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di ludo9911
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1. inizio tutto a tre anni ***
Capitolo 2: *** capitolo 2. la nonna ***
Capitolo 3: *** capitolo 3. nuovo lavoro ***
Capitolo 4: *** capitolo 4. il portone ***



Capitolo 1
*** capitolo 1. inizio tutto a tre anni ***


Tutto incominciò all’età di 3 anni, quando abitavo in una piccola villetta con mia madre Emily e mio padre Thomas. Le giornate erano monotone, per quanto mi ricordi mio padre andava a lavorare la mattina presto e tornava per la cena e mia madre rimaneva in casa con me, io e lei eravamo una sola anima, con lei mi divertivo tantissimo: andavamo spesso al parco a passeggiare o da nonni che abitavano a pochi isolati da noi.
Quell’anno, una famiglia si trasferì nella casa di fronte alla nostra, erano un allegra famigliola, il marito era spesso via per lavoro, per questo motivo si erano trasferiti qui, la moglie invece era una donna sempre ben vestita e ordinata, le piaceva l’aria aperta pur che fosse in buone condizioni, con loro c’era anche il figlio Josh, un bambino della mia età, moro e con dei fantastici occhi azzurri. Mia madre prese velocemente in simpatia la vicina Hannah e suo figlio Josh, io un po’ meno. Quando le nostre madri si incontravano a casa nostra o nella loro ci posizionavano sempre da qualche parte a giocare, in salotto per esempio o quando andavamo al parco ci obbligavano ad andare sugli scivoli insieme, all’inizio io e Josh ci odiavamo: appena le mamme si voltavano lui incominciava a tirarmi i capelli e io lo mordevo sulle braccia, non volevo mai andare da loro perche Josh mi faceva male e ogni volta tornavo a casa piangendo.

ciao ragazze,
spero che questa storia vi piaccia ... perfavore datemi qualche consiglio ... ve ne sarei molto grata!

 

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Capitolo 2
*** capitolo 2. la nonna ***


Pero quando l’anno dopo andammo in vacanza insieme, fu tutto diverso, Josh non mi faceva più paura, stranamente non mi tirava i capelli, io in compenso non lo mordevo. La meta di quell’anno era l’Italia, eravamo solo noi e le nostre mamme, perche sia Thomas che Daniel, il padre di Josh non potevano lasciare il lavoro. Purtroppo non mi ricordo molto di quel viaggio avevo solo quattro anni, ma quello che non mi dimenticherò mai è il ritorno: mia madre mentre guidava per tornare a casa ricevette un telefonata da mio nonno George:
“Emily … Emily”
“papà ci sono, di cosa hai bisogno?”
“Emily …” poi scoppio a piangere, mia madre non parlò, lei aveva capito. “Emily io l’amavo”
“papà arrivo, dove sei?”
“in ospedale, quello vicino alla statale” poi mia madre attaccò il telefono e incomincio a guidare più veloce che poteva, arrivati in aereoporto subito dopo aver depositato le valige salimmo sull’aereo, mia madre era nervosa, mi stringeva la mano e si lamentava di quanto fossero lenti a partire, io, Josh e Hannah non avevamo capito, ma lei non parlò di questo, anzi non parlo affatto. Quando decollamo visi in lei un viso un po’ meno teso ma pur sempre pieno di paura. Arrivati a Londra, ritirammo subito la macchina e i bagagli e dopo un ora viaggio arrivammo in ospedale, dove la mia adorata nonna Amelia era distesa su uno di quei lettini bianchi con flebo e tubi per l’ossigeno. Il nonno era seduto di fianco a lei, non ci aveva visto, le teneva la mano e le sussurrava qualcosa all’orecchio. Presa l’attenzione del nonno, la mamma gli fece cenno di uscire e appena lui varcò la porta di quella piccola stanza di colore bianco, lei lo immobilizzò con uno dei suoi abbracci. Hannah mi portò via da li e andammo a prenderci un gelato, quando tornammo, la mamma mi disse:
“amore mio, vai a salutare la nonna” poi aggiunse una parte a bassa voce, che pero io senti lo stesso “per l’ultima volta”
entrai nella stanza, era li, distesa, la ricopriva un lenzuolo bianco, un bianco triste, un bianco che ricopriva tutto, un bianco vuoto, il bianco di un anima morente. Lei mi vide, mi sorrise e mi fece segno di avvicinarmi a lei. Mi posizionai seduta di fianco a lei, ma appena avvicinai le mie morbide labbra alla sua guancia ormai invecchiata il suo sorriso si spense, e non si riaccese mai più. Era morta. Avevo cinque anni quando la mia amata nonna Amelia morì e mio nonno George la seguì dopo soli tre mesi a causa del dolore.
Mi mancavano tantissimo, non mi rendevo conto che non potessero più tornare, ero piccola. Spesso chiedevo a mamma di andare dai nonni, ma la mamma non rispondeva. A natale chiesi le perche non faceva il regalo ai nonni e lei mi rispose che i nonni non potevano ricevere regali in cielo. Non avevo più i miei cari nonni, non conoscevo neanche i genitori di mio padre, perche abitavano in America e lui con nonni non aveva buoni rapporti, ormai erano anni che non si sentivano.

