Born to be winners

di Chanel483
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mietitura ***
Capitolo 2: *** La sfilata ***
Capitolo 3: *** Il centro di addestramento ***
Capitolo 4: *** L'addestramento ***
Capitolo 5: *** L'esame ***
Capitolo 6: *** L'intervista ***
Capitolo 7: *** Bagno di sangue ***
Capitolo 8: *** La caccia ***



Capitolo 1
*** La mietitura ***


'Sera ragazzi (:
Allooora, inizio dicendo che io NON volevo assolutamente pubblicare questa storia adesso. Avrei tantissimo voluto farlo tra un po', aspettare di terminare la long su Harry Potter (S.A.S.C.O.: II Guerra Magica) che comunque è già a buon punto, ma la fanfiction proprio non voleva saperne di starsene buona buona nel mio computer.
Quindi eccomi qui!

Ho letto diverse storie su Clove, o meglio, sulla coppia Cato/Clove, ma per lo più sono rimasta insoddisfatta. Mille versioni diverse su come i due si sono conosciuti, amati ecc, ma mi sembravano tutte velocissime... insomma, lasciatele respirare queste povere storie! E per di più i personaggi erano, a mio parere, poco realistici; cioé, è di Cato e Clove che stiamo parlando, gli spietati tributi del Distretto 2! Per quel poco che sappiamo di loro, né Clove né tantomeno Cato mi sembrano tipi da "Ti amo trottolino amoroso dudu dadada"... e se stavate cercando una fanfiction da diabete, grondante di miele, vi consiglio di passare oltre.
Indi per cui ho deciso di provare a mettere giù una mia "versione dei fatti". Non penso di aver fatto chissà quale lavoro straordinario, ma mi sono impegnata molto per rendere il tutto (personaggio e avvenimenti in particolare) il più realistico possibile.

La storia è raccontata al presente in prima persona, proprio come i libri della Collins *doveroso inchino*, solo che, come ovvio, al posto di Katniss a parlare c'è Clove.

Per i motivi scritti sopra, siete pregati, se qualcosa non vi torna o vi sembra improbabile, di farmelo presente con una recensione (o un messaggio privato, se preferite).

Detto questo vi lascio, dopo questa infinita premessa, a prologo e primo capitolo.
Noi ci vediamo sotto, buona lettura ;)


Born to be winners.


Prologo
Scuoto la testa ed una risata amara mi sfugge dalle labbra, tra tutti i piani che mi sono fatta, nessuno – e dico, nessuno – prendeva in considerazione questa ipotesi.
Perché è assurda, inconcepibile, fuori da ogni logica…
Eppure eccoci qua.
Insieme nonostante tutto e con la possibilità di uscire da questa Arena entrambi, con la possibilità di sopravvivere entrambi.
Mi volto e gli sorrido spontaneamente. Il sorriso che mi arriva di rimando è il più bello che abbia mai visto.
 


La Mietitura
Con uno sbuffo frustrato, tiro il colletto dell’abito di lino verde chiaro che mia madre mi ha costretto ad indossare, nella speranza di non morire soffocata.
Marlene, accanto a me, mi afferra per una manica ed inizia a tirarmi:<< Muoviti Clo’! >> esclama:<< Dobbiamo raggiungere le altre! >>.
Senza una parola, lascio che mi trascini insieme alle mie altre coetanee, per poi dispormi a mia volta tra le file ordinate che tremano di preoccupazione mista ad eccitazione.
La maggior parte delle ragazze che mi circondano sono più alte, più femminili e più eleganti di me, ma la cosa non mi disturba affatto, poiché sono più che consapevole che potrei ucciderle tutte in una manciata di minuti e, nonostante possa aiutare con gli sponsor, non è certo la bellezza che ci salverà la vita una volta nell’Arena.
Non dico una sola parola per i successivi istanti, estraniandomi completamente anche dalle conversazioni che mi circondano, per lo più di ragazzine ansiose e starnazzanti che pregano invano di non essere estratte.
Poi, una manciata di minuti dopo, una donna alta, con un seno esageratamente grande che straborda dall’importante scollatura dell’abitino argentato che indossa, si fa strada tra le folla. È Talia, l’accompagnatrice del Distretto 2, che ancheggia sui suoi tacchi dorati fino al palco posizionato al centro della piazza.
Si sistema dietro al microfono e, con un sorriso enorme che le tende le labbra gonfie e truccate di blu, saluta:<< Buongiorno a tutti, signori e signore! >> trilla con la sua vocina artefatta, tipica degli abitanti di Capitol.
L’intera piazza è caduta in un silenzio di tomba, tanto che sono convinta che se cadesse uno spillo, tutti se ne accorgerebbero.
<< Prima di dare ufficialmente inizio ai settantaquattresimi Hunger Games, abbiamo un cosa speciale giunta da Capitol City proprio per voi! >> aggiunge Talia, prima di estrarre un plico di fogli dalla borsettina, in tinta con le scarpe, che porta a tracolla.
Inizia a leggere e, personalmente, sono sicura che potrei addormentarmi ora, in questo preciso momento.
Sento la stessa identica storia ogni anno da quando ricordo, prima perché venivo insieme ai miei genitori ad assistere alle cerimonia, come fanno tutti gli abitanti del Distretto, poi perché partecipavo anche io alla Mietitura.
La storia di Panem, risorto dalle ceneri di quella nazione chiamata un tempo Nord America.
Talia ci parla di disastri atmosferici, di uragani, siccità, carestie, nubifragi e incendi, di come l’avanzare del mare abbia inghiottito una parte delle sue terre e delle lotte sanguinose per appropriarsi delle poche risorse rimaste. E fu così che nacque Panem, formata dalla splendente e ricca Capitol City e da tredici distretti che vivevano in pace ed armonia tra di loro. Questo stato idilliaco però ebbe vita breve, dopo poco arrivarono i Giorni Bui, le manifestazioni e le rivolte dei distretti verso la capitale. Dodici dei distretti furono sconfitti ed il tredicesimo distrutto. Il Trattato del Tradimento fornì nuove leggi e, per ricordarci ogni anni che i Giorni Bui non devono più ripetersi, nacquero gli Hunger Games.
Quando Talia finisce di parlare, buona parte dei ragazzi radunati nella piazza è sul punto di addormentarsi e gli altri sono troppo agitati per aver ascoltato anche solo una delle sue parole. Nonostante questo, si applaude da sola, sperando che qualcuno di noi la imiti, anche se quelli che lo fanno sono veramente pochi.
Alle sue spalle, il sindaco del Distretto 2 si alza in piedi e pronuncia le solite parole di rito:<< È il momento del pentimento ed è il momento del ringraziamento >> poi legge la lunga lista dei vincitori del nostro Distretto e tra i tanti nomina anche Enobaria e Brutus che, come gli anni precedenti, faranno da mentore.
Finita la lista, passano un paio di imbarazzanti secondi di silenzio, poi l’accompagnatrice si passa una mano nell’intricata pettinatura di capelli verdi e squittisce con un sorriso esagerato:<< Felici Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore! >> attende un istante, osservandoci attentamente, poi riprendere a parlare:<< Bene. E ora, senza ulteriori indugi, possiamo all’estrazione >>.
Ci volta un istante le spalle e a piccoli passi si avvicina ad una delle due sfere di vetro, contenenti migliaia di biglietti recanti i nostri nomi:<< Prima le signore! >> annuncia per poi immergere fino al gomito la mano tra i biglietti.
Il braccio riemerge e tra le unghie lunghissime e laccate di viola strige una strisciolina di carta. Il pubblico trattiene il fiato e lei torna davanti al microfono.
Io stringo i pugni osservandola attentamente, so che le probabilità che esca il mio nome sono millesimali, ma non importa, io ho già deciso: che il mio nome venga estratto o no, questi saranno i miei Hunger Games.
Talia si prende i suoi soliti istanti di suspense, gioendo molto probabilmente per la nostra trepidazione. Poi spiega il fogliettino ed avvicina le labbra truccate di blu al microfono:<< Clove Reyes >>.
Seguono diversi istanti di silenzio in cui quasi non mi rendo conto che il nome pronunciato dalla nostra accompagnatrice è proprio il mio. Solo quando Marlene, ancora accanto a me, mi dà una leggera spinta sulla spalla, mi rendo conto di ciò che è successo e faccio un passo avanti. Mi prendo solo due secondi per stamparmi in viso un’espressione neutra, so che questa mietitura verrà rivista decine di volte da tutti gli altri tributi e so qual è l’immagine che voglio si facciano di me: intoccabile, fredda e spietata.
<< Avanti, cara! >> mi invita Talia, allungando la mano sinistra che, solo adesso, mi rendo conto essere quasi interamente ricoperta di anelli.
Prendo un sospiro ed inizio a camminare, mentre i Pacificatori mi circondano. Salgo sul palco ed osservo la folla che nel frattempo ha iniziato ad applaudire. Com’è consuetudine, l’accompagnatrice domanda:<< Ci sono volontari? >>.
In lontananza sento una voce femminile che urla:<< Mi offro volontaria come tributo! >>.
Talia sorride:<< Oh, sembra che abbiamo una volontaria! >> esclama eccitata, come se ci fosse mai stato un anno senza che nel Distretto 2 qualcuno offrisse volontario:<< Il tuo nome, cara? >>.
Io aguzzo la vista e scorgo tra la folla una ragazza dai lunghi capelli biondi legati in una coda fare un passo avanti:<< Cincia >> si presenta:<< Cincia Ross >>.
Appena finisce di parlare un’altra tizia, che deve avere almeno un anno più di me, fa un passo avanti:<< Anche io mi offro volontaria come tributo. >> esclama:<< Sono Elizabeth Jenkis >>.
L’accompagnatrice si mette a battere le mani, chinandosi leggermente in avanti:<< Oh, addirittura due volontarie! >> commenta:<< Venite avanti care, in fretta >>.
Sia Elizabeth che Cincia si avvicinano al palco senza però salire. Rimangono lì sotto, scrutandosi torvamente l’un l’altra:<< Bene, >> riprende la donna:<< come sapete non potete certo diventare entrambe tributi, quindi penso che Enobaria potrebbe prendere… >>.
Prima che finisca, io faccio un passo avanti:<< Non ho detto di voler rinunciare al mio posto >> sottolineo.
Le due volontarie mi rivolgono uno sguardo di fuoco ed anche Talia mi osserva stupita:<< Oh… beh… in questo caso… >> balbetta ed io gioisco interiormente per averla colta di sorpresa:<< allora penso proprio che Clove sia il nostro primo tributo >>.
La folla applaude nuovamente, questa volta con molto più entusiasmo, e io rivolgo un sorriso vittorioso alle due, che mestamente tornano al loro posto.
La donna richiama il silenzio e compie lo stesso rituale con la boccia contenente i nomi maschili. Dopo aver lisciato la strisciolina, si avvicina maggiormente al microfono:<< James But… >>.
<< Mi offro volontario come tributo! >>.
Ci metto un paio di secondi per rendermi pienamente conto di ciò che è successo, ma pare che un ragazzo dai capelli biondi e il fisico possente abbia fatto un enorme balzo in avanti prima ancora che Talia avesse finito di pronunciare il nome estratto.
<< Veramente ci sarebbe un procedimento da seguire. >> sottolinea infatti lei, un po’ infastidita:<< Prima il Vincitore della Mietitura sale sul palco e successivamente si domanda se ci sono volontari… >>.
<< Mi offro volontario >> ripete semplicemente il ragazzo.
Talia, un po’ spaesata, si guarda intorno e, dopo aver osservato il sindaco ed i due mentori stringersi nelle spalle, torna a parlare:<< Bene allora, fatti avanti >> dice.
Il biondo, petto in fuori e mento alto, si avvicina a lunghi passi al palco, puntando i suoi occhi chiari nei miei. Lo riconosco e per poco non mi sento mancare.
No… non può essere lui…
Lo vedo salire lentamente i gradini e piazzarsi alla destra di Talia, dalla parte opposta rispetto alla mia:<< Come ti chiami? >> domanda lei, omettendo il “caro” in una palese dimostrazione di antipatia nei suoi confronti.
<< Cato. >> risponde lui:<< Cato Brooks >>.
Quello che avviene dopo mi appare un po’ confuso, persa come sono tra i miei pensieri. Sento solo il sindaco avvicinarsi al microfono e leggere il Trattato del Tradimento, per poi fare un cenno a me e Cato di stringerci la mano.
Lui si volta strafottente verso di me ed allunga la mano con un sorriso ammiccante dipinto in viso. Io mi riscuoto e gliela stringo, mantenendo la schiena ben dritta e l’espressione neutra, nonostante senta il mio stesso palmo un po’ sudato. Ci guardiamo negli occhi solo un secondo ma mi basta per capire che, nonostante tutto, non esiterà un solo istante per uccidermi quando sarà il momento.
Bene, vedremo.
Ci voltiamo e partono le prime note dell’inno di Panem che mettono fine alla cerimonia della Mietitura.
 

*****
 

Passano appena una manciata di secondi che veniamo presi in custodia da un gruppo di Pacificatori che ci scortano fino al Palazzo di Giustizia e poi ci chiudono a chiave in due stanze diverse, quasi ci fosse la possibilità che uno dei noi tenti di scappare.
Prendo posto sul divano di velluto sistemato sotto una grande finestra dalle tende tirate e, quasi automaticamente, passo un dito nel colletto del mio vestito che continua ad essere troppo stretto per i miei gusti, mi sento quasi soffocare.
Fisso lo sguardo sulla porta e devo attendere un paio di minuti prima che questa si apra per lasciar passare i miei genitori.
Mio padre entra per primo, rivolgendomi uno sguardo fiero e posandomi subito una mano sulla spalla:<< Ottimo lavoro Clove, sono sicuro che tu abbia fatto un’ottima impressione >> si congratula.
Al contrario mia madre si siede accanto a me, tenendo lo sguardo basso e scuotendo la testa:<< È troppo presto, troppo presto! >> si lamenta:<< Te l’ho detto mille volte che avresti dovuto aspettare il prossimo anno, hai visto quanto è grosso il ragazzo che… >>.
Non le lascio la possibilità di finire di parlare, inviperita scatto in piedi, scrollandomi di dosso la mano di mio padre:<< Cato non ha nulla che io non abbia! >> le urlo in faccia, punta nel vivo:<< Lo ucciderò con le mie stesse mani e tornerò a casa ricoperta di gloria! >>.
Anche mio padre si alza e, poggiandomi fermamente le mani sulle spalle, mi rimette a sedere:<< Non rivolgerti con questo tono a tua madre. >> mi intima:<< E sono convinto che questo sia il momento giusto, vai e rendici fieri di te >>.
Ci rivolgiamo qualche altro rapido saluto di rito, poi i miei genitori lasciano la stanza.
<< Sei la mia unica figlia Clove, non voglio perderti >> mi sussurra mia madre, prima di sciogliere il suo abbraccio.
Passa qualche secondo, poi mi vengono a trovare i miei zii – che elogiano il mio coraggio e si dicono convinti che porterò onore alla famiglia – e Marlene, che mi abbraccia con forza senza smettere un attimo di singhiozzare. Prima di andarsene mi prende la mano e mi infila un anello con inciso lo stemma del nostro Distretto.
<< Spero possa portarti fortuna >> sussurra prima di andarsene, costretta da un Pacificatore che viene ad annunciarci che il tempo è concluso.
Vengono a prendermi altri tre Pacificatori che mi accompagnano in macchina fino alla stazione. Durante il breve viaggio mi guardo intorno, ripromettendomi che rimetterò piedi sue questa terra e quando lo farò, lo farò da vincitrice.
La stazione brulica di telecamere e giornalisti, personalmente non vorrei essere ripresa con indosso questo sciocco vestito che mia madre mi ha costretto ad indossare. Io sono una guerriera, non una stupida ragazzina tutta fiocchi e frivolezze.
Mi lego furtivamente i capelli in una coda alta e cerco di dare al vestito un minimo di scollatura, vorrei apparire più grande, più pericolosa e decisa. Posso ritenermi soddisfatta quando scorgo la mia immagine su uno schermo e mi rendo conto che sembra proprio quella di una giovane donna dallo sguardo fermo e crudele.
Anche Cato è lì, ma lui non ha bisogno di fingere per risultare aggressivo e pericoloso, non ha indosso nessun vestito imbarazzante e sprigiona forza e invincibilità da tutti i pori.
I Pacificatori ci fanno avvicinare e, prima di salire sul treno, dobbiamo aspettare che le telecamere abbiano qualche immagine di noi due insieme.
Quando finalmente le porte del treno ad alta velocità si chiudono alle mie spalle, tiro un sospiro di sollievo, che fa ridere Cato senza nessun motivo apparente.
Gli lancio un’occhiataccia e faccio per avviarmi da sola all’esplorazione dei vagoni ma, proprio mentre il treno parte, Talia compare davanti a noi.
Dopo essersi sprecata in complimenti ed elogi – per lo più per me, non sembra provare molta simpatia per Cato – ci spiega che nel treno abbiamo entrambi una stanza personale con annesso bagno e spogliatoio, ed anche un enorme armadio stracolmo di vestiti che possiamo usare a nostro piacere.
Non comprendo il senso di tutto ciò, contando che il treno viaggia a 400 chilometri all’ora ed il viaggio durerà all’incirca una giornata.
In ogni caso, colgo subito l’occasione per farmi una doccia calda e liberarmi di quel vestito da bambina, per indossare un paio di stretti pantaloni neri e lucidi ed una maglia verde con lo scollo a barca. Prima di uscire mi guardo allo specchio e, ravvivandomi all’indietro i capelli corvini, mi accorgo con orgoglio che vestita così dimostro almeno diciassette anni, nonostante sia abbastanza minuta.
Talia bussa alla mia porta e mi invita a raggiungere gli altri per la cena, che si tiene nel vagone ristorante.
Fiera del mio aspetto la seguo a testa alta, per arrivare in una stanza occupata da un enorme tavolo in legno massiccio, imbandito con ogni genere di prelibatezze. Seduti troviamo Enobaria, Brutus e Cato ad aspettarci.
<< Se non ti fossi data una mossa sarei venuto a prenderti io e probabilmente ti avrei mangiata >> è l’educato saluto che mi rivolge Cato, mentre prendo posto a sedere accanto ad Enobaria.
Ignoro volutamente il doppio senso della frase – doppio senso che possiamo capire solo noi due, tra l’altro – e mi limito a servirmi un po’ di minestra di asparagi:<< Buon appetito >> auguro prima di iniziare a mangiare.
Come previsto è tutto buonissimo e ci sono tantissime cose tra cui scegliere, dalle zuppe ai risotti, dalla carne ai formaggi, dalle patate arrosto alle carote in insalata, per poi terminare con frutta e dolci di ogni tipo.
Quando gli altri hanno finito di mangiare io ho appena iniziato con uno yogurt e mi impongo per portarmelo dietro quando ci dirigiamo in un altro scompartimento per vedere i video delle altre Mietiture. Cato sbuffa ma io lo ignoro.
Mangiando imperterrita il mio yogurt, osservo le altre Mietiture scorrermi davanti agli occhi una dopo l’altra. Nell’uno la questione dei volontari è un po’ lunga e alla fine ne escono vincitori una ragazza bionda che sembra decisamente più bella che intelligente ed un tipo meno robusto di Cato ma dall’aria comunque pericolosa.
Mentre i mentori e Cato discutono dell’ipotesi di avere i due come possibili alleati, io osservo la mia Mietitura e posso dire, senza la minima traccia di supponenza, di non risultare per nulla spaurita o ansiosa, al contrario, quando dico “Non ho detto di voler rinunciare al mio posto” appaio davvero sicura e irremovibile.
I successivi filmati scorrono veloci davanti ai miei occhi, mi rimangono impressi giusto un paio di tributi, come il bestione dell’undici o la ragazza del dodici che si offre volontaria al posto di sua sorella, certo, un volontario in un distretto remoto è una faccenda più unica che rara, ma comunque questa Katniss non sembra affatto una di cui avere paura.
Rido insieme agli altri vedendo il mentore del Distretto 12 volare giù dal palco, poi spegniamo la televisione.
<< Interessante >> è l’unico commento di Cato, che ha uno sguardo concentrato e un po’ perso.
Talia annuisce eccitata:<< Oh sì, si prospetta un anno davvero interessante >> squittisce.
Io non apro bocca e resto ad ascoltare Enobaria, Brutus e Talia discutere degli altri tributi. Ne parlano quasi fossero pezzi di carne al mercato e non persone, ma la cosa non mi tocca più di tanto, ormai ci sono abituata.
Non so bene come, ma ad un certo punto mi ritrovo da sola con Cato, seduti ai lati opposti dello stesso divano. Al contrario, lui sembra essersene accorto benissimo e mi lancia uno sguardo divertito ed ammiccante.
Io sbuffò e mi alzo in piedi, con l’intenzione di lasciare il vagone e chiudermi nella mia stanza per dormire qualche ora prima dell’arrivo, la sua voce però mi ferma:<< Sai che non potrai scappare per sempre, vero? >> mi domanda con un ghigno.
Io mi volto, rivolgendogli uno sguardo omicida:<< Sta’ zitto. >> gli intimo:<< Io non scappo da nulla e da nessuno >> sottolineo.
<< Certo ed è per questo che non hai neanche il coraggio di guardarmi negli occhi, vero? >> chiede con voce palesemente divertita.
Per provare che non è vero, punto i miei occhi nelle sue iridi chiare e mi permetto anche di fare un paio di passi in avanti:<< Io non ho paura di te, Cato, e non sto fuggendo da nulla. Ti ricordo però che siamo qui per entrare nell’Arena >> spiego fermamente.
<< Ti ricordo che mi sono offerto volontario, ragazzina. So benissimo a cosa vado incontro. >> sibila alzandosi in piedi e venendomi vicino:<< Tu piuttosto, mi sembri un po’… a disagio >>.
Sentendomi chiamare in quel modo e rendendomi conto del suo modo di stuzzicarmi, mi infastidisco decisamente. Stringo i pugni e ringrazio e maledico contemporaneamente di non avere un coltello in tasca, perché se lo avessi, sarebbe già piantato nella sua gola:<< Smettila. Non sono una ragazzina e non sono a disagio. Non mi importa nulla di ciò che è successo. Anzi, non me ne ricordo neanche più! >> esclamo alzando leggermente la voce.
Il ghigno sulle sue labbra si allarga e lo vedo avvicinarsi maggiormente a me e stringere una mia ciocca di capelli tra le dita:<< Io invece lo ricordo bene. >> sussurra:<< Ricordo la tua voce, di come urlava il mio nom… >>.
Non lo lascio finire di parlare che gli sono addosso, lo schiaccio con tutta la forza che ho contro il muro, premendogli un braccio alla gola:<< Sta’ zitto! >>urlo.
Lui, per nulla intimorito, mi poggia le mani sui fianchi:<< E sì >> commenta:<< hai lo stesso identico fuoco di quella volta… >>.
Lancio un urlo frustrato e sono sicura che, se non accorresse Brutus a dividerci, cercherei di ucciderlo. Il mentore irrompe nella stanza, mi circonda la vita con le braccia muscolose e, senza la minima fatica, mi solleva di diversi centimetri da terra.
<< Che cosa succede!? >> domanda con voce infastidita, osservando la mia espressione rabbiosa e quella divertita di Cato. Non ricevendo risposta mi lascia andare, dandomi una leggera spinta verso lo porta:<< Allora a letto. >> ordina:<< Vorrei farvi almeno entrare nell’Arena tutti interi >>.
Senza una parola do le spalle ai due e lascio la stanza, decidendo in quel momento che, una volta nell’Arena, Cato sarà il primo.


Rieccomi :D
Allora, cosa ve ne pare? Siete vivamente pregati di sprecare due minuti per lasciare a questa povera tapina una recensioncina (anche ina ina) e farle sapere cosa ne pensate, prima che cada nello sconforto.

Come avrete capito, Clove e Cato si conoscono da prima di diventare tributi, ma ciò che è successo tra loro verrà spiegato un po' più avanti quindi sì, vi lascerò sulle spine per un po'.

