Il coraggio nascosto di un giovane Grifondoro

di bemyronald
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una sfida inaspettata ***
Capitolo 2: *** Ira incontrollata ***
Capitolo 3: *** Cuore e ragione ***
Capitolo 4: *** Perché mi fa questo effetto? ***
Capitolo 5: *** Strategie ***
Capitolo 6: *** Lei capiva che lui si stava innamorando? ***
Capitolo 7: *** Tassello dopo tassello ***



Capitolo 1
*** Una sfida inaspettata ***


Questa fiction, la mia primissima fiction (okay, siate buoni però, mi raccomando!), nasce con l'intento di indagare un po' più a fondo nel personaggio di Ron Weasley. Cercherò di dar voce alle sue piccole paure, alle sue insicurezze, tornando al suo quarto anno ad Hogwarts, più precisamente nel periodo in cui si è tenuto il Ballo del Ceppo. Vediamo cosa dovrà affrontare il nostro piccolo Weasley e se riuscirà a buttar fuori il suo coraggio da Grifondoro.
Buona lettura!



La lezione di Trasfigurazione era terminata, la professoressa McGranitt aveva assegnato una montagna di compiti che quasi faceva invidia all'Everest. Ron guardava e riguardava gli schizzi e gli scarabocchi sulla sua pergamena, concentrandosi sul fatto di non averci capito un fico secco e che forse avrebbe dovuto chiedere aiuto ad Hermione, di nuovo. Era talmente preso dai suoi pensieri e dal trovare un modo per persuadere l'amica ad aiutarlo, che quasi non percepì la leggera spinta di Harry che richiamava la sua attenzione. Alzò lo sguardo verso la professoressa McGranitt e afferrò la frase «Si avvicina il Ballo del Ceppo», girò lo sguardo verso l'amico e lo fissò con tanto d'occhi.
«Un... un ballo?»
«Si...ehm...non ricordi? Abbiamo anche gli abiti da cerimonia» sussurrò Harry con una scrollata di spalle.
«Già, avevo quasi dimenticato quella specie di... quella schifezza totale!» rispose con una smorfia di disgusto pensando all'abito orrendo di seconda mano che gli aveva acquistato sua madre.
La professoressa McGranitt infastidita dal loro mormorio, richiamò la loro attenzione e date le ultime istruzioni, congedò la classe e chiamò Harry. Ron uscì dall'aula con estrema lentezza immerso nei suoi pensieri.

Un ballo.
Un ballo! Che miseriaccia si fa ad un ballo? Si danza, vero? E per danzare servirebbe una... una com'è che si dice? Una dama, vero? No, non può essere... non può essere.


«Ron!» Hermione lo raggiunse di corsa, dopo essersi trattenuta con la professoressa di Aritmanzia.
«Tutto bene, Ron? Ti vedo strano» disse la ragazza guardandolo. Ron senza voltarsi, né guardarla rispose tetro con un semplice: «Mmh».
Hermione lo fissava, indecisa se continuare o meno la conversazione.
«Ehm... be'... hai sentito del Ballo del Ceppo, no? Credo che sarà una bella esperienza! Insomma, un ballo! Ho sempre sognato di vederne uno, sai come quello nelle fiabe Disney, tipo Cenerentola o... ah, già tu non puoi conoscerla... comunque non importa, conosceremo meglio gli allievi delle altre scuole, anche perché lo scopo del Torneo Tre Maghi è far in modo di creare una cooperazione tra maghi e fare amicizia. Sarà un'esperienza magnifica!» concluse la ragazza con entusiasmo aspettandosi una risposta da Ron che, solo quando si voltò verso di lui, notò che camminava più lentamente.
«Ron, insomma, ma cosa c'è?» chiese di nuovo Hermione, stavolta seriamente preoccupata. Ron si fermò e la guardò.
«Hermione... un ballo! Si danza ad un ballo, vero?» la ragazza lo guardò stranita.
«Be' si, immagino proprio di si...è un ballo. E allora, qual è il problema?» Ron sbuffò e borbottò «Devo finire quella montagna di compiti di Trasfigurazione o la McGranitt penserà a trasfigurare me»
Avanzò aumentando il passo, voltandosi e salutando Hermione con quello che voleva sembrare un sorriso e che insospettì ancor di più la ragazza, che si chiese perché mai Ronald Weasley desse la precedenza ai compiti di Trasfigurazione. Qualcosa non andava.



Harry uscì dalla classe di Trasfigurazione camminando a passo veloce con l'intenzione di finire dritto in Sala Comune per cominciare e, con chissà quale miracolo, concludere una buona parte di compiti assegnati per l'indomani, non poteva proprio rinviare oltre, se non voleva sgobbare sui libri fino ad un orario improponibile. Vide Hermione nel corridoio del terzo piano, intenta a parlare con una Tassorosso di cui non ricordava il nome ma che sapeva essere del loro stesso anno, le fece un cenno con la mano che Hermione intercettò, così salutò subito la ragazza e raggiunse Harry che aveva già percorso un paio di metri.
«Harry! Harry! Non è fantastico?» esordì entusiasta. Il ragazzo si fermò e la guardò aggrottando le sopracciglia.
«Il Ballo del Ceppo!» specificò Hermione come se fosse ovvio.
«Ah» rispose semplicemente Harry.
«Ma insomma, cosa avete tutti che mi parlate con "Ah, Oh, Mmh" non sapete articolare altro?»
«Si, be', è... è fantastico!» ribattè Harry ironico. Hermione aspettò un po' prima di parlare.
«Anche tu hai problemi con il ballo?»
«La McGranitt mi ha trattenuto per darmi la lieta novella: "I Campioni e i loro partner, i Campioni e i loro partner" continuava a ripetere, e ancora "Sì che balli, Potter!" ma ballo cosa?» Hermione scoppiò a ridere per la fedele imitazione della professoressa che il ragazzo aveva buttato giù senza pensarci, strappandogli un sorrisetto.
«Oh, andiamo Harry, forza e coraggio! Sarà un'esperienza indimenticabile. Di che ti preoccupi? Andrà tutto liscio» lo incoraggiò la ragazza.
«Sarà...» rispose Harry, decisamente poco convinto
«E poi non sei l'unico ad essere terrorizzato all'idea di danzare con qualcuna...» Harry la fissò per qualche secondo.
«Perché c'è qualcun altro che ha questa specie di... terrore?»
«Andiamo, non credo tu sia l'unico ragazzo di tutta la scuola che...» Hermione ci pensò sù per un po', poi decise di non girarci troppo attorno e di andare al sodo.
«Va bene, si tratta di Ron»
«Ron? Che ha?»
«Io non ne sono sicura... in realtà non è che mi abbia detto molto, se l'è filata prima che potessi chiedergli o dirgli altro» Hermione fece una pausa di pochi secondi, sospirò e riprese.
«Harry, senti, non è che potresti parlarci tu con Ron? Io... be', non so, ma credo che potrei metterlo a disagio per quanto riguarda questo argomento. Tu sei il suo migliore amico, sei maschio e potreste, insomma, confrontarvi, aiutarvi a vicenda... e potresti incoraggiarlo» la ragazza lo guardò e gli sorrise e poi aggiunse.
«Io so che tu riuscirai a sapere cos'è che ha di preciso. Lui, ecco... lui ha bisogno di qualcuno che lo motivi, sai per la storia delle sue insicurezze e tutto». Harry rispose al sorriso dell'amica.
«Hermione, non so come io possa essergli d'aiuto ma ci parlerò... si, ci parlerò» ripetè per convincere forse più sé stesso che l'amica.
«Lo sapevo che avrei potuto contare su di te!» rispose raggiante Hermione. Ormai avevano raggiunto la Sala Comune, la ragazza salutò Harry e si diresse verso la scala del dormitorio femminile. Harry decise che avrebbe aspettato Ron per cominciare la valanga di compiti, intanto, metteva in ordine i pensieri: ci sarebbe stato un ballo, lui era uno dei Campioni per cui una figura importante di quella serata. Hermione gli aveva chiesto di aiutare Ron che non aveva proprio preso bene la notizia, notizia che, tra l'altro, non faceva impazzire nemmeno lui. Come comportarsi? Decise che avrebbe tentato di parlargli e magari, si sarebbero spalleggiati a vicenda.
Che sarà mai? È una sfida inaspettata ma non insuperabile,
si trovò a pensare, sorrise tra sé e sé.


Allora, cosa ne pensate? Ho superato la "prima prova"?
Ricordatevi che le Maledizioni senza Perdono sono... imperdonabili! Pensateci bene prima di scagliarmele contro! u.u
Scherzi a parte, questo capitolo non è nulla di che, è solo un inizio, ma spero vi abbia abbastanza incuriosito...
Non vedo l'ora di andare più a fondo!
Se vi è piaciuto almeno un pochino, una piccola recensione sarebbe assai gradita, accetto consigli e tutto! A presto (:

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Capitolo 2
*** Ira incontrollata ***


Era una mattina gelida, l'inverno ormai si percepiva in ogni centrimetro del castello e adocchiando fuori dalla finestra si potevano scorgere fiocchi di neve che, delicati, si poggiavano sul prato. Hermione si dirigeva a passo svelto verso la Sala Grande per un'abbondante colazione che sperava l'avrebbe riscaldata. Vide Harry e Ron, e li raggiunse salutandoli con un allegro "buongiorno", Harry ricambiò e Ron mormorò un "a te" appena udibile, fissando il piatto. Hermione si sedette accanto a lui, piuttosto nervosa, si schiarì la voce e si versò del succo di zucca. La ragazza lanciò delle occhiate ad Harry, che rispose con una leggera scrollata di spalle, così Hermione decise di rompere il silenzio.
«Certo che fa un freddo! Un'abbondante colazione riuscirebbe a scaldarci. Non credi, Ron? Non hai toccato niente» il ragazzo si girò verso di lei e disse semplicemente «Non mi va».
Hermione sempre più tesa, non era sicura se indagare a fondo o lasciar perdere e con uno sguardo d'intesa con Harry capì che sarebbe stato meglio provare a spronarlo più in là, nel corso della giornata. Insieme si diressero verso l'aula di Pozioni, nei sotterranei e come se non fosse già abbastanza, la temperatura divenne ancor più fredda. Harry e Ron erano seduti allo stesso tavolo sul quale erano poggiati due calderoni, Hermione, seduta al tavolo di fianco al loro, lo condivideva con Calì. Piton chiese alla classe di preparare la pozione Dimenticante e, nel silenzio più assoluto, si misero tutti al lavoro. Scaduto il tempo, il professor Piton girò attraverso i tavoli per verificare i lavori dei suoi studenti, non era per nulla soddisfatto e si fermò al tavolo di Harry osservando l'intruglio con riluttanza.
«Potter, cosa ti ho chiesto di preparare?»
«Proprio quello che ha scritto alla lavagna, signore: la pozione Dimenticante»
Ron notò che l'amico stringeva i pugni sotto il tavolo e immaginava stesse imprecando mentalmente cercando di trattenersi.
«Non mi pare tu abbia seguito correttamente le istruzioni, Potter, il risultato finale non mi sembra corrisponda alla descrizione del libro. Dovrebbe essere verde acido, o sbaglio?» Harry stava per ribattere ma Piton gli si avvicinò e disse, sfidandolo.
«Forse hai inalato i fumi del tuo intruglio e i tuoi neuroni hanno dimenticato di attivarsi stamattina, Potter» un gruppo di Serpeverde scoppiò a ridere ma Piton non vi badò, continuava a fissare Harry che stava per aprir bocca ma fu distratto da un colpetto che Hermione gli sferrò da sotto il tavolo, vicino al suo. A quel punto Ron, percependo l'ira dell'amico che stava per scoppiare, instintivamente intervenne.
«Be', non è proprio verde acido, ma si avvicina al verde e poi non solo Harry ha dimenticato di metterci la radice di Radig...» Ron stava finendo la frase quando Piton si voltò di scatto verso di lui.
«Non mi sorprende che tu non distingua una pozione accettabile da una scadente, Weasley, dal momento che non sei in grado di preparare una semplice pozione Scacciabrufoli. Probabilmente tu hai ingerito la pozione Dimenticante sin da bambino, e questi sono i risultati» Si udirono altre risate, Pansy Parkinson se avesse potuto si sarebbe distesa a terra.
L'ira di Ron cresceva ogni secondo di più, le orecchie avevano raggiunto il segnale dall'allarme, le mani strette in un pugno, le nocche bianche. Sarebbe esploso da un momento all'altro.
«Non mi sorprende che lei sia tanto odia...»
«Basta! 10 punti in meno a Grifondoro... a ciascuno di voi due! Parkinson, ridi in quel modo sguagliato ancora e ti farò pulire tutti i barattoli contenenti le Mosche Crisopa. Andate, la lezione si è conclusa.»
Harry, Ron e Hermione furono gli ultimi ad uscire, Ron era ancora tutto rosso, si sentiva un vulcano in eruzione, e Harry aveva uno sguardo accigliato.
«Ron, ma cosa ti è preso? Perché hai risposto in quel modo?» disse Hermione, non appena furono fuori dall'aula.
«Per la barba di Merlino, Hermione, ma l'hai sentito?»
«Sì, l'ho sentito. Ma lo conosciamo, era un'istigazione e forse avresti fatto meglio a controllarti!»
Ma Ron non ascoltava, era occupato ad imprecare.
«Quella sporca canaglia, io... io...»
Al muro apposto, vi era appoggiato Malfoy, intento a parlare con Pansy e al loro fianco Tiger e Goyle discutevano tra loro.
«Tu cosa, Weasley? Weasley! Sei anche sordo ora?» Ron si voltò di scatto.
«Cosa vuoi, Malfoy?»
«Ehy, cos'è questo tono così poco amichevole? Mi chiedevo solo se stamattina ti fossi ricordato di mettere le mutande, ho sentito che la tua cara mammina ti nutriva con la pozione Dimenticante, sempre se poteva permettersela»
Pansy rise in un modo così sguaiato da ricordare un'oca starnazzante.
«Sta' zitto, Malfoy» Harry aveva avanzato di un passo verso Malfoy, Ron sentiva la mano di Hermione sul suo braccio che lo tratteneva.
«Spero però tu non abbia dimenticato che la tua amica Granger, lì, ha il sangue sporco».
Accadde tutto in un nanosecondo. Ron sciolse il braccio dalla presa stretta di Hermione e si avventò su Malfoy, seguito da Harry. Hermione urlò, Pansy e alcuni studenti lì attorno si allontanarono ma non troppo, per assistere alla scena. Harry vide Malfoy sfoderare la bacchetta e fece altrettanto, ma Ron pensò bene di sferrargli un pugno che il Serpeverde ricambiò facendogli sanguinare il naso. Ron avvertì un bruciore atroce e sentì Goyle che lo spingeva su un lato. Tutto accadde in un attimo. Ron con le mani sul volto, per cercare di capire da dove veniva fuori il sangue, si girò di scatto e sentì Malfoy gridare: «Exulcero!».
Harry evitò la fattura che però colpì Hermione dritta in viso. La ragazza urlò per il dolore e si portò subito le mani al volto, Ron scattò verso di lei.
«Hermione! Hermione! Fammi vedere!» le tolse le mani dal viso e sussultò per lo spavento. Hermione aveva il viso rosso, più rosso del fuoco, era praticamente ustionata. Ron sentì Harry imprecare contro Malfoy, quando la voce della professoressa McGranitt attirò l'attenzione di tutti.
«Potter, Weasley, Malfoy ma che diamine state... oh... signorina Granger, corra immediatamente in infermeria!» Hermione si allontano da Ron che le teneva ancora le mani e corse più veloce che mai.
«Voi tre, esigo una spiegazione! Siete sanguinanti, che storia è mai questa?» La professoressa era a dir poco furiosa, aveva uno sguardo quasi assassino.
«...Noi...» «...Loro....» «...Per primi...» «...Sanguesporco...» «...Rissa...» «...Fattura...»
Parlarono tutti e tre in contemporanea con un tono di voce piuttosto alto per farsi sentire chiaramente che, se possibile, irritò ancora di più la McGranitt.
«Basta! Non mi importa chi ha cominciato, chi ha fatto cosa! È uno spettacolo vergognoso. Dar vita ad una rissa alla babbana e sferrare fatture nei corridoi! Ma non vi vergognate? 50 punti verranno tolti a Grifondoro e 50 a Serpeverde. Ora filate in infermeria, avete un aspetto spaventoso!» la McGranitt voltò i tacchi e proseguì, i ragazzi la sentirono sbottare furiosa mentre percorreva il corridoio. «Due studenti Grifondoro, due! È una cosa inaudita!»
Ron raccolse i libri che gli erano caduti dalla borsa e insieme a Harry si avviò in infermeria. Il ragazzo era quasi sicuro di essersi rotto il naso e cercava di fermare il sangue che continuava a fuoriuscire con un fazzoletto appena evocato, Harry, che cercava di tamponare il sangue che sgorgava dal sopracciglio spaccato, si voltò verso di lui.
«Certo che hai proprio un bel naso»
«Sta' zitto, Harry»
Harry aprì la porta dell'infermeria, Ron lo seguì. Malfoy era in piedi e si lamentava mentre Madama Chips gli medicava il labbro spaccato.
«Insomma, signor Malfoy, non è nulla di grave!»
«Me la pagherai Weasley! Tu, lo Sfregiato e quella Sanguesporco!» Madama Chips gli dedico un'occhiataccia che era tutta un programma e si diresse verso Harry e Ron, mentre prendeva l'occorrente dava voce ai suoi pensieri.
«Ma cosa vi è venuto in mente a tutti e tre? Una rissa, UNA RISSA! Vada signor Malfoy e non dimentichi di applicare ciò che le ho dato. Pazzesco, pazzesco! Questi studenti sono quasi incontrollabili! E ora tutti e due venite qua!...Pazzesco, inconcepibile!» Madama Chips rimetteva in sesto nel più breve tempo richiesto, a volte era un po' brusca ma solo perché teneva molto alla cura degli studenti, voleva che le regole venissero rispettate per mantenere un certo ordine e se c'era una cosa che non sopportava erano gli allievi che non ascoltavano i suoi consigli o che... facevano scoppiare risse. Raddrizzò il naso a Ron in un attimo anche se continuava a sanguinare, il sopracciglio di Harry era ormai apposto e gli ordinò di lasciare l'infermeria, il ragazzo fece un cenno ad Hermione per assicurarsi che fosse tutto a posto, e lei ricambiò. Madama Chips si rivolse a Ron.
«Stai fermo qui tu, fra qualche minuto il sangue smetterà di fuoriuscire. Tornerò tra un attimo e non filare via per nessuna ragione!»
Ron si sedette sul letto vicino a dove era seduta Hermione che non aveva detto una parole e che, osservò, era molto meno rossa in volto, segno che quella specie di gel che Madama Chips le aveva applicato cominciava a fare effetto. Inoltre era chiaro che la ragazza non sentiva più dolore, probabilmente grazie all’Incantesimo Cura Ferite eseguito dall'infermiera, pensò il ragazzo. Hermione si accorse dello sguardo di Ron e si voltò verso di lui. Era difficile decifrare lo sguardo di lei, era compassionevole, ma sembrava adirata.


