ALL fall down

di Sheelen_
(/viewuser.php?uid=51012)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** » An OLD meeting ***
Capitolo 2: *** » The truth Never known ***
Capitolo 3: *** » a NEW life. ***
Capitolo 4: *** » BLACK'S house ***
Capitolo 5: *** » CELEBRATIONS: Welcome Jake ***
Capitolo 6: *** » Swim of Midnight ***
Capitolo 7: *** The beginning With HER ***
Capitolo 8: *** » Wishes ***
Capitolo 9: *** FIGHT or not? ***
Capitolo 10: *** » They ARE here ***
Capitolo 11: *** » Everything WILL fall DOWN ***
Capitolo 12: *** » The Quiet BEFORE the Storm ***
Capitolo 13: *** » Carnival of RUST ***



Capitolo 1
*** » An OLD meeting ***


{FIRST Chapter} » An OLD meeting

C'era freddo quella mattina. Bizzarro data la stagione calda. Mi trovavo in pieno estate eppure quella mattina c'era freddo. Beh se si trattava di Forks non c'era nulla da biasimare. Mi sistemaì il cappuccio sulla testa proseguendo la mia strada verso La Push.

Lì il clima era più mite. Quella piccola riserva era adorabile, a prima vista mi fece un ottimo impressione. "Mi lasci pure qui." Comandai al guidatore del Taxi che avevo trovato. Fortuna? Forse. Il sole cominciava a fare la sua solita rotazione e io con lui mi diressi verso quella che era la piccola spiaggia di quel posto così delizioso. Percorsi una lunga rampa prima di riuscire a trovare un punto praticabile fra le rocce per poter scendere. Soltanto quando raggiunsi la sabbia gelida, mi accorsi che davanti a me c’era una lunga scalinata che portava direttamente sulla spiaggia. Ovvio. Era un posto pubblico. Eppure a me piaceva prendere le vie più complicate. Ero una di quelle che spesso si ritrovavano sbucciatura fra le gambe, graffi e macchie nere sulla pelle senza sapere come avesse fatto ad averli.
Poco più avanti vidi un focolare acceso e un gruppo di persone riunito intorno a quella piccola fiammella.Mi sfregaì le mani sorridente. Presto anche voi capirete a cosa volesse alludere il mio viaggio.
Raggiunsi quel gruppo di persone stringendomi nella mia T-Shirt rossa; la felpa era ben legata al mio bacino. Non che sentissi freddo ma dovevo mostrare un maggiore contegno apparendo normale. . Ma io non lo ero, ero diversa e la cosa mi piaceva.

Mi trovavo a pochi passi da loro, già avevo attirato l’attenzione di tutti quanti che con fare indagatore posarono gli occhi su di me, una semplice ragazza di 17 anni dal fisico più sviluppato del normale, con lunghi capelli ondulati color blu notte e qualche ciocca viola sparsa tra quella folta chioma. Violet era il mio nome e colui che cercavo si chiamava Sam. Con lui avevo un particolare legame oltre ad avere lo stesso cognome. Uley. Quella sera ero stata doppiamente fortuna. Lo trovaì proprio lì. In posizione di rilievo rispetto agli altri ragazzi tra cui scorsi anche due ragazze a cui non diedi una relativa importanza. Il viaggio era stato abbastanza lungo da potermi permettere di arrivare subito al sodo. Ammiraì il ragazzo dai capelli castani lunghi e due occhioni marroni. Un’altra cosa in comune con lui: Gli occhi. Sorrisi spazientita.
Sentivo gli occhi dei presenti puntanti ancora su di me in attesa di una spiegazione per la mia presenza o disturbo che fosse. Presto avrebber capito, avevo trovato ciò che stavo cercando. “Salve Sam.” Sorrisi raggiante come un sole caldo di mezza giornata. Tutti sussultarono come se avessi detto una segreto che non dovevo essere rivelato a nessuno. Soltanto in quel momento notai un uomo più anziano su una sedia a rotelle che stava proprio a fianco del mio Sam. Mi chinaì in segno di rispetto,sapevo già chi era. Uno degli anziani. “Salve Bill, è un piacere conoscerlo.” Continuavo a parlare con un certo vigore, mentre gli altri rimanevano ancora allibiti per la mia entrata in scena improvvisa. Questo era da me.
Sam si alzò all’in piedi, il suo sguardo era meno indagatore degli altri. Sentì per la prima volta la sua voce calda e soave rimbombare per la piccola riserva. “Buona sera a te, giovane. Scusaci ma non crediamo di averti mai conosciuta” Il suo tono era pacato e gradevole da sentire. Giovane? Non che avessimo tutta questa differenza d'età. Ero così contenta di averlo ritrovato. Di aver ritrovato mio fratello Sam. Si, perché io ero sua sorella. La sua piccola sorella che non probabilmente non ricordava più. “Oh Sam Andiamo, non sai nemmeno riconoscere la tua sorellina?” Rimasi delusa, Allora era vero. Sam non ricordava più nulla del suo passato, non ricordava chi fossi io?! La sua espressione confusa mi fece capire tutto. Sorrisi un po’ delusa. “Capisco, non ti ricordi. Beh allora piacere Sam, io sono Violet. Tua sorella” Gli altri rimasero ammutoliti, sapevano che Sam non avrebbe gradito un commento in più. Sospiraì, mi sarebbe toccato rimboccare le maniche e raccontare una lunga storia.
Lanciaì a terra il sacco che avevo sulle spalle a terra. Stranamente non fece nessun tipo di rumore che avrebbe potuto attirare l'attenzione, quei ragazzi erano troppo interessati alla mia presenza. Mi schiarì la voce. “Ok. Scusate la mia entrata in scena confusa. Cercherò di spiegarmi.” Ed ecco che dovevo iniziare a fare i conti con un passato di cui non andavo molto fiera. Ma avevano il diretto di sapere, dato che avrei passato molto tempo con loro, e con Sam. Ormai avevo deciso di restare lì, a La Push.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** » The truth Never known ***


Dolore.

Ero rimasta da sola.

Senza più ragione di vita.

Non avevo nemmeno la forza di versare lacrime.

Ogni cosa che mi apparteneva era stata portata via da me.

" Violet. “ disse calcolando le parole “Raggiungi La Push, un’area della Clallam County nello stato di Washington, Stati Uniti. È patria della tribù di indiani d’America Quileute e si trova lungo il Fiume Quileute. La troveraì tua madre tuo fratello, Sam."

Era sul punto di morte. Stava delirando. Mio padre, la mia unica ragione di vita stava per lasciarmi. La sua presa alla mia mano si stava facendo sempre più debole. Ed io in silenzio non potevo che osservarlo per l'ultima volta. Come ali spezzate in cerca di un appiglio, un modo per ritornare a volare stanche.

Mio padre mi lasciò all'età di 14 anni. La mia vita dopo fu soltanto una continua ricerca. Quelle sue ultime parole mi avevano lasciato stordita. Era vero? Perchè mi aveva tenuto nascosta il resto della mia famiglia? Perchè?

L'unica persona che avrebbe potuto rispondermi era ormai lontana da me, non potevo più raggiungerlo. Restava soltanto una persona che doveva per forza sapere tutto: Mia madre. In cuor mio speravo che almeno lei fosse ancora viva.

Salutaì la vecchia North Dakota per dirigermi in un posto lontano ai miei occhi sconosciuti. Là avrei sperato di trovare una nuova vita.