Per quanto riguarda la Mietitura, in Hunger Games viene detto che Cato si offre volontario, ma non si specifica nulla su come Clove sia diventato un tributo, quindi mi sono presa questa libertà. I cognomi di entrambi sono puramente inventati poiché non vengono detti.

Altra cosa, il desiderio di Clove di apparire più grande: inizierei dicendo che come personaggio mi intriga molto e per scrivere questa fanfiction ho dovuto scavare a fondo e dietro le poche informazioni che abbiamo su di lei. Penso che ogni tributo abbia il desiderio di apparire forte, potente ed invincibile e Clove, minuta com'è, preferirebbe sicuramente sembrare più grande ed aggressiva. Se non siete d'accordo, fatemelo sapere ;)

Finisco facendomi un po' di pubblicità (cosa che tra l'altro faccio davvero di rado perché mi sembra un po' triste...) e lasciandovi un paio di link:
Qui c'è la mia pagina Facebook dove potete trovare aggiornamenti e scleri sulle storie: Chanel483 EFP
Queste invece, se a qualcuno interessassero, sono due one shot scritte da me su Hunger Games:

Katniss deve vivere (Ciò che è avvenuto durante la settantaquattresima edizione degli Hunger Games, dalla morte di Cato all'annuncio dei vincitori, dal punto di vista di Peeta)
Tutti amano i segreti (Finnick ed alcune sue riflessioni su ciò che è costretto a fare, mentre fa compagnia ad un abitante di Capitol City.)

E qui vi lascio, ci vediamo al prossimo capitolo :D
Baci, Chanel

PS: Non aspettatevi colpi di scena assurdi o improvvisi cambi di trama: Clove muore. Punto.

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Capitolo 2
*** La sfilata ***


La sfilata
La notte sul treno passa veloce ma tormentata. Riesco a dormire qualche ora ma non è un sonno tranquillo e, quando mi sveglio, un paio d’ore dopo l’alba, mi sento più stanca di quando mi sono addormentata.
Do un’occhiata oltre al finestrino della mia stanza e vedo un paesaggio sconosciuto correre velocissimo fuori dal treno. Nonostante non sappia dove ci troviamo, sono sicura che in un paio di ore arriveremo a Capitol City, così decido di farmi una doccia e vestirmi.
Con gli stessi pensieri di ieri, indosso un vestito nero aderente, lungo fino a metà coscia, al quale abbino un paio di stivali alti con le stringhe. Se ne fossi in grado mi truccherei, ma non ho idea di come si utilizzi un pennello o un rossetto, così lascio subito perdere e mi limito a cercare di dare un senso ai miei capelli.
Abbastanza soddisfatta del risultato ottenuto, mi reco nel vagone con la sala da pranzo, dove trovo Brutus, Enobaria e Talia già intenti a fare colazione.
<< Buongiorno >> mi saluta l’uomo, vedendomi arrivare:<< hai passato una notte… tranquilla? >> mi domanda, rivolgendomi uno sguardo eloquente.
È ovvio che l’idea che i suoi tributi tentino di uccidersi tra di loro ancora prima di mettere piedi a Capitol City non gli garbi molto. Distolgo lo sguardo dal suo e prendo posto al tavolo:<< Abbastanza, grazie >> rispondo.
Inizio a mangiare in silenzio e, proprio mentre mi pulisco la bocca dopo aver mangiato un panino dolce con la marmellata, Cato fa il suo ingresso. Indossa un paio di semplici pantaloni scuri ed una maglietta rossa con lo scollo a V, ha i capelli umidi, probabilmente è appena uscito dalla doccia.
<< Buongiorno a tutti >> ci saluta con voce un po’ assonnata, prima di addentare un cornetto al cioccolato.
Io mi obbligo a distogliere lo sguardo e tornare a concentrarmi sul mio tè.
Tempo di finire la colazione e siamo già praticamente arrivati alla stazione di Capitol City. La gente si sbraccia dai binari sperando in un nostro saluto, in una nostra occhiata, neanche fossimo star della televisione. Sia io che Cato ci avviciniamo al finestrino, limitandoci però a qualche rapido saluto: siamo dei Favoriti, il pubblico è già dalla nostra parte.
Scesi dal treno accade tutto velocemente; veniamo caricati da dei Pacificatori su due macchine diverse e portati davanti ad un enorme edificio, che scopro poi essere il Centro Immagine. Non vedo nessuno in giro, se non tre tizi dall’aspetto a dir poco eccentrico che si presentano come Ly, Ty e Ky, il mio team di preparatori. Non ho la più pallida idea di chi sia chi né del loro sesso.
Senza un minimo di spiegazione i tre mi rapiscono e mi portano in una delle stanze del Centro Immagine dove, nel giro di trenta secondi, mi ritrovo sdraiata su di un lettino senza indosso neanche un centimetro di stoffa.
Cerco di coprirmi come posso, ma quella dei tre con la pelle azzurrina e i tatuaggi viola attorno agli occhi – che ho scoperto essere una donna quando mi ha piazzato l’enorme seno a due centimetri dagli occhi – mi schiaffeggia leggermente le braccia:<< Giù quelle mani, non abbiamo tempo per questi slanci di pudore! >> mi riprende con la vocetta stridula e dagli accenti assurdi che hanno tutti gli abitanti di Capitol.
Circa una mezzora dopo, ogni centimetro quadrato della mia pelle è irrimediabilmente arrossato, ho i segni delle unghie impressi nei palmi delle mani e sono stata depilata in punti dove non sapevo nemmeno crescessero i peli.
Mi osservo tristemente le gambe, domandandomi cosa mai ci fosse di male in com’erano prima, certo, forse avevano un po’ di peli superflui qua e là, ma, come ho già detto, io sono una guerriera, non certo una modella!
Il momento peggiore poi è stato quando Ky – che, nonostante le apparenze, ho scoperto essere un ragazzo, quello con la cresta rosa e viola – si è avvicinato con una striscia di cera al mio ventre, ho lanciato un urlo straziante ancora prima che lo posasse sulla mia pelle. Chi cavolo mi deve vedere l’inguine!? Cosa cambia a loro se là sotto ho peli o no!?
La tizia abbastanza robusta dalla pelle azzurrina – che penso essere Ly – continua imperterrita a strapparmi le sopracciglia per qualche altro minuto, poi si allontana e mi osserva con occhio critico, quasi fossi un dipinto venuto male invece che una persona.
<< Sì, direi che per ora può bastare >> commenta Ky, alle sue spalle.
Per ora!?
Ignorando le mie proteste, portano ciò che è rimasto di me (una specie di uccellino spelacchiato) in una stanza adiacente, dove vengo sottoposta a circa due interminabili ore di bagni e trattamenti esfolianti, leviganti, idratanti e chissà cos’altro.
Con la pelle dolorante ed infiammata, mi riportano nella stanza dove eravamo prima e mi sottopongono ad un minuzioso “controllo peluria” – come lo chiamano loro – che consiste in pratica in questi tre che mi girano attorno al pari di degli avvoltoi, armati di pinzette e rasoi, in caso scorgessero il minimo pelo fuori posto.
<< Mai che ci capiti una ragazza che si tenga un minimo… >> commenta Ty sbuffando, prima di fare un passo indietro ed allontanarsi dagli occhi una ciocca di capelli bianchi. Io le lancio un’occhiataccia e lei si stringe nelle spalle:<< Insomma, se tu non avessi avuto così tanti peli non sarebbe stata così lungo e doloroso >> aggiunge.
Io mi limito a sbuffare e Ky si fa avanti per interromperci:<< Avanti cara, adesso sembri davvero una ragazza! >> si “complimenta” battendo le mani.
Io mi trattengo dal fargli rimangiare quel “cara” con un cazzotto in faccia e scuoto semplicemente la testa. Non capisco quest’assurda fissazione di dover continuamente utilizzare vezzeggiativi per chiamare le persone; insomma, ho un nome: mi chiamo Clove, non “cara” o “tesoro”, solo Clove, e vorrei proprio che tutti se ne ricordassero.
Fortunatamente, ha inizio la parte meno spiacevole del tutto: è tempo di trucco e parrucco.
I preparatori si dividono, Ky mi sistema le unghie, Ty mi trucca e Ly si occupa dei capelli.
Le cose si tirano abbastanza per le lunghe e sono convinta di addormentarmi anche per qualche secondo, ma alla fine uno dei tre, non so bene chi, mi batte sulla spalla per ridestarmi:<< Non andiamo a chiamare Vlad! >> annuncia Ky, appena prima che lui e le altre due se ne vadano, saltellando, dalla stanza.
Suppongo che questo Vlad sia il mio stilista.
Non ho proprio idea di cosa aspettarmi, durante le passate edizioni degli Hunger Games ho visto diversi stilisti in tv, ma nessuno mi ha mai… ispirato fiducia insomma, anzi, mi mette un po’ d’ansia l’idea di dover mettere il mio corpo nelle mani di uno di quelli.
Vlad arriva due minuti dopo. È un uomo bassino ed abbastanza robusto, ha una capigliatura talmente alta e gellata da sembrare una specie di banana. Indossa una giacca lunga fino a metà coscia, di strass smeraldo, sopra ad un paio di aderenti pantaloni gialli di pelle.
<< Ciao cara! >> trilla, aprendo appena le labbra truccate di giallo e sbattendo le ciglia finte esageratamente lunghe.
<< Buongiorno… >> rispondo, prima di beccarmi due appiccicosi baci sulle guance, che non riesco ad evitare.
Mi sforzo per non pulirmi con la mano e aspetto che lo stilista dica qualcosa, ma non lo fa per diversi secondi, per poi strillare:<< Su avanti, spogliati! >>.
Io lo faccio subito, più perché lo strillo mi ha presa di sorpresa che per altro. Vlad si porta una mano – con delle strane unghie appuntite che sembrano più degli artigli – al mento ed inizia a girarmi intorno, osservandomi attentamente dalla testa ai piedi, senza risparmiare un solo centimetro della mia pelle dal suo attento sguardo indagatorio.
<< Come immaginavo. >> sospira infine, tornando a guardarmi negli occhi:<< La materia prima non è malissimo, >> aggiunge, ed io mi domando se quello volesse essere un complimento perché, se è così, gli è uscito davvero male:<< solo che… insomma, sei così scheletrica… ma vi danno da mangiare nel 2? Se almeno fossi un po’ più alta o abbronzata… qualche centimetro in più di gambe e una taglia in più di seno… magari un paio di lampade e i capelli più chiari… >>.
Ok, temo sinceramente per la mia vita, come non ho mai fatto in anni e anni di pericolosi allentamenti. Sono convinta che sarebbe in grado di operarmi lui stesso qui, adesso, sul lettino alle mie spalle. Istintivamente aggrotto le sopracciglia e incrocio le braccia sul seno.
<< Oh no, no tesoro! >> mi ferma lui, afferrandomi per i polsi e riportandomi le mani lungo i fianchi:<< Non c’è nulla di male, mi accontenterò di ciò che ho. Per i ritocchini dobbiamo aspettare che tu vinca nell’Arena. Allora, iniziamo subito. Sai come funziona la questione dei costumi? >>.
<< Sì, credo >>.
<< Beh, il nostro compito è quello di rappresentare i vostri Distretti in un vestito; il lusso per l’uno, la pesca per il quattro e via dicendo. Per quanto riguarda il Distretto 2… >>.
<< Armature e armi, >> lo interrompo:<< nel mio Distretto ci sono per lo più estrattori, carpentieri e Pacificatori. In generale, è da lì che arrivano armi e armature >> il mio esagerato intuito mi dice che ci vestiremo – come al solito – in armatura.
Vlad scuote la testa con l’aria di chi sta per fare una rivelazione importantissima:<< Non indosserete una semplice armatura, mia cara, quest’anno voi sarete degli dèi! >>.
Lo guardo scettica, consapevole che, in ogni caso, non ho possibilità di scelta.
 
Indossare l’abito e finire di sistemare capelli e trucco richiede molto più tempo di quanto si possa immaginare ed è già sera quando, finalmente, Vlad mi permette di guardarmi in uno specchio.
Come prevedibile, indosso un’armatura color oro. Sotto di essa però, porto una tunica bianca che mi copre completamente le gambe e ai piedi ho dei sandali alla schiava; ricordo vagamente una di quelle antiche divinità, risalenti a molto prima della nascita di Panem. I capelli sono raccolti in un’intricata pettinatura di ricci e nastri color oro, il trucco marcato rende gli occhi più grandi e definiti mentre le labbra, anch’esse dorate, sembrano quasi irreali.
<< Non potranno non notarti! >> esclama il mio stilista, comparendo alle mie spalle riflesso nello specchio.
Prima che possa dire qualcosa, la porta della stanza si apre e fa ingresso una donna giovane e minuta, i capelli rosso fuoco che le arrivano alle ginocchia e, alle sue spalle, un istante dopo compare anche Cato, che indossa un costume molto simile al mio, ma in versione maschile.
Nonostante mi roda, devo ammettere che il suo abito gli sta benissimo. Io sono molto bella vestita così, ma lui ha qualcosa… sembra nato per indossare i panni di una qualche divinità della guerra, sembra nato per tutto questo.
Vlad e quella che immagino sia la stilista di Cato, si fanno un attimo da parte, lasciando che noi due ci incontriamo al centro della stanza.
Mi fermo a circa un metro da lui, osservandolo mentre mi scruta e scrutandolo a mia volta. Ho un rapido lampo del riflesso di noi due insieme, nello specchio, vestiti in questo modo, sembriamo le due metà di uno stesso insieme. Prima che il pensiero però possa elaborarsi nella mia mente, lui parla.
<< È fantastico, sono riusciti a farti sembrare una ragazza! Questa gente fa miracoli… >> commenta, nonostante dallo sguardo che mi rivolge sia palese che abbia apprezzato.
Scuoto la testa, mentre un sorrisino mi increspa le labbra dorate:<< No, non sono riusciti a farti sembrare intelligente! >> ribatto.
Con una smorfia in viso, Cato fa per rispondere, ma viene interrotto da Vlad:<< Buoni ragazzi, per la sfilata servite tutti interi, non volete certo che tutto questo lavoro vada sprecato! Su su, dobbiamo andare, siamo già in ritardo! >> e, detto questo, scendiamo in gran carriera al piano terra del Centro Immagine.
Siamo tra gli ultimi ad arrivare, ormai la cerimonia sta per iniziare e buona parte degli altri tributi è già sistemata sui rispettivi carri. Ci assegnano il nostro, che è trainato da quattro cavalli dal pelo chiaro.
<< Cosa state aspettando? Salite! >> ci incita la stilista di Cato – che nel frattempo ho scoperto chiamarsi Mao – vedendo che noi non accenniamo a muoverci.
Facciamo come ci dice e io riesco appena a lanciarmi una rapida occhiata intorno, quanto basta per intravedere un cappello da cowboy – probabilmente qualcuno del Distretto 10, allevamento – e un mantello di scaglie – sicuramente il Distretto 4, pesca.
<< Mi raccomando ragazzi! >> esclama Vlad, guardandosi intorno tutto sorridente e soddisfatto.
Io mi guardo avanti, fissando lo sguardo sui due tributi del Distretto 1, che aspettano in piedi sul carro davanti al nostro. L’uno è il distretto del lusso e loro sembrano pietre preziose, ricoperti come sono di vernice argentata e con indosso quelle vesti luccicanti.
La prima nota della musica di apertura rimbomba nella sala, come probabilmente in tutta Capitol.
Sento la mano di Cato sfiorarmi un fianco e vedo il massiccio portone davanti a noi scorrere ed aprirsi.
Mi volto verso di lui, in cerca di una spiegazione:<< Scherzavo prima. >> mi sussurra, mentre il carro del Distretto 1 inizia già a muoversi:<< Sei davvero uno schianto con indosso questo >> e, nemmeno lo avesse programmato, la frase finisce proprio quando il nostro carro attraversa la porta e le sue mani scompaiono dai miei fianchi, come se nulla fosse successo.
La sua frase mi ha un po’ destabilizzato, ma devo concentrarmi. La sfilata dura circa venti minuti e fa il giro delle principali strade di Capitol City, per poi terminare davanti all’Anfiteatro Cittadino. Questa è la nostra prima e forse più importante occasione per farci vedere dal pubblico e dai possibili sponsor, non posso certo passare inosservata.
Pare che tutti gli abitanti di Capitol si siano riversati ai lati delle strade, trasformandosi in una folla urlante.
Per qualche istante vedo il mio viso sugli schermi giganti e, istintivamente, mi lascio andare ad un sorriso furbo e determinato che alla folla sembra piacere.
Poi, una manciata di secondi dopo – forse appena il tempo che tutti i carri escano in strada – accade qualcosa che inizialmente non riesco a capire. L’attenzione della gente viene inesorabilmente calamitata altrove e tutti sembrano letteralmente impazzire.
Pochi secondi dopo, è proprio il teleschermo a spiegarmi il motivo di tutto ciò, inquadrando il carro del Distretto 12 che, a prima vista, sembra stia andando a fuoco. Solo ad una seconda occhiata, mi rendo conto che deve essere qualcosa di programmato perché, nonostante i mantelli dei due tributi siano veramente in fiamme, loro non sembrano spaventati né preoccupati, al contrario, dopo qualche istante di esitazione, si prendendo per mano e salutano allegri la folla in delirio.
Mi volto appena verso Cato e lo trovo a fissarmi con gli occhi chiari iniettati di rabbia. Riabbasso la mano che avevo alzato per salutare il pubblico e guardo davanti a me, cercando di mantenere un’aria impassibile, nonostante dentro senta la rabbia e l’odio ribollire.
Non avverto più la musica attorno a me e la strada corre sotto le ruote del carro quasi senza che io me ne renda conto.
Mi riprendo dai miei pensieri solo quando entriamo nell’Anfiteatro Cittadino e i dodici carri si dispongono in semicerchio. La musica cessa con un complesso virtuosismo ed ad un balcone sovrastante si affaccia il presidente Snow, un uomo piccolo dai capelli bianchi.
Mentre il presidente ci dà il benvenuto, le telecamere ci riprendono a coppie o uno ad uno ma è palese, dalle immagini trasmesse sui grandi schermi, che i due del Distretto 12 stiano surclassando decisamente tutti gli altri. Vedo una fugace immagine di me e Cato trasmessa sugli schermi; abbiamo entrambi lo sguardo perso nel vuoto e l’espressione furiosa, mi stupisco a pensare che, in questo momento, sembriamo proprio due potenti divinità; nonostante questo però, tutta l’attenzione del pubblico è diretta altrove.
Parte l’inno nazionale e le telecamere fanno una carrellata su di noi e poi tornano a fissarsi sui tributi del dodici. I carri fanno un ultimo giro nell’anfiteatro, per poi entrare nel Centro di Addestramento.
Appena siamo dentro, ancor prima che il carro si fermi o che le porte si chiudano dietro di noi, Cato fa un balzo e scende a terra, imprecando a gran voce.
Io aspetto qualche altro istante, finché non vedo Vlad, Mao e il team di preparatori venirci incontro.
Vedo la stilista fare una corsetta molto poco atletica nella mia direzione, trascinandosi dietro la lunghissima chioma rossa e l’assurdo vestito bianco che indossa:<< Oh cara! >> strilla tentando di gettarmi le braccia il collo.
Mi faccio rapidamente di lato e le lancio un’occhiataccia:<< Non ci provare >> sibilo quasi fossi una serpe. Mao sgrana gli occhi e fa un passo indietro, probabilmente ferita nel profondo. Non che mi importi qualcosa.
<< Oh Clove, non c’è bisogno di fare così… >> commenta Vlad, raggiungendoci:<< tu e Cato eravate bellissimi, meravigliosi! Non importa che quei poveri… plebei del dodici fossero vestiti da… fiammiferi umani! Voi eravate strepitosi! >>.
Io, ignorando bellamente sia lui che gli altri, mi guardo intorno alla ricerca di Cato e, quando lo scorgo tra la gente, grazie alla sua armatura scintillante, lo raggiungo in fretta.
<< Cosa vuoi!? >> è il dolce saluto che mi rivolge appena gli sono accanto.
Alzo gli occhi al cielo ma mi impegno per ignorare la sua sgarbatezza e, sorprendendo anche me stessa, ci riesco:<< Abbiamo un… problema in comune. >> spiego:<< Anzi, due problemi… >>.
Contemporaneamente ci voltiamo verso il punto in cui si è fermato il carro del Distretto 12 e per un istante i miei occhi incontrano quelli della ragazza, che però subito distoglie lo sguardo.
<< Sì, hai ragione >> ammette Cato, nonostante sembri abbastanza restio.
Tutto ciò non ha senso, siamo noi i favoriti. Il pubblico è dalla nostra parte, sempre, in ogni caso; se no che senso avrebbe questo nome? Dobbiamo trovare un modo per eclissare velocemente quei due.
Sorrido sadicamente tra me, mentre cambio idea.
Non sarà Cato il primo…


Buonasera a tutti :D
Non ho molto tempo, ma vorrei ringraziare tanto le persone che hanno recensito lo scorso capitolo o hanno aggiunto la stora tra seguite/ preferite/ ricordate. Il vostro parere mi è davvero molto utile e spero abbiate voglia di recensire anche questo capitolo(:

La relazione tra Cato e Clove è in stallo e non si scopre neanche nulla su ciò che può essere successo a loro prima della Mietitura, ma non vi preoccupate, per questo c'è tempo ;)

Una ragazza mi ha fatto notare che la scrittura dello scorso capitolo era troppo piccola. L'ho ingrandita un po', così va bene?

Se qualcosa non è chiaro o ci sono dei passaggi che non vi sembrano fedeli al libro e/ o ai caratteri di Cato e Clove mi farebbe davvero piacere saperlo.