Ecco! Ho aggiornato molto presto, avevo in mente questa scena da un po'! Anche se in realtà nel complesso non è che mi convinca molto questo capitolo, mmmh! Comunque il comportamento di Ron non è ancora molto chiaro, è di pessimo umore e si sfoga rispondendo a Piton e facendo a botte con Malfoy... ma perché? Lo scopriremo presto u.u
Volevo precisare che non so l'esatto colore della pozione Dimenticante, ho cercato in giro ma non l'ho trovato, così ho optato per il verde acido :)
Per quanto riguarda la rissa, so che nel quarto libro c'è stata tra Harry e Draco, e quest'ultimo scaglia l'incantesimo che causa l'allungamento dei denti che colpisce Hermione, quindi ho preso ispirazione da lì cambiando un po' di cose e facendo in modo che fosse Ron a colpire per primo, per sottolineare il fatto che il suo malumore sfocia poi in comportamenti poco... eleganti, diciamo, anche se per difendere Hermione ;) Spero che questo capitolo vi abbia incuriosito ancora di più:)
A presto :)

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Capitolo 3
*** Cuore e ragione ***


Non dissero nulla per una buona manciata di secondi, ma Ron notò che Hermione si stava trattenendo dal parlare per chissà quale motivo, poi distolse lo sguardo.

E ora che le dico? Che mi dispiace? Be', troppo semplice! Che è colpa mia? Ovvio che lo è! Se solo avessi resistito all'impulso di farlo a pezzi e se avessi ascoltato lei che mi teneva il braccio... oh be', sono stato uno stupido, non riesco proprio ad evitarlo. Si, questo potrei dirglielo e...

«Si può sapere che ti prende?» Hermione ruppè il filo dei suoi pensieri facendolo sobbalzare.
«È da ieri che sei di pessimo umore, eviti me e Harry, e quasi non parli! Ron, si trattava del professor Piton e, soprattutto, di Malfoy! Era ovvio che provasse a stuzzicarvi dopo quello che era successo a lezione!»
«Hermione...»
«...Credo che tu debba iniziare seriamente a controllarti, non dovresti rispondere alle istigazioni in quel modo. Hai fatto a botte, Ron!»
«Hermione, ma...»
«...È già un miracolo che non vi abbiano espulsi! Insomma, un po' di autocontrollo non ti farebbe male. Ti sei rotto solo il naso e anche questo è da considerarsi un miracolo! E l'hai vista la stazza Goyle? Non capisco come ti sia saltato in mente di...»
«Hermione, mi dispiace!»
La ragazza aveva azionato la sua inconfondibile parlantina, un po' come se fosse a lezione, non si era fermata un attimo, non aveva guardato Ron e solo il suo tono di voce, un po' più alto per richiamare la sua attenzione, era riuscito a frenarla.
«Mi dispiace, io... io non lo so cosa mi è preso. È che non posso sopportarlo...»
«Cosa?» Ron la guardò, indeciso se andare avanti o meno, ma tanto valeva dar voce ai pensieri.
«Io non sopporto quando ti chiama in quel modo, è come se ti schiaffasse in faccia tutto il suo disprezzo, è come se... se volesse umiliarti. Io... io, non riesco a trattenermi».
Non seppe nemmeno lui come gli uscirono quelle parole, sentiva le orecchie in fiamme e abbassò lo sguardo, fissandosi i piedi. Non vide la reazione di Hermione che se non fosse per il colorito rosso fuoco causato dalla fattura, sarebbe stato più che evidente il suo imbarazzo.
«Ron, hai... hai detto una bella cosa... grazie» fu tutto quello che riuscì a dire. Si sorprese per quelle parole. Ovviamente lei immaginava le motivazioni che spingessero Ron a reagire in tale modo, ma forse non avrebbe mai scommesso su una confessione così esplicita del ragazzo.
«Sono stato comunque uno stupido, io...»
«Oh, Ron, non dire così... io ho capito, volevo solo che tu comprendessi quan...»
«Hermione, ma guarda cosa ti ha fatto! Ed è solo colpa mia!» per la seconda volta, nel giro di pochi minuti, Ron si stupì delle sue stesse parole. Hermione era la sua migliore amica da quattro anni ormai, qualcosa di molto forte e quasi inspiegabile legava lui, lei ed Harry. Ron sentiva ribollire il sangue quando qualcuno toccava Harry, ancora era fresco il ricordo di quando al secondo anno tutti lo evitavano come la peste, e ancor più fresco era il ricordo di qualche settimana fa, quando si erano bruscamente allontanati, e nonostante ciò, si sentiva comunque toccato quando, durante il periodo antecedente alla prima Prova, Harry era sotto il mirino di tutti.
Ma con Hermione era diverso. Il disprezzo che percepiva nel termine "sanguesporco" rivolto all'amica, usato per ferirla e umiliarla, era come un pugno nello stomaco per lui, un pugno capace di risvegliare tutta la rabbia nascosta, quella rabbia paragonabile ad un vulcano in eruzione che era stato a riposo per un po'. Era come se toccassero qualcosa di troppo importante. Come se lo ferissero nel profondo.
Hermione sospirò, se fosse sorpresa o meno dalle sue parole Ron non seppe dirlo, teneva ancora lo sguardo basso e solo quando lo rialzò, il ragazzo si rese conto che aveva gli occhi lucidi. 
«Ron, io non volevo essere così dura, non voglio controllare né te, né Harry. Se ti ho detto quelle cose è perché ti voglio bene... e non voglio che ti accada qualcosa solo perché rispondi alle provocazioni e non riesci a controllarti per... per difendermi»
"Difendermi" quasi sussurrò l'ultimo verbo che Ron percepì appena, ma che era sicuro l'avesse detto.
Lei aveva capito. Aveva capito che avrebbe rischiato pur di difenderla anche da uno sgradevole insulto, che non avrebbe sopportato chiunque la trattasse con disdegno. Lei l'aveva già perdonato anche se aveva rischiato più di tutti. Aveva capito.
Lei capiva sempre.
«Non sei stata dura... e io, sì, lo so... insomma, anch'io... cioè, io e Harry, voglio dire... hai capito, no?» si sentì imbarazzato più che mai, quasi si maledisse per non averle semplicemente detto "anch'io ti voglio bene". Forse gli era mancato il coraggio proprio perché dietro quelle tre parole così semplici, comuni, ma così importanti per una persona, c'era qualcosa di più, qualcosa che teneva nascosto, che la ragione non accettava e che non riusciva a comprendere, si sentiva un bugiardo nei suoi confronti. Arrossì violentemente per quel pensiero a cui forse non avrebbe mai dato voce. Hermione non disse nulla ma sorrideva, si alzò, percorse la breve distanza che li separava, si chinò verso di lui e lo abbracciò. Era un abbraccio delicato eppure percepiva tanto di quel bene da sentirsi persino in pace con sé stesso, per una volta.
«Sì, ho capito... e lo so, Ron...»
Avrebbe voluto rispondere con altrettanto, se non di più, affetto. Avrebbe voluto stringerla ancor più forte perché voleva semplicemente dimostrarle che lui c'era, che anche se non era bravo con le parole, e se a volte gli morivano in gola, avrebbe comunque voluto dirle tante cose, così tante che forse non sarebbe bastato un giorno intero. Ma per qualche ignota ragione quell'abbraccio non riuscì a ricambiarlo come avrebbe voluto. Si sentiva debole, le braccia a stento si strinsero attorno a lei. Credeva che se dentro quell'abbraccio avesse messo tutte le sue emozioni, se si fosse lasciato andare e l'avrebbe stretta come desiderava, lei avrebbe capito.

Lei capiva sempre.

E lui non voleva, non voleva che lei percepisse qualcosa di più, un qualcosa che andava oltre quel sentimento semplice e puro che li legava. Non voleva che un sentimento più forte compromettesse la loro unione. Non avrebbe osato, non voleva rischiare. Forse avrebbe aspettato... o forse no.

Gli mancava il coraggio.



Hermione sciolse l'abbraccio, gli accarezzò goffamente la guancia e lui le fece un mezzo sorriso nella sua smorfia caratteristica. Non si pentì di quell'abbraccio spontaneo, e ringraziò per avere la faccia praticamente in fiamme che nascondeva il suo rossore naturale.
E poi accadde ciò che temeva di più. I loro occhi si incontrarono e lei si perse completamente nell'immensità di quell'azzurro naturale. Erano così limpidi, così puri, così sinceri e soprattutto erano lo specchio dell'anima. C'era bontà, stupore, spensieratezza, dolcezza, insicurezza. In quegli occhi spesso ci aveva trovato il mondo, quegli occhi erano un po' la sua casa perché per qualche oscura ragione (anzi, la ragione non c'entrava un fico secco!) quasi le toglievano il fiato ed erano capaci di cancellare, anche solo per un breve istante, tutto ciò che di brutto c'era.
Ed in quel momento capì.
Capì molto più di quel che Ron lasciasse trapelare, guardandolo era come se gli leggesse dentro, erano così veri che non riuscivano a mentire neanche volendo. Riflettevano la sua anima, il suo essere ed era quasi certa di non essersi sbagliata. C'era qualcosa che lui ostentava a nasconderle. L'aveva capito.
Lei capiva sempre.
Distolse lo sguardo e tornò a sedersi sul letto di fronte a quello di Ron. Per alcuni secondi non spiccicarono parola, poi Hermione fu colta da un pensiero, un vecchio ricordo di circa due anni fa.
«Ti ricordi l'incantesimo Mangialumache?»
«Accidenti, come dimenticarlo? Quella canaglia, quella sottospecie di cacca di Doxy, quella...»
«Ron!» entrambi risero a quel ricordo non proprio allegro, ma che Hermione custodiva con cura e, che sapeva, non avrebbe mai dimenticato. Era stata la prima volta che lui si era messo sul serio in gioco per lei. Era stato un gesto istintivo, dettato da quella strana e forte amicizia che li univa. Un gesto spontaneo dettato dall'istinto di... difenderla.
«Mi prometti una cosa?» Ron la fissava con curiosità.
«Non reagire più in quel modo agli insulti di nessuno...»
«Ma Hermione...»
«Aspetta, fammi finire. Io ti ho capito, Ron, e dico sul serio...»

Ti ho capito più di quanto tu creda.

«...Ma non ne vale la pena. Non mi importa di oggi, delle conseguenze...» si fermò e sospirò «A me importa che tu riesca ad esercitare un autocontrollo, mi importa che tu non finisca nei guai a causa mia»

Mi importa di te.

«Non è per causa tua, Hermione, io...»
«Promettimelo» Hermione lo fissava con determinazione.
«Va bene, forse potrei...»
«Ron, ho detto...»
«Sì... sì, va bene, ho capito! Cercherò di resistere all'istinto di spaccargli la faccia» borbottò. Hermione sorrise, pensò che le faceva tenerezza il suo modo di porsi e di arrossire se azzardava a buttare lì un semplice apprezzamento, e in qualche modo dovette fermare l'impulso di abbracciarlo per la seconda volta. Madama Chips irruppe nell'infermeria e si diresse subito verso Ron, constatato che il naso del ragazzo aveva ormai smesso di sanguinare, gli diede il permesso di lasciare l'infermeria. Ron fece un cenno ad Hermione e si dileguò.


Hermione si sentiva strana. Non seppe dare un aggettivo preciso al suo stato d'animo, e forse "strana" era proprio il termine giusto. Quel pomeriggio, una marea di emozioni l'avevano travolta: spavento, rabbia, compassione, sorpresa, affetto e quel pizzico di gioia che le strappava un sorriso anche ora che era da sola in infermeria.

"È che non posso sopportarlo.
Non riesco a trattenermi."


Quelle parole continuavano a rimbombarle in testa. Lei non ci badava quasi più a quel genere di insulti, eppure Ron si ostinava a rispondere a quelle provocazioni che avevano l'intento di demoralizzarla, come se toccassero qualche membro della sua famiglia. 
Sì, è così, perchè siamo amici da molto ed è come se fossimo fratello e sorella, si ritrovò a riflettere la ragazza. È sicuramente questa la motivazione.
Ma erano quegli occhi che ogni volta la fregavano, che la confondevano, che le impedivano di trovare il lume della ragione persino in una ragazza razionale come lei. Parlavano e dicevano molto più di quel che Ron dicesse o avrebbe voluto dirle.

E se davvero fosse...

No, è perchè mi vede come una sorella, tutto qui, è semplicemente istinto fraterno.

Lei capiva sempre... o quasi.




Ron uscì dall'infermeria e si chiuse la porta alle spalle. Si sentiva stordito, probabilmente se qualcuno in quel momento gli avesse chiesto che giorno fosse, avrebbe balbettato e chissà che cosa. Forse perfino il malumore che l'aveva accompagnato in quei giorni, si era volatilizzato. Aveva la bocca asciutta e camminava lentamente, cercando di mettere a fuoco nella sua mente ciò che era successo.
Hermione l'aveva abbracciato. Non si stupì dell'abbraccio in sé, ma delle sensazioni che gli aveva lasciato. Solo in quel momento si rese veramente conto di aver resistito volontariamente all'impulso di ricambiare con eguale affetto.

Non dovevo, non volevo. Ma è stato necessario.
Io non voglio che lei capisca, non potrei sopportare un rifiuto e un successivo allontanamento. 


Ma quell'abbraccio era stato così vero e spontaneo che forse, per un attimo di follia, Ron aveva pensato che potesse esserci racchiuso qualcosa di più forte. Aveva ancora quella sensazione di sicurezza ed incoraggiamento che le aveva trasmesso, pensò che, probabilmente, non l'avrebbe mai dimenticato.

