Le cose belle non chiedono attenzione.

di Sapientona
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mitomagia. ***
Capitolo 2: *** Gelosia. ***
Capitolo 3: *** Inverno, raffreddore e algebra. ***
Capitolo 4: *** I semidei non prendono il covid. ***



Capitolo 1
*** Mitomagia. ***


 
Percy era all 99,9% per cento convinto che Nico avesse una qualche dipendenza patologica da Mitomagia – tipo la dipendenza dall’alcol, no?
Il ragazzino lo aveva pregato fino all’esaurimento di portarlo al negozio di fumetti e tutta quella roba nerd per comprare le figurine. ‘Non sei un po’ troppo grande per giocare ancora a quel gioco?’ lo aveva apostrofato, deciso a non muoversi dal letto.
Ovviamente, aveva ceduto e lo aveva accompagnato, borbottando qualcosa su come fosse inaudibile che un sedicenne si facesse condizionare da un quattordicenne capriccioso per tutto il viaggio in taxi.
Mentre rifletteva sulle possibili cause che trattenevano il figlio di Ade nel negozio da ben tre quarti d’ora, batteva nervosamente il piede a terra e si guardava attorno con l’aria di chi sta per esplodere.  Forse per quel motivo, tutti gli stavano alla larga e lo guardavano con circospezione. Proprio quando cominciò a preoccuparsi e pensò che forse un qualche mostro lo avesse attaccato, vide uscire dalle porte automatiche un ragazzino piuttosto imbronciato.
Si chiese, allora, quale fosse il problema quella volta.
«Ehm…l’hai trovata?» domandò speranzoso con un mezzo sorriso, alzandosi dalla panchina ed avvicinandosi.
«No» rispose semplicemente l’altro scrollando le spalle.
Percy prese un respiro profondo «Allora, in grazia degli dei, che cosa hai fatto per gli ultimi quarantacinque minuti lì dentro?».
«Ho dato un’occhiata in giro, c’erano tipo questi fumetti fighissimi che parlavano di un’apocalisse zombie…» e cominciò a blaterare su quanto fosse forte ed interessante. Il figlio di Poseidone rimase a fissarlo tutto il tempo, indeciso sul da farsi: baciarlo sul momento, picchiarlo o baciarlo sul momento.
Si perse un attimo, pensando alla morbidezza delle labbra del più piccolo ed al dolce suono dei loro respiri che si fondevano – qualcuno lo tirò per la manica «Percy? Ci sei?».
«Eh? Sì certo, ci sono ci sono» lo rassicurò il più grande, rifilandogli un sorriso mesto ed osservando la sua reazione. Il piccolo sorriso soddisfatto che aveva mentre parlava della fantastica fiction – o erano fumetti? – fu rimpiazzato da un’espressione corrucciata. Incrociò le braccia al petto e si voltò dall’altra parte, camminando con passo spedito e deciso giù per le scale mobili. La gente lo guardava male perché, duh, erano scale mobili e non c’era bisogno che le scendesse, ma Percy decise di lasciar correre e di non aggravare maggiormente la situazione.
Fu quando Nico arrivò alla fine delle scale e corse via che il figlio di Poseidone andò nel panico, pensando innanzitutto a cosa avrebbe detto a sua madre quando sarebbe tornato senza di lui. Sgranò gli occhi, cercandolo con lo sguardo in quel miscuglio di gente e maledisse mentalmente il figlio di Ade per aver scelto proprio il sabato per andare al centro commerciale, nel bel mezzo di New York. Corse fra la gente per un tempo indeterminato, controllò in ogni negozio di videogiochi possibile ed immaginabile e si arrese al fatto che sì, lo aveva proprio perso. Si guardò attorno un’ultima volta finché, all’improvviso, non sentì una mano posarsi sul suo braccio. Si voltò e si accorse che Nico era lì con un sorrisino soddisfatto sulle labbra «Così impari a non darmi retta».
Percy scosse la testa e lo strinse a se in un abbraccio soffocante «Sei uno stupido. Mi hai fatto spaventare».
«Va bene va bene, adesso basta» borbottò l’altro spingendolo via, ma il sedicenne non accennava a volerlo lasciare andare.
«Se non mi lasci andare sventolerò ai quattro venti quello che ho trovato nella tua cronologia, ieri» lo minacciò allora, tentando un altro approccio. L’altro lo lasciò andare immediatamente, sgranando gli occhi «Che?!».
«Beh Jackson, dovresti mettere una password al tuo computer»
«Ma l’ho messa!»
«Una meno prevedibile di ‘Percy’» roteò gli occhi l’altro, incamminandosi verso l’uscita «andiamo».
«Oh miei dei spero di non averti traumatizzato o fatto qualcosa tipo bloccato la crescita» farneticò ancora nel panico.
«Andiamo Percy, non sono così impressionabile» borbottò Nico, che cominciava a sentirsi offeso. Non era mica un bambino, lui.
Al ché il più grande assunse un’espressione malvagia, gli buttò un braccio attorno alle spalle e avvicinò le labbra al suo orecchio «Beh, dovrei sapere molto bene che a te piacciono le cose sconce».
Il quattordicenne se lo scrollò di dosso e lo guardò male, malissimo «Non azzardarti a fare mai più una cosa del genere in pubblico, Jackson, o giuro che ti riserverò una pena particolarmente dolorosa negli Inferi».


