A Fragment Of You

di SusanTheGentle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Un frammento di te ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Un attimo che dura per sempre ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Chi sei? ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Quando ti ho guardato ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Un bacio all'alba ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Essere liberi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: La certezza di aversi ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Il momento dell'addio ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Per ricominciare ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Solitudine ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. Il primo giorno di una nuova vita ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: Figlio di un Re ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13: Che la storia finisca così ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Un frammento di te ***


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1. Un frammento di te


Il treno corre, ma io rimango ferma, lo sguardo rivolto alle mie spalle.
E’ come se mi fossi addormentata. Come se mi fossi fermata tuttavia continuando ad avanzare. E’ una strada accidentata, sulla quale procedo a tentoni in un mondo che non è più il mio. Verso una vita che non desidero, cercando di convincermi che è quello che voglio.
Ho spento il mio sorriso, sono uscita dal sogno e sono entrata nella realtà del mio mondo. Ma questa realtà è un incubo.
Ho chiuso i miei sogni in un cassetto. Rimarrà chiuso per sempre, conservandoli gelosamente. Nessuno potrà mai aprirlo, nemmeno io, perché solo tu avevi la chiave.

Chi ha detto che bisogna crescere e smettere di sognare?
Chi ha detto che i sogni non sono il riflesso della nostra vita?
Chi ha detto che un sogno non si può avverare?
Perché non ho potuto sognare insieme a te? 
Ti donai il mio cuore, per questo non ne possiedo più uno.
Ti ho donato le mie labbra; nessuno mai le aveva sfiorate prima.
Il mio primo bacio l’ho dato a te.
Il mio cuore batteva così forte solo per te.

Eri l’unico.
Eri l’unica cosa bella.
L’unico che mi faceva sentire veramente viva.
L’unico  a cui mi sono donata totalmente.
L’unico che mi ha conosciuta per quella che sono realmente, che ha accettato tutto di me, che sapeva vedere oltre il mio viso.
Tu vedevi il mio cuore.
E se c’è anche un solo momento per cui vale la pena vivere…è questo.
L’unico momento che non dimenticherò mai.
L’unico che sognerò la notte e al mattino sarà un ricordo sbiadito, perché di te non saprò nulla.
Rimango sveglia a volte, nel buio, a pensare a qualcosa che ho sognato, ma non rammento.
Sulle mie labbra un sapore che conosco ma al quale non so dare un nome, né un volto.
Un ricordo…

Si può vivere senza ricordi?
Io ci devo riuscire.
Devo cancellare tutto adesso.
Ho deciso che per me sarai come un’immagine della mia infanzia, e se penserò a te sarà solo per sorridere e ripensare ai giochi che facevo da bambina.
Per me non sarai reale.
Lasciarti mi ha distrutto e lentamente sono morta.
Ho cambiato vita, persino città e paese. Sono fuggita perché casa mia, in qualche modo, mi ricordava te.
Perché era accanto a persone che non avevano dimenticato – che non ti avevano dimenticato – e invece io volevo farlo.
Perché ero invidiosa dei miei fratelli: perché Edmund e Lucy presto torneranno e ti rivedranno. E quando ritorneranno qui, io non vorrò sapere nulla, o non avrò la forza per andare avanti.

Non si può vivere senza ricordi, ma nemmeno solo di ricordi.
Allora perché, se sono così convinta di voler vivere in questo modo, se sono sicura di potercela fare, se sono assolutamente certa che ti dimenticherò, perché non ci riesco?
Sto impazzendo…
Sappi però che non mi pentirò mai di averti conosciuto, né di quei pochi attimi di felicità vissuti insieme a te.
Perdonami per averti lasciato andare.
Non ho avuto scelta.
Perdonami.
Io ti amavo davvero, ma non voglio ricordare.
Di te vorrò sempre e solo il ricordo di quel principe dolce e un po’ impacciato, ma anche così forte e coraggioso.
Vorrei poterti vedere ancora correre a salvarmi.

Un anno… Da quel giorno è passato un anno. Eppure ti ricordo ancora.
Il mio è stato un lungo sonno dove non accadeva nulla, non si muoveva nulla. Tutto continuava, andava avanti, ma io ero immobile e prigioniera del passato che mi sono tanto sforzata di cancellare.
Non sarò mai veramente, totalmente libera.

E poi, un giorno, all’improvviso, sono tornata a vivere.
Un frammento di te si è mosso dentro di me.
Vive, respira, cresce.
E ha il tuo nome.
Caspian.









Continua, cari lettori! ^^
Bentrovati in questa nuova short-fic. In attesa del nuovo capitolo di Night&Day, e di altre due nuove storie alle quali sto lavorando, vi regalo questa!
E' una delle numerose versioni del ricongiungimento dei due innamorati pensate da me, sempre ambientata tra la fine de Il Principe Caspian, e il Viaggio del Veliero. Ma stavolta ci sarà qualcosa di diverso!
Spero che vi piaccia! Si vedranno soprattutto i Suspian, per gli altri personaggi ci sarà meno spazio, anche perchè sara una storia di 10 capitoli al massimo. Così avrete qualcos'altro da leggere oltre a Night&Day, contenti? ;)
Bene, lascio a voi il giudizio finale.
Baci, Susan♥

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Un attimo che dura per sempre ***


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2.Un attimo che dura per sempre
 
 
La prima volta che ti ho vista, il mio cuore si è fermato. E quando ha ricominciato a battere l’ha fatto solo per te.
La splendida fanciulla apparsa davanti ai miei occhi era come un fiore appena sbocciato che ancora non si rende conto di quanta bellezza racchiuda in sé.
Le sue guance candide si tingono del colore delle rose, lo stesso colore delle sue labbra, che s’incurvano in un timido sorriso mentre distoglie lo sguardo dal mio.
Te lo ricordi?
Era il giorno del nostro incontro.
In un attimo, mi sono innamorato di te.
Un attimo che dura per sempre.
 
“Sono il Principe Caspian. E voi siete…”
“Susan la Dolce. Ma per voi solo Susan”
Ti conoscevo già ma mi presentai ugualmente, perché tu non conoscevi me.
O forse, fu una scusa per poterti parlare.
Averti accanto a me ogni giorno mi fece capire che i tuoi ritratti avevano soltanto immortalato il tuo volto, non la tua essenza.
Tu non sei solo bella. Non sei solo un volto.
Tu sei un cuore, un’anima.
Sei dolcezza e passione, forza e fragilità.
Tutto questo sei tu, Susan. Mia dolce e meravigliosa Regina.
 
Da quel momento non ho fatto altro che pensare a te.
Ogni attimo è stato come una dolcissima tortura.  
Non ho osato sperare in un noi. Non all’inizio almeno.
Poi, tu mi hai dato una speranza per credere che quel noi potesse esistere.
Dopo quella notte, credevo che sarebbe stato per sempre.
Ma non ci hanno concesso abbastanza tempo.
 
Dove sei adesso? Che cosa stai facendo? A che cosa stai pensando?
Pensi a me, qualche volta?
Io penso a te continuamente, ogni notte, ogni giorno, ogni minuto.
Ma questo non basta ancora per farti tornare da me.
Perché tu non tornerai mai, e mai è il contrario di per sempre.
Forse non avremmo dovuto, ma entrambi lo volevamo.
Volevamo amarci.
Quella notte non c’importava di niente, solo di noi. La notte in cui abbiamo scoperto cosa eravamo l’uno per l’altra, consapevoli del poco tempo che ci rimaneva.
Nascosti laggiù, nascosti al mondo.
Fuggiti come ladri dopo aver condiviso il paradiso, ognuno per la sua via come nulla fosse accaduto, perché nessuno doveva sapere.
Ma noi sapevamo, e questo era sufficiente.

Non posso rinunciare a questo. Non potevo all’ora e non lo farò nemmeno adesso.
Rinunciare a tutto, ma non a te.
O rinunciare a tutto per te.
Lo farei, ma non posso.
Ho una responsabilità, ho un mondo intero da guarire da ferite inferte dal mio stesso popolo.
Scioccamente, mi sto impegnando anche per te. Per poterti mostrare una nuova Narnia quando tornerai.
 
Mi sei apparsa davanti come un angelo appena sceso dal cielo, per venire sulla terra, per venire ad incontrare me. Sei svanita come un miraggio, come un’ombra rischiarata dal sole che infine si è dissolta.
Ho sempre creduto che gli angeli fossero biondi, non so perché.
Che pensiero sciocco...
Dopotutto, nessun mortale può vedere un angelo e sopravvivere. Per questo, il giorno in cui te ne sei andata ho creduto di morire.
Continuo a fissare quell’albero, dentro il quale sei sparita. Il tronco aperto, a mostrare una porzione del passaggio retrostante.
Forse mi sono immaginato tutto.
 
Certe volte, perdo ogni speranza.
Fermo e immobile ad aspettare il nulla.
Ad aspettare te.
Perché ancora mi illudo che ritornerai.
Perché mi rifiuto di credere che non sarà così.
Non ti incolpo di nulla, voglio che tu sappia questo.
Non potevamo fare niente per impedire che le cose andassero diversamente, e il nostro amore non era ancora abbastanza forte per abbattere le barriere che ci impedivano di stare insieme.
Non abbiamo avuto il tempo per farlo crescere.
Ma il mio amore per te si risveglia ogni mattino quando apro gli occhi, davanti a me l’immagine di te che svanisce e mi sorride, come a dirmi che ci rivedremo quella stessa notte nei miei sogni.
Da qualche parte, in qualche modo, spero che tu non mi abbia dimenticato, e che come me coltivi questo sentimento, facendolo crescere, così che possa divenire sempre più forte e permetterci di rivederci. E di certo, quando quel momento arriverà, anche noi saremo più forti.
 
E chissà, forse un giorno, quando sarò vecchio e stanco di questa vita, riuscirò a raggiungerti e allora potremo stare insieme.
Per ora, sappi che ti amo.
Ancora.
Sempre.








Eccoci al secondo capitolo!!!
Stavolta è dal punto di vista di Caspian, che come Susan
esterma i propri sentimenti presenti e ricorda  ciò che è stato tra loro nel passato.
Ho strutturato questi due primi capitoli come una sorta di lettera, scritta in prima persona, ma dalla prossima volta sarò
come al solito io a narrare le loro vicende.
Faremo un salto indietro di qualche tempo a vedere come i nostri Suspian si sono rivelati il reciproco amore. Quindi, saremo ai tempi del Principe Caspian, più o meno verso la fine.

Ringrazio:

battle_wound, Joy_10, lucymstuartbarnes, Scentedbalckink e Shadowfax che hanno recensito il primo capitolo
Chi l’ha inserita nelle preferite:
aleboh, Shadowfax, Zouzoufan7
E chi nelle seguite:  ChibiRoby , Expecto_Patronus, Francy 98, Fra_STSF, Joy_10 e Shadowfax 

A presto cari lettori, e come sempre grazie di tutto!!!
Baci, Susan♥

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Chi sei? ***


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3. Chi sei?


Il primo giorno da Regina, fu per Susan come rispolverare un vecchio libro di fiabe e vederci la propria immagine in copertina, il proprio nome scritto sopra.
Dimenticare casa non sembrò difficile. Fu quasi come se la sua vita non fosse mai esistita, come se fosse nata il giorno in cui il signor Tumnus posò sul suo capo la corona dorata fregiata di foglie e fiori, mentre Aslan la incoronò nel nome dello Splendente Sole del Sud: la Regina Susan, La Dolce.
Fu una favola, un sogno, un’avventura durata ben quindici anni.
Era felice. Non serena, felice.
Ma qualcosa le mancò durante quel tempo.
L’amore.
Non si poteva certo dire che l’occasione non si fosse presentata. Di spasimanti ne aveva avuti parecchi, alcuni più discreti, altri più spudorati. Susan era sempre stata cortese con tutti loro, accettando regali e inviti, senza però alimentare le loro speranze.
Nonostante questo, un paio di aitanti cavalieri si erano recati davanti a suo fratello, il Re Supremo Peter, a chiedere la sua mano. Proposta che Susan aveva però rifiutato, ma sempre con molto tatto e gentilezza.
La verità, era che nessuno di quei giovanotti le aveva fatto battere forte il cuore, o fatto sentire le farfalle nello stomaco.
“Se il problema è che vuoi un fidanzato” le diceva Lucy, “ne puoi avere a bizzeffe! Devi solo scegliere”
“Non è questo, Lu. E’ che nessuno di loro suscita davvero il mio interesse. Sono tutti molto coraggiosi, affascinanti anche, e sì, qualcuno di bello ce né, ma non è un volto che cerco. E’ un cuore che riesca a battere all’unisono con il mio”
Lucy non aveva compreso a fondo quelle parole. Benché ormai adulta e avesse a sua volta stole di ammiratori, la Valorosa non si interessava a certe cose, ed era quella che meno di tutti i Pevensie aveva pensato al matrimonio.
“Non troverò mai l’uomo per me” pensava un’affranta Susan, affacciata al balcone della sua stanza a Cair Paravel.
Ma la Dolce Regina di Narnia non sapeva che, per lei, innamorarsi era ancora troppo presto. Sarebbero dovute trascorre molte epoche a Narnia prima che la sua anima gemella apparisse su quella terra.
Poi, il giorno della caccia al cervo bianco, quando riattraversarono l’armadio guardaroba, Susan pensò che tutto fosse finito.
Non solo l’essere Regina di un mondo incantato, ma tutto. La totale essenza della quale la vita- la sua vita- era costituita. Quelle piccole o grandi cose di cui è fatta.
A differenza delle reazioni di Lucy, di Peter e di Edmund, Susan non pianse, non cercò una soluzione per tornare, non si arrabbiò. Rimase invece in silenzio, dapprima a fissare smarrita le ante aperte del grande armadio che ora mostrava solo cappotti; in seguito, seduta sul divano del salotto del professor Kirke, a capire il perché Aslan li avesse chiamati a Narnia per poi rimandarli indietro.
A cosa era servito combattere per riportare la pace, se poi avevano abbandonato il popolo e il mondo a cui l’avevano ridonata? E perché iniziare una vita laggiù, se poi doveva ricominciare a imparare a vivere sulla Terra?
Che senso aveva avuto tutto questo?
Era inutile provare a cercare una risposta: mille erano le domande che si poneva, e milioni erano le possibili risposte.
Inutile era anche cercare di non parlarne, dato che gli altri lo facevano in continuazione.
All’inizio, Susan partecipava a queste conversazioni solo con la propria presenza nella stanza, restandosene in un angolo a far finta di leggere un libro, in apparente concentrazione su quelle pagine quando invece pendeva da ogni parola pronunciata da Peter, Ed e Lu.
Narnia era nel suo cuore e non poté negare a lungo questa realtà.
Piano piano, iniziò a riunirsi ai discori, a sorridere apertamente mentre ricordavano aneddoti della loro vita laggiù.
Lucy e Peter erano i più fiduciosi: sarebbero tornati. Lei e Edmund, invece, si scambiavano sguardi poco convinti, con meno speranze degli altri due.
Tutto sommato, però, sognare non costa nulla, si diceva Susan.
Lei era sempre stata una ragazza piuttosto realista, non troppo razionale ma nemmeno sognatrice ai livelli di sua sorella.
Eppure, a sedici anni compiuti - anche se aveva iniziato ad avere interessi prettamente femminili, a curare maggiormente il suo aspetto e a uscire con le amiche di scuola - le piacevano ancora le favole. Forse un pò se ne vergognava, ma la rallegrava leggerle e fantasticarci un po’ su.
E non aveva smesso nemmeno di inventare storie fantastiche insieme ai fratelli, né a giocare a palle di neve in inverno, o fare gare di nuoto al mare in estate, talvolta immaginando -nel suo intimo- di stare ancora nuotando tra le onde dell’Oceano Orientale che lambivano le rive di Cair Paravel.
Faceva sempre un bagno all’alba quand’era la Regina Dolce.
Ma lei non era più la Regina Dolce, era solo Susan.
Però, Aslan aveva detto che quando si è Re o Regine di Narnia, si è sempre Re o Regina.
Intendeva forse che Susan Pevensie rimaneva sempre e comunque Susan la Dolce? Anche sulla Terra? Anche nell’anonima cittadina di Finchley?
Aslan…Ormai era tempo che li richiamasse, o no?
Peter disse una frase molto simile la mattina in cui, tutti e quattro, posarono di nuovo piede su quella spiaggia immaginata da Susan, accanto alle rovine del loro vecchio castello.
“Rovine?” aveva pensato lei, nel momento in cui Edmund aveva osservato la scogliera davanti a loro e aveva fatto notare a tutti che su di essa si ergeva un antico castello diroccato.
Era proprio Cair Paravel.
Narnia…la sua Narnia… che cosa mai era successo?
Era stata così felice di ritornare, tanto da aver dimenticato in fretta tutto il rancore che aveva covato per…per cosa? Per chi?
Oh, non aveva più importanza, ormai era lì. E ci sarebbe rimasta.
Ma rendersi conto di quanto tempo fosse passato fu per tutti un colpo fortissimo.
Susan provò una stretta al cuore quando vide i dolci occhioni azzurri di Lucy riempirsi di lacrime, mentre la sorellina si rendeva conto che il suo migliore amico, il Signor Tumnus, non c’era più.
Milletrecento anni: ecco il tempo trascorso a Narnia da quando l’avevano lasciata.
Fu il Nano Briscola a spiegar loro tutta la storia.
I ragazzi lo salvarono mentre stava per venir gettato in acqua da due uomini in armatura, due soldati.
Ma soldati al sevizio di chi? Da dove venivano?
“Abitanti di Telmar? A Narnia?” aveva chiesto un incredulo Edmund, quando Briscola aveva iniziato a raccontare come stavano le cose.
Telmar era una terra dell’ovest, separata da Narnia dai Monti d’Occidente. Era stata colonizzata pochi anni prima che Susan e i suoi fratelli riattraversassero l’armadio. A quanto pareva, poco dopo la scomparsa dei Re e delle Regine, Telmar aveva invaso Narnia.
Per molti secoli - spiegò Briscola- le creature magiche erano state costrette a nascondersi, molte uccise brutalmente dagli antenati dell’attuale Principe Caspian X.
“Chi è Caspian?” chiese Susan, molto incuriosita, in un qualche modo inspiegabile attratta da quel nome.
“Grazie ad Aslan, lui è diverso da tutti quelli del suo sangue” disse Briscola con fierezza, come se dipendesse da lui. “E’ un giovane di cuore, lealtà, coraggio e nobiltà d’animo. L’unico vero e degno Sovrano di questa terra. A differenza dei suoi antenati, tiene davvero a Narnia e ai suoi Veri abitanti. In realtà non è ancora Re, ma se Aslan lo vorrà lo sarà presto. E’ stato lui a suonare il vostro corno, Regina Susan, per chiamarvi in suo aiuto.”
E di nuovo, il nano si era tuffato nella narrazione.
Poco dopo, eccoli pronti a partire per andare in aiuto di Caspian, legittimo Sovrano di Narnia.
Seguendo Briscola lungo la strada che li avrebbe condotti dal Principe, i ragazzi ebbero però la sensazione di non riconoscere quella nuova Narnia per quella che era stata la loro Narnia.
Era tutto così cambiato…
Dov’erano gli alberi danzanti? Dov’erano le creature magiche? Gli animali parlanti?
Dov’era Aslan? Perché non aveva impedito tutto questo?, si chiedeva Susan, mentre cercava di prendere sonno, sdraiata sul prato a fissare il cielo stellato, accanto a Lucy.
La sorellina aveva affermato con sicurezza di aver visto il Leone quel giorno stesso, mentre stavano cercando di attraversare una profonda gola. Ma Susan e gli altri non avevano veduto proprio un bel niente.
Improvvisamente, con grande sgomento, la ragazza si rese conto di non riuscire più a credere in Narnia e in Aslan come in passato.
No, doveva credere! Doveva farlo. Doveva aver fiducia che Aslan li avrebbe guidati anche in quella prova, che li avrebbe aiutati a salvare Narnia, e poi…
Già.... Erano tornati per combattere, e poi?
E poi torneremo a casa, si disse la fanciulla con malinconia.
Un’altra volta.
Narnia era un sogno, eppure lei e i fratelli erano lì a rischiare tutto per quel mondo, perché ognuno di loro aveva qualcosa che li spingeva a farlo: Lucy aveva la sua fede; Edmund aveva il senso di giustizia; Peter aveva la responsabilità di essere non solo Re, ma Re Supremo. E lei…
Lei che motivazione aveva per essere ancora lì?
Ma era logico: l’amore per Narnia.
Sì, la sua ragione era questa: l’amore.



***


Caspian aveva appena dieci anni quando suo padre morì.
Finché non sopraggiunse la sera e i servitori non lo trovarono completamente zuppo fino al midollo, restò sotto la pioggia a fissare la sontuosa lapide di Re Caspian IX il Misericordioso, amato Sovrano, fratello, marito, e padre.
Accanto a quella tomba, un’altra in marmo bianco recitava Lady Myra di Telmar, amata Sovrana, moglie e madre.
Sua madre era morta un paio d’anni prima.
Lei era bellissima: aveva capelli neri, fini ma soffici, occhi di una dolce sfumatura nocciola, un sorriso perfetto e un buon profumo di fiori, verbene forse.
Sopra il ticchettio dei grossi goccioloni che gli scendevano lungo il viso, mischiandosi con lacrime silenziose, il piccolo Principe aspettava…
Aspettava di udire la voce della mamma che lo chiamava con quel suo tono dolce e melodioso, quasi che pareva sempre che cantasse.
Aspettava di scorgere dietro le palpebre chiuse la forte luce del sole, e lei che ridacchiava mentre apriva le tende della camera e gli toglieva dal viso il cuscino con il quale lui si era coperto il volto, per schermarsi dal chiarore improvviso.
“E’ troppo presto, mamma! Ancora cinque minuti!” si lamentava Caspian, portandosi le coperte sopra la testa.
“E’ presto per i bambini pigri come te, mio piccolo e adorabile dormiglione, ma non per tutti gli altri giovani del regno. Vergognati, Caspian” lo rimproverava amorevolmente. “Sei il Principe di Narnia, dovresti dare il buon esempio ai ragazzi della tua età”
E poi, quando il viso insonnolito e un po’ imbronciato di del suo unico figlio riappariva dalle lenzuola, la Regina Myra si chinava e gli posava un bacio sulle guance.
“Come pensi di guidare il tuo popolo, quando sarai Re, se resterai a letto tutto il giorno?”
La Regina era sempre stata molto più presente del Re nella vita del Principe, ma ciò non voleva dire che il Re lo amasse di meno.
Caspian sapeva che suo padre gli voleva bene, e il Sovrano era fiero del suo erede.
Ma Re Caspian IX era un uomo di carattere chiuso, sempre molto composto, e non gli era facile esternare i propri sentimenti.
Nonostante questo, appena era possibile, padre e figlio uscivano insieme a cavallo per lunghissime passeggiate. Se si organizzava una battuta di caccia, quando il Principe raggiunse l’età giusta per parteciparvi, il Re non esitava a portarlo con sé.
Caspian adorava suo padre e desiderava ardentemente poter diventare come lui un giorno, anche se dentro di sé covava il dubbio che non ci sarebbe mai riuscito. Pensava che tutto ciò che il Re diceva e faceva fosse giusto, e guai a chi discuteva.
D’altronde, come si poteva competere con un uomo come lui? Caspian IX era valente, di cuore generoso, saldo, giusto, amorevole con la sua gente, soprattutto con i più bisognosi. Sul trono esibiva la sua grande saggezza; in battaglia una tecnica perfetta. Un talento naturale, ereditato da suo figlio.
E dal padre, Caspian ereditò anche il trono, molto prima di quanto avesse immaginato.
Un momento prima, tutti lo chiamavano Altezza e lo trattavano amichevolmente, un secondo dopo s’inchinavano davanti a Sua Maestà, trattandolo come un essere superiore.
“Non voglio essere Re. Non ancora!” gridava nella mente il giovane Principe.
E c’era qualcuno che pareva pensarla come lui: suo zio Miraz, il quale prese il comando del regno in quattro e quattr’otto, affermando che il nipote era ancora troppo giovane e inesperto per poter regnare su Narnia. Inoltre, il testamento di Caspian IX parlava chiaro: finché suo figlio, il Principe Caspian X, non avesse raggiunto la maturità, il trono sarebbe passato a Miraz, unico fratello del defunto Re.
Il testamento, ovviamente, era stato modificato dallo stesso Miraz per accaparrarsi il trono, ma il Gran Consiglio non fece una piega e approvò la soluzione che al momento sembrava la più sensata.
Così, Miraz avrebbe regnato su Narnia come Lord Protettore fino a che il Principe suo nipote non avesse raggiunto i ventuno anni di età.
Caspian poté tirare un breve sospiro di sollievo, libero dal peso della sovranità ancora per qualche anno.
Non era pronto. Forse non lo sarebbe mai stato.
Ma ancora non sapeva che quello che stava iniziando sarebbe stato il periodo più infelice della sua vita.
Miraz non gli era mai piaciuto granché, come non era mai andato a genio alla Regina Myra. Dal canto suo, il ragazzo aveva sempre sospettato che lo zio fosse invidioso del fratello maggiore e del fatto che fosse Re.
Caspian non aveva mai avuto molte occasioni di frequentare né lo zio né sua moglie, poiché i due vivevano dall’altra parte delle Montagne Occidentali, dove Miraz era a capo del baronato di Telmar.
Ma alla morte del Re suo fratello, Miraz e la sua consorte Prunaprismia vennero ad abitare a Narnia.
Non furono mai molto amorevoli con il nipote: non lo trattavano male, ma c’era tanta freddezza tra loro. Miraz cercava per lo più di conquistarsi la benevolenza del ragazzo, poiché era l’unico biglietto da visita per il suo totale e definitivo insediamento sul trono di Narnia.
Miraz sperava che, al raggiungimento dell’età stabilita, Caspian abdicasse al trono per passarlo a lui. Il giovane sembrava abbastanza debole di carattere per rinunciare facilmente.
Per la sua sicurezza –così dicevano gli zii– a Caspian non era permesso uscire dal castello se non accompagnato. Non poteva scendere a giocare con i ragazzi del paese e nemmeno continuare a parlare con la vecchia balia della madre.
La donnina, che aveva cresciuto la Regina Myra e anche lui, era solita raccontare delle magnifiche storie su Narnia. Quelle storie erano, ora più che mai, l’unica cosa che faceva sentire Caspian un po’ più sereno in quel tempo così buio.
Purtroppo però, senza che il Principe ne capisse il perché, la balia fu allontanata dal castello. Al suo posto venne fatto chiamare un precettore, un ometto basso e grassottello di nome Cornelius.
Tra il precettore e il Principe fu subito simpatia
A quel tempo, Caspian aveva quasi dodici anni, e fu allora che iniziò a scoprire la verità su Narnia.
Un giorno, durante una regolare lezione, non si sa come, insegnante e studente si ritrovarono a parlare delle vecchie storie narniane, le stesse della vecchia balia.
“Basta, basta, Vostra Altezza! Non possiamo parlare di queste cose in pieno giorno! Vostro zio mi farà rinchiudere in prigione, o cacciare via, come ha fatto con la vostra balia!”
“Non voglio che ve ne andiate!” implorò Caspian.
“Allora non chiedetemi più nulla sulla Vecchia Narnia. Questo argomento è tabù!”
“Ma perché non se ne può parlare?! E perché mai mio zio dovrebbe rinchiudervi in prigione per aver raccontano delle vecchie leggende? Perché di questo si tratta, no? Solo di storie. E’ così, vero dottore?”
Gli occhi neri del Principe avevano indugiato in quelli del professore. Quest’utlimo però aveva interrotto sia il contatto visivo, sia la conversazione.
“Basta, mio Principe. Torniamo alle nostre lezioni”
Ma non era passato molto che Cornelius cambiò idea.
Caspian era l’unico e vero erede al trono di Narnia, e doveva sapere la verità.
Il professore confidava nel suo istinto- che di solito non sbagliava mai- il quale gli diceva che Caspian X sarebbe stato diverso dai suoi antenati, e avrebbe riportato Narnia all’antico splendore.
Così, il Principe seppe che c’erano davvero creature fatate e animali parlanti nelle foreste a sud. E Aslan, il Gande Leone, non era un’entità astratta inventata da qualche sciocco cantastorie. Il Creatore di Narnia esisteva, era chiamato il Vivente, e un tempo ormai lontanissimo aveva sconfitto la Strega Bianca grazie all’intervento di quattro ragazzi provenienti dall’Altro Mondo. Aslan li chiamò per salvare Narnia. Ragazzi pressappoco dell’età di Caspian, in seguito incoronati Re e Regine a Cair Paravel, il castello del quale ora rimanevo solo le rovine.
Il Principe e Cornelius parlavano di tutte queste cose la notte, sulla torre ovest del castello di Miraz. Certe volte, Caspian entrava nello studio del professore e vi restava pomeriggi interi, sfogliando le pagine di quei libri antichi che raccontavano la vera storia di Narnia. La storia del mondo. Leggeva di nascosto i vecchi tomi che Cornelius gli portava da chissà dove (era certo di non averli mai visti nella biblioteca del castello).
Fu su uno di quei libri che Caspian vide per la prima volta il ritratto di una donna bellissima, la più bella che avesse visto in tutta la vita. Il suo cuore spiccò un balzo e iniziò una folle corsa nel suo petto, tanto che il giovane si chiese cosa mai gli stesse succedendo.
“Chi è?” chiese a Cornelius, quasi senza voce. “Chi è questa donna?”
“La Regina Susan. Susan la Dolce”
“Mio Dio, è splendida!”
Cornelius sorrise. “Sì, era davvero molto bella. Ma era anche intelligente e coraggiosa”
“I suoi occhi sono come...come il cielo in estate” mormorò il ragazzo, rapito da quello sguardo caldo e gentile.
Non avrebbe mai immaginato, Caspian, che poco tempo dopo quegli stessi occhi si sarebbero specchiati nei suoi, tornando a far battere il suo cuore proprio com’era accaduto quel giorno nello studio del dottor Cornelius.






Eccoci con il terzo capitolo!!!
E’ piuttosto corto, ma dalla prossima volta si allungheranno.
Spero che non vi abbia annoiato. Lo so, non succede granché, ho più che altro riassunto in breve le vite di Caspian e Susan quando ancora non si conoscevano. E la prossima volta si incontreranno!!! Andrò piuttosto velocemente a riassumere i primi momenti insieme, fino ad arrivare a quello che da il via a tutta questa storia.

Bene, passiamo ai ringraziamenti:
Per chi ha inserito la storia nelle preferite:
aleboh, battle wound, lucymstuartbarnes, Shadowfax, e Zouzoufan7
Per le seguite: ChibiRoby, Expecto_Patronus, Francy 98, Fra_STSF, gwendolyn2000, Joy_10, lucymstuartbarnes, Shadowfax e SweetSmile
Per le recensioni dello scorso capitolo: battle wound, Joy_10, Scentedblackink e Shadowfax.
Grazie a tutti!!!!!!!!!!!!!!

Vi avverto che il nuovo capitolo di Night&Day sarà pronto verso metà settimana, comunque c’è la mia pagina facebookche vi avverte degli aggiornamenti!!!
Un bacio e statemi bene!
Susan♥

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: Quando ti ho guardato ***


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4.Quando ti ho guardato
 
 
Aveva sedici anni, Caspian, quando il dottor Cornelius lo fece fuggire dal castello di suo zio Miraz, mettendogli tra le mani il corno d’avorio della Regina Susan.
Era una notte speciale per il regno: la Regina Prunaprismia aveva dato finalmente alla luce un figlio, un maschio, l’erede di Miraz.
E con quel figlio, egli non aveva più bisogno di Caspian per assicurare il trono alla sua stirpe. Anzi, il ragazzo diventava un elemento scomodo e pericoloso, poiché un giorno avrebbe potuto rivendicare la sua legittima sovranità su Narnia mandando all’aria i suoi piani di conquista.
Perciò, Miraz ordinò al generale Glozelle che lo uccidesse.
Ma Caspian, proprio grazie al tempestivo intervento del suo precettore, sfuggì alla morte per un pelo.
Galoppava nella notte in groppa a Destriero, il suo fedele cavallo ed unico vero amico, mentre i soldati di Miraz lo inseguivano.
Ma questi ultimi, arrivati al limitare delle foreste nere, non osarono proseguire oltre, impauriti dalle storie di spettri che si raccontava le abitassero.
Caspian, invece, vi si addentrò senza indugio.
Pensando di essere in salvo, il Principe di Narnia spronò Destriero a continuare a correre. Non sapeva cosa avrebbe trovato al di là degli alberi, ma certo si preoccupava di più dei soldati che di qualche spettro. Forse neppure ce n’erano.
Difatti, non incontrò per nulla spettri ma creature della Vecchia Narnia.
Fu quando cadde da cavallo per una distrazione: il piede gli rimase impigliato nella staffa e fu trascinato per diversi metri sul suolo. Poi, il cavallo si fermò, e fu allora che vide due nani sbucare dal nulla.
Nello stesso momento si udirono le voci dei soldati di Glozelle: avevano vinto la paura ed erano entrati nella foresta.
Un pensiero dopo l’altro affollò la mente del Principe e l’unico che riuscì a concretizzare si mutò in un gesto quasi automatico: afferrò il corno d’avorio della Regina Susan -che sapeva avrebbe richiamato i Re e le Regine di Narnia dall’Altro Mondo- portandoselo alle labbra e soffiandoci dentro più forte che poté.
I soldati, più terrorizzati che mai da quel suono, se ne tornarono al castello a gambe levate.
Per alcuni giorni non accadde nulla, tanto che Caspian pensò che Cornelius si fosse sbagliato e che il corno non avesse funzionato.
Nel frattempo, il Principe aveva trovato rifugio presso uno dei due nani che aveva incontrato e un tasso parlante molto gentile: Nikabrick e Tartufello. L’altro nano, Briscola, era stato rapito dai soldati di Glozelle.
Caspian si sentiva in colpa per il povero Briscola: dopotutto, un po’ era stata colpa sua, aveva spinto lui i telmarini dentro la foresta.
“Vero, è colpa vostra!” insinuava Nikabrick, al quale Caspian non era particolarmente simpatico.
“Non dire così” lo rimproverò Tartufello, vedendo il volto triste del ragazzo. “Vedrete, Altezza, che lo salveremo. Dobbiamo solo pazientare: presto i Re e le Regine della Vecchia Narnia saranno tra noi. Intanto, dobbiamo organizzarci”
Il tasso aveva ragione: Caspian aveva promesso davanti a decine di creature- centauri, satiri, minotauri, fauni, nani, animali parlanti e persino qualche gigante- di liberare Narnia dalla tirannia di Miraz.
I primi a giuragli fedeltà come futuro Re erano stati il centauro Tempestoso e la sua famiglia al completo; ed egli, che aveva molta autorità sulle creature della foresta, persuase tutti gli altri a dare una possibilità al giovane.
In due o tre giorni, erano giunti da ogni dove altri abitanti della Vecchia Narnia, più di quanti Caspian avesse mai immaginato.
Trovarono anche un quartier generale. Cosa necessaria poiché, ora che era un futuro Re a guidarli, erano divenuti un vero esercito.
Il luogo che scelsero fu la Casa di Aslan, un antico tumulo eretto secoli addietro dai narniani che vi avevano trovato rifugio dopo il quasi totale sterminio delle creature fatate da parte dei primi telmarini. La Casa di Aslan sorgeva nel cuore delle Grandi Foreste, laddove nessuno osava inoltrarsi. Era un posto sicuro.
E fu tra quelle foreste, delle quali lo stesso Caspian aveva avuto paura da bambino, che avvenne l’incontro con la creatura più meravigliosa che avesse mai visto.
Spuntò all’improvviso, come un temporale in primavera, a scatenare le emozioni del suo cuore.
Caspian combatteva contro un ragazzo biondo che, inizialmente, pensò potesse essere una delle nuove reclute di Miraz.
Ma quando una bambina dai capelli castano-rossicci gridò loro di fermarsi, e accanto a lei apparvero un altro ragazzino moro e una ragazza più grande con i capelli castani, il Principe cominciò a capire...
Il corno d’avorio aveva funzionato! Eccoli, finalmente: Re Peter, la giovane Regina Lucy, Re Edmund e...Susan. La Regina Susan, la Dolce.
Attorno ai Sovrani della Vecchia Narnia si erano radunati i sudditi di Caspian. Lo stupore generale fu tanto da far piombare la radura nel silenzio.
“Credo che tu ci abbia chiamati” disse Re Peter.
“Bè, sì. Ma credevo che foste più vecchi” rispose Caspian, ancora un pò frastornato.
“Se preferisci possiamo tornare fra qualche anno”
“No, non volevo! E’ solo che...non siete come mi aspettavo”
Più nulla, da quel momento in poi, fu come si era aspettato.
La sua vita cambiò, radicalmente. E Caspian accettò l’inevitabile conseguenza di quell’incontro, che l’avrebbe portato verso un futuro al quale avrebbe permesso di scortarlo lungo la strada della sua vita verso un’unica direzione: verso di lei.
Nel momento in cui i suoi occhi neri si posarono sulla figura di Susan Pevensie, il Principe Caspian seppe di averle donato il suo cuore.
Da quell’istante, nulla fu più come prima per nessuno dei due.
La fissò, come se vederla gli donasse la vita: dolce, bellissima, quasi angelica. Un raggio di sole nell’oscurità.
Caspian ebbe paura dell’intensità dei sentimenti che provò.
Occhi color del cielo più limpido, labbra rosse come ciliegie, capelli che erano una cascata bruna che le ricadeva su una sola spalla. Dolci lineamenti, il corpo morbido, pelle chiara come raggi di luna, le guance spruzzate di leggerissime lentiggini.
E le stesse guance si tinsero del colore delle rose quand’ella ricambiò il suo sguardo.
Lei gli rivolse un sorriso, celando le sue emozioni nel momento in cui le ciglia scure si abbassarono a coprire la luminosità dello sguardo.
Per un momento, in quella radura, furono soli.
 
 
 
***
 
 
Il respiro le si fermò quando Susan vide Peter alzare la pietra contro il ragazzo bruno che impugnava la spada del Re Supremo.
Cos’era accaduto nei pochi istanti in cui si erano separati?
Peter era andato a cercare Lucy, la quale, quella mattina al risveglio, non si trovava più nel suo giaciglio.
E ora questo.
“Non colpirlo!” aveva gridato la mente di Susan, mentre suo fratello alzava il braccio, pronto a scagliare la pietra contro il ragazzo sconosciuto.
Dopo un attimo, dal bosco erano sopraggiunte creature di ogni tipo: cerature di Narnia.
Erano arrivati, finalmente! Erano giunti fino a lui: il Principe Caspian.
Susan e i suoi fratelli avevano camminato per due giorni insieme a Briscola per portargli il loro aiuto, solo che…
Solo che nella mente di Susan - ogni volta che cercava di immaginare che aspetto potesse avere questo famoso principe -si formava l’immagine di un uomo molto più grande del giovane che aveva davanti ora. Poteva avere la sua età, o al massimo un anno o due in più.
Ed era bello. Bellissimo. Incredibilmente affascinante.
La sua voce era calda, profonda, e le dava il batticuore.
Egli sorrise appena, mentre diceva: “Non siete esattamente come mi aspettavo”. Un sorriso stupito, mentre si volgeva verso tutti loro, lei per ultima.
I loro sguardi si incontrarono per la prima volta.
Mai un ragazzo l’aveva guardata in quel modo. Gli occhi neri di lui parvero bramare il suo sguardo.
Con il cuore in gola, Susan posò il suo altrove, quasi impaurita da tanta intensità, sentendosi come nuda davanti a lui.
Le guance arrossate, calde, accennò un sorriso, sbirciandolo ancora da sotto le ciglia: alto, il fisico atletico, i capelli scuri che gli sfioravano le spalle, mossi appena da una lievissima brezza. E quegli occhi: i più neri che Susan avesse mai visto.
Un principe con occhi e capelli scuri… Si era sempre immaginata il principe azzurro biondo e con occhi chiari.
Principe azzurro? Ma cosa andava a pensare? Era là per combattere, per aiutare quel principe a diventare re, non per giocare a una fiaba.
“Che pensiero sciocco”, si disse, mentre s’incamminava dietro agli altri per seguire l’assortito seguito di Caspian fino alla Casa di Aslan.
“A vederla così, Narnia non sembra cambiata, vero?” le disse Lucy, mentre attraversavano la foresta.
“Già, non sembra, ma lo è” mormorò Susan pensierosa, lo sguardo puntato avanti a sé.
Osservava il profilo della schiena di Caspian, che insieme a Peter apriva il corteo.
Narnia era cambiata.
Tutto era cambiato.
Tutto, dal paesaggio, alla situazione in cui vivevano le creature, alle persone che avevano incontrato.
Susan non riusciva a staccare gli occhi da lui. Ogni volta che lo guardava, nel petto il cuore si agitava furioso, mentre dalle parti dello stomaco sentiva uno strano solletico.
Voleva provare ancora la sensazione di prima, la sensazione degli occhi di lui su di sé, ma allo stesso tempo se ne vergognava e ne aveva timore.
“Che mi sta succedendo?”
Stava ancora guardando la sua schiena, i suoi capelli illuminati dai raggi del del sole che creava in essi riflessi castani più chiari. Poi, lui si volse indietro e i loro sguardi si incontrarono di nuovo.
Immobili entrambi, si guardavano.
Peter sorpassò Caspian, mentre quest’ultimo prese a camminare nel senso inverso rispetto al gruppo, per raggiungere le sorelle Pevensie.
Si fermò davanti a loro. Susan e Lucy fecero lo stesso.
“Le Loro Maestà sono stanche? Volete che ci fermiamo a riposare?” chiese, con la sua splendida voce calda.
“No, stiamo bene” rispose Lucy.
“Non manca molto” disse lui, cercando di guardare Susan il meno possibile.
Voleva farlo ma non osò. Non seppe perché.
Tuttavia, non poté resistere a lungo. Fu come se lei lo stesse chiamando ad alta voce, dicendogli di guardarla ancora.
Per tutto il tempo, mentre insieme al Re Supremo decideva cosa fare una volta arrivati alla Casa di Aslan, non aveva desiderato altro che voltarsi indietro e vederla.
Caspian e Susan furono presto gli ultimi della fila. Lucy corse un poco più avanti vicino a Edmund e Ripicì, il topo parlante.
“Non mi sono presentato come si deve alle Vostre Maestà, vi chiedo perdono” disse Caspian, spezzando l’imbarazzante silenzio creatosi tra loro. “Sono stato molto maleducato”
Susan, che si chiedeva perché mai lui avesse voluto restare vicino a lei, si volse e gli sorrise. “Potreste farvi perdonare facendolo ora”
Lui arrestò di nuovo il passo. “Sono il Principe Caspian X. Al vostro servizio. E voi siete…”
“Susan la Dolce. Ma per voi solo Susan, vi prego”
Il Principe sorrise, facendo un breve cenno con il capo.
“Voi sapete già chi sono, vero?” chiese ancora Susan riprendendo a camminare, lui con lei.
“Certo. Non avrei mai potuto dimenticare il vostro volto”
La Regina non poté fare a meno di arrossire di nuovo. Non disse nulla e abbassò lo sguardo sul suolo.
Caspian studiò il volto della fanciulla, scrutandola di sottecchi: l’aveva messa visibilmente in imbarazzo con le sue parole, lo notava dal colorito cremisi delle sue guance.
Anche il suo viso si accese di un lieve rossore.
“Io...ecco...Ho visto un vostro ritratto, una volta, e...” balbettò, cercando un modo per scusarsi. “Perdonatemi per la mia impudenza. Vi siete offesa?”
“No” rispose subito la Regina, rialzando la testa. Lui sembrava dispiaciuto, nervoso, e lei allora gli sorrise per rassicurarlo. “Non mi sono offesa. Era un complimento, no?”
Caspian si rasserenò quando scoprì che non era rimasta infastidita dalle sue parole, solo imbarazzata.
“Sì, era un complimento” ammise.
“Grazie” rispose lei, di nuovo senza guardarlo.
Aveva un modo così delizioso di abbassare lo sguardo e arrossire, pensò Caspian.
Era incantevole, non avrebbe potuto rifiutarle nulla.
 