No, smettila, Ronald, non è così.
È tua amica e tra amici ci si abbraccia, tutto qui.
E agli amici certe cose vanno nascoste, non tutto può essere confessato.



Gli mancava il coraggio.



Allora, che ve ne pare?
Ammetto che questo capitolo mi piaciucchia più degli altri, forse perché è quello centrale o forse perché c'è taaanto romione!:)
Ho voluto dar voce ai loro pensieri e alle loro emozioni. Ron che inizia a comprendere e cerca di combattere questo sentimento che va oltre l'amicizia e non vuole per alcun motivo che venga percepito. Ma, ragà, Hermione è Hermione, lei capisce sempre :P Anche se, come avrete potuto notare, pure la strega più brillante della sua età comincia ad avere dei dubbi, nonostante fosse quasi sicura di non essersi sbagliata. Ma d'altronde l'amore è strano, no? Soprattutto se cuore e ragione cominciano a fare a cazzotti!
Alla prossima! :)

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Capitolo 4
*** Perché mi fa questo effetto? ***


Da quando la McGranitt aveva dato la notizia dell'ormai imminente ballo del Ceppo, Harry, si rese conto, ancora non aveva parlato con Ron e l'aveva promesso ad Hermione, pensò che avrebbe dovuto farlo non appena sarebbe tornato dall'infermeria, anche se in realtà la situazione si stava capovolgendo, o meglio: Harry e Ron erano sulla stessa barca. Hermione aveva capito dal comportamento di Ron che qualcosa non andava e aveva chiesto ad Harry di provare a parlargli, ma Harry stesso non era poi così certo di sentirsi bene all'idea di dover invitare qualcuno, che poi quel "qualcuno", nella sua mente, era la Cercatrice di Corvonero, Cho Chang. Avrebbe tanto voluto avere un pizzico di coraggio in più per chiederle di venire al ballo con lui, ma è davvero un'impresa, pensò, portandosi le mani al volto, e forse Ron non era il solo a dover essere incoraggiato. Harry fissava il piatto e alzò lo sguardo solo quando si accorse che qualcuno gli si era seduto di fronte. Ron con un sorriso strano, forse compiaciuto se proprio Harry avesse dovuto dargli una definizione, lo salutò, dopo essersi accomodato e cominciò a mangiare.
«Vedo che il naso è a posto e ha smesso di sanguinare»
«Già, mi ero rotto di portarmi il fazzoletto al naso ogni cinque secondi» rispose Ron, intento a gustarsi il suo porridge.
«Hermione come sta? Prima di andarmene le ho dato un'occhiata e sembrava stesse meglio, o almeno non mostrava smorfie di dolore» Harry fissò per un po' l'amico che parve non averlo sentito.
«Ron, allora Hermione?» ripetè più deciso.
«Uhm? Hermione cosa?» 
«Ti ho chiesto come sta»
«Ah, sì, sta... sta bene, be' è... è molto strana, ma sta bene, sì» Harry lo guardò interrogativo.
«Ehm... lascia perdere»
«Andiamo, "molto strana" in che senso? Sta bene?»
«Sì, certo che sta bene. Lascia stare, conosci Hermione lei è sempre...strana, quindi nulla di nuovo, no?» ribattè Ron, tornando poi a concentrarsi sul suo pranzo. 
«Mmh, va bene, se lo dici tu» rispose Harry poco convinto, c'era decisamente qualcosa che non andava. Insomma, quella stessa mattina riscordava un Ron di pessimo umore e, in poche ore, erano riusciti a non evitare di rispondere alle provocazioni di Piton, a fare a botte con Malfoy nel bel mezzo dei corridoi, guadagnandosi un naso rotto e un sopracciglio spaccato e, come ciliegina sulla torta, avevano anche fatto perdere a Grifondoro ben 70 punti. Tutto questo nel giro di una sola mattina e ora Ron era stranamente sorridente. Qualcosa non quadrava, decisamente.
Finirono il loro pranzo in silenzio, mancava circa mezz'ora alla lezione di Divinazione, così Harry decise di buttarla lì.
«Allora, ehm... tu già sai con chi vorresti andare al ballo?» Ron lo fissò per un attimo.
«Ehm, io... no, veramente no» rispose imbarazzato. «Tu sai con chi vorresti provarci?»
Harry non rispose, lui sapeva perfettamente chi avrebbe voluto invitare ma chissà quand'è che avrebbe trovato il coraggio di farlo! Ron parve cogliere qualcosa dal suo silenzio perché subito ribattè.
«Dai, Harry, ma di che ti preoccupi? Sei uno dei Campioni, scommetto che c'è già una fila per te» gli diede una pacca sulla spalla e Harry colse un velo di amarezza nella sua voce. Si rese conto che in effetti aveva ragione e si promise che si sarebbero spalleggiati a vicenda.
«Sì, ma non è facile... insomma, capisci cosa intendo? Poi si muovono sempre in branco, ma come si fa ad acchiapparne una da sola?» Ron scoppiò a ridere.
«Miseriaccia, se è vero!»
«Mi sa che finiremo entrambi col chiedere aiuto ad Hermione...» farfugliò Harry in modo impercettibile, Ron colse l'ultima parola.
«Hermione cosa?»
«Nulla, lascia perdere. Sarà meglio andare, tra un po' comincia la lezione della Cooman» borbottarono qualcosa sul fatto di doversi inventare chissà quale catastrofe quel giorno e si diressero verso l'aula di Divinazione.


Nella Torre est del castello, i giovani Grifondoro occupavano la Sala Comune rilassandosi, chiacchierando o ritoccando gli ultimi compiti per l'indomani.
«Per la barba di Merlino, non finiremo mai!» esclamò esasperato Ron, lasciando cadere la piuma e sprofondando nella poltrona. «Non credo che riuscirò a sopportare la faccia di Piton domani, quando gli consegnerò questa schifezza» aggiunse.
«Potremmo sempre giustificarci dicendo di aver ingerito o inalato la pozione Dimenticante» ribattè Harry sarcastico.
L'attenzione di entrambi i ragazzi fu catturata da una figura femminile che aveva appena attraversato il quadro della Signora Grassa.
«Hermione!» esclamarono all'unisono i due, mentre la ragazza li raggiungeva con un sorriso raggiante.
«Stai bene!» disse subito Harry notando il colorito roseo del suo viso.
«Sì, Madama Chips è davvero la migliore, il rossore è sparito in poche ore, un po' dopo che sei andato via tu, Ron» rispose Hermione voltandosi verso di lui. «Ma ha voluto che restassi fin dopo cena in modo che mi tenesse sotto controllo fino a che non avessi ripreso il mio colore naturale». Ron le sorrise e tornò subito al suo compito.
Per qualche ragione che non seppe spiegare, sentì le orecchie in fiamme. Era davvero una strana sensazione, l'ultima volta che era stato in compagnia di Hermione... be', si erano abbracciati, e quel gesto gli sembrava così surreale che se avesse potuto si sarebbe preso a schiaffi in quello stesso momento per ritornare alla realtà e realizzare se fosse veramente accaduto. Ma era successo davvero, la sensazione che gli aveva lasciato addosso riusciva ancora a percepirla.
«Merlino, ma come miseriaccia...» quei pensieri lo distrassero per un attimo prima di ritornare ad imprecare sul suo tema di Pozioni.
«Aspetta, fammi vedere» intervenne Hermione che prese la pergamena e si accomodò sul bracciolo, estrasse la bacchetta, prese la piuma di Ron e corresse un paio di errori prima di restituirgli il tema.
«Ovviamente è la radice di radigorda quella che manca» aggiunse sorridendo.
«Oh, già è vero». Nel restituire la piuma a Ron, le loro mani si sfiorarono. Il viso di Hermione si accese all'istante, il segnale di pericolo di Ron si attivò dopo un po' e cominciò a sentire le orecchie di fuoco. Si fissarono per un arco di tempo, che fossero secondi o minuti Ron non seppe dirlo, forse ore, ma perse del tutto la cognizione del tempo e dello spazio, c'erano solo gli occhi di lei, il resto era il nulla. Improvvisamente fu colto da un pensiero, si voltò verso Harry e pregò che fosse distratto e non si fosse accorto di quel momento di estremo imbarazzo. Ringraziò la sua buona sorte, dal momento che Harry era con la testa china su un libro di testo. Un secondo dopo, Ron puntò gli occhi sulla sua mano ancora poggiata su quella di Hermione, la ritirò facendo cadere la piuma e si voltò verso il tavolo su cui era poggiata la pergamena e la piuma di Harry.
«G-grazie mille» quasi sussurrò, Hermione non rispose.

Ma cosa diamine mi prende? Perchè continuo a guardarla così direttamente?
E perchè lei risponde guardandomi in quel modo così... così unico?
È che i suoi occhi sono così... così... Merlino, a trovarle le parole!
E poi le nostre mani si sono semplicemente sfiorate, ma perchè mi fa questo effetto?
È troppo strano, io non capisco, forse dovrei... dovrei...


«Ron!» il ragazzo, senza rendersene conto stava continuando ad intingere la piuma di Harry nell'inchiostro, la cui punta era diventata completamente nera insieme alla punta delle dita della mano destra. Fu distratto dalla voce di Hermione che richiamava la sua attenzione già da un paio di secondi.
«Continui ad intingere la piuma nell'inchiostro, ma basta una punta di nero per scrivere le conclusioni» gli disse sorridendo.
«Oh, si certo, io... diamine» Hermione prese la bacchetta e mormorò: «Tergeo» e pulì l'inchiostro che Ron aveva fatto uscire dalla boccetta. «Ecco» disse soddisfatta, e Ron le sorrise. Si concentrò, per quel che poteva, sulle conclusioni del suo tema e quando ebbe finito disse con tono soddisfatto:
«Be', ora possiamo lasciar riposare i nostri preziosi cervelli pronti per le lezioni dell'indomani» Hermione lo guardò.
«Ma come siamo attenti alla propria istruzione, Ronald, sono quasi commossa» disse in modo ironico.
«Hermione, mi ferisci nel profondo, ci tengo alla mia istruzione!... Si, va be', comunque non credo che riuscirò ancora a sopportare Piton e le sue "esilaranti" battute, domani e... per i prossimi mille anni» scoppiarono tutti e tre a ridere. Hermione annunciò loro di voler riposare, li salutò e si diresse verso il dormitorio femminile. Passarono una buona manciata di minuti prima che Ron decidesse di rompere il silenzio.
«Secondo te, Hermione è già stata invitata da qualcuno?» buttò giù la domanda e un secondo dopo si pentì di averla fatta. «Cioè, voglio dire, è per andarci insieme, no? Se lei... lei ha un cavaliere, noi dobbiamo avere una dama così ci saremo tutti e tre, no?» si corresse subito sperando che la sua domanda risultasse meno ambigua.
«Non lo so, non gliel'ho chieso. Be', potresti provare a chiederglielo tu, per curiosità» ribattè Harry che intanto continuava a ricopiare il suo tema. Ron non seppe cosa ribattere.

Si, certo "chiediglielo tu", fosse facile! Peccato che non lo è, non lo è affatto...

«Comunque dobbiamo farci coraggio, entro domani avremo entrambi una compagna, va bene?» annunciò Ron che voleva sembrare convinto.
«Mmh»
«Dai, Harry, te l'ho già detto, ti basterebbe schioccare le dita! Vedrai che ne troverai una in un batter d'occhio»
«Sì, ma... lasciamo perdere...» Ron si sentì a disagio, non sapeva cosa dirgli, pensò che Hermione avrebbe saputo esattamente cosa dire e avrebbe anche saputo dargli un consiglio, ma Hermione era Hermione e lui... be', lui era un po' impacciato in questo genere di cose, forse non avrebbe trovato le parole giuste per consolare ed incoraggiare l'amico ma era quasi certo che c'era qualcosa che gli nascondeva.
«Anche... anche se sai già chi invitare, io credo che dovresti raccogliere il coraggio e... e buttarti»

Certo, parlo proprio io di coraggio che in questi casi lo perdo completamente per strada e faccio fatica a ritrovarlo...

Ron gli diede un colpetto sul braccio e Harry rispose con un sorriso ritornando poi al suo tema.
«Perché mi hai chiesto di Hermione?» gli chiese con la testa china sulla pergamena.
«Eh?... io, be'... così, te l'ho detto, per... per sapere se ci sarà anche lei» balbettò Ron che subito si sbiancò e pregò che Harry non gli chiedesse altro.
«Potresti invitarla tu» Ron sgranò gli occhi.
«Come amici, ovvio» aggiunse subito Harry.
«C-cosa? No, io... no, non posso» balbettò Ron.
«Perché? Oh, andiamo, ci serve una compagna e Hermione è la nostra migliore amica, non ci sarebbe niente di male ad andarci con lei, no?» Harry aveva ancora gli occhi puntati sul suo compito di Pozioni e non si accorse della reazione dell'amico, bianco come un cencio.
«No... no, certo... non c'è niente di male ad andare al ballo con la propria migliore amica...»

Se poi questa tua migliore amica ti manda in tilt se solo ti guarda negli occhi o ti sfiora la mano e ti fa perdere le forze se semplicemente ti abbraccia, se riesce a tranquillizzarti ed è capace di cancellare il tuo malumore.
E se tu sei più confuso che mai, cerchi di nascondere qualcosa di forte ed importante a lei, al tuo migliore amico e perfino a te stesso... be', allora le cose cominciano a complicarsi e parecchio.




Salve! :)
Ci ho messo un po' ad aggiornare stavolta, chiedo perdono. Ma come vi sembra?
Spero che il risultato sia abbastanza gradito. Siamo ancora in fase "pensieri ed emozioni", e ammetto che mi piace molto scrivere di Ron e Hermione dal punto di vista di Ron e ho amato la scena delle mani che si sfiorano e non chiedetemi perché :)
Al prossimo capitolo si passerà "all'azione": ci vogliono strategie per invitare la propria dama al ballo, no? Vedremo cosa combineranno i due Grifondoro e cosa deciderà Ron...
A presto:) 


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Capitolo 5
*** Strategie ***


Ron ha mai tentato o anche solo pensato di invitare Hermione al Ballo del Ceppo? E se avesse trovato il coraggio ma qualcuno l'avrebbe intralciato? Costui potrebbe anche diventare il suo più acerrimo nemico! Buona lettura!