Anche un enorme grazie a tutti, ci vediamo presto con il prossimo capitolo :D

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Capitolo 3
*** Il centro di addestramento ***


Il Centro di Addestramento
All’interno del Centro di Addestramento c’è una grande torre, che ospita i nostri alloggi. Ad Distretto è destinato un piano, dove si stabiliscono i tributi ed il loro staff, durante tutto il periodo dell’addestramento.
Al Distretto 2, come ovvio, è riservato il secondo piano. Ed è proprio lì che io, Cato e il nostro staff ci stiamo recando, con ancora indosso i vestiti della parata.
Talia, un paio di passi avanti a noi, preme il tasto di chiamata dell’ascensore e nel frattempo blatera di programmi e modi per recuperare il – testuali parole – “piccolo inconveniente della sfilata”.
Io scollego completamente l’udito e allontano tutto ciò che ho intorno. Sono sempre stata brava in questo, ad estraniarmi dall’ambiente che mi circonda e rimanere concentrata solo su di me; sul mio respiro, il battere del mio cuore, il lavoro dei muscoli per mettere un piede davanti all’altro e compiere i passi che dall’ascensore mi portano a quella che Talia mi indica come la mia stanza.
Era utile, durante i sei mesi all’anno che passavo all’accademia, prendermi questa sorta di spazio personale. Era utile per estraniarsi dalle urla degli allenatori o dall’umiliazione per la perdita di uno scontro o anche solo dal bruciore delle mani, quando mi tagliavo con i miei stessi coltelli.
Mi lascio scivolare sul letto e mi guardo attorno con sguardo critico. La stanza che occupo è grande quattro o cinque volte quella che c’è in casa mia e non molto più di quella dell’accademia, che però dividevo con altre sei ragazze.
Ho anche una cabina armadio ed un enorme bagno personale, occupato per metà da una vasca idromassaggio, che funge anche da doccia, ed ha un pannello con almeno cinquanta, sessanta pulsanti per attivare mille funzioni diverse.
Ovunque, nella camera da letto, nel bagno ed addirittura nella cabina armadio, ci sono in tutto una decina di pannelli simili, in grado di controllare qualsiasi cosa possa voler utilizzare.
Litigo un po’ con l’allacciatura dell’armatura, ma alla fine riesco a far ricadere quella e la tunica sottostante sul tappeto infondo al letto, dove li abbandono insieme alle scarpe e ai mille gingilli che ho tra i capelli, convinta che qualcun altro li raccoglierà.
Mi avvio verso il bagno e, strada facendo, butto a terra anche la sottospecie di biancheria intima che Vlad mi ha fatto indossare – considerando quanto copre, avrei fatto prima ad andare senza.
Bisticcio un po’ con il pannello della vasca, ma alla fine riesco a riempirla con acqua calda, olii alla rosa e tanta schiuma.
Quando, un’oretta dopo, esco e poggio i piedi sul tappetino, vengo colpita da dei getti d’aria calda che mi asciugano in un attimo, prima ancora che possa cercare un asciugamano.
Tutta questa tecnologia mi mette un po’ in ansia, così decido che sarebbe troppo avventuroso anche solo il cercare una spazzola e mi lego i capelli in due trecce anche se poi, dopo essermi vista allo specchio, le disfo subito per fare una coda.
Devo proprio trovare un modo per smetterla di sembrare una scolaretta acqua e sapone.
Alquanto alterata, mi trascino nella stanza – dove non c’è più traccia dei miei vestiti – e poi fino alla porta della cabina armadio ed anche lì trovo l’ennesimo pannello. Ci metto un po’ per capire come funziona, ma alla fine mi risulta utile: può selezionare i vestiti al mio posto in base alle indicazioni che gli do.
Così, quando mezzora dopo Talia viene a chiamarmi per la cena, mi trova con indosso dei sandali scamosciati beige con il tacco alto ed un vestito leggero color blu cobalto, lungo fino a meta coscia, con sopra una giacchetta in tinta con le scarpe.
Talia, vedendomi aprire la porta, mi rivolge una lunga occhiata indagatoria, ma alla fine si stringe nelle spalle e mi precede verso la sala da pranzo.
Nella stanza ci sono già Brutus, Enobaria, Vlad e Mao – che chiacchierano seduti ad un divano vicino al tavolo da pranzo, sorseggiando del vino rosso – e due uomini in tunica bianca, uno regge un vassoio di calici di cristallo e l’altro una brocca colma di vino scuro.
I due si avvicinano porgendocene un bicchiere e Talia lo accetta subito, mentre io tentenno un attimo. In realtà non ho mai bevuto vino, se non si contano un paio di sorsi dal bicchiere di mio padre durante le feste e, un volta, durante una qualche cerimonia all’accademia, mezzo bicchiere di rosé con Marlene, rubato tra l’altro agli allenatori.
Mentre mi mordo indecisa il labbro inferiore, avverto la presenza di qualcuno alle mie spalle e, un istante dopo, sento la voce di Cato, a pochi centimetri dal mio orecchio:<< Che c’è ragazzina, hai paura di ubriacarti? >> mi chiede, mentre tende una mano per afferrare un calice.
Io mi volto appena per lanciargli un’occhiataccia – fingendo di non rendermi conto che adesso i nostri visi sono solo ad una manciata di centimetri di distanza – e allungo la mano a mia volta:<< Per niente. E non sono uno ragazzina >>.
Lui si porta il vino alle labbra e pare riflettere un po’ su ciò che ho appena detto:<< Possibile… >> mi concede:<< ma non sono sicuro di ricordare bene. Potresti… come dire, rinfrescarmi la memoria? >>.
La voglia di ucciderlo è tanta, ma mi trattengo bevendo a mia volta. Sono completamente consapevole che, quando saremo nell’Arena, avrò bisogno anche del suo aiuto per fare fuori i tributi del Distretto 12:<< Non credo proprio >> mi limito a rispondere, prima di raggiungere gli altri sui divanetti.
Vengo tirata dentro una conversazione che sembra non avere fine. Argomento? Ovviamente la sfilata!
Vlad e Mao continuano a ripetere che non siamo andati così male, dopo il Distretto 12 eravamo i migliori, a loro parere, ed anche Talia gli dà man forte. Né io né Cato partecipiamo granché, per lo più ci limitiamo ad annuire o rispondere a monosillabi, ma nessuno sembra farci troppo caso. Brutus ed Enobaria non sono positivi quanto gli altri tre, ma non ne fanno una strage.
Il discorso continua quando ci spostiamo al tavolo da pranzo e a causa sua quasi non riesco a godermi l’ottimo cibo che ho davanti.
Quando gli altri decidono di spostarsi davanti alla televisione per guardare la replica della sfilata, io non ho ancora finito di mangiare, così anche questa volta mi porto dietro il dolce: un budino alla fragola ricoperto di panna montata e polvere di mandorle.
Prendiamo tutti posto sui divani e Cato, che si è messo accanto a me, allunga un dito per immergerlo nella mia panna e poi infilarselo in bocca.
Io gli rivolgo un’occhiataccia, allontanandogli il mio dolce:<< Incivile >> lo apostrofo.
Lui si lecca le labbra, per rimuovere un inesistente rimasuglio di panna:<< Deliziosa >> commenta quasi tra sé, ignorandomi.
Quella semplice parola ha la capacita di mettermi un po’ in imbarazzo, ma comunque mi impegno per non arrossire e sposto lo sguardo verso lo schermo del televisore.
La cosa positiva di questa sceneggiata è che capisco che Cato non ha mantenuto il malumore troppo a lungo. Spero che la replica della sfilata non cambi la situazione, poiché sono sicura che non lo sopporterei ventiquattrore su ventiquattro in versione incazzata.
Parte il filmato. In generale il pubblico è entusiasta del nostro costume ed anche di quello di qualche altro Distretto, ma non è nulla in confronto alla reazione che ottengono i ragazzi del dodici, con i loro costumi fiammeggianti.
Talia li descrive come “pacchiani” e Vlad ripete la sua teoria sui fiammiferi umani. Brutus invece pensa sia una buona idea ed anche Enobaria si trova in accordo con lui. Mao è solo infastidita, con ogni probabilità avrebbe voluto pensare lei a qualcosa del genere per prima.
<< Beh, non è certo su questo che punta la nostra strategia. >> ci ricorda la nostra mentore, senza scomporsi di un millimetro, mentre Talia spegne il televisore:<< Ciò che conta è quello che farete domani e durante tutto l’allenamento. Dovete trovare gli alleati migliori e, soprattutto, ottenere un buon punteggio. Non sarà certo uno sciocco costume a fare la differenza >>.
Penso che i nostri stilisti avrebbero qualcosa da ridire su quest’ultima affermazione, ma i denti di quella donna, color oro ed appuntiti in modo disumano, bastano a far zittire chiunque.
<< Su su, ragazzi! >> esclama Talia, dopo un istante di imbarazzante silenzio, mettendosi in piedi:<< Domani vi dovrete alzare presto e sarà una giornata impegnativa, quindi tutti a letto! >>.
Non me lo faccio ripetere due volte, non voglio altro che potermi chiudere nella mia stanza, fare una lunga dormita e svegliarmi domani, pronta a fare ciò che so fare meglio di ogni altra cosa: combattere.
Entro nella stanza e mi svesto, per poi indossare una specie di camicia da notte lunga fino a metà coscia, poiché non ho trovato nulla di più comodo e comunque non fa affatto freddo.
C’è anche un pannello accanto a letto che regola luci, musica, calore e quant’altro. Mi limito a trovare un modo per spegnere tutte le luci e chiudo gli occhi, sprofondando in quel letto soffice e morbido, niente a che vedere con quelli a cui ero abituata nel Distretto 2.
Riesco ad addormentarmi velocemente, ma purtroppo il mio è un sonno breve perché, dopo quelli che mi sembrano solo pochi minuti, il rumore della porta che si apre mi sveglia.
È strano, abituata come sono a condividere la stanza con altre sei persone, ho imparato a dormire in ogni circostanza e comunque non ho mai avuto il sonno leggero. Forse è perché questo è un posto nuovo o perché i miei nervi sono un po’ tesi a causa dell’imminente inizio degli Hunger Games, ma non è affatto normale che un rumore così leggero mi svegli.
In ogni caso, un po’ intontita, faccio leva sulle braccia e cerco di mettere a fuoco la figura che mi trovo davanti. Ci metto pochi secondi per rendermi contro che è Cato e, soprattutto, che non indossa niente di più che un paio di comodi pantaloni grigi.
<< Cosa vuoi? >> domando con l’intenzione di sembrare scontrosa e aggressiva, ma a causa della voce impastata dal sonno, fallisco miseramente.
Sogghigna, con il volto appena illuminato nella penombra, e fa un paio di passi avanti, chiudendosi la porta alle spalle:<< Volevo sapere come stai >> e la sua voce è così bassa, calda e sensuale, che mi fa correre un brivido su per la schiena, mentre la mente mi si riempie dei ricordi di una notte che ho sempre cercato di dimenticare ma non se ne è mai veramente andata dalla mia mente.
<< Sto bene. >> rispondo freddamente, mentre mi copro con il lenzuolo fino al mento, in un gesto forse un po’ infantile:<< Ora puoi andare >> aggiungo.
Lui non sembra farsi scoraggiare dal mio distacco, al contrario, si avvicina fino ad arrivare ai piedi del mio letto, per poi sedersi proprio lì:<< Agitata per l’inizio degli allenamenti? >> mi chiede, ignorando completamente la mia ultima frase.
<< Per niente. >> ho un “e tu?” dato dall’abitudine sulla punta della lingua, ma mi sforzo per rimangiarlo, tutto ciò che voglio è mettere fine a questa conversazione il prima possibile.
Si allunga un po’ sul letto, verso di me, ed io, istintivamente, aumento la presa sul lenzuolo:<< Fossi in te lo sarei. >> mi sussurra:<< Avrai bisogno di allenarti molto, se vuoi che ti accetti nel gruppo dei Favoriti >>.
A questo punto mi sento decisamente punta nel vivo, tanto che quasi mi dimentico di quanto sia imbarazzante questa situazione:<< Di cosa stai parlando? >> domando, sporgendomi maggiormente verso di lui:<< Io ho il tuo stesso identico diritto di stare tra i Favoriti! >> sottolineo con maggior fervore.
<< E chi te lo dice? >>.
A quel punto lascio cadere il lenzuolo e mi metto in ginocchio:<< Mi sono allenata per metà della mia vita solo per questo momento. Non permetterò che tu mi metta i bastoni tra le ruote! E ora vattene, non ti voglio mai più vedere nella mia stanza; ciò che è successo quella notte è stato un errore e non capiterà di nuovo >>.
Cato, testardo all’inverosimile,  mi viene ancora più vicino, finché il suo naso non è diviso dall’effimero spazio di un respiro:<< Non sembrava dispiacerti >> dice:<< al contrario, sembravi molto… appagata >> e, come prevedibile, il suo sguardo si abbassa ad osservare la mia camicia da notte e l’abbondante porzione di decolté che lascia scoperto.
Ok, è davvero ora di mettere fine a tutta questa storia, sta diventando decisamente patetica. Così mi alzo, mi avvicino al guardaroba e, dopo aver trafficato un po’ con il pannello, recupero un golfino che subito indosso, allacciandolo fino all’ultimo bottone.
<< Ascoltami, >> esordisco, piazzandomi in piedi davanti a lui:<< ciò che è successo quella notte non conta nulla. Ero… confusa e tu sai essere molto… persuasivo. Non puoi continuare a ricordarmelo – anzi, rinfacciarmelo – a vita >>.
A sua volta, Cato si mette in piedi e fa un passo nella mia direzione. Non indietreggio per non dargli soddisfazione, anche se vorrei tanto farlo:<< Smettila di fuggire da te stessa ed accetta quello che abbiamo fatto, accetta i tuoi sentimenti >> e prima che io me ne accorga, le sue labbra sono sulle mie e le sue mani sui miei fianchi.
Non è un bacio dolce né romantico, ma non è neanche passionale. È un bacio rabbioso e possessivo, sento la sua lingua entrare a forza nella mia bocca e sfregarsi rudemente sulla mia. C’è un istante, insignificante e brevissimo, in cui mi scopro a ricambiare il bacio ma, un attimo dopo, sento le mani di Cato spostarsi sulle mie cosce, al di sotto della camicia da notte, e mi stacco bruscamente.
<< No! >> quasi urlo, mettendo più di un metro di distanza tra me e lui.
Le guardo rimanere immobile per qualche istante, gli occhi ancora chiusi e le mani a coppa, tese in avanti alla ricerca della mia pelle. Poi si riscuote e mi guarda, un lampo di rabbia negli occhi.
Giro la testa e gli indico la porta:<< Voglio rimanere da sola >> dico. E lui, stranamente, lascia veramente la stanza, senza protestare né pronunciare una sola parola.
È successo pochi mesi fa, ricordo che era inizio inverno ed io ero da poco tornata all’accademia per il mio sesto anno di allenamenti. Avevo sempre visto Cato in quel posto, ma non ci avevo mai veramente parlato né ci eravamo mai allenati insieme.
Avevo già deciso da mesi che quell’anno mi sarei offerta volontaria e nessuno lo sapeva tranne mio padre e Marlene.
Lei non era particolarmente d’accordo con la mia idea ed un giorno, elencandomi tutti gli aspetti negativi che poteva comportare la mia scelta aveva detto:“… e poi non vorrai certo morire vergine, vero?”. Certo che non volevo morire vergine, chi l’avrebbe mai voluto? A quindici anni non avevo mai preso in considerazione quell’opzione ma, ora che Marlene mi aveva detto così, mi sembrava un ostacolo insormontabile.
E da lì al letto di Cato, il passo era stato breve, forse troppo. Era bello, esperto e, a quanto diceva chi lo conosceva, disponibile nei miei confronti.
Era stato solo il cedimento di una notte e, in seguito, non ci eravamo praticamente rivolti più la parola.
Possibile che quello che è successo abbia cambiato a tal punto la mia vita? Possibile che ci siamo ritrovati qui entrambi, volontari per gli stessi Hunger Games, per pura coincidenza?
Scuoto la testa e, dopo aver gettato a terra il maglioncino, torno a rifugiarsi sotto le coperte, con nessun altro desiderio se non quello di dormire.


Buongiorno a tutti :D

Allora, questo è decisamente un capitolo di passaggio, inizialmente avrei voluto passare direttamente all'allenamento dopo la sfilata, ma non volevo correre troppo così ho scritto 'sta roba.
L'unica cosa un po' wooo(?) è la rivelazione su ciò che è successo in passato tra Cato e Clove. Ora, so che alcuni di voi saranno molto contente e altri invece vorranno uccidermi, ma non ci posso fare nulla, è colpa loro, io non c'entro!
Altra cosa abbastanza degna di nota è quel mezzo bacio che Cato riesce a strappare a Clove, che ne pensate? Fatemi sapere con un recensione <3

Vorrei ringraziare tantissimo quelle personcine tanto carine che hanno recensito gli scorsi capitolo o aggiunto la storia tra le seguite/ricordate/preferite. Avete dimostrato tantissimo entusiasmo per questa fanfiction e la cosa mi riempie di gioia e mi fa anche scrivere e aggiornare molto più in fretta del solito! :D

Grazie ancora, ci vediamo al prossimo capitolo, un bacio
Chanel


 

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Capitolo 4
*** L'addestramento ***


