una ragazza graziosa, non
c’è dubbio.
Tiriamo fuori
all’unisono le bacchette dal mantello e le puntiamo contro il muro, piano piano queste ci passano attraverso. Una forza improvvisa,
dall’altra parte della barriera, funge da risucchio, e ci trascina all’interno,
prima di avere il tempo di arrivarci da soli.
Sorpassata la barriera,
arriviamo a destinazione un tantino doloranti e confusi, perché siamo stati
trascinati così bruscamente all’interno.
«Ahia!», mormoro
massaggiandomi la spalla. Ho presto proprio un brutto colpo!
Ci prendiamo il tempo
necessario per riprenderci e tornare in guardia, ma quando rialziamo gli occhi
per guardarci intorno, notiamo qualcosa che decisamente non va.
No, decisamente no. A meno che, voi non consideriate “normale” una
quarantina di ceffi tutti con la stessa faccia, con in mano una bacchetta
ciascuno, che ci guardano con occhi iniettati di sangue.
Restiamo sorpresi ed
inorriditi, prima di raccogliere il coraggio necessario a contrattaccare.
Avremmo dovuto
immaginare che un’imboscata, senza prima un accurato sopralluogo, sarebbe stato
un gesto troppo azzardato.
I nemici ci circondano
da ogni parte. Sembrano essersi moltiplicati sempre di più. Stringo forte la
bacchetta in mano.
Reagan, all’improvviso, si
lancia all’attacco, senza aspettare gli ordini di Harry. Urliamo il suo nome,
cercando di richiamarlo, ma lui è già impegnato in un corpo a corpo con uno dei
cloni. Harry invoca immediatamente una barriera di protezione e gli permette di
ritornare dove siamo noi. Nessuno ha il tempo per rimproverargli quel suo gesto
decisamente stupido, ci stringiamo l’uno con l’altro, spalle contro spalle, per
avere almeno quelle coperte e concentrarci sui nemici che abbiamo davanti.
«ASPETTATE!», urla
Lizzie, tentando di bloccarci in tempo.
«Sono illusioni!
Sarebbe inutile combatterle!», continua a dire. Tutti la guardiamo sorpresi.
«E allora cosa
facciamo?», le chiedo, ma prima che possa rispondere, qualcuno l’afferra e le
punta una bacchetta alla gola.
Raggeliamo.
«Allora, piccola…anche questa
ti sembra un’illusione?», domanda il tizio che la tiene ferma, con un forte
accento bulgaro.
Lizzie sgrana gli occhi
e lotta per liberarsi. Lui rafforza la presa e la costringe a restare immobile.
«Se ti muovi ancora un
altro po’, lascerò che questa bacchetta ti affondi dritto in gola. Non è
necessario nemmeno usare un incantesimo: sono molto bravo a farlo con le mie
stesse mani…», le mormora all’orecchio con un ghigno.
Smith e Reagan
fanno per lanciarsi all’attacco su di lui, Harry, però, li blocca.
«Ho tutta l’impressione
che quel tizio faccia sul serio», dice, «Ha gli occhi di un pazzo».
«Il vostro capo ha
ragione», asserisce l’uomo, ampliando il suo sorriso inquietante. «Però potrei
lasciare andare questa bella fanciulla ad una condizione…»
«Quale?», chiede Harry
con uno sguardo duro e tagliente, senza abbassare la guardia di un millimetro.
«Che voi lasciate l’altra a me e ad i miei compagni…»
Un momento. Ha detto “l’altra”?! Intende dire Hermione?
Alzo la bacchetta
contro di lui, dritto verso gli occhi. Harry si gira a guardarmi, allarmato. Smith e Reagan fanno lo stesso.
«Lascia andare
Hermione.», ordino, senza un briciolo di paura o nervosismo.
L’uomo bulgaro resta
decisamente sorpreso dalle mie azioni.
Dopo poco, però, si
riprende subito e torna a ridere: «Il tuo amico qui», si rivolge ad Harry
«…sembra avere gli occhi di un pazzo, proprio come me...»
Il bulgaro sposta la
bacchetta dalla gola di Lizzie, bloccandola tuttavia con l’altro braccio, per
rivolgerla dritto verso di me e dice: «Ci sarà da divertirsi, suppongo…».
***
«Baciami.»
Victor continua a
guardarmi interrogativo.
Scommetto che proprio
non se l’aspettava.
Beh…in effetti non me
l’aspettavo nemmeno io.
«Come, prego?»
«Baciami, ho detto.»
Lui fa una risata
nervosa, poi assume il suo solito ghigno e risponde: «Hemmionni,
non ti conviene scherzare con il fuoco…»
«Non sto scherzando,
voglio che mi baci. Adesso.»
Il sorriso gli muore
tra le labbra, quando vede che io sembro essere completamente seria.
Resta fermo ed
impalato, guardandomi dall’alto della sua altezza. Non azzarda a far nemmeno un
passo.
Che gli prende?! Prima
mi urla in faccia “Ho sempre voluto solo te, Hermione”, almeno una decina di
volte, e ora se ne sta con i piedi incollati al pavimento, senza cogliere l’occasione
che gli ho offerto?
«Voglio che tu mi baci,
Victor. Dimostrami che tutte le belle parole che mi hai detto prima sono vere.
Dimostramelo e io ti crederò», dico, cercando di essere il più convincente
possibile.
A quanto pare il suo
cervello sembra aver ripreso le funzioni celebrali. Il messaggio è stato
recapitato correttamente da quello che leggo nel suo sguardo.
«Baciami e dimostrami
cosa provi per me…», sussurro con fare suadente.
Allora, caro? Ancora
nessuna risposta?
Mi chiedo se questa
mancanza di reazione sia dovuta alle mie scarse abilità recitative.
Magari dovrei tentare
un’altra strada…
«Va bene, capisco.
Quelle di prima erano solo bugie…ti faccio talmente schifo che non vuoi nemmeno
darmi un semplice bacio…», parlo, fingendomi afflitta e sconsolata, abbassando
il mio sguardo ferito a mo’ di cucciolo inzuppato dalla pioggia.
Ti prego, ti prego, fa
che abbocchi!
