Storia di un Angelo piangente intrappolato nella grotta di Specchi

di rainicornsan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dove Cabiria parla ***
Capitolo 2: *** Dove il Dottore entra nella Grotta di Specchi ***
Capitolo 3: *** Dove Cabiria è liberata ***
Capitolo 4: *** Dove... Non lo posso dire, è una sorpresa :D ***
Capitolo 5: *** Nella notte c'è buio, sonno e sofferenza celata durante il giorno. ***
Capitolo 6: *** Dubbi e inquietudini sull'albero genealogico di Clara. ***
Capitolo 7: *** Perchè io? ***
Capitolo 8: *** Il VERO cuore del Tardis ***
Capitolo 9: *** Il messaggio ***
Capitolo 10: *** Devi, Rose. ***
Capitolo 11: *** Rinascere. ***
Capitolo 12: *** Tutti se ne vanno prima o poi, ma nessuno ti dimentica. ***



Capitolo 1
*** Dove Cabiria parla ***


Salve a tutti... Sono lieta di affermare che questa è la seconda fanfiction nel fandom del dottore.
La prima è River's song, per i possibili interessati... Spero davvero vi piaccia... Buona lettura!



Dove Cabiria parla. 


Sono fatta di sofferenza. Sofferenza allo stato puro.
Una cosa che neanche il Dottore sa. Il Dottore che io temo.
Vorrei che venisse da me allo stesso tempo. Vorrei che mi aiutasse. Vorrei che comprendesse la mia situazione.
Tutti i miei simili mi stanno alla larga, perchè non devono assolutamente avvicinarsi a me.
Perchè se mi si avvicinassero, rimarrebbero con me per l'eternità, fino alla morte.
Perchè io sono Cabiria, l'Angelo Piangente della più antica leggenda degli Angeli Piangenti.
Sono l'Angelo più pericoloso per i miei simili.
Non tanto per me stessa, ma per il luogo in cui mi trovo, e dal quale non potrò mai spostarmi.
Perchè io sono Cabiria, l'Angelo Piangente della Grotta di Specchi.
Sono imprigionata qui da sempre.
Non posso muovermi. La mia immagine riflessa, la mia immagine mi guarda da tutti i lati.
Il Dottore sa che non possiamo muoverci se guardati, ma non sa che non possiamo muoverci se guardati anche solo da noi stessi negli occhi.
Il Dottore non sa neanche il modo orribile in cui veniamo creati.
Non solo se guardati da un'altra specie negli occhi, che si trasforma lentamente in noi.
Così ci moltiplichiamo. Ma in un altro modo nasciamo. Nascere e moltiplicarsi sono due cose molto diverse.
Le persone che provano la sofferenza più grande dell'universo si mutano lentamente in noi.
Una persona così depressa nasce solo una volta ogni cento anni.
E quindi, un Angelo nasce una volta ogni cento anni.
Ripeto che siamo fatti di sofferenza allo stato puro.
Io sono nata da una giovane ragazza. Una bella e dolce ragazza.
Una ragazza senza nessuno al mondo. Una giovane donna sola.
Aveva diciannove anni. Si chiamava come me, Cabiria.
E forse, questo nome dannato ombraggiava anche quel poco di felicità che aveva ancora.
Non so nulla di Cabiria, eccetto i motivi della sua trasformazione in me.
Morte di tutti i parenti, in un'esplosione nella fabbrica in cui lavoravano.
Un fidanzato che la usava senza scrupoli. Una seduta di piacere e via.
Due amiche trasferite da poco su un'altro pianeta del sistema.
Senza soldi. Di città in città.
Fino a ritrovarsi qui. Lei aveva già le braccia nelle mie braccia, il collo nel mio collo e il busto nel mio busto.
Qui il suo volto nel mio e le sue gambe nelle mie. E le mie ali, la mia veste.
E l'unica cosa che seppe fare era piangere, piangere e piangere.
Nacqui con le lacrime che scorrevano ferme sulle mie guancie.
Le lacrime sono e rimarranno di pietra finchè mi guardo. Non posso asciugarmele.
L'unica cosa che posso fare è restituire lo sguardo a me stessa.
Purtroppo per me, nella Grotta di Specchi c'è sempre luce.
Di giorno. E di notte, grazie a quel dannato soffitto che emana una lieve luce dai cristalli fosforescenti, che viene riflessa dappertutto.
Sono ormai diciannove anni che sono rinchiusa qui. E non è una coincidenza che parli proprio ora.
A giorni, a settimane, a ore, forse anche a secondi, il Dottore arriverà.
E la leggenda si compirà. 
La risposta alla Domanda verrà svelata...
                 
                                                  Dottor chi?

E' una cosa da brividi, anche se non posso rabbrividire, il fatto che la Domanda sia scolpita sui miei occhi.
Sulle mie pupille. E la scritta brucia come il fuoco.
Sono diciannove anni che sono bloccata in questo urlo muto e disperato di dolore, e ora lo voglio.
Voglio lui. Voglio il suo corpo. Voglio ucciderlo. Voglio il Dottore.

Salve a tutti di nuovo! Spero vi sia piaciuto il primo capitolo! Vi saluto al prossimo!

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Capitolo 2
*** Dove il Dottore entra nella Grotta di Specchi ***


Ecco a voi, servito su un piatto d'argento, il capitolo 2, dove entrano in scena il Dottore [*-* <3<3] e River Song.
Ebbene sì miei beneameati lettori, questa è una delle volte in cui il Dottore viaggia con River (io la adoro! Non so voi!).
Comunque ecco a voi un altro ENTUSIASMANTE (togliendo la semi depressione di Cabiria!) capitolo.

Un rumore mi mette all'erta. Vorrei potermi voltare, ma non posso.
Guardo impaurita dagli specchi chi è che è entrato.
E' lui! Non ci posso credere! E' il Dottore! Ed è accompagnato da una donna con riccioli biondi, dall'aria piuttosto sveglia, con la quale sembra essere in grande confidenza.
Magari è sua moglie o la sua ragazza. Non mi importa più di tanto. Ucciderò anche lei.
Se potessi anche solo fare un minuscolo movimento, mi asciugherei le lacrime e mi coprirei il volto con le mani,
come facciamo sempre prima di attaccare, in modo che il nostro vero volto venga svelato solo alla fine, per aumentare la paura della vittima.
E' notte. Mezzanotte, forse. Ho sentito la campana sonica del paese suonare dodici rintocchi.
E cosa vogliono ora questi qui da me? Non voglio che mi uccidano. Ma lo farò io prima di loro. 
Anche solo un passo falso, e io riuscirò a muovermi, e li toccherò.
Basta anche solo che sonicizzi il soffitto di cristalli, un attimo di buio, e io potrò fare qualunque cosa.
Uscirei dalla grotta, e poi li toccherei... Ma invece di spedirli nel passato e basta, potrei anche ucciderli.
Ucciderli spezzandogli il collo e bevendo il loro sangue.
La morte è un controsenso. La morte è parte costituente dell'energia temporale di cui ci nutriamo e allo stesso tempo è la cosa che crea più paradossi di tutte le altre cause.
La morte è energia temporale. Bere sangue alla lunga può ucciderci, così la maggior parte delle volte dobbiamo rispedire nel passato le persone.
Il Dottore si accorge della mia presenza.
Mi guarda e dice: "River, eccone uno. In questa zona ce ne sono centinaia. Potremmo semplicemente scappare, oppure ucciderli tutti con un gigantesco paradosso.".
Lei ridacchia e gli sistema il farfallino: "Lo sai bene cosa faremo...".
Gli riavvia i capelli e mi si avvicinano.
"Tu... Tu soffri, non è vero?".
Io vorrei annuire, vorrei dirgli che non si sbaglia. Ma non posso.
"Io spegnerò un attimo le luci. Dammi in qualche modo la tua parola che non tenterai di ucciderci.".
Che idiota. Come faccio a parlare?
"Lo sai che non può. E sai nello stesso momento che c'è un solo modo.".
Lui si arrabbia e le risponde: "No. No. No e ancora no! Non te lo farò fare una seconda volta. Ti indebolirebbe.".
Lei non rispose, semplicemente, con un'espressione decisa in volto, mi si avvicinò e mi appoggiò le mani sulle guancie.
"Che diavolo?!".
Pensavo che fosse stato il Dottore a parlare, invece è stata la mia mente.
River è scossa dagli spasmi. Prova dolore. Lo vedo.
Ho una voce dolce, abbastanza limpida.
La voce di Cabiria.
"Come ti chiami?".
"Il mio nome è Cabiria. Il nome di una ragazza. Io so cose di noi che tu neanche immagini. Cose che neanche tu sogni, Dottore.".
"Soffri. Io non posso guardarti negli occhi, oppure diventerò te. Ma perchè soffri?".
"La Domanda è nei miei occhi.".
Lui avanza con passo deciso e toglie le mani di River da me.
"NON FARLO MAI PIU', RIVER SONG, MAI PIU'!".
Lei tiene gli occhi bassi, con un lieve ma esausto sorriso sulle labbra: "Farei qualunque cosa per te, lo sai, caro.
Ascoltami, Cabiria. Torneremo domani, con un modo per comunicare che non comporti sofferenza umana.".
Io vorrei annuire e dire che ho capito. Ma non posso.


