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Questa fanfiction è scritta per omaggiare il rock e le sue mitiche band,
come Led Zeppelin, Pink Floyd, Rolling Stone, Queen (
Questa fanfiction è scritta per
omaggiare il rock e le sue mitiche band, come Led Zeppelin, Pink Floyd, Rolling
Stone, Queen (e mi scuso per quelle che non ho citato) e i personaggi
emblematici di questo stile di musica che ci hanno lasciato prematuramente; mi
scuso con Orlando Bloom, Elijah e Hannah Wood, Dom Monaghan e Viggo Mortensen
per averli coinvolti in questa storia.
Naturalmente Sunny Cole, Ned
"Nasty" Cole, Russ Mulchay, i The Red Blaze, i titoli delle loro
canzoni (Your eyes between, The purple ballad, Before the sunrise e la parte
del testo di quest'ultima che appare), Darrin Gretchnik e i suoi Mazaria,
TomTom e il suo Delirium, sono tutti frutto della mia mente malata o_O
Questo racconto è scritto nel massimo
rispetto per i personaggi reali citati e vuole solo essere un esercizio di
fantasia; grazie per qualsiasi commento vorrete lasciare. Un ultima cosa...
- Thanks God for
Rock'n'Roll -
Appuntamento al buio
1. La persuasione
Il salotto era arredato in stile
Feng Shui, parquet chiaro, divani bianchi, pochi mobili dal gusto orientale e
un ipertecnologico home theatre; la favolosa vista su Central Park faceva il
resto. New York brillava come sempre, e sembrava una serata tranquilla.
La ragazza si sedette sul divano
con in mano due birre, ne porse una al fratello e si accomodò i capelli dietro
l'orecchio.
"Ohh, finalmente una serata
rilassante e mi posso godere questo film, che l'ho comprato da settimane!"
Dichiarò Hannah, rilasciandosi contro la spalliera; dopodiché si girò verso
Elijah, scrutandolo insospettita.
Il ragazzo era pensieroso,
fissava lo schermo, ma sembrava non vederlo; reggeva la birra con tutte e due
le mani, tenendola tra le ginocchia.
"Che cosa hai, Lij?"
Gli domandò preoccupata, toccandogli un braccio.
"Ninny, ti posso chiedere
una cosa?" Fece lui, voltandosi di scatto; la sorella l'incitò con un
gesto. "Tu come lo hai visto Orlando, ieri sera?" Lei diede
l'impressione di pensarci.
"E come l'ho visto... un
gran bel topo, come sempre!" Rispose tranquillamente. "Stava da dio
con quella camicia, sembra a me, o diventa ogni volta meglio?"
"Ma non intendevo dal punto
di vista fisico!" Sbottò Lij. "Brutta maniaca che non sei altro!"
"Dai, non ti
offendere!" Ribatté divertita Hannah, dandogli una piccola spinta.
"Tu vuoi sapere come sta, secondo me?" Lui annuì. "In tutta
sincerità, l'ho visto un po' spento, per me ha preso una bella batosta."
"Hm..." Confermò
Elijah. "...la pensiamo allo stesso modo."
"Pensavi di fare
qualcosa?" Gli chiese la sorella, mettendosi seduta in modo da guardarlo
in faccia; lui storse la bocca.
"Mah, non so..." Mormorò titubante Lij. "E' un mio
amico, e gli voglio bene, ma parliamoci chiaro, lo vedo sì e no due volte
l'anno, non posso dire di conoscerlo così bene da sapere di cosa ha bisogno
davvero." Aggiunse dubbioso, stringendosi nelle spalle.
Hannah sbuffò. "Hai
ragione." Disse poi. "Ma capisco anche che vorresti aiutarlo."
"Sai, stamattina ne ho
parlato anche con Dominic."
"Oh, mamma!" Sbottò la
ragazza, battendosi una mano sulla fronte. "Per carità, bravissimo
ragazzo, simpatico da morire, ma non ci fai un pasto buono!"
"Guarda, che quando c'è da
aiutare un amico si fa in quattro!" Replicò Elijah.
"Non lo metto in dubbio,
ma..." Tentò la sorella. "...che io sappia non ha mai avuto una
relazione seria come quella di Orlando."
"Ehhh, appunto..."
Ribatté scoraggiato il ragazzo, poi chinò il capo sospirando. "Io vorrei
davvero fare qualcosa..." Continuò, risollevando gli occhi su Hannah.
"Che ne dici, se intanto domani sera l’invito a cena?" Le chiese.
"Per me va benissimo."
Accettò tranquilla lei, facendo spallucce. "Mi fa piacere per due motivi,
primo, Orlando è di bocca buona e gli va bene quello che cucino, e poi..."
Alzò maliziosa le sopracciglia. "...il ragazzo è sempre un gran bel
vedere..."
"Ninny, sei fidanzata!"
Esclamò Lij fingendosi scandalizzato; scoppiarono a ridere.
La sera successiva Orlando si
presentò puntualissimo a casa degli amici; si era messo piuttosto casual, vista
la situazione: giacca di pelle, camicia e jeans. Venne Lij ad aprirgli, lui lo
salutò affettuosamente, poi entrò.
La prima persona che si trovò
davanti fu un tizio allampanato, vestito molto alla moda, capelli sparati e
piercing sul sopracciglio; teneva un atteggiamento sicuro di se e molto
rilassato, l'espressione leggermente compiaciuta.
"Ah, Orlando..." Fece
il padrone di casa, facendolo avvicinare al tizio. "...lui è TomTom, il
ragazzo di Hannah." Li presentò; Orlando lo fissò un po' stranito.
"TomTom?" Fece,
perplesso.
"Sì." Rispose l'altro,
atteggiandosi. "E' il mio nome d'arte, io faccio il PR al Delirium."
"Ah, il Delirium..."
Mormorò l'attore, sempre più allibito. "...non credo di esserci mai
stato..."
"Dovresti." L'interruppe
Tom, poi se n’andò verso gli aperitivi.
Orlando si girò verso Lij
allarmato. "Delirium?!" L'amico scosse il capo con un gesto
noncurante, come a dirgli di non farci caso.
Dopo questo primo incontro, i due
ragazzi si recarono in cucina a salutare Hannah; la ragazza era impegnata con
la salsa che bolliva in padella.
"Hey, bambolina!" La
chiamò Orlando; lei si girò sorridendo.
"Uh, ma quanto vi
strusciate?!" Intervenne ironico Lij. "Sembrano sei mesi che non vi
vedete, ed eravamo insieme l'altro ieri!" Loro si girarono, rimanendo
abbracciati, e gli fecero la linguaccia. "Fate come vi pare, ma di là c'è
TomTom..." Aggiunse il ragazzo, lavandosene divertito le mani.
"Ma lascialo bollire nel suo
brodo, quello!" Sbottò Hannah con un gesto, poi tornò a guardare l'amico.
"Io ho un Orlando Bloom per le mani..." Si misero entrambi a ridere,
mentre Lij tornava in soggiorno.
La cena, con quelle premesse, si
dimostrò allegra e tranquilla, come sempre del resto a casa di Elijah; TomTom,
invece, confermò appieno la prima impressione di Orlando, e cioè il fatto di
essere uno sborone di prima categoria, di quelli che hanno fatto tutto prima, e
meglio, di te, che hanno già provato tutte le ultime novità tecnologiche e conoscono
più gente di quella che una persona normale potrebbe mai conoscere in una vita.
Quello che confortò l'inglese fu il fatto che Hannah gli desse il giusto peso;
non sarebbe durata.
Qualche ora più tardi Lij e
Orlando erano in terrazza a fumare una sigaretta; era una notte limpida e mite,
nonostante fosse ormai autunno, e una luna alta tingeva di azzurrino gli alberi
del parco sotto di loro. Orlando guardava l'orizzonte, apparentemente
concentrato a godersi la bella serata; Lij lo osservò per qualche istante,
finché si decise a parlare.
"Allora, come vanno le
cose?" Gli chiese; l'inglese si girò, alzando le sopracciglia, poi fece un
passo e spense la sigaretta nel posacenere posato sul tavolino.
"Mah, il lavoro va
benone." Rispose stringendosi nelle spalle. "Questo nuovo copione mi
sembra veramente buono, anche se mi scoccia un po' dovermi spostare di
nuovo." Aggiunse con una smorfia, sedendosi su una poltroncina.
"E... per il resto?"
Riprese Lij, imitandolo. "Esci con qualcuna?"
Orlando negò col capo. "No,
ho deciso di prendermi un periodo solo per me, senza donne nella mia
vita." Spiegò poi, con un eloquente gesto delle mani. "Credo di
averne bisogno."
Quella risposta mise un po' in
agitazione Elijah, se era così deciso a non volere presenze femminili accanto,
sarebbe stato un casino proporgli quello che aveva in mente; ma quella sera Lij
era caricato, lo voleva convincere a tutti i costi.
"Ehhhh..." Sospirò in
tono comprensivo. "Capisco cosa vuoi dire." Continuò annuendo.
"C'è anche una mia amica, che è uscita da una storia un po' così, e ora
non si vuole complicare la vita..." Buttò lì, restando vago.
Ma Orlando mangiò la foglia; non
era uno stupido e, purtroppo, Elijah non era il primo che provava a tirarlo su
col vecchio metodo del chiodo scaccia chiodo. Come faceva a spiegare ai suoi
amici di non essere depresso, ma solo in una fase di assestamento? Specialmente
se non volevano capire? Si girò lentamente verso il ragazzo, con sguardo
sospettoso.
"Elwood, questa non è una
premessa per organizzarmi un'uscita con lei, vero?" Chiese torvo.
"Perché sappi che ci ha già provato Dom, e gli è andata male."
Aggiunse, prima che Lij potesse dire qualsiasi cosa.
"Ah, davvero?" Mormorò
imbarazzato l'amico, senza sapere dove guardare.
"Sì." Confermò Orlando.
"Un paio di settimane fa mi ha presentato un gruppo di scipite bionde
californiane, vuote e insopportabili, mi sono rincoglionito per una serata a
sentire le loro squillanti vocine, mi sembrava di essere in un’orribile
versione di Lo Scapolo!" Sbottò poi, decisamente infastidito.
"Oh, ma guarda che Sunny non
una scema, è simpatica, brillante..." Tentò di replicare Lij.
"Si chiama Sunny?"
L'interruppe Orlando; l'amico annuì. "Ed è bionda?"
"Abbastanza bionda,
sì..."
"Ascolta..." Fece
l'inglese, raddrizzandosi sulla sedia. "...il fatto che mi piacciono le
bionde, non significa che mi dovete presentare tutte le oche ossigenate con
nomi stupidi che frequentano il vippaio di turno." Finita la frase sospirò
appoggiandosi allo schienale.
Lij si sporse verso di lui.
"Se ti dico che Sunny non è una stupida, ci devi credere, non ti
racconterei mai cazzate." Replicò quindi; Orlando girò il capo verso di
lui.
"Se mi voglio scopare una
bionda, non ho che da schioccare le dita." Affermò stancamente; scese il
silenzio e si misero a guardare fuori.
"Oh, lo volete il
caffè?" Gli domandò poco dopo Hannah, mettendo la testa fuori; entrambi la
guardarono. "Che c'è?" Chiese allora la ragazza, vedendo le loro
facce contratte.
"Tuo fratello mi vuole
appioppare una sua amica bionda." Confessò Orlando.
"Beh, e allora?" Fece
lei. "Ti piacciono così." Aggiunse allargando le braccia. "Se ti
piacevano more, mi buttavo io a pesce!" La sua battuta sortì l'effetto di
rilassarli, risero tutti; i due attori, infine, si alzarono per seguirla
dentro.
"Io, ad ogni modo, non
capisco perché vi preoccupate così tanto, tutti quanti, che io ritrovi subito
una ragazza." Dichiarò perplesso Orlando, mentre entravano.
"E' che ci sembri così mogio
da solo." Gli disse dolcemente Hannah; lui le sorrise e le baciò una
guancia.
"Non vorrei essere
insistente." Intervenne Lij. "Ma mi piacerebbe che fossi anche tu,
Ninny, che sembri avere un certo ascendente su quest’inglese cocciuto, a dirgli
che Sunny non è una stupida." Continuò rivolto alla sorella.
"Sunny Cole?" Gli
chiese lei, il ragazzo annuì. "E' vero..." Guardò quindi Orlando.
"...Sunny è una brava ragazza, simpatica e intelligente."
"Vabbene..." Fece
Orlando, quando si fermarono in salotto. "...io credo a tutto quello che
mi dite voi, ma resta il fatto che il mio ultimo appuntamento al buio risale a
dieci anni fa, e me l'organizzò mia madre!" Esclamò. "Finì che mi
sbronzai e vomitai anche l'esofago nella macchina di suo padre!"
"Cazzo, Orlando!"
Sbottò divertito Lij. "Ma perché voi inglesi vi sbronzate sempre?!"
"Ma senti, ora non sei più
un ragazzino deficiente, se una non ti piace glielo dici e basta, non devi mica
essere costretto a bere per dimenticare." Dichiarò Hannah, servendogli il
caffè; si erano seduti sul divano. "E poi avete già qualcosa in comune, anche
lei è inglese."
"Ah, sì?" Fece
l'attore; Lij annuiva.
"Sì, è la figlia di Ned
«Nasty» Cole." Rispose la ragazza, mentre versava l'ultima tazza.
"Chi sarebbe Ned «Nasty»
Cole?" Chiese Orlando incuriosito.
"Come chi sarebbe?!" Tutti e tre si girarono indietro, per vedere
TomTom tornare dal bagno. "Veramente non lo sai?" Aggiunse; i tre
amici si scambiarono sguardi di muta consapevolezza: stava per cominciare
un'altra lezioncina di Tom.
Hannah guardò Orlando. "E'
un musicista famoso." Spiegò, sperando di evitare il pippone.
"E' una leggenda del
rock!" La corresse il fidanzato, sedendosi accanto a lei; la ragazza fece
un sorrisino nervoso. "Era il leader dei Red Blaze, una band che ha
praticamente rivoluzionato il modo di fare rock, negli anni 60-70." Spiegò
poi, saccente.
"Mi spiace, ma non li
conosco." Affermò Orlando rammaricato.
"Questo è quasi
imperdonabile!" Sbottò Tom, reclinando il capo sulla spalliera; Orlando,
che trovava il suo modo di fare semplicemente insopportabile, fece un sorrisino
tirato, quando avrebbe in realtà voluto dargli fuoco dalla parte del culo.
