Fly towards perfection

di dreamey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Eccomi di nuovo con un'altra storia. Amo moltissimo leggere, ma non mi considero per niente una scrittrice.
Scrivo e pubblico senza nessuna pretesa, soltanto, mi piace condividere qui, le idee che mi vengono in testa :).
Cercherò di pubblicare un capitolo alla settimana, casualmente è capitato il giovedì, il mio secondo giorno preferito della settimana( sono sicura che questa cosa non importi a nessuno, ma comunque..)..
Spero che la lettura di questo e dei prossimi capitoli sia piacevole!
Ringrazio in anticipo chi si ritroverà a leggerla e chi vorrà recensirla :)
Detto questo.. vi lascio al capitolo..
 
 
La vita ti sorprende
quando sei impegnato a fare altre cose.

- John Lennon -
 
Capitolo 1

Era il primo giorno della sua nuova vita e Callie,  non avrebbe permesso a niente e nessuno di rovinarlo.
Aveva puntato la sveglia presto quella mattina, per non fare tardi il suo primo giorno di lavoro.
Erano da poco passate le prime luci dell'alba quando parcheggiò la sua auto. Scese dalla macchina e trattenne il fiato per una manciata di secondi, come in trance, fissò l'imponente stabile che sarebbe diventato il suo ospedale.
Il freddo pungente di quella mattina, le provocò un brivido di freddo che la percorse tutta e si mise a battere i piedi.  " Se solo mi fossi messa qualcosa di più pesante addosso" si rimproverò con evidente disappunto.
L'inverno era arrivato in tutta fretta a Seattle, si rese conto subito, portando con sè un'intensa ondata di gelo.
Ogni suo passo scricchiolava sul terreno ghiacciato, mentre si dirigeva verso le porti scorrevoli dell'ospedale.
Finalmente entrò, e un dolce e agognato tepore la avvolse con suo grande sollievo.
Non appena varcò la soglia, si sentì invadere da un'ondata di entusiasmo, non vedeva l'ora di cominciare il suo turno di lavoro e conoscere i nuovi colleghi.
Diede un rapido sguardo intorno e con passo deciso si incamminò per raggiungere l'ascensore.
Si sentiva forte, di nuovo, dopo tanto tempo e si sarebbe gettata nel suo lavoro con la determinazione di dare il meglio di sè.
Si, non avrebbe permesso a nessuno di rovinare la sua nuova vita.
Dopo essere passata dal capo Webber,per i soliti convenevoli, scortata da una gentile e alquanto chiacchierona  infermiera, si diresse verso gli spogliatoi riservati agli strutturati.
Pian piano, mentre si dirigeva alla porta, riuscì a percepire voci e risate dei suoi futuri colleghi che si stavano preparando per un nuovo turno di lavoro.
Col sorriso sulle labbra bussò e si accinse ad entrare.
E come immaginava,  le giunse in un istante l'aria di familiarità che si respirava in quel luogo.
Non smettendo di sorridere avanzò nella stanza richiudendo la porta alle sue spalle.
 All'istante calò il silenzio nella stanza.
Stava per aprire bocca per presentarsi, ma fu subito interrotta dalla veemenza di un bellissimo uomo in camice che le si avvicinò e stampandole uno dei suoi sorrisi più ammiccanti le disse:
- Ciao, tu dovresti essere Callie Torres, il nuovo primario di Ortopedia,giusto?
Senza aspettare risposta, col suo solito fare sicuro le porse la mano e con stretta sicura si presentò.
- Mark Sloan, molto piacere, il golden boy di chirurgia plastica-
Presa alla sprovvista dall'audacia del bel dottore e, molto divertita dalle parole dell'uomo, stava per rispondere qualcosa ma fu nuovamente interrotta, questa volta si trattava di una donna dai lineamenti asiatici, che avanzò verso di lei porgendole la mano e presentandosi, non prima però, aver deriso il suo collega.
- Ti è andata bene, oggi si è limitato solo alla chirurgia plastica, dovresti vederlo quando si pavoneggia per l'intero ospedale. Cristina Yang, la dea di cardiochirurgia-
- Senti chi parla, Cristina, tu non sei stata da  meno- al suono di una nuova voce Callie ,si era leggermente voltata per vedere a chi appartenesse, e anche questa volta non riuscì a proferire parola, una donna, magra, con un'espressione davvero molto dolce, le si stava avvicinando porgendole la mano
- Io sono Meredith Grey, chirurg..-
Prima che la donna potesse terminare la sua presentazione, fu interrotta anch'essa da una voce maschile molto affascinante.
Callie si voltò percependo la presenza dell'uomo che avanzava da dietro, accennò anche lei un sorriso e allungò la mano incontrando quella dell'uomo che stava avanzando verso di lei con uno charme che apparteneva a pochi.
- Si, Grey come Allis Grey, se te lo stessi chiedendo, io sono Derek Shepherd il suo futuro marito nonchè..-
- Il genio della neurochirurgia- Lo interruppe il simpatico dottore dai capelli ramati. - Piacere, Owen Hunt, chirurgia d'emergenza.-
- Benvenuta nella nostra grande famiglia-  una voce dolce le sopraggiunse alle spalle, apparteneva a una minuta dottoressa dai capelli rossi con un viso molto simpatico, constatò Callie.
- April Kepner, molto piacere-
- Piacere tutto mio- rispose la nuova dottoressa restituendo la stretta di mano. - Spero di entrare a farne parte il più presto possibile.- aggiunse, regalando uno dei suoi migliori sorrisi ai suoi nuovi colleghi.
-  Beh, ne fai già parte, dal momento che da oggi sarai una di noi-  si affrettò a rispondere Meredith.
 
Era entusiasta, era stato facile, addirittura più del previsto.
Sembravano davvero tutti una famiglia, e mentre si cambiava, sorrise pensando di essere fortunata di entrare a far parte della loro squadra, di lavorare con eccellenti chirurghi, che sarebbero diventati la sua seconda famiglia per lei. Lei che con la sua prima di famiglia, aveva tagliato tutti i ponti.
 
-Callie, Callie Torres, finalmente!-
Sentendo chiamare il suo nome, e riconoscendo la voce della sua vecchia amica, Callie alzò all'istante gli occhi dalla cartella che stava compilando, e si affrettò a ricambiare l'abbraccio della donna che le si era avvicinata con slancio eccessivo.
- Addison Montgomery, come stai?-
- Benissimo. Sono così felice che finalmente  tu abbia accettato il posto di primario al Seattle Grace-
- Te l'avevo detto che prima o poi ti avrei raggiunta-
Si erano conosciute al college, e avevano stretto amicizia sin dai primi tempi, erano compagne di stanza, e frequentavano buona parte delle lezioni insieme. Fino alla specializzazione. Lì le loro strade si erano divise, avevano scelto ospedali diversi, posti diversi, una aveva scelto di specializzarsi in chirurgia ortopedica, l'altra, l'affascinante rossa, come tutti la chiamavano ai tempi del college, chirurgia neonatale.
Poi erano diventate colleghe, avevano lavorato per più di quattro anni nella stessa clinica privata, fino a quando,poi, entrambe, non avevano ricevuto un'offerta di lavoro migliore.
Era toccato prima ad Addison, che senza pensarci due volte, si era trasferita a Seattle il giorno dopo della proposta di lavoro, poi, dopo qualche mese, ad una più ponderata Callie, che ci pensò su diversi giorni prima di accettare. Gran parte della sua decisione, era dovuta non solo alla presenza certa della sua amica che avrebbe trovato lì a Seattle,ma anche ai suoi recenti e smisurati scontri in famiglia, con la quale, trasferendosi, aveva deciso di chiudere definitivamente.
Il prospettarsi di una nuova vita, lontano da tutti, dalla sua città, dalla sua famiglia, dai sui vecchi problemi, la persuase più che mai ad accettare quell'improvvisa e inaspettata proposta di lavoro.
La prima settimana di lavoro aveva dato i frutti sperati, entrò subito tra le grazie dei nuovi colleghi, rimasti da subito colpiti dal suo carattere dolce e comprensivo ma nello stesso tempo forte.
Tutti erano rimasti affascinati dalla bella dottoressa latina e dalle sue spiccate doti lavorative.
" Nel suo campo è un genio" ripetevano spesso quando si trovavano a parlare di lei, delle sue innovative operazioni chirurgiche e soprattutto del suo contributo alla ricerca medica americana grazie ai suoi studi sulla cartilagine.
Gli specializzandi facevano a gara per poter partecipare anche solo ad uno dei suoi interventi.
Non fece fatica ad ambientarsi e, come primario di chirurgia ortopedica, fu ben presto ben voluta da tutti.
Col passare dei giorni, diventò quasi una consueta routine ritrovarsi al bar con i suoi colleghi e sedersi al tavolo con loro in mensa durante l'ora di pranzo.
Lavorava in quell'ospedale da poco più di una settimana e già le sembrava di aver fatto da sempre parte di quella alquanto bizzarra squadra di chirurghi.
Entrò subito in confidenza con tutti, in particolar modo con Cristina Yang, con la quale insieme ad Addison, condivideva lo stesso appartamento.
Si era trasferita da poco a Seattle, e dopo tre giorni trascorsi in una solitaria stanza d'albergo, decise di cercare casa.
 La Yang, che cercava proprio in quel periodo una coinquilina con la quale poter dividere l'affitto, non ci pensò due volte a proporre l'offerta alla nuova collega che, con evidente entusiasmo accettò subito.
Si trattava di un appartamento a pochi passi dall'ospedale e data la comodità nel raggiungere il luogo di lavoro in meno di cinque minuti, Addison, enfatizzando la sua teoria di quanto fosse più conveniente dividere l'affitto in tre invece di due, si era guadagnata anche lei una stanza in quell'appartamento.
Ben presto fu organizzata una serata tra donne nel loro nuovo appartamento.
Serata trascorsa molto piacevolmente tra sole colleghe donne, alla quale parteciparono anche Teddy Altman , primario di cardiochirurgia, che era rientrata da lavoro dopo sei giorni di ferie e con la quale già si conosceva, si erano infatti conosciute quando erano specializzande al John Hopkins Hospital a Baltimora, avevano trascorso molto tempo insieme durante il loro periodo di specializzazione diventando buone amiche. Poi seguendo ognuna la propria strada, si erano perse di vista.
 E Miranda Baily, la nazista di chirurgia generale, che dal primo istante l'aveva conquistata col suo fare apparentemente duro, ma pieno di spiccata ironia.
Si, decisamente la sua nuova vita cominciava davvero a piacerle.
 
Il tempo a Seattle era quasi sempre nuvoloso, quel giorno non pioveva, ma il sole non voleva saperne di uscire.
Callie amava le limpide giornate soleggiate, aveva vissuto per tanti anni in un posto dove non mancavano mai il sole, le belle giornate, il cielo azzurro e sereno. Spesso si sedeva fuori il porticato della sua casa a guardare la forma strana delle nuvole bianche in contrasto col cielo azzurro; le piaceva viaggiare con la fantasia ed immaginare a cosa assomigliassero quei batuffoli d'ovatta sopra la sua testa.
Sognare ad occhi aperti era una delle poche cose che la faceva stare bene e, il suo lavoro, era in cima alla sua lista. E nonostante non capitasse spesso che il sole splendesse alto nel cielo di Seattle e, si ritrovasse a camminare sotto la pioggia, o sotto il cielo grigio e spesso nuvoloso, ogni giorno,  si svegliava comunque grata , serena e col sorriso sulle labbra, percorreva il tratto di strada che dal suo nuovo appartamento la separava dall'ospedale, sapendo che sarebbe andata a svolgere un lavoro che l'appassionava con tutta l'anima.
- Un cappuccino, grazie-
Infreddolita dalla temperatura invernale della sua nuova città,  si era subito diretta al bar dell'ospedale per sorseggiare qualcosa di caldo prima di cominciare il suo turno di lavoro. Al primo sorso, benedì subito quella bevanda che cominciava a scaldarla.
Col bicchiere ancora fumante in mano, si diresse verso il tavolo dove erano seduti i suoi colleghi.
- Torres! Qui accanto a me c'è un posto- il primo a parlare fu Mark, che non smentendo mai la sua immancabile indole da marpione, le rivolse uno dei suoi sorrisi più seducenti.
- Sloan, non lamentarti poi se la piccola Grey non vuole saperne di te.-  Con il suo solito tono beffardo, Alex Karev, aveva in un secondo smontato le intenzioni del "dottor bollore". Poi rivolgendosi alla nuova arrivata, riprese:
- Io comunque sono Alex Karev, sto in chirurgia pediatrica. Avevo sentito del tuo arrivo.-  Non aspettando la risposta della sua interlocutrice, facendo un ultimo sorso al suo caffè, esclamò ancora - Ora sarà meglio che vada, quella rompiscatole della Robbins rientra oggi-
Callie, con un'espressione indecifrabile in volto era ancora rimasta in piedi.
- Oh, non farci caso, continuiamo a chiedercelo anche noi come uno del genere possa lavorare in chirurgia pediatrica.-
- Oh, smettetela. Alex è così, se ne va in giro con quella sua aria da bullo per nascondere il fatto che in fondo è un tenerone.
-  Piccola Grey, tu vedi sempre il buono in tutti. -
Ma non era questo quello a cui stava pensando. Quel dottore, con quella sua aria schietta le era risultato subito simpatico.
Era il nome che aveva pronunciato prima di andarsene, che l'aveva fatta rimanere di stucco.
Improvvisando un sorriso a tutti si era messa a sedere accanto a Teddy.
- Ha detto Robbins? ... Quella Robbins?-  le bisbigliò subito all'orecchio appena si fu seduta.
- Si, Callie, Arizona Robbins lavora qui, è il capo di chirurgia pediatrica.- le rispose subito Teddy, mantenendo un tono basso di voce.
- Non posso crederci che tu non me lo abbia detto prima, Teddy!
- E io non posso crederci che tu non lo sapessi ancora, Callie!-
- Lavoro qui da due settimane, come potevo saperlo se sta rientrando solo oggi a lavoro?-
- Ehi, sono passati anni, eravate solo delle specializzande. Ora siete cambiate, siete cresciute , siete più mature.-
- Beh, stando a quello che ha detto Karev, non mi pare che poi lei sia cambiata più di tanto. Il fatto è questo,  quella Robbins stronza era e stronza sarà rimasta.- Parlava ancora a bassa voce, ma non potè fare in modo di usare un tono che enfatizzasse la sua ultima frase.
- Ehi, non dimenticarti che lei era mia amica e lo è ancora Callie. E non è così tanto stronza.-
- Sei anche mia amica Teddy, come lo eri ai tempi della specializzazione-
- Me lo ricordo benissimo, non era il massimo stare con voi due, era una sfida continua tra voi.
-  Mi ha praticamente reso la vita impossibile per cinque anni. Credimi, non ho mai conosciuto una persona più odiosa, antipatica, competitiva come lo era lei.
- Odiosa, Callie? - Teddy la fermò e con un mezzo sorriso sulle labbra continuò a parlare. - Andiamo Callie, le girava praticamente intorno l'intero ospedale, a te non è mai piaciuta, anzi, voi non vi siete mai piaciute sin dal primo giorno di specializzazione.-
- Era competitiva sino all'osso, Teddy. Lo hai detto tu, era una sfida continua tra noi, voleva a tutti i costi mettermi i bastoni tra le ruote solo perchè... - fece una piccola pausa, poi sospirando continuò - le fregai il taxi il primo giorno.-
- Cosa? era questo il motivo del vostro incessante odio?-
-Beh, non solo.-
Quella domanda di Teddy, riportò indietro Callie di quasi dieci anni.
 
***
Ce l'aveva fatta, era stata accettata al John Hpkins Hospital per la sua specializzazione.
Non stava più nella pelle quando ricevette quella lettera, che la riconobbe subito, portava il marchio di una delle più prestigiose università degli Stati Uniti, e lei, era stata accettata. 
Poco meno di un mese più tardi, era con le valigie in mano pronta a realizzare in parte il sogno della sua vita: si sarebbe specializzata nell'ospedale che da sempre aveva sognato quando ancora era una studentessa di medicina.
Stava attraversando la strada per raggiungere i parcheggi dei taxi che si trovavano dall'altra parte.
Era leggermente in ritardo, si accorse subito dall'atro lato, che l'ultimo taxi ancora disponibile, era appena partito, e non ce n'erano altri.
Era giunta a metà strada tra una carreggiata e l'atra, quando ne vide avvicinare uno, senza pensarci due volte, corse incontro a quella macchina gialla, che l'avrebbe portata a realizzare il suo sogno.
Non si accorse però di aver tagliato la strada ad una ragazza, che era lì ferma, dal lato giusto ad aspettare anche lei un taxi.
Così lo fermò, ma mentre stava aprendo lo sportello per entrarci, fu bloccata da una mano che le teneva fermo il braccio.
- Cosa credi di fare? Questo taxi è mio.-
- Cosa? sono stata io a fermalo. Ora se non ti dispiace lasciarmi il braccio, andrei perchè sono in ritardo-
- Tu non vai da nessuna parte con il mio taxi-
- Senti biondina, l'ho fermato prima io, perchè ti ostini a ripetere che sia il tuo? Aspetta il prossimo.-
A quell'affermazione, la ragazza bionda non ci vide più e con tono ancora più aspro della mora continuò a rispondere .
- Perchè sei così sciocca da non essertene accorta di avermi tagliato la strada.-
Nessuna delle due voleva darla vinta all'altra, così tra una frecciata e l'altra, la discussione continuò per qualche altro minuto, con sconforto del tassista che proprio non voleva saperne di entrare in quell'assurdo litigio.
Spazientita Callie, sospirando rumorosamente continuò:
- Allora, se la metti così, la sciocca qui tra noi due sei proprio tu, visto che ti sei fatto fregare il tuo taxi. Per l'ultima volta biondina, stacca le tue mani dal mio braccio.
Presa dal litigio e dall'urgenza di guadagnarsi l'unico taxi presente al parcheggio, Arizona, la biondina, non si era resa conto che ancora faceva presa sul braccio della sua alquanto scorbutica interlocutrice.
Prima di staccare la sua mano, puntò i suoi limpidi occhi blu in quelli nocciola dell'altra, fulminandola in un solo istante.
- Ascolta brunetta, sei riuscita a fregarmelo solo perchè mi sei passata davanti e io ero ferma nel posto giusto ad aspettarlo. Oltre che essere sciocca sei anche molto arrogante ed incivile.-
- Tu chiami incivile me?  Ti ricordo che mi hai strattonato il braccio per tutto il tempo.-
- Non lo avrei fatto se non mi fossi trovata davanti una sfacciata come te.-
- Ed io non mi sarei comportata così se non fossi stata così insolente.-
Si guardarono di nuovo fisse negli occhi, con sguardo di sfida.
Il tassista, divertito da quel botta e risposta, ne approfittò dell'unico attimo di silenzio tra le due per prendere parte alla conversazione.
- Allora, volete decidervi voi due, o dovete continuare così ancora per lungo?-
- Abbiamo già deciso, ovviamente il taxi è mio. Esordì Callie accingendosi ad aprire lo sportello della macchina. Con sorriso beffardo continuò guardando con aria vittoriosa la bella bionda:
-Lo hai ammesso anche tu che te lo sei lasciata fregare. Buona fortuna col prossimo.- Lanciandole un ultimo finto sorriso entrò richiudendosi lo sportello e lasciando l'altra senza possibilità di replica.
Arizona, rimasta per pochi secondi esterrefatta dal comportamento dell'altra, sospirando e scuotendo la testa con espressione incredula, infastidita andò incontro al nuovo taxi che era appena giunto.
Non aveva altro tempo da perdere, non avrebbe lasciato che quella brunetta impertinente le rovinasse un giorno così importante. Non voleva fare tardi proprio il suo primo giorno di specializzazione.
E sarebbe arrivata in tempo, se solo non avesse preso il taxi sbagliato.  A metà strada, del tragitto che la separava dall'ospedale, la macchina si mise a fare dei rumori strani, dopo qualche istante, cominciò ad uscire fumo dal cruscotto. Il tassista allora, fu costretto a fermarsi per evitare di mandare in ebollizione il motore.
- Non ci posso credere, proprio il primo giorno! Se quella lì non si fosse messa in mezzo, non mi sarebbe successo tutto questo!- Con un tono tra il rassegnato e l'infastidito, Arizona cominciò a dare voce ai suoi pensieri, senza nemmeno rendersi conto di farlo ad alta voce, richiamando l'attenzione del tassista che le suggerì di scendere dall'auto poichè a minuti sarebbe giunto un altro taxi.
Il problema fu però, che di minuti ne trascorsero ben quindici. Era ufficiale. Era in netto ritardo già il primo giorno di specializzazione. Lei, che in tutto ciò che faceva, che l'appassionava, era di una precisione inaudita.
 Arizona Robbins era pignola, precisa, meticolosa, fiscale. La prima della classe.
E ora, a causa di una prepotente sconosciuta, era costretta a cominciare il suo primo giorno di specializzazione in uno dei modi peggiori.
Giunse finalmente in ospedale, con trenta minuti di ritardo, varcò la soglia dell'edificio, e con passo spedito, si diresse verso gli spogliatoi destinati ai tirocinanti.
Appena si fu cambiata, raggiunse il gruppo di giovani dottori in divisa celeste, tra i quali sarebbe dovuta esserci anche lei da almeno mezz'ora prima.
Erano fermi, in mezzo alla sala ad ascoltare quello che aveva da dire il loro "specializzando capo".
Si intrufolò in mezzo a loro sperando di non essere notata dalla dottoressa in divisa blu che parlava.
Speranza vana.  Lo specializzando capo, aveva appena interrotto il suo discorso. Alzò lo sguardo e vide che stava guardando proprio lei. Si preparò alla battuta che inevitabilmente ne sarebbe seguita. E infatti non tardò ad arrivare.
- Tu-  con tono alquanto aspro, lo specializzando capo, indicando col dito Callie, che era ben posizionata avanti, esordì - Potresti gentilmente spiegare alla nuova arrivata cosa vi è stato detto appena avete indossato la divisa che portate addosso?-
Callie, presa alla sprovvista, voltandosi indietro per vedere chi fosse il destinatario della sua risposta, appena la scorse ne rimase sorpresa. Non si aspettava potesse essere lei. Poi prontamente aprì bocca per parlare -  Non è consentito arrivare in ritardo.- Poi, dopo averla guardata fissa negli occhi per una manciata di secondi, tornò a girarsi frontalmente.
Lo sguardo sorpreso e nello stesso tempo gelido dell'altra, la fecero sentire leggermente in colpa.
- Esattamente- riprese la dottoressa Evans. Lanciando un'ultima occhiata alla ritardataria, aggiunse- Spero che quello che è successo oggi, non si ripeta più, dottoressa...- fece una pausa, per consentire all'altra di rispondere.
- Robbins, Arizona Robbins.- Inevitabilmente, si era appena guadagnata tutti gli sguardi divertiti dei suoi futuri colleghi. In quel momento, sentì crescere l'odio nei confronti di quella sconosciuta che le aveva fatto guadagnare la sua prima brutta impressione. Lei, che era la prima del suo corso quando era ancora una studentessa.
Avrebbe dimostrato a tutti quanto valeva e decise che avrebbe fatto di tutto per rendere la vita impossibile a quella ragazza, che in quel momento, rappresentava la causa dei suoi problemi.
La voce del capo, la distolse dai suoi pensieri di vendetta.
-  scendere in campo.
-Guardatevi intorno, salutate la concorrenza.-
Nell'udire tali parole, le due si voltarono a guardarsi contemporaneamente con sguardo capace di raggelare l'altro.  Ognuna, avrebbe cercato di annientare l'altra.
-Otto di voi passeranno a una specializzazione più facile, cinque di voi non reggeranno la pressione e a due di voi verrà chiesto di andarsene. Questo è il punto di partenza, la vostra arena, la vostra partita... dipende da voi-
Smisero di guardarsi non appena il capo mise fine al suo discorso. Si erano guardate per tutto il tempo con aria di sfida.
E loro erano pronte, ognuna avrebbe costruito la sua arena, e avrebbe dato inizio alla sua partita.
***
Il suono del cercapersone, la distolse dai suoi ricordi.  Si alzò in tutta fretta dal tavolo e corse a prepararsi per raggiungere il pronto soccorso.
Le emergenze che seguirono ad un tragico incidente, l'avevano trattenuta in sala operatoria per tutto il giorno.  Esausta, era tornata a casa in cerca di un meritato riposo. Il suo turno era durato più di dodici ore, ma almeno, non aveva avuto spiacevoli incontri.
Perchè , Arizona Robbins, rappresentava questo per lei.  Era un intoppo per la sua nuova vita, che stava procedendo per il meglio. Non avrebbe permesso a nessuno di rovinargliela, men che meno lo avrebbe lasciato fare proprio a lei.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Finalmente sono riuscita a pubblicare!
Gli orari di lavoro mi tengono un pò impegnata.. Ma alla fine ce l'ho fatta! Anche se un tantino tardi, è pur sempre ancora giovedì!
Vi lascio al secondo capitolo.. Spero che vi piaccia e non vi deluda :)
Buona lettura :)
 
2 capitolo
 
Pioveva, pioveva e faceva freddo. Pioveva da almeno due ore e non accennava a smettere.
Di corsa Arizona, era uscita dal portone del suo appartamento e si era diretta verso la sua auto per raggiungere l'ospedale.
Non aveva con sè l'ombrello, l'ultimo che aveva, lo aveva rotto. Come tutti gli altri del resto e, non si decideva mai a comprarne uno nuovo.
Arrivata vicino la sua macchina, cercò disperatamente le chiavi, non si ricordava se le avesse messe in tasca o in borsa. Era pignola solo per tutto ciò che riguardava il suo lavoro. Per tutto il resto era lei, la buffa,imbranata, distratta Arizona.
Con gesti veloci girava nelle tasche del suo giaccone e nella sua borsa, maledicendo la sua inspiegabile riluttanza a comprare un ombrello.
Era una persona ottimista in fondo, ogni giorno, al risveglio, sperava sempre che fuori ci fosse il sole. Era per questo che pensava di non aver bisogno di un ombrello. Ma lì, a Seattle non era come in Africa.
-  La prima cosa che farò ogni volta che tornerò dall'Africa, sarà comprare un ombrello. Non posso crederci che qui piova quasi sempre.-
Disse a se stessa appena fu al coperto e all'asciutto nell'abitacolo della sua macchina.
Aveva vinto un premio prestigioso e aveva deciso di realizzare il suo sogno. Curare i piccoli umani che più di tutti avevano bisogno di cure. Le sue cure.
Era già primario a Seattle, e presto raggiunse un accordo col capo Webber per fare in modo di realizzare il suo sogno, senza abbandonare il suo prestigioso incarico.
Il capo, non ci aveva pensato due volte ad accettare la proposta, non avrebbe lasciato che uno degli elementi migliori del suo ospedale, andasse via.
Così,  ogni sei mesi, prendeva l'aereo, per andare dall'altra parte del mondo. E ci restava lì due mesi.
Era dura affrontare un viaggio di diciotto ore ogni volta, ancora più dura per lei, che aveva paura di volare.
Ma non le importava, ciò che contava davvero era fare quello che aveva da sempre sognato. E lei stava vivendo il suo sogno, sia a Seattle che in Africa.
Quando le fu assegnato il suo incarico al Seattle Grace, era il primario più giovane dell'intero ospedale.
Sapeva di essere brava nel suo lavoro, era la sua passione, ma fu ugualmente sorpresa quando ebbe la promozione. In fondo aveva da poco superato i trent'anni.
Poi aveva vinto il Carter-Madison, che le aveva dato la possibilità di realizzare l'altro suo sogno.
Ma ancora, non era riuscita ad abituarsi alla differenza di clima tra un continente e l'altro.
- Devo comprare al più presto un ombrello-  decise, prima di mettere in moto.
Era appena tornata dall'Africa, e sarebbe dovuta restare a Seattle per altri sei mesi, prima di ritornare nel caldo continente. Si, l'ombrello era necessario.
-  Hai dimenticato il phon in Africa?- Esordì Teddy non appena vide entrare Arizona in ospedale, notando i suoi capelli scompigliati e leggermente bagnati.
- Buongiorno anche a te Teddy-  rispose Arizona all'amica con tono sarcastico non appena le fu vicina.
- Fammi indovinare- continuò ancora l'amica scherzando.
- Si, Teddy, spero sempre che ci sia il sole-
- E ti ostini a non comprare l'ombrello. Ma Seattle non è l' Africa, Arizona- continuò Teddy sorridendo all'amica.
- Sta zitta. Piuttosto andiamo che mi offri un cappuccino caldo. Non sai quanto mi sia mancato- affermò prendendo sottobraccio l'amica e dirigendosi al bar.
Ridendo raggiunsero il bancone.
Allora, ci sono novità? Cosa è successo in questi due mesi in cui ero via?- si fermò per dare un boccone al suo pound cake, poi continuò con la bocca ancora quasi mezza piena- e non dirmi niente, perchè lavoriamo al Seattle Grace, e qui succede sempre qualcosa-
- Veramente una novità ci sarebbe, Arizona-  Tentennando Teddy, cominciò a rispondere ad Arizona, che era sicura, non avrebbe preso per niente bene la notizia.
- Mmm, lo sapevo. Dai forza spara.  Di cosa si tratta? -sorrise all'amica leccandosi il pollice.
Visibilmente in imbarazzo, Teddy mostrando un sorriso non molto deciso, rispose tutto d'un fiato:
- Callie Torres lavora qui, da poco più di due settimane.-
Il sorriso sparì immediatamente dal viso di Arizona, che spalancò la bocca palesando la sua incredulità alla notizia.
- Intendi Calliope Torres?- riuscì solo a pronunciare non appena ne fu capace.
- Vedrai che non sarà difficile, dovrete.. beh,..- Teddy abbozzando leggermente un sorriso, cercò di tranquillizzare la bionda con un discorso che non sembrava fondato persino nemmeno a lei.
- Dovrete solo impegnarvi a convivere civilmente. Eravate delle specializzande allora, ora siete due primari, saprete senz'altro comportarvi in maniera professionale- a quel punto sollevò lo sguardo, per incontrare quello di Arizona, che intanto aveva gli occhi chiusi in due fessure.
- Cosa? Primario?- Teddy se è uno scherzo ti converrebbe dirmelo subito.
- No Arizona, Callie Torres è il nuovo primario di Ortopedia.-
- Sono appena tornata e già vorrei ripartire.- disse sospirando riprendendo a bere il suo cappuccino con lo sguardo perso nel vuoto. Ovviamente il ricordo di quegli anni, non tardò ad arrivare.
***
- Non ce la faccio più, il pronto soccorso mi sta uccidendo.- Aveva esclamato Callie  sedendosi in modo non molto composto sulla sedia del tavolino del bar.
Erano in pausa-pranzo, raggiunse il gruppo di specializzandi che già si stava godendo i pochi minuti di riposo. E tra i quali c'era anche Arizona.
- La chirurgia è roba da duri.- esordì Arizona posando il suo bicchiere di frullato sul tavolino. Con un mezzo sorriso sarcastico aggiunse - Come ha detto il capo il primo giorno? Ah si.. verrete messi sotto pressione. A qualcuno di voi sarà chiesto di andarsene. - Il suo tono era aspro e diretto e non evitò di certo lo sconcerto degli altri tirocinanti che, giorno dopo giorno, stavano cominciando ad abituarsi ai continui battibecchi tra le due.
Dopo aver fatto un ultimo sorso al suo frullato, riprese a parlare ad una Callie che la guardava fissa con occhi minacciosi.
- Perciò, conviene che sia tu ad andartene, prima che siano loro a chiedertelo.-
Dicendo questo, allargando la sua bocca in un largo e bellissimo sorriso, alzandosi in piedi e  scostando la sedia pronunciò:
- Guardati intorno, saluta la concorrenza, Calliope!-  indicò se stessa con un gesto del braccio, il suo tono era rimasto sarcastico nonostante il sorriso.
Dal canto suo, Callie, con un sorriso stampato in faccia enormemente finto, le rispose:
- Non crederai davvero che io possa avere paura di una che si è fatta fregare il taxi davanti agli occhi, Arizona?!-
 A quella risposta, Callie, vide il viso di Arizona  contrarsi in una smorfia di disappunto. Aveva incassato il colpo.
Tutti notarono come il sorriso sparì all'istante dal volto della bionda, lasciando spazio all' imbarazzo e all'irritazione.
- Oh, non stai sorridendo più ora. Giusto, a causa di questo, hai cominciato a perdere già dal primo giorno!-
Callie continuò a rimarcare la sua risposta, continuando a rivolgere il suo finto sorriso ad una Arizona che si era improvvisamente ammutolita.
Alzandosi anche lei per poterla guardare dritta negli occhi, riprese :
- A quanto pare due a zero per me, viso d'angelo. Benvenuta nella mia arena.-
Aggiunse prima di voltarsi di spalle ed andarsene:
- Ah, buona fortuna. Ti servirà.-
Sin dal primo giorno, tra le due si era instaurata una specie di guerra fredda.
E quando si ritrovavano nello stesso posto, lo scontro era inevitabile.
Erano quasi alla fine della prima settimana di tirocinio. Gli specializzandi furono smistati a gruppi di quattro nei vari reparti.
Lo specializzando capo, aveva assegnato ad ognuno dei tirocinanti di turno nel reparto di chirurgia generale, dei compiti ben precisi sui pazienti ricoverati.
- Starò in sala operatoria tutto il giorno, chiamatemi solo se si tratta di una questione  di vita o di morte. Si tratta di mansioni semplici: controllate i monitor, i pre e i post operatori, somministrate la terapia. -Avanzando di qualche passo, indicando col dito i primi due specializzandi che si trovò di fronte, continuò - Voi due, occupatevi dei post-operatori.- Poi, spostando lo sguardo di lato, aggiunse - Torres e Robbins, voi due vi occuperete  dei pre- operatori. E mi raccomando,cercate di non ammazzare nessun mentre io sono via.-
Dicendo questo, la dottoressa Evans, lanciando un'ultima occhiata al gruppo dei quattro specializzandi, sparì in ascensore.
Erano capitate nello stesso gruppo, stesso reparto, stesso compito assegnato.
Questo significava, dover passare molto tempo insieme, e soprattutto, con contrarietà da parte di entrambe, significava dover lavorare, collaborare insieme. Fare gioco di squadra.
Ma nessuna delle due era intenzionata a fare tutto ciò.
Ognuna voleva primeggiare sull'altra. Seguire al meglio i casi clinici per potersi poi ritrovare in sala operatoria con la dottoressa Evans.
Il compito di entrambe, consisteva nel preparare i pazienti per l'intervento chirurgico.
Ovviamente, non solo la più preparata, ma anche la più furba, avrebbe sgomitato l'altra.
Tra tutti, c'era un caso clinico che maggiormente richiamò l'attenzione di entrambe.
Si trattava di un paziente sui sessanta anni ricoverato con una diagnosi tale, da dover richiedere il trapianto del fegato.
Ma effettuando i vari test pre -operatori, entrambe si resero conto che non era stata effettuata una giusta diagnosi.
Di collaborare insieme, non volevano saperne. Ognuna delle due voleva a tutti i costi prendersi il merito di aver diagnosticato correttamente la patologia.
- Non vieni a mensa con noi, Arizona?- Disse un'affamata Teddy, dopo aver raggiunto l'amica che ancora non aveva lasciato il reparto in cui era stata assegnata.
- No, Teddy. Non posso assolutamente allontanarmi da qui. Devo guadagnare a tutti i costi questo caso, non posso lasciarmelo fregare proprio da lei.- Senza nemmeno sollevare lo sguardo dalla cartella clinica, Arizona rispose decisa all'amica.
- Non vedo nessuna Callie, qui. Sarà andata a mensa anche lei. Andiamo, Arizona, puoi concederti anche tu cinque minuti di pausa.-
-   Non mi importa di quello che fa lei. Anzi, sai che ti dico? Meglio così, mi rende le cose estremamente più facili, quella sciocca.-
E forse, sarebbe stato così, se solo non si fosse accorta, nemmeno un quarto d'ora dopo, che Callie, non era con gli altri a mangiare, ma seduta nella stanza del paziente, sommersa da varie carte, ad appuntare qualcosa sulla sua agenda personale.
Era trascorsa un'intera giornata, ed entrambe avevano passato il tempo a studiare carte e scartoffie varie, a prescrivere smisurati test di laboratorio, a fare ricerche incessanti sui libri e su internet.
Fino a quando, Callie, aveva rallentato la presa.
E questo significava una sola cosa. Era giunta alla diagnosi definitiva.
Il giorno dopo, avrebbero dovuto sottoporre il caso diagnosticato correttamente allo specializzando capo.
- Che c'è, hai intenzione di passare tutta la notte qui in piedi a studiare?- La voce di Callie raggiunse di soppiatto Arizona, che era con la testa china a leggere e scartare diversi esami clinici.
Incurante del fatto che la bionda non l'aveva degnata di una sola parola, la mora continuò imperterrita:
- Lascia perdere, rassegnati. Il caso ormai è mio.-
- Tu non sai chi è Arizona Robbins. Ti sbagli di grosso se pensi che possa lasciar perdere proprio ora. Vincerò io questa volta, Calliope.-  rispose rimarcando sarcasticamente il nome dell'altra.
- Come ti pare- le sussurrò a bassa voce Callie, poggiando il braccio sul bancone e avvicinandosi al viso di Arizona lasciando solo qualche centimetro di distanza dai loro visi.
Fu in quel momento, che Arizona notò l'agenda nel taschino del camice dell'altra. La risposta era senz'altro lì.
"Il merito sarà tutto mio, puoi scommetterci, Torres"  disse tra sè con uno strano luccichio negli occhi ancora fissi sulla schiena dell'altra che si era ormai allontanata.
 
- Ottimo lavoro, Robbins. Preparati, alle due sarai con me in sala operatoria.-
Aveva giocato sporco. Parecchio. Non lo avrebbe mai creduto possibile, lei, che non aveva mai avuto bisogno di sotterfugi per risultare la migliore.
Ma questa volta, lo doveva ammettere. Quella Calliope Torres le stava dando del filo da torcere. Era brava, lo era quanto lo era lei.
Approfittando di un attimo di distrazione dell'altra, era riuscita ad impossessarsi di quell'agenda. Ci aveva sbirciato dentro e, come aveva previsto, le note appuntate, l'avevano portata dritta alla diagnosi.
Battendo sul tempo l'altra, era riuscita a prendersi tutto il merito.
- Lo ammetto, sei stata brava Robbins.- Poi, mettendosi in linea d'aria dell'altra, ma in direzione opposta, Callie  avvicinando la sua bocca all'orecchio di Arizona, continuò - Ma ti avverto, goditi la festa, perchè non si ripeterà più.- detto questo si allontanò da lei.
Era stata brava, e non avrebbe destato nessun sospetto, se non avesse commesso quel singolo errore.
- Ho bisogno di dirlo a qualcuno. Per cui, ora sto per farlo, ma tu non devi giudicarmi, ok?- Leggermente in imbarazzo, Arizona, raggiunse Teddy, che era in piedi vicino al tabellone degli interventi.
- o..ok- rispose semplicemente la bionda con gli occhi verdi, accennando un debole sorriso.
- Ho barato. Ho rubato, letteralmente. Ho fregato l'agenda alla Torres dal suo armadietto mentre era nella stanza del medico di guardia a dormire. E non ne vado fiera. Ma quella, quella è così odiosa, che...
Non fece in tempo a finire la sua frase.  Alle sue spalle, la voce dell'ultima persona che si sarebbe dovuta trovare lì, la fece letteralmente raggelare.
- E tu sei così vile e .. stronza- Intanto, la mora, con evidente disprezzo sul volto, le si era parata davanti.
- Ammettilo davanti a me, se ne hai il coraggio, hai vinto solo perchè  hai trovato la risposta bella e pronta grazie ai miei appunti.-
Teddy, quasi terrorizzata da quello che sarebbe potuto succedere, cercava di proferir parola, ma invana.
Callie, avanzava verso Arizona, che nonostante tutto riuscì a mantenere lo sguardo fiero.
- Andiamo Torres, ammetti invece che questa volta, sono stata io a riuscire a fregare te. Arrivo proprio adesso dalla sala operatoria. L'intervento è stato strepitoso. Sai, dovresti essere più furba, stare più attenta alle tue cose.- Con tono strafottente, e riuscendo a mantenere fermo lo sguardo, Arizona era riuscita a rispondere ad una Callie, che sembrava volesse sbranarla viva.
- Io, non devo ammettere proprio niente. Per l'ultimo briciolo di dignità che ti è rimasto, ammetti che non è stato tuo il merito-
- Non sarà, mio il merito, Calliope, ma resta il fatto, che comunque ho vinto io. Devi farti squalo se vuoi andare avanti. Altrimenti, faresti meglio ad accettare il consiglio che ti ho dato giorni fa, se non sei in grado di lottare, faresti meglio a ritirarti.-
Sorridendo sarcasticamente, la oltrepassò, lasciandola lì in piedi con ancora tutto il suo disprezzo sul volto.
Si odiavano, letteralmente.
 
Erano passati poco più di due mesi dall'inizio della loro specializzazione e,  tra gli specializzandi, era in atto una competizione. Sia Callie che Arizona, insieme agli altri tirocinanti, avevano vissuto ventiquattro ore su ventiquattro in ospedale. Si trattava di una gara di chirurgia con un sistema a punti e, chi avesse vinto, avrebbe conquistato un premio promesso dallo specializzando capo.
 E in quei quattordici giorni di gara, tra le due immancabilmente, la tensione non era mai venuta meno.
Prova dopo prova, il numero dei partecipanti diminuiva; chi non era troppo veloce, troppo ambizioso, troppo agguerrito, era fuori dal gioco.
Alla fine della gara,  le uniche a rispecchiare quelle caratteristiche, furono proprio loro due.
 Nelle ultime prove degli ultimi tre giorni, la sfida, si tenne interamente tra loro due.
Furono giorni di assoluta tensione, inimicizia e ostilità. Giorni, durante i quali ognuna, aveva fatto dell'ospedale la propria arena. E come succedeva spesso nelle arene, furono spietate.
- Arizona, se continui così sarai sfinita prima di domani.- Con tono preoccupato, Teddy, cercava di convincere Arizona a mollare un pò la presa. - Sono due settimane che vai, anzi andate avanti così. Vivete in pratica in questo ospedale. Questa gara ti sta ossessionando.-
- E' la mia partita ok?- con tono esasperato rispose all'amica che la guardava dubbiosa. -E' la mia rivincita. Siamo rimaste solo noi nella gara. Io e lei. Callie è la mi avversaria. Sarò io a vincere!-
Arrivò finalmente l'ultimo giorno della gara, ognuna aveva accumulato nelle svariate prove, il proprio punteggio. Avrebbe vinto, ovviamente, chi avesse avuto il punteggio più alto.
Nessuna delle due, però, era a conoscenza dei punti ottenuti dall'altra. 
L'ultima sfida, consisteva nel conquistarsi un complicato intervento di neurochirurgia.
- Ritirati già da ora, quell'intervento sarà mio.-  la voce aspra di Arizona le giunse alle spalle.
Callie,  era in piedi davanti al tabellone degli interventi.
- Questo lo vedremo, ma ne dubito fortemente.- Rispose la voce tranquilla della mora.
Poi girandosi verso la bionda, stampandole un sarcastico sorriso,le passò oltre lasciandola lì in piedi.
Non riuscivano a stare per più di cinque minuti nello stesso posto. L'aria diventava subito elettrica.
Per poter prendere parte a quell'intervento, dovevano superare un'ultima prova.
La prima che fosse riuscita a forare il fondo di un bicchiere, esattamente al centro, avrebbe vinto l'ultima gara e si sarebbe ritrovata in sala operatoria come primo assistente.
Fu Arizona a vincere.
La prima del corso a fare un intervento da primo assistente.
Vinse tutte le prove con lo scarto di due punti.
Era riuscita finalmente a pareggiare i conti con Callie.
- Ti ho stracciata, su tutte le prove.- Con tono beffardo, sussurrò all'orecchio ad una Callie visibilmente infastidita.
- Non ti esaltare tanto biondina, sono solo due punti di differenza. Ricordati che sono stata io, quella che ha cominciato a farti fuori. Sarò sempre più avanti di te.- Lo disse mentre finiva di ripiegare meticolosamente il suo camice.
Arizona, intanto aveva raggiunto la porta. Si fermò solo un ultimo istante per aggiungere:
- Questo lo vedremo, anche se in queste due ultime settimane è stato il contrario.- Le improvvisò un largo, stupendo sorriso - Buonanotte, Torres.-
Era nel mezzo del corridoio, percepì l'ira dell'altra richiudere con forza l'armadietto. Non smise di sorridere.
****
- Altman, cos'è successo alla Robbins? Fissa il vuoto sconvolta.- La voce di Mark,che intanto le si era messo a sedere accanto,  destò Arizona dai suoi pensieri.
- Niente, ha appena saputo che la Torres lavora qui e come presto ve ne accorgerete, tra loro non corre buon sangue- gli rispose Teddy sospirando e bevendo il suo caffè.
- Già, Sloan, non potevo sperare in un rientro migliore. Il mio incubo degli anni da specializzanda, ora lavora qui.-
- Andiamo Robbins, non è per niente male la latina. Anzi, ho intenzione di chiederle di uscire, un giorno di questi.-
- Accomodati pure, fammi solo un favore, tienila quanto più puoi lontano da me.-
- Questo non sarà difficile,-  rispose Teddy ridendo - dato che nemmeno voi due vi sopportate tanto.-
- Perchè l'ho apertamente rifiutato.-
- Solo perchè sei gay, altrimenti saresti cascata come tutte ai miei piedi.-
- Ti sbagli, è proprio per questo il motivo per il quale non ti sopporto, Sloan. E ficcatelo bene in testa, non sarei mai venuta a letto con te, nemmeno se fossi stata etero. Non fai altro che essere insopportabile tutto il giorno.-
- Smettetela voi due vi prego- la voce di Teddy, mise fine a quel giornaliero battibecco - lasciatemi finire in pace il mio caffè.-
Tornò a casa dopo quasi un'intera giornata trascorsa in sala operatoria.
Si buttò sul divano, senza nemmeno prendersi il disturbo di togliersi il giubbotto.
Ad un tratto, nella sua mente balenò il ricordo della notizia di quella mattina.
"Non posso crederci che sarò costretta a lavorare con lei."
Si alzò di scatto in piedi, dirigendosi verso il bagno. Un bel bagno caldo era proprio quello che le serviva.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Eccomi con il terzo capitolo!
Per tutte voi che vi ritrovate a leggerlo, spero sia una piacevole lettura e che, la storia continui a piacervi :)
Il quarto capitolo, non riuscirò a pubblicarlo il prossimo giovedì; sarò fuori per motivi di lavoro e non avrò il pc con me  :(.
Vi auguro una buona lettura e, come sempre ringrazio chi mi segue e spende un pò del suo tempo a leggermi e chi vorrà lasciare un commento :)
A presto!
 