***
 
 
 
Più e più volte provò ad avvicinarsi a lei nei giorni successivi.
Più e più volte, lei tentò di parlargli di nuovo, con più naturalezza.
Tuttavia, se si trovavano soli nella stessa stanza, il silenzio scendeva imbarazzante fino a che uno dei due non si decideva a parlare. Mai per dirsi quel che realmente desideravano, forse già consapevoli di ciò che albergava nel loro cuore, del motivo che li spingeva l’uno verso l’altra, che li portava a cercasi continuamente senza però sfiorarsi, senza osare mai una parola o un gesto in più.
Susan era profondamente coinvolta da lui, da ogni cosa che faceva, tanto da prendere le sue difese se Peter cercava di ostacolare la sua autorità.
“Dopotutto, è lui che deve diventare Re”
“Tu lo difendi solo perché ti piace, Sue, non negarlo! Ho visto come lo guardi!”
“Ma io…”
Lei smentiva, e per quanto poteva lo faceva anche con sé stessa. Per qualche strana ragione, aveva paura di ammettere che Caspian le piaceva.
Era la prima volta che provava un sentimento così forte per qualcuno. Si sentiva attratta da lui in modo incomprensibile ma innegabile.
Sì, lui l’aveva colpita, ma poteva già chiamarlo amore?
Susan si chiedeva se quella sensazione così piacevole che avvertiva stando con Caspian, fosse solo il frutto della sua immaginazione o la provasse anche lui.
Forse era un sentimento a senso unico.
“Ha una cotta per te, Susan! Come fai a dubitarne? E’ evidente!” le disse Edmund.
Non sapeva se Ed avesse ragione o meno, ma se anche così fosse stato non doveva farsi illusioni: era un’infatuazione, non c’era nient’altro.
Gli passerà, come passerà a me.
E lui la pensava allo stesso modo…
 
Pareva surreale a Caspian poterla guardare, quasi toccare se ne avesse avuto il coraggio. Sforare quei capelli, le sue mani...le sue labbra.
Ci si poteva innamorare di una persona in così poco tempo?
Sì, perché l’infatuazione nata al momento in cui l’aveva veduta per la prima volta, si stava trasformando in qualcosa di concreto.
Il suo interesse per la Regina Dolce non si fermò all’aspetto esteriore.
Gli prese l’anima e la imprigionò senza via di scampo.
Susan accendeva in lui un nuovo desiderio mai provato prima. Un’attrazione che Caspian si impose di soffocare: probabilmente era solo lui lo stupido visionario che provava qualcosa di diverso, qualcosa di forte, qualcosa di unico. Susan lo stava assecondando solo perché non voleva ferirlo con un immediato rifiuto.
O forse no?
C’era una potente alchimia tra loro e non poteva essere ignorata. Erano spiriti affini che si cercavano e volevano incontrarsi. Dovevano solo trovare il coraggio di esternare ciò che racchiudevano nell’intimo.
Poi, un giorno, non si sa come, la tensione si sciolse.
Accadde un mattino, appena dopo l’alba...
Era abitudine del Principe fare ogni giorno una passeggiata a cavallo, a volte per allentare la tensione, altre semplicemente perché cavalcare gli piaceva. Sapeva di non potersi allontanare troppo -a causa dei soldati di Miraz che potevano essere in agguato ovunque- ma non volendo comunque rinunciare, limitò le passeggiate alle radure attorno alla Casa di Aslan.
Caspian scese nella piccola caverna che i nani avevano preparato per Destriero, adibendola a stalla, e quel mattino vi trovò una gradita sorpresa.
Il giovane si arrestò sulla soglia: aveva udito una voce provenire dall’interno e, in uno di quei ragionamenti fulminei che il cervello produce, sperò che si trattasse di lei…
Perché tutte le volte che la vedeva sentiva come uno strano dolore al petto?
Susan era là, accanto a Destriero, in mano una carota che il cavallo stava ruminando con soddisfazione, mentre lei gli accarezzava il muso.
Caspian accennò un sorriso.
C’era qualcosa di puro, di candido in quella fanciulla.
Percependo la sua presenza, la Regina Dolce si voltò. “Buongiorno, Caspian”
“Buongiorno a voi, Maestà” rispose lui inchinandosi, prima di avanzare verso di lei.
Susan rise piano. “Ti prego, basta con questo ‘Maestà’. Ormai siamo amici”
“Non mi permetterai mai di darvi del tu!”
“Insisto”
Quella richiesta lo sorprese ma gli fece un gran piacere. “Bè, allora…allora va bene, se davvero insistete e…”
Il ragazzo notò che lei alzava un sopracciglio e lo guardava fisso.
“Cioè…se insisti… Susan”.
“Così va meglio”. La Regina parve soddisfatta.
Si sorrisero di nuovo, per la prima volta senza provare imbarazzo per il breve silenzio che si creò. Fu piacevole starsene lì a chiacchierare senza nessuno intorno.
“Avete fatto amicizia” constatò Caspian, osservando la confidenza con cui lei continuava a lisciare il manto di Destriero.
“Sì. Hai un cavallo intelligentissimo, sai? Sembra davvero capire tutto quello che gli si dice”
“Lo so, ed è così, infatti. Destriero è il mio migliore amico” disse il Principe, dando una pacca amichevole sul collo dello stallone.
“E’ un magnifico esemplare. E’ un frisone, vero?” 
Caspian parve stupito. “Sì, esatto. Ti intendi di cavalli?”
“Un pochino” ammise lei, “Ho imparato a riconoscere le razze durante l’Età d’Oro. Anche a te piacciono molto i cavalli, vero?”
“Sono i miei animali preferiti”
“Sul serio? Anche i miei. Bè, dopo i leoni”
Caspian rise alla battuta. “Oh, certo! Ovviamente”.
D’un tratto Destriero, che aveva finito la sua carota, si mise ad annusare e leccare golosamente la mano della ragazza.
“Ehi, che cosa c’è?” fece Susan. “Ne vuoi un’altra? Mi spiace, non ne ho più”
“Troppe carote lo fanno ingrassare” scherzò Caspian.
“Oh, scusami. Non avrei dovuto dargliela?”
“No, ogni tanto anch’io lo vizio un po’, ma non vorrei che quando arriverà il momento di lanciarsi in battaglia non riuscisse più a correre”. Caspian appoggiò la fronte contro quella del cavallo. “Il suo problema è che alle carote e allo zucchero non sa dire di no. E’ un gran goloso, vero Destriero?”
Lo stallone nitrì, scrollando la criniera.
“Lui è speciale per te, non è così?” chiese Susan, provando tenerezza nell’ osservare quella scena.
“Sì” rispose Caspian, voltandosi verso di lei. “E’ speciale”
Speciale…
Non seppe perché, ma Susan pensò che se quelle parole fosse state rivolte a lei…
Che stupida! Cosa stava pensando?
Distolsero lo sguardo l’uno dall’altra, posando la loro attenzione su Destriero, felici che ci fosse lui a distrarli.
Il cavallo si mosse e Caspian aprì il cancelletto per farlo uscire. Poi si rivolse alla Regina.
“Ti va di fare un giro?”
“Oh…non lo so. Non possiamo allontanarci troppo dalla Casa di Aslan”
“Non ci allontaneremo, tranquilla”
“Bè…allora va bene!” accettò lei con entusiasmo. Le era sempre piaciuto cavalcare, ed era una vita che non lo faceva.
Caspian sellò Destriero e Susan lo aiutò.
Quel giorno, abbattere le barriere fu facile come far crollare un castello di carte con un soffio.
Fu una piacevolissima mattinata.
Uscirono all’aperto e Caspian porse le redini a Susan. “E’ tutto tuo”
Glielo disse con un sorriso…meraviglioso, pensò lei.
Il Principe tenne fermo Destriero per il morso; la Regina mise un piede nella staffa e si sollevò sulla sella.
Le mani di lui si muovevano attorno a lei senza toccarla, controllando la sella, le briglie. Destriero si mosse appena e la gamba di Susan sfiorò appena il braccio di Caspian, provocando loro un leggero brivido lungo la schiena.
“Tutto a posto?” chiese lui.
“Sì”
Si guardarono solo un momento, poi il cavallo scalpitò, desideroso di gettarsi al galoppo.
Caspian non li perse d’occhio un secondo, per paura che Susan non riuscisse a guidarlo, che uscisse dal perimetro della Casa di Aslan.
Ma non accadde nulla di ciò: lei era una perfetta amazzone, ed era bellissimo guardarla. Non l’aveva mai vista con quel sorriso, così spensierata. Sembrava un’altra.
Forse era quella la vera Susan: uno spirito libero, come lui, legata da catene invisibili che costringevano la sua anima dentro confini fatti di doveri e responsabilità.
D’un tratto, senza preavviso alcuno, Caspian vide Destriero impennarsi, nitrire spaventato. Udì la Regina gridare e la vide cadere dalla sella.
“Susan!”
Sgomento, Caspian scattò immediatamente verso di lei, afferrando le redini del cavallo cercando di calmarlo, di farlo stare fermo per non rischiare che la colpisse con gli zoccoli. Poi, si chinò a terra accanto alla ragazza.
“Susan! Stai bene?!” chiese in tono concitato.
“Sì…sì, sto bene. Una vipera è saltata fuori all’improvviso e ha spaventato Destriero”
Susan si mise a sedere sull’erba, scostandosi i capelli dagli occhi, notando l’espressione altamente preoccupata sul viso di Caspian, i suoi bellissimi occhi neri fissi su di lei.
Gli rivolse un sorriso per rassicurarlo. “Sto bene” ripeté.
“Sicura?” chiese lui, posando le mani sulle spalle di lei.
“Sicura”.
“Nulla di rotto? Riesci ad alzarti?”
“Credo di sì”
Susan si mosse un poco, mentre il ragazzo esaminava ogni parte di lei per assicurarsi che non mentisse.
“Me lo diresti se fossi ferita, vero?”.
“Ma certo, perché non dovrei? E comunque, non mi sono fatta niente”
Le mani di Caspian scivolarono piano sulle braccia di lei, una carezza leggera. Il ragazzo fece un sospiro, abbassando il capo.
Dopo un secondo lo rialzò, esclamando: “Se non ricordavi come si monta un cavallo non dovevi salire su Destriero!”
“Veramente so cavalcare benissimo” ribatté lei. “E’ stato solo...”
“Potevi farti male davvero! Mi hai fatto spaventare, sciocca!”
Caspian non aveva mai alzato la voce con lei prima di allora, e Susan ne fu in un certo modo intimorita.
“S-scusa”.
Lo guardava mortificata, le labbra appena socchiuse. Quelle dolcissime labbra delle quali lui avrebbe voluto assaggiare il sapore.
Le dita del giovane si serrarono sulle sue braccia.
Caspian fece appena un movimento in avanti, quindi le finì letteralmente addosso.
Susan cadde all’indietro e si ritrovò sotto di lui.
“Destriero, cosa...?” esclamò il ragazzo.
Il cavallo lo aveva spinto con il muso vero la fanciulla, forse un po’ troppo forte. Non essendo pronto al colpo, la mente altrove, Caspian si era sbilanciato e ora era sopra di lei, i volti pericolosamente vicini.
Susan era immobile, rossa in volto. Percepiva la morbidezza del suo corpo premuta contro il petto di lui, forte, virile.
Caspian la sentì irrigidirsi, e se un momento prima aveva pensato di spostarsi, non lo fece.
“Di cos’hai paura?” le chiese con un sussurro che le provocò un brivido.
“Di nulla” rispose lei, la gola improvvisamente secca.
“Davvero?”
“Ti sposteresti, per favore?”
Lui socchiuse le palpebre. “Se non volessi farlo?”
Il petto di Susan si alzò e abbassò freneticamente.
Senza poterlo evitare, Caspian vi posò lo sguardo ma subito lo distolse. Dopo un attimo la guardò di nuovo in viso.
Il profumo di lei, misto a quello della terra e dell’erba fresca, gli riempì i polmoni.
Susan pareva stupita, spaventata. Avrebbe voluto dirle di non avere paura, perché lui non avrebbe mai fatto nulla che potesse farla soffrire.
Lo fissava con occhi spalancati. Occhi azzurri troppo chiari, infiniti, come il cielo di Narnia; senza un confine, senza un punto d’arrivo al quale potersi fermare.
Si piegò su di lei, le labbra a un centimetro dalle sue.
“Caspian…”
 “Voglio baciarti, Susan”
 

 
 
 
 
 
 
Buona sera cari lettori, ed eccoci al quarto capitolo! Un gioco di sguardi, non trovate? ;)
Gli eventi si svolgono molto velocemente ,e come avrete notato, la storia tra Caspian e Susan si sta sviluppando in modo diverso da Queen. Ricordate sempre che questa fanfic  NON è il Prequel di Queen ^^
Sulla base di questo…riuscirà Caspian a baciare Susan???

 
Ringrazio:
Per le preferite:
aleboh, battle wound,  lucymstuartbarnes, Shadowfax e Zouzoufan7
Per le seguite: ChibiRoby, Ellynor,Francy 98, Fra_STSF, gwendolyn2000, Halfblood_Slytherin, Joy_10, lucymstuartbarnes, Shadowfax, SweetSmile e ukuhlushwa
Per le recensioni dello scorso capitolo: battle wound, Joy_10 e Shadowfax,
 
Vi ricordo la mia pagina facebook per gli aggiornamenti di questa storia e di Night&Day.
Un bacio enorme a tutti e grazie che mi seguite anche qui!!!
Susan♥

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: Un bacio all'alba ***


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5.Un bacio all’alba
 
 
 
Voleva baciarla.
Caspian voleva baciare…lei.
Ebbe l’impulso di fuggire dalla miriade di sensazioni che la travolsero, impetuose come le onde dell’oceano.
Se gli avesse permesso di farlo, di baciarla, sarebbe affondata senza possibilità di riemergere.
Ma lei voleva che succedesse. Lo voleva disperatamente.
Poi, la fresca brezza del mattino le sfiorò la pelle e alleviò la sua tensione.
Lo sguardo di Caspian era caldo, dolce, rassicurante.
Rapita da quel momento, chiuse gli occhi e si lasciò trasportare da lui, in salvo da quelle onde incerte, trovando la strada per la stabilità dei suoi pensieri.
Tutto si concentrò su di lui. Era buio attorno a lei. Non poteva vedere, poteva solo sentire.
Susan sentì il suo profumo, il suo respiro tiepido sulla pelle del viso, i suoi capelli sfiorarle le guance, le sue mani afferrarle delicatamente i polsi.
Il suo cuore fece una capriola quando, infine, con una gentilezza commovente, le labbra di Caspian si posarono sulle sue…
 
Caspian la guardò mentre chiudeva gli occhi.
Susan teneva le mani ai lati della testa e lui, gentilmente, allungò le proprie imprigionandole i polsi, quasi per paura che potesse fuggire.
Chiuse a sua volta gli occhi e la baciò a fior di labbra, desideroso di quel contatto ma trattenendosi per non spaventarla.
Susan era così pura, così priva di malizia…
La schiacciò un poco con il peso del suo copro, che aderiva perfettamente a quello di lei. I battiti dei loro cuori si scontravano e acceleravano.
Dapprima le sfiorò le labbra, poi premette con intensità, indugiandovi ma senza spingersi oltre. Gliele catturò per un istante, e dopo un momento infinito le lasciò andare insieme a un sospiro.
Si separarono con un suono dolcissimo.
Caspian la guardò, lasciandole i polsi e scostandosi con lentezza, posando le mani sull’erba ai lati di lei.
Susan teneva ancora gli occhi chiusi.
Lui ebbe paura che, da un momento all’altro, sarebbe corsa via, ritirandosi da quella situazione del tutto inadeguata che lui stesso aveva creato dal nulla.
Ma Susan non si mosse. 
Le passò il dorso della mano sul viso e allora la Regina schiuse piano le palpebre. I suoi occhi celesti splendevano.
La fanciulla sprofondò nell’intensità dello sguardo di lui, perdendo se stessa, perdendo ogni ragione, senza nemmeno provare a lottare per sottrarsi a quella magia, al modo in cui lui la faceva sentire.
“Sei così bella, Susan” mormorò lui.
Quella frase, alle orecchie della fanciulla, suonò quasi come un modo per giustificarsi di quel che era appena successo.
Il ragazzo distolse lo sguardo, abbassando il capo. “Ti prego, scusami”
Lei non pensò, fu istintivo: si alzò a sedere di scatto e posò di nuovo le labbra su quelle di lui, un poco incerta.
Caspian le sarebbe finito di nuovo addosso se non si fosse appoggiato con una mano al terreno, per tenersi in equilibrio. Subito, con l’altra premette sulla schiena di lei, attirandola a sé.
Le schiuse le labbra, gentilmente ma insistentemente, assaporandone le dolci profondità dal sapore delizioso.
Susan si chiese solo per un momento cosa le fosse preso: non si era mai comportata in quel modo con un uomo. Ma il desiderio di sentire ancora quella bocca straordinariamente morbida sulla sua, di provare la sensazione di avere le sue braccia di lui chiuse intorno a sé, fu più forte di qualsiasi cosa.
Gli allacciò le braccia attorno al collo. Smise di pensare quando si ritrovò a ricambiare un nuovo bacio, più intenso, stretta al petto di Caspian.
La fanciulla ebbe un fremito ma non si allontanò quando il bacio divenne vero, fatto di respiri, carezze, tocchi leggeri, calore.
Lui staccò la mano dal terreno e l’affondò nei capelli di lei.
Quando entrambi non riuscirono più a respirare, si allontanarono e i loro respiri si scontrarono.
Caspian deglutì, Susan emise un sospiro tremante.
Il Principe le passò più volte una mano sul viso, come per essere sicuro che tutto ciò fosse reale, che lei fosse vera e non un’immagine del passato.
Rimasero a fissarsi a lungo senza dire niente, stretti l’uno all’altra, finché la voce di Lucy risuonò squillante nel primo mattino.
“Susan? Susan, dove sei?”
“Devo andare” disse la Dolce, la voce roca.
Sentì le mani di Caspian scorrere sulle sue braccia, sull’abito: lui non voleva lasciarla ma lei si allontanò scivolando via da quell’abbraccio, da quel bacio che sapeva d’amore.
Raccolse la gonna tra le mani e corse al riparo dalle proprie emozioni, trovandolo all’ombra delle rocce fresche della Casa di Aslan, le quali – ahimè – la fecero rendere conto di quanto ancora fossero calde le sue guance.
Quando si fermò si appoggiò alla parete del corridoio deserto, portandosi le mani al viso, sfiorandosi la bocca ancora un po’ gonfia per i baci di lui.
Poteva sentirle ancora…le labbra di Caspian, calde, morbide…
La ragazza chiuse gli occhi, rivivendo per un attimo quel momento, desiderando di provarlo ancora.
Il suo primo bacio.
 
 
***


Lei gli era stata così vicina…
Era stato meraviglioso baciarla. Lei profumava di fiori, la sua pelle di porcellana era calda, le sue labbra avevano il sapore delle fragole, e il suo corpo…
Aveva cercato debolmente di trattenerla quando si era allontanata da lui, ma senza avere il coraggio di farlo davvero.
Si era aspettato quella reazione, ma non si era aspettato che anche lei ricambiasse il bacio!
Aveva percepito le labbra di Susan fremere insieme alle sue, eppure era scappata via. Fuggita da una realtà troppo inverosimile che aveva stravolto gli eventi di quella tranquilla mattinata, la cui protagonista avrebbe dovuto essere una semplice cavalcata, e che invece si era trasformata in un susseguirsi di eventi che erano sfuggiti loro dalle mani …
Dopotutto, la reazione della ragazza era stata più che normale: quel bacio aveva cambiato tutto tra loro.
Paura, imbarazzo, dubbio: questo era ciò che Caspian provava al momento, e il ragazzo era certo che Susan non fosse da meno.
Purtroppo, quei sentimenti erano una piccola nota dissonante che strideva nell’armonia creatasi tra loro, e che gli stingevano la gola.
Però…però se Susan aveva ricambiato il suo bacio forse ricambiava anche i suoi sentimenti!
Non riusciva a pensare a nient’altro, anche se sapeva benissimo che c’erano altre priorità. Ma, al momento, la sua era Susan.
Da quando l’aveva conosciuta, tutto il suo mondo era cambiato: il suo modo di pensare, di agire...ogni cosa orbitava attorno a lei adesso.
Era diventata l’aria che respirava.
Era come se avesse scoperto gli mancasse una parte di sé, e quand’era con lei sentiva quel vuoto colmarsi.
Anche se avrebbe desiderato starle sempre accanto, fisicamente, gli bastava che lei fosse nello stesso posto dove era anche lui. Non era nemmeno necessario che parlasse, purché potesse vederla.
Purtroppo però, quel mattino, quando il Re Supremo li convocò tutti nella sala della Tavola di Pietra, Susan evitò i suoi sguardi, anche se Caspian la scoprì fissarlo nei momenti in cui lui non guardava lei...rari a dire il vero.
Il Principe di Narnia tentò di concertarsi sul discorso di Peter, ma gli riuscì davvero difficile.
I due Re avevano deciso di comune accordo (strano ma vero) che ormai l’esercito della Vecchia Narnia era pronto a dar battaglia per riprendersi il regno.
Caspian espresse prima di ogni altra cosa il desiderio di salvare il dottor Cornelius; Peter invece era di un altro parere: se dovevano recarsi al castello di Miraz per salvare il vecchio precettore, allora tanto valeva organizzarsi per un vero e proprio attacco, e cercare di portare Miraz ad arrendersi.
Susan fu d’accordo con Caspian: aspettare ancora finché non fossero giunti i rinforzi (attendevano svariate creature dall’ovest); Edmund, al contrario, fu d’accordo con Peter; Lucy con nessuno di loro: lei voleva aspettare Aslan.
 
 
Quando il consiglio si sciolse senza un nulla di fatto, Lucy si avvicinò alla sorella maggiore.
“Susan, va tutto bene?”
“Come?”
“Sembri pensierosa, e sei particolarmente taciturna stamani ”
La Regina Dolce sorrise, mettendo un braccio attorno alle spalle della sorellina. “Va tutto bene, non preoccuparti”
“Hai litigato con Caspian?”
“Cos…Litigato? Perché avrei dovuto litigare con lui?”
“Bho, non so” la ragazzina fece spallucce. “Magari perché ti ha baciata?”
Susan imporporò involontariamente e vide la sorella sorridere.
“Non…non…”
“Ti ha baciata? Davvero?!” esclamò la Valorosa, parandosi davanti a lei, gli occhi azzurri sbaratti dalla curiosità. “Oh, dimmi, dimmi, com’è stato? Bello? Ti ha baciata con la lingua?”
“Ma…!” Susan trattene un respiro, la bocca aperta, l’espressione allibita. “Lucy Marie Pevensie, da chi hai sentito queste cose?!”
Lucy stropicciò i piedi a terra. “Me l’ha detto Edmund”
“Ci avrei giurato!”
“Oh, su, non fare la misteriosa, voglio sapere!”
“Non ti racconterò proprio un bel niente! Sei troppo piccola!”
“Ho dodici anni!”
“Appunto…io a dodici anni non avevo in mente queste cose! Dì a Edmund che non deve mai più parlarti di certi argomenti! E se lo becco spiarmi un’altra volta, giuro che lo strozzo!”
 “Uffa...va bene…”
Lucy fece un’espressione cupa ma, quando si allontanò, Susan udì l’eco della sua voce gridare: “Ed, si sono baciati, avevi ragione!”
“LUCY!!!”
 
 
***
 
 
Nelle prime ore del pomeriggio, quando il sole batteva più forte, la Casa di Aslan veniva avvolta da una quiete sonnacchiosa.
Ripicì, zampettava per i corridoi del tumolo, guardandosi intorno con circospezione.
“Buon pomeriggio, Ripicì” lo salutò Susan quando lo incrociò, arco e faretra alla mano.
“Buon pomeriggio, mia signora. State andando ad allenarvi?”
“Sì, l’idea è quella, se non fa troppo caldo rimanere sotto il sole”
Il topo indugiò un momento, poi disse: “Perdonatemi, Maestà, ma sareste così gentile da volermi aiutare?”
Susan posò a terra i suoi Doni e si inginocchiò di fronte a lui. “Di cosa si tratta?”
“Il fatto è che non riesco a trovare il Principe Caspian da nessuna parte. So che ha discusso di nuovo con vostro fratello, il Re Supremo, e sono preoccupato per lui. Il nostro futuro Re è un giovane di gran cuore ma talvolta è così impulsivo…ho paura che possa andare al castello di Miraz da solo”
Susan gli sorrise. “Non farebbe mai una cosa simile. E’ vero, talvolta Caspian agisce senza pensare, ma vedrai che sarà qui intorno. Ti aiuto a cercarlo”
“Oh, grazie mia signora. Siete davvero molto gentile”
Susan e Ripicì iniziarono così le ricerche. Presto, anche altri nani e qualche animale si unì loro.
Perlustrarono la Casa di Aslan in lungo e in largo, ma Caspian sembrava scomparso nel nulla.
“Non dite niente a Peter, per adesso” pregò Susan, sapendo che altrimenti si sarebbe scatenato un putiferio. “Dividiamoci, così faremo più in fretta”
Lo cercarono ancora: nella sua stanza, nella stalla, all’armeria, al campo d’addestramento, nella grande caverna adibita a sala comune, alla Tavola di Pietra…niente.
La Regina Dolce cominciò a preoccuparsi davvero.
Dove poteva essersi andato a cacciare?
Cercò di ricordare se il ragazzo le avesse accennato a un qualche luogo in particolare nel quale amava recarsi...
Sì, ce n’era uno…
Il primo giorno, quando Caspian aveva fatto fare loro il giro completo del rifugio, aveva detto che i cammini di ronda - oltre che un ottima posizione per le sentinelle e per gli arcieri- erano il posto migliore per godere di un magnifico panorama.
Susan salì in fretta le ripide scale di pietra che portavano sulla cima della Casa di Aslan, ed imbucò l’uscita nord. I cammini di ronda giravano attorno all’intero perimetro della costruzione, e al momento erano deserti: la sentinella di turno aveva appena lasciato il suo posto, attendendo di venire sostituita da un compagno.
Tra le fessure e le crepe della pavimentazione e delle pareti, spuntavano ciuffi d’erba e arbusti. Un albero enorme e altissimo era cresciuto dentro la crepa più grande: il suo tronco era tutt’uno con le mura ormai.
“Caspian?” chiamò Susan. “Caspian, sei qui?”
“Ehi!”
Era la sua voce.
Susan si volse da una parte all’altra ma non lo vide.
“Dove sei?”
“Sopra di te”
Susan alzò la testa, ed eccolo là: seduto sul ramo del grande albero, le braccia appoggiate alle gambe.
Era bello come il sole.
Aveva un mezzo sorriso stupito sul viso, i capelli mossi dal venticello che soffiava lassù, rendendo piacevole il caldo della piena estate. I suoi capelli castani brillavano al riflesso della luce.
“Come sei arrivato fin lassù?”
“Mi sono arrampicato”
“Ma è pericoloso”
“No, affatto. Quest’albero è solidissimo” ribatté lui, accarezzando la corteccia ruvida. “Ma che cosa ci fai qui?” le chiese poi.
“Ti cercavo. In realtà ti cercano tutti. Ripicì ha mobilitato un bel po’ di persone”
“Sul serio? Mi dispiace”
Lei attese che scendesse ma Caspian sembrava non averne l’intenzione.
“Dovresti scendere”
Lui la guardò perplesso. “Perché?”
“Come perché? Non hai sentito quel che ti ho appena detto?”
“Sì, ma non vedo il motivo di scendere. Puoi andare a dire a Rip che sto bene e sono qui”
“Sì, ma…oh, insomma, scendi e basta! Ti devo parlare”
Susan stava incominciando a spazientirsi.
Caspian si guardò attorno, il vento continuava a far ondeggiare i suoi capelli scuri. “Mmm…no, non credo che lo farò. Quassù si sta bene”
Susan fece un’espressione cupa. “Mi stai prendendo in giro, per caso?”
“No, perché mai dovrei? E’ solo che ogni tanto mi va di stare per conto mio. A te non succede mai di voler restare sola?”
Susan scosse il capo, divenendo molto seria all’improvviso. “A me non piace stare sola”
Era vero: odiava la solitudine, la spaventava.
Lo disse in tono triste, malinconico. Caspian, osservandola dall’alto, provò l’impulso di prenderla tra le bracca e consolarla, qualunque fosse il problema.
Non poteva vederla infelice, gli era insopportabile.
Fece per muoversi ma lei era già vicina all’albero e aveva già messo un piede sul ramo più basso.
“Che stai facendo?” le chiese stupito.
“Se non scendi tu, sono costretta a salire io” gli rispose lei in tono sbrigativo.
Lui fece una risatina. “Sei sicura di saperti arrampicare?”
“Certo che sì! Cosa credi?”
Il ragazzo scese di qualche metro, andando verso di lei. Si spostava da un ramo a un altro, agile come un giovane leone.
“Guarda che non è facile come sembra”
Susan lo osservò ammirata ma anche un po’ seccata. La stava veramente prendendo in giro.
“Non fare lo stupido, o sarai tu a cadere” lo ammonì, quando lui iniziò a mettere in mostra la propria agilità.
“Sei sicura di farcela con quell’abito? Rischi di…Ah!”
“Caspian!!!” gridò Susan, serrando gli occhi per non guadare quando il Principe scivolò.
Le fronde dell’albero attutirono la caduta; nonostante ciò, lui fece un capitombolo coi fiocchi, arrivando a terra con un bel tonfo.
“Caspian!” esclamò ancora la ragazza, ridiscendendo in tutta fretta.
“Oddio, che dolore…” lo udì mugugnare mentre si metteva a sedere.
Immediatamente lei gli fu accanto. Gli accarezzò il viso, scostandogli i capelli dagli occhi.
“Te l’avevo detto di non fare lo stupido!” esclamò Susan, il cui spavento si stava già attenuando e si tramutava in fretta in nervosismo.
Caspian aprì gli occhi, che fino a quel momento aveva tenuto stretti in un’espressione dolorante.
“Scusa…ahi…”
“Scusa?!” sbottò lei, alzando la voce. “Potevi romperti l’osso del collo! Hai idea di quanto mi sia spaventata?!”
“Ah, allora adesso siamo pari” scherzò lui, massaggiandosi la nuca.
Entrambi provarono un leggero brivido lungo la schiena ripensando a quella mattina. Ed era proprio da allora che non si trovavano così vicini.
Di nuovo troppo vicini.
Susan distolse in fretta lo sguardo, voltando la testa di lato, lasciando che i capelli sferzati dal vento che soffiava sopra la Casa di Aslan le coprissero un poco il viso.
Caspian le prese le mani, accarezzandone il dorso con il pollice.
Lei non si ritrasse.
“Di cosa mi devi parlare?” incalzò.
“Volevo dirti…volevo parlare di quello che è successo stamattina. Del bacio, insomma”
Queste ultime tre parole le pronunciò in un bisbiglio e Caspian le udì appena. Ma le udì, e arrossì un poco.
Se non avesse detto subito qualcosa, avrebbe fato la figura dell’emerito stupido.
Deglutì un paio di volte.
“Susan, io…forse non avrei dovuto. Forse…”
“Oh, no!” esclamò la fanciulla, finalmente tornando a guardarlo, stringendo entrambe le sue mani come per trattenerlo.
Non stava facendo la finta offesa, pensò Caspian, e nemmeno sembrava sul punto di fuggire di nuovo. Si vergognava a morte, questo sì, ma lui non era certo da meno in quel momento.
E se adesso avesse preso quel dolce viso tra le mani e…?
Ma prima che potesse farlo, lei riprese a parlare.
“No, Caspian, hai frainteso. Non...non sono pentita di quello che è successo. Anzi, scusami per essermi comportata così male con te, per essere scappata in quel modo. E’ che io davvero non sapevo cosa fare. Quel bacio mi ha preso alla sprovvista. Sai, io non…” Susan abbassò ancora lo sguardo. “Non avevo mai baciato nessuno prima di te”
Il cuore di Caspian perse un battito.
Lei, così splendida, così femminile, così desiderabile…davvero non aveva mai…?
Susan fece un timido sorriso di fronte all’incredulità di lui. “Pensavi fossi più eserta, vero? A causa dell’Età d’Oro”
“Bè…sì, lo devo ammettere”
Lei scosse il capo. “No, non è così. Ho avuto decine di pretendenti, ho avuto proposte di matrimonio, ho accettato corteggiamenti e regali da cavalieri e nobiluomini, ma a nessuno di loro ho donato il mio cuore, tantomeno me stessa. Non ho mai conosciuto nessuno che mi facesse battere così forte il cuore come…come te”
Il giovane cercò di riscuotersi da quella rivelazione, che gli fece sentire il cuore leggero come una piuma.
“Avevo deciso” continuò lei, “che solo a chi avrei amato davvero avrei dato tutto. Ma non è mai accaduto. Non mi sono mai innamorata”
“Io invece credo di essermi innamorato”
Susan sussultò, gli occhi azzurri fissi in quelli neri di lui.
Caspian le tenne le mani strette nelle sue mentre la invitava ad alzarsi in piedi. La guardò intensamente, ogni centimetro del viso, passando il dorso della mano a tracciarne il profilo.
“Nemmeno io ho mai conosciuto qualcuno di speciale. Non ho mai conosciuto l’amore, almeno non fino a oggi”
Susan rimase ferma ad ascoltarlo, a guardarlo. La teneva incatenata in quel luogo con la forza della sua voce calda, con l’intensità dei suoi occhi, la vicinanza del suo corpo.
Caspian afferrò una ciocca dei suoi capelli e se l’attorcigliò attorno al dito, pigramente, per poi portandosela alle labbra, chiudendo gli occhi.
“Io non so niente di te, Susan. Non so quanti anni hai, non conosco i tuoi gusti, le sfaccettature del tuo carattere, non so da dove vieni. Ti ho vista in un ritratto, una volta, e da allora ho sognato d’incontrarti. E adesso che ti ho qui, davanti a me, ho capito che l’ammirazione che provavo nei tuoi confronti si è trasformata in qualcosa di diverso. Non sei più un’immagine, sei vera, sei qui con me, eppure sei così irraggiungibile”
Lui le si avvicinò di più e le posò una mano sul viso.
“Non riesco a smettere di pensarti, nemmeno per un istante. Io…”
“Caspian…”
Ti amo.
Le parole erano lì, ma nessuno dei due osava pronunciarle.
Il Principe si chinò su di lei, gli occhi socchiusi.
“Aprimi il tuo cuore, dolce Susan”
Lei chiuse le palpebre, lentamente, inevitabilmente, completamente avvinta in quel momento, in attesa.
Attesa che durò un secondo appena.
Caspian la baciò di nuovo, prendendole il viso tra le mani, accarezzandole le guance con dita leggere.
Lei era stupenda, le labbra dolci e appassionate sotto le sue. Voleva darle tutto quello che lei poteva chiedere, così come lo aveva sognato per tanto tempo. Affondò le mani nei suoi capelli, imprigionandole la testa, lasciando che quella cascata bruna danzasse tra le sue dita.
Susan si aggrappò alle sue spalle, mettendosi in punta di piedi. Ad ogni bacio, la sua sicurezza aumentava.
Voleva lasciarsi andare.
Accarezzò il petto di lui, percependo i muscoli sotto la stoffa della camicia, passando le braccia attorno alla sua vita, stringendogli gli abiti sulla schiena.
Lui era meraviglioso, la baciava come se non ne avesse mai abbastanza. La passione con cui divorava le sue labbra le tolse il respiro. E la pressione della sua mano sulla nuca mentre le spingeva il viso in avanti verso il suo, la sua mano sul suo fianco…
Lassù erano come soli al mondo.
“Non devi avere paura della solitudine” mormorò Caspian, quando le permise di allontanarsi da lui. “Io non ti lascerò mai da sola”
Lei emise un gemito soffocato, guardandolo con occhi languidi, lucenti.
“Non scappare di nuovo”
Susan fece un dolce sorriso e si strinse a lui, per fargli capire che non aveva la benché minima intenzione di allontanarsi. Affondò il viso nella sua spalla, assaporando il tepore di quel corpo.
Non disse nulla, poiché se avesse parlato lacrime d’emozione avrebbero rovinato quel momento. Lui avrebbe potuto credere di aver fatto qualcosa di sbagliato.
Non c’era nulla di sbagliato. Tutto era perfettamente giusto.
Caspian la strinse tra le braccia, affondando il viso nei suoi capelli soffici, lasciando che quell’attimo si imprimesse nei loro cuori definitivamente. Per rendersi conto che ormai non era più possibile negare quel che vi era racchiuso.

 
 
 
 
 
Buongiorno cari lettori!
Siamo ancora qui con questa nuova short, che in questo capitolo vi regala non uno ma due baci appassionati!!! Siete contenti? Così potete compensare la momentanea mancanza delle scene Suspian in Night&Day
Penso che nel prossimo capitolo mi allargherò con certe descrizioni… non troppo, ma ci proverò ;)

 
Ringrazio:
Per le preferite:
aleboh, battle wound,  lucymstuartbarnes, Shadowfax e Zouzoufan7
Per le seguite: ChibiRoby, Ellynor, Francy 98, Fra_STSF, gwendolyn2000, Halfblood_Slytherin, Joy_10,
 
lucymstuartbarnes, niky25, Shadowfax, SweetSmile e ukuhlushwa
Per le recensioni dello scorso capitolo: battle wound, Halfblood_Slytherin, Joy_10, lucymstuartbarnes e Shadowfax,
 
Vi ricordo la mia pagina facebook per gli aggiornamenti.
Ci vediamo a fine settimana con Night&Day!!! Grazie a tutti voi!!!
Un bacio enorme,
Susan♥

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Essere liberi ***


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6. Essere liberi
 
 
Il momento che seguì quel secondo bacio e la quasi confessione d’amore, fu uno dei più imbarazzanti di tutta la loro vita.
Quegli approcci stentati, gli sguardi furtivi e le parole impacciate, lasciarono il posto a una nuova sicurezza, alla certezza di essere amati, di essere corrisposti.
Il cuore pulsava pieno di vita in quei momenti felici, bramati e sognati fin dal primo istante che si erano incontrati. Momenti più intimi, momenti solo loro, senza più ostacoli di nessun tipo.
Si nascondevano sulla cima del grande albero, per scappare dal resto della Casa di Aslan, dagli sguardi accusatori di Peter, da quelli insistenti di Edmund, e da quelli curiosi di Lucy.
Si dedicavano attenzioni che riservavano solo l’uno all’altra, iniziando a desiderare sempre più la sola compagnia reciproca rispetto a quella degli altri.
Era il bisogno di stare lui sempre con lei e lei sempre con lui, come se non potesse esistere Susan senza Caspian e Caspian senza Susan.
Un’ indispensabile presenza, preziosa come l’ossigeno.
Un filo invisibile sembrava legarli.
Era una bella sensazione.
In più, c’erano nuovissime sensazioni che turbavano il loro cuore e il loro corpo, estranee e meravigliose.
Era inspiegabile per i due giovani amanti, ancora così inesperti, in un certo qual modo impauriti.
L’amore e la tenerezza si trasformarono presto in qualcosa che andava oltre la realtà e l’immaginazione.
I sensi sembravano acuirsi quando restavano soli. Era come se riuscissero a vedersi solo in quei momenti, come se si rendessero conto che bastava poco per cambiare tutto in maniera ancor più profonda, più completa e definitiva.
Era il desiderio e la voglia di conoscersi più intimamente, di scoprirsi e completarsi.
Il destino tracciava pennellate di nuovo colore sulle tele scolorite della loro giovane vita già costellata di dolore e delusioni, riempiendola di nuovi particolari e sfumature.
Ma il nuovo quadro non era ancora completo.
Loro non erano completi.
Erano ancora due esseri distinti.
 
 
Il sentimento che legava il Principe Caspian e la Regina Susan era palese ai più, ma loro due non volevano dire nulla a nessuno. La loro storia doveva rimanere segreta.
Era stata una muta decisione reciproca.
Caspian preferiva così, piuttosto che avere gli occhi di tutti puntati addosso. Era certo che se avesse ammesso davanti agli altri di amare Susan, la reazione di tutti gli abitanti della Casa di Aslan sarebbe stata proprio quella. Inoltre, non aveva nessuna intenzione di litigare con Peter anche per questo. Già il Re Supremo non lo sopportava, se poi avesse saputo che si era fidanzato con sua sorella…
Susan era più che d’accordo. Le piaceva questa prospettiva. C’era qualcosa di estremamente romantico in tutto ciò: il nascondersi dietro gli angoli delle gallerie per rubarsi un bacio, sorridersi da lontano non riuscendo a staccare gli occhi l’uno dall’altra, sentire il cuore battere all’impazzata la notte, mentre percepiva il proprio corpo fremere al solo pensare a lui.
Si vergognava a morte di questo ma non poteva farci nulla.
Comunque, tutti oramai erano più che convinti che il Principe e la Dolce facessero coppia fissa.
Edmund, spudorato come solo lui poteva essere, una volta venne da Caspian e gli chiese di dargli consigli su come baciare le ragazze.
“Insomma, come si fa?”
“Ma io che ne so, scusa!”
“Tanto lo so che ti sbaciucchi con mia sorella Susan…e magari non solo…”
Caspian arrossì fino alla punta dei capelli. “Io rispetto Susan!”
“See…come no. Vi ho visti”
Edmund aveva centrato nel segno: in effetti era vero, Caspian immaginava lui e Susan in atteggiamenti più intimi. Ciò nonostante, continuò a negare finché Edmund non lo lasciò in pace.
“Guarda che se la comprometti, poi la sposi” gli disse il Giusto.
Caspian cominciò a meditare seriamente su quelle parole...


***


Quel giorno, come sempre, il Principe raggiunse la Regina Dolce sulla cima del grande albero. Lei era già là.
Senza dire nulla, Caspian si fece guidare dal suo sorriso, senza quasi guardare dove metteva piede. Quando le fu accanto, avvicinò le labbra a quelle di lei per darle un casto bacio.
“Ciao, Susy”
“Ciao”
Lei adorava quando la chiamava Susy. Non le era mai piaciuto, aveva sempre preferito essere soprannominata Sue. Ma se Caspian voleva chiamarla così, che lo facesse pure. Entrambi quei nomignoli, pronunciati da lui, acquistavano un sapore tutto nuovo.
Subito le loro mani s’intrecciarono.
Susan sorrise nell’osservare quelle grandi mani calde dalle dita affusolate.
Ogni volta che lei toccava anche solo una piccola parte del corpo di lui, sentiva scintille esploderle dentro. Uno strano solletico si concentrava nel suo ventre, e in quei momenti non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia tanto era l’imbarazzo che provava per quella sua impudica sensazione.
Caspian, da parte sua, trattava Susan sempre con il massimo rispetto. Ma quando la baciava, a volte, il suo fisico gli faceva strani scherzi e la mente si azzerava, pensando soltanto ad assaggiare quelle meravigliose labbra e desiderando di più.
Quando il bacio diveniva troppo insistente, la sentiva irrigidirsi e allora era lui il primo a ritrarsi.
Non osava andare oltre.
Lei era pura.
E lui decisamente inesperto.
Non era sciuro quali potessero essere le reazioni di lei se avesse provato a spingersi più in là di un bacio. Avrebbe potuto spaventarla e non voleva assolutamente.
Il dottor Cornelius, una volta, aveva paragonato le donne a un fiore delicato e bellissimo, il quale deve essere trattato con la massima cura.
“Le donne non sono oggetti di piacere, Vostra Altezza, ma l’incantevole dono che Aslan e Suo Padre crearono per l’uomo. Il giorno in cui incontrerete quella giusta per voi, capirete cosa voglio dire.”
Ora lo capiva.
Quando guardava Susan e si specchiava nei suoi occhi simili al cielo d’estate, Caspian sentiva che lei era la sua donna. L’essere che lo completava e che lo faceva sentire vivo.
Susan era quella giusta.
Voleva tutto di lei e voleva darle tutto...
Malgrado il suo intento di non toccarla, Caspian sussurrò il suo nome, chinandosi su di lei, posando una mano sulla sua guancia, accarezzandola con dolcezza.
Lei sorrise e chiuse gli occhi.
Le loro labbra si unirono in un morbido, caldo bacio.
Quando si separarono e la Regina incontrò lo sguardo di lui, rabbrividì mentre si scioglieva fra le braccia del suo Principe. Quelle braccia che tanto sognava potessero accudirla con amore.
“Il mio cuore è tuo” sussurrò la fanciulla, accarezzandogli dolcemente il viso, infilando piano le dita tra i suoi capelli lisci.
Era così bello, così strano potersi lasciare andare così…
“Voglio darti tutto dalla vita, Susan. Voglio renderti felice. Voglio fare tutto quanto è in mio potere per riuscirci”
“Caspian…cosa…stai cercando di dirmi?” balbettò la ragazza, mentre l’atmosfera tra loro si tramutava in qualcosa di più serio.
Le aveva parlato come se lei per lui fosse l’unico essere al mondo.
“Sto dicendo che sono innamorato di te, Susan Pevensie. Che voglio tenerti con me, amarti, proteggerti. Sposarti”
Susan sentì un forte calore inondarle l’anima.
“So che sei quella gusta. Non importa se ci conosciamo da poco tempo. Lo so”
Lei lo guardava estasiata. Poteva già immaginarsi, vedersi anzi, in abito da sposa e Caspian aspettarla all’altare...
Ma era impossibile…
La Regina abbassò il capo, facendo un sorriso amaro.
“Tu parli di sogni”
“Dico sul serio, invece” ribatté lui un poco offeso dalla poca fiducia che lei dimostrava. “Non mi credi?”
“Sì, ti credo. Ma…”
Lui sorrise. “Allora dov’è il problema? Non appena tutta questa storia sarà finita, quando finalmente sarò Re e incontrerò Aslan, gli chiederò la tua mano”
Susan fece un sorrisetto. “Dovresti chiederlo a Peter, prima”
Caspian ammutolì.
Peter…accidenti…
“Va bene, lo farò” assicurò.
Susan alzò il viso verso il cielo. “Accidenti, fai sul serio”
“Sto correndo troppo?” chiese Caspian, temendo di averla spaventata con la sua impulsività.
Lei lo guardò e scosse il capo.
“Susan, io ti amo”
La Dolce lo guardò dritto negli occhi. “Anch’io...”
Lui non glielo aveva mai detto, non con le esatte parole.
Ma solo con quelle poche, semplici sillabe, aveva detto tutto.
“Ti amo, Caspian”
Lui le sorrise, disarmante. E proprio quando le loro labbra stavano per incontrarsi di nuovo…
“So che siete quassù”
Il Principe e la Regina spalancarono gli occhi e, contemporaneamente, mormorarono: “Oh, no! Edmund!”
“Ssshhhttt!!! Non facciamo rumore” sibilò Susan, posando una mano sulla bocca di Caspian.
Lui fece un sorriso e gliela baciò. Poi l’afferrò tra le sue, stando attento che i rami non scricchiolassero sotto il loro peso. La fece alzare, conducendola lentamente verso un punto ancora più elevato.
Susan si lasciò guidare, lanciandogli un’occhiata interrogativa.
“Dove mi vuoi portare?” sembrò chiedergli con lo sguardo, pensando che più in alto di così non potevano andare.
Ma si sbagliava.
Caspian l’aiutò a issarsi sopra l’ultima pietra che costituiva il tetto della Casa di Aslan, nascosta per metà sotto le fronde del grande albero. Non appena raggiunsero la loro destinazione, alcuni uccelli che sostavano lassù volarono via spaventati.
“Ragazzi, andiamo, so che ci siete” disse ancora la voce di Edmund, riecheggiante nell’aria del pomeriggio.
Il Giusto fece il giro dei camminamenti esterni, tornando poi al punto di partenza.
Soffocando le risate, Caspian e Susan seguirono ogni suo movimento, stando attenti a non farsi vedere.
Sdraiati a pancia sotto, spiarono Edmund dalla cima della Casa di Aslan. Lo videro girare la testa a destra e a sinistra, poi in su, verso di loro.
La Regina e il Principe si ritirarono svelti, tornando al riparo delle foglie.
“Ci avrà visti?” sussurrò Caspian.
“Non so…”
Il ragazzo si mosse sui gomiti, afferrando un pietruzza e lanciandola di sotto.
“No che fai?!” bisbigliò Susan.
“Auh!”  fece Edmund, massaggiandosi la testa e guardando in alto. “Ma che cavolo…”
“Caspian, smettila” sussurrò Susan, non riuscendo a tradire un sorriso.
Si sporsero di nuovo e videro che Edmund se ne stava andando brontolando.
“Qui ci crolla la Casa in testa…ahia, che male…”
Susan e Caspian si trattennero finché non furono sicuri che Ed fosse fuori portata d’orecchio, poi scoppiarono in una fragorosa risata.
Riversi sulla schiena, risero fino a farsi venire i crampi.
“Non ce la faccio più…” ansimò Susan, una mano posata sulla pancia.
Caspian, con un sorriso fantastico, si alzò da terra e si portò sopra di lei, guardandola dall’alto.
Piano piano, le risate si spensero.
“Sei stupenda quando ridi”
Si guardarono un istante, poi, lui si ridistese accanto a lei sul muschio morbido che cresceva sulla pietra antica.
“Anch’io adoro il tuo sorriso” disse Susan.
Caspian allungò un braccio e le cinse un fianco, attirandola contro di sé, baciandole la fronte.
Lei fece lo stesso, passando un braccio attorno alla vita di lui.
Restarono così a lungo, protetti dalle fronde verdi tra le quali filtravano raggi di sole. Le nuvole passavano in cielo disegnando ombre sopra di loro.
“Potrei restare qui per tutta la vita” disse Caspian, la voce rilassata.
“Sì…E’ così tranquillo qui” sospirò Susan.
“Mmm…bè, insomma…questi uccellini fanno un gran chiasso, non ti pare?”
La Dolce aprì gli occhi e osservò i passerotti dal piumaggio variopinto che svolazzavano da un ramo all’altro. Cinguettavano allegramente, dando vita a un suono acuto, tuttavia piacevole.
“Sono bellissimi. Non ne ho mai visti così” commentò la ragazza mettendosi seduta, osservando i passeri blu, vedi, gialli e lilla.
Erano graziosissimi, grandi quanto il pungo di un bambino.
Caspian sedette con lei, stendendo le gambe avanti a sé e poggiandosi sui palmi delle mani.
“Sono cambiate molte cose da quando ve ne siete andati, vero?”
“Troppe, purtroppo” rispose Susan, allungando una mano verso il passerotto giallo che si era posato vicino a lei.
L’animaletto ruotò la testolina, saltellò incerto avanti e indietro verso la mano della ragazza. Infine, con un piccolo balzo, si fece accogliere nel suo palmo.
Presto, incoraggiati dal loro compagno, altri passerotti scesero a terra, posandosi tutt’intorno ai due ragazzi.
“E’ questo che ti spaventa: i cambiamenti” disse ancora Caspian, osservando la fanciulla lisciare la testolina dell’uccellino.
Susan non gli rispose, lasciando intendere che era proprio così.
Quando parlò, la sua voce era malinconica.
“Spesso abbiamo più di ciò che meritiamo e non ce ne rendiamo conto. Quando lo capiamo è troppo tardi, perché abbiamo già perso tutto”
Caspian si mosse per esserle più vicino e posarle una mano su una guancia. Avrebbe accarezzato per sempre quella pelle.
“Hai sofferto molto nel lasciare Narnia, non è così?”
“Tanto da voler dimenticare”. Susan chiuse gli occhi, la fronte contratta nel ricordo doloroso.
“Io farò in modo che non accada più. Voglio che tu sia la mia Regina Susan”
“Io sono già la tua Regina” gli sorrise. “Ma non possiamo stare insieme”
“Stiamo già insieme”
“Non farmi il verso” mugugnò lei, lasciando andare l’uccellino.
“Scusa…”
Si stavano per baciare quando un passerotto azzurro si posò sulla testa del Principe, strappando ad entrambi una risata.
“Ehi!” fece il giovane, afferrando delicatamente l’animale e riposandolo a terra. “Mi spiace, piccolo amico, ma Susan è mia” disse, tenendola stretta tra le braccia come per proteggerla.
Lei lo guardò con tenerezza, posando leggera le labbra sulla sua guancia, le mani ad accarezzare il suo petto, forte e rassicurante.
“Non so per quanto potrò restare, ma finché mi sarà concesso voglio vivere tutto insieme a te, Caspian”
Lui l’abbracciò convulsamente. “Non dire che te ne vai. Così mi distruggi l’anima”
La fanciulla gli strinse gli abiti, posando la testa sulla sua spalla.
“Vorrei essere come loro” disse, osservando lo stormo di uccellini. “Vorrei essere libera”
“Lo sei”
Lei scosse il capo. “No, non lo sono. Sarò sempre prigioniera del mio mondo. Un giorno dovrò tornarci”
Caspian strinse i denti e si alzò all’improvviso. “Bè, non oggi!”
Le porse una mano e la ragazza l’afferrò. Lui la trasse in piedi e fece qualche passo avanti insieme a lei.
Lasciarono la protezione dell’ombra e delle fronde del grande albero, avanzando verso il punto illuminato dal sole, dal quale la Casa di Aslan si spalancava sul paradisiaco paesaggio di Narnia.
I ragazzi alzarono gli occhi al cielo, schermandoli con la mano. Se non avessero avuto la percezione dei propri piedi ancora ben piantati sulla roccia, avrebbero potuto credere di stare galleggiando lassù, in quell’azzurro immenso e sconfinato.
Se avessero avuto le ali, avrebbero spiccato il volo senza indugio, per andare via, insieme, lontani da tutto e tutti, per vivere il loro amore.
“Grida, Susan” disse Caspian. “Grida che vuoi essere libera.”
“Ma io…”
“Non ti sentirà nessuno, solo io, o forse tutto il mondo. Non devi vergognati di me, e non devi vergognarti di essere te stessa. Perché è proprio per quello che sei che ti amo”
Il Principe allargò le braccia e si rivolse al cielo di Narnia.
“TI AMO SUSAN!!!” gridò.
Lei rise. Il suono della sua risata scivolò sopra quelle rocce, sopra la Casa di Aslan, librandosi nell’aria fino ad arrivare a lui e a sfiorarlo come una carezza.
“Avanti” la incitò, facendo un passo indietro.
Susan alzò il capo e ne fece uno avanti.
Il quel momento, gli occhi di lei brillarono di un azzurro ancora più intenso.
“VOGLIO ESSERE LIBERA!!!”
A quel grido, gli uccellini si alzarono in volo tutti insieme, come se fossero intenzionati a trasportare la voce della loro Sovrana fino ai più remoti angoli del mondo.
Susan si ritrovò letteralmente circondata: i volatili passarono accanto e sopra di lei, sfiorandola con le ali colorate, cinguettando a più non posso, fino a che non si allontanarono e furono solo una macchia nera dentro il blu.
Caspian la guardò ridere, allargare le braccia, aprirle verso il cielo, quasi che potesse librarsi anche lei come quei passeri variopinti.
Ora era veramente se stessa, come quella mattina in groppa a Destriero: bellissima, non solo il suo viso, ma tutto il suo essere.
Illuminata dal sole, il vento che giocava tra ai suoi capelli, era l’immagine di ciò che desiderava di più al mondo, tutto ciò di cui aveva bisogno.
Era un angelo. Un angelo venuto per renderlo felice, per donargli la vita. Il suo stesso sorriso la illuminava di luce propria.
Il cuore rimbalzò, potente, dritto verso un’unica direzione: lei.
Ormai ne era più che certo: poteva anche morire per quella ragazza.
Caspian strinse i pugni per assimilare il colpo della consapevolezza che le paure di Susan non erano del tutto infondate. Un giorno, presto o tardi, lei se ne sarebbe andata.
Erano troppo diversi. Troppo distanti.
Susan si voltò nell’ondeggiare dell’abito color porpora, e vide che lui non sorrideva più. Abbassò le braccia e anche il suo sorriso si spense.
“Che cosa c’è?” chiese, avvicinandosi lentamente a lui, il cinguettio degli uccellini ormai lontano. La quiete del pomeriggio era tornata immobile.
“Dobbiamo scendere, adesso” rispose Caspian, la voce afona.
Vide la perplessità farsi strada sul volto di lei. La osservò un istante ancora e poi le voltò le spalle.
“Ho fatto qualcosa di male?” chiese Susan.
Caspian si fermò e si rigirò.
“Se è così, ti prego di perdonami” lo implorò la ragazza, afferrandosi la gonna tra le mani, ansiosa.
Santo cielo, aveva forse urtato Caspian in qualche modo e non se n’era resa conto?
Lui scosse il capo. “No, non hai fatto nulla, non preoccuparti. Sono io che…”
S’interruppe di nuovo.
Cosa dirle? Sono io che sto sbagliando tutto, che mi sono illuso, che pensavo potesse veramente funzionare?
“Susan…”
Lui pronunciò il suo nome in un modo che le fece provare una stretta al cuore.
Che cos’era tutta quella tristezza nei suoi occhi scuri? Un momento fa rideva con lei, e ora…
Il ragazzo si avvicinò ancora, la brezza gli scompigliava i capelli, mandandoglieli davanti al volto.
Lei non disse nulla, aspettava che continuasse.
Ma lui non parlò.
Caspian le si accostò ancor di più. Susan poteva sentire il suo respiro.
Il Principe l’attirò sé, sentendosi bruciare in tutto il corpo. Ed esso reagì fin troppo presto al contatto con quello di lei, mentre il cuore aumentava i battiti ad ogni istante, fin quasi a scoppiare.
Dio, quanto l’amava...
Senza accorgersene, istintivamente, la catturò con un bacio talmente passionale che lei si sentì mancare.
Susan si mise in punta di piedi e si aggrappò alle sue spalle.
Improvvisamente, Caspian scese a solleticarle il collo, baciandolo delicatamente.
Lei rimase immobile, non sapendo come gestire la situazione.
Le mani del giovane si mossero dai fianchi di lei, cominciando a salire sulle costole fino a che, con infinita delicatezza, le tracciò una carezza leggera sul seno morbido, tracciandone la rotondità sopra l’abito.
A quel punto, Susan deglutì, aggrappandosi a lui ancora più forte, infilando le dita tra i suoi capelli, mentre le labbra di Caspian scendevano verso la cavicola e poi in quel punto in cui la casta scollatura nascondeva la sua grazia.
Susan divampò di calore e di imbarazzo allo stesso tempo. Gettò il capo all’indietro. Le gambe le tremavano. Se lui non l’avesse sorretta con le sue forti braccia sarebbe venuta meno.
Caspian stava praticamente morendo dalla voglia di toccarla, di provare quella pelle sotto le sue mani, sotto le labbra.
Dalla gola di lei salì un leggero gemito di desiderio che lui non si fece scappare.
Allora, infilandole una mano sotto i capelli, sulla nuca, le fece alzare il viso che lei aveva nascosto nella sua spalla, e tornò a baciarla sulle labbra.
Susan si sentiva come creta tra le sue braccia, sotto le sue mani, sotto la sua bocca, tanta era la delicatezza con cui la sfiorava.
Caspian stava del tutto perdendo la ragione. Si arrestò, guardandola negli occhi.
L’avrebbe presa lì e assaporata se non avesse ritrovato l’autocontrollo.
Lui si schiarì la voce, la gola improvvisamente secca. “Sarà meglio tornare dentro”
“S-sì”, balbetto lei, il respiro affannoso.
“Susan, io…”
Lei avvicinò di nuovo il viso, posando la fronte contro quella di lui. “Non dire niente. Va bene così”
“Sei sicura? Io non vorrei…”
Lei gli sorrise, il viso arrossato. “Hai detto che non devo vergognarmi di te o di me stessa. Bè, non mi vergogno di quel che provo”
Non era del tutto vero, ma Susan non voleva che la vergogna la frenasse dal vivere il suo amore.
Sentì crescere dentro di sé il bisogno che aveva di lui e gli disse:
“Mi sento pronta”
Caspian stava praticamente impazzendo.
Susan stava davvero dicendo che sarebbe stata disposta a concedersi a lui?
“Mi ami?” le chiese senza preamboli.
Susan fece un sospiro e sorrise. “Sì”
“Allora mi sposerai?”
Lei si morse un labbro. “Credo…di sì”
“Credi?”
“Cioè, sì. Ma…”
Caspian le posò un dito sulle labbra. “Zitta. Niente ma. Non si accettano rifiuti”
Susan posò la testa sul suo petto. “Ti amo”
“Dillo di nuovo”
Lei alzò il capo, il volto a un centimetro da quello di lui. “Ti amo. Da morire”
 