"Ma, veramente, non hai mai
nemmeno sentito Before the Sunrise? E' il loro pezzo più famoso, ogni tanto
alla radio lo passano." Affermò Hannah rivolta all'inglese.
"A dire il vero non lo so,
può darsi..." Rispose confuso Orlando. "...come fa?" Chiese poi,
incauto.
Elijah e Hannah si scambiarono
uno sguardo complice, poi si misero a cantante in coro. "Ahhhhhhh
I'll love you once againnnnnn... Beeefore the sunrise! Come and blind us!
Before the suuuuuuuunrise..." E si unì al coro anche Tom. "...Take your hands from miiiiiiiiiiine... I'll love you once again,
before the suuuuuuunriseeeeeeeeeeeeeeeeeeeeehhhhhhhhh..."
Orlando era agghiacciato, sperò
ardentemente che la canzone non fosse sul serio l'orrore che aveva appena
sentito; si rilasciò contro la spalliera, tossicchiando imbarazzato.
"Beh..." Commentò
Hannah, sistemandosi timidamente i capelli. "...non l'abbiamo interpretata
come Russ Mulchay, ma..."
"Proprio no..." Rincarò
Lij, abbassando il capo.
"Eeee... questi Red Blaze
suonano ancora?" Domandò Orlando, tanto per cavarli d'impaccio, dopo la
triste esibizione di poco prima.
"Ma no!" Rispose
bruscamente Tom con un gesto. "Si sono sciolti nel 77, dopo che l'anno
precedente Mulchay era morto, durante il tour mondiale." Aggiunse, senza
nemmeno guardare i suoi interlocutori; in quel momento, Orlando decise che se
avesse usato ancora quel tono, si sarebbe alzato per dargli una testata.
"Sai, Tom è un appassionato
di rock..." Tentò di giustificarlo la ragazza, infastidita. "Possiede
una delle poche copie autografate da Mulchay di Out of Darkness, il loro disco
più famoso."
"Ah..." Fece Orlando,
fingendo interesse.
"Sì, l'ho soffiato ad un
collezionista giapponese durante un'asta in rete..." Affermò Tom, fingendo
noncuranza.
"Come sarebbe morto, questo
cantante?" Chiese allora Orlando.
"Soffocato dal suo
vomito." Rispose tranquillamente Tom; tutti gli altri fecero smorfie
schifate.
Elijah guardò l'amico. "Eh,
sai, come muoiono queste star..." Gli disse scuotendo il capo.
"Io ti parlo come
star." Replicò l'inglese, posandosi una mano sul petto. "E ti dico
che vorrei morire di vecchiaia, verso i cento, centovent'anni, possibilmente
nel sonno, e che voglio un funerale con picchetto reale e l'Union Jack sulla
bara." Il modo serio in cui lo disse, riuscì a far scoppiare tutti a
ridere, tranne Tom che non capiva l'umorismo dell'affermazione.
A fine serata Elijah riuscì a
strappare a Orlando almeno una cena, dove sarebbero andati insieme e ci sarebbe
stata anche Sunny; si accordarono per quel venerdì sera, prenotazione in uno
dei più esclusivi ristoranti di Manhattan.
Orlando, mentre si preparava
nella sua stanza d'albergo, rifletteva sul fatto che, ultimamente, tutti si
volessero impicciare un po' troppo degli affari suoi; per la maggior parte la
gente che lo circondava, non solo giornalisti e paparazzi, ma anche le persone
più vicine, davano a lui la colpa della fine della sua relazione. La verità la
sapevano solo lui e la ragazza in questione, la donna che aveva amato, e questo
era l'importante; ciononostante, gli dava molto fastidio che lo giudicassero:
le ha fatto le corna, no non gliele ha fatte, non le da abbastanza attenzioni,
e invece la soffoca, stanno troppo lontani, no troppo vicini... Ma cosa gliene
fregava, poi, a loro, in fondo? Lui viveva facendosi gli affari suoi, perché
tutto il resto del mondo non si faceva i propri, invece di stare a contare
quante volte scopava Orlando Bloom?
Sbuffò, guardandosi allo
specchio; si aggiustò i capelli, la camicia rosa tenue, poi prese la giacca
grigia scura e uscì.
Il ristorante si trovava su un
barcone ancorato lungo la sponda dell'Hudson River; era un posto piuttosto
raffinato, frequentato dalla bella gente di New York e abbastanza intimo da non
creare clamore.
Orlando percorse la passerella
illuminata con addosso un vago senso d’inadeguatezza; quella sera non era in
forma, lo doveva ammettere. Osservò la sua faccia nella porta a vetri e provò
un sorriso, non gli venne granché naturale, si senti più cretino che mai.
Vabbene, si sarebbe impegnato, ma lo faceva solo per Lij e Hannah, se la serata
era noiosa sarebbe andato via e basta; ad ogni modo non aveva voglia di
sbronzarsi, perciò.
Entrò e si rivolse subito al
maitre. "Sono Orlando Bloom, dovrebbe esserci un tavolo prenotato, ma sono
un po' in anticipo..." Dichiarò.
"Sì, certamente, Signor
Bloom." Annuì l'uomo. "Venga, l'accompagno." Aggiunse, poi con
un gesto elegante gl'indicò la sala; l'attore lo seguì.
Camminavano tranquillamente tra i
tavoli, quando Orlando vide una ragazza seduta da sola ad un tavolo, proprio
nella direzione dove andavano loro; era una bambolina sullo stile Sex & the
City: tubino rosa, catenina al collo e cascata di boccoli biondi. Orlando
rabbrividì storcendo la bocca; la ragazza era proprio il tipo che aveva sperato
di evitare, tra l'altro era praticamente sicuro che quello era il suo tavolo,
stavano andando proprio lì.
Si bloccò all'improvviso, nello
stesso istante in cui realizzava cosa fare: se la sarebbe svignata, era deciso,
ma che se la sbolognassero da soli, lui non era una cavia da esperimento o un
tappabuchi per bionde mollate dal fidanzato. Girò su se stesso, pronto a
sfuggire al maitre con uno scatto da centometrista.
Sussultò, quando, voltandosi, si
trovò davanti un'altra ragazza; dopo un istante di confusione per entrambi, lei
gli sorrise. Orlando la guardò meglio.
Aveva i capelli corti, al collo,
scalatissimi, castano chiaro con colpi di sole; una frangia scompigliata le
arrivava fino ad un paio di grandi e sensuali occhi blu. Labbra perfette. Alta.
"Ciao." Gli disse,
continuando a sorridere. "Non sono mica in ritardo?" Chiese poi.
Orlando spalancò la bocca,
incredulo. "Sunny?" Fece, mentre realizzava la faccenda.
"Sì." Annuì lei.
"Piacere di conoscerti!" Aggiunse, porgendogli la mano; lui la prese
e la strinse. Si era decisamente tranquillizzato.
"Il piacere è mio." Rispose
con un sorriso smagliante. "Sono Orlando."
"Lo vedo." Replicò
ironica la ragazza, piegando il capo di lato; l'attore si passò una mano sulla
nuca, ridacchiando.
"Volete accomodarvi?"
Intervenne il maitre, indicandogli il tavolo accanto a quello della ragazza
vestita di rosa; Orlando, con un gentile gesto, si fece precedere da Sunny.
La ragazza si tolse il suo
spolverino di pelle nera, prima di sedersi, rivelando due chilometriche gambe
fasciate da aderenti e strani pantaloni; infatti, la parte interna alla gamba
era di jeans, mentre quella esterna era in pelle, sulla cucitura che le univa
c'erano piccole borchie. Il resto lo facevano lo scollato corpetto nero e la
camicia trasparente viola che aveva sopra.
Orlando, però, non si era accorto
che anche lei lo stava osservando; era strano, se lo era immaginato più basso e
più mingherlino, invece stava messo bene. Le piaceva il suo modo di muovere le
mani mentre parlava col maitre; le piacevano le sue mani, molto maschili. Il
pallido rosa della camicia gli donava, faceva risaltare la sua pelle olivastra
e i bei capelli scuri. Un ricciolo ribelle gli era ricaduto sulla fronte, lui
lo rimise a posto con un rapido gesto delle dita; Sunny sorrise.
Finalmente si sedettero,
sorridendosi ancora una volta; il normale imbarazzo di quell'incontro voluto da
altri non era ancora del tutto caduto, ma c'erano buone speranze. Orlando
guardò di nuovo l'orologio.
"Mah, mi sembra strano che
non siano ancora arrivati..." Mormorò, alludendo agli altri.
"Orlando!" Esclamò
Sunny; il ragazzo alzò gli occhi su di lei, sorpreso. "Ci hanno tirato il
bidone, è chiaro come il giorno!" Aggiunse ridendo.
"No!" Fu la prima
risposta dell'attore, allibito. "No, non Elwood! Un amico, praticamente un
fratello! E che cazzo!" Sbottò agitandosi.
"Oh, non ti scaldare!"
Lo blandì lei, divertita. "C'era da immaginarselo."
"E ora che facciamo?"
Domandò Orlando preoccupato, senza guardare la ragazza.
"Beh, siamo qui, in uno dei
migliori ristoranti della città... mangiamo!" Rispose tranquilla Sunny,
stringendosi nelle spalle con un sorriso; lui la guardò, mentre sul viso gli si
formava un sorrisino furbo.
"Sì, mangiamo..."
Mormorò quindi, appoggiando il mento sulle mani alzate. "...e poi
addebitiamo tutto sulla carta platino di Elijah..."
"Conosci il numero?"
Chiese stupita Sunny, osservando l'espressione soddisfatta e maligna sulla
faccia del ragazzo.
"Sì." Annuì
compiaciuto, appoggiandosi contro la spalliera della sedia.
"Ma sei veramente un
bastardo..." Affermò lei, con sguardo complice. "Mi piace..."
"Chi di spada ferisce, di
carta di credito perisce..." Proclamò Orlando sollevando le sopracciglia.
"Ordiniamo."
Il tempo tra l'ordinazione e la
prima portata, lo avevano passato a studiarsi, scrutandosi a volte in modo
distratto, altre apertamente.
L'attenzione di Sunny era
attirata soprattutto dal collo dell'attore, lo aveva già notato in alcune sue
foto che le era capitato di vedere, ma doveva ammettere che dal vivo era tutta
un'altra cosa; ad ogni modo, Orlando si meritava appieno il suo posto nella classifica
degli uomini più sexy del mondo.
Il ragazzo, invece, si divideva
tra gli occhi grigio-blu e il decolté; non che fosse molto formosa, diciamo che
aveva tutte le sue belle cosine al posto giusto, poi portava al collo un corto
laccetto di cuoio con attaccato il Jolly Roger, simbolo dei pirati, cosa che
decisamente attirava l'attenzione.
Quando il cameriere gli portò
l'ordinazione, si accorsero di guardarsi negl'occhi da alcuni secondi; dapprima
si sorrisero, un po' imbarazzati, poi risero piano.
"Forse dovremmo trovare un
argomento di conversazione." Suggerì la ragazza.
"Beh, direi..."
Confermò Orlando, massaggiandosi le nuca. "Parlami un po' di te."
Aggiunse poi, spronato dalla curiosità.
"Perché non di te?"
Replicò lei, con espressione birichina, posando il mento sulle mani; Orlando
alzò le sopracciglia.
"Perché di me si sa
tutto." Rispose quindi, stringendosi nelle spalle; Sunny non era sicura,
ma aveva l'impressione che a lui desse un po' fastidio, la verità di
quell'affermazione.
"Beh, non è che ci sia molto
da dire." Esordì la ragazza, dedicandosi al suo piatto, imitata da
Orlando. "Sono, nonostante le apparenze, una persona abbastanza
normale."
"Che lavoro fai?" Le
chiese l'attore, pensando che facesse la modella o roba così; lei lo guardò,
con un breve sorriso.
"Lavoro alla sede newyorkese
della Virgin." Rispose stupendolo. "Mi occupo di rock,
ovviamente." Aggiunse con un cenno del capo.
"Lij e Hannah mi hanno
raccontato alcune cose di tuo padre." Affermò lui. "Ci ho capito
poco, perché devo confessare che non conoscevo il suo gruppo..." Ammise
poi, timidamente.
Sunny alzò gli occhi dal piatto e
gli sorrise con calore. "Guarda che non è mica obbligatorio, conoscere
tutti i gruppi o i musicisti del mondo!" Esclamò divertita.
"Certo, lo so!" Ribatté
lui; sorrideva, ma si sentiva un po' a disagio. "E' solo che... insomma, è
imbarazzante, poiché sembra che tuo padre sia uno davvero famoso..." E
così dicendo, abbassò gli occhi, per non farle vedere che era un po' arrossito,
non tanto per quello che diceva, quanto per come lei lo guardava.
"Abbastanza famoso."
Soggiunse Sunny; sorrideva, perché Orlando si stava dimostrando davvero carino.
Il ragazzo rialzò la testa e le
sorrise a sua volta. "Mi hanno anche detto che sei inglese pure tu."
Le disse; lei roteò gli occhi, annuendo.
"Ecco, a dire il vero, ci
sono solo nata, in Inghilterra." Confessò tranquilla. "Ho sempre
vissuto qui in realtà, e mio padre è Gallese, ci tiene a precisarlo."
Specificò poi. "Mia madre, invece, veniva dalla Danimarca."
Orlando la guardò sorpreso.
"Danimarca? Veramente?" Sunny annuì. "Sai anche un mio carissimo
amico..."
"Conosco bene Viggo."
Lo interruppe lei; Orlando spalancò la bocca. "E' un amico di mio padre,
che è appassionato di fotografia, si sono conosciuti così."
"Capisco..." Mormorò
l'attore. "Non l'avrei mai pensato."
"Il mondo è piccolo, e New
York è minuscola da quel punto di vista." Fece la ragazza, allargando le
mani. "Più o meno, tutti quelli che frequentano un certo ambiente si
conoscono." Spiegò quindi.
"Che ne pensi di lui?"
Domandò allora Orlando.
Sunny alzò le sopracciglia,
bevendo un sorso di vino. "Viggo è simpatico, come uomo mi dice poco, ma
lo apprezzo come artista."
La cena andò avanti, parlando del
più e del meno, mentre la bottiglia di vino si svuotava; Orlando le raccontò di
quello che sarebbe stato il suo nuovo lavoro, Sunny, invece, delle sue
esperienze ai vari festival rock. Quando stavano finendo il dessert, lei gli
fece una domanda.