Improvvisamente, Victor
reagisce. Mi raggiunge rapidamente, si inginocchia davanti a me e mi solleva il
mento con un dito.
Ci siamo! Ci siamo!
Mi scruta negli occhi,
attento: «Sei seria», dice e non è una domanda.
«Mai stata così seria
in vita mia», rispondo, cercando di mantenere un tono convincente nella mia
farsa.
Sentendo queste parole,
Victor tentenna.
«Perché vuoi che ti
baci?», domanda.
Resto sorpresa dalle
sue parole. Possibile che debba farmi penare così tanto? Non può baciarmi e
basta?
Che diamine gli dico,
adesso?!
«P-Perché…devo…capire
delle cose», rispondo con un’intonazione meno sicura di prima.
«Quali cose?», il tono
della sua voce, invece, è inquisitorio.
Ciò mi mette ancora di
più nei casini.
«Su di me…su cosa
provo…per te», replico, cercando di nascondermi ai suoi occhi, improvvisamente
imbarazzata.
Possibile che
l’imbarazzo debba venirmi proprio adesso?! E pensare che stavo andando così
bene! Dannato Victor, devi rovinare sempre tutto!
«Va bene allora…»,
decreta lui, tutto ad un tratto, quando ormai avevo perso le speranze che
avrebbe mai risposto alla mia richiesta.
Io sgrano gli occhi
sorpresa. Ci sono riuscita per davvero?
Probabilmente fingere
imbarazzo è servito al suo scopo! Anche se, a dire il vero, non era tutta una
finzione…
Accorgendomi di aver
perso la cognizione della realtà per qualche secondo, torno lucida appena in
tempo per vedere Victor chiudere gli occhi e protendere le labbra verso di me.
Ho un improvviso
impulso di risa, ma lo trattengo.
Aspetto che lui si
avvicini ancora di più, accertandomi sempre che tenga gli occhi chiusi, poi,
colto il momento opportuno, passo all’attacco.
Sferro contro di lui
una violenta testata, stando ben attenta a colpire un punto preciso della
fronte, e Victor non fa nemmeno in tempo a restare sorpreso di questo mio
gesto, che mi cade addosso, svenuto.
Esulto mentalmente,
complimentandomi con me stessa. Anche se a fatica, sono riuscita a portare a
termine il mio piano di vendetta!
Abbassando, però, lo
sguardo verso un ignaro Victor addormentato, le mie guance si imporporano
immediatamente, vedendo dove egli si è inconsciamente posizionato.
Dovrei avervi già
detto, probabilmente, che il vestito indossato alla serata di Gala è piuttosto
malconcio, e strappato in più parti, soprattutto la scollatura, che prima non
era niente di particolare, adesso è diventata parecchio audace. Ecco,
beh…Victor è appoggiato beatamente tra i miei seni, per la maggior parte
scoperti, e sembra stare piuttosto comodo! Con il suo peso addosso e le catene
a frenare i miei movimenti, non riesco a muovermi nemmeno un po’. Tuttavia, mi
conviene non fare troppi movimenti, anche perché non so per quanto tempo Victor
resterà inconscio. Mi auguro veramente che non si svegli, per la salvezza della
mia incolumità!
All’improvviso sento
qualcuno armeggiare al di là della porta. Mi irrigidisco quando vedo
improvvisamente entrare un ragazzo, davvero molto giovane, apparentemente
affannato e con fare frettoloso.
«Vic-»,
fa per dire, ma vedendo la scena, ovvero Victor con la faccia immersa nel mio
seno, irrimediabilmente sembra fraintendere, arrossisce di botto e scappa dalla
stanza, lasciando per la fretta la porta mezza socchiusa.
Vedendo uno spiraglio
di speranza aprirsi tutto ad un tratto di fronte a me, faccio in modo di
coglierlo al volo.
Tento di muovermi, come
meglio posso, controllando costantemente ogni movimento di Victor, e piano piano riesco a far scivolare le mie mani nella tasca destra
del suo mantello.
Come previsto, la sua
bacchetta è qui, a mia completa mercé. Fatico un po’ per prenderla, cercando
però di ignorare il dolore ai polsi, sui quali le catene scivolano senza pietà,
e riesco nel mio intento senza problemi particolari.
Un ghigno si apre sul
mio viso: il destino sembra essere dalla mia parte, per una volta!
Uso un incantesimo non
verbale, nei quali sono stata sempre molto brava, per far addormentare Victor
di un sonno molto profondo, e poi rivolgo la bacchetta per prima cosa verso le
mie caviglie, invocando un incantesimo che faccia sparire le catene: «Evanesco!», mormoro. Faccio lo stesso con i miei
polsi, mi scrollo Victor di dosso, gli punto la bacchetta contro e dico: «Incarceramus!». Pesanti catene appaiono dal nulla e lo
legano strettamente al materasso.
Mi spiace, amico mio, al tuo risveglio avrai un bel po’ di doloretti!
Faccio per uscire dalla stanza in cui sono stata prigioniera fino ad ora,
camminando a fatica – la caviglia destra mi fa male da morire a causa della
distorsione che ho preso prima – , quando tutto ad un tratto sento un fracasso
non indifferente provenire da dietro la porta. Vengo attirata da un’altra serie
di grida, ma soprattutto, l’urlo che mi rimane impresso di più è uno solo.
«RON!»
***
«Ron!», mi chiama Harry, ma io non l’ascolto.
Non posso lasciare che questo tizio continui a ricattarci, non posso
lasciare che si porti via Hermione.
Non posso, a nessun costo!
L’uomo bulgaro continua a sorridere in quella maniera perversa,
puntandomi la bacchetta contro. Lizzie, invece, intrappolata dal suo braccio
destro, mi rivolge qualche segno in codice, senza che lui se ne accorga.
Annuisco impercettibilmente per farle capire che ho afferrato il
messaggio e poi mi preparo ad attaccare.
«Ron, no!», ripete Harry, ma prima che possa avvicinarsi a me, viene
circondato da cloni da ogni parte, che lo guardano nella stessa maniera con cui
l’uomo sta guardando me.