 
3 capitolo
 
Il suono assordante e ripetuto  della sveglia destò una sognante Callie che di abbandonare il mondo onirico dei sogni, proprio non voleva saperne. Sbuffando rumorosamente e ancora con gli occhi chiusi, cercava a tentoni, di spegnere disperatamente quell'odioso affare.
- Perchè proprio ora, stavo sognando così bene! - Quasi piagnucolando si impose di mettere i piedi fuori da quelle confortevoli lenzuola che l'avevano cullata tutta la notte.
Stropicciandosi gli occhi, raggiunse le altre due coinquiline che erano già in piedi in cucina.
- Caffè!-  esclamò appena le giunse alle narici quell'amabile aroma di quella bevanda scura che le era indispensabile tutte le mattine.
- Fammi indovinare- esclamò ridendo Addison, guardando l'aria ancora sconvolta dell'amica - i bicchieri di tequila che hai mandato giù ieri sera, non li hai ancora smaltiti eh?-
- Ma quanto avrò bevuto?- rispose con una retorica domanda all'amica che divertita le porgeva la tazza fumante. Sedendosi ancora un pò traballante allo sgabello, continuò - Piuttosto, imponetemi la prossima volta di non bere così tanto. Cavolo, non sono più abituata all'alcol-
-Già, almeno la prossima volta eviterai di strusciarti con quel marpione di Mark!- le rispose di rimando Cristina già pronta per andare via. -A proposito-  aggiunse, prima di richiudersi la porta di ingresso alle spalle - Il reggiseno sul divano, è il tuo-
Sgranando gli occhi a quell'affermazione, e con la paura dipinta sul volto, non esitò a farsi illuminare da  Addison.
- Ti prego, ti prego, dimmi che non è successo quello che immagino. Dimmi che non sono andata a letto con nessuno-
Prendendo le chiavi dal portaoggetti e, mettendosele nella borsa, Addison, con tono ancora divertito, rincuorò una terrorizzata Callie.
- Oh, no! Tranquilla Torres, non ti sei portata a letto nessuno. Diciamo, che avete ballato molto, molto intimamente. - si fermò e ridendo aggiunse - Però devo ammettere che il lancio del reggiseno è stato favoloso.- Dicendo questo, sparì dietro la porta.
Callie era rimasta in piedi a fissare con un'esagerata espressione interrogativa, quel divano sul quale era adagiato il suo reggiseno.
Perfetto. Disse a se stessa mentre si dirigeva in bagno per prepararsi. Devo farla assolutamente finita con la tequila.
Con quel frastuono continuo che ancora le rimbombava in testa, si diresse alla macchina parcheggiata di fronte e, che aveva noleggiato quasi appena arrivata a Seattle. Abitava a cinque minuti dall'ospedale, e spesso, quando non pioveva, ci andava a piedi, ma nella sua nuova città il tempo spesso nuvoloso, non risparmiava di certo la pioggia e poichè odiava bagnarsi, un'auto le era indispensabile. Quel giorno non pioveva, ma il ritardo accumulato quella mattina a causa della sbornia della sera precedente, non le permise di andare a piedi.
Giunse in ospedale e parcheggiò l'auto nel posto che aveva trovato libero nei giorni di pioggia della sua prima settimana di lavoro.
Spegnendo la macchina e tirando via meccanicamente le chiavi dal cruscotto, in tutta fretta aprì lo sportello per scendere. Una mossa azzardata le fece cadere la borsa per terra, rovesciando tutto il contenuto.
Sbuffando rumorosamente e non senza imprecare, si inginocchiò per raccogliere tutte le sue cose, che ovviamente erano sparse ovunque.
Al diavolo me, la tequila e la mia dannata mania di non richiudere mai la borsa.
Si rimproverò alzandosi e mettendosi in piedi davanti alla sua nuova auto, per quanto la fretta glielo potesse consentire, cercava di inserire la chiave nella serratura dello sportello del guidatore.
Una voce, spiacevolmente familiare la fece bloccare.
Di soppiatto, Arizona, che aveva visto da non molto lontano la scena, le era giunta alle spalle.
-Sai, stamattina non trovavo le chiavi della macchina, mi sono messa a cercarle per l'intero appartamento, accumulando così minuti su minuti di ritardo.-
Callie, intanto con le chiavi ancora in mano, si era girata di scatto per guardare il viso della sua interlocutrice, che non aveva per niente un'aria amichevole. Sospirando rassegnata, si mise ad ascoltare per vedere dove, quell'assurda conversazione le avrebbe portate a finire.
- Così, dopo svariate ricerche in tutti gli angoli della mia casa, le ho finalmente trovate sotto al divano. Ma ero già in ritardo ed io odio arrivare in ritardo. Non ho rispettato ben due semafori, non ho dato la precedenza ad un incrocio, ho ignorato il pedone che era sulle strisce pedonali, tutto questo per arrivare qui il prima possibile, perchè,  te lo ripeto, odio essere in ritardo. -
Fece una piccola pausa e avvicinandosi ancora di più alla bella dottoressa latina, che la sovrastava in altezza di qualche centimetro, rendendo ancora più aspro il suo tono continuò a parlare ad una Callie, che intanto si era poggiata con aria seccata e a braccia conserte alla fiancata della macchina.
- Quindi, finalmente sono arrivata qui, certa di trovare libero il mio parcheggio, che mi è stato assegnato da più di quattro anni. Immagina la sorpresa, quando l'ho trovato occupato. E immagina lo sgomento, quando avvicinandomi, dopo ovviamente aver parcheggiato lontano dall'entrata la mia auto, ho visto chi era la proprietaria dell'auto indesiderata.- Fece una piccola pausa e fulminando la mora, aggiunse:
-E' incredibile Calliope, come ancora dopo quasi dieci anni, continui a fregare le mie cose.-
Pronunciò l'ultima frase con tono pungente e, a Callie non era di certo sfuggito il modo cinico della dottoressa bionda, nel pronunciare il suo nome.
Così, facendo spallucce, rispose con una sola battuta a quell'interminabile ed ispido discorso della sua fastidiosa collega:
- Tranquilla, Robbins. Domani il parcheggio sarà tutto tuo. Me ne farò assegnare uno.-
Si girò di schiena per chiudere la macchina, consapevole di avere su di sè gli occhi dell'altra, che per niente celavano l'espressione di irritazione.
Poi voltandosi nuovamente, pronunciò seccamente:
- A proposito, Arizona. E' incredibile come tu sia rimasta così irritante anche dopo quasi dieci anni.-
- Sai una cosa, Torres? Anche tu sei la stessa sgradevole persona che eri dieci anni fa. Come vedi il tempo non ha cambiato nemmeno te.-
Il problema era, che di sgradevole, Calliope Torres, non aveva proprio niente.
Era bella, bella da togliere letteralmente il fiato. E Arizona questo lo sapeva dal primo giorno che l'aveva vista.  E ora, dopo quasi dieci anni, doveva ammetterlo a se stessa, lo scorrere del tempo l'aveva resa ancora più affascinante.
Ma che Callie Torres, fosse incantevole o meno, questo non le importava. L'odio e l'antipatia che provava nei confronti di quella donna, erano più forti di qualsiasi attrazione.
Rimasero a fissarsi dritte negli occhi per una manciata di secondi, fino a quando Arizona, decise di porre fine a quell'agghiacciante contatto visivo, dandole le spalle e marciando in direzione delle porte scorrevoli dell'entrata dell'ospedale, per poi sparire dietro di esse.

- Un cappuccino grazie. -
- Buongiorno anche a te, Arizona!-  pronunciò prontamente Teddy, guardando di sottecchi l'amica che l'aveva appena raggiunta al bancone del bar.
- Non immagini chi ho incontrato al parcheggio!- le rispose invece di rimando la bella pediatra con tono ancora alterato.
- Giudicando dal tuo tono di voce e dalla cera che ti ritrovi, non credo che mi sarà difficile indovinare, Arizona.- sospirando Teddy, rispose all'amica.
- Già! E' incredibile come sia riuscita ad irritarmi già dal primo giorno. E sono solo le otto del mattino!- pronunciò la frase, senza rendersi conto della quantità smisurata di zucchero che intanto versava nella sua bevanda con gesti di piena irritazione.
- Arizona, credo che tu stia un tantino esagerando. E non intendo solo con lo zucchero.-
Incontrando lo sguardo della bellissima donna che le era accanto e che la guardava con occhi minacciosi, Teddy si affrettò a chiedere:
- Ok, ok. Dai, cosa ti ha combinato stavolta? Cavolo, mi sembra di essere ritornata alla specializzazione.-
-Ha pensato bene di fregarmi il parcheggio. Il mio parcheggio. Come quando mi fregò il taxi il primo giorno di specializzazione.-
- Non posso crederci, che dopo dieci anni litighiate ancora per quell'assurda faccenda. Avete trentadue anni, siete due primari ora, è assurdo che si litighi per un parcheggio. Sicuramente ancora non sapeva fosse il tuo.-
- Teddy, ti ricordo che qualche mese fà, hai litigato proprio qui per un cappuccino!-
- Oh, andiamo, lo sai anche tu, non ero in uno dei miei periodi migliori e poi ero di fretta. E quel tizio non l'ho mai sopportato-
- Se la metti così, ti ricordo che la Torres mi fa esattamente lo stesso effetto. Semplicemente io, quella lì, non la sopporto.-
 
***
 
- Io quella lì, non riesco proprio a farmela piacere!- sospirando Callie, si mise a sedere accanto a Teddy, che era intenta a mangiare la sua insalata.
Erano in pausa pranzo.
- Sono passati due anni Callie, e voi vi odiate ancora come il primo giorno!-
- Io non cederò di certo per prima e, da quello che ho potuto imparare su di lei, non credo che lo farebbe lei. Quindi, rassegnati Teddy, siamo destinate ad odiarci per almeno altri tre anni. Perchè , finita la specializzazione,spero proprio di non incontrarla mai.-
- Sai una cosa Torres? E' un incubo stare in mezzo a voi due!- non smettendo di mangiare la sua insalata, Teddy, rispose alla mora che cercava di aprire il suo yogurt, poi aggiunse nascondendo un sorriso - e sai un'altra cosa? Spero io, di non incontrarvi mai insieme fuori da qui!-
- Torres, perchè non le racconti di quanto sono stata grandiosa oggi e di come ti ho soffiato il paziente praticamente da sotto le mani?-
Dicendo questo, una pungente Arizona si era messa a sedere al tavolo già occupato dalla sua rivale e dalla sua amica.
- Ecco appunto- sospirando, una preoccupata Teddy, si rivolse alle due - Vi prego, risparmiatemi almeno oggi, ho perso un paziente stamattina-
- Teddy, non vorrai disattendere il suo momento di gloria- non celando il suo tono ironico, Callie con un finto sorriso, prese parola rivolgendosi al cardiochirurgo che le era seduto accanto- lasciala pavoneggiarsi un altro pò, non è che in fondo sia abituata poi così tanto a farlo.- poi, piantando i suoi occhi in quelli blu di Arizona, riprese - deve lottare contro di me, non è di certo  abituata a vincere!-
- Senti chi parla, ti ricordo che non entri in sala operatoria da più di una settimana. Un motivo ci sarà!-
- Ragazze- scostando la sedia sulla quale era seduta un attimo prima, Teddy parlò alle amiche, senza nascondere il suo tono esasperato - io me ne vado, preferisco mangiare nello sgabuzzino-
- Me ne vado anch'io,  stare seduta a mangiare accanto a lei mi dà il voltastomaco!-
Così dicendo, Callie, prendendo il suo yogurt si allontanò, lasciando un'indifferente Arizona, seduta sola a mangiare il suo hamburger.
 
- Altman e Torres, preparatevi. Servono più medici possibili. Si è aperta una voragine a pochi isolati da qui, ci sono decine di feriti, dobbiamo uscire a prestare soccorso sul luogo.-
La frase concitata della dottoressa Evans, fece scattare in piedi le due specializzande, concentrate ad aggiornare diverse cartelle cliniche.
Finalmente un'emergenza degna di questo nome!- con un tono quasi allegro Callie , cominciò a prepararsi eccitata per la sua prima missione sul campo.
Sei così cinica a volte, Torres! Ci sono decine di feriti là fuori, come ti può far sorridere questo?- rispose una esterrefatta Teddy, dopo la battuta dell'amica.
- Dai, Altman. Sai quello che intendo! Non ci credo che tu non sia eccitata. E' la prima volta che affrontiamo un'emergenza di questo genere fuori da questo ospedale.-
- Sarà, ma voi due mi preoccupate! Non sembrate per niente umane a volte-
- Intendi anche la Robbins? A proposito, immagina la sua faccia, domani quando lo verrà a sapere. Proprio oggi è il suo giorno libero!-
Appena giunte sul luogo, non ci misero che una manciata di secondi, per rendersi conto della gravità della situazione. C'erano feriti sparsi ovunque. Il caos più totale.
 - Passatemi le piastre, forza! E' in arresto-
Al suono di quella voce che riusciva ad irritarla anche in momenti simili, Callie si girò di scatto, solo per scoprire che la sua irritante collega, era già operativa sul luogo. Intanto Teddy, era sparita a prestare aiuto.
- Torres, non stare lì impalata, ho bisogno di una mano qui-
- E tu cosa ci fai qui?- Chiese aspramente alla bionda che aveva appena richiesto il suo aiuto e che era concentrata a rianimare il paziente.
- Non posso crederci, ti sembra il momento di discutere? Ho ricevuto un 911 e come al solito sono stata più veloce di te.-
Ignorando la risposta secca e discutibile di Arizona, e concentrandosi finalmente sul paziente, si inginocchiò per terra e chiese alla bionda con voce tremante e piena di panico:
- Dimmi cosa devo fare.-
- Torres, ehi, guardami, non è il momento di perdere il controllo. Respira. Ce la possiamo fare, ok?-
Notando lo sguardo ancora quasi terrorizzato dell'altra e non ricevendo risposta, Arizona, senza smettere di rianimare il paziente, continuò a parlarle addolcendo il tono per la prima volta da quando si conoscevano.
- Callie, Callie, respira profondamente. Ho bisogno di te, qui. Lo salveremo insieme. Sei in gamba. Sei diventata un medico per questo, per salvare vite. E' il momento di volare sole, Torres!-
Alla fine di quell'inaspettato discorso, Callie la guardò annuendo.
Arizona, cominciò a darle istruzioni.
-  C'è una copiosa emorragia alla gamba destra, devi provare a fermarla. Io continuo a rianimarlo. -
 
Erano le due di notte, erano rientrate in ospedale, dopo quasi quattro ore di soccorso sul campo.
Arizona, era da quasi mezz'ora nella stanza del medico di guardia. Era esausta. Ma l'adrenalina accumulata, la teneva ancora sveglia.
Sentì richiudere la porta, subito dopo, una voce alquanto familiare, le fece aprire di scatto gli occhi.
- E' appena uscito dalla sala operatoria. E' stata lunga, ma c'è la farà.-
 Le comunicò una stanchissima Callie,  poggiando la sua schiena alla porta che aveva appena richiuso dietro di essa.
- Pensavo lo volessi sapere.- aggiunse con tono diverso dal solito.
- Ok, grazie per essere venuta a dirmelo.-
 Immerse nella penombra della stanza, rimasero per secondi interminabili in silenzio.
Arizona, ancora distesa sul letto, percepiva la presenza dell'altra in piedi a pochi passi da lei.
Avevano passato ore interminabili, nel caos più assoluto, a prestare soccorso, a correre da una parte all'altra, stremate dalla fatica e dalla continua situazione di emergenza.
Erano rimaste affiancate tutto il tempo.
Ora, alla fine di tutto, entrambe sapevano di provare le stesse emozioni.
L'adrenalina che passava, la tensione che diminuiva, la stanchezza che cominciava a farsi sentire.
Non parlavano, se ne stavano al buio, nella stessa stanza, a pochi passi l'una dall'altra, senza darsi contro.
Il silenzio, quello era importante dopo una pessima giornata del genere.
Impensabilmente, furono vicine come mai lo erano state.
- Callie..- con voce titubante e, con tono privo della consueta asprezza di cui era caratterizzato ogni qual volta si trovava a parlare con lei, Arizona cominciò a parlare, rompendo il silenzio.
Ma Callie,  irrigidendosi, con tono deciso e freddo, la interruppe all'istante.
- Se racconti a qualcuno quello che è successo quando eravamo lì, ti avverto, la pagherai cara, Robbins!-
- Sparisci, Torres-  Ritrovando tutta la freddezza di cui era capace, sospirando seccata, Arizona rispose a tono alla mora, prima che quest'ultima, abbandonasse la stanza.

***
 
- Che abbiamo qui?- Svegliata in piena notte dal suono del cercapersone, Callie giunse in meno di un quarto d'ora al pronto soccorso dove era attesa.
- Torres, finalmente sei arrivata. Ti ho fatta chiamare mezz'ora fa- con tono non dei più amichevoli, Arizona, raggiunse la sua nuova collega, al triage.
- Cosa? Sei stata tu a farmi chiamare in piena notte?- con voce adirata, Callie rispose alla bella dottoressa bionda.
- Oh credimi, non lo avrei voluto nemmeno io. Ma a mio malgrado, sei tu il primario di ortopedia. Non crederai davvero che possa dividere la mia sala operatoria con un semplice strutturato o addirittura con uno specializzando.-
- Siamo in vena di complimenti, Robbins? -
- Voglio un primario con me, in sala operatoria. E appena vedrai il caso, capirai il perchè. Intanto, camminando una accanto all'altra nel lungo corridoio, si erano dirette nella stanza del paziente. Aprendo la porta, Arizona continuò - Quindi no, non sono affatto in vena di complimenti. Mi sei toccata tu, Torres-
Giunsero in sala operatoria dieci minuti dopo.
L'adolescente disteso sul tavolo operatorio, gettandosi da un'altezza considerevole, semplicemente per una bravata, si era procurato, fratture a carico delle vertebre cervicali, frattura esposta della tibia ad entrambe le gambe e diverse emorragie interne.
- Blocco quest'ultima emorragia e poi il paziente è tutto tuo, Torres.-
- Parametri vitali nella norma, procedo alla stabilizzazione cervicale-  pronunciò Callie avvicinandosi al tavolo operatorio, prendendo il posto di Arizona che indietreggiò di qualche passo.
Quasi un'ora e mezza dopo, i valori sul monitor, indicarono alle dottoresse che qualcosa stava andando storto.
- I parametri stanno scendendo,  potrebbe indicare uno shock ipovolemico, Torres, le emorragie interne erano ovunque.-
- Calma Robbins, non c'è ancora un tamponamento cardiaco. Ho quasi finito con la stabilizzazione. Non vorrai rovinare proprio ora il lavoro.- Con tono noncurante e, sicura di se, la mora continuò l'operazione.
- Torres, fammi controllare se ho bloccato tutte le emorragie. Allontanati dal tavolo.-
- I parametri stanno risalendo. Capita che in questa posizione si alterino i valori fisiologici. Un ultimo chiodo  ed ho finito.-
- Il paziente può andare in arresto, Torres!-
- In quel caso, sarai pronta a rianimarlo, dottoressa Robbins. Pochi minuti e ho finito la stabilizzazione.-
L'operazione si concluse meno di un quarto d'ora dopo, senza complicazioni.
Erano all'incirca le cinque del mattino.
- Avevo ragione l'altro giorno Robbins, sei davvero irritante. E' un incubo dover lavorare e operare con te.-
Con una tazza fumante di caffè, Callie, si era avvicinata ad Arizona, che era in piedi davanti alla stanza del paziente ad aggiornare la cartella clinica.
- Se pretendere che nella propria sala operatoria, fili tutto liscio, allora si, Torres, abituatici, perchè sarò sempre esasperante.- Rivolgendosi, verso la mora e porgendole la cartella, continuò- Compila la tua parte.-
Dandole le spalle, sparì in direzione della stanza del medico di guardia.
Meno di mezz'ora dopo, fu svegliata dalla luce che sopraggiunse dal corridoio. Qualcuno aveva aperto la porta, entrando nella stanza.
- E poi sarei io, l'incubo? Cosa vuoi, Torres? con voce mezza impastata dal sonno e dalla stanchezza, non celando un' espressione infastidita, Arizona parlò ad una Callie che di fare polemiche, proprio non aveva voglia.
- Pensavo non ci fosse nessuno, il mio turno comincia..- si bloccò e guardando l'orologio che aveva al polso, sospirando continuò - beh, comincia tra meno di due ore. E' inutile tornare a casa.-
- Cercati un letto nel tuo reparto allora e lasciami in pace.-
- Perchè dovrei? Ci sono due letti qui, ed è anche un mio paziente.-
- Semplicemente perchè io e te non possiamo stare nella stessa stanza, Torres. Ecco perchè-
Ma intanto l'altra, incurante delle parole della bionda, si era già distesa sul letto ancora libero.
Dopo qualche minuto, la voce esasperata di Arizona, risuonò nella stanza ancora immersa nella penombra.
- Non mi piaci Torres.  Non mi piaci per niente . Non sopporto il tuo carattere, la tua persona mi irrita, mi dà addirittura fastidio il tuo respiro.-
- Tranquillizzati, Arizona, anche tu non mi piaci affatto. Non mi piace assolutamente niente di te.-

 Ed era vero. Quella donna, che per anni era stata sua nemica e, che era destinata ad esserlo ancora per molto, non le piaceva. Non le era mai piaciuta.
Ma c'era un piccolo, piccolissimo dettaglio. Mancava una piccolissima parte a quella verità.
 Sarebbe stato tutto vero se, quella donna, distesa a pochi centimetri da lei, non avesse avuto quel sorriso. Quel sorriso meravigliosamente fuori dall'ordinario.
C'era una  piccola sfumatura in quella verità: Callie Torres, poteva rimanere incantata, semplicemente guardandola sorridere.
C'era una piccola eccezione a quella verità.  Dopo quasi dieci anni, il sorriso di quella donna, era riuscito a farle lo stesso, identico effetto disarmante.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


A voi, che seguite la mia storia, ecco il quarto capitolo!
Spero che non vi deluda :)
Purtroppo, mi hanno cambiato i turni a lavoro, e non riuscirò ad aggiornare ogni settimana!
Ma farò di tutto per pubblicare ogni due giovedì!
Vi lascio alla lettura, e ringrazio ancora una volta, chi si troverà a leggerla :)
Mi auguro, sia una buona lettura!
 
Capitolo 4
 
Caffè, caffè. Ho un bisogno disperato di quintali di caffè, stamattina. Con questo pensiero costante nella testa, Callie, si era diretta al bancone del bar. Era appena scesa dal reparto di pediatria, dove aveva passato quelle poche ore che le restavano per dormire.
- Torres, hai un'aria sconvolta stamattina.- piazzandosi al suo fianco, Mark  vedendola da lontano appena entrato in ospedale,le si era subito avvicinato.
- I letti di quest'ospedale sono così scomodi!-
- Passato la notte, qui eh?-
- Si in sala operatoria, alla fine delle tre ore di operazione con la Robbins, ero così stanca che sono rimasta in pediatria a dormire.-
- Wow, wow, wow.. E così tu e le Robbins.. eh..-
- Smettila Sloan! Ero cosi stanca che non avevo voglia di scendere nel mio reparto. E poi a me piacciono gli uomini-
- Allora, se è così.. dovresti venire a provare i letti di chirurgia plastica. Sono molto comodi, garantisco io.. -
Sussurrò con prontezza il bel dottore avvicinandosi all'orecchio della mora in piedi accanto a lui.
-Sei il solito marpione, Mark!- rispose di rimando l'attraente collega, nascondendo un sorriso nella tazza fumante.
- Giusto, giusto. Ho corso troppo.- ammiccando alla bellissima donna al suo fianco, Mark, continuò imperterrito - Allora, che ne dici di una cenetta? Tu ed io. Dai sarà divertente. Conosco un ristorantino a due pa..-
Non fece in tempo a terminare il suo invito che, Callie, fu pronta a smorzarlo all'istante.
- Mark? - Lo guardò accennando un sorriso, poi continuò - Non crederai davvero che verrei a  cena con te e poi addirittura a letto?-
- Perchè no? si fermò solo per guardarla ammiccando, per poi aggiungere subito dopo - Non ti vorrai perdere il golden boy dell'intero ospedale, Torres!-
- Mark,  rassegnati! Callie non verrebbe mai a letto con te!-  una voce familiare, fece voltare entrambi i colleghi.
- Addison! Meno male che ci sei tu che mi aiuti a chiarire le cose! Proprio non demorde, eh?- sorridendo, Callie rispose all'amica.
- Ehi, smettetela voi due, sono ancora qui, vi sento!- intervenne a quel punto il bel dottore, simulando un tono infastidito. - Peccato, Torres! Preferisci spassartela con la Robbins e non sai quello che ti perdi qui!- con quest'ultima battuta, sparì di scena lasciando un'esterrefatta Addison, rivolgere uno dei suoi sguardi più stupiti, alla sua collega amica.
- Cosa? tu e la Robbins.. cioè e così voi due..-
- Addison? Ma sei impazzita? Gli credi pure?- ancora più stupita di lei, Callie rispose subito alla rossa. - Sono una fan del pene, lo sai benissimo. Ha solo saputo che ho passato la notte in pediatria e sei com'è Mark, fa congetture ovunque.-
- Ma sai com'è, qui al Seattle Grace, succede di tutto. E poi, la Robbins, beh.. lei è gay. Molto, molto gay. Insomma non saresti la prima etero che ci va a letto. Si dice che sia una Sloan al femminile-
- Ma io e lei, Addison? Insomma io e quella li?
- Già, hai ragione. Voi vi non vi sopportate-
- Ecco, finalmente hai capito il punto.-

***
 
- Arizona, dovresti smetterla con tutta quella tequila. Sei completamente ubriaca.-
- Andiamo, Teddy, divertiti anche tu. E così che si fa alle feste degli specializzandi.  Ci si ubriaca, si balla, si fa.. sesso!- Con l'ennesimo bicchiere di tequila in mano, Arizona, traballante e con tono biascicato, rispose all'amica.
- Io non mi diverto per niente. Anzi, sai che ti dico? Per me è proprio arrivata l'ora di andare.-
- Ok, ci vediamo domani in ospedale. Ti prometto che questa..- si fermò, per indicarle il bicchiere che aveva in mano e aggiunse con tono ancora malfermo - questa sarà l'ultima.-
 
- Ehi, dove hai imparato a ballare, Torres!-
Vari fischi e commenti concitati alle sue spalle,fecero voltare l'ubriaca Arizona, solo per scoprire, la sua bellissima collega, in piedi sul tavolo, che intratteneva tutti i colleghi, con movimenti sensuali del proprio corpo.
Rimase a fissarla per diversi minuti, i suoi occhi si posavano su quelli dell'altra, sui suoi capelli che le ricadevano sulle spalle ad ogni movimento, sui suoi fianchi muoversi, e sul suo sorriso, che sarebbe riuscito a catturare chiunque la guardasse.
Rimase ad osservarla, quasi incantata.
 Andiamo, Arizona, è solo l'effetto dell'alcol. Lei non ti piace. Tu la odi.
Disse a se stessa, ingurgitando l'ultimo sorso di tequila che le era rimasto e allontanandosi da quel posto.
Si era rifugiata in una stanza, l'unica ancora rimasta vuota della casa.
Ma il suo attimo di quiete, durò poco. Sentì dei rumori alla porta, poi la vide aprire poco dopo, spinta dai corpi di due ragazzi avvinghiati e impegnati in un bacio molto intimo.
Tossì rumorosamente per far notare la sua presenza.
- Arizona?! e tu cosa ci fai qui?-
- Torres?! Sono così ubriaca che cercavo solo un riparo da tutto quel frastuono. Non sopporto bene l'alcol.- rispose alla mora cominciando a massaggiarsi le tempie. Poi abbozzando un sorriso, aggiunse - Invece tu, vedo che te la stai proprio spassando. E non sembri nemmeno ubriaca.- Avanzando verso la porta, non senza barcollare, continuò - Ma tranquilla, per questa volta non ti rovino la festa. Puoi tenerti la stanza. Stavo giusto andando via.-
Si era già voltata verso la porta, ma si sentì afferrare per un braccio.
- Arizona, sei ubriaca. Non vorrai tornare a casa sola.-
- Lasciami il braccio ,Torres. C'è Teddy di là, torno con lei.-
Ma Callie, invitando il ragazzo col quale si era trascinata lì, ad uscire dalla stanza, rispose subito alla bionda.
- Teddy  l'ho vista andare via già da un pezzo.-
- Cosa vuoi, Callie? So badare benissimo a me stessa. Non ho bisogno di te.-
- Senti Robbins, non crederai davvero, che possa lasciarti andare via in queste condizioni. Sapevo che eri una stupida, ma non fino a questo punto.-
- Ehi, non ti azzardare ad offendermi, non approfittare del fatto che sono ubriaca.-
Intanto le si era avvicinata, e inciampando coi suoi stessi piedi, cadde addosso alla mora, che prontamente la sorresse per le braccia.
- Sei stramaledettamente ubriaca, Robbins.-
- Sei così arrabbiata, perchè ti ho rovinato la festa , eh? Te la volevi spassare con quello lì-
Rimasero a guardarsi dritte negli occhi, a pochi centimetri l'una dall'altra.
Poi, all'improvviso, senza distogliere il proprio sguardo da quello penetrante della mora, Arizona, alzandosi in punta di piedi posò le sue labbra sulle sue, baciandola intensamente per poi staccarsi qualche secondo dopo.
Callie, dal canto suo, aveva risposto a quel bacio inaspettato.
Era la prima volta che baciava una donna.
- Arizona, ma che fai?- Con tono sorpreso, per ciò che era appena successo, Callie  cominciò subito a parlare senza preoccuparsi di celare l'evidente imbarazzo che provava in quel momento.
- Andiamo, Calliope. Sono molto meglio io di quello lì che voleva portarti a letto. Ammettilo.- Senza accennare a staccarsi dalla mora, Arizona continuò - Perchè sei così sorpresa, Torres? Lo sanno tutti che mi piacciono le donne.-
- Ma non io, Arizona. Io non ti sono mai piaciuta. Io e te ci odiamo! Ogni giorno che passa, io e te ci odiamo.-
Con tono quasi esasperato, la mora, staccandosi dalle braccia della bionda, pronunciò quella frase, rimarcando le ultime parole, quasi a voler convincere più se stessa del loro significato. Una convinzione che Arizona, smontò subito dopo.
- Sarà.- Avvicinandosi verso la porta, prima di uscire, continuò- ma hai risposto al mio bacio, Torres. Non hai fatto niente per opporti.- Prima di richiudersi la porta alle spalle, aggiunse - Ah, non preoccuparti, non sono così stupida come credi. Mi farò accompagnare a casa da qualcuno.-
Dicendo questo sparì, lasciando Callie lì in piedi, in mezzo alla stanza a fissare il legno della porta che aveva appena richiuso la bionda.
 
- Sei ancora qui. Ieri ero così ubriaca, ho bevuto talmente tanto, che stanotte l'ho passata interamente in bagno. Sono sicura, di aver vomitato anche l'anima. - Con un tono di voce secco, Arizona era entrata nello spogliatoio, per prepararsi al turno che l'attendeva quella mattina. Il suo armadietto si trovava, fortunatamente, dal lato opposto a quello della mora, che aveva quasi finito di indossare il camice.
Dall'altra parte della stanza, Callie cercando di mascherare l'imbarazzo che aveva provato, appena Arizona aveva fatto il suo ingresso negli spogliatoi, le rispose con una secca battuta.
- Perchè, credi anche di avere un'anima Robbins?
Ignorando la battuta dell'altra, la bionda continuò - Sai, stamattina appena sveglia, avevo un forte mal di testa, cosi ho fatto fuori un'intera borraccia di caffè, amaro.  Man mano che la sbornia andava via, ho avuto.. sai.. come dei flashback.. -
Intanto, si era quasi del tutto spogliata, e infilando il camice della divisa, con la testa ancora intrappolata dentro continuò - .. di noi due in una stanza.. E, sai, fatico a ricordare altro.-
 Irrigidendosi  a quelle parole, la mora, finendo di sistemare il suo cercapersone sulla divisa, e richiudendo con gesti frenetici il suo armadietto, approfittando del fatto che la bionda non ricordasse esattamente del bacio della sera prima, si affrettò a risponderle.
- Tranquilla Robbins, non è successo assolutamente niente. Come al solito, sei riuscita a rovinarmi la festa anche da ubriaca. Sei sempre tra i piedi, anche da sbronza.-  
Con apparente noncuranza, si stava dirigendo verso l'uscita, ma non prima senza ascoltare l'ultima battuta dell'altra.
- Oh, meno male. Non sai che peso mi hai tolto. Ma in fondo sapevo che non poteva succedere niente. Noi ci odiamo.- Intanto aveva finito anche lei di prepararsi. - A proposito, siamo di turno insieme stamattina, Torres! Dopo quattro anni, non anno ancora capito che io e te non possiamo lavorare insieme.- affermò con tono ancora più strafottente, seguendola subito dopo.
 
***
 
Con la tazza in mano, se ne stava lì in piedi a fissare qualcosa dal finestrone del quinto piano di quell'ospedale enorme. Non sapeva esattamente cosa stesse guardando. Forse non c'era nemmeno niente di tanto interessante da osservare. Semplicemente se ne stava lì, forse perchè le piaceva guardare la pioggia. O le era sempre piaciuto, poter guardare la città dall'alto e, soprattutto da un finestrone a quadrati enormi.  O forse, era per quel lontano ricordo, che i discorsi di quella mattina, le avevano fatto scavare dalla memoria. Ricordo, che credeva di aver rimosso e che le suscitò strane emozioni.
- Torres! - al suono improvviso di quella voce, che le provocò un'inaspettata fitta allo stomaco, distolse lo sguardo dalla città, per girarsi in direzione della nuova arrivata.
La vide avanzare a pochi passi da lei, le sembrò estremamente bella.
Scacciando quei pensieri e ignorando i battiti accelerati che le martellavano in petto, si affrettò a risponderle, sforzando un tono noncurante.
- Arizona, che vuoi?-
- Ti stavo cercando.- Intanto le si era affiancata, si fermò a guardare anche lei dalla finestra.
- E da quando non usi più il cercapersone ma ti scomodi personalmente? E per cercare me, poi!-
- Stavo per farlo, ma ti ho vista appena uscita dall'ascensore. E ti ricordo che sei sul mio piano. Forse sei tu.. diciamo, quella fuoriposto!-
- Davvero, non capirò mai, come fai ad essere sempre così insopportabile.-
Ignorò la battuta della mora, semplicemente facendo silenzio. Ritornarono entrambe a guardare fuori, per pochi altri attimi.
- Seattle vista dall'alto, eh?- ruppe quel silenzio, parlò senza staccare gli occhi dalla città.
- Mi piace osservare la pioggia.- le rispose Callie, allontanandosi dal finestrone all'improvviso.

La vicinanza di quella donna, cominciava a farle uno strano effetto. Forse era la sua voce, o forse era per quegli occhi che riuscivano ad incantare, o per quel sorriso, che se anche solo accennato, riusciva a  risultare più bello di qualsiasi panorama.
O forse, era perchè, quella donna non le aveva mai fatto un effetto del genere. Nessuna donna, le aveva mai fatto un effetto del genere. Insomma, era tutto così assurdo. A Callie Torres, erano sempre piaciuti gli uomini.
 Ma quel sorriso, si, quello l'aveva sempre incantata. Ma la maggior parte delle volte, Arizona Robbins, le risultava insopportabile. Una di quelle persone, che non avrebbe mai voluto nella sua sfera privata. Mai, nemmeno lontanamente, Arizona Robbins, avrebbe potuto far parte della sua vita. Arizona Robbins, era semplicemente, la persona più incopatibile che avesse mai incontrato.
 Eppure, seppur brevemente, era con lei, che aveva condiviso alcuni dei momenti, i più privati della sua vita.
Era con lei, che si era ritrovata più volte, a condividere le stesse situazioni, o a guardare in silenzio nella stessa direzione.
Erano momenti piuttosto rari. Ma capitati per caso, capitati proprio con lei.
 Le erano sempre piaciuti gli uomini, eppure, era stata lei la prima ed ultima donna che avesse mai baciato.

- Perchè mi cercavi, Robbins?-
- Volevo un consulto ortopedico su un paziente. Lo abbiamo ricoverato questa mattina.-
- Non puoi aspettare domani? Il mio turno finisce..- si fermò per guardare l'orologio, poi continuò - oh, è appena finito.-
Si avviò verso gli ascensori.
Arizona la seguì subito dopo, poi superandola le si parò davanti, bloccandole il passaggio.
- Cosa? E' solo un consulto. Non posso credere che ora inizi a preoccuparti del tuo turno che è finito. Alla specializzazione, vivevi praticamente in ospedale.-
- Oh, Robbins, lo sai benissimo perchè vivevo notte e giorno in quell' ospedale. E non ero l'unica. Mi hai praticamente reso la vita impossibile durante quegli anni. Se vuoi quel consulto, ti conviene non ricordarmelo.-
Fece un passo avanti, cercando di scansare il corpo dell'altra, ancora piazzato di fronte che non accennava a spostarsi.
- Sapevo che non dicevi sul serio. Nessuno mi resiste in effetti.- Affermò, con tono più che strafottente, non accennando ancora a liberare il passaggio. Rimase a guardarla negli occhi. Quegli occhi nocciola. Quegli occhi che l'avevano sempre attratta, e che si trovavano qualche centimetro più in alto dei suoi.
L'aveva sempre guardata da quella prospettiva, da quei pochi centimetri di differenza in altezza che le divideva, e le era sembrata sempre innegabilmente bella.
- Spostati.- fu la secca risposta dell'altra.
Quel consulto, si era prolungato più del previsto. Erano sempre state entrambe, estremamente perfezioniste sul lavoro.
Dopo una serie di pareri contrastanti, di battute sarcastiche da parte di entrambe e perdite di pazienza continue, alla fine, prima che la mora abbandonasse l'ospedale, avevano optato entrambe per lo stesso intervento.
 

- Arizona, anche tu ancora qui?-
- Sai, com'è Teddy, il lavoro prima di tutto. E' sempre stata la nostra passione in fondo.-
Le due amiche, si erano incontrate nell'atrio dell'ospedale. Pronte ad andare via.
- Che ne dici di un salto da Joe? Ci stavo giusto andando. Gli altri stanno già tutti lì- Intanto la bionda con gli occhi verdi, l'aveva presa sottobraccio incamminandosi verso l'uscita dell'ospedale.
- Veramente, stavo per..-
- Dai, Arizona! Non puoi dirmi di no. Che c'è di meglio che concludere la serata con qualche bicchierino?!- La strattonò amichevolmente strizzandole l'occhio.
- Sai che ti dico? Mi hai convinta.- le rispose sorridendo.
- Da Joe sia, allora!-
- E da Joe, sia-
Erano appena entrate in quel bar ormai familiare. Era un pò diventato il bar di quasi tutti i medici del Seattle Grace.
Spesso, con gli altri colleghi, si erano ritrovati lì. A festeggiare qualcosa o, semplicemente, a bere.
Quella sera, non fu diverso dalle altre sere.
Appena entrate, individuarono il tavolo, dove erano seduti anche gli altri. Li raggiunsero poco dopo.
L'unica differenza era, che quella sera, seduta lì, c'era anche Calliope Torres.
Non potè negare il modo in cui la bellezza della mora, riuscì a colpirla, appena la scorse. Era abituata a vederla con addosso il camice. Erano davvero rare le volte in cui poteva vederla vestita normalmente.
Era seduta accanto a quell'insopportabile di Mark. Era notevolmente brilla, ed impegnata a flirtare col bel dottor bollore.
Rimase a guardarla per pochi secondi. E non riuscì a spiegarsi , cosa fosse quella strana sensazione che aveva provato osservandola.
Prese posto anche lei al tavolo. Ordinò un bicchiere di tequila. Smise di guardarla.
C'era qualcosa che le dava fastidio, nel vederla flirtare con Mark.
Prese parte alla conversazione con gli altri, era piuttosto sempre coinvolgente e allegra, sorrideva, beveva.
Semplicemente, provò ad ignorarla. O meglio, si ignorarono a vicenda.
Eppure, non riuscì a non seguirla con lo sguardo, quando la vide improvvisamente alzarsi dal tavolo e dirigersi verso  lo spazio vuoto del bar.
Aveva ancora il bicchiere in mano. Cominciò a muoversi seguendo la musica, con le mani di Mark addosso ai suoi fianchi, che seguivano i suoi movimenti.
 
Non era la prima volta che la vedeva ballare.  Era già capitato anni prima, durante le feste tra specializzandi.
Ma avvenne quella sera, la prima volta, in cui i suoi occhi la guardarono in maniera diversa.
Fu quella sera in cui, per la prima volta guardandola, non riuscì solamente a vedere la fastidiosa collega che non era mai riuscita a sopportare.
Quella sera, si rese conto per la prima volta, che i suoi occhi si erano soffermati a guardare, la donna più bella che c'era in quel bar.
Quella sera, per la prima volta, la bellezza di quella donna, riuscì a penetrarle internamente, provocandole fitte insopportabili allo stomaco.
 