 
***
 
 
Quando le cose sembrano girare per il verso giusto, quando ti sembra di avere il mondo ai tuoi piedi, certo che nulla e nessuno potrà fermarti, che puoi fare tutto, purtroppo qualcuno pensa di venire a prendersi quel che ti era stato donato dal cielo.
Il male del mondo terrestre si era spinto fino a Narnia, corrompendola, costringendo i suoi abitanti a combattere e morire.
Fu ciò che accadde quella notte.
Quando Susan e Caspian scesero dalla cima del tumolo, tutta la Casa di Aslan sembrava in fermento.
“Che succede?” chiese il Principe, mano nella mano con la Regina.
“Ecco…Peter ha deciso che stanotte attaccheremo il castello di Miraz” rispose Edmund. “Tu non c’eri e così ha preso lui il comando…A proposito, dov’eravate voi due? Vi ho cercati ovunque”
“Non si può stare un po’ da soli?” fece Susan.
Caspian sentì la mano di lei stringere con più forza la sua.
“Vado a parlare con Peter” disse il giovane baciandogliela, per poi allontanarsi.
“Non litigate, per favore” implorò la ragazza, ma dal Principe ottenne solo uno sguardo indecifrabile.
“Litigheranno” tagliò corto Ed, guardando dall’uno all’altra. “Fa sul serio con te, eh, sorellona?”
Susan non rispose, accennando un sorriso.
 
***
 
 
Lucy era sola nella grande caverna della Tavola di Pietra. Aspettava che gli altri tonassero dal castello di Miraz.
Erano via da ore...
Si era opposta fino all’ultimo ma era stato inutile.
Peter e Caspian (tra battibecchi e occhiatacce) avevano raggiunto un accordo: Caspian avrebbe liberato il dottor Cornelius, mentre Peter, Susan, Edmund, Briscola e tutti gli altri, si sarebbero occupati di prendere il castello.
Un’impresa che si rivelò impossibile.
Lucy l’aveva sempre saputo, tuttavia non fu pronta al risultato: l’esercito della Vecchia Narnia era ridotto alla metà di quando era partito la sera prima, al tramonto. All’alba del giorno seguente, ritornò schiacciato e frustrato dal fallimento.
Peter e Caspian litigarono ancora, urlandosi contro, insultandosi, fino quasi ad arrivare alle armi. Ma con l’arrivo di C.P.A ferito a morte, gli animi si calmarono.
Lucy lo curò con la sua pozione miracolosa, e presto il Nano tornò quello di prima.
Ci fu poi qualcosa che all’occhio vigile di Lucy non sfuggì: cos’era successo tra Susan e Caspian?
“Lui ha detto…” fece Susan, mentre si prendeva cura dei feriti insieme alla sorellina e alle donne nano. “Ha detto che chiamarci qui è stato un errore. Sembrava così arrabbiato...”
“Non ce l’ha con te, Sue”
“Con te nemmeno”
Lucy le sorrise. “Non stiamo parlando di me”
Le due sorelle si erano confidate e, infine, si erano spinte a vicenda ad andare a parlare con quelle due teste calde di Caspian e Peter.
Susan, ancora indosso l’armatura, si recò come sempre sulla cima della Casa di Aslan. Ma lui non c’era.
Attese, seduta lassù a fissare il vuoto, pensando all’espressione apparsa negli occhi neri di Caspian. Non l’aveva mai visto così furioso, così triste...
Non aveva avuto il coraggio di dirgli niente, nemmeno per farlo star bene. Dopotutto, lui sembrava non volere nessuno intorno, nemmeno lei.
Le si spezzava il cuore al pensiero di come potesse sentirsi adesso, dopo quel che aveva scoperto: Miraz aveva ucciso il padre di Caspian. Miraz aveva ucciso suo fratello.
Balzò dall’albero e si mise a correre, con il bisogno di vedere il suo Principe.
Parlando con Lucy aveva capito che, in un momento simile, Caspian avrebbe potuto dire cose che non pensava, agire in modo errato e impulsivo.
Ma Susan gli sarebbe rimasta accanto ugualmente, anche se lui non voleva, anche a costo di essere respinta.
Lui aveva bisogno di lei per superare quel difficile momento. Non poteva lasciarlo solo.
Non lo avrebbe lasciato mai.

 
 
 
 
Rieccoci cari lettori, come state???
Vi è piaciuto questo capitolo? Sempre più audace il nostro Caspian, non trovate?
Vi dico subito che il prossimo aggiornamento arriverà molto prima del previsto, perché il prossimo capitolo l’ho già scritto quasi tutto. Contenti?
Mi devo far perdonare per le mancanze di Night&Day…
 
Ringraziamenti a:
 
Per le preferite:
aleboh, battle wound, fossyross, lucymstuartbarnes, Shadowfax,e Zouzoufan7
 
Per le seguite:  ChibiRoby, Ellynor, Francy 98, Fra_STSF, gwendolyn2000, Halfblood_Slytherin, Joy_10, lucymstuartbarnes, niky25, Shadowfax, SweetSmile e ukuhlushwa

Per le recensioni dello scorso capitolo: battle wound, Halfblood_Slytherin, Joy_10 miry96 e Shadowfax 
 
Per sapere gli aggiornamenti di questa storia e di Night&Day, andate sempre alla mia pagina facebook .

Per stavolta è tutto!
Un bacione e tutti e grazie che mi seguite sempre!!!
Susan♥

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: La certezza di aversi ***


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7. La certezza di aversi
 
 
 
C’era qualcosa che non andava.
Voci concitate provenivano dalla Tavola di Pietra.  
Dopo che fu scesa dall’albero, l’istinto l’aveva guidata laggiù. Aveva quasi avuto la sensazione che qualcuno la chiamasse: la voce di Caspian o quella di qualcun altro; una voce che proveniva dalle pareti della Casa di Aslan, o forse era solo nella sua testa…
In ogni caso doveva affrettarsi. Doveva correre da lui, dal suo Principe.
I rumori di uno scontro si facevano sempre più chiari, e quando Susan giunse sul posto, i suoi fratelli e C.P.A erano già là.
Tutti combattevano.
Susan arrivò appena in tempo per vedere Edmund abbattere un terribile lupo mannaro con un incredibile colpo di spada, Peter trapassare da parte a parte con Rhindon una orribile megera, mentre Briscola pugnalava il suo compagno Nikabrick, il quale aveva appena tentato di uccidere Lucy.
Da dove erano spuntate quelle creature oscure?, si chiese Susan con angoscia.
Ma, più di tutto, fu ciò che stava accadendo a Caspian che la fece sprofondare nel terrore e nell’incredulità più profondi.
Il Principe era immobile in mezzo alla battaglia, davanti all’arco di pietra dietro il quale avrebbe dovuto esserci l’effigie di Aslan. L’immagine del Leone era celata da una spessa lastra di ghiaccio formatasi nel mezzo della volta, dentro la quale vi era l’immagine di una donna che Susan ben conosceva.
Era Jadis, la Strega Bianca.
Caspian, la mano tesa in avanti verso di lei, sembrava incantato, certamente preda di un incantesimo.
“Avanti, Caspian. Vieni da me” lo incitava la Strega, con voce suadente.
Susan osservò la scena impietrita.
“Caspian!” la Regina gridò il suo nome, ma non fu certa che lui l’avesse sentita.
Il ragazzo cercava di raggiungere la Strega, prestando ascolto soltanto alle parole di lei, senza far nulla per reagire.
Una mano spettrale uscì dalla lastra di ghiaccio. Si stava quasi toccando con quella del Principe…
Non doveva accadere!
Peter accorse in aiuto dell’amico-rivale. Con una spallata lo allontanò dalla Strega, brandendo Rhindon avanti a sé.
Caspian cadde a terra e sembrò riprendersi dallo stato di trance.
“Peter, caro…” fece Jadis.
Purtroppo, non appena la guardò, anche il Re Supremo fu sopraffatto da quegli occhi gelidi e ipnotici.
E allora, Susan afferrò l’arco e le frecce, caricandolo, prendendo la mira, scoccando un colpo preciso che andò a piantarsi dritto all’altezza del cuore della Strega.
Nel ghiaccio si formò una crepa, ma non fu sufficiente per distruggerlo.
Un secondo dopo, un’altra spaccatura trasversale più profonda fece andare la lastra di ghiaccio in mille pezzi con un fragore assordante. Schegge di gelo volarono dappertutto.
L’incantesimo si spezzò. Peter ritrovò la ragione e Caspian si alzò in piedi, scambiandosi uno sguardo con lui, entrambi senza parole.
Susan si ritrovò invece a fissare Edmund, apparso dietro la lastra di ghiaccio.
Avevano avuto la stessa idea: la Dolce e il Giusto avevano colpito da entrambe le parti quasi nello stesso istante.
Susan abbassò l’arma, Ed fece lo stesso, annuendo verso di lei come a dirle che era stata brava ed ora era tutto a posto.
La ragazza tornò a respirare, mentre Lucy le correva incontro e l’abbracciava.
Susan si rivolse a Briscola. “C.P.A, porta Lucy nelle sue stanze, per favore”
Quando il Nano e la ragazzina si furono allontanati, la Regina Dolce si volse in direzione dei tre Re.
I fratelli e Caspian si scambiavano sguardi di mortificazione e rimprovero.
“Ed, io…” fece Peter, ancora un pò stordito.
“Lo, so” rispose secco il Giusto. “Era tutto sotto controllo”
Peter non replicò. Quella era la sua frase preferita, ma questa volta non era stato in grado di gestire la situazione: Edmund lo era stato.
Il Giusto uscì a grandi passi dalla caverna sorpassando Susan, scambiandosi con la sorella uno sguardo appena.
Solo allora Caspian e Peter si accorsero di lei.
Il Re Supremo la guardò, ma ella non ricambiò il suo sguardo.
Gli occhi di Susan, colmi di delusione e di rabbia, erano fissi in quelli di Caspian.
Il Principe avrebbe voluto dirle qualcosa, scusarsi per il suo comportamento, spiegarle ogni cosa, ma lei girò sui tacchi prima che potesse farlo.
“Susan!” la chiamò, senza curarsi di Peter, mormorando appena delle scuse in direzione del Magnifico.
Inaspettatamente, quest’ultimo disse: “Va da lei”
Caspian non se lo fece ripetere due volte.
La rincorse e in un attimo la raggiunse nel corridoio deserto. Lei camminava spedita.
La ragazza avvertì passi in corsa dietro di sé. Immaginò chi potesse essere ma non si fermò.
“Susan, aspetta!”
Lei fece ancora qualche passo, poi si arrestò, chiudendo gli occhi e facendo un profondo respiro. Non si voltò.
Caspian si fermò a un metro da lei, osservando il profilo della sua schiena.
“Lascia che ti spieghi”
“Sì, spiegami” proruppe lei, girandosi in fretta. “Che diavolo stavi facendo?! Chi ha richiamato la Strega? Come?!”
Il Principe aprì e richiuse la bocca.
“Ti prego, dimmi che non è quello che penso…Dimmi che non sei stato tu”
“Io…no... ”
“La Strega Bianca, Caspian! Che cosa ti dice la testa?!”
“Non volevo che tornasse, te lo giuro! Nikabrick mi aveva garantito un modo per vincere sull’esercito di Miraz: disse che esisteva un potere enorme, invincibile, ma non pensavo che stesse parlando di quel tipo di potere, non avevo idea che si trattasse della Strega!”
Susan guardò la mano di lui, sanguinante, attraversata da un taglio diagonale.
“Ti rendi conto che se le avessi permesso di prendere il tuo sangue, o anche solo di sfiorarti, lei ora sarebbe qui?!”
“Sì, io… mi dispiace ma non riuscivo a muovermi, ero come ipnotizzato” Caspian si passò una mano tra i capelli, nervoso. “Appena ho capito cosa quelle tre creature volevano fare ho cercato di tirarmi indietro, ma quando ho visto quegli occhi…è stato come…non lo so. Ti giuro, non c’era modo di sottrarsi”
“Sì, lo so” disse Susan, “so che non ci si può sottrarre a Jadis, non ti biasimo per questo. Ma dimmi una cosa” La voce di lei si fece improvvisamente più dura. “Dimmi: se Nikabrick fosse riuscito a richiamarla, tu cosa avresti fatto?”
Caspian non rispose. Non sapeva cosa dire. Serrò la mascella e distolse lo sguardo da quello della ragazza.
“Non ti avrebbe risparmiato, lo sai?” continuò Susan. “Una volta ottenuto il tuo sangue per tornare, non le saresti servito più a nulla. Credi veramente che ti avrebbe lasciato in vita? Che ti avrebbe aiutato a salire al trono? No. Ti avrebbe ucciso, come tutti noi!”
“Mi dispiace, io non volevo!” gridò Caspian, la voce più alta del normale.
Ma Susan gridò ancora più forte. “Questa mattina hai detto che chiamarci è stato un errore: così, rifiuti il nostro aiuto per chiederlo a lei?!”
“Non lo avrei mai fatto!”
“Lo stavi facendo, invece!”
“Non volevo!”
“Non importa, l’hai pensato! La verità è che ti interessa soltanto di te stesso! Ti importa solo di vincere, di dimostrare di essere più forte di tuo zio, di Peter, e di essere all’altezza di tuo padre!”
Susan si portò una mano alla bocca ma troppo tardi. Ormai lo aveva detto.
Sapeva che per Caspian quello era un argomento da non sfiorare nemmeno; per questo, nel rispetto del suo dolore, lei non gli aveva mai chiesto nulla della sua famiglia.
Purtroppo, la rabbia e la delusione l’avevano indotta a dire cose che non avrebbe voluto.
“Mi dispiace…” mormorò la Regina, incontrando lo sguardo fiammeggiante di lui.
Caspian strinse i denti per non urlarle in faccia.
“Tu e tuo fratello siete bravi a sputare sentenze su cose che non conoscete”
“Non volevo…Caspian…”
“Sta zitta, non ti azzardare ad aggiungere altro!”
Le labbra di Susan iniziarono a tremare. “Non avevo intenzione di dire nulla su tuo padre, è solo che devi cercare di capire che tu non sei lui, Caspian. Tu sei te stesso”
Lui fece un mezzo passo in avanti, puntandole un dito contro. “Tu non sai niente di me! Non hai capito niente!”
La voce di lei s’incrinò. “No, forse no. Ma nemmeno tu hai capito nulla. A te non importa di Narnia, non t’importa di noi…non t’importa di me”
Susan adesso piangeva, silenziosamente, senza un singhiozzo, senza gridare.
La rabbia di Caspian svanì come una bolla di sapone. Lasciò ricadde le braccia lungo i fianchi mentre guardava il suo cielo, gli occhi di Susan, velarsi di una tempesta di tristezza.
“Mi importa di te, Sue…”
Quando le lacrime minacciarono di esplodere, Susan si premette nuovamente una mano sulle labbra e corse via.
 
 
 
***
 
 
 
Se era presente rabbia o tristezza in loro, si nascondevano nella solitudine.
Se erano stanchi dei frastuoni del mondo, delle menzogne, del male, si chiudevano nel silenzio.
Erano uguali, non se n’erano ancora resi conto, o forse non volevano, soprattutto in quel momento in cui ogni cosa era sbagliata, confusa, insensata.
Per capirsi e capire, avevano bisogno di calma e tranquillità.
Ognuno, nella sua mente, si chiedeva il perché di ciò che era accaduto, il perché delle parole dette senza pensarle davvero, di gesti e sguardi che mai avrebbero voluto rivolgere all’altro.
Un grido dopo un sussurro d’amore.
Un insulto dopo promesse eterne.
Perché?
La Strega Bianca era riuscita a rovinare tutto solo apparendo loro dinnanzi. Se fosse tornata davvero, che altro sarebbe accaduto?
Caspian non avrebbe mai permesso a nessuno di fare del male a Susan.
Susan avrebbe impedito a chiunque di far soffrire Caspian.
Eppure… e invece… si erano fatti del male a vicenda.
Cercavano una ragione per stare di nuovo insieme, per chiedersi scusa, sentendo già di non provare più rancore, ma solo un gran vuoto che penetrava fino in fondo all’anima senza che niente potesse colmarlo, se non la presenza dell’altro.
Non potevano concedersi il lusso di litigare e allontanarsi, anche se per poco, non quando il tempo a loro disposizione correva via sulle ali del vento, avvicinandoli sempre più al momento in cui avrebbero dovuto dirsi addio.
Entrambi non volevano pensarlo né ammetterlo, pur sapendo che quel giorno, prima o dopo, sarebbe arrivato.
Quel momento di silenzio e solitudine portò alla riflessione, la riflessione alla consapevolezza, la consapevolezza alla paura, e la paura tolse loro il sonno.
Era notte fonda quando Caspian uscì dalla propria stanza e si diresse alla Tavola di Pietra, cercando di mettere ordine nei suoi pensieri, sperando che lo spirito di Aslan venisse a lui per indicargli la via giusta da percorrere.
La Casa di Aslan era avvolta nella quiete. Tutti dormivano, eccetto lui e qualcun altro…
Quando il Principe varcò la soglia della grande caverna, il fuoco nei bracieri era calato, il che rendeva l’ampia sala leggermente più fredda. Il giovane, a dorso nudo, rabbrividì appena.
Le deboli fiamme gettavano quel luogo, già di per sé piuttosto buio, nella semi oscurità. Le ombre si allungavano sulle pareti decorate di bassorilievi, sul pavimento, sulla Tavola di Pietra e sull’effige di Aslan.
Là in fondo, Caspian vide la sagoma di una persona davanti all’arco di pietra nel quale era apparsa Jadis.
Non era possibile che fosse lei, vero?
I muscoli del giovane si tesero all’improvviso e la paura lo assalì.
“Chi sei?” chiese in tono d’avvertimento.
La figura si volse e allora la riconobbe.
“Susan...”
Rimase un momento a fissarla, incantato.
Seduta sulla Tavola di Pietra, le gambe piegate di lato, un’aurea di luce e fuoco che le danzava dolcemente intorno, una coperta avvolta attorno alle spalle. Non l’aveva mai vista con i capelli totalmente sciolti: una cascata di seta bruna che le ornava il viso e ricadeva sulla schiena. E quegli occhi splendidi…
Una creatura celeste… eterna. 
E toccò a Susan rimanere incantata da lui, dal suo torace scolpito, l’addome asciutto, i muscoli evidenziati delle braccia, i capelli lisci che sfioravano appena le spalle forti; i suoi occhi neri nei quali il fuoco si specchiava rendendoli ancora più scuri. Lo faceva più magro, invece era perfetto.
Era quasi irreale e per un attimo le parve irraggiungibile.
“Caspian, che ci fai qui a quest’ora?” chiese sorpresa.
Lui le si avvicinò lentamente. “Potrei farti la stessa domanda: perché non sei nella tua stanza?”
“Non riesco a prendere sonno”
Il giovane fece un breve sorriso. “Siamo in due”
Le sedette accanto sulla Tavola di Pietra, sfiorandola appena.
Non si guardavano.
Susan fissava le figure sulle pareti, Caspian il pavimento di roccia.
La Regina si scoprì a sbirciarlo di sottecchi e vide che anche il Principe le scoccava occhiate furtive.
“Avevo bisogno di stare sola, per parlare con Aslan” ricominciò lei, osservando il bassorilievo del Grande Leone. “Perciò sono scesa quaggiù.”
Caspian ne fu colpito.
Erano cosi simili…
“Anch’io avrei voluto parlargli, sai? Credi che mi avrebbe ascoltato?”
“Sì, certo” rispose lei con sicurezza.
Il Principe abbassò il capo, la frangia gli ricadde sul viso. “Anche dopo tutto quello che ho combinato oggi?”
“Ti perdonerà, Caspian, di questo sono sicura. Ho paura, invece, che non voglia saperne di me”
“Perché dici questo?”
Lei non rispose subito. Si sistemò la coperta attorno al corpo, avvertendo un brivido. Indossava solo la camicia da notte a maniche corte.
“Hai freddo?” le chiese Caspian automaticamente.
“Un po’… tu no? Sei senza camicia...”
“Sì, io…”
Timidamente, Susan si spostò un poco più vicino a lui, gettandogli sulle spalle la coperta calda. Quel gesto li costrinse ad accostarsi l’uno all’altra.
Dopo un attimo d’impiccio, la Dolce piegò la testa e l’appoggiò sulla spalla di lui. Caspian le circondò la vita con un braccio, posando la guancia sulla sua fronte.
“Non ho voluto credere in Lui” riprese la fanciulla, la voce triste. “Sono stata così stupida da attribuire ad Aslan colpe che in realtà erano solo mie”
“Nemmeno io ho confidato pienamente in Aslan, e forse è troppo tardi adesso per chiedere scusa”
Lei sollevò la testa. “Tutti inciampiamo, qualche volta. Diciamo e facciamo cose di cui ci pentiamo. Ma Aslan sa leggere nel cuore delle persone, sa quello che abbiamo dentro e il perché abbiamo agito in un certo modo. Se ci pentiamo sinceramente degli errori commessi, ci perdonerà… o almeno lo spero”
Caspian si era voltato a guardarla, ma Susan teneva gli occhi bassi.
“E tu mi perdonerai?” le chiese.
Lei si voltò, allora, perdendosi come sempre dentro il suo sguardo. Allungò una mano verso il viso di lui, sfiorandogli una ciocca di capelli ricaduta sugli occhi neri.
“E tu puoi perdonare me?”
“Vieni qui” mormorò Caspian con dolcezza, prendendola tra le braccia.
Susan si rannicchiò sul suo petto, provando un altro brivido al contatto con la sua pelle, il suo tepore... Stavolta, il freddo non centrava nulla.
“Avevo paura che mi odiassi” sussurrò la fanciulla tra sommessi singhiozzi.
“Che dici, sciocca?” sorrise lui.
“Mi dispiace! Non volevo dire nulla su tuo padre, Caspian, tantomeno offendere la sua memoria, te lo giuro. Scusami!”
“Sshhtt…Tranquilla, non piangere. Perdonami tu per averti urlato contro in quel modo. Non so cosa mi sia preso”
“Se ti fosse successo qualcosa, non so cos’avrei fatto” ammise la Regina con angoscia. “Non posso più stare senza di te”
Lui le posò un bacio sulla fronte. “Nemmeno io”
Lei si allungò verso il suo viso e premette le labbra sulle sue.
“Non lasciarmi, Caspian” quasi lo implorò.
“Mai, te lo giuro”
Susan lo abbracciò stretto, allacciandogli le braccia attorno al collo.
Lui affondò il viso nei suoi capelli, sfiorandole la schiena, percependo quanto leggera fosse la stoffa del suo indumento.
Come sarebbe stato toccare quella pelle di seta?
Susan si calmò, il calore delle carezze di lui la rilassò.
Rimasero così per lunghi attimi. Poi, con delicatezza, Caspian la scostò da sé prendendole le mani.
“Sono stato un completo idiota, lo so. Ti prego, perdonami”
Lei scosse il capo aprendo le labbra in un sorriso, posando un dito su quelle del Principe. “Non sono più in collera. Ma se lo fai un’altra volta, giuro che…”
Lui le baciò la mano. “No, promesso. Niente più donne tra noi”
“Lo spero proprio!”
Lui rise e le prese il mento tra il pollice l’indice, baciandola con tutta la dolcezza di cui fu capace.
Erano stati così sciocchi da rischiare di rovinare tutto, e per cosa? Per l’orgoglio ferito, per una parola di troppo pronunciata in un attimo di rabbia e paura.
Poco dopo, Caspian fece scivolare via la coperta dalle spalle di entrambi e si alzò in piedi, parandosi davanti a lei.
“E va bene…”
Susan lo guardò interrogativa.
Lui le porse le mani. “Alzati anche tu, per favore”
La ragazza obbedì, un sorriso dubbio sulle labbra, il quale si spense non appena Caspian si inginocchiò davanti a lei.
“Non mi importa se sono pazzo, non mi importa se quasi non ci conosciamo: per questo avremo tutta la vita. Ma io ti amo e ti voglio sposare. Non aspetterò ancora per chiedertelo: sposami, Susan”
La fanciulla liberò un sorriso meraviglioso che lo abbagliò.
“Sì!”
Lui glielo aveva chiesto sulla cima del grande albero, ma questa volta...questa volta le aveva fatto una proposta in piena regola, ed era più serio che mai.
Quando Caspian si alzò, lei gli si gettò tra le braccia.
Lui la sollevò e la strinse forte, poi la rimise a terra, guardandola intensamente.
Susan si sentì morire sotto quello sguardo.
Caspian le posò una mano sul capo, tra i capelli, sul viso, percorrendo con lo sguardo ogni centimetro di lei: gli occhi, la fronte, le labbra, le guance, il collo, le spalle, la leggera stoffa della camicia da notte che nascondeva quel corpo meraviglioso che bramava con ogni fibra del suo essere. Il suo sguardo cadde sulla casta scollatura che lasciava intravedere il dolce solco tra i seni di lei.
“Susan…” Caspian mormorò il suo nome senza ragione apparente, solo per rendersi conto che lei era vera, che era lì con lui, stretta tra le sue braccia, e che erano soli.
La Regina, le mani posate sul petto di lui, lo accarezzò appena, scoprendosi a divorare la bellezza di quel corpo, passando le dita tra la leggera peluria del suo petto che lo rendeva ancor più desiderabile.
Alzò lo sguardo, gli occhi azzurri languidi.
Poco dopo, le labbra del Principe affondarono tra quelle della fanciulla, che si lasciò andare a un sospiro, rispondendo senza riserve.
Il corpo di lui ebbe una reazione immediata.
Anche quello di lei aveva reagito e, stranamente, la Regina non se ne vergognò. Stava soltanto reclamando quello di cui aveva bisogno: lui.
Susan fremeva per quel contatto, ricordando quando Caspian l’aveva accarezzata sulla cima della Casa di Aslan, le emozioni che aveva saputo provocare in lei, desiderando di nuovo sentirle accendere il suo corpo.
Poco dopo, si sentì sollevare da terra e si ritrovò distesa sulla fredda roccia della Tavola di Pietra, Caspian sopra di lei.
Lui l’adagiò sulla coperta, la guardò un istante e riprese a baciarla quello dopo.
E per la prima volta, Susan percepì il reale desiderio che infiammava le membra del giovane. S’irrigidì un poco e lui si allontanò subito.
“Scusami…” disse Caspian, la voce roca. Teneva le mani ai lati di lei, il respiro corto. “Ti desidero così tanto da non riuscire a pensare ad altro”
Susan deglutì a vuoto. Non disse nulla. Non ci riusciva. Cercò disperatamente di fargli capire che non doveva scusarsi, ma non sapeva come fare…
La ragazza tentò una carezza ardita e un po' goffa, facendo scorrere le mani sul petto di Caspian, poi più giù verso l’addome, avvertendo il brivido che gli provocò.
Ritrasse la mano, incerta, emozionata, e lui male interpretò quel gesto.
“No, Susan...” la prese tra le braccia e si sollevò a sedere. “No se non vuoi”
“Caspian, io…”
“Ssshhtt…non importa” sussurrò lui, posando le labbra sulla fronte di lei. “Aspetterò tutto il tempo che vorrai”
“Non c’è niente da aspettare” soffiò la fanciulla contro la sua spalla. “Voglio essere libera. Libera di vivere questo amore.”
Si guardarono negli occhi.
Caspian le accarezzò il viso con entrambe le mani.
“Amore mio, non aver paura”
“Non è paura. E’ solo che io non… ”
“Nemmeno io” sorrise lui, indovinando i pensieri di lei.
La Regina Dolce lo fissò senza riuscire a trattenere un nuovo sorriso. “Vorrà dire che lo scopriremo insieme”
Caspian chiuse gli occhi e appoggiò la fronte a quella della ragazza.
“Fai l’amore con me, Susan”
“Sì…”
Lei non voleva avere paura, voleva lasciarsi andare, anche se sapeva che stava per fare qualcosa di meraviglioso e spaventoso al tempo stesso.
Lentamente, si scostò un poco da lui e sollevò le mani, timida, per abbassarsi appena le spalline della camicia da notte. Poi si fermò.
Lo sguardo di Caspian divenne all’improvviso più scuro. Allungò le mani e terminò ciò che lei aveva cominciato, aiutandola a liberare la grazia del suo corpo.
Dio, com’era bella!
L’assaporò con lo sguardo per un momento e poi la strinse a sé, godendo della sua incredibile morbidezza contro la propria pelle.
La fece nuovamente adagiare sulla Tavola di Pietra, liberandola totalmente da ogni costrizione.
E poté finalmente vederla...
L’avrebbe ricordata per sempre così, come in quel momento: le mani sollevate all’altezza del viso, gli occhi celesti splendenti, i capelli sparsi sulla pietra che risaltavano scuri contro la pelle chiara, le labbra socchiuse, il seno che si alzava e abbassava, invitante, i fianchi dolci e le gambe perfette.
Stava praticamente impazzendo nel guardarla.
“Sei una visione” mormorò Caspian, tracciando il profilo del corpo di lei con il dorso della mano. “Un sogno”
Susan gli sorrise, emozionata come non mai.
Il Principe reclamò le sue labbra, chiedendo risposta.
Lei rispose, lasciandosi travolgere e reagendo a ogni stimolo con intensità e passione.
Caspian aveva immaginato a lungo quel momento, ma nemmeno la più fervida fantasia avrebbe reso giustizia alla sensazione nuova e meravigliosa che il corpo della sua Susan trasmetteva al suo. Rimase stupito dal suo arrendersi docilmente alle sue carezze e ai suoi baci.
Si tolse quasi subito la biancheria: voleva sentire la consistenza della pelle della sua Dolce Regina a contatto con la propria.
Susan trattenne il fiato e rimase a fissarlo incantata, con il cuore in gola. Era bellissimo, e scoprì di non vergognarsi affatto nel guardarlo, né di farsi ammirare a sua volta.
Caspian si ridistese sopra di lei, incatenando lo sguardo a quello di Susan.
Desiderosi di conoscersi, iniziarono ad esplorare il copro l’uno dell’altra.
Le dita delicate della fanciulla sfiorarono la ferita ancora fresca sul bicipite sinistro del Principe, dove la freccia della regina Prunaprismia lo aveva colpito. Si alzò di poco per baciargliela, poi gli prese la mano e fece lo stesso con quella sul palmo. La pelle di Caspian era incredibilmente morbida e calda…
Il Principe chiuse gli occhi, estasiato da tanta tenerezza, percependo le labbra morbide di lei solleticargli le spalle, il collo, il petto.
Le rivolse le medesime attenzioni. Le tracciò baci roventi su tutto il corpo, indugiando sul seno, suggellandolo con labbra gentili. Sentì le dita di Susan stringersi tra i suoi capelli, in una tacita preghiera di non smettere.
I baci e le carezze si fecero pian piano più urgenti, più intimi.
Lui, amante inesperto, non sapeva bene come controllarsi. Avrebbe voluto dirle di fermarlo se qualcosa non andava ma sapeva che non ne sarebbe stato capace.
Provò ad accarezzarle le gambe, nel contempo tornando a posare le labbra su quelle di lei, per tranquillizzarla.
Susan si aggrappò alle sue spalle e il suo cuore accelerò all’impazzata. Se solo non fosse stata così insicura su come comportarsi in quel momento, su cosa fare!
Caspian fece leva sui palmi delle mani, accostandosi ancor più a lei.
Si fermarono entrambi per un momento. Lui cercò il suo sguardo, temendo di scorgere la paura negli occhi della sua Regina. Ma non ve n’era, se non celato nel profondo del cuore.
Lei sapeva che adesso avrebbe sentito dolore.
“Fai piano, per favore” mormorò Susan in un soffio.
Tutta quella dolcezza minacciava di farlo impazzire…
Caspian la guardò con estrema tenerezza, facendole una carezza sul viso col dorso della mano.
“Sta tranquilla, amore mio”. Le baciò la fronte, gli occhi, le guance. “Non ti farei mai del male”
“Lo so”
“Io ti amo, dolce Susan. Ti amo più di ogni altra cosa al mondo”
Lei gli sorrise, improvvisamente sicura di sé. In quel momento si sentiva completamente estraniata da tutto ciò che la circondava. Il suo unico desiderio era di rimanere lì, tra le braccia del ragazzo che amava, per sentire il cuore di lui battere unicamente per lei, unitamente al suo.
“Anch’io ti amo, Caspian, più di quanto potrò mai essere in grado di spiegare”
Lui le accarezzò i capelli. “Non servono parole”
Il Principe ricominciò a baciarla piano sulle labbra, schiudendole con tenera passione.
Susan, guidata dall’istinto e dall’amore, lo accolse presso di sé, offrendogli il suo corpo fino a quel momento solo suo, ma che lei decideva ora di concedere a lui e lui soltanto, lasciando che Caspian le donasse nuova forma.
La fanciulla affondò il viso nella sua spalla, reprimendo un grido.
Il Principe la strinse forte a sé, improvvisamente impaurito. “Susan…”
“Non lasciarmi” mormorò lei, stringendolo ancora di più. “Non allontanarti mai da me”
“Per nulla al mondo”
Lei era un tesoro prezioso, un fiore delicato da cogliere più gentilmente possibile. La tenne più stretta, finché non la sentì sospirare e abbandonarsi totalmente a lui.
Susan mormorò il nome del suo Principe e, poco dopo, il dolore scomparve. Un dolce calore la invase, facendole dimenticare chi era, dove si trovava. Tutto, eccetto Caspian.
Inarcò la schiena per ascoltare il proprio corpo muoversi in armonia con quello di lui, mentre l’amava con dolcezza, passione e devozione quasi commoventi.
Era quella la gioia che una donna poteva provare tra le braccia di un uomo.
Erano come tasselli finali di un puzzle finalmente completo.
Caspian diventò parte di lei: le sue mani e le sue labbra infondevano a Susan vita nuova, nuove emozioni sul suo volto, le stesse dalle quali era avvolto anche lui.
Naufragando in quel mare di dolcezza, Susan affondò le unghie nella sua schiena sudata e scolpita, il viso nascosto nella curva del collo di lui.
Era qualcosa che mai prima di allora avevano provato. In tutta la vita non si erano mai sentiti cosi vivi come in quel momento.
E l’anima annegò in un diluvio di emozioni. Le loro labbra s’incontrarono di nuovo, un momento prima di essere sopraffatti dalla gioia infinita dell’essere finalmente e totalmente uniti.
Poi, furono distesi l’uno tra le braccia dell’altro, ascoltando i battiti impazziti del cuore tornare al ritmo consueto.
Caspian posò le labbra sulla fronte di lei, ripetutamente.
Susan sentì l’emozione partire dal petto, invaderle la gola e arrivare agli occhi. Quasi pianse, ma lui le baciò le palpebre socchiuse e lei si calmò subito.
Caspian la fece scivolare su un fianco, facendole posare la testa sul suo petto, dove Susan si rannicchiò ad occhi chiusi, sospirando mentre lui le baciava piano la tempia.
“E’ stato bellissimo”. Il giovane intrecciò le dita a quelle di lei, cominciando a giocherellarci.
Lei sorrise e si sistemò meglio accanto lui, fissando le loro mani.
“Non sei pentita, vero?”
“Potrei?” rispose la Regina, alzando il viso.
“Ti amo, Susan” sussurrò il Principe, le labbra già su quelle di lei.
“Ti amo, Caspian”
Passarono qualche altro minuto a baciarsi, coccolarsi, anche se era nulla a confronto di ciò che avevano appena condiviso.
Caspian- notò poi Susan- aveva un’espressione molto seria.
“Stai bene?” le chiese, scostandole i capelli dalla spalla in un gesto premuroso.
Lei sorrise. “Sì, sto bene”
Le braccia del ragazzo si chiusero attorno a lei e Susan assaporò tale sensazione di protezione: la presenza di Caspian accanto a sé, quel corpo forte che esprimeva al contempo tutta la sua virilità e tenerezza maschile.
In quella flebile luce e in quel nuovo calore, Susan pensò che si sarebbe potuta facilmente addormentare di lì a poco. Fissò un punto impreciso della sala, trasognata; lo sguardo vagò sulle pietre, sui bracieri, sull’effige di Aslan, mentre Caspian le accarezzava i capelli e la schiena, lentamente.
“Ehi…” lo udì mormorare.
Susan lo guardò e vide che sorrideva.
“Sai, è come se…” fece lei, vergognosa.
Era dolcissima quando abbassava lo sguardo in quel modo, pensò Caspian, come il primo giorno in cui si erano incontrati.
“E’ come se…?” la incoraggiò, continuando ad accarezzarle la schiena.
“Come se ci fossimo sposati, prima, di fronte ad Aslan. So che non abbiamo pronunciato le promesse, ma...”
“Senza se: ci siamo sposati. Per me è come se lo fossimo già” confermò lui con sguardo intenso. “Aslan era qui. Lui è sempre qui: il suo spirito è ovunque a Narnia, e ancor più nel luogo che porta il suo nome: la Casa di Aslan”
Lei gli accarezzò il viso. “Caspian, voglio restare qui con te”
“Sei qui con me”
“Sì, ma io intendo per sempre. Voglio restare a Narnia. Non partirò quando la guerra sarà finita”
Lui l’ascoltava attentamente.
“Questa notte non sono venuta qui solo per chiedere perdono ad Aslan, sai? Ma anche per ringraziarlo: per avermi fatta tornare e averci fatto incontrare. Non m’importa di cosa diranno gli altri, m’importa solo di te: io resterò.”
“Sue…”
“Ora sono un’altra. Ora sono libera!” continuò lei, con un sorriso colmo di gratitudine. “Davanti a te, adesso, c’è la Susan che pochi conoscono, o forse nessuno. Sei riuscito a togliermi quella maschera che portavo sempre per nascondermi, per non provare più dolore e paura. Ma se tu sarai al mio fianco, non avrò mai più paura di niente”
Lui sorrise di nuovo e si alzò su un gomito. “Noi resteremo insieme per tutta la vita e oltre, mio dolcissimo amore. Io voglio vivere, amare, combattere, gioire e morire insieme a te”
Caspian si chinò su di lei, baciandola una volta, carezzandole il viso.
“Abbiamo fatto l’amore sulla Tavola di Pietra. Ti rendi conto di ciò che significa?”
Una luce di speranza illuminò il viso della Regina. “Che adesso sono tua”.
“Esatto” affermò lui con convinzione. “Mia. Non una Regina di Narnia, ma la mia Regina. Soltanto e per sempre mia”
Lei lo abbracciò, felice. Non si riconosceva neanche per quanto lo era ora. Non credeva di esserlo mai stata tanto.
“Sei il mio amore”
“E tu il mio” rispose Caspian.
Rimasero stretti ancora qualche istante, nel silenzio. Gli unici rumori erano quello delle ultime fiamme che ardevano nei bracieri e quello dei loro respiri.
“Dobbiamo tornare in camera” disse Caspian alla fine, muovendosi un poco.
Susan si scostò da lui e si avvolse la coperta attorno al corpo, mentre entrambi si alzavano a sedere.
Il Principe le porse la camicia da notte, voltandosi mentre lei se la rinfilava.
Si rivestirono in fretta, rossi sulle guance e con mani tremanti.
Susan avrebbe voluto rimanere insieme a lui tutta la notte, e invece…
“Che c’è?” chiese Caspian quando si voltò.
La Regina, ancora seduta sulla Tavola di Pietra, scosse semplicemente il capo.
Il Principe le sorrise e le si avvicinò, posando le mani ai lati dei suoi fianchi. “Susy? Ehi…”
“Non mi va l’idea di tornare nella mia stanza, come se mi stessi nascondendo” rispose lei, facendosi scura in viso.
Lui la prese per la vita, facendola scendere. “Che dici?”
Susan lo fissò con un’ombra di risentimento nello sguardo. “E’ quello che stiamo facendo: stiamo per nasconderci come ladri, come se avessimo commesso qualcosa di terribile. Vorrei gridare al mondo che ora ti appartengo e invece non posso. E domattina dovremo fare finta di nulla, vero?”
Caspian serrò le labbra, prendendola tra le braccia. “Purtroppo è così…Ma credevo ti piacesse l’idea di non dire nulla a nessuno” aggiunse ammiccando.
Lei gli scoccò un’occhiata non troppo convinta. “Bè, sì…ma non ora che noi…”
“Anche io vorrei rimanere insieme a te, ma non possiamo” disse lui, prendendole il viso tra le mani. “Aspetteremo che la guerra sia finita, come hai detto tu, poi ci sposeremo e allora tutto sarà perfetto”
La Regina fece un breve sospiro. “Sì…Sì, forse è meglio”
Dopotutto, pensò Susan, non era fattibile l’idea di farsi trovare laggiù con Caspian in atteggiamenti inequivocabili. Sarebbe scoppiato il finimondo e Peter avrebbe ucciso Caspian seduta stante.
Tornarono verso gli alloggi notturni, mano nella mano, in silenzio, sperando di non essere visti.
Susan si morse un labbro per non ribadire ancora quanto quella situazione cominciasse ad andarle stretta.
Infine, si fermarono di fronte alla porta della camera della Regina, parlando più piano che poterono.
“Sei in collera con me?” chiese Caspian.
Lei scosse il capo e lo abbracciò. “No”
Si guardarono un momento. Poi, lui si chinò su di lei, togliendole il respiro con l’intensità del suo bacio.
Le mani di Caspian si strinsero sulla sua schiena, rubandole un brivido.
“Susan…io…non ci riesco…”
“Rimani” sussurrò lei sulle sue labbra. “Resta con me, ti prego. Resta con me…”
E le lacrime, infine, scivolarono sulle sue guance candide.
Caspian la fissò sgomento e poi la baciò di nuovo, con impeto.
Senza nemmeno rendersene conto, Susan si sentì cingere saldamente la vita e sollevare da terra.
Un attimo dopo, tenendola con un braccio solo, Caspian indietreggiò di schiena verso la porta della camera, aprendola con la mano libera.
Senza smettere un attimo di baciarla, scivolò con lei all’interno, nell’oscurità.