Smith e Reagan sono stati circondati allo stesso modo e fanno del
loro meglio combattendo strenuamente, cercando di darsi una mano a vicenda.
Spero che riescano sul serio a cavarsela, anche se, viste le condizioni
in cui mi trovo, più che pensare agli altri, dovrei pensare a me.
«Allora? Intendi continuare a fissarmi con la bacchetta puntata senza
fare niente?», domanda il mio avversario alzando un sopracciglio.
Io non rispondo niente,
ma mi tengo preparato.
“Chi fa la prima mossa,
se non è sicuro di colpire in pieno l’avversario con un solo colpo, corre il
pericolo maggiore.” Questo è quello che mi hanno insegnato all’accademia degli
Auror, ed è anche una delle migliori lezioni di vita che ho imparato.
“Avanti, bello, fammi
vedere di cosa sei capace”.
Quest’attesa spasmodica
sembra metterlo in ansia, lo vedo stringere la bacchetta convulsamente e
iniziare a sudare.
Io resto immobile ed
inespressivo.
“Andiamo, fatti
avanti”, continuo ad incitarlo mentalmente.
«E va bene! Te la sei cercata tu!», mi minaccia, poi muove rapidamente la
bacchetta in modo circolare e urla: «CRUCIO!»
Con un agile movimento, schivo l’incantesimo saltando di lato e
avvicinandomi all’uomo.
«RON!», grida Harry, che nonostante sia impegnato a combattere con un
numero non indifferente di nemici, sembra seguire costantemente la mia lotta.
«CRUCIO!», dice l’uomo, scagliando nuovamente la maledizione su di me, io
la evito senza fatica come prima.
«CRUCIO!, CRUCIO!, CRUCIO!»
L’uomo è impazzito, sembra aver perso ogni briciolo di calma e inizia a
sferrare Cruciatus per tutta la stanza, mancandomi
ogni volta. E’ talmente arrabbiato e innervosito che non si preoccupa nemmeno
più di prendere la giusta mira.
Io continuo ad evitare i fasci di luce emanati dalla bacchetta e piano piano mi avvicino sempre di più a lui.
E’ il momento. Lizzie mi guarda complice, indicandomi di essere pronta.
Mi lancio su di lui, ma c’è qualcosa che distrae l’attenzione di tutti i
presenti nella stanza. Un ragazzino, con il viso rosso e accaldato, arriva
correndo e si rivolge all’uomo: «Vince, Victor è…», fa per dire, ma poi si
blocca e arrossisce ancora di più.
L’uomo che ho appena scoperto chiamarsi Vince, distratto dall’arrivo del
suo compagno, diventa una facile preda per Lizzie che lo colpisce in mezzo allo
stomaco, poi lo spinge a terra e lo blocca a faccia in giù con un piede,
puntandogli la bacchetta dietro al collo e infliggendogli uno schiantesimo.
Resto seriamente affascinato dalla sua abilità, ma resto sorpreso ancora di
più vedendo che i cloni sono scomparsi non appena l’uomo è caduto svenuto.
Harry, Smith e Reagan,
sono finalmente liberi di raggiungerci.
«Erano delle illusioni che lui controllava», spiega Lizzie, riferendosi
ai cloni, «E quando ha perso i sensi, la sua magia ha avuto un’interruzione,
perciò i cloni sono spariti nel nulla.»
Ci complimentiamo
nuovamente con lei, Reagan le scompiglia
affettuosamente i capelli e Smith le dà una pacca
sulla spalla. Io ed Harry le sorridiamo incoraggianti e lei arrossisce di
nuovo.
All’improvviso, però,
sembro ricordarmi di una faccenda che abbiamo lasciato in sospeso.
Dov’è il ragazzino?
In risposta alla mia
domanda, lo vedo davanti a noi, mentre raccoglie la bacchetta del suo compagno
svenuto e la punta verso di noi.
Si svolge tutto così
velocemente, che non ho nemmeno il tempo di pensare a difendermi.
«AvadaKed-», inizia
a recitare, eppure si interrompe improvvisamente. Resto scioccato nel vederlo
improvvisamente pietrificato.
Ma chi…?
Una figura si fa avanti, emergendo dalle ombre della stanza. E’ a piedi
nudi, ferita in più parti sulle braccia, i capelli ricci e selvaggi, con
indosso un vestito sbrindellato, ma, malgrado ciò, con un sorriso sulle labbra.
«Finalmente i miei salvatori sono arrivati!», esclama Hermione sorridendo
ancora, con una mano su un fianco e nell'altra una bacchetta.
«Hermione!»
«Comandante!»
Quasi non credo ai miei
occhi. E’ vera la persona che vedo davanti a me?
Resto in disparte,
ancora troppo scioccato per accettare la realtà, mentre gli altri si lanciano
su di lei, abbracciandola e chiedendole le sue condizioni. Lei risponde a tutti
con un sorriso gioviale, ma il suo atteggiamento che non mi convince.
E’ tutto troppo
forzato: sta fingendo.
«Beh, alla fine più che essere stata salvata da noi, sei stata tu a
salvarci, Hermione!», le dice Harry, ringraziandola per il pronto intervento di
prima.
«Comandante! Come sta? Tutto bene?», chiedono all’unisono Lizzie, Reagan e Smith.
«Certo! Grazie per esservi preoccupati per me!», risponde Hermione come
sempre affabile.
I suoi occhi, oltre le
teste dei miei compagni, sembrano cercare i miei. Dopo avermi localizzato, mi
sorride rincuorata e sembra voler invitarmi ad avvicinarmi. Nonostante ciò, c’è
qualcosa che mi impedisce di farlo.
Fa per raggiungermi lei a questo punto, ma vedo il suo volto assumere un’improvvisa smorfia di dolore, quando
muove la gamba. Incapace di resistere, allora, mi faccio strada tra gli altri e
mi inginocchio per vedere meglio le condizioni della sua caviglia. La pelle ha
assunto un colore violaceo che non mi piace per niente.
«Hermione…ma è rotta! Ti sei rotta la caviglia?!»
«Rotta? Ah…sì, probabilmente…ricordo di aver fatto un po’ di acrobazie
tentando di scappare…ma pensavo fosse solo una distorsione…», cerca di
giustificarsi.