 

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Capitolo 2
*** Gelosia. ***


“Nico!” la voce di Percy fu accompagnata da dei pesanti pugni alla porta del suo appartamento, dono di Ade “Nico, apri la porta, è urgente!”
Il più piccolo, preso dal panico e pensando al peggio per il suo fidanzato, si alzò dal divano con uno scatto allarmato ed aprì la porta, solo per essere poi travolto da Percy, che gli rivolse un sorrisetto colpevole quando si ritrovò sdraiato su di lui, con due scatoloni di pizza enormi fra le braccia.
“Dimmi un po’…hai davvero diciassette anni oppure no?” roteò gli occhi il quattordicenne, rifilandogli un’occhiataccia. Se lo levò di dosso con una mossa stizzita, deciso a non concedergli smancerie di alcun tipo finché non gli avesse spiegato il motivo di quella improvvisa ed immotivata irruzione in casa sua che, tra le altre cose, gli aveva quasi causato un infarto.
“Perché davvero” continuò Nico alzandosi in piedi, “non sembra proprio che tu abbia affrontato missioni suicide, mostri letali e perfino Dei e Titani e chi più ne ha più ne metta! Mi chiedo come cavolo abbia fatto tu a battere Ares – probabilmente ti ha lasciato vincere per pura pietà–”
Percy si fiondò sul suo ragazzo, mettendogli l’indice sulle labbra e rivolgendogli un sorriso quasi supplicante “Risparmiami gli insulti per dopo, okay?”
Nico non capì bene che cosa intendesse – aveva forse intenzione di dargli motivo di insultarlo, di lì a poco? – ma scrollò le spalle e gli rivolse poi uno sguardo leggermente infastidito, scacciando via il suo dito dalle labbra.
Percy, dal canto suo, rimase qualche attimo a fissare le labbra rosee e davvero incredibilmente morbide del più piccolo, che gli era mancato tantissimo durante quella settimana di separazione, dovuta non solo agli impegni scolastici del più grande ma anche a qualche piccola incomprensione che c’era stata fra i due – o meglio specificando, alla gelosia esagerata del figlio di Ade. Nonostante ciò nessuno dei due sembrava intenzionato a prendere il discorso, almeno per il momento, ed il figlio di Poseidone si trattenne dal sospirare di sollievo, al pensiero. Chiudendo gli occhi, si abbassò verso il  fidanzato per salutarlo, ma quello sgusciò velocemente via dalla sua presa dirigendosi in cucina “Qual cattivo vento ti porta qui?”
E fu a quel punto che il diciassettenne si concesse un sospiro esasperato: evidentemente il suo adorabile fidanzato non aveva intenzione di buttarci una pietra sopra alla discussione che avevano avuto, per niente. Era fortemente intenzionato invece a fargli pesare quei giorni che avevano passato senza vedersi.
Prese gli scatoloni della pizza, rimasti a terra nel frattempo, e chiuse la porta principale con ben poca grazia camminando con passo spedito e sicuro lungo quel corridoio che aveva percorso così tante volte. Posò i cartoni bollenti sul tavolo, per poi poggiarsi contro lo stipite della porta scorrevole e fissare il suo ragazzo con aria supplichevole “Volevo passare un po’ di tempo con il mio piccolo preferito.”
Nico arrossì fino alla radice dei capelli e Percy trattenne a forza una risata, mordendosi la lingua e mantenendo i suoi occhioni da cucciolo, che sembravano non aver alcun effetto sul giovane semidio. Quello alzò un sopracciglio, prese uno dei due scatoloni e si diresse in salone, borbottando qualcosa di decisamente incomprensibile ma sicuramente poco carino. Lo poggiò sul tavolino in vetro ed accese la televisione a schermo piatto.
Dopo qualche minuto, si voltò verso Percy e roteò gli occhi nel vederlo ancora fermo nello stesso punto, per poi fargli segno di andarsi a sedere vicino a lui. Il più grande accettò l’offerta di buon grado, gettandosi poi sul divano di fianco a Nico e gettandogli casualmente qualche occhiata curiosa, prestando ben poca attenzione al programma in televisione.