«Allora... ehm... da dove si comincia?» Harry e Ron erano seduti al tavolo Grifondoro, intenti a fare colazione.
«Non ne ho idea, che ne dici di "Ciao, ti va di venire al ballo con me?"» rispose Ron.
«Ottima domanda, non ci sarei mai arrivato da solo, sai? Grazie, Ron» fece Harry sarcastico.
«Figurati, uno che amico è se no» ribattè addentando una salsiccia. Intanto Hermione si avvicinava al loro posto e portava con sé uno scatolo che aveva l'aria di non essere molto pesante.
«Cos'è?» chiese Harry curioso mentre la ragazza si accomodava vicino a lui.
«Altre spille per il C.R.E.P.A.» rispose soddisfatta.
«Ma Heffione, ancofa?»
«Sì, ancora. Si dal il caso, Ron, che non intendo fermarmi e, tra l'altro, gli elfi domestici non sono in grado di...» si fermò vedendo di fronte a sé una ragazza ricciuta del terzo anno che fissava Harry. Hermione gli diede un colpetto per attirare la sua attenzione, Harry guardò la ragazza che tutto d'un fiato gli chiese se volesse venire al ballo con lei. Senza pensarci sù, gli rispose «no» e lei andò via offesa.
«Be', amico, era piuttosto carina» disse Ron sincero quando ebbe smesso di ridere.
«Era molto più alta di me, che figura ci avrei fatto?» ribattè Harry ancora sgomento.
Intanto il "fanclub" di Viktor Krum era a pochi passi da loro e lo sentivano bisbigliare e ridacchiare, Hermione si voltò verso le ragazze e borbottò stizzita qualcosa del tipo: «Lo adorano solo perché è famoso», Ron la sentì.
«Be', lui è Viktor Krum, è normale che...»
«No, Ron, non lo è. E poi sono davvero fastidiose dato che insistono col restare in biblioteca solo per mettersi a fissarlo, continuano a tornare nonostante Madama Pince le abbia buttate fuori un po' di volte»
«E come mai passa tutto quel tempo in biblioteca?» chiese Ron perplesso mentre guardava dalla parte di Krum, seduto al tavolo dei Serpeverde. Hermione arrossì leggermente e abbassò subito lo sguardo.
«Io... non lo so, immagino per... per fare ricerche o... be', non importa. Direi che è il momento di andare, abbiamo Trasfigurazione la prima ora» borbottò mentre si alzava dal suo posto senza sollevare il volto e si avviò lasciando una distanza di qualche metro tra i due. Hermione aveva capito perchè Krum passava tutto quel tempo in biblioteca. In effetti aveva notato, grazie al suo affiatatissimo e irritante "fanclub", che dal lunedì, da quando si era ormai diffusa la notizia del Ballo del Ceppo, era tra gli ultimi studenti a lasciare la biblioteca. Quel lunedì sera, si era avvicinato al tavolo che lei occupava e con molta gentilezza le aveva chiesto un'informazione su un testo che non riusciva a tradurre. Hermione gli aveva spiegato alcune differenze tra le parole e lui dopo averla ringraziata si era presentato ed era tornato al suo posto. La sera successiva, dopo aver lasciato l'infermeria, Hermione si era recata in biblioteca per consegnare dei testi e non potè non notare il suo fanclub stabilitosi, ancora una volta, fuori, e infatti Viktor Krum era lì. Hermione consegnò i libri, ci fu un veloce scambio di sorrisi tra lei e Krum, e fuggì via più veloce che mai. Il mercoledì, Krum era di nuovo in biblioteca, ma questa volta le si avvicinò prima che lei prendesse posto, gli chiese la mano dicendole: «Io sarei daffero onorato di afere te come dama al ballo. Ma se tu già occupata o non folere io capirò». Hermione fu presa alla sprovvista e cominciò a balbettare, se fosse diventata più rossa di così non ricordava, si sentiva lusingata per quell'invito, lo guardò per qualche secondo stupita.
«Io... g-grazie... io, veramente... Sì, va-va bene, sì... sarà un onore anche per me». Krum le baciò la mano con gentilezza e andò via senza più sostare in biblioteca nei giorni successivi. Aveva accettato quell'invito perchè Viktor Krum le era sembrato così garbato, un vero gentiluomo e non potè nascondere che le faceva piacere ricevere quel genere di attenzioni. A quel pensiero arrossì ancor di più e si chiese come un giocatore di Quidditch di fama internazionale potesse aver notato una come lei. Lei che se ne stava sempre per i fatti suoi, con la testa china sui libri dato che lo studio era una delle sue più grandi passioni alla quale dava un'assoluta priorità, inoltre non aveva mai pensato a qualcuno in particolare con cui andare... o forse sì, ma le sembrava così ridicolo e improbabile che frequentemente si era trovata a scacciare quel pensiero dalla testa.
Ma quel pensiero, prepotentemente, andava sempre più spesso a Ron, senza nemmeno che se ne rendersse conto.
Già, Ron. Aveva ben impresso nella mente ciò che aveva letto nei suoi occhi quella mattina in infermeria, era così sicura di non essersi sbagliata! Ma poi le sicurezze erano crollate, Ron si comportava come sempre, semplicemente come si comporta un amico, e nessuno dei due aveva più proferito parola su quell'abbraccio. E l'accaduto di qualche sera prima? Perché nel momento in cui le loro mani si erano semplicemente sfiorate lui era rimasto a fissarla in quel modo? Era un modo strano, non l'aveva mai guardata così, forse solo quel pomeriggio in infermeria, e lei quello sguardo lo ricordava fin troppo bene.

E allora, perché non si è ancora fatto avanti?
Avrei accettato ben volentieri un suo invito, lo ammetto.
Ma forse mi sto sbagliando di grosso, è solo ciò che io percepisco ma non ha niente a che fare con ciò che invece sente lui.
Vorrei solo avere delle conferme, questi segnali, se così si possono chiamare, non fanno altro che confondermi... Quegli occhi non fanno altro che confondermi...


«Hermione, tutto bene?» erano ormai in aula di Trasfigurazione e Ron le porse la domanda guardandola accigliato.
«Eh?... Ah, sì, bene» gli sorrise e il ragazzo ricambiò.
La lezione passò lentamente, Hermione alternava momenti di concentrazione e momenti in cui continuava a porsi le stesse domande che la tormentavano da un po' alla quale cercava spasmodicamente una risposta. Ma come comportarsi? Lei voleva sapere, aveva bisogno di sapere.

Terminata la giornata di lezioni, i tre si separarono. Hermione annunciò che sarebbe andata a concludere delle ricerche in biblioteca cercando di convincere anche Ron in modo che non restasse indietro con i compiti ma il ragazzo disse che avrebbe aspettato Harry che, intanto, era sparito dopo il test di antidoti di Piton.
Ron era in Sala Comune, seduto sulla solita poltrona davanti al fuoco mentre ascoltava divertito le battute di Fred e George e i modi che i due usavano per persuadere studenti dei primi tre anni a provare i loro prodotti.
Decise che quella sera avrebbe agito. Forse Harry aveva ragione, non c'era niente di male nell'andare al ballo con la propria migliore amica, lui avrebbe specificato che erano amici e che si sarebbero divertiti, proprio come quando andavano ad Hogsmeade. Ancora ricordava l'anno prima, quando Harry aveva perso un paio di visite al villaggio, e loro erano stati da soli per tanto tempo e tra battute esilaranti, chiacchiere, burrobirre e scorpacciate di dolci di Mielandia, Ron custodiva quei momenti gelosamente e, ricordandoli, un sorriso gli spuntò sul volto.
Era sempre così con Hermione. Lo faceva sorridere anche per le cose più semplici, anche se semplicemente la ricordava. Il solo pensare a tutto il bene che gli infondeva, gli diede quel pizzico di coraggio in più che gli serviva per una proposta che, al solo pensiero, gli faceva attorcigliare lo stomaco. Ma decise che non si sarebbe perso d'animo, che sarebbe andato fino in fondo e se lei gli avesse detto di "no" allora... be', poi ci avrebbe pensato. E se gli avesse detto di "si"? Sarebbe stato tutto diverso. Sarebbe stata una piacevole serata, avrebbero riso e scherzato come sempre e forse lei lo avrebbe anche rimproverato, perché sicuro le avrebbe pestato i piedi tante di quelle volte! Ma non importava, il problema del ballo era un grosso problema, certo, ma mai come quello di invitare una ragazza. Mai come quello di invitare Hermione.
Si alzò di scatto e deciso si diresse verso l'uscita della Sala Comune: in biblioteca, è lì che sarebbe andato.
Intanto, la sua mente lavorava frenetica. Cosa avrebbe dovuto dirle?
Accidenti, non sono proprio un asso negli approcci diretti, si trovò a pensare. Rallentò appena il passo. Stava già esitando? Ma non era nemmeno a metà strada!
No, forza, andrà tutto bene, mi uscirà spontaneo ciò che vorrò dirle.
Avanzò il passo, torturandosi le mani, avrebbe fatto meglio concentrarsi su pensieri positivi. Sarebbero stati insieme, e forse sarebbe stato così bene e così di buonumore che avrebbe potuto persino trovare il coraggio di dirle qualcosa in più, quel qualcosa che teneva nascosto. Tutto poteva essere...
«Ron!» si sentì chiamare, si voltò e vide Ginny venirgli incontro.
«Ron, hai visto Hermione?» 
«Ehm... dovrebbe essere in biblioteca, perché?» Ron vide Ginny voltarsi verso un gruppetto vicino a loro e notò che Fleur Delacour era intenta a parlare con Cedric Diggory.
«Che ti importa? Devo chiederle una cosa importante» ma Ron non sentì la sorella che lo informava di una lettera della mamma arrivata quella mattina.
Fissava Fleur Delacour come se fosse la cosa più bella che i suoi occhi avessero mai visto. Non era l'ottava meraviglia, forse? La ragazza scuoteva i capelli argentei e sorrideva a Cedric. Aveva un sorriso bello e seducente e Ron ne fu estasiato. Si sentì come svuotato e del tutto vulnerabile e allo stesso tempo forte e più coraggioso che mai. Il suo olfatto fu accarezzato da un delicato profumo di rose che gli fece perdere completamente il controllo. Si avvicinò un po' di più a Fleur e le disse, anzi, più che altro glielo urlò: 
«Fleur Delacour, verresti al ballo come?» la ragazza distolse lo sguardo da Cedric e smise di toccarsi i capelli. Qualcuno lì attorno comiciò a ridacchiare mentre Fleur fissava sbalordita Ron che intanto aveva il viso di un rosso così vivo da fare a cazzotti con i suoi capelli. Il ragazzo tornò in sé.
Non si sentiva né vuoto, né forte come prima e non sentiva più nemmeno quel bellissimo profumo inebriante. Provava solo un'immensa vergogna e avrebbe dato qualsiasi cosa pur di trovarsi in qualsiasi altro posto, persino nei sotterranei con Piton. Si girò di scatto verso Ginny che aveva portato le mani alla bocca, stupefatta, e senza guardare nessun altro, girò i tacchi dirigendosi in Sala Comune, con sua sorella alle calcagna.

Vorrei sapere cosa accidenti mi è preso! Cos'era quell'odore e quel vuoto mischiato a quell'incontrollabile forza? Sono per caso impazzito?

La sua mente non riusciva a pensare ad altro, camminava veloce, quasi correva e non guardava nemmeno dove stava andando, a stento riusciva a sentire Ginny che gli correva dietro intimandogli di fermarsi. Voleva scomparire.
«Ron, ti vuoi fermare un secondo?» avevano ormai attraversato il quadro della Signora Grassa quando Ginny lo fermò tirandolo per il braccio prima che il fratello si dirigesse verso il dormitorio dei maschi.
«Ma cosa ti è preso?» Ron si voltò e Ginny vide che era pallido da far paura. Aveva una sorta di cieco terrore stampato in volto. 
«Dai, siediti un attimo» aggiunse in tono consolatorio.
«Non so cosa mi è preso! Ma perché l'ho fatto?» farfugliò Ron portandosi le mani al volto.
«Andiamo, Ron, non importa» Ginny cominciò a dargli delle pacche comprensive sulla spalla mentre Ron continuava a ripetere in modo incomprensibile frasi del tipo "sono un idiota", "perché l'ho fatto", "che accidenti mi è preso". Continuarono così per una buona manciata di minuti, fino a quando non apparve Harry che li raggiunse subito, perplesso.
«Cos'è successo?» Ron sentì la voce dell'amico e tolse le mani dal proprio volto. 
«Perché l'ho fatto, perchè?» Harry guardò Ginny sperando di ricevere qualche informazione in più.
«Lui... ehm... Ron ha appena invitato Fleur Delacour» era chiaro che Ginny si tratteneva dal rideve mentre continuava a picchiettare sul braccio del fratello.
«Ron ha... cosa?» esclamò Harry.
Ron alzò di nuovo il volto.
«Non so cosa mi è preso» ripetè per l'ennesima volta, senza fiato. «Merlino, che mi è preso? C'era un sacco di gente intorno... tutti lì che guardavano! Le sono passato davanti... lei parlava con Cedric... E sono impazzito! Mi sono sentito strano, è stato più forte di me... gliel'ho chiesto! Anzi, in realtà le ho urlato... Lei mi ha guardato come se fossi uno schiopodo sparacoda o roba del genere. Poi... non so... sono tornato in me... e sono scappato via! Che altro avrei potuto fare?»
«Avevi ragione» rispose Harry «È in parte Veela, sua nonna lo era. Scommetto che sei passato di lì mentre faceva un incantesimo per Diggory e ti sei trovato in mezzo» spiegò. «Comunque perdeva il suo tempo, lui va al ballo con Cho Chang» Ron lo fissò.
«L'ho appena invitata e me l'ha detto» concluse Harry in modo inespressivo.
«Ma è pazzesco! Siamo i soli a non avere nessuno... be', a parte Neville» ridacchiò Ron che intanto cominciava a riprendere il suo colore. «Indovina? Ha invitato Hermione!»
«Cosa?» chiese Harry stupefatto.
«Già, è vero! Me l'ha detto dopo Pozioni, l'ha fatto perché lei è sempre così gentile con lui, ma Hermione ha rifiutato dicendogli che ci va già con un altro» Ron guardava da Harry a Ginny ridendo. «Ma và, solo che non voleva andarci con Neville, no? Voglio dire, chi è che l'avrebbe già invitata?»
«Sta' zitto Ron, non ridere!» intervenne Ginny seccata. «Cosa ne sai?»
In quel momento li raggiunse Hermione che si accomodò vicino a Ron.
«Perché voi due non siete venuti a cena?» chiese mentre ordinava dei libri che aveva tra le mani. Ron e Harry continuavano a guardarsi e ridacchiare.
«Perché... oh, smettetela di ridere, voi due... perché tutti e due sono appena stati bidonati dalle ragazze che avevano invitato al ballo!» rispose Ginny con aria soddisfatta come se avesse rivendicato l'amica.
Ron e Harry si zittirono all'istante.
«Grazie tante, Ginny» ribattè Ron aspro.
«Tutte quelle carine erano già occupate, Ron?» disse Hermione altezzosa. «Be', sono sicura che troverai qualcuna che ti dirà di sì» e tornò ai suoi libri. Ron si rabbuiò.
Per qualche minuto nessuno parlò. Ron tornò a pensare a ciò che era accaduto un po' prima. Non aveva mai provato tanta vergogna in vita sua e, tra l'altro, aveva perso l'occasione di invitare Hermione, per una volta che aveva trovato un briciolo di coraggio in più! Avrebbe potuto riprovarci, ma quando? Il ballo era ormai vicino e... Hermione era lì, vicino a lui... perchè non ritentare proprio in quel momento?

"Sono sicura che troverai qualcuna che ti dirà di sì"
Be', ma non m'importa, dimmi tu di sì, no? 
Forse quella era l'occasione giusta.
Sì, ok, ma cosa dirle? Oh, ci risiamo. Andiamo, sei un Grifondoro, puoi farcela.
Ora o mai più.


«Hermione...»
«Mmh?»
«Ehm... Neville ha ragione... tu sei una ragazza...»
«Però, sei un fulmine» ribattè lei acida.
No, non va bene così, Ronald, approccio sbagliato! Che ti prende? Ripara!
«Ehm... be'... puoi venire con... con uno di noi due!»
«No, non posso» replicò Hermione, sempre con lo sguardo fisso sul suo libro.
Dai, hai recupetrato, stai andando ben... cosa???
«Oh, andiamo, Hermione» disse lui impaziente mentre continuava a torturarsi le mani. «Abbiamo bisogno di una compagna, faremo la figuara degli stupidi se non troviamo nessuno» tentò ancora Ron.

Dì di sì, ti prego.
Dì di sì a me, ti prego...


«Non posso venirci con te» Hermione si voltò verso di lui per un attimo, Ron notò che era diventata rossa, prima di tornare al libro e aggiunse borbottando. «perché ci vado con un altro»
«No, non è vero!» disse Ron. «Non ci credo, l'hai detto solo per liberarti di Neville!»
Hermione si voltò e lo guardò, era furiosa.
«Oh, davvero? Solo perché tu ci hai messo tre anni per accorgertene, Ron, non vuol dire che nessun altro ha capito che sono una ragazza!»
Ron la fissò stupefatto.
No, non è possibile, non può essere vero. Non sei stato di certo un asso, probabilmente hai sbagliato del tutto l'approccio, va bene, ma "un altro" chi?
Ron si ricompose, Hermione ancora lo guardava ed era arrossita violentemente.
Non perderti d'animo, perché non può essere stato qualcun altro...
«Ok, ok, lo sappiamo che sei una ragazza» aggiunse subito sorridendo. «Va bene? Adesso ci vieni?»

Dì di sì, ti prego.
Dì di sì a me, ti prego...