Scuoto la testa rassegnato e la prendo in braccio al volo.
Hermione sgrana gli occhi, fin troppo sorpresa da questo gesto.
«R-Ron! Che stai facendo?! Lasciami! Ce la faccio a camminare anche da
sola! Lasciami!», protesta, agitandosi.
Io la ignoro e, seguito dai miei altri compagni, che nel frattempo
ridacchiano in sottofondo, la porto fuori da questo squallido posto.
Sento il suo profumo, i suoi capelli solleticare il mio viso, la sua voce
che mi urla insulti, le sue dolci curve che premono contro il mio corpo, e tutto
mi sembra nuovamente giusto.
Tutti i sentimenti negativi che mi opprimevano il cuore sembrano essere
spazzati via da una brezza leggera.
Sono nuovamente in grado di respirare, di riempirmi i polmoni a pieno con
il suo delicato respiro.
Resta con me per sempre,
Hermione.
Per sempre.
***
Ron non mi ha lasciato
nemmeno un attimo, da prima.
Anche adesso, mentre me
ne sto distesa su un lettino del San Mungo, in attesa che qualche Medimago si occupi
della mia caviglia rotta e delle mie ferite sparse, continua a stare accanto a
me.
«Ron, sicuro che per te non sia un fastidio?», chiedo per l’ennesima
volta.
Lui alza gli occhi dal giornale di Quidditch
che ha tra le mani, sbuffando: «Ti ho detto di sì. Adesso mi lasci finire
questo articolo in pace?», dice e poi riprende a leggere.
Strano…siamo sicuri che stia leggendo sul serio? E’ da più di un’ora che
ha sempre la stessa pagina aperta!
Mi distendo sul cuscino e decido di chiudere un po’ gli occhi e
riposarmi.
Mi merito un po’ di pace, in fondo, dopo una giornata così movimentata!
«Inoltre…non posso lasciarti da sola. Non hai ancora pianto e scommetto
lo farai molto presto…»
Riapro gli occhi di scatto al suono delle sue parole.
«C-Che cosa?!», sbotto con voce fin troppo acuta.
«Mi hai sentito bene», replica lui tranquillo, «Mi sono accorto che avevi
voglia di piangere da prima, eppure ti sei sforzata di dispensare sorrisi a
tutti…Perché non cerchi di essere sincera con te stessa, per una volta?»
Io lo guardo scioccata, Ron, invece, continua a restare nascosto dietro
al suo giornale, dal quale spuntano solo alcuni ciuffi dei suoi capelli.
Colpita e affondata…come faceva a sapere di questo groppo che staziona
nella mia gola e di cui non sono ancora riuscita a liberarmi?
Non rispondo, incapace di trovare una scappatoia alle sue parole.
«Visto? Chi tace, acconsente»
«Ehi, io non ho acconsentito!», protesto accalorata.
«E invece sì»
«No!»
«Sì»
«No!»
«Sì»
«No!»
«Sì»
«No!»
«No!»
«No!»
«Che palle…non ti confondi mai con il “Sì”», sbuffa lui, dopo aver
fallito con il suo sciocco tranello.
Scoppio a ridere, sinceramente questa volta. Ron alza finalmente gli
occhi dal giornale.
«Strano…questa volta non abbiamo iniziato a litigare…», commenta quasi
stralunato.
«Sarà che siamo stati abbastanza lontani l’uno dall’altra…e mentre
eravamo lontani abbiamo ricaricato le batterie per sopportarci di nuovo…»,
rispondo enigmatica.
«Ma io non voglio stare mai più così lontano da te…mi mette ansia…», ammette
Ron, nuovamente sepolto nel suo giornale, con le orecchie rosse come i suoi
capelli.
«E’ perché ci siamo abituati “male”…stare sempre insieme ci ha fatto
prendere per scontato la presenza dell’altro…e in momenti in cui ci troviamo
separati per forza, la mancanza si sente ancora di più, no?», dico io. Che
strano discorso, è come se stessimo discutendo di tutt’altro attraverso queste
parole. E’ come se stessimo confessando quelle debolezze che abbiamo sempre
taciuto, quelle debolezze che sono rimaste a lungo serrate nei nostri cuori.
«Forse, hai ragione…», mi concede Ron, anche se un tantino titubante.
«Io ho sempre ragione, caro
mio! Te ne sei già dimenticato?»
Ron sorride e poi dice: «E’ anche questo che mi piace di te, in fondo…»
EH? Cosa vuol dire con il “mi piace di te”? Intende in senso generale o
in quel senso?!
Rido nervosamente: «Se non specifichi in quale senso intendi quel “piace” potrei anche fraintendere…»
Chissà perché, ma sento le mie guance colorarsi di un rosso brillante.
Era solo il commento di un amico, non c’è bisogno di sentirsi così nervosi!
L’ha detto da amico e adesso me ne darà anche la conferma!
«Fraintendi pure, se vuoi, allora.», risponde Ron.
No, decisamente questo non è il tipo di risposta che mi aspettavo.
«EH?!», sbotto, incapace di trattenere l’esclamazione nei miei pensieri.
«Lo sai che odio ripetermi…»
«Ripeterti? Ma se non ho capito nemmeno di cosa stai parlando! Ahahahah!»
Vi prego, se c’è un modo, aiutatemi a smettere di ridere in questa
maniera idiota! I miei muscoli facciali non sembrano più voler rispondere ai
miei comandi!
Ron, invece, è serissimo. «Tu…mi piaci», dice, tentennando appena, «In ogni senso».
Le sue orecchie e le mie guance devono aver preso fuoco, ormai.
«A-ah…», riesco solo a mormorare, senza aggiungere altro. Abbasso gli
occhi sulle mie mani, incapace di affrontarlo. Nemmeno per l’anticamera del
cervello mi era passato che IO potessi piacere a LUI.
E adesso? Come potrei mai reagire? Non è quello che ho sempre sognato?!
Il mio cuore batte all’impazzata, ebbro di una felicità non esprimibile a
parole.
Diamine! Se solo ricordassi come rispondevo nei miei sogni…cosa
facevo…Cosa facevo?!
