Cambio d' Ali - La Cura / Delena

di Sibilla9
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cambio d' Ali - La Cura / Delena ***
Capitolo 2: *** Non si può sfuggire all'amore ***



Capitolo 1
*** Cambio d' Ali - La Cura / Delena ***


D&E
Finale alternativo a “Cambio d’Ali- La Cura”

Sono passati sette anni da quando

Stefan ha salvato Elena per farsi perdonare dal fratello.
Damon non è diventato un vampiro e Elena sta bene.






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Era sera e venivo dal porto per alcuni traffici clandestini che avevo riscontrato e denunciato personalmente.
Arrivai a cavallo fino la stalla, ero infuriato con tutto il mondo tanto per cambiare, perché i gendarmi mi avevano trattenuto più del previsto al solo fine di assicurarsi il mio completo estraniamento ai fatti. Compravendita di schiavi di colore provenienti dall’Africa.
Patetico da parte loro: se avessi voluto commerciare davvero schiavi ne avrei denunciato la presenza assieme ad un mio carico ?
Ovviamente le mie argomentazioni surclassarono le loro futili e riprovevoli accuse.
Quelle erano persone e io avevo smesso di giocare a fare il padrone da un bel po'.

La mia tensione derivava anche dal fatto che, con mio immenso rammarico, avevo notato all’entrata della mia villa il calesse del nuovo prete di Mystic Falls.
Questa volta veniva a farci la ramanzina a tutti e due, neanche fossimo due ragazzini.
Davvero inutile e sciocco da parte sua.
Quell’uomo era solo un ostinato che voleva per forza avere ragione su questioni assolutamente estranee alla sua persona.
Assolutamente irritante quanto stolto.

Scesi da cavallo, togliendomi il cappello e aggiustandomi il soprabito scuro in tinta con il resto dell’abbigliamento, porgendo le briglie a Tyler che, con un sorriso, disse:
<< Signore la volevo informare che questo pomeriggio è nato il puledro. >>
Ancora in pensiero per la storia del prete, chiesi senza guardarlo in viso:
<< E chi l’ha fatto nascere ? >>
<< Alaric, Bonnie e – poco dopo aver deglutito - la signora Elena. >>
Il suo tono si era fatto un po’ timoroso riguardo la mia reazione.
Accennai un sorriso: ero contento che Elena avesse partecipato, a lei faceva piacere ed io ero fiero di qualunque cosa facesse.
Lei era sempre la stessa donna caparbia, amorevole e disposta a tutto per aiutare chiunque si trovasse in difficoltà.
Lei era la mia Elena.
Con stupore di Tyler, terminai:  << Bene, mi raccomando trattalo con dovuto riguardo.>>
<< Ce... Certamente signore. >>

Sulla porta vidi Alaric appoggiato allo stipite con le braccia conserte a guardare l' orizzonte:
<< Ho visto il prete. Buona fortuna, signore. >>
Mi voltai per imbruttirlo dal momento che avevo sentito un risolino provenire dalla sua figura.
Ma come si permetteva a chiamarmi ancora "signore" ?
Lo sapeva che mi dava fastidio e per questo lo inseriva ogni qualvolta ne aveva l' occasione.
<< Ric ? - mi fermai spalla contro spalla - Perchè non gli hai detto che non eravamo in casa ? >>
<< Mi sono solo fatto gli affari miei, Damon. - mi guardò e poi confessò - Ha parlato con Bonnie.>>
Lo osservai di sottecchi e poi proseguii per la mia strada, sbuffando.

Era il crepuscolo e l’aria era abbastanza mite per essere appena arrivata la primavera.
Procedevo in casa con ancora il frustino del cavallo in mano che stritolavo per il fatto che mi sentivo amareggiavo perché nessuno si fosse degnato di venirmi a salutare.
“Forse Elena era stata trattenuta” mi dissi mentalmente, mentre intanto mi imbronciavo come un bambino a cui avevano tolto il gioco migliore.
Ero stato abituato fin troppo bene.

ᴥᴥᴥ

<< Cosa volete, prete ? >>
Dissi senza osservarlo, mentre accorgendomi di non averlo dato a Tyler, poggiavo il frustino sul tavolo della biblioteca.
A questo punto, costretto ad udire le sue pagliacciate, necessitavo assolutamente di un bicchiere di buon bourbon.
Da buon padrone di casa lo offrii anche al mio sgradito ospite, sogghignando di sfuggita non appena lui lo rifiutò.

Mi sedei accavallando le gambe e gli feci sbadatamente segno di parlare.
Mentre lo sentivo ciarlare un pensiero mi sfiorò la mente: strano che, per entrare in casa mia, non si fosse munito di un crocifisso e una boccetta d'acqua benedetta.
Risi sgarbatamente coprendomi le labbra con un dito per il mio pensiero.

<< Non so se vi rendete conto o fate solo finta di non capire signor Salvatore, ma state irridendo tutte le nostre tradizioni e al buon senso di una comunità di persone civili. >>
Alzai gli occhi al cielo:
<< Vi ho già dato l’assegno per i poveri della vostra parrocchia. - lo osservai con cinismo - Ho consentito ad aprire un collegio barra scuola per i più bisognosi nella ex residenza Lokwood dove Elena insegna. Tutti o quasi i cittadini lavorano per me. >>
Lo guardai male, avvicinandomi a lui con il busto, poggiando il bicchiere sul bracciolo della poltrona: << Cosa desiderate che faccia di più, eh ? Che dia via i miei soldi e butti i miei stracci ai mendicanti per andare in giro a professare la parola del Signore ? Avete sbagliato persona. >>

Ovviamente, a scanso d'equivoci imbarazzanti, tutto il bene che avevo fatto agli altri, di cui non mi interessava niente, era stato opera di Elena.
In certi momenti poteva fare di me quello che voleva.
In alcuni casi … sempre in verità, inutile negarlo.
Ma diciamo che, in camera da letto quando ci si metteva d’impegno, era capace d' estorcermi di tutto con buona pace del mio self-control.

Il sacerdote si era alzato dalla poltrona e mi squadrava irritato, additandomi come fossi un demone:
<< Sa, il vostro sarcasmo non mi è gradito e il vostro modo di mettere in soggezione con me non attacca. Voi non mi fate paura signor Salvatore ! >>
Gli volevo dire: “E allora mi spiegate perché la vostra voce trema ? ” tuttavia optai per:
<< Felice per voi, ma non cercavo di mettervi in soggezione in alcun modo, dicevo semplicemente la verità. Se avessi voluto, credetemi sulla parola, ve ne sareste accorto. Quindi sputate il rospo. >>
Bevvi un sorso e poi appoggia il bicchiere sulla consolle su cui c'era un vaso pieno di fiori di campo e un sonaglio.