 
L’addestramento
Quando, la mattina dopo, il rumore di qualcuno che bussa alla porta mi sveglia, mi sembra di non aver chiuso occhio tutta la notte ed è la voce di Talia che, qualche minuto dopo, mi ordina di alzarmi, a convincermi a trascinarmi in bagno.
Mi sciacquo velocemente la faccia – asciugandomi con un lembo della camicia da notte per non dover trafficare con i vari pannelli– e mi lego i capelli, corvini e liscissimi, in una coda alta. Quando ho terminato esco dal bagno e mi dirigo alla cabina armadio, ci metto davvero poco a trovare le tute e sono contenta di scoprire che ho davvero una vasta scelta; dopo qualche minuto opto per un paio di comodi pantaloni aderenti neri ed una canottiera blu che mi lancia le braccia libere, agevolandomi i movimenti, ai piedi indosso un semplice paio di scarpe da ginnastica.
Solo quando scorgo Cato, seduto al tavolo da pranzo, mi rendo pienamente conto di ciò che è successo la sera prima e, inevitabilmente, le mie guance prendono un po’ più colore.
In ogni caso sono fiera di poter dire che ho solo un paio di secondi di esitazione, prima di continuare – benché arrossita – a camminare a testa alta fino al tavolo, ricoperto di qualsiasi cosa si possa desiderare per colazione, già occupato da tutti gli altri membri del nostro gruppo.
<< Alla buon ora! >> è lo sgarbato saluto di Talia, che mi lancia un’occhiataccia da sopra la decoratissima tazza di porcellana, dalla quale sta bevendo del the chiarissimo:<< Ora sbrigati a fare colazione, tra meno di quaranta minuti inizieranno gli addestramenti >>.
Io annuisco e prendo posto lanciando un cenno di saluto a mentori e stilisti. Cato non solleva lo sguardo dalla grossa fetta di crostata alla marmellata di mirtilli che ha nel piatto.
<< Cielo, Clove! >> strilla Vlad con voce acuta, portandosi una mano alla fronte in un gesto esageratamente plateale:<< Che cosa hai fatto questa notta invece che dormire, eh? Hai delle occhiaie che non finiscono più! >>.
Mi impegno per non arrossire maggiormente, ma non riesco a non lanciare uno sguardo a Cato che però è ancora concentrato sulla sua colazione, anche se ora un sorriso sarcastico:<< Ho fatto fatica a dormire >> mi limito a rispondere, servendomi un bicchiere di succo di mela e dello yogurt.
<< Non dovresti proprio mostrarti in queste condizioni… >> continua il mio stilista, mentre aggiungo alla mia coppa di yogurt dei cereali e delle fragole:<< avresti proprio bisogno di un po’ di correttore e di una maschera… >>.
<< Non abbiamo tempo per queste cose, Vlad! >> lo interrompe Talia, lanciando un’occhiata nervosa all’orologio ricoperto di diamanti che porta al polso:<< Lasciala mangiare o arriveremo in ritardo. Alle occhiaie ci penserai poi >>.
Non avrei mai pensato che lo avrei detto, ma sono grata a Talia, non sarei sopravvissuta ad un interrogatorio sul motivo per cui ho delle occhiaie davvero spaventose.
Proprio mentre penso che potrebbe non starmi così antipatica, la nostra accompagnatrice mi riempie il piatto di uova strapazzate e fagioli:<< Hai bisogno di energie >> dice in tono di rimprovero, servendomi anche una tazza di cioccolata calda.
E possiamo dire addio ai sentimenti positivi nei suoi confronti.
Brutus mastica con calma il boccone di frittelle che ha in bocca e piazza i gomiti sul tavolo – beccandosi un’occhiataccia da parte di Talia:<< Allora, volete allenarvi insieme o separatamente? >> ci domanda.
Io ho giusto il tempo di registrare la domanda e Cato di sollevare la testa che Enobaria prende parola:<< In realtà è solo una domanda di rito, >> ci spiega:<< siamo praticamente obbligati a chiedervelo, ma sappiate fin da subito che vi allenerete insieme. Siete Favoriti e uno dei vostri punti di forza, una volta nell’Arena, sarà il lavoro di squadra >>.
Non sono particolarmente entusiasta di ciò che ha appena detto, ma non mi permetto di contraddirla, anche perché non cambierebbe nulla:<< A proposito di questo, >> continua Brutus:<< dobbiamo decidere chi saranno i vostri alleati. Abbiamo già parlato con Strass e Diamond, i mentori del Distretto 1, e i loro tributi sarebbero disposti a fare squadra con voi, dobbiamo ancora parlare con quelli del quattro, ma sono sicuro che non ci siano problemi >>.
Questa volta non riesco a starmene zitta come probabilmente dovrei:<< Ma io non li voglio come alleati… >> mi lamento.
<< Come!? >> chiede la mia mentore mostrandomi – in quello che spero sia solo un gesto istintivo – i denti appuntiti.
<< La ragazza dell’uno… come si chiama? Luce… >>.
<< Lux >> mi viene in aiuto Talia.
<< Sì, Lux… >> confermo io:<< mi sembra una tale cretina… non voglio avere nulla a che fare con una convinta di vincere solo perché ha un bel faccino >> spiego convinta, spostando lo sguardo tra i due.
I mentori si lanciano un’occhiata confusa, probabilmente nessuno dei due si aspettava niente di simile. Al contrario di quanto mi sarei aspettata però, a prendere la parola è Talia:<< Ma Clove, cara, non puoi rifiutarti. I tributi dei Distretti 1 e 2 sono alleati da sempre… >>.
Enobaria invece non sembra per nulla disposta a trattare o a tentare di convincermi:<< Non c’è nulla da rifiutare. >> dice lapidaria:<< I tributi del Distretto 1 saranno i vostri alleati e voi vi comporterete adeguatamente con loro, almeno finché non sarete rimasti in pochi nell’Arena, allora potrete fare ciò che vorrete >>.
Sbuffo e mi lascio andare all’indietro, sbattendo la schiena contro lo schienale della sedia.
Quella Lux non mi piace proprio per niente, sembra una di quelle ragazze frivole e superficiali, attente solo ai bei vestiti e alle feste. Enobaria però a ragione: non ho molta scelta.
<< Ora, >> continua Brutus:<< dobbiamo farci un’idea di cosa sapete fare. Quali sono le vostre capacità? >>.
Cato prende parola per primo e la cosa non mi dispiace affatto, sono decisamente infastidita e mi devo trattenere all’inverosimile per non sclerare, non sono abituata all’idea che le cose non vadano come voglio io:<< Spade e lance, sono bravo con spade e lance, anzi, sono sicuramente il migliore e sono forte, molto forte >>.
I nostri mentori si scambiano un’occhiata compiaciuta, probabilmente è questo l’atteggiamento che si aspettano da noi:<< E tu? >> mi chiede Enobaria, soppesandomi con lo sguardo.
<< I coltelli, >> spiego:<< sono praticamente un estensione del mio stesso corpo. Mi alleno con i coltelli da quando ho dieci anni, non c’è nulla che non sappia fare con un coltello in mano. So usare anche abbastanza bene la spada e sono molto agile, durante le esercitazioni in accademia ero sempre la più veloce >>.
Talia batte le mani eccitata, mentre Brutus ed Enobaria bisbigliano tra loro:<< Oh sì, avete già la vittoria in mano! >> esclama.
Io la ignoro e torno a concentrarmi sulla mia colazione. So di essere brava, non ho bisogno che sia una sciocca abitante di Capitol City a dirmelo. Lei insiste nuovamente perché mangi di più:<< Sei così magra… >> dice tastandomi un braccio:<< sembra quasi che tu non mangi da giorni… >>.
Sbuffo fingendo di non averla sentita ed ingoio con rabbia una forchettata di fagioli. Ancora non riesco a mandare giù la storia di Lux. In accademia c’erano decine di ragazze come lei, che non capivano cosa volesse veramente dire partecipare agli Hunger Games, pensavano solo alla fama che la vittoria le avrebbe portato ed erano fermamente convinte di poter attirare decine di sponsor con qualche sorriso e mostrando le gambe.
Ma non sono questi gli Hunger Games, porca miseria! Gli Hunger Games sono morte, sangue, guerra… sono uno spettacolo sadico e cruento, non fatti sicuramente per delle ragazzine viziate preoccupate di spezzarsi le unghie.
<< Mancano dieci minuti! >> trilla Talia scattando in piedi e sistemandosi meglio una ciocca di capelli – o parrucca? – verdi tenuta ferma da un’enorme molletta con incastonato sopra un brillante grande quanto il mio pugno.
Mi guardo intorno e mi rendo conto che devo essere rimasta immobile a pensare per diversi minuti e che metà della mia colazione è rimasta nel piatto ed ormai è troppo fredda.
Cato è già in piedi e si sta dirigendo verso la sua camera, così faccio lo stesso. Mi lavo i denti e rifaccio la coda alta, fermandomi bene i capelli con delle forcine.
Due minuti dopo lascio la stanza e mi avvio verso l’ascensore, dove trovo Talia che si sistema una giacchetta bianca ricoperta di pietre colorate, mettendo ancora più in risalto l’abbondante decolté:<< Se Cato non si muove arriveremo in ritardo! >> esclama agitata, lanciando un’occhiata all’orologio che porta al polso, per poi allungare una mano dalle lunghissime unghie ricoperte di brillantini dorati e mettersi a posto il brillante che porta tra i capelli.
Proprio in quel momento arriva Cato con indosso un paio di comodi pantaloni della tuta bordeaux ed un’aderente canottiera nera che mette in risalto ogni singola linea dei suoi addominali.
Distolgo le sguardo a forza e mi volto verso la nostra accompagnatrice:<< Andiamo? >> domando avvicinandomi all’ascensore.
Talia ci accompagna nei sotterranei dell’edificio, dove si tengono gli allenamenti di noi tributi. Una volta arrivata, scopro che mancano quasi dieci minuti alle dieci, ma più di metà dei Tributi è già lì. Qualcuno mi attacca un quadrato di stoffa recante il numero due sulla schiena e fa lo stesso con Cato, che non sembra intenzionato ad allontanarsi da me, nonostante tutto.
Scorgo tra gli altri Lux, la ragazza dell’uno, che sghignazza amabilmente a qualcosa che deve aver detto il suo compagno di Distretto.
Alzo gli occhi al cielo e chiamo Cato dandogli una leggera gomitata sul fianco:<< Guarda la nostra nuova ed adorabile alleata… >> dico indicandogliela con il mento:<< è una tale gallina! Sono sicura che non è nemmeno in grado di distinguere una mazza chiodata da una fionda… >>.
Lui si lascia sfuggire una risatina, per poi stringersi nelle spalle. Sono contenta che non sembri troppo arrabbiato con me, nonostante mi abbia ignorato tutta la mattina:<< Beh, non puoi negare che sia una strafiga >> è il suo unico commento.
Uomini…
<< E questo ci porterà sicuramente molti vantaggi, una volta nell’Arena, vero? >> chiedo sarcastica.
Cato si stringe nelle spalle:<< Non si sa mai… >> commenta quasi tra sé, poi si dipinge un sorriso ammiccante in faccia e, a passo spedito, si avvicina ai tributi del Distretto 1.
Marvel e Lux stanno chiacchierando tranquillamente e ci mettono appena una manciata di secondi per capire che noi siamo lì per loro. Io sono appena dietro a Cato e non faccio altro che guardarlo male, malissimo.
<< Buongiorno. >> saluta il mio compagno, tendendo una mano nella direzione dei due:<< Io sono Cato e lei è Clove, siamo i tributi del Distretto 2 >>.
Vedo Marvel annuire ed allungare a sua volta la mano ma, con un movimento aggraziato, la bionda si mette in mezzo:<< Io sono Lux! >> si presenta con una vocina acuta e frivola, che a mio modesto parere ha ben poco di seducente:<< E lui è Marvel >> aggiunge velocemente, sventolando una mano nella direzione del suo compagno di Distretto, che le rivolge uno sguardo un po’ esasperato.
Io potrei vomitare.
<< È un vero piacere. >> continua Cato, senza lasciarle la mano, con il sorriso più seducente del suo repertorio:<< I nostri mentori ci hanno detto che, una volta nell’Arena, noi quattro faremo squadra… >>.
Confermo: potrei vomitare.
Lux si lascia sfuggire una risatina acuta, che sembra più il verso di una cavalla in calore, e sorride, sorride tanto, troppo:<< Certamente. Siamo i Favoriti, è ovvio che dobbiamo appoggiarci a vicenda >>.
Rettifico: adesso vomito davvero, datemi un sacchetto.
Fortunatamente, prima che possa rigurgitare la colazione sul pavimento o – ancora meglio – sulla tutina grigia ed aderente che indossa Lux, una donna alta ed atletica si piazza in mezzo a noi e ci ordina di metterci in cerchio.
Si presenta come Atala, il capoistruttore. Ci spiega come funzionano le postazioni, dice che ce ne sono sia di tecniche di combattimento che di tecniche di sopravvivenza ed in ognuna troveremo uno o più esperti, pronti ad aiutarci in qualsiasi modo. Possiamo spostarci nelle diverse aree come e quando vogliamo, seguendo i consigli dei nostri mentori.
Quando Atala si mette a leggere la lista delle postazioni, io mi permetto di osservare i ragazzi che mi circondano e subito mi rendo conto che anche loro stanno facendo lo stesso. Ci valutiamo, perché è la prima volta che ci troviamo tutti insieme nella stessa stanza e nessuno di noi sta indossando stupidi copricapi, costumi o abiti fiammeggianti.
La differenza tra i Favoriti e quelli provenienti dai Distretti più poveri è netta: io faccio eccezione a causa della mia corporatura esile, ma in ogni caso si vede che sono sana e ben nutrita, mentre è palese che la maggior parte dei Tributi provenienti dai Distretti meno ricchi siano denutriti e un po’ provati dalle vite di stenti che conducono.
Sono una tra i più giovani e soprattutto tra i più piccoli. Tutti i ragazzi, anche quello del Distretto 4, che non deve avere più di quattordici anni, sono molto più robusti di me e le ragazze, tranne forse quella del cinque e la bambina dell’undici, pure. La cosa però non mi preoccupa affatto, nessuno di loro è più bravo di me con i coltelli. Nessuno di loro è più bravo di me punto.
Quando il capoistruttore ci lascia liberi di iniziare, io e gli altri Favoriti facciamo ciò che sappiamo fare meglio: ci mettiamo in mostra.
Senza pensarci un secondo mi dirigo alla postazione di tiro con i coltelli e osservo ammirata un set di lame del migliore metallo, affilate e mortali. Mi cade l’occhio su un paio di ragazzi che parlano con l’esperto; a vedere quanto sono agitati, si direbbe che non sanno neanche da che parte sia il manico.
Li ignoro e mi metto in posizione, poi inizio a tirare. I primi lanci non vanno perfettamente a segno, soprattutto perché queste sono ben diverse dalle armi che sono abituata ad utilizzare, ma dopo un paio di minuti mi sento calda e in poco tempo tutti i miei coltelli si conficcano nel centro esatto dei bersagli. I coltelli di Capitol City sono davvero fantastici, perfettamente bilanciati e affilati, non mi sono mai esercitata con armi simili, ma c’è sempre una prima volta.
E i due giorni successivi passano così.
Vorrei girare tutte le postazioni di combattimento, ma dopo aver quasi ammazzato uno degli istruttori con una freccia, decido che è il caso di limitarmi alle armi da taglio.
Il secondo giorno mi ritrovo nell’arena di combattimento corpo a corpo, costretta da Cato, che sembra preoccupato per la mia poca forza. Posso dire con soddisfazione che, grazie alla mia agilità, schivo quasi tutti gli attacchi del ragazzo del Distretto 7 e lo atterrò in pochi minuti.
Sempre Cato, si rende molto disponibile nei miei confronti. Ci alleniamo insieme con la spada e lui mi insegna un paio di trucchetti, anche se, dopo poco, veniamo raggiunti da Lux che – piazzandosi davanti al mio compagno, strizzata in una tutina bianca di almeno due taglie più piccola, che lascia ben poco all’immaginazione – esige delle “lezioni private” a sua volta.
Creiamo anche una nostra squadra di Favoriti nella quale, nonostante le mie proteste, c’è anche Lux. Facciamo intuire a Thresh, il gigante del Distretto 11, che saremmo interessati ad averlo con noi, ma lui si rifiuta fermamente, quindi lasciamo perdere.
Reclutiamo però Kreg, il ragazzo del tre, bravissimo con qualsiasi cosa riguardante l’elettronica, e Ruth, quella del quattro che ci sa fare con arco e lancia. Anche il suo compagno di Distretto vuole unirsi a noi, ma basta dargli un’occhiata per capire che non supererà il bagno di sangue iniziale, così lo rifiutiamo.
Il secondo giorno i due del Distretto 12 vengono alla postazione di lancio con i coltelli mentre ci sono io. Non si staccano un secondo l’uno dall’altra e sembrano cercare di passare in tutte le postazioni. Con la coda dell’occhio li osservo lanciare e, come immaginavo, non si dimostrano dei grandi problemi, nonostante la ragazza abbia una mira eccellente ed il ragazzo sembri davvero forte.
La colazione e la cena ci vengono servite nei nostri alloggi, mentre il pranzo lo facciamo tutti insieme, in una sala del Centro di Addestramento. I più mangiano da soli, senza rivolgere la parola a nessuno, mentre io e gli altri Favoriti ci sediamo insieme, cercando di fare il più baccano possibile, con l’intento di spaventare gli altri tributi.
Beh, ci riusciamo benissimo.
<< Aaah! scemo! >> strilla Lux, con quella sua odiosa vocina che – anche se sembra impossibile – risulta ancora più acuta del solito.
<< Ehi, non l’ho fatto apposta! >> si difende Cato, mentre con una risata raccoglie la bottiglietta d’acqua che ha fatto cadere un attimo prima.
La bionda sbuffa, prendendo un tovagliolo di carta e cercando di asciugarsi la macchia d’acqua che rende la sua maglietta ancora più aderente e trasparente:<< Sì, certo. Allora vedi di stare più attento! >> lo rimprovera.
Cato ghigna e – senza che lei li veda – si scambia un cenno di intesa con Marvel e Creg che, insieme a lui, si stanno godendo della visuale.
Alzo gli occhi al cielo:<< Uomini >> sussurro. Ruth, avendomi sentita, mi osserva ed annuisce vigorosamente.
Proprio in quel momento, sentiamo una risata riempire il silenzio che c’è attorno a noi e tutti, compresi gli altri Tributi, ci voltiamo verso la fonte del rumore. Katniss e il suo compagno stanno ridendo insieme davanti ai cesti del pane.
Stringo con forza la forchetta che ho in mano, ripetendomi che dovrò aspettare ancora poco, tra un paio di giorni saremo nell’Arena e allora li potrò fare fuori.
Mi volto ed i miei occhi incrociano brevemente quelli di Cato, che annuisce lentamente, come se mi avesse letto nel pensiero.
Così quando torniamo in palestra mi alleno con il doppio della foga. Passo l’intero pomeriggio a lanciare coltelli e l’istruttore decide di farmi colpire qualche bersaglio volante, così lancia dei piatti in aria e me li fa abbattere. Ovviamente non perdo un colpo.
Quella sera, dopo essermi fatta una lunga doccia, mi stendo nel mio letto, desiderosa solo di chiedere gli occhi e dormire.
Pochi minuti dopo però, appena prima che riesca ad addormentarmi, sento la porta aprirsi. Mi do della deficiente poiché dopo l’irruzione di Cato mi ero promessa di chiuderla a chiave, ma comunque mi metto a sedere, vedendo nuovamente la sagoma del mio compagno appoggiata allo stipite della porta.
Cato non dice una parola, entra nella stanza e mi si avvicina in silenzio. Quando arriva al mio letto, sto per domandargli cosa diavolo ci faccia qui ma, prima che io possa parlare, sento la sua bocca sulla mia.
Non so bene per quale motivo – forse solo perché mi ha colto di sorpresa – ma in quel momento ricambiare il bacio mi sembra una buona idea, così lo bacio a mia volta e sento la sua lingua cercare prepotentemente la mia, mentre una sua mano si insinua sotto le lenzuola alla ricerca del mio seno e l’altra corre al mio interno coscia.
Proprio quando smetto di domandarmi cosa diavolo sto facendo e decido che non importa, che le domande me le farò in seguito, Cato si allontana, sfoggiando un bel sorriso soddisfatto.
<< Buonanotte, Clove >> sussurra con voce bassa e suadente, prima di uscire dalla mia camera veloce come era arrivato.
Io lo fisso a bocca aperta per diversi minuti, per poi lasciarmi ricadere sui cuscini.
Forse è meglio dormire.


Ciao a tutti ragazzi :D

Allora, inizio dicendo che, come ovvio, da questo capitolo iniziamo con l'azione e i "veri e propri" Hunger Games, anche se prima dell'entrata nell'Arena dovremo aspettare altri tre capitoli.
Facciamo anche un passettino avanti sul rapporto tra Cato e Clove anche se, come al solito, non si capisce proprio nulla di quello che vogliono questi due.

C'è solo una cosa che mi rende un pochino triste: le recensioni. Dopo i primi due capitoli che ne hanno ricevute quattro a testa, nell'ultimo c'è solo una recensione... ora, non scrivo sicuramente per ricevere recensioni, ma se c'è qualcosa che non vi è piaciuto e vi ha portato a non recensire e/o smettere di leggere la storia, vorrei saperlo.

Esclusa questa parentesi, ci vediamo al prossimo capitolo!
Un bacio, Chanel

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Capitolo 5
*** L'esame ***


Cari lettori,
domando umilmente scusa per i tempi bibblici che ci ho messo ad aggiornare, ma ultimamente sono strapresa tra spettacoli teatrali e serate varie quindi contando le prove ecc non ho mai tempo per scrivere T.T
Ora comunque sono qui con un capitolo anche più lungo dei precedenti quindi... buona lettura, ci vediamo alla fine :D