Un attimo…ho un’idea!
Rialzo di scatto la testa, in tempo per vedere Ron che si è azzardato a
sbirciare dal bordo del giornale e mi guarda con uno sguardo piuttosto triste e
ferito.
«Ron! Vieni qui, immediatamente!», gli ordino.
Lui non sembra capirci letteralmente più niente.
Okay, suppongo che questo non sia il modo più consono per rispondere ad
una dichiarazione, ma…
«Non dirmi che adesso vuoi sgridarmi?!», piagnucola, «Guarda che ho detto
la verità!»
Anche se restio, però, mi si avvicina. Io raccolgo tutto il coraggio
possibile, forte del fatto che lui sembra provare le stesse cose per me, gli
afferro la testa tra le mani e…lo bacio.
Beh, sapete…tutti i miei sogni riguardanti Ron, da più o meno di otto
anni a questa parte, terminano così.
Con io e lui che ci scambiamo un tenero bacio, ci guardiamo negli occhi e
poi ridiamo delle nostre stesse espressioni trasognate. Al risveglio, però, una
sensazione amara mi si faceva strada nella bocca e le lacrime affioravano agli
occhi. Era stato un bel sogno, ma rappresentava solo una finta felicità.
Quello che non avrei mai potuto immaginare, invece, è che la vita avrebbe
potuto regalarmi momenti più belli di un sogno.
Sentire da vicino il profumo del suo shampoo, accarezzare i suoi setosi capelli rossi, sentire la sensazione della sua bocca
che si adagia sulla mia e vi si modella delicatamente sopra, percepire il mio
cuore impazzito all’unisono con il suo…queste sono tutte cose che solo la
realtà è riuscita a darmi.
Perché io ho un disperato bisogno di Ron, e lui ha un disperato bisogno
di me.
Questo non cambierà mai.
FINE
L’ ANGOLO
DELL’AUTRICE:
Oh God!
Non ci credo! Dopo 2 anni e dico 2, ho finalmente finito questa storia!
Voglio ringraziare
innanzitutto tutti coloro che mi hanno seguito, anche se magari molti dei miei
lettori gli ho persi con la mancanza di aggiornamenti per tutto il 2007…in ogni
caso non sapete quanto mi senta sollevata di aver portato a termine questo
progetto!
Ringrazio soprattutto
la Giù, una amica sempre pronta ad aspettare i miei aggiornamenti, nonché
lettrice appassionata che spero di aver soddisfatto con questo ultimo capitolo
XD. Ringrazio anche Ninny e la sua recensione dell’ultimo capitolo, inoltre,
spero anche tu gradisca la fine!
Per ultime e non meno
importanti, ringrazio le mie colonne sonore, come quelle dei “65 days of static”, delle “Tatu” e quelle dei “Masterplan”
per le ultime parti di Ron.
Adesso, però, sarebbe
meglio finirla qui, visto che ho già scritto parecchio.
Spero che consideriate
questa una fine adatta a tutte le peripezie dei miei Ron ed Hermione, talvolta
un po’ pazzi e anche troppo complessati, come l’autrice stessa d’altronde XD.
RECENSIONI, please?
*Se vi può
interessare…a breve aggiungerò alla storia un piccolo EPILOGO divertente che
m’è venuto in mente, niente di che, giusto un’occasione per ridere un po’,
visto che nel finale sono stata un tantino più seria delle altre volte*
Essere dichiarati come
coppia ufficiale a tutto il reparto Auror, prima che ce ne rendessimo conto noi
stessi, è davvero una cosa eccezionale, vero?
Tutto questo è successo
perché ieri, mentre io e Ron ci stavamo scambiando il nostro primo bacio, e
sottolineo il primo, sono entrati
all’improvviso nella mia stanza ospedaliera del San Mungo, Harry e Ginny,
scortati da tutto il resto della delegazione dei nostri sottoufficiali.
Non mi dilungo troppo
nel spiegarvi tutti i particolari, ma posso solo dirvi che è stato uno dei
momenti più imbarazzanti della mia vita!
Comunque, tornando a
noi, dopo aver creato ogni sorta di pettegolezzi nel reparto, la vicenda è
stata assodata con un: “Lo immaginavamo…” e un’occhiata furba.
Possibile che fossimo
solo io e Ron a non essercene accorti?!
I complimenti sono
volati da ogni parte, Harry era felicissimo, sollevato di non dover più
mantenere segreto a Ron ciò che io provo per lui, e a me quello che lui prova
per me. Ginny, allo stesso modo, saltava di qua e di là, dando in contemporanea
schioccanti baci sulla guancia sia a suo fratello che a me, contenta che appena
nato il suo bambino avrebbe già avuto una zia.
Pensare a me come una
“zia” mi ha fatto scorrere un brivido sulla schiena, ma non ho commentato
ulteriormente.
Abbiamo passato tutto
il tempo a sorridere a tutti, ringraziando di cuore tutte le persone che non
smettevano di arrivare. Sono certa che se fossi stata sola in una circostanza
simile sarei fuggita a gambe levate, ma avere Ron accanto a me, percepirlo
ancora più vicino di quanto non fosse già, mi dava un certo senso di sicurezza.
Credo di poter riuscire
a fare qualsiasi cosa con lui accanto. Lui è la mia forza, il mio appoggio più
grande e lo è sempre stato.
Insomma, tutto sembrava
andare bene fino a quando Ginny, con le sue parole ingenue, non ci ha fatti
cadere nel puro panico: «Quando lo annuncerete in famiglia?»
Ron è letteralmente
sbiancato, un contrasto troppo forte da ignorare in comparazione con i suoi
capelli rosso fuoco, e mi ha guardato di sbieco. Mio malgrado, non sono
riuscita a rivolgergli un’occhiata migliore di quella di un pesce lesso, mentre
deglutivo a fatica per assimilare meglio quelle parole.
Non stavamo insieme
nemmeno da un’ora e già ci parlavano di annunci in famiglia?!
Vedendoci fin troppo in
difficoltà, di fronte ad una folla di persone che sbirciavano incuriosite,
Harry ci ha liberato dalla morsa di Ginny e ha cercato in qualsiasi modo di
allontanare anche gli altri.