«Ron, te l'ho già detto, ci vado con un altro!» ribattè arrabbiata, prese i libri e si precipitò verso la scala del dormitorio femminile.
Ron la guardò allontanarsi, sbalordito.
«Sta mentendo» disse tranquillamente, cercando di convincere sé stesso, più che altro.
«Non è vero» disse Ginny piano.
«E allora chi è?» chiese Ron in tono brusco.
«Sono affari suoi»
«Giusto» ribattè Ron sconcertato, mettendosi le mani nei capelli. «Ma questa faccenda sta diventando assurda! Ginny, tu puoi andare con Harry, e io...»
Io, cosa? No, è assurdo!
«Non posso» ribattè Ginny diventando scarlatta. «Neville mi ha invitato dopo che Hermione gli ha detto di no e, be', gli ho detto di sì, altrimeni non potrei venirci, non sono del quarto anno. Credo che andrò a cena...» disse allontanandosi e uscì a testa china dal buco del ritratto.
Ron fissò Harry con gli occhi sbarrati, decisamente sconvolto.
«Che cosa gli è preso, a tutti quanti?» 
Harry gli fece un cenno e si diresse in fondo la Sala Comune verso Calì e Lavanda. Ron comprese le intenzioni dell'amico e decise di aspettarlo nel dormitorio, così si avviò sù per la scala.

"Non posso venirci con te, perchè ci vado con un altro". 
Quella frase gli batteva prepotentemente in testa peggio di un martello pneumatico.
"Non posso venirci con te"

faceva proprio male, sì... e chi era "l'altro"? Chi l'aveva preceduto? Chi gli aveva bruscamente spezzato quel fragile e sottile filo di coraggio che aveva faticosamente recuperato? Era stato un idiota, avrebbe dovuto subito invitarla, non avrebbe dovuto esitare nemmeno per un secondo e invece aveva dato l'agio a qualcun'altro di portargliela via. Decise che "l'altro" sarebbe stato uno dei suoi più acerrimi nemici.

E tu sei uno stupido, Ronald Weasley, tu e il tuo imbarazzo.
Cosa credevi di fare? Perché porsi in quel modo? Si sarà sentita come la tua ruota di scorta e lei non lo è. Tu lo sai benissimo. Non avresti dovuto parlarle così. Lei è la tua amica. Lei è Hermione e questo dovrebbe bastarti.


Si colpì la fronte con la mano mentre questi pensieri continuavano a rimbombargli in testa e affondò la testa nel cuscino.





Hermione aveva la testa poggiata sul cuscino. Le esplodeva.
Si sentiva arrabbiata, frustrata e più confusa che mai.
Perché Ron si comportava così? Perchè la guardava in quel modo speciale e poi le schiaffava in faccia il fatto di essere "la ruota di scorta"?
"Abbiamo bisogno di una compagna"
Cercatela, non puoi venire da me solo perchè qualcuna ti ha dato buca o perchè non sai con chi altro andarci.

Perché faceva così? Perché le aveva parlato in quel modo?
Lei sapeva che lui era estremamente impacciato, aveva visto sottecchi le sue mani contorcersi e quando l'aveva guardato aveva notato il suo rossore e percepito il disagio. Ma ciò non toglieva il fatto che lei non era stata la sua prima scelta. Aveva aspettato e sperato con tutta sé stessa in una semplice proposta. L'aveva sperato davvero tanto. Ma lui l'aveva messa da parte per un attimo. Non si era accorto di nulla. Né di quel pomeriggio, né di quella sera. Aveva rovinato tutto.
Sei uno stupido, Ronald Weasley.
Si trovò a pensare, mentre con la mano scacciava via una lacrima che aveva ormai raggiunto la guancia.




Eccoci qua!
Ci ho messo un po' con questo capitolo ma ce l'ho fatta! Devo dire che sono abbastanza soddisfatta del risultato e spero soddisfi anche voi! :)
Ho deciso di attenermi al libro soprattutto nella parte in cui Ron cerca di invitare Hermione, non avrei mai potuto modificare quella parte, tranne per qualche battuta diversa e, ovviamente, ho voluto comunque dar voce ai pensieri di Ron. Ecco, io credo che lui abbia pensato di invitare Hermione e ci abbia pure provato ma... che disastro! Krum che lo anticipa di gran lunga e lui, be', il solito pasticcione. Inoltre Hermione non sa proprio darsi una spiegazione di questo suo comportamento e crede che lui non ricambi i suoi sentimenti. Nel suo modo di porsi, ha percepito una una sorta di "sostituzione"... se solo sapesse che andava da lei prima della "sventura" con Fleur Delacour! Nella parte in cui "invita" Fleur, ovviamente ho inventato gli effetti lasciati da un incantesimo Veela, non so quali siano ;) 
Vorrei ringraziare i miei primi due preziosi recensori: rosyweasley93 e Berta___D.
Grazie davvero ragazze, spero continuiate a seguire la storia e che vi incuriosisca sempre di più! Alla prossima :)

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Capitolo 6
*** Lei capiva che lui si stava innamorando? ***


Se l'aria natalizia si sentiva già da un po', in quegli ultimi giorni si percepiva in ogni dove, ed era davvero piacevole, così piacevole che ad Hermione era quasi passata l'incavolatura, della sera prima. Eppure qualcuno che la irritava indiscutibilmente c'era.
«Oh, che tragedia! Si crede davvero chissà che cosa quella là, vero?» Sbottò, dopo aver sentito i commenti di Fleur Delacour sul cibo di Hogwarts che aveva definito "troppo pesònte" e la causa, se nel caso, non fosse riuscita ad entrare nel suo vestito da sera. Ron era seminascosto dietro Harry, era dal giorno dell' "incidente" che si eclissava dietro chiunque si trovasse a tiro non appena incrociava Fleur.
«Hermione, con chi ci vai al ballo?» buttò lì, non appena misero una notevole distanza tra loro e Fleur, e potè uscire allo scoperto. Quante volte le aveva posto quella domanda? Aveva perso il conto. Pensava che forse se l'avessa irritata al punto giusto o l'avesse colta di sorpresa, lei per disperazione e per farlo tacere, gliel'avrebbe detto. Ma Hermione non cedeva, si limitava a mettere il broncio, a sbuffare impaziente o a non guardarlo e rispondere semplicemente: «Non te lo dico, mi prenderesti solo in giro» proprio come aveva appena fatto. Ma perché avrebbe dovuto? E poi lui stesso si dava dello stupido e, ovviamente, non incolpava di certo lei! Incolpava se stesso e... l'altro.
Lei non cedeva e lui voleva saperlo. A tutti i costi. Per cui quella sorta di breve battibecco era ormai all'ordine del giorno.
Si dirigevano in Sala Comune, Hermione nel camminare, li aveva superati di qualche passo e Ron notò qualcosa di diverso nei suoi capelli. Erano decisamente più lisci, ma c'erano comunque quei boccoli ribelli che sembrava non volessero stare proprio a posto, eppure trovo abbiano un loro perché, si trovò a pensare, li trovava caratteristici. I capelli di Hermione erano delicatamente semiraccolti, erano lucenti e presentavano delle lievi sfumature che andavano nel dorato. Era incredibile quanti dettagli riuscisse a notare in lei se la guardava con più attenzione... ma era ancora più incredibile che si stesse fissando su semplici e banali dettagli! Non era mica tipo "dai minimi particolari" lui, non che fosse superficiale, ma dedicava la sua attenzione solo alle cose che trovava davvero interessanti, alle cose che più gli piacevano...
«Hermione» disse avanzando il passo per raggiungerla.
«i tuoi capelli...» aggiunse guardandola di sottecchi, indeciso se fosse una mossa giusta o meno. Ma era spontanea, quindi...
«Cos'hanno?» chiese lei.
«Be', sono diversi... l'ho appena notato...» rispose esitante.
«In effetti non credo di aver mai unito due ciocche in questo modo, volevo provare e allora...»
«No, voglio dire, sono diversi nel senso che sono... sono più lisci ma non troppo... mi piacciono» sorrise mentre le orecchie avvamparono e lei arrossiva leggermente.
«Oh, be', sai ho usato la Tricopozione Lisciariccio... è complicata, e per un buon effetto bisogna applicarla il giorno precedente, quindi...» 
«Il giorno precedente a cosa?» ennesima domanda a tradimento.
«Al ballo, Ron!»
«E con chi ci vai?»
«Sei esasperante! Tanto non te lo dico!» sbuffò, però sorrideva e avanzò il passo.
Ron non sapeva come sentirsi. Le aveva appena fatto un complimento del tutto spontaneo, indeciso se azzardare un commento sui capelli di una ragazza fosse sbagliato o meno, ma non l'ha presa mica male!, si disse compiaciuto. Le aveva posto quella domanda seccante ancora una volta, ma in fin dei conti lei aveva sorriso. Un sorriso sfuggì anche a lui, ma scomparì non appena si rese conto che non avrebbe mai saputo, se non la sera stessa del ballo, chi fosse "l'altro". Non poteva dare un nome e un volto alla persona che detestava più di un esercito di schiopodi sparacoda maturi, o più delle lezioni di Piton, o ancora, addirittura più di Malfoy, forse! E lei non voleva dirglielo, ma perché?



Il giorno successivo, la mattina di Natale, Hermione fu svegliata da Ginny che con un gran baccano entrò in stanza augurandole un buon Natale e dandole il suo regalo. 
«Wow, Ginny!» esclamò Hermione.
«Ti piace?» chiese Ginny raggiante. Le aveva regalato un fermaglio elegante e semplice, con piccole pietre blu e azzurre fissate lungo il perimetro. Hermione le diede un abbraccio.
«Be', ho pensato che si abbini al tuo abito e che staresti davvero bene con i capelli raccolti»
«Oh, grazie! È stupendo» Hermione sciolse l'abbraccio e le porse il suo regalo. Scartò i doni dei suoi genitori: due romanzi del suo autore preferito, Charles Dickens; Harry le aveva regalato il nuovo volume di Rune Antiche che le mancava e che tanto desiderava. E, infine, l'ultimo regalo era quello di Ron che, stranamente, aveva la forma di un libro.
Ron? Un libro?
Hermione scartò il pacchetto con estrema curiosità e ne venne fuori un libriccino sottile, di circa 20 pagine, intitolato "La Fonte della buona Sorte - tratto da Le fiabe di Beda il Bardo". Fissò il libriccino accigliata. Ron le aveva regalato un libro, e già questa era una cosa strana, ma era un libro di cui lei non aveva mai sentito parlare, sicuramente si trattava di fiabe del mondo magico e infatti Ginny adocchiò il titolo ed esclamò: «Oh, Beda il Bardo» Hermione la fissò con aria interrogativa. 
«Ah, già, scusa. Vedi, le storie di Beda sono le fiabe più famose del mondo magico. La mamma ce le leggeva sempre da piccoli» rispose Ginny sorridendo. «Sono tante fiabe, ma vedo che questo libriccino contiene solo "La Fonte della buona Sorte", chi te l'ha regalato?» aggiunse guardando la copertina. 
«Ron» rispose semplicemente Hermione. 
«Mio fratello? Mio fratello ti ha regalato un libro?» sbarrò gli occhi. «E poi perché proprio questa fiaba singola?»
«Non so, io non le conosco» rispose Hermione con una scrollata di spalle. Prese il libriccino e lo sistemò vicino al suo letto. Moriva dalla curiosità di scoprire di cosa parlava quella storia, voleva chiederlo a Ginny ma pensò che sarebbe stato meglio leggerla da sola. Era davvero cuoriosa di sapere perché Ron avesse scelto quella fiaba in particolare. Le scappò un sorriso mentre pensava al fatto che lui l'avesse sorpresa. Non sapeva niente di fiabe del mondo magico, non sapeva nemmeno chi fosse Beda e perchè Ron le avesse regalato una fiaba per bambini, ma, ecco, era sorpresa e non sapeva spiegare il perché. Sistemò le ultime cose e scese con Ginny per la colazione.
Raggiunse Harry e Ron, e li ringraziò allegramente per i regali. 
«Ron, non conosco le Fiabe di Beda il Bardo, ma leggerò la storia con piacere»
«Davvero? Ma io credevo che... insomma, che le conoscessi... credevo che tu conoscessi quella fiaba...» borbottò arrossendo. 
«Ehm... no, Ron, mi spiace. Da piccola mi leggevano favole babbane, ma non importa» rispose sorridendo.
Ron rispose al sorriso anche se non era troppo convinto. Aveva pensato molto al regalo da fare ad Hermione, e non poteva negare di aver avuto parecchia difficoltà. Se c'era una cosa di cui poteva essere certo, era che, più di tutto, amava leggere. Apparentemente poteva sembrare una cosa facile e scontata, quella semplice informazione avrebbe potuto risolvere il "dilemma regalo", spesso aveva sentito i nomi dei suoi scrittori Babbani preferiti che lui invece conosceva a malapena, ma non aveva idea quale romanzo di Shakespeare o di Joyce le piacesse di più, così era andato sul sicuro, su qualcosa che lui conosceva. Be', non è che era proprio sicuro di volerle regalare un libro per bambini, ci aveva pensato su un po' di volte, ma lui amava quelle storie e se lei non le conosceva, come poi aveva appena scoperto, avrebbe voluto che le leggesse. Forse poteva essere un pensiero ridicolo, insomma, era solo una breve favola di appena venti pagine e lei non era di certo una ragazza da un libriccino di poche pagine! Eppure pensò che avesse bisogno di qualcosa di semplice e leggero, qualcosa che la rilassasse. Andiamo, non le avrebbe mai regalato un librone che approfondiva complicati temi di Aritmanzia: storse il naso solo al pensiero! E poi non era un caso che avesse scelto proprio quella fiaba, se lui non era bravo con le parole allora forse avrebbe dovuto far fare a chi con le parole ci giocava ed era in grado di farsi comprendere. Era strano, in quel periodo si era trovato nella più totale confusione, non sapeva più come gestire ciò che provava: aveva deciso di nasconderlo perché preso dal panico che qualcosa potesse cambiare per il peggio, e tutt'a un tratto, gli era sembrata una cosa stupida e ormai incontrollabile. Certo, non sarebbe mai andato subito al dunque, non sarebbe mai stato esplicito, proprio non se ne parla!, ma forse un passo alla volta... piano, piano e ci sarebbe arrivato... si sarebbero capiti... Tempo al tempo.
I tre si avviarono nel parco, pronti a passare una giornata di totale spensieratezza in attesa dell'evento di quella sera. Chiacchierarono del più e del meno, nessuno menzionò il ballo o i loro accompagnatori e, nel pomeriggio, Harry e Ron si unirono a Fred e George per una battaglia all'ultima palla di neve. Nel pieno della battaglia, Hermione annunciò che sarebbe andata a prepararsi.
«Di già? Ma Hermione, sono solo le cinque passate!» In quel momento George lo colpì sul braccio con una grossa palla di neve, Ron ricambiò subito centrando la parte sinistra del viso, e tornò a girarsi verso Hermione che intanto si incamminava verso il castello.
«Con chi ci vai?» le urlò, ma lei fece un cenno con la mano senza girarsi e proseguì.


Ron si fissava allo specchio atterrito e disgustato allo stesso tempo, pensò che se avesse girato il mondo per il resto dei suoi giorni, probabilmente non avrebbe trovato vestito peggiore. Era di velluto marrone, aveva un orlo di pizzo attorno al collo e ai polsini. Più lo guardava e più gli dava l'impressione che fosse un vestito da donna. Fece l'ennesima smorfia disgustata, si sentiva terribilmente a disagio, più di quanto non lo fosse già, più di quanto non lo fosse un normale adolescente di quattordici anni al suo primo ballo. «Perché tutte le cose che ho sono schifezze?» borbottò disperato, mentre con la bacchetta scagliava un incantesimo Tagliuzzante su quei tremendi pizzi. Funzionò, ma gli orli erano ancora sfilacciati e cominciò a tirar via tutti i fili penzolanti.
«Non riesco a capire come avete fatto voi due a beccarvi le ragazze più carine del nostro anno» mugugnò Dean.
«Magnetismo animale» ribattè Ron cupo mentre continuava a maledire e a torturare i polsini sfilacciati.

Capirai, ma chi se ne importa che è la più carina! Non è mica con lei che avrei voluto andarci. Anzi, non vorrei andarci proprio! Questo vestito è orrendo, se potessi, scomparirei all'istante. È ingiusto.