- Ehi-
- Ehi-
- Scusa, non sapevo che ci fossi tu in bagno.-
Erano passati più di cinque minuti da quando si era rifugiata lì dentro.
Non era perchè avesse bevuto molto. Aveva mandato giù a malapena, solo un bicchiere di tequila.
Cercava solo un riparo. Da lei. Voleva solo, che quelle strane fitte che la percorrevano da tutta la sera, andassero via.
- Tranquilla, Torres. Stavo giusto andando via.-
- Arizona?-
La bionda aveva quasi raggiunto la porta del bagno, ma si bloccò sentendosi tirare per un braccio.
Si voltò verso la mora, che aveva proprio l'aria, di una che aveva mandato giù alcol come fosse acqua.
Rimasero per pochi secondi in silenzio, a guardarsi finchè, la mora, ruppe quel silenzio.
- Sei davvero molto bella stasera.-
- Sei stramaledettamente ubriaca, Torres.-

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Un enorme grazie a chi continua a seguire la mia storia!
Vi auguro una buona lettura :)

5 capitolo

Rimasero a guardarsi fisse negli occhi, per una manciata di secondi. Secondi interminabili, durante i quali nessuna delle due riuscì a proferire parola.
Se ne stavano ferme, una di fronte all'altra, a pochi passi di distanza, a scrutarsi occhi negli occhi.
Arizona, non potè negare l'effetto, che quegli occhi nocciola, che la fissavano, avevano su di lei.
Le sembravano una calamita.  Profondi, penetranti, intensi.
Il suo sguardo si spostò sulla bocca di Calliope, ancora in piedi di fronte a lei che la teneva per un braccio.
Desiderò per un attimo, assaggiare quelle labbra che sembrava la stessero invitando in un contatto molto più intimo.
Esitò qualche istante, il suo sguardo che vagava dagli occhi alla bocca, di quella bellissima donna, di fronte a lei,  stretta in un vestito che le donava perfettamente, e su quei tacchi che la slanciavano ancora più di quanto lo fosse già.
Quella donna, era la cosa più vicina alla perfezione che avesse mai potuto osservare.
In un istante ritornò in sè, provò rabbia e all'improvviso si strattonò dalla presa ancora salda dell'altra, si girò di schiena e, senza dire una parola, raggiunse in pochi passi la porta d'uscita.

Era arrabbiata. Arrabbiata con se stessa, arrabbiata con Calliope, arrabbiata, perchè, si trattava di Callie Torres accidenti. E lei non poteva avere quella reazione.
Callie non le piaceva.
Per anni, gli unici sentimenti che aveva provato per quella donna, erano stati solo odio e antipatia. E ora, ora, ciò che aveva appena provato, era stata una forte attrazione. Desiderio di avvicinarsi ancora di più a lei.
Era arrabbiata, perchè lo sapeva benissimo, a Callie Torres erano sempre piaciuti gli uomini.
Ma lei, lei era Arizona, da sempre le erano piaciute solo le ragazze. 
Si era sempre divertita ad andarsene in giro a fare conquiste, senza mai pretendere una storia seria. Non la voleva, non le interessava. Voleva solo divertirsi.
E fece così, sia alla scuola di medicina, sia durante la specializzazione, si era guadagnata la fama di ruba cuori.
Ma Callie Torres, non l'aveva mai sfiorata col pensiero. Era troppo impegnata a non farsela piacere. Dannazione, in fondo, quella Callie Torres, era riuscita a rovinarle il suo primo giorno di specializzazione.

Era bella, questo lo aveva notato sin da subito. Davvero bella, ma più di ogni altra cosa era insopportabile, sgradevole, fastidiosa, indisponente, detestabile. Semplicemente, non le sarebbe mai potuta piacere. Non una così, non una che era riuscita a rovinarle l'inizio del suo sogno.
Non una alla quale le donne, non interessavano.
E da come aveva flirtato con Mark, quella sera, le donne, non le sarebbero mai potute interessare.
Per più di dieci anni, Callie Torres, non le era mai piaciuta. Non aveva nessun motivo per essere attratta da lei, e, soprattutto, non aveva nessun dannato motivo per essere gelosa.
Ma quella sera, quella donna, era riuscita a farle quell'effetto.
Attrazione, desiderio, gelosia. Non era possibile. Non nei confronti di Callie Torres, insopportabile ed etero.
Odiarla, era senz'altro più facile, decise.
Prese le sue cose rimaste al tavolo, e salutando velocemente tutti, sparì da quel posto.
***
- Perchè io, non so ancora niente del multi trapianto di organi?-
Col bicchiere di frullato in mano, Arizona, raggiunse gli altri specializzandi al tavolo del bar. Si stavano godendo la prima pausa di quella mattina.
- Oh, lo sapresti, se stessi in reparto come noi, invece che essere impegnata a portarti a letto tutte le donne di questo ospedale. Ultimamente trascorri più tempo nella stanza del medico di guardia che in sala operatoria.-  Con tono pungente, ci pensò subito Callie a darle una risposta.
- Mhh, che c'è Torres? Sei gelosa perchè, sei l'unica a non essere venuta a letto con me? Se ci stai pensando, scordatelo. Non verrei mai a letto con te. Non mi piaci.-
- Robbins, preferirei finire sotto ad un treno che venire a letto con te. Mettiti l'anima in pace. Non mi piaci nemmeno tu. Anzi, sai che ti dico? Il solo pensiero mi ripugna.-
Erano passate più di due settimane dal loro bacio. Arizona era troppo ubriaca per potersene ricordare, e Callie, troppo confusa per pensarci ancora. Eppure era successo, Arizona l'aveva baciata e lei aveva risposto al suo bacio. Ma non era disposta a dirlo. A nessuno. Non ad Arizona.
- Arizona- le interruppe Teddy divertita - credo proprio che a Callie piacciano gli uomini. A proposito Torres, com'è finita con quel tizio che hai conosciuto al bar?-
Da poco più di  due settimane, aveva intrecciato una relazione con un tipo, conosciuto al bar due giorni dopo la festa.
Ci era andata subito a letto. Accidenti a lei piacevano gli uomini. E le piaceva fare sesso con Bob, così aveva detto di chiamarsi.
- Teddy, sei irrecuperabile. Comunque va alla grande. In tutti i sensi intendo.- sorridendo maliziosamente e strizzando l'occhio all'amica, le rispose ignorando la bionda che le era seduta accanto.
- E come si chiama questo fantomatico tizio?- intervenne Arizona, con evidente tono sarcastico.
- Robbins, ora non sarai tu gelosa, perchè preferisco gli uomini a te?-
- Andiamo Torres, non verrei a letto con te nemmeno se non fossi stata etero. La mia era solo pura curiosità-

Eppure, quella sera alla festa, nonostante fosse stata ubriaca, l'aveva baciata. Ma questo non lo sapeva, non se lo ricordava.
 
- Arizona, allora sei pronta?-
- Calma, Teddy, il bar non chiude.-
- Ma ti sto aspettando da quasi un'ora e io odio aspettare. Dai, dobbiamo solo andare a bere qualcosa.-
- Parla per te, io vado a fare conquiste.-
- Arizona, ormai è da più di un mese che vai avanti così.-
- Non ci posso fare niente se tutte mi cascano ai piedi.-
- Ma se sei tu, quella che le seduce e poi le abbandona subito dopo.-
- Non cerco una storia seria, Teddy. Voglio solo divertirmi.-
- Ma non starai esagerando?-
Intanto, camminando una accanto all'altra, immerse in quel botta e risposta, erano giunte al bar.
- Parli a me? Guarda un pò lì, chi c'è che si diverte con..- si fermò pochi secondi facendo finta di pensare, poi aggiunse - ah si, Bob-
Teddy la guardò divertita, poi facendo una smorfia, la tirò con se al bancone.
Si erano fermate a pochi passi dalla mora, impegnata a flirtare con Bob.
- Tequila, grazie.-
- Anche per me-
Riconoscendo le due voci, Callie, districandosi dall'abbraccio del suo attuale ragazzo, si era voltata per salutare.
- Teddy!- salutò l'amica, palesando un largo sorriso. Poi spostando leggermente lo sguardo, e incontrando quello della bionda, nascosta dietro a Teddy, continuò rendendo più duro il suo tono - Ciao anche a te, Arizona.-
- Callie.- Le rispose semplicemente Arizona, usando lo stesso tono duro dell'altra.
Al contrario di Teddy,  che invece, l'aveva salutata con un sorriso malizioso dipinto in volto.
Rimasero a parlare un pò al bancone, sorseggiando il loro bicchiere di alcol, fino a quando Arizona, non si alzò di scatto, in cerca della sua preda.
Aveva puntato una ragazza, che era entrata da poco nel bar, e che, constatò subito, rispecchiava proprio il suo tipo. Alta, mora, sguardo penetrante.
Si, era quella giusta per quella sera, decise.
Le due donne, che fino a pochi istanti prima erano sedute con lei al bancone, la seguirono con lo sguardo.
Rimasero a guardarla per qualche istante. La osservarono avvicinare alla ragazza, videro l'altra sorridere a qualche stupida battuta della bionda, poi dirigersi insieme all'altra estremità del bancone.
- Ma come fa a riuscire a conquistare tutte quelle con le quali ci prova?- Chiese quasi retoricamente Teddy.
 Callie, si soffermò ancora a guardarla, per qualche altro istante. La osservava sorridere, flirtare.
 Era molto bella, aveva fascino, quegli occhi limpidi e aveva quel sorriso che riusciva ad incantare.
Non le fu difficile trovare una risposta alla domanda di Teddy.
***
 
- Cappuccino, Robbins?-
Era appena entrata in ospedale, il suo turno sarebbe cominciato tra poco più di qualche minuto.
- Oh no, Mark. Stamattina mi serve un caffè, doppio.- con tono strascicato, piazzandosi davanti al bancone, Arizona rispose al collega.
- Fatto le ore piccole, eh?- le chiese Mark con aria divertita, porgendole il caffè.
- Sai che si dice di me, Mark. Sono una Sloan al femminile, non posso farci niente.-
- Già, Sloan. Ti posso assicurare che non è cambiata affatto.- intervenne Callie, con tono alquanto pungente, affiancando i colleghi.
- Torres, vedi di farti gli affari tuoi. Mi rendi insopportabile anche bere un dannato caffè. -
- Ehi ehi, voi due. Calmatevi. Siete così bollenti già dal primo mattino.- cercò di smorzare i toni, il bel dottore, ammiccando alla sua stessa battuta.
- E tu sei così cretino, già a quest'ora-
- Wow, Robbins, mi piaci così. Sei sexy quando ti arrabbi. Sicura di non volerci fare un pensierino?
- Sloan,strano. Pensavo che il tuo tipo, fossero le more-
Con tono duro, rispose al collega, rivolgendo uno sguardo fulminante alla mora, in piedi accanto a lei.
Callie, le restituì lo sguardo. Aveva incassato la sua battuta.
Facendo un ultimo sorso al suo caffè, poggiando con forza la tazza sul bancone, la bionda, andò a prepararsi per il suo turno.
 - Una sola parola, insopportabile.- riprese Callie, rivolgendosi al collega, appena finì di seguire con lo sguardo Arizona, che si era ormai allontanata sfrecciando sui suoi pattini a rotelle.
-  Secondo me, le piaci, Torres-
- Mark, ci conosciamo da anni, e non ci siamo mai piaciute. Mi ha sempre reso la vita impossibile. E smettila con queste battute. Io non sono gay.-
- Sarà, ma l'alchimia che c'è tra di voi, è innegabile.- Intanto, il bel collega si era allontanato, lasciandola sola con i suoi pensieri.
Ma se vorrei solo ucciderla, quando me la ritrovo accanto.
E questo era vero in parte. Il modo che aveva nel rivolgersi a lei, le sue battute sarcastiche, le erano insopportabili. Arizona Robbins, era dotata di un'antipatia mai vista.
Ma aveva quel sorriso, quegli occhi, che per qualche attimo, quando si ritrovava a fissarli, la rendevano adorabile.
 
- Torres, ti ho fatta chiamare per un consulto.-
- Non credevo di dover lavorare così tanto con te, Robbins.-
- Non piace nemmeno a me la cosa, Calliope.-
- Ancora arrabbiata per la battuta di stamattina al bar?-
- Dopo dieci anni, non ci faccio più caso alle tue battute, Torres.-
-La stanza è la 305. Ti aspetto lì.-
 Sfrecciò nel corridoio, lasciando indietro la sua irritante collega.
Ma non aveva previsto, che una barella potesse sbucare dal nulla all'improvviso.
Non fece in tempo a scansarla. La barella la investì in pieno, facendola saltare per aria. Cadde rovinosamente per terra.
Callie, la raggiunse poco dopo, nascondendo il sorriso, che voleva palesarsi sul suo viso.
Era stata una delle scene più comiche, che aveva mai visto in quell'ospedale.
-Afferra la mia mano, Robbins. Ti do una mano ad alzarti.-
- Torres, smettila di ridere. Per quanto ne so, potrei essermi rotta un osso.-
- Allora, dovresti farti visitare da me, sono un chirurgo ortopedico-
- Non ti darò mai questa soddisfazione, Torres. Spostati, posso alzarmi sola-
- Accomodati pure, raggiungo la stanza del paziente intanto.-
Dopo qualche istante, dopo i vari tentativi che aveva fatto la bionda, per rialzarsi, la voce della collega, la fece arrestare per il corridoio.
- E va bene, Torres, hai vinto. Puoi venire a darmi una mano..- si fermò per sbuffare, poi riprese - per favore?.-
- Ok, se me lo chiedi così, arrivo. E dovresti farti visitare. E' stata una brutta caduta, Robbins.-
L'afferrò per una mano, aiutandola a rimettersi in piedi.
Si diressero nella stanza del medico di guarda, che era più vicina.
- Allora dove ti fa male?- Chiese Callie, chiudendo a chiave la porta.
- Mi fa male la caviglia.- rispose Arizona sbuffando.
- Ok, siediti che ti visito-
- Sei scontrosa, per essere un medico,Torres. Dovresti essere più gentile.-
- Oh, no se i pazienti sono insopportabili come te.- rispose con tono sarcastico, aggiungendo subito dopo- Non è rotta. E' una leggera distorsione. Dovresti mettere subito del ghiaccio, e non andare in giro su quei così per un pò-
- Sono un medico anch'io. So quello che devo fare.-
- Un semplice grazie, bastava.-
Si stava dirigendo verso la porta, ma una smorfia di dolore dell'altra, la fece girare di scatto.
- Cos'hai?-
- Ho dolore al fianco che scende fino al femore.-
- Riesci a metterti in piedi?-
- Più o meno. Forse dovresti reggermi un pò.-
- Solleva la maglietta e abbassa un pò i pantaloni, vediamo cosa ti sei fatta.-
- E' una scusa per chiedermi di spogliarmi, Calliope?-
- Sono la dottoressa Torres, ora. E no, non ti sto chiedendo proprio niente. Non sei il mio tipo, Arizona-
L'altra fece quello che le aveva chiesto. Abbassò i pantaloni e alzò la maglietta, lasciando scoperti il fianco e l'addome.
Si poteva intravedere il bordo della biancheria intima e il ventre piatto.
Esitando, posò le sue mani sulla pelle nuda dell'altra.  Una scossa elettrica la percorse, appena le sue mani toccarono i fianchi della bionda. Aveva la pelle liscia e profumava di vaniglia.
Scese più giù, per arrivare al femore. Le sue mani continuavano a tastare i suoi fianchi, fino al bacino.
Arizona, dal canto suo, se ne stava lì in piedi, con gli occhi chiusi, senza parlare.
Il tocco gentile della mora, le provocò per tutto il tempo fitte allo stomaco.
Poi si alzò in piedi, portando il suo viso in linea d'aria con quello di Arizona. Si ritrovarono a pochi passi l'una dall'altra.
Il cuore cominciò a martellarle nel petto. Distolse i suoi occhi da quelli blu della bellissima donna che si trovava davanti.
Cercando di raccogliere tutto l'autocontrollo che  le era necessario, spezzò quel silenzio.
- Puoi rivestirti. E' una bella contusione. Metti ghiaccio e pomata contro l'ematoma.-
- Calliope..- pronunciò subito dopo Arizona, prendendola per una mano.
Tornarono a fissarsi negli occhi.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Scusate il ritardo ed eventuali errori di battitura!
Vi auguro una buona lettura :)
Un grazie a chi continua a seguire la mia storia :)
 
capitolo 6

Ferme in mezzo alla stanza, a qualche centimetro l'una dall'altra.  Arizona che stringeva saldamente la mano di Callie. Per qualche strano motivo, non voleva lasciarla andare. La divorava con gli occhi, la desiderava con lo sguardo. Non riusciva ad allontanarsi da lei.
Callie ,in piedi, di fronte a lei, la sua mano stretta nella morsa di Arizona. Non accennava a fare nessun movimento. Non voleva staccarsi. Non poteva. C'era quella strana sensazione che le stava torturando lo stomaco,  quel strano e inaspettato bisogno che la  comandava a non fare niente, nessun movimento. Quel maledetto bisogno, di non perdere il contatto con quella donna.
Sentiva la mano di Arizona tremare leggermente. Aumentò anche lei la presa. Sentì la bionda, intrecciare le dita con le sue. E ancora, non fece niente, non si staccava, non si allontanava. Se ne stava ferma, quasi ad aspettare impazientemente, di essere investita da quel treno, che le stava correndo addosso.
Sentì l'altra  avvicinarsi di qualche passo, poi due, poi tre. Quella mano che non accennava a staccarsi, quel corpo ad un millimetro dal suo, quegli occhi che quasi l'abbagliavano. E lei non accennava a spostarsi.
Era bloccata. Lo stomaco cominciò a tremarle, sentì il respiro mancare, la forza e la volontà per potersi staccare che erano sempre più deboli.
Tornò a guardarla. La bellezza senza fine di Arizona, i suoi occhi immensi, quel sorriso che le si stava accennando sul suo splendido viso, quella bellissima donna a pochi millimetri da lei, che le si stava avvicinando ancora di più, le fecero quasi perdere il contatto con la realtà.
Non capiva. Non riusciva a capire, perchè se ne stava ferma, a non fare niente, con la mano di quella donna, stretta nella sua. Non riusciva a capire, perche stava lasciando che quella donna, si avvicinasse così tanto a lei.
 Non riusciva a capire, perchè quella donna, le stava facendo tremare lo stomaco, bloccare il respiro, accelerare i battiti del cuore.
Era un medico, fisiologicamente, sapeva darsi una spiegazione di quello che stava succedendo al suo corpo. Ma non riusciva a capire, come mai quella donna, avesse quel potere di farle tutto ciò.
La sua mente era bloccata. Il suo corpo si era staccato dal suo cervello. Il suo corpo, stava reagendo alla vicinanza di quella donna, come non avrebbe dovuto.
Lo stomaco, il cuore, il respiro. Non riusciva più a controllarli. Le sue gambe, non riusciva a comandarle.
Semplicemente, non riusciva a staccarsi da quella donna.
Arizona tremava, si avvicinava esitando. Un passo, due. Si era bloccata a guardarla. Poi un altro passo. Era la distanza giusta per poggiare l'altra sua mano, sul fianco della bellissima donna che semplicemente stando ferma, di fronte a lei a non fare niente, le stava facendo perdere il controllo.
Era la sua bellezza, erano quei suoi occhi grandi, era quel suo sguardo penetrante, quel corpo perfetto a farle perdere il controllo.
Erano state le sue mani calde, delicate, sulla sua pelle nuda, a farle perdere il controllo.
Con qualsiasi altra donna, in qualsiasi altra situazione, Arizona Robbins, non avrebbe mai perso il controllo.
Ma Callie Torres, ci era sempre riuscita. Nel bene e nel male.
 Ma mai in quel modo. Mai avrebbe pensato, che Callie Torres, riuscisse a farle perdere il controllo in quel modo. A farle quell'effetto incontrollabile.
Ci era completamente dentro. Tremava, esitava. Ma voleva quel contatto con lei. Lo desiderava.
Non riusciva a controllare il suo corpo. Non riusciva ad imporsi di fermarsi.
Era ormai troppo vicina. L'altra, non stava ancora mollando la presa. Non si era spostata. Non si era mossa. Non si era allontanata.
Ma non riusciva a capire come mai la stava aspettando. A Callie Torres le donne non piacevano.
Ma era ormai lì, il cervello sconnesso, che non riusciva a darle delle risposte.
Non riusciva a pensare. Voleva solo agire. Finchè l'altra non l'avesse fermata.
Non la stava fermando. Era immobile, ma non aveva allentato la presa, non si era scostata dalla sua mano poggiata sul suo fianco.
Continuò ad avvicinarsi. Altro passo. Erano irrimediabilmente vicine.
Arizona accennò appena un sorriso. Un sorriso dolce. Uno dei sorrisi più belli, che avesse mai rivolto a qualcuno. Quel sorriso, quasi a voler rassicurare l'altra.
Callie, era bloccata a guardarla, i suoi occhi immersi in quel sorriso, i suoi sensi immersi nel profumo di quella donna, nel suo respiro che cominciava a sentire addosso.
Stava per essere investita. Non si sarebbe spostata.
Erano sole, vicine, in una piccola stanza in penombra. In un momento in cui l'attrazione stava superando l'odio irrefrenabile che ognuna provava nei confronti dell'altra. O era l'attrazione ad essere irrefrenabile in quel momento. Era quella perfezione, che ognuna leggeva nell'altra, ad attrarle in quel modo.
Ci erano in mezzo e  nessuna sapeva cosa aspettarsi dall'altra.
Odio, Attrazione.
Esitazione, Confusione.
 Perfezione.
Aleggiava tutto quanto in quell'aria ormai elettrica.
In quel silenzio condiviso.
Il suono improvviso di un cercarpersone, in un attimo riempì quel momento quasi magico. Invase con prepotenza quel campo magnetico, ruppe quell'elettricità.
Quel suono, inaspettato e, forse non voluto, le fece sobbalzare, entrambe, nello stesso momento. Le fece allontanare insieme.
Si staccarono, velocemente, l'una dall'altra, come colpite da una scarica elettrica.
 Si scambiarono uno sguardo incerto, veloce, carico di confusione ed imbarazzo.
Erano ormai lontane. E non solo fisicamente. Non si scambiarono nessuna parola.
La mora, abbassò velocemente il suo sguardo sul cercapersone, poi, altri due, tre passi indietro, fu vicina alla porta. Cercò avidamente la maniglia, la aprì e in un attimo fu fuori.
Arizona, era rimasta ad osservarla fuggire via. Era rimasta in silenzio. Immobile, sola in quella stanza che ormai le sembrava più vuota del solito.
 
- Ehi Torres, hai sentito della festa di stasera a casa Shepherd?
Udì il suono di quella voce, ma non fece caso alle parole. I suoi pensieri erano fermi a quella mattina.
Era pomeriggio inoltrato, si stava godendo la sua prima pausa di quel giorno. Era stata bloccata al pronto soccorso e poi in sala operatoria per tutto il tempo. Non aveva più pensato a lei ed Arizona, così vicine in quella stanza.
Ma ora era sola, seduta al bar, con un bicchiere di thè in mano e  il solo pensiero che le affollava la mente, era lei. Non riusciva a non pensare ad Arizona. Ai suoi occhi, al suo sorriso, al suo corpo così vicino.
Il tocco, non proprio leggero di una mano, che le stava scuotendo il braccio, la fece ritornare alla realtà.
- Callie? Ci sei? Da mezz'ora che ti parlo e ancora non mi hai degnata di uno sguardo-
Si girò in direzione della voce, incrociò l'espressione confusa di Addison che la guardava stranita.
Le abbozzò un sorriso incerto, prima di risponderle.
- Ehi, scusa. Cosa mi stavi dicendo?-
- Torres, sicura che vada tutto bene? Sei strana. Molto. E stai bevendo the.-
-  Si, va tutto bene. Sono solo stanca.-
-  Non ti credo. Callie, stai bevendo the. Tu lo odi il the. Lo prendi solo quando sei nei casini e vorresti un caffè, ma non lo prendi perchè ti agiterebbe ancora di più.-
- Mi andava il the.-
- Mi vuoi prendere in giro? Ma davvero? Dopo tutti questi anni, Torres?. Non dimenticarti che ti conosco. Sono la tua migliore amica, ci sarà un motivo.-
Ignorando il piccolo monologo dell'amica, Callie cercò di evitare le sue domande, dirottando la loro conversazione su un argomento più innocuo.
- Ho sentito che hai nominato, una festa. Non ne so niente.-
Continuava a sorseggiare il suo the, nascondendo il suo volto nel bicchiere, eludendo lo sguardo della rossa.
- Stai bypassando l'argomento. Sei strana. Stai cercando di evitare il mio sguardo. Non ti interessa niente della festa, Torres.-
- Allora? Che dicevi della festa?-  Sbuffando, continuò ad evitare l'argomento.
- Hanno organizzato una festa a casa di Derek, ci saranno tutti gli strutturati. Si festeggia la promozione di Owen, e dobb...-
- Mi sono quasi fatta investire da un treno. Ero ferma e, semplicemente, aspettavo che mi finisse addosso.-
- Callie? Sei impazzita? Non prendi il treno per venire a lavoro.-
"Tutti gli strutturati", la mente della mora, si era fermata a quelle parole. Non aveva ascoltato oltre. La sua mente ritornò in un attimo a lei.
Arizona. Ferma in piedi ad un passo da lei.
Arizona. La sua mano intrecciata nella sua.
Arizona. Il suo sorriso che l'aveva abbagliata.
Arizona. Ci sarebbe stata anche lei.
- Non posso incontrarla. Ci sarà anche lei.-
- Callie, vorresti spiegarmi, per favore? Non riesco a seguirti. Stai blaterando.-
Si avvicinò alla mora, posando la sua mano sulla fronte dell'amica e continuò.
- Tesoro, hai la febbre? Ti senti bene?-
-No che non sto bene, Addison. Cioè si, mi sento bene. Non lo so.-
Aveva posato sul tavolo la bevanda, si era girata completamente verso l'amica, pronta a confidarsi con lei.
- Stavo bene, fino a questa mattina. Ora, ora non so più nemmeno chi sono, cosa voglio.-
- Callie, magari dovresti partire dall'inizio. Chi non vorresti incontrare alla festa?-
- Arizona.-
- La Robbins? O mio dio, avete litigato di nuovo?-
- Peggio. Eravamo sole, nella stanza del medico di guardia. Era caduta su quei cosi con le rotelle, la stavo visitando..-
- Finalmente, una volta in cui non avete litigato.-
- Lasciami finire,  Addison. Stavo per uscire, mi ha afferrato la mano. E mi guardava. Con quegli occhi. Poi mi ha sorriso. Ha intrecciato la sua mano nella mia. E sorrideva e si avvicinava e..-
- E vi siete baciate- La interruppe Addison, abbozzando un sorriso.
Riusciva a percepire la confusione dell'amica, la sua agitazione, ma non riusciva a trattenere quel sorriso.
Era una cosa che non si sarebbe mai aspettata, dato l'odio risaputo che aleggiava tra le due, ed era proprio per questo, che trovava quella situazione così strana e che la faceva sorridere.
Aveva imparato a conoscere il chirurgo pediatrico. Arizona le era simpatica, e la trovava una donna estremamente affascinante. Aveva quella bellezza, quel fascino, che riusciva ad ammaliare tutti.
Non le fu difficile,  capire come, anche la sua amica, fosse stata vittima del suo fascino.
Era risaputo da tutti, quando Arizona Robbins voleva qualcosa, riusciva sempre ad ottenerla.
- No, Addison. Non ci siamo baciate.- Si fermò per un attimo, come a dare spazio e a misurare le parole che stava per dire, subito dopo - Ma avrei voluto che lo facesse. Desideravo quel bacio, Addison. Ed è strano. Non so nemmeno io il perchè. Insomma, Addison. A me sono sempre piaciuti gli uomini. No ho mai guardato nessuna donna in quel modo. Ma quegli occhi, quel sorriso, mi fanno un effetto strano. E' lei che mi fa un effetto strano. Arizona, capisci?-
- Sei attratta da lei, Torres. E' semplice.-
- Non posso essere attratta da lei. L'ho sempre odiata. E' una donna accidenti.-
- E' una donna Callie. E quindi? Sei attratta anche dalle donne. Non c'è niente di male.-
- Ma lei?-
- Si dice che l'odio sia ad un passo dall'amore.-
- Ma smettila. Non è niente di tutto questo. Io sogno una famiglia, dei figli, un uomo al mio fianco.-
- Ma è arrivata lei, come un treno, ti ha investita con una velocità pazzesca. Arizona, una donna. Callie, non ti ho mai vista in questo stato, nemmeno per un uomo.-
- Sono solo confusa, Addison.-
- Lei ti piace, Callie. Lo devi ammettere a te stessa.-
- Non sono pronta, per questo, Addison. E' stato un abbaglio. Ne sono sicura.-
- Passo dal tuo reparto quando finisco il turno, andiamo insieme alla festa.
- Non credo sia un buona idea, Addison. Non sono pronta per incontrarla.-
- Torres? Lavorate nello stesso ospedale. Vi vedrete sicuramente.-
- Sono brava a nascondermi.-
- Ma non puoi fuggire dalla realtà.-
- Ma posso fuggire da lei.-
- Torres, sembri una bambina. La Robbins, ti ha mandata fuori di testa, accidenti.-
- Perchè ad un tratto, la trovo così talmente bella, Addison?
- Perchè finalmente, hai realizzato che ti piace, Callie.-
 
 
- Teddy! Meno male che ti ho trovata-
- Sono nel mio reparto, Arizona, ovvio che mi hai trovata.-
Si fermò per un attimo, a guardare l'amica che aveva un'espressione che molto raramente leggeva sul suo volto.
Panico.
- Arizona, che c'è? Sembri sconvolta.-
- Ho combinato uno dei miei casini.-
- Ci risiamo. Allora, chi è questa che non riesci a scrollarti di dosso? Ma non dicevi che la regola del sedurre e poi abbandonare subito dopo, funzionasse alla grande?-
Ignorando i tentativi dell'altra bionda, di interromperla, Teddy continuò a colpire scherzosamente l'amica.
- Guarda, che stavolta non fingerò di essere la tua fidanzata, come mi hai costretta a fare mesi fa.-
- Ehi, ti ho ripagata a buon prezzo per quel piccolissimo favore. Ti ho sostituita per due settimane al pronto soccorso.-
- Una. Arizona. Alla seconda, ti sei categoricamente rifiutata. Perciò, niente favori di questo genere stavolta. Allora, di chi si tratta?-
- Callie Torres.- Rispose secca.
Visibilmente preoccupata, la bionda con gli occhi verdi, prese subito parola.
- Non è possibile. Avete litigato di nuovo. E sei sconvolta. Se non ti conoscessi bene, direi che è agitazione, quello che leggo sul tuo volto.-
- Ho provato a baciarla.-
Alzò gli occhi, ed incontrò lo sguardo carico di stupore dell'altra.
- Eravamo sole, nella stanza del medico di guardia. Mi ha visitata perchè stamattina, sono caduta e..-
- Sei caduta? In ospedale?-
- Si. Ma non è questo il punto, Teddy. Ho provato a baciarla. Ero attratta da lei, da Callie, capisci?-
- Si, cioè no, Arizona. Tu la odi. Da sempre. E lei è etero, Arizona.-
- E' questo il punto, Teddy. A lei le donne non piacciono. Ma era lì, in piedi di fronte a me, così bella e ho perso il controllo. Improvvisamente ero attratta da lei. Avanzavo verso di lei e non riuscivo a fermarmi. Volevo baciarla. E lei stava ferma. Non faceva nulla, capisci?-
- Sinceramente? No, Arizona. Voi due mi confondete. Insomma, per cinque anni vi ho dovute sopportare perchè vi odiavate, non potevate stare per più di cinque minuti nello stesso posto.-
- La odio ancora, credo-
- Oh, tu non la odi. Per niente. Ho visto come le tratti le altre. Non ti agiti, non vai nel panico. Le scarichi, senza problemi. Guardati ora. Non fai altro che ripetermi quanto lei sia bella e che volevi baciarla.-
- E ora, perchè ridi, Teddy?-
- Perchè sei buffa, Arizona. Sei qui, ad arrovellarti per una donna. E non è da te. Callie Torres, ti piace sul serio, accidenti.-
- Oh, ma smettila. Mi attrae, come mi potrebbe attrarre qualsiasi altra donna, alta e mora. Ma lei non mi piace. Non in quel senso.-
 - E cos'è allora che ti preoccupa, Arizona?-
- Finalmente, siamo arrivate al punto. Devi aiutarmi ad evitarla.-
- Perchè? Lei non ti piace, in quel senso- si soffermò sulla frase appena citata dall'amica, rimarcandola sorridendo, quasi a prenderla in giro. Continuò subito dopo - E Callie è etero. Non corri pericolo.-
- Ho provato a baciarla, Teddy, una donna etero.-
- Non è la prima donna etero che seduci,Arizona.-
- Oh, puoi ascoltarmi senza dovermi interrompere ogni volta?. Non è una donna etero qualunque. E' Callie Torres.  Ci devo lavorare, insieme. Io la odio, noi ci odiamo, è così che deve andare tra noi.-
- Non ti seguo. Qual'è il problema? Mi sembra di aver capito che non vi siete baciate, no? Vi siete fermate, tutte e due.-
- Il cercapersone. Si è messo a suonare, ed è fuggita via.-
- Meglio così, allora. Ti ha risolto già lei il problema. Non volevi questo? E' la prima donna che fugge da te.-
- Smettila di scherzare, Teddy. Il problema, è che mi sono dimostrata debole, proprio con lei.-
- Ti piace, lo hai appena ammesso.-
- Ok, ok. Mi piace, accidenti. Callie Torres, mi piace. Ed è questo che non deve mai venire a sapere.-
- Sbaglio, o stamattina, glielo hai appena dimostrato?-
- Ho proprio combinato un bel casino, Teddy.-
- Cosa hai intenzione di fare?-
- Devo evitarla. Insomma, non sarà facile lavorare con lei. Non lo è mai stato, per via dell'odio. Ma almeno non c'era imbarazzo.-
- E non puoi rischiare di innamorarti proprio di lei, Arizona. A Callie piacciono gli uomini.-
- Io non mi innamoro, Teddy. Ci sarà un motivo, se mi chiamano la gelida rubacuori.-
Si era appena girata per andare via, non vide lo sguardo perplesso e del tutto scettico che l'amica le rivolse, a quell'affermazione.
E questo la diceva lunga. Molto.
 
Tintinnio di bicchieri, risate e voci sparse qua e la, stavano caratterizzando quella serata tra medici del Seattle Grace, per festeggiare la promozione a capo di chirurgia di Owen Hunt.
C'erano proprio tutti, o quasi.
- Torres, sei più affascinante del solito, questa sera!-
La voce seducente di Mark,  la fece voltare di scatto. Era in piedi, in un angolo della stanza con un bicchiere in mano e lo sguardo perso nel vuoto.
Indossava un vestito a tubino, nero, appena sopra al ginocchio, che la fasciava perfettamente. Due tacchi a spillo che la rendevano ancora più alta e slanciata, e una scollatura generosa.
Era così affascinante, che sarebbe stato impossibile non notarla.
Eppure, sembrava non accorgersi dell'effetto che scatenava su metà degli invitati.
Era distratta, tutto ciò che riusciva a fare era starsene in un angolo, a mandare giù bicchierini di alcol con una velocità tale da non riuscire nemmeno a sentirne il sapore.
- Ciao, Mark.-
- Ehi, sta attenta con quella roba.- Le rispose indicando con gli occhi il bicchiere che la mora aveva in mano.
- Tranquillo. Lo reggo bene.-
- Certo, come quella volta in cui hai lanciato il reggiseno sul divano.- Rispose ammiccandole sorridendo.
- Smettila, li avevo davvero esagerato. E stasera mi serve, l'alcol. Mi serve più che mai.-
- Giornata pesante?-
- Più o meno.-
- Secondo me, ti serve un bel ballo.-
Le si era avvicinato ancora di più, cingendole con una mano il fianco destro, e con l'altra cercò di sfilarle il bicchiere di mano.
Callie, indietreggiò appena.
- No, Mark, non ne ho proprio voglia, stasera. Il mio programma per la serata, è quello di starmene qui, in un angolo a bere.-
- Torres, vestita in questo modo, non crederai davvero di potertene restare davvero tutto il tempo in un angolo.  E non puoi rifiutare un ballo con me. C'è la fila di là che aspetta di ballare con me. -
- E allora, faresti meglio ad andare da loro, non voglio farti perdere tempo.-
- Scherzi? Potrei mai lasciare un bocconcino del genere?-
Le sorrise suadente, strappando un sorriso anche alla mora.
Sorriso che svanì all'istante, non appena i suoi occhi si posarono sulla donna che aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza.
La sua bellezza, riuscì ancora una volta a bloccarle il respiro.
Era straordinariamente bella, nel suo vestito azzurro che le risaltava quegli occhi fuori dall'ordinario. La vide salutare gli altri colleghi e sorridere e quelle fossette che le si formarono sul viso, le fecero letteralmente far tremare lo stomaco.
Aveva dei tacchi vertiginosi, e quei capelli mossi, legati fermati appena di lato, che le stavano perfettamente.
Arizona era dannatamente bella. Lo era così tanto, da togliere il fiato.
Continuava ad osservarla, ignorando lo sguardo perplesso di Mark su di lei.
- Torres, sembra che tu abbia appena visto un fantasma.-
Realizzò in quell'istante, di avere le mani dell'uomo ancora piazzate su di lei. Cercò di indietreggiare ancora di qualche passo.
Si voltò nuovamente verso quella donna, che era dall'altro lato della stanza a parlare e sorridere con gli atri colleghi. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
- Torres, ti sei incantata. Appena è entrata. Ti sei incantata a guardarla.-
- Smettila, Mark. Stavo solo guardando per vedere chi fosse arrivato.-
- Torres sono un espero in questo campo. Te la stavi divorando con gli occhi. Avevo ragione qualche giorno fà. Non sbaglio mai su queste cose.-
L'espressione e il tono convinto del bel collega, strapparono un sorriso alla bella mora.
Arizona, non l'aveva ancora notata.
Ma improvvisamente, avvertendo quella strana sensazione di dover guardare dall'altro lato della stanza, si voltò in direzione della mora.
La vide. Rimase per un attimo senza fiato. Callie era bellissima.
 Ma era con Mark.
Notò subito le mani dell'uomo addosso ai suoi fianchi. Vide Callie accennargli un sorriso.
Sentì la gelosia salirle e colpirla in pieno stomaco.
La fissava parlare e sorridere con quell'uomo. Divorata dalla gelosia, serrò la mascella e cominciò ad  a deglutire a vuoto.
All'improvviso, si paralizzò. La saliva che stava per mandare giù, le si bloccò in piena gola.
I suoi occhi, si ritrovarono in un attimo in quelli nocciola della mora.
 Si era voltata anche lei nella direzione della bionda. Di nuovo.
Incrociò il suo sguardo, i suoi occhi e sentì il proprio cuore mancare un battito.
Era perfetta. Era la perfezione così evidente di quella donna, ad attrarla in quel modo.
Vide la bionda accennarle appena un sorriso, poi la vide sparire verso il bancone delle bevande.
Si allontanò da Mark, raggiungendo la porta d'ingresso secondaria che dava sul giardino.
Aveva bisogno di aria.  Si portò davanti agli occhi, la mano sinistra.  Quella mano che Arizona le aveva stretto quella mattina, che aveva intrecciato alla sua. Chiuse gli occhi, il vento leggero le scompigliò i capelli, le accarezzò il volto.  L'immagine di Arizona entrò prepotente nella sua mente.
No. Non era possibile che stesse reagendo in quel modo. Che quella donna la mandasse in confusione.
Restò ancora fuori un altro pò per godere di quella brezza leggera.  Ma in un attimo i pensieri tornarono ad affollarle la mente. Pensieri di lei ed Arizona. Decise di rientrare. Aveva bisogno di un altro pò di alcol.
Appena varcò la soglia, i suoi occhi la trovarono immediatamente.
Non era sola.  Era seduta sul divano a bere in compagnia di una donna. Le ci volle qualche secondo per mettere  a fuoco chi fosse. Era una degli strutturati di chirurgia generale.  Una donna affascinante, magra e mora che stava spudoratamente flirtando con Arizona.
Vedeva la bionda ridere alle sue battute, non la vide scostarsi dalla mano dell'altra che si poggiò sulla sua gamba ad altezza del ginocchio. Parlavano e ridevano e, la mora, non accennava a staccare le sua mano dalla gamba di Arizona.
Provò gelosia, forse anche delusione. In fondo, c'era da aspettarselo da una come Arizona.
Si avvicinò in tutta fretta al tavolo degli alcolici.
Si stava versando della tequila nel bicchiere. Una voce che pronunciava il suo nome, la fece voltare di scatto. Lo avrebbe sempre riconosciuto, il modo in cui quella donna pronunciava il suo nome.
- Calliope-
- Arizona-
Si guardarono con imbarazzo. Fu nuovamente la bionda a parlare per prima.
- Tutto ok? Non starai esagerando?-
-  Non sono affari tuoi, mi sembra. Eri impegnata o sbaglio?-
Ad Arizona, non sfuggì il tono duro della mora.
- Cosa vorresti dire, Calliope?-
- Senti, biondina. Non azzardarti a chiamarmi in quel modo. Non lo sopporto.-
- Sei ubriaca, Callie-
- Oh, non così tanto da non notare come stavi flirtando con quella lì.-
- Non c'è niente che mi impedisce di farlo.-
Erano a pochi centimetri di distanza, l'una di fronte all'altra.
- Già. Tipico di te. Sei rimasta la stronza che eri dieci anni fa-
La guardò dritta negli occhi, con uno sguardo che non celava per niente la delusione e il disprezzo che stava provando in quel momento.
Si girò dandole la schiena. Voleva allontanarsi al più presto da quella donna.
- Callie..-
La voce di Arizona le giunse da dietro. La bloccò per un braccio.
- Callie, aspetta un attimo.-
- Arizona, per quanto mi riguarda, non abbiamo più niente da dirci.-
Si strattonò con forza dalla presa dell'altra. Sparì dietro la porta di ingresso, lasciando alle spalle Arizona, rimasta lì ferma ad osservarla andare via.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Scusate il ritardo di un giorno. Ma sono stata parecchio incasinata.
Vi auguro una buona lettura e, immancabilmente, ringrazio tutte voi che leggete e chi vorrà farmi sapere ciò che ne pensa!
 
Capitolo 7

Era strano quel giorno a Seattle. Non pioveva. Non pioveva per niente.
C'era il sole. Era una limpida giornata di inizio maggio, col sole alto nel cielo azzurro, poche nuvole, vento non fastidioso.
Era una gran bella giornata. Una di quelle giornate in cui non ti va per niente di chiuderti a lavoro, ma, vorresti startene tutto il giorno in giro per godere di quell'aria mite, dei colori tutt'intorno, del calore del sole.
E allora, perchè a lei dava così fastidio?
Non sopportava quel cielo azzurro, quel sole splendente.
Voleva la pioggia.
Se ne stava seduta al tavolo del bar dell'ospedale, con le dita che tamburellavano sul bicchiere che aveva in mano da quasi un quarto d'ora, senza riuscire a svuotarne il contenuto nella sua bocca.
Guardava fuori e disprezzava quella giornata. In altri tempi, in qualche altra situazione, avrebbe ben gioito di quella luce che splendeva fuori e, avrebbe desiderato godersela a pieno, senza starsene confinata nell'ospedale, che, seppur abbastanza grande, era pur sempre un luogo chiuso. E lei, odiava starsene rinchiusa quando fuori c'era il sole.
Quella mattina invece, era ben felice di starsene li, al chiuso ed evitare quella splendida giornata che non stava più sopportando.
Per la prima volta, stava desiderando che piovesse.
E non perchè le piacesse la pioggia. Quella dannata, splendida giornata,non faceva altro che peggiorare il suo umore già nero.
Callie Torres, era un fascio di nervi. Lo era da ben due giorni. Lo era da quella sera, da quando era sparita da quella dannata festa.
L'aveva evitata, tutto il tempo. Aveva a tutti i costi, disperatamente, evitato Arizona Robbins.
Ma non nella sua mente.
Era a lei che pensava continuamente quand'era sola a casa. Solitamente si ritrovava a fissare il vuoto, quando si sorprendeva  a pensare a lei. Succedeva all'improvviso, senza più nemmeno accorgersene.
All'improvviso, c'era lei. Non lo sopportava.
Tutto ciò, la irritava.
 Forse, stava tornando ad odiarla.
Forse, non avrebbe più dovuto evitarla a lungo.
Riusciva ad evitare di parlare con lei, persino ad avere casi clinici in comune. Ma non sempre riusciva a distogliere lo sguardo da lei quando la vedeva per caso in ospedale, al bar o al parcheggio.
Quella donna, attirava i suoi occhi come una calamita. Era riuscita finalmente ad ammetterlo: Arizona Robbins era dannatamente bella. Lo era ogni volta che sbucava all'improvviso. Era bella, lo era sempre.
Era per questo che stava cominciando ad odiare i giorni di sole. Quella giornata calda, luminosa, quel sole splendente, quel cielo azzurro, le ricordavano lei. I suoi occhi, il suo sorriso, le sue dannate fossette.
Quella splendida giornata di sole era perfetta, come lo era la bellezza di Arizona.
Eppure, non la sopportava. Non sopportava lei, la sua bellezza.
 Non sopportava che anche lei, stesse cercando di evitarla. No, non stava cercando. La evitava. Anche Arizona Robbins, la evitava.
Doveva fare un sospiro di sollievo. Forse, tutto stava tornando come prima. Sarebbero tornate ad odiarsi come prima.
 Forse.
E invece, ciò che provava ogni volta che si accorgeva che quella donna la evitava, era delusione.
Era delusa quando la vedeva evitare i posti in cui già c'era lei. Quando si sedeva ad un altro tavolo a mensa.
Era delusa. E gelosa.
 Era gelosa quando la vedeva rivolgere il suo splendido sorriso all'infermiera al bar o, a parlare e ridere seduta a mensa con altre colleghe di altri reparti. Colleghe di dermatologia soprattutto.
Arizona Robbins, flirtava continuamente con quasi tutte le donne dell'ospedale.
 Era gelosa. Insopportabilmente, eccessivamente, incoerentemente gelosa.
Arizona Robbins, sembrava aver superato facilmente quel loro strano quanto impensabile imprevisto.