Ciao a tutti! Vi faccio un piccolo spoiler per il prossimo capitolo: come avete capito, River e il DOttore torneranno.
Hahahaha! Chissà che spoiler! Ciao alla prossima!

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Capitolo 3
*** Dove Cabiria è liberata ***


Salve a tutti! Ecco a voi.... Nientepopodimenoche.... Il capitolo tre!
Buona lettura a tutti i miei beneamati lettori!

Attraverso i miei specchi ho visto il tramontare della luna e di tutte le stelle e il sorgere dell'alba.
Avrei voluto ammirare quei bei spettacoli, ma anche dopo essermi sforzata per molto tempo non riuscivo a sentire altro che rabbia repressa e disgusto.
Mi sono chiesta per ore se il Dottore e River sarebbero tornati per portare a compimento la profezia.
Quando cominciavo a dubitarne, quei due idioti hanno fatto capolino da là fuori.
Mi sono improvvisamente chiesta, stupendo me stessa, se loro l'aria fosse fresca e frizzantina.
Mi sono chiesta cosa vuol dire frizzantina, dato che il mio corpo è in uno stadio comatoso pneumonico e cardiaco,
cioè non posso respirare e il mio cuore non batte. E' come se il mio corpo fosse in stallo.
Sarà un termine riaffiorato dalla mente di Cabiria. La Cabiria umana.
Il Dottore ha in mano una sorta di corona fatta di plastica scura. Un grosso bottone giallo troneggia in mezzo.
Dice allegramente: "Salve, Cabiria! Ho portato uno stimolatore vocale! Dovrebbe funzionare anche con gli Angeli osservati!".
Vorrei alzare gli occhi al cielo.
Me la infila in testa. Penso sia finita lì, ma il Dottore allarga e deforma la corona come se fosse plastilina e me la passa attorno al collo, per poi ristringerla.
Cos'è la plastilina? Stranamente mi vengono in mente delle immagini di una bimba con ricciuti capelli scuri con le mani impastrocchiate in una pasta gialla.
Color girasole. Non sono stupida, sarà sicuramente Cabiria.
Il bottone è posato perfettamente sulla mia gola.
Il Dottore lo preme.
Mi sento la gola libera, non più occlusa da quel fastidioso blocco.
Mi rendo solo ora conto di quanto fosse fastidioso.
Mi schiarisco la voce. Posso parlare.
"Posso parlare!".
"Bene, Cabiria. Ora dimmi cosa sei!".
Il Dottore è diventato improvvisamente aggressivo.
"Ma... Ma io... Io sono un Angelo Piangente! Sono nata da un'umana di nome Cabiria, e aspetto da anni la tua venuta!".
"LA MIA VENUTA?".
Il Dottore si scambiò uno sguardo perplesso con River.
"Tu mi vuoi uccidere... Perchè?".
"Perchè è quello che gli Angeli fanno.". La mia risposta lo lascia di stucco.
"E perchè lo fanno?".
"Perchè è giusto. Per nessuno scopo.".
Il Dottore si sfrega le mani soddisfatto: "Gneeek! Risposta sbagliata! Gli Angeli uccidono per mangiare, non senza scopo.
E tu non sei un Angelo. Sei L'Angelo.".
"Cioè?".
"Io ti ho incontrato. Tu non mi hai notato, ma io ti ho vista mentre diventavi quello che sei. E io me lo ricordo solo ora.
Ricordo di averti sentito gridare, gridare, piangere, supplicare un aiuto nel buio.
E io non ti ho aiutata. Io non potevo fare nulla.".
"Quindi?".
"Quindi un'altra specie non può vedere un Angelo in trasformazione. Chi lo fa muore. Io devo morire.
Quando morirò verrà svelata La Domanda.
E' il motivo per cui gli Angeli hanno preso chi amavi, e ti hanno fatto andare qui attraverso impulsi che ti
dicevano che era il posto giusto dove andare. Il motivo perchè mi hanno fatto venire qui mentre ti trasformavi.
Qui ti sei trasformata, qui sei rimasta bloccata.
Il posto giusto. Il giorno giusto. L'ora giusta. Entro un'ora morirò.".
Le sue parole e il fatto che le avesse pronunciate con la massima calma sconvolsero River.
"E agli Angeli la risposta alla Domanda serve. Per potersi muovere anche se guardati.
Il potere delle parole. Ma io non lo permetterò. E non morirò.".
"E se questa volta è sul serio?". River lo sussurra, stringendosi a lui.
"Ma dimentichi che io sono il Dottore, il fantastico Dottore!".
"Questa volta morirai sul serio.". La mia voce è dura e secca.
"No, non credo proprio.".
"I Signori del Tempo hanno paura della morte, non fanno alcuna eccezione.".
"Non è per la mia morte. Se diventaste liberi di muovervi chissà cosa succederebbe.
L'intero universo senza abitanti in tre mesi, tredici giorni e diciannove ore.".
Rabbrividisce.
"Sì, come no".
"Gli Angeli sono imparziali, con una nota di amarezza. Tu invece... Provi emozioni.
Cerchi di reprimerle?".
Mi chiede osservando l'aggeggio con cui mi ha appena scannerizzato.
"No. No. No.". Sono agitata, ma non lo darei a vedere neanche sotto tortura.
"E in questo momento sei... Nervosa? E hai abbandonato la frustazione di non poterti muovere anni fa.".
"Sì, grazie, abbiamo capito.".
River tira la manica del Dottore: "Tu morirai fra un'ora... Dato che è un punto fisso, chiedile come morirai e pensa a qualcosa.".
"Morirà quando gli spezzerò il collo. Tu, River, scapperai non appena riuscirò a muovermi.
Dottore... Come faccio a sapere cosa succederà?". Si avverte chiaramente la nota di panico nella mia voce.
Addio ai buoni propositi.
"Tu sei L'Angelo. Ti hanno istruita. Ma non lo ricordi.".
Rimango senza parole. Sono una macchina. Non sono un Angelo, non sono un'umana, ne nient'altro.
Sono solo una macchina.
Una macchina che pensa, parla, si può muovere -in altre condizioni- e agisce come vuole, ma sono pur sempre solo una stupida macchina programmata.
Fa male saperlo. Molto male. Rimango sorpresa anche da questo. Provo dolore.
Io ho sempre provato emozioni, cosa che un Angelo non può fare, ma in modo attutito.
E invece la consapevolezza di quello che sono mi fa soffrire. 
Non potrò avere una vita normale.
E dopo anni e anni immobile, a fissare la mia immagine e a provare dolore solo fisico per La Domanda che brucia nelle mie pupille, me ne rendo conto.
E' solo colpa sua. Una rabbia omicida mi attraversa tutte le cellule del corpo, facendomi sentire impotente.
"TI ODIO! E' PER TE CHE SONO IMMOBILE DA ANNI! E' PER TE CHE MI HANNO IMMOBILIZZATA QUI! IO TI VOGLIO UCCIDERE! HAI IDEA DI COSA SIA CAPIRE CHE SEI MENO DI NULLA?".
"Tutto questo è molto umano.". Cinque parole.
"IO NON SONO UMANA, SONO SOLO UNA MACCHINA! UNA MACCHINA, DOTTORE! SOLO-UNA-MACCHINA!".
Sarei scoppiata a piangere, se avessi potuto.
"Gli occhi sono lo specchio dell'anima.".
"IO SONO QUI CHE TI VOGLIO UCCIDERE E TU PENSI A STUPIDE PERLE DI SAGGEZZA?".
Sono più che furiosa, voglio fare il suo corpo a brandelli, incendiarli e sotterrarli da qualche parte.
O più semplicemente buttarli in un water, e tirare lo sciacquone.
Lo osservo bramando istinti omicidi mentre mi si avvicina.
"Tutto. Questo. E'. Incredibile.".
Le sue labbra rosa scandiscono le parole. Avrei voglia di tirargli un pugno, così da farlo annegare nel suo stesso sangue.
"CIOE'?".
"Guardati.".
Io sposto il mio campo visivo sugli specchi. Da tutte le parti è riflessa la mia immagine.
Sono senza parole. Il mio volto è color carne. Provo ad aprire la bocca o a torcere il collo, ma il Dottore mi blocca.
"Non così in fretta. Devi continuare a provare emozioni amplificate a mille se vuoi tornare umana.".
"IO NON PROVO ALCUN DESIDERIO DI TORNARE UMANA! VOGLIO SOLO UCCIDERTI!".
"Brava, continua così.".
Mi accarezza una guancia. Vorrei ucciderlo.
Noto che la sua mano diventa bagnata.
Mi accorgo che sto piangendo. Le lacrime non sono più di pietra, sono solo... Lacrime.
"Co-come è possibile?".
"E' possibile, cara.".
Il Dottore si girò verso River e Cabiria riuscì a voltare il capo di pochi millimetri.
Un grande tendone oscurava il sole.
River finì di sistemarlo.
Tutto divenne buio.
Avvertii i muscoli liberi. Sorrisi nel buio.