 
 
 
 
Finalmente ho aggiornato, cari lettori! Lo so, era pure ora!
Sono stata impegnatissima questa settimana e sono stata anche poco bene…nulla di grave, ma non ero in vena di mettermi al pc... sorry U.U
Bè, che dire di questo capitolo? Niente, se non che aspetto con ansia i vostri commenti!!!
A me piace descrivere le scene d’amore in modo sempre molto poetico, ormai lo sapete, ma stavolta mi sono un po’ (tanto) sbilanciata per i miei standard...spero che mi sia uscito bene.

 
Ringrazio:
per le preferite: aleboh,battle wound, fossyross ,lucymstuartbarnes MoiraScarletMorgana, Shadowfax, Zouzoufan7
per le seguite:  Ellynor, Francy 98, Fra_STSF, gwendolyn2000, Halfblood_Slytherin, Joy_10, lucymstuartbarnes, niky25, Shadowfax, SweetSmile, ukuhlushwa
per le recensioni dello scorso capitlo: battle wound, Halfblood_Slytherin, Joy_10, lucymstuatbarnes, Shadowfax
 
Prima di salutarci, vi ricordo la mia pagina facebook dove trovate gli aggiornamenti di questa ff e di Night&Day. E, cosa importantissima……avete visto Il Principe Caspian su Italia1, vero??? ;)
 
Grazie a tutti voi che mi seguite!!!
Un bacio e un abbraccio
Susan♥

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: Il momento dell'addio ***


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8. Il momento dell’addio
 
 
 
Il loro idillio non durò che una sola notte.
Il mattino portò con sé la notizia che l’esercito di Telmar al gran completo marciava verso la Casa di Aslan.
Caspian e Susan furono i primi a saperlo.
Quando anche Peter, Edmund e Lucy ne furono informati, si giunse a quella decisione che avrebbero dovuto prendere già da molto tempo.
I narniani erano ridotti alla metà di quel che erano stati durante l’assedio al castello di Miraz, e per non ripetere lo stesso errore ed evitare un nuovo ed inutile spargimento di sangue, era necessario l’intervento di Aslan.
Ne sorse una discussione. Alcuni- come Briscola- dissentirono tale decisione, soprattutto perché sarebbe toccato a Lucy il compito di andare a chiamare il Grande Leone.
Susan si offrì di accompagnare la sorella, sollevando nuove proteste, principalmente da parte di Caspian.
Ciò nonostante, nessuno convinse le due ragazze a desistere.
Il piano era questo: finché le due Regine non fossero tornate insieme ad Aslan, Peter – su idea di Caspian – avrebbe sfidato Miraz a duello cercando di tenerlo occupato il più a lungo possibile.
Nelle ore successive, gli abitanti della Vecchia Narnia si prepararono a schierarsi in battaglia, primo fra tutti il Magnifico, indossando l’armatura rosso-argento che aveva sempre contraddistinto i cavalieri dell’Ordine del Leone.
Nel frattempo, Edmund, Tempestoso e il gigante Tormenta, portarono a Miraz la richiesta di sfida del Re Supremo.
Anche Lucy e Susan si prepararono a dovere. Quando fu pronta, la Regina Dolce scese nella caverna riservata alle cavalcature, trovandovi Caspian, intento a sellare Destriero.
Lui le dava le spalle. Lei non capì se l’aveva sentita entrare oppure no.
Gli si avvicinò e lo abbracciò da dietro, posando la testa sulla sua schiena coperta dall’armatura.
Caspian lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi.
“Non sei costretta ad andare” disse, voltandosi verso di lei e prendendola subito tra le braccia.
Lei si separò da lui e lo guardò dritto negli occhi. “Non posso lasciare Lucy sola”
“Nemmeno lei dovrebbe fare questa pazzia. Dovreste potare con voi qualcuno dei nostri. Chiederò a Tempestoso di…”
“No, Caspian” ribatté Susan con calma. “Dobbiamo farlo da sole. Se i soldati di Telmar vedessero un drappello di narniani muoversi verso la foresta, ci inseguirebbero e capirebbero subito quali sono le nostre intenzioni. No: la nostra operazione deve passare il più possibile inosservata”
“Non voglio perderti ora che ti ho trovata”
Susan gli gettò le braccia al collo. “Non mi perderai mai. Starò attenta”
Caspian le prese il viso tra le mani e la baciò una volta. “Verrò con voi”
Susan fece un sospiro. “Non puoi farlo. Tu sei il Re e devi rimanere accanto al tuo popolo, dar loro il tuo sostegno”
“Non sono capace di fare il Re, Susan” il ragazzo scosse il capo in un gesto sconsolato. “E’ inutile far finta che non sia vero. Tuo fratello sta guidando Narnia meglio di quanto sono disposto ad ammettere. Io non sarò mai in grado di farlo. Io sono un’incapace”
“Smettila di parlare così!” Susan lo guardò con rimprovero. “Non sei un incapace, hai solo bisogno di più fiducia in te stesso. Combatti, Caspian, non ti arrendere! Non ti arrendere mai! Devi farlo per Narnia ma anche per te stesso. I Vecchi Narniani hanno sognato a lungo di poter tornare liberi e tu puoi realizzare questo sogno: sei la persona che può fare la differenza.  E quando sarà finita, potrai vedere il risultato di quello che tu hai costruito. Tu sei il Re, non devi mai dimenticarlo”
Il Principe la guardava ammirato: parlava da vera Regina, come Peter, come Edmund, come Lucy…sarebbe mai stato in grado, lui, di essere come loro?
“Fallo per me, Caspian. Combatti e vinci” disse lei, lasciandolo stupito.
Qualsiasi altra donna al mondo gli avrebbe chiesto di non andare, di non battersi, di rinunciare per amor suo. Ma non Susan.
Sì, doveva farlo: doveva lottare per il suo popolo, per tutti gli amici meravigliosi che aveva incontrato, per far si che suo padre e sua madre fossero fieri di lui; doveva farlo per Aslan, per sé stesso e per lei.
“Io, per te, manderei all’aria tutto quanto” disse il Principe, avvicinando il viso a quello della ragazza. “Ma so che hai ragione: non posso lasciarli, però tu…”
“Narnia ti appartiene, Caspian”
“Anche tu mi appartieni”
Susan gli rivolse uno sguardo che esprimeva leggero rimprovero. “Sai che so cavarmela”
Il Principe fece un sospiro a labbra strette. “Sì, lo so. Non volevo dire... Sue, io vorrei che rimanessi al mio fianco”
La ragazza gli prese il viso tra le mani. “Sarò di ritorno prima che tu te ne accorga”
Lui le cinse la schiena con un braccio, saldamente, infilando l’altra mano tra i suoi capelli.
“Ti amo, piccola testarda”
La bocca di Caspian fu su quella di Susan, avvolgendola, baciandola con trasporto e lei si sentì fortissima.
In un attimo, tutte le sensazioni della notte trascorsa insieme li invasero nuovamente, facendo loro desiderare di non avere indosso quelle ingombranti armature.
Un fremito del cuore, un sospiro, e poi le labbra si disgiunsero.
Rimasero a fissarsi un istante, respiro contro respiro.
Caspian le prese la testa fra le mani, incatenando gli occhi a quelli di lei.
“Prometti…”
“Qualsiasi cosa”
“Di tornare da me sana e salva”
“Te lo prometto” Susan fece scivolare una mano sul suo petto coperto dall’armatura. “Prometti di stare attento anche tu”
“Lo prometto”
“Susan, io sono pronta” fece la voce di Lucy di lì a qualche secondo.
Il Principe e la Regina si separarono subito dall’abbraccio in cui erano stretti.
La Valorosa non disse nulla. Rimase a fissarli un secondo accennando un sorriso, poi si avvicinò loro.
Le due sorelle montarono su Destriero.
Caspian sistemò i finimenti, assicurandosi che tutto fosse a posto. Sistemò meglio il piede di Susan dentro la staffa, alzando il viso verso di lei.
“Buona fortuna” disse soltanto.
Quelle parole suonavano tanto come un altro ‘ti amo’.
Si fissarono negli occhi un istante: ancora una volta, lui la pregò in silenzio di non andare.
Susan si volse per non essere costretta a cedere di fronte a quell’implorazione silenziosa.
“Grazie” gli rispose, stringendo le redini.
‘Anch’io ti amo’ sembrò voler dire.
“Senti…” proseguì Caspian, sfilandosi il corno d’avorio dalla cintura, “forse è ora che ti restituisca questo”
“Non è necessario…”
“Per favore, riprendilo”
C’era da aspettarselo, pensò lei. Caspian voleva essere assolutamente sicuro che non corresse alcun pericolo.
Ma anche lui avrebbe potuto trovarsi in difficoltà. Lei e Lucy avrebbero avuto Aslan a proteggerle.
“Perché invece non lo tieni tu?” gli disse così Susan. “Potrebbe servirti per chiamarmi”
I due giovani si scambiarono un breve sorriso.
“Stai pur certa che lo farò” rispose Caspian, allungando una mano verso il viso della fanciulla.
Con una leggera pressione sulla nuca, il Principe portò il volto di lei verso il proprio, costringendola a piegarsi in avanti, per poi baciarla sotto lo sguardo attonito di Lucy.
“Ma…ma…” balbettò la ragazzina, rossa in viso, coprendosi gli occhi con le mani per l’imbarazzo.
Lucy sospettava da tempo che quei due facessero coppia fissa, ma vederli scambiarsi certe effusioni…
Poco dopo, Susan diede un colpo nei fianchi di Destriero e quello partì al galoppo.
“Cosa, cosa??? Potrebbe servirti per chiamarmi?” chiese Lucy con uno sguardo furbo, aggrappandosi alla vita della sorella.
“Oh, piantala!” le rispose Susan, senza poter reprimere un sorriso.
“E quel bacio? Allora Edmund aveva ragione: lui ti piace!”
La Regina Dolce esitò un momento e poi mormorò: “Lo amo…”
“Cosa? Non ho capito”
“LO AMO!” gridò Susan, al di sopra del rombo degli zoccoli.
 
 
 
***
 
 
Caspian guardò le due sorelle allontanarsi, provando un moto d’angoscia non appena svoltarono l’angolo della galleria sotterranea, dirette verso la foresta.
Ripose il corno d’avorio nel suo fodero, apprestandosi a raggiungere lo spiazzo esterno della Casa di Aslan dove il duello tra Peter e Miraz era ormai iniziato.
Aveva uno strano, terribile presentimento.
Caspian si fermò a un passo dall’uscita. Le grida dei narniani e dei telmarini, e il clangore delle spade, facevano vibrare l’aria del primo pomeriggio. Strinse i pugni, tentando di prendere una decisione.
Non poteva lasciarle sole…
Tornò alla scuderia, sellò in tutta fretta un altro cavallo e vi salì in groppa, correndo in aiuto delle due Regine.
Arrivò appena in tempo per soccorrere proprio Susan, in evidente difficoltà contro un soldato di Telmar che, minaccioso, brandiva la spada contro di lei.
La Regina Dolce era stata costretta a mandare avanti Lucy, rimanendo nella foresta da sola a combattere contro un gruppo di telmarini che le avevano inseguite, tentando d’impedire loro di raggiungere la sorellina.
Finché le era stato possibile, Susan aveva tenuto testa ai soldati, ma ora era a terra, la schiena premuta contro un albero, disarmata. Il suo arco giaceva a qualche metro di distanza. Per prenderlo, avrebbe dovuto avvicinarsi al nemico.
Il telmarino era pronto a colpirla, quando un nuovo cavaliere arrivò al galoppo e lo abbatté con pochi, fulminei fendenti.
Caspian!
Il Principe rimise la spada nel fodero e le si avvicinò, la mano tesa verso di lei.
“Sei sicura che non ti serva il corno?” chiese con un sorriso sarcastico.
Susan ricambiò e si rimise in piedi. Recuperò il suo arco e poi afferrò la sua mano.
Caspian la issò dietro di sé, voltandosi e dandole un bacio a stampo. “Tutto bene?”
Lei annuì, il cuore che batteva forte...non per lo scontro con i telmarini, ma per Caspian, perchè era corso da lei.
“Lucy ce la farà?”
“Lucy è più coraggiosa di un intero esercito” rispose Susan con fierezza.
“Allora, forza: noi dobbiamo tornare” disse il Principe, rivoltandosi e stringendo le redini. Il cavallo scalpitò.
Susan si allungò un poco per posargli un bacio su una guancia. “Grazie, amore mio”
Lui si voltò di nuovo, stupito.
“Mi hai salvata”
“Ti avevo detto o no di stare attenta?” la rimproverò in tono scherzoso.
La Regina emise un mezzo sbuffo, stringendogli la vita, scoccandogli un’occhiata trova.
Lui sorrise ancora, poi si rimise dritto sulla sella, incitando il cavallo a ripartire.
In un volo furono alla Casa di Aslan, dove il duello tra Peter e Miraz era al culmine della tensione.
L’Usurpatore sembrò per un momento avere la meglio, ma fu il Magnifico a vincere.
Quando Miraz cadde in ginocchio davanti al Re Supremo chiedendo pietà, Peter porse la spada a Caspian: spettava al Principe di Narnia decidere della vita dello zio.
Pur nutrendo ancora profondo rancore verso Miraz, vedendolo là, ferito e stanco, Caspian provò grande pena per lui e decise di risparmiarlo. Aveva capito che la vendetta non lo avrebbe portato a nulla se non a provare ancora più odio e più dolore. Uccidere l’assassino dei suoi genitori non glieli avrebbe restituiti. In più, non voleva abbassarsi al livello dello zio, uccidendo a sua volta.
Non era lì per quello: era lì per liberare Narnia.
Quando Caspian posò la spada, il popolo proruppe in grida di esultanza, elogiando la bontà e la misericordia del loro nuovo Re.
Miraz si rialzò e si ritirò a testa bassa. I narniani credettero fosse la resa di Telmar, ma si sbagliavano.
D’un tratto, Lord Sopespian gridò al tradimento.
Peter, Edmund e Caspian trasalirono nel momento in cui videro una delle frecce di Susan piantata nel fianco di Miraz, che ora stava a faccia in giù sul terreno, chiaramente senza vita.
I tre ragazzi sapevano che non poteva essere stata Susan: odiava uccidere, e non lo faceva mai se non era più che costretta.
Da dove arrivava quella freccia, allora? Possibile che Sopespian ne avesse conservata una- forse recuperata dopo qualche scontro- e avesse ordito un piano per uccidere il suo stesso Sovrano facendo ricadere la colpa su Narnia?
Oh, sì, poteva benissimo essere…
“E’ stata lei!” gridò Lord Sopespian, puntando un dito verso la Regina Dolce, che si trovava in cima ai baluardi insieme agli arcieri.
“Narnia ci ha ingannati: hanno assassinato il nostro Re!”
Presto, la battaglia infuriò ovunque attorno alla Casa di Aslan. Telmar attaccò l’antico tumolo con le sue micidiali catapulte, facendolo tremare.
“Mettetevi al riparo!” gridò Susan ai nani e ai fauni che erano con lei.
Un altro enorme macigno fece crollare la parte anteriore della costruzione, bloccando l’entrata.
Susan sentì disgregarsi la roccia sulla quale posava i piedi. L’attimo dopo si ritrovò a dondolare nel vuoto.
Briscola l’afferrò al volo, ma il nano non poteva reggere da solo tutto il suo peso. La mano della ragazza scivolò presto via dalla sua.
Susan gridò, precipitando di sotto. Cerò di afferrarsi alle rocce e per un momento pensò di avercela fatta, quando scivolò ancora.
Peter e Caspian accorsero in suo aiuto, ma quest’ultimo fu più svelto.
Scattò vero di lei, piegandosi sotto il peso improvviso di Susan che gli cadde dritta tra le braccia.
“Ti ho presa!”
Confusa, spaventata, sollevata, la ragazza gli gettò le braccia al collo. “Oh, Caspian!”
Il Principe la sentì tremare leggermente, poi la rimise a terra, tirando un sospiro.
“Tu mi farai morire di paura”
Non ci fu tempo per altre parole, né per ulteriori rassicurazioni. Raggiunsero subito gli altri, tornando a combattere.
I guerrieri di Telmar avanzavano ancora, sempre più numerosi.
Dov’era Lucy? Avevano bisogno di lei e di Aslan.
Caspian e Susan furono costretti a dividersi, anche se avrebbero desiderato restare sempre vicini. Si cercavano con lo sguardo, per essere certi che l’altro non fosse in pericolo, ma non era sempre possibile trovarsi in quel caos infernale di spade, polvere, grida e sangue.
Ad un tratto, un enorme frastuono sovrastò tutti gli altri rumori. I narniani videro gli uomini di Telmar divenire pallidi come fantasmi.
“La foresta! La foresta!” iniziarono a gridare alcuni.
Gli alberi si erano svegliati e avanzavano verso i nemici, abbattendoli, muovendo minacciosamente rami e radici.
Caspian cercò Susan nella mischia, ma non la vide. Finito a terra dopo aver combattuto contro due telmarini, fece per rimettersi in piedi, dolorante ma illeso…quando si ritrovò faccia a faccia con il Generale Glozelle, il quale lo costrinse di nuovo a terra puntandogli contro una lunga lancia.
Caspian era immobile. Glozelle alzò la lancia e fece per colpirlo.
“No!” gridò una voce.
Una freccia passò accanto al Generale, mancandolo per un pelo.
Susan si gettò sul terreno accanto a Caspian, facendogli scudo con il suo corpo.
Glozelle li guardò, improvvisamente indeciso, la lancia tremante tra le sue mani. Avrebbe abbassato l’arma e rinunciato ma, prima che potesse farlo, una grossa radice lo scagliò lontano.
“Caspian…” fece Susan, voltandosi subito verso il suo amato Principe.
“Sto bene” la rassicurò il giovane, rimettendosi in piedi insieme a lei. “Siamo di nuovo pari”
Susan scosse il capo. “Non ancora. Stavolta sono in debito: tu mi hai slavata ben due volte, oggi”
“Spero tu non debba mai pagarlo questo debito”
Caspian le mise un braccio attorno alle spalle. Rimasero fianco a fianco per alcuni istanti ad osservare quello spettacolo straordinario e spaventoso allo stesso tempo.
In seguito, Peter ordinò a tutti quanti di correre verso il ponte di Beruna: i telmarini stavano fuggendo.
I due eserciti raggiunsero il fiume…e là apparve Aslan, ovviamente insieme a Lucy.
Alla vista del Grande Leone, i narniani si aspettavano che Telmar si decidesse una volta per tutte a gettare la spugna. Invece, superbi fino all’ultimo, Sopespian e i suoi pensarono di sfidare il Re dei Re.
Ma Aslan chiamò a sé il Signore del Fiume, risvegliandolo con un possente ruggito: una fantastica creatura dalle sembianze umane ma interamente fatta di acqua.
Bastò un attimo, e il ponte – insieme a buona parte dei soldati nemici – venne completamente abbattuto. Subito dopo, il Signore del Fiume scomparve.
La battaglia era finita. Narnia aveva vinto. I telmarini consegnavano le armi in segno di resa.
Caspian venne incoronato quello stesso giorno da Aslan in persona, il quale gli conferì il titolo di Caspian il Liberatore, poiché grazie a lui Narnia era finalmente libera dal tirannico giogo della stirpe di Telmar.
Il giovane Re ripensò alle parole che una volta gli erano state rivolte dal dottor Cornelius:
“Voi potreste essere la più nobile contraddizione della storia: l’uomo di Telmar che ha salvato Narnia”
Forse aveva ragione…e anche Susan: doveva avere più fiducia in sé stesso.
Quando furono al castello, Aslan e Caspian dialogarono a lungo.
“Molto bene, Figlio di Adamo” disse Aslan. “Tu e i tuoi eredi garantirete la durata della stirpe di Narnia fino alla fine dei tempi. Governerai con saggezza e giustizia. Con te, si spalancano le porte di una nuova e luminosa era”
“Ti sono immensamente grato, Grande Aslan, ma avrei qualcosa da dire”
“Dimmi pure, figliolo”
“Hai detto che la mia stirpe sussisterà fino alla fine dei tempi: ebbene, per far questo mi serve una regina”
Aslan annuì. “E’ presto per parlare di certe cose, lo so bene, sei ancora molto giovane. Sappi che non c’è alcuna fretta”
“No, io...in realtà ho già scelto la mia regina”
Il Leone lo scrutò attentamente. “Nutri un profondo e sincero amore per questa fanciulla?”
“Sì” rispose il ragazzo con enfasi.
“Qual è il suo nome, dunque?”
“Si tratta di Susan... Susan Pevensie”
Uno strano sorriso si aprì sul bel muso di Aslan. “Capisco… Ma per quanto io comprenda l’importanza che ha per te, prima dobbiamo pensare a Narnia. Lo capisci, vero figliolo?”
Caspian chinò il capo, annuendo una volta.
L’ampia sala del trono era deserta a parte loro due. Il ragazzo si sentì inerme di fronte a quella possente creatura, illuminata dai raggi del sole al tramonto che filtrava attraverso le vetrate ad arco.
Non poteva insistere. Non poteva replicare su una decisione presa dal Grande Leone.
Ma allora, lui e Susan…?
“E’ stata una lunga giornata per tutti” disse infine Aslan. “Passa un po’ di tempo con lei, Caspian. Susan ti starà aspettando, non è così?”
Il giovane rimase molto stupito da quelle parole, ma anche confuso. Il Leone non gli aveva proibito di stare con lei, ma non aveva nemmeno parlato di una possibilità per il loro amore. Cosa doveva aspettarsi da Aslan? Una risposta negativa o positiva?
Pensieroso e deluso che le cose non fossero andate esattamente come aveva programmato, il Re si avviò verso l’esterno del palazzo, in cerca di lei.
Si incontrarono sotto un portico sul lato est del cortile, in quel momento deserto.
Susan gli corse incontro e lui la sollevò da terra, tenendola stretta a sé per lunghi secondi.
“Sono fiera di te” esclamò lei colma di gioia, stringendogli le braccia attorno al collo, quasi soffocandolo.
Caspian la rimise giù e la osservò con uno strano sguardo.
“Devi essere molto stanco” disse lei, passandogli una mano sul viso.
“Un po’ ” rispose lui, baciandone il palmo ad occhi chiusi.
“Perché non vai a stenderti prima di prepararti per il banchetto di stasera?”
“Sì, forse dovrei…prima, però, c’è un posto dove vorrei portarti”
Caspian la condusse sulla collinetta che s’innalzava appena fuori dal confine del palazzo. Il prato era ricoperto di fiori di tutti i colori, e fu là che i due innamorati si sdraiarono, sull’erba morbida e profumata, il sole che calava dietro di loro, il cielo dinanzi che già si tingeva di un pallido blu. Apparve la prima stella della sera.
Non parlarono molto. Si coccolarono con dolcezza e rimasero a lungo abbracciati. Susan posava la testa sul petto di Caspian. Lui giocherellava con i capelli di lei, una mano infilata tra di essi.
“Ho parlato con Aslan” disse il Re dopo molto tempo.
Susan alzò il viso. “Di noi?”
“Sì”
La ragazza rimase in attesa, il cuore che batteva forte, ansioso. Quando vide che lui non si decideva a continuare gli strinse la camicia sul petto.
“E…allora? Cosa ti ha detto?”
“Non ha detto niente”
La Regina aggrottò la fronte. Caspian sembrava nervoso e triste.
“Sue, io non so cosa pensare, sinceramente. E non ho nemmeno idea di cosa abbia pensato Aslan. Non sembra contrario ma non mi ha incoraggiato in alcun modo”
Susan allungò il viso per baciarlo sulla guancia. “Aslan sa quello che è meglio per noi. Andrà come deve andare”
Lui si volse verso di lei osservandola con rimprovero. “No, affatto! Tu resterai con me!”
La Regina lo fissò, poi abbassò lo sguardo.
“E’ quello che voglio, Caspian, più di ogni altra cosa, lo sai. Ma se Aslan non acconsentisse…se pensasse che io non sia adatta a te…”
Il Re si separò da lei e fece leva sui gomiti.
“Perché non dovresti?” le chiese.
“Non lo so”. Susan alzò e abbassò le spalle con un sospiro, mettendosi a sedere.
Caspian la osservò attentamente cercando di scrutare attraverso l’improvvisa ombra d’incertezza che offuscò lo splendore di quegli occhi azzurri, rendendoli impenetrabili.
Non riusciva più a leggervi dentro.
“Caspian, ascoltami…”
“No!” il Re schizzò in piedi. “So già cosa vuoi dirmi”
Lei rimase seduta sul prato, seguendo i suoi movimenti con lo sguardo.
“Non accetterò di perderti, Susan!”
“Non possiamo escludere la possibilità che Aslan mi rimandi a casa. Però, anche se così fosse, io potrò sempre tornare”
Lui scosse il capo a labbra strette. “Tra quanto? Mille anni?”
Susan si trattenne dal ribattere. Raccolse la lunga gonna e si alzò, cercando di rispondere con calma.
“Se parleremo insieme ad Aslan, sono certa che troveremo una soluzione”. Gli si avvicinò e gli prese le mani. “Insieme” ripeté, con un tono così dolce che tutta la paura e la rabbia di lui scomparvero in un istante.
La Regina Dolce lo guardò negli occhi...i suoi occhi, così scuri e profondi, i capelli castani che svolazzavano attorno al bel viso nobile, la corona d’oro brillante sul capo.
Quanto lo amava!
Non voleva lasciarlo, lui era tutto per lei, ma cosa poteva fare? Combattere contro il volere di Aslan? Anche se avesse provato, non avrebbe concluso niente. Le parole di Aslan erano legge.
“Non fare così, Caspian, ti prego”
Il vento si alzò, portando verso di lui il profumo di lei.
“Perdonami, mio dolce amore” si scusò, abbracciandola. “Questa sera, dopo il banchetto, andremo da Aslan. D’accordo?”
“Sì” esalò lei, affondando il viso nella sua spalla.
Rimasero stretti l’uno all’altra, la fresca brezza della sera estiva che giocava attorno a loro.
Susan aveva chiuso gli occhi. Quando lì riaprì, sussultò scorgendo Aslan fermo in mezzo al prato a qualche metro da loro.
Quando era arrivato? Da quanto era là?
I due ragazzi si separarono e s’inchinarono di fronte al Grande Re. Egli sorrise, ma sul suo bel muso si notava un’ombra di amarezza.
Aslan li guardava provando un profondo rammarico.
“Dovete rientrare, ragazzi. Il Re deve presenziare alla festa in suo onore”
Caspian e Susan cercarono contemporaneamente l’uno la mano dell’altro.
“Prima vorremmo parlarti” disse la ragazza, la voce un poco tremante.
“Anch’io vi dovrò parlare, ma non ora. Ogni cosa ha il suo tempo stabilito”
Il Re e la Regina fecero per parlare ancora. Aslan lasciò che fossero Peter, Edmund, Lucy e Ripicì a interromperli.
 
 
 
***
 
 
 
I festeggiamenti durarono fino a notte fonda e si portassero per alcuni giorni. I Pevensie rimasero a Narnia per quasi due settimane ancora.
Susan e Caspian passavano insieme la maggior parte del tempo. Più ne passava, più la Dolce e il Liberatore sentivano crescere la speranza, come se Aslan avesse dato loro la sua benedizione pur non avendo detto nulla.
Il Leone li osservava da lontano ridere e scherzare, scambiarsi dolci attenzioni, vegliando su di loro come un padre amorevole.
Ma Aslan conosceva bene le sorti dei due innamorati. Il loro tempo non era ancora giunto.
Anche lui soffriva al pensiero che, presto, i loro giovani cuori avrebbero dovuto sopportare la prova più dolorosa e difficile: la separazione.
Una mattina, chiamò a sé Peter e Susan per comunicare loro una spiacevole notizia: non sarebbero mai più tornati a Narnia.
Per la Regina Dolce fu come se si fosse aperto un grande buco nero nel suo cuore e avesse assorbito tutti i suoi sentimenti.
Non provò nulla mentre ascoltava le parole di Aslan, Peter fargli domande e il Leone rispondergli. La sua mente e il suo cuore erano lontani, distaccati, persi nel buio.
Solo quando udì la voce di Caspian, un lieve bagliore spezzò quella coltre oscura e Susan sentì il suo cuore battere, felice di sapere di non averlo perduto per sempre.
Sì, batteva ancora: per Caspian. Ma quando lo avrebbe lasciato…
Susan non aveva chiesto nulla ad Aslan, non ci aveva nemmeno provato: uno sguardo del Leone era bastato per farle capire che ormai era finita.
Doveva andarsene. Per sempre.
Voltò le spalle a Caspian e continuò a camminare in silenzio al fianco di Peter e Aslan.
Si sentiva esattamente allo stesso modo di quando aveva riattraversato l’armadio ed era tornata ad essere una ragazza inglese come tante.
Trovò una scusa per stare sola quando sentì che non avrebbe più potuto trattenersi dallo scoppiare in lacrime.
Corse senza meta, fermandosi sul viadotto, aggrappandosi alla ringhiera tanto da farsi imbiancare le nocche.
Non pianse, Susan, non quella volta. Non voleva cedere alle lacrime, non voleva dare soddisfazione al dolore di sopraffarla un’altra volta.
Guardò di sotto, mentre la viste le si snebbiava e le lacrime si ritiravano. Osservò da lontano la piazza centrale dove Caspian avrebbe tenuto il suo primo discorso ufficiale.
Non voleva scendere. Non voleva dirgli addio.
“Susy?”
Al suono della sua voce, Susan chiuse gli occhi, desiderando assurdamente che non fosse davvero lui.
Non seppe dove trovò la forza di voltarsi e guardarlo.
Caspian avanzò piano verso di lei, notando la particolare lucentezza dei suoi occhi, e immediatamente capì.
“Ho già perso tanto nella vita, e ora che finalmente le cose sembrano andare per il verso giusto, ora che Aslan è qui, che la pace è tornata, tu te ne vai?”
Susan abbassò la testa in segno di resa. “Non ho scelta”
“Si che ce l’hai!”
Lei scosse il capo.
Caspian le si avvicinò di più e le strinse le spalle.
“Susan, io ti amo!”
“Lo so… Lo so!” esclamò lei, abbracciandolo convulsamente.
Lui la circondò con le sue forti braccia, inondandola del suo amore.
Nessuno mai l’avrebbe fatta sentire così protetta in futuro, e lei non avrebbe mai permesso a nessuno di abbracciarla così, né di baciarla, né di amarla come l’aveva amata lui.
Susan tremò. “Caspian… Lucy e gli altri…non posso…”
Il Re le posò una mano sul capo, cercando di calmarla.
Non c’era bisogno che aggiungesse altro.
I suoi fratelli… lui non sapeva cosa voleva dire avere un legame così forte con qualcuno. Non aveva mai avuto amici a parte il dottor Cornelius e Destriero, non aveva fratelli o sorelle.
Cosa poteva dirle? Rinuncia alla tua vita e rimani a Narnia con me?
Sì, avrebbe voluto dirglielo ma non poteva… Non poteva chiederle di abbandonare la sua famiglia.
Lui l’aveva sempre vista come una degli Antichi Sovrani, come se appartenesse a Narnia da sempre, come fosse sempre vissuta laggiù, ma non era così. Lei, come gli altri Pevensie, prima di giungere in quel mondo era stata una ragazza terrestre, aveva condotto per sedici anni una vita totalmente diversa, quasi opposta alla vita di Narnia. Ed ora, era giunto il tempo che tornasse sulla Terra, luogo al quale apparteneva e al quale doveva fare ritorno.
Una parte di lei lo desiderava, anche se Susan non lo avrebbe ammesso mai per paura che lui la biasimasse.
Ma Caspian non lo avrebbe mai fatto, perché se si fosse trovato lui al posto suo, probabilmente avrebbe fatto la stessa scelta.
Avevano entrambi delle responsabilità che non potevano ignorare, un compito che Aslan aveva affidato loro: Caspian aveva Narnia, Susan la sua famiglia.
I narniani si aspettavano che il loro Re facesse il suo dovere: governare. Di sicuro, quello sarebbe stato anche il volere di suo padre e sua madre.
I fratelli di Susan, i suoi genitori, si aspettavano che tornasse a casa, perché avevano bisogno di lei.
Avevano cercato di rifuggire il più a lungo possibile da quella realtà, ma il momento era giunto inevitabilmente, il tempo era scaduto.
L’unica amara soddisfazione che a Caspian rimaneva, era l’essere riuscito a trovare e vedere la parte di Susan che la ragazza aveva sempre nascosto a tutti. E quella parte sarebbe rimasta solo e per sempre sua.
Si guardarono, mentre i loro occhi si perdevano nelle profondità del loro amore, così voluto, ma così sbagliato e impossibile.
Il Re alzò una mano, con l’intenzione di sfiorarle il volto, i capelli, le labbra. Invece, lasciò ricadere il braccio senza toccarla. Le voltò le spalle e s’incamminò lentamente verso la piazza, da solo.
“Non ti dimenticherò mai!” gridò lei, ma lui non si voltò.
Caspian non si sarebbe mai arreso finché fosse stato certo che l’amore di Susan era forte quanto il suo. Se era veramente il sentimento più forte di tutti, avrebbero trovato il modo di rivedersi. Per questo, quando Peter gli consegnò Rhindon, disse che gliel’avrebbe restituita al loro ritorno.
Ma Susan, proprio lei, ribadì che non ci sarebbe stata speranza di rivedersi.
Caspian guardò  nell’azzurro dei suoi occhi, quel limpido cielo d’estate che lo aveva fatto innamorare. Bastò un attimo, un decimo d’infinito, per guardarla e capire che era davvero la fine.
Lei, algida e impenetrabile, non sembrava più la stessa in quel momento.
Si ritrovarono l’uno di fronte all’altra, comportandosi come se la loro storia non contasse nulla. 
Poche parole, un sorriso stentato, un passo incerto, un ultimo bacio che racchiudeva in sé tutto ciò che non era stato detto e fatto, che avrebbe potuto essere ma che non sarebbe stato mai.
Rimasero là per un istante appena, abbandonati l’uno all’altra per l’ultima volta.
Caspian non trovava nemmeno la forza di soffrire. Si sentiva semplicemente svuotato di ogni emozione. La sua unica consapevolezza era che appena lei avesse deciso di sciogliere quell’abbraccio, il suo mondo e il suo cuore sarebbero andati in pezzi.
Infine, Susan lo fece.
Con uno sforzo tremendo, la fanciulla si era slegata da quelle braccia che mille volta l’avevano stretta a sé, da quelle mani che l’avevano accarezzata con dolcezza e passione.
Susan attraversò il portale magico senza voltarsi, mentre Caspian guardava i suoi capelli scuri mossi dal vento per l’ultima volta.
Il loro amore era stato un meraviglioso dono della vita, che il destino si era ripreso quando aveva voluto senza che avessero potuto opporre resistenza.





 
 
Finalmente ho aggiornato!!!
Scusate se ci ho messo così tanto, lo so che sono incostante, ma non riesco a conciliare bene i tempi ultimamente…
Non è finita, eh??? No, no, adesso viene il bello!!! Ehehe….. per ora si sono lasciati, ma sapete bene che io ESIGO il lieto fine per questa splendida coppia, per cui continuate a seguirmi!!!
Come avete visto, non mi sono soffermata molto sul finale (altrimenti veniva troppo uguale al terzo capitolo di Queen) e ho cambiato la dinamica di alcune scene Suspian...che ne dite?  
Ringrazio:
 
Per le preferite:
aleboh,battle wound, fossyross ,lucymstuartbarnes, MoiraScarletMorgana, Shadowfax, Zouzoufan7
Per le seguite:  C r y, Ellynor, fede95, Francy 98, Fra_STSF, GiulyDeVilliers, Halfblood_Slytherin, JLullaby, Joy_10, lucymstuartbarnes, niky25, Shadowfax, SweetSmile, ukuhlushwa
Per le recensioni dello scorso capitlo: battle wound, Halfblood_Slytherin, JLullaby, Joy_10, lucymstuatbarnes,  Robyn98, Shadowfax
 
Ricordo a tutti voi la mia pagina facebook per gli aggiornamenti di questa fic e di Night&Day (che purtroppo questa settimana è saltato, ho un capitolo a metà…sorry)
Un paio di cose ancora prima di salutarci: ho promesso alla mia amica lucymstuartbarnes di pubblicizzare la sua fic su Ben Barnes e Amanda Seyfried: se siete interessati andate a questo indirizzo http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2548510&i=1
 
Vi ringrazio come sempre tutti infinitamente per l’affetto e soprattutto la pazienza immane!!!! XD Alla prossima!
Un bacio grande,
Susan♥

 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Per ricominciare ***


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9. Per ricominciare
 
 
 
Il transatlantico avanzava velocemente tra le onde dell’oceano, portandolo ogni ora sempre più vicino alla sua meta: l’America.
Avvolta in un pesante cappotto che la riparava dalla fredda aria invernale, Susan se ne stava affacciata al parapetto, osservando l’azzurro infinito che si estendeva attorno a lei in un miscuglio di mare e cielo.
Stava per iniziare una nuova vita, o almeno era quello che sperava.
Voleva andarsene dall’Inghilterra, almeno per un po’, allontanarsi da tutte le cose e le persone che le ricordavano Narnia.
Non era stato come in passato. Questa volta, nel lasciarla aveva perso molto di più.
Non ne parlava mai. Non lo aveva mai fatto e i suoi fratelli non chiedevano niente. Solo una volta, forse per sbaglio, avevano pronunciato quel nome, mandandola su tutte le furie.
Non era più la stessa di prima. Certe volte diventava odiosa, irritabile e litigiosa, altre si chiudeva a riccio e non voleva intorno nessuno.
Dimenticare era diventata la sua priorità.
Era inutile continuare a rimuginare su qualcosa che non c’era, ad aspettare ciò che non sarebbe arrivato.
Inutile rincorrerla se non puoi afferrarla. Inutile vedere il cielo e desiderare di toccarlo quando sai che non hai ali per volare.
Arrivò un momento in cui si chiese se davvero si fosse sognata tutto quanto, se avesse solo immaginato di sentire la sua anima vibrare durante il tempo trascorso laggiù, tra gli alberi danzanti e gli animali parlanti, tra le mille avventure, le battaglie, le risate…e l’amore.
Specialmente l’amore.
Erano passati tre mesi da quando erano tornati.
Tre mesi di pianti celati agli occhi altrui.
Tre mesi per tentare di riprendere in mano la propria vita da dove l’aveva lasciata.
Tre mesi a cercare di evitare ogni possibile dialogo o situazione che le riportasse Narnia alla memoria, soprattutto lui.
I ricordi erano sempre lì, pronti a scaturire dalla sua mente e dal suo cuore non appena avesse abbassato la guardia.
Ma Susan imparò a tenerli a bada.
Purtroppo però, per quanto si sforzasse, sognava Narnia tutte le notti e sognava lui. Nel sonno non aveva difese, non poteva controllare i fremiti del suo cuore, che la portava inevitabilmente verso il luogo nel quale avrebbe voluto essere, verso ciò di cui aveva bisogno: il suo Principe. Il suo Re.
Ma non sarebbe mai più tornata. Non l’avrebbe mai più rivisto.
Non era possibile andare avanti così…        
Liberati del passato e guarda avanti.
L’unico modo che aveva trovato per farlo, era stato quello di fuggire via.
L’occasione si era presentata quando un vecchio amico dei suoi genitori, un certo Charles Stevens – che si era trasferito con la moglie a Washington ed era professore di una prestigiosa università – aveva invitato lei e Peter a trascorrere un periodo di studio di due mesi nella sua scuola.
I due ragazzi avevano accettato con entusiasmo. Si presentava loro una grande opportunità a livello accademico, in particolar modo per Peter, il quale iniziò a pensare che non sarebbe stato male frequentare un’università americana.
Edmund e Lucy cercarono di non far pesare ai fratelli più grandi la grande fortuna che era loro capitata, ma non poterono non lamentarsi quando scoprirono che a loro sarebbe toccato andare dagli zii: Harold e Alberta, e dal(l’insopportabile) cugino Eustace.
“Sarà solo per qualche settimana” disse la signora Pevensie.
I piani erano questi: dopo le vacanze di Natale – durante le quali il signor Pevensie ottenne una licenza – Susan, Peter e la mamma sarebbero partiti per Washington, mentre Edmund e Lucy sarebbero andati dagli zii.
Quindici giorni appena, aveva assicurato la signora Pevensie, dopodiché sarebbe tornata a casa dai figli più piccoli, lasciando i maggiori nelle ottime mani di Charles e Olivia Stevens.
Ma la vacanza di Peter e Susan si allungò notevolmente.
Le cose presero una piega inaspettata e i due mesi previsti divennero molti di più.
Accadde un giorno mentre si trovavano ancora sulla nave…
Fu qualcosa che fece capire a Susan che non poteva fuggire in eterno da ciò che era.
Solo una parte di lei – la parte in superficie, quella visibile – si era convinta che Narnia non contasse più nulla. Il suo vero io, invece, quello celato con la forza in qualche angolo buio della sua anima, non avrebbe mai dimenticato.
Non capiva, Susan Pevensie, che la Regina Dolce era ancora e sempre dentro di lei e non l’avrebbe mai abbandonata. Essere Regina di Narnia non era indossare una corona ma donare il proprio essere a quella terra, diventarne parte.
 
Lo capì la mattina in cui si svegliò nella sua cabina singola, stanca come non mai a causa della notte trascorsa tra un continuo dormiveglia.
Si alzò dal letto sentendo salire la nausea, correndo appena in tempo verso la piccola toilette adiacente.
Non poteva soffrire il mal di mare. Non lei che amava l’acqua e il mare più di chiunque altro.
Ricordava bene quando papà li portava tutti in gita sul fiume o al lago e lei era l’unica che non si lamentava mentre la barca caracollava sulle onde. E ricordava benissimo anche i viaggi a bordo della Beautiful Shining, la grande nave sulla quale lei e i fratelli viaggiavano nell’Età d’Oro: persino alcuni marinai accusavano malessere se una tempesta si abbatteva sull’Oceano Orientale, ma lei no. Niente.
Qual transatlantico era solido come una roccia, non pareva nemmeno di muoversi. Allora cosa…?
Si guardò allo specchio mentre faceva scorrere l’acqua e si sciacquava la bocca per mandar via quel cattivo sapore. Piano, quasi con terrore, alzò una mano e la portò a coprire il ventre.
No…non era possibile…
Quale assurdo scherzo del destino era quello?
Non poteva. Non adesso.
Con passi lenti tornò verso il letto, lo sguardo vacuo a fissare il nulla. Vi si rannicchiò, abbracciandosi le gambe, iniziando a piangere piano quasi non avesse la forza di farlo.
Inaspettato, impossibile, eppure reale.
Era incinta.
“Oh mio Dio…Oh mio Dio…”
Inizialmente rifiutò di accettarlo, ma un attimo dopo si diede dell’ emerita stupida per aver desiderato che non fosse vero.
Era una parte di lui. Una parte di lui che cresceva in lei. La vita che lui le aveva donato, la stessa che l’uno avrebbe dato per l’altro senza esitazioni.
Ancora non riusciva a pronunciarne il nome del suo Principe, faceva troppo male, e lei non poteva permettersi di cedere alla debolezza e al dolore. Doveva essere forte per due, adesso.
Si era tanto impegnata per non pensare più a Narnia, a tutto ciò che aveva lasciato laggiù, e adesso ogni giorno, ogni ora e munito, ci sarebbe stato qualcosa che gliel’avrebbe sempre rammentata.
Inutile mentire a se stessa: era spaventata all’idea di dover crescere quel bambino da sola. Avrebbe tanto desiderato che lui fosse lì con lei, che le dicesse che era felice, che tutto sarebbe andato bene, che la rassicurasse.
Ma lui non c’era, era lontano, non avrebbe mai potuto raggiungerla né lei andare da lui.
Mai più.
A chi chiedere aiuto, allora? A chi avrebbe potuto dirlo?
A nessuno, per il momento.
Suo padre avrebbe dato fuori di matto. La mamma era esclusa, l’avrebbe fatta soffrire troppo. Lucy e Edmund erano ancora troppo giovani. Peter forse… ma no, nemmeno lui. Non aveva nemmeno un’amica fidata con la quale potersi confidare.
Nessuno avrebbe capito. Non avrebbero accettato.
Non c’erano consigli pronti per lei ma solo rimproveri, lo sapeva bene.
Non poteva fare niente, se non aspettare che le settimane si succedessero l’una all’altra e l’avessero infine messa in condizione di non poter più mentire.
Quando avrebbe cominciato a vedersi?
E la scuola?
Le avrebbero permesso di tenere il bambino?
Certo che sì! Dovevano!
Quella piccola anima era il frutto del suo amore unito a quello dell’unico uomo che avrebbe mai amato in tutta la vita.
Quale motivazione più grande e significativa poteva trovare per far capire agli altri quanto fosse importante?
Non si sarebbe mai separata da quel bambino, mai!
 