Ripresi intrecciando le dita sul pube:
<< Fate presto perché sono stanco e voglio che ve ne andiate al più presto perché desidero cenare con la mia famiglia.>>
I miei occhi raggelarono l’ecclesiastico per il semplice fatto che lui mi stava facendo perdere del tempo prezioso.

<< Incredibile ! Voi la definite una famiglia, voi avreste una famiglia ? >>
Il suo modo di gesticolare unito alla sua affermazione di raccapriccio, poco consona al mio stato di tolleranza, mi avevano fatto
adirare ancor di più .
Sapevo che era quello il problema.
Arricciando le labbra e alzando le sopracciglia lo esortai:<< Dunque ? >>
<< La vostra non è lontanamente una famiglia ! Non siete neppure sposato ! >>

Spazientito dissi: << Ancora con questa storia ? Sapete siete davvero ripetitivo e mi avete davvero seccato. >>
Vedendomi alterato deglutì per poi alzare il tono: << Date scandalo con il vostro modo di comportarvi. Non volete fare della vostra signora, una donna rispettabile ? >>

Mi alzai alterato.
Poteva dirmi quello che voleva ma non doveva toccare Elena.
Andai vicino a lui minacciosamente, senza per questo sfiorarlo o essere inopportuno:
<< Elena è una persona rispettabile. La sfido a trovare qualcuno che la conosce a dire il contrario, padre. >>

Mi guardò e trovò il coraggio per replicare:
<< Ma non per gli onesti cittadini di Mystic Falls. Questo è un comportamento che offende la morale, signore. Già solo il fatto di convivere senza essere sposati è riprovevole, ma poi generare anche una creatura fuori dal matrimonio è …>>
<< Scandaloso, si lo so. >> sospirai esausto, guardando il piano nero che faceva bella mostra di se.
Continuai spostandomi da lui : <<  Forse non avete ben compreso voi che so piuttosto bene che la mia famiglia è la pietra dello scandalo di Mystic Falls, ma sapete cosa vi dico: non ce ne importa un bel niente. Questa è casa e vita mia e di Elena, quindi facciamo quello che vogliamo.>>

<< Perché non vi sforzate per essere un uomo da bene ? >> scuoteva il capo in modo deluso.
<< Va bene, - ero al limite - ve lo ripeto per l’ennesima volta. Uno: perché non lo sono, due: non mi interessano quei bigotti che parlano male di noi. Tre:  non abbiamo bisogno di un pezzo di carta per far rispettare i nostri sentimenti. Quattro: vogliamo essere liberi. Cinque: fatemeli ascoltare personalmente quei pettegolezzi e poi vedremo chi oserà ancora giudicare senza arte ne parte. >>
Era scandalizzato: << Minacce. Ottimo modo per risolvere la situazione. Perché invece non fate in modo che non si possa parlare che bene di voi e della vostra famiglia ? >>
feci un afaccia schifata: << E abbassarmi al loro volere ? Mai. Poi anche se lo facessimo, e non lo vogliamo fare sia chiaro, troverebbero comunque un qualcos’altro a cui aggrapparsi per spettegolare. Non mi dite che non è così.>>
Guardai fuori dalla finestra mentre il tramonto si colorava di un arancio ancora più deciso.

<< Già ma la ragazza cosa ne dice ? Perché non proviamo a  domandarlo a lei. Mandatela a chiamare se siete sicuro di ciò che dite. Sempre se non interrompiamo il suo lavoro e lei poi non la debba punire per l'inadempienza.>>
Ci mancò poco che lo cacciassi via tanto mi sentii offeso dalle sue parole meschine e abiette, però per mettere fine a quegli incontri per estirpare il diavolo da casa mia, con una faccia scura che celava la mia ira, mandai a chiamare la mia Elena.
Ma con chi credeva di star a parlare ? Con satana ?
Io avevo chiesto ad Elena di sposarmi, lei aveva detto che stavamo bene così.
Ed era più che vero. Perché Mystic Falls si sentiva in diritto di mettere becco su qualcosa che non gli competeva ?
Dannata cittadina !

ᴥᴥᴥ

Sentimmo bussare e poi entrò lei.
Il suo viso era raggiante più che mai e vedendomi mi sorrise con amore, acconciandosi meglio i capelli legati tutti in alto con fermagli in madreperla.
Era di una bellezza unica e le gote arrossate la rendevano ancora più affascinante.
Così, senza pensiero, passai a guardare i suoi abiti e, sgranando gli occhi, feci una smorfia con la bocca per la spiacevole sorpresa.
Tossendo un poco pensai "Oh ma perchè proprio oggi ... "
Il parroco mi guardò male e io svagai.
 
Indossava degli abiti da lavoro vecchi e logori appartenenti forse a Bonnie.
Non capivo davvero il motivo ma poi ricordai la storia del puledro e sospirai quasi divertito, alzando le spalle.
Mi guardò e poi si rivolse al parroco :
<< Salve padre Kalvin, scusate la mia tenuta ma non ho avuto tempo di cambiarmi perché stavo aiutando nella stalla e la bambina… >>
Il prete mi perforò e io gli sorrisi causticamente con il mio completo nero e frustino poggiato di fianco a me.
Sembravo quasi nuovamente il padrone con la sua schiava.

<< Di nulla figliola, figuratevi. Vedo che il signor Salvatore vi tratta in modo riprovevole. – passò gli occhi su di me - Fa piacere sapere che non ci si sbaglia quando si comprende che non c’è possibilità di redenzione, anche se quello lo lascio al buon Dio.>>
Era rimasta interdetta e mi guardava male.
Io non avevo fatto niente e non lo avevo di certo chiamato io.

<< Posso farle una domanda, cara ragazza ? – lei fece sì con il capo – Come ogni donna il vostro desiderio è quello di sposarvi con il padre di vostra figlia, vero ? >>
<< Oh è di nuovo questo. >> si passò,
stranita, una mano sulla nuca.
Poi proseguì: << Mi siedo per risponderle perché sono un po’ stanca e non vorrei offendere nessuno. >>
Detto ciò si accomodò su di una sedia del tavolo.
<< Comprendo, essere obbligata a lavorare come insegnante, badare da sola ad una bambina di poco di più di un anno e dormire nei sotterranei, non deve essere uno scherzo. >>
Affermando questo il parroco mi guardò come ad oltrepassarmi, mentre io sbattevo le ciglia sbigottito.
Cosa ?
Pensava davvero che io tenessi Elena, la mia Elena beninteso, ancora in una cella con mia figlia ? Cose da pazzi.
Dovevo essere un mostro sputato dall' inferno !
Iniziai a ridere perché era assurdo quello che diceva.
Sentivo le mie risa, poi guardai Elena, lei non rideva… perciò ripresi il mio solito contegno.