Apparentemente.
 
Non dormiva da due notti ormai. La sua mente era praticamente ferma a quel giorno. A quel momento. La sua mente, era pienamente occupata da Callie Torres.
Si sorprendeva a pensare a lei quasi ogni momento e non riusciva a spiegarsi come mai, una sola, singola persona, potesse intasare completamente la sua mente.
Ma la spiegazione era semplice se i suoi pensieri si chiamavano Callie Torres.
Lottava con tutta se stessa per imporsi di stare lontana da lei, cambiare direzione quando per caso la incrociava nel corridoio dell'ospedale. Evitarla al bancone del bar.
La stava evitando, perchè era meglio così.
Si era dimostrata debole. Una sola volta. Non si doveva ripetere mai più. Non doveva sperare in nessuna relazione di nessun tipo. Non con Callie Torres.
Era e sarebbe stata una cosa impossibile.
L'unica soluzione sarebbe stata quella di non imbattersi in quella bellissima mora che da giorni le stava letteralmente facendo perdere la testa.
O, più facilmente, avere piccole, semplici, relazioni non impegnative. Ma con chiunque che non fosse Callie Torres.
Perchè, Arizona Robbins, aveva sempre adottato una sola ed unica regola: mai legarsi a lungo ad un'altra persona. La regola del sedurre e abbandonare, in fondo, aveva sempre funzionato.
Finora.
 
- Torres, hai intenzione di mangiarla quell'insalata o hai intenzione di fissarla tutto il tempo? Non ti riempirà di certo lo stomaco se continui a guardarla-
- Addie.. dicevi?-  Rispose una Callie visibilmente sovrappensiero rivolgendo lo sguardo verso l'amica.
- L'insalata, Callie. La guardi da mezz'ora e ancora non ti ho vista metterla in bocca.-
Intanto, l'affascinante rossa, col suo vassoio in mano, aveva preso posto accanto alla mora.
-Già, non ho molta fame. Per niente.-
- Troppi pensieri?-
- Uno solo in realtà.-
- La Robbins-
- Già. Lei.-
- No, pattini a rotelle è qui. Si sta dirigendo al bancone. E non è sola.-
Improvvisamente, Callie, fermò a mezz'aria la forchetta che si stava portando alla bocca.
Guardò nella stessa direzione dell'amica. La vide flirtare con un'infermiera. Era Coleen, una delle infermiere del reparto di ortopedia. Del suo reparto.
- Callie, tutto ok? Hai una cera.-
La voce di Addison, la distolse subito.
- Certo. Va tutto bene.-
- Sul serio? Sai, se non ti conoscessi bene, direi che è gelosia quella che stai provando ora.-
-Cosa?-
- Callie. Lei ti piace. Ma la vuoi evitare a tutti i costi.-
- No, Addison. Lei non mi piace. Lei è una stronza.-
- E' bella. Non c'è da meravigliarsi se tutte le corrono dietro.-
- Tranne me. Per quanto mi riguarda può fare quello che vuole.  Non è successo, e non succederà mai niente tra noi due. Anzi, sai che ti dico? La odio esattamente come dieci anni fa. Non la sopporto.-
Tornò a mangiare la sua insalata, con lo sguardo scettico dell'amica sopra di lei.
 
 
- Teddy! ti va di andare da Joe con me, stasera?- Una sorridente Arizona, aveva raggiunto il chirurgo cardiotoracico che era in piedi, a segnare qualcosa sul tabellone degli interventi.
- Arizona! Sei di buon umore, oggi! Merito di Coleen?- Rispose Teddy, rivolgendosi all'amica e restituendole il sorriso. - A proposito, come mai non ci esci anche stasera? Non dirmi che l'hai già scaricata!-
- No, finisce tardi il turno.-
- E così fate coppia fissa?-
- Cosa? No. Diciamo che.. è piacevole stare con lei. E ho già chiarito tutto, sin dall'inizio. Niente cose serie.-
- Sei la solita.- Fece un attimo di silenzio e poi, incerta aggiunse: - E Callie?-
- La sto evitando, Teddy. Non potrà mai esserci niente tra noi. Deve essere così. Ci siamo sempre odiate. Non ci siamo mai piaciute.- Rimase per un attimo a fissare il vuoto.
Palesando un sorriso forse un pò finto, riprese a parlare, ritornando a guardare l'amica.
- Allora, passo dal tuo reparto appena finisco il turno. Si va da Joe stasera.-
Senza aspettare la risposta di Teddy, girò l'angolo, sfrecciando sulle sue scarpe con le rotelle.
 

- Wow, ti sei messa in tiro stasera!-
- Non mi capita tutte le sere, di poter andare al bar con la mia migliore amica, Addison!-
Rispose alla battuta dell'amica, prendendola sottobraccio ed entrando nel bar.
Si diressero al bancone.
- Ordino io?-
- Fa pure. Ho intenzione di non pensare a niente stasera-
- Due tequila, per favore Joe-  ordinò la bellissima rossa.
- Offriamo noi, se le signore non hanno nulla in contrario.-
A quella voce maschile, le due donne si voltarono di scatto.
In piedi, dietro di loro, c'erano due affascinanti uomini, chiaramente intenzionati ad attaccare bottone con le due dottoresse.
- Perchè no?!- rispose una seducente Addison.
- Addison, ma cosa fai? Era una serata tra amiche. Una semplice serata tra amiche, senza complicazioni.-
Stampando un finto sorriso ai due uomini, Callie si avvicinò all'amica, sussurrandole all'orecchio il suo disappunto.
- Rilassati Callie. Non facciamo niente di male in fondo. Solo due chiacchiere.-
Accogliendo l'invito di Addison, i due uomini si sedettero rispettivamente accanto alle due donne.
Cominciarono a sorseggiare e chiacchierare.
Lasciandosi andare all'alcol, si misero a flirtare spudoratamente.
Addison, si era appartata appena, lasciando Callie, sola al bancone, in balia del suo corteggiatore.
Fu in quel momento, che la vide entrare. Con Teddy.
Avanzava così naturale,nei suoi jeans stretti, decolletè nere con tacco alto e maglietta che le lasciava appena scoperta una spalla.  E sorrideva. Quella donna sorrideva quasi sempre. E il suo sorriso aveva quel strano potere di incantare chiunque si ritrovasse a guardarlo. Lo trovava quasi magico. No, non lo trovava. Arizona Robbins, aveva un sorriso magico.
Distolse subito lo sguardo da lei, rivolgendolo all'uomo che in quel momento stava richiamando la sua attenzione.
 
- Arizona, tutto ok? Perchè ci siamo impalate praticamente al centro del bar?-
Prendendo l'amica sottobraccio, Teddy, guardandosi imbarazzata intorno, la trascinò al bancone.
- Sembra che tu abbia appena visto un fantasma.-
- C'è la Torres.-
- E quindi? Il bar è a due passi dall'ospedale. C'è un'alta probabilità di incontrare altri colleghi.-
- Appunto. Tra tutti gli ALTRI colleghi, doveva esserci proprio lei.-
-Teddy, Arizona.- Riconoscendo la voce della collega, le due donne bionde si voltarono leggermente di lato.
Sorridendo, risposero quasi all'unisono ad una Addison leggermente alticcia.
Callie invece, se ne stava comodamente seduta al bancone a flirtare.
Arizona spostò più volte lo sguardo in direzione di Callie e si sorprese infastidita non appena notò che alla mora, non sembravano dare per niente fastidio le avances dell'uomo.
Anzi, dalla prospettiva dalla quale la guardava, sembrava invece che ci stesse senza troppi preamboli.
Callie, non si era più voltata a guardarla. Sentiva la presenza dell'altra a pochi passi da lei, ma cercava in tutti i modi di non incontrare quegli occhi.
O non avrebbe avuto vie di scampo.
Avevano ordinato anche loro della tequila. Ne mandò giù qualche bicchiere, poi,  prima che Teddy, riuscisse a fermarla, presa da un impeto improvviso, si alzò dal bancone. Lasciando l'amica a  seguirla con lo sguardo e preoccuparsi, non appena si reso conto di dove era diretta.
 
- Torres, ti stai divertendo eh? Come si chiama il tuo nuovo ragazzo?-
Al terzo bicchiere di tequila che aveva mandato giù e, all'ennesimo sorriso che Callie aveva rivolto a quell'uomo che le era già insopportabile, decise di abbandonare il suo posto al bancone e dirigersi verso la donna mora, poco distante da lei.
Non le era ancora chiaro in mente cosa stava per fare. Tuttavia,  l'alcol, non aveva ancora fatto il suo effetto. Non è che avesse bevuto poi così tanto. Non era ubriaca. Era la gelosia che le stava annebbiando i sensi. Così, fece l'ultima cosa che avrebbe mai fatto se fosse stata completamente lucida.
Una scenata di gelosia. Una pietosa scenata di gelosia.
 Quel tantino d'alcol che aveva mandato giù, le stava semplicemente dando la spinta finale.
 
Si era diretta con passo deciso, col bicchiere ancora in mano. Lo aveva appoggiato sul bancone, vicino all'uomo poco prima di parlare dando adito alla gelosia che la stava ormai sovrastando.
- Arizona, credo che tu abbia esagerato con l'alcol. Faresti meglio a chiamare un taxi e tornare a casa.-
- Non sono così ubriaca Torres. Sono lucidissima. Non ho bisogno di chiamare nessun taxi. Tu forse, faresti meglio a tornare. Non sembri per niente lucida.-
Callie era rimasta seduta, lo sguardo sorpreso appena aveva udito quella voce e subito dopo visto Arizona in piedi di fronte a lei.
Prese dal botta e risposta, nessuna delle due, sembrava minimamente curarsi del ragazzo seduto accanto alla mora.
La bionda, restò per pochi secondi a  fissare Callie.  Non accennava a spostarsi.
Una voce familiare che le giunse improvvisamente alle spalle, la fece voltare.
- Arizona, eccoti.-
Intanto, la donna che si era appena avvicinata, l'aveva affiancata, stringendola per la vita.
Gesto che procurò non poca irritazione ad una Callie già infastidita.
- Coleen? Non eri in ospedale?-
- Ho appena finito il turno e ho pensato di fare un salto, sperando di trovarti qui.-
Callie, era rimasta ammutolita, ad osservare l'intera scena.
- Dottoressa Torres. Anche lei qui. E in buona compagnia vedo.- La salutò l'infermiera, bonaria, ignara della bizzarra situazione che si era appena creata.
-Già. Stavamo giusto andando via.- fu la riposta del chirurgo ortopedico all'infermiera.
Si alzò dallo sgabello sul quale era seduta e lanciando uno sguardo di irritazione e quasi di sfida ad Arizona, si diresse verso l'uscita, accompagnata dall'uomo che aveva appena conosciuto quella sera.
 

-Callie! Sei sparita ieri sera! Dimmi un pò.. concluso bene la serata?-
Una raggiante Addison raggiunse il chirurgo ortopedico al bar dell'ospedale, aveva appena preso un cappuccino.
- Uno anche per me, per favore!-
- Addison, perchè invece non mi racconti tu? Sei di ottimo umore, vedo!-
- Oh, non c'è niente da raccontare. Ho concluso la serata con Teddy. Sai, è molto simpatica.-
- Teddy? Che c'entra Teddy?-
Portando alla bocca il suo cappuccino, e rivolgendo una smorfia all'amica, rispose subito accennando una finta irritazione.
- Sei sparita, con quello. Arizona era in compagnia di Coleen e così, abbandonate dalle nostre migliori amiche, abbiamo concluso la serata insieme, tra tequila e chiacchiere tra donne.-
- E quel ragazzo che non ti si scrollava di dosso?-
- Oh, non era il mio tipo. Era così noioso.-
Sbuffando goffamente, riprese a bere il suo cappuccino. Improvvisamente, ruppe nuovamente il silenzio, con una battuta che di certo, per Callie, non fu la più felice da ascoltare.
- E' un'infermiera del tuo reparto, giusto? Coleen intendo.-
- Si, lo è- Rispose secca la mora.
- Sembrava molto intima ieri sera con pattini a rotelle.-
Finendo di bere il suo cappuccino, e stringendo con tutta la forza che aveva, il cartone che conteneva il liquido, prima di gettarlo, rispose all'amica.
- Non mi interessa,Addison. Ora vado, sono già in ritardo.-
Prendendo la sua borsa, si diresse verso gli ascensori.
 
 
- Dottoressa Robbins, ha bisogno della dottoressa Torres per un consulto?-
- No, grazie Rose. Sto aspettando Coleen.-
Sentendo una voce familiare giungerle alle spalle, si voltò di scatto.
- Robbins, ti scomodi pure per venire a trovarla durante il lavoro.. Non è professionale. E ti sia chiara una cosa, non voglio nessun tipo di incontri che non siano di lavoro, nel mio reparto.- La sua voce era piena di irritazione.
- Tranquilla Torres. La sto solo aspettando per andare a mensa. Se non sbaglio, fra cinque minuti siamo in pausa pranzo.-
Rispose la bionda, restituendole la stessa irritazione.
Dopo un breve attimo di silenzio, ricominciò a parlare, sfoggiando tutto il tono sarcastico di cui era capace.
- Conclusa bene la serata con quel tipo, ieri sera?-
- Divinamente, direi. Sai, è molto interessante.. e non solo..- Rispose accennando un finto sorriso alla bionda che intanto, aveva serrato la mascella, irritata dalla risposta della mora.
In fondo, se la stava cercando sola.
- Oh, ecco Coleen. Buon pranzo, dottoressa Robbins.-
Lanciando un'ultima occhiata fulminante alle due donne, sparì dalla loro vista.
- Arizona, tutto ok? Sei strana.-
Era rimasta impalata ad osservarla andare via, e non riusciva a bloccare quel tremore allo stomaco che era sopraggiunto appena udite le parole del chirurgo ortopedico. Ad un tratto, non ebbe più fame.
Rivolgendo un enorme sorriso a Coleen, enormemente finto, rassicurò l'infermiera, incamminandosi verso gli ascensori.
 

Erano passate più di due settimane, e nessuna delle due, sembrava più pensare a quel loro imprevisto, che sembrava ormai lontano.
Arizona, usciva spesso con Coleen, non si trattava di una vera e propria relazione.
Semplicemente, si ritrovavano a trascorrere qualche serata insieme e spesso la concludevano a casa di una o dell'altra, senza che ci fosse qualcosa di serio. Non c'erano sentimenti, non c'era nessun tipo di coinvolgimento se non puramente sessuale. Era una situazione, che ad Arizona andava più che bene.
Imponeva lei di solito le regole, in qualsiasi tipo di relazione.
 
Callie, invece, aveva cominciato a  fare coppia fissa con Scott, il ragazzo del bar.
Uscivano quasi sempre la sera e lui andava spesso a prenderla a lavoro. Non provava sentimenti, ma trovava piacevole passare del tempo con lui.
 
Non si erano più ritrovate a discutere di quel loro momento. Semplicemente, evitavano di farlo.
Sembrava che tutto, fosse tornato come prima.
Avevo ricominciato ad odiarsi come prima.
L'intensità delle loro battute sarcastiche, dei loro sguardi carichi di irritazione, quel loro non sopportarsi quando si ritrovavano nello stesso posto, era anzi, diventata maggiore.
Capitava spesso, che avessero casi clinici in comune, di dover trascorrere ore in sala operatoria insieme, o di ritrovarsi insieme agli altri colleghi al bar o a mensa, e loro, erano sempre insopportabilmente in contrasto.
La loro incompatibilità divenne ancora più eclatante  da quando avevano intrecciato relazioni con altre persone.
L'astio sembrava essere ritornato, la gelosia,invece, sembrava non aver mai dato tregua al loro stomaco.
Ritornava sempre, puntuale come una morsa, ogni qualvolta una sorprendeva l'altra in compagnia di un'altra persona.
L'odio e la gelosia tormentavano entrambe, facevano tremare lo stomaco, irrigidire i muscoli del viso, ingoiare bocconi amari.
L'attrazione da parte di entrambe, continuava ad essere innegabile. Almeno a loro stesse.
La bellezza di Arizona, continuava a fare a Callie, lo stesso dannatissimo effetto. Ogni volta che si ritrovava a guardarla, la trovava di una bellezza estrema. Le sembrava ancora più bella, quando la vedeva irrigidirsi per la rabbia, durante i loro innumerevoli scontri. 
Arizona, combatteva contro i suoi accelerati battiti del cuore, quando improvvisamente si ritrovava ad immergere i suoi occhi, in quelli nocciola dell'altra, quando si ritrovava immersa nell'innegabile sensualità della mora, quando si ritrovava a fissare quelle labbra che le scagliavano contro parole di irritazione e avrebbe solo voluto soffocarle, semplicemente poggiando le sue labbra su quelle carnose dell'altra.
 

Dottorandi e strutturati del Seattle Grace Hospital furono scelti per aiutare in un complicato intervento in un ospedale di Boise.
Tra gli strutturati, pronti alla partenza, c'erano anche Callie e Arizona.
Arizona, fu quasi la prima a salire. Prese immediatamente posto, come  a voler soffocare, la sua paura di volare. Il chè, sembrava una cosa impossibile, dati i suoi costanti voli, ogni sei mesi nel caldo continente.
Aveva da poco chiuso gli occhi. Cercava di rilassarsi. Un movimento alla sua destra, glieli fece aprire immediatamente.
- Robbins, a quanto pare, è l'ultimo posto libero.-
Perfetto. Tra tutti i medici che avevano preso parte a quel viaggio di lavoro, la Torres doveva sedersi proprio accanto a lei. A lei che aveva paura di volare e la mora, rappresentava l'ultima persona alla quale mostrare la sua debolezza.
-Torres, fammi un favore. Sta semplicemente zitta.-
Fu la risposta secca che la bionda rivolse al chirurgo ortopedico che si era appena messa a sedere.
L'aereo era decollato da pochi minuti. Appena fu alto nel cielo, l'ansia cominciò ad assalire il chirurgo pediatrico.
La mora, sembrava non accorgersene. Aveva gli occhi chiusi e si rilassava ad ascoltare la musica del suo ipod.
Si sentì improvvisamente sfiorare il braccio. Subito dopo, lo sentì stringere. Aprì gli occhi per incrociare quelli preoccupati della bionda, che improvvisamente ritirò la sua mano, voltando il suo volto verso il finestrino.
Mossa sbagliata. Ma non voleva che l'altra scoprisse quella sua piccola debolezza.
- Arizona, va tutto bene?-
Aveva sfilato le cuffie e si era completamente rivolta verso la bionda.
- Certo, Torres. Rimettiti le cuffie e lasciami in pace.-
Infastidita dal tono secco e poco gentile dell'altra, Callie tornò a voltarsi frontalmente rimettendosi le cuffie.
Il pilota, decise proprio in quel momento, di far compiere una piccola virata all'aereo che fece precipitare il povero chirurgo pediatrico in preda all'ansia.
Cominciò a torturarsi le dita. Ed ingoiare a vuoto.
- Dovresti chiudere gli occhi e provare a rilassarti.-
- So quello che devo fare Torres. Non è certo la prima volta che prendo l'aereo.-
- Appunto. Vorrei capire come cavolo fai ad affrontare diciotto ore di viaggio ogni volta.-
- Tequila. E una lunga dormita.-
- Cosa?-
- Hai capito benissimo.-
- Ti chiamo la hostess e ti faccio portare dell'alcol allora.-
- Sei impazzita? Non crederai davvero che mi possa mettere a bere quando c'è praticamente quasi l'intera equipe di chirurgia su questo dannato aereo.-
- Come vuoi.-
- Fatti gli affari tuoi Torres. Ritorna ad ascoltare la tua dannata musica.-
La vide chiudere gli occhi e tentare di rilassarsi.
Sembrava finalmente essersi addormentata.
Si girò per guardare fuori dal finestrino. Amava osservare le nuvole quando volava. E invece, si sorprese ad osservare il perfetto profilo di quella donna bionda seduta a pochi centimetri da lei.
Era bellissima. Anche quando dormiva.
Non si rese conto, di quanti minuti rimase ad osservarla. Troppi.
Tornò a guardare dritta, doveva a tutti i costi distogliere lo sguardo da quella perfezione.
Chiuse anche lei per un attimo gli occhi. Sentì un peso sulla spalla e di nuovo, una mano stringerle il braccio.
Si voltò in direzione della donna seduta accanto a lei. Dormiva e non si rese conto di essersi appoggiata alla mora come a cercare protezione.
Avvicinò per un attimo la sua fronte a quella di Arizona che non accennava a svegliarsi.
La guardò, guardò il braccio della donna intrecciato al suo, la sua espressione più serena.
Riprese ad ascoltare musica. Riusciva a sentire il profumo di quella donna appoggiata a lei, il suo respiro ora regolare, sul suo collo.
Per un attimo, desiderò che quel viaggio non avesse una fine.
Ma invece stava per finire.
La sentì improvvisamente muovere, poi, la spalla più leggera e il braccio libero.
Si voltò a guardarla. Si era svegliata. L'espressione di evidente imbarazzo ed irritazione dell'altra, le strapparono un sorriso.
- Finalmente, Robbins, pensavo non ti svegliassi più. Cominciavi a pesarmi.-
- Io.. io.. -  Ancora frastornata dal viaggio e dal sonno, Arizona, sembrava essere sovrastata dall'imbarazzo.
- Ok, ho paura di volare, Torres. Ora per favore, togliti quel sorriso idiota dalla faccia.-
- E come una bambina hai cercato rifugio.-
- Ero in preda al sonno. Non l'ho di certo fatta apposta. Cosa credi? Che volessi dormire abbracciata a te?-
- No. Ma è quello che hai fatto, per tutto il volo. -
- Torres, sei sempre così insopportabile.-
- Robbins, al ritorno siediti lontana da me.-
- E' proprio quello che ho intenzione di fare, Torres.-
 
Poco dopo, raggiunsero l'albergo che avrebbe ospitato i medici del Seattle Grace per i tre giorni successivi.
Era il momento dell'assegnazione delle stanze.
L'annunciò che seguì poco dopo, fece rimanere di stucco entrambe.
- Dottoresse Robbins e Torres,  vi è stata assegnata la stanza 502.-
Si girarono a guardarsi contemporaneamente negli occhi con un'espressione di sbalordimento sul volto.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Sono in ritardo, lo so! Scusatemi!
Ringrazio tutte voi che ancora seguite la mia storia e vi auguro una buona lettura :)
 
Capitolo 8

- Mi creda, le sto dicendo che sicuramente si tratta di un errore. Noi siamo due strutturati non specializzande. Abbiam....-
- Abbiamo diritto ad una stanza singola.- Intervenne a quel punto Arizona, snervata dalla situazione bizzarra.

 Rimaste ormai le uniche nell'hall, le due dottoresse si erano dirette al banco della reception, entrambe con un'unica intenzione: cambiare assolutamente stanza.

Quel momento di panico iniziale non durò che qualche minuto. E ora, eccole li, in piedi una accanto all'altra ad inveire contro il receptionist, il quale, non sapendo come spiegare loro, che il problema non poteva essere momentaneamente risolto, trovò, fronteggiare le due donne, una delle imprese più ardue in tutta la sua carriera sino ad allora.
Ne Callie ne Arizona, erano infatti intenzionate ad accettare una risposta negativa alla loro semplice richiesta.

- Signore, sono desolato, ma come già vi ho spiegato, al momento risulta impossibile trovare una soluzione. L'ala est dell'albergo non può essere utilizzata per problemi di serviz...
- Senta, a me non importa niente dei vostri problemi, eccetera eccetera.. La nostra è una semplice richiesta.-
La bionda aveva cominciato a tamburellare con le dita sul bancone, il volto contratto dall'irritazione, gli occhi che guardavano il povero malcapitato, in modo alquanto minaccioso. Non riuscendo ad ascoltare oltre, decise di interrompere il ragazzo, ammutolendolo in un istante con uno dei suoi toni più duri dei quali disponeva quando si ritrovava in una situazione di pieno nervosismo.
- Scusi la mia collega,è un tipo molto irascibile e reagisce sempre in questo modo quando è nel panico. Ritornando a noi, ti do del tu, sembri così giovane, hai un viso da bravo ragazzo, intelligente e disponibile, sono sicura che riuscirai a risolvere al più presto questo piccolissimo problema..-
La bella mora, non esitò un istante a porre rimedio all'atteggiamento scorbutico della bionda, provando a cambiare tattica, disposta a fare gli occhi dolci al giovane receptionist, pur di non ritrovarsi a dover condividere la stanza con il chirurgo pediatrico.
- Cosa? Cerchi di risolvere il problema con le lusinghe? E così io sarei il poliziotto cattivo e tu il buono? Non le dia retta, sono un chirurgo pediatrico, lavoro tutto il giorno con i piccoli umani, non sono per niente un tipo irascibile. -
- Dottoressa, mi creda non mi permetterei mai di pens...
- Ok, perfetto. Allora veda di risolvere al più presto il problema. E' quasi l'una di notte e vorrei andare nella mia stanza. Non stia qui impalato, faccia qualcosa, chiami il direttore se necessario.-
Con tono ancora più duro e secco di quello che aveva usato in precedenza, Arizona ammonì ancora il povero ragazzo, palesando tutta la sua indole nel comandare, che era solita utilizzare anche sul lavoro.
Callie , dal canto suo, se n'era stata ad osservare ed ascoltare la bella collega intenzionata a dare sfoggio di tutta la sua scontrosità e irritabilità. La guardava di sottecchi e sorrideva leggermente dell'atteggiamento del chirurgo pediatrico, del tutto incoerente con ciò che invece aveva appena affermato sul proprio conto.
Intanto, il ragazzo in divisa, si era appena allontanato, sparendo dietro una porta riservata al personale.

- E poi tu saresti quella non irascibile? Arizona, te lo sei praticamente mangiato vivo quel povero ragazzo. Credi che intimorendolo, riuscirai a risolvere il problema?
E tu credi che ammiccando e adulando, risolverai il problema? Senti Torres, non ho intenzione di passare tutta la notte qui, nella hall di questo dannatissimo albergo a litigare con non so chi, ne tanto meno ho intenzione di dividere la stanza con te. Perciò, si, il mio metodo è più che giusto.-
- Non siamo in ospedale, ne tanto meno nel tuo reparto, non puoi metterti a comandare chi vuoi, purchè..-
- Sta zitta Torres. Non siamo nemmeno in un bar mi pare, eppure ti sei messa a flirtare e abbordare quel..-
- Robbins, stavo semplicemente rimediando alle tue spiccate doti di indisporre chiunque ti capiti a tiro-
- Credi di essere migliore di me? Ok, ti do carta bianca. Risolvi tu il problema allora. Vai, fai a modo tuo.-
 
Erano a pochi passi l'una dall'altra, a fronteggiarsi e guardarsi negli occhi, con aria di sfida.
 
Erano quasi le due del mattino, con la chiave pronta in mano, si accinse ad aprire la porta della stanza 502.
Era esausta, arrabbiata e pienamente contrariata dall'assurda situazione in cui si era ritrovata.
Fece qualche passo dentro la stanza, con la valigia ancora in mano e cercava con gesti frenetici di trovare l'interruttore della luce.
Non lo trovava, l'unico spiraglio di luce, era quello che entrava dal corridoio dell'albergo, la porta, non era stata ancora richiusa.
La sentì richiudere poco dopo, o meglio, si accorse che era stata richiusa non appena si ritrovò immersa nel buio della stanza.

Qualcuno le andò a sbattere contro. Callie.
 
- Perchè diavolo, non hai ancora acceso la luce, Arizona?-
- Perchè ancora non ho trovato quel dannato interruttore. Mi sembra semplice la risposta, Torres.-
- Robbins, si da il caso che in ogni stanza, l'interruttore della luce si trovi proprio vicino la porta.
Ad un tratto, la stanza si illuminò di una fioca luce gialla.
- Toh, visto? Non era poi così difficile, Robbins.-
Si ritrovarono quasi appiccicate, ancora vicino l'ingresso, con un'espressione entrambe, di contrarietà sul volto. E non solo.
- Torres, non darti tante arie. E così avresti risolto il problema giusto? Sei stata così, brava. Toh, stanza doppia da condividere!-
- Senti biondina, era praticamente impossibile risolvere il problema a quest'ora. Una parte dell'albergo è fuori servizio. Le stanze funzionanti sono tutte interamente occupate.
- Potevamo sempre cercare un accordo-
- Ah, si? E quale? Sentiamo.- Le rispose a tono la mora incrociando le braccia al petto.
Arizona si era allontanata di qualche passo, prendendo in mano la sua valigia e dirigendosi verso uno dei letti. Con gesti di stizza, poggiò la valigia sul letto. La aprì e si mise a cercare il pigiama che non riusciva a trovare tra gli altri indumenti.
Callie era rimasta ancora ferma all'ingresso, ad osservarla e ad aspettare la risposta della bionda alla sua provocazione. Non tardò ad arrivare.
- Per esempio, avremmo potuto scambiare la stanza con qualcun altro dei nostri.-
- Ma che fantastica idea. Davvero. Alle due di notte, mentre sono tutti già a dormire nel proprio letto e soprattutto nella propria stanza.-
- Siamo medici, siamo abituati a svegliarci di notte, per situazioni di emergenza.-
- E questa sarebbe una situazione di emergenza?-
- Condividere forzatamente la stanza con te? Certo che lo è, Torres.-
- Senti Robbins, non piace nemmeno a me la cosa. Ma per questa notte non possiamo fare altrimenti. Quindi mettiamoci l'anima in pace e smettila di discutere. Ora vorrei solo andare a letto al più presto.-
- Ti avverto, io dormo solo e completamente al buio e in completo silenzio. Vedi di adeguarti, Torres.-
- Smettila di comandare Robbins, non sono di certo un tuo specializzando. Vada per il buio, ma togli la tua valigia dal mio letto.-
- Cosa? No, non ci penso nemmeno. L'ho scelto prima io, sono abituata a dormire vicino la finestra.-
- Anch'io. Come la mettiamo? Non mi sembra che tu sia stata tanto gentile da chiedermi quale letto preferissi. Dovresti rimediare alla tua arroganza cedendomi quel letto.-
- Si chiama mobbing questo lo sai? Potrei denunciarti.-
- E la tua si chiama prepotenza, lo sai? -
- Torres, sarà la notte più lunga della mia vita. Non ti sopporto.-
- Nemmeno io, Robbins.-
 
 
Sospirando rumorosamente, spostò la sua valigia già aperta, sul letto accanto.
Era ancora intenta a cercare il suo pigiama. Non lo trovava.
Canotta e pantaloncini corti. Era quello il suo pigiama solitamente in quel periodo dell'anno.
Rovistava nella valigia già da quasi un quarto d'ora, rassegnandosi, non fu più tanto sicura di averlo portato con se.
Intanto la mora, era sparita in bagno a prepararsi per la notte. Una  bella doccia rilassante, dopo quel trambusto di poche ore prima e sarebbe stata pronta per una bella dormita rigenerante.
Indossava una maglietta a manica corta, almeno due taglie più grandi e che le arrivava a metà coscia, lasciandole scoperte le sue lunghe gambe ambrate e perfette.
Uscì dal bagno, richiudendo la porta dietro di sè.
 E per un attimo le mancò il respiro.
Arizona era in piedi al centro della stanza, con solo degli slip addosso e una t-shirt aderente che arrivava sino al mordo delle mutandine. Ed era scalza.
Aveva un corpo perfetto. Pelle chiara, lucida, gambe slanciate. Era così semplice e naturale. E innegabilmente attraente.
Non si era accorta della presenza della mora rimasta lì in piedi  a fissarla, era con la testa china a leggere dei documenti medici.
Fece qualche passo verso il suo comodino, facendo ricadere sopra di esso i fogli che stava leggendo.
Fu in quel momento che si accorse che Callie era uscita dal bagno. Non seppe dire da quanto, la trovò lì in piedi a fissarla.  Era a pochi passi da lei. E di fronte a lei.
E in quel momento, quella stanza le sembrò terribilmente e pericolosamente piccola.
I suoi occhi si posarono subito sulle lunghe e perfette gambe della mora e si ritrovò ad ingoiare a vuoto diverse volte.
Callie Torres, era dannatamente sexy.
Lottò con se stessa, per distogliere lo sguardo da quel corpo che la stava attirando come una calamita.
 
- Finalmente, Torres. Pensavo non uscissi più da quel bagno.- gracchiò col suo tono acido che era solita riservare alla mora.
Callie fece qualche passo in avanti, lasciando libero il passaggio al chirurgo pediatrico.
Avrebbe dovuto prendere un'altra direzione. Se la ritrovò ad un palmo da lei, così vicina e quasi mezza nuda. Provò un forte desiderio di avvicinarla ancora di più, di posare le sue mani sulla pelle nuda dell'altra.
E invece, si arrestò, e con lo stesso tono sarcastico della bionda, non tardò a risponderle.
- E' tutto tuo. Robbins. Non sei abituata ad aspettare gli altri. E' tipico di te. Sei abituata a comandare e a voler tutto e subito.-
- Oh, e quest'accusa viene proprio da te? Mi hai praticamente costretta a cambiare letto.-
Si fronteggiavano, guardandosi negli occhi e lottando con se stesse per non far scivolare lo sguardo oltre.
O non avrebbero potuto negare, una, la bellezza dell'altra.
Non restava loro che litigare per riuscire a nascondere l'attrazione che stavano provando entrambe in quel momento. Questo, le avrebbe potute allontanare, salvarle da quel pericolo che poteva arrivare da un momento all'altro.  Si nascondevano dietro le loro battute sarcastiche.
Ed era vero che la maggior parte delle volte non si sopportavano, era da sempre stato così tra loro. Erano da sempre state incompatibili l'una con l'altra.
 Fino ad allora.

Fino a quel punto di non ritorno.

- Robbins, non vorrai metterti a fare la bambina ora, perchè non hai ottenuto quello che volevi.-
- Tranquilla Torres, ormai sono abituata a te che ti appropri delle mie cose.-
- Oh, ti riferisci a quando ti fregai il taxi dieci anni fa.-
- Già, e da allora non sei per niente cambiata. Eri e sei così irritante Torres.-

Callie rimase a fissarla, ferma a pochi centimetri. Arizona era seria, il viso leggermente arrabbiato, infastidito. E per un attimo, le ritornò alla mente la scena di quel ricordo, avvenuto così tanti anni prima.
 Rivide quella ragazza bionda, che la teneva per un braccio, il suo viso contratto in una smorfia di irritazione, quegli occhi così blu che la guardavano gelidi, quell'aria fiera. 
Quella sconosciuta, della quale ancora non conosceva il nome e che pensava, non avrebbe più incontrato  nella propria vita.
Ritornò a guardare dritta, e si ritrovò davanti quella ormai splendida donna bionda. I suoi occhi incrociarono quelli blu dell'altra. Aveva quasi la stessa espressione, quell'aria feria anche dopo dieci anni.
Sentì il cuore accelerare di qualche battito e una sensazione di vuoto nello stomaco.
Aveva di fronte a se quella stessa ragazzina che ora, dopo dieci anni, era diventata una donna stupenda, di una bellezza fuori dall'ordinario.
Si accorse, che la bionda la guardava aspettando una risposta. Aveva un'espressione confusa sul volto.
Ed era in biancheria intima. Naturale, col suo corpo perfetto. Adorò quell'espressione che le sembrò così buffa in quel momento.
Arizona era ancora ferma di fronte a lei e la guardava stranita. Notò lo sguardo strano della mora su di se.
 
Callie, si decise a parlare. Doveva distogliersi da lei, da quella bellezza. Fece di tutto per ritrovare il solito tono aspro.
- Robbins, anche tu  sei sempre così fastidiosa ed esasperante e..-
Si fermò a guardarla ancora un volta, stringendo a pugno le mani che stavano cominciando a sudare. Ricominciò a parlare.
- E la maggior parte delle volte sei insopportabile e detestabile e sei odiosa.. e sei..-
Spezzò di nuovo quelle parole, fece vagare lo sguardo sulla meravigliosa donna a pochi passi da lei, e sentiva lo stomaco tremare, le mani che non smettevano di sudare e un forte desiderio che cominciava ad impadronirsi di lei.
La vicinanza di quella donna, le stava facendo quell'effetto così inatteso e imprevedibile.
Si inumidì le labbra sfiorandole con la lingua, fece qualche passo in avanti per diminuire quella distanza che in quel momento le separava.
- E sei così... - il suo sguardo vagò ancora una volta sul corpo di Arizona, poi ritornò a guardarla negli occhi. Le mosse ancora incontro, consapevole dello sguardo incerto e disorientato dell'altra che non aveva smesso di fissarla.
Distese le braccia, sfiorando le spalle nude della bionda, le accarezzò, la sospinse leggermente verso di se portando la sua mano sul quel viso d'angelo, che era ferma quasi ad aspettare per vedere quale sarebbe stata la sua prossima mossa.
Arizona non si muoveva, l'aspettava.
Sentì il petto battere all'impazzata e una strana sensazione allo stomaco.
Non faceva niente, non voleva fare niente. Voleva che quella splendida donna, con la sua bellezza disarmante quel corpo così perfetto e sensuale, le si avvicinasse ancora di più.
Desiderava quel contatto.
Non attese a lungo.
 Sentì la mano di Callie, sulla sua guancia. Le stava accarezzando il viso.
Alzò lo sguardo per incontrare quegli occhi così grandi e profondi, nei quali tante volte, si era immersa anche nei momenti in cui litigavano. Quegli occhi nocciola, erano sempre riusciti ad incantarla.
Callie non smetteva di accarezzarla,  le sorrideva scrutando quegli occhi.
Un altro passo verso di lei,  annullò la distanza tra loro.
  La sua mano ancora ferma sul viso di Arizona e, finalmente, le sussurrò quelle semplici parole che stava ancora soffocando e che le uscirono senza riuscire a fermarle.
- E sei così bella, Arizona.-
Sentì la bionda irrigidirsi, ma aveva ancora quegli occhi blu incollati ai suoi.
Luccicavano e la fissavano.
La vide inclinare leggermente il viso di lato,  il leggero peso della sua guancia sulla sua mano e la sentì muovere contro di essa.
Percepì la sensazione più dolce che riuscì a provare in quel momento.
Non vide la solita, testarda, arrogante, insopportabile Arizona. Le sembrò quasi indifesa tra le sue mani.
Per la prima volta, vide la donna più tenera che fosse mai riuscita a vedere. E la più bella.
Poi sentì chiamare il suo nome, da lei, dall'unica donna che la chiamava in quel modo.
- Calliope.-
 E si rese conto, che Arizona, pronunciava il suo nome in modo perfetto. Come nessun altro sarebbe mai riuscito a fare.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Buona lettura!
E un sincero grazie a chi continua a seguirmi :)
 
Capitolo 9

Sembrava che il tempo si fosse fermato per qualche istante. O forse, si era accelerato come mai avrebbero pensato.
Litigavano da ore. Avevano litigato durante il viaggio, avevano litigato  appena arrivate in albergo alla reception e avevano continuato in stanza e, pochi istanti prima, stavano litigando. Pochi istanti prima, di quel momento in cui il tempo sembrava davvero essersi fermato.
Callie spostò il suo sguardo dalle labbra della splendida donna a pochi passi da lei, per immergerli nel blu dei suoi occhi.  Staccò l'altra mano dalla spalla e la portò sull'altra guancia.
Aveva il dolce, stupendo, incantevole viso di Arizona tra le mani. Tra le sue mani.
Poggiò per un attimo la sua fronte su quella dell'altra e le fece tenerezza lo sguardo di Arizona su di se.
 E le sorrise. Dolcemente. E in cambio, ricevette quell'irresistibile sorriso che aveva da sempre visto solo e soltanto a lei. Arizona aveva quel sorriso quasi magico.
 Poi vide quel strano luccichio nei suoi occhi. La desiderava. E lei desiderava Arizona. Era attratta da lei.
 Lo era sempre stata. Era quell'Arizona testarda, fastidiosa, sicura di se ad attrarla in quel modo e riusciva ad essere attratta da lei anche quando non leggeva altro che tenerezza in quella bellissima donna.
La maggior parte del tempo si ritrovava a dover combattere con un Arizona insopportabile e altamente fastidiosa, ma in quei pochi momenti in cui aveva goduto della dolcezza della bionda, aveva creduto di perdere la terra sotto ai piedi.
Era quel suo modo di essere così contrastante, che l'attirava come mai le era successo prima.
E non le era davvero mai successo di essere attratta da una donna. Da un'altra donna. E non riusciva a spiegarsi perchè, quella donna, riuscisse a farle quell'effetto così disarmante. L'unica.
Lei era impegnata con un uomo. Non lo amava ancora, ma comunque le piaceva.
Ma non come le piaceva Arizona.
Non si perdeva nei suoi occhi come le succedeva sempre quando si ritrovava a fissare quelli così blu ed intensi di Arizona; Non riusciva ad ammaliarla il suo sorriso, come era sempre riuscito a fare quello di Arizona. La sua vicinanza non le procurava quelle fitte insopportabili che provava quando Arizona le era vicino. Non era gelosa di lui, come lo era di Arizona.
I suoi occhi, il suo sorriso, persino il suono della sua risata non potevano competere con quelli di Arizona.
E non aveva quelle dannate fossette.
 Le aveva sempre trovate irresistibili ogni volta che comparivano sul suo volto così all'improvviso, quando parlava, quando era arrabbiata, quando sorrideva.
Ma lei era una donna. E c'era quella strana sensazione, quella domanda che la tormentava ogni volta. Alla quale ancora non sapeva dare una risposta. Sarebbe mai riuscita ad amare davvero una donna?
 