"Dimmi un po'." Gli
disse, attirando la sua attenzione. "Chi si nasconde dietro
all'affascinante e bellissimo attore che infrange i cuori di milioni di
fanciulle?" Chiese ironica.
Lui sorrise dolcemente, con vago
imbarazzo, i suoi lucenti occhi scuri si alzarono oltre il loro tavolo,
guardando chissà dove, poi tornò ad osservarla. "Solo un bravo ragazzo di
provincia, con un briciolino di talento, che ha avuto una pazzesca botta di
culo." Rispose infine. "E ora, cavalco l'onda." Sunny,
soddisfatta della risposta, gli sorrise e prese la sua mano sul tavolo.
GRAZIE! Sono molto contenta che questa storia vi stia piacendo! Spero
che il seguito non vi deluda, adesso vi lascio al capitolo nuovo e aspetto i
vostri commenti! See you!
Sara
3. Lungo il fiume
Finita la cena, i due ragazzi
uscirono dal ristorante; Orlando, alla fine, siccome era stato bene, aveva
deciso di pagare tutto lui, ma non lo disse a Sunny.
Scesero dalla passerella
affiancati, l'aria era fresca, ma non pungente; arrivati sul marciapiede, la
ragazza si frugò in tasca, tirando fuori qualcosa.
"Oh, accidenti, sono
finite!" Imprecò, gettando il pacchetto vuoto in un cestino dei rifiuti;
si girò verso Orlando. "Hai una sigaretta?" Gli chiese.
"Hem..." Tossicchiò
lui, grattandosi un orecchio. "...ecco, in teoria, io non fumerei..."
Sunny fece un'espressione strana,
aggrottando la fronte. "Ma, in realtà fumi?"
"Beh, sì... ma poco..."
Rispose il ragazzo.
"Insomma, hai una sigaretta
o no?" Orlando annuì, tirando fuori il pacchetto. "Ecco, ci voleva
tanto?!" Continuò avvicinandosi.
"No, è solo che il mio
agente preferisce che non si sappia, sai per l'immagine." Spiegò il
ragazzo, porgendole le sigarette.
"Che me ne frega, se fumi
oppure no?" Ribatté lei, allargando le braccia. "Io non devo essere
politicamente corretta, sono la figlia di un rocker sopravvissuto all'epoca
d'oro del sesso, droga e rock'n'roll!" Concluse, mentre prendeva una
sigaretta; Orlando gliela accese ridacchiando.
Finì che se ne accese una anche
lui e si misero a fumare appoggiati al parapetto, lungo il fiume. A New York
non si vedono le stelle, sempre che non si sia in cima ad un grattacielo, ma
era lo stesso una sera molto bella.
"Hey..." Sunny lo
richiamò, dopo qualche minuto di silenzio; Orlando si girò a guardarla
interrogativo. "...che ne dici di camminare un po'?" E gl'indicò il marciapiede
che seguiva l'argine. "Sempre se non devi rientrare."
"No." Rispose l'attore
scuotendo il capo. "Ho tutto il tempo che voglio." Lei gli sorrise e
s'incamminò, lui le andò dietro.
"Senti." Fece Sunny,
dopo che si erano allontanati qualche centinaio di metri dal ristorante.
"Ma perché ti hanno organizzato questa cosa con me?" Gli chiese,
appoggiandosi contro il parapetto.
Orlando piegò il capo di lato,
con un sorrisino furbo. "Potrei farti la stessa domanda..." Mormorò.
La ragazza puntò l'indice. "Rispondi
prima tu." Gl'intimò allegramente.
L'attore sospirò rassegnato;
sorrideva, anche se non era proprio entusiasta di cimentarsi in una confessione
in piena regola. Si avvicinò alla spessa ringhiera, sbattendoci sopra le mani
con energia, poi si spenzolò avanti e indietro per qualche secondo; stava
cercando il modo giusto per introdurre l'argomento. Girò appena il capo verso
Sunny, e la trovò piegata all'indietro che lo guardava con espressione
rilassata; le sorrise, capendo che non c'era nulla di cui preoccuparsi, dopo
quella serata probabilmente non l'avrebbe rivista più.
"Quest'estate mi è successa
una cosa." Esordì infine, poi si voltò del tutto verso di lei, mettendosi
di lato rispetto alla ringhiera. "Avevo una storia che andava avanti da un
bel po'."
"Tipo?" Chiese lei che,
dopo l'ultimo tiro, stava buttando la cicca nel fiume.
"Circa quattro, cinque
anni." Sunny sollevò le sopracciglia, sospirando; era una cosa seria,
allora.
"Vai avanti." Lo
incitò, girandosi a sua volta, per averlo di fronte; lui, invece, si mise a
guardare il fiume.
"Io, negli ultimi sei anni,
non mi sono fermato un attimo, ho lavorato con accanimento, perché la fama è
una cosa effimera e lo so benissimo..." Riprese serio, concentrando lo
sguardo sulle luci riflesse nell'acqua, era più facile parlare così.
"...perciò ho dato tutto me stesso alla carriera, anche se nel frattempo
mi ero innamorato e vivevo profondamente questo sentimento." Guardò la
ragazza, che annuì, spronandolo a continuare. "Quest'estate, finalmente,
ho deciso che era venuto il momento di staccare la spina e mi sono preso la mia
prima vera vacanza da anni. Ho preso la mia ragazza e sono partito per paradisi
tropicali, come si suol dire."
"E fin qui, mi sembra tutto
normale." Intervenne comprensiva Sunny.
"Era un idillio,
direi." Ribatté amaro Orlando. "Le prime due settimane è stato un
sogno: baci e abbracci, io imbocco te e tu me, sesso ogni notte, e a volte
anche di giorno..." Si scambiarono un sorrisetto malizioso, quindi lui
tornò a guardare l'orizzonte. "Poi siamo tornati a Los Angeles, ed è stato
l'inizio della fine..." Chinò il capo, ma continuò. "...si è rotto
qualcosa." Sentenziò mesto. "Sono iniziate le discussioni, per ogni
stupidaggine, le male parole, e quel che è peggio... i silenzi e la noia... Non
ci potevamo più vedere, ci davamo reciprocamente la nausea, così, prima di
arrivare ad odiarci, ci siamo lasciati." Concluse, stringendosi nelle
spalle.
"Credo di capire, quello che
vuoi dire." Affermò la ragazza seria, incrociando le braccia.
"Io non so chi ha mollato
per primo." Dichiarò arreso Orlando, mettendosi appoggiato alla ringhiera
di spalle. "So soltanto che è finita, né gioia, né dolore..."
Aggiunse allargando le mani e scuotendo il capo. "...non ci siamo
strappati i capelli, non abbiamo festeggiato, ci siamo solo rassegnati al fatto
di non amarci più."
"Sono comunque storie che
lasciano un retrogusto amaro." Commentò Sunny, osservandolo, sembrava
abbastanza tranquillo.
Orlando sbatté gli occhi, quasi
infastidito. "Certo!" Esclamò poi, tornando a girarsi verso di lei.
"E' normale, biologico, ma i miei amici si sono messi in testa che io
soffro come un cane, che sono caduto in depressione, e questo solo perché sono
meno brillante del solito!" Sbottò poi, facendo una smorfia.
"Hai provato a spiegargli
che non è così?" Domandò timidamente la ragazza.
"In tutti i modi!"
Rispose lui. "Non intendono, sono delle teste dure peggio della mia!"
Proclamò a braccia allargate.
"Forse è il tuo
comportamento..." Ipotizzò Sunny, con un sorriso divertito.
Il ragazzo sbuffò arreso.
"Ammetto che in questo periodo non sono di grande compagnia..." Lei
si sentiva di smentirlo. "...ma sto attraversando una fase di adattamento,
dopo tanto tempo non è facile svegliarsi in un letto vuoto, fare colazione da
solo o non doverla chiamare nella pause del lavoro, calcolare i fusi per
parlarle quando sono lontano... insomma, mi devo abituare, ma giuro che non sto
male, semplicemente non provo nulla." Concluse, stringendosi nelle spalle.
"E forse è peggio."
Mormorò la ragazza, scrutandolo; era sicura che, in ogni modo, quella storia un
po' di dolore glielo aveva lasciato, ma lui lo nascondeva bene.
Orlando la guardò negl'occhi per
un lungo momento. "Probabilmente è peggio, sì, ma per ora è così, e non so
che farci." Sunny fece una smorfia sarcastica, mentre si spettinava la
lunga frangia; lui, allora, incrociò le braccia, sorridendo sornione. "Io
mi sono confessato, ora tocca a te." Lei rise, poi posò i gomiti sulla
ringhiera.
Il lungo momento di silenzio che
seguì era riempito solo da una sirena lontana e dallo sciabordio del fiume
contro l'argine di cemento; Sunny guardava verso il ponte illuminato, lei non
si vergognava della sua storia, solo voleva essere più ironica possibile, in
modo che non venisse fuori quanto aveva realmente sofferto.
"La mia storia..."
Esordì infine, dopo un sospiro. "...si è conclusa in modo un po' più
rocambolesco, rispetto alla tua." Lo guardava sorridendo, lui sembrava
incuriosito.
"Dimmi tutto." L'incitò
l'attore; lei alzò gli occhi al cielo un po' imbarazzata, poi riprese a
camminare, affiancata subito dal ragazzo.
"Mi ci vorrà un'altra
sigaretta..." Non fece in tempo a finire la frase, che lui le aveva già
porto il pacchetto; si sorrisero e lei ne prese una.
Per accendere la sigaretta,
dovettero fermarsi un attimo, si voltarono l'uno verso l'altra, trovandosi a
pochi centimetri di distanza. Lei si sporse, lui avvicinò l'accendino; tutto
questo lo fecero guardandosi negl'occhi. Era innegabile per entrambi, che ci
fosse una discreta attrazione, ma decisero d'ignorarlo, per il momento. Il
rumore metallico dell'accendino che si chiudeva li scosse, sorrisero e
ripresero a camminare.
"Dunque..." Riprese la
ragazza. "...io stavo con un tizio, da un paio d'anni circa, tra tira e
molla vari." Spiegò tranquilla. "Si tratta di Darrin Gretchnik, il
leader dei Mazaria, non so se li conosci..." Orlando la guardò,
pensandoci.
"Oh, sì!" Esclamò poi,
ricordandosi. "L'ho conosciuto qualche tempo fa, ad un party..."
Continuò. "...mi ha dato come l'impressione che si lavasse poco..."
Aggiunse storcendo la bocca; lei lo guardò divertita.
"Forse perché, in effetti,
non si lava." Affermò allegra; risero.
"Dai, raccontami il
resto." L'incitò Orlando, quando smisero di ridere.
"Beh, niente di che."
Fece Sunny, allargando le mani. "Un sera, ero di ritorno da Londra, e lui
lo sapeva, gli ho fatto un'improvvisata..." Smorfia con sibilo
dell'attore, occhiataccia sorridente della ragazza. "...nel suo
appartamento, di cui per altro avevo le chiavi."
"Ragazza, ma non ti hanno
insegnato nulla? Non lo sai che le sorprese non si fanno mai?" Domandò
ironico Orlando, accompagnando il tutto con uno dei suoi sguardi assassini.
"Ehhh, che ci vuoi fare,
ormai è andata..." Replicò lei. "Ad ogni modo..." Continuò, dopo
aver battuto le mani. "...entrai in casa e lo trovai intento in esercizi
di equitazione con una procace rossa..."
"Oddio!" Esclamò
Orlando ridendo; Sunny lo guardò.
"Sì, più o meno era quello
che stava dicendo lui... Oh, Oddio, sì
baby, vieni così!" Mimò, imitando il tono dell'ex. "Ovviamente la
nostra relazione è finita lì, adesso siamo in causa." Spiegò infine,
tranquillamente.
"In causa? E per quale
motivo?" Chiese stupito l'attore.
"Danneggiamenti."
Rispose noncurante la ragazza. "Gli ho spaccato il maxischermo a cristalli
liquidi, semi distrutto la saletta registrazione di casa, rotto i vetri della
macchina e bucato le gomme... ah, gli ho anche buttato dalla finestra il
palmare!" Il ragazzo era allibito, quella ragazza non sembrava certo
innocua, ma nemmeno così violenta. "Ho rifiutato il patteggiamento."
Aggiunse poi, tornando a guardarlo. "Ad andare male mi condanneranno al
servizio sociale, e ti dirò, per me è quasi una ricompensa." Affermò
soddisfatta.
"Caspita, sei
pericolosa!" Commentò Orlando. "Tradirti non è consigliabile!"
"Guarda, a dire il vero, non
sono tanto le corna..." Ribatté calma, gettando il mozzicone a terra e
spegnendolo. "...quelle può capitare a tutti di averle. Quello che non mi
va giù è essere presa per il culo."
"In che senso?"
Soggiunse l'attore incuriosito.
"Sai che cosa è stato capace
di dirmi, quando l'ho beccato a farsi cavalcare?" Lui negò col capo.
"Si è giustificato dicendo che le stava firmando un autografo!"
Orlando spalancò gli occhi, cercando di trattenersi dal ridere, ma era dura,
anche per il tono che stava usando Sunny. "Dico, ma si può essere più
idioti?! A te è mai capitato di firmare un autografo mentre eri steso
orizzontale e coi pantaloni calati?" Stavano ridendo entrambi, ormai.
"Direi proprio di no!"
Rispose lui, cercando di smettere di ridere. "Una volta, una si è tolta le
mutande per farmele firmare, ma niente di più!" Affermò alzando le mani.
"Ah, dovevo dare retta a mio
padre!" Dichiarò allegramente la ragazza, scuotendo il capo. "Lui lo
ha sempre detto che Darrin era un viscido idiota!"
"Che tipo è lui?"
Chiese, abbastanza all'improvviso, Orlando; Sunny gli dedicò uno sguardo
sospettoso.
"Darrin?" Fece
perplessa; le sembrava strano che lui volesse sapere qualcosa in più del suo
ex, magari era un fan...
"No, tuo padre."
Rispose Orlando, riprendendo a camminare avanti a lei; Sunny lo seguì con gli
occhi, per un attimo, interdetta, ma poi sorrise.