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Capitolo 4
*** Dove... Non lo posso dire, è una sorpresa :D ***


Salve... Mi scuso con tutti per il periodo in cui non ho aggiornato... Vi auguro Buona Lettura!

Sentii il sussurro dolce del Dottore.
"Cabiria... Ora ti puoi muovere... Ma tu devi combattere il tuo istinto da Angelo. Combatti gli impulsi elettromagnetici. Anche se mi toccherai non tornerò nel passato.
Solo gli Angeli possono farlo, e tu non lo sei. Lo sai pure tu. Cercati nel tuo cuore. Cerca i ricordi.
Cerca l'amarezza, la tristezza. La gioia, la felicità. Cerca il tuo flusso temporale. Gli Angeli non ne hanno uno. Tu sì. Trovalo.".
"Perchè mi devo muovere se è solo un lavoretto psicologico?" chiedo sprezzante, mentre mi gratto la base delle ali.
"Perchè gli umani si muovono. E, se non ti dispiace, mancano quarantasette minuti e ventinove secondi alla mia morte... Potresti fare in fretta?".
"Tante grazie. Vieni qui, sbuchi dal nulla, e mi chiedi persino un favore?".
La voce di River sbuca arrabbiata da qualche punto: "Vuoi essere un'umana sì o no? Allora sbrigati... Dopo la sua morte non avrai più possibilità di tornare indietro.
E non ti azzardare a rompere il collo a mio marito!".
"Oh, non lo farà, River. Certo che ti preoccupi però...".
"Scusate, potreste flirtare più tardi? Mi starei concentrando per cercare di essere un'umana!".
"La gentilezza. Brava, continua così. Un Angelo non usa mai il condizionale. Non dà mai possibilità.".
"Posso sfogare la mia rabbia per tornare umana?".
"Non su di noi. Per favore.".
Un rumore di frantumazione scaturisce da vicino a me.
Ho appena fracassato uno di quei dannati specchi.
Per tutte le stelle, come li odio.
Per tutte le stelle? Da dove viene? Cabiria. Cabiria. Cabiria. Sono felice che stiano affiorando altre parti della vera me.
"Vuoi un cioccolatino?".
"Come?" chiedo arrabbiata.
Sto cercando di tornare com'ero e quella pazza a cui servirebbe una bella piastrata, tra parentesi, mi offre un dannato cioccolatino?
"E perchè dovrei prenderlo?". Inverto la domanda.
"Magari hai dei ricordi legati ai dolci... Che ne so? Prova.". Tendo la mano.
River sembra sapere con esattezza dove sono.
Mi ritrovo con un involto argenteo fra le mani.
Lo scarto e me lo metto in bocca.
Cioccolato.
Soufflè al cioccolato. Che roba è?
Un'altro ricordo. Tutto il rancore svanisce. "Grazie, River.".
"Sei proprio una bella ragazza!".
"Grazie ma... Io sono di pietra... Come fai a saperlo??".
"Occhiali a vista notturna, cara.".
"MA-IO-SONO-DI-PIETRA." scandisco lentamente.
"Ora non più! Più facile di quanto immaginassi. Dottore salvo, Cabiria salva. Sei stata brava!".
Il Dottore interviene allegro.
Sbarro gli occhi. "Come?".
"River, togli quel telo.".
"No! Ferma!".
Toccandomi la pelle mi ero resa conto di una cosa.
"Che c'è, tesoro?".
"I-io credo di essere nuda..." mormorai imbarazzata.
Una sensazione nuova, quella del rossore che si faceva strada sulle mie guancie, comparve.
"O merda." esclamò poco finemente River.

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Capitolo 5
*** Nella notte c'è buio, sonno e sofferenza celata durante il giorno. ***


Scusate il ritardo di 13 giorni...
Ma avevo da fare... Imploro il vostro perdono con il nuovo capitolo....

Mi scosto i capelli dal volto, ammirandomi nello specchio sporco e chiazzato della casetta dove siamo.
Sono una bella ragazza, con la pelle chiara, bassa e magra, con occhi grandi marrone scuro e i capelli dello stesso colore.
Ho i tratti del viso abbastanza dolci.
Non sono una di quelle persone che si vergogna se le dicono che è bella, no di certo, e penso di essere carina.
E' una sensazione completamente nuova... Sentire quello che tocco, respirare, osservare in giro...
Sono nella casetta di un contadino, e abbiamo trovato un vestito da donna.
Per fortuna... Ho ringraziato tutte le stelle quando mi sono infilata quel vestitino giallo a fiori,
dopo quasi mezz'ora che camminavo nuda, con il Dottore e River davanti per non guardarmi e mettermi in imbarazzo.
Sono uscita dalla casetta.
Il Dottore è quasi svenuto guardandomi. Ha appoggiato il braccio a River per non cadere e ha mormorato scioccato: "Clara?".
River l'ha guardato male e gli ha sussurrato: "Niente spoiler!".
Io ho detto: "Chi?".
Lui ha scosso la testa e ha mormorato, con la gola secca come carta vetrata: "Niente, davvero, solo un capogiro.".
Si è passato la lingua sulle labbra e ha scosso la testa.
River ha alzato gli occhi al cielo.
"Muoviamoci. Il Tardis è a mezz'ora di cammino.".