 
 
***
 
 
 
Tutti i passeggeri uscirono sul ponte per vedere la Statua della Libertà avvicinarsi sempre più, mentre la nave entrava in porto.
Eccola, finalmente! L’America.
“Oh, se gli alti palazzi che vedo fossero le torri del castello di Cair Paravel…” si disse Susan.
Scoprire di aspettare un bambino aveva abbattuto la barriera dell’abisso nella quale era sprofondata insieme ai tutti i suoi ricordi. Quel piccolo frammento di vita era stato in grado di liberarli dalle catene con le quali lei stessa li aveva incatenati. Solo un paio di giorni prima si rifiutava categoricamente di pensarci, e adesso…
Aveva sbagliato tutto, dimenticando chi era veramente, addormentando quell’amore che viveva d’eternità.
Quel figlio le avrebbe permesso di rimediare, in qualche modo.
Quando scesero a terra, Peter, Susan e la madre trovarono il professor Stevens ad attenderli. Insieme presero il treno per Washington, dove il professore e sua moglie Olivia vivevano in una bella casa a pochi isolati dall’università.
Gli Stevens non avevano figli loro, per questo amavano circondarsi di amici. Avevano però un nipote, Carl, che girava spesso per casa. Le sue visite agli zii aumentarono notevolmente il giorno in cui conobbe Susan, alla quale iniziò a fare una corte spietata fin da subito.
Carl era un bel giovanotto di diciott’anni, con i capelli castani e occhi chiari, figlio del console britannico negli Stati Uniti, fratello di Charles. Si faceva sempre invitare a pranzo o a cena per vedere Susan, e si era anche offerto di fare da cicerone ai fratelli Pevensie facendogli fare un tour completo dei posti più belli della capitale.
Washington era una città splendida, piena di cose da vedere, persone da conoscere. Era tutto così diverso dalla piccola Finchley, tutto così così moderno, affascinante, ma…
“Ma tutto questo non conta niente senza di te, amore mio” pensava Susan. “Come vorrei essere lì insieme a te. Vorrei dirti che aspetto tuo figlio…”

Susan serbò il segreto per sé ancora per qualche settimana.
Poi, un giorno, quando la mamma era già tornata in Inghilterra, non fu più possibile tenerlo nascosto.
Non ce la faceva più, doveva parlarne. Ormai era al quarto mese (se i conti erano giusti) e presto o tardi tutti se ne sarebbero resi conto.
In quel periodo, Olivia Stevens organizzò una festa per i militari in congedo. Non era il primo ricevimento a cui i due fratelli Pevensie prendevano parte, ma mai prima di allora Carl si era fatto avanti con Susan.
Il ragazzo si presentò nel salotto degli zii un pomeriggio, poco prima dell’evento, dove sperò di trovare la ragazza sola.
Così fu.
Susan era in biblioteca, intenta a scrivere una lettera. Quando Carl entrò nella stanza, lei gli sorrise e si alzò.
“Ciao”
“Ciao” la salutò lui, porgendole un mazzo di fiori variopinti. “Per te. Non so quali sono i tuoi preferiti”
Lei sospirò e gli sorrise ancora, ma non li prese. “Non devi portarmi fiori tutti i giorni. Non posso accettarli, lo sai. Non insistere”
“Perché no?” chiese lui, visibilmente deluso. “Ti prego. Senza impegno”
“D’accordo, allora” Susan afferrò il mazzo. “Sarà meglio che li metta subito in un vaso”
“Aspetta un momento” la fermò Carl. “Vorrei parlarti”
Lei lo invitò a sedere sul divano, posando i fiori sul tavolo. Credeva di sapere cosa lui doveva dirle e sapeva anche cosa lei gli avrebbe risposto. Tuttavia, non voleva farlo restare troppo male e così decise di lasciarlo parlare.
“Stavi scrivendo ai tuoi fratelli?” chiese Carl, indicando la lettera con un cenno del capo.
“Sì: Edmund e Lucy”
“Sei molto legata a loro, vero?”
“Sì, moltissimo. Mi mancano”
“Sei una ragazza davvero meravigliosa, Susan”
Lei si fece seria. “Carl, senti…”
“Accetteresti di accompagnarmi alla festa di dopodomani?”
Susan rimase un istante in silenzio. Poi scosse il capo. “Non posso”
“La zia Olivia ne avrebbe piacere” cercò di convincerla lui.
“Lo so, ma non posso ugualmente. Tu sei un caro ragazzo, Carl, però…”
“Perché non ti piaccio, Susan?” la interruppe il giovane. “Che cosa devo fare?”
“Non devi fare niente. Non è che non mi piaci, mi sei simpatico, davvero, sto molto bene in tua compagnia, ma non provo per te quello che tu provi per me. Mi dispiace”
Il viso di lui si adombrò. “Sei sempre così diretta?”
Lei parve mortificata. “Perdonami, non volevo farti restar male. Ho cercato di fartelo capire in tutti i modi: non posso ricambiarti. Non è possibile”
“C’è già qualcuno, vero?”
Susan lo guardò dritto in viso. “Sì. C’è già qualcuno. E lo amo molto”
“E lui ama te?”
Susan annuì con sicurezza.
“Capisco…” fece Carl, alzandosi piano. “Accidenti, che figura ho fatto…”
“Non preoccuparti”. Lei gli sorrise e lui ricambiò.
Il giovane fece par andarsene. Camminò verso la porta e l’aprì per metà, poi si voltò.
“Nel caso cambiassi idea…”
Susan scosse il capo senza dire nulla, accennando un nuovo sorriso di scuse.
Carl annuì e si rivoltò verso l’uscita.
Quando rimase di nuovo sola, Susan fece un lungo sospiro.
Le dispiaceva per lui, sapeva di averlo ferito poiché aveva intuito da tempo quanto tenesse a lei. Tuttavia, era meglio che le cose fossero chiare tra loro.
Susan si era affezionata a Carl, ma non nel modo in cui lui sperava.
La signora Stevens stava già diffondendo fin troppe voci su quale bellissima coppia avrebbero formato suo nipote e Susan Pevensie. Doveva far morire queste voci sul nascere se non voleva che si creassero scomodi fraintendimenti.
Poco dopo che il ragazzo se ne fu andato, la porta della biblioteca si aprì di nuovo e comparve Peter.
“Che combini, sorellina?”
“Ciao…che cosa?”
“Ho incontrato Carl nell’ingresso, aveva l’aria abbattuta. Mi ha detto che ti ha invitata alla festa ma tu hai rifiutato”
“Oh…Sì, è così” rispose sbrigativamente la ragazza.
Non aveva intenzione di iniziare a discutere con Peter di questioni amorose. Suo fratello avrebbe finito per nominare Narnia e lei non era ancora pronta ad affrontare apertamente quell’argomento.
Peter le sedette accanto sul divano, occupando il posto di Carl.
“Perché lo respingi sempre?”
Susan fece un sospiro stanco. “Ne abbiamo già parlato. E’ molto carino e simpatico ma non mi piace”
“Dovresti dargli una possibilità”
Lei scosse il capo. “Mi sati incoraggiando verso Carl? Il tuo è tempo perso. E anche il suo”
Il fratello le scoccò un’occhiata in tralice. “Non puoi pensare ancora a lui!
Peter intendeva ovviamente Caspian.
“Invece posso” ribatté seccamente la sorella, senza guardarlo.
“Senti, so quanto è stato importante per te, ma so anche che per colpa sua non sei più la stessa. Ascolta…”
“Oh, taci, Peter!” sbottò Susan. “Cosa ne vuoi sapere tu di me e lui?”
Il fratello si sporse un poco verso di lei. “I ricordi saranno sempre dentro di te, Sue. Non ti sto dicendo di dimenticarlo, questo mai, ma devi iniziare a pensare alla tua vita”
“La mia vita non sarà quella che tutti voi vi aspettate”
Peter aggrottò le sopracciglia. “Che stai dicendo?”
“Che non voglio e non posso dare a Carl Stevens una possibilità”
“Non puoi?”
“Sono innamorata di un altro uomo, e amerò sempre e soltanto lui. Non m’importa se non lo rivedrò mai. Inoltre, non credo che Carl mi vorrebbe ancora se scoprisse come stanno realmente le cose”
Peter continuava a guardarla senza capire. Susan era improvvisamente impallidita.
“Sue, ti senti bene?”
Lei annuì una volta, poi scoppiò in lacrime coprendosi il viso con le mani.
“Che ti prende?” chiese Peter, una nota di spavento nella voce.
Le cinse le spalle con un braccio e poi la strinse quando la sorella lo abbracciò, soffocando il pianto contro la sua spalla.
“Ho bisogno di dirlo a qualcuno. Non posso tenerlo nascosto, non a te”
“Con me puoi parlare di tutto, lo sai”
“Stavolta no, ma devo. Devo! Non ce la faccio più!”
Susan era scossa da singulti quasi incontrollabili.
Peter l’allontanò un poco da sé, cercando di guardarla in viso.
“Dio mio, Sue, che cosa è capitato?” chiese ancora, turbato dalla profonda sofferenza che scorse negli occhi celesti della sorella.
Susan distolse lo sguardo dal suo. Non aveva il coraggio di guardarlo, di vedere la delusione apparire sul volto del suo amato fratello.
Lui per lei c’era sempre stato, e se non poteva dirlo a Peter non poteva davvero dirlo a nessuno.
“Aspetto un bambino”
Per molto tempo, nessuno dei due proferì parola.
Peter la fissò con incredulità. Aprì e richiuse la bocca diverse volte, non sapendo cosa dire, cosa fare, cosa pensare. Preferì allora rimanere in silenzio, stringendo di nuovo la sorella in un abbraccio.
La lasciò sfogare, capendo che non era il momento dei rimproveri e nemmeno delle domande.
Ma ce n’era una che cercava risposta.
“E’ di Caspian, il bambino, vero?”
Al nome del Re di Narnia, Susan tremò ed emise un gemito soffocato, nascondendo di nuovo il volto tra le mani.
Peter non insisté oltre. Aveva già capito tutto senza bisogno che Susan dicesse niente.
“Perché non ne hai parlato prima?”
“Avevo paura che mi aveste odiato” mormorò lei, posando la testa sulla spalla di lui.
“Che sciocchezze dici?” la rimproverò gentilmente il ragazzo.
“Aiutami, Peter. Non so che cosa fare” lo pregò, la voce incerta. “Dove nascerà? Dove lo crescerò? Vorrei tanto tornare a casa ma non posso tornare in Inghilterra adesso, non voglio che anche voi ci andiate di mezzo.”
Peter si raddrizzò un poco e la fissò con perplessità. “Noi?”
“Ma certo. Tutta la famiglia sarà oggetto di pettegolezzi quando si saprà che sono incinta. Ho diciassette anni, cosa pensi che dirà la gente? Non è per me” Susan si portò entrambe le mani sul grembo. “E’ per lui, e per tutti voi” Minacciò di scoppiare di nuovo in lacrime, ma si trattenne. “Mi dispiace di averti deluso”
“Se ti dicessi che sto scoppiando di gioia, ti mentirei” disse Peter, porgendole un fazzoletto. “Non condivido quello che hai fatto, ma sono tuo fratello e ti voglio bene, e farò quanto posso per aiutarti”
Susan lo guardò colma di gratitudine, abbracciandolo ancora.
“Dovremo dirlo a mamma, tanto per cominciare” proseguì lui.
Lei fece un’espressione spaventata.
Peter le sorrise. “Nessuno ti odierà, Sue. Forse mamma e papà si arrabbieranno, ma sono sicuro che Lucy e  Ed saranno dalla nostra.. Sai cosa siamo in grado di fare noi quattro quando siamo uniti, vero?”
Finalmente, sul volto di lei apparve l’ombra di un vero sorriso.
Pensava a Narnia, Peter lo capì.
“Ascolta, Sue, io credo che dovremmo rimanere qui a Washington almeno finché non nascerà il bimbo, che ne dici?”
“Sì, credo che sia meglio…”
 
Insieme, i due fratelli iniziarono a pensare cosa fare.
Non potevano gestire tutto questo da soli, avevano bisogno dell’appoggio di un adulto. Peter era dell’idea di dirlo a Olivia: era una donna di idee molto aperte, non si sarebbe scandalizzata più di tanto, avrebbe pensato lei a dirlo alla mamma trovando la maniera più giusta.
Quando decisero di raccontarle tutto, la reazione della signora Stevens fu esattamente quella: non fece finta di svenire, non rimproverò Susan, non fece la finta scandalizzata. Si limitò ad ascoltare e infine congedò Peter, chiedendogli di lasciarla sola con sua sorella.
“Siedi accanto a me, tesoro, e raccontami”
Susan obbedì ma non rivelò poi molto. Olivia – così come i signori Pevensie in seguito – non ottenne mai di sapere il nome del padre del bambino. La ragazza disse soltanto che si erano incontrati qualche tempo addietro, che si erano amati moltissimo e si amavano ancora, ma che non avrebbero mai potuto rivedersi.
“E lui sa che sei incinta di suo figlio?”
Susan si morse un labbro e scosse il capo.
“Non c’è modo di farglielo sapere? Non hai un indirizzo, un numero di telefono…”
“No, non è possibile. Lui è molto, molto lontano”
“Cara, non posso darti un grande aiuto se non mi dici come stanno esattamente le cose”
“Le ho già detto tutto, signora. Altro non posso.”
“Cielo, che storia misteriosa… Se si potesse almeno contattare questo ragazzo, potreste sposarvi anche se siete ancora minorenni, basterebbe il consenso dei genitori”
Sposarsi…
 
“Io ti amo e ti voglio sposare. Non aspetterò ancora per chiedertelo: sposami, Susan”
 
La voce del suo Principe, le sue parole risuonarono nella mente della ragazza come una dolce melodia che le tormentò l’anima.
Se si fossero sposati, sarebbe stata ancora là con lui, adesso.
Ma era inutile pensarci. Inutile sperare, a meno che…
A meno che…cosa? Non poteva davvero pensare che quel figlio era la chiave per tornare…o sì?
“Pensa davvero che potrei restare qui a Washington finché non nascerà?” chiese infine Susan ad Olivia.
“Ma certo, tesoro!” disse quest’ultima, posando le mani su quelle della ragazza. “Potrai rimanere qui tutto il tempo che vorrai”
 
 
 
***
 
 
 
Le settimane trascorsero in fretta.
Quando fu il momento di rientrare in Inghilterra, la signora Stevens scrisse alla signora Pevensie che i suoi figli avevano deciso di restare a Washington fino all’estate. Non le spiegò la faccenda per lettera, chiese invece a Helen di chiamarla quanto prima, così che avesse potuto spiegarle una questione molto importante che riguardava Susan. Certe cose era meglio dirle a voce, secondo lei.
“L’ha detto a mia madre?”
“Sì, mia cara”
La ragazza spalancò gli occhi azzurri. “Mi odia?”
“Oh, no, bambina, non ti odia. Verrà qui appena possibile, così potrete parlare. Verranno anche i tuoi fratelli più piccoli”
“Ed e Lucy? Quando?” chiese Susan, emozionata. Voleva tanto i suoi fratelli vicino a lei, tutti quanti.
“Al più tardi in estate. Passerano le vacanze da noi”
“E mio padre?”
“Tua madre glielo farà sapere. Vedrai, andrà tutto bene”
Olivia era gentile e premurosa con lei, non le faceva mancare nulla.
Anche il professor Stevens si rivelò disponibile e cortese quanto la moglie.
Ovviamente c’era Peter, che non si allontanava da lei nemmeno per un attimo. Era lo zio più attento del mondo e Susan era gli così grata che non sapeva più come dirglielo o dimostrarglielo.
“Come farai con l’esame di maturità?” chiese Susan al fratello. “Non puoi ripetere l’anno per colpa mia. E se non tornerai a Finchley in tempo, dovrai farlo”
La ragazza si tormentava in questo pensiero, ma grazie all’intervento del professor Stevens, Peter trovò il modo di rimanere in America e dare l’esame da laggiù.
“Non ti lascerò da sola, Sue” furono le parole del ragazzo.
Peter non aveva mai espresso i suoi reali pensieri in merito a tutta quella storia. Aveva detto solo di non condividere ciò che aveva fatto, ma Susan era convinta che ci fosse molto di più. Tuttavia, ora era quasi più emozionato di lei all’idea che nascesse quel bambino.
E poi c’era Carl, il quale scoprì tutto per caso.
Una sera, dopo cena, udì gli zii parlare nel salotto a bassa voce. Fu più forte di lui: si mise in ascolto dietro la porta. Rimase sconvolto da quella verità ma non ne parlò ad anima viva e Susan gli fu oltremodo riconoscente.
“Hai già pensato a cosa farai quando nascerà?” le chiese Carl un giorno. “Insomma, lo darai in adozione?”
Susan si sentì male solo al pensiero. “Certo che no! Lo terrò e lo crescerò con tutto l’amore di cui sarò capace. Non sarò sola, ci sarà la mia famiglia ad aiutarmi”
“Scusami, non volevo…è solo che forse dovresti pensare a...come dire…riparare le cose”
Lei aggrottò la fronte. Che cosa stava cercando di dire?
“Oh, certo” disse sarcastica quando capì. “Nessuno parlerebbe male di me se corressi ai ripari, giusto?  No, non mi sposerò”
“E se te lo chiedessi io?”
Lei lo fissò con tanto d’occhi. “E’ una cosa assurda. E poi mi conosci appena” cercò di dissuaderlo il più gentilmente possibile.
“Non importa” disse Carl. “Mi sono innamorato di te fin da subito, questo non è un segreto. So che sei quella giusta per me”
 
“So che sei quella gusta. Non importa se ci conosciamo da poco tempo. Lo so”
 
Susan chiuse gli occhi per un istante.
Oh, amore mio…
Si sentì stringere le mani e allora li riaprì, ritirandole dalla presa di Carl.
“Mi prenderò cura di te” continuò lui, imperterrito, “sarai la donna più felice del mondo, te lo prometto, e crescerò questo figlio come se fosse mio”
Susan lo fissò incredula. “Come puoi accettare una cosa simile? Come puoi chiedermi di sposarti sapendo che non ti amerò mai?”
Il ragazzo la fissò stringendo i pugni. “Ami l’uomo che ti ha fatto questo?”
“Fatto che cosa?” esclamò lei, indignata.
“Metterti incinta e scappare. Perché è questo che è successo in realtà, non è vero?”
“No, non è così! Tu non sai un bel niente di quel che è successo, e non ti permetto di giudicare una persona che non hai mai visto e che neppure conosci!”
“Non ci tengo, grazie”
Susan strinse le labbra per non dire cose di cui si sarebbe pentita. Poi prese un profondo respiro: se lui non la capiva con le buone, l’avrebbe capita con le cattive.
“Una volta per tutte, Carl: non ti amo e non ti amerò mai, cerca di accettarlo. Vattene, per favore”
Il giovane le scoccò un’occhiata rabbiosa. “Questo è il tuo ringraziamento per aver tentato di aiutarti? E va bene…se preferisci crescere quel bambino senza un padre, fa pure”

Quella fu l’ultima volta che Susan e Carl si parlarono. Il ragazzo limitò le visite a casa degli zii per non incontrarla, ferito nell’orgoglio. In quanto a lei, per certi versi si dispiacque che fosse andata in quel modo, le sarebbe piaciuto rimanere in rapporti amichevoli con lui ma non fu possibile.
Quando raccontò tutto a Peter, il fratello rimase ancor più sbalordito di lei nel momento in cui Carl le si era inginocchiato davanti.
“Ti ha chiesto di sposarlo? Ma stai scherzando?!” chiese incredulo, mente osservava la sorella marciare su e giù per la camera da letto. Erano entrambi già in pigiama.
“Se Olivia si aspettava che dicessi sì, bè mi spiace per lei! So che ha cercato di aiutarmi, ma se lei e suo nipote credono che il mio amore sia così debole da cedere alla prima difficoltà, si sbagliano di grosso!”
Peter la osservò attento, seduto sul letto.
Susan amava veramente Caspian, non si era trattato di una cotta, di una favola. Era un sentimento così forte che avrebbe potuto persino abbattere le barriere del tempo e dello spazio.
“Susan, non agitarti in quel modo. Non fa bene al bambino”
“Non sono affatto agitata, sono nera!”
Peter rise quando la sorella strinse i denti ringhiando di rabbia. Poi si alzò e le si avvicinò, accorgendosi di un particolare.
“Inizia a vedersi” commentò con inaspettata tenerezza.
“Cosa?” fece Susan, finalmente smettendo di camminare avanti e indietro.
“Ecco…insomma, la pancia. Cresce”
Susan abbassò gli occhi sul proprio ventre, accarezzandolo lievemente.
Sì, cresceva. Il suo bambino… respirava, viveva dentro di lei.
“Secondo te sarà maschio o femmina?” chiese Peter. “Ogni tanto ci penso, sai?”
“Maschio” rispose prontamente Susan.
“Wow, che sicurezza”
Lei sorrise. “Vorrei che fosse un maschio. Se lo sarà, avrà il nome di suo padre”
Gli occhi di Susan s’inumidirono leggermente.
“Perché non dici mai il suo nome?” chiese Peter dopo un po’.
Susan abbassò il capo. “Perché non ci riesco. Il solo pensarlo mi fa crollare il mondo addosso e io non posso permettermelo, capisci? C’è una vita che dipende da me, devo essere forte”
“Lo sei” sorrise Peter abbracciandola. “Credo che tu sia la donna più coraggiosa del mondo, Sue. So che all’inizio eri spaventata, ma stai affrontando la cosa con una dignità e un coraggio che mi lasciano stupito. Non sto dicendo che tu non lo abbia mai dimostrato, tutt’altro, però credo che questa…” Peter le posò una mano sul ventre, “sia la battaglia più difficile e dolorosa che tu abbia mai sostenuto”
Con uno sforzo tremendo, Susan s’impose di non versare nemmeno una lacrima.
Il suo caro Peter capiva tutto di lei, come al solito.
Gli sorrise ancora, stentatamente, ricambiando la stretta di poco prima.
“Quando Edmund e Lucy torneranno a Narnia, potrebbero farglielo sapere” disse ancora lui. “Aslan potrebbe decidere diversamente per te. Potrebbe farti tornare”
Susan fece un’espressione triste. “Prego ogni giorno perché accada, ma non succederà”
“Certe cose non accadono per caso, Sue. E se questa gravidanza fosse…”
“Una prova?” terminò lei. “Sì, ci ho pensato…No lo so. Ho deciso di non dimenticare mai più, per poter un giorno raccontare a mio figlio tutto ciò che deve sapere su Narnia e su suo padre. Ma non voglio illudermi di poterlo rivedere”
No, non voleva. Eppure aveva ricominciato a sperare.

 
 
 
Salve cari lettori, come va? Eccoci al nono capitolo, tutto dedicato a Susan. Il prossimo, sarà tutto per Caspian.
Vi piace il nuovo banner? Ho pensato di cambiarlo visto che anche la storia prende una nuova piega. Su, su, ditemi cosa ne pensate, non vedo l’ora di sapere i vostri commenti in merito a questi nuovi eventi! ;D
Oggi sarò sbrigativa, non ho molto tempo da perdere in chiacchiere, per cui passo subito ai ringraziamenti:

                                                         
Per le preferite: aleboh, battle wound, fossyross, loveaurora, lucymstuartbarnes, MoiraScarletMorgana, Shadowfax, Zouzoufan7
 
Per le seguite: Ellynor, fede95, Francy 98, Fra_STSF, GiulyDeVilliers, Halfblood_Slytherin, JLullaby, lucymstuartbarnes, M a i, niky25, Scentedblackink, Shadowfax, SweetSmile, ukuhlushwa, _joy

Per le recensioni dello scorso capitolo: battle wound, lucymstuartbarnes, Shadowfax, _joy

Per gli aggiornamenti l’appuntamento è sempre sulla mia pagina facebook
Un grazie di cuore a tutti e alla prossima!
Susan♥

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: Solitudine ***


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10. Solitudine
 
 
 
Avrebbe potuto allungare le braccia e stringerla, per non lasciarla andare.
Poteva vedersi nel compiere quel gesto: afferrare una mano di lei e attirarla a sé.
Invece, non aveva mosso un muscolo.
Davanti alla quasi impassibilità della fanciulla, alla sua rassegnazione, aveva capito che non c’era niente da fare.
Per loro non c’era futuro.
L’aveva guardata sparire, quasi non fosse mai stata lì e si fosse immaginato tutto quanto.
Non poteva credere che tutto finisse così…
Era rimasto a fissare il vuoto per diverso tempo, senza badare a nessuno, a niente, dimenticandosi di essere vivo.
Solo quando Ripicì gli si era avvicinato e lo aveva chiamato a bassa voce, Caspian era tornato a rendersi conto di essere davanti a migliaia di persone che aspettavano che il Re parlasse ancora.
Aveva percepito l’attesa nel brusio di perplessità della folla e allora si era voltato verso il popolo, raddrizzando le spalle, incontrando gli occhi di Aslan un istante appena.
Il Leone gli aveva rimandato uno sguardo rammaricato.
Perché?, avrebbe voluto chiedergli Caspian. Perché li aveva lasciati partire? Perché non gli aveva permesso di sposare Susan? Non aveva nemmeno voluto ascoltarlo...
Era ingiusto.
Che senso aveva?
Gli avevano dato la possibilità di incontrare la più meravigliosa delle creature, amarla, donarle e prometterle tutto, e poi gliel’avevano strappata dalle braccia.
Ma non dal cuore. Questo mai.
Perché lei non poteva più tornare? Perché lui non poteva raggiungerla?
Se nessuno voleva dargli delle rispose, le avrebbe trovate da solo.
E per ottenerle, la stessa notte della partenza dei Pevensie e tutte quelle successive, Caspian era tornato vicino all’albero magico, il cui tronco era rimasto aperto a mostrare il paesaggio: il cielo stellato e le sagome dei Monti d’Occidente.
Bastavano pochi passi per attraversare quel portale, per lasciarsi tutto alle spalle e raggiungere il suo amore.
Forse, il suo destino era essere Re, ma il destino non è scritto e lui poteva scegliere: e voleva che il suo destino fosse Susan.
Dopotutto, decise che non servivano spiegazioni. Voleva farlo e l’avrebbe fatto.
Una pazzia più vera della ragione.
Il Re si guardò attorno per un momento, osservando la piazza, il castello di Telmar, le bandiere con l’effige di Aslan sventolare sulle torri.
Non significava nulla aver conquistato un trono se non aveva nessuno con cui dividerlo.
Se fosse veramente riuscito ad attraversare quell’albero avrebbe potuto ricominciare una vita con lei sulla Terra.
In fondo, non era sicuro di poter essere un buon Sovrano per Narnia...
Doveva solo smettere di pensare e concentrarsi su di lei. Zittire la coscienza e guardare dritto verso il portale.
Trovò il coraggio che gli era mancato nelle notti antecedenti: fece un passo sul selciato e il cuore iniziò a battergli più forte.
“Vuoi farlo davvero?” chiese una voce profonda alle sue spalle.
Caspian si fermò all’istante ma senza voltarsi.
“So che ti sto deludendo e ti chiedo di perdonarmi” disse. “Ma lo devo fare”
La voce si avvicnò. “Chi si prenderà cura di questa gente se tu te ne vai, Maestà?”
Caspian strinse i pungi, fissando il cielo attraverso il tronco aperto.
“Perché non posso fare come gli altri telmarini? Tornare sulla Terra”
La voce si fece più severa. “Un tempo, Narnia cadde nell’anarchia e nel caos. Fu un’epoca oscura, che si protrasse fino all’arrivo del primo Caspian. Tu, a differenza dei tuoi antenati, puoi riportare la luce in questo mondo. Hai ridonato ai narniani la loro terra, che è anche la tua, Caspian. Vuoi veramente rinunciare dopo tanta fatica?”
Quasi senza rendersene conto, le lacrime iniziarono a rigare il volto del ragazzo.
“Non ce la faccio senza di lei”
“Lo so, figliolo”
Caspian si voltò. Aslan lo guardava con occhi colmi di tristezza.
“Lei voleva restare con me”
“Non poteva, anche se lo desiderava con tutta se stessa. Susan ha dato tutto a Narnia, ora deve vivere nel suo mondo, con la sua famiglia”
“Se l’avessi sposata…”
Le parole gli morirono in gola. Aslan non rispose.
Voleva forse dire che, anche se si fossero uniti in matrimonio, le cose non sarebbero comunque cambiate?
Caspian si accorse di piangere e si affrettò ad asciugarsi gli occhi.
“Cosa devo fare per riaverla?”
Aslan scosse la folta criniera. “Susan sapeva di dover andare. E anche tu lo sapevi”
“Perché?!” chiese ancora il Re, rabbiosamente. “Ho bisogno che lei ritorni!”
Il Leone lo guardò con occhi imperscrutabili.
“Le avresti permesso di restare se avessi saputo quanto avrebbe sofferto nel dire addio alla sua famiglia?”
Il ragazzo abbassò il capo e non rispose.
“Lei ti amava, Caspian, e non ti avrebbe mai chiesto di rinunciare a tutto per seguirla, come non lo avresti mai fatto tu”
Il respiro del giovane si fece pesante, affaticato per lo sforzo di parlare senza piangere.
“Se non fossi stato un principe, forse avrei potuto andare con lei sulla Terra”
Aslan gli si accostò. “Se non fossi stato un principe, ma un ragazzo come gli altri, non vi sareste mai incontrati”
Il ragazzo contrasse il viso in un’espressione dolorosa.
“Non penserò ad altri che a lei” confermò, alzando finalmente la testa. “Non potrò amare nessun’altra, mai…e non rinuncerò mai. Accogli la mia richiesta, Aslan: fammi partire. Darò il regno in mano a Briscola, lui è più meritevole di me”
“Caspian!” esclamò il Leone, austero, misto a un ruggito. “Sarai un Re il cui egoismo lo porterà ad esaltarsi al di sopra di qualsiasi cosa tranne che a se stesso? Sarai quel tipo di Re?”
Il giovane sbattè le palpebre, esibendo un’espressione di sincero pentimento.
“Io amo Narnia, Aslan, ma forse non voglio essersene il Re. Non ne sarò in grado, io…”
“Perché continui a ripeterlo quando sai che non è vero? Non avresti accettato di guidare la ribellione contro Miraz se non avessi creduto in te stesso e nelle tue capacità. Ho ragione?”
Caspian non fiatò.
Ripensò alle parole che Susan gli aveva rivolto alcuni giorni prima, prima della battaglia.
 
“Non ti arrendere mai!...Fallo per me, Caspian. Combatti e vinci”
 
Non si era arreso: aveva lottato, ma per che cosa?
Tante volte avrebbe voluto arrabbiarsi con Susan, darle la colpa per non aver combattuto quanto lui, per non aver tentato di…
Di fare cosa? Di venire meno al volere del Grande Leone?
 
“Sei la persona che può fare la differenza. E quando sarà finita, potrai vedere il risultato di quello che tu hai costruito. Tu sei il Re, non devi mai dimenticarlo”
 
Per Narnia. Non per il loro amore.
Susan aveva anteposto Narnia a loro.
Era ciò che doveva fare anche lui.
Non poteva avere entrambe, doveva scegliere.
Aveva già compiuto questa scelta ma, come gli aveva detto Aslan, non poteva essere un Re egoista come Miraz, pensando a compiacere solamente sé stesso.
Era la ragione che prevaleva sul cuore, anche se faceva male da morire: doveva accettarlo.
“Il tuo cuore soffre e il tuo animo si dispera” disse infine Aslan. “Ti perdono per le tue parole, figlio, e le dimenticherò perché le hai pronunciate in un momento di dolore. Ma non farlo mai più”
“Perdonami”
“Non dubitare, abbi fede”
Con queste parole, Aslan si voltò e fece per andarsene.
 “C’è almeno una possibilità perché le cose cambino?” chiese Caspian, inducendolo a fermarsi.
Aslan fece un sorriso amaro. “Nemmeno io potevo prevedere che accadesse questo: siete stati una sorpresa, tu e Susan”
Il Leone continuò a fissare il Re dritto negli occhi.
“Spesso facciamo domande anche se abbiamo già le risposte dentro di noi. Un giorno capirai perché oggi stai soffrendo”
 
 
 
***
 
 
Da quella sera era passato un anno.
Aslan se n’era andato, ma Caspian ancora non capiva.
Più passava il tempo e più lui stava male e non riusciva a trovare riscontro alle parole del Grande Leone.
Perché ogni volta che voleva bene a qualcuno, questo se ne andava?
Forse era destinato a rimanere solo…
Tuttavia, la solitudine divenne la dolce compagna dei suoi giorni.
La solitudine era benvenuta e Caspian lasciava che lo consumasse senza lottare. Gli offriva un rifugio, lo avvolgeva come un muro a difesa di tutto, e questo era ciò di cui aveva bisogno.
Perdersi in sé stesso era l’unica cosa che riusciva a fare.
Non dormiva, perché dormendo avrebbe sognato sogni che lo tormentavano.
Non voleva stare sveglio, perché da sveglio avrebbe trovato la realtà dalla quale voleva disperatamente fuggire.
Ogni cosa a Narnia gli ricordava Susan, primo fra tutti il cielo, limpido e azzurro come gli occhi della sua Regina.
I giorni passavano lenti e vuoti, benché l’essere Re riempisse le sue giornate di impegni tra cui riunioni politiche, visite alla città, varie cerimonie, pranzi e cene importanti.
Tutti volevano conoscere Caspian X: i Vecchi Narniani che non avevano avuto il privilegio di combattere al suo fianco, il Re e la Regina di Archen, l’Imperatore di Calormen, il barone di Ettinsmor con tutta la famiglia, i feudatari delle Isole di Galma e Terebinthia…
Arrivarono da ogni dove per vederlo: molti di loro promisero aiuto al regno di Narnia se mai ce ne fosse stato bisogno, tranne Tisroc di Calormen, che di sottostare a un giovinetto di appena diciassette anni proprio non voleva saperne.
Purtroppo, alcuni nobili di Telmar la pensavano come lui.
Il problema era che Caspian era il primo a crederlo.
Probabilmente, agli occhi della sua gente, appariva come un Sovrano sciocco e sentimentale.
Non gl’importava granché.
Si sentiva svuotato, faceva ogni cosa senza entusiasmo, per dovere, ed era evidente a tutti e tutti sapevano il perché.
Solo cavalcare gli dava soddisfazione. Un senso di libertà e di tregua. Quando poteva soffocare il grido del suo cuore grazie al rombo degli zoccoli, che risuonava come un tuono sul terreno e gli riempiva le orecchie, così come il fischio del vento.
In quei momenti non era il Re, ma solo un ragazzo innamorato.
 
E correva, Caspian, lo sguardo dritto avanti a sé, sperando forse di arrivare da lei.
Correva per raggiungere un sogno che poteva quasi toccare, separato dalla realtà da un sottile strato di tempo e spazio, di regole e doveri.
Non poteva afferrare nessuna di queste cose.
Non poteva combattertele.
Non erano oggetti o persone, erano parole, sensazioni, concrete ma astratte, intoccabili, irraggiungibili...come lei.
Strattonò le redini, un basso grido d’impazienza uscì dalla sua gola.
Destriero saltò un ostacolo, un tronco caduto piuttosto grande. Le zampe posteriori sbatterono contro il legno, facendo schizzare via pezzetti di corteccia.
Distratto dai pensieri, il Re di Narnia si sbilanciò appena. Strinse le ginocchia attorno ai fianchi del cavallo, guardando altrove tranne che avanti a sé. Cadde dalla sella quando il ramo basso di un albero lo colpì. Destriero continuò la sua corsa per un tratto.
Strano scherzo del caso...quella scena l’aveva già vissuta: era successo un anno prima, mentre fuggiva nella notte attraverso la stessa foresta…
Impossibile sottrarsi...
Impossibile non rivivere con la mente il suo incontro con i Pevensie, i lunghi giorni trascorsi con Susan: gli sguardi, gli abbracci, i baci, l’amore, le promesse...
Le braccia allargate, gli occhi chiusi, il respiro leggermente ansante, Caspian cercò di scacciare dalla mente il pensiero di lei.
Ma più ci provava, più i ricordi lo torturavano.
Non poteva dimenticarla. Forse lo aveva desiderato, ma non poteva, e soprattutto non voleva.
L’amava ogni giorno di più.
L’amava tanto da star male.
Ogni notte, la Regina Dolce era nei suoi sogni, di giorno nei suoi pensieri. Non c’era modo di evitarlo e, infine, Caspian aveva scelto di sprofondare in quell’oblio di memorie, di sensazioni, attendendo soprattutto la notte dove, almeno nel sogno, poteva rivederla.
Vedeva il suo viso, i suoi occhi, il suo sorriso.                                            
E sembrava vero: sentiva il suo profumo, il dolce sapore delle sue labbra, la consistenza setosa dei suoi capelli e della pelle...
Ma erano solo ricordi, non era vero. Non poteva veramente abbracciarla, né parlare né baciarla, o accarezzarla. 
Era la dolce creatura che dava vita alla sua agonia. Meravigliosa tortura che al risveglio, per un attimo, lo confondeva.
L’immagine di Susan rimaneva con lui finché il cielo era ancora di quella sfumatura di un lilla-blu scuro, finché il primo uccello cantava e il primo raggio di sole non penetrava nella stanza. E allora lei svaniva, nel graduale passaggio tra ombra e luce.
Ancora steso sul terreno, Caspian si portò un braccio sugli occhi, tentando di dare un freno alle proprie emozioni.
Fu grato che ci fosse solo Destriero in quel momento.
Il cavallo era tornato indietro al passo, e ora chinava il muso verso il suo padrone e amico, incuriosito e preoccupato dal suo atteggiamento inconsueto. Emise un basso nitrito, solleticando il viso del giovane con il grosso naso.
Caspian sorrise e scostò il braccio passandosi una mano sugli occhi, accarezzando il muso del cavallo.
“Tutto bene, amico mio, non preoccuparti”
Destriero sollevò la testa, scrollando la criniera.
Caspian si levò a sedere, togliendosi ciuffetti d’erba e foglie dagli abiti. Non riasalì subito in sella. Rimase per alcuni minuti ad accarezzare distrattamente le zampe anteriori del cavallo, tornando ancora con la mente a quel giorno in cui si era ritrovato in quelle foreste per la prima volta: quando era ancora un Principe, quando aveva conosciuto Tartufello e Nikabrick, e poi…lei.
Ancora, sempre, solo lei.
“Mi sembra quasi che non se ne sia andata” mormorò, parlando a Destriero e a sé stesso, “che riuscirà in qualche modo a ritornare indietro”
Guardò le foglie degli alberi danzare al ritmo del vento, il cielo terso, lo stesso di un anno prima.
Esattamente un anno prima.
Balzò in piedi e si issò sulla groppa del cavallo, spronandolo nuovamente al galoppo.
Lo spinse al massimo delle sue forze per raggiungere la meta che desiderava: le rovine di Cair Paravel.
Era là che Susan e i suoi fratelli erano apparsi dodici mesi prima. E se vi si fosse recato, forse...
Ci sarebbe voluto un giorno intero per arrivare laggiù, al confine est di Narnia.
Non pensò nemmeno per un sitante a quanto sarebbero stati in ansia Cornelius, Briscola, Tartufello, Ripicì e gli altri non vedendolo tornare. Pensò solo a correre, correre e ancora correre.
Pensò a Susan …
 
 
 
***
 
 
 
Arrivò alle rovine che il sole tramontava.
Il mare e il cielo erano di un rosso rubino splendente. Non aveva mai visto un colore simile.
Di più: non aveva mai visto l’Oceano.
Per anni era stato proibito a chiunque di addentrarsi nelle Grandi Foreste a oriente, così come al rudere dell’antico castello.
Lo sguardo di Caspian si perse su quell’infinita distesa d’acqua, ammirandola in tutto il suo splendore.
Il mare…
Scoprì di amarlo, come lo amava lei.
La dolce voce di Susan risuonò nell’aria, armoniosa come il canto di una sirena.
 
“Adoro nuotare. Adoro il mare. Andare in barca mi piace, ma amo ancora di più sentire l’acqua sulla pelle. E’ una sensazione meravigliosa, mi dona quasi una nuova energia. Sentire le onde che ti cullano e ti trasportano sulla loro scia… Ho una buona resistenza, sai? Anche sott’acqua. Tu sai nuotare, vero, Caspian? Un giorno faremo a gara”
 
Un sorriso dolce amaro si aprì sul viso del Re mentre ripensava a quelle parole.
Un giorno…certo…
Scrutò il paesaggio che lo circondava, assaporandone i colori e le forme, ascoltando il suono tranquillizzante delle onde, desideroso di non disturbare quella quiete.
Da tanti secoli nessuno viveva laggiù. I primi a rimettervi piede dopo mille anni e più, erano stati proprio gli Antichi Sovrani: i Pevensie.
Scese dalla groppa di Destriero e lo condusse per le briglie, camminando lentamente lungo la spiaggia.
Era un luogo silenzioso, appartenente al passato, che racchiudeva una storia infinita che nessuno avrebbe mai dimenticato.
Alzò la testa ed osservò la massicia scogliera su cui svettavano i resti di quelle che una volta erano state le mura del castello.
Si sentiva un estraneo in quel luogo, ma allo stesso si sentiva a casa. Sentiva di appartenervi, forse perché anche lui adesso era un Re di Narnia, proprio come tutti coloro che avevano abitato laggiù nelle epoche passate.
La strada curvò e terminò in prossimità di una lunga fila di scogli che sorgevano accanto alla spiaggia, e che continuavano a perdita d’occhio lungo la parte destra.
Caspian ebbe una brutta sorpresa quando non trovò il punto di congiunzione tra il litorale che stava percorrendo e le rovine vere e proprie.
Poi ricordò che i Pevensie gli avevano raccontato che Cair Paravel era divenuta un’isola a causa dell’erosione del tempo, e non c’era modo di raggiungerla se non con un’imbarcazione. I quattro fratelli erano riusciti a scendere sulla terraferma grazie a Briscola e alla barca lasciata dai due telmarini che lo stavano trasportando.
Cercò allora un’altura dalla quale poter scorgere qualche particolare in più di quelle rovine e dei giardini (ormai più una foresta) che vi crescevano attorno. Si fermò in cima a un sporgenza di roccia dove fu quasi alla stessa altezza.
Lo sguardo del Re vagò sulle sporgenze di marmo bianco, le pietre e le colonne, il famoso meleto di cui aveva parlato Lucy; il pozzo, visibile anche a occhio nudo, appena al di là della sporgenza.
Era uno spettacolo indescrivibile, traboccante di nostalgia e immensità.
Cair Paravel era uno dei luoghi più antichi di Narnia, il primo creato da Aslan insieme alla Foce del Grande Fiume.
Con un’immensa commozione che non avrebbe mai creduto di poter provare, Caspian pensò che Susan era vissuta laggiù.
Forse si era seduta sul quel prato, là, nel punto esatto dove il suo occhio si posò, a giocare con i suoi fratelli e gli animali, ad intrattenere qualche amica durante un pranzo all’aperto...O magari si era messa a leggere sotto quell’altro albero, o aveva passeggiato sulla stessa altura dove si trovava lui ora, ad ammirare la sua casa in tutta la sua bellezza e non quella desolazione.
Chissà quante volte si era affacciata alla finestra a contemplare la verde Narnia…
Su che lato del castello poteva essere stata la camera di Susan? Ma certo, a est: lei non avrebbe mai rinunciato a una vista sul mare.
I pensieri vagarono, e non si accorse che ormai il sole era andato a dormire dietro l’Oceano e il cielo si scuriva sempre più.
Ma Caspian non poteva andarsene. Doveva recarsi tra quelle rovine, toccarle con mano vera.
E lo fece.
Scese di nuovo alla spiaggia, lasciando Destriero libero di correre per il bosco, sicuro che al ritorno lo avrebbe trovato ad aspettarlo.
Si tolse il farsetto e gli stivali, rimase in camicia ma tenne la spada. Camminò verso l’acqua: il mare era tiepido alla sera.
A occhio e croce, quel tratto che separava le rovine dal resto di Narnia doveva essere profondo una trentina di metri e largo quindici.
Da diverso tempo Caspian non nuotava. Avrebbe faticato per arrivare dall’altra parte, ma doveva farcela.
Con cautela, senza fretta – o si sarebbe stancato il doppio – s’immerse ed iniziò ad avanzare a grandi bracciate verso l’isola. In una mano reggeva la spada, così che non gli pesasse sul fianco e non gl’impedisse i movimenti delle gambe.
Ci fu un rumore e uno spruzzo provenienti da sinistra. Caspian si fermò di colpo, notando a stento il guizzo di una pinna tuffarsi sott’acqua.
Un pesce di grandi dimensioni? Oppure…
Emozionato ed intimorito al tempo stesso, il Re rimase fermo per un poco attendendo che il movimento si ripetesse, per capire di cosa si trattasse veramente.
Ma la creatura – pesce o sirena, qualunque essa fosse – non aveva più intenzione di farsi vedere.
Continuò allora la sua nuotata, giungendo sfinito sulla spiaggia dell’isola di Cair Paravel.
“Bisognerà costruire un ponte per andare e venire” mormorò Caspian ad alta voce, tirando un gran respiro.
Si tolse la camicia fradicia e la strizzò sull’erba del boschetto nel quale entrò, avvinandosi su per quello che poteva essere un sentiero.
Si udivano canti di uccelli notturni, movimenti tra il fogliame e il brulicare degli insetti. C’erano falene e lucciole, riconobbe un gufo, gli sembrò di vedere un riccio scappare dentro un cespuglio.
Caspian si abbassò e scrutò tra i rami. La bestiola muoveva il nasino su e giù.
“Ciao” gli disse, allungando una mano.
Purtroppo, il riccio non era un animale parlante e fuggì di nuovo.
Con un mezzo sorriso, il giovane si rialzò e continuò la sua esplorazione.
Qualunque abitante di Telmar avrebbe tremato di paura nel trovarsi lì: ancora credevano alle storie di spettri.
Ma quel posto era tutto fuorché spaventoso.
Era avvolto nella pace, quasi addormentato. Un gigante che aspettava di essere risvegliato.
Caspian pensò alla storia della città, alle sue case, la sua gente…tutto era scomparso come non fosse mai esistito, esattamente come la presenza di Susan: un infinitesimale secondo nell’infinità del tempo.
Eppure durava.
Le fondamenta erano ancora là.
Durava, resisteva. Non sarebbe mai stato distrutto del tutto.
E nemmeno il suo amore.
“La ricostruirò” pensò, “Per te, Susan”
 
 
 
 
 
***


 
“Santo cielo, ragazzo mio…volevo dire, Altezza…perdonatemi, Maestà….dove siete stato?! Siete via da quasi due giorni!”
Il dottor Cornelius – seguito da un drappello di nobili, cavalieri e paggi, più Briscola, Tartufello e Ripicì – corse incontro al Sovrano non appena lo vide rientrare dal portone principale.
Il vecchio precettore era rimasto tutto il tempo ad attenderlo con il cuore in gola, senza dormire, ed ora aveva due profonde occhiaie e barba e capelli scarmigliati.
“Ci avete fatti morire di paura!”
“Sono spiacente” disse Caspian, smontando da cavallo. “Non vi è arrivato il mio messaggio?”
“Sì, sì, il grifone è giunto fin qui – che sorpresa, tra l’altro! – e benché ci disse che non dovevamo temere per la sorte di Vostra Maestà, potete ben capire la nostra tremenda preoccupazione”
“In buon vecchio Grifo ci ha detto che vi ha incontrato alle rovine di Cair Paravel” fece Briscola. “E’ vero?”
“Sì, è vero, C.P.A” rispose Caspian.
Si alzò un mormorio di sorpresa. Poi, il Re si rivolse a tutti i presenti
“Sono davvero desolato, signori, ma la mia assenza è dipesa dal volere di Aslan”
Altre esclamazioni.
“Aslan?” ripeté Ripicì, gli occhietti scintillanti. “Il Grande Leone vi ha parlato, mio Re?”
“No, Rip, ma è come se lo avesse fatto. In realtà, credo che mi abbia guidato. Vedete, ho preso un’importante decisione: ho intenzione di rifondare la città e il castello di Cair Paravel, e di trasferirmi laggiù con tutta la corte”
Sì può ben immaginare che una notizia del genere fu accolta con un certo stupore, questo è certo, ma la sopresa cedette presto il posto ad una allegra confusione.
In men che non si dica, la voce si propagò per tutto il castello e ben presto l'intero regno ne fu a conoscenza.
Per quasi un anno, i migliori architetti di Narnia si prodigarono nella più perfetta ricostruzione di ogni singolo dettaglio. Non lasciarono nulla al caso e gli alberi furono di grande aiuto, soprattutto le longeve sequoie, i cui spiriti ricordavano bene com’era Cair Paravel quand’erano solo dei germogli.
Le tante ricerche del dottor Cornelius tornarono utili: si consultarono dipinti, mappe consunte ma ancora leggibili, e – sorpresa! – venne recuperata una planimetria che persino il vecchio professore aveva scordato di possedere.
“Che ne sarà del palazzo di Telmar quando ci trasferiremo tutti?” chiese Tartufello.
“Diverrà la nostra riserva di caccia” rispose semplicemente Ripicì.
Nonostante avrebbe desiderato essere sempre presente al sito per accertarsi di come procedevano i lavori, i numerosi impegni di Caspian lo costrinsero ancora alla sua attuale dimora.
Ma non appena era possibile, partiva con la sua scorta e passava intere settimane alle rovine, guardandole tornare a vivere.
In qualche modo, anche lui tornò a vedere la luce quando, finalmente, tutto fu pronto.
Il giorno in cui Caspian sedette sul trono di Cair Paravel – come suo diritto, affermò Briscola – segnò il periodo più pacifico che si fosse mai ricordato da quando la stirpe di Telmar si era imposta su Narnia.
In moltissimi si erano appropriati dei quattro troni dei Pevensie senza averne il diritto, ma mai nessuno, prima dei telmarini, aveva osato distruggere il punto di riferimento di tutti i narniani.
Cair Paravel era il simbolo di Narnia, una sicurezza per i suoi abitanti, e quand’era crollato, abbattuto dalle catapulte di Caspian I, aveva gettato il regno nel caos.
Dopo dieci secoli, Caspian X l’aveva rimesso in piedi.
Per la prima volta da quando era Re, Caspian sentì che stava facendo qualcosa di buono.
Il popolo approvava. Anzi, il popolo aveva esultato: Narnia era tornata quella di una volta.
Vedere la felicità sui volti dei narniani era ciò che più di ogni altra Caspian desiderava, eccezion fatta ovviamente che il poter riabbracciare la sua Regina.
E a proposito di regine, in molti vennero a proporre le proprie figlie e nipoti come future mogli per il Sovrano. Purtroppo per loro, il giovane Re, ormai quasi ventenne, rifiutò fermamente ma gentilmente ogni offerta.
“Rimarrò solo, Cornelius” disse un giorno al suo precettore. “Non ho mai avuto una famiglia e non mi serve averla… o meglio l’ho avuta, ma ero così piccolo quando i miei genitori sono mancati che quasi non ricordo cosa voglia dire. La solitudine non mi spaventa. Talvolta può essere piacevole”
Cornelius rimase a dir poco sconcertato dalla decisione del Sovrano.
“L’amate ancora così tanto, mio Re?” chiese commosso.
“L’amerò per sempre”
Caspian si affacciò sul mare, posando le mani sulla ringhiera del balcone della sua camera. L’aveva voluta a est, sul mare, come quella di Susan.
Aveva avuto ragione: dalle planimetrie era risultato che le stanze della Regina Dolce guardavano proprio sull’Oceano.
“Non rinuncerete mai, vero?”
Caspian sorrise amaramente. “Aspetterei in eterno per averla un attimo. Attraverserei i confini del mondo per poterla rivedere anche solo per un secondo”
Soffriva ancora, profondamente, ma imparò a convivere con il dolore.
Abitare a Cair Paravel donò una certa tranquillità al suo animo. Vivere dove aveva vissuto Susan, camminare per le stesse stanze in cui lei aveva camminato, calpestare la stessa erba, odorare il profumo del mare ogni giorno, come aveva fatto lei...
Poteva farcela. Le ferite non sarebbero mai guarite, avrebbero lasciato le cicatrici, ma con il tempo si sarebbero rimarginate.
L’aria salmastra gli riempì le narici e i polmoni, donandogli una nuova forza, il suono delle onde gli riempì le orecchie e gl’inondò la mente, quasi che lo stesso mare lo stesse chiamando a sé.
Certe volte gli pareva che il mare gli palasse...
Anche quando Cornelius se ne fu andato, Caspian rimase affacciato sul terrazzo a guardare l’infinito, immaginando cosa potesse celarsi al di là dell’Oceano.