 - Sei così bella e io.. -
- Sta zitta e baciami, Torres!-
Sorrise. Era ritornata l'Arizona che conosceva. O quella che lei le faceva vedere. Perchè, sapeva benissimo, la vera Arizona era ben altro.
Ma a lei piaceva anche così. In fondo, era così che l'aveva conosciuta.
Continuò ad accarezzarle il viso, le parole le morirono in bocca e si avvicinò, l'avvicinò a sè. Le sfiorò le labbra con le sue. Indugiò qualche istante in quella posizione, poi si staccò leggermente, sfiorò il naso col suo e di nuovo tornò su quelle labbra. Le toccò ancora.
All'improvvisò si staccò, si allontanò di qualche centimetro per poterla guardare negli occhi.
Sentiva il cuore uscirle dal petto, avvertiva l'impazienza di Arizona.
Si guardavano, si scrutavano, comunicavano con gli occhi. Rimanevano in silenzio.
Ritornò a guardare quelle labbra, poi chiuse gli occhi e la baciò. Lentamente. Sentì il sapore di Arizona, divenne ad un tratto impaziente.
 La baciò per secondi interminabili. Sentì l'altra rispondere con insistenza.
 E allora, l'attirò ancora di più a se.  Annullò completamente la distanza tra loro, fino a quando si rese conto che più di cosi non poteva avvicinarla. La strinse tra le braccia. Non smise di baciarla.
Fu dolce all'inizio, poi divenne un bacio carico di desidero. Si cercavano con frenesia. Si staccarono quando ebbero bisogno di respirare di nuovo. Ma senza allontanarsi. Rimasero una appoggiata all'altra, a respirare una l'aria dell'altra.
Fu Arizona questa volta a ricominciare a baciarla. E Callie capì che non aveva via d'uscita. Rispose con lo stesso desiderio al suo bacio.
Poi si staccò. Bruscamente.
Ebbe paura. Una strana, indomabile sensazione di paura. Ad un tratto non seppe più cosa stava facendo.
Sentì la bionda irrigidirsi, alzò di nuovo il suo sguardo per incontrare quello confuso dell'altra.
Si allontanò ancora da lei. Staccò le sue mani dal corpo di Arizona.
 Si girò dandole le spalle.
Arizona rimase lì in piedi, senza dire una parola.
Rimase a fissare la sua schiena. Poi la sentì parlare.
- Cosa stiamo facendo Arizona! Io sto con un uomo, accidenti. Non sono pronta per..-
- Per cosa non sei pronta Callie? Sei stata tu a cominciare tutto questo.- Rispose la bionda alzando il suo tono di voce già irritato.
Quel momento improvviso, come era iniziato era già finito. Si era tutto completamente dissolto nell'aria come se non fosse mai realmente accaduto davvero.
In pochi secondi tornarono ad essere lontane come non mai.
Ritornarono a fronteggiarsi.
- Non so cosa mi è preso, ok? - aveva cominciato ad urlare anche la mora. -
- E quindi credi di poter fare come credi, giusto?- La bionda non abbassava il tono di voce, continuò ad allontanarsi dirigendosi verso il proprio letto.
- Arizona, da quando sei rientrata nella mia vita, hai ricominciato ad incasinare di nuovo tutto.-
- Io non ho fatto un bel niente, Torres. Sei stata tu a baciarmi per prima. E sei stata tu a voler smettere.-
- Non sono stata io a baciarti per prima, Arizona!-
- Lo hai appena fatto, Callie!-
Gridavano, quasi a voler coprire una la voce dell'altra. Il desiderio che ancora aleggiava tra loro si stava pian piano trasformando in qualcos'altro. In qualcosa che c'era da sempre stata tra loro. Irritazione, avversione, risentimento. Ma l'attrazione, quella, non cessava di esserci. Rimaneva. Sempre.
E le tormentava, entrambe.
- No! Sei anni fa. Ad una festa degli specializzandi. Eri ubriaca, ero entrata in una stanza della casa in cui c'era la festa. Cercavo un posto per appartarmi con un ragazzo, ero leggermente brilla, ma non ero ubriaca. C'eri già tu in quella stanza. E sembravi.. sembravi gelosa. E volevi tornare a casa. Sola.-
Arizona la guardò confusa. Fece di tutto per richiamare alla sua mente quel ricordo. Callie non smetteva di parlare e lei l'ascoltava.
- Ma eri ubriaca. Non avrei potuto lasciartelo fare in quelle condizioni. Così ho mandato via quel ragazzo e siamo rimaste sole. E tu eri ubriaca e sei inciampata. E mi sei caduta addosso e poi.. Poi mi hai baciata, all'improvviso. Ma dannazione, eri ubriaca Robbins..-
Sentì le sue mani sudare e lo stomaco cominciare a tremarle. Non lo ricordava. Non riusciva a ricordare niente di tutto quello che Callie le stava sputando addosso.
 La mora si fermò qualche istante per riprendere fiato, aveva parlato senza quasi fermarsi a respirare. Aveva chiaro in mente il ricordo di quella sera.  Si girò completamente verso bionda, poi ricominciò a parlare-
- E per me quella sera era la prima volta che baciavo una donna. Ma tu eri ubriaca per rendertene conto, così ubriaca persino per potertene ricordare.-
Fu allora che cominciò di nuovo a gridare anche lei.
- Mi hai sempre detto che non ci fu niente quella sera Callie! Avevo dei ricordi confusi, di noi in una stanza ma non riuscivo a ricordare nient'altro. Lo avevi detto che non era successo niente.-
- Ed eri cosi sollevata Arizona, il giorno dopo quando te lo dissi! E cosa ti avrei potuto dire? Che mi avevi baciata? E che io non mi staccai? Che risposi a quel dannatissimo bacio? che per la prima volta in vinta mia avevo baciato una donna? Che era successo proprio con te? Da quella sera, hai incasinato la mia vita Arizona.-
Continuava a gridare, con gli occhi pieni di lacrime e la voce rotta dal pianto. La guardò negli occhi prima di proseguire.
Arizona si era di nuovo ammutolita, la guardava, l'ascoltava, stringeva le mani a pugno mentre il cuore sembrava scoppiarle in petto.
- E poi, poi ci hai riprovato. Dopo sei anni, ci hai riprovato.. E io me ne stavo li, di nuovo, in piedi, di nuovo a non fare niente. E te lo avrei lasciato fare di nuovo Arizona. Perchè tu mi hai incasinata.-
-  Ma non è successo niente. Sei scappata via mesi fa. Ma ora, ora lo hai fatto tu Callie! Sei stata tu a baciare me!-
Fu l'unica cosa che riuscì a gridarle contro e, molto probabilmente, avrebbe potuto fare di meglio.
 Sapeva fare di meglio. Ma non ci riusciva, non in quel momento, non dopo le parole dell'altra e il suo modo così duro, quasi di disprezzo nel fargliele sapere.
Non le restava che urlarle contro. E Continuarono a farlo.
- Perchè mi mandi in confusione, Arizona! Perchè si a due passi da me, quasi mezza nuda e mi guardi con quegli occhi e sorridi in quel modo e cavolo, sei così bella anche quando sei arrabbiata.-
- E allora perchè hai smesso di farlo, Callie?- Non aveva idea di quanto stesse urlando in quel momento.
- Perchè non so se è questo che voglio!-
- Non sai se è questo che vuoi.- Le ripetè abbassando di un tono la voce e facendo ricadere pesantemente le braccia sui fianchi sbattendole contro le sue stesse cosce.
La mora si mise una mano tra i capelli portandoli indietro, non sopportava averli sul viso in quel momento.
- Io, io ho sempre voluto un uomo nella mia vita, Arizona. Ho sempre sognato sposarmi con un uomo, avere una famiglia, una casa grande, dei figli.-
Non gridava più, ma cominciò a tremarle la voce. Notò Arizona che si era girata per darle le spalle. Ma non smise di parlare.
- Prima che tu ricomparissi nella mia vita, volevo tutto questo. E ora, ora non so se lo voglio ancora e non so se sono disposta a rinunciarci per qualcosa che non ho la più pallida idea di cosa sia.-
- Per qualcosa che non hai la più pallida idea di cosa sia.- Le rispose con un tono che si avvicinava di molto a quello di disprezzo.
Si girò di nuovo a guardarla e continuò.
-Ti semplifico le cose, Torres.  Forse, le avresti potute avere anche con una donna tutte quelle cose. Ma non con me. Non ho mai voluto una storia seria e mai vorrei dei figli. In fondo non saremmo mai potute stare insieme.-
 
Quei pochi giorni  passarono velocemente. Il giorno dopo, al rientro dall'ospedale di quel posto, furono informate dal receptionist che una delle stanze dell'albergo era appena stata liberata. Fu Arizona a trasferirsi nelle nuova stanza. Dormirono in stanze diverse per le due notti successive.           
Durante il giorno, quand'erano in missione, avevano evitato di stare nello stesso posto, si erano rivolte la parola solo e strettamente per cose inerenti al lavoro.
Non si guardavano negli occhi, si limitavano semplicemente a comportarsi nel modo più civile che potevano e come la loro professione richiedeva di fare.
Agli occhi degli altri erano delle semplici colleghe.
Avevano evitato per tutto il tempo di parlare dell'accaduto. Forse in fondo, per entrambe, non c'era più niente da dire.
Ma la notte, nel buio e nel silenzio della loro stanza, pensare a quel dannatissimo bacio, era inevitabile. Per entrambe.
Callie non aveva mai provato quella sensazione. Non aveva mai lontanamente provato quella sensazione indescrivibile tutte le volte che aveva baciato un uomo.
Certo, le era sempre piaciuto essere corteggiata da un uomo, fare ogni tanto del sesso occasionale o semplicemente flirtare.
Ma mai le era successo quello che le era capitato con Arizona. Con nessun uomo.
Aveva baciato Arizona e nel momento stesso  in cui lo stava facendo, aveva sentito il suo cuore batterle all'impazzata, lo stomaco tremare e la terra mancare sotto ai piedi.
Baciare Arizona era stata la sensazione più straordinaria che aveva provato nella sua vita sino ad allora.
 
Era da forse un'ora che non faceva altro che girarsi e rigirarsi in quel letto di quella dannatissima stanza di quel dannatissimo albergo.
Arizona non riusciva a prendere sonno. Si era svegliata di colpo, sudata e confusa. Non ricordava assolutamente niente del sogno.
E si ritrovò a pensare a lei. A Callie. Al loro bacio e a quello che la mora le aveva urlato contro.
L'aveva baciata anni prima, quando la odiava. Ma non se lo ricordava.
Non aveva mai avuto nessun dubbio che le piacessero le donne. Lo aveva scoperto quando era ancora al liceo. E aveva sempre preferito le more.
E Callie, Callie era la ragazza più bella sulla quale avesse mai puntato gli occhi.
Non la sopportava, ma era la più bella.
Poi con gli anni era diventata molto più che bella.
E aveva baciato molte donne nella sua vita. Ma con Callie, era stato tutto completamente diverso.
Con Callie, era stato semplicemente magnifico.
Le aveva tolto il respiro, le aveva annebbiato i sensi.
 Ma poi, le aveva urlato quelle parole contro e lei aveva fatto lo stesso.
 
Erano ritornate a Seattle da poco più di due giorni.  Il primo giorno avevano avuto turni diversi a lavoro. Non si erano incontrate nei reparti, al parcheggio o al bar dell'ospedale.
Non furono così fortunate il giorno dopo.
Si incrociarono al bar la mattina  poco prima di iniziare il turno, si scambiarono un freddo saluto.
Per il resto della giornata si erano semplicemente ignorate.
Ma non avevano potuto ignorare quelle fitte improvvise allo stomaco tutte le volte che si erano incrociate per caso.
 
- Arizona!-
- Teddy!-
Erano nell'atrio dell'ospedale, dirette verso le porte scorrevoli pronte ad andare via dopo un turno di quasi dodici ore.
- Ti ho osservata in questi giorni. E oggi anche se ho provato ad ignorarli, non sono riuscita ad evitare di accorgermi degli sguardi strani tra te e la Torres.- l'aveva raggiunta e senza mezze misure le aveva detto ciò che aspettava da dirle da giorni. - Sei strana, Arizona.-
- E' tutto come sempre Teddy. Non sono affatto strana.- le rispose la bionda evitando di guardare l'amica negli occhi.
- Sai, saresti convincente se lo stessi dicendo a qualcun altro. Ma non con me, Arizona. Sono la tua migliore amica  e so che c'è qualcosa.-
Sospirò e sorridendole le rispose addolcendo il tono.
- Hai ragione. Mi conosci fin troppo. Ma non sono pronta per parlarne. Almeno non per ora.-
- Ok. Il tuo splendido sorriso può ingannare chiunque, sai per le fossette e il resto ma..-
Non terminò la frase, risero insieme. 
Uscirono insieme ancora ridendo. Poi Teddy la salutò e prese la direzione opposta alla sua.
Arizona aveva ancora quel semplice sorriso che le parole dell'amica le avevano fatto comparire sul volto.
Forse era il primo vero sorriso da due giorni.
Camminava in direzione del parcheggio dell'ospedale per raggiungere la sua auto.
E l vide. Il sorriso le morì all'istante sulle labbra.
Non era sola. Era col quel tipo del bar che a quanto pareva era diventato il suo fidanzato.
La stava abbracciando.
Sperò di non essere notata, ma si trovavano proprio sulla sua strada.
I suoi occhi incrociarono quelli di Callie. L'aveva appena vista anche lei.
 Dannazione, non poteva più tornare indietro.
Notò quella strana espressione sul volto della mora, anche il suo sorriso era sparito non appena l'aveva vista.
Stava avanzando ancora verso di loro.  Si avvicinò ancora, stringendo tra le mani le chiavi della sua macchina.
Era a due passi da lei. Da loro.  Si guardarono negli occhi.
Li superò continuando per la sua direzione.
E Callie, all'improvviso non ebbe più voglia di passare il resto della serata con quell'uomo.
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Chiedo enormemente scusa a tutte voi che seguite la mia storia. Ho saltato un giovedì, lo so!
Perdonatemi!
Vi auguro una buona lettura, di questo decimo capitolo, giunto "un pò" in ritardo!
 
Capitolo 10

- Karev, preparati, operi tu con Torres.-
- Arizona, ne sei sicura? Prepari questo caso da più di un mese.-
Erano nel reparto di pediatria. Uscivano dalla stanza della piccola paziente, che di li a poco, sarebbe stata sottoposta, forse, a uno degli interventi più importanti della sua vita.
Era una ragazzina di nove anni, nata con una rara sindrome che non le permetteva l'uso delle gambe.
Ma da quel giorno e, come amava dire la dottoressa Robbins ai suoi piccoli umani, poichè in pediatria tutto era possibile, la sua vita sarebbe definitivamente cambiata in meglio.
Si era sottoposta ad altri interventi, ma finalmente, dopo mesi e mesi di ricerche, erano arrivati ad una svolta.
La dottoressa Torres, si era preparata mesi, per adattare appieno, su di lei, un intervento di sperimentazione, eseguito solo in due parti del mondo.
Il Seattle Grace, si apprestava ad essere il terzo.
E Callie e Arizona, sarebbero state le fautrici di quell'intervento quasi miracoloso.
O meglio, sarebbero dovute essere.
- Sono un primario, Karev. Avrò sicuramente a che fare con altri casi del genere. Le operazioni più complicate spettano ai primari, lo sai.-
- Ma non un caso del genere. Insomma, non vorrai sprecare l'occasione di fare quest'intervento con la Torres. La Torres, Arizona, la star col bisturi. Fa miracoli. E farà camminare questa ragazza. Voi due farete camminare questa ragazza.-
- Karev, sono io il primario. Decido io. Và a prepararti per l'intervento. Sei qualificato quanto me. In fondo hai avuto me come guida. E io, sono una di serie A.-
- Una so tutto io di serie A. Come ti chiamavano alla specializzazione-
Una voce femminile, fece voltare entrambi.
- Teddy, che ci fai qui? Non ci sono pazienti malati di cuore da curare?- rispose Arizona all'amica, simulando un finto tono arrabbiato.
- Beh, ho lasciato la Yang in reparto. Mi fido di lei. Ci dobbiamo fidare dei nostri specializzandi, no?-
- Sentito Karev? Và a prepararti.-
Sbuffando, e rivolgendole uno sguardo di sconcerto, lo specializzando si allontanò dalle due dottoresse.
Teddy, rimase a seguirlo con lo sguardo, fino a quando non si fu allontanato, poi rivolse alla bionda accanto, con un tono alquanto sorpreso, quella domanda che scatenò quasi l'inferno dopo.
Sbaglio, o hai appena mandato un tuo specializzando a svolgere un intervento, quasi epocale, che tu, Arizona, tu, dovresti eseguire?-
- Teddy, mi fido di Alex. Ci dobbiamo fidare dei nostri specializzandi, no? Lo hai appena detto tu.-
Rispose prontamente all'amica, eludendo volutamente il suo sguardo, facendo finta di studiare le scartoffie che si ritrovava in mano.
- Arizona, tu sei impazzita, Ecco cosa. Anzi, no, stai sicuramente scherzando. Ora andrai immediatamente a prepararti, per quest'intervento che segnerà la tua carriera professionale.-
- Teddy, non sto scherzando e non sono impazzita. Lascerò fare quest'intervento a Karev.-
Spazientita, si allontanò dal cardiochirurgo, in direzione della on-call room.
Ma contro ogni sua speranza, l'amica la stava già seguendo.
Sentì sbattere la porta alle sue spalle. E poi quelle dannatissime parole della sua migliore amica.
- Arizona, tu stai scappando. Lo stai facendo ora, e lo farai sempre. Smetterai mai di farlo?-
Le dava ancora la schiena, intenta a versarsi nel bicchiere il caffè rimasto e preparato la mattina.
Ma la stava ascoltando. Non avrebbe voluto ascoltare, ma si trattava di Teddy ed era testarda quasi quanto lei. Provò l'impulso di interromperla, ma l'amica infilava un parola dietro l'altra senza dare opportunità di replica. E ovviamente, sapeva benissimo dove sarebbe andata a parare.
Le voleva bene, insomma, era la sua migliore amica, sapeva molte cose di lei, ma in momenti del genere avrebbe voluto letteralmente ammazzarla. Era l'unica che le sputava la verità in faccia. E lei, in quel momento, non aveva voglia di ascoltare ciò che aveva da dirle. Perchè, prima o poi, il nome di Callie sarebbe saltato fuori. E lei, non voleva assolutamente pensarci.
Era passata una settimana da quella notte in albergo.  E non era passato giorno, in cui, anche se per solo cinque minuti, non avesse pensato al loro bacio. A quel dannatissimo bacio.
E anche solo a pensarci, sentiva ancora, quelle strane fitte allo stomaco. Anche solo pensare a Callie, le faceva tremare lo stomaco.
Era una sensazione che non conosceva. Mai provata prima. Mai con nessun'altra.
Eppure, si era trattato solo, di un maledettissimo bacio.
Ma lo sapeva benissimo, non si trattava solo di quello.
Per cui, era meglio non pensarci. Far finta di niente. Ignorarla. Andare avanti.
Era sicura che sarebbe riuscita. Ma era passata già una settimana e ancora non era riuscita a togliersela dalla testa.
Il pensiero di quella donna aveva continuato a tormentarla. E la tormentava ancora.
La tormentava il ricordo di quel bacio, il pensiero di lei, fino a quando quel pensiero non si materializzava davanti ai suoi occhi che non facevano altro che rimanere, fissi, incollati su di lei ogni volta che riuscivano a trovarla.
Ed era questo il problema. I suoi occhi riuscivano sempre a trovarla, anche a distanza.
Ci riuscivano a mensa, anche quando era seduta ad un tavolo lontano; ci riuscivano nel corridoio dell'ospedale anche quando si trovava nell'ala opposta; ci riuscivano nel bar di Joe, quando era in compagnia di quell'uomo.
E allora faceva finta di niente, salutava entrambi con cortesia e raggiungeva i colleghi al bancone, cercando di ignorare la presenza di quella donna, con quell'uomo a pochi passi da lei.
Scherzava, rideva, parlava con i suoi colleghi, era la sua indole quella. Ma si ammutoliva all'improvviso, cambiava espressione, le moriva quel suo splendido sorriso sulle labbra, ogni volta che per sbaglio, i suoi occhi incontravano quelli di Callie in compagnia di un'altra persona.
-Sei adulta. Non sei più una specializzanda. Sei un primario ora. Un primario. Dirigi un reparto intero a soli 32 anni, sei sempre stata la numero uno. E il tuo posto non è qui, ma in una sala operatoria, di fronte ad un dannatissimo tavolo operatorio a svolgere al meglio la tua dannatissima professione.-
Si era lentamente girata verso l'amica, che le stava quasi urlando quelle parole addosso. Sorseggiava il suo caffè, per niente pronta a sentir pronunciare quel nome, che ne era sicura, sarebbe arrivato presto.
-Lavorate nello stesso posto, non potrai fuggire da Callie per sempre.-
Eccolo, era arrivato.
Aveva raccontato l'intero episodio di quella notte alla sua migliore amica. Quasi se ne pentì in quel momento.
Lei era una che scappava. Lo sapeva benissimo. Quando le cose non riusciva a gestirle, si faceva prendere dal panico. Quando le cose diventavano difficili, lei scappava.
Ma lei, era anche una che non si innamorava. Che non concepiva il dover soffrire per amore. Non innamorarsi, rendeva la vita più semplice. Senza complicazioni.
Non innamorarsi sarebbe stato più facile.
Lei era una che scappava e che non si innamorava.
Stava scappando da Callie, stava scappando da quel  pericolo di innamorarsi di lei.
Soprattutto di lei. Della donna sbagliata.
Una donna che aveva sempre odiato, ritenuto incompatibile, ed etero.
Si, era la donna sbagliata.
La voce di Teddy, la ripotò di nuovo alla realtà.
-Sei il chirurgo più qualificato insieme alla Torres a svolgere quest'intervento che cambierà la vostra carriera. Non dovresti essere qui a sorseggiare caffè. Tu, dovresti svolgere quell'intervento. Tu.-
Si era finalmente fermata. Quella ramanzina era finalmente finita. E lei non aveva proferito parola.
Ritornò a sorseggiare il suo caffè, consapevole degli occhi verdi dell'amica, fissi su di lei, ad aspettare una qualche risposta.
- Teddy, sei mia amica e so che ci tieni davvero a me. E ti voglio bene per questo. Ma non me la sento di passare ore in quella sala operatoria con lei accanto.-
- Cavolate Arizona. Da quando sei diventata così? Non te n'è mai fregato niente dell'amore. Mai. Da quando una donna, è capace di farti mettere il tuo lavoro, la cosa che ami di più al mondo, in secondo piano?-
Quelle parole, la fecero di nuovo stare zitta. La colpirono in pieno stomaco.
Stava mettendo in secondo piano la sua carriera.
E per cosa, esattamente, ancora non lo sapeva. Non riusciva a rendersene conto.
Per Callie. Per una donna sbagliata.
Posò il bicchiere sul tavolino. Si mosse verso l'uscita, rivolgendo quelle parole all'amica, quelle parole che Teddy voleva sentire.
- Vado a prepararmi. E' quasi tutto pronto per l'intervento. -
Si fermò per strizzare l'occhio all'amica che intanto la stava guardando sorridendo. Poi col suo solito tono allegro e quelle fossette sul viso, continuò a parlare prima di sparire nel corridoio.
-Sono io la leggenda dopotutto nel mio lavoro.-
Si, Callie Torres, era la persona sbagliata.
 Il suo lavoro, quello, riusciva a farla innamorare ogni giorno.
 
- Bisturi lama dieci.  Tese la mano, in attesa che le fosse consegnato quello che aveva appena ordinato.
Dall'altro lato del tavolo operatorio, Callie, non riusciva a non osservarla ammirata.
Conosceva benissimo il suo modo di operare, la sua tecnica perfetta. La sua calma e soprattutto competenza.
Osservava ogni sua mossa, eseguita con mani esperte.
La osservava e non riusciva a distogliere lo sguardo da lei.
La mascherina le copriva il volto, ma quando, per qualsiasi motivo,Arizona sollevava il suo sguardo da quel  tavolo operatorio, i suoi occhi stupendi, che sembravano contenere il cielo,  la spiazzavano ogni volta.
Arizona Robbins, aveva gli occhi più belli e disarmanti che si fosse mai ritrovata a guardare.
Avevano il colore del mare, e ogni volta le sembrava di immergersi dentro.
-Aspira qui. Divaricatore.-
E aveva quel suo modo, mai irritante, di comandare in sala operatoria.
Usava un tono deciso, che non ammetteva mai repliche. Non permetteva mai a nessuno, di gestire la situazione. Quando Arizona Robbins era in sala operatoria, nessuno osava contraddirla.
Eppure, aveva delle farfalle disegnate sulla sua cuffia.
 Riusciva sempre a sorprenderla il modo in cui, quella donna, riusciva ad essere autoritaria, nonostante indossasse quella cuffia così bizzarra.
 Era tosta, autoritaria e temuta in sala operatoria. E come, spesso, la definivano bonariamente i colleghi, era un mostro quando operava.
 E non riusciva a non pensare al fatto, come,  fuori dalla sala operatoria, Arizona Robbins, sembrava una persona completamente diversa.
Spesso usava le trecce come acconciatura, e aveva quegli occhi che luccicavano, e quelle fossette che le comparivano sul viso quando sorrideva e la rendevano ancora più bella, e quella risata che contagiava chiunque, e quell'espressione a volte da bambina.
E girava per il suo reparto con delle scarpe con le rotelle e l'orsacchiotto sul camice.
 E la maggior parte delle volte era una persona allegra.
Ma lei la conosceva da anni e sapeva che dietro a quell'allegria vera, che si portava dietro, c'era anche la persona più ostinata, testarda e a volte più irritante con la quale avesse mai avuto a che fare.
O meglio, la maggior parte delle volte, lei aveva avuto a che fare con quest'altro lato del suo carattere.
Per questo, non le era stato difficile, odiarla.
Ma, dopo averla incontrata, dopo quasi dieci anni, aveva scoperto, come quell'odio, giorno dopo giorno, si stava affievolendo, lasciando spazio a qualcosa, che non riusciva a definire.
E a qualcosa che la spaventava a morte.
Ma contro ogni sua volontà, in quella sala operatoria, non riusciva a non fissarla, mentre aspettava il suo turno.
Avevano spesso operato insieme, sia da specializzande che in quei mesi in cui si erano ritrovate a lavorare nello stesso posto, e, quella sintonia tra di loro nell'operare,  quella fiducia reciproca di una nei confronti dell'altra, nella loro competenza, col tempo, aveva smesso di sorprenderla.
 
Si fidava di lei in sala operatoria, aveva cominciato a fidarsi di lei, quando, al secondo anno di specializzazione, si erano ritrovate, per caso insieme, ad operare sul campo.
Lei si era bloccata, nel bel mezzo di un'emergenza, era china sul paziente in preda al panico, e Arizona, era lì, a gestire con la sua calma la situazione. Ma aveva bisogno del suo aiuto per salvare quell'uomo disteso a terra. La sua voce dolce, quelle parole dette con sincerità, la fecero calmare.  " Torres, sei in gamba, ho bisogno di te qui. Respira. E il momento di volare sole."  
E da quel giorno, erano diventate dei medici straordinari.
E ora, erano due primari,  che stavano svolgendo quell'operazione, che sarebbe diventata quasi una leggenda al Seattle Grace.
E c'erano loro, in quella sala operatoria a svolgerla. Ad operare insieme.
Si fidava di Arizona, e non avrebbe voluto nessun altro chirurgo in quella sala operatoria , che non fosse stata lei.
Magari le cose fossero state cosi semplici tra loro, anche fuori quella sala operatoria.
 
- Torres.. -
-Dottoressa Torres..- riprovò la bionda con insistenza.
Sentì la voce di Arizona chiamarla. Aveva lo sguardo perso nel vuoto. Per un attimo, si era persa nei suoi pensieri. Non le era mai successo di perdere il contatto con la realtà quand'era in sala operatoria.
 Ma erano pensieri su Arizona. Su Arizona chirurgo. Su Arizona che girava con le scarpe con le rotelle per l'intero ospedale. Su Arizona, così bella quando sorrideva e mostrava le sue adorabili fossette. Su Arizona testarda ed irritante, arrabbiata e sexy. Su Arizona dolce.
E la cosa bizzarra, era, che quella donna, si trovava proprio lì, di fronte a lei.
E riusciva a farle quell'effetto disarmante.
Pensava a lei,  nonostante fosse lì, a due passi da lei. Pensava a lei, nonostante si ripetesse di odiarla. Nonostante pensava continuamente che era la persona più incompatibile con la quale avesse mai avuto a che fare. Pensava a lei, nonostante sapesse, che lì fuori, fuori da quell'ospedale, ci fosse un uomo ad aspettarla.
Pensava a lei, nonostante avesse capito che Arizona, aveva deciso di ignorarla. Da una settimana, non litigavano più. Ma non si parlavano nemmeno più.
 Solo sguardi fugaci ed incomprensibili.
Solo fitte allo stomaco. Battiti accelerati del cuore.
Tutto quello era assurdo. Tutto quello che quella donna le stava procurando era assurdo.
 
- Dottoressa Torres.- Sentì ripetere da quella voce che sembrava un misto tra preoccupazione e impazienza.
Si scosse. Velocemente.
- Ci sono. Ottimo lavoro dottoressa Robbins. Procedo con l'innesto.-
Alzò lo sguardo, per incrociare quello della bionda che la stava guardando confusa. Non chiese niente.
Non erano mai state così formali. Nemmeno quando si odiavano.
L'operazione durò altre quattro ore e mezza.
Si erano rivolte la parola, pochissime volte, eppure, rimasero in sintonia per tutta la durata dell'intervento.
Si concluse che era quasi sera.
Uscirono quasi contemporaneamente dalla sala, e quasi contemporaneamente andarono a svestirsi dei camici e a lavarsi.
Arizona non parlava. Era piuttosto schiva.
Ma Callie, Callie, non era abituata a tutto quel silenzio tra loro. Era abituata ad urlare, gridarsi contro. O guardarla sorridere.
Non c'era niente di tutto questo.
Non sopportava quel silenzio tra loro. Pensava addirittura, che tutto era più sopportabile quando litigavano. Era così che era sempre andata tra loro. Ma mai c'era stato così tanto silenzio.
Non si erano mai ignorate nemmeno quando si odiavano. O pensavano di odiarsi a quel punto.
E Arizona la stava letteralmente ignorando. E paradossalmente, era forse la persona, che aveva condiviso più cose con lei.
Momenti di fragilità, di successi. Di confusione. Di attrazione.
Paradossalmente, si trattava della persona più vicina a lei.
Lo stava realizzando solo ora.
Dopo un'intera operazione durata quasi sei ore, durante la quale, erano state fianco a fianco, a compiere quasi una leggenda.  Sei ore passate in completo silenzio.
Sei ore, la maggior parte delle quali, si era ritrovata a contemplare quell'essere così disarmante di Arizona.
Sei ore, che non le erano pesate nemmeno per un minuto.
Sei ore, in cui, la presenza di quella donna, non le stava dando il tormento. Ma la confortava, durante una delle operazioni più difficili della sua carriera.
Si, Arizona Robbins, era la donna con la quale aveva condiviso le cose più importanti della sua vita.
Forse, era successo per caso, che proprio lei, in tutti quei momenti si era ritrovata al suo fianco. Ma era sempre successo.
La presenza di Arizona, riusciva a confortarla la maggior parte delle volte.
C'erano stati momenti in cui davvero quella presenza non la sopportava, ma c'erano momenti, come quello, in cui forse, non sarebbe riuscita a farne a meno.
Arizona, era la persona più vicina a lei. Insieme ad Addison. Lei era la sua migliore amica, ma con Arizona, era completamente diverso.
- Robbins, ottimo lavoro come sempre...- Voleva aggiungere altro. Ma non sapeva che altro dire.
- Posso dire lo stesso, Torres. Hai fatto tu gran parte del lavoro.-
Sparì da quella stanza. Non una parola di più.
 Callie rimase ferma vicino al lavabo e sospirando la guardò andare via.
Guardò l'orologio. Erano quasi le nove di sera. Era mortalmente stanca.
Avrebbe chiamato Scott per informarlo che non si sarebbero visti quella sera. Era stanca.
Raggiunse lo spogliatoio e prese il cellulare dall'armadietto. Stava componendo il numero del suo ragazzo.
Ritornò al menù principale. Un messaggio sarebbe stato meglio. Non aveva voglia di sentire la sua voce.
 
Dopo pochi minuti raggiunse l'atrio dell'ospedale.
Era una bella serata. Si vedeva addirittura la luna.
Poi la scorse, era poggiata alla fiancata della sua auto. Posteggiata nel parcheggio riservato a lei.
Quel parcheggio per il quale avevano litigato il primo giorno che si erano incontrate di nuovo dopo quasi dieci anni. Era così che  era andato il loro primissimo incontro quand'erano ancora specializzande e ancora non si conoscevano, e fu così che era andato il loro primo incontro quand'erano diventate ormai due primari e si erano ritrovate a lavorare nelle stesso posto.
Dopo tutti quegli anni.
Tutto tra loro cominciava litigando.
Sorrise per un attimo, immaginando quella scena. Arizona che la stava accusando di averle fregato il suo parcheggio che le spettava di diritto. Arizona, che la guardava con aria di sfida, arrabbiata.
Si rese conto allora, ricordando, di quanto quel darle contro la rendeva quasi irresistibile.
 
Decise di avanzare verso di lei. Arizona non l'aveva ancora notata.
La vide prendere qualcosa dalla borsa e accendersi una sigaretta.
Rimase per un attimo sorpresa. Non ricordava di averla mai vista fumare.
La raggiunse.
- Tu fumi?  le domandò con tono quasi incerto ma più sorpreso.
Alzò la testa di scatto riconoscendo quella voce.
- A volte. Piuttosto raramente in realtà.- Rispose semplicemente, ma il suo tono non era secco nè irritato.
Callie intanto si era poggiata anche lei alla fiancata dell'auto della bionda.
- Non dovresti fumare.- continuò - Sei un...-
- Sono un medico, lo so. Conosco le conseguenze del fumo. -
- Beh, passiamo la maggior parte del tempo a salvare le vite degli altri è un controsenso rovinart..-
- Torres, cercavo solo di fare qualche tiro per rilassarmi. Senza dover pensare al male che mi potrebbe fare questa stupida cosa che tengo tra le dita.- le rispose quasi spazientita, con la sigaretta ancora fumante in mano.
Callie restò in silenzio ad osservarla. Poi la vide avvicinarsi la sigaretta alle labbra e fermarla a mezz'aria.
- Calliope, davvero, non riuscirò mai a capire come fai ad essere così insopportabile.- gettò sull'asfalto la sigaretta appena accesa, spegnendola con la punta del piede.
L'aveva di nuovo chiamata così, col suo vero nome. E come ogni volta, quel suono uscito dalle sue labbra le fece quell'effetto. Sentì un brivido attraversarle la schiena.
Cercò di sminuire quel dannato effetto che la bionda le aveva appena procurato e riprese a parlare.
- Dovresti ringraziarmi. Ti ho appena fatto evitare il rischio di tumori o dipendenza o..-
- Oh, grazie allora.-
 
Doveva allontanarsi da li. Da Callie. Dalla ragione principale che l'aveva spinta ad accendersi quella sigaretta.
Aveva passato sei ore in una piccola stanza accanto a lei. Sei ore in cui aveva ammirato il suo lavoro, e la sua precisione nel farlo.  Sei ore, durante le quali, aveva lottato per mantenere il controllo. Sei ore durante le quali si era imposta di non guardare dentro a quegli occhi.
Poi era fuggita via, al sicuro, da sola.
Aveva un'unica intenzione, prima di mettere a moto e tornare a casa. Accendere quella cavolo di sigaretta e cercare un piccolo sfogo, nel modo più sbagliato.
E ora,Callie  era di nuovo accanto a lei. La ragione che le aveva fatto spegnere quella dannata sigaretta.
Si girò di scatto, afferrando la maniglia dello sportello della sua auto.
Si fermò solo un attimo, voltandosi di lato, con l'intenzione di salutarla educatamente.
Voleva solo sparire al più presto da lì.
- Buonanotte, Torres.-
Sentì una mano afferrarle il braccio delicatamente.
- Arizona, aspetta.-
Si irrigidì ma restò in silenzio.
- E'... è che non abbiamo più parlato..-
Si strattonò da quella presa, voltandosi completamente di lato, verso la mora.
- Non c'è niente di cui dobbiamo parlare.- Rispose secca, il suo tono non lasciava spazio a replica.
Callie rimase quasi paralizzata dallo sguardo agghiacciante che le aveva appena rivolto la bionda.
- Lo possiamo negare quanto vuoi, Arizona, che non sia successo niente. Ma non è così. Lo sai tu e lo so io.-
Aveva ritrovato il controllo, nonostante Arizona continuasse a guardarla in quel modo.
La sentì distante come mai era successo tra loro.
Continuò.
- Io ti ho baciata Arizona. E tu mi hai baciata.-
- Capita di commettere degli sbagli Torres. E' stato tutto quanto uno sbaglio. E sta pur certa che non si ripeterà mai più.
L'aveva interrotta all'istante, per infilare quelle parole una dietro l'altra. Cercando di usare il tono più freddo di cui era capace.
Aveva passato giorni, a pensare a quel bacio. A Callie che aveva preso il suo viso tra le mani e l'aveva baciata.
E poi, alla sua reazione subito dopo.
Sentì quella ormai familiare fitta allo stomaco e continuò a sputarle in faccia, quelle parole.
- Per cui, te lo ripeto. Non c'è niente di cui parlare. Dovresti fare come me. Far finta che in quella stanza d'albergo non sia successo niente. Non ha significato assolutamente niente.-
Aveva un tono freddo, sicuro. Ed era a due passi da lei, da Callie che era rimasta immobile a fissarla, mentre lei, era intenzionata a chiarire definitivamente quella situazione.
Poi la mora la interruppe all'improvviso, prima che lei potesse ricominciare a parlare, dicendo quelle parole coprendo la sua voce.
- E allora, se non ha significato niente, se è stato uno sbaglio, perchè non hai fatto altro che ignorarmi per giorni, Arizona?-
- Perchè sono io Callie! E' la mia natura. Sono fatta così. Io scappo sempre. Ma non è questo il punto.-
- Ah no? E quale sarebbe?-
A quel punto, Arizona, rispose quasi esasperata.
- Non capisco cosa vuoi da me Torres! Sei stata tu a cambiare idea. Sei stata tu, a ritornare sui tuoi passi. E' sei sempre tu, ad essere impegnata con un uomo!-
Ecco, era arrivato quel momento. Le aveva finalmente detto ciò che realmente pensava.
Lo aveva fatto d'istinto. E avrebbe voluto mantenere un tono distaccato, freddo. Ma si era tradita da sola. La voce aveva cominciato a tremarle, nel momento stesso in cui le aveva sputato quelle parole in faccia.
E avrebbe voluto mantenere quello sguardo agghiacciante. Ma contro ogni sua volontà, sentì le lacrime salirle agli occhi e lottò per ricacciarle indietro.
Quelle parole che fecero finalmente stare zitta Callie.
- Il punto è che è stato tutto, completamente uno sbaglio. Da sempre.
Aprì con forza lo sportello, infilandosi nella sua macchina. Lo richiuse sbattendolo e mettendo in moto subito dopo.
 
Callie si era allontanata di qualche passo. Ma rimase li ferma in quel parcheggio, a guardare quell'auto allontanarsi.
Sentiva ancora riecheggiare nella testa  le ultime parole di Arizona.
Restò lì immobile a cercare il significato di quella sua ultima frase.
 E avrebbe potuto giurare di aver visto delle lacrime in quegli occhi stupendi, prima di essere staccati dai suoi.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Buona lettura!

Capitolo 11

Si sentiva strana. Si sentiva come se tutto intorno stesse scorrendo alla velocità della luce e lei rimanesse ferma, immobile ad aspettare. Aspettare qualcosa. O qualcuno. O ad aspettare di far qualcosa lei stessa.
Era una situazione del tutto nuova. Incomprensibile.
E, tra tutte le emozioni che riusciva a provare, forse, per la prima volta, non si sentiva mortalmente triste.
E si trattava di qualcosa di inspiegabile, ma non c'era tristezza in lei. Non era ancora pienamente felice, ma non si sentiva triste.
Callie Torres, stava superando quell'infelicità che l'aveva accompagnata quasi per anni.
No. Arizona Robbins, stava rischiarando quel grigiore, che per anni si era portata dietro.
E lei nemmeno lo sapeva.
Ma Callie, Callie, riusciva a percepirlo.
 Lo percepiva quando la guardava sorridere, quando per caso, si ritrovava ad ascoltare la sua risata, quando guardava quegli occhi.
A volte le bastava semplicemente osservarla e riusciva a sentirsi meglio.
Quella donna, era stata indirettamente la sua cura.
 Ma aveva impiegato quasi sei mesi per riuscire a rendersene conto.
A rendersi conto, che malgrado tutto, non sarebbe riuscita a fare a meno della presenza di quella donna nella sua vita.
La sua vita era diversa da quando l'aveva incontrata di nuovo.
Aveva creduto di odiarla ancora. Ma la verità era, che non l'aveva mai odiata veramente.
La verità era, che non era mai riuscita ad ammetterlo. Ad ammettere che Arizona Robbins, le faceva uno strano effetto. Sin dai tempi della specializzazione.
E negli anni non era cambiato niente.
La sua vita era da sempre stata incasinata. Non aveva più spazio per inserirci altre complicazioni in quel suo casino.
Aveva abbandonato la sua città natale quando si era trasferita per la specializzazione. Si era allontanata da qui problemi di famiglia, dalle complicazioni con i genitori, dal modo di vivere troppo diverso da quello che concepiva lei.
Poi era ritornata, ma i problemi erano rimasti sempre quelli, sempre li. E allora, a quell'offerta di lavoro inaspettata, aveva rifatto la valigia ed era volata via, verso Seattle, dove avrebbe ricominciato una nuova vita, fatto nuove amicizie.
Era diventata un primario. E Seattle sarebbe diventata la sua nuova casa e, i suoi colleghi, la sua nuova famiglia.
Procedeva tutto per il meglio. La sua nuova vita cominciava davvero a piacerle.
Poi era arrivata lei. Che era parte di quel suo casino. Era forse diventata uno dei suoi problemi principali.
 Arizona, le aveva creato scompiglio tutt'intorno.
Poteva giurare di averla odiata. Ma la verità era, che la presenza di quella donna nella sua vita, non era stata altro che la sua più grande fortuna.
Ma se n'era accorta troppo tardi.
Quella fortuna, le aveva voltato le spalle. Letteralmente.
E a lei, mancava quello scompiglio che il chirurgo pediatrico, con le fossette e le scarpe con le rotelle, le aveva creato.
Si era trasferita per riprendersi in mano la sua vita, la sua tranquillità. E invece, aveva incontrato Arizona, che  le stava sconvolgendo la vita.
Aveva creduto di averla cambiata in meglio, una volta trasferita a Seattle.
Ma, quel meglio, non si avvicinava nemmeno di un centesimo a quello che quella donna avrebbe potuto farle avere.
Tutto era cominciato ad andare veramente meglio dal momento che Arizona era rientrata a far parte di nuovo della sua vita.
Ma non se n'era accorta, se non forse troppo tardi.
 
E quello scompiglio l'aveva spaventata a morte. Quello che poteva provare per quella donna l'aveva spaventata a morte.
Ma ora, era ferma a quel punto. Tutto intorno a lei si muoveva velocemente, e lei non poteva restare ferma.
Arizona le piaceva. Davvero. Arizona rappresentava tutto ciò di cui aveva bisogno.
Arizona, era qualcosa di diverso. Qualcosa che mai si sarebbe aspettata. Qualcosa che mai avrebbe creduto potesse accadere.
Glielo avevano detto quelle lacrime in quei suoi occhi così blu, in quegli occhi stupendi, quella sera al parcheggio.
Non sapeva ancora cosa fosse. Era qualcosa di inspiegabile.
 Ma con la presenza di Arizona nella sua vita, non c'era più tristezza.
E Callie, voleva essere felice.
E forse, per esserlo, aveva davvero bisogno di lei.
Di quell'Arizona insopportabile, che la mandava fuori di testa; Di quell'Arizona fiera e testarda; Di quell'Arizona a tratti dolce;
E aveva bisogno di guardare dentro al blu dei suoi occhi; aveva bisogno di ascoltarla ridere; aveva bisogno di rimanere incantata dal suo sorriso.
Aveva bisogno di essere travolta dalla bellezza così fuori dall'ordinario di quella donna.
Aveva bisogno di arrivare al suo cuore.
Arizona, in fondo, lo aveva fatto di prepotenza con lei.
Era arrivata, le aveva sconvolto la vita, si era presa una parte di lei.
Non la rivoleva indietro. Ma voleva con sè, la perfezione di quella donna.
No, non la odiava. Non l'aveva mai odiata veramente.
E l'aveva vista quasi piangere quella sera.
Aveva letto qualcosa in quegli occhi.
Aveva finalmente guardato in faccia la realtà.
Stava iniziando a capire, cosa realmente fosse, quell'effetto così strano, che da sempre aveva provato quando Arizona era con lei.
Quell'effetto così strano quando si erano ritrovate a litigare per anni;
Quell'effetto così strano, ogni volta che si era ritrovata in una piccola stanza a pochi passi da lei.
Quell'effetto così strano e incredibile, quando l'aveva baciata. E quando Arizona aveva risposto e ricambiato il suo bacio.
Quell'effetto quasi inspiegabile, quando aveva visto delle lacrime nei suoi occhi.
 
Forse era tutto così estremamente improbabile.
 
Stava sorridendo. Era appena sorto il sole, era stesa nel suo letto e stava pensando a lei. E stava sorridendo.
Aveva davanti agli occhi, l'immagine così perfetta di Arizona, la sua bellezza straordinaria.
E Callie, aveva un largo sorriso sulla sua faccia.
Non ricordava nemmeno più, quand'era stata l'ultima volta che si era svegliata col sorriso.
 