ciao ragazze,
è il mio secondo capitolo... aiutatemi a capire come sta andando questa storia!
ludo99<3

 

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Capitolo 3
*** capitolo 3. nuovo lavoro ***


Quell’anno iniziai la scuola, non mi piaceva affatto, odiavo alzarmi presto al mattino e soprattutto stare seduta su quelle squallide sedie e dover scrivere lettere per pagine e pagine, lo ritenevo uno spreco di fogli. Josh era nella mia stessa classe, neanche a lui piaceva molto scrivere e essere comandato dalle maestre. Per noi due stare in quelle aule chiuse era eguagliabile a una cella, non potevamo sopportarlo. Io oltretutto ero molto timida e tutti i ragazzi e le ragazze della scuola mi intimorivano, ma lui era sempre accanto a me ed io rimanevo abbracciata a lui, in classe o durante la ricreazione, non c’era modo di tenerci separati. Ma non stavamo insieme solo a scuola, anche dopo: di solito andavamo a casa mia o sua dipendeva dalle volte e quando diventammo un po’ più grandi andavamo al parco a fare una passeggiata, alcune volte Josh mi portava in posti bellissimi di cui io non conoscevo l’esistenza. Adoravo ogni cosa di lui il suo modo di fare le cose, il suo modo di vestire, il suo sorriso e anche quando si arrabbiava. Eravamo due ragazzi normali, a cui non piaceva andare a scuola, ma avevamo una cosa che tanti potevano invidiare: l’amicizia di uno per l’altro. era perfetto! Avevo quattordici anni quando io, mamma e papà andammo in Spagna, era la prima estate senza Josh dopo quella di sette anni prima in Italia. Arrivati a destinazione visitammo sia la capitale, Madrid che Barcellona, una delle seguenti settimane andammo al mare, dove ci divertimmo molto, eravamo una vera famiglia. Verso la fine di agosto andammo in Portogallo a Lisbona, poi dovemmo tornare a casa, solo pochi giorni prima che iniziasse la scuola. La scuola iniziò, e il primo giorno non vidi Josh, non c’era, non era mai rimasto a casa da scuola il primo e l’ultimo giorno. Lo rividi solo due settimane dopo, aveva un braccio fasciato ed era pieno di lividi, ero preoccupatissima e spaventata, gli andai subito in contro. “Josh” urlai da lontano “Beth … sei tornata!” “si, a scuola non ti ho visto, dov’eri finito?” “papà ha perso il lavoro e lo sto aiutando” “e perche sei tutto rotto?” si sedemmo su un muretto, lo aiutai ad accomodarsi meglio e poi lui continuò a parlare “sai … non si trova facilmente lavoro alla mia età, sono troppo piccolo! … ma posso … “ e poi tacque “puoi?” non riuscivo a resistere a quel mistero, mi stavo spaventando. “posso lottare e guadagnare qualche soldo” “cosa? No!” “e stato l’unico modo, ora papà sta facendo un colloquio di lavoro e magari posso tornare a scuola” “io lo so, tu tornerai!” e poi lo abbracciai, ci stringemmo forte uno all’altro. Quel giorno io e Josh non stemmo insieme per molto, dopo una breve passeggiata lui mi disse solo “ciao”, mi diete un bacio sulla guancia e se ne andò. Io volevo sapere di più di quello che aveva fatto, mi faceva stare male il fatto che lui fosse fasciato e pieno di lividi. Ma non volevo disturbarlo, anche se ero sicura che lo avrei scoperto. Qualche giorno dopo Josh tornò a scuola, Daniel aveva trovato lavoro in una azienda che aveva sede in America, l’ufficio era a soli cinquanta chilometri da casa.


ps: ragazze... recensite... aiutatemi... consigliatemi...
 