"Eh, sai..." Riprese la
ragazza, mettendosi al suo fianco. "...è un tipo piuttosto originale, ma
credo sia abbastanza normale per un artista del suo livello." La sua voce
si era fatta più dolce, lui la guardò, trovandola con lo sguardo assorto.
"Io ho le mie idee su Ned, lo vedo come una specie di reduce..."
L'attore non se la sentiva d'interrompere il suo discorso con stupide domande,
la lasciò continuare. "...è sopravvissuto ad un'epoca mitica della musica,
ma erano anni di eccessi, e lui li ha fatti tutti, adesso è un vecchio
guerriero pieno di cicatrici che non si è arreso, ha solo cambiato modo di
lottare."
"Lo adori, non è vero?"
Domandò dolcemente Orlando; Sunny si girò verso di lui, sorridendo con gli
occhi blu luccicanti nel buio.
"Si vede tanto?" Gli
chiese con aria innocente; lui fu solo capace di sorriderle e prenderla per le
spalle, mentre continuavano a camminare.
Percorsero ancora qualche metro,
poi decisero di tornare indietro, senza però lasciarsi. Il ragazzo la stringeva
delicatamente per le spalle, facendola quasi poggiare contro di se, il suo
profumo dolce nelle narici; lei, invece, lo aveva preso alla vita con
leggerezza, passando col braccio sotto la giacca, ed era bello sentire il
calore della sua pelle oltre la camicia.
"Ma non è che, il tuo ex,
voleva che tuo padre collaborasse ad un suo disco, oppure gli scrivesse
addirittura una canzone?" Le domandò Orlando ad un certo punto,
sull'ispirazione del momento; Sunny si fermò e lo guardò.
"Scherzaci!" Sbottò
poi, divertita. "Mio padre a scritto alcuni pezzi veramente mitici, pensa
a The purple ballad, Your eyes between e..."
"Before the sunrise." L'interruppe
lui; lei annuì.
"Before the sunrise." Ripeté
quindi. "Io preferisco Your eyes between, è più cupa, più rock, ma Before
the sunrise è un classico." Aggiunse.
"Sai..." Fece il
ragazzo, tornando a guardare avanti e stringendola un po' di più. "...Lij
e Hannah me l'hanno cantata..." Raccontò, senza trattenere un brivido, al
ricordo della scena.
"E' stata una cosa
agghiacciante, era orribile..."
"Bada a come parli di quella
canzone!" Esclamò la ragazza, scostandosi un po' da lui; non che il
contatto le desse fastidio, anzi stava diventando pericolosamente piacevole.
"Potrei offendermi, io ne porto il titolo nel nome!"
"Ma... veramente?"
Replicò incredulo Orlando, sbattendo gli occhi.
"Eh, sì." Annuì Sunny.
"Il mio nome completo è Sunrise George Cole." L'attore era sempre più
allibito. "Forse è il caso che ti spieghi." Aggiunse lei, vedendo la
sua espressione.
"Sarebbe gradito."
Ribatté lui con un sorriso ed un lieve inchino.
"Allora, tutto ha origine
dal fatto che io sono nata nel marzo del '77." Cominciò a spiegare la
ragazza. "Nell'ottobre del '76 era morto Russ Mulchay, che oltre ad essere
il front-man dei Red Blaze, era anche il migliore amico di mio padre, dai tempi
della scuola media." Orlando annuì, dimostrandole che seguiva il
ragionamento. "Ned cominciò a pensare di fargli un omaggio e, visto che
Before the sunrise l'avevano scritta insieme, decise di chiamarmi così. In più,
porto come secondo nome quello di Russ, che faceva Russel George Mulchay, ecco
tutto." Concluse allegra, aggiustandosi i capelli.
"Tuo padre è un tipo
originale." Commentò il ragazzo; Sunny lo scrutò con aria furba.
"Potrei dire lo stesso di
chi ti ha chiamato Orlando..." Mormorò poi; scoppiarono a ridere.
Erano tornati davanti al
ristorante; le risate di poco prima si erano tramutate in un silenzio
leggermente imbarazzato, e i due ragazzi si scambiavano occhiate d'attesa, ma
nessuno dei due si decideva a fare il primo passo. Un'idea si affacciò
improvvisa nella mente di Sunny, la ragazza sperò che lui non fraintendesse.
"Senti..." Fece,
voltandosi verso di lui. "...ti andrebbe di ascoltare la vera Before the
sunrise?" Gli chiese; Orlando le rispose annuendo con un dolce sorriso.
"Allora, potremmo andare a casa mia..."
La proposta lo fece irrigidire;
non che l'idea di andare nel suo appartamento gli dispiacesse in se, solo che
erano passati due mesi dalla rottura e non aveva ancora ritoccato una donna. Il
pensiero lo eccitava e gli dava allo stesso tempo disagio; era dolorosamente
consapevole di essere molto, ma molto, attratto da lei, che gli piaceva non
solo fisicamente, ma era presto, troppo presto, per impegnarsi di nuovo.
Sunny, nel frattempo, si era
accorta che lui aveva frainteso alla grande; e come sbagliarsi, davanti ad una
faccia sorpresa e preoccupata come quella. Da una parte era lusingata che
Orlando avesse pensato al più classico degli abbordaggi, però le dispiaceva che
l'avesse classificata come una che ci prova e basta.
"Io... veramente..."
Balbettò il ragazzo, massaggiandosi la nuca; erano passati solo pochi secondi
dalla proposta di lei.
"No, tranquillo!" Lo
rassicurò immediatamente la ragazza, alzando le mani. "Non ho intenzione
di saltarti addosso, non la do mai al primo appuntamento!" Scherzò poi,
tentando di farlo rilassare.
A Orlando parve di ricominciare a
respirare solo in quel momento. "Non... per carità, non l'ho
pensato!" Esclamò quindi, negando con le mani.
"Oh sì, che lo hai
fatto!" Replicò divertita Sunny ridacchiando, ma era ancora un po'
nervosa; il ragazzo continuava a negare col capo, mentre lei annuiva.
"Ohf..." Sbuffò
l'attore, poi, sorridendo, guardò in alto alla sua destra e, infine, rise,
ammettendo i suoi cattivi pensieri.
"Ad ogni modo..."
Affermò la ragazza, ancora divertita. "...non ti volevo circuire, è
soltanto che a casa mia ci sono le registrazioni originali, ed è tutta un'altra
cosa."
"Capisco." Annuì
Orlando, mettendosi le mani in tasca. "E scusami per il mio
comportamento... Vengo volentieri, chiamiamo un taxi?" Aggiunse
tranquillo.
Ehh, come sempre vi ho fatto aspettare un sacco, prima di
pubblicare un nuovo capitolo, ma spero che mi vorrete nuovamente perdonare, il
fatto è che i capitoli, prima di essere postati, vanno scritti e non è sempre
facile!
Sono felice, cara Fr@, che ti
piacciano le mie ff e che continui a seguirle, un bacione a te! Grazie anche a
Moon, Mandy e L_Fy che mi hanno commentata, e anche a tutti quelli che leggono
e basta.
A presto… spero…
Baci Sara
4. Ancora insieme
Quando lei gli aveva detto di
reggersi, Orlando l'aveva presa sul serio, vista la decisione con cui Sunny
faceva rombare il motore della sua potente motocicletta; poco dopo stavano
percorrendo l'autostrada che portava fuori città, verso nord. La grossa moto
nera sfilava sull'asfalto, mentre le sue cromature brillavano nella luce dei
lampioni; La ragazza guidava sicura, ma lui non si sentiva proprio tranquillo,
perciò si teneva con una certa energia.
Uscirono dall'autostrada in una
zona piuttosto boscosa; Orlando si guardò intorno abbastanza sorpreso, non gli
sembrava di aver percorso tanta strada.
"Siamo nel Vermont?"
Domandò a Sunny, sporgendosi verso di lei; la ragazza scosse la testa,
girandosi appena per rispondergli.
"No, è ancora New
York." Rispose poi, tornando ad occuparsi della strada.
Dopo qualche minuto di strada
alberata, Sunny fermò la moto davanti ad un imponente cancello di ferro
battuto, che aprì tramite un telecomando; un breve viale conduceva alla casa,
davanti alla quale c'era una fontana rotonda. L'edificio era altrettanto
imponente che il cancello; era in stile quasi gotico, dava un'apparenza solida
ed era di pietra scura, almeno al buio; infatti, solo una piccola luce sopra la
porta d'ingresso illuminava il tutto.
La ragazza fece scendere Orlando,
poi ripose la moto sotto una tettoia sulla destra; lui, nel frattempo, si era
tolto il casco ed osservava incuriosito la casa.
"Caspita!" Esclamò il
ragazzo. "Non credevo che nello stato di New York ci fossero ancora posti
come questo." Aggiunse perplesso.
"Questa zona è rimasta molto
simile a com'era all'inizio del novecento." Spiegò Sunny, avvicinandosi.
"Quando è stata costruita questa casa."
"Chi vive qui, dico, a parte
te?" Le chiese, spostando gli occhi dalla costruzione alla ragazza.
"Beh, mio padre, John il
maggiordomo e sua moglie Dinah, la cuoca." Rispose tranquillamente Sunny,
prendendo le chiavi.
"Ma non hai fratelli,
sorelle, tua madre?" Continuò Orlando incuriosito; lei lo guardò e
sorrise.
"Mia madre è morta nel '93."
Gli spiegò, poi infilò la chiave nella serratura. "E ho soltanto una
specie di fratello, che vive in Inghilterra." Aggiunse aprendo.
"Una specie di
fratello?!" Ripeté stupito l'attore, mentre la seguiva nell'atrio; Sunny
annuì.
"Sai, queste storie da rockstar."
Affermò quindi, posando il casco su un divanetto che c'era a lato della porta.
"C'era una tipa, che ora è un'impiegata delle poste nel Kent, ma che da
giovane era una scatenata grupie, insomma si è fatta sbattere un po' da tutti,
incluso mio padre." Raccontò tranquilla la ragazza. "Questa donna ha
avuto un figlio e, fin da subito, sostenne che era di Ned, n’è scaturita una
lunga battaglia legale, finché il dna ha dimostrato che è veramente figlio
suo." Concluse, stringendosi nelle spalle.
"Capisco." Mormorò
Orlando, lei gli sorrise.
"E' un bel ragazzo, ha
qualche anno più di me, anche lui lavora nel campo della musica." Dichiarò
poi. "Si chiama Albert... Albert
Bradbury... Cole." Aggiunse pensierosa.
"Lo vedi spesso?" Le
domandò lui, recuperando la sua attenzione; aveva l'impressione che Sunny non
fosse propriamente entusiasta della faccenda.
"No, un paio di volte
l'anno." Rispose, scuotendo il capo. "Di solito c'incontriamo
d'estate, quando vado a Glastonbury." Precisò.
"E, tuo padre, che rapporti
ha con lui?" La ragazza si domandò come mai questa faccenda incuriosisse
tanto Orlando.
"Mah..." Fece,
perplessa. "...amichevoli, per quello che ne so io." Affermò
allargando le mani, poi si avvicinò alla porta a vetri che divideva l'atrio
dall'interno della casa. "Però, sai..." Riprese, quasi
all'improvviso, girandosi verso l'attore. "...sono sempre faccende un po'
strane, cioè, è tuo padre, o figlio, a livello biologico, geneticamente, ma non
è come se ci avessi vissuto insieme, insomma, a livello affettivo la vivi in
maniera sempre un po' distaccata... non so se capisci quello che voglio
dire."
Orlando era ad un paio di passi
da lei, e la guardava negl'occhi; la sua espressione era seria e malinconica, i
grandi occhi scuri vagamente tristi.
"Non hai idea di quanto lo
capisco bene." Mormorò infine.
Sunny lo fissò per un lungo
istante, intensamente, inclinando la testa di lato, cercando di afferrare il
significato di quelle parole, poi gli sorrise. "Ho come l'impressione che
mi stai cantando solo la mezza messa, ma del resto questi sono argomenti di cui
è bene parlare solo quando se ne ha voglia." Affermò tranquilla, tornando
a girarsi verso la porta. "Non voglio sapere nient'altro, andiamo." E
detto questo, l'incitò con un gesto a seguirla dentro.
Orlando rimase favorevolmente
impressionato da quel comportamento della ragazza, qualcun altro, al suo posto,
gli avrebbe fatto il terzo grado; gli piaceva il rapporto che si stava
sviluppando con lei, la complicità che si era instaurata. La seguì.
L'attore, appena entrato
nell'ingresso della casa, si ritrovò circondato da quattro piccole palle di
pelo, e gliene saltò una in braccio; lui sussultò sorpreso, mentre il cagnolino
gli leccava la faccia.
"Giù, Kiki!" Ordinò
Sunny, prendendogli il cane dalle braccia, mentre gli altri tre continuavano a
saltellargli intorno. "Scusa, sono i cani di mio padre, sono molto
espansivi!" Li giustificò lei.
"No, no, figurati!"
Replicò Orlando. "Anch'io ho un cane, forse è per quello che gli piaccio
tanto!" Aggiunse ridacchiando e massaggiandosi la nuca.
"Scusa ancora, ad ogni
modo." Ribatté Sunny. "Fate i bravi, su!" Ordinò poi ai
cagnolini.
"Tuo padre ha quattro
cani?" Chiese il ragazzo; lei lo guardò sorridendo, mentre si dedicava ad
un po' di coccole, altrimenti non gli avrebbero dato pace.
"No, ne ha cinque."
Rispose, sollevando gli occhi su di lui. "La più piccolina, però, sta
sempre con lui, e sono tutti barboncini, li adora, dice che sono più
intelligenti degli altri cani." Precisò poi.
"Beh, può darsi, non ne ho
idea..." Commentò incerto Orlando.
"Dai, seguimi." Gli
disse Sunny rimettendosi in piedi. "Tanto loro non ce li leviamo più di
torno." Aggiunse, alludendo ai cani; Orlando sorrise e s'incamminò accanto
a lei.
Passarono accanto alla scala
principale, attraverso un arco, ed entrarono in un lungo corridoio su cui si
affacciavano diverse porte, fino a raggiungere una stanza in fondo, dopo aver
svoltato a sinistra; Sunny aprì una pesante porta a vetri e accese la luce.
C'era un corto ingresso, che conduceva ad una saletta abbastanza ampia e piena
di roba.
"Eccoci nel piccolo museo
del rock di casa Cole." Gli annunciò la ragazza.