Senza accorgersene diede uno strattone un po' troppo forte al polsino e quasi lo stracciò. Harry lo raggiunse vicino allo specchio. 
«Ron, smettila di tormentarlo, è a posto così»
«No che non lo è» ribattè aspro. «Niente è a posto» aggiunse borbottando.
«Andiamo, pensa che io dovrò danzare sotto gli occhi di tutti, e sono costretto a farlo» mormorò cupamente Harry. «Non può andare peggio di così, no?».
Dopo esser scesi in Sala Comune e aver incontrato Calì, si diressero nella Sala d'Ingresso.
«Dov'è Hermione?» chiese Ron non appena attraversarono il quadro della Signora Grassa, Harry alzò le spalle in risposta. La Sala d'Ingresso era piena zeppa di studenti di tutte le età e di tutte e quattro le Case che si incontravano, ma Ron non vi badò, cercava una sola persona.

Ma insomma dov'è finita? Ci sarà tra tutte queste ragazze, no?
Possibile che non riesca a riconoscerla?


Non si accorse nemmeno che lui, Harry e Calì, avevano raggiunto Padma Patil, sua accompagnatrice, che lo salutò, non troppo convinta.
«Ciao» disse Ron ricambiando il suo saluto senza guardarla, mentre era impegnato a scrutare tra la folla.

Andiamo, dove sei?
Con chi sei?


Piegò appena le ginocchia per nascondersi dietro Harry al passaggio di Fleur Delacour, non appena potè raddrizzarsi continuò a guardare oltre le teste esclamando ancora una volta: «Ma dov'è Hermione??»

Forse si sta ancora preparando! Forse dovrei tornare in Sala Comune ed aspettarla.
È impossibile che non riesca a riconoscerla!
Forse non è ancora qui perché... perché entrerà insieme ai quattro Campioni, forse uno di loro l'ha...


Spalancò leggermente la bocca a quel pensiero, un secondo dopo si ricompose scuotendo la testa.

No, che sciocchezza. Harry è con Calì, Cedric con Cho Chang e Krum... non ne ho idea... ma no, figuriamoci.

Mentre rifletteva sulla momentanea assenza di Hermione, il portone si aprì e gli studenti di Durmstrang fecero il loro ingresso accompagnati da Karkaroff.
Ron rimase senza fiato.
La prima persona sulla quale focalizzò l'attenzione, fu la ragazza sotto il braccio di Viktor Krum. Non sentì la McGranitt che chiamò a gran voce i quattro Campioni, sentì appena Harry che gli riferiva che sarebbe tornato dopo l'apertura delle danze. Era completamente concentrato su quella ragazza. Lui la conosceva, la conosceva fin troppo bene. Indossava un abito di un tessuto morbido blu pervinca, aveva i capelli ancor più belli del giorno precedente, erano perfettamente lisci e legati in un nodo elegante.

Cavolo, Hermione, sei bellissima...

Si riscosse dai suoi pensieri non appena sentì Padma esclamare:
«Ma quella è Hermione Granger con Viktor Krum»
Un secondo dopo puntò gli occhi sull'accompagnatore di Hermione e, sì, era proprio Viktor Krum. Quel Viktor Krum.
Era stato così immerso nei suoi pensieri e così rapito da Hermione che non aveva nemmeno rivolto mezzo sguardo al suo accompagnatore. Gli studenti cominciarono a muoversi in direzione dei tavoli, Ron passò davanti ai quattro campioni senza degnare Hermione di uno sguardo, e si accomodò al suo tavolo senza guardare altro se non i suoi piedi. Ora, finalmente, poteva dare un nome e un volto "all'altro", eppure non disse nulla. Non imprecò, non commentò con sarcasmo, non riusciva ad essere arrabbiato, in realtà non riusciva nemmeno a pensare. Era semplicemente stupefatto, si sentiva stordito, non gli sembrava fosse vero. Poteva prendersi a schiaffi per far tornare la mente alla realtà? Era come se i pensieri si fossero fermati a pochi minuti prima, a quando cercava Hermione tra la folla e a quando l'aveva vista entrare, ma quello era successo un attimo fa. La realtà era che davanti a sé, in quel preciso istante, aveva Viktor Krum, un giocatore di fama internazionale, che teneva la mano a Hermione... a Hermione!... e la conduceva sulla pista da ballo.

Viktor Krum. Viktor Krum!
Ma come...? Ma che diamine...? 
No. No, no, non può essere possibile. È assurdo.
E perché non me l'ha detto?
E lui, chi si crede di essere? Solo perché è famoso non può andarsene in giro a pavoneggiarsi e ad invitare chiunque!
Aha! Se ne stava in biblioteca apposta! Ricerche, compiti gnègnè... sì, certo! Cos'è l'ha seguita per scoprire i posti che frequenta? E che modi sarebbero? Io non ho bisogno di seguirla perché lo so... lo so e basta, io!
E lei non me l'ha detto? Ma perché? Perché non l'ha fatto? Credeva davvero che l'avrei presa in giro?
Forse... forse, ecco, avrei avuto una certa reazione, va bene, ma almeno sarei stato "pronto"... sì, be', insomma...
Ma cos'è non si fida di me nemmeno per dirmi chi frequenta?
E come darle torto? Ho appena ammesso che avrei avuto "una certa reazione"!
Ma non è questo il punto... Oh, Merlino, credo che impazzirò!


Ora sì che cominciava a sentire la rabbia ribollire nel sangue. Sentiva che sarebbe esploso da un momento all'altro, stringeva i pugni così forte e nemmeno se ne rese conto. Non sapeva se essere più arrabbiato con Hermione che l'aveva tenuto all'oscuro di tutto, e lui la considerava una mancanza di fiducia, o con Krum perché... be', perché?

Perché lui è arrivato prima di me.
Perché è famoso, è uno sportivo di fama internazionale. Chi gli direbbe di no? Lei gli ha detto di sì.
E io non sono Viktor Krum.
Perché mi ha fatto perdere anche quel poco di coraggio che avevo duramente ripreso.
Perché lui l'ha seguita in biblioteca ed è andato al dunque, io non ho fatto altro che girarci intorno, non ho fatto altro che farle stupidi e inutili complimenti. Ero troppo occupato a nascondere quello che provo. Perché sono uno stupido.
Perché ora continua a parlarle e a tenerle la mano.
Perché non doveva! Miseriaccia, non doveva proprio!
Perché me l'ha portata via.


Non sopportava quello che gli si piazzava davanti. Più cercava di guardare altrove e più i suoi occhi, con ostinatezza, continuavano a puntare su quei due. Non sopportava il fatto che qualcun altro la guardasse, che incontrasse quegli occhi che tante volte avevano incontrato i suoi e che tante volte gli avevano parlato. Non poteva sopportare che si tenessero per mano.

Cos'è, Ron, sei geloso per caso?
Non dovresti esserlo, sai? Lei non è tua e se tu non sei stato in grado nemmeno di invitarla al ballo e quando ci hai provato l'hai fatta solo infuriare, allora, probabilmente, lei non meritava di venirci con te. Sta bene così, sta bene con lui, con Viktor Krum.


Si portò la mano al viso mentre quei pensieri frullavano senza sosta, non sentiva nemmeno la musica, avvertiva solo un assordante frastuono. Ma la confusione più grande era fatta di parole, ed era proprio dentro la sua testa.
"Non posso venirci al ballo con te, perché ci vado con un altro"
Faceva ancora più male.
Si accorse della presenza di Harry e non rispose al suo "Come va?", sentiva che se avesse aperto bocca avrebbe urlato a più non posso e sarebbe scappato via furioso. In effetti, che ci faceva ancora lì?
Dopo un po' si avvicinò Hermione. Ecco, ora doveva andare via, doveva sparire. Per quanto avrebbe continuato ad implodere?
«Fa caldo, vero?» Hermione guardava da Harry a Ron e aggiunse: «Viktor è andato a pendere da bere»
Ron, controllati, non fare lo stupido e sta' zitto. Controll...
«Viktor? Non ti ha ancora chiesto di chiamarlo Vicky?» disse tutto d'un fiato.
«Che cos'hai?» Hermione lo guardava ma lui cercava di evitare quello sguardo.
«Se non lo sai tu!» ribattè. «È di Durmstrang e tu stai... fraternizzando col nemico!»

Non capisci? Non mi importa! Non mi importa più di niente!
Di Krum, di questo stupido vestito, di questo stupido ballo, di questa stupida gelosia e non mi importa nemmeno di quello che provo!


«Non fare lo stupido! Il nemico! Chi era quello scalmanato che voleva il suo autografo?» Ron cambiò strategia, ancora non la guardava in faccia.
«Immagino che ti abbia chiesto di accompagnarlo quando eravate tutti e due in biblioteca». Solo il pensiero gli fece torcere lo stomaco.
«Sì, e allora? Se proprio lo vuoi sapere lui... lui ha detto che veniva tutti i giorni in biblioteca per cercare di parlare con me, ma non trovava il coraggio!» entrambi ormai, facevano a gara a chi arrossiva di più.
«Sì, certo è quello che dice lui! Ma è ovvio, no? Karkaroff sa chi frequenti e sta solo cercando di avvicinarsi a Harry! Cos'è, vi siete consultati già su ciò che dice l'uovo?»
«Come... come osi dire una cosa del genere?» rispose Hermione indignata.

Proprio non capisci che mi fa male vederti con un altro?
Ti sto urlando in faccia cose che non penso perché sono accecato dalla gelosia, perché volevo e voglio esserci io al suo posto, ma questo non riesco ad urlarlo nemmeno adesso e vorrei farlo, credimi, ma continuo ad arrampicarmi sugli specchi perché mi manca il coraggio di dirti la verità. Quel coraggio l'ho perso... di nuovo.


«Perché non vai a cercare Vicky? Si starà chiedendo dove sei finita»
«Non chiamarlo Vicky!» Hermione si alzò fuoriosa e ben presto scomparve dalla sua visuale.

A mezzanotte le Sorelle Stravagarie smisero di suonare. Harry e Ron avevano passato la serata al tavolo a discutere di giganti dopo aver scoperto di Hagrid. Ron si concentrò sulla discussione, tranquillo del fatto che almeno non avesse più davanti agli occhi quei due. Si dirigevano in Sala Comune quando Cedric raggiunse Harry e gli chiese di scambiare due parole. Ron si avviò, camminava velocemente, voleva solo raggiungere il letto e mettere fine alla serata più orribile di tutta la sua vita. Non aveva più senso quella situazione, non riusciva a gestirla, era una continua disputa tra i suoi pensieri contrastanti. Era arrivato alla conclusione che col tempo le avrebbe fatto capire tutto, ma quella sera tutto era crollato. Voleva solo che tutto finisse, che fosse capace di controllare i sentimenti... ma quelli non si controllano, nemmeno con la magia! Fanno semplicemente il loro corso che ci piaccia o no...
Oltrepassò il quadro e quasi andò a sbattere contro Hermione che era arrivata poco prima di lui. Per la prima volta, in tutta la sera, si guardarono e i loro occhi lanciavano fulmini e saette.
«Si può sapere che ti prende?» sbottò Hermione. Ron non rispose, si girò in direzione della scala che conduceva al dormitorio maschile. Hermione lo bloccò per il braccio costringendolo a girarsi verso di lei.
No, non voglio parlarti.
Non voglio guardarti...

«Te l'ho detto e non ho intenzione di aggiungere altro!» ribattè Ron.
«Oh, no, io credo tu debba dirmi qualcos'altro» rispose Hermione che intanto aveva mollato la presa dal suo braccio.
«Lasciami stare, Hermione» 
«No, che non ti lascio! Voglio sapere cosa ti è preso! Perchè hai detto che l'avrei aiutato a scoprire cosa dice l'uovo? Credi davvero che pugnalerei Harry alle spalle? Io non so come tu abbia potuto anche solo pensare una cosa del genere, Ron!» il tono di Hermione era decisamente più alto ed era rossa in faccia.
«E allora perché hai accettato l'invito di un Campione che gareggia contro Harry? Perché hai accettato il suo invito? Potrebbe essere questo il suo scopo, tu cosa ne sai?»
«Ma cosa ti importa di cosa faccio e con chi, è una cosa che non ti riguarda! Credi che sia così stupida?»

No che non lo sei, lo sono io.
E sono anche un bugiardo e un vigliacco.
E, sì, mi importa eccome. Tu non hai idea di quanto mi importi. 
Non hai idea di quanto mi importi di te.


«Allora? Credi davvero che io sia così stupida?» Hermione teneva le braccia incrociate, aveva uno sguardo gelido.
«Non importa, va bene? Lascia stare!» le urlò Ron in risposta.
«Smettila di essere così superficiale! Forse non ti rendi conto di quanto sia dura la tua accusa!»

Sì, me ne rendo conto. Ma non sono nemmeno in grado di prendermi le mie responsabilità per le sciocchezze che sto dicendo e, soprattutto, di essere sincero con te. Proprio non ce la faccio. 

Erano ormai uno di fronte all'altra, pochi metri li separavano. Ron stringeva entrambi i pugni, non seppe cosa ribattere, riuscì ad urlare semplicemente:
«Tu non capisci!»
«Questo è quello che credi tu!» 
«Basta! Non mi importa! Non mi va più di discuterne, di... di...»
«Be', se non ti va, lo sai qual è la soluzione, eh?» gridò Hermione; i capelli le stavano crollando dalla crocchia elegante, e il suo volto era contratto dalla rabbia.
«Ah sì?» urlò Ron di rimando. «E qual è?»
«La prossima volta che c'è un ballo, invitami prima che lo faccia qualcun altro, e non come ultima spiaggia!» Ron aprì e chiuse la bocca senza parlare come un pesce rosso fuori dall'acqua, mentre Hermione girava sui tacchi e correva su per la scala delle ragazze. Ron si voltò a guardare Harry che aveva notato solo in quel momento e si chiese quanto avesse sentito.
«Be'» farfugliò, folgorato, «be'... questo dimostra solo... non ha proprio capito...»
Senza più guardare l'amico, si voltò per raggiungere il dormitorio.
Era stravolto. Sentiva ancora le urla di Hermione che risuonavano nella sua testa. L'aveva accusata di "fraternizzare col nemico", di cospirare contro un amico. L'aveva accusata di cose orribili che assolutamente non pensava, e perché?
Perché era un codardo, ecco perché. Come aveva potuto dirle quelle cose? Ancora una volta aveva sbagliato e questa volta il suo imbarazzo non c'entrava nulla. Questa volta la codardia la faceva da padrona. Questa volta l'aveva ferita con le sue stupide parole perché non riusciva ad essere sincero.
"Invitami prima che lo faccia qualcun altro, e non come ultima spiaggia!"
Ma lei non era la ruota di scorta o l'ultima spiaggia. E se lo pensava era solo per colpa della sua esitazione e lui sapeva benissimo che non avrebbe dovuto esitare nemmeno per un attimo e avrebbe dovuto invitarla subito.
Ma lei capiva che le sue emozioni continuavano a fare a cazzotti?
Che non riusciva più a controllarle?
Capiva che si sentiva morire solo al pensiero che qualcun'altro la guardasse negli occhi o le tenesse la mano?
Capiva che si sentiva come se l'avessero preso a schiaffi perché lei non gli aveva detto nulla e non si era fidata di lui?
Capiva che lui non voleva andare a quello stupido ballo con nessuna se non con lei?
Lei capiva che lui si stava innamorando?

Forse no... o forse sì.

Ma ormai è tardi, è andato tutto storto. Ho fatto un casino, ho sbagliato sin dal principio e, come se non bastasse, poco fa ho peggiorato la situazione! Non ho fatto altro che mentire e forse lei nemmeno mi merita. 

Si buttò sul letto pregando che il sonno lo chiamasse il prima possibile.



Ritardo assurdo, sì, me ne rendo conto! D:
Non solo la sessione di esami mi sta togliendo anche l'anima, ma sappiate che ho trovato molto difficile scrivere questo capitolo! Credo che la testa di Ron sia davvero complicata hahaha Come si faccia a dire che sia un personaggio semplice e banale ancora non riesco a capirlo. Spero che il suo personaggio sia attinente a quello del libro, non me lo perdonerei mai se fosse il contrario, e comunque ho cercato di dare il meglio ;)
Grazie ai miei carissimi e preziosissimi recensori, spero di non aver deluso le vostre aspettative con questo capitolo! Il prossimo sarà quello finale e... se ne vedranno delle belle! :)
A prestissimo!!!