Lei aveva degli occhi strani, ardevano in modo diabolico mentre si era spostata dallo schienale della seggiola per avvicinarsi al vicario di Cristo.
Oh, le era venuto qualcosa in mente. Sì, ci potevo giurare.
Stare con me non le faceva affatto bene, no, definitivamente.
Mi gustai la scena:

<< Eh sì, è proprio così. – Elena guardò a terra - I sotterranei sono bui e molto umidi e la bambina ha sempre molta fame e non ho una culla per cui la devo tenere sempre in braccio. Sapete, delle volte mi domando quando mi si permetterà di mangiare di nuovo un po’ di pane per avere la forza per tenerla e cullarla perché, il signore, - mi osservò indicandomi - non ama sentire i suoi pianti.>>
Io e il prete eravamo sbalorditi.

<< Veramente figlia mia ? Allora vi devo assolutamente portare via da qui.>>

Okay, le avevamo provate tutte per farci lasciare in pace, ma questa ancora no: dare credito ai pettegolezzi.
Sogghignai orgoglioso della mia donna.
Era proprio vero: le donne ne sapevano una in più del diavolo.
In questo caso io ero il diavolo.

Intervenni in modo deciso, rimanendo a quello che diceva lei : << No, Elena non va da nessuna parte senza il mio consenso e men che meno la bambina. >>
<< Ma voi siete un vero bruto, lasciate andare questa povera donna e quella creatura. Misericordia. >> Si fece il segno della croce.
<< Oh sì, - continuò Elena esagerando - e pensate che delle volte ho così tanto lavoro da dover lasciare la bimba da sola in cella che piange disperatamente. E poi ogni mattina devo portare la colazione a letto al signor Salvatore e alla sua nuova conquista con nostra figlia in braccio, immaginatevi. >>
<< Ora capisco, volete essere libero di vedere le vostre altre donne, che Dio le salvi, tenendo in catene questa povera anima innocente. Che il Signore abbia pietà di voi.  >>
Io guardai Elena sorpreso.
Non finiva mai di sorprendermi.
Il parroco era a dir poco scandalizzato.
Oh ed era divenuto bianco come un cencio.
Mi stavo divertendo come mai successo con un prete.

<< La picchia anche ? >>
<<  No ! – si era alzata inorridita -Nel modo più assoluto, no ! Mi dispiace per lei ma è tutto assolutamente falso. Non sono stata ancora informata sulle novità più recenti, ma le posso assicurare che anche quelle saranno del tutto infondate, credetemi, padre. >>
<< Signora, mi state prendendo in giro deliberatamente ? >>
Stavo per esplodere dalle risate.
<< Oh certo che vi sto prendendo in giro. Lo so bene che voi siete arrivato da poco e la nostra situazione – mi indicò - vi sconvolga ma …>>
<< Certo che mi sconvolge, mi hanno detto che lei è stata comprata come un animale e ridotta in fin di vita per ben due volte. Mi scusi se mi preoccupo.>>
<< E’ vero, lui mi ha comprata e salvata, non so se questo lo sa …..E’ una storia lunga e complessa, vi basti sapere che sono sette anni che ci conosciamo e ci amiamo io e Damon. Voi pensate ancora che lui mi tenga nelle segrete e magari mi cacci fuori solo per i suoi comodi. Ma vi rendete conto da solo delle sciocchezze a cui state dando adito ? Damon è un brav'uomo e un buon padre, si merita almeno il beneficio del dubbio, non vi pare ? Solo perchè non siamo sposati e abbiamo una figlia, ciò non ci etichetta quali esseri senza morale o rettitudine. >>
<< E l’abito ? >>
<< Ve l’ho detto: stavo nella stalla per aiutare a far nascere un puledrino. Di solito non indosso questi cenci. >>
<< Il lavoro ? >>
<< Mi è sempre piaciuto fare l' insegnante ed ora lo posso fare perchè è intestata a me la scuola. >>
Il prete era rimasto interdetto.

<< Ma allora se vi amate non capisco perché non vogliate sposarvi.>>
<< Perché stiamo bene così. A noi sta bene così. >> dicemmo prima lei e poi io.

<< E della bambina che mi dite ? La riconoscerete un giorno o l’altro, signor Salvatore ? Tremo per quella povera anima. >>
<< Certo che per mettere il naso in cose che non vi competono siete bravo ma per indagare fate proprio schifo, lasciatevelo dire, prete. La bambina ha il mio cognome ovviamente e sui documenti l’ho registrata giustamente come figlia mia e di Elena, come è giusto che sia. >>

ᴥᴥᴥ

Bussarono ed entrò Jenna con in braccio una piccola bambina di poco più di un anno, piangente e urlante, con il suo vestitino color prugna e un grazioso ciuffetto sulla testa.
Mi guardava angosciata e allora mi avvicinai a lei rapito, mente il resto della stanza perdeva significato.
Nella lista delle mie priorità c’era lei sopra a tutto e a tutti.
Osservando quei lacrimoni, mi porse le piccole braccia paffute parlottando un: << Papapapa>>.
Non appena la presi in braccio si acquetò portandosi il pollice alla bocca e accoccolandosi sulla mia spalla mentre con l’ altra manina, abbracciandomi, mi solleticava il collo.
Ora, in braccio a me, si stava rilassando…
C'era il suo papà.

<< Piccola canaglia. >> dissi accarezzandole la testolina castana nel frattempo che lei si voltava a guardarmi e a sorridermi con i suoi occhi blu e infuocati come la madre.
Sembrava quasi mi capisse e ammettesse le mie parole amorevoli.
Quella creatura era un miracolo.
Se non avesse avuto i miei occhi sarebbe stata uguale alla sua bellissima mamma.

Elena riprese parlando con il prete che mi osservava incantato, mentre io mi occupavo di mia figlia:
<< Se vuole rimanere a cena è il ben venuto. >>
Lui fece di sì mentre io guardai male Elena, sospirando oramai esasperato più di mia figlia.
La piccola iniziò a giocare con le mie labbra ed io ripresi il buon umore, sorridendole lateralmente, guardando le sue così somigliante alle mie.

Notai che il prete non riusciva a distogliere gli occhi da me e dalla bambina, così mi innervosii quasi come se i suoi sguardi potessero consumare la mia bambina.
<< Damon mi vado a cambiare e arrivo. >>
Elena mi diede un bacio, solo a stampo per non impressionare ulteriormente il sacerdote, anche se io lo avrei voluto davvero scioccare.
Incompetente, sempliciotto di un buono a nulla.
Elena accarezzò la testolina della bimba << Ciao, tesoro, la mamma arriva subito. >>


ᴥᴥᴥ

A fine cena.
<< Complimenti è una bambina bellissima e dolcissima. Ha la carnagione e il viso della mamma e gli occhi del padre. Come avete detto che si chiama ? >>
Ovvio che mia figlia fosse bellissima ! Era mia figlia !
O meglio dire: nostra.
Intanto la piccola impiastricciava gli avanzi della sua cena con le mani e parlottava tra se in braccio ad Elena.
<< Com’è avete cambiato idea ? >> lo punzecchiai, fermando il piatto della bimba che stava finendo per terra.
<< Beh... - sospirò -  il Signore agisce per vie misericordiose, quindi chi sono io per giudicare ? >>
<< Ben detto padre. >> strinsi la mano della mia signora che aveva appena parlato, passandomi mia figlia.
<< Lei, comunque, - la guardai mentre si portava le mani alla bocca - si chiama Delena Stephanie Elena Salvatore. >> dissi orgoglioso gonfiando il petto.