Orlando si guardò intorno: sul
muro di fondo c'era la bandiera del Galles, poi le pareti erano ricoperte di
poster, manifesti, fotografie, dischi d'oro e di platino, chitarre e bassi
erano appoggiati su ripiani, messi in modo da poterle ammirare tranquillamente;
nell'angolo sulla destra c'era pure una batteria con la scritta The Red Blaze,
a caratteri tipo fiammata, sul tamburo più grande. E poi microfoni, abiti,
copertine di dischi; in un altro angolo c'era un pannello dove erano attaccate
lettere, fotografie, piccoli messaggi, fiori e peluches.
"Quelli che cosa sono?"
Domandò Orlando osservandoli; Sunny si avvicinò.
"Roba che portano i fan,
lettere, regali." Spiegò la ragazza; lui la guardò.
"Tuo padre li fa entrare
qui?" Chiese sorpreso.
"Questa stanza ha un'entrata
indipendente." Rispose Sunny, indicandogli le portefinestre che
conducevano nel giardino. "Una volta al mese apre ai fan, che, pur essendo
rockettari dello zoccolo duro, sono molto rispettosi e educati, o almeno, lo
sono sempre stati finora." Spiegò poi, sorridendo.
"Ho capito." Fece lui
annuendo.
"Guarda." L'invitò
quindi la ragazza, prendendolo delicatamente per un braccio e facendolo voltare.
"Queste sono tutte le copertine dei loro dischi."
L'attore le osservò, erano
davvero molto belle, tutte fotografie estremamente suggestive. "Sono
fantastiche." Commentò.
"Sono tutte foto di mio
padre." Affermò lei.
"E' davvero molto bravo,
allora!" Esclamò allegramente Orlando, tornando a guardare le copertine.
"Questo crepuscolo è estremamente suggestivo..." Continuò indicandone
una.
"E' la copertina di Out of
Darkness, il disco più famoso dei Red, ha vinto anche dei premi
quell'immagine." Dichiarò Sunny, con una punta d'orgoglio.
"Ah, Out of Darkness..." Fece
l'attore. "Il ragazzo di Hannah Wood mi ha detto di possedere una
rarissima copia autografata di questo disco."
Lei si strinse nelle spalle.
"Può darsi, se ne trova ancora qualcuna su internet."
"Infatti, lui dichiara di
averla strappata ad un collezionista giapponese..." Riprese il ragazzo,
girandosi; rimase un attimo paralizzato, vedendo Sunny che si toglieva
soprabito e camicetta, rimanendo solo col corpetto nero.
"Scusa, eh, ma qui fa un caldo
tremendo..." In effetti, anche Orlando era accaldato, ma momentaneamente
stentava a capire se dipendesse dalla temperatura; la ragazza tornò da lui.
"Sarà stato Hiroshi, quel giapponese, ha perfino un pool di segretarie che
gli segue le aste in rete." Dichiarò poi.
"Hiroshi?" Mormorò
perplesso l'attore.
"Sì." Annuì Sunny.
"E' un manager di Tokyo, pieno di soldi, fissato con le reliquie del rock
e super fan dei Red Blaze, è diventato anche amico di mio padre tramite
mail." Raccontò.
"Bah!" Commentò soltanto
l'attore, scuotendo il capo con le mani sui fianchi; la ragazza rise.
"Vieni!" L'incitò poi,
prendendogli la mano; lui la seguì docilmente e si fece mostrare una grande
foto incorniciata, sembrava scattata durante un concerto. "Ecco qua i Red
all'opera!" Proclamò, lui guardò l'immagine. "Sul fondo il batterista
Chad Atkins, poi il tastierista Cornell Plank e il bassista Jimmy
Stone..." Gli descrisse. "...e qui davanti, questa bella bionda
mesciata..." Indicò il chitarrista con la faccia coperta di capelli.
"...è mio padre, Nasty, con la sua mitica chitarra." Disse
sorridendo.
"Ahh, vedo il classico
metodo rock dello strumento appoggiato sul pacco..." Commentò malizioso
Orlando, ammiccando.
"Ehhh, ha sempre il suo
bell'impatto sul pubblico femminile..." Replicò Sunny stando al gioco;
scoppiarono a ridere entrambi.
"E immagino..." Riprese
il ragazzo, quando smisero di ridere. "...che questo bel moraccione dal
ricciolo vago sia Russ Mulchay."
"Sì." Annuì lei.
"Oggi o domani fanno un film sui Red, lo potresti interpretare tu."
Suggerì ironica, lui le fece una smorfia e un sorriso; le piaceva la grande
espressività del viso di Orlando, che comunque manteneva quel non so che di
attraente. "Questa è la foto che preferisco di Russ..." Riprese, dopo
essersi accorta di fissare da troppo la faccia di lui, spostandosi verso
un'altra parte della stanza.
Era davvero una bella foto: c'era
Mulchay seduto su un amplificatore, sfondo scuro, una gamba piegata e il gomito
appoggiato sopra, sigaretta tra le dita, pantaloni di pelle e camicia
slacciata; l'uomo rideva, facendo brillare i suoi occhi verdi.
"Ah, ma non lo posso
interpretare io, ha gli occhi chiari!" Esclamò divertito Orlando.
"Scemo!" Ribatté Sunny,
dandogli una piccola spinta; poi si mise ad osservare la fotografia con
espressione pensierosa. "Mio padre ha sofferto molto, quando Russ se n'è
andato, erano legatissimi..." Orlando la guardava, cercando d'interpretare
quel momento di assenza. "...ancora oggi, quando parla di lui, lo ricorda
come la persona più gentile e sensibile che abbia mai conosciuto, nonostante
gli eccessi, la droga, le liti..." All'improvviso alzò gli occhi su
Orlando, sorridendogli.
"Mi hanno parlato della sua
morte..." Mormorò l'attore.
"Non dare retta alle
stronzate che si sentono in giro." Lo interruppe bruscamente lei.
"Russ non è morto affogato dal suo vomito, mentre scopava con una
prostituta raccolta sul Sunset Boulevard." Continuò indignata. "Lui
aveva un vizio, l'eroina, si è fatto una volta di troppo ed è morto per arresto
cardiaco dovuto all'overdose, in una lussuosa suite del Beverly Hills Hotel, da
solo." Concluse con tristezza, chinando il capo.
"Questo non rende la sua
morte meno triste." Commentò Orlando.
"Lo so, ma per noi, la
verità è importante." Quella risposta gli fece capire che Sunny
considerava il cantante scomparso uno della famiglia. "Scusami, ma sono
molto attaccata alla sua memoria, anche se non l'ho conosciuto." Gli
spiegò; era solo la conferma alla sua sensazione.
"No, tranquilla, non ti
preoccupare." La rassicurò il ragazzo, stringendole la spalla sinistra,
dove era tatuata una grande rosa rossa; si sorrisero.
A quel punto, Orlando si mise a
gironzolare per la stanza, mentre lei si rimetteva la camicetta; l'attore si
fermò davanti ad una foto incorniciata che sembrava la copertina di un
rotocalco. C'erano sopra un uomo dai lunghi capelli biondi, vestito molto anni
'70, con pantaloni bassissimi, e una ragazza piuttosto alta, con delle gambe da
infarto che uscivano da una mini, molto mini, gonna.
"Ma questa è Griet Hansen!"
Esclamò sorpreso Orlando indicandola; Sunny lo raggiunse.
"Sì, è mia madre."
Confermò la ragazza; lui la guardò allibito.
"Sei la figlia di Griet
Hansen?!" Le chiese stupito, lei annuì. "Ah, ora capisco da dove hai
ereditato tutta questa bella roba..." Aggiunse malizioso, accarezzando il
corpo della ragazza con gli occhi; Sunny fece un sorrisino sarcastico.
"Sai..." Disse poi,
battendo l'indice sul vetro della foto. "...è l'immagine della prima volta
che li hanno beccati insieme." Gli confessò. "Tu dovresti sapere come
funziona."
Orlando storse la bocca.
"Purtroppo sì." Ammise quindi.
"Non gli davano due
lire." Affermò Sunny, tornando ad osservare la foto, imitata da Orlando.
"Capirai, il rocker ribelle ed eccessivo con la modella famosa, e da tutti
ritenuta un po' oca, invece sono rimasti insieme per vent'anni, fino alla morte
di mamma. Lei lo ha salvato dalla droga e lui l'ha amata con devozione, e hanno
smentito tutti." Dichiarò con orgoglio e una punta di tristezza, poi si
girò verso l'attore e gli sorrise; il ragazzo, intenerito, le carezzò lo zigomo
con delicatezza.
"Sapevo che era sposata con
un musicista, ma non immaginavo davvero..." Commentò poi, ritraendo
lentamente la mano; si era accorto che gli era sopraggiunta un'improvvisa
voglia di baciarla, ed aveva preferito smettere col contatto.
"E, invece, eccoci
qui!" Ribatté la ragazza, allargando le mani. "Così, la
conoscevi?" Gli chiese poi, lui annuì.
"Avevo un suo poster in
camera, da ragazzo." Rispose.
Seguì un attimo di silenzio,
quindi Sunny fece un passo indietro, spalancando gli occhi e alzando le mani,
con una risatina nervosa.
"Oddio, mente mia, cancella
l'orrenda immagine di Orlando Bloom che si trastulla l'uccello davanti alla
foto di mia madre!" Proclamò inorridita, ma ridendo.
"Oh, non ho detto che facevo
quello!" Replicò l'attore ridendo, negando con le mani.
"Ma per favore! Non sono
mica nata ieri!" Sbottò Sunny. "Ma non potevi optare per qualche
altra bellezza degli anni 80, non so Samantha Fox, Brooke Shields..."
"Mi piacciono le bionde!"
Protestò lui.
"Allora torniamo a Samantha
Fox!"
"E' lesbica!"
"E che cazzo ne so io!"
Silenzio. All'improvviso. I due
ragazzi si guardarono negl'occhi per un lungo momento, poi non riuscirono più a
fermarsi, scoppiando in liberatorie risate; risero talmente tanto che dovettero
sedersi sul piccolo divano. Si fermarono con le lacrime agl'occhi, appoggiati
alla spalliera; lui la teneva per le spalle e lei era ancora scossa da qualche
risatina.
Sunny reclinò la testa sulla
spalla di Orlando, guardandolo negl'occhi; quello sarebbe stato il momento
ideale per baciarlo, le sue labbra (adorabili labbra, per altro) erano a pochi
centimetri di distanza e lui aveva proprio quello sguardo... ma non era il
caso, non voleva rovinare qualcosa che era bello così, e poi non era in animo
per complicazioni sentimental-sessuali, in quel momento. Non aveva idea che
Orlando, più o meno, stava pensando la stessa cosa, mentre osservava gli occhi
languidi e le labbra perfette che gli stavano a portata.
Si scostarono leggermente l'uno
dall'altra, nello stesso istante, ma non bruscamente, anzi con una certa
riluttanza, ma continuando a guardarsi.
"Before the sunrise?" Domandò
la ragazza.
"Eh?" Fece l'attore,
che era proprio con la testa altrove.
"La vuoi sentire, o
no?"
"Ahh... Oh, sì!"
Rispose infine, raddrizzandosi sul divano. "Come no, andiamo!" Incitò
alzandosi.
Uscirono dalla sala museo,
tornando nel lungo corridoio; Sunny si avvicinò ad una porta sulla parete
opposta, rispetto a quella della sala, aprendola. Orlando la seguì.
Quando la ragazza accese le luci,
lui capì subito di trovarsi in una specie di studio di registrazione; la stanza
era divisa in due da una grande finestra, dal lato dove erano loro c'erano
varie attrezzature elettroniche, tra cui un computer ed un mixer professionale,
simile a quelli che si vedono nelle radio. Oltre il vetro, invece, c'erano
strumenti musicali e microfoni.
"Vai di là, c'è un'acustica
migliore." Gli consigliò Sunny, indicandogli la porta di comunicazione,
mentre armeggiava col pc; lui ubbidì.
La ragazza, poco dopo, gli parlò
tramite un interfono. "Questa che ascolteremo è una registrazione live che
i Red hanno fatto nel '74, spero che ti piaccia!" Orlando le sorrise,
guardandola attraverso il vetro; lei diede l'invio e lo raggiunse dall'altra
parte.
Qualche istante e la musica
riempì la stanza, insieme agli applausi del pubblico; all'inizio si trattò solo
di pianoforte e chitarra classica, che accompagnavano la voce bassa e potente
di Russ Mulchay; Orlando pensò che quel tipo sapeva veramente cantare, ed era
un peccato che fosse morto. Qualche verso del testo lo afferrò bene, era una
struggente ballata.
... I've run this
years like
There's no future
And no past behind my
shoulders
But till the morning
light
Rise the skin of the
hill
I'll love you once
again
Before the sunrise
That come and blind us
Before the sunrise
Takes your hands from
mine
I'll love you once
again
Before the sunrise...
Quando alla musica iniziale si
unirono una muscolosa batteria e una straziante e meravigliosa chitarra
elettrica, il ragazzo capì perché quella canzone era entrata nella storia del
rock...
Orlando, preso com'era dal
crescendo della voce ipnotica di Mulchay e dall'ultimo virtuoso assolo di
chitarra, non si accorse nemmeno che Sunny lo stava osservano compiaciuta; era
bellissimo, con quell'espressione assorta e un po' stupita e, addirittura,
sembrava quasi commosso dalla bellezza della canzone.
"E' finita." Gli
annunciò infine la ragazza; lui si girò, attonito.
"Cavolo!" Riuscì solo a
dire. "E' una delle cose più belle che abbia mai sentito!" Aggiunse
poco dopo, entusiasta.
"Non è necessario che lo
dici a me..." Replicò dolcemente Sunny, osservandolo con dolcezza.
"...io lo so." E detto questo, si alzò dallo sgabello e gli diede un
bacio sulla guancia.
Ovvia, qualcosa di buono son riuscita a farlo anche in questo periodo un
po' smorto, ho finito questa ff
Ovvia, qualcosa di buono son riuscita a farlo anche in questo periodo
un po' smorto, ho finito questa ff! Mi spiace che sia così breve, ma era
pensata come il racconto di una notte; ad ogni modo mi sono divertita a
scriverla, me la sentivo proprio. Vi ringrazio per averla letta, un bacio ai
commentatori e godetevi l'ultimo capitolo!
Ah, un'ultima cosa, una specie di sondaggio cui potrete rispondere nei
commenti: questi due se lo meritano un seguito? ^_________-
Alla prossima!