 
 
 
 
Siamo al decimo capitolo! Che avevo previsto fosse l’ultimo e invece no!
Sto modificando di brutto questi ultimi, sapete? Li sto allungando e inserendo nuove cose…ad esempio, la ricostruzione di Cair Paravel non c’era nella prima stesura, mi è venuta in mente ieri mentre finivo di scrivere il capitolo. Ah, spero di non aver fatto errori, non ho avuto tempo di rileggere...
Come vi avevo annunciato, questo capitolo era tutto per Caspian. nel prossimo rivedremo sia lui che Susan: sarà diviso in due. La nascita del bimbo si avvicina…*.* Sarà maschio o femmina???
Dite la vostre nelle recensioni!
 
Ringraziamenti:
 
Per le preferite:
aleboh, battle wound, fossyross, loveaurora, lucymstuartbarnes, MoiraScarletMorgana, perseusjackson, Shadowfax, Zouzoufan7
 

Per le seguite: Ellynor, fede95, Francy 98, Fra_STSF, GiulyDeVilliers, Halfblood_Slytherin, ibelieveandyou, JLullaby, Judith_Herondale, lucymstuartbarnes, M a i, niky25, Scentedblackink, Shadowfax, SweetSmile, ukuhlushwa, _joy
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:
battle wound, JLullaby, lucymstuartbarnes,  Shadowfax,_joy
 
Trovate sempre gli aggiornamenti di “Fragment” e “Night&Day” qui, alla mia pagina facebook. Per ogni cosa, piccole anticipazioni, domande o altro, venite a trovarmi :)
Grazie a tutti voi che seguite questa storia! A presto!
Susan♥

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. Il primo giorno di una nuova vita ***


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11. Il primo giorno di una nuova vita
 
 
 
L’inverno passò, la neve si sciolse, e quando le prime viole spuntarono nel giardino di casa Stevens, Susan seppe che era arrivata la primavera.
Si godeva le prime belle giornate seduta sul dondolo nella veranda, leggendo o chiacchierando allegramente con i suoi fratelli: finalmente, Lucy, Edmund e la mamma erano riusciti a venire in America. Sarebbero rimasti per tutta la durata delle vacanze di Pasqua, che quell’anno cadeva in marzo.
Il giorno in cui erano arrivati, Susan si era chiusa in camera per la paura di vederli. Erano stati loro a bussare alla sua porta, e quando lei aveva aperto e visto i sorrisi sui volti di tutti e tre, aveva tirato un sospiro di puro sollievo, sciogliendosi in un pianto liberatorio.
Con un po’ di fatica per via del ventre ingrossato, la ragazza si alzò dal dondolo per poi chinarsi a terra per raccogliere una viola, cambiando idea all’improvviso.
No, l’avrebbe lasciata lì. Era così bella…
“Susan, tesoro, mettiti addosso almeno uno scialle quando esci” l’ammoni la signora Pevensie, comparendo in veranda in quel momento.
Susan si voltò e sorrise a sua madre. “No, non ho freddo: c’è il sole”
Helen fece un sospiro spazientito e marciò verso di lei, avvolgendole uno scialle attorno alle spalle.
Il comportamento della mamma era stato una grande sorpresa per tutti. A differenza di ciò che avevano pensato i suoi figli, si mostrò da subito orientata verso la nuova situazione, presentandosi a casa Stevens con un intero corredo per neonati confezionato a mano da lei stessa.
“Peccato sia tutto in lana, Helen cara” aveva commentato Olivia, studiando babuccine, bavagline e cappellini. “Il bimbo nascerà in estate”
La signora Pevensie si era portata una mano al viso, in un gesto confuso. “Oh, cielo…hai ragione”
Tutti erano scoppiati a ridere.
Ai fratelli più piccoli, Susan non dovette spiegare nulla: i loro sguardi consapevoli e colmi di affetto erano bastati a farle comprendere che sapevano.
Anche Robert avrebbe desiderato vedere la sua Susy, ma la guerra non gli dava modo di raggiungere i suoi cari.
Doveva essere stato un grosso colpo per entrambi i suoi genitori, pensava Susan, la quale non si stupì quando seppe che papà non aveva reagito troppo bene alla notizia della sua gravidanza, almeno non all’inizio. Come poteva essere diversamente?
I signori Pevensie si erano scambiati lettere e telefonate, nelle quali Robert aveva esposto la stessa domanda più volte: chi era il padre del bambino?
Helen aveva cercato di persuadere la figlia a diglielo.
“Io non capisco, tesoro: perché non può raggiungerti?” insisté Helen più e più volte.
Questo discorso lo aveva già affrontato con Olivia e, ancora una volta, Susan non fiatò, risoluta. Non l’avrebbe detto a nessuno. A che scopo? Le cose non sarebbero cambiate: non poteva raggiungerlo e lui non poteva venire da lei.
Non avrebbe voluto mentire alla mamma, ma non poteva dirle di Narnia. Avrebbe creduto si stesse inventando una storia per giustificarsi, o peggio, che fosse impazzita.
Il suo innamorato era il Re di un regno incantato…come no…
Ovviamente, anche Peter, Edmund e Lucy dovevano fingere di non sapere nulla a riguardo.
“Tranquilla” le assicurò Ed, “le nostre bocche sono cucite”
Lui era come al solito il più restio a manifestare i propri sentimenti, ma si notava dai suoi sorrisi che non vedeva l’ora di conoscere il nuovo membro della famiglia.
Lucy – nemmeno a dirlo –  si dimostrò attenta ed entusiasta a tutto. Fu la prima a sentire il bambino muoversi e non parlò d’altro per giorni.
“Per me sarà una bambina” disse, la testa posata sul grembo arrotondato della sorella maggiore.
“Affatto” ribatté Edmund, scoccandole un’occhiata torva. “Sarà un maschio, te lo dico io”
“E io dico femmina” ribadì Lucy.
“Maschio”
“Femmina”
“Maschio!”
“Femmina!”
“Ragazzi, per favore!” li fermò la signora Pevensie.
Susan pensava spesso alla fortuna che aveva, alla comprensione che i suoi famigliari e amici avevano dimostrato.
Ricordava che, una volta, sua zia Alberta aveva raccontato un episodio accaduto nella scuola dove andava Eustace: una ragazza era rimasta incinta e le voci dicevano che i genitori l’avessero cacciata di casa, altre che l’avessero obbligata a dar via il bambino o addirittura a sbarazzarsene.
Che cosa atroce! Come si poteva solo pensare di fare una cosa del genere?
Quando Susan sentiva il suo bimbo scalciare, provava un amore così intenso da non saperlo spiegare a parole.
Era una creatura innocente, indifesa, così piccola… viva.
Anche se ancora non aveva veduto la luce del mondo, anche se non camminava, non parlava…era vivo. Dal momento in cui era stato concepito, il suo minuscolo cuoricino aveva iniziato a battere.
“Sta tranquillo, piccolino” mormorò, accarezzandosi il ventre, percependo un nuovo movimento. “A te nessuno farà mai del male. C’è la tua mamma, qui”
E se anche tuo padre potesse sapere...anche lui ti proteggerebbe, con tutte le sue forze! E ti amerebbe tanto…
Quale amarezza si dipinse sul viso di Susan mentre pensava queste parole…
Caspian…
Era perduta senza di lui, nonostante avesse attorno a sé persone care e meravigliose: i suoi fratelli erano eccezionali, sua madre era la migliore; Olivia e Charles si dissero addirittura disposti a prendere sia lei che il bambino a vivere con loro, nel caso non se la fosse sentiva di tornare subito a casa dopo il parto.
Susan aveva già considerato questa proposta alcuni mesi prima e, insieme a Peter, aveva scelto di rimanere in America. Lì a Washington, almeno, gli amici degli Stevens parlavano di lei come di una ragazza sfortunata ma coraggiosa, non come di una poco di buono.
Vero era, però, che avrebbe desiderato crescere il bambino in Inghilterra.
Cosa fare, dunque?
A dirla tutta, Susan pensava che tornare a Finchley prima o dopo la venuta al mondo di suo figlio, non avrebbe fatto molta differenza. Sì, poteva aspettare qualche mese, e allora? Cosa avrebbero detto  vicini e conoscenti nel vederla rientrare dagli Stati Uniti con un bambino? La gente non era stupida…
Prendere una decisione non fu facile, così si confidò con la mamma.
 “Non so che cosa fare” le disse un pomeriggio, mentre se ne stavano sedute sul divano del salotto.
Susan si teneva al passo con il programma scolastico, mentre Helen lavorava ad un nuovo completino per il nipotino (questa volta con del cotone leggero).
“Secondo me” disse la signora Pevensie, “dovresti rimanere qui come avete deciso tu e tuo fratello. Lo sai che Olivia e Charles vi ospitano più che volentieri”.
Susan chiuse piano il libro. “Non ho intenzione di rimanere a vivere in America per sempre, ma ho paura di quello che troverò a casa”
Helen posò l’uncinetto e guardò attentamente la figlia. “Voglio essere sincera con te, tesoro: le difficoltà saranno tante, in qualunque caso. Una ragazza madre è sempre oggetto di maldicenze e pettegolezzi, e questo non potremo evitarlo. Ma voglio che ricordi sempre che tu hai noi, Susy: hai me, tuo padre e i tuoi fratelli. ”
Susan abbracciò la madre e affondò il viso nel suo seno morbido. “Oh, mamma…”
Aveva ancora tanto bisogno di lei, delle sue carezze, delle sue coccole e rassicurazioni. Si sentiva così smarrita a volte, così spaventata…
Helen la strinse forte a sua volta. “Sei così giovane, e divenire madre è una responsabilità davvero, davvero grande. Ma la tua preoccupazione maggiore non dovrà essere l’opinione altrui, bensì il tuo bambino. E lo sarà, che tu lo voglia o no”
“Lo voglio” assicurò Susan, alzando il viso.  “Anzi, lo è già. Ero terrorizzata all’idea di averlo, all’inizio, ma adesso…” la ragazza strinse le mani sul proprio ventre. “Lo so che non sarà facile, ma non importa. Lo voglio. Lo desidero con tutto il cuore”
La signora Pevensie osservò la figlia con fierezza, abbracciandola.
La sua bambina era diventata una donna e lei non se n’era nemmeno accorta. Era maturata moltissimo durante quei mesi in America, e Susan stessa non si era resa conto della forza che stava acquisendo.
Cresceva in fretta, forse troppo in fretta. Helen si era immaginata tutt’altro futuro per la sua bella Susy: un marito, un sontuoso matrimonio con decine d’invitati, vedere suo padre accompagnarla all’altare in abito bianco…
“Lo sai, mamma? Hai ragione!” disse d’un tratto la ragazza, sorridendo. “Non m’importa se la gente parlerà. La cosa più importante è il mio bambino!”
Helen la fissò un istante in modo un po’ strano.
“Mamma, che c’è?”
La signora Pevensie la guardò dritta negli occhi. “Voglio che ti confidi con me, Susan. Puoi dirmi tutto. Non lo dirò a nessuno se non vuoi. Ma io sono tua madre e ho il diritto di sapere”
Susan s’irrigidì un poco, fingendo indifferenza, ma aveva la netta impressione che la mamma non si sarebbe arresa, stavolta.
Abbassò lo sguardo, sentendo le mani di sua madre stringere le sue.
Il cuore di Susan accelerò all’impazzata, pronta a rivelare almeno una parte di verità.
“Si chiama Caspian” mormorò infine, mentre i ricordi l’accecavano come lampi furiosi.
Cercare di non pensare a lui, non dire il suo nome per tutto quel tempo, non aveva fatto altro che peggiorare la sua agonia e non migliorarla come aveva immaginato.
Ma dopo il dolore…fu sollievo.
L’inaspettato conforto dei ricordi, il dolce suono del nome del suo Re che per troppo tempo le sue labbra non avevano pronunciato, le diede sicurezza e tranquillità.
Raccontare di lui alla mamma fu quasi come averlo lì accanto a sé. Le parve persino fossero le mani di Caspian, non quelle di Helen, a stringere le sue.
Si sentì in colpa pensando questo, ma era la verità: per quanto amasse la sua famiglia, si sentiva sola senza il suo Principe.
“Non pensare male di lui, mamma, ti prego! Lui mi ama, mi ama tantissimo! E sarebbe qui con me se potesse, credimi!”
Helen pianse con lei mentre la consolava, dicendole che doveva esserci per forza la maniera di rivedere questo giovanotto.
La signora Pevensie intese che doveva esserci un serio motivo per cui Susan non voleva parlare: un segreto forse, o una promessa che i due giovani si erano fatti. Comunque stessero le cose, le bastava vedere il sorriso di sua figlia tutte le volte che parlava del bambino per far tacere i suoi timori di madre. Susan avrebbe amato allo stesso modo il figlio di un uomo che le avesse fatto del male? Certamente no. Quel bambino era giunto senza preavviso, ma Susan lo amava tanto…
Così, Helen decise di aspettare con pazienza il momento in cui sua figlia si fosse decisa a raccontarle tutta la verità.
Sarebbe mai giunto quel momento?
 
Quando Susan tornò in camera sua e di Lucy, vi trovò anche Peter e Edmund.
Proprio come a casa, i quattro fratelli passavano ore a chiacchierare la sera, prima di andare a dormire.
Li raggiunse sedendo sul proprio letto, vicino a Peter. Ed e Lu stavano su quello accanto, sdraiati entrambi a pancia sotto.
“E’ successo qualcosa?” chiese il Giusto.
“L’ho detto alla mamma” rispose Susan, studiando le reazioni di tutti e tre. “Le ho detto di Caspian”
Lucy si raddrizzò, trattenendo rumorosamente il fiato. Edmund spalancò gli occhi scuri, Peter rimase immobile.
“Le hai detto di…di Narnia?!” esclamò la Valorosa.
“No, ovviamente. Ma dovevo dirle almeno chi…”. La ragazza si portò una mano al ventre e con l’altra si coprì gli occhi. “Scusate, io…”
“Hai fatto bene” le disse Peter. “Non preoccuparti, Sue, è tutto a posto”
“Oh, accidenti! Sono stanca di piangere!” la Dolce rimproverò sé stessa, piantando i pugni nel materasso, rabbiosa, “Non potrò piangere davanti a mio figlio ogniqualvolta gli parlerò di suo padre. Non voglio che pensi di avere una madre piagnucolona”
“Allora non piangere” minimizzò Edmund, alzando le spalle. “Non hai niente da piangere, Sue! Vedrai, io e Lucy troveremo il modo di convincere Aslan a farti tornare a Narnia”
La Dolce sussultò.
Avrebbe tanto voluto crederci…
Fece un sorriso stentato, cedendo di nuovo alle lacrime.
Narnia... se avesse veramente potuto...
“Mi manca…” mormorò in un singhiozzo. “Voglio vederlo!” gridò poi, disperata. “Voglio vedere Caspian! Voglio andare a Narnia!” .
Lucy saltò giù dal letto e si arrampicò su quello della sorella, abbracciandola forte. Poco dopo, anche i fratelli la imitarono.
Restarono stretti a lungo senza dire nulla, pregando in silenzio, addormentandosi insieme.
Il mattino dopo, quando Helen e Olivia trovarono intatti i letti di Peter e Edmund, la signora Pevensie disse all’amica di non preoccuparsi: sapeva dove potevano essere i due ragazzi.
E infatti, aprendo la porta della camera di Susan e Lucy, videro che i due letti erano stati uniti a formarne uno, e i quattro fratelli erano là, ancora abbracciati.
 
 
Le vacanze di Pasqua terminarono fin troppo in fretta, e Lucy, Edmund e la mamma dovettero ripartire.
“Ci rivedremo tra un paio di mesi” disse Peter. “Vi aspettiamo per le vacanze estive, sperando che ci sia anche papà”
“Oh, sì!” esclamò Edmund. “Mamma, ti scongiuro, portaci qui, non rimandarci da Eustace!”
“Vedremo…”
“A giugno nascerà il bambino” protestò Lucy. “Io e Ed vogliamo esserci!”
“Se è un problema di denaro, Helen cara” disse Olivia, “lo sai che non devi vergognartene e non devi farti scrupoli: io e Charles pagheremo il viaggio per tutti”
La signora Pevensie rifiutò, ma infine Olivia l’ebbe vinta…e anche Edmund.
La vacanza a casa Scrubb venne rimandata con grande gioia di tutti.
Il cugino Eustace fece una specie di danza della pioggia per la contentezza, suo padre Harold disse che andava bene in ogni caso, mentre la signora Scrubb fiutò il pettegolezzo anche a miglia e miglia di distanza ma, purtroppo per lei, non scoprì cosa bolliva in pentola.
E così arrivò l’estate…
Peter diede i suoi esami e li passò a pieni voti. Il giorno in cui festeggiò il diploma, c’era tutta la famiglia: anche papà era riuscito a venire in America.
E il primo giorno d’estate, Susan diede alla luce un bellissimo bambino, un maschietto.
Helen pianse a dirotto dalla tanta felicità. Olivia sdrammatizzò dicendole che il pianto era dovuto al fatto che era diventata nonna. “E questo fa sentire più vecchie, cara”
Dopo aver fatto visita a Susan e al piccolo, Charles e Robert proposero di andare a prendere un caffè. Le mogli li seguirono.
Peter, Edmund e Lucy, invece, rimasero nella stanza d’ospedale occupata da loro sorella…e dal loro nipotino!
 “Oh, com’è piccolo!” esclamò Lucy, facendo una carezza sul capo del bimbo. “Gli occhi sono i tuoi, Sue”
“No” rispose lei. “Tutti i bambini appena nati hanno gli occhi azzurri, Lu”
“Forse rimarranno così” commentò Peter.
“Forse”.
Susan si chinò e baciò la fronte del suo bambino, che dormiva beatamente  tra le sue braccia.
“E’ stata una giornata dura, eh?”
La Dolce sospirò. “Già, decisamente”
Era sfinita ma felice. Estremamente felice. Era come se tutto l’amore che aveva nel cuore si fosse riversato all’esterno e si fosse concentrato su quella minuscola creaturina.
“E allora?” fece poi Edmund. “Come si chiama?”
Susan sorrise, malinconica ma fiera. “Si chiama Caspian. Come suo padre”
E dal papà, il piccolo Caspian ereditò non solo il nome, ma  anche l’aspetto fisico, i capelli, gli occhi.
I suoi primi mesi di vita furono tutti un mangiare, dormire e coccole: dai nonni, dagli zii e soprattutto dalla mamma.
I primi mesi, per Susan, vollero invece dire notti insonni. Tuttavia, la cosa sembrava non pesarle affatto. Era stata felice anche prima che Caspian nascesse, ma ora le sembrava di non esserlo stata abbastanza nel passato. Era stata felice a metà. La sua vita era cambiata dal momento in cui aveva saputo di essere incinta, e adesso esisteva solo lui.
A poche settimane di vita, il bambino era troppo piccolo per capire le storie che lei gli raccontava, ma la ragazza sentiva il bisogno di farlo: di parlargli di suo padre, il Re di una magnifica terra chiamata Narnia creata dal Grande Leone Aslan.
“E tu sei il Principe di quella terra, mio dolce tesoro” gli mormorò, china sulla culla. “Lo sei, anche se non lo sai”
Il bambino agitò le braccine e si strofinò il visetto con le mani, emettendo un breve vagito. Lei sorrise e lo sollevò, baciandolo su una guancia, stringendolo al seno.
“Quando si è Re o Regina di Narnia, si è sempre Re o Regina. Te lo insegnerò, e tu un giorno ci andrai e conoscerai il tuo papà”
Susan sperava con tutto il cuore che Aslan esaudisse questo suo desiderio. Lei non sarebbe mai tornata, ma il suo bambino….lui doveva vedere il mondo al quale apparteneva davvero.
Gli altri quasi non se ne rendevano conto: per Peter, Ed e Lucy, era un bambino come tutti gli altri, ma Susan sapeva che non era così. Volente o nolente, in questo mondo o in un altro, suo figlio, Caspian XI, era l’erede al trono di Narnia.
 “Accidenti…hai ragione” commentò scherzosamente Edmund, osservando il piccolo sonnecchiare beatamente tra le braccia di Susan, dopo l’ennesima poppata. “Questo mangione è un futuro Re. Incredibile a dirsi, vedendolo ora. Dì un po’, Ian, che ne pensi?”
“Chi sarebbe Ian?” proruppe Lucy che, come Peter e Susan, guardava Edmund con espressione stranita.
Edmund indicò il bambino. “Lui. E’ il suo soprannome. Che c’è, non vi piace?”
La faccenda del soprannome si discusse per giorni e giorni: a Lucy non piaceva, a Helen nemmeno. Susan non sapeva che dire: lei lo chiamava sempre Caspian. Non che Ian non le andasse bene, semplicemente non pensava gli si addicesse. Ma Peter e Robert optarono per Ian, Olivia e Charles anche, e il bambino si abituò anche troppo presto al nomignolo.
Così, finì con il rispondere ad entrambe i nomi.
“No, no, sei Caspian, non Ian. Su, dillo alla zia Lucy: Ca-spian”
“Lu, ha due mesi di vita” rise Peter davanti ai tentativi della sorellina di persuaderlo a parlare.
Lucy sbuffò. “Accidenti a Edmund e alle sue strambe idee!”
“Che vuoi?” sbottò il ragazzo.
“Così lo confondi. Deve capire come si chiama”
“Dopotutto, Ian è carino come nomignolo” commentò Susan.
“Uno a zero per me” fece Edmund.
“Oh no, Sue, dai!” protestò ancora Lucy. “Ian non è affatto un nome aristocratico, e poi…oh!”
“Che c’è?”
Lucy si voltò verso Susan con espressione un poco disgustata. “Mi ha fatto la pipì addosso”
Susan e Peter scoppiarono a ridere.
“Nemmeno i suoi modi di fare, al momento, sono molto aristocratici” concluse Edmund, unendosi alle risate.
 
 
Anche l’estate se ne andò, e i Pevensie si prepararono per tornare in Inghilterra. Tutti quanti.
Susan aveva deciso di tornare a Finchely.
“Ci rivedremo la prossima estate, se la guerra lo permetterà” assicurò la ragazza a Olivia e Charles.
Poco prima di salire a bordo della nave, si sentì chiamare e si voltò.
“Susan!”
“Carl! Non posso crederci”
Erano mesi che non lo vedeva.
Il ragazzo guardò il bimbo in braccio a lei. “Volevo salutarti e…farti le congratulazioni. E’ un bel bambino”
Susan gli sorrise. “Grazie”
“Tornerai a trovarci?”
“Sì, penso di sì. L’anno prossimo forse, di nuovo per l’estate”
Carl la fissò un momento, invidiando l’uomo che Susan amava e desiderando essere stato al suo posto.
“Allora, buon viaggio” le disse infine.
“Stammi bene, d’accordo?”
Lui annuì e fece un passo indietro, accanto agli zii, guardandola partire.
 
 
Il rientro a casa fu in un certo modo strano. Erano cambiate tante cose da quando era via…o meglio, era lei ad essere cambiata.
L’ultima volta che aveva dormito nel suo letto, si era addormentata piangendo; ora, si addormentava con il sorriso sulle labbra, perché accanto a lei c’era il piccolo Caspian. Il suo lettino era stato sistemato tra il suo e quello di Lucy. La camera, già non molto grande, si era ristretta un po’ ma Lucy non si lamentò.
Un altro cambiamento riguardava la scuola: Susan smise di frequentarla, continuando comunque a studiare. Sarebbe stato il professor Kirke a seguirla.
Digory e Polly erano tra le persone dalle quali era voluta fuggire per non ricordarsi di Narnia; ora, invece, erano tra quei pochi con cui poteva parlare liberamente. Polly e Digory la incoraggiavano sempre, rammentandole di non sottovalutare il potere delle preghiere: non era forse scritto: ‘continua a chiedere e ti sarà dato’?
Susan chiedeva sempre – non per se stessa ma per suo figlio – di poter rivedere Caspian e Narnia anche solo per poco.
Grazie al professore Kirke e alla zia Polly, a mamma e papà, ai suoi fratelli, agli zii e al cugino, e soprattutto al piccolo Caspian, Susan affrontò le maldicenze altrui. Il bambino, sopra tutti, era il più  valido benché inconsapevole difensore di sua madre.
Proprio così: perché anche se la gente cercava di essere maligna, non appena vedevano quel frugoletto dai capelli e gli occhi neri, cambiavano subito atteggiamento e idea.
Era un bambino dolcissimo: non faceva mai troppi capricci, era obbediente e socievole. Sorrideva a tutti e, non appena cominciò a sviluppare una sua personalità, la vivacità fu la prima caratteristica manifesta.
Cresceva in fretta, sano e forte, e somigliava ogni giorno di più a suo padre. Dalla mamma aveva ereditato l’amore per l’acqua. Infatti, quando Susan faceva il bagno con lui, lo teneva in braccio e Caspian batteva l’acqua con le manine, ridendo per gli schizzi che provocava.
Susan lo adorava e desiderava che non gli mancasse niente. Per questo insisté per trovarsi un lavoretto, così da incrementare le entrate famigliari: ora c’era anche Caspian e lei voleva essere una madre responsabile, occuparsi di lui senza dipendere troppo dai suoi genitori.
Robert e Helen le dissero di non preoccuparsene, per il momento: il suo lavoro era fare la mamma e questo le portava via la maggior parte del tempo.
Ma era il lavoro più bello del mondo, secondo Susan, e non avrebbe barattato la sua attuale esistenza con nient’altro al mondo.
 
 
 
***
 
 
Il porto di Cair Paravel era gremito di persone e creature di ogni genere. Era un giorno particolare per Narnia e nessuno voleva perdersi la partenza del Veliero dell’Alba, la nave ammiraglia della nuova flotta di Re Caspian X.
Era un veliero splendido, flessuoso, proprio come tutte le navi di Narnia, veloce e resistente. Pareva un gioiello scintillante d’oro e porpora nella luce del sole estivo, l’aria frizzante che ne faceva tendere la grande vela. A poppa vi era un’enorme testa di drago in oro zecchino, così come la coda a prua e le ali, che abbracciavano le fiancate della nave.
Quando arrivò il Re, la folla smise di ammirare il vascello e si profuse in esclamazioni, salutando, acclamando, augurando buona fortuna.
Mentre camminava lungo la banchina, attorniato da cortigiani, cavalieri e dai membri dell’equipaggio, Caspian fu affiancato da Ripicì.
Uomo e topo aprivano il corteo.
“Emozionato, Sire?”
“Molto, Rip. E tu?”
“Oh, sì! Sto scalpitando come un puledro tanto non vedo l’ora di partire!”
Caspian rise. “Anche per te è la prima volta, vero?”
“Proprio così. Andar per mare di solito non è cosa da topi. Pensate che l’altro giorno uno dei miei compagni mi ha chiesto se ero impazzito, e io gli ho risposto: ‘Caro amico, tutti i grandi uomini sono un po’ pazzi, o non riuscirebbero a compiere grandi imprese nella vita’ ”
Caspian abbassò lo sguardo e sorrise di nuovo: Ripicì gli arrivava al ginocchio. Era piccolo benché più grande dei topi muti, ma aveva un coraggio da leoni.
“Credo tu abbia ragione, sai Rip? Qualche pazzia, ogni tanto, bisogna compierla”
Il corteo si fermò ai piedi della passerella.
Le trombe suonarono mentre i marinai salivano a bordo, il Re per ultimo.
Una volta sulla nave, Caspian si affacciò sul porto e si rivolse al popolo.
“Amici, ho atteso con ansia che arrivasse questo giorno: alla mia incoronazione, con il benestare di Aslan, giurai solennemente che, una volta pacificato il regno di Narnia, avrei fatto vela verso oriente per un anno e un giorno esatti, in cerca degli amici di mio padre, i sette Lord di Telmar, per riportarli a casa o almeno avere qualche notizia su di loro. Nondimeno, non posso non provare un grande, enorme dispiacere nel partire per questo lungo viaggio, che mi terrà lontano dalla mia casa per molto tempo. Tre anni fa non mi sarei mai immaginato tutto questo: voi, il mio popolo, i miei amici, la mia famiglia, schierati qui davanti a me. Sono fiero di essere il vostro Re, e vi prometto che tornerò da questa impresa per esserlo ancora e a lungo. Arrivederci amici, a presto”
I narniani si profusero in nuove grida di gioia: gli uomini lanciarono in aria i cappelli, le donne sventolarono i fazzoletti e alcune piansero, i bambini salutarono con la mano.
Un uomo calvo, dalla pelle abbronzata, si avvicinò a Caspian e fece un inchino.
“Vostra Maestà”
“Lord Drinian”
“Siamo pronti a partire, Sire”
“Molto bene, capitano”
Drinian si volse verso l’equipaggio, iniziando a dare ordini.
L’ancora venne issata mentre le trombe squillavano ancora. La grande vela venne ammainata, gli ormeggi sciolti.
Caspian si posizionò accanto a Drinian, al timone, osservando Narnia allontanarsi. Il vento gli sferzò il viso e i capelli, dandogli una scossa di adrenalina.
Presto, il vociare della folla si spense, soffocato dallo scrosciare delle onde spumeggianti e le grida dei gabbiani. Poi, quando la nave prese il largo, i rumori della terra scomparvero.
“Per molti mesi, mio signore” disse Drinian, “non sentirete più il canto degli uccelli, se non sulla spiaggia delle isole che incontreremo. Il suono che vi accompagnerà sempre, sarà quello del vento e del mare”
Caspian drizzò le orecchie per ascoltare, riconoscendo non un suono ma diversi: sì, c’era lo scrosciare dell’acqua, il fischio della brezza, ma c’era anche il lieve e persistente scricchiolio del legno, il leggero cigolio del timone, il fruscio delle vele, lo stridore delle paratie.
“E’ la mia prima volta in mare, sapete, capitano?” disse il ragazzo con una nota di orgoglio nella voce. “Bè, non proprio la prima, a dire il vero. Sono già stato diverse volte alle Isole di Galma e Terebinthia, ma i miei soggiorni duravano solo poche settimane. Per arrivare dove vogliamo, per trovare ciò che cerchiamo, ci impiegheremo molto, molto di più”
“L’Oceano Orientale è immenso, Maestà. Potremmo trovare di tutto se sceglierete di oltrepassare i confini delle Isole Solitarie”
Caspian si appoggiò al parapetto. “Immagino sarà necessario, Drinian”
Il capitano del Veliero dell’Alba osservò il viso fiero del giovane Re.
“Perdonatemi, mio signore, ma sto per farvi una domanda irrispettosa”
Caspian lo guardò un po’ stupito. “Ditemi”
“Vostra Maestà è molto coraggiosa: lo avete dimostrato ampiamente in questi anni, sconfiggendo l’esercito di Calormen nel Grande Deserto, ricacciando i Giganti al Nord, ma mi chiedevo…”
 “Vuoi chiedermi se ho paura?” Caspian sorrise. “Chiedimelo, non mi offenderò”
L’altro borbottò qualcosa, imbarazzato.
Caspian e Drinian si conoscevano ormai da tempo, erano buoni amici, anche se il secondo non aveva l’ardire di dare del tu al giovane Sovrano. Caspian, invece, quand’era da solo con il capitano, abbandonava la rigida etichetta e gli parlava con schiettezza.
Certe volte, guardandoli, si aveva l’impressione di vedere un padre e un figlio.
Si volevano bene, si stimavano, si confidavano. Caspian soprattutto, nei momenti in cui persino Cornelius o Briscola divenivano troppo rigidi nel dargli consigli, scendeva al porto e passava intere ore a parlare con Drinian, mentre questi lavorava.
Drinian era un Lord, ma la vita di corte non lo entusiasmava. Preferiva di gran lunga starsene sulla sua barca, o trafficare nella fucina del porto.
Caspian lo ammirava moltissimo: era un uomo coraggioso, intelligente e gli aveva insegnato tutto sull’arte del navigare.
Il giovane Sovrano aveva scoperto questa sua immensa passione per il mare da quando abitava a Cair Paravel, e il capitano era stato più che felice di istruirlo.
Vista la sua bravura, Caspian l’aveva scelto per comandare il Veliero dell’Alba. Drinian aveva accettato con onore e piacere, proponendo il suo equipaggio per accompagnare il Re nella grande impresa attraverso l’Oceano.
Drinian era stato ovunque: nei mari dell’ovest, dove sorgeva la terra di Telmar; in quelli del Sud, i più pericolosi a sua detta, nei quali si incontravano moltissimi pirati e mostri marini. Aveva visitato i tranquilli mari del Nord e le Sette Isole. Ovviamente, era stato decine di volte nella baia di Calormen, a Galma, a Terebinthia, e anche sulle Isole Solitarie. Aveva persino navigato oltre queste ultime, ma mai si era spinto più in là del confine conosciuto.
Ora, a comando della nave di Re Caspian, si apprestava a farlo per la prima volta.
Forse, pensava il ragazzo, anche il capitano nutriva qualche paura...
“Credo che l’avventura faccia per me, Drinian” disse infine Caspian. “Non sono il tipo di re che se ne sta sempre seduto sul trono a crogiolarsi nel far nulla. So che sarà un’impresa ardua trovare i sette Lord, non di certo un viaggio di piacere, ma sento che faremo grandi scoperte e grandi incontri. Aslan mi ha dato la sua approvazione e benedizione, il suo spirito sarà con noi. Non dobbiamo temere nessun nemico finché ci sarà lui a guidarci”
“Su questo sono d’accordo con voi” affermò Drinian.
Caspian gli posò una mano sulla spalla. “Anche un Re ha paura, te lo posso assicurare”
“Sire, non era mia intenzione…”
Il ragazzo gli sorrise. “Te l’ho già detto: non mi offenderò per qualcosa che rispecchia la realtà”
 
La prima isola che incontrarono fu Galma, che raggiunsero entro il primo giorno di navigazione.
Vi rimasero per quasi una settimana, poiché il duca di Galma organizzò un magnifico torneo in onore del Re.
Ovviamente, tutti speravano che il vincitore fosse lui, soprattutto per un motivo in particolare...
Caspian fu molto lieto di partecipare al festoso evento, ma si sarebbe divertito un po’ di più se il premio in palio non fosse stata la figlia del duca.
La ragazza in questione era strabica e piena di lentiggini, non aveva un minimo di cervello ed era una chiacchierona insopportabile. Ancora prima che iniziasse il torneo, suo padre le aveva assicurato che il Re di Narnia l’avrebbe chiesta in moglie, e la fanciulla, appena incontrò Caspian, svenne dalla contentezza nel vedere quanto bello fosse il suo futuro sposo.
Peccato per lei che il ragazzo fiutò immediatamente il complotto (erano tre anni che cercavano di farlo sposare, organizzando incontri a tradimento con chicchessia). In conseguenza, Caspian perse il torneo di proposito, così che fu un soldato semplice a fidanzarsi con la…ehm…graziosa figlia del duca di Galma.
“E’ stata un’esperienza terribile” confessò il Re ai suoi uomini la sera che ripartirono, diretti verso Terebinthia.
Stavano cenando tutti insieme, come era desiderio del Re.
Caspian non voleva rinchiudersi nella cabina reale, voleva stare con i compagni, trattarli da pari, desiderando che loro facessero lo stesso con lui.
Inizialmente, per i marinai non fu semplice esaudire quella richiesta, alcuni addirittura rifiutarono, ma come si poteva non assecondare il volere di un giovane di buon cuore come lui?
Gli uomini risero alla battuta del Sovrano, profondendosi poi nel decantare la bellezza e dolcezza della moglie o fidanzata che li aspettava a casa.
“Perfino il nostro Tavros ha un’innamorata, Sire” scherzò un marinaio di nome Rynelf, indicando il grosso minotauro seduto vicino a lui. “Non vorrete essere l’ultimo a sposarvi?”
Altre risa, alle quali però Caspian non si unì.
Sorrise amaramente, abbassando gli occhi sul suo piatto ormai vuoto.
“Stare soli non è poi così male” commentò.
Le allegre conversazioni della sera continuarono a lungo, ma il Re preferì ritirarsi nella sua cabina.
Una volta là, uscì sul balcone e ascoltò il silenzio, la tranquillità che aleggiava sul mare la notte.
Quelli erano i momenti in cui la sua mente non era oberata dai pensieri. Era il momento in cui pensava a Susan.
Anche a Cair Paravel si affacciava sul terrazzo della sua stanza, osservando il mare e il paesaggio circostante, pensando a se lei fosse apparsa dal nulla, laggiù da qualche parte, tra gli alberi della foresta, dalla spiaggia...
Lui avrebbe scavalcato la ringhiera, si sarebbe calato fino a terra per correrle incontro, per prenderla tra le braccia, promettendole di non lasciarla andare mai più.
Susan…
Dov’era? Quanto tempo era trascorso nel suo mondo? Era cambiata? L’aveva dimenticato?
Caspian ricordava quando lei gli aveva detto che, la prima volta in cui aveva lasciato Narnia, aveva sofferto così tanto da voler dimenticare.
Dolce Susan…così forte e così fragile...
Quel viaggio attraverso l’Oceano Orientale aveva uno scopo, ossia, riportare a casa i Lord di Telmar, ma... se avesse trovato il modo di riportare a Narnia anche Susan?
Di certo, Aslan gli sarebbe apparso prima o poi, e allora…poteva chiederglielo.
Forse, il suo immenso desiderio di prendere il mare era un segno, un prova alla quale Aslan voleva sottoporlo prima di…
Sospirò, smarrendosi tra i pensieri e i ricordi.
Lasciò la cabina e scese sul ponte. Tutto il veliero dormiva.
Camminò lentamente fino a prua, appoggiandosi sulla scultura del drago d’oro, osservando il cielo: una trapunta di velluto blu scuro ricamata dall’argento delle stelle.
“Anche voi ancora sveglio, Maestà?”
“Rip!”
Il topo saltò sul parapetto, avvicinandosi al Sovrano. “Qualcosa disturba il vostro sonno?”
Caspian annuì.
“Scommetto che non è l’emozione, stavolta”
Il ragazzo non rispose, lo sguardo fisso avanti a sé.
“Cosa troveremo al di là di questo mare, Ripicì? Spesso me lo chiedo: dove saranno finiti gli amici di mio padre e dove finiremo noi”
“La risposta è semplice, Maestà: al di là del mare ci sono le Terre di Aslan”
“Le Terre di Aslan…” ripeté il Re, cercando di immaginare. “Sì, ne ho sentito parlare. Si dice che per raggiungerle sia necessario navigare fino alla Fine del Mondo”
“E’ così, infatti. Può darsi che i sette Lords siano arrivati fin là. Chi può saperlo?”
“Se fosse così, anche noi dovremo andare laggiù per trovarli”
“E lo faremo!” esclamò il topo con entusiasmo. “E’ il sogno della mia vita”
Caspian sorrise. “Un sogno, eh? Sì, perché no: potremmo farlo…vedere i confini di Narnia”
“Dovremo stare molto attenti, però: c’è un precipizio alla Fine del Mondo”
“Cosa?” fece il giovane, allarmandosi un poco.
“Sì, sì” spiegò Ripicì. “Un enorme burrone dove le acque del mondo cadono di sotto, dentro l’infinito”
Caspian sbatté le palpebre, confuso. “E…dove vanno a finire? Insomma, cosa c’è in fondo al precipizio?” 
“Non c’è niente, c’è il nulla. Per questo dico che dovremo fare molta attenzione: se ci finiamo dentro, cadremo per sempre nell’oscurità fino alla fine dei nostri giorni”
“Accidenti…”
Caspian fu molto impressionato dal racconto di Ripicì. Il topo sapeva quasi più cose di lui su Narnia… Bè, in fondo era una creatura fatata, conosceva la vera storia del mondo, di Aslan… lui aveva ancora molto da studiare e apprendere, invece.
Il ragazzo rifletté un momento, poi chiese: “Credi veramente che non ci sia niente sul fondo del precipizio?”
Rip scosse la testa. “No, no”
“Ma è impossibile che non ci sia proprio nulla di nulla. E se fosse… non lo so…il passaggio per un altro mondo?”
Ripicì osservò attentamente il viso del Sovrano. Alla luce delle lanterne, notò la particolare luce accesasi nei suoi occhi. A cosa stava pensando?
“Oh…” fece poi Rip. “Capisco, sì” sul musetto si dipinse un sorriso amaro.
“Ripicì, tu pensi che…che potrei rivederla se…”
Caspian parve improvvisamente imbarazzato. Ma Ripicì era l’unico di tutto l’equipaggio che avrebbe potuto capire come si sentiva.
Drinian, Tavros, Rynelf e gli altri, non avrebbero compreso. Non avevano conosciuto Susan. Per loro, lei era una leggenda, nient’altro.
Al contrario, Ripicì l’aveva conosciuta, aveva combattuto al suo fianco, le aveva voluto bene...
“Lo sai, Rip, a volte mi chiedo perché sto facendo tutto questo. Mi chiedo perché continuo a spingermi avanti, quando ogni cosa sembra priva di significato senza di lei”
“Perché anche voi inseguite un sogno, Maestà, proprio come me” rispose il topo, mettendosi seduto sul parapetto.
Il Re sospirò brevemente, chinandosi un poco in avanti. I capelli gli ricaddero sul viso.
“Forse sono un po’ cresciuto per le favole. Forse dovei smetterla e accettare che non la rivedrò ”
“Errato, Maestà” scandì Ripicì, agitando un dito.
Caspian si raddrizzò e lo guardò con un certo stupore. Era la prima volta che contestava la sua parola.
“Ecco il difetto peggiore di tutti gli esseri umani” continuò il topo. “A differenza di noi creature fatate, voi tendete a nascondervi dai vostri sogni quando divenite adulti, cercando di trasformarvi in persone che non siete. Ma i nostri sogni sono il riflesso di quello che siamo. Non possiamo liberarcene a comando, come non possiamo cambiare la nostra personalità”
Caspian si accigliò. “Forse, lo facciamo perché non vogliamo soffrire se non dovessero avverarsi mai”
“Non si smette mai di tentare, Maestà. Equivale ad arrendersi. E voi non siete il tipo di uomo che si arrende, dico bene?”
Il ragazzo raddrizzò le spalle, parlando con convinzione. “Assolutamente no. Anche se la mia vita durasse un attimo o cento anni, io la passerei a cercare Susan”
Ripicì fece un salto e si rimise in piedi.
“Allora cercatela, Sire, non lasciatela andare mai! Quando si ha un sogno, bisogna rincorrerlo per farlo avverare. Sono assai sfuggevoli i sogni, sapete?” ridacchiò. “Non si fanno acchiappare facilmente”
Caspian sorrise.
Anche Susan era piena di sogni, ma aveva paura di non vederli realizzati, come lui, per questo se n’era andata senza tentare un’altra strada: perché aveva già provato sulla sua pelle cosa vuol dire vedere un sogno infranto.
“I sogni non ci lasciano mai, Maestà” continuò Ripicì, seriamente. “Non dobbiamo vergognarcene. Soltanto chi ha il coraggio di continuare a crederci troverà il modo di realizzare anche il più irrealizzabile” 
Caspian spostò lo sguardo in alto, al cielo stellato, sentendo crescere la determinazione e la speranza.
Ripicì aveva ragione: non doveva mollare. Doveva trovare Susan, in un modo o nell’altro, e riportarla indietro.