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Capitolo 7
*** Tassello dopo tassello ***


Secondo il nostro Harry, i suoi due migliori amici avrebbero raggiunto "un tacito accordo", secondo il quale, nessuno dei due avrebbe dovuto più menzionare la lite avvenuta dopo il Ballo del Ceppo. I due sembrano piuttosto amichevoli e, Ron, addirittura rinuncia a ribattere con qualcosa di tagliente per contrastare l'opinione di Hermione riguardo l'argomento "Giganti". E se dopo la sfuriata al Ballo del Ceppo e quella in Sala Comune, fosse successo qualcosa tra i due? Se si fossero più o meno... chiariti?
Buona lettura!


La confusione è fatta di parole, immagini, scene e momenti vissuti che scorrono in modo disordinato davanti agli occhi, anche se gli occhi si chiudono perché stanchi, ma la mente non permette loro di riposare: continua prepotentemente a sbatterti in faccia domande a cui non sai dare alcuna risposta. Hermione in quel momento si sentiva più frastornata che mai. Faceva fatica a mettere insieme ciò che era successo, ciò che era stato detto, faceva fatica a dare una spiegazione logica a quelle pungenti parole, e il fatto di non riuscire a controllare la situazione la innervosiva più di quanto non lo fosse già. Circa mezz'ora prima si era trovata faccia a faccia con Ron, si erano urlati contro, furiosi, e lui l'aveva colpevolizzata di cose orribili. Di una cosa però era sicura: Ron le aveva mentito, ciò che diceva era una sorta di scudo, quelle erano tutte scuse. Ma perché? 
L'aveva fermato prima che tornasse nel suo dormitorio perché voleva parlargli, voleva che lui fosse sincero. Le sembrava impossibile che potesse anche solo pensare che lei pugnalasse Harry alle spalle.
No, Ron non penserebbe mai una cosa del genere, c'è altro.
Deve esserci altro.

Ma voleva sentirselo dire da lui, voleva che fosse onesto con lei, e aveva provato a fermarlo perché voleva vederci chiaro. Voleva che tra di loro fosse tutto almeno un po' più chiaro. Ma aveva superato la soglia della pazienza ed era esplosa al posto suo.
"La prossima volta che c'è un ballo, invitami prima che lo faccia qualcun altro, e non come ultima spiaggia!"

Guarda che ho capito.
Ti ho capito.
È inutile che continui a nasconderti dietro false accuse che non fanno altro che farmi del male e forse non te ne rendi nemmeno conto.
Smettila di fare il vigliacco, sii coraggioso e dì tutto ciò che vuoi...


Aveva continuato per giorni a porle la domanda di rito "con chi ci vai?" e lei sapeva che non avrebbe dovuto cedere per nessuna ragione. Sentiva che sarebbe stato meglio tenerlo all'oscuro fino alla sera del ballo, non c'era un motivo, in verità, ma percepiva che sarebbe stato meglio così. A volte, quella domanda la faceva davvero irritare, non poteva negarlo, ma c'erano volte in cui lo guardava e percepiva tenerezza nel suo sguardo e lei non poteva far altro che sorridere e costringersi a rispondere semplicemente: "non te lo dico, mi prenderesti solo in giro", ma lui continuava ad insistere, come un bambino curioso di sentire il finale di una fiaba, e lei moriva dalla voglia di rivelargli quel piccolo segreto perché voleva essere sincera, davvero, non voleva ci fosse alcun tipo di segreto tra loro, ma per qualche ragione sentiva che non poteva. Spesso si era trovata a pensare a come sarebbe stato se non avesse accettato l'invito di Krum. Si chiese semmai avesse accettato il suo di invito, nonostante non fosse stato proprio carino nei suoi confronti. 
Come faceva a spiegargli che si era arrabbiata con lui perché il suo invito l'aveva aspettato per davvero, ma quest'ultimo era arrivato solo dopo un flop e lei si era sentita semplicemente "la sostituzione"? Come faceva a spiegargli che ci stava male?
Ma Hermione sapeva che poi la rabbia le sarebbe passata, perché con lui era sempre così e... sì, forse sì, sarebbero andati insieme.
Ancora aveva davanti agli occhi la sua faccia sbalordita quando lei aveva raccolto il coraggio e gli aveva gridato in faccia la verità. Lui non sembrava esserne in grado, e allora l'aveva fatto lei. Eppure non era riuscito a dire nulla, neanche in quella circostanza, se non un debole borbottio impercettibile. Era davvero frustante.
Si accorse che i suoi occhi erano colmi di lacrime, che tratteneva.
No, non avrebbe pianto per Ron Weasley, perché avrebbe dovuto?

Un codardo, ecco cos'è.
Non ha il coraggio di dire nulla.
È stato solo in grado di lanciare forti accuse e mentire, non ha capito nulla né di me, né di quello che provo.
Perché fa così? Perché è così
Lui è così... così... mi fa tanta rabbia!


Senza rendersene conto, le lacrime cominciarono a rigarle il viso. Stava piangendo per Ron Weasley, e nonostante avesse preferito darsi un contegno, dopo aver constatato che non ne valesse la pena, lasciò comunque che lacrime silenziose cadessero, si lasciò andare, aveva pur bisogno di sfogare perché ci stava male. Dopo un po', senza pensarci oltre, si asciugò gli occhi, spostò le tende del suo letto a baldacchino, scivolò giù per raggiungere la Sala Comune. Era mezzanotte passata e aveva bisogno di una boccata d'aria.

****
 
Ron era steso sul suo letto con le mani dietro la nuca, le tende chiuse, era da un'oretta circa in quella posizione e aveva ancora in dosso l'abito della cerimonia. Non si sentiva né stanco, né assonnato, nonostante avesse preferito dormire, sentiva solo il caos della sua mente che continuava a ripercorrere quella che era stata una tremenda serata.
Lui a disagio e il suo abito orrendo.
Hermione così perfetta nella sua semplicità.
E Krum.
Davanti agli occhi, prepotentemente, gli si parava la scena di Hermione che parlava con Krum, ballava con Krum, teneva la sua mano tra quella di Krum, si divertiva con Krum e sorrideva a Krum.
E lui? Nulla.
Lui era stato semplicemente spettatore di tutto.
Appunto: nulla.
Non poteva far altro che pensare al sorriso stampato sul volto di Hermione durante la serata, quando era con Krum, e a quanto fosse arrabbiata in Sala Comune, minuti fa. E con lei c'era lui, in quel momento, non Krum.

Ed è stato giusto che lei non stesse con me.
In fondo, io le ho solo rovinato la serata, no?
È vero che non meritavo di essere il suo accompagnatore.
Forse non merito nemmeno di esserle amico... o altro.
Non so nemmeno se riuscirò a guardarla in faccia domani dopo quello che le ho detto.
Non so nemmeno se riuscirò a guardarla in faccia per il resto dei miei giorni!


Si chiedeva se Hermione si fosse già addormentata, per quanto tempo fosse stata arrabbiata con lui, se si fossero parlati o anche solo semplicemente guardati. Si chiedeva se avesse pianto o se stesse piangendo. E non sopportava quel pensiero, poi lui ne era la causa, per cui faceva male il doppio.
Incapace di trattenere oltre quei pensieri, si mise a sedere sul letto, scostò le tende e chiamò Harry con un mormorio, ma l'amico non rispose. Lo chiamò altre due volte ma poi lasciò perdere e pensò che forse gli avrebbe tirato una fattura se l'avesse svegliato con la scusa di parlare ancora di Hagrid e della madre gigantessa, giusto perché lui aveva bisogno di distrarsi un po' e di pensare ad altro. Restò seduto per qualche minuto chiedendosi cosa avrebbe dovuto fare, poi si alzò e decise che avrebbe preso un po' d'aria in Sala Comune, forse se si fosse messo a fissare fuori dalla finestra il sonno sarebbe arrivato.
Scese lentamente le scale del dormitorio dopo aver acceso la sua bacchetta. Arrivato alla fine della scala la spense, dato che la luce della luna illuminava abbastanza la Sala Comune, ma senza accorgersene incappò in qualcosa, fece un gran baccano prima di trovarsi disteso a terra mentre imprecava a voce alta. 
«Maledizione, ma che accidenti è? Mostriciattoli del primo anno che lasciano robacc...»
«Ron, ci hai fatto prendere uno spavento!»
Ron volse lo sguardo in direzione della voce di Ginny e vide che era in piedi e aveva la bacchetta accesa puntata su di lui. Vicino a lei, seduta, c'era Hermione. 
«Scusate, ho spento la bacchetta troppo presto e non ho visto bene cosa avevo davanti...» borbottò.
«Non importa» ribattè Ginny spegnendo la bacchetta e accomodandosi di nuovo vicino a Hermione. Ron rimase per qualche secondo lì impalato, senza sapere cosa fare. Qualche minuto fa, si era domandato cosa stesse facendo Hermione e aveva appena avuto la risposta: era lì che parlava con sua sorella.
«Ehm... be'?» la voce di Ginny interruppè il suo stato di trance.
«Eh?»
«Hai bisogno di qualcosa?» chiese Ginny stizzita. Ron fissò per un attimo la sorella.
«Io... no, non ho bisogno di niente... ero sceso per... lascia perdere...» ripose e un secondo dopo mormorò: "Lumos", mentre si affrettava a risalire la scala del dormitorio. Al quinto gradino si bloccò.

Ma cosa stai facendo?
La tua è un'altra mossa stupida.
Lei è lì a parlare con tua sorella e tu, nonostante tutto, te la fili... di nuovo.
Ma quante volte ancora dovrai sbagliare prima di fare una sola mezza mossa giusta?
Forse è giusto che tu le chieda almeno scusa.
Sai, dovresti proprio farlo, sai meglio di chiunque altro di esserti comportato da vero idiota.
Forse è arrivato il momento di comportarsi da Grifondoro.
Vai, ora o mai più.


Riscese la scala lentamente, sentiva le due ragazze parlare a voce bassa anche se non riusciva a capire cosa stessero dicendo. Una volta in fondo la scala, si schiarì la voce per far capire che era lì. Ginny gli lanciò un'occhiataccia. 
«Ehm... scusate, io ho dimenticato di... voglio dire...» cominciò a guardarsi intorno cercando di pensare alle parole giuste.
«Vorrei... ehm... io... vorrei parlarti, Hermione» balbettò grattandosi imbarazzato la testa e guardando finalmente Hermione, anche se solo per un attimo. Lei non rispose, si limitò a fissarlo, e Ron distolse subito lo sguardo.
«Non mi pare sia il momento, non puoi aspettare, che ne so, domani? Tutta questa fretta?» rispose Ginny.
«Ehm... veramente no... cioè, sì, volevo dire... è che è importante... andiamo, Ginny, lascia stare, va bene?» ribattè Ron che stava cominciando a spazientirsi. Capì che Ginny aveva saputo, e non gli importava, solo che, stare lì in piedi, a spiegare a sua sorella il motivo per cui voleva parlare ad Hermione, era estremamente imbarazzante.
Vide che le due ragazze si scambiarono uno sguardo senza dirsi nulla.
Miseriaccia, ma cosa usano le donne? La legilimanzia per caso?
Si capiscono sempre così in fretta!

Ginny si alzò e rivolse uno sguardo truce al fratello.
«Spero tu abbia cose interessanti da dire, stavolta. Be', buonanotte, allora» si voltò e si diresse verso il dormitorio femminile.
La Sala Comune era nel silenzio più assoluto, il fuoco era spento, Hermione ne aveva acceso uno dei suoi che aveva riscaldato la Sala che ora era illuminata dalla luce fioca della luna, che penetrava dalle finestre. Ron rimase immobile ancora qualche secondo, fino a quando decise di darsi una mossa e raggiunse il divanetto dov'era seduta Hermione.
«P-posso?» chiese esitante. Hermione non rispose, né lo guardò, spostò solo la mano come per fargli spazio. Ron si accomodò e si sentì ancora più in imbarazzo, non sapeva se era per via del calore emanato dalla fiamma di Hermione, ma si sentì il viso bollente e le mani, che ormai torturava senza rendersene conto, cominciarono a sudare. Stettero in silenzio per qualche minuto, ognuno immerso nei propri pensieri, Ron fu il primo a parlare.
«Hermione... ehm... dovrei parlarti» gli uscì una voce che riconobbe a stento, e si rese conto che le aveva ripetuto lo stesso concetto.
«Questo l'avevo capito. Forse sono io che non voglio parlarti» rispose fredda con gli occhi puntati sulla fiamma.
«Be', l'hai appena fatto» gli scappò un sorriso che scomparve non appena intercettò l'occhiataccia di Hermione.

Possibile? 
Ti sei appena seduto, hai appena aperto bocca e hai già fatto il primo mezzo passo errato. 
Sei un disastro.


«No, be', scherzavo... se non vuoi, va bene... solo che...» si fermò. Voleva dirglielo che era importante che le parlasse, perché aveva sbagliato, voleva chiederle scusa e voleva che tutto si sistemasse...
«Ascolta, mi dispiace» si voltò deciso a guardarla, mentre lei teneva ancora lo sguardo fissò sulla fiamma, immobile. 
Sospirò e riprese. «Mi dispiace davvero. Ti ho detto delle cose brutte che non penso assolutamente. Non credo tu possa tradire Harry... ed è ovvio che io non creda che tu sia stupida. Ti chiedo scusa» disse tutto d'un fiato, si stupì di se stesso e arrossì più di quanto non lo fosse già.

Gliel'hai detto.
Finalmente sei stato sincero... anche se solo in parte.
Le hai chiesto scusa.
Hai preso in mano la situazione, era ora!
Finalmente ti sei comportato da Grifondoro.


Hermione si voltò e finalmente lo guardò.
«Perché mi hai detto cose che non pensi?» Ron aprì e chiuse la bocca un paio di volte.

Merlino, perché una domanda così complessa?
Be', perché non ero io quello a guardarti negli occhi,
a farti ridere,
a guardare il tuo sorriso,
a tenerti la mano.
E avrei tanto voluto esserlo e quindi, be'... forse perché...
sono geloso ma non posso dirtelo?


Non seppe cosa ribattere, la guardò. Notò che i suoi occhi erano leggermente gonfi e le sue guance rosse, i capelli erano ancora semiraccolti nel suo fermaglio ma ormai non stavano tutti sù, le ricadevano delicatamente sulle spalle. 
«Allora?» ripetè in un sussurro. Ron percepì dal tono e dal modo in cui lo guardava, che non era arrabbiata, lo fissava con i suoi grandi occhi nocciola, che tanto gli piacevano, avidi come se potessero attirare a sé la risposta.
«Perché... ehm... Hermione, io non lo so perchè...» borbottò «Ecco, so solo che... che erano brutte e che forse avrebbero potuto far male...»

E, credimi, è l'ultima cosa che vorrei. 
Anzi, è ciò che non vorrei mai accadesse.


Non riuscì ad aggiungere altro, gli parve così assurdo confessargli la vera motivazione di quel suo comportamento.
«Sì, sai perché?» Hermione continuava a guardarlo, decisa. «Perché a dirle sei stato tu. Il solo pensare che tu metta in dubbio la nostra amicizia, mi fa impazzire» 
Ron cominciò a sentirsi più tranquillo, sentiva che qualcosa cominciava a tornare al proprio posto.
«E tu... be'... tu non sei "l'ultima spiaggia", per me» disse piano arrossendo e guardandosi i piedi. Sentiva lo sguardo di Hermione addosso che non disse nulla, e non osò alzare la testa. Non riuscì a dirle che il giorno dell'incidente con Fleur Delacour stava andando proprio da lei, quelle parole non gli uscirono, così spostò il discorso su altro.
«So che forse non ti fidi di me perché, be', non mi hai detto di... del tuo accompagnatore, insomma, e poi in effetti, stasera ti ho detto quelle cose e ho mentito perché ero...» si fermò di colpo, cominciò a guardarsi le mani, ma subito riprese.
«Cioè, non so cosa mi è preso... comunque, voglio dire... io mi fido di te, e adesso sono onesto»
Ma dov'è che ho trovato tutte queste parole e
tutto questo coraggio? Per la miseria.