{SECOND Chapter} » The truth Never known

Era giunta l'ora di affogare nei ricordi, non avrei avuto alcun appiglio su cui reggermi. Ero sola, come sempre. Questioni di cui non me ne sarei vantata con nessuno.
" Uh?"
L'espressione di Sam riuscì a lasciarmi di stucco. Non lo conoscevo per niente, anche se nelle nostre vene scorreva lo stesso sangue. Eppure quel espressione non sembrava si addicesse alla sua persona che all'apparenza appariva così composta. Un figura che mi ricordava tanto mio padre, nostro padre. Sam stava aspettando delle spiegazioni più rilevanti, e gli altri con lui.
" Sono Violet, Violet Uley" Scandiì ogni lettera che componeva il mio nome. Non mi curaì di mandare avanti la storia, non c'era bisogno di nessun tipo di privacy. E poi i modi bruschi erano le mie preferenze.
"Non so cosa tu sappia, non so cosa voi sappiate. "
E in realtà m’importava ben poco " Sono venuta qui dal North Dakota e non per una semplice visita di cortesia. "
Uno dei ragazzi seduti proprio accanto a Billy farfugliò qualcosa che non riuscì a percepire distratta. La sua espressione però mi fece capire che mi stavano prendendo per folle. In effetti non potevo biasimarli. Sam era ancora in silenzio, mentre Billy sembrava volesse incitarmi a continuare con gli occhi ridotti a fessure.
"Non sto delirando."
Lanciaì un'occhiataccia sgradevole al ragazzo dai capelli corti neri, brizzolati alle spalle. Non era giusto farli aspettare. Sarebbe stato anche un bene per me chiarire in fretta le cose. "Sto cercando di spiegare la situazione. La farà breve" Anche perché nuotare così arbitrariamente tra i miei ricordi non era una cosa che avrei lasciato fare a degli sconosciuti. In parte soltanto Sam aveva il diritto di sapere. Mi sedetti a terra, stringendo fra le mani la sabbia umida. Era una bella sensazione. Così iniziò il racconto di una vita, detto in poche parole. “Ho vissuto lì da sempre con mio padre. Non ho mai saputo di mia madre e di fratelli non ne conoscevo nemmeno l’esistenza. Mio padre è morto qualche anno fa e soltanto in punto di morte mi ha confessato di avere una madre ancora viva e un fratello di nome Sam. Ovviamente in un primo momento pensaì che era soltanto frutto del suo subconscio, ma ero troppo incuriosita dal resto. Così chiesi a mia zia, sperando che dunque fosse davvero mia zia. Devo a lei il resto delle informazioni e il mio arrivo qui, a La Push.” Sorvolai la parte in cui spiegava il perché del fatto che Sam ed io non eravamo venuti a conoscenza della natura d’entrambi i genitori. Non avrei saputo rispondere neanche io.
La situazione era assurda e lo sapevo bene, ma dopo tutto quello che aveva passato non mi curavo minimamente di accomodarla. Scorsi i vari “Oh” come un pubblico molto attento ad ogni mia parola. Soltanto Sam sembrava trovare qualcosa da dire nel mio racconto. Certo. Una ragazza sconosciuta si era intrufulata nella sua vita spacciandosi per sua sorella. Potevo ben capirlo. Ma non avevo tempo da perdere, ne avevo perso già abbastanza.
"Un Attimo."
disse lui. Lo sguardo di tutti passò da me fino a Sam che si era alzato, mostrandosi in tutto il suo vigore. Oltrepassò la lieve fiamella creata dal focolare per raggiungermi mentre alle spalle lasciava una ragazza che con gli occhi colmi di agonia lo stava fissando, osservaì una strana cicatrice macchiarle il volto, ma non pesaì troppo il mio sguardo su di lei.
Rimasi spiazzata dall'altezza di Sam. Da seduto non ricreava quell'effetto. "Forse è meglio fare due passi. Violet?!" Mi chiese, la sua espressione rimaneva sempre ferma e poco vulnerabile. Aveva capito che il resto era soltanto una cosa che interessava noi due e non un branco di ragazzi pettegoli perchè era quella la prima impressione che mi fecero quei bambinoni troppo cresciuti. Annuì alzandomi. Sebbene non fossì di bassa statura stare accanto a Sam mi faceva sentire 'piccola'.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** » a NEW life. ***


{THIRD Chapter} » My NEW life

Il sole era ormai tramontato, non si scorgeva altro che un leggera scia arancione oltre l’orizzonte del mare. Alle mie spalle io e Sam avevamo lasciato il piccolo gruppetto di persone. Dal silenzio nacquero una serie di bisbigli a farfuglii che non potevo sentire e che non mi interessavano. Ero preoccupato soltanto di seguire i passi incalzanti di Sam, che stava al mio fianco silenzioso. Era lui allora il mio fratellone? Osservai il suo profilo designato da una lieve luce. La mezza luna stava entrando in scena.
Quel silenzio mi infastidiva, parecchio anche; incrociai le dita portandole dietro la schiena come gesto nervoso. “Allora..” Dissi interrompendo quel silenzio che si era calato fra noi due. “Che cosa vuoi sapere?” Una domanda più che giusta in quella situazione, o no? Feci una smorfia con il naso attendendo una risposta che però non arrivava. Decisi di assecondarlo rimanendo anche io in silenzio. Ero dispettosa, fin troppo, ma ero fatta così.
Si avvicinò ad un ammasso di rocce solcate fra loro, che formavano una culla contro una piccola fosse dove si trovava dell’acqua ristagnata, giunta lì tramite lo sbattere delle onde contro la roccia. Si sedette su di una pietra, quella più alta, e mi fece cenno di raggiungerlo. Annuì cercando una roccia che fosse ai miei livelli, non volevo fare una caduta nel bel mezzo di una situazione così delicata, anche se avrebbe sdrammatizzato la situazione, ma non era il caso. Dall’espressione tesa che aveva assunto Sam capì che mi sarei dovuta preparare per una serie di domande. Non si sarebbe accontentato a sentirmi rispondere con un “Si” o un “No”. Sentire il suo sguardo puntato addosso mi mise a disagio, deglutì.
“Violet con tutta l'onesta che dimostri, come pensi che dovrei prenderla nel vedermi spuntare da un momento all’altro una ragazza che si dichiara essere mia sorella e che per di più mi dice di aver vissuto con mio padre, persona che non so nemmeno se sia morto dalla mia nascita o no? Come?”
Suonò tanto come una domanda retorica, senza risposta.
L’idea di aver percorso tutti quei chilometri per raggiungerlo non era poi così convincente considerando che aveva dovuto vivere con l’angoscia di non aver un padre per il resto della sua vita, come d’altronde anche per me era stato così. Non avevo mai conosciuto mia madre.
Non potevo dargli risposte che l’avrebbero soddisfatto, ma mi ero già preparata per una simile diffidenza. Infilaì le mani nella tasca destra di miei jeans ben sagomati e tiraì fuori una fotografia, un po’ malridotta, ma era pur sempre una foto. Gliela porsi con fare cauto, lui non potè far a meno di allungare la mano e prenderla. Passò dei minuti a contemplare quell’immagine, dove erano ritratti un ragazzone dai lunghi capelli e l’aria spaesata affiancato ad una donna dai capelli neri che le incorniciavano il volto sorridente, stringeva tra le proprie mani un fascio di lenzuola tra cui vi era una bambina di pochi mesi. In basso vi era un bambino magrolino che se ne stava gattoni in cerca di attenzioni. Un bel quadretto familiare. Sorrisi vedendo la sua espressione confusa. Quella era l’unica testimonianza che anche noi avevamo una famiglia, a tutti gli effetti. “Beh quello là sotto che fa lo spavaldo sei tu Sam, io sono tra le braccia della mamma, e quello..” Sospiraì, la cosa doveva essere difficile per lui come lo era stato per me “ Quello è papà”. Dolente o volente doveva aver capito che per avere una simile foto qualche legame dovevamo averlo. Speravo però che non mi chiedesse nulla riguardo alla scelta di quella divisione perché non ne sapevo nulla, anzi ero proprio venuta lì per scoprirlo.