ᴥᴥᴥ

<< Si è addormentata ? >> disse Elena avvicinandosi al letto mentre si chiudeva la vestaglia appena indossata nel bagno di fianco alla stanza.
Le accennai un sì con il capo mentre rimanevo attonito davanti a quella meraviglia.
Ero sdraiato sulla calda trapunta, vicino alla piccola, intanto che le sfioravo una manina rimasta fuori dalla sia coperta chiara, regalo di Alaric e Jenna.
<< La sposto nella sua culla.>> affermò Elena, sfiorandomi una spalla.
Mi accigliai come se avesse detto una cosa senza senso e la osservai irritato: no, Delena rimaneva vicino a noi.
Lei ridendo continuò:<< Non capisco per quale motivo le hai comprato una culla se non mi permetti mai di usarla. >>
<< Tutti i bambini devono avere una culla e lei non è meno degli altri, se mai è migliore. >>
Andando nell’altro lato del letto, Elena si spogliò della vestaglia pesca, ridacchiando, rimanendo in sottoveste nera con del pizzo ricamato sulla scollatura e, dopo avermi guardato, prese la bambina e la mise al centro del letto, sotto le nostre coperte, mentre Delena muoveva le labbra e un poco gli occhietti insonnoliti.
Solo allora, guardando le donne della mia vita, decisi di alzarmi e togliermi la vestaglia e di mettermi a letto.
Sotto le lenzuola, adorando l'odore della piccola, abbracciai Elena, stringendo in mezzo a noi la nostra vita.
Elena spense la sua candela e anche io feci lo stesso.

Mentre prendevo sonno, osservando il lettino di mia figlia lontano dal nostro, mi venne alla mente l’episodio che aveva cambiato radicalmente la mia esistenza e quella della mia venerata consorte.

Dovevo tutto a mio fratello Stefan...

Era appena finito il ballo che aveva voluto dare lui ...

<< Quindi Elena è solo una tua schiava. Hai osato contattare Klaus e indi per cui me, per un’ insulsa schiava. – Rise – Tutto questo disturbo per una serva d’ infimo livello ? >>

Stefan riprese: << Damon Salvatore, il folle e impulsivo padrone disposto a tutto pur di salvare la sua schiava. >> e sorrise come se sapesse qualcosa che al resto del mondo rimaneva oscuro.
<< Qualcosa in contrario ? >> lui alzò le spalle incurante.
<< No. >>
<< Mi spieghi il perché di questa stupida festa ? Dov'era l'utilità ? >>
<< Mi piaceva rivivere il passato, Damon, come quando eravamo ragazzini… >> sembrava sincero mentre si metteva le mani in tasca e si guardava intorno vagamente spaesato.
<< Ah davvero ? Io voglio solo che tu guarisca Elena te ne vada da vicino a noi. Dimmi cosa diavolo vuoi in cambio e facciamola finita. >>
Il suo ghigno, mentre osservava il pavimento, mi metteva a disagio nel frattempo che portava i suoi occhi verdi a guardarmi a braccia conserte.
<< Sono pronto a tutto, Stefan. >> ci guardavamo e non eravamo mai stati più seri di così.

Mi squadrò per bene, si avvicinò con lenta precisione e mi sussurrò:
<< Lo immaginavo. >> cacciò il fiore dall’ occhiello e lo odorò guardandomi, intanto che ne staccava i petali, facendoli cadere a terra.
In quel momento entrò Elena, preoccupata per me.

Il volto di Stefan era teso ed arrabbiato, anche se voleva sembrare calmo: aveva la bocca contratta in una smorfia e aveva appena terminato i petali ad un passo da me, quando, senza attendere oltre, buttando lo stelo, con velocità imprevedibile, si morse un polso, raggiungendo alla stregua di un rapace Elena.

Sbarrai gli occhi e mi trattenni dal deglutire mentre lo vedevo stringerle il cranio, che sembrava essere fatto di terracotta ... No. Non poteva trasformarla davanti a me, no.

La sua mano sul volto di lei le impediva di respirare nonostante la resistenza che facesse con le mani e con il capo. I suoi bellissimi occhi nocciola tremavano in tanto che i miei si inondavano di dolore.
Mi avventai contro mio fratello urlando: << Lasciala ! Così la uccidi ! >>
Cercai di fargli spostare il braccio con tutta la forza che avevo in corpo, lo picchiai, lo insultai e lo colpii...
Lottai, fino a quando Stefan con un pugno ben assestato mi fece cadere a terra, sbattere la testa e perdere i sensi, mentre l’unica cosa che vedevo era la paura negli occhi della mia Elena. Pensai di morire per il dolore di vedermela trasformata in un essere che non avrebbe più avuto la sua innata umanità.

Amavo quella donna più di qualsiasi cosa al mondo.

Non appena i miei occhi scorsero la luce della candela, scorsi lei più viva di sempre e la felicità che provai fu eguagliata solo quando strinsi tra le braccia mia figlia, la mia primogenita.

Da quel giorno, avevo cercato di rintracciare Stefan per ringraziarlo sebbene avesse fatto in modo di scomparire, ma, ahimè, senza alcun significato tangibile.
Lui e Klaus avevano fatto in modo e maniera di far perdere le loro tracce.
Alaric mi disse che pensava che lo avesse fatto per farsi perdonare.
Beh … mi voltai a vedere Elena viva e vegeta e la mia piccola Delena.
Era superfluo dire che sì, gli avevo perdonato tutto il male che volente o nolente mi aveva causato.
Lui era mio fratello e lo avrei amato per sempre.

<< Damon ? - mi sentii chiamare -Tutto bene ? >> mi sfiorò i capelli in apprensione
<< Certo Elena: è tutto perfetto.>> la osservai per poi avvicinarmi a lei e baciarla.

Loro erano state la mia cura.














Spazio personale:



Questo è un piccolo pensiero per chi desiderava un finale diverso a quello tragico.
Grazie per aver letto, un bacio !
La vostra Sibilla 9



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Capitolo 2
*** Non si può sfuggire all'amore ***


Un mese dopo ...