 
 
 
 
 
Salve carissimi lettori, come ve la passate?
Ormai siamo agli sgoccioli di questa storia, ancora due o tre capitoli e abbiamo finito.
Ma veniamo a questo di capitolo: come vi è sembrato? Io ho amato scrivere le parti del piccolo Caspian *.* E nel prossimo, preparatevi a un ritorno a Narnia! ;)
 

Ringraziamenti:
 
Per le preferite: aleboh, battle wound, fossyross, loveaurora, lucymstuartbarnes, MoiraScarletMorgana, perseusjackson, Shadowfax, Zouzoufan7
 
Per le seguite: Ellynor, fede95, Francy 98, Fra_STSF, GiulyDeVilliers, Halfblood_Slytherin, ibelieveandyou, jesuisstupide, JLullaby, Judith_Herondale, lucymstuartbarnes, M a i, niky25, Poska, Scentedblackink, Shadowfax, SweetSmile, ukuhlushwa, _joy
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: aleboh, lucymstuartbarnes,  Shadowfax, e _joy
 
Per gli aggiornamenti di questa ff, o per chiarimenti si questa o altre storie, mi trovate qui, alla miapagina facebook
Un grazie di cuore a tutti!!!
Susan♥

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Capitolo 12
*** Capitolo 12: Figlio di un Re ***


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12. Figlio di un Re
 
 
 
Per il primo compleanno di Caspian, i Pevensie organizzarono una bella festa nel giardino di casa.
Nei giorni che precedettero l’evento, il bambino osservò con curiosità gli adulti che si affaccendavano con festoni e palloncini.
Caspian sgambettava intorno ai grandi, divertendosi a rincorrere un palloncino verde.
Era un bravo bambino, piangeva poco ed era molto obbediente.
Iniziava a dire le prime parole: uno stentato ‘mamma’, un ancor più incerto ‘nonno e nonna’, una ‘i’ prolungata per chiamare gli zii Ed, Pet e Lulu. Ma la sua parola preferita in assoluto era ‘palla’, che pronunciava senza la p davanti.
Era di gran lunga il suo giocattolo preferito, peccato solo che non fosse ancora capace di camminare molto bene.
Il giorno in cui si era alzato da terra per acchiappare la sua pallina di spugna azzurra, era subito caduto a terra, scoppiando in un pianto fragoroso, forse per il dolore o per la delusione.
Susan si era mesa a gridare di paura e di gioia, spaventando a morte tutti i famigliari. La ragazza aveva preso in braccio il bambino e, dopo essersi assicurata che non avesse nessun taglio o altra ferita, lo aveva riempito di baci per la contentezza.
Cresceva così in fretta il suo piccolo principe…
 
Fu una festicciola allegra, con pochi cari.
Vennero il professor Digory e Polly, nonno e nonna Pevensie (ovvero i bis nonni per Caspian), da Cambridge arrivarono Harold, Alberta e il figlio Eustace (Edmund disse che era un miracolo della natura) e poi un paio di amici e vicini.
Ci furono cori di ‘tanti auguri’, una squisita torta con le fragole preparata da Helen e tantissimi regali.
Caspian si divertì un mondo, soprattutto quando, dopo aver spento le candeline insieme alla mamma – veramente fu Susan a spegnerle – scartò tutti quei bei pacchetti dai nastri e le carte colorate.
Ma di tutti i giochi, il suo preferito fu senza ombra di dubbio un leone di peluche, non troppo grande, con la folta criniera setosa, gli occhi d’ambra e una lunga coda.
Il bambino lo guardò attentamente ed emise un versetto di approvazione, allungando poi il pupazzo verso la mamma.
“Ti piace?” disse lei, sedendo sull’erba accanto a lui. “Questo è da parte di Digory”. La ragazza lanciò un’occhiata al professore. “Mi chiedo dove abbia preso l’ispirazione…”
Digory Kirke rise sotto i baffoni e la barba bianchi, facendo l’occhiolino al bambino. Si chinò e gli arruffò i capelli.
“Consideralo un buon auspicio, Susan. Per te e per lui”
“Grazie, Digory…”
“Non smettere mai di sperare”
Susan scosse il capo con un sorriso amaro. “Da quando è nato Caspian, ho imparato che la vita può riservarci delle magnifiche sorprese quando meno ce l’aspettiamo. Per quanto ancora lo trovi difficile, sto provando a convincermi che prima o poi accadrà qualcosa”
Digory l’abbracciò brevemente. “Sei molto maturata da che ti ho conosciuta”
“Ero una ragazzina sciocca e superficiale. Volevo andare all’università, fare carriera…ora le mie priorità sono altre. Non m’importa più di niente se non del mio bambino” Susan accarezzò i capelli di Caspian. “Sono cambiata, è vero. In meglio, ed è merito suo”
“Non vi disturbo, vero?” chiese una voce di donna. Poco dopo Polly Plummer si sedette sul prato con loro porgendo un pacchetto rettangolare a Susan. “Tieni, tesoro, questo è da parte mia. Per il piccolo Ian e per la sua mamma, entrambi voi”
Caspian s’impossessò subito del regalo, distruggendo involto e fiocco.
“Aspetta un momento…” fece Susan, corrugando la fronte alla vista di un libro di fiabe. “Io questo l’ho già visto… Polly, non è…”
“Quel libro che tu e i tuoi fratelli leggeste in una sola notte quando passaste le vacanze a casa di Digory. Sì, è proprio quello”
“Oh, mi piaceva tanto!” esclamò la ragazza con un gran sorriso, stringendolo al petto.
Lo ricordava bene, Susan: lei e i suoi fratelli erano appena ritornati sulla Terra dopo il primo viaggio a Narnia. Digory aveva ascoltato la loro storia e, nel vedere quanto fossero tristi al pensiero che forse non sarebbero mai tornati laggiù, aveva dato loro quel libro spiegando che, anche lui, dopo la sua avventura in quel magico regno si era sentito perduto al rientro.
“Ma questo libro ha aiutato sia me che la mia amica Polly Plummer” aveva spiegato il professore. “Ecco, leggetelo. Sono sicuro che vi riporterà a Narnia, almeno con l’immaginazione, e vedrete che presto scoprirete che Narnia è sempre e ancora dentro di voi. Non vi ha mai lasciato e non vi lascerà mai”
Era un libro straordinario che parlava di vecchie fiabe bretoni e leggende irlandesi; c’erano animali parlanti, driadi, fauni, elfi, folletti e sirene. C’erano principi e principesse, streghe cattive, cavalieri impavidi e draghi. Quel libro sembrava davvero parlasse di Narnia.
“Forse sono un po’ cresciuta per le favole” ammise poi Susan, arrossendo un poco, “ma vi ringrazio tanto, tutti e due”
Digory si sedette meglio sul prato, prendendo in braccio Caspian. “I libri non hanno età, cara Susan. Ti è piaciuto e ti piacerà sempre, come spero piacerà al tuo bambino”
“Sono certa che sarà così”
Caspian sollevò gli occhi neri sul viso di sua madre: sorrideva e per lui era la cosa più importante.
Non gli piaceva quando la mamma era triste, e a volte lo era, tanto…
Lui non capiva perché, ma accadeva in quei momenti in cui lei e gli zii parlavano di una cosa che si chiamava ‘Narnia’.
La mamma piangeva, certe volte, quando sentiva il nome di Narnia.
Caspian prese il libro delle fiabe dalle mani di lei e lo aprì in maniera un po’ impacciata, iniziando a sfogliarlo. C’erano tante belle figure, esattamente come in tutti quelli che la mamma gli leggeva la sera prima di addormentarsi.
Ma fu una più delle altre ad attirare la sua attenzione: era il ritratto di una donna con lunghi capelli corvini, un abito blu scuro e una corona d’oro sulla testa.
Il bambino fissò la figura per qualche secondo, sbattendo le palpebre con stupore, poi spostò lo sguardo verso sua madre, la quale chiacchierava con i due signori più anziani.
Caspian non comprendeva ancora il significato di molte parole, ma ricordava che ogni volta in cui nei libri di favole incontrava un disegno come quello, sentiva pronunciare dalla mamma la parola ‘regina’, ed aveva così imparato ad associare quel vocabolo a immagini di signore ben vestite.
Forse anche la mamma era una regina, visto che portava sempre abiti eleganti ed era bella come la donna del libro.
A un certo punto, lo sguardo del bambino si perse tra le ombre degli alberi del giardino.
C’era qualcosa là dietro, qualcosa di grosso che lo guardava con altrettanto grandi e splendenti occhi colore del sole.
Un animale.
Caspian lo fissò. Non ebbe paura.
L’animale lo fissò a sua volta, poi si voltò e scomparve così com’era apparso.
“Vieni amore, andiamo a tagliare la torta” gli disse Susan, prendendolo in braccio.
Caspian si volse ancora verso gli alberi ma, ben presto, le chiacchiere degli adulti, il dolce – che la mamma gli permise di assaggiare – e altri regali, lo distrassero da ciò che aveva visto.
In ogni caso, non sarebbe stato in grado di spiegarlo.

 
Quella sera, dopo che tutti se ne furono andati, mentre Lucy e Helen lavavano i piatti, e Edmund, Peter e Robert rassettavano il giardino, Susan prese Caspian e gli fece il bagnetto, gli mise il pigiama e lo portò nel letto con sé.
Al bambino piaceva tanto dormire nel letto grande. C’era tanto spazio e poi aveva il profumo della mamma: di sapone e di rose.
D’un tratto si guardò intorno, in cerca di qualcosa. Fece capire a Susan che voleva scendere dal letto e lei lo aiutò. Lui la prese per mano, indicandole il suo lettino, dentro il quale stavano svariati pupazzetti.
“ ‘alla!”
“Vuoi la tua palla? Tieni, tesoro”
Susan si allungò e afferrò il giocattolo preferito di suo figlio.
Con estrema soddisfazione, lui strinse al petto sia la pallina azzurra che il leoncino e sgattaiolò di nuovo verso il letto di lei. Vi posò sopra i suoi giochi e picchiò i palmi delle manine sul materasso.
Susan lo prese da sotto le ascelle, sollevandolo, gettandosi sul letto insieme a lui, lei a pancia su e Caspian in aria, tra le sue braccia.
Il bimbo rise forte e lei lo baciò sulle guance.
“Tu lo sai che ti adoro, vero?”
Il piccolo rise ancora, con la sua vocetta infantile e acuta.
Susan lo mise giù, sedendo insieme a lui a gambe incrociate sul letto,  guardandolo giocare.
Era identico a suo padre, in tutto: nell’aspetto, nel modo che aveva di sorridere, di muoversi…
Era ancora troppo piccolo per capire che cosa fosse un padre, ma quando sarebbe cresciuto, lei come gli avrebbe spiegato che non l’aveva? O meglio, che non era lì con loro?
Spesso, Susan si soffermava a riflettere su questo.
Di una cosa era certa: non gli avrebbe raccontato frottole. Per quanto faticoso da comprendere e accettare, non si sarebbe inventata una qualche storia che avrebbe fatto soffrire il bambino, o che l’avesse in qualche modo indotto a detestare suo padre quando fosse divenuto più grande.
Susan aveva parlato a suo figlio di Narnia e del suo Re sin dal primo giorno che era venuto al mondo, e avrebbe continuato a farlo per tutta la vita.
“Assomigli tanto al tuo papà, lo sai?” disse Susan, posando un dito sulla punta del nasino del bimbo. “Lo so, te lo dico sempre...Hai lo stesso naso, la stessa bocca, il mento, gli occhi…”
Lui continuava a ridere, mentre le gli toccava ogni parte che elencava facendogli il solletico.
Susan baciò le piccole mani, i piedini, la fronte, le guance tonde.
“Tu sarai come lui, un giorno, lo so. Il tuo papà è l’uomo più buono, gentile e intelligente che esista al mondo. E’ alto, bello e forte. Cavalca il suo stallone nero di nome Destriero, che corre forte come il vento. Insieme affrontano barbari, giganti e pirati. Il tuo papà ha combattuto con grande coraggio per riportare la pace nel suo mondo. Tuo padre governa un regno incantato, dove gli alberi e gli animali parlano proprio come nelle favole, e dove c’è un leone…” Susan prese il leoncino di peluche. “Aslan, è il suo nome. Aslan ha creato Narnia, ha creato me, tuo padre, te…tutti noi”
I grandi occhi neri del piccolo Caspian fissarono il volto della madre con molta attenzione.
Era diventata triste ma sorrideva.
“Quando capirai quello che ti sto dicendo, ti sarà difficile crederlo ma ci crederai, perché in fondo al cuore saprai che è vero”
Susan lo prese tra le braccia e lo strinse a sé, cullandolo dolcemente.
Il bimbo le si accoccolò in grembo, stropicciandosi gli occhi.
“Sei stanco, vero? E’ stata una lunga giornata”
Susan si sdraiò vicino a lui e gli rimboccò le coperte. Poi prese il libro di fiabe dal comodino e lo aprì alla prima pagina.
Erano passati due anni da quando l’aveva avuto tra le mani la prima volta, ma erano successe tante e tante cose che le parve fosse trascorsa un’eternità.
Le particolareggiate figure che ritraevano gli scenari delle favole erano così vivide che sembrava potessero parlarle, risucchiarla al loro interno.
Uno strano ronzio iniziò a propagarsi dalle pagine, ma prima che Susan potesse capire se era solo la sua immaginazione o meno, il bambino si mosse e lei abbassò lo sguardo su di lui.
Caspian già dormiva, il leone e la palla stretti tra le braccia.
Susan sorrise teneramente.
“Credo che tu sia troppo stanco per ascoltare una storia, oggi” mormorò, chinandosi per baciargli la fronte, riavviandogli la frangetta scura.
“Sogni d’oro, mio piccolo principe”
Chiuse il libro e lo ripose sul comodino, spegnendo la luce.
Il ronzio svanì.
 
 
Durante la sua permanenza in America, Susan aveva stretto una buona amicizia con Olivia Stevens.
Le due si erano spesso scritte, la ragazza le aveva spedito diverse foto di suo figlio, tenendola informata sui suoi progressi e promettendole che sarebbe tornata a Washington per l’estate.
L’anno precedente, a Edmund e Lucy era andata bene, ma quella volta la fortuna li abbandonò.
Non era possibile spostare tutta la famiglia in America, perciò, i signori Pevensie furono costretti a mandare i figli più giovani a casa dei loro parenti: gli Scrubb.
Così, verso la metà di luglio, Lucy e Edmund si ritrovarono sul treno per Cambridge.
Per tutto il viaggio, i due fratelli fecero piani di difesa contro il cugino Eustace, l’essere più ripugnante, malefico e subdolo che esistesse al mondo.
In ugual modo, mentre aspettava l’arrivo dei cugini, Eustace faceva piani per rendere loro la vita il più insopportabile possibile.
Dire che i ragazzi Pevensie e il cugino non andavano d’accordo era un perifrasi…si odiavano!
Fin da piccolissimi, avevano iniziato quella che era una battaglia senza fine, senza esclusione di colpi, con concessione di tregua nei momenti in cui i genitori erano presenti.
Helen e Robert cercavano di farli andare d’accordo; Harold e Alberta li lasciavano fare perché, secondo loro, era così che i ragazzi di oggi si facevano il carattere.
I Pevensie erano quattro, Eustace era uno solo, ma faceva per dieci quando ci si metteva.
Per quel che li riguardava, a tutti loro stava più che bene continuare a detestarsi, ma quell’anno accadde qualcosa che li costrinse a cambiare atteggiamento…
Un giorno, mentre Lucy e Edmund se ne stavano tranquilli nella camera di lei a leggere una lettera di Peter e Susan, spuntò Eustace ed iniziò ad infastidirli con le sue battute stupide.
Lucy, che stava diventando grande e più matura di Edmund, si alzò dal letto, per una volta decisa ad ignorare i due ragazzi. Si spostò verso una parete, dove stava appeso un quadro che rappresentava un veliero in mezzo al mare…il quale d’un tratto prese a muoversi…
“Edmund! Il quadro! Guarda, presto!”
“Cosa…?” fecero Edmund e Eustace all’unisono, voltandosi in quella direzione.
“Per la miseria, si sta muovendo!”
I tre ragazzi rimasero come ipnotizzati a fissare il veliero divenire sempre più grande…o erano loro che si stavano rimpicciolendo?
Il quadro divenne enorme e, senza preavviso alcuno, un istante dopo stavano nuotando in mezzo all’oceano, i vestiti resi pesanti dall’acqua.
Fortunatamente, qualcuno a bordo della nave si accorse dei tre naufraghi e si gettò in mare per salvarli.
Uno di loro era un ragazzo moro dall’aria decisamente famigliare…
 
 
 
***
 
 
 
Caspian se ne stava seduto al tavolo della cabina di comando a studiare la carta nautica dell’oceano Orientale, quando una voce gridò: “Uomo in mare!”
Il Re si alzò di scatto, correndo sul ponte, affacciandosi al parapetto.
Gli uomini del Veliero dell’Alba si stavano già dando da fare per far virare la nave in direzione dei naufraghi.
Non era un marinaio ad essere caduto in acqua, constatò Caspian. Poi pensò che Galma e Terebinthia erano ormai troppo lontane, e le Isole Solitarie non ancora abbastanza vicine perché potesse trattarsi di un pescatore in difficoltà.
Il suo cuore iniziò a battere forte, sempre più forte, al pensiero che potesse trattarsi di…
Ci pensava da anni. Settimane da che erano salpati.
I Pevensie.
Caspian sapeva che non era possibile che tornassero tutti, ma non aveva mai sesso di sperare. 
Purtroppo durò un attimo, uno soltanto.
Vide tre teste spuntare dal pelo dell’acqua. Tre, non quattro.
Dov’era il quarto?
Doveva esserci un quattro naufrago, perché dovevano essere loro.
Senza pensare, Caspian si avvicinò ai tre marinai che stavano per tuffarsi.
“Vostra Maestà, cosa state…?” fece uno di questi, quando il Re gli tolse la cima dalle mani e se l’assicurò attorno alla vita.
“Vado io” disse sbrigativamente, gettandosi in mare per primo.
E mentre raggiungeva il naufrago più vicino – una ragazza – l’urlo dentro al suo cuore chiamava il nome di Susan.
Poteva immaginarla voltarsi e vederlo, stupita, incredula. Poteva vedersi di lì a pochi istanti, insieme a lei sul ponte della nave, stretti l’uno all’altra mentre si promettevano di non lasciarsi mai più. Lui l’avrebbe baciata davanti a tutti e poi le avrebbe detto di non averla mai dimenticata e che aveva pensato sempre e solo a lei.
Aveva bisogno che fosse lei.
Aveva bisogno di chiamare il suo nome.
“Ti ho presa”
“Caspian!”
Non era Susan, era Lucy.
Il Re sorrise, felice di vederla.
Se c’era Lucy c’era anche Edmund e, a questo punto, poteva davvero darsi che la terza fosse…
Il suo lato egoistico gli fece desiderare che non si trattasse di Peter.
Era un pensiero tremendo, perché anche il Re Supremo avrebbe avuto il diritto di ritornare, ma…
  Fa che sia lei. Ti prego, ti supplico, fa che sia la mia Susan!
“Caspian!” si sentì chiamare.
Ecco Edmund.
“Sono felice di rivedervi” disse il Re, guardandosi attorno con frenesia.
Dov’era lei? Dov’era?
Caspian nuotò al fianco di Lucy fino al Veliero dell’Alba, aiutandola a salire a bordo. Poco dopo fu il turno di Edmund e infine di un ragazzino biondo sconosciuto.
Un altro ragazzo… che ovviamente non era Peter, tanto meno poteva essere Susan.
Era durata solo per pochi istanti, la dolce illusione di lei.
Cosa si era aspettato?
Sorrideva, Caspian, presentava Lucy e Edmund ai marinai, conosceva loro cugino Eustace, mostrava loro la nave, ma la sua era una recita. Dentro di sé, gridava, urlava i suoi perché.
Ma cosa credeva?
Veramente aveva pensato che, solo perché era il Re, Aslan avesse cambiato il corso del tempo e degli eventi di Narnia per accontentare un desiderio d’amore?
Le sue speranze, come era già accaduto in tante altre occasioni, si infransero come cocci di uno specchio, ferendolo al cuore.
Ma quella volta fu diverso.
Rivedere i Pevensie fece piombare su di lui un dolore che credeva di essere riuscito a sconfiggere.
Pensava di aver imparato a convivere con il ricordo di Susan, ormai quasi persuaso che sarebbe tornata con i suoi fratelli. Questa illusione era stata la sua medicina per tre lunghi anni.
Ma adesso sapeva che non c’era davvero più speranza per loro.
Adesso non avrebbe più avuto la forza di sperare di nuovo.
Non aveva più la forza per reagire a tutte le delusioni, per sconfiggere la malinconia.
Il suo sogno era stato spazzato via dal mare, dalle onde impetuose che si agitavano nel suo petto, portando via i pezzi sanguinanti del suo cuore, laggiù, tra gli abissi più oscuri dell’oceano.
Avrebbe voluto affondarvi anche lui, annegare dolcemente nell’oblio dei dolorosi e bellissimi ricordi che aveva di lei.
I ricordi: unico modo e unico luogo in cui il loro amore poteva continuare a esistere.
Oh, se quelle onde avessero potuto portarlo via davvero… portare via la sua anima, farla annegare…
Soffriva troppo anche per poter piangere. La delusione era stata troppo grande, immensa.
E ancora, il cuore spezzato gridò il nome di Susan.
“Aslan ti prego, falla tornare. In qualunque altro modo, ma riportala qui. Ti chiedo solo un istante, un minuto per poterle dire ancora che l’amo. Un attimo, per dare di nuovo un senso alla mia vita…”
La voce di Caspian era troppo debole perché qualcuno la udisse.
Una preghiera persa nel vento.
 
 
Lucy e Edmund s’incontrarono nel corridoio, sorridendosi quando videro gli abiti l’uno dell’altra: abiti narniani.
“Mi sento molto più a mio agio così, sai?” disse Lucy.
“Anche se sono abiti da maschio?” le chiese Edmund.
Lucy annuì, poi divenne pensierosa.
“Ed…”
Stava per dire qualcosa quando un marinaio passò di lì, salutandoli chinando il capo.
“Vieni dentro, devi dirti una cosa” fece Lucy, trascinando il fratello dentro la cabina reale che Caspian le aveva galantemente ceduto.
Edmund la guardava perplesso: non aveva mai visto sua sorella con un’espressione così seria.
“Dobbiamo dire a Caspian del piccolo Ian” esordì Lucy senza giri di parole. “Avrei voluto farlo subito, ma c’erano Drinian, Ripicì, gli altri marinai, e non mi sembrava il caso. Dobbiamo prenderlo da parte e farglielo sapere al più presto”
Edmund rimase zitto, un vago cipiglio sul viso, gli occhi rivolti al pavimento.
“Ed!”
“Non urlare, Lucy, ti ho sentito…Non possiamo farlo”
Lucy lo guardò con occhi e bocca spalancati dall’incredulità.
“Cosa?! Non…non vuoi dire a Caspian di suo figlio?!”
“Ti ho detto di non urlare!”
Edmund si avvicinò alla porta e la chiuse a chiave. La sua espressione era ancora più seria di quella di lei.
“Lucy, ascoltami bene: è stata Susan a dirmi di non dire niente a Caspian”
“Ma…!”
“Aspetta, aspetta, lasciami finire. Prima che partissimo per Cambridge, lei mi ha fatto promettere e io ho promesso. Ho promesso che non avrei mai rivelato il segreto del piccolo Ian. Era come se lei e Peter sapessero che sarebbe successo qualcosa, che io e te saremmo tornati a Narnia durante quest’estate”
Lucy scosse forte il capo, incapace di comprendere. “Non capisco…perché?”
“Lei pensava fosse meglio così”
Lucy parve non credergli. “A me però Susan non l’ha detto”
“Perché sapeva che non saresti mai stata d’accordo”
Lucy mise il broncio. “Vi fidate così poco di me?”
“Non è questo…”
“E Peter?”
“Anche Peter era d’accordo”
Lucy pestò un piede a terra. “Ah! Così lo sapevate tutti tranne me!”
Edmund sbuffò spazientito. “Sì, ne abbiamo parlato senza di te perché, come ho già detto, tutti noi sapevamo che avresti reagito così. Lo so che ti sembra una menzogna atroce, lo so che sembra più giusto dire a Caspian la verità, ma…”
Sembra?!” esclamò ancora Lucy, rossa in viso. “Certo che è giusto! Noi abbiamo il dovere di dirglielo, e lui ha tutto il diritto di saperlo! No…non ti credo affatto, Edmund! Non credo affatto che Susan possa aver avuto un pensiero simile, ti sei inventato tutto!”
“Non me lo sono inventato” esclamò a sua volta Edmund, prendendola per le spalle. “Lucy, possibile che non capisci? Non servirebbe a nulla dirglielo! Cosa potrebbe fare Caspian? Andare sulla Terra? No. Portare qui Susan e Ian? Nemmeno. E per quanto abbiamo sperato, ora abbiamo capito che Susan e Peter non torneranno mai a Narnia, e forse nemmeno il piccolo verrà mai in questo mondo. E’ inutile far soffrire Caspian: se gli dicessimo che Susan ha avuto un figlio da lui, impazzirebbe dal dolore sapendo che non potrà mai vederlo. Vuoi questo per lui? Vuoi che viva tormentandosi in questo pensiero irrealizzabile?”
Lucy rimase un momento senza parole.
“No. No, però…”
Quando Edmund parlò di nuovo, la sua voce era calma.
“Anch’io non ero d’accordo all’inizio, ma poi ho riflettuto e penso che Susan abbia ragione: lei vuole che Caspian sia felice e dovremmo volerlo anche noi. Prendere questa decisione non dev’essere stato facile per lei, perché così facendo nostra sorella ha rinunciato a tutto. Purtroppo non c’è altra soluzione”
Lucy rimase un momento in silenzio, mordendosi le labbra.
“Ma Caspian ama Susan, e hanno un bambino!”
Edmund abbassò le braccia lungo i fianchi, facendo un sospiro.
“Lo so, Lucy, e sono più che convinto che si ameranno per sempre. Quando arriverà il giorno in cui Caspian dovrà dare un erede a Narnia, lo farà per dovere e non per amore verso la donna che sposerà. Susan sa che quel giorno arriverà e nonostante tutto desidera che Caspian possa incontrare una donna buona e gentile, volerle bene, trovando la serenità che gli è tanto mancata”
“Serenità…” ripeté Lucy senza convinzione. “La serenità e la felicità sono due cose diverse. Solo insieme a Susan Caspian era felice”
Edmund non disse nulla.
Era vero.
“Non sono per nulla convinta che mentire sia la soluzione migliore” aggiunse Lucy con voce quanto mai dura.
Edmund fece un passo verso di lei. “Devi promettere anche tu, Lu”
Lei lo fissò, adirata. “Per ora non dirò niente… Per ora
 
 
 
***
 
 
 
Che strano senso di dejà vu provava Susan ad essere ancora su quella nave, la stessa che l’aveva portata negli Stati Uniti l’anno prima.
All’ora non si era goduta la traversata, poiché il suo animo era preda delle ombre e della sofferenza più cupe. Aveva solo desiderato lasciarsi alle spalle l’Inghilterra, cancellare la sua vita precedente ed iniziarne una nuova.
In un certo senso era successo: aveva iniziato una nuova vita ma non aveva scordato quella vecchia.
Aveva infine compreso che era possibile convivere con i ricordi, anche se dolorosi. Era capace di sopportarli, adesso.
Susan e il piccolo Caspian se ne stavano seduti su un lettino sdraio, lungo il ponte est della nave. Lei lo teneva in braccio e gli leggeva una delle favole del libro ricevuto in dono da Polly.
Peter si unì a loro qualche minuto più tardi, mentre Susan pronunciava la mitica frase: “E vissero per sempre felici e contenti”
Quando la ragazza chiuse il libro, suo figlio sorrise e batté le manine in segno di approvazione.
Lei rise. “Ti è piaciuta la storia?”
Caspian emise un urletto e scese dalle ginocchia della madre, iniziando a dar calci alla sua pallina azzurra.
“Ian, non ti allontanare” lo ammonì subito Susan, posando il libro e alzandosi in piedi.
Il bambino obbedì e tornò da lei, continuando a giocare intorno alla sdraio, il fedele leoncino stretto in mano.
“Non li lascia proprio mai, eh?” sorrise Peter, alludendo ai giocattoli.
“Guai a chi glieli tocca” rispose Susan con una risata.
Peter osservò la sorella. “Sue, ascolta…”
“Sì?”
Lei non lo guardava, gli occhi attenti sul suo bambino che rincorreva la palla su e giù lungo la fila di lettini sdraio.
“Credi che Ed e Lucy, a quest’ora, potrebbero essere già a Narnia?”
“Non lo so” rispose la ragazza, con voce afona.
“Sei sempre convinta che sia stata la cosa più giusta scegliere di non dire a Caspian di Ian?”
Gli occhi di Susan si offuscarono di tristezza.
“Una volta ho pensato di chiedere a Ed e Lucy di portare Ian a Narnia con loro, perché vivesse con suo padre”
Peter la fissò sbigottito, lei fece un mesto sorriso.
“Ho pensato tante cose, alle possibilità più svariate, una meno plausibile dell’altra. Una volta ho sognato di arrivare sulla spiaggia di Cair Paravel, d’incontrare Caspian per un istante appena, dirgli di suo figlio e poi andarmene di nuovo. E’ stato terribile…Lo so, non è giusto che io possa amare così tanto Ian quando suo padre non sa nemmeno che esiste, ma anche se lo sapesse cosa cambierebbe? Nulla. A che scopo dirglielo? Non potremo mai essere una famiglia e lui vivrebbe con il pensiero di non poter stare con noi, di non poter mai avere né me né Ian. Sarebbe crudele! Non voglio che Caspian soffra a causa mia! Non posso privarlo di altri figli suoi, di una famiglia sua, di una vita felice!”
“E tu sei felice?”
Susan fece un profondo respiro.
Sì, lo era…non del tutto, ma lo era…solo grazie a suo figlio. E anche Caspian doveva esserlo, anche senza di lei.
“Pensi che io sia egoista, vero?”
“No” rispose Peter. “Credo di capirti…ma non so se sia stata la scelta più giusta”
Susan si volse verso il fratello, gli occhi lucenti di lacrime non versate.
“C’è anche la possibilità che Edmund e Lucy non possano comunque dirglielo. Può darsi che, al loro ritorno, trovino una Narnia diversa e Caspian… lui potrebbe non…non esserci più... Non dire che non ci hai pensato, Peter, perché so che l’hai fatto”
Il ragazzo restò in silenzio.
Susan chiuse gli occhi per un momento, scacciando quel terribile pensiero.
Il suo Caspian…
“E se invece fosse ancora là ad aspettarti?” chiese Peter.
Susan attese un istante prima di rispondere.
“Ne sei ancora molto innamorata, vero?” chiese Peter, quasi sbalordito.
“Sarò sempre innamorata di Caspian” rispose Susan con fermezza. “Forse, un giorno, se Aslan lo vorrà, potranno incontrarsi”
La ragazza guardò il suo bambino e provò un immenso senso d’amore. Nei suoi occhi azzurri si accese una luce d’immensa fierezza.
“Io non potrò più tornare, ma mio figlio può e dovrà andare. Ad aspettare Ian c’è un intero popolo, un regno. Perché Caspian XI ha un destino, il destino che hanno tutti i figli di re: divenire re a sua volta”
Peter continuava a fissare la sorella, basito. “Vorrebbe dire rinunciare per sempre a lui!”
Susan strinse le labbra. “Sì, lo so”
“Se così sarà, quando Caspian capirà che non glielo hai fatto sapere, ti odierà”
“Sì, è possibile. Ma amerà nostro figlio. Lui è un bambino speciale, e non solo perché è il mio bambino. Prego perché anche suo padre possa scoprire quanto lo è. Se non fossi rimasta incinta, a quest’ora non sarei qui a parlare di Caspian, lo avrei dimenticato, come avrei scordato Narnia e tutte le nostre avventure. Ian ha colmato il vuoto che avevo nel cuore.”
Peter le prese una mano e la guardò dritta in viso. “Le cose andranno diversamente, Susan, vedrai. Quando sarà il momento per il piccolo Caspian di raggiungere Narnia, sono certo che potrai farlo anche tu”
Lei gli sorrise. “Sei il fratello maggiore migliore che esista al mondo. Grazie”
“Qualunque cosa accada, Sue, io sarò sempre con te” disse lui mentre l’abbracciava.
“Sì, lo so” Susan si scostò una ciocca di capelli dal viso, alzando gli occhi verso il cielo. Il vento si era alzato e grossi nuvoloni neri si addensavano all’orizzonte.
“Credo stia per piovere”
“Sarà meglio tornare in cabina, allora” disse Peter.
“Sì, è vero…Caspian, andiamo!”
Il bambino si volse al richiamo della madre e capendo le sue intenzioni fece un piccolo broncio.
“Noo!”
“Oh, su, non fare i capricci” fece Susan, facendo qualche passo verso di lui.
Un attimo dopo, accadde qualcosa di assolutamente inaspettato.
Il libro di fiabe, rimasto sul lettino, si aprì di scatto e le pagine iniziarono a sfogliarsi da sole a un ritmo folle.
Il vento divenne impetuoso, ma Peter e Susan capirono che ciò che stava accadendo aveva poco a che fare con il temporale imminente.
Era opera della Grande Magia.
Susan prese in braccio il bambino e fissò Peter attraverso le raffiche, scie di vento, di luce e colore.
Gli altri passeggeri, lì intorno, sembrarono non accorgersi di nulla.
“Vai, Susan” le disse Peter con un sorriso, tranquillamente.
“Anche tu devi venire!” esclamò lei, afferrandogli un braccio, sentendo che la magia la stava già trascinando dentro il vortice.
Il ragazzo scosse il capo. “No, Susy, questa volta no. Aslan ti sta dando una seconda possibilità. Sapevo che sarebbe successo, solo non credevo così presto…”
Peter abbracciò sia il bambino che la sorella. Guardò il piccolo Caspian, provando una stretta al cuore al pensiero che non l’avrebbe mai visto crescere.
“Ti voglio bene, ometto. Fai il bravo”
Il bambino allungò la pallina azzurra verso di lui, come se avesse capito ciò che stava per accadere.
“Tua” disse.
Peter gli accarezzò i capelli e afferrò la palla.
“Oh, Peter, no, ti prego!” esclamò Susan in un singhiozzo.
“Devi andare, Sue, sbrigati”
“Non posso lasciarti, non sono pronta!”
“Sì, lo sei”
Susan lo abbracciò di nuovo e lui la tenne stretta finché poté.
“Ti vorrò sempre bene, Peter”
“E io ne vorrò a voi. Abbi fede Susan. Io, Lucy, Ed, mamma e papà…tutti noi saremo sempre con te. Un giorno ci rivedremo”
Quando lui la lasciò andare, Susan strinse forte Caspian, proteggendolo dal vento che le sferzava i capelli, mandandoglieli davanti agli occhi, impedendole di vedere Peter.
Lo chiamò, lui continuava a sorriderle. Il ragazzo rimaneva fermo dov’era eppure si allontanava, sempre di più. Infine, sparì alla sua vista.
Una luce accecante la costrinse a serrare le palpebre. Quando le dischiuse, lei e Caspian erano soli in cima a una bassa collinetta che guardava sul mare. Susan cercò di calmare il bambino, che stringeva il suo leoncino. Lo cullò piano, mormorandogli parole tranquillizzanti, intanto guardandosi attorno.
Si trovava su un’isoletta verdeggiante, l’aria dai sapori estivi era calda e tranquilla, non c’erano altri suoni eccetto quello delle onde e il canto dei gabbiani. Dal punto in cui si trovava, poté vedere che c’erano altre due isole vicine: la prima distava poco più di mezzo miglio da quella su cui si trovava lei; la seconda, sulla sinistra, era un po’ più lontana. Su quest’ultima, Susan scorse i tetti di una città.
Era stata molte volte in quei luoghi, tanto tanto tempo prima, durante i lunghi viaggi per mare quand’era Regina nell’Età d’Oro.
Le avrebbe riconosciute tra mille: erano le Isole Solitarie.

 
 
 
Spero mi perdonerete se avevo messo un avviso sulla mia pag facebook dicendo che avrei pubblicato sabato scorso… c’è stato un imprevisto e non ho avuto internet per alcuni giorni, perciò non mi è stato proprio possibile….Scusatemi davvero!!!!!!!!!!!!!! La mia carissima Joy ha cercato di aiutarmi mettendo un avviso nelle note di una sua fic, facendo passare la voce…grazie gemella!!!!! Sei stata così gentile che non ho parole!!!
Anyway, siamo al penultimo capitolo, cari lettori! Eh sì, ormai siamo alla fine… che devo inventare! Già, perché “Fragment” non aveva un finale quando l’ho inventata anni fa…o meglio ce l’ha, ma non scritto. 
Non mi convince tanto l’ultimo pezzo, devo essere sincera...e spero tanto che non ce l’abbiate con Susan per la sua scelta.
Comunque si risolverà tutto molto presto, vedrete!!! ;)

 
Ringraziamenti:

Per le preferite: aleboh, battle wound, fossyross, HarryPotter11, loveaurora, lucymstuartbarnes,
 MoiraScarletMorgana, Shadowfax, Zouzoufan7, _faLL_ 

 
Per le seguite: Ellynor, fede95, Francy 98, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, ibelieveandyou, 
 jesuisstupide, JLullaby, Judith_Herondale, justalittlepatiencew, LadyVentia96, lucymstuartbarnes, Lyra Avalon Black, M a i  mewgiugiu, niky25, Poska, Scentedblackink, Shadowfax, SweetSmile, _joy, _LoveNeverDies_ 

 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Ellynor, HarryPotter11, JLullaby, lucymstuartbarnes, Shadowfax,  _joy, 
 
Sarà l’ultima volta che lo dico per questa fanfic: gli aggiornamenti li trovate alla mia pagina facebook.
Grazie a tutti per la pazienza e scusate ancora per il disguido!
Alla prossima per l’ultimo capitolo!!!!!!!
Un bacio e un abbraccio,
Susan♥

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Capitolo 13
*** Capitolo 13: Che la storia finisca così ***


pjaYVvy


13. Che la storia finisca così
 
 
L’Oceano Orientale era di un azzurro scintillante, il paesaggio intorno somigliava a un dipinto dai colori sgargianti. In un’altra occasione, Susan sarebbe rimasta là ad osservarlo senza stancarsi mai, ma non ora.
Una parte di lei esultava per la gioia di essere tornata a Narnia, a casa. Un’altra pensava a Peter, rimasto sulla Terra, facendole provare una stretta dolorosa al cuore. Un’altra ancora spasimava per rivedere l’uomo che amava, sapendo di essere finalmente sotto il suo stesso cielo.
Si sarebbero rivisti, doveva essere così. Non potevano essere passati tanti anni, non potevano…
Susan si volse un momento indietro, a occidente. Riusciva a riconoscere i punti cardinali grazie al sole e alla posizione delle Isole Solitarie: se Portostretto era davanti a lei, l’ovest doveva essere per forza alle sue spalle. E laggiù c’era Narnia, Cair Paravel, Caspian!
Per un momento fu tentata di andare da quella parte, ma cambiò in fretta idea.
Come avrebbe raggiunto il regno da sola? Le sarebbe servita un’imbarcazione. Doveva andare a Portostretto, laggiù partivano decine di navi ogni giorno. Anche un mercantile le sarebbe andato bene, purché potesse aiutarla a raggiungere la costa narniana. Si sarebbe presentata come la Regina Dolce, poco importava se sulle Solitarie nessuno sentiva parlare di Narnia da secoli, l’avrebbero aiutata comunque, ne era certa. Dopotutto, Aslan vegliava su di loro.
“Aslan…tu che hai deciso di condurre qui il mio bambino, ti prego, ti prego, aiutami ad incontrare suo padre, solo per un minuto, ti supplico!”
Il piccolo Caspian piangeva ancora, il viso arrossato e bagnato di grossi lacrimoni.
Susan lo mise un momento a terra e si inginocchiò sull’erba davanti a lui. Con dita gentili gli accarezzò le guance e asciugò le lacrime.
“Piccolo amore, non piangere. Stringi forte il tuo leoncino. Bravo, così.”
Il bambino placò i suoi singhiozzi, facendo ancora qualche smorfietta
“Non aver paura, sei a casa” gli disse con gli occhi che brillavano. “Questa è casa tua, Caspian: Narnia”
Era la prima volta in assoluto che Ian la vedeva sorridere mentre pronunciava quella parola.
“Narnia” ripeté un po’ impacciato.
Susan lo abbracciò stretto. “Presto troveremo il tuo papà, te lo prometto”
Ian si lasciò prendere di nuovo in braccio, le braccia attorno al collo di Susan, rimanendo calmo mentre lei iniziava a discendere il pendio erboso.
Malgrado si sentisse ancora un po’ spaurita, lì da sola con un bambino piccolo, l’aria fragrante dell’Oceano Orientale le infuse forza e sicurezza. Narnia le faceva sempre questo effetto, donandole nuova energia.
Giunta in fondo al pendio, nella verde valle che si apriva sotto di lei vide comparire sei o sette uomini armati e di rozzo aspetto.
“Oh, speriamo non siano pirati” pensò.
Ma quei tizi ne avevano tutta l’aria, purtroppo. Susan sapeva bene che, ai loro occhi, una giovane donna sola con un bambino doveva apparire come una facile preda.
Sarebbe stato il caso di presentarsi come Regina? Non ne era più così sicura.
Doveva fuggire? No, l’avrebbero sicuramente presa. Meglio restare calma e riflettere in fretta sul da farsi.
La ragazza li osservò venirle incontro. Un tipo coi capelli corvini le fece un sorriso sghembo, togliendosi il cappello.
“Buona giornata, milady”
“Gentili signori” esordì Susan, “sapreste dirmi, per cortesia, come raggiungere la città di Portostretto?”
“Sicuro, milady, con molto piacere. Da dove venite?”
Susan esitò solo un secondo. “Ho perduto i miei compagni. Ci siamo fermati qui su Felimath e dovevamo ricongiungerci a Portostretto ma, sfortunatamente…”
“Sì, sì, ho capito, signora. Vi aiuteremo con piacere, venite”
Susan restò immobile per alcuni secondi. L’uomo fece un cenno con la mano e, da finto gentiluomo, la esortò a precederlo. Lei non poté far altro che seguirli, ben sapendo che le sue spiegazioni erano risultate alquanto lacunose.
Non aveva fatto in tempo a trovarseli alle spalle che quelli l’avevano già immobilizzata per le braccia.
Susan strinse a sé il piccolo Caspian, il quale, percependo l’ansia della madre, ricominciò un poco a singhiozzare.
“Mamy…”
“Buono, tesoro” Susan lo cullò dolcemente, rivolgendo agli uomini uno sguardo implorante. “Vi prego, non fate del male al mio bambino!”
“Tranquilla, bella signora. Siamo briganti ma non uomini con così poco onore. Non abuseremo di voi, se è questo che temete, né faremo male al marmocchietto”.
A Susan vennero legati i polsi con delle corde, ma il capo dei mercanti di schiavi (di questo si trattava) ordinò che i nodi non fossero troppo stretti, così che potesse tenere in braccio il bambino.
Susan e Ian vennero portati sulla spiaggia e lì fatti salire su una barca. Raggiunsero la riva opposta, quella di Avra: lì sorgeva un piccolo villaggio, al cui minuscolo porto era ancorata una vecchia nave malconcia, sulla quale altri mercanti stavano facendo salire un numeroso gruppo di persone.
“Ora, da brava, salite a bordo senza far storie” disse il tipo coi capelli corvini.
“Dove mi porterete?” domandò Susan.
“Al mercato di Portostretto”
“Mercato di schiavi” ribatté la ragazza con stizza.
L’uomo dai capelli corvini fece un nuovo ghigno. “Eh già. Voi ci farete guadagnare un bel gruzzolo, graziosa come siete”
In quel momento, da una delle locande più vicine, spuntarono un uomo barbuto di bell’aspetto, i capelli e la barba brizzolati, insieme ad alcuni compagni.
“Altri briganti?” pensò la Regina, dando piccoli colpetti sulla schiena del figlioletto, per rassicurarlo.
Ian era avvinghiato a lei, una manina a stringere il pupazzo, l’altra la manica dell’abito di Susan. I suoi occhioni scuri scrutavano tutto ciò che accadeva intorno. Non piangeva più ma tremava di paura.
“Ehi, Pug!” chiamò l’uomo con la barba. “Già in partenza?”
Pug – questo era il nome del capo dei mercanti – si tolse nuovamente il cappello e si inchinò al nuovo venuto. “Sì, vostra eccellenza Lord Bern, abbiamo appena raggiunto il numero di schiavi stabilito da Sua Sufficienza il Governatore”
L’altro uomo, Lord Bern, si fermò ad osservare le persone che stavano salendo sulla nave, un vago cipiglio sul viso. Poi, i suoi occhi incontrarono quelli di Susan…e di Ian.
“Quanto vuoi per questi due?” chiese.
“Pensavo che la fanciulla potesse piacere al Governatore, eccellenza. Non so se posso darvela”
“Avanti, Pug, ti pagherò il doppio. Vendimeli entrambi. Dopotutto, la ragazza potresti piazzarla bene, ma il bambino? Chi comprerebbe un bimbo così piccolo? Pensi di venderli insieme, forse? Non sarebbe un grande affare”
Pug non parve convinto. “E perché voi li volete tutti e due, allora?”
“Questi non sono affari tuoi, miserabile. Quanto vuoi? Duecento mezzelune bastano?”
Pug fece i conti sulle dita. “Io pensavo di ricavarne trecento…uhm …”
“Te ne offro duecentocinquanta, a testa”
Sul volto di Pug si aprì un sorriso avaro. “Vostra eccellenza sì che è un vero trafficante! E va bene, accetto!”
Pug fece cenno a un compagno di slegare Susan, la quale fu consegnata agli uomini di Lord Bern.
I mercanti di schiavi se ne andarono sulla loro nave e partirono per Portostretto.
Susan non poteva credere che un uomo al cui nome era associato il titolo di Lord, avesse le mani in pasta con quella gente! Forse non era un vero nobile: la ragazza aveva sentito spesso storie di ladri e truffatori che avevano ucciso gentiluomini rubando loro l’identità e il titolo. Quello di Lord Bern poteva essere un caso analogo.
Susan e Ian furono condotti a casa di questo presunto Lord: una modesta ma accogliente abitazione sull’isola di Avra, dove egli era padrone di un piccolo e prospero feudo. Con grande sorpresa della Regina, l’uomo chiese di preparare un pasto caldo per i due ospiti.
“Mia signora” esordì, “non temete per la vostra incolumità e per quella di vostro figlio. Anzi, mi scuso umilmente per come siete stata trattata”
S’inchinò e Susan ne rimase sbalordita.
“Vi ho riconosciuta. Siete una degli Antichi Sovrani di Narnia”
“Per questo mi avete comprata, allora”
“Sì, mia Regina. Lasciate che m’inchini ancora una volta davanti a voi, e che vi porga i miei omaggi e le mie scuse”
Susan sorrise. “Anch’io dovrò scusarmi, signore, perché ho pensato male di voi. Ma adesso so che non mentite sulla vostra persona, siete davvero un Lord”
L’uomo le baciò la mano e si alzò. “Purtroppo, il mio nome e il mio titolo non valgono più nulla. Una volta ero al servizio di un Re di Narnia, ma da quando vivo quaggiù non ho saputo più nulla del regno, né dei miei amici. Sono rimasto stupefatto quando ho visto che voi…”
Susan lo interruppe. “Scusate, avete detto che eravate al servizio di un Re di Narnia?”
“Sì, Maestà”
“Potreste dirmi…” la voce di Susan tremò. “Potreste dirmi il suo nome?”
“Certo: si trattava di Re Caspian”
Di nuovo, Bern aveva parlato al passato. Perché?
Susan si sentì male al pensiero che Caspian potesse essere…
“Il Sovrano di cui parlate era Caspian X?” chiese con un filo di voce.
Bern la guardò. “No, mia signora. Io ero uno dei Lord di Telmar, fidati amici e compagni del grande Caspian IX. L’ultima volta che vidi il Principe suo figlio, era solo un fanciullo”
Susan trasse un respiro e chiuse gli occhi. Allora lui era ancora là! Il suo Caspian era là! Non dovevano essere passati troppi anni, forse uno o due...
“Avete detto che Caspian X regna a Narnia?” chiese Lord Bern con incredula speranza. “E Miraz? Miraz è morto?”
“Sì, Miraz è morto. Io e i miei fratelli venimmo richiamati da Aslan proprio per aiutare il Principe Caspian a rivendicare il trono”
Vinto da una grande emozione, Bern le fece cenno di sedere. “Vostra Maestà, sareste così buona da narrarmi come sono andate le cose?”
Susan sorrise ancora. “Credo che avremo entrambi molte cose da dirci. Anch’io vorrei sapere di voi”
“Mamy” la chiamò Ian, sollevando finalmente il viso. “Ho fame”
“Venite, mangiamo” li invitò Lord Bern, guidandoli verso la sala da pranzo.
Mentre consumavano un gustoso pasto, la Regina e il Lord si raccontarono le rispettive vicende, passate e presenti. Fu così che la Dolce scoprì che Bern, insieme ad altri sei nobili di Telmar, fu cacciato dal regno su ordine di Miraz.
Bern sorrideva teneramente osservando Susan imboccare il suo bimbo, i cui grandi occhi scuri - così scuri da sembrare quasi neri - somigliavano impressionatamene a quelli di un altro bambino a cui aveva voluto molto bene.
“Qual è il nome del piccolo?”
“Caspian” rispose automaticamente lei.
Lord Bern fece un’espressione stupita ma poi sorrise ancora, annuendo comprensivo. “Questa parte della vostra storia non l’avete raccontata, Maestà”
“Io…”
“Non c’è bisogno che mi spieghiate nulla, non è affar mio”
“Penserete male di me, ora?”
“No, affatto, perché mai dovrei?”
“Perché io e il Re non eravamo sposati”
“Lui vi amava?”
Susan percepì una morsa serrarle il cuore. “Sì, molto”
“E non c’è bisogno che io vi chieda se voi amavate lui”
La fanciulla restò in silenzio per alcuni secondi, poi lo guardò. “Volete sapere il resto della mia storia?”
“Ne sarei oltremodo felice”
Dopo pranzo, Ian si addormentò e la gentile moglie di Bern lo portò in un’altra stanza per fargli fare un sonnellino.
“Vi accompagnerò personalmente in città” disse Bern alla fine, “e vi aiuterò a trovare una buona nave che vi porti a Narnia. Ho molte conoscenze a Portostretto. Un mio servitore è già stato inviato per avvertire dei marinai miei amici”
“Vi ringrazio molto, milord, e vi prometto che tutto il denaro che avete impiegato vi verrà restituito”
“Non sarà necessario. Però, Maestà, se mi permettete un consiglio, dovreste tenere nascosta la vostra identità. Anche se sulle Isole Solitarie tutti affermano di essere fedeli al Re e ad Aslan, nessuno lo è, il Governatore per primo. Se riuscissero a catturarvi, la vostra vita e quella del bambino sarebbero in grave pericolo.”
Susan annuì. “Sì, mi aspettavo una cosa simile”
“Vi accompagnerò personalmente in questo viaggio, non preoccupatevi”
Bussarono alla porta e poco dopo entrò il servitore di Bern.
“Vostra Eccellenza, torno ora dalla città. C’è un gran fermento a Portostretto: la bandiera di Narnia sventola sul palazzo del Governatore, Gumpas è in prigione, la nave di Re Caspian X è ancorata in porto”
 