Non l'aveva inseguita la sera precedente, quando era scappata via.
Era rimasta impietrita a guardare la sua auto allontanarsi.
Aveva cercato di ignorare quelle sue parole, quelle lacrime.
Aveva cercato di ignorare quello che le stava succedendo dentro.
Quella sensazione allo stomaco.
Fino a quando, si era resa conto, di non poterlo più fare. Non poteva più ignorare.
Ormai, non aveva via d'uscita. Il suo cuore, il suo stomaco, glielo avevano fatto capire chiaramente.
E lei era Callie Torres, non avrebbe mai lasciato niente in sospeso.
Era rimasta impietrita, ma ora, stava cominciando a muoversi. A muoversi in sintonia con tutto ciò che le si muoveva vicino. E lei, muoveva incontro.
 
 
- Torres, sai, sei strana stamattina, diversa dal solito.- Le aveva appena comunicato una raggiante Addison, prendendo posto accanto a lei, al tavolino del bar dell'ospedale.
Strana. Quell'aggettivo ormai, le era diventato quasi familiare.
SI voltò appena verso l'amica sorridendole.
- Ho rotto con Scott.- rispose in tutta tranquillità, avvicinandosi alla bocca il suo bicchiere con dentro del cappuccino caldo.
Sorrise prima di fare un nuovo sorso, notando la faccia sbigottita dell'amica.
- Cosa? E quando? Ma soprattutto perchè?- le aveva chiesto tutto d'un fiato la rossa, bramosa di una risposta.
Callie non lasciava. La Callie che conosceva lei, non lasciava. Era sempre stata lasciata.
- Ehi, Addy, calmati, non ho mica rotto con te, no?- non potè fare a meno di sorridere.
Aveva rotto col suo ragazzo, la sera stessa che Arizona l'aveva lasciata in quel parcheggio.
Poi, si era svegliata col sorriso, e voleva continuare a sorridere.
- Per la prima volta, dopo tanto, questa mattina, mi sono svegliata sorridendo, Addison.-
- Oh, cavolo, era proprio così male, questo Scott?- rispose l'amica non riuscendo a seguire perfettamente il filo del discorso della mora.
- No. Ma è solo che, credo che ci sia un'altra persona in grado di rendermi completamente felice.-
Aveva spostato lo sguardo nel vuoto e, l'immagine di un' Arizona sorridente, si stava facendo spazio nella sua testa.
La voce di Addison la distolse da quel suo pensiero.
- E quando conti di trovarla questa persona? Perchè, beh.. Scotto sembrava perfetto. Dolce, premuroso, abbastanza carino e..-
- E non è lui.-
- E quando hai realizzato tutto questo, Callie? Insomma, fino a ieri ci stavi insieme.-
- Ieri. Purtroppo l'ho realizzato solo ieri.-- rispose con un sospiro.
- Continui a non convincermi Torres.- la interrupe l'amica facendo l'ultimo sorso al suo cappuccino.- Resti comunque strana. Direi quasi.. Felice?- chiese con esitazione.
- Beh, spero davvero di riuscire ad esserlo stavolta. Credo si lei. La persona giusta. Credo sia lei.-
Aveva poggiato il bicchiere sul tavolo, ed osservava le sue dita che stringevano quel cartone. E continuava a palare.
-E l'ho avuta davanti agli occhi per tutto questo tempo. Ho creduto di odiarla. No, mi imponevo di odiarla per tutti questi anni. Ed era lei. E' lei.- ripetè quasi con decisione, soffermandosi su quelle due parole.
Aveva parlato tutto d'un fiato, senza riuscire a controllare quelle parole. Stava finalmente dando voce ai suoi pensieri. Senza riuscire a rendersi conto di averlo fatto veramente.
Lo aveva ammesso.
Addison era rimasta ferma in ascolto. Ad osservarla. Sorrise. Poi dolcemente le rispose.
- Stai parlando di lei non è vero? Della Robbins.-
- Si, sto parlando di Arizona. Credo di provare qualcosa per lei, Addison.- rispose sospirando più rumorosamente di quanto avesse fatto in precedenza.
Il sorriso calmo della sua amica, la mandò per un attimo fuori strada.
- Addison.. non sembri..-
- Sconvolta? Sorpresa?- Prese una mano della mora e la strinse tra le sue - Io lo sapevo già Callie. Insomma, era palesemente chiaro. Da come la guardavi, da come la cercavi quando non la vedevi in giro, da come eri gelosa quando la incontravi al bar di Joe con qualcun'altra. O da come litigavate persino-
- E allora, perchè io me ne sono accorta così tardi, Addison?.-
- Semplicemente perchè avevi paura Callie. E' una donna. Credevi persino di odiarla. Ma ti eri già accorta che lei ti piacesse. O che tra voi ci sia sempre stato qualcosa. Non volevi ammetterlo. Non volevi farlo soprattutto a te stessa.-
Rimase in silenzio ad ascoltare la sua amica.  Non voleva ancora interromperla. Dopotutto, aveva bisogno di qualcuno con cui parlare.
-E la sua bellezza, ti ha sempre fatto uno strano effetto. Me lo dicesti tempo fa.  E cavolo, avevo persino creduto che finalmente te ne fossi accorta.-
-  Questo non c'entra. Nessuno può negare il fatto che lei sia bella.-
- Ma ignoravi il motivo per il quale all'improvviso la trovavi così bella.-
Guardò per un attimo l'amica, poi disse quella frase che temeva.
- Spero solo che non sia troppo tardi Addison.-
- Io non credo Callie.-  le rispose l'amica strizzandole l'occhio.
Sorrisero insieme.
 
 
- Pronto?- rispose con un leggero affanno. Era appena rientrata a casa e, lo squillo del telefono, l'aveva fatta precipitare dentro.
- Sei a casa allora.- La invase la voce dell'amica, dall'atro capo del telefono.
- Teddy, ho il giorno libero, ovvio che sono a casa.- rispose rilasciando un lungo respiro.
- Lo avevo dimenticato. E' da stamattina che provo a rintracciarti.-
- E' successo qualcosa, Teddy?- Chiese leggermente allarmata.
- No. Deve sempre succedere qualcosa? Avevo solo bisogno di fare quattro chiacchiere con la mia migliore amica.-  le rispose esitando leggermente.
- Tu non vuoi fare quattro chiacchiere. Tu vuoi sapere come sto. Tutto qui.- riprese a parlare fingendo un tono adirato, ma sorridendo leggermente. Consapevole che la sua amica, non avrebbe potuto vedere il suo sorriso. Adorava farla stare sulle spine.
- E ti sembra così terribile la cosa?- rispose la bionda con gli occhi verdi, improvvisando un tono risentito.
Poteva immaginare la sua espressione dall'altra parte.
- Sto bene, Teddy. Ieri l'operazione è andata alla grande. Sono una grande nel mio lavoro. Non posso volere di più.-
- E Callie?- chiese a quel punto titubante, ma chiedendo subito ciò che realmente voleva sapere. Erano quasi uguali in questo. Non andavano mai per il sottile - Insomma, non stavi un granchè quando..- lasciò la frase a metà.
Ci fu un attimo di silenzio.
Fu Arizona a romperlo.
- Ho deciso di lasciare tutto alle spalle Teddy. Lavoriamo nello stesso posto. Non posso evitarla per sempre. Ma posso continuare ad ignorarla. Ieri è andata bene in fondo.-
Aveva messo quelle parole tutte insieme, una dietro l'altra. Ma a Teddy, non era sfuggito quel velo di tristezza nella sua voce.
- Arizona, ti piace sul serio non è vero?-
- Teddy. E' una cosa impossibile, inspiegabile persino, quello che potrebbe esserci e mai ci sarà tra noi.-
Si fermò un attimo e poi aggiunse.
- Ci sono troppe cose che non vanno, dall'inizio.- rimarcò l'ultima parola, sospirando rumorosamente.-Troppe differenze, troppe cose diverse che vogliamo.-
- Sono passati già i sei mesi, non è vero?- chiese con tono palesemente triste.
- Si, stavo sistemando le ultime cose.- Sentì il suono del cercapersone, dall'altro capo del telefono. Sorrise. Era il loro lavoro. E lei lo amava incondizionatamente.
- Devi andare.- disse sorridendo all'amica, o meglio al telefono.
- Eh già. Ci vediamo domani Arizona.- le rispose Teddy, interrompendo la telefonata.
Mise giù il telefono. Si diresse nella sua stanza a finire quello che aveva cominciato quella mattina.
 
Erano le otto di sera. Era quasi completamente esausta.
Una cena consumata velocemente sul  divano e poi subito dopo il letto, erano i suoi progetti per quella sera.
Sentì bussare alla porta.  In quell'attimo, capì che doveva abbandonare quell'idea di serata quasi perfetta.
Si diresse velocemente alla porta, senza curarsi di sistemare il suo aspetto. Era sicura fosse Teddy.
- E' meglio per te che oltre al vino, che hai sicuramente portato, ci sia anche della pizza, perchè, sto morendo dalla fame.-  Gridava mentre si dirigeva alla porta. Palesando un enorme sorriso, la spalancò aspettandosi Teddy sull'uscio.
Il sorriso le morì sulle labbra appena si rese conto di chi realmente c'era dietro alla sua porta.
Ingoiò a vuoto. Rimase per un attimo immobile ad osservarla.
Le sue parole la distolsero.
- Beh, non ho con me il vino, nè la pizza, ma spero che tu mi faccia entrare lo stesso.- Rispose Callie sorridendo leggermente.
Era rimasta spiazzata, ancora una volta, dalla bellezza di quella donna.
Aveva i capelli raccolti in una coda, con qualche ciocca bionda che le ricadeva disordinatamente sul viso.
Indossava una canotta bianca e dei pantaloncini pericolosamente corti.
Non potè fare a meno di notare, come quel bianco le donasse e come quel suo sorriso l'aveva spiazzata.
Era adorabile, così disordinata. Era perfetta.
Restò ancora sulla soglia, aspettando che Arizona la facesse entrare.
La sentì schiarirsi la voce.
- Callie, non pensavo fossi tu.- rispose abbassando lo sguardo e tirando dietro l'orecchio quella ciocca ribelle.
- E capisco che non ho con me la pizza, ma spero davvero che tu mi faccia entrare. Beh, potrei anche dirtelo qui, sulla soglia, ma non sarebbe il massimo.- Per la prima volta da quando le aveva aperto la porta, il suo tono non era più così deciso.
Arizona la guardò confusa, poì si spostò dall'uscio, invitandola ad entrare in casa.
La vide guardare intorno. E maledisse il suo essere così disordinata. C'erano cose sparse ovunque.
- La tua casa è così..-
- Disordinata?- offrì la bionda continuando a guardarla confusa.
La sua visita l'aveva spiazzata.
La presenza di quella donna nella sua casa la stava letteralmente spiazzando.
- Carina.- le rispose invece Callie sorridendole.
Poi finalmente le si avvicinò. Doveva farlo. Doveva riuscire a farlo.
Insomma, quanto complicato doveva mai essere ad inserire una parola dietro l'altra.
Era un chirurgo cavolo, tagliava e cuciva delle persone, questo si che era davvero difficile.
Ma parlare, no, parlare forse era più semplice.
La guardò negli occhi prima di cominciare e, all'improvviso non fu poi più tanto sicura che sarebbe stato così semplice come da ore si stava invece convincendo che fosse.
Aveva di fronte a sè Arizona. Bella come non mai. E la stava guardando confusa.
- Arizona.. - era a pochissimi passi da lei. Di fronte a lei.
- Arizona, continuo a pensare a te. E ho cercato di non farlo. Di toglierti dalla testa. Ho pure provato ad odiarti. Ma non è servito a niente. Continuo a pensare a te. Mi hai completamente sconvolto la vita. Da quando abbiamo frequentato la specializzazione.- Le si era avvicinata ancora di più, Arizona si era irrigidita.
Provò ad interromperla, indietreggiando di qualche passo.
- Callie, tu non sai cosa stai dicendo, è una cosa..- aveva tremato leggermente. La voce di Callie coprì in un attimo la sua.
- No Arizona. Non interrompermi, ok? O non riuscirò più a farlo. E so, so che sono partita malissimo. Insomma non era esattamente così che avrei voluto dirtelo. Ma è uscito così. Quindi lasciami continuare ok?
Prese di nuovo fiato e ricominciò a parlare prima che l'altra potesse nuovamente interromperla.
-  Tu mi hai completamente sconvolto la vita, Arizona. E per tutto questo tempo ho provato a negarlo.
 A negare quell'effetto che la tua presenza mi faceva ogni volta. A negare quell'effetto che mi hanno sempre fatto i tuoi occhi o il tuo sorriso. O quando mi hai baciata.-
Sorrideva e non smetteva di guardarla. Arizona rimase ad ascoltarla in silenzio, confusa come non mai.
Sentì il cuore martellarle nel petto, mentre Callie pronunciava quelle parole. Ma rimaneva comunque in silenzio.
- E  posso ancora sentire il tocco delle tue labbra, ogni volta che penso al nostro bacio. E rivivo quella sensazione inspiegabile che ho provato in quel momento. E non riesco a staccarmi dai tuoi occhi e amo vederti sorridere. Amo persino litigare con te. Sei adorabile quando mi dai contro.-
Si fermò ancora un attimo, prima di aggiungere quelle ultime parole.
- E finalmente l'ho capito. Ho capito che non posso lasciarti andare. Io ti voglio nella mia vita.-
Si era fermata. Lo aveva finalmente detto. Lo aveva finalmente detto a lei.
Arizona non rispose. Almeno non subito.
Callie le sorrise. La guardò negli occhi. Aveva ripreso a respirare.
Vide Arizona aprire e chiudere più volte la bocca, come a voler dire qualcosa. Poi la sentì parlare. E il suo sorriso le morì all'istante sulle labbra.
- Io.. io, sto partendo per l'Africa.-

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Buona lettura!
 
Capitolo 12

Rimase ferma davanti a lei. Con un'unica sensazione che la stava sovrastando: poteva sentire, letteralmente, il suo stomaco attorcigliarsi.
Tuttavia era riuscita a rispondere, a sussurrare quasi, quelle parole che le erano uscite dalla sua bocca senza nemmeno pensare a ciò che realmente avrebbe voluto dire.
L'Africa. Il suo sogno. Il suo amato lavoro.
 Callie. L'aveva di fronte a se, ancora vicina e così bella e dolce come non l'aveva mai vista.
Eppure, dopo quelle lunghe parole, che mai avrebbe immaginato di poter sentire da lei, proprio dalla donna che aveva a pochi passi, aveva pensato all'Africa e, la sua risposta, era venuta fuori così, quasi del tutto spontaneamente.
Poteva sentire il cuore uscirle dal petto, lo stomaco tremare ancora una volta e quella sensazione di paura, di panico che l'aveva completamente invasa nel momento stesso in cui aveva ascoltato ogni singola parola pronunciata da Callie.
E allora, aveva risposto così.
L'Africa. Era dall'altra parte del mondo, lontano, un altro continente e lei, lei, si sarebbe rifugiata lì.
No, non si sarebbe rifugiata lì, sarebbe letteralmente scappata li.
L'amore, legarsi ad un'altra persona, condividere l'esistenza con un'altra persona, non erano cose fatte per lei.
L'amore  la spaventava. La faceva fuggire via, scappare.
Correre lontano. Letteralmente.
Il suo lavoro era fatto su misura per lei.  Aveva preso un impegno dopotutto. E amava il suo lavoro in Africa.
Non avrebbe lasciato tutto così, su due piedi.
La voce ancora dolce di Callie la scosse dai suoi pensieri.
- Arizona, ti ho appena detto che penso a te continuamente. Che provo qualcosa per te. E non si tratta di certo di odio. Io, io provo qualcosa per te!-
Le si era avvicinata ancora una volta, col sorriso sulle labbra e la sua dolcissima espressione dipinta sul volto. Le aveva preso le mani. Sentiva Arizona tremare quasi impercettibilmente.
- Ehi, Arizona guardami. Lo so che tutto questo ti fa paura, che ti sembra tutto così completamente improbabile e da non crederci. Persino io non avrei mai immaginato niente del genere. Con nessuna donna. Con te. Cavolo, Arizona, credevo davvero di odiarti. E ora.. ora..-
Parlava ancora dolcemente, stringendo le sue mani.
Poi sentì Arizona mollare la presa, allontanarsi di nuovo e riprendere a parlare con voce leggermente tremante ma sforzandosi di mantenere un tono distaccato.
Poteva quasi percepire la sua paura in quel momento. Negli anni, aveva imparato a conoscerla. A conoscere le sue reazioni.
- Ora siamo ancora le stesse persone di prima Callie! Tu ed io siamo le persone più incompatibili di questo pianeta! Tu ed io non potremmo mai stare insieme. Costruire qualcosa. Vogliamo cose diverse. Abbiamo vite diverse. La pensiamo diversamente su tutto!-
Ed ecco che lo stava facendo. E forse lo aveva anche previsto, ma sperava che non succedesse davvero.
Arizona cercava di scappare, di mettere le distanze.
Cercò di non farsi scoraggiare dall'atteggiamento non del tutto nuovo della bionda, dal suo tono freddo, dai suoi occhi che evitavano di guardarla. Immaginava fosse il panico a comandarla in quel momento così strano e quasi irreale tra loro.
Ricominciò a parlare,  non tentando di fermare le sue mani che avevano preso a gesticolare, quasi a voler sottolineare ancora meglio ciò che le stava dicendo.
- Ma sei la persona che meglio mi conosce al mondo, Arizona. In tutti questi anni, non abbiamo fatto altro che imparare  a conoscerci. Ti conosco Arizona. Io ti conosco. E credevo che non mi sarebbe mai potuto piacere ciò che scoprivo di te giorno dopo giorno. Ma mi sbagliavo. Di grosso.-
Le si formò di nuovo quel suo sorriso dolce sul viso e non smetteva di guardarla. Osservava Arizona a pochi passi da lei che cercava di interromperla.
Aveva aperto e chiuso più volte le labbra cercando di dire qualcosa ma non facendo uscire nessun suono.
Era completamente sovrastata da quella inaspettata situazione, così apparentemente assurda. Era sovrastata dalle emozioni che provava in quel momento, da quelle sensazioni, simili ad un temporale, che le scorrevano dentro, dal cuore allo stomaco senza darle tregua. Era sovrastata dalle parole che uscivano dalla bocca di quella donna meravigliosa che era in piedi di fronte a lei, nel soggiorno della sua casa. Era sovrastata da lei, dalla bellezza di Callie.
E non riusciva a dire niente, a pensare a niente persino. La confusione le annebbiava il cervello.
Callie, lei sembrava più lucida. E allora Arizona rimase ad ascoltarla  e udiva quelle parole affermate con certezza, con dolcezza, forse, senza nemmeno più esitazione.
-La prima cosa che ho imparato a conoscere di te, è stato il tuo sorriso. Il tuo stupendo sorriso. Arizona.
E giorno dopo giorno, mi era impossibile pensare che non mi sarebbe mai potuto piacere. Perchè praticamente era qualcosa di perfetto. E' qualcosa di perfetto.-
Sorrideva, Callie sorrideva e stava dicendo quelle parole. E lei era in piedi, nel bel mezzo del suo soggiorno, a non fare niente, ad ascoltare incredula.
-Poi, ho imparato a leggere nei tuoi occhi. Lottavo ogni giorno per  non perdermi in quel blu straordinario ogni volta che mi ritrovavo a guardarci dentro. E lottavo, lottavo affinchè quello che pian piano conoscevo di te non mi piacesse.
Ma non è stato così. Ho imparato a conoscerti e giorno dopo giorno scoprivo che tutto ciò che imparavo di te, mi piaceva.-
 
Fece una piccola pausa, prese fiato e riprese a parlare, con un tono che potesse rimarcare la frase che stava per dire.
I suoi occhi, intanto, non avevano smesso di guardare Arizona. Non avrebbe potuto staccarli da lei in quel momento. Non dopo aver realizzato quello che le aveva appena detto e ciò che aveva ancora da dirle.
-Tu mi piaci Arizona, mi piace tutto di te.
In tutti questi anni, non ho fatto altro che amare anche ciò che pensavo non mi potesse mai piacere di te.
Giorno dopo giorno, ho imparato che non  ti avrei mai potuta odiare veramente. E come avrei fatto ad odiarti? Ad odiare il tuo sorriso, le tue fossette, il suono della tua risata. Ad odiare te, Arizona, il tuo essere così perfetta? Amo persino il lato più insopportabile del tuo carattere!-
Poi fece silenzio. Si era fermata. Quelle parole le erano venute fuori così, quasi senza pensarci. Semplicemente, si erano fatte spazio da sole, dentro di lei, nel suo cuore e poi erano uscite così, all'improvviso dalla sua bocca.
Era incredula persino lei.
Incredula di ciò che aveva realizzato provare per quella donna. Incredula dei suoi stessi sentimenti per Arizona.
Era una situazione irreale, per entrambe, ma aveva un'unica certezza: quei sentimenti per Arizona, erano reali. La cosa più vera che le fosse mai successa nella sua vita.
Aspettava una risposta, qualsiasi risposta da Arizona.
E la vide di nuovo boccheggiare, aprire e chiudere la bocca, a cercare delle parole, a darle una risposta.
Conosceva anche questo di lei. Conosceva le sue espressioni, i suoi atteggiamenti.
Quegli attimi di silenzio le erano sembrati interminabili.
- Non dire che hai bisogno di me, Callie. Non dirlo.-  
Si era voltata di schiena, le mani sulla faccia.
Sentì Callie avvicinarsi dietro di lei, chinarsi leggermente poggiare il suo mento sulla sua spalla e si sentì stringere dalle sue braccia, da quelle braccia che si erano appena incrociate sul suo addome.
 Arizona non si scostò, non sciolse quell'abbraccio. Poi sentì quelle parole sussurrate al suo orecchio.
- Ormai non posso più non farlo Arizona. Io ho bisogno di passare del tempo con te,di stare tra le tue braccia. E c'è questa sensazione che non riesco a mandare via. Questa sensazione che mi fà credere di essere tua e che mi fa sentire che anche tu già mi appartieni.-
Cercò di divincolarsi da quelle braccia che la tenevano stretta, ma Callie era leggermente più forte, non mollava la presa, la strinse ancora di più contro di se.
E fu in quel momento, mentre era stretta nelle braccia di Callie, che Arizona sentì le sue difese crollare, sentì di non riuscire più ad opporre resistenza. Non ne sarebbe stata capace.
O forse, in quel momento, non voleva più opporre resistenza.
Si girò, lentamente, tra quelle braccia che la stavano circondando, alzò di poco lo sguardo e si ritrovò  immersa in quegli occhi nocciola.
Callie continuava a circondarla con le sue braccia e la guardava da quei suoi centimetri di altezza in più. La strinse ancora di più a se,  quasi a dar voce a quel suo bisogno di proteggerla.
Vide gli occhi lucidi di Arizona, quegli occhi che la scrutavano, poi la vide sorridere e vide comparire quelle adorabili fossette sul suo viso e quell'espressione quasi maliziosa.
Arizona aveva capito che Callie non l'avrebbe lasciata andare.
- Nessun lato del mio carattere è insopportabile, Calliope- Le sorrise.
- Arizona, per quasi dieci anni, ho avuto a che fare con la parte più detestabile di te!Non vorrai contraddirmi e metterti a litigare anche adesso!C'è qualcosa di meglio che potresti fare proprio ora- Le rispose sorridendole dolcemente.
Si guardarono negli occhi, poi, Arizona senza ormai più resistenze e difese, si avvicinò a lei e in punta di piedi la baciò.
 
La svegliò la debole luce che filtrava nella stanza dalla tenda scostata a metà.
Allungò il braccio verso l'altra  parte del letto, certa di trovare il corpo della meravigliosa donna che aveva dormito stretta a lei per tutta la notte.
Con gli occhi ancora chiusi, fece scivolare il braccio sul materasso e non appena si rese conto che era vuoto, aprì gli occhi e si mise a sedere.
Non c'era traccia di Arizona in quella stanza. La sua camera.
Raccolse da terra gli indumenti che Arizona le aveva sfilato la sera prima, mentre la baciava e la faceva distendere su quel letto prima di stendersi lei stessa sopra di lei.
Per un attimo ripensò alla notte appena trascorsa con Arizona. Alle sensazioni che aveva provato mentre la baciava, l'accarezzava, mentre si immergeva in quegli occhi che la scrutavano e la desideravano.
Ripensò ai suoi occhi che vagavano sul perfetto corpo di Arizona e a quel suo desiderio di sentirsi parte di lei.
Ritornò alla realtà, non appena i suoi occhi si posarono su quelle valige riempite a metà e sistemate in un angolo della stanza.
Poi, in un attimo, sentì quella fitta allo stomaco. E al cuore.
Entrò in cucina. La trovò vuota.
Le crollò addosso quella sensazione quasi di magia che aveva provato quella notte.
Prese la sua borsa rimasta sul divano e uscì da quella casa sbattendo la porta alle spalle.
Era arrivata in ospedale con largo anticipo. Si era diretta al bar prima di raggiungere il suo reparto di pediatria e aveva ordinato un caffè doppio.
Per tutto il tragitto in macchina per raggiungere l'ospedale, il pensiero di Callie le aveva occupato la mente, il cuore, lo stomaco. Aveva ancora davanti agli occhi l'immagine di quella meravigliosa donna stesa accanto a lei, nel suo letto, con un braccio steso sopra di lei a circondarle la vita.
Appena sveglia, si era scostata leggermente dal suo abbraccio, si era voltata completamente verso di lei e per minuti interminabili era rimasta immobile a fissarla. Callie dormiva ed era bellissima. E lei doveva andare via di là.
Senza fare rumore, aveva preso le sue cose, si era diretta in bagno ed era uscita dalla sua casa diretta all'ospedale, lasciando Callie nel suo letto, nella sua stanza. Nella sua casa, vuota, senza lei.
Aveva mandato giù il caffè restando in piedi al bancone, poi si era diretta verso gli ascensori per raggiungere il reparto.
Cominciava il suo turno di lavoro in largo anticipo. Era forse arrivato il momento giusto per aggiornare le cartelle rimaste arretrate di qualche settimana.
Si mise a sedere col faldone posizionato ben avanti. Prese la prima cartella e cominciò a completarla.
Meno di dieci minuti dopo, si ritrovò con lo sguardo perso nel vuoto e un solo pensiero che le attanagliava la testa e lo stomaco.
Callie.  La notte passata con lei. Le emozioni che era riuscita a provare.
A fargliele provare il tocco delle sue mani sulla sua pelle nuda, i suoi baci.
Percepiva le emozioni dell'altra mischiarsi con le sue. La stessa attrazione, lo stesso desiderio, la stessa voglia di perdersi una nell'altra.
Era stata la notte più indescrivibile della sua vita.  Tutto era stato fantastico.
Callie le aveva fatto provare quella passione che non provava da tempo.
Era stato dolce, sconvolgente, straordinario.
Non l'avrebbe dimenticata facilmente.
 
- Rose, fà preparare la sala 1, anticipiamo l'intervento di Liam.-
Aveva solo voglia di lavorare quel giorno e non pensare ad altro. A niente.
Mancavano due giorni alla partenza per l'Africa e doveva sistemare le ultime cose in reparto.
- Ah, Rose, da domani farete riferimento al dottor Karev, come sapete, starò via due mesi.-
 
Non si erano ancora incontrate, Arizona era stata impegnata nel suo reparto per buona parte della mattina, mentre Callie aveva il turno in pronto soccorso e le emergenze di quel giorno non le permisero di allontanarsi dalla sua postazione.
Ma pensava ad Arizona, continuamente.
E a come era fuggita via, lasciandola sola nella sua casa. Era andata via senza nemmeno salutarla.
Il ricordo delle parole di Arizona di quella sera al parcheggio, la stavano ormai tormentando da ore.
Lei era una che scappava, lo aveva ammesso lei stessa.
E quella mattina le aveva dato la dimostrazione.
E ora, c'era un altro pensiero che non le stava dando tregua: doveva trovarla.
 
Era pomeriggio inoltrato, usciva dalla sala operatoria dopo quasi tre ore di operazione, un grave incidente giunto al pronto soccorso, aveva richiesto il suo intervento come chirurgo ortopedico.
Arizona non l'aveva ancora cercata. Non si era fatta sentire per niente.
Andò nel reparto di pediatria a cercarla. La trovò in piedi dietro il bancone dell'accettazione a firmare delle cartelle.
- Sei sparita, tutto il giorno.- Il suo tono non era più quello dolce che aveva usato la sera prima.
La bionda alzò lo sguardo appena udì quelle parole. Le rivolse un debole sorriso appena accennato.
- Calliope..- sussurrò prima di ingoiare a vuoto, notando quell'espressione quasi indecifrabile sul volto della mora.  Si sentiva colta in fallo. E si sentiva leggermente in colpa.
- Sei scappata via. Credevo di trovarti accanto a me nel tuo letto stamattina appena sveglia. Ma non c'eri. Credevo fossi in cucina ma invece eri già andata via, Arizona.-
Si era poggiata leggermente sul bancone e la guardava fissa negli occhi. In quegli occhi blu che cercavano di guardare altrove.
La bionda si mise una mano tra i capelli per tirarli indietro, poi le rispose.
- Avevo parecchie cose da fare in reparto e sono sta occupata, molto occupata per sistemare tutto.-
- Sistemare tutto, cosa Arizona? -
Sentiva quella strana sensazione quasi di panico farsi spazio dentro di lei e la delusione nell'immaginare già la risposta.
- Callie.. Io domani parto.  Ho preso un impegno in Africa.-
- Non puoi dire sul serio Arizona. Non proprio ora. Ieri ti ho detto delle cose. Poi noi.. noi..-
- Callie, mi dispiace...-
- Ti dispiace Arizona? Sai dire solo questo? Mi hai trattata come una delle tante! Mi ero solo illusa che non fossi la stronza che ho sempre creduto che fossi. Credevo che non ti saresti comportata come hai sempre fatto con tutte le altre delle quali non ti importava niente. Credevo che ti importasse qualcosa Arizona!
- Ed è diverso.. è stato diverso, Callie..-  rispose con voce incerta.
- Ma?- la rimbeccò la mora con tono distaccato e duro.
La sentì sospirare rumorosamente. Poi quelle dannate parole pronunciate subito dopo da Arizona.
- L'Africa è il mio sogno. Non voglio rinunciare al mio sogno.-
- Già, tipico di te. Non sarai mai disposta a rinunciare a niente.-
Si era voltata per andare via. Sentì Arizona chiamarla per nome.
- Calliope.. Non..-
- Non chiamarmi così Arizona. E non devi dire altro. Hai già detto abbastanza.-
- Non puoi biasimarmi Callie!- Le aveva invece urlato alle spalle.
Callie si rivolse completamente verso di lei, la guardava con espressione scettica e confusa.
- Perchè dovrei mandare all'aria il mio sogno, rinunciare così su due piedi al mio sogno, per qualcosa di cui non ho nessuna certezza?-
- Ti ho detto delle cose ieri. Cose che per me avevano un significato, Arizona!-
- E io non mi fido, Callie! Perchè dovrei? Fino all'altro ieri stavi con un uomo. Sognavi una famiglia, dei figli.. Lo hai detto tu stessa.-
- E allora perchè sei venuta a letto con me, Arizona?-
Avevano ricominciato ad urlarsi contro.
- Io.. io non lo so..- Aveva aperto e chiuso più volte la bocca, cercando di dire qualcosa e quella fu l'unica risposta che le uscì dalle labbra.
- Sai, forse in fondo non stai sbagliando a partire. Buon viaggio, Arizona.-
Non le urlava più contro. Ma il suo tono era rimasto freddo e la sua espressione quasi di ghiaccio.
E Arizona la  guardò andare via.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Eccomi di nuovo con un nuovo capitolo.
L'assenza è stata più lunga del previsto. Mi scuso per i miei mancati aggiornamenti,  con chi ha aggiunto la mia storia tra le seguite.
Capisco se non abbiate più voglia di seguirla dopo tanto tempo, certamente non la ricorderete nemmeno più, per questo, ho deciso di inserire prima del capitolo, un piccolo riassunto dei capitoli precedenti.
Spero di fare cosa gradita, ma se volete e se vi annoia, potete anche saltarlo!
 
Callie è un affermato chirurgo ortopedico, una bellissima donna latina con la voglia di ricominciare. Si trasferisce a Seattle dove ha ricevuto la proposta di lavoro come primario di chirurgia ortopedica. Le cose nella sua città non vanno alla perfezione, quindi accetta molto volentieri l'offerta di lavoro e raggiunge la sua amica e collega Addison giunta a Seattle qualche mese prima di lei.
 La latina ha buoni propositi per la sua nuova vita, è ottimista e più che mai vuole andare avanti, costruire nuove amicizie e affermarsi sempre di più come chirurgo.
Le sue aspettative non vengono deluse, i nuovi colleghi diventano per lei la sua seconda famiglia, condivide la casa con Cristina ed Addison e il suo nuovo ruolo da primario non trova intoppi.
Sono passate ormai due settimane dal suo trasferimento nella  nuova città e la sua nuova vita comincia davvero a  piacerle.
Ma ben presto, una sgradevole sorpresa comincia a far vacillare la sua agognata positività.
La notizia che Arizona Robbins, sua vecchia conoscenza, chirurgo pediatrico di una bellezza senza pari, lavora proprio lì a Seattle, proprio li nel suo ospedale come primario di chirurgia pediatrica, le giunge come una doccia fredda.
 Ben presto realizza che il  suo tormento dei suoi anni da specializzanda ora è sua collega.
Dopo quasi dieci anni le due sono costrette ad incontrarsi di nuovo e condividere lo stesso ambiente di lavoro.
Anche Arizona non coglie con entusiasmo la notizia.
Venire a conoscenza l'una della presenza dell'altra nello stesso ospedale, rivanga ad entrambe spiacevoli ricordi del passato.
Il loro primo spiacevole incontro, i loro continui litigi durante la specializzazione, il loro incessante odio.
Ed è questo il sentimento che caratterizza il loro secondo incontro dopo dieci anni.
Non sono cambiate, non hanno dimenticato, apparentemente si odiano ancora.
Ma col passare dei mesi, la  convivenza forzata fa emergere loro una realtà che entrambe cercano in tutti i modi di nascondere: l'attrazione che provano l'una per l'altra va ben oltre il loro rapporto ostile.
Nessuna delle due può negare la bellezza dell'altra; Arizona alla quale da sempre sono piaciute le donne, non è sorpresa di essere attratta da quella bellezza latina, alta e con sguardo penetrante; mentre Callie, lotta quasi con se stessa per mandare via quei pensieri che la tormentano ogni volta che si ritrova davanti la bionda: è disarmata dai suoi occhi, dal suo sorriso con le fossette,dal suono della sua risata, ma più di ogni altra cosa, è disarmata dal fatto che sia proprio una donna a farle quello strano effetto, proprio Arizona.Lei che era stata sempre attratta dagli uomini.
Arizona come sempre, le aveva creato scompiglio.
E allora, per motivi diversi, fingono incessantemente di odiarsi. La bionda, lo nega a se stessa perchè spaventata a morte di poter provare qualcosa in più di semplice attrazione; la mora perchè confusa, non crede sia possibile provare qualcosa per una donna, lei aveva sempre sognato una famiglia tradizionale.
Litigano continuamente, si danno contro ogni giorno, fino a quando, sole in una stanza di albergo, l'attrazione è così evidente che diventa quasi palpabile.
Tra le due avviene il primo avvicinamento. E' Callie a scoprirsi per prima. Ma non dura molto, dopo qualche minuto tutto ritorna come prima, ritornano a Seattle, ritornano a fingere di odiarsi.
Ritornano alla loro vita, Arizona a concentrarsi sul suo lavoro, una delle sue più grandi passioni, Callie dal suo ragazzo che aveva conosciuto al bar.
Ma sono costrette a vedersi ogni giorno, a condividere gli stessi spazi, ad operare insieme.
Ed è proprio durante un lungo intervento ritrovandosi insieme nella stessa sala operatoria, che Callie capisce di provare qualcosa in più di una semplice attrazione.
Si era innamorata di una donna. Si era innamorata di Arizona, la donna che da sempre aveva creduto di odiare.
Lascia il suo ragazzo e corre a casa da Arizona, la quale in tutti i modi aveva cercato di tenersi lontana da lei  da quel loro avvicinamento in albergo, anche se non aveva fatto altro che penare a lei, a quella sera e a farsi divorare dalla gelosia ogni volta che la vedeva con quell'uomo.
Ma aveva continuato a scappare fino a quando, non si ritrova Callie al centro nel suo soggiorno, a confessarle i suoi sentimenti per lei.
Rimane spiazzata e confusa. Cerca di lottare, non vuole ascoltare, non è pronta. Ma Callie è li, che la tiene stretta tra le sue braccia  e in un attimo le sue certezze crollano.
E cede al suo abbraccio, ai suoi baci, a quel calore che divampa tra loro.
Ma la sua partenza per l'Africa è imminente, le valigie sono pronte.
E ancora una volta scappa, prende le distanze, lasciandosi alle spalle quella splendida donna che le aveva palesemente detto di amarla.
 
 
 
 
capitolo 13

Mormorio di voci indistinte, rumore delle rotelle dei trolley, suono di altoparlanti accesi. Ma Arizona riusciva a registrare a malapena quei rumori intorno a lei.
Era seduta a contatto col freddo metallo delle sedie dell'aeroporto e la sua mente era occupata da un solo, incessante pensiero. Stava tornando a Seattle. La sua amata seppur piovosa città, la sua casa.
Era mancata da Seattle per troppo tempo questa volta. Più del previsto.
Aveva prolungato la sua permanenza in Africa di quattro mesi, tempo necessario per avviare il suo progetto al quale ci pensava da diversi anni e allora come non mai era determinata a portarlo avanti.
Portare i suoi piccoli umani africani a Seattle, nel suo ospedale.
Bambini che avevano bisogno di cure particolari, interventi che in Africa non avrebbe potuto effettuare.
Era riuscita ad ottenere le pratiche e a far approvare il suo progetto, ma per farlo era dovuta restare in Africa sei mesi.
 
  E ora era pronta. Pronta a rivedere Teddy, i suoi colleghi.
Ma non lei. Non era affatto pronta a rivedere Callie.
Eppure aveva incessantemente pensato a lei. Non c'era stato un giorno in cui non l'avesse pensata.
Ma non si era preparata. Non ad incontrarla.
Il solo pensiero le provocava una strana sensazione allo stomaco, le accelerava i battiti del cuore, le faceva sudare le mani.
Non si era ancora resa conto che le stava stringendo con forza.  E il freddo metallo su cui era seduta, quasi le dava sollievo; aveva cominciato a sudare.
Erano passati sei lunghi mesi dalla sua partenza per l'Africa. C'era stato un gran da fare, aveva salvato vite, aiutato molti piccoli umani. Aveva fatto la differenza, si era sentita importante. E ora, ora seduta in quell'ala immensa di quell'aeroporto, si sentiva fragile, vulnerabile, il pensiero di rivedere Callie la stava facendo sentire insicura.
Arizona Robbins non era una persona insicura. Non lo era mai stata.
Mai sul lavoro, mai nella sua vita quotidiana, mai con i colleghi.
Ma da quando aveva rincontrato lei, da quando era venuta così strettamente in contatto con quei sentimenti così intensi e giunti in maniera così imprevedibile per lei e, soprattutto, ai quali aveva sempre cercato di sfuggire,  Arizona Robbins era diventata una persona insicura.
Insicura per quanto riguardava l'amore.
 Persino il suono di quella parola a volte la terrorizzava.
L'amore l'aveva sempre definito come qualcosa al di fuori di ogni logica,  qualcosa di ingestibile.
E lei amava gestire la situazione. L'idea di innamorarsi sul serio le aveva sempre generato panico.
E allora per anni si era sempre tenuta alla larga.
 
Batticuore, senso di nausea e agitazione, sudorazione fredda. L'aereo era decollato da poco e quei sintomi l'avevano invasa all'istante.
E un solo pensiero nella testa.
Non era paura di volare questa volta.
 Ma era invasa da una sensazione ben più grande. Panico.
E questo significava solo una cosa.
E non era pronta ad incontrarla. E soprattutto non era pronta a dichiararlo ad alta voce a se stessa.
Era caduta nella trappola dell'amore. 
Tutti quei chilometri di distanza non erano riusciti ad allontanarla da quel pericolo.
E la lontananza non aveva attutito per niente tutto quel frastuono nella sua testa, nel suo cuore, nel suo stomaco.
Era invasa dal panico. Panico di ammettere a se stessa che si era innamorata di Callie Torres e che non aveva scampo.
Non avrebbe potuto farci nulla.
Era invasa dal panico. Panico nel non saper gestire tutta quella situazione che le sembrava più grande di lei.
Panico perchè stava ritornando a Seattle e non poteva sfuggire alla vita reale. Alla sua vita, in quella città, in quell'ospedale dove tutto era cominciato.
Per la prima volta non era felice di ritornare nella sua città.
O forse inconsciamente lo era.
 
 - Adoro la pizza, non sai quanto mi sia mancata.- Fece un altro vorace boccone al suo pezzo di pizza e con aria sognante chiuse gli occhi per assaporare meglio, quella che da anni era la sua cena preferita.
Teddy le rivolse uno sguardo divertito addentando anche lei il suo spicchio.
Erano sedute nella cucina di Arizona a mangiare pizza e bere birra, come da tradizione dopo ogni suo ritorno dall'Africa.
- Sono pienamente dipendente dalla pizza,potrei dire di essere ufficialmente innamorata della pizza.-
- Innamorata della pizza?- Le fece eco Teddy con aria quasi incredula.
- Si, follemente innamorata della pizza.-
- Arizona, sei la persona più buffa che conosca. Dovresti guardarti ora. Guardi quella pizza come una bambina guarda il suo gioco preferito.-
- Ed è così che si guarda, insomma, che si desidera la persona di cui si è innamorati?- Si schiarì leggermente la voce e prese a guardare verso la finestra.
Quella domanda  era uscita dalla sua bocca di getto.
Teddy si era voltata a guardare confusa la sua amica.
Arizona la vide tentennare, schiarirsi la voce e sorriderle leggermente colta del tutto di sorpresa da quella domanda improvvisa.
-E' successo senza che io me ne rendessi conto. E' successo e basta.- Esordì di nuovo all'improvviso stupendo per la seconda volta Teddy.
- Parli di Callie non è vero?-
- Non sono riuscita a dimenticarla, Teddy. Non sono riuscita a sfuggire questa volta. Andare dall'altra parte del mondo non è servito a niente. E... e non sono riuscita a nasconderlo nemmeno a me stessa.. Mi mancava Teddy, quando ero lì mi mancava-
- Arizona..-
- Io la amo. Io amo Calliope Torres.-
- Arizona, c'è qualcosa che dovresti sapere-
 Si guardarono negli occhi; una con un'espressione confusa dipinta sul volto, l'altra preoccupata.
Poi Teddy le rivolse un debole, indeciso sorriso e per un attimo calò il silenzio nella stanza.
 
Parcheggiò la sua auto al posto che da anni era riservato a lei, scese dalla macchina e si avvicinò all'entrata.
Guardò l'immenso stabile che aveva di fronte fece un respiro profondo e avanzò verso le porte scorrevoli.
La vista familiare dell'enorme atrio del suo ospedale le strappò un piccolo sorriso. Si sentiva a casa.
 