L’esame
Quando, la mattina, Talia bussa alla mia porta per svegliarmi, sinceramente non so dove trovo la forza per alzarmi. Sono abituata ad allenarmi tutto il giorno, ma non a questa accozzaglia di emozioni che sento dentro da quando il mio nome è stato estratto il giorno della Mietitura.
Con gli occhi ancora chiusi, mi trascino fino al bagno e mi lascio scivolare sotto il getto della doccia, appoggiandomi al muro senza riuscire neanche ad insaponarmi per bene. Quando esco di lì sono, per la prima volta, grata ai getti di aria calda e di tutte le altre funzioni di cui è fornito il bagno, che mi preparano senza il bisogno che io muova un dito.
Vado al guardaroba e indosso la prima cosa che trovo, poco importa che i pantaloni si rivelino essere dei cortissimi shorts e la maglietta sia larga tre volte me.
Giungo in cucina mezzora in ritardo rispetto alle mattine precedenti e saluto tutti con un grugnito. La cosa peggiore è che, in condizioni normali, vedere Cato seduto al tavolo rilassato e soddisfatto come è adesso mi farebbe imbestialire, ma sono troppo stanca anche per quello, così mi accascio su di una sedia e lascio ricadere la testa sul tavolo.
<< Buongiorno, cara! >> trilla Talia a due centimetri dal mio timpano.
Istintivamente la mia mano si muove ad afferrare il coltello per il burro e, senza che me ne accorga, lo punta verso la mia accompagnatrice, che fa un versetto stridulo e si allontana dal tavolo, strusciando rumorosamente la sedia.
Poco importa che con questo coltello non riuscirei nemmeno a graffiarla, continuo a brandirlo nella sua direzione:<< Ho sonno >> mi limito a borbottare.
Sento gli altri componenti del mio staff trattenere rumorosamente il fiato, solo Enobaria e Brutus non sembrano per nulla toccati dal mio comportamento scontroso.
<< Notte agitata? >> mi domanda il mio mentore, sfilandomi tranquillamente il coltello di mano.
Grugnisco più che rispondere e lui si lascia sfuggire una risata bassa e divertita:<< Non c’è nulla da ridere. >> lo zittisce Enobaria:<< Oggi pomeriggio ci saranno gli esami ed è ovvio che non può presentarsi in questo stato! >>.
Brutus sbuffa ed si alza in piedi:<< Non essere noiosa! >> esclama:<< Qualche vitamina e sarà come nuova >> aggiunge.
Sento i suoi passi allontanarsi dalla stanza, ma tengo gli occhi chiusi, così non capisco che direzione abbia preso.
Per un paio di minuti nessuno dice una parola ed il silenzio è rotto solo dal rumore delle posate contro la ceramica dei piatti. Sto per addormentarmi qui, con la guancia schiacciata contro la superficie fredda del tavolo, quando sento Brutus tornare.
<< Ecco fatto. >> esclama, con voce trionfante. Armeggia un po’ con qualcosa accanto a me e poi mi afferra per una spalla, costringendomi a tornare seduta ed aprire gli occhi:<< Bevi questo >> ordina piazzandomi in mano un bicchiere di cristallo contenente un liquido rosso chiaro.
<< Che è? >> chiedo con voce impastata.
<< Un tonico, >> mi spiega:<< vedrai che in dieci minuti ti sentirai come nuova >>.
Non faccio altre domande ed ingurgito il liquido. Effettivamente, sento subito gli effetti positivi della medicina e nel giro di poco mi passa tutta la stanchezza, mi viene addirittura un po’ di fame.
<< Grazie, mi  sento meglio >> ammetto, versandomi un bicchiere di succo.
Accanto a me, Talia batte le mani, sembra essersi del tutto dimenticata della mia sottile minaccia di poco fa:<< Perfetto! >> esclama:<< Ora possiamo decidere cosa farete oggi pomeriggio durante… >>.
Con un gesto brusco della mano, Enobaria la interrompe:<< Abbiamo già deciso. >> annuncia lapidaria, facendo sbuffare la nostra accompagnatrice che però, come prevedibile, non ha il coraggio di controbattere:<< Tu lancerai i tuoi coltelli >> dice indicandomi:<< e vedi di fare qualcosa di spettacolare, non devi mancare un solo bersaglio. Tu invece >> aggiunge spostando la mano verso Cato:<< devi darti da fare con quelle spade; decapita qualche manichino, aprili in due… non mi importa, ciò che conta è che facciate qualcosa di perfetto. Davanti a voi ci saranno Marvel e Lux. Beh, dovete fare meglio di loro. Lux non sembra avere chissà quali capacità come combattente, ma le basterà indossare una tuta attillata per avere il consenso di buona parte degli Strateghi. Marvel invece è forte e sono sicura che lo dimostrerà. Quindi: sorprendeteli >>.
Ed è con quest’unica parola– “sorprendeteli” –  impressa nella mente, che trascorro la mattina. Per un po’ non mi allontano troppo da Cato che quest’oggi sembra iperattivo; scatta tra una postazione e l’altra e mi trascina con lui, come se fossi una bambola di pezza. Io per lo più non mi oppongo poiché la mia testa è da tutt’altra parte, ma alla fine, quando mi trovo a cercare di capire come si utilizza una fionda, lo lascio da solo e me ne vado frustrata.
Non voglio allenarmi adesso con i coltelli, diciamo che preferisco risparmiarmi per questo pomeriggio. Giro un po’ per la palestra, finché non mi ritrovo davanti alla postazione su come accendere i fuochi e decido di fermarmi lì; non ho idea di come si faccia e, nonostante riusciremo sicuramente a conquistare la Cornucopia e ci saranno dei fiammiferi, potrebbe sempre tornarmi utile.
Scopro in fretta che è più difficile di quanto immaginassi e, quasi senza accorgermene, passo lì praticamente tutta la mattina.
Quando arriva Ruth a chiamarmi, per dirmi che è ora di mangiare, posso dirmi abbastanza soddisfatta per essere riuscita ad accendere un mediocre fuocherello con due pietre.
Come i giorni scorsi, mi siedo insieme agli altri Favoriti, ma quest’oggi non mi sento di fare casino e non sembro l’unica un po’ in ansia, anche gli altri si comportano in modo strano: Lux non fa altro che blaterale di cose insensate, con voce ancora più acuta del solito, mentre Kreg non tocca cibo e Marvel, al contrario, sembra intenzionato a mangiare anche il tavolo. Cato è l’unico ad apparire veramente rilassato.
Che palle…
Non so bene perché questa cosa mi infastidisca, ma non sopporto il fatto che Cato riesca a controllare la tensione meglio di me, mi infastidisce. E tutti sembrano averlo capito poiché, quando strillo a Lux di starsene zitta, nessuno sembra stupirsi più di tanto.
In compenso, l’oca si zittisce per davvero, il che mi evita di ritrovarmi con un’insistente emicrania durante il pomeriggio.
Ad un tratto, senza nessun preavviso, iniziano a chiamarci per le nostre sessioni private con gli Strateghi. Andiamo come al solito in ordine numerico, Distretto per Distretto, prima il maschio poi la femmina.
Quindi per primo si alza Marvel, che segue l’uomo che è venuto a prenderlo con sguardo serio e portamento quasi regale. Lo segue Lux che, probabilmente per sicurezza, tira verso il basso la canottierina che indossa, rivelando una porzione di seno ancora maggiore.
L’esame dura circa un quindici minuti a testa, quindi dopo mezzora circa vengono a chiamare anche Cato, che alzandosi mi guarda, probabilmente in attesa che gli dica qualcosa.
Io faccio veramente schifo con le parole e, sinceramente, non ho nulla da dirgli. Ma ho solo qualche istante per pensarci, così esclamo la prima cosa che mi passa per la testa:<< Falli a fette >>.
Probabilmente ha colto il riferimento alle parole che il nostro mentore gli ha rivolto questa mattina, perché mi rivolge un grande sorriso:<< Anche tu… infilzali! >> risponde, prima di voltarmi le spalle.
Alzo gli occhi al cielo e mi sforzo per sottolineare che come augurio non ha nessun senso, nonostante sia anch’esso collegato agli ordini dei nostri mentori. Cato scompare oltre una porta senza che io abbia più aperto bocca.
Kreg tenta un paio di volte di instaurare una conversazione ma, vedendo che né io né tantomeno Ruth siamo intenzionate a dargli corda, smette quasi subito. I ragazzi intorno a noi però sembrano ancora più silenziosi, quindi non dovrebbe essere un grosso problema.
Quando, un quarto d’ora dopo, mi vengono a chiamare, mi alzo stando ben attenta che il mio volto risulti impassibile e la mia camminata rilassata.
Nella palestra gli strateghi sono al loro solito posto, seduti a guardarmi, tra un sorso di vino e un morso di qualsiasi cosa sia quella che stanno mangiando.
Mi do una rapida occhiata intorno e poi vado alla postazione di lancio dei coltelli. Osservo per l’ennesima volta quelle armi con aria ammirata, prima di afferrarne otto di diverse misure e posizionarli nello spazio tra un dito e l’altro.
Inizio ad osservare attentamente la postazione e decido subito che non posso lanciarli contro il manichino, sarebbe troppo scontato e anche se non sbagliassi neanche un tiro, non impressionerei proprio nessuno. Se potessi farlo utilizzerei i piatti volanti con cui mi ha fatto allenare l’istruttore, ma non ho idea di come farlo da sola, quindi devo trovare un altro modo.
Mi piazzo al centro della stanza e mi guardo intorno, finché non mi viene un’idea.
Dopo essermi messa in posizione, prendo un respiro profondo, chiudo un istante gli occhi e, quando li riapro, il mio braccio destro scatta in avanti per lanciare il primo coltello. Ne allineo sette con estrema precisione su di una trave del soffitto fatta di metallo, quindi molto difficile da trafiggere. Poi mi volto velocemente e, da dove sono, pianto l’ultimo coltello nel centro esatto della fronte di uno dei manichini della postazione di tiro.
Gli strateghi sembrano impressionati, mi guardano sorridendo ed annuendo, qualcuno addirittura mi indica, sussurrando all’orecchio di un collega.
Io non mostro alcuna reazione, mi limito a cercare un modo per recuperare i coltelli che ho lanciato poco fa. Sono sicura che se riuscissi anche a far vedere quando sono agile, il mio sarebbe un esame perfetto.
Un attimo dopo, individuo un alta spalliera posta contro il muro. Senza pensarci un attimo, corro fin lì e mi ci arrampico sopra, per poi issarmi sulla trave più vicina e scivolare tra una trave e l’altra fino ad arrivare a quella dove sono impiantati i coltelli che ho lanciato prima.
Guardo ancora gli strateghi che adesso hanno addirittura smesso di bere, per osservarmi. Vorrei tanto finire in grande stile e non credo che scendere da dove sono salita sia qualcosa di stupefacente, così prendo in considerazione l’unica altra ipotesi.
Abbasso lo sguardo verso il pavimento e stabilisco rapidamente che, ad occhio e croce, devo essere ad un altezza di poco meno di cinque metri; alto rispetto ai salti a cui sono abituata, ma non impossibile.
Cerco maggiore stabilità e lancio i coltelli in modo che si conficchino nel pavimento, abbastanza lontano perché non rischi di farmi male quando salterò.
Quando ho finito mi calo lentamente, fino ad essere appesa alla trave solamente con le mani, per cercare di diminuire l’altezza del salto. Prendo un respiro e, senza pensarci, lascio andare la presa. Sentendo il pavimento avvicinarsi fletto le gambe per attutire l’impatto e faccio una capriola all’indietro, nella speranza che anche questo aiuti a non procurarmi nessuna lesione.
Mi rimetto in piedi e capisco subito di avere fatto qualcosa di sbagliato, perché la caviglia sinistra mi duole. Vorrei poter sbuffare ed arrabbiarmi con me stessa, ma so di non dover fare stupidate davanti agli Strateghi, così sorrido e faccio un profondo inchino.
Loro sono palesemente soddisfatti, forse addirittura entusiasti, di ciò che hanno visto, alcuni si alzano anche in piedi per applaudirmi.
<< Può andare, Clove Reyes >> mi dice quello che suppongo sia il capo-Stratega, rivolgendomi un cenno con il capo.
Io annuisco e mi avvio verso la porta.
Non zoppicare!
Stringendo con forza i denti riesco ad andarmene senza fare figuracce, nessuno sembra essersi accorto della botta che ho preso.
Solo quando le porte dell’ascensore si chiudono alle mie spalle, mi permetto di lasciarmi sfuggire un gemito frustrato. Schiaccio con forza il pulsante con il numero due e aspetto di arrivare al mio piano.
Come prevedibile, non trovo nessuno ad aspettarmi, ma sento le voci del mio staff chiamarmi dal salotto. Però le ignoro e vado in camera mia, non voglio che nessuno mi veda dolorante, soprattutto Cato.
Sono più che convinta che, da qualche parte in questa stanza, ci sia un qualche modo per ottenere una medicina, così inizio a schiacciare tasti a caso su tutti i pannelli che mi circondano, finendo per urlare alla stanza stessa:<< Voglio una dannatissima medicina per la caviglia! >>.
Il mio stupore quando, una ventina di secondi dopo, nella parete dietro al letto si apre una specie di sportello contenente un barattolo di pomata, è enorme.
Lo spalmo subito ed aspetto qualche minuto perché il medicinale venga assorbito, nel frattempo qualcuno – probabilmente Talia – viene a bussare alla mia porta, ma lo ignoro. Il sollievo è immediato, così mi levo di dosso la tuta spaiata e mi infilo sotto il getto caldo della doccia.
Il fastidio per essermi fatta male è comunque tanto, ma adesso – pulita e non più dolorante – mi sento molto meglio. Lascio che i getti d’aria calda mi asciughino e torno in camera per prendere i vestiti.
Dopo aver indossato un tubino blu abbastanza attillato ed un paio di scarpe rosse – rigorosamente senza tacco – lascio la stanza per raggiungere gli altri in salotto.
Lanciando un’occhiata all’orologio, mi rendo conto che è già quasi ora di cena, il che mi solleva, poiché non penso di poter aspettare ancora molto per sapere i risultati delle sessioni private.
<< Si può sapere che è successo? >> mi domanda sgarbatamente Cato, non appena si rende conto della mia presenza.
Talia, seduta su di una poltrona vicino a lui, gli lancia un’occhiata fulminante:<< Clove cara, è tutto a posto? >> chiede  con il massimo della delicatezza di cui è capace.
Io mi limito ad annuire, afferrare il bicchiere di vino rosso che un senza-voce mi sta porgendo e prendere posto sul divano più lontano da quello di Cato. Sento gli sguardi di tutti puntati addosso, ma li ignoro.
Sorseggio il mio calice di vino con calma, fingendo di essere l’unica presente nella stanza. Ci ho messo veramente poco ad abituarmi al sapore del vino e il suo effetto mi piace molto, non mi sono mai sentita male, ma il senso di leggerezza che è in grado di dare è davvero meraviglioso. E poi, tanto vale godersi i piaceri della vita prima di entrare nell’Arena, no?
Ok, la prossima volta che me ne uscirò con una frase da donna vissuta come questa, giuro che mi accoltellerò da sola: persino in bocca a mia madre – che parla praticamente solo per frasi fatte – sarebbe sembrata ridicola.
<< Se non ci muoviamo a cenare rischiamo di perdere i punteggi >> ci informa Enobaria, alzandosi dal divano per raggiungere il tavolo da pranzo. Anche noi altri la imitiamo e quasi immediatamente i senza-voce iniziano a servirci.
Questa sera la squadra è al gran completo, ci sono anche Vlad e Mao, che spesso durante i giorni scorsi si sono assentati, ovviamente per vedere insieme a noi i risultati delle sessioni private.
Gli altri iniziano a parlare animatamente dei punteggi, facendo previsioni e commenti su ogni singolo Tributo, noi compresi. Personalmente non prendo parte alla conversazione, mi limito a mangiare lentamente la zuppa di pesce e verdure che ho nel piatto, senza dire una sola parola. Al contrario di me, Cato sembra davvero esaltato, la sua prova deve essere andata davvero bene, perché non sembra nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi di prendere meno di dieci.
I senza-voce ci servono la portata principale e Cato inizia a raccontare ciò che ha fatto davanti agli Strateghi: pare che abbia abbattuto tre manichini lanciando un solo giavellotto, per poi passare a fare degli esercizi molto complicati con la spada.
Quando ha finito Brutus, ignorando il mio palese malumore, si volta verso di me:<< E tu cosa hai fatto? >> mi domanda.
Io alzo per la prima volta gli occhi dal mio piatto e li fisso su di lui:<< Ho lanciato i coltelli >> mi limito a rispondere, prima di ricominciare a mangiare.
E qui si chiude, fortunatamente, la conversazione sul mio esame.
Gli altri si mettono a parlare di frivolezze e l’unico discorso  che abbia almeno un senso compiuto sembra essere quello di Mao e Talia che discutono del colore di capelli che starebbe meglio a quest’ultima.
<< Ma un blu cobalto o un blu ceruleo? >>.
Finiamo in fretta di mangiare, con mio grande piacere, e ci spostiamo in salotto per vedere i punteggi comunicati in TV.
Andando sempre in ordine di distretto, mostrano prima una foto del tributo e poi appare in sovrimpressione il punteggio che ha ottenuto.
Il primo è appunto Marvel, che si porta a casa un bel nove.
<< Visto che vi sarà utile? >> esclama Enobaria, mostrando i denti in quella che credo sia un espressione di soddisfazione.
A seguire compare subito Lux, che ottiene un otto.
<< Non male >> commenta Brutus.
<< Avrà mostrato le tette agli strateghi >> sussurro io, ma vengo subito zittita da tutti perché è il turno di Cato.
<< Dieci! >> urla soddisfatto, quando il numero compare sullo schermo.
Tutti, tranne me, si lasciano andare ad un sacco di complimenti, mentre anche il mio viso compare sulle schermo. Cato si volta per lanciarmi un sguardo di sfida ed in quel momento compare il mio punteggio.
Dieci!
Lo guardo di rimando, sorridendo soddisfatta:<< Fantastico Clove cara, un punteggio davvero invidiabile! >> si congratula Talia, facendomi una carezza sulla spalla.
Io mi ritraggo dal suo tocco e mi stringo nelle spalle, nonostante interiormente stia gioendo profondamente. Sì, mi sono fatta male come una stupida, ma nessuno sembra averlo notato, quindi è tutto a posto, no?
<< Un dieci per avere “lanciato i coltelli”? >> mi domanda Enobaria, incuriosita.
<< Sono molto brava con i coltelli >> mi limito a rispondere, noncurante.
Ora è il turno degli altri tributi, che per lo più prendono voti intorno al cinque. Kreg e Ruth due otto. Stupendo un po’ tutti, la ragazzina dell’undici – che deve avere dodici anni, anche se ne dimostra addirittura meno – riesce a strappare un sette agli Streghi, non so cosa possa avere mostrato, ma è sicuramente da tenere d’occhio; anche il suo compagno di distretto prende sette e la cosa mi infastidisce non poco. Quelli del dodici prendono rispettivamente otto e undici.
Le proteste che esclama il mio staff sono davvero irripetibili. Talia sfoggia parole che non avrei mai pensato potesse conoscere ed Enobaria digrigna tanto i denti da farsi sanguinare le gengive. Cato è decisamente furioso e sono sicura che, se avesse davanti uno dei due, cercherebbe di farlo fuori senza pensarci due volte.
<< Beh, due dieci sono meglio di un otto e un undici… >> tenta di dire Mao, subito zittita dallo sguardo assassino di Brutus.
<< Io li faccio a pezzi! >> strilla Cato, mollando un pugno contro il muro. Sembra un toro impazzito, respira dal naso, con gli occhi sgranati e le pupille dilatate. Ha davvero l’aria di essere sul punto di prendere a testate qualcosa, o meglio, qualcuno.
Quando penso che potrei alzarmi anche io e mettermi ad urlare – nonostante non sia assolutamente il mio modo di fare – sento un battito di mani e mi volto in direzione di Talia, che se ne sta al centro della stanza con il viso un po’ tirato e qualche ciocca di capelli fuori posto, segno del suo innegabile stato di disperazione:<< Ok, adesso basta. >> esordisce:<< Dobbiamo calmarci tutti e valutare oggettivamente la situazione. >> inutile dire che un discorso del genere, fatto con la sua vocetta acuta ed artefatta, non risulta troppo convincente:<< Dieci è un punteggio più che invidiabile, ciò che hanno preso gli altri Tributi non deve interessarci, limitiamoci a guardare i nostri risultati. >> si guarda un attimo intorno, assicurandosi che tutti noi la stiamo seguendo:<< E adesso voi due a letto, vi aspetta una giornata impegnativa e non voglio vedere nessuna occhiaia domani! >>.
Il suo modo di fare mi infastidisce un po’, mi sembra di tornare a quando avevo cinque anni e mia madre mi costringeva ad andare a dormire nonostante io volessi rimanere alzata a giocare – sì, sembrerà incredibile, ma anch’io sono stata una bambina ed anch’io giocavo a palla o a nascondermi insieme ai miei coetanei, la passione per i coltelli è nata qualche anno dopo, allora mia madre non mi lasciava neanche affettare il pane. In ogni caso so che ha ragione, dopodomani ci saranno le interviste e sia io che Cato abbiamo bisogno di preparazione e non solo a livello estetico.
Così, dopo averci pensato un paio di secondi, annuisco e mi alzo in piedi. Non so per quale motivo ma ho l’insana voglia di sottolineare che non sto andando a letto perché me lo ha detto lei, ma sembrerei davvero tanto infantile, quindi evito:<< Vado a dormire >> annuncio semplicemente, alzandomi in piedi e lasciando la stanza senza aggiungere altro.
Questo posto mi fa un effetto strano. Mi infastidisce tantissimo essere qui e non sapere mai bene come comportarmi, nonostante non abbia mai avuto problemi simili, non mi sono mai trovata in difficoltà, ho sempre saputo come fare in ogni situazione; magari la gente non era d’accordo, ma io non mi sono mai sentita fuori posto. Qui invece… qui ho l’impressione che qualsiasi mio passo venga attentamente calcolato e che il minimo errore possa tutto allo scatafascio.
Mi avvio verso la mia camera e, appena arrivata, sfilo il tubino e scalcio via le ballerine. Con indosso nient’altro che la biancheria intima mi infilo nel letto e mi nascondo sotto le coperte.
La caviglia va molto meglio, non mi fa quasi più male, ma mi rode ancora lo stomaco al pensiero di aver fatto un errore così stupido. Forse è assurdo che me la prenda così tanto per qualcosa di così insignificante, ma questo è proprio il passo falso sopracitato, se qualcuno se ne fosse accorto, non penso proprio che avrei avuto comunque un dieci come punteggio.
Sbuffo e nascondo la testa sotto il cuscino, desiderosa solo di poter premere un qualche pulsante e spegnere il mio cervello almeno fino a domani mattina.
Proprio quando sono sul punto di addormentarmi, sento la porta aprirsi e non ho neanche bisogno di guardare per capire chi è.
Bene, devo cercare tra i pannelli vari un modo per bloccare quella stramaledettissima porta.
<< Vattene >> sussurro con la voce attutita dalla stoffa del guanciale.
Come prevedibile, Cato non mi ascolta minimamente e, invece di avvicinarsi lentamente come ha fatto le sere scorse, fa che infilarsi nel mio letto.
Io mi allontano – rischiando quasi di cadere oltre il bordo – e cerco di guardarlo nel buio della stanza:<< Ti ho detto di andartene >> ripeto, atona.
Lui si avvicina, fino ad arrivare ad una decina di centimetri di distanza da me, stando ben attento però a non sfiorarmi con nessuna parte del suo corpo:<< Sai cosa voglio ed io so che lo vuoi anche tu >> dice freddo e sicuro della sua affermazione.
<< Rischio di diventare ripetitiva, ma l’unica cosa che voglio è che tu te ne vada >> lo contraddico.
Lui scuote la testa e per un istante sembra quasi divertito:<< No, non è la risposta esatta >> sussurra prima di avventarsi su di me.
Vorrei dire che mi da fastidio, perché è palese che sia arrabbiato e si muove in modo rude e violento ma… una minuscola parte del mio cervello è quasi contenta di quel contatto.
Mi bacia rabbiosamente e sembra soddisfatto di trovarmi senza niente addosso se non reggiseno e mutande. Passa a baciarmi il collo e le spalle, mentre io cerco di raccogliere la poca forza di volontà che ho ed allontanarlo, il fatto che lui sia decisamente più forte di me abbatte anche quell’ultimo, penoso tentativo di fargli resistenza.
In mia difesa posso dire di non essere particolarmente partecipe alla cosa, ma d’altra parte lo lascio fare. Non mi lamento affatto quando, dal mio collo, scende a baciarmi il seno e la pancia e nemmeno quando scende più giù.
Mi ritrovo a gemere senza quasi accorgermene e mi devo sforzare per non urlare il suo nome, non posso evitarmi però di affondargli le mani tra i capelli e ho un po’ paura di avergli anche graffiato il collo.
Più che un rapporto sembra una scontro all’ultimo sangue, non sono sicura che sia normale ma… beh, mi piace.
Mi piace un po’ eno quando, una volta finito il suo “lavoretto” si mette in ginocchio e, dopo essersi passato il dorso della mano sulla bocca, salta giù dal letto e se ne va, lasciandomi da sola, sdraiata a gambe aperte, con i seni fuori dalle coppe del reggiseno e gli slip finiti chissà dove.
Rimango immobile per diversi minuti ad osservare la porta che si è chiuso alle spalle, ho ancora il respiro affannato e le gambe mi tremano un po’. Non so bene cosa mi abbia scosso di più – se ciò che ha fatto o il suo modo di farlo – fatto sta che ci metto un bel po’ prima di riuscire ad alzarmi e recuperare una camicia da notte ma alla fine, quando mi stendo nel letto, non ho la forza di fare né pensare nulla, semplicemente sbatto la testa contro il cuscino e chiudo gli occhi; dieci minuti dopo sono profondamente addormentata.


Hola!
Allora, inizierei chiedendo profondamente scusa per le mille cose che succedeno in questo capitolo, ma ho davvero mille idee diverse in mente e... boh escono tutte insieme!

Per quanto riguarda gli esami mi sono inventata tutto di sana pianta; non viene detto nulla della prova degli altri tributi nei libri, quindi ciò che hanno fatto Clove e Cato è un'idea mia, così come i punteggi che nel libro non vengono specificati.

La scena finale, quella a luci un po' rosse, è stata una vera lotta per me: inizialmente non ero per nulla intenzionata  a metterla, poi ci ho ripensato e l'ho scritta, per poi cancellarla e scriverla di nuovo... almeno tre o quattro volte! Per riassumere direi che io non volevo affatto metterla adesso ma Cato e Clove non vedevano l'ora di saltarsi addosso ed io non sono riuscita a fermarli.

In ogni caso vi prometto che per il prossimo capitolo ci metterò molto meno tempo, quindi ci vediamo presto :D

Un bacio, Chanel

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Capitolo 6
*** L'intervista ***


L’intervista
Questa mattina, al contrario delle precedenti, non serve nemmeno che Talia venga a svegliarmi perché alle otto sono già in piedi da almeno un paio d’ore.
Nonostante questo, non vedendomi uscire dalla stanza, alle nove i miei adorati preparatori irrompono in camera mia.
<< Perché non sei a fare colazione? >> chiede Ky.
<< Dovresti già essere fuori di qua da un pezzo! >> aggiunge Ty.
<< Guarda che domani, oltre a sembrare una ragazza, dovrai comportarti come tale! Ti serve allenamento >> rincara Ly.
E così ha inizio questa meravigliosa giornata che si prospetta molto, ma molto lunga.
Vengo letteralmente trascinata fino alla sala da pranzo dove mi riempiono il piatto di qualsiasi cosa si possa immaginare di mangiare a colazione – e non solo:<< Devi tenerti in forza >> mi sgrida Ty, aggiungendo al mio piatto la terza salsiccia.
<< E poi un po’ di curve in più non ti farebbero certo male >> butta lì Ky, versandomi della cioccolata calda in una tazza.
Ly, accanto a loro, annuisce posandomi davanti una ciotola stracolma di yogurt e frutta fresca:<< Vedrai quando uscirai dall’arena! Non vedo l’ora di vedere cosa potrebbe uscire con un paio di ritocchini qua e là! >> squittisce.
A quel punto decido di non ascoltarli e nascondo il viso dietro un enorme bicchiere di succo di mirtilli. Intorno a me gli altri stanno facendo colazione e, mentre Talia, Mao, Vlad ed addirittura Enobaria sembrano soddisfatti dei commenti del mio staff, Cato e Brutus ghignano apertamente.
Cerco di ignorarli e mi riempio la bocca di uova strapazzate e pane tostato, per non rischiare di mettermi ad urlargli contro. Quando Enobaria inizia a parlare le sono riconoscente, perlomeno mi distrae:<< Allora, per oggi il programma consiste in otto ore di allenamento, nello specifico quattro con me e Brutus e quattro con Talia, per prepararvi al meglio per l’intervista di domani. Ovviamente sarete insieme, poiché siete alleati. Domande? >>.
<< Perché loro sono qui? >> domando ingoiando velocemente ciò che ho in bocca, mentre con una mano indico i miei tre preparatori che ora ridacchiano tra loro in un angolo della stanza, stringendo in mano un calice di vino a testa. Penso che sia un po’ presto per bere, ma magari da brilli diventano più simpatici…
La nostra mentore si stringe nelle spalle e gli lancia un’occhiata indifferente:<< Domani ti dovranno preparare, dicono di dover mettere a posto l’occorrente >>.
Guardo tristemente i tre e sbuffo. Ma mi arrendo, so di non avere molta scelta. Così finisco il prima possibile la colazione, cercando di non incrociare lo sguardo con quello di Cato, che non mi leva un attimo gli occhi di dosso.
Finito di mangiare iniziamo la preparazione e per prima cosa veniamo letteralmente rapiti da Talia che si occupa della forma, per così dire.
Cato è con me ma non ha molte cose da fare, in mezzora Talia sistema la sua postura e lo lascia libero di andare, anche se lui preferisce restare lì a guardare i miei fallimenti, perché con me la lezione si fa più difficile.
A quanto pare, faccio veramente schifo a camminare con i tacchi. Sì, li ho già messi qualche volta, ma Talia sostiene che io cammini come una scimmia, così mi fa fare avanti e indietro per il corridoio un centinaio di volte, indossando scarpe di ogni forma, con tacchi di ogni altezza e tipo: con o senza plateau, zeppe, tacchi a spillo e a stiletto, otto, dodici e quindici centimetri.
<< Tacco, punta. Tacco, punta. Tacco, punta. >> non smette di ripetere Talia.
Inutile dire che, un’ora dopo, ho i piedi gonfi e doloranti.
E Cato se la ride apertamente.
Poi passiamo alla postura. La schiena deve essere dritta e le ginocchia strette, a meno che io non accavalli le gambe ma se lo faccio devo stare bel attenta a tenere le cosce vicine. Le mani devono essere abbandonate in grembo e non devo gesticolare esageratamente.
Un’altra oretta se ne va con queste cose.
Quando finalmente riesco a camminare e a sedermi in modo umano, passiamo al viso. Pare che debba smetterla di sollevare le sopracciglia e soprattutto migliorare il sorriso, nel senso che devo iniziare a sorridere, almeno ogni tanto.
Devo avere qualche problema ai muscoli facciali perché non riesco ad imitare neanche lontanamente lo smagliante sorriso che fa Talia. Il massimo a cui arrivo è un leggero inarcamento degli angoli della bocca verso l’alto.
Dopo che Talia ha deciso che più di così non mi può aiutare, passiamo al modo di parlare.
Mi fa dire decine di stupide frasi fatte, ricordandomi in continuazione che devo iniziare con il sorriso, parlare con il sorriso e finire con il sorriso. “È così bello qui” e “Non potrei essere più felice” o ancora “Non ho fatto altro nella vita, sono sicura di poter vincere”.
Quando finalmente la lezione finisce, sia io che Cato abbiamo i muscoli del viso doloranti, io per lo sforzo e lui per il troppo ridere.
Vorrei andare a dormire e recuperare un paio di ore di sonno, ma tutti insistono nel farmi mangiare, così prendo posto a tavola, ignorando bellamente il mio compagno, e mi concentro sul cibo che come sempre è ottimo.
Inizia la sessione con Brutus ed Enobaria, che si occupano dei contenuti delle nostre interviste.
Per prima cosa ci fanno provare un paio di “personaggi” ed è subito chiaro che quello perfetto per Cato è “il duro”, mentre io non sono né seducente né tantomeno simpatica o spiritosa.
Anche questa volta il lavoro con me è molto più arduo perché, nonostante abbia un carattere freddo e sadico, il mio aspetto non suggerisce nulla di simile, quindi devo trovare una sorta di compromesso con me stessa.
Mi impunto per un po’ e alla fine i miei mentori mi permettono di provare a rispondere sinceramente alle domande che loro mi pongono, fingendo di essere l’intervistatore. Devo sembrare abbastanza patetica perché sia Brutus che Cato – seduto in disparte come questa mattina ad osservarmi – scoppiano a ridere, mentre Enobaria scuote tragicamente la testa.
<< Clove, davvero, hai l’aria di una di quelle dodicenni che vanno di casa in casa a vendere dolcetti, non puoi pretendere che ti prenda seriamente mentre parli di squartare la gente! >>.
E così il mio misero tentativo di essere me stessa va bellamente a farsi fottere.
Una mezzora dopo decidiamo che io sono “la motivata”: ho passato l’intera vita a sognare gli Hunger Games ed anche se non fossi stata estratta alla mietitura mi sarei offerta volontaria, fin da piccola i miei genitori mi hanno spinta a ciò e sono più che sicura di vincere.
Posso dirmi abbastanza soddisfatta, non è il massimo ma alla fine tutto questo non è troppo distante da ciò che sono realmente e mi accontento, poiché so che da Brutus ed Enobaria non potrò ottenere molto di più. Ovviamente mi toccherà aggiungere un sacco di sorrisi, di complimenti e di ringraziamenti che non saranno per nulla spontanei, ma va bene lo stesso, l’unica cosa che conta veramente è che tutto questo finisca presto.
Non vedo l’ora di essere nell’arena.
Ed è con questo pensiero che, subito dopo cena, mi infilo nel mio letto, non prima di essermi assicurata che questa volta la porta della mia camera sia chiusa a chiave.
 