E’ a quel punto che è
arrivato il Medimago che stavo aspettando e scioccato dalla presenza di tutti
quelli individui, ha aiutato Harry nella sua operazione di polizia, mandandoli
immediatamente fuori.
Mi chiedevo se saremmo
riusciti a scamparla per questa volta, ma un Gufo arrivatomi da Molly
stamattina ha smentito tutto:
“Hermione cara,
Ginny mi ha informato del fatto che tu e Ron avete qualcosa
da comunicare in famiglia e perciò ho deciso di preparare una mega cena per
l’occasione, con tutti i vostri piatti preferiti. Ovviamente sei invitata a
casa mia stasera alle 8.
Mi raccomando, cercate di essere puntuali! Non è che non mi
fidi della tua puntualità, Hermione cara, è solo che sai anche tu com’è fatto
Ron, sempre in ritardo per qualsiasi cosa!
Ti aspetto, a stasera!
P.S. Se non ti dispiace, mandami una conferma se quel gufo
squinternato è riuscito a recapitare il messaggio…
Molly”
Dannata Ginny! E’
normale che le donne incinte diventino così pettegole? Oppure lo è sempre stata
ma io non me ne sono mai accorta?!
Ho chiamato
immediatamente Ron, per informarlo dell’invito, ma lui prima di ricevere la mia
telefonata era ancora beatamente addormentato e non aveva per nulla notato il
messaggio della madre. Persino il gufo, stufo di dover aspettare tutti i suoi
comodi, ha lasciato il foglietto fuori alla finestra ed se n’è andato via.
«Dunque non sai ancora
niente?», gli ho chiesto.
«No…che cosa dovrei
sapere, scusa?», ha domandato con la voce impastata dal sonno.
«Ginny…ha detto a tua
madre che…noi abbiamo un annuncio da
fare e lei ci ha invitati a cena, questa sera…», ho risposto, seppur ancora
restia ad accettare quell’idea.
«COSA?!», a giudicare
dal suo urlo spacca timpani, in quel momento si era svegliato completamente.
«Così stanno le cose…»,
ho replicato rassegnata, tenendo però la cornetta del telefono a distanza di
sicurezza, nel caso in cui emettesse di nuovo un urlo come il precedente.
«…»
«Ron? Ci sei ancora?»
«Sì…ma vorrei non
esserci…», ha risposto.
Sentendo il tono
sconsolato della sua voce sono scoppiata a ridere.
«Vedrai che in qualche
modo ce la caveremo…», l’ho rassicurato, sebbene non ne fossi realmente
convinta nemmeno io.
«Mhm», ha mugugnato.
***
«Sei pronta?», mi
chiede mentre sostiamo impalati sulla soglia della Tana.
«Sì!», rispondo
coraggiosamente.
Ron sbuffa e si copre
la faccia con la mano, ha le orecchie completamente rosse.
«Bene…perché io non lo
sono»
Presa da un improvviso
impulso di tenerezza, mi alzo sulle punte dei piedi e gli poso un delicato
bacio sulle labbra.
Lui sgrana visibilmente
gli occhi e le guance gli si arrossano di piacere e imbarazzo.
«Possibile che ogni
volta che devi baciarmi lo fai quando non me l’aspetto?», protesta, accigliato.
«Perché è divertente
vedere la faccia che fai!», commento, ridendo.
«Ah davvero?!», esclama
fintamente arrabbiato. Poi qualcosa nei suoi occhi scintilla e si china
improvvisamente su di me, baciandomi velocemente a sua volta. Una volta
distaccatosi, mi guarda dall’alto della sua altezza con un ghigno stampato in
faccia.
Io non posso fare a
meno di rispondergli con la stessa espressione scioccata con la quale aveva
risposto lui al mio bacio di prima.
«Anche la tua faccia è
piuttosto divertente in questo momento…sai?», dice per provocarmi.
Io arrossisco terribilmente
e lo accuso: «Sei una persona meschina!»
«Beh, se è per questo
lo sei anche tu!»
«No, tu!»
«Tu!»
«E invece no, ti dico!
Sei tu!»
«Non è vero, sei tu che
hai iniziato!»
Continuiamo così per un
altro po’, fino a che una testa rossa e riccia non si affaccia dallo stipite
della porta. E’ Molly Weasley, che ci accoglie con un gran sorriso.
«Ron, Hermione cara, eccovi qui! Abbiamo sentito due voci infuriate al di là
della porta e immaginavamo foste voi! Ma non potevate semplicemente bussare?»
Alla sua domanda non
rispondiamo, ma ci ammutoliamo come due bimbi che sono stati appena sgridati.
Nonostante la nostra
reazione, Molly fa un altro sorriso incoraggiante e ci invita ad entrare.
Tutti sono già a tavola
e una impressione di calore mi avvolge completamente. Adesso la sensazione che
ho sempre provato entrando alla Tana è ancora più forte, consapevole di essere
davvero diventata in qualche modo un membro della famiglia Weasley.
Consumiamo la cena in
modo allegro, racconto ai presenti del mio quasi-rapimento,
divertita tutto sommato dalle facce preoccupate e costernate degli altri. E’
così liberatorio poter ridere dei brutti momenti, quando ormai sono passati!
Arriviamo al dolce e
finalmente penso di averla fatta franca, anche se Ginny mi guarda in modo torvo
e mi fa segni dal suo posto per tutta la serata. Harry, con fare serafico,
invece, se la ridacchia tranquillo in disparte.
Anche Ron sembra
decisamente a suo agio, mentre scherza per tutto il tempo con i suoi fratelli e
suo padre, prendendo in giro sua madre che risponde in modo furbo a tutte le
loro battute, senza prendersela troppo.
Al termine della cena,
però, Harry ci lascia, comunicandoci di dover andare al Ministero per il turno
notturno.
«Vuoi che venga con
te?», propone Ron, mentre Harry afferra la giacca, dopo aver salutato Ginny con
un bacio.
«No, non ce n’è
bisogno, e poi tu hai il turno domani. Non è necessario.», risponde Harry con
un sorriso tranquillo, salutando tutti gli altri.