Non si può sfuggire all'amore













<< Me ne vado Damon. Mi sono stancata, non ce la faccio più. Sono arrivata al limite. Pensi solo e soltanto a te, non t’importa di noi. Io merito di meglio. Delena merita di meglio.>>
<< Elena … non penso a voi ? Perché dici questo ? Prometto che cambierò. Diventerò migliore per te e per nostra figlia. Non mi lasciare solo, ti prego. Elena …>>
<< No, Damon, è troppo tardi. Non cambierai mai a sufficienza per valere la nostra vicinanza. E’ inutile, ho preso la mia decisione e soprattutto ho perso la speranza di combattere contro il tuo vero io.  Sei e sarai sempre un mostro. >>
<< No, non mi lasciare, io non sono niente senza di te… senza di voi. >> mi sentivo le lacrime agli occhi.
<< Tanto non sei niente comunque. >>
Quell’affermazione mi faceva davvero male… ma inghiottii la saliva e chiudendo gli occhi chiesi con irritazione:
<< E la bambina ? >>
<< Me la porto via con me, pensi che ti potrei mai lasciare mia figlia ? >>
<< E’ anche mia figlia, Elena.>> ero davvero innervosito.
<< Sì, certo come no.>>
<< Ma perché ? Elena … >> le bloccai un polso.
Mi guardò in faccia e << Non mi rendi felice Damon. >>
La mia più dolorosa paura si era fatta realtà.
<< Farei qualsiasi cosa per farti felice. Dimmi cosa vuoi e l’avrai. >>
<< Ah si ? Va bene, voglio andare via da te, voglio portare via mia figlia da te. Voglio un uomo che mi sappia amare tanto quanto merito e Matt è quell’uomo. Sarà lui a essere chiamato papà da mia figlia e non tu. Addio Damon.>>

Proprio in quel momento mi ridestai sudato e spaventato a morte per quell’incubo assurdo. Era ancora molto buio e le tende della finestra non facevano trapelare neppure un po’ di luce lunare.
Era stato un sogno, un bruttissimo sogno, che però aveva risvegliato in me la mia più grande e potente paura: Elena un giorno si sarebbe accorta di quale zavorra io fossi in realtà e mi avrebbe lasciato perché inadatto ad amarla come lei e mia figlia meritavano.
Mi voltai nel letto per abbracciarla ma, con sorpresa, notai che non c’era di fianco a me.
Mi alzai per andarla a cercare: forse Delena aveva pianto ed io non l’avevo udita. Elena non desiderava una balia e faceva tutto da sola, diceva che avremmo cresciuto noi nostra figlia o che al massimo ci avrebbe aiutato Jenna, Bonnie e Alaric. Era sempre stata cocciuta, ma qui dovevo ammettere che c’era anche il mio zampino: ero sempre stato straordinariamente geloso della piccola, per cui l’idea di affidarla ad altri non mi allettava assolutamente.
Sorrisi nel pensare a Elena che cullava sulla poltrona la piccola.

ᴥᴥᴥ

Attraversai il corridoio e quando arrivai appena fuori dalla camera di mia figlia mi sentii male.
C’era una lampada a petrolio accesa su un comodino quindi potei vedere Elena …
Indossava un vestito con un soprabito e non aveva la camicia da notte, sentivo, inconfondibile, il rumore sommesso dei suoi tacchi … portava gli stivali invece delle pantofole.
Era intenta a …
Stava preparando un borsone con tutte le cose della bambina, stava facendo piano e con attenzione per non fare rumore ed essere udita. Aveva preso anche dei vestitini e alcuni suoi giocattoli.
Il cuore mi si fermò e dovetti poggiarmi al muro e guardando a terra …
Vidi un’altra borsa ricolma con le sue cose, probabilmente.
Mi portai una mano a spettinarmi i capelli, mettendo insieme i pezzi del puzzle.
Se ne stava andando via.
Via … Senza dirmi niente, nel cuore della notte come una ladra, portandosi via anche nostra figlia.
Chiusi gli occhi. Mi maledissi sentendomi morire.
Perché non potevo essere di più ?
Mi sentii annegare per la mancanza di fiato.
Delena dormiva beata nella sua culla mentre vedevo la madre trafficare per prendere maggior cose possibili.
Rammentai che glielo avevo detto fino a non avere più fiato: lei non mi doveva niente e che se sé ne voleva andare era libera e padrona, mi aveva sempre detto di no. Ma forse la sua riluttanza risiedeva nella paura di una mia reazione. Ero un mostro, dopotutto …
Non aveva avuto il coraggio di affrontarmi per paura che io non le lasciassi Delena, forse.
Avevo sempre saputo che lei meritava di meglio, io non ero mai stato alla sua altezza. Ed ora, semplicemente, aveva aperto i suoi incantevoli occhi nocciola e si era accorta che voleva di più. Di più di un uomo che l’aveva relegata nel suo antro infernale, che l’aveva rinchiusa nella sua prigione d’oro…
Cadevo come in un burrone senza toccare mai il fondo.
Perché ?
Non ero cambiato a sufficienza.
Non ero buono a sufficienza.
Non mi voleva più perché non la rendevo felice: il sogno era stato solo una premonizione.
Ecco il perché.
Accostai la porta senza farmi sentire e m’incamminai per i corridoi con la salivazione azzerata e il freddo a entrarmi fin dentro le ossa.
Sarei rimasto da solo.
Solo.
Sorrisi tristemente e guardai la luna che sbucava da una finestra.
In fondo sapevo che non poteva durare…
Io non ero il principe azzurro e non avremmo vissuto per sempre felici e contenti. Questa era la vita vera e dopo la lite di ieri sera aveva deciso di fare i bagagli e fuggire via da me. Ero troppo asfissiante, la soffocavo, le toglievo l’aria ed ero troppo geloso. Ma era perché la amavo più di me stesso: avrei accettato la dannazione eterna per poterle stare solo vicino.
Mi asciugai gli occhi e cercai in tutti i modi di non crollare proprio in quel momento.
Andai nello studio e firmai alcuni fogli per poi, con rassegnazione quasi stoica, sospirare, deglutire e tornare davanti a quella stanza.
Aspettavo che lei uscisse.
Desideravo almeno salutare mia figlia. La mia bambina, la mia luce, colei che aveva i miei stessi occhi, sebbene i suoi fossero più vivi innocenti e focosi.
Loro erano tutto quello che avevo: soldi, terra, abitazioni…
Quello non era niente senza di loro.
Lei era Elena. La mia Elena, io avevo fatto di tutto per renderla felice e sì: avrei rinunciato a lei se questo era quello che voleva.
La malinconia si stava prendendo gioco di me, mi sentivo come un guscio vuoto.
Sentii un vagito della bambina e mi venne da piangere sentendo Elena che le cantava una ninna nanna.
Strinsi i denti fino a sentire dolore ai molari.
Non sarei mai stato così egoista e spregevole da toglierla a lei. Lei era la madre.
Elena si meritava il meglio e Delena era la miglior cosa che io avessi mai fatto.
Solo.
Mi avrebbero lasciato da solo.
Questa volta sarei morto senza se e senza ma.
Avevo voglia di urlare per impedirle di fare quello che stava facendo ma non si può costringere una persona ad amare, lo avevo capito a mie spese.
Sentii la porta aprirsi scricchiolando quando la vidi uscire a lume di candela.
Ebbi un fremito.