“Allora” si schiarì la voce poco dopo “che hai fatto questa settimana?”
Nico sembrava sul punto di mandarlo a quel paese, poi sembrò ripensarci ed assunse un’aria abbastanza disinteressata “A casa e un po’ in giro con Jason.”
Notò Percy irrigidirsi al nome del suo amico, con il quale era sempre stato un po’ in competizione su tutto, sebbene avessero, nel complesso, un rapporto discreto. Certamente non si azzannavano a vicenda, anzi a volte uscivano in quattro – Percy, Nico, Jason e la sua ragazza Piper – ma il discendente del dio del mare si era sempre lamentato della quantità di tempo che il figlio di Ade e quello di Giove passavano assieme.
Calò un silenzio piuttosto imbarazzante, almeno per il figlio di Poseidone, mentre il suo ragazzo era più che tranquillo – o almeno così sembrava,  – con la pizza in mano. Quest’ultimo poi si voltò quasi impercettibilmente verso Percy “Allora, come sono andate le tue ripetizioni?”
“Bene” pensò quasi senza pensarci, dandosi poi del cretino quando Nico gli rivolse un’occhiata infastidita “Mi fa piacere.”
Percy sospirò, riuscendo a malapena a trattenersi dal tirarsi uno schiaffo in pieno viso per la sua stupidità “Nico, lo sai che io ed Annabeth siamo solo buoni amici, vero?”
“Certo che lo so. Voi siete ottimi amici, ed è giusto che sia così.”
Percy sospirò, poi tentò un approccio diverso. Con un sorriso sulle labbra, sollevò un poco Nico dal suo posto e lo fece accomodare tra le sue gambe. Quest’ultimo assunse una postura rigida, ma non si scostò.
“Che cosa fai?” borbottò.
“Niente” rispose tranquillo Percy, ancora sorridendo “recupero il tempo perso col mio gelosone, no?”
Cinse la vita del più piccolo con le sue braccia, e solo dopo alcuni minuti di silenzio tombale finalmente il figlio di Ade si mosse, accoccolandosi contro il petto del figlio di Poseidone e borbottando qualcosa su quanto fosse irritabilmente adorabile.
E Percy sapeva che quello era il suo modo di fargli un complimento, motivo per cui gli passò una mano fra i capelli. Poco dopo prese a lasciargli piccoli baci sul collo, non passionali, no, teneri. Voleva farlo sentire amato, fargli capire che per lui era l’unico. Nico sospirò, lasciandosi andare, come faceva solo quando erano in intimità, senza che Jason sorridesse ammiccante o che Leo facesse battute idiote. Pochi minuti dopo Nico era cavalcioni sul più grande e gli lasciava, timidamente, dei baci insicuri come aveva fatto l’altro poco prima. Quando fece scivolare le mani sotto la maglietta e sfiorò, involontariamente – o forse no –, la zip dei jeans, Percy serrò gli occhi e strinse appena la presa sui suoi fianchi, facendogli acquistare un po’ più fiducia.
“Non-non so chi diamine devo ringraziare per averti dato quest’improvvisa audacia, Nico, ma-cavolo.”
Il discendente di Poseidone non riuscì a formulare una frase coerente, troppo preso dall’improvviso slancio del figlio di Ade, che non si era mai spinto oltre i timidi baci che gli riservava quando lo riteneva opportuno.
“Jason.” Rispose Nico, sorridendo vittorioso mentre Percy non poteva vederlo: vendetta.
Percy si immobilizzò, infatti, e prese il più piccolo per i polsi, fermandolo. Gli occhi verdi avevano assunto uno sguardo di ghiaccio “Jason che cosa?”
Nico, che aveva trattenuto le risate fino a quel momento, scoppiò “Jason mi ha solo detto che secondo lui potevo fare un passo avanti, gelosone.”
Percy ci mise un attimo a capire ciò che voleva dire Nico, difatti poi si rilassò visibilmente e gli lanciò un’occhiataccia “Hai decisamente rovinato il momento.”
Il più piccolo poggiò la fronte alla sua, piantando i due pozzi scuri in quelli chiari del fidanzato, per poi chiudere la distanza tra loro con un bacio.
“Tu dici?” mormorò con voce roca.