Charlie e George lo
imitano, poco dopo, asserendo di dover tornare a casa per affrontare meglio
l’alzata mattutina del giorno seguente.
«Oh, povera me! Tutti i
miei figli se ne sono andati, fino a poco fa la casa era così allegra, che
peccato!», commenta Molly sconsolata.
«Ehi mamma, guarda che
ci siamo ancora io e Ron!», protesta Ginny, sentendosi lasciata in disparte.
«Sì, ma tra poco ve ne
andrete anche voi e io e vostro padre rimarremo soli! Vero Arthur?»,
domanda affranta al signor Weasley, cercando la sua approvazione.
Suo marito, ci guarda con
un sorriso complice, facendoci l’occhiolino senza farsi vedere da Molly, ma poi
si rivolge verso di lei, annuisce e dice con voce costernata: «E’ vero, cara…»
Assistendo alla
scenetta, a me, Ron e Ginny scappa un sorriso, che tratteniamo a fatica.
«Beh…se ti può far
piacere, stasera posso rimanere io qui, mamma», risponde Ginny, «Tanto Harry è
fuori e non mi piace stare a casa da sola…»
«Ma certo! Ma certo,
tesoro mio! Resta pure», acconsente Molly entusiasta. Io e Ron sorridiamo della
sua reazione fin troppo esagerata, come sempre.
«E voi! Ron, Hermione,
restate anche voi! Tu, Hermione cara, di sicuro sarai ancora spaventata per ciò
che ti è successo con quelle spie bulgare…non ti senti molto sola a casa tua di
notte?», mi chiede.
Io resto colpita dalla
sua domanda. A dire il vero non ci ho mai pensato. Mi è sempre venuto naturale
stare da sola, la solitudine non è mai stato un problema. Eppure, se ripenso
alle notti passate alla Tana, in camera con Ginny, quando restavamo a parlare
di ogni tipo di cosa fino a notte fonda, la nostalgia torna a riaffiorare nel
mio cuore. Sarebbe così bello poter rivivere quei momenti! Senza nemmeno
pensarci due volte, perciò, acconsento alla proposta della signora Weasley.
«Ron, resta anche tu,
allora! Domani mattina ti preparerò una colazione coi fiocchi…ci stai?», gli
domanda sua madre, allettandolo con la promessa del cibo.
Ron, a quelle parole,
acconsente immediatamente. Ginny ed io ridiamo di lui, assieme a Molly e Arthur.
«Bene, allora…Hermione
potrà stare in camera con Ginny, mentre tu Ron, ovviamente, userai la tua
vecchia stanza…», si organizza sua madre. «Vado subito a sistemare i letti!»,
esclama, prima di lanciarsi verso le scale.
Ginny, però, la ferma
prima che la donna possa mettere piede sul primo scalino: «Aspetta, mamma! Non
ricordi che ti avevo detto che Hermione e Ron avrebbero fatto un annuncio
questa sera? Non vorresti sentirlo, prima di andare a letto?», chiede Ginny con
fare cospiratorio.
Io e Ron ghiacciamo sul
posto. Il signor Weasley si gira a guardarci con fare interessato e la signora
Weasley, con il suo solito entusiasmo, ci prega di dirle quale sia questo tanto
fantomatico annuncio.
«Ehm…beh…», fa per dire
Ron, ma dalla sua bocca fuoriesce solo un balbettio indistinto.
Io lo guardo
intensamente, cercando di infondergli coraggio. Dalle sue orecchie infuocate,
inizia a fuoriuscire del fumo.
«Noi due…ecco…»,
accompagna le sue parole con gesti frenetici delle mani, e cerca in tutti i
modi di far capire a sua madre il succo del discorso, senza tuttavia rivelarlo
totalmente.
Molly Weasley, però,
non sembra per niente comprendere l’atteggiamento esagitato del figlio, che le
lancia occhiate piuttosto eloquenti, e alza le sopracciglia con un’espressione
di completa ingenuità.
«Cosa stai cercando di
dire, Ron?», domanda dolcemente.
Vedendo Ron così in
difficoltà, mentre suda freddo dall’agitazione, decido di venirgli incontro.
Afferro la sua mano,
intrecciando le mie dita con le sue, stando ben attenta che i presenti
assistano bene a questo gesto.
Molly e Arthur Weasley, dapprima guardano le nostre mani con le
sopracciglia aggrottate, poi con un lampo di genio improvviso sembrano capire.
«Voi due…?», chiedono
all’unisono, con due sorrisoni che la sanno lunga.
Io e Ron annuiamo
mesti, con le teste abbassate.
Dopodiché si scatenano
una serie di urletti, felicitazioni, complimenti e
chi più ne ha più ne metta.
Io e Ron ci guardiamo
complici, ancora mano nella mano, con la coda dell’occhio.
E’ andato tutto bene,
alla fine, no?
«Bene, allora! Ginny tu
puoi dormire da sola in camera tua! Ron ed Hermione potranno condividere la
stessa stanza!», acconsente Molly, finita la sessione degli urletti,
prima di correre quasi al piano di sopra.
Scioccati da questa
rivelazione, io e Ron portiamo un braccio in avanti per fermarla, ma è troppo
tardi.
Non è possibile, non
può essere vero!
Per chiarirmi un po’ le
idee, faccio un’equazione mentale: io + Ron + un letto + dormire insieme = ?!
Correggo ciò che ho
detto poco fa: non è andata per niente
bene!
***
Ginny mi ha prestato un
suo pigiama, non prima di avermi riempito la testa con ogni sorta di consiglio
su quell’argomento. Immagino che abbiate capito a cosa mi riferisco…
Diamine, perché devo
pensare proprio a quello adesso?!
Mi tiro le coperte fin
sopra alla faccia. Fuori alla porta, sento i passi di Ron, appena uscito dal
bagno, che si appresta ad entrare.
Serro gli occhi
immediatamente, non appena apre la porta, cercando di ignorare tutte le
immagini selvagge che la mia mente, sotto gli influssi diabolici di Ginny,
inizia a propormi.