Eccolo. Ricordo di averlo già visto.
"Tu sei l'undicesimo?".
"Come?" chiede sorpreso.
Le parole mi erano sgusciate fuori dalla bocca da sole.
Non so di cosa sto parlando, è questo il problema.
"Sono le informazioni su di te che mi hanno trapiantato, vero?" chiedo con quasi le lacrime agli occhi dal dispiacere.
"Su, non piangere..." mi abbraccia.
"Labbra stranamente rosa, capelli castano chiaro, alto e magro, occhi di tanti colori diversi.
Pelle chiara. Più affettuoso e meno razionale rispetto alle altre generazioni. Dolce. Molta più sofferenza degli altri Dottori.".
Mi tappo la bocca, inorridita.
River interviene.
"Smettila!". Le pupille le tremano. E' forse la prima volta che la vedo perdere le staffe.
Quando si arrabbia, di solito lo fa con quella rabbia signorile e indignata.
Quando è felice, si limita a sorridere.
Quando è triste, la sua anima diventa oscura, ma nessuno se ne accorgerebbe,
perchè River si scava dentro un piccolo cunicolo dove rinchiudere l'infelicità, e si sforza di apparire normale.
Ama così tanto il Dottore...
"Ma non lo faccio apposta!".
"Beh, trattieniti per favore.".
La sua secchezza mi fa vergognare e rattristare un pò.
Abbasso lo sguardo e entro nella cabina.
Ma cinque minuti dopo mi capita ancora.
"Sposato con River Song, matrimonio in guerra. Figlia di Amelia Pond Williams e Rory Williams.
Vero nome: Melody Pond Williams.".
La frase mi è uscita dalle labbra d'un fiato, ma sono riuscita a mascherarla con un colpo di tosse.

"Farebbe qualunque cosa per lui.
Morirebbe. Ucciderebbe. Lui prova dei sentimenti contrastanti nei suoi confronti.
Amore o semplice amicizia? Non riusciamo a capire se ami ancora Rose Tyler, ora residente in un universo alternativo, o la abbia dimenticata.
Noi sappiamo come arrivare negli altri universi. Ma lui non lo sa. Chissà se andrebbe da Rose e la recupererebbe se potesse?".
Cabiria non si rese conto delle parole che atterravano dalla sua bocca sul suo cuscino, ma comunque perfettamente udibili.
River le sentì. Stava camminando per il corridoio verso la sua stanza.
Sbarrò gli occhi ascoltando quelle parole.
Sussurrò: "Non è possibile.", e, con un lieve singhiozzo soffocato, corse via.
Il Dottore non stava dormendo.
Aveva le mani appoggiate alla console del Tardis, con le nocche bianche per quanto stringeva forte.
Si passo una mano sulla faccia, poi sui capelli, tormentandoseli.
"Il Dottore non piange. Mai." sussurrò deciso osservando il buio con un'intensità che sembrava volerlo perforare.
Pensò ai suoi capelli biondi.
Pensò ai suoi sorrisi luminosi.
Pensò a tutte le loro avventure insieme.
Pensò alla sua figura sottile che si stagliava in mezzo al Tardis.
Una lacrima gli percorse la guancia lasciva.
"Anche il Dottore piange." mormorò debolmente, accasciandosi su un sedile.

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Capitolo 6
*** Dubbi e inquietudini sull'albero genealogico di Clara. ***


Ecco a voi il sesto capitolo :D

"Papà, per favore!" esclamò.
"Ma cara, è troppo pericoloso..." protestò suo padre.
Sua madre intervenne con la solita delicatezza:"E poi magari si è già fatto una vita... Ti ha dimenticata...
Come lo sai tu? Anche se ci riuscirai sarai solo un'incomoda...".
Una lacrima bagnò la guancia pallida di Rose.
"Non m'importa. In amore e in guerra tutto è concesso. E questa è entrambi.
Mi dispiace se non vi rivedrò più. Ma potete sempre cambiare idea e venire con me, no?".
"E John?" chiese sua madre con il labbro tremante.
"Lui non è il Dottore. Io voglio il Dottore.".
"Ma c'è sempre il nostro Dottore! Quello del nostro universo...".
"Papà, neanche lui è davvero il Dottore. E sai benissimo anche tu che non mi conosce, perchè la me di questo universo era il vostro cane... Vero Rosie?".
Il cane le saltò in braccio uggiolando. La ragazza le scompigliò il pelo, sussurrando: "Mi mancherai, Rosita!".
Le depositò un bacio sulla testa e la mise fra le braccia del padre.
"Ora devo andare. Mi mancherete tanto!" singhiozzò poco dopo, buttandosi fra le braccia di Jackie.
Lei la strinse forte.
Le sussurrò: "Sei la mia figlia preferita.".
Rose la guardò, ridendo del loro solito rituale. "Nonchè l'unica." rispose di rimando.
Abbracciò suo padre.
"Ti voglio bene papà!" disse contro la sua camicia.
"Anche io, Rose!" disse tristemente.
Lei provò a staccarsi, ma lui la strinse più forte.
"Peter, lasciala andare!" disse dopo un pò la moglie.
"Ti voglio bene", ripetè, "Molto più di quella vecchia pappagalla di tua madre, ma non glielo dire!" ridacchiò.
"Guarda che ti ho sentito benissimo! Dopo facciamo i conti!" strepitò Jackie.
Peter sorrise e poi rise.
Rose si asciugò le lacrime strofinandosi con i pugni gli occhi.
"Vado!".
'Come dico addio?' pensò sconfortata Rose senza trovare una risposta.
Salutò con la mano, poi si voltò.
Non si girò più. Andò avanti. Si immerse nel vortice violetto e con un flebile risucchio, sparì.
Jackie singhiozzò contro la spalla del marito.


Il Dottore si svegliò. Si guardò il petto e vide di avere tutta la camicia stropicciata.
Ora era davvero "Il Dottore Stropicciato" di Amy.
Ridacchiò fra sè e sè, alzandosi dal pavimento.
Sentì un buon odore al cioccolato provenire da una delle cucine del Tardis.
Trovò Cabiria con un'espressione desolata che fissava... qualcosa.
"Che roba è?" chiese confuso.
"In un'altra vita era un soufflè al cioccolato." commentò cupa lei, osservando un disastro marrone su una griglia.
"Però l'odore è buono..." disse il Dottore annusando l'aria.
"Continuerò a provarci. Magari un giorno avrò una nipote che riuscirà a farcela.".
Non notò la faccia orripilata del Dottore, resosi conto della situazione.
"O magari non ci riuscirà neanche lei." commentò avvertendo nostalgia.
Un pensiero gli attraversò la mente, appannandogli i pensieri.
"Devo andare in bagno!" urlò correndo fuori.
Si fermò fuori dalla porta.
Clara era sua nipote. Lei amava fare soufflè, ma non le riuscivano mai.
Diceva "Per tutte le stelle!".
Assomigliava terribilmente alla ragazza in quella stanza.
Cabiria non poteva essere una metacrisi di Clara, perchè si chiamavano sempre come lei e la sua voce e il suo aspetto erano uguali ai suoi.
La cosa poteva essere una sola. Cabiria era una discendente o una parente di Clara.
Più probabile una parente, perchè Clara non poteva avere figli, essendosi scomposta in così tante metacrisi.
Ma se lui era il nonno di Clara... Non poteva essere! Sua moglie era River, lui amava Rose, come poteva Cabiria essere la nonna di Clara!
Come poteva lui avere fatto un figlio o una figlia con... quella!
'Lo farai' disse una vocina inquietante nella sua testa.
Scosse il capo. "Qual è il tuo cognome?" chiese trafelato, tornando in cucina.
"Io... Non lo ricordo!" ammise dispiaciuta. 
"Non è per caso Oswald?" chiese ancora.
"No, ne sono sicura!".
Sospirò di sollievo.
Un attimo. Ma sua figlia poteva essere la madre di Clara, ma in quel caso il cognome non sarebbe stato Oswald.
"Quanti anni hai?" chiese.
"Quante domande! Ne ho trentotto! Ma mi dici perchè mi stai facendo tutti questi indovinelli?" rispose, convinta che si trattasse di un gioco.

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Capitolo 7
*** Perchè io? ***


Salve... Eccomi con il nuovo capitolo C; come al solito spero di non deludervi e che continuiate ad apprezzare i miei scarabocchi
come mi hanno fatto capire le vostre recensioni che mi hanno molto inorgoglita...
Buona lettura...