Io e Sam avevamo raggiunto un grado di fiducia spontanea, io più di lui. Iniziò a farmi una serie di domande inedite che non riuscì a soddisfare tutte al meglio. Sapevo meno di quanto immaginasse. Anche io mi ero preparata un bel repertorio di domande: Prima di tutto avevo bisogno di sapere se mia madre era ancora via, nel più profondo del mio cuore speravo che fosse così. Io e Sam eravamo molto simile, entrambi non avevamo nessun rancore nei confronti di entrambi i nostri genitori, soltanto voglia di sapere. "Mi spiace Violet ma.. Anche la mamma è.." Lo bloccaì prima che terminasse la frase con un cenno della mano. Avevo capito. Anche mia madre aveva preso il volo verso un altro mondo, almeno avrebbe presto rincontrato mio padre se dopo la morte esisteva davvero un ritrovo. Versare lacrime non mi sarebbe servito a niente, ormai mi ero abituata a ricevere i colpi con indifferenza.

Le lancette di quell'orologio a pendolo continuavano a girare ininterrottamente, e il rumore scosciante che segnava il cambio d’ogni ora mi dava sui nervi; eppure quel posto era la mia nuova casa.



Mi trasferì nella casa di Sam che a quanto pare condivideva con la sua ragazza: Emilie. A poco a poco seppi tutta la storia dettagliata riguardo alla ferita che macchiava il volto di una ragazza con dei lineamenti così dolci; doveva essere stata dura per entrambi affrontare quel gesto fatto da un atto involontario. Eppure Emilie era una persona così composta e magnanime, era perfetta per Sam.
I giorni a La Push scorrevano lieti. Avevo ormai imparato quasi tutti i nomi dei componenti del Clan: Embry, Jared, Quil, Paul, Leah e Seth. Leah era l'unica ragazza del branco, poco socievole e acida a primo impatto ma negli ultimi giorni ero riuscita a farle spuntare un sorriso divertito sul volto tant'è che lasciaì a bocca aperta sia Embry che Quil. Era davvero un bel gruppetto amichevole, non mi ero sbagliata di tanto sul loro conto, la loro compagnia era piacevole e mi ero trovata immediatamente a mio agio. Perfino il mio lato canino aveva subito miglioramenti. Raccontaì a Sam la mia storia abbastanza frastornata, mi ero soltanto trasformata una volta in un lupacchiotto dal folto pelo color ruggine, con ciuffi di peli neri e argentati. Insieme a lui riuscì a controllarmi più del dovuto, infatti, era molto soddisfatto del fatto che ero riuscita ad imparare in fretta le cose principali del mestiere. Mi fu di grande aiuto per togliermi vari dubbi sulla mia natura. In breve mi racconto anche tutto ciò che c’era da sapere sui Vampiri, storia che mio padre mi aveva raccontato in frantumi scomposti. A quanto pareva a Forks c'era una famiglia particolare di Freddi Vegetariani con cui avevano collaborato per cacciar via altri vampiri più pericolosi. La cosa era davvero interessante.

Ogni giorno scorreva tranquillo senza nessun evento particolare fino ad un sabato. Stavo facendo una passeggiata lungo il confine imposto dal branco insieme agli altri, ovviamente ero libera di correre e sentire la terra infiltrarsi tra le zampe, le quattro belle zampe che mi ritrovavo. Stavamo facendo una gara di velocità insieme a quell'asso prepotente di Jared che riuscivo sempre e comunque a battere. Con ciò feci guadagnare abbastanza denari a Quil tramite delle scommesse, per comprare un nuovo motore per la sua macchina che , come promesso, avrei dovuto provare a guidare per prima.
All’improvviso i loro pensieri, di conseguenza anche i miei, furono offuscati da un ricordo d’angoscia, d’assenza. "è Tornato." Continuavano a pensare, ma non sapevo di cosa stavano parlando. " C'è ne ha messo di tempo.". Mi stavano infastidendo; odiavo già il fatto che avessero il libero accesso ad ogni mio pensiero e io nei loro ma la cosa che mi faceva stare peggio era l'idea di non capire cosa stesse succedendo. Ognuno di loro provò un impeto di gioia per qualcuno che stava arrivando, anzi ritornando. Sam ordinò ad ognuno di noi di ritornare, a quanto pare dovevamo dare il bentornato a qualcuno, ad un certo Jacob Black.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** » BLACK'S house ***


{FOURTH Chapter} » BLACK'S house


Ero al corrente di quasi tutta la vita che si era svolta a La Push, ovviamente in maniera generale: La vita non poteva essere vista in un solo attimo. Avevo trovato in Billy e Sam due ottime figure da ascoltare, e loro avevano capito quanto mi piaceva sapere e sentirmi adesso parte di quel branco. Branco. Pensare quella parola nella mia mente provocava delle reazioni strane sia al mio stato emozionale sia al mio corpo, come se mi sentissi per la prima volta in tutta la mia vita protetta. Mi ero pienamente convinta di non crescere più, di fermarmi ad un metro e 74 ma da quanto ero lì ero arrivata agli 84 cm. Straordinario. Anche al livello di volume mi ero ben sistemata, Leah continuava ad inveire sulle misure del mio seno che era aumentato di due taglie quasi, e io che potevo dirle? Non era colpa mia. Agli inizi mi preoccupaì sul serio ma Sam mi aveva rassicurato affermando che era normale, giacché avevo ripreso a trasformarmi nella maniera giusta anche il mio stato fisico umano ne risentiva. Essere un lupo aveva i suoi mille vantaggi.

Billy non mi aveva ancora raccontato di avere un figlio; pensavo vivesse da solo, ma in realtà mi ero sbagliata: Jacob Black era il nome del suo figliolo ed era il nome che aveva riempito la mente di tutti i ragazzi e anche la mia quel giorno.
Si era allontanato dalla riserva per motivi personali che non avevo ancora capito. Jacob Black per me era argomento tabù. Quel sabato Sam ci aveva richiamato prima del solito, per raggiungerlo a casa Black. Io e Jared avevamo rinviato la sfida per il giorno successivo. Erano tutti elettrizzati da quell'arrivo mentre io non aspettavo altro che riprendere le sembianze umane, quelle emozioni che non mi appartenevano mi creavano vuoti indescrivibili.
Portarsi dietro gli indumenti per me e Leah era una tragedia, eppure dovevamo accontentarci di un semplice lembo di stoffa che doveva fungere da vestito, attaccato alle caviglie: libere e nude sbattute contro la natura.
Raggiunsi seguita da Leah un cespuglio dove poterci cambiare.

Brividi. Sentivo i muscoli contrarsi tra loro e pian piano distendersi.
Era una sensazione strana ma piacevole nel contempo.


Indossaì quella stoffa di seta color prugna adagiandola sul mio corpo come fosse un peplo, il classico vestiario greco. Quanto ero ridicola, meglio quel brandello di seta che rimanere nudi. Notaì Leah al mio fianco che aveva ancora qualche difficoltà nel rivestirsi. Le diedi una mano e stranamente mi lasciò fare sforzandosi di sorridere. Ero l’unica che in breve ero riuscita ad andare a genio a Leah, era una ragazza con un carattere tutto suo per quel poco che avevo conosciuto; il mio sesto senso mi diceva che saremmo potute diventare amiche però.