 

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Capitolo 3
*** Inverno, raffreddore e algebra. ***


Piccola shot senza pretese. La avevo in mente da un bel po’ di tempo, in realtà: un mio amico inviò una fanart di Percy e Nico – quest’ultimo seduto sulle sue gambe – vicino una scrivania e da lì è scattato tutto! Li adoro! *°* spero che sia lo stesso per voi, a presto!:D
 
Percy odiava l’iinverno: era freddo, le strade quasi inagibili per via della neve, freddo, non poteva uscire con i suoi amici quando gli pareva…ho già detto freddo? Probabilmente lo detestava proprio per quell’ultimo motivo: non poteva andare a mare. L’inverno ed il freddo gli impedivano di unirsi al suo elemento, anche se il mare fosse quanto di più bello al mondo di quel periodo. Nonostante ciò, seduto alla scrivania con un paio di fazzolettini usati ed un esercizio di algebra impossibile da svolgere davanti, si ritrovò a pensare che per via di quel raffreddore quelle fossero le vacanze natalizie peggiori di tutta la sua vita. Tutti i buoni propositi coi quali aveva afferrato carta, penna ed il libro di algebra sfumarono quando i numeri cominciarono a vorticare e volteggiare attorno a lui fuori dalle pagine, quasi volessero prenderlo in giro. Con un ringhio irritato chiuse il libro e volteggiò sulla sedia con le rotelline, per poi starnutire un paio di volte. Quasi gli venne un colpo quando incontrò un paio di occhi color cioccolato che lo fissavano severi e materni allo stesso tempo.
“Se tu mi avessi dato ascolto e ti saresti messo quella dannata sciarpa non staresti così male” lo rimproverò Sally avvicinandosi alla scrivania e posando, nonostante l’ennesima ramanzina, un vassoio con su del latte caldo e dei biscotti blu ancora caldi.
“Giammai!” esclamò con tono scherzoso Percy “guerra alle sciarpe ed i cappelli! Ho vinto la guerra contro Crono, supererò anche questa!”
La madre alzò le sopracciglia “Vogliamo scommettere?”
“Non avresti alcuna possibilità di vincere una guerra contro Sally” fece divertito un certo figlio di Ade, comparso dal nulla, appoggiandosi allo stipite della porta. Quella rise apertamente alla sua battuta, facendo imbronciare il figlio ed andando a dare un buffetto affettuoso alla guancia di Nico. Dopo tanto tempo, quest’ultimo si era abituato alle dimostrazioni d’affetto di Sally – anche se era ancora restio ai contatti fisici con diciamo il resto del mondo, – e si sarebbe detto abbastanza a suo agio anche vicino a Paul. Insomma, per farla breve, non si imbarazzava più in presenza della famiglia di Percy e lui non poteva che esserne contento.