Sara
5. Prima dell'alba
"Ti va un caffè?"
Domandò Sunny ad Orlando, quando uscirono dallo studio; il tempo passava e si
faceva tardi, ma nessuno dei due sembrava annoiato di stare insieme.
"Perché no!" Rispose
allegramente il ragazzo, mentre rispondeva all'amichevole assalto dei barboncini
rimasti fuori dalla porta.
"Seguimi, la cucina è a metà
del corridoio." L'incitò la ragazza; lui si alzò e la guardò sornione.
"E' molto lontano?"
Chiese con un mezzo sorriso.
"Mh... se aspetti cinque
minuti passa la navetta..." Ribatté sarcastica la ragazza; risero,
incamminandosi, seguiti dai cani.
La cucina era una stanza
piuttosto ampia, rettangolare, arredata con mobili di legno bianco; su un lato
c'era un grande tavolo con le sedie, mentre dall'altra parte, sull'angolo,
c'erano i pensili e, al centro, il piano di cottura. Orlando seguì Sunny in
quella direzione.
La ragazza, dopo essersi tirata
su le maniche della camicia, si mise a preparare il caffè, mentre lui si
appoggiava al mobile della cucina.
L'attore si mise ad osservarla;
lei si muoveva agile sui suoi tacchi alti, muovendo tranquilla i fianchi
atletici. Era proprio sexy, e non era la prima volta che Orlando lo pensava,
quella sera; adesso stava riempiendo l'acqua battendo col piede il tempo di
un'immaginaria canzone, lui sorrise. Certo che aveva ereditato un sacco di
belle caratteristiche dalla madre... Beh, a parte il naso e gli occhi, il modo
di fare forse, il resto di quello spettacolare fisico, asciutto ma con le curve
giuste, veniva diretto dalla famosa modella danese.
Quando Sunny mise il caffè sul
fornello, si accorse che il ragazzo la stava guardando con le labbra increspate
in un sorriso sornione; piantò i suoi occhi blu proprio in quelli di lui e gli
sorrise a sua volta.
"Che cosa fai?" Gli
chiese ironica, con un ombra di sospetto.
"Stavo pensando che mi
piaci." Rispose l'attore, comodamente appoggiato con le braccia conserte;
lei alzò le sopracciglia.
"Ahh..." Fece poi.
"Sai che... mi sa che mi piaci anche tu." Dichiarò quindi, mentre lo
osservava col capo piegato di lato. "Specie quando fai quel sorrisino
sexy-bastardo..."
Orlando scrollò la testa,
sospirando e staccandosi dal mobile, dopo aver slacciato le braccia. "E...
come ci si comporta in certi casi?" Domandò, avvicinandosi a lei.
"Beh..." Mormorò la
ragazza, mentre sedeva sul mobile dietro di se. "...ci sono molte cose che
si possono fare..."
Orlando, nel frattempo, si era
fermato davanti a lei e aveva posato le mani sulle sue ginocchia. Mai come in
quel momento, in tutta la serata, aveva sentito così forte l'attrazione che li
legava, e sapeva che era reciproco, o Sunny non avrebbe avuto quello sguardo
liquido. Si stavano sorridendo, mentre lui si metteva tra le sue gambe,
spostando le mani ai fianchi.
"Vedi, però, c'è un
problema..." Riprese il ragazzo, continuando a guardarla negl'occhi;
ormai, poggiava con l'inguine contro il mobile, quindi fu lei a spostarsi un
po' avanti.
"Quale?" Sussurrò poi,
sensualmente, senza smettere di fissarlo.
"Il fatto è, che io non mi
sento ancora pronto ad imbarcarmi in una nuova storia." Confessò Orlando,
con la faccia di uno che pensa tutto il contrario. "Dunque, come la
risolviamo?"
"Una bella scopata e
via?" Suggerì ironica Sunny, lui si scostò un po', con un'espressione
sorridente e stupita; si scambiarono un'occhiata divertita, poi scoppiarono a
ridere.
Ridendo si abbracciarono; lei gli
passò le braccia intorno al collo, circondandolo con le gambe, mentre lui la
strinse alla vita, reclinando la testa sulla spalla della ragazza.
"Hem... attenzione, vi bolle
l'acqua..." Una voce profonda e sarcastica li interruppe; Orlando si
allontanò di scatto, spostandosi lateralmente, mentre Sunny scivolò giù dal
mobile, mettendosi in piedi.
"Ned!" Esclamò la
ragazza.
Davanti a loro c'era un uomo in
jeans e camicia fantasia, con in braccio un barboncino nero, li osservava con
un sorrisetto sornione; sarà stato alto più o meno un metro e novanta, con
corti capelli chiari, profondi occhi blu e una cicatrice sul mento.
"Sei ancora alzato?"
Gli domandò Sunny.
"Eh, sì..." Rispose,
continuando a lanciare occhiatine all'attore. "Ti dispiace?" Aggiunse
allusivo, rivolgendosi a lei.
"Ecchecazzo!" Sbottò
con disappunto la ragazza, incrociando le braccia; con uno spostamento
degl'occhi l'uomo le indicò il ragazzo, lei sbuffò. "Ti presento
Orlando." Gli disse indicandolo, poi si girò verso di lui e gl'indicò
l'altro. "Orlando lui è mio padre, Andrew Cole detto Ned."
Dopo un attimo d'imbarazzo,
l'attore andò verso di lui con la mano tesa. "E' un piacere conoscerla,
Signor Cole." L'altro non gliela strinse, ma sorrise ironico.
"Permettimi di dubitarne,
figliolo." Gli rispose quindi, mentre si versava il caffè appena pronto.
"Quante volte ti ho detto, Sgorbio, di farle di sopra queste cose?"
Aggiunse, chiaramente rivolto alla figlia, ma senza guardarla.
Orlando era rimasto un attimo
interdetto, con la mano alzata, ma la riabbassò quando capì che Ned non gliela
avrebbe stretta; voleva però dire qualcosa per discolparsi. "Guardi che
non facevamo nulla..." Mormorò, accennando un sorriso.
"Come no." Replicò lui,
sedendosi a tavola con la sua tazza. "La conosco mia figlia..."
Sunny, a quelle parole, chinò il capo massaggiandosi imbarazzata la fronte.
"Ned..." Sussurrò,
aggrottando le sopracciglia.
"Dimmi..." Fece l'uomo,
senza ascoltarla. "...sei nella musica, Orlando?" Domandò al ragazzo;
lui sospirò, appoggiandosi al mobile.
"No, sono un attore."
Rispose infine.
"Ah..." Commentò Ned,
sgranocchiando un biscotto preso dal vaso sulla tavola. "Di cinema?"
"Sì." Annuì Orlando.
"Mh, è da quale parte
dell'America arrivi?"
"Veramente, io sono di
Canterbury..."
L'uomo si decise ad alzare gli
occhi su di lui, aggrottando la fronte. "Kent?" Chiese fissandolo.
"Quella." Confermò
l'attore; Ned si girò verso Sunny, con espressione poco convinta.
"E' inglese." Le disse.
"Lo so." Ribatté lei, con
divertito fastidio. "Mi stai mettendo in imbarazzo, papà..." Aggiunse
guardandolo negl'occhi.
"E perché? Gli sto solo
facendo qualche innocua domanda, in fondo uscite insieme, io mi preoccupo per
te." Spiegò lui sorridendo; Sunny scosse il capo. "Come ti vanno le
cose, figliolo?" Domandò quindi, tornando a guardare Orlando.
Il ragazzo era leggermente
perplesso e ci mise un secondo prima di rispondere. "Me la passo
abbastanza bene, al momento..."
"Ehhh..." Replicò Ned. "...quelli
come te, tirano al botteghino..."
"Ora basta." Intervenne
decisa Sunny, interrompendolo; entrambi gli uomini si voltarono verso di lei.
"Il terzo grado è finito."
La ragazza si diresse energica
verso Orlando e lo prese per un braccio; sul viso aveva un sorrisetto nervoso.
Lo condusse verso la porta, sotto lo sguardo divertito di Ned.
"Buonanotte papà!" Gli
augurò con urgenza Sunny.
"E'... è stato un piacere,
Signor Cole..." Balbettò l'attore, mentre lei lo trascinava via. "E
ancora complimenti per il suo lavoro!"
"Grazie figliolo, ci vediamo
domattina!" Proclamò l'uomo, salutando con la mano; Orlando spalancò gli
occhi stupito, mentre Sunny lo guardava malissimo. Lui ridacchiò.
I due ragazzi si fermarono nel
corridoio, di fronte all'arco che conduceva alle scale, ridendo; la ragazza gli
lasciò il braccio, si guardavano negl'occhi, allegri.
"Scusalo." Esordì lei.
"Adora stuzzicare i miei amici."
"Ma no, non è un problema,
io sto allo scherzo, è stato anche simpatico, nonostante
l'interrogatorio..." Ribatté tranquillo Orlando, massaggiandosi la nuca.
"E' tremendo..."
Commentò Sunny, scrollando il capo.
"Però..." Riprese lui,
facendole rialzare gli occhi. "...me lo immaginavo diverso, tuo
padre."
"Ah, beh, non porta più i
capelli lunghi dagli anni ottanta ed ha messo su un po' di pancetta, ma, per
quanto mi riguarda, è sempre un gran bell'uomo!" Replicò lei sorridendo.
"Vi somigliate molto."
Affermò l'attore. "E mi sa anche caratterialmente..." Aggiunse
divertito, dandole una piccola spinta sul naso con l'indice; lei rispose con
una bellissima risata dolce, reclinando all'indietro la testa.
Ad Orlando sembrava impossibile
che, nel corso di quelle poche ore, le sue sensazioni verso Sunny fossero
passate da «m'intriga» a «decisamente mi piace», a «mi attrae alla grande» fino
a «ci farei sesso anche su una lavatrice»; quella ragazza gli trasmetteva degli
impulsi molto forti, adorava il suo modo di porsi, così spontaneo, quello che
diceva, il suo vivere apertamente le passioni. Era sexy, intelligente,
spiritosa, mai invadente, pratica, e lo attizzava a palla, gli ormoni gli
partivano col diretto anche solo a starle accanto. C'era un problema, però: lui
si sentiva ancora piuttosto fragile, per via della recente rottura, e riteneva
di sminuire Sunny, pensando di portarsela solo a letto; il poco tempo passato
insieme era bastato perché in lui maturasse un grande rispetto per quella
ragazza. Doveva riprendere un attimo fiato, stare per un secondo da solo...
"Dov'è il bagno?" Le
chiese, quando Sunny smise di ridere.
"Quella porta laggiù."
Gl'indicò un punto alle sue spalle; lui si girò e vide l'entrata, la ringraziò
con un sorriso e si allontanò.
Quando Orlando entrò nel bagno,
la ragazza sospirò profondamente, mettendo le mani sui fianchi e chinando il
capo. Non era mica facile stargli vicino. Erano mesi che un uomo non la
eccitava tanto; a lui erano bastate un paio d'occhiate date a modo e quel
sorriso scanzonato. Parlando in modo irrazionale, gliel'avrebbe servita su un
piatto d'argento, ma farlo le sembrava compromettere un rapporto bello, e potenzialmente
profondo, che stava nascendo. Ciò non toglieva che faceva fatica a
controllarsi, continuava a pensare a come poteva essere il sapore delle sue
labbra, o avere le sue mani sulla pelle, oppure aprire del tutto quella camicia
e finalmente vedere quel che ora poteva solo immaginare... No, non era pronta,
sapeva di non esserlo, e non le andava di coinvolgere Orlando nelle sue seghe
mentali.
"Oh!" La voce di suo
padre la fece sussultare; lui era appena uscito dalla cucina, sorprendendola
con gli occhi fissi sulla porta del bagno.
La ragazza si girò e lo trovò
sorridente e molto divertito, chissà da quanto la fissava. "Che cosa
c'è?" Gli chiese con tono stanco.
"Sai che questo tipo mi
piace? E' carino, sembra a modo..." Le disse tranquillo. "...non ha culo,
però..."
"Ci avevo fatto caso,
grazie." Replicò serafica Sunny, incrociando le braccia.
"Eh, lo so che le guardi,
certe cose..." Affermò malizioso lui, carezzando la testa del cagnolino
che teneva in braccio, con un sorriso furbo.
"Buonanotte Ned!" Scandì
la figlia, con un sorriso acido, poi gli diede le spalle.
"Notte tesoro." Rispose
ridacchiando l'uomo, mentre si dirigeva alla scala.
In quel momento a Sunny venne in
mente una cosa; si batté una mano sulla fronte, slanciandosi verso la porta del
bagno.
Orlando, nel frattempo, ignaro
degli autopipponi della ragazza, era in bagno e si guardava intorno smarrito;
in quella stanza enorme non c'era il gabinetto...
In fondo, sull'angolo a sinistra,
c'era una specie d’armadio a muro, mentre sulla destra un’enorme vasca da bagno
rialzata e circondata da un largo gradino di marmo bianco; sulla parete di
destra c'era il mobile, azzurro, con due lavandini e grandi specchi, a
sinistra, nell'angolo vicino alla porta, c'era perfino un piccolo divano
turchese, con accanto un tavolino di cristallo. Ma del water nessuna traccia.
Cavolo, gli scappava alla grande!
Con le mani sui fianchi sbuffò pesantemente, scrollando il capo. Che poteva
fare ora? Le possibilità erano due, per non fare una figura di merda: tornare
da Sunny e fare finta di aver fatto, inventandosi una scusa per andare via
subito, ma non aveva voglia di andarsene, oppure pisciare nel lavandino, ma non
gli sembrava per nulla educato.
In quel momento qualcuno bussò
alla porta e la voce di Sunny lo chiamò. "Sì?" Rispose lui.
"Se cerchi il gabinetto, è
nello stanzino in fondo a sinistra." Gli disse la ragazza.
L'attore lanciò una veloce
occhiata alla porta scorrevole blu, proprio di faccia alla vasca. "Oh, sì,
grazie!" Fece poi, fingendo sicurezza. "L'avevo trovato!" Mentì
spudoratamente.
"Perfetto!" Replicò
allegramente Sunny.
Era andata bene, alla fine, aveva
evitato figuracce e aveva qualche minuto per rinfrescare la mente dalle
sensazioni forti della serata; aprì la porta blu, che sembrava fatta di carta
di riso, tipo quelle giapponesi, e trovò finalmente il water. Il ragazzo
espletò i suoi bisogni, si lavò con calma le mani, poi aggiustò i capelli e
uscì. Sunny, nel frattempo, aveva usato il bagno di servizio accanto alla
cucina; inutile negare che anche lei ne aveva bisogno.