Raggiungemmo il resto del branco a casa di Billy; era una semplice costruzione che richiamava quelle classiche capannette di paglia, soltanto che questa era ricoperta da mattoncini rossi posti l’uno sopra l’altro a formare un quadrato irregolare. Eravamo le ultime, ma non me ne curaì, sapevano bene che noi ragazze avevamo più disagi nel muoversi libere fra gli alberi e nel ritornare umane subito dopo. Feci spallucce affiancata da Leah, avrei voluto cambiarmi in quello stesso istante perché non avrei sopportato commenti o occhiata di troppi da un branco di lupi zoticoni.
"Jake ma che hai fatto ai capelli? "
"Oh Paul te l'avevo detto io che sarebbe tornato presto"
" Taci, ho finito di scommettere con te"
Chiacchere su chiacchere, commenti su commenti. Erano tutti troppo impegnati a dare il bentornato al figlio di Black che ancora non ero riuscita a vedere. Ero già al corrente che in mezzo a quella piccola folla che si era creata dinnanzi il piccolo ingresso di casa Black, ci fosse proprio lui. Rimasi lontana perché la situazione non mi stava mettendo a mio agio, quei sorrisi e apprezzamenti mi piacevano poco. Gelosa? Si. Gelosa di quelle troppe attenzioni. Che sciocca bambina viziata. Risi di me stessa.
“Violet vieni qui “ Una voce mi riportò nel mondo reale, l’unica voce familiare che volevo sentire: quella di Sam. Cercaì il suo volto e lo trovaì a pochi metri da me. Aveva allungato una mano verso di me, quel gesto non poteva essere frainteso: dovevo fare la mia parte e avvicinarmi. Le presentazioni erano le situazione che mi causavano enormi seccature, ma a Sam non avrei potuto disubbidire. Mi unì a quella cerimonia di benvenuto, questo era per me, prendendo la mano di Sam che mi spinse dolcemente verso la folla. Sam catturò l’attenzione di tutti perché i ragazzi stavano facendo parecchia confusione, avevano completamente travolto Jacob. Povero ragazzo.
“Jacob” Disse Sam in tono serioso. Le risate e le voci cessarono per qualche istante e di nuovo tutti gli occhi furono puntati su di me, stavolta avevo uno sguardo in più con cui fare i conti. Quello che doveva essere Jacob stava avanzando verso Sam e me spintonando gli altri ragazzi con fare divertito. "Si, Sam?" Disse il ragazzo dai capelli corti a spazzola color castano scuro, più neri che marrone, il suo volto era poco rilassato sembrava che avesse camminato per ora e ore senza mai dormire; aveva il volto ben squadrato con una mascella poco tonda. Le sue linee erano più grezze, gli avrei dato un 26 anni, ma non ne ero molto sicura. Anche Jared, Paul e gli altri sembravano molto più grandi della loro vera età, pensando a Seth la cosa era davvero ridicola: un bambinone anche lui troppo cresciuto.
“Ti presento Violet, mia sorella” Scandì quell’ultima parola con un entusiasmo trattenuto. L’espressione di Jacob fu tutto un programma. Dilatò le labbra sporgendo gli occhi, come se avesse appena sentito la confessione più assurda di questo mondo. Una reazione esagerato forse ma Jacob si era perso un bel po’ di cose. Risi cercando di non sembrare poco educate e porsì la mano verso di lui. “ Piacere Jacob.” Dissi scandendo ogni sillaba. Era la prima volta che pronunciavo quel nome.
Si riprese a stento dall’affermazione di Sam e anche lui non volle fare lo scortese. Strinse la mia mano, una presa molto salda e rude ma era pur sempre una semplice stretta di mano. Sam alle mie spalle apprezzò quel gesto e si avvicinò a Jake ancora stordito dalla notizia che riuscì a parlare finalmente. (Anche se avrebbe potuto farne a meno) “ Ma… Scusate un attimo. Sam ma da dove spunta fuori?” Quella frase fu un po’ azzardata, per scusarsi si tappò la bocca e deviò un sorriso nei mie confronti. “No cioè scusa. Però non sapevo che Sam avesse una sorella…” Un lineamento che ricordava vagamente un sorriso apparve sul volto di Sam che portando una mano sulla spalla di Jake lo spinse verso l’interno della casa. “Si infatti. Che ne dici di una chiacchierata dietro una bella tavola apparecchiata? Ci sono molte cose su cui dobbiamo discute, no?” Sentendo parlare di cibo gli altri cominciarono a gridare come un gruppo di animali affamati. Diedi uno scossone a Paul che si trovava vicino a me. "Contenetevi che diamine."Sbuffaì seguendo con lo sguardo Sam,Jacob e Billy all’interno della casa, i loro sguardi avevano assunto un'espressione strana che non mi convinceva affatto.
Come una lunga coda anche il resto dei ragazzi li seguirono e anche io ovviamente. Entraì un po’ titubante, quella piccola casa ci avrebbe ospitato tutti quanti?

Cercaì Leah con lo sguardo perchè volevo un pò capire la situazione di Jacob ma non la trovaì più. Che se ne fosse andata? "LEAH?!?!" Urlaì facendo un giro su me stessa per cercarla. Niente, non era più lì.
"Violet non entri?" Mi chiese Embry uscendo di poco la testa da una piccola finestra accanto alla porta principale. Mi voltaì verso di lui arrestando le vane ricerche; annuì. "Si arrivo. " Ed entraì nella casa di Billy e Jacob Black.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** » CELEBRATIONS: Welcome Jake ***


{FIFTH Chapter} » CELEBRATIONS: Welcome Jake

“Dimmi Violet com’è essere un lupo per te?” mi chiesero Embry e Quil affiancandomi. Mi ero lasciata cadere sul divano perdendo di vista sia Sam che i Black; si erano allontanati passando nell’altra stanza.
Mi stupì della loro domanda, avrei optato per una risposta sincera.
“ è fico”
dissi imitando alla perfezione il loro linguaggio trendy, solo per loro.
“Ma ha i suoi svantaggi”
alludevo alle incomodità del vestiario e del sentire i pensieri altrui.
Quil passò a darmi un’occhiata che sembrava più un esame delle mie condizioni fisiche e subito dopo scoppiò a ridere. Sia io che Embry lo guardammo allibiti, aspettando che ci desse motivo di seguirlo in una fragorosa risata come la sua.
“Certo, certo capisco” Indicò quella che era il mio presunto vestito.
“Capisco bene” Scoppiò a ridere di nuovo e stavolta Embry l’accompagnò.
Mi strinsi nelle spalle sbattendo le braccia al petto.
“Sei insopportabile, e tu Embry sei peggio di lui.”

Mangiammo quel che sembrava un pasto appena sfornato fatto dalle mani candide di Emily anche se lei non era lì; raramente usciva dalla propria casa, soltanto quando organizzavamo quelle riunioni attorno al focolare. Ovviamente non eravamo seduti a tavola ma sparsi per la stanza principale. Tra risate e prese in giro io mi ero ritrovata a mangiare una semplice mela, i Quileute un pasto completo.
“La Push…” Commentaì dopo aver addentato la mia mela rossa.
“Che razza di nome è? Sembra il nome di una ciuingam” I presenti che mi avevano sentito si voltarono a guardami disorientati. L’unico che scoppiò a ridere immediatamente fu Jacob. Io rimasi inamovibile e in pochi minuti seguì un altro giro di risate.
“La Push è un termine d’origine francese che letteralmente significa ‘La bocca’. Vuol così indicare la posizione della città che sta appunto sulla bocca del fiume Quileute” disse Billy rispondendo al mio dilemma. Io annuì con un drammatico “Ah”.
Fiù. Anche quel dilemma alla fine era concluso.
Billy mi sorrise tornando alla sua discussione con Sam, argomento che avrei voluto seguire visto le dettagliate espressioni preoccupate che avevo visto fare a Sam. Jacob era l’unico che in quel momento stava ascoltando il duo; ogni tanto veniva distratto da Paul o Seth per qualche informazione pertinenti al suo viaggio ma poi ritornava a pendere le orecchie verso i due. Avevo trovato il mio appiglio; immediatamente dopo la cena avrei chiesto a lui di spiegarmi di cosa stavano trattando mio fratello e suo padre.