Il figlio di Poseidone, una volta che sua madre se ne fu andata, lo attirò a sé e gli lasciò un bacio caldo sulla guancia.
Il più piccolo dei due si dimenò e lo spinse via “Mi infetterai coi tuoi germi.”
“Stai diventando più maniacale di Persefone e Demetra” un tuono rombò in lontananza, ma lo ignorarono.
“Non osare” borbottò il quattordicenne cacciandosi la giacca da aviatore “quella folle continua a seguirmi dappertutto dicendomi che i cereali mi faranno crescere un po’ di muscoli sulle braccine secche che mi ritrovo – cito testualmente.”
Percy rise beccandosi un’occhiataccia ed una gomitata nelle costole, per poi sospirare “Ecco tornato il mio Nico. Mi sembrava strano vederti così di buon umore, con mia madre.”
Il fidanzato arrossì ed ammise almeno a sé stesso di avere sempre avuto un debole per Sally Jackson ed i suoi modi materni. Scrollò le spalle e si mise seduto sulle gambe del ragazzo, alla scrivania, osservando il foglio bianco. Ci mise un paio di minuti a mettere a fuoco i numeri senza che essi gli facessero venire il capogiro, ma quando ci riuscì prese la matita in mano ed eseguì l’esercizio in poco tempo. Percy rimase a bocca aperta, annaspando per trovare qualcosa da dire, poi domandò con tono speranzoso “Mi faresti anche gli altri?”
Si beccò il libro sul braccio, ma almeno ci aveva provato. Nico gli lanciò un’occhiata ammonitrice, poi, e gli concesse un patto “Potrei insegnarti come si svolgono. Per la dislessia c’è poco da fare, solo tanto allenamento e concentrazione. E buona volontà.”
“Preferirei invece qualcos’altro, piccolo…” sorrise allusivo il figlio di Poseidone, avvicinando le loro labbra ed unendole in una mossa repentina. Le loro bocche si mossero in sincronia, le lingue si accarezzarono e sentirono entrambi delle scosse percorrergli la schiena. Percy sorrise impercettibilmente quando il ragazzo si aggrappò alla sua maglietta con entrambe le mani come se fosse la sua ancora di salvezza in mezzo al mare. “Ti amo” gli sussurrò il più piccolo piano, quasi avesse paura nel farsi sentire. Un morso sul labbro lo fece gemere.
“Dillo ancora” comandò il sedicenne, desideroso di sentire quelle due parole solo per lui. Quando la risposta tardò ad arrivare morse con più urgenza, passando la lingua poi sul punto aggredito “Ti prego.”
“Ti amo” ansimò un po’ più forte Nico, avvicinandosi ancora.
“Ti amo, ti amo, ti amo” sorrise apertamente sotto le sue labbra Percy, staccandosi poi per prendere aria. Nico posò la testa nell’incavo del collo del più grande, con un sorriso soddisfatto in volto.
“Ora ti avrò immischiato i germi” commentò ironicamente il figlio di Poseidone. Si immaginò l’occhiata truce di Nico e quasi rise.
“Chissà, ma questo è sicuramente meglio di una lezione di algebra” asserì il figlio di Ade, per poi illuminarlo con i suoi sorrisi. Forse studiare non portava sempre dei mali, pensò tra sé e sé Percy.

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Capitolo 4
*** I semidei non prendono il covid. ***


Una piccola fanfiction senza pretese, calata nel contesto odierno, per sdrammatizzare un po'. Siamo tutti tesi e sicuramente stanchi di questa situazione, ma che altro si può fare se non rispettare le norme di sicurezza e tirare avanti? Non siamo mica semidei, dopotutto. 


Nico sospirò, spazientito, aspettando Percy sulla porta di camera sua. Il ragazzo era, come sempre, in ritardo.

«Percy, ti muovi? Dobbiamo andare a fare la spesa per tua madre e non voglio che si faccia troppo tardi!» lo riprese per l'ennesima volta, lanciando un'occhiata di sbieco a Sally che rise divertita davanti alla sua espressione infastidita.

Il figlio di Poseidone emerse dalla sua stanza con un sorriso smagliante, come se non lo avesse fatto aspettare per mezz'ora sprecando trenta preziosi minuti della sua giornata «Sono pronto!»

Nico lo tirò per un braccio, dandogli un pizzicotto e lanciandogli addosso una mascherina chirurgica «Dimenticavi qualcosa?»