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Capitolo 4
*** capitolo 4. il portone ***


I giorni passarono velocemente e tutto tornò come prima, anche meglio. Fu un anno fantastico, pieno di avventure e nuove scoperte. Un giorno Josh mi insegnò ad andare sullo skaterbord: non ero molto brava, ma mi piaceva tantissimo vedere lui che saltava senza timore come se volasse.
Era tutto magnifico e perfetto, andavo bene anche a scuola.
Ma come tutti sogni arrivò la fine. Era passato appena un anno, che lui venne a bussare alla mia porta: era un giorno di festa, un giorno felice almeno fino a che non aprì la porta e lo vidi, era seduto su uno scalino davanti al portico, aveva il viso ricoperto di lacrime, non lo avevo mai visto in quello stato, non era così triste neanche quando lo avevo visto l’anno prima ricoperto di lividi. Incominciai a fargli domande, ma lui non rispondeva, non mi guardava, pensai che qualcuno lo avesse picchiato, ma non vedevo ferite e quando cercai di chiederglielo, lui mi precedette:
 “devo … devo …” volevo capire cosa stesse succedendo, ma in quel momento ebbi paura, per fortuna lui trovò il coraggio e tutto d’un fiato mi disse che doveva trasferirsi. Io non risposi, non sapevo cosa dire, era la persona a cui volevo più bene del mondo, solo lui riusciva a consolarmi, solo con lui mi sentivo libera, mi sentivo me stessa. Incominciai a piangere, non sapevo cosa fare, non sapevo cosa dire. Lui mi asciugò le lacrime e mi abbracciò, restammo abbracciati per una decina di minuti senza dire niente, nessuno dei due sapeva cosa dire.
A rompere il silenzio fu lui: ”dai Elisabeth, tornerò, te lo prometto!” io lo fissai intensamente negli occhi, lui si avvicinò lento alla mia faccia con la sua, mi baciò la fronte e come non aveva mai fatto mi diede un bacio sulle labbra, un bacio fantastico, continuò a baciarmi fino a quando io non mi scostai. Io ero attratta da lui, ma era sempre stato un amico per me, si, è vero, non era solo un amico, ma perché ora, perché ora che se ne va.
“Josh …” dissi dolcemente
“si piccola?” mi chiese lui senza mai distogliere lo sguardo da me.
“perche?” gli chiesi io
“perche ti amo e ti ho sempre amata” le sue parole sembravano vere, mi sentivo amata, ma avevo paura.
“ma perche ora? perche ora che te ne andrai …” lui non rispose subito, scostò lo sguardo e fissò per un attimo il gradinino sotto di lui; poi rispose:
“perche solo ora ho il coraggio, solo ora ne sono sicuro, solo ora anche se e il momento sbagliato! Io voglio rimanere qui più di ogni altra cosa al mondo, ma non posso mio padre ha già organizzato tutto, partiamo tra due settimane”.
Questa volta fui io a far toccare quelle sue labbra morbide e delicate con le mie, fui io a sfiorare la sua pelle con le mie mani e fui io a dirgli di amarlo!
Dopo circa due ore che eravamo seduti su quel gradino di casa mia, ci alzammo e Josh dopo essere entrato in casa mi trascino verso la mia camera, ero curiosa di sapere cosa stesse tramando. Incominciò ad aprire la mia cabina armadio, buttò per terra tutti i miei vestiti, mi girai a raccogliere una sciarpa e quando vi voltai di nuovo non riuscivo a vederlo. Era sotto a tutti quei vestiti sparsi, ricoperto da maglie, pantaloni, giacche, e calze. Alzo lo sguardo, mi guardò negl’occhi e mi disse:
“ora ordiniamo tutto!” volevo ammazzarlo, ma lui continuò “ordiniamo tutto per scarpe, pantaloni e maglie, quello che manca lo andiamo a comprare”. Non riuscivo a capire perchè, non avevo bisogno di nessun guardaroba nuovo, ma non volevo contraddirlo quindi mi misi a sistemare i miei vestiti con lui.