Rose aprì gli occhi. 
Non vide nulla. Solo il buio più accecante della luce e la luce più tenebrosa del buio.
Respirava l'aria più fetida e allo stesso istante l'odore più puro che avesse mai sentito.
Si passò un dito lungo la linea della pelle, a partire da sotto il seno fino alla coscia.
Era nuda, e all'insieme coperta da mille strati di caldi vestiti.
Non avvertì terreno sotto i piedi, nè alcuna altra superficie intorno a lei.
Sola e con mille persone.
Si sfiorò le orecchie con un dito. Un silenzio assordante e migliaia di sussurri la circondavano.
Come poteva essere possibile? Rose non se lo chiese.
Si passò la lingua sulle labbra, aspettando inutilmente.

River passeggiava per i corridoi del Tardis. 
Il giorno dopo ci sarebbe stata una delle sfilate di Coco Chanel a Parigi, e il Dottore, su richiesta delle signore, aveva acconsentito a andarvici.
River non era la tipa da bei vestiti, ma Coco era diventata una sua cara amica, e Cabiria invece adorava i suoi vestiti, così...
Ma quel giorno pioveva, e Cabiria voleva visitare Parigi e lei no, quindi si era ritrovata a passeggiare per il Tardis da sola.
Una stanza che non aveva mai visto.
Ok, il Tardis era praticamente infinito, ma River ne conosceva alla perfezione una delle zone più vicine alla sala di controllo principale.
E in quella zona una stanza simile non l'aveva mai notata.
Abbassò la maniglia.
Un urlo attraversò la stanza.

Cabiria era rientrata dalla passeggiata.
Sciolse il braccio da quello del Dottore e entrò nel Tardis.
Scrollò l'ombrello e si chiuse la porta dietro.
"Perchè?" chiese improvvisamente.
Il Dottore si girò verso di lei. "Perchè cosa?".
Le iridi di Cabiria brillarono. "Perchè io?".
Il Dottore capì.
"Si conosce la domanda, ma non si conosce la risposta. Con me è così." sussurrò muovendo appena le labbra.
Cabiria fissò la sua bocca mentre qualcosa si smuoveva dentro il suo petto.
"Dottor chi? Chi sei, Dottore?" mormorò a testa china, quasi timorosa.
Lui le si avvicinò. Pochi centimetri li separavano.
Lei mise la nocca dell'indice sotto il mento e le sollevò il volto.
"Potrei farti la stessa, identica domanda. Io so la mia risposta. Solo io. 
Perchè proprio tu, Cabiria?
E solo tu sai la tua risposta. Solo tu.". Non mosse quasi le labbra parlando.
Le frasi che pronunciò furono taglienti come la lama di un coltello per Cabiria.
"Come sarebbe a dire? Io non so assolutamente niente." vacillò.
Scostò i capelli dal suo orecchio. Lei era rossa come un pomodoro, con gli occhi fissi sulla sua bocca.
Com'era che aveva detto quando ancora il suo corpo era governato dagli ultimi impulsi degli Angeli?
Ah, sì. Stranamente rosa. Era un bel rosa. Un rosa dolce.
E dava l'impressione che la pelle fosse morbida.
Cabiria provò il lieve desiderio di provarlo, se quelle labbra erano così come sembrava.
Si scosse dai suoi pensieri sempre più rossa.
'Che diavolo di pensieri che faccio. Mi devo controllare.' pensò secca, raffreddandosi d'un colpo.
"O forse potrei saperlo anche io. Chi lo sa?".
Le sfiorò le labbra con un dito. Cabiria era quasi ipnotizzata dal suo lento parlare, sussurrare.
L'unica sensazione fisica che la legava con i piedi a terra era lo scottante bollore che sentiva sul collo, il suo dito che toccava la sua bocca.
"Guarda con la coda dell'occhio. Troverai cose che neanche immagini. Già lo dissi ad un'altra persona.
Ricorda, nel tempo tutto è possibile, ma non tu, ragazza impossibile." sussurrò infine, allontanandosi di scatto da lei, lasciandola confusa e rossa di vergogna.
'Porca miseria, riesce a essere così dannatamente sexy e inquietante allo stesso tempo! E non mi ha sfiorata con un dito...
O meglio, sì, lo ha fatto!' pensò ancora tremante.
Sapeva che lo aveva fatto apposta. 'Dannazione!' pensò stizzita.

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Capitolo 8
*** Il VERO cuore del Tardis ***


Scusatemi immensamente per non avere postato nell'ultimo mese... Buona lettura <3<3

River aprì la porta. Era tutto buio.
Solo dei lievi riverberi colorati, come una sottilissima e lieve aurora boreale, illuminavano la stanza.
River sussultò osservando una sorta di sprazzo di momentanea luce fortissima e ascoltando il rumore di un tuono.
Una vaga ombra di donna si riflettè contro la parete, ma fu solo un istante che terminò con il 'fulmine', e River pensò di essersi confusa.
Lanciò un'ultima occhiata distratta al cartello fosforescente con la scritta 'Non aprire', ignorandolo bellamente.
Entrò.
Un forte vento la travolse, trascinandola.
Un urlo uscì dalla sua gola senza che lo potesse fermare.
Perchè diavolo era entrata lì dentro?
Provò a opporre resistenza, ma si arrese. Era troppo tardi, se ne era resa conto.
E il Dottore non era lì a salvarla, quella volta.
Non poteva credere di essere capitata nella stanza che conteneva il VERO cuore del Tardis!
Sarebbe morta, oppure sarebbe rimasta lì per sempre.
Sentì un forte risucchio attirarla verso il centro.
Provò a tenere aperti gli occhi, ma i colori parvero animarsi in quell'istante, potenti e distruttivi.
Una grandissima luce elettrica, violacea, le distrusse la vista.
River si sentì improvvisamente nuda, come se non avesse i vestiti addosso.
Come se fosse avvolta da una soffice membrana isolante.
Una zanzariera nel deserto.
Sbattè contro qualcosa, lottando ancora per le palpebre aperte.
La 'cosa' era morbida e liscia, e aveva anche una voce, a quanto pareva.
"Non ostinarti a tenere gli occhi aperti, ti farà malissimo.".
La voce era vellutata.
Il vortice del tempo aveva smesso di girare.
River crollò a terra, contrastando di essere effettivamente nuda, cioè, in senso pratico.
Non c'era stoffa sulla sua pelle.
"Chi sei?" chiese.
"Mi chiamo Rose.".
River si toccò la tempia, tentando di ricordare.
Era in qualche modo legata al Tardis, lo percepiva.
L'aveva nominata qualcuno...
Ah, sì! Cabiria durante quel periodo in cui era ancora condizionata dagli Angeli Piangenti.
Ma no, non era possibile che fosse quella Rose... No, era impossibile, decise.
Non chiese nulla, semplicemente rispose.
"Io sono River. Siamo nel vortice del tempo, vero?". Si sentì piuttosto stupida a chiederlo, ma ormai il 'guaio' era fatto.
"Sì. Sono qui da qualche giorno, credo. 
Ho perso la cognizione del tempo con il buio. Ma non ho fame, sete, sonno o altro.
E' tutto nero, ma a volte si accende come qualcosa in giro. 
Qui è silenzioso, ma si sentono le voci di ogni era, di ovunque.
Qualche discorso, delle urla, dei sussurri.
Capirai. Tanto non sei solo in visita qui, no?".
"Già. Ci si può sedere per terra?".
"No. Cioè... E' come essere sospesi su qualcosa di strano...
Non riesco a spiegare. Non si sta proprio comodi, però. 
E' un posto strano, ma non certo il Paradiso.
Ma non ti preoccupare, in piedi non senti la stanchezza.".
"Io... Insomma, c'è un modo per andarsene da qui?".
"Non che io sappia." sussurrò delicatamente l'altra.
"Ma tu come sei arrivata qui? Voglio dire, io non ho fatto apposta... Solo la stanza sbagliata... Oh, lascia stare.".
"Io devo trovare una persona speciale. E' una cosa piuttosto complicata da spiegare...".
"Speciale? Mmmh... Sulla Terra? Ma come sei arrivata? Insomma, racconta... Tanto il tempo c'è, no?".
River la osservò intensamente. Vedeva poco, ma si stava abituando.
Era una ragazza esile. Capelli lisci, bei lineamenti, occhi grandi e lucidi.
Non osò abbassare lo sguardo dal suo volto, non voleva vedere altro.
Vide alcune lacrime cominciare a scorrerle sulle guance.
"Lui era un... - parve esitare un secondo - uomo meraviglioso.
Eravamo innamorati, ma abbiamo dovuto preferire il bene comune...
E io... Io con una sua c-copia... In un altro posto.". 
Le ultime frasi le aveva sussurrate, in una nenia quasi incomprensibile.
Si coprì il volto con le mani, sussultando lievemente.
"Come si chiamava?" chiese improvvisamente seria.
La ragazza smise di piangere.
Pareva seriamente in difficoltà.
"Lui... Lui si chiama... J-John?" chiese praticamente, più che rispondere.
"Sì, certo, e ora mi dirai che fa Smith di cognome!" ridacchiò lei. Non poteva essere possibile, eppure tutto combaciava.
"Hem..." tossicchiò Rose, "Più o meno è quello...".
River spalancò gli occhi e la bocca. "Rose Tyler?".