Percy sbuffò, quasi battendo i piedi per terra come un bambino «Nii-coo, sei tu a dimenticare che noi semidei siamo immuni a questo virus! Perché mi torturi così?»

«Innanzitutto» cominciò l'altro con voce petulante, aggiustandogli la mascherina «questa va messa sul naso, ecco così. Bravo. Secondo, il fatto che siamo immuni non significa che dobbiamo girare per la città ignorando le regole sanitarie, sarebbe irrispettoso!»

Sally, che passava di lì, gli scompigliò i capelli affettuosamente rimarcando le sue parole «Hai proprio ragione, Nico! Dovresti prendere esempio da lui, Perseus Jackson! Sarai anche un semidio, ma finché vivi sotto il mio tetto bada bene a non darti delle arie inutili!»

Mentre uscivano, Percy sorrise sornione «...sono un semidio, ma dimentichi che ho salvato il mondo più volte!»

Sally chiuse loro la porta alle spalle con l'immagine del più piccolo che tirava uno schiaffo in testa a suo figlio, borbottando qualcosa su quanto fosse un pallone gonfiato. Ospitare il figlio di Ade era sempre un piacere, per lei: la preoccupava molto la sua vita senza delle figure genitoriali al suo fianco, e poi era davvero una buona forchetta, per cui poteva preparare tutto il cibo del mondo ed il ragazzino non lo avrebbe rifiutato.

I due, camminando sotto l'aria serale leggermente fresca di fine maggio a New York, continuavano a battibeccare – non perché Percy non comprendesse o condividesse quello che sosteneva il suo ragazzo, ma perché gli piaceva contraddirlo e farlo inalberare più di quanto volesse ammettere.

«...e poi, immagina! Con la tua fortuna potresti essere l'unico semidio a non essere immune a questo stupido virus. Poi cosa faresti, eh? Ti lamenteresti con me? Nossignore! Non mi vedresti neanche col cannocchiale fino alla tua guarigione!»

Percy sbiancò al solo pensiero, inconsciamente sistemandosi la mascherina sul naso, quindi lo guardò con gli occhi sgranati «No, ti prego. Questo no.»

Nico sorrise soddisfatto, dandogli la mano «Bene, allora fa' come ti dico e basta. E comunque, mancano pochi giorni e potremo finalmente andare al Campo. Lì non ci sarà bisogno di preoccuparci del resto del mondo, almeno per un po'.»

«Sempre che non spunti qualche strana impresa da dietro l'angolo» borbottò il figlio di Poseidone, roteando gli occhi «Voglio dire, amo essere un semidio ed è vero che portare a termine avventure è nel nostro sangue e tutto il resto, ma vorrei godermi una sola estate senza drammi divini di mezzo.»

Il cielo, per quanto fosse sereno, tuonò in segno di avvertimento sopra di loro facendo corrucciare qualche mortale che camminava accanto a loro; okay, Percy magari aveva salvato il mondo e gli dèi e gli era stata offerta l'immortalità – che aveva rifiutato per amore di Annabeth, sua ragazza al tempo –, ma doveva comunque mantenere un certo rispetto nei loro confronti.

A quel pensiero, Nico perse il sorriso. Quindi si girò verso il suo ragazzo, perplesso «Percy? Adesso che non stai più con Annabeth, accetteresti l'immortalità?»

Il semidio parve inizialmente confuso dalla sua domanda, come se gli stesse chiedendo qualcosa di inconcepibile, quindi si fermò e si parò davanti al suo ragazzo prendendogli il viso fra le mani «Nico di Angelo, non potrei mai pensare ad una vita che non ti includa in ogni momento della mia giornata: quindi no, non accetterei.»

Gli abbassò la mascherina, facendo lo stesso con la propria, e lo baciò facendo esplodere nello stomaco del figlio di Ade una marea di farfalle – proprio come il loro primo bacio. In quel momento, a Nico non importò molto delle disposizioni di sicurezza e della pandemia globale in corso.

«Anche se,» fece Percy strafottente «sarebbe comodo, dato che non dovrei definitivamente mettere più questa cosa sulla faccia.»

Nico roteò gli occhi, assestandogli una gomitata nelle costole ed intimandogli di metterla a posto «Sbrigati, o mio eroe, dobbiamo fare la spesa.»

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