 
Dopo essere sbarcati sulle Isole Solitarie, Caspian, Lucy, Edmund e Eustace si erano trovati nella stessa situazione di Susan. I mercanti di schiavi li avevano catturati e, dopo aver fatto passar loro una notte in gattabuia, avevano cercato di venderli come schiavi al mercato. Fortunatamente, Drinian, Ripicì e gli altri marinai del Veliero dell’Alba erano intervenuti in loro aiuto.
Dopo aver liberato tutti gli schiavi, Caspian si era subito recato al palazzo del Governatore, destituendolo dal suo incarico e ordinando di metterlo in prigione insieme ai mercanti di schiavi.
La vicenda si risolse in poche ore.
Purtroppo, però, non tutti si mostrarono disposti ad accettare il Liberatore come nuovo regnante. Giù in città scoppiò una sommossa, suscitata dai nobili tarkaan di Calormen e da molti altri fedeli al Governatore.
Mentre questo accadeva, Caspian si trovava nel palazzo reale insieme ai segretari di Gumpas e stava proprio parlando dell'abolizione della tratta degli schiavi. Secondo i segretari, questa decisione avrebbe provocato una guerra contro i calormeniani, che erano i maggiori compratori.
D’un tratto, un boato assordante provenne dalla strada. Poi, il cielo si illuminò di rosso, ci fu una serie di esplosioni ininterrotte e, un attimo dopo, la città bruciava tra le fiamme.
Una guardia irruppe nella stanza senza bussare e gridò: “Hanno appiccato il fuoco al palazzo! Gli uomini di Gumpas si rivoltano contro Narnia!”
Caspian si scambiò un’occhiata con Drinian, che era con lui.
“Capitano, trovate il Re Edmund e la Regina Lucy, radunate gli altri membri dell’equipaggio”
“Vostra Maestà deve uscire immediatamente e mettersi in salvo” aggiunse la guardia.
“No” ribatté subito Caspian. “Le Isole Solitarie sono parte del regno di Narnia, combatterò per difenderle”
“Se mi permettete, Maestà” intervenne uno dei funzionari, “la vostra vita viene prima di ogni altra cosa”
Un’altra esplosione.
“Manigoldi!” esclamò un altro, “usano la dinamite!”
“Probabilmente per far saltare le porte della prigione” aggiunse Drinian. “O per intrappolarci qui dentro”
“Non c’è tempo da perdere, dobbiamo uscire, tutti!” disse Caspian. Il suo fu un ordine ben preciso e gli altri uomini lo capirono.
In strada, Lucy, Edmund e Ripicì, cercavano di aiutare gli uomini del popolo a domare le fiamme. Eustace se ne stava rannicchiato in un angolino, mezzo morto dalla paura.
“Dove sono Caspian e Drinian?” chiese Lucy, terribilmente preoccupata. “Perché non escono?”
“Lo sai com’è fatto Caspian” le rispose il fratello. “Non arriverà finché non avrà salvato tutti. Lui farà la sua parte e noi la nostra Lu. Adesso stai pronta, dovremo combattere”
 
 
Fu proprio mentre a Portostretto infuriava la battaglia che Susan e Bern, insieme a un gruppo di servitori fidati, salparono da Avra verso Doorn.
Il piccolo Caspian era rimasto a casa del Lord, insieme a sua moglie e alle figlie. Susan si fidava di loro, non era preoccupata. Caspian era un bambino socievole e, anche se aveva pianto un po’ nel vederla andare via ( probabilmente era ancora molto scosso e spaventato da tutto ciò che era accaduto), era bastato che le tre figlie di Bern si mettessero a giocare con lui perché si distraesse ed iniziasse a sorridere.
Man mano che si avvicinavano a Portostretto, riconobbero il bel vascello di Narnia. Susan provò una grande emozione, incitando mentalmente i rematori a vogare più svelti.
Era vicino a lui. Ancora un poco e sarebbe arrivata, lo avrebbe visto.
Caspian, ti prego, aspettami, sono qui! Sto arrivando da te, tra poco ci rincontreremo!
Quando la barca fu abbastanza vicina alla banchina, tutti si accorsero che qualcosa non andava. La città era troppo silenziosa, al porto non c’era nessuno.
Scesero a terra e Bern si volse verso Susan. “Statemi vicina, Maestà, ho paura sia accaduto qualcosa”
“Signore, datemi un arco e potrò difendermi da sola”
“Dimenticavo che eravate Primo Arciere di Narnia” disse lui, e poi chiamò uno dei servitori “Ragazzo, passa il tuo arco alla Regina, ti puoi combattere con la spada. E ora, in marcia”
Si addentrarono tra le vie, incontrando un gruppo di calormeniani ed ingaggiando subito un combattimento.
C’era davvero qualcosa di molto, molto strano…
Man mano che si avvicinavano al centro della città, udirono grida e clamori, esplosioni e altri boati. Poi, videro volute di fumo nero innalzarsi nel cielo azzurro. Ben presto raggiunsero la piazza centrale, dove sorgeva il palazzo reale, ora in fiamme.
“Tu resta con la Regina” ordinò Lord Bern al giovane servitore. “Noi andiamo avanti”
“Eccellenza” lo fermò Susan. “I miei fratelli, il Re Edmund e la Regina Lucy, potrebbero trovarsi a Narnia anche loro. Se fossero là in mezzo…”
“No, no, Maestà” Bern scosse il capo, capendo le sue intenzioni. “Rimanete qui, siete più al sicuro” e senza aggiungere altro svoltò un angolo, correndo in mezzo alla mischia insieme ai suoi uomini.
Susan e il giovane servitore si ritrovarono ad osservare il caos dall’angolo della strada, nascosti dietro il muro di una casa.
La ragazza alzò la testa, stringendo gli occhi alla luce del sole, e la vide: la bandiera di Narnia sopra il palazzo reale, il Leone scarlatto in campo verde.
Caspian! Caspian era là, da qualche parte.
Doveva trovarlo. Doveva trovare Ed e Lucy!
“Maestà, attenta!” esclamò il ragazzo, estraendo la spada e abbattendo un uomo che aveva tentato di attaccarli alle spalle.
La Regina si inginocchio accanto al giovane, quando lo vide cadere a terra. “Sei ferito!”
“Sì, ma non è niente”. Lui si teneva una mano sul fianco e, quando tentò di alarsi, gemette e ricadde a sedere contro un muro. “Non ce la faccio”.
“Resta qui, io vado a cercare aiuto” disse allora Susan.
“No, Maestà, vi prego! Lord Bern mi ha affidato la vostra incolumità! Se vi capitasse qualcosa mi ucciderebbe!”
“No, non credo. Tieni premuta la ferita, piuttosto, o peggiorerà. Se ho ragione e anche mia sorella Lucy è qui, la troverò e con il suo cordiale guarirai in un battibaleno. Ma devi aspettami qui, è un ordine”
Il ragazzo annuì. “Obbedisco, Maestà”
La Regina lo aiutò a nascondersi meglio dentro la nicchia di un muro, sotto un porticato che non era ancora stato colpito dall’incendio, poi, corse rapida tra la folla. I suoi occhi scrutavano tra il fumo, la cenere, la polvere e la gente.
Caspian! Edmund! Lucy!
Un ragazzino urlante le venne addosso e per poco non finirono entrambi a terra. Quando si guardarono in faccia, proruppero in un’esclamazione, spalancando occhi e bocca dallo stupore.
“Eustace?!”
“Susan?!”
Eustace a Narnia? Suo cugino era veramente a Narnia?!
Nemmeno il tempo di una parola ed ecco che la Regina Dolce fu di nuovo costretta a mettere mano all’arco.
“Stai giù!” gridò al cugino, iniziando a scagliare frecce con maestria ed eleganza.
Abbatté sei uomini, uno dopo l’altro, e nell’istante in cui l’ultimo venne colpito, udì diverse voci gridare il suo nome.
“Susan!” si sentì chiamare, e poi: “Susan!” da un’altra direzione.
“Buttati a terra!”
Riconobbe tutte e tre le voci.
La terza era la sua: Caspian!
Un muro esplose, riversando i resti sulla strada. Susan si ritrovò con il viso a un centimetro dalla terra, dentro la polvere, mentre due forti braccia la tennero stretta, una mano di lui posata sul capo, il suo corpo caldo e forte a farle da scudo.
Alzò un poco la testa per vedere cosa fosse successo, se i suoi fratelli e Eustace stavano bene. Li vide a pochi metri da lei, incolumi pareva. Grazie a Dio…
La detonazione era stata talmente forte da farle male alle orecchie, tanto da farle sentire un rimbombo dentro il petto. Ma niente fu più forte del rimbombo del suo cuore quando poté guardare l’uomo che l’aveva salvata ancora una volta.
In un secondo, Susan registrò i cambiamenti: il viso coperto da un leggero strato di barba, i capelli un poco più lunghi, lo sguardo più fiero. I suoi occhi…la guardava come fosse la prima volta.
Caspian la osservò incredulo, passando velocemente una mano nella chioma bruna, molto più lunga e soffice di come la ricordava. Era cambiata un poco, come lui. Era più donna e per questo ancor più meravigliosa.
Caspian scosse impercettibilmente il capo. “Com’è possibile?”
Susan scosse la testa a sua volta. “Non lo so. So solo che sono qui”
Il Re si specchiò nei suoi occhi, nell’azzurro del mondo, dove c’era tutto l’amore di lei, dove aveva perso la sua anima. La strinse con tutte le forze, costringendola quasi a sollevarsi sulle punte dei piedi.
“Stavo morendo senza di te”
Un istante dopo, incurante del caos, Caspian la baciò con decisione, rapidamente, come se gli mancasse l’aria e dovesse premere le labbra su quelle di Susan per poter respirare.
Forse era così.
Un secondo e poi si separarono.
Lei rimase un istante a fissarlo, la testa riversa all’indietro, i volti vicini. Avrebbe voluto tenerlo stretto a lungo, ma le esplosioni si susseguivano quasi ininterrottamente: non potevano restare lì, c’erano cose più importanti a cui pensare. Una più delle altre…
Caspian la prese per mano e la condusse dagli altri.
Susan abbracciò Ed, Lucy e Eustace. Poco dopo, sopraggiunse anche Ripicì e un uomo che non conosceva. Ovviamente era Drinian.
Lucy guardò Susan. “Peter dov’è?”
“Lui non c’è, Lucy. Mi dispiace”
“Sì, capisco…”
I fratelli Pevensie si scambiarono uno sguardo carico di amarezza e comprensione. Il tempo di Peter a Narnia era veramente concluso, quello di Susan si preparava invece ad essere rinnovato.
“Maestà” disse Drinian a Caspian, “abbiamo fatto uscire tutti dal palazzo come avete ordinato, ma non riusciamo a fermare l’incendio”
“Dobbiamo riuscire a portare i civili lontano dalla piazza” disse il Liberatore. “Che ne è degli uomini di Gumpas?”
“Li abbiamo sconfitti, signore” rispose Ripicì, “Erano molti e con loro c’erano anche i calormeniani, ma i cittadini di Portostretto se la sono cavata egregiamente anche con rastrelli e picconi”
“La lotta si è fermata, Maestà” disse ancora Drinian. “Quello che preoccupa maggiormente tutti quanti, adesso, è che la città non venga rasa al suolo dalle fiamme”
In quel mentre, sopraggiunse il giovane servitore di Lord Bern.
“Non temete, lui è dalla nostra parte” si affettò subito a dire Susan, costretta a lasciare la mano di Caspian per aiutare il ragazzo a reggersi in piedi. “Lucy, il cordiale, presto!”
Non appena la pozione fece effetto, il viso del servitore riprese colore.
“Regina Susan” esordì questi in tono animato, “dovete immediatamente tornare ad Avra! Ho sentito alcuni uomini di Calormen dire che avrebbero approfittato della confusione per attaccare i feudi delle isole vicine. Andranno alla casa di Lord Bern!”
“Lord Bern?!” esclamò Caspian, colpito dal sentire quel nome. “Lord Bern, uno dei sette Lord di Telmar?”
“Proprio lui, Sire”
“Mi ha aiutata quando sono arrivata a Narnia” spiegò velocemente Susan, la voce piena di ansia.
Mio Dio!, pensò. Se attaccavano la casa... Ian! Il suo bambino era là!
Ma perché? Ripicì e Drinian non avevano appena detto che gli scontri erano finiti? Perché allora quegli uomini…
“La città va a fuoco! La città va a fuoco!” gridavano i cittadini, trasportando tra le braccia grandi secchi d’acqua.
“Andate, svelti!” Edmund incitò la Dolce e il Liberatore. “Qui ci pensiamo noi”
“Cosa?” chiese Caspian, notando le strane occhiata che i Pevensie si scambiarono.
Susan afferrò nuovamente la sua mano. “Devi venire con me!”
Caspian guardò da lei agli altri. Susan lo tirava indietro, verso la strada, lo sguardo implorante, mentre Ed, Lucy, Drinian e Ripicì tornavano tra la folla e il giovane servitore tentava di portare in salvo Eustace.
“Susan, dobbiamo andare anche noi, lasciami”
“No, tu non capisci! Devi venire ad Avra, è questione di vita o di morte!”
“Ma che ti prende? Susan, aspetta!”
Lei iniziò a correre e lui non poté far altro che seguirla.
La Regina imboccò le vie che portavano verso il porto. Lui chiedeva spiegazioni ma lei sembrava non sentirlo nemmeno.
Caspian l’afferrò per le braccia e la fermò, voltandola verso di sé, allarmandosi nello scorgere gli occhi chiari di lei spalancati dal terrore, il volto pallido macchiato di fuliggine.
“Susan, fermati! Ascoltami! Dobbiamo prima pensare all’incendio. Lo so che…”
“No, no, tu non lo sai! Tu non puoi sapere” la voce di Susan si tinse di tenera compassione. “Dobbiamo andare su Avra, dobbiamo trovare Ian!”
“Cosa dici? Chi è Ian?”
“Ian, Caspian XI, è tuo figlio!”
Le mani di Caspian si chiusero dolorosamente attorno alle braccia di lei.
“Cosa diavolo stai dicendo?” chiese lui a voce più bassa, le sopracciglia incurvate. La scosse un poco. “Susan, rispondi!”
La Dolce gli gettò le braccia al collo, baciandolo una volta sulle labbra, frenetica.
“Hai un figlio, Caspian. Abbiamo un bambino. Non ho tempo di spiegarti ora, lo farò quando lo avremo trovato. Ti prego, amore, ti prego!”
Per la terza volta, le loro mani si unirono e i due giovani corsero insieme verso il Veliero dell’Alba, dove quattro o cinque marinai erano rimasti a bordo per custodire la nave e ai quali il Re chiese di calare una scialuppa. I marinai li accompagnarono su Avra, remando più veloce che poterono.
Quando attraccarono sull’isola, Susan li guidò tutti verso la casa di Bern.
La ragazza se l’era aspettato ma, quando vide le mura lambite dalle fiamme, quasi venne meno.
Dalla porta principale stavano uscendo la moglie e le figlie di Bern con i servitori.
“Dove sono gli uomini che vi hanno attaccato?” chiese Caspian.
“Sono fuggiti subito dopo aver appiccato il fuoco” rispose uno.
“Signora, dov’è l’altra vostra figlia? Ne vedo solo due” chiese Susan alla moglie di Bern, la quale non riuscì a rispondere, scossa da continui colpi di tosse.
Una ragazza uscì dalla porta in quel momento, ma era sola.
Susan la raggiunse. “Dov’è il bambino?”
“Mia signora, imploro il vostro perdono!” disse quella. “Non so dove sia, non riesco a trovarlo”
Senza ascoltare altro, Susan schizzò verso la casa, rapida come una gazzella, senza curarsi del fuoco.
Caspian fu subito dietro di lei.
La Regina iniziò a gridare il nome di suo figlio e continuò a chiamarlo cercando di non farsi prendere dal panico.
Esaminarono tutte le stanze e i corridoi del primo piano ma non trovarono nessuno. La casa sembrava deserta.
“Dove potrebbe essere?” chiese Caspian, un rivolo di sudore che gli colava dalla fronte.
“Non lo so. Non conosce l’ambiente ma è bravo a nascondersi e gli piace. Anche a casa mi faceva impazzire, a volte. Da quando ha imparato a camminare…”
I loro occhi si incontrarono. Quelli di Susan minacciarono di riempirsi di lacrime.
“Mi dispiace tanto…”
“Abbiamo detto più tardi” le ricordò il Re e lei annuì.
Ripresero la ricerca, ritrovandosi accanto alle scale.
“Non…non credo riuscirebbe a salire da solo” disse Susan, la voce tremante.
“Ma se la ragazza l’avesse portato al piano di sopra?” suggerì Caspian.
Allora iniziarono a salire, i gradini che scricchiolavano pericolosamente sotto il loro peso. Dal piano superiore si intravedeva un alone di luce rossastro, udirono il rumore di qualcosa che crollava: il fuco si stava espandendo rapidamente.
“Ian! Ian!” continuava a chiamare Susan, quasi ininterrottamente, tossendo per il fumo denso.
Quando una voce la chiamò…
“Mamy!”
Susan si volse in direzione di Caspian, cercando sostengo nella sua espressione forte e incredibilmente controllata.
“Di qua” le disse lui, conducendola attraverso il corridoio.
Il cuore del Re batteva all’impazzata, ma non per l’incendio, non più per la sommossa, bensì per aver scoperto di avere un figlio. E quel bambino era a pochi metri da lui, aveva sentito la sua voce.
Passarono in rassegna tutte le stanze da letto, alcune avevano le porte bloccate. Quando trovarono il piccolo Ian, lui se ne stava rannicchiato sotto un tavolino, in lacrime, il leone di peluche stretto al petto.
“Tesoro, non muoverti!” gridò la Regina al bambino.
Il quel preciso istante, il soffitto si colorò di scarlatto e le fiamme invasero il secondo piano della casa.
Susan scattò in avanti, correndo da suo figlio, sollevandolo tra le braccia.
Una trave iniziò a staccarsi dal soffitto, piccole fiammelle raggiunsero il tappeto sul pavimento e quello prese subito fuoco.
“Susan, svelta!” la incitò Caspian.
La ragazza sorpassò le fiamme e lo raggiunse.
Il Re li abbracciò entrambi, ma, d’un tratto, il piccolo Ian allungò le braccine verso il lato opposto della stanza.
“No! Leoncino!”
Susan si volse e vide il leone di peluche in mezzo alle fiamme.
“Prendilo” disse a Caspian, posandogli il bimbo tra le braccia.
“No, Susan!” gridò il Re, mentre lei tornava indietro a recuperare il giocattolo.
In quel preciso istante, la trave si staccò del tutto e s’infranse al suolo, bloccando la strada alla ragazza.
Susan alzò le braccia per ripararsi il viso e gridò, sentendo il calore rovente, un tizzone ardente posarsi sul suo braccio. Improvvisamente le sembrò di soffocare. Iniziò a tossire più forte e gli occhi cominciarono a lacrimarle.
Udiva Ian piangere forte, Caspian chiamarla, cercare di raggiungerla, ma il soffitto stava crollando...
Incapace, si disse lei, ti salverà di nuovo e tu sarai ancora in debito con lui…
Poi cadde in ginocchio, tentando di respirare, ma tutto ciò che ottenne fu sentire la gola riempirsi di fumo.
Infine, una luce fortissima, più del fuoco, più di quella del sole... e una voce…
“Ogni debito è stato pagato”
Susan strizzò gli occhi per vedere attraverso le fiamme. Era là, davanti a lei.
“Aslan…”
E poi svenne.
 

La città di Portostretto fu salvata da un tempestivo temporale, che durò fino a quando anche l’ultimo fuocherello non fu estinto. Quando le nubi si diradarono, il sole era ormai prossimo a calare dietro il mare, timide stelle già brillavano nel cielo.
Tutti quanti furono di un’idea concorde: era stata opera di Aslan.
I danni erano numerosi, il palazzo reale non esisteva praticamente più, qualcuno aveva perso la vita. Ma la gente delle Isole Solitarie sarebbe andata avanti, aiutata anche dal pensiero di un futuro migliore. Quando le ricostruzioni sarebbero terminate, sarebbe cominciata una nuova vita.
Chi era rimasto senza casa venne ospitato da amici o parenti. Anche Lord Bern, insieme alla famiglia, venne accolto temporaneamente sul Veliero dell’Alba. Lui e Caspian desideravano presto parlare a quattr’occhi di Narnia, di Miraz, dei Sette Lord e di molto altro. Tuttavia, il Liberatore lo pregò di scusarlo: aveva cose più urgenti da fare.
Prima di tutto, il Re annunciò all’equipaggio che la partenza dell’indomani era rimandata: ci sarebbe stato bisogno di lui sulle Isole e, ovviamente, anche di quello di Susan, Edmund e Lucy, i quali sentivano moltissimo la mancanza di loro fratello maggiore.
E a proposito di Ed e Lucy, Caspian si arrabbiò molto con entrambi per avergli taciuto l’esistenza di suo figlio.
“Io te lo volevo dire, giuro!” si difese la Valorosa.
“Ma non l’hai fatto”
“Bè…no…però…”
“Susan ci aveva fatto promettere” disse il Giusto.
“Non m’importa, dovevate dirmelo ugualmente!”
“Non è giusto che tu te la prenda solo con noi! Dopotutto è stata Susan a volerlo!”
“Oh, sta certo che ne parlerò anche con lei, Ed”
Lucy si allarmò. “Non vorrai litigare? Sta ancora riposando”
“Ovviamente no” commentò Caspian, le mani sui fianchi. “Aspetterò. Non avrebbe senso insultarla mentre dorme”
I fratelli Pevensie si scambiarono uno sguardo preoccupato…
Ma quando il Re entrò nella cabina reale e vide Susan addormentata, un dolce sorriso si dipinse sul suo nobile volto, mentre i sentimenti si perdevano gioco di lui.
Era stata immensa la sorpresa di averla vista là, in mezzo alla piazza di Portostretto, di sapere che era tornata e che aveva avuto un figlio da lui. Quando era svenuta tra le fiamme, aveva temuto il peggio. Non sapeva come, ma era riuscito a raggiungerla e poi aveva sollevato sia lei che Ian, portandoli in salvo.
Il piccolo era rimasto sempre con lui, il Liberatore sembrava non volere lasciarlo andare per niente al mondo e il bimbo non aveva protestato. Ma, una volta sul Veliero dell’Alba, non appena Ian aveva visto lo zio Ed e la zia Lulu, aveva allungato le braccia verso di loro. Allora, Caspian lo aveva lasciato andare ed era rimasto a fissarlo mentre Lucy lo medicava, e il bambino non aveva mai smesso di fissarlo a sua volta.
Era suo figlio. Lui e Susan avevano avuto un bambino. Era accaduto quella notte, la loro prima notte, alla Casa di Aslan…
I pensieri del Re si interruppero nel momento in cui lei si mosse lievemente, aprendo piano gli occhi.
Lei gli sorrise, facendo leva sulle mani e alzandosi a sedere sul letto.
“Dove sono?” chiese, facendo vagare lo sguardo per la bella stanza.
“Nella mia cabina, sul Veliero dell’Alba”
“E Ian?”
“Sta bene, non preoccupati, è con Lucy e Edmund. Tu come ti senti?”
“Bene. Sto bene, adesso”
Si guardarono per un istante che parve infinito. Poi, con meravigliosa lentezza, lui allargò le braccia e Susan appoggiò la testa sul suo petto.
Al momento, non volevano nient’altro.
“Ho sognato questo istante non sai quante volte” disse Caspian, sentendo di capire appieno solo ora quanto in realtà le fosse mancata.
Il calore del corpo di lei gli diede la consapevolezza che Susan era davvero lì, che non era tutto frutto della sua disperata immaginazione. La strinse tanto da farle male, desideroso di fermare il tempo. Non le avrebbe più permesso di andarsene ora che era tornata.
Lei affondò il viso negli abiti di lui, inspirando il suo odore. La realtà della sua presenza la travolse e si lasciò andare a un sospiro tremante.
Era lui, era davvero il suo Caspian, l’uomo che amava con tutta se stessa, l’uomo con cui avrebbe costruito un futuro, l’uomo a cui aveva affidato la sua vita e lui gliel’aveva donata: le aveva dato Ian.
“Mi dispiace tanto” mormorò d’un tratto, allontanandosi per guardarlo. “Perdonami, ti prego”
Caspian interpretò subito la natura di quelle scuse e inarcò le sopracciglia, il suo sguardo s’incupì.
“Perché hai fatto promettere e Ed e Lucy di non dirmi niente? Avevo il diritto di sapere che ho un figlio”
Susan gli posò le mani sul petto. “Non l’ho fatto per egoismo, credimi. Non volevo che tu soffrissi, desideravo che tu fossi felice. Non c’era futuro per noi...o almeno lo credevo”. Susan trasse un profondo respiro. “Non ti avrei mai, mai, tenuta nascosta l’esistenza di Ian, per nulla al mondo! Avrei detto ai miei fratelli di raccontarti tutto se avessi saputo di avere almeno una possibilità di rivederti, ma ero convinta che non sarei mai tornata, io…io non so nemmeno perché sono qui, mi sembra ancora impossibile”
Caspian continuava a fissarla. “Potrei odiarti per questo, lo sai?”
Lei lo guardò con il cuore in gola. Annuì, le labbra che tremavano.
“Mi dispiace” disse ancora, abbassando il capo. “So che le mie scuse non sono sufficienti, ma…” 
S’interruppe quando le grandi mani di lui si chiusero introno al suo capo, gentilmente. Le fece alzare il viso per fissare gli occhi neri nei suoi.
“Credi che potrei odiarti?” le disse con voce dolce, profonda. “Sì, per un attimo sono stato furioso con te, non lo nego, ma non ti odio, non potrei mai. Tuttavia, non ti perdono di aver pensato che io non ti ami abbastanza”
“Non ho mai dubitato del tuo amore, Caspian”
“Ah no? Allora perché hai pensato che potessi essere felice senza di te?” la voce di lui si fece severa.
Susan gli accarezzò i capelli. “Per questo non volevo dirtelo: sapevo che mi avresti aspettata, ci avresti aspettati entrambi e noi non saremmo mai tornati. Non potevo permettere che vivessi con questo tormento”
“Credi che sarei capace di innamorarmi di un’altra donna e dimenticarti così facilmente? Allora sei una stupida”
Per un momento, la voce del Re vibrò di dolore.
“Potrei averlo già fatto, sai?” proseguì. “Ho incontrato decine di donne in questi tre anni e almeno la metà di esse voleva sposarmi. Ma se avessi preso in moglie una di loro, le avrei mentito per tutta la vita dicendole di amarla quando non era vero, perché amavo te”
Susan gli strinse la camicia sul petto, un nodo che le serrava la gola.
“Sono sempre stato chiaro con tutti, anche con Aslan: se non posso averti, allora resterò solo. Non sono uno che gioca con i sentimenti delle persone”
La Regina prese fiato per protestare ma lui le chiuse la bocca con la propria.
“Io ti amo” soffiò Caspian sulle sue labbra. “Amerò sempre te. Per tutta la vita”
Susan chiuse gli occhi, come per catturare quell’istante nella sua memoria.
“Anch’io ti amo tanto”
E quelle parole furono sufficienti. Qualunque cosa fosse successa, era finita.
Il Re le accarezzò il viso con entrambe le mani, scostandole le lunghe ciocche di capelli dalle spalle.
“Sei stata una pazza a rischiare la vita per un animale di pezza”
“Non potevo lasciare là il suo leoncino. Caspian lo adora, è il suo migliore amico”
Sul volto del Liberatore si allargò un sorriso.
Un attimo prima sembrava furioso e ora…
“Lo hai chiamato come me”.
Susan ricambiò il sorriso. “Come altro avrei potuto chiamarlo? Volevo che quando fosse diventato grande avesse capito chi era davvero. Ho sempre saputo che, un giorno o l’altro, Aslan gli avrebbe permesso di arrivare qui. Gli sono infinitamente grata per aver esaudito il mio desiderio, per non aver fatto passare troppo tempo e averti dato la possibilità di conoscerlo”
“Già…” Caspian scosse il capo. “E’ così strano pensare che noi…Dio, abbiamo un figlio”
Lei gli circondò la vita con le braccia e poggiò di nuovo la testa al suo petto. Poi ricordò ciò che aveva veduto tra le fiamme della casa di Bern.
“C’è una cosa che non ti ho detto” disse, guardandolo pensierosa. “Non so nemmeno io se fosse vero o no, ma credo di aver visto Aslan, oggi, un momento prima di svenire”
“Sei certa che fosse lui?” chiese il Re, emozionato.
“Non lo so, spero di sì. Lui ha detto qualcosa, però non sono certa di aver capito bene. Ha detto: ’ogni debito è stato pagato’. Caspian, tu credi che fosse lì per dirmi che potrò restare?”
Il giovane annuì con sicurezza. “Sì, ne sono certo”
In quel mentre, qualcuno bussò alla porta della camera.
“Sì?” disse il Re.
“Posso?”
Era Lucy, e con lei c’era il piccolo Ian.
Non appena il bambino vide Susan sveglia, si liberò dalle braccia della zia e trotterellò verso di lei.
“Tesoro mio, vieni qui!” la Regina Dolce si sporse dal letto per sollevarlo. Subito, il piccolo le mostrò il suo leoncino dalla criniera un po’ bruciacchiata.
“Voleva la mamma” spiegò Lucy.
Susan baciò il bimbo sulla fronte, riavviandogli la frangetta nera, notando subito l’enorme emozione comparsa negli occhi di Caspian.
“Lucy, potresti…”
“Certo” si affrettò a dire la ragazzina, imbarazzata davanti a quella scena, sapendo di essere di troppo. “Vi lascio soli. Verrò a chiamarvi tra un po’, quando la cena sarà pronta. Mangeremo sul ponte”
La Valorosa lasciò la stanza e, finalmente, per la prima volta, Caspian, Susan e Ian, furono soli.
Ian si era avvinghiato alla collo della mamma, mugolando qualcosa di incomprensibile.
“Hai avuto paura, lo so” gli mormorò lei, cullandolo dolcemente. “Ma adesso è tutto passato, i cattivi se ne sono andati”. Susan alzò gli occhi su Caspian. “Credo sia venuto il momento che voi due vi presentiate come si deve”
Il Re era di nuovo immobile a fissare…suo figlio. Quella minuscola personcina era in grado di privarlo della parola, ipnotizzandolo quasi.
Lo guardò a lungo: il profilo del viso, le guance rosee, i grandi occhi neri, i capelli scuri, le piccole mani che stringevano piano una ciocca dei capelli di Susan.
Il cuore del Liberatore si riempì di amore. Un tipo amore che non aveva mai sperimentato prima di allora. Un amore immensamente grande. Il dolore provato in quei tre anni di tristezza e solitudine lo abbandonò, portando via con sé ogni brutto pensiero, ogni problema.
Un’altra stretta al cuore, profonda, tuttavia piacevole, e una voglia incontenibile di abbracciare Ian.
“E’ bellissimo” mormorò, la voce roca.
“Somiglia a te” ribatté lei.
Il giovane sorrise. Non sapeva cosa dire, come approcciarsi al bambino.
Susan allontanò dolcemente Ian da sé, voltandolo verso il Re di Narnia, così che il bambino e suo padre potessero essere uno di fonte all’altro.
“Caspian” disse, ed entrambi loro la guardarono attentamente. La Regina si stava rivolgendo al bimbo, ma i suoi occhi celesti erano posati sul Liberatore. “Ti ho parlato tanto del tuo papà, ti ricordi? Ora, guarda questo ragazzo”
Il bambino scrutò il giovane uomo davanti a sé, sbatté le palpebre e poi si volse ancora verso di lei.
“No, gioia, non guardare me, guarda lui. Lui è il tuo papà”
Subito, il bimbo si rivoltò verso il Re.
Caspian deglutì. Poi, ad un segno d’incoraggiamento di Susan, allungò le braccia verso il bambino, stringendolo a sé.
“Piccolo mio…Ian”.
La voce di lui si incrinò per l’emozione, gli occhi scuri lucidi per la commozione. Guardò Susan e si accorse che piangeva: dai suoi occhi azzurri sgorgavano infinite lacrime, di sollievo e di felicità.
Caspian le cinse la vita e circondò anche lei nel suo caldo e rassicurante abbraccio, dove la fanciulla si sentì come sempre a casa, al sicuro, felice.
Erano insieme. Tutti e tre insieme.
Caspian le sfiorò una guancia con le labbra, sperando di calmare le sue infinite emozioni.
“Non piangere, Sue. E’ tutto a posto. Non ci separeremo mai più”
Il piccolo Ian era là in mezzo a loro, osservando entrambi i suoi genitori ma senza ben intendere cosa stesse succedendo, senza rendersi conto della vera importanza di quel momento. Solo quando sarebbe stato un po’ più grande avrebbe capito il perché la mamma piangeva e sorrideva insieme, il perché quell’uomo ancora estraneo lo stringesse tanto, come fosse il suo tesoro più prezioso. Avrebbe anche capito perché il suo piccolo cuoricino provava per lo sconosciuto un affetto simile a quello che sentiva per la mamma. Un giorno avrebbe capito tante cose...
Restarono abbracciati per lungo tempo. Caspian rimase ad ascoltare Susan mentre gli raccontava come aveva scoperto di essere incinta, del viaggio in America, di come Peter le era stato vicino e aveva mantenuto il segreto della sua gravidanza finché lei non aveva deciso di svelare la verità a tutta la sua famiglia. Gli parlò delle persone che l’avevano aiutata: Olivia e Charles, Polly e Digory, e raccontò anche di Carl Stevens, che avrebbe voluto sposarla. Qui, Caspian si mostrò geloso ma Susan lo rassicurò con un bacio.
“Oh, Caspian, se tu sapessi quanto ero spaventata! Avrei tanto voluto che tu fossi lì con me”
“E io avrei voluto esserci” disse lui accarezzandole il viso.
“Lo so, amore mio. Ma adesso siamo qui, ed è tutto merito di nostro figlio”
La Dolce e il Liberatore abbassarono gli occhi sul bambino.
“Ian…” disse Caspian con un sorriso. “Mi piace come nome, lo sai?”
Sentendosi chiamare, il bambino alzò lo sguardo sui genitori, che lo guardavano con immenso amore. E poi, improvvisamente, esclamò una parola nuova. Fece un versetto incerto e poi disse: “Pà!”
Susan si premette le mani sulla bocca e poi esclamò: “Sì! Sì, amore, è il tuo papà”
Il cuore di Caspian impazzì di gioia nel sentirsi chiamare così. Guardò suo figlio e poi Susan.
“E’ possibile volergli già così bene?”
Lei sorrise felice. “Oh, sì, è possibile. Io l’ho amato da quando ho saputo di essere incinta”
“Credi che…possa volermene anche lui?” chiese di nuovo il Re, incerto.
Susan parve incredula. “Ma è ovvio che ti vorrà bene! Te ne vuole già, lo so”
“Sì, ma...non mi conosce”
“Gli ho parlato di te da quando è venuto al mondo, è come se ti conoscesse”
Il Liberatore sospirò. “Forse ho fatto una domanda sciocca, è che io non so… non so bene come comportarmi. Insomma, posso prenderlo in braccio? Posso…”
Susan rise brevemente. “Sei suo padre, Caspian, puoi fare tutto quello che vuoi”
 
 
Quella sera, sul ponte della nave, si creò un’atmosfera di assoluta familiarità. Insieme ad amici vecchie nuovi, Susan ebbe come l’impressione che il tempo non fosse mai passato dall’ultima volta che era stata lì.
L’equipaggio del Veliero dell’Alba notò immediatamente un cambiamento nel comportamento di Re Caspian: nessuno lo aveva mai visto così felice, e chi lo aveva conosciuto prima che diventasse Re disse che era solo grazie a Susan…e ovviamente al piccolo principe Caspian XI.
Il Liberatore e la Dolce scesero un momento a terra e passeggiarono sulla spiaggia insieme a loro figlio, alla tenue luce dell’ultimo sprazzo di tramonto. Camminavano piano, pochi passi dietro al bimbo, il quale approfittava della bassa marea per raccogliere conchiglie. Si chinava goffamente, prendeva un guscio, lo mostrava loro e poi, quando si stancava o ne preferiva un altro, lo gettava in acqua. Susan gli aveva tolto le scarpine e ora Ian correva allegramente scalzo fino al pelo dell’acqua, ridendo e fuggendo via quando un’onda s’infrangeva dolcemente sulla sabbia e sui suoi piedini.
Caspian e Susan giocarono con lui finché non fece buio e allora furono costretti a tornare sulla nave.
La notte portò con sé la quiete e tante stelle.
Quando Ian si addormentò, Lucy si offrì di portarlo a dormire con sé, per lasciare un po’ soli la sorella e Caspian.
“Sono sicura che avrete ancora un mucchio di cose da dirvi. Non preoccupatevi, ci penso io”
“Sì” commentò Edmund, “tanto, conoscendolo, ronferà come un orso fino a domattina”
“A me non piacciono i bambini” sbuffò Eustace. “Non lo porteremo mica con noi, vero?”
Questa era una delle questioni che più impensierivano Caspian: non voleva separarsi da Susan e Ian proprio adesso, ma era vero che trascinare un bambino di appena un anno in un’impresa avventuristica come quella che si apprestavano a compiere, non era esattamente una buona idea.
Anche Susan la pensava allo stesso modo: non voleva lasciare Caspian, ma Ian era troppo piccolo per viaggiare. Non sarebbe stato come sul transatlantico per andare in America, , i mari in cui il Veliero dell’Alba avrebbe navigato erano tutta un’altra storia.
“Potremmo restare qui” suggerì Susan, affacciata insieme a Caspian al balcone della cabina reale. “Dopotutto, sono Regina di Narnia e ho sempre avuto a cuore le Isole Solitarie. Aiuterò Lord Bern e tutte le altre persone rimaste senza casa”
“Mi aspetteresti?” le chiese Caspian, osservando il viso di lei incorniciato dai lunghi capelli scuri, lievemente mossi dalla brezza.
“Sarò qui quando tornerai, te lo prometto”. Susan gli prese le mani e gliele strinse.
“In ogni caso, non ripartiremo finché non avrò la certezza che sulle Isole Solitarie sarà tutto sistemato” riprese Caspian. “Bern aveva ragione: Calormen cerca guerra ma io non ho alcuna intenzione di iniziarne una”
“Servirà sottoscrivere un trattato di pace, allora”
“Lo so, e spero che l’Imperatore Tisroc vorrà firmarlo a sua volta. Ho idea che questa faccenda richiederà del tempo prima di concludersi, ma non importa: lo passerò insieme a te e a Ian”
Caspian liberò un fantastico sorriso e Susan ricambiò.
“Sai cosa mi disse Peter, una volta?”
“Che cosa?”
“Che, secondo lui, la mia gravidanza era una prova. Io volevo scordarmi tutto e invece mi sono ritrovata a ricordare ogni particolare più chiaramente che mai”
“Forse lo è stata davvero” disse lui, “e credo che tu l’abbia superata, esattamente come io ho superato la mia”. Caspian le posò una mano sul collo, accarezzando il viso di lei con il pollice. “Adesso capisco il significato delle parole che Aslan mi disse tre anni fa. Sai, un tempo avrei voluto lasciare Narnia per raggiungerti, ma lui mi disse che non potevo e che un  giorno avrei compreso perché stavo soffrendo tanto. Aslan sapeva che aspettavi un figlio, sapeva che dovevi trovare la forza da sola, la stessa che dovevo trovare io per regnare su Narnia. Dovevamo stare lontani per crescere e capire, per farcela da soli fino al giorno in cui non saremmo stati pronti. E se tutto il tempo che siamo stati lontani significa ora essere così felici, allora mi sta bene”
Susan si alzò in punta di piedi e lo baciò, sentendo subito le braccia di lui avvolgerla. All’improvviso, si accorse che non le bastava più averlo accanto. Avevano impiegato i loro primi momenti solo per stringersi, per parlare, per accertarsi di essere insieme, ma adesso voleva sentirlo, toccarlo e baciarlo di più e sempre di più.
“Mi sei mancato così tanto”
Lui catturò il viso di lei tra le mani, il suo sguardo dentro al suo. “Anche tu, da morire”
Caspian la baciò di nuovo, costringendola a riversare la testa all’indietro, ad abbandonarsi tra le sue braccia. Le strinse la schiena e la sollevò, trascinandola dentro la stanza.
Lei gli circondò il collo con le braccia, aggrappandosi saldamente, accorgendosi di quanto anche lui volesse esattamente quello che voleva lei.
Quasi dimentico di ogni cautela, Caspian la stese sul letto sotto di sé, baciandola con maggiore impeto, come se non riuscisse a saziarsi, facendo scorrere le mani su di lei con frenesia.
“Piano” mormorò Susan.
Lui la guardò, leggermente turbato. “Scusami”
Lei sorrise e gli fece una carezza sulle labbra, sul viso, tra i capelli.
“Amami come se fosse la prima volta” fu la richiesta della Regina. “Come se tutto iniziasse oggi, come se non fosse mai finita”
Caspian intrecciò le mani alle sue, la fronte posata su quella di lei, gli occhi socchiusi.
“Non sarà mai finita, finché avrò vita”
Le pose una mano sotto la schiena e la sistemò meglio tra le lenzuola, riprendendo a baciarla dolcemente, sforandole gli angoli della bocca, poi scese sul collo. Il respiro si fece affannoso per il desiderio e anche lei sospirò più forte. Le fece scivolare l’abito sulle spalle, iniziando a divorare il suo corpo.
Istintivamente, Susan inarcò la schiena, cercando un maggiore contatto, assaporando la nuova sensazione che le dava la ruvidezza del volto di lui contro la sua pelle, mentre la baciava dappertutto. Avvertì il fiato caldo di Caspian infrangersi su di lei, ovunque, in punti in cui non credeva possibile provare tali sensazioni. 
Caspian rimase incantato a guardare le curve del corpo di lei, sfiorandola con leggerezza, sentendo il corpo di Susan vibrare ad ogni suo tocco.
La Regina tracciò carezze sulla schiena di lui, sulle spalle, sul petto, sulle braccia, notando con una dolce stretta al cuore la cicatrice bianca di quella ferita che aveva baciato la notte in cui avevano concepito Ian. E di nuovo lo fece: baciò quel punto, la spalla, il collo, le labbra di Caspian, mentre divenivano di nuovo una cosa sola.
In un incontro tra sogno e realtà, si ritrovarono.
Susan lo strinse forte, nascondendo il viso nella sua spalla, le dita tra i suoi capelli, la disperazione dimenticata. Le parve di tornare a respirare, tornare a vivere
Caspian reclamò con ogni movimento tutto il suo amore. Lei era sua, sua da sempre, e per sempre lo sarebbe stata.
Si dedicarono ogni respiro, ogni gesto e ogni carezza, ogni fremito e ogni bacio, lacrima o sorriso. Si sarebbero dedicati amore tutta la vita.
Testimone di quel sentimento furono il vento, il cielo, le stelle e il mare, al di la del quale, un giorno non troppo lontano, Aslan avrebbe detto loro che era il momento di ricominciare.
Come una volta aveva detto a Caspian, la sua storia con Susan era stato qualcosa di davvero inatteso. In tutta la sua eternità, Aslan non aveva mai visto - e mai avrebbe visto - un sentimento così sincero e infinito, come non aveva e non avrebbe mai conosciuto due persone tanto cocciute.
Dopotutto però, era lui stesso ad aver creato l’amore, ad aver creato quelle due creature alle quali aveva donato la volontà di scegliere ciò che era meglio per loro.
Pur se impossibile un attimo prima, un attimo dopo lo avevano reso possibile: formulando un giuramento nel luogo più sacro di tutta Narnia, esprimendo un desiderio, una preghiera, nel modo più incredibilmente semplice: amandosi.
Ad Aslan era bastato più che se avessero cercato complicate parole.
Ed era bastato attendere qualche tempo perché tutto si compisse.
Il concepimento di quel figlio sulla Tavola di Pietra, aveva fatto sì che Narnia stessa accettasse quella piccola, tenera, creatura come fosse già parte di lei. Ian era sempre appartenuto a Narnia e, grazie a lui, adesso anche Susan poteva appartenervi completamente. Donandosi a Caspian, al Re, aveva iniziato a tracciare il destino di tutti senza accorgersene.
Certo, questo avrebbe compreso grandi cambiamenti, effetti enormi sulla vita di tutti: Susan non avrebbe mai più rivisto i suoi fratelli e i suoi genitori, non sarebbe mai più tornata sulla Terra, ma Aslan sapeva che era pronta, adesso. Erano pronti entrambi, lei e Caspian: pronti per affrontare il futuro, per veder realizzato quel desiderio. Erano stati convinti di non farcela senza sapere che dentro di loro avevano già la forza per fare tutto.
Quali meravigliose e imprevedibili sue creazioni erano gli esseri umani…
Sorrise Aslan, camminando sulla spiaggia della Fine del Mondo, aspettando il Veliero dell’Alba, aspettando i due innamorati per spiegare loro tutte queste cose. Per dire che se volevano vivere insieme, che la storia finisse così.

 
FINE  

 
 
 
 
Cari lettori, questo è l'epilogo di “A Fragment Of You”. Per caso, scrivevo le ultime battute con la canzone di Whitney Houston “I will always love you”, e vi giuro che ho pianto…sono senza speranze!!!
Ho lasciato molto spazio alla vostra immaginazione su vari aspetti del finale: potete decidere voi come si svolgerà il viaggio, se Susan e Ian andranno con Caspian e gli altri o no, cosa dirà loro Aslan, se prima o poi i Pevensie si rivedranno…
Libera interpretazione, insomma. Spero apprezzerete questa mia scelta :)
Come avrete notato, per questo ultimo capitolo ho messo un banner diverso, creato appositamente dalla mia cara
_likeacannonball . Grazie cucciola! Te l’avevo detto che l’avrei messo ;)
Ah, se ci sono errori non esitate a dirmelo!
 
Ultimi ringraziamenti:
 
Per le preferite: aleboh, battle wound, fossyross, HarryPotter11, loveaurora, MoiraScarlettMorgana, Shadowfax, Zouzoufan7, _faLL_ , _likeacannonball
 
Per le seguite: Ellynor, fede95, Francy 98, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, ibelieveandyou,  jesuisstupide, JLullaby, Judith_Herondale, justalittlepatiencew, LadyVentia96, Lyra Avalon Black, M a i , mewgiugiu, niky25, Poska, PrincipessinaDolce, Scentedblackink, Shadowfax, SweetSmile,  _joy, _LoveNeverDies_ , _likeacannonball 
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: JLullaby, Robyn98, Shadowfax, _joy, _likeacannonball 
 
Ok, sto per rimettermi a piangere…xD Grazie mille a tutti quanti, non mi aspettavo proprio che questa storia vi piacesse così tanto. Sono felice che abbiate amato anche questa versione Suspian!!! Ne arriveranno altre da condividere con voi. Vi terrò aggiornati sulla mia pagina facebook.
Un bacio e un abbraccio grandissimi,
vostra SusanTheGentle♥

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