"RIVER? RIVER?" urlò Cabiria, girando per i corridoi.
"Niente, non l'ho trovata, Dottore!".
"No, aspetta, vieni qui!" lo chiamò subito dopo, trovando una porta aperta.
Un cartello diceva 'Non aprire'.
Ok, River era lì dentro.
Il Dottore le sfilò affianco con passo cadenzato.
"Oh, no..." mormorò torturandosi i capelli con le dita appena vista la porta.
"Ma cos'è?".
"E' il VERO cuore del Tardis.
La linea temporale del Tardis, tutti i posti che abbiamo e ha visto.
E credimi, il Tardis è molto più vecchio di me.
La ucciderà in poche ore. Non può stare lì in mezzo, c'è troppo.
Troppa storia, troppa vita. Dobbiamo tirarla fuori, ma non possiamo entrare neanche noi.".
"Neanche tu puoi entrare?".
"No." sussurrò il Dottore, "Potremmo entrare, ma non ci metteremo solo alcune ore a cercarla.
Ci vorrebbero giorni e giorni, forse mesi. E poi dovremmo passare altri anni a cercare di uscire. E' praticamente irrecuperabile.".
"Per tutte le stelle..." mormorò sconfitta Cabiria, "Non possiamo fare assolutamente nulla?".
"No. Nulla. Se non esce da sola, morirà. Ha poche ore.
Beh, speriamo per lei. Dio, mi sento così... impotente.".
Cabiria alzò lo sguardo. Il Dottore era inginocchiato a terra, con gli occhi quasi lucidi.
"Su, non compiangerti, Dottore. Tu sei il solo, oltre a lei, che la può tirare fuori.
Sei praticamente un supereroe, non è da te guardare e basta.
Ora entriamo lì dentro e la salviamo. Facciamo un piano.
Che ne so io, in mezzo a tutta sta roba qui dentro ci saranno due tute cosmiche resistenti a qualcosa, no?
Una corda, delle torce, oh, cavolo, non lo so... Adesso però facciamo qualcosa. Su, alzati.".
Il Dottore rimase immobile.
Alzò appena lo sguardo verso di lei.
Intenerita, lei allungò la mano e cìgli accarezzò i capelli.
Poi si inginocchiò davanti a lui e gli sussurrò: "Ce la faremo.".

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Capitolo 9
*** Il messaggio ***


"Verranno a trovarci. Il Dottore ci troverà.".
Ormai era una nenia sulla bocca di River.
Ormai avevano capito chi erano rispettivamente, e si erano raccontate le loro esperienze a fianco di quell'essere meraviglioso che era il Dottore.
"Si... Si è rigenerato?" domandò Rose.
River sollevò lo sguardo e inarcò un sopracciglio.
"Descrivimi il tuo Dottore. Io ne ho visti due.".
"Anche io ne ho conosciuti due. Il primo. Alto, pelle olivastra, orecchie un pò a sventola.
Capelli corti e neri, occhi grigio-verdi. ".
La guardò interrogativa, in attesa di una risposta.
River sorrise: "L'ho incontrato un paio di volte, ma non mi ha riconosciuta.
Non mi aveva mai vista allora. No, Giulio Cesare Due non è uno dei miei Dottori.".
"Giulio Cesare? Sul serio?".
River ridacchiò: "E' la copia sputata. Non metterei la mano sul fuoco che non sia lui. 
Sai che ha un talento speciale per ficcare il naso dappertutto.".
Rose sorrise e poi continuò:
"Il secondo. Non altissimo. 
Intelligente, coraggioso, capelli castani e occhi dello stesso colore. 
Senso dell'umorismo... Particolare, ecco. Affascinante.". 
Sospirò, indugiando sull'ultima parola.
"Ah, lui! E' il primo dei miei men! Il decimo!
L'undicesimo immagino che tu non l'abbia conosciuto...
E' la versione con cui mi sono sposata.".
"Parla... Parla mai di me?" chiese Rose.
Subito dopo arrossì. Aveva appena chiesto a un'altra donna se suo marito la pensava!
"Oh... Io... Scusami. Sono cose successe tempo fa...".
"Non ti preoccupare, non sono gelosa. Non sono una moglie presente.
I suoi primi giorni sono i miei ultimi. E i miei primi i suoi ultimi.
E' triste ma è così. Potrebbe avere quarantadue amanti e io lo scoprirei con difficoltà.".
River abbassò lo sguardo.
Rose appoggiò una mano sulla sua spalla, gentilmente.
"Il Dottore non è così, lo sai. Lui non cerca quello.".
"Però odia rimanere solo. E il nostro è stato un matrimonio di guerra.
Non ho ancora capito se sono solo io ad essere innamorata.". O se ti ama ancora, avrebbe voluto aggiungere.
Rose si chinò davanti a lei.Le appoggiò una mano sotto al mento e glielo sollevò.
"River. Hey, River. Tu sei una donna in gamba, non ti puoi abbattere così.
Anche se non ti ama cercane uno per cui vale la pena. Non siete più in guerra ora.
Una volta eravamo innamorati. Ho provato a venire qui per questo.
Ma stando qui ho capito che è passato così tanto tempo. Vorrei solo tornare a casa, dove mi aspettano delle persone che amo.
E... Qualcun altro.". Sorrise.
"La copia umana del Dottore. In un momento di crisi l'ho abbandonato.
Come potrò avere il suo perdono per essere scappata?". Scoppiò a piangere.
River si alzò in piedi e la abbracciò delicatamente. 
"Su, tesoro. Non ti abbattere. Se ti ama, ti perdonerà.
Non posso garantirti che non si arrabbierà, ma ti perdonerà.
L'amore è più forte del resto, quando ce l'hai.
Quando non ce l'hai... beh. Però siete innamorati, no? Non ti preoccupare.".
"Sei... Così gentile. Come fai? 
Sono innamorata di un uomo che è la copia sputata di tuo marito e come se non mi bastasse sono scappata per trovarlo.
Tu non sei felice, a quanto sento, eppure mi consoli.".
River sorrise amaramente. "E' più facile consolare chi ha qualcosa che tu non hai.".

Cabiria sorrise.
"Dottore, stai calmo. Dobbiamo solo cercare farlo capire a lei.".
Il Dottore spalancò gli occhi: "E come le diciamo che per uscire da là deve stravolgere la sua natura?
Fare qualcosa che non farebbe mai?".
Cabiria fissò il vuoto, dubbiosa.
Infine lui scattò in piedi, facendola sussultare.
"River ha sempre avuto un certo stile nel farmi sapere le cose, quindi ora direi che è il mio turno!
Si dice che il Tardis è come un portale di ogni mondo ed era. Quindi, se butto un messaggio, prima o poi le arriverà, no?
Non abbiamo un'altra possibilità.".
Cabiria corse via. Tornò pochi minuti dopo, con in mano un foglio e una penna.
Il Dottore li afferrò entrambi senza dire nulla e scribacchiò qualcosa.
Aprì la porta, e, prima di venire travolto dalla forza distruttiva della stanza, lanciò dentro il messaggio.
"Cosa le hai scritto?".
"Qualcosa che capirà.".