<< Clove, svegliati! >>.
<< È tardissimo! >>.
 << E non hai ancora mangiato! >>.
<< E guarda che capelli! Come farò io a sistemarteli?! >>.
<< Vogliamo parlare del viso?! La faccia è sbattutissima! >>.
<< Clove! In piedi! Adesso! >>.
<< Oh cielo! Non finiremo mai in tempo! >>.
Queste vocette stridule e fastidiose mi punzecchiano le orecchie, superando i vari strati di sonno che mi avvolgono. Sono sicuramente i miei preparatori ma non riesco a distinguerne le voci, probabilmente perché sono ancora troppo addormentata, o forse solo perché qui a Capitol City parlano tutti nello stesso detestabile modo.
Grugnisco qualcosa di sconnesso che nella mia testa suona come un: “Sono sveglia, datemi solo un attimo” e loro iniziano a strattonarmi e strillare con ancora più veemenza.
Quello che avviene dopo è un po’ confuso, so solo che ad un tratto mi ritrovo seduta a tavola con indosso un comodo accappatoio bianco e davanti un piatto come al solito stracolmo di cibo.
Ly, Ky e Ty mi girano attorno come avvoltoi, controllando che mangi tutto. Ed è ciò che faccio, ingoio ogni cosa che mi hanno messo davanti anche se l’ultima fragola ricoperta di cioccolato fa abbastanza fatica ad andare giù.
Faccio appena in tempo a salutare gli altri che vengo letteralmente trascinata via da quei tre squilibrati che sono i miei preparatori. Senza il minimo tatto, appena arrivati nella stessa stanza dove mi hanno preparata per la sfilata, mi sfilano di dosso l’accappatoio e l’intimo e mi fanno entrare in una vasca piena di schiuma. Non che ci sia molto che non abbiano già visto, ma almeno un pochino di rispetto per me ed il mio corpo…
L’ora successiva è una lunga ed infinita sequenza di immersioni in liquidi vari, che rendono la mia pelle morbida, pulita, luminosa e priva di imperfezioni. Nonostante questo i miei preparatori non sembrano soddisfatti e si mettono a sfregare tutto il mio corpo con olii e creme, mentre ricoprono il mio viso di almeno cinque maschere diverse.
<< Se ti fossi tenuta appena un pochino meglio in questi giorni… >> si lamenta Ty, mentre con un panno imbevuto di non so cosa mi strofina il braccio.
Una volta finita la pulizia si passa ai peli e, nonostante questa volta io sia psicologicamente più preparata, è comunque straziante. Ogni singolo pelo che ricopre il mio corpo viene estirpato con forza dalla radice e la mia pelle si arrossa velocemente.
Lancio un urlo straziante quando strappano l’ultima striscia depilatoria dal mio inguine e, finalmente, i preparatori decidono che è abbastanza.
Mi brucia un po’ ovunque quando mi infilano sotto il getto della doccia per risciacquarmi e poi ovviamente ricominciano con le lozioni varie per far sparire il rossore.
Terminato con il corpo passano al viso e Ty si accanisce su di un povero brufolo che mi è spuntato ieri sulla fronte, vicino all’attaccatura dei capelli.
<< Ma proprio a noi doveva capitare una catastrofe simile? >> domanda disperata, mentre schiaccia con forza.
Ly inizia ad occuparsi dei miei capelli e Ky si concentra sulla mie unghie, lamentandosi incessantemente perché sono mangiucchiate.
Lascio che spettegolino tra loro di questa e quella persona, nominando amici, conoscenti e luoghi di cui non ho mai sentito parlare. Passo tutto il tempo rimanendomene in silenzio e cercando di fingere che tutte queste attenzioni mi facciano piacere.
Annunciano di avermi portato al “livello di bellezza zero” e mi permettono di guardarmi allo specchio. Non ho un filo di trucco né pettinature strane né tantomeno lo smalto alle unghie ma non sembro assolutamente io. Dimostro almeno un anno in più del solito ed i miei capelli e la mia pelle non sono mai stati così luminosi.
<< Wow >> non riesco a trattenermi ed i miei preparatori sembrano soddisfatti della mia reazione.
Un paio di minuti dopo due senza voce si presentano con dei carelli carichi di cibo e ci prendiamo un attimo di pausa per pranzare.
Mentre mangio un po’ di tutto mi ritrovo a parlare distrattamente con il mio staff e scopro, con grande sorpresa, che non sono antipatici come credevo, sono solo stupidi e frivoli e superficiali, ma non antipatici. Provo quasi pena per loro che non riescono a vedere al di là di qualche brillantino ed un po’ di strass.
Finito di mangiare riprendiamo i preparativi e loro sembrano più amichevoli nei miei confronti, perlomeno smettono di criticarmi ogni tre parole, anzi, gli sfuggono anche un paio di osservazioni quasi positive.
<< Hai dei bei capelli. >> si complimenta Ly mentre me li spazzola, prima di aggiungere:<< Se solo li curassi un po’ di più… >>.
Nel frattempo Ty stende uno strato di crema bianca che mi fa sembrare una specie di maschera liscia ed inespressiva sulla quale poi si mette a lavorare con tinte e pennelli, ridisegnandomi i lineamenti.
Ky invece mi applica delle lunghe unghie finte, squadrate e perfette come le mie non sono mai state. Dopo aver passato uno strato di smalto viola, si dedica anche lui al trucco.
Ly, alle mie spalle, mi sistema i capelli con dita esperte.
Quando finiscono deve essere già pomeriggio inoltrato e non voglio sapere neanche per quanto tempo sono rimasta seduta in questa stanza a farmi rivoltare come un calzino.
Si fanno da parte e lasciano che mi guardi in un grande specchio mentre Ty corre a chiamare Vlad, il mio stilista.
Sono impressionata dalla mia immagine, o meglio, dall’immagine che mi trovo davanti, perché quella non posso essere veramente io! Mi faccio quasi paura: le mi guance sembrano più scavate, i miei zigomi più alti, la fronte più ampia, le labbra truccate di viola pallido sono molto più carnose e gli occhi, cosparsi di brillantini grigi, sembrano quelli di un gatto.
<< Oh… >> sussurrò osservandomi sotto ogni angolazione.
Non sembro assolutamente io, però la ragazza che vedo allo specchio mi piace. Mi hanno anche applicato delle lunghe ciglia finte e nei miei capelli – acconciati in una complessa pettinatura di trecce e boccoli – sono intrecciati dei fili argentati.
Nella stanza entra Vlad tutto sorridente ed alle sue spalle lo segue una senza-voce che si porta dietro quello che credo essere il mio abito, anche se non riesco a vederlo poiché e infilato in una busta scura.
La ragazza lo posiziona su di un appendiabiti e, con un inchino, se ne va mentre lo stilista mi si avvicina a braccia spalancate:<< Clove, tesoro! >> esclama prima di stamparmi due umidi baci sulle labbra.
Ci vuole tutta la mia forza di volontà per non replicare l’impresa di Enobaria e tranciargli la gola a morsi.
Mezzora dopo mi ritrovo a guardarmi in uno specchio a figura intera, con indosso un abito argentato, senza spalline, una fascia più chiara appena sotto il seno che si chiude sulla schiena con fiocco; lungo fino al caviglie ma con un profondo spacco nella parte anteriore, ai piedi ho delle altissime scarpe dello stesso colore che mi regalano almeno una quindicina di centimetri d’altezza.
È tutto finto, tutto. Le mie ciglia lo sono, lo è il mio seno che sembra di almeno due taglie più grande, le mie gambe che appaiono lunghissime e le mie labbra viola.
Ma non importa, tutto ciò che mi circonda è finzione ed ora lo sono anche io.
Vlad, palesemente fiero del suo lavoro,  mi scorta verso l’ascensore, dove troviamo Cato e Mao.
Il mio compagno indossa un completo gessato azzurro chiaro, dello stesso identico colore dei suoi occhi, e probabilmente hanno truccato un po’ anche lui, perché la sua pelle sembra quasi brillare.
<< Ciao >> lo saluto a bassa voce, un po’ in imbarazzo a causa del modo in cui mi hanno conciato; non ho idea di quale possa essere la sua reazione.
Cato socchiude leggermente le labbra e rimane lì, a fissarmi senza dire una parola.
<< Sei uno splendore! >> esclama invece Mao, avvicinandosi a braccia aperte per darmi due baci sulle guance, ben attenta a non rovinare tutto il lavoro dei miei preparatori.
In quell’istante ci raggiungono Brutus, Enobaria e Talia. Sono tutti e tre molto eleganti anche se l’ultima ha esagerato come al solito.
<< Oh cielo, Clove tesoro! Sei magnifica! >> esclama la nostra accompagnatrice, spalancando leggermente le labbra che, per l’occasione, sono ricoperte di minuscole pietruzze gialle.
<< Muoviamoci, non vorremo certo arrivare in ritardo… >> dice Brutus, mettendo fine ai complimenti.
Prendiamo l’ascensore e quando ne usciamo dobbiamo divederci: noi veniamo fatti disporre in una fila ordinata insieme agli altri tributi, mentre il nostro staff va a sedersi in una tribuna d’onore tra il pubblico.
Lo spettacolo inizia e noi dobbiamo sfilare sul palco, per poi prendere posto sulle sedie dalle quali seguiremo le altre interviste. Mi siedo e con una rapida occhiata mi rendo conto che tutta Capitol City si è riversata nell’anfiteatro cittadino e nelle strade circostanti, le loro urla mi assordano e vedo decine e decine di maxischermi disposti un po’ ovunque, che trasmettono le immagini dei nostri visi.
Entra Caesar Flickerman, il conduttore degli Hunger Games da quando ricordo, quest’anno ha i capelli, le palpebre e le labbra dipinti di azzurro polvere, mentre indossa il completo blu cosparso di minuscole lucine di sempre.
Caesar si piazza al centro del palco e rompe il ghiaccio con aneddoti e battutine. Io ne approfitto per guardarmi intorno e valutare la situazione; sarò la terza ad essere intervistata poiché si va come al solito in ordine di distretto, ma questa volta prima le femmine. Talia ha ragione, devo cercare di ricordarmi ciò che ha detto perché tutti quelli che mi circondano se ne stanno immobili, sorridenti e composti – tutti tranne la montagna del Distretto 11, ma credo che lui non debba neanche aprire gli occhi per sembrare pericoloso.
Si inizia con le interviste e la prima è ovviamente Lux, che sculetta fino al centro del palco con indosso un lungo abito dorato decisamente più “vedo” che “non vedo”. Si siede accavallando le gambe con aria provocante, mentre lo spacco laterale del suo abito mette in mostra la pelle perfetta delle sue belle gambe. Si ravviva i capelli biondi lasciati sciolti sulle spalle, sbatte le lunghissime ciglia nere sugli occhi verde smeraldo e sorride, pronta a cominciare con l’intervista.
Mentre la osservo rispondere alle domande sorridente e disinvolta, una strana rabbia mi monta nello stomaco. Questo è ciò che avrei dovuto essere io, è quello che voleva insegnarmi Talia, quello in cui il mio staff ha cercato di trasformarmi. Imponendomi di non sbuffare, raddrizzo la schiena ed accavallo le gambe, adesso non posso assolutamente sbagliare.
Tre minuti dopo scatta il segnale acustico che mette fine all’intervista, Lux si alza e, guardando dritto verso la telecamera, arriccia le labbra rosso fuoco in un bacio, per poi soffiare sulla sua mano e fare l’occhiolino. Sono sicura che qualcuno nel pubblico abbia avuto un mancamento.
Alzo interiormente gli occhi al cielo.
Tocca a Marvel che raggiunge Caesar con aria sicura. Lui è davvero bravo, riesce a mettere a proprio agio le persone, è simpatico e capisce in un attimo come deve fare con ognuno di noi.
Altro segnale, sento chiamare il mio nome ed io scatto in piedi. Istintivamente correrei a sedermi, ma ci metto appena un istante per ricordare gli insegnamenti di Talia. Mi fermo, prendo un respiro profondo e, sollevando leggermente due lembi della mia lunga gonna – e allargando così lo spacco – mi avvio verso il centro del palco.
Tacco, punta. Tacco, punta. Tacco, punta.
Caesar mi stringe la mano e mi fa accomodare. Anche se non lo ammetterei mai, ho il cuore in gola guardando le migliaia di persone che ho davanti, persone che sono qui per conoscermi ed aggredirmi per il minimo passo falso.
Scuoto leggermente la testa ed accavallo le gambe, decido che guardare l’intervistatore negli occhi è la soluzione migliore:<< Clove, >> esordisce lui:<< permettimi di farti i complimenti, sei davvero splendida questa sera >>.
Costringo gli angoli delle mie labbra a sollevarsi e riesco ad accennare una specie di sorriso:<< Grazie >> rispondo.
Caesar si apre in un sorriso smagliante e mi si avvicina leggermente:<< Allora, iniziamo dall’inizio: la mietitura, cosa puoi dirmi? >> domanda.
Ripasso mentalmente ciò che ci siamo detti il giorno prima con i mentori e cerco di apparire appunto “motivata”:<< Sono stata davvero fortunata, >> inizio cercando di ricordarmi di sorridere:<< avevo deciso da mesi che mi sarei offerta volontaria, ma come sicuramente sapete nel Distretto 2 a volte decidere chi sarà il Tributo è una questione un po’… problematica. Così invece mi sono assicurata un posto negli Hunger Games >>.
Il pubblico sembra approvare, perché applaude entusiasta:<< E i tuoi genitori? La tua famiglia? Cosa ne pensano? >>.
Mia mamma ha paura, avrebbe preferito che aspettassi.
<< Sono molto fieri di me. Mio padre mi ha insegnato a combattere fin da piccola e non vedeva l’ora di questo momento, sapeva di aver messo al mondo una Vincitrice e questa è la mia occasione per dimostrare che non sbaglia >>.
<< E i tuoi compagni? I tuo amici? >>.
Marlene probabilmente piange ancora adesso.
<< Sono tutti molto fieri di me. La mia migliore amica è venuta a salutarmi e mi ha augurato buona fortuna, anche se non ne ho certo bisogno. Sono tutti molto felici che io abbia la possibilità di portare onore al Distretto 2 >>.
Un boato si leva dalla folla e Caesar mi sorride apertamente, ridacchiando anche un po’:<< Quindi pensi di poter vincere? >>.
Di sicuro non posso perdere…
<< Non “penso di poter vincere”, sono sicura di vincere, è ciò per cui sono nata >> rispondo felice che la mia voce risulti ferma e sicura, senza la minima esitazione.
<< Sicura e determinata >> commenta il presentatore:<< e a noi piacciono le persone così, non è vero? >> il pubblico scoppia in applausi e urla isteriche. Io cerco di sorridere. Con la coda dell’occhio vedo il mio viso su uno degli schermi, sono davvero bellissima.
<< Parliamo un po’ del tuo dieci… sappiamo che non puoi dirci cosa hai fatto durante la tua sessione privata ma… hai forse un’arma segreta? >> mi chiede ammiccando.
Sono più o meno riuscita solo a slogarmi una caviglia ma gli strateghi sono tutti dei rincoglioniti e non se ne sono resi conto.
<< I coltelli, >> ammetto sforzandomi di ridere un pochino tra me, mi porto anche una mano davanti alle labbra truccate di viola pallido, come mi ha insegnato Talia:<< non vale la pena tenerlo nascosto ormai, hanno visto tutti quanto sono brava. Mio padre mi ha insegnato ad usare i coltelli quando la maggior parte degli altri tributi giocavano ancora con le bambole e adesso non hanno nessun segreto per me >>.
Altro applauso da parte del pubblico, altro sorriso da parte di Caesar:<< Ultima domanda Clove: cosa ne pensi di Capitol City? >>.
È finta, ogni cosa qui lo è.
<< È una bellissima città, mi avrebbe fatto piacere visitarla con calma, ma sono sicura che lo farò una volta tornata dall’arena. È molto meglio del Distretto 2, nonostante io adori la mia casa e non veda l’ora di portare onore al mio Distretto >>.
Il tempo deve essere quasi scaduto, perché l’uomo mi prende gentilmente la mano e mi fa alzare. Scatta il segnale acustico, il pubblico scoppia in un applauso fragoroso che quasi copre le parole di Caesar:<< Buona fortuna Clove Reyes, tributo del Distretto 2, regina dei coltelli >> mi bacia il torso della mano e mi invita a tornare al mio posto.
Mi siedo lasciandomi sfuggire un profondo sospiro, mentre Cato da una forte stretta di mano a Caesar e prende posto sulla poltrona con aria sicura.
Lascio scorrere lo sguardo tra il pubblico alla ricerca dei miei mentori o di Talia, nella speranza che qualcuno mi faccia un cenno, che qualcuno mi faccia capire che sono andata bene, o anche solo non proprio malissimo, che il mio lavoro era quantomeno accettabile.
Non vedo nessuno però, così torno a concentrarmi su Cato che sembra nato per questo genere di cose. Sembra una macchina da guerra e probabilmente lo è; freddo, controllato, forte e calcolatore, non potrebbe sembrare più perfetto per gli Hunger Games, lo stereotipo del vincitore.
Le interviste procedono tranquillamente, Kreg e Ruth fanno un bel lavoro e riescono a dare un immagine di loro stessi abbastanza pericolosa da incutere timore negli altri Tributi. La ragazza del cinque è troppo gracile, non riuscirebbe a far male ed una mosca ma è preoccupantemente intelligente, sarebbe da fare fuori subito. Il ragazzo dell’undici non dice quasi una parola mentre la sua compagna è talmente piccola e fragile che sembra potersi spezzare con un soffio di vento. Il Tributo femmina del dodici fa un giochetto frivolo con il suo abito, facendogli prendere fuoco e il suo compagno chiude in bellezza, rivelando di avere una cotta per lei.
Il pubblico è implacabile, la dichiarazione d’amore l’ha davvero ucciso e Caesar ha bisogno di diversi minuti per tranquillizzare tutti. Alla fine Peeta ringrazia e torna al suo posto.
Ci alziamo in piedi per l’inno e sollevando la testa non posso evitare di notare i teleschermi: trasmettono tutti un’immagine di Peeta e Katniss.
Lo hanno fatto di nuovo.
Istintivamente lancio un’occhiata a Cato che, con sorpresa, scopro intento ad osservarmi. Non devo dirgli niente, lo vedo semplicemente annuire e distogliere lo sguardo per guardare davanti a sé.
L’inno finisce e noi torniamo in fila nell’atrio del Centro di Addestramento. Stilisti, mentori e accompagnatori vengono bloccati dal pubblico, così mi infilo in un ascensore senza aspettare nessuno.
Ruth sale con me e mi rivolge un mezzo sorriso:<< Ottimo lavoro >> sussurra.
Con noi entrano anche i Tributi dell’otto e io mi avvicino a lei, per non farmi sentire dai due:<< Grazie, anche la tua intervista non è stata niente male >> mi sta quasi simpatica, un po’ mi dispiacerà quando dovrò ucciderla.
Arrivati al secondo piano le porte dell’ascensore si aprono e mi lasciano uscire:<< A domani >> mi saluta Ruth e io le rispondo sollevando appena la mano.
Quando le porte si chiudono alle mie spalle prendo un lungo sospiro e porto subito una mano ai capelli, iniziando a districare trecce e nodi.
Un istante dopo qualcun altro esce dall’ascensore e sento delle mani attorno ai miei fianchi che mi costringono a girarmi. In un attimo le labbra di Cato sono sulle mie e io vengo sbattuta violentemente contro il muro.
Subito le sue mani si insinuano oltre lo spacco del mio vestito e la sua lingua si fa spazio tra le mie labbra. La mia eccitazione inizia a crescere subito e istintivamente intreccio del dita con i suoi capelli. Le sue dita sono sulle mie cosce, la sua bocca scende sul collo fino alla scollatura del vestito ed io mi lasciò sfuggire un piccolo gemito.
In quell’esatto istante le porte dell’ascensore alle spalle di Cato si aprono, lasciando uscire il nostro staff quasi al completo.
L’unico oggettivo che può descrivere questo momento è “imbarazzante” e lo è anche tanto. Cato, al contrario di me, non pare affatto infastidito, semplicemente si allontana lentamente da me e guarda i nuovi arrivati con un sorriso ammiccante. Io non riesco a sollevare lo sguardo dal pavimento.
Seguono diversi istanti di silenzio durante i quali io desidero ardentemente  che la terra si apra e mi ingoi:<< Io… io credo che… insomma, è il momento di andare a… a cena >> borbotta Talia, in imbarazzo forse per la prima volta da quando la conosco, in una situazione diversa la cosa mi divertirebbe.
Non me lo faccio ripetere due volte; senza guardare nessuno negli occhi sfreccio via, ma invece di andare verso la sala da pranzo, corro camera mia e una volta lì mi chiudo la porta alle spalle ed inizio a schiacciare tasti a caso sul primo pannello che trovo, finché non sono sicura che sia bloccata.
Respirando a fatica mi trascino fino al mio letto e mi ci sdraio sopra, cercando di tranquillizzarmi. Dopo pochi istanti sento il battito del mio cuore rallentare ed il respiro regolarizzarsi, così mi rimetto in piedi giusto il tempo necessario per spogliarmi e torno a letto.
So che dovrei stare insieme agli altri, cenare e guardare con loro la replica delle interviste e passare la serata con il mio staff per ringraziarlo, ma tutto ciò che voglio fare è stare qui, addormentarmi e risvegliarmi domattina direttamente nell’Arena.
Così mi nascondo sotto le coperte nella speranza che il sonno mi colga subito, o almeno prima che la mia mente inizi a pensare.
 

Hi guys!(!!111!!!one!!!)
Come state? ;)
Io posso dire che fierezza essere sulla strada per ricominciare ad aggiornare con una certa regolarità (?) e tra poco finirò la long su Harry Potter quindi avrò ancora più tempo da dedicare a questa.

Passando al capitolo non ho moltissimo tempo per commentarlo, mi limito a dire che adoro davvero descrivere la preparazione e voglio dei Ky, Ly, Ty personali che mi preparino prima di uscire! Per il resto spero di essere stata realistica per quanto riguarda l'intervista... beh, fatemi sapere cosa ne pensate.