- Un cappuccino, grazie.- Il bar era sempre stata la sua prima sosta, non avrebbe mai potuto fare a meno di cominciare la sua giornata con quella bevanda che le aveva quasi creato dipendenza.
La stessa richiesta, giunta contemporaneamente alla sua, la fece voltare di scatto nella direzione dalla quale proveniva quella voce.
Avevano parlato all'unisono e aveva riconosciuto quella voce.
Voltandosi indietro incrociò subito gli occhi dell'altra che la guardarono sorpresi.
Calliope Torres aveva un'espressione alquanto stupita dipinta sul volto.
Rimasero in silenzio per un istante che sembrò quasi eterno.
Furono entrambe sovrastate da miriade di emozioni, sensazioni che contrastavano tra loro.
- Arizona..- la prima a parlare fu Callie, con voce incerta non sapendo bene che dire. - Hai tagliato i capelli.- fu la prima cosa non molto ponderata, che le venne in mente di dire, squadrando la donna bionda che aveva davanti a se.
E non potè fare a meno di pensare quanto Arizona fosse dannatamente bella in quel momento.
Aveva i capelli corti, che a malapena le arrivavano alle spalle e li aveva lasciati mossi. Quei capelli la rendevano estremamente più bella.
Indossava un paio di jeans stretti e una maglioncino  che le donava alla perfezione. Il giubbotto ripiegato sulla borsa che in quel momento usava a tracolla.
Era nuovamente febbraio e il freddo di Seattle era ritornato. Ed era ritornata anche Arizona ed era bellissima.
Si schiarì la voce e aspettò una qualsiasi risposta della bionda.
- Ciao Callie.- la salutò con sorriso incerto e continuò timidamente - Si, ho dato un taglio.-
Alla sua stessa affermazione abbassò lo sguardo non riuscendo a mantenere quello della mora che aveva gli occhi fissi, piantati nei suoi.
- Ecco i vostri cappuccini.-
Arizona benedì la voce della barista giunta al momento giusto. Prese in mano le due bevande porgendone una a Callie. Quella sbagliata.
- Questa volta sei tu che stai..come dire.. fregando qualcosa a me..- Affermò la mora accennando un piccolo sorriso e guardando in direzione della mano di Arizona che stringeva il bicchiere.
La bionda seguì lo sguardo della mora e leggendo il nome sul cartone, capì.
- " Torres"- lesse ad alta voce, avvicinando alla mora il suo cappuccino e afferrando con l'altra mano quello che le stava porgendo la mora contemporaneamente.
- Giusto. Tu lo prendi amaro mentre io..-
- Se non ci metti un quintale di zucchero non sei contenta, Arizona- tentò di scherzare la mora.
A quel punto, la più stupida delle conversazioni sarebbe stata meglio dell'affrontare la loro strana situazione.
Vide la bionda sorridere alla sua battuta e le sue fossette farsi spazio sul suo splendido volto.
E avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di staccare il suo sguardo da quel sorriso con le fossette che aveva quasi dimenticato.
E  avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di togliersi dalla testa il ricordo di quegli occhi splendidi che l'avevano nuovamente guardata.
Aveva da poco finito il turno e per tutto il giorno non aveva fatto altro che pensare ad Arizona che era tornata.
E continuava a pensarla per strada mentre a piedi raggiungeva il suo appartamento a pochi passi dall'ospedale.
Il sole stava quasi per tramontare, e con quello spettacolo davanti agli occhi che si dipingeva nel cielo, era quasi impossibile che non le ritornasse in mente di nuovo lei, di nuovo Arizona.
E avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di scacciare dalla mente quei pensieri.
Aprì la porta di casa e l'odore della cena invase in un attimo le sue narici.
Forse aveva trovato la soluzione.
Dylan. Dylan Miller, il nuovo anestesista del Seattle Grace.
- Tesoro, sei tornata finalmente. Le patate sono nel forno, la cena è quasi pronta.-
Era andata avanti. In quei due mesi lei era andata avanti.
Lo aveva conosciuto circa un mese prima e dopo una spietata corte da parte del nuovo strutturato, affascinata dai suoi modi di fare e dalla sua capacità di riuscire a coglierla sempre di sorpresa, alla fine aveva ceduto alle avance dell'uomo.
Dylan sembrava perfetto. Come le sembrava perfetta l'dea di un futuro insieme a lui che le avrebbe regalato ciò che da sempre aveva desiderato di avere. Una casa, una famiglia.
- Un'emergenza al pronto soccorso mi ha trattenuta in ospedale.-
Posò la borsa e le chiavi sul tavolino all'ingresso e avanzò verso l'uomo.
- L'avevo previsto e ho tenuto in caldo la cena.-  Le aveva sorriso e avvicinandosi per salutarla le aveva lasciato un veloce bacio sulle labbra.
Callie gli abbozzò un sorriso quasi forzato e sgattaiolò in bagno.
Quando rientrò in cucina, vide la cena già pronta sul tavolo. Prese posto di fronte all'uomo e cominciò a mangiare in silenzio.
- Callie, tesoro, sei strana.-
- Sono solo stanca.- Fu la sua fugace risposta.
 
 Era bastato un solo attimo. Di nuovo. Era bastato guardare di nuovo dentro a quegli occhi, incontrare quel suo sorriso e le sue certezze avevano cominciato a crollare.
 Non era più così sicura  di desiderare così  fortemente quel tipo di futuro per se stessa.
Immaginare la sua vita con Dylan in una grande casa le dava tranquillità, ma questo significava un futuro nel quale Arizona non avrebbe mai  potuto far parte.
E di Arizona non si fidava. Arizona  non le avrebbe mai dato nessuna certezza, non le avrebbe dato la tranquillità che lei da sempre aveva cercato.
E ora, l'unica cosa di cui era certa, era la grande confusione che aveva nella sua testa.
 
 
 

 
 
 
 
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


capitolo 14
 
- Wilson, fa preparare la sala 2 e lavati, sarai in sala con me.-
La specializzanda, mise da parte la cartelle dei post operatori che era intenta a visionare e, guardando allontanarsi sfrecciando su due scarpe con le rotelle il chirurgo biondo che le aveva appena dato l'ordine, prese il telefono in mano per ottemperare al comando ricevuto.
Aveva assistito pochi minuti prima al giro visite della dottoressa Robbins e aveva previsto l'imminente intervento chirurgico sul piccolo paziente che occupava la stanza numero 19.
La sala era pronta e il piccolo paziente già addormentato, steso sul tavolo operatorio. Dall'anticamera della sala operatoria dotata di due ampi vetri, intenta a lavarsi le mani, Arizona Robbins  osservava il nuovo anestesista del Seattle Grace  che esaminava i monitor su cui erano riportati i valori di Lucas o Buffetto, come amava chiamarlo Arizona; Il piccolo Lucas, era tra i suoi piccoli umani preferiti.
A causa della tenuta da sala operatoria, Arizona riusciva solo a scrutare gli occhi del nuovo strutturato.
Da quando Teddy le aveva parlato di Dylan Miller, il chirurgo pediatrico aveva sviluppato un enorme curiosità nei confronti dell'uomo. Presa tuttavia dai molteplici impegni dopo il suo ritorno dall'Africa, avendo avuto a che fare tra burocrazia varia, aggiornamenti di cartelle cliniche e presa in carico di nuovi pazienti, non aveva avuto modo di incontrare la nuova fiamma di Callie.
 La sua Callie.
Fino a quel momento, in cui, era  proprio il dottor Miller, l'anestesista di turno.
- Parametri vitali nella norma, possiamo procedere con l'intervento.-  Decretò Miller appena Arizona aveva fatto ingresso nella sala.
Il chirurgo pediatrico gli lanciò uno sguardo inespressivo e per pochi secondi incontrò lo sguardo dell'uomo.
L'intervento durò meno del previsto, tutto era filato liscio.

Al termine dell'operazione, la bionda si diresse a togliere il  camice e lavarsi. Guardava dritta di fronte a se, sguardo perso nel vuoto, la mente altrove.
Non si accorse della presenza di Miller accanto a se, poi la voce dell'uomo richiamò la sua attenzione.
- Dottoressa Robbins, sono lieto di poter lavorare con lei. Sono nuovo qui, ma come dire.. la sua fama la precede. Ho sentito parlare molto di lei, del suo progetto africano e che è il primario più giovane di quest'ospedale. Lasci che mi presenti. Dylan Miller.-
L'uomo le rivolse un ampio sorriso mentre con la mano sinistra toglieva la cuffia dalla propria testa e porgeva la destra al chirurgo pediatrico.
Era indubbiamente un bell'uomo. Sguardo profondo, bel sorriso.
Arizona abbozzò un leggero sorriso e ricambiò la stretta del novo anestesista.
E non riusciva  ad esserle antipatico. Nonostante stesse convincendo se stessa ad un  sentimento di antipatia nei confronti dell'uomo, proprio non ci riusciva a farselo risultare antipatico.
 Purtroppo stava constatando che Dylan Miller, non era una persona sgradevole.
Era un uomo affascinante, gentile e professionalmente molto competente.
Ed era il suo rivale. 
Non farselo piacere, era la prima cosa che aveva pensato di fare non appena Teddy le aveva raccontato tutta la storia e che cioè, la sua Callie, aveva intrapreso una nuova storia con un uomo che a detta dello stesso chirurgo cardiotoracico, "non era per niente male".
Callie  era andata avanti.
Lasciò la mano dell'uomo non appena si rese conto che quest'ultimo la stava fissando. Per un attimo si era persa nei suoi pensieri.
E lei avrebbe dovuto mettersi da parte.
 
Aveva bisogno di caffè.  Dopo l'operazione di Lucas, aveva avuto altre due operazioni d'urgenza.
Era comunque abituata a quei ritmi; in chirurgia pediatrica, si correva sempre.
Si avviò in tutta fretta nella stanza riservata agli strutturati e, certa che al suo interno non ci fosse nessuno, spalancò la porta sospirando rumorosamente e di conseguenza, emettendo strani suoni.
Era un modo tutto suo di stemperare la stanchezza accumulata.
Alzò velocemente lo sguardo, quando le giunse alle orecchie il suono di una fragorosa risata.
Callie, seduta al piccolo tavolo, con una tazza di caffè fumante, la stava guardando divertita.
Visibilmente in imbarazzo e schiarendosi la voce, Arizona avanzò nella stanza richiudendo la porta alle sue spalle.
- Caffè. Tu hai immediatamente bisogno di caffè.- Parlò per prima la mora, ancora col sorriso sulle labbra.
Si guardarono per un attimo negli occhi prima di ridere di gusto insieme.
 
- Sai, ti vedo bene. Sembri.. serena.- La bionda, col suo caffè in mano, aveva appena preso posto accanto alla mora, già intenta a consumare il suo.
Callie la guardò dritta negli occhi, posò il cartone che pochi istanti prima conteneva la sua bevanda preferita e si alzò in piedi intenzionata ad andare via da lì al più presto.
Non sapeva come comportarsi, cosa dire, cosa risponderle.
Ed era vero, era più serena. 
Miller le donava tranquillità, protezione.
Ed era vero, stava bene.
Non le mancava niente. Aveva un lavoro che amava con tutta se stessa, dei colleghi che adorava e Dylan. Aveva Dylan che da poco meno di due mesi l'aspettava a casa la sera o all'uscita dall'ospedale, le ripeteva quanto fosse incredibilmente bella ed era pronto a costruire una famiglia.
Ma ciò non la rendeva completamente felice.
Sentiva che le mancava qualcosa.
E Arizona, che in quel momento la stava guardando dal basso, le sembrava così  terribilmente bella. La bellezza di quella donna riusciva a disarmarla ogni volta.
- Si, sto bene.- E non voleva aggiungere altro. Si diresse alla porta e stava per afferrare la maniglia, quando la voce della bionda la fece arrestare di colpo.
- Ho conosciuto il nuovo strutturato, il dottor Miller. Voi due avete una storia, no? A quanto pare è merito suo.-
Rimase voltata di schiena per qualche altro secondo, registrando le parole della bionda e soprattutto il tono indecifrabile che aveva avuto.
Poi si schiarì la voce e si voltò in direzione del chirurgo pediatrico.
La bionda era ancora seduta e la stava osservando.
- Sai, noi due non abbiamo solo una storia. Noi due viviamo insieme.- Rispose secca e scocciata.
E Arizona avrebbe preferito di gran lunga ricevere un pugno in pieno stomaco. Le avrebbe fatto certamente meno male.
Teddy le aveva raccontato tutto quanto, ma sentirlo dire da lei, vedersi sbattuta la verità in faccia da Callie, le aveva fatto quell'effetto insopportabile al quale non si era preparata.
E rispose non senza nascondere un sorriso sarcastico.
- Mmh mmh.. Capisco.. Occhi belli e profondi, bel sorriso e scommetto che cucina pure. Perchè, come fare per adulare una donna, lo sa perfettamente-
E il suo tono era risultato più acido e canzonatorio di quello che avrebbe dovuto.
- Arizona, nessuno ti da il diritto di parlare così e soprattutto non hai il diritto di intrometterti nella mia vita privata.-
- Era solo per fare conversazione. Sono mancata per un pò e mi mancavano i pettegolezzi del Seattle Grace-
-Pettegolezzi, Arizona?- La guardò quasi incredula prima di continuare.
 -E' incredibile sai. Tu non cambierai mai, Arizona. Sei così irritante. Pensavo che dopo tutto questo tempo potevamo comportarci da persone civili, comportarci come due semplici colleghe. Era quello che volevi in fondo, no?  Ma evidentemente,  io e te non riusciremo mai a non litigare ogni volta che ci ritroviamo nello stesso posto.-
E così Callie si era avvicinata alla bionda che intanto si era diretta nuovamente alla macchina del caffè.
In quel momento Arizona le stava dando le spalle.
Aveva chiuso gli occhi per un momento ascoltando il tono duro con il quale la mora le si era appena rivolta.
Cercava con tutta se stessa di mantenere quel distacco, di ritrovare freddezza nella voce e soprattutto quel tono da menefreghista col quale era sempre riuscita a corazzarsi.
La persona che aveva scoperto di amare, alla quale non aveva smesso di pensare mentre era dall'altra parte del mondo, la trovava irritante.
Prima ancora che potesse replicare, Callie parlò di nuovo.
Sentiva la presenza della mora dietro di se. Era così vicina.
- Sei stata via sei mesi. Sei mesi in cui non ci siamo viste nè sentite. E io ho cercato di andare avanti, Arizona-
Fece un attimo di silenzio prima di aggiungere quelle quattro parole.
Arizona rimase di spalle.
-Perchè tu sei scappata. Ti ho detto che ti amavo e tu hai pensato bene di andare dall'altra parte del mondo.-
Fu in quel momento che la bionda si voltò a guardarla. E incrociò quegli occhi nocciola che erano a pochi centimetri dai suoi.
- Io sono scappata.- Di nuovo il suo tono era più duro di quello che avrebbe dovuto.- Ma tu non hai perso tempo. Hai detto di amarmi, ma ti sei già consolata.-
- Non volevo aspettarti, Arizona. Insomma, perchè aspettarti?- Aveva allargato le braccia e il suo tono risultava quasi ovvio. Sospirava.
 - Perchè tu sei così.. Tu sei quello che sei, Arizona. Tu scappi. Tu non ti impegni. Tu non dai nessuna certezza. Tu sei egoista.-
Parlava con tono duro e lentamente, quasi a voler scandire ogni parola.
Arizona a pochi passi da lei, ferma ad ascoltarla.
- Tu sei sparita per sei mesi.  E' sei sempre tu quella che è  andata via senza voltarsi indietro. Quindi.. perchè aspettarti?-
Si fermò per un attimo. Occhi fissi in quelli così belli della bionda che la guardava con espressione amareggiata. Ma non l'aveva interrotta. Poi disse quella frase, continuando a guardarla intensamente negli occhi.
-Non ne sarebbe valsa la pena.-
Ma nemmeno in quel momento, Callie riusciva a mettere da parte la bellezza della donna di fronte a se.
E quindi si diresse verso la porta, una mano poggiata sulla maniglia, si voltò un'ultima volta prima di uscire.
- Perciò si, sono andata avanti. E non mi va più di litigare con te, Arizona.-
Richiuse la porta della stanza violentemente, lasciando un'Arizona senza parole, sola, al suo interno.
 
 
- Questo turno è infinito. Dovrò passare la notte in reparto. Non torno a casa da..- Si fermò per guardare l'orologio, prima di aggiungere - da almeno 18 ore.-
Aveva raggiunto la sua amica nel reparto di cardiochirurgia e sfrecciando sulle sue scarpe con le rotelle, le si era affiancata vicino al bancone delle infermiere.
Teddy staccò lo sguardo dalla cartella che stava compilando  per rivolgere un sorriso divertito al chirurgo biondo.
- Ma a quanto pare, hai ancora tanta energia per correre su quei cosi.-
- Oh, ti sbagli. Non sai quanto mi aiutano. In pratica mi trasportano da un posto all'altro. Dovresti provarli, sai.-
- Arizona, stai blaterando. E..scordatelo. Non salirò su quei cosi. Vorrei ricordarti, che le tue amate scarpe con le rotelle, ti hanno già fatta precipitare rovinosamente per terra. Quindi,  grazie, ma no. Non voglio fare la tua fine.-
Raccolse le cartelle e si diresse nell'ufficio riservato al primario del reparto.
- Sei pesante,sai?- Le rispose invece la bionda, seguendola.
- Arizona, cosa hai combinato? Perchè invece che stare nel tuo reparto, a riposare nella stanza del medico di guardia, sei qui a sfrecciarmi intorno? Sono le ventitre, potresti andare a dormire. Nel tuo reparto.-
-Ehi. Sono stata via sei mesi. Mi mancava la mia migliore amica.-
Ma il suo tono, non fu del tutto convincente. Teddy, guardandola di sottecchi e non riuscendo a trattenere un sorriso, le rispose accennando un finto tono scocciato.
- Arizona, spara.- Chiaro segno, che non aveva creduto alle parole dell'amica.
- Ho litigato con lei prima. Beh, più o meno due ore fa. Ero sfinita, volevo solo prendere un caffè. E lei era li. Ha il turno di notte-
Si fermò solo per richiamare nella sua mente l'immagine di Callie.
- Ed è così bella quando ride.-
Teddy la guardava non capendo.
- Arizona, non riesco a seguirti. Cosa c'entra ora Callie che ride? Non mi hai appena detto che avete litigato poco fa?-
Il chirurgo pediatrico tornò a concentrarsi sull'amica.
- Oh, si. Abbiamo litigato. Dopo aver riso insieme. Ma questo non importa. Il punto è che abbiamo litigato poi.- Prese a parlare infilando una parola dietro l'altra come era suo solito fare.
- Questa sarà la notte più lunga della mia vita.- Sospirò Teddy con tono rassegnato e guardando scuotendo la testa Arizona, seduta di fronte a lei.
- Allora vuoi sapere o no?-
- Oh, non aspetto altro.- La canzonò il chirurgo dagli occhi verdi. - Vai, ti sto ascoltando.-
E Arizona, non aspettò un secondo di più.
- Ho fatto delle battute su Miller. In modo sarcastico ovviamente.-
- Arizona, non hai il diritto di fare una cosa del genere. Sei stata tu a mollare andando via.-
- E' quello che ha detto lei. Ma vi sbagliate.-
Teddy la guardava quasi incredula.
- Avevo un impegno, Teddy. Ho preso l'impegno di andare in Africa, molto prima che arrivasse lei.-
- Questo è vero. Ma non ci dovevi stare sei mesi. Hai scelto proprio in quei mesi di dare il via al tuo progetto. E lo sapevi che saresti rimasta in Africa molto più del dovuto.-
Si fermò per un attimo, per avere la certezza che Arizona la stesse seguendo nel suo discorso.
- Quindi no. Non sbagliamo. Tu sei scappata.-
- Teddy, da che parte stai? Sono io la tua amica. Sono io seduta nel tuo ufficio a raccontarti la litigata di oggi. E sono io che ho bisogno...-
Parlava velocemente, gesticolando e guardando l'amica con espressione ovvia, finchè fu nuovamente interrotta.
- Arizona, il punto è che saresti dovuta rimanere in Africa solo per due mesi se non volevi rinunciare all'impegno preso.  E forse avresti fatto in tempo a tornare.-
Vide Arizona alzarsi di scatto e poi aprire la bocca subito dopo.
- Tutti a difenderla. Aveva detto di amarmi ma le sono bastati sei mesi per mettermi da parte. Convive già con un altro, Teddy.-
- Perchè tu sei sparita nel nulla. Come biasimarla, Arizona? Ha affrontato prima se stessa per te. Ha lottato con se stessa per far luce su di sè e lo ha fatto per te. Ti ha detto che ti amava. E' corsa da te. Tu sei corsa via.-
- Come facevo a fidarmi di lei, Teddy? Sono spaventata dall'amore.. e lei.. lei.. è sempre stata con gli uomini.-
- Non puoi pretendere che ora lei si fidi di te, Arizona.-
- Perfetto. Pensavo che almeno tu stessi dalla mia parte.-
Aveva raggiunto la porta, aveva alzato leggermente la voce. Prima di uscire, sentì nuovamente Teddy rivolgerle la parola.
- Arizona, sto solo dicendo che ora devi essere tu a lottare per lei se la rivuoi indietro.-
Il chirurgo toracico aveva addolcito leggermente il tono.
Le due amiche rimasero a guardarsi negli occhi per un breve istante.
Arizona aveva recepito il messaggio.
 
 
- Torres! Anche tu turno di notte eh..-
- Mh mh.. e sono già al terzo caffè-
Poi vide la rossa dirigersi verso il frigo, erano nella stanza degli strutturati.
- Mai nessuno che lasciasse qualcosa da mangiare qui dentro!-
Addison richiuse il frigo e si accomodò sul divano di fronte al chirurgo ortopedico.
Callie intanto, la seguiva divertita con lo sguardo.
- Come va con Miller?-
Domanda a bruciapelo che fece arrestare di colpo Callie che in quel momento stava portando alla bocca il cartone fumante.
- Tutto ok.- Rispose fugace nascondendo il viso nel bicchiere che si era portata alla bocca.
- Solo? Cioè tu stai con "mister perfezione" e riduci solo a un "tutto ok"?
La canzonò presto Addison rivolgendole uno sguardo tra il confuso e l'incredulo.
- Cos'altro dovrei dire? Spesso cucina per me, o mi aspetta quando finisce il turno prima di me o mi porta fuori a cena..-
- O ti prepara la colazione, perchè poco meno di due mesi fa ti ha chiesto di andare a vivere da lui. E tu hai accettato, Callie. Ma da qualche giorno non ti vedo.. entusiasta.-
Il chirurgo neonatale si fermò per un attimo a scrutare meglio l'amica. Poi decise di continuare.
- C'entra qualcosa il ritorno di Arizona?-
E quella domanda Callie se l'aspettava già qualche giorno. Aveva notato l'atteggiamento indagatore dell'amica non appena aveva saputo del ritorno della bella bionda.
Dopo la partenza di Arizona, Addison era stata la sua ancora. Era stata lì ad ascoltarla, a consolare le sue lacrime. E l'aveva convinta a cambiare pagina.
L'aveva spronata ad intraprendere la sua storia con Miller.
"E' l'uomo perfetto" Se non avesse solo occhi per te, ci farei un pensierino io". Le diceva scherzando.
Era stata lei a convincerla a guardarsi intorno e a farla accorgere del nuovo anestesista.
- Dylan è perfetto, Addy. E io andavo bene fino a qualche giorno fa.-
- Ma ora è ritornata lei.-
- Non mi aspettavo di vederla all'improvviso,  Addison. Non mi ero preparata. Ero semplicemente andata al bar per prendere il mio cappuccino. E lei era li davanti a me. -
Nella mente aveva ancora le immagini di quel giorno. Di lei.
- Non l'avevo nemmeno riconosciuta. Poi si è girata di scatto e ho rivisto i suoi occhi. E poi ha sorriso. E c'erano quelle fossette sul suo viso. Ed era così bella con i capelli corti.  E' tornata all'improvviso, si è girata all'improvviso  e mi ha sbattuto la sua bellezza in faccia!-
- Eh..? che effetto ti ha fatto, Callie?-
-E' riuscita a spiazzarmi di nuovo. Mi sono innamorata dei suoi occhi, del suo sorriso, ma prima ancora ho amato lei, Addison. Il suo carattere così forte, contrastante e anche insopportabile.. -
Si era alzata in piedi e camminava su e giù per la stanza allargando le braccia. Addison la guardava e l'ascoltava e cercava di capire.
- Ma?- l'anticipò il chirurgo neonatale, notando il momento di esitazione della mora.
- Ma  io voglio ricominciare da me, Addy. E ho già sofferto abbastanza nella mia vita. Ora voglio il meglio per me.-  Fece un momento di pausa.
-E non credo che lei sia il meglio.-
- Ma ti ha confusa.- Fu la battuta finale della rossa.
E a Callie non restò che guardare l'amica dritto negli occhi.
 
 
" Cosa ci faccio, qui? E' anche mezzanotte"
Parlava da sola, mentre avanzava tra i corridoi del reparto di ortopedia.
E per l'ennesima volta fu intenzionata a ritornare nel suo reparto.
E mentre avanzava decidendo se girare l'angolo o tornare indietro, andò a sbattere contro qualcuno che aveva appena percorso il corridoio opposto piegando nella sua direzione.
A quello scontro, entrambe sollevarono lo sguardo.
- Arizona?- Chiese il chirurgo ortopedico, con espressione confusa.
- Sono scappata perchè mi hai fatta sentire indifesa, Callie.-
Aveva esordito così, senza nessun preavviso. Perchè sapeva che se non avesse fatto così, non avrebbe più avuto il coraggio di farlo.  Ed era andata a sbatterci contro ormai.
- Ti volevo scrivere sai? Quando ero lì. Da sola in mezzo al nulla quasi. Lì non è come qui. Lì non dormi in un letto comodo. Lì  dormi su una brandina. Ed è scomoda. E la maggior parte del tempo ti senti solo.-
- Arizona, so come vanno le cose lì, non ho bisogno di sentirle dire da te. E quest'ora, mentre ho il turno di notte.-
Aveva cercato di scansarla, ma la bionda non si fece oltrepassare.
- Tu non mi ascolti, Calliope. Ti ho detto che avrei voluto scriverti.-
- Ma non l'hai fatto.-
Fu la risposta secca della mora. Era avanzata di un passo. Si sentì afferrare per un braccio ed essere trascinata in una stanza sommersa dalla penombra.
Si erano fermate vicino la stanza del medico di guardia. E Arizona non ci pensò su due volte prima di trascinarla dentro. L'avrebbe costretta a farsi ascoltare.
- Arizona, cosa credi di fare?-
- Voglio prendermi un'occasione.-
- Oh, no. Non è così che funziona, sai. Siamo in due qui. Io non voglio darti un'altra...-
Non riuscì a finire la frase. Si sentì spingere contro al muro e poi due labbra calde poggiarsi sulle sue.
Non durò che qualche secondo. Ma quel bacio non l'aveva lasciata indifferente.
- Potrei valerne la pena, Calliope.-
Quasi sospirò quelle parole, poi fece scivolare lentamente la sua mano dal viso della mora e raggiunse la porta.
Uscì lasciando entrare la debole luce del corridoio nella stanza.
Callie rimase ferma al suo interno guardandola andare via.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
 
- Ehilà, Torres!-
- Mi ha preparato la colazione. Sono ritornata a casa, dopo un estenuante turno di notte e ho trovato la colazione pronta. Capisci?-
- Oh che cosa orribile, Callie! - La canzonò il chirurgo neonatale dall'altro capo del telefono.
- Io sono appena ritornata a casa e ho trovato il caos che ha lasciato Cristina ovunque invece. Sai, Torres, cominci sul serio a mancarmi, qui.- Disse le ultime parole gettandosi di peso sul divano e chiudendo gli occhi.
- E' una cosa orribile, Addy.-  Ribatté  il chirurgo ortopedico, afferrando il pane pronto sul tavolo.
- Cosa c'è di così terribile nel fatto che il tuo uomo ti abbia preparato la colazione prima di cominciare il suo turno a lavoro? - Rispose ancora la rossa sospirando e mantenendo gli occhi chiusi.
- C'è che Arizona mi ha baciata stanotte.- Riprese a parlare la mora affermando la frase tutta d'un fiato.
E questo fece spalancare gli occhi al chirurgo neonatale pronta fino a qualche secondo prima a cedere alla comodità del divano.
- E?
- E non sono rimasta del tutto indifferente.-
- E?- Continuava ad interrogarla Addison.
-  E mi è piaciuto, Addison!-
- Callie, credo che a questo punto tu debba prendere una decisione.-
- E' questo il punto Addison. Ho paura di prendere una decisione.-
Si era avvicinata alla finestra a guardare il cielo terso di Seattle.
Pensò a Dylan, al suo uomo perfetto. E quel cielo rimase grigio.
 Poi pensò a lei. Alla donna che continuava a scombussolare la sua vita, a scombussolarla dentro e quel cielo non le sembrò più tanto cupo.
Fece un respiro profondo, poi parlò di nuovo, certa che la sua amica, dall'altro capo del telefono, capiva perfettamente i suoi silenzi e aspettava di ascoltarla ancora.
- Forse Arizona è tutto ciò di cui ho bisogno, Addy. Ma non voglio che questo mi distrugga.- Fece una piccola pausa, la mano ancora in alto ferma sulla tenda che aveva appena scostato per guadare fuori.
- Lei potrebbe distruggermi.-
 
Aveva gli occhi fissi su di lei. La stava osservando da diversi minuti ormai.
Era seduta al tavolino del bar dell'ospedale col suo immancabile cappuccino in mano e non riusciva a staccarle gli occhi da dosso.
Arizona era vicina al bancone, aveva appena ordinato e intratteneva una conversazione con un'infermiera ed era ignara del fatto che Callie, poco distante da lei, la stesse squadrando.
Non si erano più viste da quel turno di notte.
Avevano quasi contemporaneamente finito di consumare la loro colazione e inevitabilmente, entrambe si stavano dirigendo agli ascensori.
Callie era avanti di qualche passo, aveva già prenotato la chiamata e aspettava impaziente che le porte si aprissero. 
Si era alzata da quel tavolino, sperando che la bionda non la vedesse.
E infatti Arizona, non si accorse di lei fino a quando, svoltando per gli ascensori non la vide avanzare dentro, così accelerò il suo passo riuscendo ad intrufolarsi all'interno  prima che le porte si chiudessero definitivamente.
La mora alzò di scatto lo sguardo, vedendo Arizona entrare di corsa nell'ascensore. E avvertì all'istante una strana sensazione allo stomaco.
- Cavolo, un secondo in più e sarei rimasta incastrata in mezzo alle porte.-
Fu Arizona a parlare per prima. E parlò col sorriso sulle labbra.
- Potevi aspettare l'altro. Gli ascensori salgono e scendono continuamente. E' questo che fanno.-
Rispose invece il chirurgo ortopedico con tono acido.
- Avrei potuto. Ma era questo che volevo prendere.- Rispose invece la bionda, ancora col sorriso sulle labbra e girandosi verso Callie.
La mora fece silenzio ma Arizona non si fece intimidire.
- Pensavo di essere di ghiaccio, Callie. Ma poi ho capito che il ghiaccio si scioglie. E sono pronta ad inseguirti per l'intero ospedale, Calliope, per dimostrarti che non voglio rinunciare a te.-
- Avresti dovuto capirlo prima, Arizona. Avresti dovuto fare qualcosa prima, Arizona.-
L'aveva guardata dritta negli occhi, poi il campanello l'avvertì che era arrivata al piano, aspettò che le porte dell'ascensore si aprissero ed uscì senza guardarsi indietro.
 Ma quella strana sensazione allo stomaco non era sparita, si era anzi amplificata.
 
 
Aveva appena concluso il suo giro visite, si rivolse allo specializzando di turno per far richiedere un consulto pediatrico.
 
- Torres, mi hai richiesta?-
Compilava in piedi delle cartelle, le giunse alle spalle la voce della bionda.
- Ho richiesto un consulto pediatrico, Arizona. Non ho richiesto espressamente te.-
Rispose alla dottoressa bionda, senza ancora voltarsi.
- Beh, ortopedia richiede un consulto del mio reparto. Non potevo perdermi quest'occasione, Callie. Quindi, eccomi qui.-
La mora la guardò con aria esasperata, prima di condurla nella stanza del paziente per il quale aveva richiesto il consulto.
 
- Potremmo fissare l'intervento per domani Torres, se non operiamo al più presto..-
- Rischia di perdere la gamba.- Concluse il chirurgo ortopedico al posto della bionda.
- Già, ed è solo una ragazzina. Dopo l'intervento opto per  trasferirla nel mio reparto. Non è detto che riusciamo ad asportare tutto il tumore.-
Erano appena uscite dalla stanza della paziente e si erano fermate nel corridoio del reparto.
- Si, convengo con te Robbins.-
- Oh, non mi pare vero di sentir dire proprio da te queste parole. Non pensavo potessi essere ancora d'accordo con me su qualcosa.-
E il suo tono non lasciava spazio  a fraintendimenti.
- Arizona.- l'ammonì subito secca la mora, voltandosi a guardarla in faccia.
Arizona la stava già guardando e la bionda, le sembrò per l'ennesima volta così talmente bella.
E avrebbe dovuto distogliere lo sguardo da lei all'istante.
- Callie, io preferisco litigare con te che non parlarti proprio. Preferisco che tu stia a litigare con me, piuttosto che saperti con qualcun altro.-
- Arizona, abbassa la voce, potrebbero sentirti. Siamo in mezzo al corridoio del mio reparto non voglio che..-
- Già, non vuoi che strane voci giungano al dottor Miller, giusto?-
La interruppe il chirurgo pediatrico mantenendo un tono saldo di voce. i suoi occhi non si staccavano da quelli della mora che la guardava con aria di ammonizione.
- Non gli hai detto di noi, immagino.-
Aveva incrociato le braccia al petto, poi si sentì afferrare dalla mora che la trascinava nella stanza del medico di guardia del reparto di ortopedia, a pochi passi da loro.
- Hai proprio paura, Calliope che..- Ricominciò a parlare subito, con tono di sfida, non appena la mora richiuse la porta.
Ma Callie, non l'aveva trascinata lì perchè aveva paura. Quell'aria di sfida che la bionda aveva assunto poco prima nel corridoio, non la stava lasciando indifferente.
Quel luccichio che leggeva nei suoi occhi, quella gelosia che era riuscita a leggere nelle parole e nel tono del chirurgo pediatrico, la stavano facendo impazzire.
La trovava incredibilmente sexy. Così, decise di agire d'impulso, l'afferrò con forza per trascinarla in quella stanza.
Ora erano sole. Lontano da sguardi indiscreti.
- Ma sta un pò zitta, Arizona.-
Le si avvicinò, poggiò le sue mani sul viso meraviglioso della donna a pochi passi da lei e pronunciò quella frase prima di baciarla.
- Tu sarai la mia rovina, Arizona.-
La baciò con insistenza, fino a quando non sentì cedere la bionda e ricambiare il suo bacio.
Dopo un pò si staccarono di qualche centimetro per riprendere fiato, la mora mantenne la sua fronte appoggiata a quella di Arizona, sentiva il suo profumo, il suo respiro non molto regolare, rimasero così qualche secondo a respirarsi addosso.
- I tuoi occhi, Arizona sono bellissimi. E le tue labbra..- si fermò un attimo per baciarla prima di continuare.
- Non posso resistere alle tue labbra.-
Riprese a baciarla e con gesti lenti cominciò a toglierle il camice.
E Arizona la lasciava fare. Non diceva una parola. Rispondeva ai suoi baci, ascoltava le sue parole, si lasciava spogliare.
Callie le sfilò la maglietta della divisa, scoprendo, anche se ancora per metà, quel corpo che in quel momento desiderava più di ogni altra cosa.
Aveva un reggiseno verde che le strappò un sorriso. Ne aveva uno uguale anche lei riposto insieme ad altra sua biancheria intima. Non lo indossava quasi mai, odiava quel colore.
Cominciò a baciarle il collo, scendendo sulle spalle, e ad ogni bacio, inalava l'inebriante profumo della sua pelle.
- L'odore che hai, Arizona, mi fa impazzire. Il colore della tua pelle mi fa impazzire.-
Accarezzava il corpo seminudo della bionda, e quel tocco la lasciava quasi senza fiato.
Arizona aveva una pelle che le ricordava la seta.
Era liscia e chiarissima.
 Si staccò piano dalla sua pelle, alzò lo sguardo per guardarla in faccia. Arizona ancora non parlava, si guardarono negli occhi, poi la bionda avanzò di qualche passo verso di lei e cominciò a sfilarle la maglietta della divisa.
Ripresero a baciarsi avidamente.
 Si cercavano con movimenti frenetici e non parlarono più.
 
Era ancora distesa su quel letto, la stava osservando mentre si rivestiva. Aveva appena finito di indossare i pantaloni della divisa.
E non parlava, faceva tutto con movimenti veloci, quasi a volersi sbrigare per uscire da lì al più presto.
Non aveva ancora alzato lo sguardo e Arizona continuava ad osservarla in silenzio, stesa su quel letto con solo un lenzuolo a coprirla.
- Ti ho pensata continuamente mentre ero lì, Callie. Ma non mi sono mai fatta sentire, non ti ho cercata. Non l'ho fatto.-
Quelle parole le fecero alzare lo sguardo del chirurgo ortopedico,ma non sapeva cosa rispondere.
Aveva ceduto. Aveva ceduto alla sua bellezza, a quel corpo perfetto, a quegl'occhi.
Nonostante sapesse chiaramente che quel momento non avrebbe portato a niente di buono, aveva ceduto.
Non era riuscita a resistere ad Arizona.
E lei era stata fantastica.
Ma non poteva prendere una decisione sbagliata. Una decisione che, ne era sicura, l'avrebbe potuta distruggere.
 
- Non aggiungere altro, Arizona. Niente di tutto questo, potrai mai portare a qualcosa di buono.-
- Callie, sto solo cercando di dirti che le persone possono cambiare. Le cose possono cambiare. Io posso cambiare. Posso imparare a non scappare. E forse non l'ho mai fatto, ma per te lo farei.-
Si era alzata anche lei da quel letto e aveva cominciato a rivestirsi.
- Lo so, io combino dei casini, ma tu puoi imparare a perdonarmi. C'è un motivo se ora siamo qui, mezze nude a rivestirci. Non ti sono indifferente,sentivo come mi desideravi prima, Callie.-
- E' vero Arizona, ti ho desiderata. Volevo il tuo corpo. Ma non voglio nient'altro da te.-
- Non è vero Callie. Tu non sei quel genere di persona.-
Aveva appena infilato la maglietta, sistemava i capelli, poi sentì quella frase da Callie che la lasciò quasi di stucco.
- Non ero nemmeno il genere di persona che tradisce. Eppure con te, oggi l'ho fatto.-
La guardò con sguardo duro, prima di continuare a parlare.
- Non potrai mai portare a niente di buono, Arizona.-
Aveva afferrato il suo camice bianco, con gesto di stizza.
Aveva pronunciato quelle parole, senza crederci veramente. Voleva solo ferirla.
E ci era riuscita. Era stata pesante.
Vide il volto della bionda contrarsi e ingoiare amaramente.
La guardava coi suoi limpidi occhi azzurri.
 E Callie sentì tremare lo stomaco, si morse il labbro inferiore, forse aveva esagerato.
Stava per aprire bocca, voleva almeno in parte rimediare.
Ma la bionda l'anticipò.
- Bel tentativo, Calliope. Per un attimo confesso che ci sono rimasta male. Ma sappiamo entrambe che non è così. C'era qualcosa tra di noi lì, prima su quel letto. Si poteva sentire nell'aria persino.-
Callie aveva strizzato per un attimo gli occhi, l'espressione incredula.
- Dimmi che non l'hai sentito anche tu. O non avresti fatto l'amore con me in quel modo.-
- Si è trattato solo di sesso, Arizona. Non c'era nient'altro. Del meraviglioso, splendido sesso, lo ammetto, ma niente di più.-
- Andiamo Callie, sai che potrei darti molto di più del solo sesso.-
E quella frase ricominciò ad indispettire la mora che le rispose a tono.
- No , Arizona. Non lo so. Come faccio a saperlo se quando ti ho dichiarato i miei sentimenti, chiesto qualcosa di più, sei scappata in Africa senza nemmeno pensarci su due volte?
Si fermò per guardarla negli occhi, prima di terminare la sua risposta.
- Quindi no. Non lo so. Anzi, sono sicura che non potrai mai darmi qualcosa in più del solo sesso.-
Arizona aveva gli occhi chiusi in due fessure, quelle parole avevano fatto presa. Una brutta presa.
E il tono con il quale la mora le aveva espresse, l'avevano fatta tacere più del necessario.
Ma non voleva che quella conversazione, o meglio, quel loro litigio, finisse in quel modo.
Era incredibile, erano riuscite a litigare anche dopo essere state insieme in quel modo.
- Potresti scoprirlo Callie. Potresti darmi la possibilità di dimostrarti che puoi anche sbagliare. Potresti darmi questa dannata possibilità e potresti non pentirtene.-
- Arizona, mi è già successo una volta. E con te. Se mai dovessi decidere di darti un'altra dannatissima opportunità, dovrei già cominciare a pentirmene il giorno dopo.-
Disse quella frase con tono amaro, e amara era l'espressione che le sue parole stavano lasciando sul volto della bionda.
Non indossò il camice che ancora aveva ben saldo in mano, girò la chiave per sbloccare la serratura della porta ed uscì, per andare a svolgere il suo lavoro.
Arizona uscì dopo qualche secondo, si avviò verso gli ascensori per raggiungere il suo piano.
 
La giornata di lavoro si era finalmente conclusa. Aveva avuto per tutto il tempo, la mente occupata da Callie, dal corpo di Callie sopra al suo. Dalle prole che poi le aveva detto.
Raggiunse Teddy che la stava aspettando nell'atrio, avevano deciso che sarebbero andate a bere qualcosa da Joe quella sera.
Si erano dirette a piedi, il bar era proprio dalla parte opposta della strada.
Entrarono al suo interno e la fioca luce e la musica in sottofondo le avvolse all'istante.
Raggiunsero il tavolo libero di fronte all'entrata. Poi ordinarono da bere, ma Arizona era stranamente taciturna e a Teddy non era di certo sfuggito quel particolare.
- Che fine ha fatto la mia amica logorroica?-
Arizona le rivolse un debole sorriso prima di rispondere.
- Sono solo un pò stanca-
Il cardiochirurgo allora, la guardò con sguardo indagatore prima di parlare di nuovo.
L'espressione del chirurgo pediatrico, non l'aveva affatto convinta.
- Avanti Arizona, spara. Cosa hai combinato questa volta?
Aprì e chiuse la bocca più volte in cerca di qualche bugia da dire. Ma non voleva mentire alla sua amica, anche se raccontare la verità, ne era sicura, sarebbe costato caro al suo cuore.
Le parole di Callie non l'avevano lasciata indifferente. Anche se in fondo, dentro se stessa, era convinta che la mora le avesse mentito. O almeno, ci sperava con tutta se stessa.
- Ci sono andata a letto.- Infilò una parola dietro l'altra.
- Cosa? Con chi?-
- E secondo te, con chi, Teddy?!- Rispose alla sua amica enfatizzando le sue parole.
-Oh cavolo. Non posso crederci, Arizona! Sei stata a letto con la Torres? Oggi?-
- Smettila di urlarlo per tutto il bar, Teddy. Vuoi che domani si sappia già in tutto l'ospedale?-
- E questo non ti converrebbe, dato che le voci corrono al Seattle Grace e il dottor..-
- Giuro che se pronunci quel nome, ti ammazzo, Teddy.-
Aveva ammonito l'amica fulminandola con gli occhi.
Ma Teddy, non si era lasciata minimamente intimidire. Conosceva le spropositate reazioni del chirurgo pediatrico e col tempo aveva imparato a gestirle.
Non aveva mai invece imparato ad abituarsi ai comportamenti irrazionali e bizzarri dell'amica in questione.
- Arizona, ma ogni tanto ci provi a collegare il tuo cervello in certe situazioni o..-
- Ho seguito il tuo consiglio, Teddy. Sto cercando di riprendermela.-
L'aveva interrotta all'istante.
-Ma non intendevo di certo in questo modo, Arizona. Io parlavo di fiducia e..-
- Fiducia e bla bla bla.. Ho fatto a modo mio, Teddy. E..-
- E?-
Si era fermata per dare uno sguardo intorno e per cercare le parole giuste.
- E poi mi ha accusata dicendo che per colpa mia ha tradito per la prima volta e che lei non e quel genere di persona..-
Aveva portato una mano ai capelli, cercando di tirarli indietro, l'espressione rammaricata.
- E?
Continuava invece ad incalzarla l'amica.
- E poi ha aggiunto che quello che c'è tra noi non porterà mai a niente di buono. Che io non porterò mai a niente di buono.-
Aveva puntato il dito contro se stessa pronunciando quell'ultima frase.
Teddy l'ascoltava e la guardava seduta di fronte. Lo sguardo sincero di amica.
Portò una mano sul tavolo, posandola su quella di Arizona e l'accarezzò, prima di parlare.
Stava guardando oltre le spalle del chirurgo pediatrico, in direzione della porta d'entrata rispetto alla quale, Arizona era seduta di schiena.
Non si era accora accorta di chi stava facendo il suo ingresso nel bar in quel momento.
- E' appena entrata nel bar.. e non è sola.-
I suoi occhi verdi si posarono su quelli azzurri dell'amica che li aveva in quel momento sgranati.
 