Un rumore stropicciato giunse alle orecchie sensibili di River.
Rose si voltò.
"Cos'era?".
"Sono venuti a salvarci!".
Rose si guardò intorno e poi sospirò: "River, non verrà nessuno.
L'hai detto tu stessa che moriremo in poco tempo.".
"Infatti è solo un messaggio. Un messaggio che ci porterà fuori da qui!".

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Capitolo 10
*** Devi, Rose. ***


Salve a tutti e scusate il ritardo... Vorrei sapere se c'è qualcosa che non va nella storia, è da due capitoli che non ricevo recensioni...
Se c'è qualcosa di sbagliato in come scrivo, fatemelo sapere per favore... Grazie ❤
Buona lettura ❤

"Farò una cosa che non ti piacerà. Forse ti farà schifo.
Ma mi devi assecondare. Devi. Mi devi assecondare, capito?
Ci porterà fuori da qui. Rose... Quando sei pronta...".
Rose la guardò senza capire: "Io... Beh, io ci sono.". Fece spallucce.
"Addio, Rose Tyler." sorrise gentilmente l'altra.
Rose stava per rispondere, ma River le si avvicinò e appoggiò le labbra alle sue, sussurrando prima un fugace: "Scusa!".
Lei si divincolò appena all'inizio, ma poi smise quando capì che era necessario.
River nel frattempo aveva alzato un sopracciglio, come ad aspettare un qualche cambiamento.
Si sentirono entrambe come trascinate via da una lieve brezza gentile, staccate l'una dall'altra.
Rose fece in tempo a salutarla con la mano sibilandole: "Non dirgli che ero qui!".
River capì il perchè. 
Un attimo dopo, quando ormai Rose non era che un ricordo ai suoi occhi, si sentì di nuovo vestita, e così quest'ultima. 
Entrambe cominciarono a sentire delle voci.

River ne sentì due che riconobbe.
Diceva la prima, più maschile, che identificò con il Dottore:
"Chissà cosa avrà fatto per riuscire ad andarsene. Conoscendola, sinceramente ho paura.".
River ghignò nel buio.
Si sentì come scaraventata fuori.
Cadde per terra, su una superficie che identificò come il pavimento.
Si tirò in piedi velocemente, ammiccando al Dottore: "Ciao, dolcezza." e una piccolo buffetto sulla spalla a Cabiria.
Entrambi spalancarono gli occhi.
"Sto bene, grazie per averlo chiesto." ironizzò lei, togliendosi la polvere dai jeans.
Entrambi tirarono un sospiro di sollievo, riconoscendo la solita River.

Un urlo a metà tra l'esasperato e l'arrabbiato squarciò la pace di casa Tyler.
"MA TI RENDI CHE SARESTI POTUTA MORIRE? SEI SPARITA PER DUE SETTIMANE, ROSE! DUE!" sottolineò un irato John Smith, con un'espressione sconvolta in fronte. Rose lo osservò profondamente, incapace di aprire bocca.
Notò le occhiaie profonde e gli occhi esasperati che gli solcavano il volto, e si sentì letteralmente morire.
I genitori li guardavano dall'ingresso della cucina.
"MA DOVE SEI STATA?". Dalla bocca di John il grido scemò e si trasformo in qualcosa simile a un gemito di dolore.
Si fiondò su di lei, cingendole la vita in un abbraccio.
"Non mi lasciare più, Rose Tyler. Io non lo farei mai. Ti prego." sussurrò al suo orecchio, stringendola delicatamente fra le braccia come una cosa preziosa.
Da sopra la sua spalla, Rose inviò un muto ringraziamento alle due persone ferme sulla porta per non aver detto niente.
"Non ti lascerò più. Lo giuro.".
Gli depositò un veloce bacio sulla fronte e sorrise, andando anche ad abbracciare Jackie e Peter.

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Capitolo 11
*** Rinascere. ***


Ciao a tutti ❤
Questo sarà un capitolo un po' particolare...
Spero vi piaccia.
Buona lettura ❤


"Voglio sciogliere il matrimonio.".
"Cosa?".
Il Dottore sgranò gli occhi.
"Ho pensato mentre ero lì.
Sai, da soli c'è un particolare silenzio.
Solo una domanda.
Tu mi ami: vero o falso?1".
Il Dottore non rispose.
Arrossì. Il calore parve affluire tutto sulle sue guancie, sotto gli occhi.
"Io... Sì?".
Non ebbe minimamente il coraggio di alzare gli occhi.
River gli si avvicinò, sorridendo: 
"Va tutto bene. Lo sapevo già.
Occupati tu di andare fino a là per le carte, per favore.
Devo fare un lungo viaggio.
Ti lascio solo con Clara.".
Il Dottore, prima muto alle altre frasi, alzò gli occhi: "Clara?".
"Le metacrisi sono malleabili come argilla.
Cabiria è stata presa dagli Angeli... Ricordi?".
Il Dottore annuì.
"Beh... Ti lascio solo a fare le tue considerazioni.
Addio, sweetie.".
Si fermò davanti a lui. Gli appoggiò le labbra in un fugace bacio sulle sue.
Quando si staccò, gli fece l'occhiolino e, a passo cadenzato, uscì dalla stanza.
Cabiria arrivò pochi minuti dopo.
"Se n'è andata.".
"Chi?".
"River.".
Lei alzò un sopracciglio, ma non disse nulla.

River uscì dal Tardis. Aveva un borsone fra le mani.
Sapeva dove andare.
Lo sapeva eccome.
Tornava da dove era venuta.
Aveva giusto manipolato un attimino il Tardis dove voleva lei, prima di andarsene.
Vide quel paesino familiare.
Sorrise con lo sguardo.
"La donna matura2 se ne va." sussurrò tra sè e sè dietro un angolo.
Iniziò la rigenerazione.
Il suo corpo bolliva. Ribolliva, e faceva male.
La luce era dappertutto.
River risplendeva come un piccolo sole.
Pochi minuti dopo, respirò con un nuovo naso.
Un piccolo naso. Un naso da bambina, un adorabile nasino color cioccolato.
Si specchiò in una pozza lì di fianco mentre si cambiava.
"Ma che adorabile frugoletta!" borbottò sarcastica con una nuova voce.
Uscì dal suo 'nascondiglio'.
Vide poco lontano un parco giochi.
Perfetto. Sul serio, era proprio un genio!
Il borsone era rimasto nascosto là, lontano.
La individuò.
Corse verso di lei.
"Ciao, io sono Mel!".
"Io sono Amelia Pond!" sorrise l'altra bimba, lisciandosi i capelli rossi.
Mel esibì un gran sorriso, prima di chiedere: "Giochiamo?".
Amelia la prese per mano, guidandola verso un'altalena.
Mentre lo faceva, una cosa strana, che non aveva progettato, successe: i suoi ricordi precendenti si annuvolarono un po'...
Non tanto. Una piccola ombra era scesa su di essi.
Si sentì confusa, con la testa leggera, proprio come una normale mocciosetta.
Una donna, di colore anch'essa, le corse dietro e le chiese: "Dove vai, Mel?".
"Vado da Amy, mamma!".
Le abbracciò una gamba e tornò a giocare.