Alla prossima, un bacio
Chanel

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Capitolo 7
*** Bagno di sangue ***


-Bagno di sangue
Inutile dire che passo la notte in bianco. Quando finalmente riesco a prendere sonno è quasi alba e meno di un’ora dopo Vlad viene a svegliarmi.
Sono forse le sette del mattino e il mio stilista è vestito come se dovesse partecipare ad una serata di gala di dubbio gusto: pantaloni a righe oro e nere e canottiera di strass smeraldo, senza contare gli occhi pesantemente truccati di nero e fucsia. Nonostante il suo aspetto però, si dimostra molto più gentile e comprensivo del solito.
Non fa commenti strani né si lamenta del mio stato, semplicemente si limita a farmi indossare un paio di stretti pantaloni neri, delle scarpe comode ed una camicia chiara, per poi fermarmi i capelli in una treccia.
Una volta pronta ci avviamo verso il tetto e poi nell’hovercraft che ci sta aspettando lì sopra. All’interno vengo bloccata da un uomo in camice bianco che mi afferra il braccio e gli avvicina una grossa siringa.
Sarà per le poche ore di sonno o perché con la testa sono già all’interno dell’arena, ma istintivamente scatto e gli stringo il polso:<< Che cos’è? >> domando aggressiva, avvicinandomi al suo viso.
Lui solleva le mani, cercando probabilmente di dimostrare la sua innocenza:<< Si tratta di un localizzatore, ci permetterà di sapere dove ti trovi una volta dentro l’arena. Mi serve che tu stia ferma per posizionarlo bene… >>.
L’idea non mi piace affatto, ma allungo comunque il braccio e gli permetto di inserire l’ago sotto pelle e rilasciare il congegno di metallo. Fa un male cane ma stringo i denti per non darlo a vedere.
Una volta finito arriva una donna che ci scorta in una piccola stanza poco lontano dall’entrata, ci sono due divanetti ed un tavolo rotondo al centro, imbandito con pietanze di ogni tipo.
Mangio più che posso nonostante nulla nella mia bocca sembri avere un sapore, lo faccio solo perché non so quanto cibo avremo a disposizione nell’arena e io devo essere al massimo delle forze.
Mezzora dopo sto sorseggiando del succo di mele mentre scruto il panorama, quando i finestrini si oscurano, informandomi che manca poco all’arrivo. Qualche minuto dopo infatti l’hovercraft atterra ed io e Vlad veniamo scortati fino ad una stanza sotto l’arena, dove trovo tutto l’occorrente per prepararmi.
Vlad mi manda a farmi una doccia. Così mi lavo attentamente il corpo, il viso, i capelli e i denti, consapevole che nei prossimi giorni non avrò molte occasioni per dedicarmi alla mia igiene personale. Una volta finito, Vlad mi sistema i capelli in una coda alta, mi fa indossare la biancheria intima e va ad aprire lo scatolone contenente i vestiti, gli stessi per ogni tributo.
Dei comodi pantaloni rosso scuro, una maglia verdino, una spessa cintura, calze, scarponi ed una giacca nera e leggera che mi sta talmente grande da arrivarmi quasi alle ginocchia. Beh, meglio così, mi terrà più caldo; sempre che quest’anno l’Arena non somigli ad un deserto…
Dopo avermi allacciato gli scarponi, Vlad estrae dalla tasca una scatolina e me la porge:<< Il portafortuna del tuo Distretto. >> mi spiega dopo la mia occhiata interrogativa:<< L’ho trovato tra i vestiti con cui sei salita sul treno ed ho pensato che potessi volerlo. Ha dovuto passare i controlli ma è tutto a posto, al contrario di quello di Lux, la ragazza dell’uno: aveva anche lei un anello, ma hanno scoperto che la pietra che vi era incastonata può trasformarsi in una punta avvelenata. Gliel’hanno tolto >>.
Mi ritrovo a ridacchiare tra me al pensiero che abbiano beccato così Lux e, soprattutto, che per una volta non abbia avuto ciò che voleva.
Prendo l’anello contenuto nella scatoletta e me lo rigiro tra le mani. È di Marlene, quello che mi ha lasciato come portafortuna quando è venuta a salutarmi, non so come ho fatto ma me ne ero quasi dimenticata. È un gioiello semplice, una fedina d’argento con inciso il simbolo del Distretto 2. Con un sospiro lo indosso, non penso possa essere in alcun modo visto come una debolezza e avere un legame con casa mi potrebbe essermi di… sostegno.
<< È tutto comodo? >> mi chiede il mio stilista, osservando gli abiti che ho indosso.
Io faccio una prova, cammino un po’ in cerchio, faccio una corsetta sul posto e muovo anche il busto e le braccia, per assicurarmi che tutto vada bene:<< Sì, a posto >> rispondo quindi, prima di tornare a sedermi.
Mi viene offerto ancora da mangiare ed inizialmente rifiuto, poi ci ripenso e mi faccio portare un pezzo di pane, una mela e un’intera brocca d’acqua. L’acqua è perché non so quando la rivedrò e la mela ed il pane per non farmi sentire la fame per un po’, giusto il tempo di trovare qualche provvista.
Finito di mangiare non posso far altro che aspettare fissando la Camera di Lancio, mentre Vlad tenta pateticamente di intavolare una conversazione.
Una voce registrata annuncia che è il momento di prepararsi al lancio ed io faccio come dice.
Sento il cuore battermi in testa, percepisco ogni battito come se avessi un cannone nel cervello.
Vlad mi sistema una ciocca di capelli ribelli e mi sorride leggermente:<< Beh, spero tu vinca. >> mi informa:<< Ho fatto scommettere chiunque conosca su di te, non vorrai certo deluderci… >>.
Mi lascio sfuggire un sorriso che stupisce me per prima. Sto per dire qualcosa per giustificarmi ma alla fine mi stringo nelle spalle: tra pochi secondi entrerò nell’arena, penso sia un motivo accettabile per comportarmi in modo un po’ strano:<< Vedrò di fare del mio meglio >> prometto.
La piastra di metallo sulla quale mi trovo inizia a salire dentro il cilindro, Vlad agita una mano per salutarmi, ma poco dopo la sua figura grassoccia scompare dalla mia vista.
Quando mi ritrovo all’aperto, la luce del sole mi acceca per qualche istante, poi riesco a mettere a fuoco un cielo terso, pini tutt’intorno, uno specchio d’acqua poco distante, un prato e la Cornucopia, proprio davanti a me.
La voce di Claudius Templesmith rimbomba nell’Arena:<< Signore e signori, che i settantaquattresimi Hunger Games abbiano inizio >>.
Un silenzio di tomba cade sull’arena e l’aria sembra cristallizzarsi. Sessanta secondi è il tempo che siamo obbligati ad aspettare prima di lasciare le nostre postazioni, se lo facessimo adesso, esploderemmo appena poggiato piede a terra.
Nel minuto che mi resta prima di iniziare questo bagno di sangue, mi metto a guardarmi intorno, come tutti gli altri tributi. Localizzo gli altri favoriti, o almeno quelli che si trovano dalla mia parte del cerchio che formiamo, e studio la Cornucopia dorata che si trova al centro dell’anello. Attorno ad essa è disposto tutto ciò che possiamo desiderare per sopravvivere qui dentro e il valore degli oggetti diminuisce più ci si allontana dal centro, per esempio, a non più di quattro metri da dove mi trovo io c’è un piccolo gomitolo di spago, mentre nella bocca della Cornucopia, individuo un’invitante tenda canadese.
Incrocio lo sguardo di Ruth e ci scambiamo un ghigno soddisfatto, mentre lei mi indica con il mento uno stupendo set di coltelli, che si trova a diversi metri di distanza da me. Non importa, sarà mio.
Senza smettere di ghignare alzo gli occhi verso il cielo, azzurro e terso di nuvole, il sole mi colpisce gli occhi per un istante. Torno a guardare davanti a me e suona il gong.
Con uno scatto fulmineo scendo dalla piattaforma e mi metto a correre, facendomi largo con destrezza tra i vari oggetti disseminati a terra. So di essere più agile della maggior parte degli altri tributi, essere così piccola in fin dei conti ha i suoi lati positivi.
Per il primo tratto nessuno osa o riesce ad avvicinarmisi ma, quando sono giusto ad una manciata di metri dai coltelli che avevo adocchiato, sento qualcosa infrangersi contro il retro delle mie ginocchia e farmi cadere a terra. Ci metto mezzo secondo per poggiare i palmi a terra, girarmi e trovarmi davanti la faccia di quella che mi sembra la ragazza del Distretto 7.
La guardo con un misto di pena e rassegnazione. Quella ragazzina spaurita e disarmata pensa davvero di battermi? Con un calcio me la levo di dosso e la afferro per i capelli castani. Lei strilla ma io la ignoro, sto scrutando tra gli oggetti qui vicino, alla ricerca di qualcosa che possa tornarmi utile.
Realizzo in un istante che le armi vere e proprie – spade, lance, archi eccetera – sono troppo lontano, ma individuo velocemente uno spesso spuntone di metallo che fa capolino dall’erba. Non so dire se sia un arma o qualcosa tipo un chiodo, fatto sta che è appuntito e fa al caso mio.
Trascino la ragazza per un paio di passi tirandola dai capelli, arrivata accanto alla punta le do un forte strattone e la sbatto a terra, facendo in modo che le si conficchi nel cranio. Quando la lascio andare il corpo si abbandona sul prato, privo di vita, ed io ricomincio a correre.
Credo sia la prima morte di questi Hunger Games. Quasi mi viene da ridere: la prima uccisione è avvenuta per mano mia, deve essere lo stesso per l’ultima.
In pochi secondi arrivo al set di coltelli e, per non perdere tempo, faccio che afferrare la custodia nella mano sinistra e prendere un coltello con la destra. Sarei più comoda a sistemarli nella giacca, ma non posso permettermi di perdere tempo, diventerei un bersaglio troppo facile.
Noto che gli unici ad essere arrivati alle armi sono miei alleati, gli altri per lo più si limitano a prendere qualche zaino tra i più lontani dalla Cornucopia. Vedo Marvel poco distante da me che soppesa una spada e Ruth, dalla parte opposta, sta raccogliendo un arco mentre si sistema la faretra sulle spalle.
Osservando gli altri tributi, scorgo Katniss e, senza pensarci su due volte, mi lancio verso di lei che proprio in questo momento si sta chinando per afferrare uno zaino.
Qualcuno, non vedo bene chi, si para davanti a me impedendomi di prendere la mira, senza la minima esitazione scaglio il primo coltello di una lunga serie nella schiena del ragazzo che mi blocca la visuale e lui crolla a terra.
Vedo Katniss sollevare gli occhi e puntarli su di me. Un’espressione di terrore le deforma quasi i lineamenti ed io sorrido tra me, ha lo stesso sguardo che si ha davanti alla morte in persona. Molto probabilmente è consapevole del fatto che non le rimangono più che un paio di secondi di vita.
Recupero velocemente un coltello, purtroppo non ho tempo di sceglierlo con attenzione, così mi accontento della lama lunga e seghettata che mi trovo in mano. Lei scatta in piedi ed inizia a correre.
D’un tratto mi ricordo di un vecchio filmato che avevo visto in televisione, probabilmente riguardante dei vecchi Hunger Games: una gazzella che corre disperatamente, fin quasi a crollare, per sfuggire alle zanne di una leonessa.
Ed io sono la leonessa e Katniss è la mia gazzella.
Lancio il coltello con precisione, entro un paio di secondi sarà conficcato nella sua nuca e la Ragazza in Fiamme, si ridurrà ad un cumolo di ceneri.
All’ultimo però la vedo sollevare lo zaino che porta in spalla e coprirsi la testa. La lama si conficca nel tessuto della sacca e lei sparisce nel boschetto davanti a me.
Impiego un paio di secondi a capire cosa diavolo sia successo ma, quando realizzo che quella ragazzina è ancora viva, lancio un urlo frustrato.
Continuando a strillare, mi volto, trovando ad una decina di metri da me il tributo maschile del Distretto 4, il compagno di Ruth, il ragazzino troppo gracile per essere accettato nella squadra dei favoriti. È chino a terra, probabilmente sta cercando qualcosa tra i vari oggetti.
Mi metto a correre e in pochi istanti gli sono addosso. Lo sgozzo senza il minimo risentimento, immaginando che il sangue che mi schizza in faccia e mi scorre tra le dita sia quello di Katniss Everdeen.
D’un tratto, mentre io sono completamente concentrata su ciò che sto facendo, sento un sibilo accanto al mio orecchio, il rumore di una freccia. Mi giro da una parte all’altra e capisco in fretta cosa è successo.
Ruth è in piedi e sta riabbassando l’arco proprio ora, mentre dalla parte opposta c’è il corpo di una ragazza riverso a terra, deve essere quella del dieci o forse dell’otto, ha una freccia conficcata nella fronte e la mano stringe ancora una spada corta.
Torno a guardare la mia alleata, magari non per ringraziarla ma almeno per complimentarmi con lei, ma la ritrovo a fissare il corpo martoriato sotto di me, così mi limito a lanciarle uno sguardo interrogativo.
<< Era del mio Distretto >> si limita a spiegarmi, stringendosi nelle spalle e distogliendo lo sguardo dalla mia vittima.
<< È un problema? >> domando rimettendomi in piedi.
Ruth alza lo sguardo verso il cielo:<< Conosco i suoi genitori. Suo padre fa il pescatore e sua madre ha un banchetto di pesce vicino alla spiaggia, vado spesso a comprare da lei >>.
Io mi chino e pulisco la lama del mio coltello sul braccio del ragazzino per rimuoverne il sangue. Non abbiamo più tempo di parlare però, perché dobbiamo andare avanti a combattere.
Lentamente la situazione si calma, la radura si riempie di corpi e i sopravvissuti corrono a nascondersi nel bosco.
È ormai pomeriggio inoltrato quando infilzo la mia ultima avversaria con una spada raccolta da terra e, finalmente circondata solo dai miei alleati, mi lascio scivolare a terra.
<< Era l’ultimo? >> domanda Marvel poco distante da me.
Cato annuisce:<< Cosi sembrerebbe >>.
Quest’oggi ho intravisto Cato giusto per qualche secondo tra uno scontro e l’altro. Ora che mi fermo ad osservarlo, noto che ha un profondo graffio sulla guancia ed un livido sullo zigomo che si fa sempre più scuro.
Ci raggiungono anche Lux e Ruth e ci sediamo insieme, iniziando a valutare la situazione.
<< Dov’è finito Kreg? >> domanda la bionda, guardandosi intorno.
Io mi stringo nelle spalle poiché quest’oggi non l’ho neanche intravisto tra i tributi:<< Se n’è andato subito. >> risponde Marvel:<< È rimasto giusto il tempo di recuperare uno zaino ed un paio dei suoi aggeggi elettronici >>.
Rimaniamo in silenzio qualche istante per assimilare la notizia, poi però sentiamo il rumore di qualcosa in avvicinamento e, alzando gli occhi verso il cielo, vediamo degli hovercraft. Ci allontaniamo dal campo di battaglia, in modo che possano recuperare i corpi.
Andiamo a sederci vicino al laghetto sulla destra della radura e ci controlliamo le ferite. Personalmente credo di essere ricoperta di sangue dalla testa ai piedi, ma come ovvio non è mio, tranne forse per un leggero taglio sul braccio destro, causato da una freccia che è riuscita a sfiorarmi, sono rimasta illesa. Gli altri non sono messi affatto male, tranne che per qualche segno, sono in ottima forma. Anche Lux, che continua a lamentarsi perché è sicura di essersi rotta una caviglia e non poter camminare.
Raccolgo un po’ di acqua con le mani e me la faccio scivolare sul viso e sul collo, devo sfregare con forza perché il sangue ormai secco scompaia del tutto dalla mia pelle, ma alla fine riesco a liberarmene.
I cannoni risuonano nell’arena undici volte.
Siamo fortunati, dopo aver cercato per un paio di minuti, troviamo un piccolo set per il pronto soccorso tra gli oggetti sparsi per la radura. Nulla di che, solo qualche benda, un po’ di disinfettante, ago e filo, ma quanto basta per metterci a posto le ferite.
Una volta sistemati, iniziamo ad organizzarci per la notte. Marvel recupera un’ascia e va a tagliare la legna – essere favoriti ci permette di accendere un bel fuoco senza il rischio di richiamare l’attenzione, tutti sanno dove siamo e nessuno avrà il coraggio di attaccarci – mentre noi altri recuperiamo armi e provviste varie.
Ruth fa un bel lavoro, prende la tenda dalla Cornucopia e trova anche cinque comodi e pesanti sacchi a pelo che ci terranno al caldo durante la notte. Nel frattempo Marvel ha tirato su un bel falò e Cato sta sistemando le armi, dividendole in modo equo tra di noi e tenendo conto delle nostre attitudini. Io e Lux invece ci siamo occupate delle provviste, io del cibo e lei di tutto il resto.
Il sole è appena tramontato quando ci sediamo intorno al fuoco, spartendoci scatole di cibo disidratato. Nulla a che fare con il meraviglioso cibo che mangiavamo a Capitol, ma poteva andarci decisamente peggio. Ricordo un’arena, di almeno un paio d’anni fa, dove l’unica fonte di sostentamento erano le bacche e i frutti che crescevano nei boschi i quali, per di più, con il passare del tempo si sono rivelati essere per lo più velenosi.
Una quindicina di minuti dopo, quando la notte è appena scesa, l’inno che precede il riepilogo dei morti della giornata risuona per tutta l’arena. Solleviamo gli occhi verso il cielo appena in tempo per individuare il sigillo di Capitol che fluttua contro il cielo notturno – che in realtà altro non è che uno schermo che circonda tutta l’arena – quasi fosse un fantasma.
L’inno termina e per qualche istante rimaniamo ad osservare il cielo buio, poi compaiono i morti. Vengono mostrate le stesse immagini che hanno fatto vedere in televisione quando ci hanno dato i punteggi, questa volta però con il numero del Distretto in sovrimpressione.
La prima è la ragazza del Distretto 3, ovviamente poiché noi siamo ancora qui. Poi tocca al compagno di Ruth, il ragazzino che ho ucciso io. Il ragazzo del cinque ed entrambi i tributi dei Distretti 6 e 7 – riconosco la ragazza che ho ucciso, come immaginavo veniva dal sette. Il ragazzo dell’otto. Come già sapevo, poiché sono stata io a farli fuori, i ragazzi del nove.
Dieci morti, ne manca solo uno. Spero con tutta me stessa che sia Katniss, nonostante una parte di me preferirebbe morisse per mano mia, sarebbe decisamente un problema in meno.
E invece no, è la ragazza del dieci. E solo dopo ricordo, è quella che ha ucciso Ruth prima che potesse attaccarmi.
Ricompare il sigillo che, andandosene, ci lascia quasi del tutto immersi nel buio, se non fosse per la flebile luce del fuoco.
<< Ne ho uccisi quattro… >> sussurro tra me, contandoli sulla punta delle dita.
<< Come? >> mi chiede Marvel.
Mi schiarisco la voce:<< Degli undici, quattro li ho uccisi io: quelli del nove, il ragazzino del quattro e la ragazza del sette… >> spiego.
Il ragazzo si stringe nelle spalle, rivolgendomi un mezzo sorriso di cui non capisco bene il significato:<< Io tre >> risponde semplicemente.
<< Allora Kreg è vivo… >> commenta Ruth, gettando nel fuoco la confezione nella quale era contenuta la sua cena.
Annuiamo tutti senza però dire nulla e Cato si alza, sfregandosi le mani sui pantaloni:<< Preparatevi, si va a caccia >>.
Ci mettiamo in piedi a nostra volta ed iniziamo a recuperare un po’ di armi, ma un rumore proveniente dal bosco alle nostre spalle ci distrae. Immobili ascoltiamo quei suoni e decretiamo all’unisono che non può trattarsi del vento o di un animale. Io sfodero due coltelli, Ruth carica l’arco e insieme ci avviciniamo al punto da cui proviene quel rumore.
Pochi secondi dopo, dalla boscaglia, compare il ragazzo del Distretto12, la metà maschile degli “Sventurati Amanti”.
Gli punto contro il coltello, pronta a sgozzarlo senza la minima esitazione, però lui ha le mani alzate e non sembra armato.
<< Fermi, >> esclama appena ci vede:<< sono qui per fare un accordo >>.


Eccomi qua... 
Allora, per prima cosa devo infinitamente scusarmi per il ritardo. So di averci messo una vita ma, oltre ad essere molto impegnata in questo periodo, mancava un po' l'ispirazione. Spero in ogni caso che il capitolo sia per lo meno accettabile.

Per quanto riguarda il contenuto, purtroppo (?) la parte romance (?) è completamente assente, ma poiché questa storia è incentrata sugli Hunger Games di Clove e non sul suo rapporto con Cato, quindi direi che è giusto dedicare un capitolo completamente a ciò che succede nell'arena e ai suoi sentimenti a riguardo. Probabilmente anche il prossimo capitolo sarà per lo più incentrato sull'azione. Non preoccupatevi però, avrete presto quel che volete ;)

In ultimo vi lascio il link del mio nuovo profilo di Facebook, ho creato un account collegato a questo di efp (volevo farlo da una vita!) e quindi se vi va aggiungetemi ;)
Chanel Efp

Grazie a tutti, a chi mi segue, a chi recensisce ecc, senza di voi questa storia non esisterebbe ;) 
Un bacione

Chanel

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Capitolo 8
*** La caccia ***


So che il mio ritardo è imperdonabile e qualsiasi scusa utilizzi non sarà mai abbastanza per giustificare tutti questi mesi. Sappiate solo che ho passato un periodo davvero difficili in cui sono inclusi due ricoveri in ospedale, diverse medicine non tutte "simpatiche" e il resettaggio (?) completo del mio pc che, per usare un francesismo, era andato a puttane. In generale non ero affatto dell'umore per scrivere e non sono sicura di esserlo nemmeno tuttora. Ho perso l'ispirazione e non so quando e se la ritroverò.
In ogni caso sono più che decisa a portare a termine questa storia (come ho fatto con tutte quelle che ho iniziato a pubblicare). Magari non riprenderò subito ad aggiornare con la frequenza che avevo all'inizio, ma arriverò all'ultimo capitolo e spero che voi abbiate ancora voglia di essere con me in questa avventura (ma come sono poetica!).

Quindi bando alle ciance, ciancio alle bande. Vi lascio al capitolo e noi vi rivediamo sotto. Buona lettura!



-La caccia
Ruth non accenna nemmeno ad abbassare il suo arco ed io faccio un passo in avanti, continuando a puntare i coltelli contro Peeta Mellark, che fissa con aria un po’ preoccupata la punta della freccia della mia compagna, ma ha le mani sollevate con i palmi rivolti verso di noi e non sembra intenzionato a muoversi di un millimetro. Il viso è ricoperto di lividi ed ha un labbro spaccato, interessante.
<< Dammi un solo motivo per cui non dovrei sgozzarti in questo istante, Ragazzo Innamorato >> sibilo quando la lama di uno dei miei coltelli è ad una ventina di centimetri dalla sua gola.
Prima che lui possa rispondermi – o io ucciderlo – Cato si fa avanti e con un gesto del braccio mi costringe ad allontanarmi. Se le occhiate potessero uccidere, il mio alleato sarebbe già morto stecchito, ma lui ignora tranquillamente lo sguardo assassino che gli rivolgo e si mette davanti a me per parlare con il biondino del dodici.
<< Cosa vuoi? >> gli domanda tranquillo, rigirandosi tra le mani l’elsa della spada che si è conquistato nel pomeriggio.
Peeta solleva il mento, probabilmente sta cercando di apparire rilassato ed autoritario piuttosto che terrorizzato come deve sentirsi in realtà:<< Ho una proposta da farvi. >>.
Marvel, che se ne sta un paio di passi dietro di me, scoppia a ridere:<< E cosa mai potrebbero volere i favoriti da un panettiere del Distretto 12? >> domanda sarcastico.
La sua risposta e tanto semplice quanto spiazzante:<< Katniss Everdeen. >>.
E già… Katniss Everdeen.
E la cosa divertente è che ha ragione, c’è una sola cosa che il “panettiere del Distretto 12” – come lo ha chiamato Marvel – ha e noi vogliamo: Katniss Everdeen.
Rimaniamo un istante in silenzio, probabilmente anche gli altri come me stanno realizzando che il ragazzo non ha detto una stupidata, anzi.
<< E come faresti a consegnarcela? >> lo incalza allora Cato, scrutando il suo interlocutore con gli occhi assottigliati.
Peeta abbassa lentamente le mani, senza mai interrompere il contatto visivo con il mio compagno, quasi avesse a che fare con un animale feroce ed avesse paura che un movimento troppo brusco potesse farlo scattare:<< La conosco abbastanza bene da prevedere le sue mosse, conosco le sue trappole e so come caccia e si muove… potrei trovarla in fretta. >>.
L’altro pare pensarci un po’ su ma nel frattempo abbassa del tutto la spada:<< E perché mai dovresti consegnare la tua innamorata nelle nostre mani? >>.
Peeta non deve nemmeno pensarci su:<< Avevo una cotta per lei, non posso nasconderlo, ma la questione è stata molto caricata dal nostro mentore, pensava facesse pubblicità. In ogni caso tengo molto di più alla mia sopravvivenza. >>.
Il ragionamento fila ma c’è qualcosa che non va. Possibile che, nonostante sia solo una cotta, il Ragazzo Innamorato sia disposto a gettare la sua bella in pasto ai cani così, senza neanche pensarci su? Deve essere tutto programmato, solo così può avere un senso.
Cato rimane un po’ interdetto dalle sue parole, probabilmente non si aspettava una risposta così logica. Si volta verso di noi con un’espressione interrogativa, come per chiedere il nostro parere. Interessante, così non si considera il capo supremo del nostro gruppo.
Ruth si stringe nelle spalle senza comunque abbassare l’arco, mentre Marvel annuisce e Lux si guarda le unghie. Io non mi muovo, mi limito a fissare Cato negli occhi, sperando che capisca ciò che voglio dire: non ci credo.
Il mio compagno di distretto si volta nuovamente verso Peeta, un sorriso enigmatico dipinto in viso:<< Prendi una spada Ragazzo Innamorato, si va a caccia. >>.
 