“guarda questa e stupenda, ti sta benissimo!” disse lui
“no e orribile sembro grassa”
“e questi pantaloni con queste scarpe stanno benissimo!”
“blu scuro e blu chiaro? Ma sei matto?!” non eravamo d’accordo quasi su niente, lui non riusciva ad abbinare niente che piacesse anche a me, ma alla fine era tutto perfetto.
“che bello questo vestito, non te lo metti mai!”
“era, era di mia nonna …” dissi. Ci fu silenzio.
Il suo viso si attristì “scusa, non lo sapevo”, io sorrisi e lo abbracciai.
Dopo quel momento di tristezza Josh continuò a parlare di vestiti:
“mmm … allora ora vestiti e poi usciamo”
“ma?” mi guardò con uno sguardo fuminate “ok, meglio le vans o ballerine?”
“vans sicuramente! Piccola allora ci vediamo fra dieci minuti qua sotto … sbrigati!” e poi sparì
Io non sapevo cosa avesse in mente, ma mi vestii velocemente: misi una magliettina blu di pizzo con dei pantaloncini corti bianchi e le mie adorate vans, mi truccai molto velocemente e corsi verso la porta d’ingresso, non feci in tempo a mettere la mano sulla maniglia che lui la aprì. Eccolo! Li davanti, cosi bello, cosi perfetto in tuoi i suoi difetti. Mi incantai davanti a quel sorriso, mi morsi le labbra dalla voglia di baciarlo, ma non lo feci. Aveva una maglia a maniche corte nera e un paio di Jeans.
“allora? Dove andiamo?” chiesi
“è una sorpresa!” e poi mi trascinò fino al negozio più bello e più caro della città. Entrammo.
“Josh … “
“ho lasciato qualcosa da parte, voglio che tu abbia qualcosa che ti ricordi di me”
“io non mi dimenticherò mai di te, e poi mi hai promesso che tornerai”
“sarà così” “guarda quella maglia! Che bella!” cambiò discorso, ma io non dissi niente
“vero” mi avvicinai alla maglia e “è carissima!, meglio cambiare negozio” lui non si oppose, dopotutto quei risparmi gli servivano.
“allora se non ti va di comprare niente, seguimi!” e lo seguì.
Mi portò in un bar, uno dei pochi in cui non ero mai andata. Entrammo, lui saluto il barista, un anziano signore che venne verso di noi, poi Josh gli sussurrò qualcosa nell’orecchio e lui annui facendo una piccolo sorriso.
“cosa gli hai chiesto?”
“niente piccola, tranquilla!” non mi stavo preoccupando, ma semplicemente non volevo essere allo scuro di tutto, mi fidavo di lui.
Il barista tornò da noi dopo pochi minuti e diede a Josh delle chiavi; in quel momento avvertì un po’ di paura, non sapevo dove portassero quelle chiavi, che porta aprivano, non ebbi nemmeno il coraggio di chiederglielo. Mi trascinò dietro il bar e aprì un portone marrone , uno di quelli vecchi e tutti rotti.
Dietro a quella misteriosa porta non c’era certo quello che mi aspettavo, ma c’era molto di più. Varcammo quella sottile linea che ci divideva dal mondo reale e dalla fantasia: quel posto era un sogno, un sogno magnifico. Un giardino pieno di fiori, era immenso, un albero grandissimo copriva gran parte del prato con la sua ombra: dove Josh, mi fece sedere. Sotto quelle foglie non mi ricordai che lui sarebbe partito solo dopo quindici giorni, sotto quell’albero non mi ricordavo di niente. Era così bello, che non ci accorgemmo che il tempo era passato ed era ormai sera. Purtroppo dovemmo andarcene, chiudemmo quel portone malandato e riconsegnammo le chiavi al barista, poi tornammo a casa. Erano le otto di sera e io e Josh eravamo ancora sotto il mio portico, gli chiesi di unirsi a noi per la cena, ma lui stranamente rifiutò e tornò a casa sua, lo fissai fino a quando non varcò la porta, si girò a guardarmi una sola volta e fu stupenda.


 

ps:com'è? vi piace?... ditemi tutto!
 

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