Fu una serata tranquilla come altre, I ragazzi avevano dato il benvenuto per come si doveva a Jake, anche se a quanto pare avevano deciso di andare a fare tutti quanti un bel bagno di mezzanotte per festeggiare. Tutti erano entusiasti a quella idea, sentirli progettare la distanza dei metri da dove si sarebbero dovuti gettare mi mandò in tilt. Erano fuori di testa. Protestaì con tutto le forze che avevo dentro, anche se li conosceva da poco volevo più o meno bene a tutti quanti e sentirgli ricreare un modo per spaccarsi il cranio non mi entusiasmava affatto.
“No! No! E No!” Dissi prendendo da una manica Embry e dell’altra quello che mi sembrava Paul.
Mi voltaì fuggiasca verso Seth, il più piccolo del gruppo. “Specialmente tu non vai da nessuna parte. Sai che se tua sorella lo viene a sapere ti fa a pezzi,vero?” In effetti Leah l’avrebbe sicuramente ridotto in un mucchio di cenere. Ovviamente in senso metaforico.
“Rilassati Violet, anche se dovessimo cadere su uno scoglio il minimo che può capitarci e di rimanere a riposo per qualche mese. Sai che ci riprendiamo in fretta.” Aggiunse Jared in tono rassicurante e divertito. Lo guardaì male, ma sapevo come farlo zittire.
“ Si? E se facessi una telefonata a Kim? Pensi che gradirebbe? Uhm…. Io o i miei dubbi” Lui e il suo Imprinting. Ero stata losca e un po’ esagerata forse, ma non ci tenevo a vederli spiaccicare contro una roccia in piena notte.
Ci furono pochi minuti di silenzi, interrotti da un fruscio leggero alle mie spalle.
“Perché non vieni anche tu? Così magari puoi fare la badante a noi poppanti ,no?” Una voce che ancora non conoscevo bene aveva superato ogni mio indugio e piombata dritta alle mie orecchie. La voce di Jacob. Quello non era un invito di cortesia.
Alzaì lo sguardo non capendo bene dove fosse; eravamo già distanti di qualche metro da casa Black ed eravamo circondati soltanto da alberi. Lo vidi, era poco distante da me tra Seth e Jared. Si avvicinò di qualche passo verso la mia direzione per portarsi di fronte a me: il suo sguardo non prometteva nulla di buono e il suo tono ricco di sarcasmo nemmeno.
“Non mettermi parole che non ho mai detto” Aggiunsi altezzosa sbattendo le mani al petto.
“Beh da quello che mi hai fatto capire ci stai dicendo che siamo degli irresponsabili, quindi come dei poppanti che non sanno quello che fanno” Continuò rimanendo al suo posto.
“Scusami se gradisco una vita senza fratture o incidenti che possono essere evitati” Ribeccaì incrociando le braccia al petto con fare ironico. Nel suo tono percepivo irritazione, non capivo cosa gli avessi fatto. Soltanto perché avevo cercato di mandare a monte i festeggiamenti in suo onore? Se la prendeva per così poco?
“ Su andiamo.” Disse Embry mettendosi in mezzo a noi due una volta allentata io la presa al suo polso, anche Paul fece la stessa cosa. “ Smettetela di pizzicarvi, Jacob è..una ragazza.” Disse rivolto a lui. Quella frase poteva benissimo risparmiarsela. Puntaì dritto il dito contro il petto di Embry facendolo indietreggiare di qualche passo. “Che cosa vuoi dire scusami? Che cosa centra che io sono una ragazza? Pensi che non pos..”
Qualcuno mi bloccò da dietro prima che continuassi con una valanga di insulti, tappandomi le labbra e trascinandomi indietro con una presa stretta alla vita. Continuaì a dimenarmi ma la presa era troppo forte e in breve tempo lasciaì perdere ogni tentativo di ribellione. Jacob scoppiò in una fragorosa risata che fece aumentare il grado di irritazione in me. Chiunque mi stesse tenendo faceva bene, altrimenti Jacob si sarebbe ritrovato con la mascella rotta senza nessun ripensamento. La mano che premeva sulla mia bocca si allentò e poteì finalmente tornare a respirare.
“Ok. Ok. Sono calma.” Dissi cercando di suonare convincente.
“Non ne sono tanto sicuro ma non voglio ritrovarmi con un occhio nero” Riconobbi la voce, era Quil che mi aveva tenuto a bada. Sebbene l’irritazione fosse a mille scoppiaì a ridere senza un vero e proprio motivo. Forse era tutto frutto del mio nervosismo ma ringraziai Quil del gesto o avrei combinato qualche pasticcio.
Feci un lungo respiro.
Contaì fino a tre prima di dire qualcosa.
L’espressione dei ragazzi era tra un misto di divertimento e confusione.
Jacob invece sembrava divertirsi soltanto vedendo scatenare la mia parte aggressiva. Iniziaì a provar un forte sentimento negativo nei suoi confronti molto simile all’antipatia e lo conoscevo da pochi minuti!!
“Fate come volete, io andrò a raggiungere Leah. Non so dove si sia cacciata.” Feci per voltarmi ma Seth mi interuppe. “Leah è a casa, stava poco bene e voleva soltanto riposare. Credo che dorma”
Ok. Non potevo andare nemmeno lì.
Di tornare a casa da Emily e Sam non mi andava, avrei trovato un clima troppo amoroso e passionale che non avrei retto, non in quel momento. Non mi restava che accettare,senza più indugiare, l’invito di Jake se questo era.
Mi preparaì un sorriso svagato sul volto girandomi verso tutti loro che attendevano un’altra mia azione.
“Bene. Credo che accetterò l’invito gentile di Jacob e verrò a farvi compagnia, anzi come dicevi Jacob? Badante? Si giusto. Farò la vostra badante.” Imitaì in parte il tono di Jacob senza posare lo sguardo su di lui. Nessuno ribattè nulla,anzi ne furono lieti.
Jake invece fece spalluccie.
“Andiamo?” Disse spazientato.
Superaì gli altri e mi avvicinaì a lui poggiando una mano sulla sua spalla.
“Rilassati, ci aspetta una lunga chiacchierata.” Il mio tono era divertito e allusorio. Jacob storse il muso guardandomi accigliato ma preferì non dire nulla. Dalla sua espressione captaì qualche brutta parola in mio sfavore.
Cosa avrebbe pensato, male o no, non mi importava; avevo soltanto intenzione di sapere di che cosa stavano discutendo Sam e suo padre quando erano a tavola, e magari chiedergli anche perché trovasse divertente irritarmi senza ancora aver imparato il mio nome.
"Si andiamo ragazzi" Dissi scostandomi da lui e avanzando da sola verso la piccola spiaggia.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** » Swim of Midnight ***


{SIXTH Chapter} » Swim Of Midnight


Era una serata strana: nel cielo non vi erano tracce di nuvole, né accenni di un lieve venticello. Era tutto dannatamente tranquillo ma nell’aria sentiva una certa pressione invadente.

I ragazzi si stavano divertendo sotto i miei occhi e io non potevo far altro che ammirare la loro spensieratezza: erano consapevoli del fardello che stavano portando; la cosa che mi faceva rabbrividire era pensare che in ogni caso abbracciavano la loro situazione, anzi la nostra, con un gran sorriso, anche divertito azzarderei.