«Non è vero che non mi fido di te» rispose subito Hermione.
«Allora perché non mi hai detto di... di Krum?» nonostante la luce della luna illuminasse appena i loro volti, Ron notò subito il rossore evidente di quello di Hermione.
«Io... non lo so...» disse sospirando. «Insomma, non sappiamo dare una motivazione alla maggior parte dei nostri comportamenti, a quanto pare» aggiunse alzando un sopracciglio come perplessa.
«Facciamo 1 pari, allora, no?» rispose Ron. «No, aspetta. Forse tu hai più punti di me... perché, insomma, io ho fatto un casino... quindi, sì, forse mi stracci con un punteg...»
«Ron, sì, ho capito, lascia stare» lo bloccò Hermione sorridendo, lui ricambiò.
Era contento di averla fatta sorridere e che la tensione si fosse ormai sciolta. Era contento che tutto fosse a posto... o quasi. In realtà lui non le aveva detto molto, erano tante, troppe le cose che avrebbe voluto rivelarle, lo sapeva benissimo, ma per ora gli andava bene così. Anche lei era rimasta molto sul vago, in realtà: gli aveva fatto capire che quelle parole l'avevano ferita perché era come se lui dubitasse di lei, gli aveva detto che si fidava di lui anche se lui non l'aveva capito, e questo lo rendeva felice. E non gli importava più di sapere perché non gli avesse detto di Viktor Krum, se lei non voleva, allora poteva lasciare tutto così. Per la prima volta, da quando era cominciata quella terribile serata, si sentì davvero più leggero. Il blocco di ghiaccio posatosi sullo stomaco si stava finalmente sciogliendo.
«Ehm... allora, io andrei a letto» Fu Hermione a rompere il momentaneo silenzio.
«Eh? Ah, sì, certo, va bene»
«Buonanotte, allora» disse Hermione alzandosi dal divanetto. Mentre si alzava anche lui, infilò le mani nelle tasche del pantalone, tastò qualcosa di freddo e all'improvviso gli venne in mente.
«Hermione, aspetta» chiamò con voce leggermente più alta. Hermione si fermò al secondo scalino.
«Cosa c'è?»
«Ecco, credo che questo sia tuo» rispose mentre frugava nella tasca sinistra ed estraeva un braccialetto d'acciaio con delle perline celesti e blu. Hermione lo fissò accigliata mentre si avvicinava per guardare meglio.
«Ma Ron, questo è il bracciale di mia madre! Ma come...?» esclamò mentre sul viso le si allargò un sorriso. «È molto importante, e... Oh, credevo di averlo perso!»
«Sì, be', ti è caduto quando stavamo... insomma, prima che andassi al dormitorio, così l'ho raccolto, ho pensato che...» non riuscì a finire la frase che si ritrovò le braccia di Hermione al collo e i suoi boccoli in bocca.
«Grazie, Ron!» farfugliò.
«Non c'è di che» biasciò Ron e, in preda all'imbarazzo, cominciò a dargli piccoli colpetti sulla schiena.

Cosa aspetti?
Ti sta ringraziando, ti sta abbracciando... di nuovo!
Non startene lì impalato.


Senza pensarci oltre, Ron smise di darle quei colpetti e rispose all'abbraccio. La strinse leggermente, non troppo, percepì una sensazione già vissuta solo una volta in vita sua: giorni fa, in infermeria, quando lei l'aveva abbracciato. Prima di quell'abbraccio, c'era stata una gran bella rissa, e prima di questo abbraccio, una serata orrenda seguita da una lite.
Ma deve abbracciarmi sempre dopo eventi disastrosi?
Pensò sorridendo tra sé e sé e continuando a prendersi il calore e la sicurezza che gli infondeva quell'abbraccio, cercando, questa volta, di ricambiare in egual modo.
«È tutto ok, allora?» gli uscì solamente. Non sapeva perché, nonostante la sensazione di leggerezza provata qualche minuto fa, voleva sapere da lei se fosse davvero tutto a posto. Intercettò il movimento della testa di Hermione oltre la sua spalla. Chiuse istintivamente gli occhi. Era tutto a posto.
Un paio di secondi dopo, Hermione mollò la presa e vide che era più rossa che mai. Le porse il braccialetto.
«'Notte, allora» disse lei con un sorriso mentre si voltava per raggiungere la scalinata.
«Buonanotte» disse piano Ron.

 
****
 
Il sorriso sul volto non le scomparve nemmeno quando si mise a letto. Era stato un gesto davvero carino. Temeva di aver perso quel bracciale che aveva un significato importante, ed era stato Ron a ridarglielo, era stato lui... dopo una litigata. E chi se lo sarebbe aspettato? Chi si sarebbe mai aspettato che dopo una lite, sarebbe stato proprio lui a tornare indietro, da lei, per chiederle scusa? Certo, non che tutto fosse più chiaro, ma per lei ciò che aveva fatto Ron era molto. Scostò le tende rosse del letto a baldacchino e posò il bracciale sul comodino vicino e senza accorgersene, sfiorò un libro che cadde a terra, si aprì e ne fuoriuscì un biglietto. Il libro era quello di Beda il Bardo che le aveva regalato Ron a Natale e anche il biglietto lo era. 
Ron? Un biglietto? 
Scese dal letto, raccolse entrami gli oggetti, e subito riconobbe la grafia disordinata di Ron.

Cara Hermione,
(che modo formale per cominciare un biglietto, non ti sto mica mandando un gufo!)
Be', buon Natale!
Sai, avevo pensato di comprarti un libro di uno dei tuoi scrittori Babbani preferiti, ma non li conosco molto bene e quindi non avrei saputo su chi puntare. Non credo tu conosca le fiabe del mondo magico (mi risulta difficile pensare che tu non conosca qualcosa!), ma sappi che Beda il Bardo è il migliore e spero che questa fiaba ti piaccia almeno un po'... 
L'ho scelta perchè è tra quelle che preferisco!
Come si dice in questi casi? Buona lettura? Be', sì, rilassati.
Ron


Senza accorgersene, aveva tenuto un largo sorriso per tutto il tempo. Come aveva fatto ad aver notato solo ora quel biglietto? Sembrava che si fosse impegnato e che fosse stato attento a certi "dettagli", a lei faceva piacere, ad esser sincera, e non l'aveva nemmeno notato. Senza pensarci due volte, prese il libriccino, si stese sul letto e cominciò la lettura.
La storia raccontava di tre streghe, ognuna col proprio fardello di pene, che speravano di essere scelte tra migliaia di maghi e Babbani, per attraversare il cancello incantato, e poi raggiungere la Fonte della Buona Sorte. Decisero che se una di loro fosse stata scelta, avrebbero affrontato il viaggio tutte e tre insieme. All'alba, dal giardino, uscirono dei rampicanti che si attorcigliarono attorno alla prima strega, Asha, che afferrò Altheda, che a sua volta afferrò la terza strega, Amata. Quest'ultima s'impigliò nell'armatura di un cavaliere babbano, Messer Senzafortuna. Le due streghe erano furiose con Amata perché ora erano in quattro a doversi bagnare nella Fonte visto che era stata lei a tirare con sé il Cavaliere. Prosegurono il loro viaggio e superarono diversi ostacoli che gli si pararono davanti, fino a quando non raggiunsero la vetta e videro la Fonte scintillare davanti a loro. Ma ben presto ognuna di loro rinunciò al bagno "nella fortuna": Altheda scoprì di aver dimesticatezza nel preparare pozioni e guarire dalle malattie, dopo averne preparata una per Asha che era in mortale agonia. Quest'ultima guarì definitivamente dalla sua malattia, grazie alla pozione di Altheda ed entrambe non ebbero più bisogno della Fonte.
"Messer Senzafortuna s'inchinò e mostrò la Fonte ad Amata, ma ella scosse il capo: ogni suo rimpianto per l'amante le era stato portato via dal ruscello e ora capiva quanto egli fosse stato crudele e infedele, e che essersene liberata era una ragione bastante per essere felice.
«Buon signore, siete voi a dovervi bagnare, in ricompensa della vostra cavalleria!» disse a Messer Senzafortuna [...]
Messer Senzafortuna uscì dall'acqua della Fonte, si gettò ai piedi di Amata, che era la donna più gentile e più bella su cui avesse mai posato gli occhi. Prese coraggio, e le chiese la mano e il cuore»

Hermione lesse la storia tutto d'un fiato e non riusciva a smettere di sorridere... ma perché?
Se nel momento in cui scoprì che Ron le aveva regalato un libro, si era meravigliata, quella fiaba, quella scelta, la lasciò del tutto di stucco. Non riusciva a capire, o meglio, non riusciva a spiegarsene il motivo. Cos'era? Un modo per farle capire qualcosa? O solo un pensiero gentile e spontaneo? Una fiaba per bambini che gli ricordava la sua infanzia e che voleva semplicemente condividere con lei? Tutto qui? Sospirò senza che quel sorriso si cancellasse dal volto. Era incredibile quante emozioni fosse capace di farle provare nell'arco di poco tempo. La situazione si faceva sempre più strana ma nello stesso tempo incredibilmente sorprendente.
Non le importava più nemmeno di quella scenata di poche ore fa, della rabbia che aveva provato, di quelle parole pungenti che ormai aveva cancellato dopo aver ascoltato le sue vere parole. Quasi non le importava nemmeno di quella caotina situazione che c'era tra loro due. Era tutto così bizzarro ed incontrollabile, e lei detestava ciò che non poteva essere gestito e sotto il suo controllo. Ma in quella circostanza tutto cambiava: le emozioni, i sentimenti non si controllano, e per quanto questo facesse irritare Hermione, si rese conto che avrebbe dovuto accettare quella realtà, volente o nolente. La cosa più importante, al momento, era che la forte amicizia che li legava non fosse compromessa da niente e nessuno. Era importante che tutto fosse al proprio posto e anche se si fossero presentate situazioni caotiche, era importante che risistemassero il tutto, senza perdersi mai. Il puzzle si sarebbe completato pezzo dopo pezzo, tassello dopo tassello... questione di tempo.
Poggiò la testa sul cuscino decisamente più rilassata, pensando ai dettagli e ai piccoli gesti che la rendevano contenta. Pensò al momento in cui avevano chiarito in Sala Comune, all'abbraccio di qualche minuto fa e a quello che si erano scambiati in infermeria. Pensò a quanto Ron fosse un disastro, a quanto la irritava e la faceva arrabbiare. Pensò a quanto fosse impacciato e tenero, a quanto fosse rompiscatole e talvolta inopportuno, a quanto fosse divertente, a quanto la facesse ridere e a quanto fosse attento ai suoi amici. Pensò a quanto gli volesse bene e arrossì leggermente, mentre un altro sorriso si dipinse sul volto prima di chiudere gli occhi ed abbandonarsi ad un sonno tranquillo.

****
 
Ron era ancora seduto sul divanetto della Sala Comune, con i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani unite. Era rimasto in quella posizione da quando Hermione era andata a letto. Non sapeva darsi una spiegazione a tutto quello che era appena accaduto. Ancora una volta, quella sera, si ritrovò la mente strapiena di immagini e parole. Ma stavolta erano immagini e parole che lo facevano arrossire e sorridere allo stesso tempo.
Le aveva chiesto scusa e l'aveva perdonato, nonostante tutto. Ma perché Hermione riusciva sempre perdonare i suoi errori? Nonostante avesse più orgoglio che sangue nelle vene, ogni volta che lui creava casini, lei si arrabbiava ma poi tutto tornava al proprio posto. Proprio come succede tra amici o tra fratelli...

Hermione è così... così Hermione!
Ok, con tutti quei difetti che si ritrova, l'insopportabile so-tutto-io...
Ma, insomma, lei è... lei!
Avrò usato così tante parole stasera, che non riesco ad esprimere altro! 
È che mi sembra tutto così bizzarro...
Certo lei è strana, quindi le situazioni che si vanno a creare quando c'è lei di mezzo non possono essere normali, no?


Sorrise a quel pensiero e pensò che se Hermione fosse stata una legilimens (e lei poteva tutto!), probabilemente una bella fattura gliel'avrebbe di certo scagliata!
Pensò all'abbraccio. Ancora una volta lei si era spinta in quel che per lui era "oltre", ma stavolta era stato diverso, perché stavolta aveva risposto a quel dolce abbraccio che di senzazioni belle gliene aveva lasciate tante. Si chiese se avesse già letto il libro che le aveva regalato e il bigliettino. Be', non era nulla di che, una come lei meriterebbe così tanto. Si immaginò la faccia strana che avrebbe potuto fare mentre leggeva quella breve storiella per bambini, e rise piano.

Lei e i suoi libroni che mi fanno venir il mal di testa solo a guardarli.
Lei e tutte quelle materie complesse che le alterano il sistema nervoso... e poi viene a prendersela con me!
Lei e la sua mania del controllo su tutto e tutti!
Lei e la sua intelligenza.
Lei è brillante, testarda.
Lei è orgogliosa, gentile.
Lei che ride alle mie battute.
Le che mi abbraccia e mi sorride, una tantum, però lo fa... e lo fa in un modo così speciale.
Lei che mi rimprovera praticamente... sempre!
Lei che mi perdona sempre.
Lei è così lei... è così Hermione!
Non so proprio come farei...


Per un attimo la mente lo riportò al ballo, a lei e a Krum. Storse il naso disgustato. 
Io non è che sono geloso è che... non può e basta...
Oh, Miseriaccia, ma perchè devo rovinarmi tutto pensando a loro?
Andiamo, è tutto ok, tutto si sistemerà, no?


Si alzò deciso dal divanetto e si avviò verso la scala del dormitorio. Mentre saliva gli scalini, pensava che forse, sì, stava cominciando ad innamorarsi della sua migliore amica. Quante volte l'aveva già pensato? E quante volte aveva scacciato quel pensiero? Ma poi le emozioni avevano preso il sopravvento: la voglia di invitarla, ma senza farle capire perché. Il desiderio di essere il suo accompagnatore, ma spiegandole che sarebbero andati al ballo "semplicemente come amici". E poi era arrivata quell'incontrollabile gelosia, e se in precedenza aveva cercato di nascondere anche a se stesso quel forte sentimento, quando l'aveva vista con Krum, si era reso davvero conto di quello che gli stava accadendo. Ma cosa fare? Lasciare che il tutto faccia il proprio corso? In fondo aveva ancora bisogno di schiarirsi per bene le idee, non poteva buttarsi mica a capofitto in un'impresa del genere? E poi c'era Krum... 
Ma non importava, lui le aveva chiesto se fosse tutto ok mentre si stavano abbracciando e lei aveva detto di sì e questo era già un passo, no? Lui aveva provato a tirare fuori il suo coraggio, anche se non del tutto, e questo era un altro passo avanti. 
Dopotutto lui era un Grifondoro e il coraggio ce l'aveva, nascosto ma ce l'avevaE ce l'avrebbe fatta.
Ci sarebbero arrivati.
Tassello dopo tassello e il puzzle si sarebbe composto.

Tempo al tempo.
Si sarebbero capiti.



 
Fine!
Oh, mi sono divertita davvero tanto! Ron e Hermione sono straordinari ed entrare nella testa di Ron è un vero e proprio spasso! Spero di essere riuscita ad impersonarlo bene dal primo all'ultimo capitolo, perchè è davvero importante. In questo capitolo ho avuto un po' di dubbi su come "gestire" Hermione, a dir la verità. Lei è così razionale e inizialmente mi sembrava un po' strano che potesse perdonare Ron solo dopo qualche ora. Ma lui, be', è così tenero... come si fa a non perdonarlo, andiamo! Quindi ha fatto tutto lui e Hermione ha agito col cuore perchè gli vuole davvero bene. Avevo un po' di dubbi anche sul fatto che Ron, già dal quarto anno, fosse un po' più attento a dettagli che riguardassero Hermione: il complimento sui capelli, un libro come regalo (una storia in particolare...), il fatto che raccolga il braccialetto. Ma, ecco, io credo che lui facesse/dicesse delle cose senza pensarci, lo trovo un personaggio molto spontaneo e credo che anche se provasse attrazione per l'amica già dal terzo anno, dal quarto anno in poi, dopo il Ballo del Ceppo, cominci a rendersene seriamente conto... e va automaticamente in panico. 
E, mio Dio, loro sono così adorabili, semplici e così genuini! *^*
Bene, spero che questo capitolo piaccia abbastanza a chi ha seguito la storia, e che piaccia anche ai nuovi lettori, ovviamente! (Non siate timidi, un vostro parere mi farebbe davvero molto piacere, che siano critiche, complimenti o consigli ;) )
Grazie di cuore a rosyweasley93 e a B_Fede93! 
Grazie a chi l'ha inserita nelle seguite o nelle preferite!
Grazie, soprattutto, a questi fantastici personaggi creati dalla nostra Regina!
E, niente, questo è quanto ;)
Saluti maghi e streghe,

Peace, love & Romione ♥

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