Orlando, appena uscito dalla
porta, si trovò davanti la ragazza, che gli sorrise, e realizzò che non basta
fare pipì per far passare l'attrazione per una persona; lei pensava la stessa
cosa, più o meno negli stessi termini. Si fissarono con un lieve sorriso per
qualche secondo.
"Tutto a posto?" Gli
chiese infine Sunny.
"Sì." Rispose
tranquillo lui.
La ragazza, però, non lo vedeva
convinto, le venne un sospetto. "Vuoi tornare in città?" Gli chiese,
sperando che rispondesse negativamente.
"No." Dichiarò subito
Orlando, continuando a guardarla; lei, allora, gli sorrise con più calore.
"Andiamo in salone allora,
così ci sediamo sul divano." L'invitò quindi, indicando una grande porta
scorrevole che stava davanti a loro.
Il salone era veramente grande,
c'era un bel camino ad angolo, acceso, e davanti un divano e due poltrone di
pelle color sabbia ed un ampio tavolino di cristallo; alcuni mobili antichi, di
legno scuro, erano disposti lungo le varie pareti, in fondo, sotto le due
finestre, erano posizionate due poltrone più piccole di stoffa avorio. Al
centro della stanza troneggiava un enorme pianoforte a coda, col suo sgabello
rettangolare di velluto rosso.
Sunny indicò ad Orlando il divano
e lui si sedette, mentre la ragazza si mise a sistemare il fuoco. Attizzò la
fiamma, poi buttò un nuovo ciocco, sistemò il parafiamma di ferro battuto,
tutto senza voltarsi verso l'attore; in realtà lo faceva perché le era preso un
improvviso senso d'inquietudine. Ora che suo padre era andato a dormire, lei era
completamente sola con Orlando, e non era certa di saper resistere; si
conosceva, quando le piaceva uno si faceva pochi scrupoli, era stato così anche
con Darrin, perciò temeva un passo del ragazzo, cui il suo corpo era fin troppo
pronto a rispondere.
Nascondendo l'imbarazzo che
provava, si diresse, sotto lo sguardo perplesso di Orlando, verso il mobile che
occultava la tv e lo stereo; lo aprì, prese un telecomando e si girò verso
l'ospite.
"Un po' di musica?" Gli
domandò; lui rispose incitandola con un cenno e fu dato il via.
La canzone cominciò mentre Sunny
si dirigeva verso una delle poltrone; era una melodia rock, ma piuttosto
romantica, cosa accentuata dal volume basso.
"Ma senti che cos'è..."
Commentò la ragazza, sedendosi sul bracciolo della poltrona. "Chissà da
quanto sta lì dentro." Aggiunse scuotendo il capo.
"Mi sembra una bella
canzone." Intervenne Orlando, ascoltando incuriosito, dopo aver visto
l'espressione assorta di Sunny.
"Sono i Mazaria."
Affermò noncurante lei, mentre si faceva scivolare sulla poltrona.
"Però, sono bravi, non
credevo." Fece l'attore.
"Sì..." Replicò la
ragazza, con un cenno del capo. "...su quello non c'è nulla da dire, ci
sanno fare." Il suo atteggiamento non lo convinceva, era troppo vaga,
c'era qualcosa. "Questa canzone, Darrin l'ha scritta per me."
Confessò infine.
"Oh..." Mormorò
Orlando; ora capiva cosa l'aveva turbata, forse brutti ricordi. "E' un bel
gesto, no?" Sunny annuì distrattamente. "Io non potrò mai dire ad una
ragazza «ho scritto una canzone per te», è molto romantico..."
"Non scriverci un
romanzo." L'interruppe lei, alzando una mano. "E' capace che l'abbia
scritta sull'onda del rimorso per essersi fatto fare un pompino da
un'altra."
Ad Orlando venne naturale ridere,
visto il tono con cui l'aveva detto; poco dopo rise anche lei. Questo ruppe un
po' la tensione e l'imbarazzo creato dal non detto.
"La vostra storia è entrata
in crisi perché ti rifiutavi di fare certe cose?" Le domandò quindi
Orlando, tanto ormai erano sul goliardico andante.
"Scherzi? Sempre fatte, ma
non è questo." Rispose tranquillissima Sunny, raddrizzandosi sulla
poltrona. "E' che Darrin è uno che ci mette quanto sputare in terra a
scoparsi una nel backstage, e tornare poi sul palco a cantare, io ancora un po'
di rispetto per me stessa ce l'ho."
La franchezza di Sunny era, a
tratti, quasi violenta, ma gli piaceva, eccome se gli piaceva; Orlando
ridacchiò, ascoltandola.
"Perché non ti siedi qui,
accanto a me?" Le domandò il ragazzo, quando si fissavano da qualche
secondo, in silenzio, illuminati dal fuoco nel camino.
"Perché?" Replicò lui,
scrutandola con uno sguardo da cucciolo, che Sunny era sicura usasse ogni volta
che voleva fare tenerezza ad una donna, riuscendoci.
Era bello come un dio, sexy da
morire e, in più, possedeva quella intensa dolcezza nello sguardo ed una certa
ombra di fragilità, che formavano un miscuglio micidiale, sedersi accanto a lui
era come mettersi appollaiati su una mina innescata... Lo guardava, e l'unica
cosa che desiderava era farci l'amore subito, direttamente su quel divano e
senza neanche spogliarsi tanto. La ragazza si alzò in piedi.
"Sono... sono troppo
attratta da te..." Spiegò infine, cercando di rimanere calma. "...e
ho paura che possa succedere qualcosa, cerca di capire, io non voglio... Spero
di non offenderti..." Aggiunse titubante.
"No." Ribatté Orlando,
dopo essersi messo in piedi. "Stai tranquilla, capisco benissimo, perché
sono nella stessa situazione." Lei lo guardò, un po' stupita.
"Allora, forse, siamo un po'
stupidi a comportarci così." Affermò la ragazza, fissandolo negl'occhi.
"Visto che siamo attratti l'uno dall'altra."
"Io non credo." Replicò
lui sorridendo, mentre le sfiorava delicatamente lo zigomo con le dita; Sunny
socchiuse gli occhi, godendosi quel gesto.
"Nemmeno io." Gli disse
poi, riaprendoli.
"Mi devi un caffè."
Annunciò Orlando, con uno sguardo luminoso, o forse era per via del fuoco che
si rifletteva nelle sue iridi nocciola.
"Già!" Esclamò Sunny.
"Poi non l'abbiamo bevuto!"
"Eh, no!" Confermò il
ragazzo.
"Sai cosa facciamo? Tu mi
aspetti qui, io vado un attimo di sopra, poi te lo porto, ok?" Orlando
annuì, lei gli sorrise, poi scappò, attraverso uno degl'archi che davano
sull'ingresso.
Il ragazzo passò i minuti da solo
guardandosi in intorno; si avvicinò allo stereo e spense la musica, poi esaminò
il mobile, convincendosi di doverne comprare uno simile per la sua casa di
Londra, in un arredamento classico faceva eleganza nascondere le attrezzature
tecnologiche. Camminò, quindi, fino al pianoforte, non sembrava un pezzo
recente, ma era tenuto benissimo; provò un paio di note, era perfettamente
accordato.
In quel preciso momento rientrò
Sunny, con tazze e caffettiera su di un vassoio; gli sorrise avvicinandosi e
posò la roba sul pianoforte.
La ragazza si era cambiata,
portava sempre i jeans, ma ora aveva ai piedi delle ballerine particolari, nere
ma con ricamate delle teste di topolino; ma la cosa che lo colpì di più era la
maglietta; non tanto perché fosse una semplice magliettina grigio scuro, con le
maniche lunghe e lo scollo a barca, quando perché non s'intuiva la minima
traccia di reggiseno... Il tessuto elasticizzato formava una specie di piega
che andava da un seno all'altro, esaltando la perfetta consistenza di tetta e
capezzolo.
Orlando, mentre lei era impegnata
a versare il caffè, alzò gli occhi al soffitto stringendo i denti e i pugni,
mentre si lamentava mentalmente in almeno quattro lingue diverse.
"Zucchero?" Gli domandò
Sunny, facendolo sussultare.
"Come?" Ribatté lui
distratto, poi la vide aprire la zuccheriera. "Oh, sì! Due, grazie."
"Ma c'è qualcosa che non
va?" Gli chiese insospettita la ragazza, qualche attimo dopo, servendogli
il caffè.
Il ragazzo lanciò l'ennesima
occhiata alla sua maglietta, poi, rassegnato, rispose. "Io ho le migliori
intenzioni, Sunny, ma tu non fai nulla per aiutarmi..." E, mentre la
guardava negl'occhi, abbassò lo sguardo sul suo seno; lei realizzò.
"Oh, cavolo!" Esclamò
imbarazzata. "Scusami, davvero... io non... mi dava fastidio, non ci ho
pensato, scusami! Non lo porto mai in casa..."
"Da domani mi stabilisco
qui." Dichiarò Orlando, senza riuscire a spostare gli occhi.
"Certo che sei un bel
marpioncello, tu!" Commentò divertita la ragazza, girandosi verso il
piano, soprattutto perché era davvero imbarazzata; lui scoppiò a ridere,
seguito poco dopo da lei, non sapeva resistere alla fantastica risata
dell'attore.
Si sedettero sullo sgabello del
pianoforte, sorseggiando tranquillamente il caffè e scambiandosi sguardi;
quando ebbe finito, Sunny posò la tazza e si voltò verso Orlando, prendendogli
la mano libera. Lui la guardò negl'occhi.
"Volevo dirti che,
nonostante gli imprevisti..." E il ragazzo sapeva bene a cosa si riferiva.
"...è stata un serata bellissima, e sono stata davvero bene con te."
Anche lui posò la tazza e,
quindi, ricambiò la stretta, sorridendo. "Vale la stessa cosa per me, è
stato veramente bello, e pensare che non ci volevo venire!"
La ragazza sorrise. "Allora
dovrai ringraziare Lij e Hannah." Suggerì poi.
"Ehh, ho paura di sì, ma non
gli darò mai soddisfazione!" Proclamò il ragazzo, ostinato.
Sunny scrollò il capo.
"Testa dura, eh?" Gli fece, ammiccando; ricominciarono a ridere.
Fecero qualche battuta,
continuando a ridacchiare, godendosi ancora la reciproca compagnia; il tempo passava
e quasi non se ne accorgevano. Sopperirono con le parole quello che avrebbero
voluto succedesse; ogni tanto si scambiavano piccoli gesti e carezze, ma tutto
finiva lì.
"Ma che ore sono?"
Domandò ad un certo punto Sunny; Orlando alzò le sopracciglia, poi guardò
l'orologio.
"Le quattro e mezza?!"
Esclamò stupito. "Santo cielo, il tempo è volato!" Commentò.
"Succede, quando si sta
bene." Affermò la ragazza, stringendosi nelle spalle. "Sei
stanco?" Gli chiese quindi.
"No." Rispose
tranquillo lui, scuotendo la testa e facendo muovere i suoi bellissimi
riccioli. "E tu?" Soggiunse.
"Assolutamente no."
Dichiarò allegra. "Che ne dici se aspettiamo l'alba?" Propose poi.
"Qui?" Domandò Orlando,
indicando il basso.
"No, sul terrazzo del piano
di sopra, c'è una vista stupenda!" Rispose lei; il ragazzo si alzò, le
porse la mano per fare altrettanto, poi le indicò elegantemente di precederlo.
La prima tappa fu la cucina, dove
lasciarono le tazze sporche, quindi salirono al piano di sopra; la prima porta
a destra delle scale, quasi di fronte a loro, era quella della camera di Sunny,
si fermarono lì davanti.
"Aspetta." Disse lei,
aprendo la porta. "Prendo una coperta." Lui annuì, seguendola, però
si fermò sulla soglia.
"Ah, hai un letto a
baldacchino!" Esclamò Orlando, guardando dentro; sulla parete sinistra si
trovava, infatti, un imponente letto dal corposo baldacchino di legno scuro.
La ragazza rise, mentre prendeva
una leggera trapunta blu dai piedi del letto, poi si diresse nuovamente verso
di lui; si fermò davanti all'attore, posandogli una mano sul petto, quindi
l'obbligò a fare due passi indietro, sempre fissandolo negl'occhi con aria
maliziosa.
"Hai mai fatto l'amore su un
letto a baldacchino?" Gli domandò con sensualità.
"No..." Rispose
Orlando, con un sorriso sbieco.
"Neanche stasera!"
Replicò Sunny, sbarazzina, chiudendosi la porta alle spalle; lui rise, c'era
cascato in pieno!
"Ma lo sai che sei una bella
rizzacazzi!" Commentò divertito; ridendo s'incamminarono verso la
portafinestra che conduceva sul grande terrazzo.
La terrazza era enorme, sulla
sinistra entrando c'era un grande tavolo di ferro battuto col piano di vetro,
corredato da sei pesanti sedie, mentre sulla destra c'erano una paio di
eleganti lettini in legno; Sunny si diresse da quella parte, seguita
dall'attore.
La ragazza prese, da un armadio
che stava contro la parete di fondo, il cuscino di uno dei lettini e ve lo mise
sopra, poi si fermò davanti ad Orlando.
"Ci sediamo insieme?"
Gli chiese, con tono rassicurante.
"Non mi sembra che tu mi
stia lasciando molta scelta..." Rispose lui, accennando al fatto che ci
fosse una sola coperta; Sunny gli sorrise, poi si sedette sul lettino, lui la
raggiunse.
Si sdraiarono, la poltrona era
grande a sufficienza perché ci si potesse stare tranquillamente in due; Orlando
le passò un braccio intorno alle spalle e lei si accoccolò contro il suo
fianco, quindi si coprirono.
Rimasero immobili per lunghi
secondi; il ragazzo guardava l'orizzonte ancora scuro cercando di non pensare
al fatto di averla così vicino, di avvertire chiaramente il suo seno sfiorargli
il petto, mentre Sunny fissava il bordo della trapunta, che le arrivava giusto
al naso, perché alzare gli occhi avrebbe significato vedere il collo di
Orlando... Forse non era stata una buona idea, quella di sedersi insieme...