Strofinarsi tra la sabbia fredda mi faceva rilassare: al contrario di molta gente io adoravo toccarla, farla scivolare fra le mie dita e il mio corpo. Ero seduta a pochi metri dalla riva e scrutavo pensierosa le acque scure misteriose, smosse soltanto dai tuffi scomposti di Jared, Paul ed Embry. Il piccolo Seth, che poi così piccolo non era, era ancora indeciso da quale punto gettarsi; alla fine aveva optato per la parte più bassa. Gli unici che avevo perso di vista erano Quil e quel Jacob ma poco importava: stavo troppo comoda lì dov’ero per cercarli.
Questo fu un altro dei miei tanti errori imprudenti.
“Credo che c’è ne farà pentire ma ne vale la pena.”
Furono le ultime parole che sentiì dopo le mie urla disperate implorando di mettermi giù. Qualcuno dei due mi aveva caricato sulla spalla; le mie grida furono soffocate soltanto dal contatto gelido con l’acqua che come uno schiaffo di poco conto mi aveva invasa completamente e il cui dolore era piacevole da provare.
Io e il mio sciocco disinteresse: avrei dovuto capire che stavano tramando qualcosa alle mie spalle e io li avevo lasciato elaborare quell’ idea contorta con tranquillità.
Senti’ di sbieco delle risate soffocate mentre risalivo in superficie. Non avrei mai augurato a nessuno di trovarsi in quella situazione, ad avere a che fare con me. Quil era già sparito codardamente dietro agli altri mentre Jacob se ne stava seduto nel posto che fino a qualche minuto fà mi aveva ospitato. La sua espressione era compiaciuta eppure si tratteneva dal ridermi in faccia giocosamente.
“ E’ appena tornato e già vuol farsi male” disse una voce in sottofondo mentre avanzavo pesante nell’acqua ormai tiepida al contatto con il mio corpo la cui temperatura era abbastanza sopra la norma. La voce un po’ infantile era quella di Seth e aveva pienamente ragione: non tanto per Quil ma per Jacob. Non sapevo come spiegarmi il fatto che ogni sua azione fatta sul mio conto mi dava fastidio, anche un semplice scherzo come quello.
“Non mi sembrava di aver chiesto di fare un bagno” dissi mentre lo raggiungevo.
“ Appunto. “ rispose contenendo a stento la propria goduria alla mia reazione.
Io invece non riuscivo proprio ad arginare quella voglia di rispondergli male.
“Ah,Ah!. Mi spiace Jacob ma ho perso la voglia di ridere per strada” Adesso c’era soltanto la voglia di rompergli la mascella e l’avrei fatto senza alcun intralcio. Era assurdo come anche se ci conoscevamo da poche ore, la voglia di irritarci a vicenda era un pensiero irremovibile.
Il resto fu la conseguenza tragica di ciò che non avrebbe dovuto fare.
Rincorsi Jake per quasi tutta la sponda della piccola spiaggietta della riserva senza mai raggiungerlo, colpa anche del vestito troppo bagnato che mi rallentava ogni movimento. Lo raggiunsi soltanto quando fu lui a fermarsi, ormai stanco della continua corsa; lo raggiunsi in pochi istanti.
“Basta correre come dei bambini” disse imperioso emarginando un’espressione calma.
“Perché ti reputi un uomo?" Ok. Avevo un po’ caricato la battuta in maniera pesante. Lui non rispose ma quel silenzio arrivò come uno schiaffo al volto. Mi accorsi in fretta che dovevo rimediare, per lo meno in parte, a quella battutina di troppo.
“Ehm ….scusami” dissi in un tono vulnerabile che lo stesso Jacob non riuscì a percepire, infatti portò una mano alle orecchie facendo segno di non aver compreso le mie parole. Mi strinsi nelle spalle increspando le labbra.
“Ti ho chiesto scusa e non farmelo ripetere” Replicaì con una certa vena cortese che lui colse in pieno rispondendomi con un sorrisino facile. Dopo qualche secondo Jake parlò di nuovo; sembrava che stesse cercando di controllare il timbro che sentivo più cordiale nei miei confronti.
“Scusami per il tuffo non gradito ma..” Lo frenaì prima che continuasse, avevo già accettato le sue scuse. Per lo meno adesso non avevamo più nulla da perdonarci.
Sorrise questa volta in maniera più sincera e per la prima volta io ammiraì il suo sorriso, uno dei più belli che avessi mai visto; scossì la testa.

“Allora cosa dovevi chiedermi?”
Ero rimasta chiusa nel mio alone silenzioso cercando di capire a quale domanda alludesse. Certo: dovevo domandargli della questione di Sam-Billy. Mi feci più seria di quanti già non fossi.
“Si. Bene. Quando eravamo a casa di Billy.. cioè a casa tua.." Risi. Lui mi guardò torvo perché voleva che continuassi; l’accontentaì.
“Sam si stava intrattenendo in una lunga conversazione con tuo padre e osservando le sue varie espressioni ho captato qualcosa di negativo. Non erano discorsi molto piacevoli e per questo vorrei sapere suppergiù qual’era la questione che stavano affrontando perché ho anche visto che tu stavi seguendo tutta la situazione. Non cercare scuse perché in un modo o nell’altro verrò a sapere la verità.”
La sua espressione si fece più composta; intrecciò le dita delle mani fra loro portandole dietro la nuca. Fece un leggero sospiro per replicare.
“Non ti sfugge nulla,eh?”Rise. “Ottima osservatrice. Si, adesso comincio un po’ a credere all’idea che tu e Sam siate parenti.” Tornò serio, simbolo che la questione d’affrontare era importante.
“Tu lo sai perché io sono andato via?” Chiese Jacob.
Quella domanda mi lasciò perplessa, non era la risposta che mi aspettavo. Mi grattaì il capo e con un mezzo sorriso gli feci capire che non ne sapevo nulla.
“Bene.” Disse per poi voltarsi e incominciare ad incamminarsi verso la boscaglia di fronte a me.
“Se ti interessa saperlo vieni con me”. Tese il braccio verso di me.
“Centra qualcosa con la questione di Sam?” Reclamaì titubante.
Lui annuì. “Sì, è la base di tutto”.
Non riuscì comunque a convincermi ma posaì la mia mano sulla sua morbida e calda come la mia. Chiudendola in una stretta dolce, mi spinse verso la boscaglia.
“Ma cosa…??!?!??” Non riuscì nemmeno a chiedergli che cosa avesse intenzione di fare perché quella situazione mi stava facendo confondere, e se io ero confusa non riuscivo più a trovare le giuste parole per esprimermi.
Per lo meno si degnò di rispondermi.
“E’ una lunga storia, troppo lunga per raccontarla; non preferisci vederla?”.

Lo persi di vista. Il tempo di rigirarmi su me stessa che mi ritrovaì davanti un figura enorme dalle sembianze animalesche: un lupo dal pelo rossiccio che mi stava puntando i suoi occhi marroni addosso.
Avevo capito soltanto adesso che cosa stava aspettando che facessi, in che modo voleva farmi capire tutta la situazione. In effetti era davvero un’ottima idea ma che in realtà mi intimoriva un pò: vagare nei pensieri altrui era sempre un rischio, esplorare emozioni che non erano le tue poteva farti stare male a lungo perché una volta venuta a contatto con esse era come se ti lasciassero un segno permanente. Jake mi avrebbe permesso di entrare nella sua testa e vedere il mondo con i suoi occhi. Annuì davanti alla sua figura e corsì dietro ad un albero: la mia intimità andava comunque rispettata.


Brividi.
Fremiti.
Sensazioni d’assoluto.

Adesso di fronte a Jake vi era un altro lupo con un folto pelo color ruggine: Me

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** The beginning With HER ***


{SEVENTH Chapter} » The Beginning with HER



Come l’autunno abbandonava ogni sua inibizione aspettando il gelo dell’inverno, anche io mi ero inoltrata in campi pericolosi da cui non avrei più potuto scorgere una via d’uscita. Caldi venti addolcivano quelle sensazioni che mi avevano invaso precocemente.

Rancore, Odio, Amore.

"Tutto è iniziato con lei." Comunicò Jake. Il suo pensiero volò nella mia testa nettamente concentrato a tenere la mia attenzione all’erta. Una ragazza di nome Isabella stava offuscando i suoi pensieri e da lì partirono una seria d’immagini, di flashback che vissi io in prima persona. Jacob stava facendo di tutto per cercare di non farmi pesare troppo quelle forti emozioni che provava nel ricordare, ma io stessa a stento riuscivo a contenere quell’ardore, quella rabbia, quella solitudine che riscontravo nel suo stato d’animo. Scavare nel suo passato stava facendo riaprire ferite che con fatica era riuscito a sopprimere.
In quei pochi minuti la vicenda mi fu più che chiara. Per un amore dannato tra un’umana e un vampiro fra poco sarebbe insorta una battaglia tra Lycan e i Freddi. Un’umana che aveva preso e portato via con sé l’intera esistenza di Jake. Aveva preferito scegliere l’inverno che una calda estate. Un amore destinato ad iniziare con la fine di una vita, quella di Bella Swan. Aveva deciso di morire per amore, per passare l’eternità con il suo vampiro che l’aveva stregata. Questo Jake non poteva sopportarlo, e di conseguenza nemmeno io. L’ ira in lui aumentò.