ᴥᴥᴥ


<< Damon… che ci fai qui ? >> era sorpresa e insieme preoccupata.
Guardai a terra: era preoccupata della mia reazione, certo.
Le labbra, le mani e le gambe mi tremavano: non ce la facevo a sopportare tutto quello.
La guardai come si guarda la vita stessa: aveva il cappotto in mano e la borsa nell’altra. Probabilmente doveva portare via i bagagli prima di prendere la bambina. Forse fuori dalla nostra villa c’era un calesse già carico. Mi sentii mancare.
<< Damon ? >>
Le guardai in quegli occhi così splendenti e desiderai essere polvere in quel momento per poterle entrare in tasca e stare sempre con lei.
Dovevo farle cambiare idea ? No.
Aveva deciso, sarebbe stato sciocco.
Glielo avevo detto: quando vuoi puoi andartene.
Ora, sebbene io non fossi pronto, era semplicemente arrivata quell’ora.
Io non meritavo lei e i suoi occhi di fiamma.
Io non meritavo quella meravigliosa bambina con la testolina castana.
Io non meritavo loro.
Non meritavo tale felicità e tutto quell’amore.
Deglutii e dissi tutto d’un fiato con un barlume ancora di dignità: << Tieni, potrebbero servirti. >>
Lei li prese guardandomi male e aprì il blocchetto:
 << Assegni in bianco firmati da te ? >> mi guardò storto, aggrottando le sopracciglia e scuotendo il capo in modo interdetto.
Era l’unica cosa che potessi fare.
Le sorrisi in un modo tanto triste da inondarmi gli occhi di lacrime, senza permettere a queste di scendere.
<< Non sono in cambio di Delena, - non la vedevo - non ti preoccupare, non oserei. – osservai il muro - Se a te o alla piccola servisse qualcosa, vorrei che li usassi. Solo una cosa ti chiedo: - la guardai - permettimi almeno di salutare …>> le parole mi morirono in gola.
<< Damon…no … >> disse scuotendo la testa.
Quel "no" mi scavò il cuore: perché no ? Io ero suo padre, dannazione !
<< Permettimi di salutare Delena per l’ultima volta, solo questo ti chiedo. E’ mia figlia, Elena…>>
La volevo solo stringere al petto e dirle quanto l’amavo e, al contempo, baciare quella testolina e quelle manine e bearmi di quel dolce odore.
Mentre mi avvicinavo alla porta, lei scosse la testa pensierosa e triste, e mi sentii perduto. Non ero più in grado di aprire una porta.
Guardai Elena e : << Ti prego di dirle, quando sarà grande, che l’ ho amata tanto e che è stata la cosa più bella assieme a te che mi sia mai capitata. Ringrazio Dio ogni giorno per avermi permesso di aver avuto voi per tutto questo tempo. E che … >>
<< Ma che dici ? >>
<< Ti prego fammi finire. >>
Mi toccò la fronte in modo in modo angosciato << La febbre alta ti fa sempre brutti scherzi, Damon. Vieni con me. Andiamo in camera. >>
<< Cosa ? Non vai via da me ? >> ero interdetto.
<< Certo che no.>> mi sorrise raggiante.
Io ancora non capivo: << Non mi porti via Delena ? >>
<< Cosa ? – era scioccata - No ! Mai ! – mi prese le mani - Damon noi ti amiamo: te lo vuoi mettere in testa ? >>
Le lasciai le mani e con tono irritato: << Non mi raccontare balle, lo sai che non le sopporto. >>
<< Ma non sto andando da nessuna parte ! >> sgranò gli occhi un poco divertita.
Mi sentii libero di tornare a respirare e a vivere.
<< Allora perché hai – li indicai - il cappotto e la borsa e stavi preparando le cose della bambina ? >> Ero spaventato a morte.
Mi si accostò al petto : << Sembri così duro ma sei così fragile in verità. >>
Mi abbracciò ed io ispirai l’odore dei suoi capelli e di rimando la strinsi anch’io chiudendo gli occhi. Io non vivevo senza di lei.
<< Io ti amo Elena. >> mi sfuggì così senza pensarci.
<< Lo so da quando mi hai preso in braccio la prima volta.>> mi guardò e mi sorrise con la sua grazie di sempre.
<< Te lo ricordi ? >> ero incuriosito perché si dava il caso che lei stesse dormendo quando io la presi in braccio per la prima volta.
<< Certo, - fece sì con la testa - mi avevi svegliata. Avevamo appena discusso per le attenzioni, del tutto legittime, di Matt e ci eravamo chiariti sdraiati sul divano. >>
Ispirai ed espirai affermando la verità:<< Ma io ti amavo da prima. >>
<< Ed io ti ho amato dopo e adesso. >>
La strini ancora di più e le domandai:<< Perché hai il cappotto ? >>
Non ero del tutto certo che lei non se ne volesse andare via da me.
<< Ero andata con Jenna da Matt perché tu – mi puntò il dito al torace in modo benevolo - mi avevi detto che stavi bene. Fortuna c’era Alaric con te, eh ? >>
<< Da Donovan ? Sei andata da Donovan ? >> quel nome sarebbe stato in grado di ridestarmi dalla morte. Quel piccolo e inutile essere umano…
Lei rise di gusto sentendomi montare dentro un rancore antico.
<< Non essere geloso, lo sai che non ce n’è motivo. Si è sposato da poco e noi stiamo insieme, perché mi devi togliere l’aria così ? Me lo spieghi mio antipatico, scostante, arcigno signor Salvatore? >>
Una frase mia aveva compito in modo davvero positivo :<< Ti tolgo l’aria Elena ? >>
Ero diventato di nuovo un predatore alla ricerca della sua bellissima preda.
<< Già, mi soffochi. >>
Lo disse in un modo che mi fece angosciare.
<< Per davvero ? >> ero preoccupato.
<< Già, ma in modo contorto mi piace. – m guardò dal basso verso l’alto - Mi piaci così come sei.>>
Sorrisi raggiante ammiccandole: avevo bisogno che di tanto in tanto lei mi dimostrasse il suo affetto. Era questa la mia debolezza, oltre a mia figlia.
<< Quello non è togliere aria, questo lo è. >>