È magnifico, camminare nel bosco silenzioso di notte, i muscoli tesi, l’adrenalina che scorre nelle vene e i sensi amplificati.
Quando si parla di “caccia” negli Hunger Games, si intende proprio caccia. Sembra di essere un qualche predatore che cerca di stanare la sua preda, un piccolo coniglietto spaurito e indifeso che nulla può contro la forza di un lupo.
Ci muoviamo silenziosamente, quasi fossimo parte del bosco stesso, cercando di cogliere i rumori o gli odori di altri tributi, le armi strette in pugno, pronti a sferrare il colpo mortale a chiunque ci troviamo davanti.
Camminiamo già da una decina di minuti quando afferro Cato – che è in testa al gruppo – per il braccio e lo costringo a rallentare per potergli parlare. Faccio cenno a Marvel e gli altri di proseguire senza di noi e, non appena loro sono fuori portata d’orecchio, lancio un’occhiataccia a Cato.
<< Cosa diavolo ti salta in mente?! >>.
Non ha bisogno che gli spieghi di cosa sto parlando:<< Non fare scenate Clove, un tributo in più non può che farci comodo. Se lo uccidono va bene e se non lo fanno, lo faremo noi alla fine. Non preoccuparti, non può crearci problemi. >>.
Continuo a non fidarmi, c’è qualcosa che non torna. Stringo le braccia sotto il seno senza addolcire lo sguardo:<< Non ne sono del tutto convinta. >>.
Le sue labbra si tendono in un sorriso ammiccante e mi si fa di un paio di passi più vicino, finché non sono costretta ad alzare la testa per guardarlo negli occhi:<< Non sarai mica gelosa, vero? >> mi domanda:<< Guarda che mica ti toglie le vittime… >>.
Arriccio le labbra e mi alzo sulla punta dei piedi, con il misero risultato di riuscire ad arrivargli a malapena al mento:<< Non sei divertente. Non esiste nessuno in grado di ostacolarmi. >>.
Ormai i nostri visi sono divisi da un soffio ed io provo un inteso desiderio di baciarlo. O di conficcargli un coltello in gola, non so bene. Prima che possa scoprirlo ed agire di conseguenza però, un rumore attira la nostra attenzione.
<< Cosa è stato? >> domando facendo un passo indietro e guardandomi intorno.
Cato inclina la testa, cercando probabilmente di sentire meglio:<< Non lo so, ma voglio scoprirlo. >>.
Senza bisogno di dirci nulla, ci coordiniamo perfettamente ed iniziamo ad avvicinarci al punto dal quale abbiamo sentito arrivare il rumore. Io sono un paio di passi in avanti rispetto a Cato, ma nonostante questo non riesco a vedere nessuno, non capisco chi possa aver prodotto quel rumore.
Camminiamo ancora qualche istante prima che io me ne renda conto. È solo un flebile luccichio che va ad intermittenza, come una spia rossa che si illumina ogni pochi secondi e porta con sé un rumore sordo. Indico quel bagliore a Cato inclinando leggermente la testa, domandandogli silenziosamente se abbia idea di cosa si tratti.
Lui sussurra una sola parola:<< Fuoco. >>.
E allora capisco e mi trovo a sorridere da sola perché non si può essere davvero così stupidi. Ma la gente non impara proprio niente? Questi sciocchi ragazzini non le hanno guardate le scorse edizioni degli Hunger Games o semplicemente ci tengono a morire giovani? No perché la prima cosa da non fare assolutamente, durante i giochi, è accendere un fuoco, specie nel mezzo della notte e con due pietre che sfregate tra di loro fanno un baccano infernale.
Sbuffo piano, senza quasi fare rumore, perché infondo quasi mi da noia uccidere qualcuno di così stupido. Ma alla fine ad ogni morte sono un passo più vicino alla vittoria, così afferro un coltello e mi faccio silenziosamente strada nel bosco.
Nel mentre lui o lei riesce ad accendere il fuoco e il bosco lì intorno si illumina, mentre un filo di fumo si alza verso il cielo. È una ragazza, non ha armi né un sacco a pelo, sta visibilmente gelando, trema come una foglia.
Sento dei passi pesanti provenire dalla mia sinistra, probabilmente anche gli altri favoriti l’hanno avvistata e stanno venendo verso di noi. Anche la ragazza di accorge del rumore e scatta in piedi, pronta probabilmente a scappare, ma alle sue spalle compaiono i nostri compagni, tutti armati fino ai denti. Faccio un cenno a Cato ed insieme usciamo dal nostro nascondiglio dietro gli alberi e lasciamo che lei ci veda e si renda conto di essere circondata.
Marvel, vedendoci, ci sorride:<< Ehilà, ragazzi! >> sorride, facendoci un cenno con il capo.
Prima che uno di noi possa rispondere, la ragazza si getta in ginocchio:<< Vi p-prego non… non uccidetemi… >> sussurra con voce tremante:<< i-io non… no… non voglio… no… non voglio m-morire… >>.
È una mocciosa, non ha neanche le palle di guardare la morte negli occhi e morire con un minimo di dignità. Quasi ringhio mentre, afferrando il coltello più grosso che trovo nella giacca, mi avvicino a lei che vedendomi, lancia un urlo straziante. Le conficco il coltello nello stomaco fino all’impugnatura, l’urlo le muore in gola.
<< Non male >> si complimenta Ruth, mentre Marvel si avvicina per darmi una pacca sulla spalla e Lux sghignazza. Peeta osserva la ragazza senza dire una parola.
Cato, accanto a me, sbuffa:<< Certo che così non c’è divertimento >> si lamenta a voce alta, come solo uno che sa di essere in vantaggio su tutti si permetterebbe di fare in una situazione simile.
Alzò gli occhi al cielo mentre, con noncuranza, mi avvio a recuperare il mio coltello:<< Hai anche da ridire sul mio modo di uccidere? Non ci credo! >>.
<< Dodici fatti, undici da fare! >> esclama Lux tutta contenta, superando con un balzo la macchia di sangue che si sta allargando sull’erba.
Ruth si china e fruga nello zaino che la ragazza aveva abbandonato accanto al fuoco e tutto ciò che ne estrae è uno spesso filo d’acciaio ed una borraccia vuota:<< Utile… >> borbotta, rigettando tutto a terra.
Marvel punzecchia il corpo con la spada:<< È meglio che ce la filiamo, così potranno  raccogliere il corpo prima che inizi a puzzare. >>.
Annuiamo e ci allontaniamo con calma, mentre il cielo si rischiara lentamente all’orizzonte. Pulisco il coltello insanguinato su di una macchia di muschio che trovo sulla corteccia di un albero.
<< Non dovremmo sentire un colpo di cannone, adesso? >> domanda Lux guardandosi intorno un po’ spaesata.
Ruth, un paio di passi davanti a lei, aggrotta le sopracciglia:<< Direi di sì. Non c’è niente che gli impedisca di intervenire subito. >>.
<< A meno che non sia davvero morta. >> commenta Marvel.
Quasi gli ringhio contro:<< Certo che è morta. L’ho pugnalata io. >>.
<< E allora dov’è il colpo di cannone? >> ribatte lui.
<< Qualcuno dovrebbe tornare indietro. Accertarsi che il lavoro sia finito. >> propone Ruth, lanciandosi occhiate alle spalle.
Marvel annuisce:<< Già, non vogliamo dover andare a scovarla due volte. >>.
Mi sta innervosendo, decisamente. Mi piazzo davanti a lui e lo fisso negli occhi, stringendo con forza i pugni:<< Ho detto che è morta! >>.
<< E allora perché non abbiamo sentito il cannone!? >>.
<< E cosa diavolo ne so io!? >>.
<< Clove, stai calma, abbassa i toni. >> cerca di calmarmi Ruth.
<< Magari non sei brava quanto pensi di essere, magari l’hai solo ferita! >> sibila Lux maligna.
Posso quasi accettare che Marvel abbia da ridire sul mio lavoro, infondo lui ha del potenziale – anche se non quanto me – ma quella gallina deve solo stare zitta. Mi avvicino a lei stringendo un coltello in mano che subito le punto alla gola:<< Prova a ripeterlo adesso! >> le sputo in faccia, facendo pressione sulla sua giugulare.
Peeta sbotta, mettendosi tra noi due:<< Stiamo sprecando tempo! >> ci zittisce:<< Vado io a finirla, poi ce ne andiamo! >>.
Cato solleva un angolo della bocca in un sorriso appena accennato:<< Va’ pure, Ragazzo Innamorato. Guarda coi tuoi occhi. >> lui annuisce e scompare tra gli alberi, ripercorrendo il percorso dal quale siamo venuti, zoppicando anche un po’ a causa della ferita che ha sulla gamba.
Guardo in cagnesco Lux per qualche altro secondo poi, dandole una spallata, la supero e vado a sedermi su di un masso alle sue spalle.
La ammazzerò. Davvero non la posso sopportare e si sta anche rivelando inutile – come prevedibile – come combattente. Che senso ha lasciarla sopravvivere anche solo una manciata di minuti? Sarebbe più utile da morta.
Mi rigiro la lama affilata del coltello tra le dita mentre valuto quanto fastidio potrebbe dare ai miei compagni se la uccidessi seduta stante.
Proprio quando sono sul punto di scattare in piedi e squarciarle la gola senza troppe cerimonie, Ruth mi si avvicina e fa segno agli altri di raggiungerci.
<< Perché non lo uccidiamo adesso e la facciamo finita? >> domanda la ragazza, indicando con un cenno del capo il punto in cui è scomparso Peeta.
<< Lascia che ci venga dietro. Che male c’è? È utile, con quel coltello. >> le risponde pratico Marvel, scrollando le spalle.
Cato annuisce:<< E poi, con lui abbiamo molte più possibilità di trovare lei. >> commenta.
<< Perché, credi che si sia bevuta quelle fesserie sentimentali? >> lo incalza Ruth, sollevando un sopracciglio.
Io non dico niente poiché mi sembra di averne già ampiamente discusso con il mio compagno di Distretto, ma annuisco a quelle parole, non potrei essere più d’accordo.
<< Potrebbe. A me sembrava piuttosto scema. Ogni volta che me la rivedo a fare piroette con quel vestito mi viene da vomitare. >> dice Marvel schifato, esibendosi in una smorfia.
<< Mi piacerebbe sapere come ha fatto a prendere quell’undici. >> è tutto ciò che commento io, con aria disinteressata, mentre continuo a giocherellare con il mio coltello.
<< Il Ragazzo Innamorato lo sa, puoi scommetterci… >> prima che Cato possa finire di parlare, un rumore lo zittisce. Si volta ed aspetta finché non intravede il volto di Peeta – ricoperto di lividi – sbucare tra gli alberi:<< Era morta? >> gli domanda.
<< No. Ma adesso lo è. >> proprio in quel momento il cannone spara. Ok, il ragazzo non è proprio così inutile:<< Pronti a muoverci? >> domanda.
Il tono con cui si rivolge a noi mi infastidisce. Chi si crede di essere? Il capobranco? Ma gli altri si mettono subito in marcia ed io decido di seguirli senza fare troppe storie. Il cielo inizia a farsi più chiaro ed è più facile cacciare di notte, quando le persone dormono o comunque sono molto più vulnerabili.
Giriamo a vuoto per un altro paio d’ore senza però incontrare nessuno, così decidiamo di tornare alla Cornucopia per non rischiare che qualcuno possa avvicinarvisi ed appropriarsi di armi o viveri.
Peeta si fionda a cercare un kit del pronto soccorso o qualcosa del genere e lo farei anche io se fossi al posto suo, considerando che a il viso quasi del tutto tumefatto e diverse ferite sparse per il resto del corpo.
Io, non appena  smetto di camminare, mi sento crollare addosso il peso di quasi ventiquattro ore di lotta ininterrotta. Sono un po’ stordita, le gambe faticano a tenermi in piedi e le palpebre si fanno pesanti.
Lancio un’occhiata verso la bocca Cornucopia ed individuo la tenda che avevo adocchiato appena prima che cominciassero i Giochi. Con le ultime forze, mi arrampico per recuperarla e la sistemo all’ombra della Cornucopia, mentre nel frattempo recupero un sacco a pelo.
Gli altri stanno dando un’occhiata agli oggetti sparsi lì attorno ma sembrano tutti abbastanza stanchi. Marvel si esibisce anche in un grande sbadiglio.
<< Io non faccio il primo turno di guardia. >> sottolineo mentre infilo il sacco a pelo all’interno della tenda.
Ruth – che sta bevendo dell’acqua da una borraccia a pochi metri di distanza da me – annuisce con vigore:<< Io nemmeno. >> e detto questo, lancia un’occhiata interessata alla mia tenda.
Io le faccio un cenno con il capo, invitandola a raggiungermi. Lei recupera una coperta che giace a terra poco distante e si tuffa nella tenda senza tanti convenevoli. In un’altra situazione l’avrei ignorata ma di spazio ce n’è in abbondanza lì dentro e poi quella ragazza mi sta simpatica.
Aspetto un attimo prima sdraiarmi, curiosa di sapere chi effettivamente farà il primo turno di guardia.
Lux sbatte le ciglia e sposta lo sguardo verso il Ragazzo Innamorato che si medica le ferite all’ombra di un albero:<< Peeta, penso proprio che come ultimo arrivato il primo turno tocchi a te. Direi di fare un paio d’ore a testa. >>.
Io sorrido e mi stendo utilizzando il sacco a pelo come cuscino. Accanto a me sento Ruth che si lascia sfuggire una risata.
Mi sto per addormentare quando la sento sussurrare:<< Ma come facciamo a sapere quando tocca a noi? >>.
<< Tranquilla, qualcuno ci verrà a svegliare di sicuro. >> biascico, prima di cedere al sonno.
 
Troppo presto, vengo svegliata da qualcosa di fastidioso all’altezza della pancia.
Sbatto un paio di volte le palpebre e mi ci vogliono diversi secondi per mettere a fuoco il viso di Cato, che aleggia pochi centimetri sopra al mio.
Per poco non mi metto ad urlare.
Se ne sta a cavalcioni su di me, con le mani a far leva sui miei fianchi ed il naso che quasi sfiora il mio. Ma cosa diavolo gli salta in mente?!
<< Cosa. Stai. Facendo? >> sibilo a bassa voce, avendo appurato che Ruth dorme beatamente accanto a me.
Lui si sdraia sui di me, facendo aderire completamente il suo corpo al mio:<< Ti sveglio. È finito il mio turno di guardia, ora tocca a te. >> e detto questo fa scivolare una mano verso l’alto, finché questa non mi sfiora un seno.
Vorrei tanto – davvero tanto – poter dire che rimango impassibile, ma in realtà la sua vicinanza mi manda in crisi e per un istante desidero di non essere negli Hunger Games e di poter fare quello che desidero.
Smettila. È il sonno che parla, non tu.
Il tutto dura solo un paio di secondi, dopo i quali pianto le mani sulle sue spalle e lo costringo ad allontanarsi.
<< Non voglio svegliare Ruth >> mi limito a sussurrare, prima di sgattaiolare fuori dalla tenda.
A giudicare dalla posizione del sole nel cielo, deve essere primo pomeriggio. Qualcuno – probabilmente quelli che hanno montato la guardia prima di me – ha sistemato gli oggetti che si trovavano attorno alla Cornucopia, organizzandoli in mucchi ordinati. Hanno fatto un bel lavoro. Recupero una spada dal gruppo di armi che sta accanto a quello dei medicinali e mi siedo all’ombra di uno degli alberi che delineano la radura.
Come prevedibile nessuno osa avvicinarsi al nostro accampamento per tutte le due ore circa che rimango di guardia. La noia mi uccide e alla fine decido di potermi prendere un attimo di pausa per mangiare qualcosa, così vado a recuperare una mela.
Torno a sedermi al mio posto mangiandola e proprio in quel momento sento il rumore di uno sbadiglio e vedo il ragazzo del dodici stiracchiarsi prima di scivolare fuori dal suo sacco a pelo e mettersi in piedi. Si era messo a dormire all’ombra, vicino a lago, probabilmente avendo fatto il primo turno deve aver dormito già sei, sette ore abbondanti e quindi non è più stanco.
Si china per bere un po’ di acqua, raccogliendola direttamente con le mani dal lago e poi, non appena si rende conto della mia presenza, mi raggiunge.
<< Se hai sonno posso darti io il cambio. Mi sono riposato abbastanza. >> si propone.
Mi stringo nelle spalle, addentando la mela:<< Non c’è problema, non ho sonno. >>.
<< Nel Distretto, tutte le mattine, mi alzavo molto presto per aiutare i miei genitori in panetteria, prima di andare a scuola. Sono abituato a dormire poco. >>.
Sollevo un sopracciglio nella sua direzione:<< Entusiasmante. Ma non ho sonno. >> e queste parole mettono fine al suo misero tentativo di conversazione.
Rimaniamo seduti a pochi metri di distanza, in totale silenzio, per quasi un’ora prima che i nostri alleati comincino a svegliarsi. La prima a raggiungerci è Ruth, seguita poco dopo da Marvel e Cato che alla fine è costretto ad andare a svegliare Lux che non sembra intenzionata ad abbandonare la sua tenda, nonostante ormai sia pomeriggio inoltrato.
Mentre la bionda sbadiglia e si lamenta, noi ci dividiamo i compiti. Marvel e Peeta vanno a raccogliere legna nel bosco, io e Ruth ci occupiamo della cena e Cato sistema ciò che abbiamo utilizzato per dormire. Lux, senza nemmeno aspettare di sapere se può rendersi utile, si leva tutti i vestiti che ha indosso escluse le mutande e va a tuffarsi nel lago per, testuali parole, “darsi una pulitina”.
Io alzo gli occhi al cielo e mi ritrovo ad imprecare tra me e me notando che Cato non sembra affatto infastidito al contrario, si sta godendo la vista.
<< Lasciala stare, è un’oca. >> mi sussurra Ruth, che sta osservando attentamente un pacchetto di carne essiccata.
Sbuffo:<< Sì, lo so. >>.
Prendiamo qualche barattolo di cibo in scatola e aspettiamo che gli uomini accendano il fuoco. Grazie ai fiammiferi ci mettono davvero poco ed in una decina di minuti siamo seduti in cerchio attorno al fuoco, intenti a mangiare zuppe precotte ed altri cibi appena scaldati.
Tutti tranne Lux che è riuscita a trovare un pettine – non voglio neanche sapere dove – e adesso si spazzola i capelli bagnati.
<< Riassumendo, >> esordisce Marvel, dopo aver ingoiato una cucchiaiata di zuppa di asparagi:<< siamo a dodici. Dodici morti e dodici vivi. Undici ancora da uccidere. >>.
Nessuno fa commenti sull’ultima frase e sul fatto che, l’unica differenza è che per ognuno di noi è diverso il nome di quell’uno da tenere in vita.
<< La ragazza del tre, il ragazzo del quattro e quello del cinque, entrambi i tributi del sei e del sette, quello dell’otto, tutti e due quelli del nove, la ragazza del dieci e quella che ha ucciso prima Peeta… >> elenca Ruth, sollevando un dito ogni volta che nomina uno dei morti.
<< Era il tributo femminile del Distretto 8. >> ci informa il ragazzo, che mangia la sua cena leggermente in disparte rispetto a noi altri.
Anche Cato si mette a contare sulle dita:<< Quindi siamo rimasti noi sei, quel fifone di Kreg, la ragazza del cinque, il ragazzo del dieci, Thresh, la bimba del suo Distretto e la tua non troppo dolce metà. >> elenca lanciando un sorriso sarcastico a Peeta verso la fine. Lui lo ignora.
<< Quindi che si fa? >> domanda Lux.
Cato alza lo sguardo verso il cielo che pian piano si tinge di rosso:<< Si va a caccia. >>.
 
*****
 
La caccia si rivela identica a quella della notte scorsa solo che questa volta è infruttuosa. Giriamo a vuoto per tutta la notte senza incontrare nessuno, solo alberi e animali addormentati che fuggono al suono dei nostri passi.
Torniamo alla Cornucopia abbastanza frustrati e senza una parola ci sistemiamo per dormire.
Peeta fa nuovamente il primo turno di guardia e probabilmente tutti seguono l’ordine di ieri perché è di nuovo Cato a venirmi a svegliare. Quest’oggi non è neanche un po’ indecente, probabilmente ieri era euforico e quindi si era lasciato andare, mentre oggi fa il sostenuto.
Tanto meglio per il mio equilibrio mentale.
Lo lascio addormentarsi al mio posto, sperando che questo non dia fastidio a Ruth che si dovrà svegliare accanto a lui per il secondo giorno di fila e monto la guardia.
Ovviamente non succede nulla anche se quasi me lo auguro. So che potrebbe rivelarsi pericoloso ma ho bisogno di un colpo di scena, di qualcosa che attivi la mia adrenalina e mi faccia sfogare un po’.
Alla fine, quando le mie due ore di guardia sono finite – non posso esserne certa poiché non ho orologi e posso affidarmi solo alla luce del Sole – al contrario di ieri mi infilo nella tenda di Lux e la strattono finché non si sveglia. Lei si lamenta per una decina di minuti buoni ma alla fine la costringo a fare la guardia mentre io vado a tuffarmi nel lago.
Sfilo giacca e pantaloni e con ancora la maglia addosso mi immergo in acqua. Con l’aiuto di un pezzo di sapone recuperato da uno degli zaini messi a nostra disposizione, mi lavo minuziosamente e, nonostante l’acqua sia gelata e non sia proprio come farmi la doccia al Centro di Addestramento, quando esco dal lago mi sento già meglio.
Gli altri si sono già svegliati quasi tutti ma non sembrano avere bisogno del mio aiuto, così mi siedo al sole e sfilo la maglia bagnata per metterla ad asciugare e al suo posto infilo subito la giacca che allaccio fino al collo. Sistemo i capelli in una coda alta e rimango lì per almeno mezzora, aspettando che la maglia si asciughi un po’.
Quando raggiungo i miei alleati per aiutarli a preparare le cose per mangiare, noto di non essere l’unica di umore un po’ fiacco. Per lo più non parliamo mentre accendiamo il fuoco e scaldiamo il cibo, finché Ruth non interrompe quel silenzio che inizia a farsi pesante.
<< Non sarà tutti i giorni così, vero? >> domanda prima di addentare un pezzo di mela essiccato.
Lux, annuisce con vigore:<< Già, quando arriva il divertimento? >>. E dopo il suo commento, nessun altro parla per un bel pezzo.
La stessa frase detta da me, Cato o Marvel avrebbe avuto un altro effetto perché noi riteniamo divertente uccidere. Lei… lei invece è solo stupida.
Il tramonto si avvicina quando sistemiamo le nostre provviste, spegniamo il fuoco e ci prepariamo per andare a caccia, sperando di essere più fortunati, questa volta.
Qualcuno deve aver ascoltato le nostre preghiere perché, pochi minuti dopo, quando siamo nei pressi di un piccolo stagno, avvertiamo il rumore di degli schizzi.
<< Cos’è? >> domando in un sussurro.
Ruth fa una smorfia strana:<< Potrebbe essere un animale… >>.
Ci avviciniamo con cautela e, con grande gioia, scopriamo che non si tratta di un animale ma di Katniss Everdeen che, bagnata fradicia dalla testa ai piedi, se ne sta seduta ad occhi chiusi, con la schiena appoggiata contro il tronco di un albero ed un’espressione sofferente dipinta in viso. 


Sperando che non sia stato troppo una merda (ma quando sono fine quest'oggi?) mi farebbe tanto tanto piacere - come sempre - se mi lasciaste una recensione, anche solo per farmi sapere che siate ancora da qualche parte lì dietro lo specchio e vi ricordate ancora di questa sfigatissima fanfiction su quei due grandissimi sfigati di Clove e Cato.
Nel caso foste interessati e voleste ricevere gli aggiornamenti della/e mie fanfiction o vi andasse anche solo di capire quanto io in realtà sia schizzata, vi ricordo i link della mia pagina Facebook e del mio account sempre di Facebook.
Con la promessa che questa volta ci vedremo davvero presto, vi mando un bacione e colgo l'occasione per ringraziare in anticipo chi perdere quindici minuti del suo tempo per leggere questo capitolo.

Chanel


 

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