"Basta" Imploraì Jake di smetterla, di lasciarmi libera dalle sue nostalgie. Quella passione sfrenata nel ricordare i momenti più intimi con lei, quell’improvvisa voglia di fare del male a quell’Edward, quelle emozioni scatenate da un sentimento che non avevo mai provato, mi facevano stare male.
Amore: cos’era per me quella parola? Acque ancora inesplorate.
Di questo Jake ne era ormai consapevole, l'aveva letto nei miei occhi.
Stavolta fui io quella a sparire dal suo sguardo e correre via lontano. Non importava raggiungere una metà ma volevo soltanto allontanarmi un po’ per riequilibrare la mia mente. In lontananza sentì un ringhio soffocato e nella testa un vago: "Scusa.".


Non mi ricordo in che stato rientraì a casa; raggiunsi il letto in silenzio sotto lo sguardo indagatore di Sam che sicuramente era già venuto a conoscenza delle mie curiosità svelate. Dovevo essere preoccupata per l’imminente battaglia che in breve tempo sarebbe insorta, ma ero più che altro preoccupata per la vicenda di Jake: per quello che aveva dovuto passare e che adesso si curava di non dar a vedere quanto ancora dolore provasse. Come poteva un ragazzo provare tutte quelle sensazioni in un solo istante? Era fuori dalla norma o forse lo era soltanto per me, per una ragazza che non aveva mai amato. Non me ne facevo una colpa ma per qualche istante avevo invidiato Jake, avevo invidiato quella profonda ammirazione e quell’immenso bene nei riguardi della ragazza dal colorito poco appariscente e dai capelli rossi. Bella era il suo nome.
Non mi accorsì nemmeno quando la stanchezza vene a bussare alle mie facoltà vitali e mi addormentaì, sprofondando nel cuscino che profumava di germe di grano, l’odore del mio shampoo preferito..


“La colazione è servita” disse una vocina lieve giù in cucina. Aprì gli occhi lentamente e mi lasciaì scappare uno sbadiglio. Avevo dormito bene anche per quella notte.
In fretta mi alzaì dal letto e mi diedi una sistemata. La camera non era in disordine ma cercaì di occupare altro tempo prima di scendere ed affrontare eventuali domande di Sam. Quando mi resi conto che non avevo altro da fare capì che era ora di farmi vedere.
Sentire le voci distinte dei ragazzi mi fece risollevare; come quasi ogni giorno ci avevano raggiunti per salutarci o più che altro gustare le ottime frittelle preparate da Emily.
“Giorno ragazzi”. Il mio tono di voce era stranamente accordato; di solito appena sveglia avevo un timbro ristretto, un tono di voce rauco, ma quel giorno no. I ragazzi mi salutarono chi con un cenno della mano chi con un sorriso; erano tutti troppo impegnati a riempirsi lo stomaco. Sbadigliaì di nuovo raggiungendo Emily che mi stava osservando sorridente.
“Fatto tardi ieri sera?” mi chiese con il suo solito tono angelico.
Annuì ma in realtà non sapevo quanto tardi avessi fatto. “Già.”
“Mangia pure. Ragazzi fatele posto.” Disse invitando con lo sguardo i ragazzi a spostarsi per far posto a me. Non avevo molto appetito, tanto meno volevo rimanere lì e feci segno ai ragazzi di rimanere ai propri posti. Emily rimase un po’ delusa.
“Scusami ma non ho molta fame.” Sorrisi cercando un modo innocente per scusarmi. Soltanto allora mi accorsi che nella stanza mancava Sam.
“Emily dov’è andato mio fratello?” Fratello. Pronunciare quella parola mi mandava in esalazione ancora di più del pensiero di aver una vera famiglia, cosa che fino a poco tempo fa non avrei immaginato essere possibile.
“Aveva delle cose da sbrigare a casa di Billy, ti da il buon giorno..” Detto ciò Emily mi congedò tornando verso il lavello, intenta a ripulire qualche piatto.
La cosa non mi piaceva affatto. E Jacob non era nemmeno lì
“E Jacob dov’è?” Domandaì voltandomi verso i ragazzi. L’unico che si degnò di rispondermi fu Quil dopo aver divorato in un solo boccone una ciambella.
“Sta arrivando.” In quel preciso istante qualcuno bussò la porta. Andaì ad aprire. Come delle parole premonitrici Quil aveva avuto ragione: Jacob era appena arrivato.
“BuonGiorno” La sua voce era così piacevole da udire.
Stavo cominciando a reputarmi fottutamente strana.
Mi sorrise un po’ dispiaciuto forse per l’avvenimento della sera prima.
Io non poteì far a meno che ricambiare il suo sorriso invitandolo ad entrare.
“Che avevo detto?!?!? Altro che poteri speciali” Disse Quil meravigliato di sé stesso mentre Jacob si faceva posto tra lui e Paul. Un altro porzione di muffin fu servito al tavolo.
Mi andaì a sedere sul davanzale della cucina; incrociando le braccia mi misi a contemplare le loro mani che veloci afferravano il cibo che dopo breve trangugiavano.
“Ma quanto diamine mangiate ragazzi?” dissi non tanto meravigliata. I miei occhi si erano ormai abituati alle loro abbuffate.
“Dobbiamo prendere energia” disse Jared con un sorriso goffo in volto.
“ E poi è tutto così squisito.” Aggiunse Seth alzando la testa dalla sua tazza ormai pulita.
Osservandolo mi venne in mente Leah; dovevo andarla a trovare.
“Ehi Seth come sta tua sorella?”
“Meglio.” Disse prima di inveire contro Embry che gli aveva strappato dalle mani i resti di una frittella.
“ Oggi ho intenzione di andarla a trovare, posso? Non vorrei disturbarla.” Dissi in tono confidenziale. La testa di quella ragazza era qualcosa di complesso ma che volevo imparare pian piano a comprendere. Jacob sbuffò ma la mia attenzione fu richiamata da qualcun altro.
“Se vai da lei Violet fammi un piacere; potresti portare una cosa a Sue? Quel pacco laggiù”
Disse indicandomi un piccolo incarto color rosa confetto dalla forma cilindrica. Io annuì.
“Si, ovvio.” Mi avviaì per prenderlo e infilarlo nella borsa, che avevo poggiato nell’attacca panni. Salutaì di nuovo tutti quanti pronta ad andar a far visita a quella svitata ma Jacob si alzò dalla sedia.
“Ti accompagno” Raccolse le sue cose raggiungendomi velocemente sotto gli occhi confusi dei presenti. La sera prima li avevamo lasciati scambiandoci parole non dolci, e adesso Jake faceva il gentile.? Strano, molto strano.
“Jacob non ti preoccupare, sono soltanto quattro passi.” Ma questo non era vero. Leah stava dalla parte opposta del paese ma poco importava. Non mi dispiaceva passeggiare alle prime luci del mattino.
“Non mi piace pregare la gente.!” Mi spinse,portando una mano sulla mia spalla, fuori dalla porta aperta e non poteì più ribattere. Improvvisamente evitavamo di infastidirci a vicenda e sembrava quasi che stessimo cercando di farci delle cortesie. Le circostanze erano contraddittorie.