Rose e John Smith stavano passeggiando sulla riva.
Era tardo pomeriggio.
Entrambi erano a piedi scalzi.
Le onde e la sabbia avevano già bagnato la loro pelle da tempo.
Erano a braccetto, ridevano e scherzavano.
Rose era felice. Molto felice.
Non poteva desiderare di meglio.
Ad un certo punto, dopo un momento morto della conversazione, lui la strinse più a se, sorridendo:
"Se lui sapesse che si sta così bene, avrebbe già smesso di fare quello che fa.".
Rose sorrise di rimando:
"Lui lo sa come si sta.
Ma lui non sei tu.".
John le fece un grande sorriso, accarezzandole una guancia.
Si appuntò quell'ultima frase nel cuore.
"Per me significa molto.". L'aveva detto.
"Cosa?" chiese lei, sgranando gli occhi.
"Che io non sono lui per te.
Mi rende felice che lo pensi.".
Era stato sincero.
Rose lo fece fermare.
"Tu non sei lui.
Non lo sei mai stato.
Ma è di te che sono innamorata.".
Sorrideva ancora, ma sembrava seria.
John chiese, stupidamente: "Sei seria?".
Lei alzò un sopracciglio: "Mortalmente seria, uomo di poca fede.".
Senza preoccuparsi di sembrare inopportuno, esagitato o pazzo, la prese per i fianchi e la fece girare e mezz'aria.
Prima di baciarla, ad un centimetro dalle sue labbra, sussurrò:
"E io sono mortalmente serio quando dico che sei la cosa più pesante che abbia mai sollevato.".
Lei gli diede un piccolo pugno, offeso e un po' scherzoso, sul braccio, mentre assaporava la sua pelle.

1= Citazione adorabile di un confuso Peeta Mellark a Katniss Everdeen in Hunger Games.
2= Nella puntata in cui Mel si rigenera, il primo commento che fa è qualcosa tipo 'Sono una donna matura... Mi piace!'.
O qualcosa del genere, non ricordo.

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Capitolo 12
*** Tutti se ne vanno prima o poi, ma nessuno ti dimentica. ***


Hello sweeties ❤
Avrei voluto scrivere un paio di settimane fa, ma ho avuto un po' di complicazioni con le dita di una mano
(ho dato una bella botta!) e quando riuscivo a farlo avevo altri impegni e da studiare, e, Prof, i compiti me li ha mangiati il cane :)
Beh, scusatemi ❤
Questo è l'ultimo capitolo.

Ne approfitto per ringraziare chi mi ha recensito, i lettori silenziosi e chi l'ha ricordata (Foxx), seguita
(AbigailTerryChere, Foxx, marta_uzumaki86, sarasmith11, Smemo92, S_Lion597, UAUI84, z3cca e _eternity0_) o preferita (SerpeOrtica).
Ho cercato di fare un capitolo strepitoso per il gran finale e spero di esserci riuscita :)
Da qualche parte ho trovato un'immagine con questa scritta, che, inevitabilmente, mi ha fatto commuovere:


"Roses are red,
the TARDIS is blue,
the Doctor once said
'Rose Tyler, I - ' ".

Per il resto, un grosso bacione e un ringraziamento speciale a tutti *3*




E così, Rose Tyler si sposava.
Da un mese tutti in casa sua non parlavano d'altro che bouganvilles da appendere, se scegliere un prete o un funzionario,
la Chiesa o lo Stato, se Bad Wolf Bay fosse la location giusta e se i gamberetti sulle tartine fossero meglio delle uova di quaglia,
oppure avrebbero commesso un errore madornale mettendo da parte il salmone e la salsa tartara?
Beh, a Rose non importava.
Come tutte le ragazze, da bambina aveva sognato tutto questa grandezza e maestosità, ma ora non lo desiderava.
Certo, la sua mente non gridava 'semplicità'.
Solo non si poneva domande esistenziali sui più infimi dettagli.
Aveva solo bisogno di essere rassicurata.
Aveva tanta paura.
Non voleva la premura di John, non ne aveva voglia.
Al momento voleva solo qualcuno che la ascoltasse, senza giudicare, quello che aveva da dire.
Ma nessuno lo faceva. Tutti erano troppo impegnati in quel matrimonio che non aveva senso.
Perchè sposarsi subito?
Rose tutta questa fretta non la capiva.
Voleva prima innamorarsi sul serio al punto di capire se sarebbe morta per lui, voleva prendere un'altra casa con lui e trovare un lavoro.
Aveva venticinque anni e John circa trentanove datati dalle condizioni del suo corpo.
Era molto più vecchio, ma non le importava.
Un tempo forse questa cosa la avrebbe disgustata, ma ora capiva che l'amore non ha età.
Si amavano davvero, e ne era felice.
Voleva solo del tempo.
Dentro di sè, vedeva già l'orribile scena.
Tutto perfetto.
In mezzo alla sabbia di Bad Wolf Bay.
Tutti gli ospiti la guardavano, lei avanzava magnificamente avvolta da un abito bianco e brillante con il braccio di suo padre stretto al proprio,
ed ecco John, con gli occhi che brillavano di felicità, ad attenderla all'altare.
Sua madre e le zie piagnucolavano.
Ma ecco che appariva nella sua mente, in contrapposizione con la realtà, la figura del Dottore, poco lontano dal gazebo, che la fissava con aria malinconica.
E lei che spalancava gli occhi, chiedendosi perchè, perchè avere John quando il Dottore era lì per lei, così enigmatico, con il suo Tardis e il suo fantastico amore alieno.
Ed ecco che si divincolava e correva verso di lui.
Ma poi l'immagine si dissolveva.
E Rose piangeva, cadeva per terra singhiozzante.
Si girava, e tutti la guardavano stupefatti.
Ma soprattutto, gli occhi delusi di John che domandavano solo 'Perchè?'.
Rose sapeva che era solo un capriccio da bambina.
Lei si sarebbe sposata, fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto.
C'erano molti motivi in più per preferire John al Dottore. Ne era sicura.
Prima di tutto, erano uguali, nella mente e nel corpo. Pari.
Però John sarebbe morto con lei, quindi un punto a suo favore.
Beh, il Dottore aveva il Tardis. Punto.
Ma non poteva raggiungerlo. Punto per John.
Con John era molto più al sicuro e avrebbe avuto una vita normale. Ok, non era quello che voleva.
Ma non poteva avere altrimenti.
Rose si rigirò inquieta nel suo letto. Odiava fare quei pensieri.
Ad ogni modo vinceva John. Tre a due.
Era triste. Era una situazione così penosa per lei e chi ricordasse il Dottore che desiderò solo sparire.
Non aveva voglia di dire che voleva rimandare il matrimonio di qualche mese.
Però forse poteva rimandare i preparativi.
Chi lo sa, una mancanza, uno svenimento, un'indecisione per qualcosa, una vacanza pre-matrimonio.
Qualcosa avrebbe trovato.
Si alzò dal letto e camminò fuori da camera sua fino al balcone.
Vide che la magra figura di John era appoggiata con i gomiti al bordo.
Stava per fare retromarcia, ma ormai lui l'aveva vista.
"Rose." sussurrò nel silenzio della notte, "che ci fai alzata a quest'ora?".
Lei si avvicinò. Sorrise: "Tre a due.".
Lui aggrottò le sopracciglia, ma non disse nulla.
Le accarezzò leggermente i capelli e le mise un braccio intorno alle spalle.
Stavano così bene, nel silenzio della notte, stretti l'uno all'altra.

                                                                                                                       *

"Che cosa hai fatto?" domandò molto dolcemente Cabiria, osservando il Dottore, chiuso nel suo mutismo da un bel pezzo.
Lui esitò un secondo, ma poi la accontentò: "Tutti mi abbandonano.", borbottò.
Cabiria gli si avvicinò e lo abbracciò: "Tutti se ne vanno prima o poi, ma nessuno ti dimentica.".
Sorrise, ricambiando la stretta: "Anche tu te ne andrai.".
Lei annuì un attimo: "Tu vivi tanto, Dottore.
Una vita lunga è una vita sofferta, ma aiuti molte persone.
Hai aiutato me, per esempio, e poi anche Amy, Rose, River e molti altri.
Ti piace quello che fai, l'adrenalina, esplorare i mondi e il tempo e soprattutto salvare la gente.
Tu ami farlo. Forse non lo sai, ma lo vedo nei tuoi occhi; tutti lo vedono in te.".
Fece una lunga pausa: "Ti voglio bene.".
"Anche io te ne voglio, ragazza impossibile.".
 

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