La baciai senza remore, freno o inibizioni. Arrivò alla parete e la baciai ancora e ancora fino a quando alzò le gambe sui miei fianchi. I movimenti concitati fecero sì che i suoi e i miei ansimi raggiunsero toni troppo alti da far udire ad una bimba di poco più di un anno.
Dopo avermi baciato il collo, a guancia a guancia mi sospirò all’orecchio: << Damon, la tua pelle brucia ! >>
Ma non mi interessava minimamente di me ...
Mi guardò con quegli occhi infuocati e preoccupati, allora, schiacciandola al muro con poca delicatezza, ma senza farle alcuna paura, le chiesi ansiosamente:
<< Perché stavi preparando i vestiti della piccola ? >> avevo il terrore che quel sogno fosse reale.
<< Allora dici sul serio ! – fece scendere le gambe, arrabbiandosi e spostandosi da me - Domani volevamo andare in barca, ricordi ? Stavo semplicemente preparando le cose. Ma lo dobbiamo spostare guarda come stai. >>
Mi guardò ed io annuii con convinzione:
<< Oh, si certo è vero. >> mentii spudoratamente. Non ricordavo proprio niente.
<< Sai fingere bene ma io non ci casco. Perché volevamo andare in barca ? >>
<< Oh, Elena – allargai le braccia - abbi pietà ho la febbre.>>
<< Perché ? >> mi si avvicinò ancora.
<< Perché …. Perché …... non lo so.>> ammisi candidamente.
<< E’ il compleanno di Jenna. E stavo preparando le cose della bambina così che domani non mi avresti messo fretta. >>
<< Ma io non ti metto mai fretta. >> mi guardò male.
<< Ok, sì, qualche volta. >>
Mi guardò davvero molto furiosa:<< Hai pensato davvero che potessi prendere la bambina e andarmene via ? >>
<< Beh io scapperei da me. >>
<< Io no. >>
<< Ma tu sei Elena, sei buona per definizione.>>
Sorrise ammiccando.
<< Vieni in camera da letto e ti faccio vedere io quanto posso essere cattiva. >>
<< Oh signora Salvatore, mi tenta. >>
<< Una volta hai detto che il diavolo doveva avere le fattezze di una Petrova, quindi …. >>
<< Tu come fai a saperlo ? Mi leggi nella mente ? >>
<< No. Sei tu che deliri quando hai la febbre alta. >>
<< Aspetta, devo vedere Delena.>>
Andai nella stanza e le accarezzai la guancia candida mentre Elena ci vegliava sulla porta.

ᴥᴥᴥ

La mattina seguente.

<< Tu sei la mia febbre. >> la baciai e poi cercai di lasciare quella stanza perché sapevo che verso quell’ora si sarebbe svegliata Delena, ma prima di uscire dalla porta...
<< Gli uomini e un po’ di febbre…. Ah… >> mi fermai ad ascoltarla, voltandomi a guardarla mentre giocava con le coperte del nostro letto disfatto in modo barbaro.
<< Cosa vorresti dire, Elena ? >> io mi avvicinai a lei in tono molto arrogante e lei si tirò il lenzuolo fino a coprirsi la bocca ma facendo fuoriuscire languidamente la gamba nuda coperta dalla camicia da notte fino più su di metà coscia. Sapeva farmi morire con semplici gesti.
Abbassò la coperta e poi: << Siete dei pappamolla. >> semplice e concisa, riportandosela alla bocca ridendo.
M’ irrigidii e cacciai il mio ghigno migliore assottigliando gli occhi, avvicinandomi, e disponendomi sopra di lei con cipiglio animale.
<< Ripetilo, se hai coraggio. >> mentre la circuivo in modo per nulla casto, arrochendo il tono di voce.
Rise ed io le accarezzai la gamba scoperta che mise subito sulla mia schiena,avvicinandomi a lei, e affermando di nuovo a un soffio delle nostre bocche: << Pappamolla >>
Oh quello era davvero troppo: con una mano presi la sua testa e le avvicinai la bocca leccandogliela in modo seducente per poi, senza baciarla, scendere sul suo decolté, in tanto che con l’altra mano le accarezzavo la natica. Non ero del tutto guarito dalla febbre, però sentendo vagamente Delena piangere ci portammo entrambi sull’attenti.
Sarebbe accorsa Bonnie o Jenna ma ci volevo andare io.
Baciai Elena e ci alzammo entrambi da quell’alcova di piaceri.
<< Ora vado io, intanto vieni qua e dammi un bacio. >> la tirai a me con prepotenza.
<< Fai piano che poi ti gira la testa ed io non ce la faccio a tenerti.>> mi accarezzò il collo, sfottendomi.
<< Ah ! - la guardai sbalordito - Ora mi dai anche del grasso ? >>
<< Mai detto cosa del genere: - rise - assomigli a una statua. >>
<< Grazie ! – la baciai ancora - Anche tu non scherzi mia splendida Elena. Sei perfetta. >>
Le accarezzai i capelli e le baciai candidamente la guancia massaggiandole la schiena. Era la mia vita.
Sentimmo piangere maggiormente la piccola e perciò mi dileguai per andare da lei.

ᴥᴥᴥ


Quando aprii la porta, vidi Elena che si era alzata la camicia da notte rimanendo in intimo e si scrutava allo specchio le gambe e l’addome, in modo pensieroso, passando poi al petto delicato che mi piaceva tanto. Quella visione mi fece davvero molto piacere e quindi me la gustai.
Delena, tuttavia, non era del mio stesso avviso e facendo un po’ di baccano, Elena si accorse di noi e si ricompose dicendo un vezzeggiativo alla bimba, avvicinandosi a lei, mentre io la poggiavo delicatamente sul grande letto.
<< Che c’è ? – guardai Elena - Hai notato una bollicina ? >>
<< No, è che pensavo che mi dovrei mettere a dieta.>>
Alzai un sopracciglio mentre lei sfiorava le mani della piccola, mettendosi sul materasso.
<< Che cosa ? >> ero infuriato, arrabbiato e davvero inorridito.
<< Non se ne parla. E cosa dovresti dimagrire, sentiamo.>> ero incollerito.
Lei mi guardò e: << Magari niente dolci.>>
Che cosa ? Voleva la mia morte ?
<< Senti Elena: se hai qualche etto in più, è tutta salute e non osare rinunciare a niente. Ti ho vista diventare pelle e ossa … Dimagrire ? Che sciocchezza ! Io, comunque per inciso, non te lo permetterei.>> mi avvicinai sul letto.
<< Non mi permetti ? Ho capito bene ? >> lei si era messa a sedere.
<< Benissimo. >> mentre guardavo Delena che farfugliava guardandoci sdraiata mentre con le manine cercava di prendersi i piedini cicciottelli.
<< Oh – lei si spostò allontanandomi anche dalla bambina – e allora io non ti permetto di avvicinarti a me, mio caro Don Giovanni da quattro soldi ! >>
Avvicinai la mia bebè prendendole una mano : << Hai sentito Delena ? – guardai Elena di sfuggita- La mamma non mi vuole. >> mi portai seduto anch’io.
Aprii le braccia nella sua direzione: << Tu vieni da papà ? >> le chiesi mentre la vedevo sbattere le palpebre con quei suoi occhi di un celeste fuoco così raro da essere unico.
La piccola aprì le braccia paffute, dandomi retta e guardandomi muovendo le labbra, la presi e la strinsi al mio petto sorridendo mentre inalavo ancora il suo dolce odore di latte.
Le piaceva stare in braccio al suo papà e io ne ero orgoglioso.
<< Tale padre tale figlia ! >> disse incredula la madre, mentre io ridevo soddisfatto.
Mi alzai e con Delena tra le braccia mi avvinai da Elena che non era arrabbiata, ovviamente, e le porsi sua figlia che baciò sulla fronte chiudendo gli occhi, dandole l’amore che solo una madre premurosa sa dare a sua figlia.
Entrambi giocammo con la bambina.