"Comincia a
schiarire..." Mormorò ad un certo punto la ragazza, per cercare di
spezzare la tensione, quindi alzò leggermente il capo per vedere la reazione.
"Eh, sì..." Fece di
rimando l'attore, piegando la testa verso di lei; era imbarazzato da morire.
Si ritrovarono occhi negl'occhi,
vicini come mai lo erano stati per tutta la serata, i cuori ebbero un lieve
sussulto. Orlando si accorse che gli occhi di Sunny avevano delle striature
color acciaio e che la ragazza aveva un piccolissimo neo sul labbro superiore;
lei ammirò la perfetta imperfezione del suo naso e la sensuale piega delle
labbra appena socchiuse. Resistere era difficile, ma doveroso.
Sunny, però, nonostante le
raccomandazioni mentali che si era fatta fino ad un secondo prima, si sporse
verso di lui e catturò le sue labbra con un gesto improvviso; Orlando rispose a
quel bacio lieve sporgendo un po' il collo. Si staccarono quasi subito, senza
approfondire il gesto.
"Non s'era detto di
no?" Chiese perplesso il ragazzo.
Lei teneva il capo chino,
nascondendosi col bordo della trapunta, ma annuì. "Sì."
"Allora siamo proprio
stupidi!" Proclamò Orlando ridacchiando.
"Su questo non ci sono
assolutamente dubbi!" Confermò allegra Sunny, enfatizzando le parole con
un gesto. "Però voglio dirti una cosa." Continuò, tornando a
guardarlo. "Questa notte non me la dimenticherò per molto tempo..."
Lo abbracciò. "...sei il miglior ragazzo con cui non sono andata a
letto."
Orlando la osservò per un lungo
istante, serio. "Non ci giurerei, bella, siamo ancora giovani, ne avremo
di occasioni per sperimentare anche quel lato!" Dichiarò poi, solenne.
Si fissarono per un attimo, poi
scoppiarono entrambi a ridere, abbracciandosi; la tensione era sciolta,
trasformata in energia positiva.
Riuscirono finalmente a rilassarsi
e, dopo qualche altra battuta, finirono per addormentarsi; tutti e due erano
piuttosto stanchi, nonostante non lo volessero ammettere.
Li svegliò un'alba di color rosa
violetto, accompagnata da una fine nebbiolina; si alzarono dal lettino stiracchiandosi,
non era stato il miglior riposo possibile, ma gli era comunque servito. La
ragazza ripose il cuscino nell'armadio e piegò la coperta, mentre lui si
dirigeva alla porta.
"Io vado a farmi una
doccia." Gli disse lei, appena entrati in casa. "Vuoi approfittare?"
Chiese quindi; lui fece un sorrisino furbo.
"Solo se la facciamo
insieme..." Rispose ammiccante.
"Eh, eh, furbino..."
Replicò Sunny, ridacchiando. "Ti dice niente il detto: non svegliare il
can che dorme?"
"Oh, ma se il mio fa la
cuccia buono buono, cosa insinui!" Ribatté Orlando alzando le mani.
"Non posso dire lo stesso
del mio..." Affermò lei, abbassando il tono della voce e guardandolo
languidamente negl'occhi.
"Ahahh..." Fece allora
il ragazzo, annuendo; anche stavolta non si trattennero dal ridere. "Ti
aspetto di sotto, nel frattempo chiamo un taxi." Annunciò però Orlando.
"Vabbene." Acconsentì
la ragazza. "A dopo." Si salutarono con la mano, mentre lui scendeva
le scale, dopodiché Sunny entrò nella sua stanza.
La ragazza scese la piano inferiore
dopo una ventina di minuti, erano le sette passate; si era messa una tuta rosa
e le sue solite ballerine. Cercò Orlando in biblioteca e nel salone, ma non
c'era; cominciava a pensare che se ne fosse già andato, quando sentì delle voci
in cucina. Si avvicinò alla porta aperta, avvertendo sempre più chiaramente il
suono di risate, piatti e posate; affacciandosi vide una scena che non si
sarebbe aspettata: seduti a tavola, che mangiavano tranquilli, c'erano Orlando
e suo padre.
"Vedo che siete diventati
amici..." Affermò serafica, posandosi le mani sui fianchi.
Entrambi la guardarono, ma fu Ned
a rispondere. "Sai, il tuo amico non è male." Disse. "Per essere
inglese." Precisò.
"Nemmeno tuo padre è
male." Intervenne Orlando, mentre lei si avvicinava. "Per essere
gallese..." L'uomo gli strizzò l'occhio, ridacchiando.
"Beh, ma non dovevi andare
via?" Domandò Sunny al ragazzo, mentre posava le mani sulla spalliera di
una sedia.
"Sì..." Rispose
indeciso l'attore. "...ma sono andato in bagno, poi sono venuto qui, con
l'intento di bermi un bicchiere d'acqua, ed ho trovato tuo padre che cucinava
e..." Spostò gli occhi su Ned, e con espressione estasiata indicò il
piatto con la forchetta. "Questi pancakes sono fantastici!"
"Che ti avevo detto!"
Esclamò l'uomo soddisfatto. "E poi, con questa marmellata di limoni, sono
pure meglio che con lo sciroppo d'acero!"
"Guarda, non ci credevo, ma
ora ti devo dare ragione Ned!" Confermò Orlando, servendosi un'altra
frittella.
Sunny non era stupita che fossero
arrivati a darsi del tu, del resto Ned aveva la stessa abilità nel mettere a
disagio o nel far rilassare le persone, non si meravigliava che da giovane
fosse stato un eccitatore di folle; quello che la disturbava era che fossero
entrati così in confidenza in pochi minuti, ed ora la stavano escludendo dalla
conversazione...
"Ne vuoi uno anche tu,
Sgorbio?" Le domandò all'improvviso suo padre, distraendosi
dall'affascinante dissertazione sulle marmellate fatte in casa che sembrava
interessare tanto anche ad Orlando.
"Sì, grazie." Rispose
lei sarcastica, sedendosi davanti all'attore. "E... il taxi,
Orlando?" Gli domandò, quando ebbe preso posto.
"Mh..." Lui rispose,
dopo aver bevuto un sorso di caffè. "...l'ho chiamato qualche minuto fa,
ma ci vogliono venti minuti per arrivare qui, quindi mi sono detto che c'era
tempo per fare colazione con Ned!"
"Bravo ragazzo!"
Intervenne l'uomo, dandogli una pacca sulla schiena; Sunny, invece, fece un
sorrisetto tirato.
"Tu, esattamente, da quale
parte del Galles vieni, Ned?" Domandò il ragazzo dopo un po', al suo terzo
pancake; Sunny mangiava distrattamente.
"Io sono nato a Folton
Bridge, sulla costa a nord." Rispose tranquillamente l'uomo, mentre la
figlia tornava attenta alla discussione.
Orlando, però, a quella risposta,
aggrottò la fronte perplesso; la ragazza lo osservò per un istante e capì a
cosa stava pensando.
"Tranquillo, se non lo
consci è normale." Gli disse. "E' un paesino talmente minuscolo, che
non credo sia sulle cartine..." Affermò con noncuranza, ma Ned le lanciò
un'occhiataccia. "...ma è molto carino, proprio un bel villaggio tipico,
di pescatori..." Aggiunse con enfasi; Orlando rise sommessamente, a quel
repentino cambio di tono.
"Anche mio padre era un
pescatore..." Raccontò Ned, e da lì partirono dieci minuti di chiacchiere
sulle bellezze del Galles, mangiando e bevendo caffè, finché non suonò il
citofono.
"Sarà il taxi." Disse
Sunny, alzandosi per andare a rispondere.
"Eh, sì." Rincarò
Orlando pulendosi la bocca, quindi si alzò anche lui. "E' stato un
piacere, Ned." Riprese, rivolto all'uomo, che era già in piedi.
"Te l'avevo detto che ci
saremmo rivisti stamattina..." Ribatté malizioso, ma stavolta strinse la
mano che gli veniva porta.
"Ehh, ma non è come
pensi..." Replicò improvvisamente preoccupato il ragazzo. "...ci siamo
addormentati in terrazza..."
"Sgorbio!" Esclamò Ned,
lasciando la mano dell'attore e voltandosi verso la figlia. "Me lo fai
dormire in terrazza, quando abbiamo una bella stanza degl'ospiti?!"
Lei gli fece un sorrisetto acido,
fissandolo negl'occhi furbi, poi slacciò le braccia che teneva conserte e gli
mostrò il medio sollevato; Ned ridacchiò.
"Beh, arrivederci Ned."
Affermò Orlando, quando l'uomo tornò a dedicarsi a lui. "Spero che avremo
l'occasione per rivederci."
Il ragazzo, quindi, raggiunse
Sunny sulla porta e, insieme, si diressero all'uscita; il taxi era già arrivato
davanti alla fontana. Giunti sul porticato, i due si fermarono. Non si erano
accorti di essersi presi per mano, durante il tragitto, ma ora, che stavano uno
di fronte all'altra, se le tenevano entrambe.
"Può aspettare un
attimo?" Chiese Orlando al tassista; quello annuì. "Grazie." E
tornò a guardare la ragazza, che sorrideva.
"E' venuto il momento."
Disse Sunny.
"A quanto sembra."
Rispose lui. "Domani... sì, domani, torno a Los Angeles." Le confessò
poi, con una titubanza dovuta alla perdita momentanea del senso del tempo a
causa di quella strana notte.
"Lo immaginavo."
Affermò tranquilla la ragazza.
"Pensi che ci
rivedremo?" Le domandò appena preoccupato.
"Io spero di sì!"
Esclamò lei sorridendo e stringendogli un po' di più le mani. "Beh,
frequentiamo più o meno gli stessi ambienti, credo che sia possibile, in
fondo."
"Hai ragione." Confermò
Orlando annuendo.
Si fissarono negl'occhi per un
lungo momento, senza accennare a voler interrompere il legame delle mani, come
se potesse prolungare il piacere di essere stati insieme.
"Grazie." Mormorò
infine Sunny.
Orlando sollevò le sopracciglia,
sorpreso, poi sorrise. "E di che? Grazie a te..." Dichiarò
dolcemente; lei gli sorrise.
A quel punto, Orlando si avvicinò
ulteriormente e le sfiorò le labbra con un tenero e lieve bacio, cui Sunny
rispose con la stessa delicatezza. Quando si lasciarono, lei lo fissò con un
sorrisino insoddisfatto.
"E questo lo chiami
bacio?" Gli domandò provocatoria.
Orlando tirò indietro il collo,
inspirando con la bocca, poi sorrise di sghembo; questa volta non era disposto
a cedere, la provocazione l'avrebbe accettata, eccome.
Le lasciò le mani e la prese con
decisione per la vita, baciandola di nuovo; lei lo assecondò subito,
passandogli le braccia intorno al collo. Stavolta il gesto fu molto più
profondo: dopo aver giocato un po' con le sue labbra, cercò la lingua della
ragazza, che non si tirò indietro. Andarono avanti per un bel po', sotto lo
sguardo perplesso del tassista.
Alla fine dovettero riprendere
respiro per qualche secondo, dopo essersi staccati; Sunny, che adesso sembrava
molto compiaciuta, si passò la lingua sulle labbra, Orlando, invece, sorrideva
soddisfatto.
"Ti va bene così?" Le
fece sornione.
"Eccome..." Rispose
lei, scrollando il capo con un sorriso.
"Allora..." Riprese
l'attore, Sunny alzò gli occhi nei suoi. "...ciao."
"Ciao." Replicò serena
la ragazza, mentre lui scendeva le poche scale verso il giardino.
Sunny lo guardò salire in
macchina e rispose al suo saluto fatto con la mano; quando la macchina
oltrepassò il cancello, tornò in casa.
In mezzo all'ingresso, davanti
alla porta della biblioteca, c'era suo padre, con un sorrisino ammiccante sul
viso; non si sarebbe meravigliata se li avesse guardati dalla finestra
dell'atrio.
"Che c'è, sei
contenta?" Le domandò l'uomo, alludendo forse al suo sorriso.
"Sai che ti dico, Ned?"
Ribatté la ragazza. "La tua marmellata di limoni è proprio ottima!"
Affermò convinta, poi si diresse su per le scale; Ned rise, entrando in
biblioteca.
Sunny, mentre saliva di sopra, si
passò di nuovo la lingua sulle labbra; Orlando aveva ancora in bocca il sapore
dei pancake e della confettura, per quello il bacio era stato ancora più dolce.
Ci poteva giurare che si sarebbero rivisti, non si sarebbe certo fermata lì.
Orlando guardava il paesaggio
delle rive nebbiose dell'Hudson passare fuori dal finestrino del taxi; era
preso da un lieve torpore, dovuto senz'altro alla stanchezza, ma si sentiva a
posto, sereno, come raramente era stato negl'ultimi tempi.
Non lo avrebbe ammesso con
nessuno, ma non era stato un bel periodo, anche se non era proprio depresso,
uscire da quella storia era stato duro; adesso, però, poteva affermare di
essere uscito dal tunnel, se così lo si poteva chiamare.
Incrociò le braccia,
accomodandosi sul sedile, con la testa appoggiata allo schienale, poi sorrise.
Gli sembrava ancora impossibile di essere stato tanto bene con una persona che
non conosceva, ma, del resto, si era sviluppata subito un'alchimia speciale,
tra lui e Sunny; non era solo una questione di attrazione fisica, per altro
elevata, quanto il fatto che con la sua spontaneità e discrezione, la ragazza
aveva toccato delle corde importanti nel suo cuore. E questo non lo avrebbe
certo dimenticato.
Al prossimo incontro, perché ci
sarebbe stato, ci poteva giurare, avrebbe verificato quelle sensazione ancora
un po' confuse; chissà, magari anche il resto...
Il paesaggio stava ormai
cambiando, i palazzi prendevano il posto degl'alberi ed il fiume spariva sotto
i viadotti dell'autostrada, il sole appena sorto illuminava il viso tranquillo
di Orlando e la nebbia stava sparendo; sotto il cartello dello svincolo per
Manhattan, il ragazzo prese il telefono e digitò un messaggio per Lij.
"Buongiorno! Anche se sei un mezzuomo senza pisello ti devo
ringraziare lo stesso. Dai un bacio a Ninny. Ci vediamo."
Dopo averlo inviato sorrise e si
rimise nella posizione di prima, godendosi l'ultima parte del viaggio. Lo aveva
sempre pensato che New York era una bella città.