«Stai già dormendo?»,
mi domanda Ron. Ho l’impressione che sia piuttosto vicino, ma non mi azzardo a
correre il rischio di aprire gli occhi per accertarmene.
In mancanza di una mia
risposta, Ron, fa il giro del letto, pestando rumorosamente i piedi nudi sul
parquet, fino a raggiungere l’altra parte del letto. Il materasso si piega
docilmente sotto il suo peso e il calore del suo corpo si diffonde sotto le
coperte. Come mi piacerebbe poterlo abbracciare, così caldo e profumato!
Tuttavia, caccio via
questi pensieri, rannicchiandomi su me stessa per combattere il freddo.
Passa qualche momento
di silenzio, prima che Ron lo interrompa nuovamente: «Hermione? Sei tu che stai
facendo tremare il letto in questo modo?»
Ooops, suppongo di essere
stata fin troppo rumorosa. «S-scusa», mormoro, «è che
ho f-freddo.»
Ron, sbuffa: «E lo dici
solo adesso?»
«Io…», tento di dire,
ma finisco nuovamente per chiedergli scusa.
«Avvicinati», dice lui
allora, con atteggiamento magnanimo.
Non ho tempo di pensare
in quale posizione compromettente potremmo trovarci se io mi avvicinassi a lui,
perciò, accecata dal bisogno impellente di trovare una fonte di calore, mi
sposto verso di lui e lo abbraccio, avvinghiandomi addosso al suo torace come
un polipo.
«Brrr»,
rabbrividisce Ron, venendo a contatto con le mie mani congelate come
ghiaccioli.
«Caldo e profumato»,
mormoro in estasi, rifugiandomi con il viso nel suo collo. Non mi importa più
niente di porre un filtro ai miei pensieri. Sto così bene qui!
Sento il corpo di Ron
irrigidirsi sotto la mia presa.
«H-Hermione?»
«Mmm»,
mugugno soddisfatta.
Ron scoppia a ridere,
apparentemente senza motivo. Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra: «Brutta
opportunista!»
Probabilmente si
riferisce al fatto che mi sono avvinghiata su di lui, come un koala su un
albero di eucalipto, solo per evitare il freddo.
«Non sembra
dispiacerti, a quanto pare, il mio opportunismo…», rispondo con l’accenno di un
sorriso.
«No, infatti…», ammette
lui, con voce suadente.
Sposta leggermente il
mio viso dal suo collo e lo avvicina al suo.
Mi bacia il naso,
facendomi sorridere inconsciamente, poi scende lentamente verso la mia bocca.
Aspetto con impazienza e con le labbra socchiuse di incontrare le sue, ma lui
sembra volermi far ancora attendere. Mi bacia con lo stesso ritmo lento e dolce
prima la fronte, poi gli zigomi e il mento. Mi incanta con baci di farfalla sul
collo e quando ormai sembravo aver perso la speranza, congiunge la sua bocca
con la mia. Spinge con un movimento né troppo forte, né troppo delicato, la sua
lingua all’interno della mia bocca e prende a massaggiarmi il palato. Io
rispondo con entusiasmo, aggrappandomi con le mani alle sue spalle. Sento i
suoi muscoli tendersi sotto il mio tocco, mentre lui aumenta il ritmo del bacio.
Il mio cuore,
singhiozza, procedendo a fatica. Sento aprirsi un buco all’altezza dello
stomaco, che mi travolge e fa percepire a tutto il mio corpo una reazione di
calore intensa.
Mi chiedo da quanto
tempo avessi voluto tutto questo – e anche quello
che probabilmente seguirà dopo – (pervertita! – ndA),
ma non trovo risposta. E’ da tanto, troppo tempo!
Rompiamo il bacio,
giusto il tempo di riprendere fiato, e poi torniamo a cercarci affannosamente. Le
sue mani vagano su di me, io faccio scivolare le mie dita attraverso i suoi soffici capelli.
Giunti quasi all’apice
del nostro bacio così passionale, però, c’è qualcosa che ci interrompe
all’improvviso: una voce.
«ROOOON!», è la voce di
Molly!
Io e Ron ci stacchiamo
improvvisamente, ancora rossi e affannati, come se avessimo preso una scossa
elettrica.
«ROOOOOON! Tua sorella
ha una voglia improvvisa di “Caramelle ai tutti i gusti più uno” al gusto di
menta piperita caramellata e cannella al cioccolato! ROOOOOOOOOOON! Scendi
IMMEDIATAMENTE! Devi andarle a comprare immediatamente!»
Ron mi guarda e,
malgrado la penombra in cui è immersa la stanza, posso vederlo roteare gli
occhi, esausto. Io lo bacio sulla fronte, delicatamente.
«Ti stanno chiamando…se
non vai subito, chissà cosa penseranno…», dico, tentando di provocarlo.
Imbarazzatissimo,
scatta sull’attenti e si precipita fuori dalla stanza.
Ridacchio lievemente tra me e me: inutile ribadire che
adoro anche questo di lui...
***
E anche questa volta i nostri cari piccioncini
sono stati interrotti…e di chi è la colpa? Sarà forse di Molly, o in realtà di
un’autrice molto sadica…? XD A voi il giudizio ^_^!
E così concludiamo completamente “Un disperato bisogno di
te”, ci tenevo ad aggiungere questo piccolo epilogo, per vedere un po’ come
procede la relazione tra i nostri amati, anche dopo la dichiarazione. Non direi si tratti di un missing moment...più che altro di un "bonus moment"!
Mi scuso con chi avrebbe voluto più romanticismo, ma avevo il terrore di cadere TROPPO nello sdolcinato e perciò mi sono fermata (spero abbastanza in tempo) XD
Detto questo, ho un piccolo annuncio da fare…
Molly Weasley: “Oh
davvero???”
Sì anche io ce l’ho XD, ma è di altro genere, Molly, non iniziare
a farti dei film XD. Dunque, dicevo, l’annuncio consiste nel fatto che tra un
po’ scriverò un’altra storia, stavolta un’originale romantica, perciò a chi
piacerebbe leggerla, consiglio di tenere d’occhio il mio account per
aggiornamenti. Posso solo promettervi che sarò più tempestiva a scrivere U_U.