Poi la voce dell'uomo, le fece alzare di scatto lo sguardo nella direzione dei nuovi arrivati.
- Dottoresse, buonasera.-
Salutò cordialmente il dottor Miller, rivolgendo un sorriso gentile alle sue colleghe.
- Dottor Miller- risposero all'unisono le due donne, ricambiando a loro volta il saluto.
Poi toccò al chirurgo ortopedico.
- Ciao Teddy-  Salutò con un sincero sorriso il cardiochirurgo, prima di dirigere il suo sguardo verso la donna che non si sarebbe aspettata di vedere quella stessa sera e che la stava cogliendo del tutto impreparata.
- Arizona.-
Fu un saluto fugace, e si scambiarono un finto sorriso di cortesia.
Teddy, dal canto suo, osservava sulle spine l'intera scena.
Poi Dylan, pronunciò quella frase che fece sgranare gli occhi alla tre dottoresse.
- Pensavo che potremmo unirci a voi, dato che oggi il bar è più pieno del solito e non vedo tavoli liberi. Ovviamente se le dottoresse sono d'accordo.-
La prima a rispondere fu Teddy, dando una risposta di assenso e guadagnandosi un calcio sotto al tavolo da Arizona.
Poi la bionda sollevò lo sguardo capendo che il dottor Miller stava aspettando anche la sua risposta.
- Nessun problema.- rispose subito, rivolgendo un enorme, finto sorriso all'uomo.
I due nuovi arrivati presero subito posto. L'uomo accanto al chirurgo pediatrico e Callie, sulla stessa panca di Teddy di fronte ad Arizona.
Le due si guardarono intensamente negli occhi.
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16
Buona lettura!
Ringrazio tutti coloro che seguono ancora la mia storia!
 
La musica riempiva il locale ma non sovrastava le voci dei clienti che quella sera affollavano il bar.
Dalla parte opposta della porta di ingresso del locale, seduti al tavolo, c'erano i quattro dottori del Seattle Grace che apparentemente chiacchieravano da buoni amici.
- Dottoressa Robbins, devo ammettere con tutta onestà, che è un privilegio lavorare con lei. Insomma, non tutti i giorni si ha la fortuna di assistere in sala con un chirurgo vincitore del Carter Madison. Ero a conoscenza del suo progetto africano, ma che lei avesse vinto questo premio prestigioso, l'ho saputo proprio stamattina.- Il primo a prendere parola, fu l'unico uomo seduto a quel tavolo.
Le sue parole, la sua espressione, il suo tono, erano sinceri, non potè fare a meno di notare Arizona che chiamata in causa, si girò verso l'uomo per rispondere al complimento.
- Oh, le voci corrono al Seattle Grace, non si smentisce mai quell'ospedale. Tutti a farsi i fatti di tutti.- Rispose con una battuta all'uomo, accennando un sorriso ironico per poi subito dopo tornare a guardare di fronte a se incrociando di proposito gli occhi del chirurgo ortopedico, che la fulminò all'istante.
Si rivolse nuovamente al dottor Miller.
- Mi lusinga molto comunque, dottor Miller.. Ma la prego, diamoci del tu, in fondo dovremmo lavorare spesso insieme.-
Era voltata verso Dylan, ma percepiva lo sguardo indagatore della mora su di se.
Stava cominciando a giocare sporco, aspettava la reazione dell'altra.
- Come preferisci Arizona, e anche tu- le sorrise prima di continuare -chiamami Dylan.-
- Ok.. Dylan- rispose accennando un sorriso divertito.
Callie continuava a guardare quella scenetta ridicola, quei due di fronte a se, che parlavano e ridevano da buoni amici, e non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine di lei e Arizona in quella stanza d'ospedale, quella stessa mattina.
Era una situazione assurda, costretta ad un tavolo, con il suo fidanzato e la sua amante seduti di fronte.
E Arizona di certo non stava andando per il sottile.
Aveva capito il suo gioco.
E il dottor Miller sembrava non accorgersi delle occhiate che vagavano tra le due dottoresse, sedute una di fronte all'altra.
- Allora, so che voi tre vi conoscete da molto.- continuò Dylan ad intrattenere la conversazione.
- Oh si, dai tempi della specializzazione- Intervenne Teddy, cercando di tagliare corto, per evitare qualsiasi altra risposta potesse far intendere qualcosa.
Ma Arizona era evidentemente intenzionata a fare tutt'altro.
- Si, Teddy era amica di entrambe, ma noi due in realtà non ci sopportavamo.- Riprese il discorso la bionda seduta accanto all'uomo indicando con un gesto della mano sia se stessa che il chirurgo ortopedico.
Callie a quel punto, incrociando lo sguardo di Dylan che la guardava divertito, finse un sorriso, prima di prendere parte anche lei alla conversazione.
- Ma era tanto tempo fa, cose da ragazze.- cercò di sminuire il discorso.
- Beh, ci odiavamo. Eravamo sempre una contro l'altra. Una sfida continua.  Accennò un sorriso, prima di continuare.-  Eravamo un incubo.- Riprese Arizona.
- Si, soprattutto per me.- Diede corda a quel punto Teddy, divertita.
- Questa storia mi diverte molto, qualche episodio carino da raccontare?- parlò di nuovo l'uomo.
- Di quei tempi o più recente? Perchè anche al nostro secondo incontro dopo dieci anni le cose non sono affatto cambiate-
- Arizona, penso che potremmo parlare di qualcosa di più interessante, tipo..-
Callie tornò a fulminarla con lo sguardo, la situazione stava diventando insostenibile.
- Oh, rispondevo solo a Dylan. E' seduto al tavolo con tre donne, e sappiamo quanto agli uomini divertano le storie di donne che litigano.-
Le occhiate tra le due donne  divennero ben presto piccole, anche se non ancora esplicite, frecciatine.
- Ecco la cameriera, finalmente ci sta portando da bere.- Esordì Teddy con tono fin troppo euforico, per alleggerire l'atmosfera.
Dopo qualche istante, una ragazza sulla ventina si avvicinò al loro tavolo per consegnare l'ordinazione.
- Ecco le vostre birre.- Porgendo le bevande sul tavolo e accennando un sorriso gentile, la ragazza si spostò subito al tavolo accanto.
Ma quella breve pausa, non servì ad eludere l'argomento che sembrava il preferito di Dylan e Arizona quella sera.
Dylan per mera curiosità, ma Arizona, aveva ben altri motivi.
Prendendo il suo calice di birra, l'anestesista, dopo aver fatto un sorso, non lasciò cadere l'argomento.
- Mi pare di capire che abbiate litigato spesso.-
- Diciamo che non eravamo molto compatibili. - Rispose la bionda, imitando il gesto dell'uomo.
- Quindi ora le cose tra voi vanno meglio? Dato che hai usato il tempo al passato.- Dylan era sempre più divertito per quell'aneddoto scoperto da poco sulle due.
- Oh, si, abbiamo superato i vecchi rancori, il finto odio. Ora non siamo più così distanti.-
Guardò Callie dritta negli occhi prima di continuare.
 -Abbiamo trovato una certa affinità.-
Il suo sguardo era leggermente beffardo.
Callie bevve quasi tutto d'un sorso la sua birra, la conversazione era ad un punto pericoloso e i suoi continui sguardi intimidatori al chirurgo pediatrico, non stavano ottenendo l'effetto sperato.
Alla risposta della bionda, un repentino colpo di tosse, richiamò l'attenzione dei tre, nella sua direzione.
- Callie, tesoro, hai mandato giù quasi tutto di un fiato la tua birra. Sembri strana, direi quasi..-
L'uomo poggiò la sua mano su quella della mora, l'accarezzò, prima di stringerla tra le sue.
Il gesto non lasciò indifferente Arizona che fu all'istante contrariata dalla scena alla quale si era ritrovata ad assistere.
Era gelosa fino al midollo.
- Infastidita?- offrì Arizona con finto sguardo angelico.
- No va tutto bene. Avevo solo una gran sete. Sarà il caldo che c'è qui dentro- Guardò i due di fronte a se, rivolgendo prima un mezzo sorriso all'uomo, poi  un'occhiataccia alla donna accanto.
- In effetti, qui fa molto caldo.- Rispose Arizona ignorando lo sguardo severo di Callie ancora su di se, e fissando negli occhi la mora, cominciò a sfilarsi la giacca con fare provocatorio.
Indossava una maglietta bianca, che le lasciava scoperta una spalla.
Callie si incantò guardandola.
Era incredibilmente sexy anche con una semplice maglietta addosso.
Ed era bella, per davvero.
Arizona era stupenda,affascinante, incantevole.
E il bianco le donava in maniera perfetta, constatò subito e si impose di distogliere lo sguardo da quella donna.
La stava di nuovo facendo impazzire col suo atteggiamento e il suo fascino che aveva qualcosa di straordinario.
Arizona Robbins, era qualcosa di assolutamente fuori dall'ordinario.
Se ne stava seduta li, accanto al plausibile fidanzato della donna di cui si era perdutamente innamorata, provocava con le sue battute, ignorava gli sguardi minacciosi della mora, ostentava una finta cordialità nei confronti dell'uomo.
E moriva dalla voglia di prendere quella donna e gridarle in faccia che lei le apparteneva. Che voleva essere sua.
Ripeterle che non la odiava, che non l'aveva mai odiata. Ma che l'aveva sempre fatta impazzire.
Voleva ripeterle che nonostante fosse scappata via, era ritornata per lei.
Voleva ripeterle che per lei, aveva lasciato crollare tutte le sue difese, che da sempre aveva usato per proteggersi dall'amore.
Ma seduta a quel tavolo, non le restava che provocare.
Posò la sua birra sul tavolo e chiedendo scusa ai presenti, si alzò e si mosse in direzione del bagno.
Non si accorse di essere seguita dalla mora.
Sentì la porta aprirsi e poi richiudersi subito dopo.
- Cosa diavolo credi di fare, Arizona?!-
La voce irritata del chirurgo ortopedico, le giunse alle spalle. Era vicina.
 Chiuse un istante gli occhi, prese fiato.
 Si voltò completamente verso la mora.
- Riprenderti.
- Cosa?-
- Ti rivoglio indietro.- Le rispose secca.
La mora mostrò per un attimo un'aria sbalordita, si riprese subito.
Ma non era facile continuare con quegli occhi che luccicavano a due passi da lei.
Rise quasi ironicamente prima di rispondere.
- Tu non mi hai mai avuta, Arizona.- Il suo tono era amaro.
-  Io ti ho avuta, Callie, come tu hai avuto me.-  
- No. No, Arizona. Non nel senso che intendo io. Potevi avere il mio amore, ma hai deciso di non averlo.-
Si fronteggiavano.
- E allora dimmi che sono ancora in tempo per averlo.-  Le si avvicinò poggiando le sue mani sulle spalle, leggermente più in alto rispetto a lei. - Perchè tu hai già il mio, Calliope.-
Callie, rimase in silenzio. Non disse una parola. Non rispose.
Non smettevano di guardarsi negli occhi.
Ma non parlava.
E Arizona si allontanò da lei. 
Uno, due passi indietro. Raggiunse la porta, afferrò la maniglia, si volse ancora indietro.
E pronunciò quelle parole, che giunsero dritte al chirurgo ortopedico, scuotendola dentro.
- Se cambi idea io sono li, dietro la porta ad aspettarti.
Aprì la porta e sparì dietro di essa.
 
Dopo qualche minuto Callie tornò al tavolo.
Dylan era seduto al proprio posto, conversava con Teddy seduta di fronte a lui. Il posto di Arizona era vuoto, le sue cose non c'erano.
Era andata via.
Si sedette accanto all'amica. 
Si ritrovò a fissare quel posto vuoto di fronte a se.
Aveva l'aria assente, i due la guardarono.
Teddy aveva capito.
Poi capì anche lei. Quel posto accanto al suo fidanzato era vuoto.
Non si era seduta accanto a lui come di solito facevano le coppie normali.
Eppure era il suo fidanzato.
Afferrò le sue cose. Scattò in piedi.
- Io.. Io devo andare via.-
Scappò via. Non si fermò quando le giunse alle orecchie la voce dell'uomo che gridava il suo nome.
 
 
 Era sul divano del suo soggiorno. Si era messa comoda, i suoi soliti pantaloncini grigi, maglietta corta in vita e capelli raccolti in una piccola coda con alcune ciocche che sfuggivano e le davano quell'amabile aspetto genuino.
Era in silenzio. Non era passato molto tempo da quando era andata via da quel locale.
Bussarono alla porta . Era senz'altro Teddy.  Doveva fare il resoconto della serata.
Si trascinò all'ingresso  con fare incurante.
L'aprì.
Guardò quella mora mozzafiato in piedi sulla sua porta.
 I suoi occhi azzurri ripresero a brillare.
Fece qualche passo indietro permettendo al chirurgo ortopedico di entrare.
Richiuse la porta alle sue spalle.
Callie la stava guardando.
- Giurami che mi guarderai sempre con quegl'occhi, Arizona. Che mi terrai tra le tue braccia, che sarai la mia casa e che sarà per sempre.-
Si erano avvicinate contemporaneamente fino a fermarsi a meno di un centimetro di distanza una dall'altra.
Callie era li, finalmente.
- Calliope, non riuscirei a vivere un solo altro giorno senza di te. Se un giorno decidessi di andartene, io rimarrei qui ad aspettarti all'infinito.-
Quell'aria cosi tenera, docile, quegli occhi che la guardavano così veri, strapparono un piccolo sorriso a Callie.
Prese la bionda per i fianchi. Si abbassò di qualche centimetro per guardarla dritta negli occhi.
- Arizona, credo che tornerei sempre da te.  -
La baciò.  Poi fece scivolare la sua mano in quella della mora e la condusse in camera da letto.
Callie la guardò dolcemente sorridendole. La fece adagiare delicatamente sul letto, si distese accanto a lei.
Inalò quel profumo inebriante della pelle della sua Arizona, sfiorò con la sua guancia quella della bionda.
Percepì la lacrima dell'altra bagnarle leggermente il viso.
 E sentì Arizona aggrapparsi a lei.
Sorrise e la strinse a se come mai aveva fatto con nessun altro.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Buona lettura!
Un grazie enorme a chi continua a seguire questa storia!
 
Capitolo 17

Era notte fonda e non riusciva a dormire. Il suono del suo respiro, il calore del suo corpo, la stretta del suo abbraccio protettivo intorno alla sua vita, la tenevano sveglia.
E col sorriso sulle labbra.
Arizona stava sorridendo immersa nel  buio della sua stanza. Nel suo letto. 
Era felice. Felice di sentire quel dolce peso sul suo corpo, di avvertire quei piccoli movimenti accanto a lei, di sentire un'altra presenza al suo fianco.
Era davvero felice. Felice di non dormire più da sola.  Di non svegliarsi più sola in quel letto che a volte le era sembrato così immenso e vuoto.
Da tre anni ormai il suo letto non era più solo suo.
Era felice e sorrideva ad occhi chiusi.
- Stai sorridendo-
Il suono di quella voce leggermente impastata dal sonno, le fece aprire gli occhi.
- Cosa? No, non è vero.-
- Si, riesco a percepirlo. E non mentirmi.-
- Siamo al buio, non puoi saperlo.-
- Ma ti conosco a memoria.-
Continuò a sorridere sentendo il corpo dell'altra avvinghiarsi al suo.
- Sorrido perchè sono felice.-.
- Lo so, lo dici ogni sera. Da tre anni.-
- Perchè prima di addormentarmi penso sempre ad una cosa -
Lo bisbigliò, quasi a voler custodire e proteggere quelle parole.
- Non posso fare a meno di sorridere ed essere felice se penso che ogni mattina svegliandomi, il tuo sorriso sarà la prima cosa che vedrò.-
- Sto maledicendo il buio ora.-
- Perchè?-
- Perchè non posso vedere quella luce che hai negli occhi.-
Fecero silenzio. I loro corpi avvinghiati nel loro letto.
- Calliope?-
Sorrise prima di rispondere. Adorava quando sua moglie la chiamava così. E  adorava ancora di più quando Arizona lo diceva all'improvviso, nel buio.
- Si?.-
- Ti amo.-
Le rispose dolcemente in un fiato.
 
***
 
Callie si era appena svegliata. Si divincolò dolcemente da quel corpo disteso accanto al suo e si mise comoda ad osservarla. Il sorriso ampio  riempiva il suo volto.
La fioca luce dell'alba cominciava ad invadere la stanza, regalando dei colori stupendi che a poco a poco illuminavano  le cose tutt'intorno.
E  illuminavano lei. Ancora distesa a dormire serena.
Nuda, coperta solo da un lenzuolo.
Poteva osservarla, guardare quei lineamenti così delicati e perfetti, quella pelle che sembrava ancora più vicina alla seta ora che era illuminata da quella luce calda che filtrava dalla finestra.
Arizona dormiva e lei se ne stava a guardarla come in trance. Non spostava i suoi occhi di un millimetro da lei.
- Mi stai fissando.-
Parlò mantenendo ancora gli occhi chiusi.
- Cosa? No, non è vero.-
- Lo percepisco, sai? Tu mi stai fissando.-
Parlava mentre muoveva piano il suo corpo per stiracchiarsi, gli occhi ancora chiusi e il suo viso che si distendeva in un sorriso leggero, tranquillo, spensierato.
- Sei ancora qui.- Parlò tutto d'un fiato.
La risposta dell'altra le fece aprire gli occhi e guardare nella sua direzione.
La vide distesa di lato, poggiata su un gomito, la testa leggermente inclinata, poggiata sulla mano.
Per un attimo trattenne il respiro. Calliope era bellissima. Ed era nel suo letto, coperta da un lenzuolo.
Le sorrise, si girò anche lei, imitando la posizione della donna che stava divorando con gli occhi.
- Sono qui.- ripetè piano.
- Non sei scappata.-
- Mi hai tenuta stretta così forte.-
- Non volevo lasciarti andare.-
Si sollevò appena quelle parole le giunsero alle orecchie, si mise comoda in ginocchio e si avvicinò alla mora gettandole le braccia al collo.
- Tienimi per sempre con te, Calliope.-
In tutta risposta, il chirurgo ortopedico le sfiorò le labbra con un leggero bacio per poi avvicinarsi al suo orecchio  per sussurrarle quelle due parole.
- Per sempre.-
Arizona chiuse gli occhi per un attimo, per assaporare quel momento. Sorrise.
Fecero colazione insieme e insieme uscirono dall'appartamento del chirurgo pediatrico per dirigersi al loro ospedale.
Erano felici.  Ma ancora non avevano fatto i conti con la realtà.
In un istante, tornarono per terra.
 
Appena la vide entrare dalle porte scorrevoli, Dylan si precipitò incontro.
- Sei sparita nel nulla, Callie. Ho provato centinaia di volte a chiamarti ma il tuo cellulare era sempre maledettamente staccato.-
Callie si irrigidì.  Arizona era al suo fianco, costretta ad ascoltare quell'inverosimile litigio tra due fantomatici fidanzati.
- Dylan, noi non stiamo più insieme. Ieri non sono solo andata via dal locale. Sono andata via da te.-
Arizona ingoiava a vuoto. Una morsa indefinibile nello stomaco.
Poi parlò anche lei.
- Credo voi dobbiate parlare.  Vi lascio soli, ho un intervento.-
Avanzò verso gli ascensori, con gli occhi di Callie puntati addosso.
Dylan non aveva fatto caso a niente. Non al fatto che erano entrate insieme, non agli sguardi tra di loro mentre avanzavano dentro, non al sorriso sereno e felice della sua ex donna.
 Ignorava completamente tutto quanto.
E Callie non aveva voglia di affrontare una discussione con l'uomo. Ma quantomeno doveva dargli delle spiegazioni. Aveva intrecciato una relazione seria con Dylan tanto da trasferirsi da lui. Avevano convissuto per molti mesi.
Ma in quel momento non voleva parlare con lui. 
Lo trovava così incredibilmente sbagliato.
Lei apparteneva ad Arizona.
Ma glielo doveva. Lo doveva a Dylan, a lei stessa, ad Arizona.
Arizona era la cosa migliore che le era capitata e voleva che tutto fosse alla luce del sole.
Non appena il chirurgo pediatrico si fu allontanato, Dylan riprese ad incalzare Callie con le sue domande.
-Cosa? Cosa significa la frase che hai appena detto? Dove hai passato la notte, Callie?-
L'aveva afferrata per le spalle in una stretta non troppo forte. La donna indietreggiò all'istante divincolandosi da quelle mani che le sembravano così estranee in quel momento.
Le aveva rivolto quelle domanda a bruciapelo. E ora doveva rispondere.
- Da Arizona.-
Aveva risposto secca.
Il viso  dell'uomo manifestava confusione e Callie poteva benissimo leggere dell'allarmismo nei suoi occhi.
- Cosa c'entra la Robbins? Non siete nemmeno così amiche.-
- No, non siamo amiche.-
- E allora perchè sei corsa via dal bar in quel modo? -
- Perchè lei era andata via. Dovevo andare da lei. -
L'uomo continuava a fissarla con aria confusa. Callie si sentiva a disagio, non le sembrava il luogo adatto per affrontare l'argomento. Ma non voleva rimandare.
- Non era odio ciò che provavo per lei. Non lo è mai stato.-
La sua voce era ferma, sicura. L'espressione dell'uomo che aveva di fronte era tutto il contrario.
- Non ci sto capendo più niente.-
- Sono innamorata di lei da sempre, Dylan.-
A quelle parole l'uomo sgranò gli occhi. L'incredulità si poteva leggere chiaramente sul suo volto.
Era la sua Callie quella in piedi di fronte e chi gli stava dicendo ciò che non si sarebbe mai aspettato di sentir dire.
Stavano insieme da mesi, vivevano insieme, avevano progetti insieme.
E ora gli stava dicendo di essere innamorata di una donna.
Fece un profondo respiro prima di parlare.
- Non puoi dire sul serio, Callie. Non può essere vero.-
- C'è stato qualcosa tra noi prima che lei partisse per l'Africa.-
- Sembra tutto completamente così assurdo. Insomma, lei è una donna. Tu stai con me, vivi da me. E io sono un uomo.-
- E con te stavo bene. Credimi. Mi hai fatta stare bene. Sei arrivato in un momento in cui mi sembrava di essere a pezzi e tu mi sei stato di aiuto. Eri così dolce, protettivo, sicuro. E credevo che tutto ciò poteva bastarmi. Che l'avrei potuta dimenticare.-
Il tono del chirurgo ortopedico era più dolce, non voleva ferire ulteriormente quell'uomo che le era stato accanto in quei mesi e che le aveva dimostrato il suo amore ogni giorno.
- Si trattava di lei quindi.-
- Si è lei.-
-Non hai mai fatto intendere che si trattasse di una donna.-
- Lottavo per dimenticarla.-
-E ora che è tornata non posso competere con lei.-
I toni erano calmi, gli sguardi quelli di due estranei.
- Passo a prendere le mie cose quando finisco il turno.-
Continuò a mantenere un tono fermo, lo guardò per un altro piccolo istante negli occhi prima di allontanarsi definitivamente da lui.
 
Era pomeriggio inoltrato, l'orario di lavoro non era ancora finito e la mattinata era stata intensa per entrambe. Non avevano pranzato insieme quel giorno, Arizona era rimasta bloccata in sala operatoria. Ma si sentiva leggera, entusiasta, per niente stanca. Aveva pensato continuamente a Callie per tutto il giorno, scacciando solo dalla testa l'immagine di lei in piedi nell'atrio dell'ospedale a parlare con Dylan.
Non l'aveva potuta salutare liberamente, non aveva potuto tenerla per mano mentre insieme entravano in quell'ospedale che per loro era una seconda casa.
E sentiva il desiderio di fare tutto ciò, di arrivare ogni giorno con lei in ospedale tenendola per mano, salutarla dolcemente con un bacio.
Voleva vivere pienamente la sua storia con lei. Lo aveva desiderato per tanto tempo dentro di lei, anche se per troppo tempo lo aveva nascosto a se stessa. E ora, ora era vicina a vivere quel sogno che non avrebbe mai immaginato e saputo di avere,di volere.
- Dottoressa Robbins-
La voce le giunse di soprassalto alle spalle, la riconobbe subito. Si girò di scatto, richiudendo la cartella che stava compilando.
E sentì il cuore in gola.
 Callie le stava sorridendo, era ad un passo da lei e incurante delle infermiere che in quel momento si trovavano lì, la baciò sfiorandole le labbra.
Era riuscita ancora una volta a sorprenderla e ancora una volta a toglierle il fiato.
Poi la mora le si avvicinò all'orecchio, non aveva ancora fatto sparire il sorriso dal suo viso.
- Mi sei mancata.-
Lo disse quasi sussurrando e percepì il sorriso dell'altra.
- Così ci vedono tutti.-
Arizona le parlò a bassa voce, quasi con tono cospiratorio, ma ancora col sorriso sulle labbra.
- Meglio così, si dovranno abituare d'ora in poi alla mia presenza su questo piano.-
Le rispose la mora con tono scherzoso.
Ignorarono gli sguardi divertiti e sorpresi delle persone intorno a loro. Continuavano a guardarsi negli occhi, a sorridersi.
Si sentivano come se intorno non esistesse più niente.
- Sono venuta qui per chiederti una cosa.-
Arizona la guardò con aria furba prima di rispondere.
- Puoi chiedermi tutto ciò che vuoi, dottoressa Torres.-
- Ti andrebbe di uscire con me stasera?-
Vide Arizona guardarla confusa e si affrettò a continuare.
- Cioè, noi.. Beh, noi non abbiamo mai avuto un primo appuntamento. Perciò, vorrei portarti fuori a cena, questa sera.-
Era felice e leggermente impacciata. Doveva concentrarsi e non lasciarsi distrarre da quegli occhi, da quelle fossette ogni volta che le parlava.
La vide aprire la bocca per rispondere, l'aria sorpresa.
L'anticipò.
- Ti passo a prendere alle otto.-
Non aspettò la risposta della bionda, sorridendo si girò per andare via.
Arizona rimase a guardarla dalla sua postazione. Il cuore le martellava nel petto.
 
Aveva scelto lei il posto. Un locale non troppo affollato, con della buona musica, davvero carino all'interno.
E la sua Arizona, era la donna più bella che ci fosse lì.
Molto probabilmente era la donna più bella che lei avesse mai visto.
Era andata da lei puntuale, decise di aspettarla sotto casa. Poi la vide scendere, uscire dal portone e raggiungerla vicino la macchina che aveva parcheggiato di fronte.
E all'improvviso si sentì mancare il respiro. Arizona era davvero mozzafiato.
Aveva un tubino celeste che risaltava il blu dei suoi occhi, tacchi alti e quel sorriso con le fossette così caratteristico di lei.
Rimase a fissarla attonita, le sembrava che il tempo si fosse fermato lì, a quel momento.
Ad un tratto la vide ad un millimetro da lei. E fece l'unica cosa che era ancora in grado di fare.
Le sorrise.
- Puoi riprendere a respirare ora.-
Non si era accorta di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo.
Balbettò prima di rivolgerle la parola.
- Sei.. sei.. perfetta.-
- Anche tu sei bellissima, Calliope.-
- No Arizona, non mi hai ascoltata. Senti come suona. Tu sei perfetta.-
Scandì lentamente le ultime parole.
Arizona si precipitò a baciarla.
E la sua Calliope era davvero bellissima quella sera. Straordinaria.
Avevano ordinato pietanze diverse. Arizona le parlava, rideva, gesticolava. E lei la ascoltava, la fissava. Era completamente rapita da lei.
Adorava quel suo fare leggero, la sua solarità, quell'aria leggermente da bambina.
Adorava quando, ogni volta che arrivavano al tavole le rispettive ordinazioni, Arizona, prima di mangiare la sua, assaggiava un pezzettino dal suo piatto. Non le aveva ,mai chiesto il permesso, semplicemente lo aveva fatto, per tre volte quella sera.
Adorava il suo essere così naturale e aveva adorato quel gesto così spontaneo.
E quando glielo aveva visto rifare per la terza volta consecutiva, aveva pensato che era esattamente ciò che da sempre aveva voluto.
Voleva, da quella sera, che Arizona le fregasse le sue cose dal piatto, per il resto della sua vita.

***

-Non capisco come mai dal tuo piatto mi sembra sempre più buona la cena.-
Aveva infilzato la forchetta nel piatto di sua moglie e col boccone ancora pieno aveva preso a parlare.
Callie la guardava divertita.
- Smettila di inventare scuse, lo fai per mangiare di più.-
Il chirurgo ortopedico le sorrise dolcemente  per poi fare un boccone anche lei.
- Non è verò, è più buono da te. E odio quando sei di turno e mi tocca mangiare sola. Non credo che riuscirò mai a smettere di farlo Calliope.-
Guardò negli occhi la sua bellissima moglie, prima di risponderle.
- Non smettere mai di farlo, Arizona.-

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Giunta al capitolo finale della storia, voglio ringraziare sinceramente chi l'ha seguita fino alla fine.
Grazie per aver letto.
Grazie per aver lasciato un commento facendomi sapere ciò che ne avete pensato.
 
 
Capitolo 18

- Ehi Callie, per quel consulto che dicevi..-
Si era avvicinata alla sua amica prendendo posto accanto a lei al tavolo della sala mensa, la guardò ancora una volta prima di riprendere a parlare, notando l'attenzione del chirurgo ortopedico su qualcos'altro, o meglio, qualcun'altro.
- Ehm Torres, pronto?! Parlo con te.-
- Cosa? Che dicevi?- Rispose alla rossa non staccando gli occhi dalla donna dall'altra parte della sala.
- Lo sapresti se mi avessi ascoltata invece che avere lo sguardo e la mente persi in tua moglie.-
La guardò con finta espressione infastidita prima di sorriderle maliziosa.
Callie si girò finalmente a guardarla.
- E' che lei è così.. bella. Insomma guardala. E' stupenda. Ed è mia moglie.-
Sorrise con aria sognante. Era davvero, davvero innamorata di Arizona.
- Ehm.. si.. ok. Ora possiamo tornare a quel consulto o devo stare qui anch'io a contemplare tua moglie, rischiando di innamorarmi di lei?-
La mora la guardò perplessa prima di darle scherzosamente un colpo sul braccio.
- Scordatelo. Lei è mia.-
Intanto era tornata a guardare nella direzione di sua moglie.
 
***
 
- Ti rendi conto che la stai fissando da tipo mezz'ora, vero?-
Teddy aveva appena addentato un pezzo del suo panino e con la bocca ancora quasi mezza piena, si era rivolta all'amica seduta accanto a lei. Arizona era seduta li, in sala mensa, col suo piatto di lasagna ancora rimasto intatto. La sua attenzione era letteralmente rapita da qualcos'altro.
Callie era vicino al bancone a parlare con una collega di un caso che avevano in comune.
Non staccando gli occhi dalla donna che da minuti interminabili stava fissando, rispose all'amica.
- Ho intenzione di chiederle di sposarmi.-
- Cosa? Arizona, stai parlando seriamente? Tu non ci credi nel matrimonio. E stai con lei da pochi mesi.. insomma mi sembra un pò azzardato e..-
- E non voglio aspettare più, Teddy. Ci siamo rincorse per così tanto tempo che ora voglio solo che lei sia solamente mia. Voglio che lei mi appartenga realmente. Voglio essere sua moglie. La donna con la quale lei condividerà il resto della sua vita, voglio essere io.-
- Hai ancora paura di perderla?-
- Non voglio che lei mi sfugga ancora.-
- Sei tu quella che fugge , Arizona.-
Non era per mandarla fuori strada o dissuaderla o farle cambiare idea, Teddy, che era la sua migliore amica da anni, voleva solo farla ragionare e rendersi conto lei stessa se la donna bionda seduta accanto a lei, si rendesse conto di quello che stava per fare.
Non le sembrava più la sua vecchia amica. Arizona era cambiata. In meglio. Incredibilmente grazie a Callie.
- E allora non voglio fuggire più.-
La guardò con aria risoluta prima di addentare finalmente la sua lasagna.
 
- Ehi.-
- Ehi.-
Guardò la donna che le era sopraggiunta alle spalle, con un ampio sorriso.
Rimase qualche istante a guardarla ammirata.  E come sempre,  trovò Arizona meravigliosa.
Aveva già tolto il camice e indossava quel vestito che la fasciava perfettamente. Era semplice, ma lei lo aveva sempre adorato tutte le volte che glielo aveva visto addosso.
Non che col camice non le piacesse. Anzi, la trovava perfetta ugualmente, con quella spilla a forma di orsacchiotto e quando la vedeva sfrecciare su quelle scarpe con le rotelle.
Solo che prima non le apparteneva. Fingeva di odiarla.
Ora, ora Arizona era finalmente sua.
- Finito? Le altre sono già andate da Joe.-
Era passata dal reparto di ortopedia, appena finito il turno.
- Si, finisco di compilare la cartella e sono subito tua.-
Rivolse al chirurgo pediatrico uno dei suoi sorrisi più maliziosi.
- Adesso dovremo stare con le altre, ma stasera, quando torniamo a casa, sarai mia.-
Le aveva risposto altrettanto maliziosamente, rubandole un bacio a fior di labbra.
E Callie non vide l'ora che arrivasse la fine della serata.
Erano riuniti al loro solito tavolo, c'erano anche Mark e Derek quella sera.
La serata trascorse piacevolmente ma un episodio adombrò l'umore di Arizona.
- Per l'ennesima volta Arizona, abbiamo solo ballato insieme, tutto qui. E tu eri li, potevi vederci.-
- Oh, e infatti ho visto come ti stringeva a lui, come ti afferrava i fianchi e..-
-Ed è cos' che si balla, Arizona. Andiamo, Mark è solo un amico.-
Erano tornate a casa e Arizona aveva chiuso più energicamente di quanto fosse necessario, la porta di casa sua.
Callie aveva assistito al suo mutismo per tutto il viaggio di ritorno in macchina. Non le disse niente, ma appena varcata la soglia, vedendo il nervosismo non più contenuto del chirurgo pediatrico, si decise a parlare.
- Lui ci prova con tutte, Callie. Anche con te.-
- Tu sei gelosa Arizona. Sei gelosa di Mark. Ma te lo ripeto ancora, per me è solo un amico.-
- E' che.. che.. io ho paura..-
Aveva iniziato ad abbassare il tono di voce.
Intanto aveva posato la borsa sul divano, aveva tolto il giubbino e si era girata a guardare Callie, in piedi a pochi passi da lei.
- Tu hai paura che io non sia abbastanza lesbica.-
Non aveva usato un tono duro. La guardava con dolcezza. Arizona le sembrava così indifesa in quel momento. La faceva impazzire.
Impazzire lei, la sua bellezza, le sue paure e soprattutto la faceva impazzire il fatto che proprio quella meravigliosa donna, avesse scelto lei.
Lei che fino a poco tempo prima era solo un casino. E poi era riapparsa  Arizona nella sua vita e piano piano aveva cominciato ad aggiustare tutto.
E allora le si avvicinò porgendole la mano.
- Vieni.- le disse dolcemente.
Aveva lasciato uno dei suoi cd nello stereo di Arizona. Le piaceva ascoltare musica e l'ascoltava spesso.
Si avvicinò al mobiletto, trascinando Arizona con se.
Accese, trovò la traccia che aveva in mente e fece partire la musica.
Strinse a se Arizona che si aggrappò a lei.
Le cantò all'orecchio la canzone che faceva da sottofondo.
Gliela stava dedicando.
Close the door, leave the cold outside
I don't need nothing when I'm by your side
- E' per te, Arizona. Solo per te.-
Le disse tra una strofa e l'altra.
And I'll never let go cause
There's something I know deep inside

You were born to be my baby
And baby, I was made to be your woman


Arizona sorrise. Aveva cambiato l'ultima parola.             
Si muovevano insieme, lentamente.
- Io odio ballare.- glielo sussurrò all'orecchio.
Callie le sorrise stringendola ancora più forte, prima di risponderle.
- Beh, al nostro matrimonio dovrai farlo per forza.-
L'allontanò solo di qualche centimetro per guardarla con aria furba, notando l'espressione confusa della donna che aveva tra le braccia.
La vide aprire più volte la bocca, come per parlare ma alla fine non disse niente.
- Si, Arizona Robbins, ti sto chiedendo di sposarmi.- rispose lei per la bionda. E continuò senza lasciarle spazio per non poter essere interrotta.
- Perchè, Arizona Robbins, io voglio passare il resto della mia vita con te.-
Si fermò solo un attimo, poi riprese a parlare.
- Riformulo, voglio continuare a passare il resto della mia vita a litigare con te.-
Le sorrise ancora. Arizona aveva gli occhi sgranati, era a bocca aperta. La canzone era alle note finali.
- Perchè adoro anche questo di noi. Litighiamo così tanto che è ridicolo. E adoro ancora di più, come poi cerchi di fare la pace. E io ti amo così tanto Arizona. Voglio che tu sia mia moglie.-
Non aveva staccato gli occhi dai suoi, arrivò finalmente alla domanda.
- Quindi.. Vuoi tu sposarmi?-
Callie le aveva appena chiesto di sposarla. Il cuore le batteva così all'impazzata che sembrava volerle uscire dal petto.
Anche la sua Callie , voleva sposarla.
Si destò dallo stato quasi di trance in cui era rimasta e si affrettò a rispondere.
- No.-
Questa volta fu il chirurgo ortopedico a guardarla confusa.
Arizona si mise entrambe le mani sul volto come a coprirsi gli occhi, prima di completare la sua risposta.
- Cioè si. Voglio sposarti Calliope. Ma.. insomma.. no.-
- Si o no?- le chiese con un mezzo sorriso.
La mora era confusa. Ma allo stesso tempo divertita dalla scena alla quale stava assistendo.
Arizona era così buffa in quel momento.
Aveva gesticolato. Molto. Si era coperta gli occhi, infilava una parola dietro l'altra.
- Calliope, certo che voglio sposarti. Ma volevo essere io a chiederlo per prima. Cioè, volevo che fossi tu a rispondere alla domanda che sto pensando di farti da giorni ormai. E se mi fossi decisa prima se...-
Non riuscì a finire la frase, Callie l'aveva azzittita con un bacio.
- Ammetto che per un attimo, mi hai fatta preoccupare, Robbins.-
- Shh, fammi fare le cose come si deve. Mi baci dopo.-
La guardò con un mezzo sorriso, Callie era divertita. Ed emozionata.
La bionda le prese entrambe le mani stringendole nelle sue.
Si schiarì la voce.
- Tu sei un incanto, Calliope Torres. E io sono innamorata di te. Sono ridicolamente innamorata di te. Amo tutto di te. E credo di amarlo da sempre. Amo il modo in cui lavori, la passione che metti in tutto ciò che fai. Amo la tua voce, sensuale e così perfetta quando ogni tanto canti. Anzi, dovresti farlo più spesso.-
Le strizzò l'occhio prima di continuare.
- Amo il fatto di come tu sia riuscita a farmi cambiare idea sull'amore. Tu hai sconfitto il  mio cinismo. Beh, in realtà,le mie difese sono già cominciate a crollare da quando ti ho rivista dopo dieci anni. Cavolo, sei diventata una donna stupenda. Amo il tuo fascino. Quell'aria di mistero che hai intorno. Amo i tuoi occhi. Amo il tuo sorriso. No, io amo il modo in cui mi sorridi.-
Il sorriso di Callie si allargò ancora di più.
- Ecco, proprio come stai facendo ora.-
Poi riprese fiato prima di continuare.
-E io voglio che i tuoi occhi, il tuo sorriso siano la prima cosa che vedrò ogni mattina. Tu mi rendi felice, Calliope Torres.  Io ti voglio mia. Ho bisogno di averti mia a tutti gli effetti. Voglio le fedi. Voglio vederti al dito un anello con su scritto il mio nome. Voglio un impegno.-
La voce le tremava, e poteva vedere le lacrime salire agli occhi della sua Callie.
- Voglio impegnarmi con te per tutta la vita. Quindi, Calliope Torres, vuoi sposarmi?-
Aveva rilasciato un lungo respiro appena finito il suo discorso.
Aspettava la risposta di Callie.
La vide asciugarsi una lacrima, poi udì quella sua voce dolce.
- Arizona-
Aveva cominciato così, pronunciando il nome della donna che amava fino all'inverosimile.
- Tu sei la donna più bella che io abbia mai visto. Da quando ho incontrato i tuoi occhi, ho capito che non mi sarebbe più stato possibile guardare qualcosa di più bello. E il tuo sorriso, beh, il tuo modo di sorridere, con quelle fossette, mi ha penetrato l'anima.-
Arizona voleva trattenere le lacrime che sentiva riempirle gli occhi. Il cuore che non aveva smesso di batterle all'impazzata.
Era  un momento che sapeva di magia.
-  Non so esattamente cosa tu mi abbia fatto. Ma tu sei quella persona che mi ha reso possibile amare, in  un modo così profondo e sconvolgente come mai  avrei creduto possibile si  potesse fare.  Tu sei quella persona che crede nella magia e che la porta sul lavoro. Tu sei quella persona, l'unica persona che io possa essere in grado di amare. Tu sei quella persona che crede che scappare sia più semplice, e lo hai anche fatto, ma sei anche quella persona che poi torna e che pur avendo sempre ammesso di non volere nessun tipo di legame nella sua vita, ora è qui, a tenermi le mani e a dirmi di volersi impegnare per sempre.-
Si fermò solo un attimo, giusto il tempo per sorriderle dolcemente. Prese un lungo respiro e continuò.
Arizona la fissava sorridendo con le fossette ben in vista e gli occhi che le brillavo più del solito.
-E quindi, come posso non sposarti Arizona? Si, ti sposo amore mio.-
 
Era stato tutto molto semplice, come piaceva a loro.
Pochi invitati, i colleghi più stretti e Teddy ed Addison come testimoni.
Avevano fatto le loro promesse, scambiato gli anelli, fatto il primo ballo da sposate.
E Arizona aveva ballato così tanto, stretta alla sua Callie.
 
***
 
- Da quando ci siamo sposate, ci hai preso gusto a ballare, eh?-
Aveva sussurrato quelle parole tra i capelli di sua moglie. Quel profumo l'aveva sempre mandata fuori di testa.
Sentì Arizona poggiarsi leggermente con la fronte sulla sua spalla, prima che le rispondesse. La percepì sorridere appena.
- Ti devo tenere impegnata per tutta la sera, altrimenti mi tocca fare i conti col vederti ballare con qualcun altro. Mark è già all'agguato.-
- Mhh.. non è questo il motivo. Lo so. E poi tu e Mark siete diventati grandi amici da quando vi siete messi a cucinare insieme.-
Sorrise, richiamando alla mente le scene di Arizona e Mark alle prese con i fornelli. Riuscivano a litigare anche per delle stupide ricette.
 
Solo che ora  era tutto completamente diverso, più leggero.
 
Come ogni mese, avevano organizzato la cena fuori tra colleghi. Il bar di Joe, era come sempre la meta prescelta. Col loro solito tavolo, i loro drink, le loro risate e i loro inaspettati balli.
 
- Davvero Calliope.  E' un sacrificio che faccio, per proteggere i miei occhi e il mio cuore. Io odio ballare. Quindi credimi.-
- No. non ti credo. E tu non odi ballare, almeno non più.-
Le sorrise con aria furba. Proseguì, prima che la bionda potesse ribattere come già aveva intuito stava per fare.
- Tu adori ballare.-
La guardò divertita prima di continuare ancora.
- Con tua moglie. Tu vuoi ballare perchè adori tenermi stretta a te.-
Era stata colta in fallo. Ma decise di dissentire comunque. Faceva parte del suo carattere.
Cercò di nascondere quel sorriso che da minuti interminabili era comparso sul suo viso e schiarendosi prima la voce, rispose alla sua  bellissima moglie.
- Ti sbagli, non è questo il motivo.-
Non aveva mollato per niente la presa sul chirurgo ortopedico. Continuava a stringerla a se.
- Ah no? Allora non ti dispiace se torno a sedermi al tav..-
Le ritorse furbamente la mora, cominciando ad allontanarsi da sua moglie. Un sorriso divertito che non riusciva a mascherare.
- Stai ferma qui, tu non vai da nessuna parte.-
 
Le rispose la bionda, avvicinandola a se il più possibile e stringendola quasi con tutte le sue forze.
Poi le sussurrò all'orecchio.
- Non mi scappi più, Calliope.-
Callie inclinò leggermente la testa verso il basso, per appoggiare delicatamente la sua fronte su quella di Arizona.
La canzone finì, rimasero per qualche altro istante così, al centro del bar.
Forse avevano raggiunto la perfezione.

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