Dopo diedi Delena a Jenna per farla mangiare e riportai l’attenzione su Elena.
C’era qualcosa che non andava per questo, avevo preferito che Jenna si prendesse cura della piccola.

<< Mi trovi ancora attraente ? >> chiese spostandosi i capelli dietro un’orecchia e sviando lo sguardo da me, mentre si metteva la vestaglia.
<< Ma che ti è preso oggi ? – risi - Hai la febbre pure tu ? Forse te l’ho attaccata. >>
Lei mi guardò e capii che non stava affatto scherzando e perciò mi preoccupai.
Mi avvicinai a lei e decisi di farle capire cosa pensavo:
<< Forse non mi ascolti quando parlo: sei la perfezione assoluta, Elena.>>
<< Uhm anche con le smagliature ? Dimmi la verità …>>
<< Che sono ? E dove le hai ? >>
Mi fece vedere delle striscioline sulle gambe e sulla pancia.
Io non me ne ero accorto, tanto per fare una cosa nuova, e quindi angosciato:
<< Ti fanno male ? >> ero in ansia toccandogliele.
Lei rise di cuore: << No, non mi fanno male, è solo la pelle che dopo il parto non si è stesa bene.>>
Ripresi vita.
Sì, decisi: oggi voleva farmi morire.
<< E che cosa rovinerebbero della tua bellezza per non essere più attraente ? Non capisco, neppure si vedono a occhio nudo.>>
<< Beh... noi donne ci facciamo caso. >>
Lei era Elena, punto e basta.
<< Va bene, allora ti faccio vedere come le interpreto io. >>
<< Che vuoi fare ? >>
Le alzai la camicia da notte e lentamente gliele baciai seducentemente una per una, intanto che lei rideva di gusto e mi accarezzava la testa e le spalle.
Poco dopo: << Davvero non ti danno fastidio ? >>
Sospirai e ammisi con un certo sarcasmo, spostadomi e mettendomi con il capo poggiato sulle sue gambe, gaurdandola:
 << Effettivamente avevo pensato di lasciarti per quelle minuscole e insignificanti smagliature che non avevo neppure visto, in fondo sei solo la mia luce nell’oscurità, la mia vita e la donna che amo e che desidero. Ma che vuoi che importi tutto ciò contro quelle piccole imperfezioni cutanee ?- feci una smorfia -  Meglio buttarti via ! >>
Lei mi sorrise, per poi io continuare: << Non capisco come tu faccia a stare ancora con me, in verità: sono vecchio, scorbutico, possessivo e cattivo ! >>
La guardai e lei mi accarezzò i capelli, facendomi sentire completo solo a quel semplice tocco.
<< Ma lo sai ? Mi hai aperto gli occhi ! Non avevo idea che fossi anche possessivo. >> si portò una mano alla bocca per ridere.
Poi terminò con: << Voglio te con tutti i tuoi pregi e difetti, sognor Salvatore. >>
<< Tu sei il mio angelo, Elena. >>


ᴥᴥᴥ


Ormai sera, ci trovavamo tutti e tre nella nostra camera da letto.
Io mi stavo sciogliendo la cravatta mente Elena, facendo delle boccacce alla bambina, cercava di liberarsi i capelli dai vari fermagli.
Guardavo quelle creature luminose dallo specchio e m' incantavo.
Elena indossava un vestito sui toni del lilla e viola scuro, impreziosito sul busto da una fitta rete di piccole perle, mentre Delena aveva un abito rosso con un ciuffetto sul capo.
Io ero appena ritornato dal porto, Elena dal' orfanotrofio e tra poco saremmo dovuti andare a cena.

Tutto ad un tratto: << Lei preferisce te. >> 
<< Ma che dici ? - mi voltai dallo specchio incrociando i suoi occhi nocciola - Non è possibile. >>
<< E’ uguale a te, Damon.>>
Ribatteva lei avvicinandosi a baciare la piccola, oramai con i capelli sciolti.
<< Ma non è vero ! >> mi avvicinai a loro, attratto da versi di mia figlia.
<< Mi spieghi qual è il problema se è simile a te ? E’ tua figlia è normale che ti assomigli.>>
<< Elena io voglio che lei sia il più possibile simile a te ! >>
La bambina mi afferrò un dito stringendolo nella sua piccola mano.
<< Sì ? Beh in tal caso: lei ti ama alla follia. >>
Ma quanto poteva essere testarda Elena ?
<< Uh quindi sarei in lotta tra due donne. >> presi Delena e la feci volare in aria e lei rise di gusto.
Elena si aggiustò l'abito e poi:
<< Ci scommetto: la prima parola che dirà sarà papà. >>
Guardai quella birbante e provai a farle dire quello che volevo: << Delena dì mam – ma, mam-ma. >>
Emise dei versi non bene identificabili e sia io che Elena ridemmo felici, per poi sentirla dire:
<< Pa-pà... >>
<< Nooo ! Delena devi dire mam- ma ! >> dissi tra l' essere dispiaciuto e l' orgoglioso, intanto che Elena rideva di gusto per nulla infastidita.
<< Ma non fa niente ! Damon, rilassati ! >>
Quella bambina aveva ereditato il mio essere bastiancotrario.
Ma poi proseguii sereno capendo la verità nascosta:
<< Beh se lei è simile a me: ama te più di qualunque cosa al mondo ! >>
<< Oh, in un modo o in un altro, devi vincere sempre tu ! >>
Scoppiammo tutti e due a ridere, mentre Delena ripeteva, portandosi un pugnetto in bocca: << Papà, pappà, pappààà... >>

Ero davvero il più fortunato figlio di puttana di tutto il creato !





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