Raggiunsi la sua auto nel porticato dove si trovavano la mini Audi, vecchio stile, di Jared e la moto di Quil. La macchina di Jacob era una vecchia Golf del 1986, umile e accogliente al suo interno.
“Carina.” Dissi accomodandomi nel posto da passeggero.
“Grazie.” Rispose Jake accendendo l’auto. Un rombo distinto partì prima ancora che capissi che la macchina era stata messa in moto. In 5 secondi ci ritrovammo fuori dal porticato.
“Come mai vuoi andare a trovare Leah?” mi chiese con gli occhi puntati sulla strada, come me.
“Beh perché no? E’ un’amica” Intrecciaì le dita fra loro pensando a come suonava strano quel termine. Distrattamente vidi una smorfia posarsi sul suo volto.
“Amica? Wow. Devi essere una persona molto paziente per esserle amica”
“No. Non lo sono affatto.” Ribeccaì pensando a come mi ero riscaldata con lui per niente la sera prima.
Rise. “In effetti..” Ciò mi fece capire che stavamo pensando la stessa cosa.
Tornaì al discorso precedente, non volevo toccare nessun tasto che lasciasse riferimenti della sera precedente.
“ Non vai d’accordo con lei?” chiesi curiosa.
“Beh diciamo che siamo incompatibili” svoltò in una piccola traversa sulla destra e per poco non gli finì addosso. Mi aveva colto di sorpresa. Rapidamente misi la cintura facendo spuntare un risolino sul suo volto.
"Avvisami quanto vuoi farmi morire” Ironica mi strinsi nelle spalle ridendo anche io.
“No. Non farei mai questo a Sam. Sai, non lo vedevo così felice da tanto tempo; anzi no da quando ha incontrato per la prima volta Emily.”. Un sorriso gli apparve sul volto e di conseguenza mi sentì veramente importante per la prima volta nella mia vita.
“Beh anche per me è tutto diverso adesso.” Quella che stavo vivendo era una nuova vita.
“Immagino, strano pensare che i vostri genitori vi abbiano tenuto nascosto questo.” Replicò poggiando un braccio sul finestrino tutto abbassato. Io annuì, non era discorso che volevo prendere.

“Sei preoccupata?” aggiunse dopo qualche istante di silenzio che mi sembrò durare un’eternità. Il momento che speravo non arrivasse era già giunto, non mi restava altro che affrontarlo.
“A cosa ti riferisci?” Finsi di non aver capito, modo futile per guadagnare tempo.
“Su quello che sei venuta a conoscenza.” Mi schiarì in fretta le idee.
“ Se devo essere sincera no. Cioè…non so. E’ la mia forte indifferenza che mi preoccupa”
La fiducia e la convinzione di sperare che ormai niente di spiacevole potesse più capitarmi.
“Ma lo sai già che Sam in questa storia non ti ci farà mettere le mani, vero?” Iniziò a rallentare la velocità dell’auto e a tratti si dedicava a rivolgermi uno sguardo curioso. Già sapevo che Sam non mi avrebbe fatto correre nessun rischio da bravo fratello maggiore,ma io volevo restare al suo fianco anche in quella situazione. Ormai anche io facevo parte del branco.
“Certo. Ma è anche sicuro che io darò una mano comunque. Il mio compito è questo,no? Annientare chi non rispetta i patti. Questa è la mia natura come la tua e come quella degli altri; tirarmi indietro va contro il mio destino stesso.”
“Parole da guerriero, ma non basteranno per convincerlo.” Jake sapeva come far cadere ogni mia difesa con quelle piccole vene di verità.
“Non mi importa.” Non avevo intenzione di rassegnarmi.
“Testarda. Sei proprio testarda.” Continuò Jake.
“No. Non sono testarda, voglio soltanto prendermi la libertà di fare ciò che mi spetta. E poi Jacob quello che non dovrebbe proprio mettere piede in campo sei tu. Avrai il coraggio di fare quello che dovrai fare davanti la tua ragazza ormai defunta?” Io e le mie maledette parole dette senza alcun peso. Odiavo da morire la mia impulsività. Jacob assunse una postura rigida come il resto dei suoi muscoli mentre io cercavo invano di trovare un punto d’appoggio per scusarmi.
“No. No. Cioè volevo semplicemente dire..”
“Lo so cosa volevi dire e in ogni caso questi non sono affari che ti riguardano. " Disse in tono acido comprensibile, ma non aveva finito qui. Strinse violentemente il cambio delle marcie e accelerò bruscamente mentre le sue labbra si muovevano da sole liberandosi di parole che avevano reso pesante ogni suo pensiero.
"Cosa credi di sapere tu, eh? La ragazza che amo è innamorata del mio nemico. Per lui è disposto a morire, ma per me non è disposta nemmeno a restare in vita, capisci? Rifiuta se stessa per lui.... per quel bastardo morto, perchè è un morto... un cadavere. Non potrà mai darle quello che potrei darle io, mai. Mai..... " Sbattè le mani sul volante con una certa violenza mentre il suo viso si contorceva terribilmente, a costo di non versar alcuna lacrima e non mostrarmi l'ulteriore dolore che provava dentro.
" adesso.. per colpa sua sarei costretta ad ucciderla? No, Violet. No. Da quella battaglia Bella ne uscirà viva e vegeta, gli unici a dover morire saremo io o Edward, lei no." Concluse cercando di calmarsi.
Io ero rimasta impietrita al mio posto ascoltando quelle parole da esterna. In quel momento ero felice di non saper cosa stesse pensando perchè qualsiasi ricordo mi avrebbe fatto sentire ancora più in colpa di quanto già non lo fossi per aver detto quella stupida domanda provocatoria.


“Jake.” Dissi armandomi di coraggio una volta che il rombo dell’auto cessò. Eravamo arrivati a destinazione proseguendo il viaggio in un silenzio irritante.
“Cosa?” Disse lui trovando faticoso perfino degnarmi di una risposta.
“Scusami.” Cercaì di affondare in quella parola tutta la dolcezza e l’amarezza che avevo.
Non avrei mai dovuto osare dir tanto e capivo bene la sua reazione.
Per un momento Jacob sembrò volermi mandare direttamente a quel paese ma lo sguardo che mi rivolse in seguito sembrò presagire qualcos’altro. Sospirò rilassando la sua espressione e il resto dei muscoli e fece un insulso cenno con la testa ma che basto per rassicurarmi.
"Grazie del passaggio." Aggiunsi sempre per la mia morsa allo stomaco.
Meravigliata l'ho sentì aprir bocca di nuovo. " Di niente."
Il suo tono di voce era un pò più tranquillo adesso.
Scesi dalla macchina salutandolo di nuovo con un cennò della mano e lì gli diedi le spalle rivolgendomi verso la casa dei Clearwater.
Sgommò ad ampia velocità allontanandosi da me.
Una profonda sensazione di panico mi invasa, e mi sentì più sconsolata di prima.



Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** » Wishes ***


{EIGHTH Chapter} » Wishes

Casa di Leah sapeva di nuovo, anche se la gradinata in legno che si propendeva all’ingresso, era rovinata da graffi e alcuni solchi lungo il corrimano. Per il resto era una casa abituale di La Push dove tutto era piccolo ma accogliente.
Avevo già lasciato nelle mani della signora Clearwater la piccola confezione rosea che non sapevo cosa contenesse.
“Leah è in salotto.” Disse Sue indicando una piccola porta aperta che portava alla stanza più grande della casa, quella era la seconda volta che mettevo piede nella loro casa. Speravo fosse sorpresa nel rivedermi, sicuramente non si aspettava che qualcun notasse la sua assenza ma per me era diverso, sentivo di avere un legame particolare con lei al di là di ogni opinione che l'era stata gettata sulla sua personalità folle. Non potevo che giustificarla, dopo quello che aveva dovuto subire per Sam, vedersi chiudere il sipario senza ragione. Aveva reagito fin troppo bene e gli altri non dovevano far altro che biasimarla. Da sola aveva dovuto allontanare dal proprio cuore l'unico vero amore della sua vita. Invece non era così, detestavano ancora quell’accanimento nei confronti non tanto di Emily da ma di Sam se stesso. E la sua reazione alla mia vista fu inaspettata.
“Ciao Leah, come stai? Sono passata per un saluto.” Era sdraiata su una poltroncina in pelle nera guardando un punto fisso davanti a sé; al richiamo della mia voce si girò in un gesto lento verso di me con un’ espressione totalmente assente.
“Ciao” Rispose secca. Non aveva affatto una bella cera e questo mi stava facendo preoccupare seriamente. Mi accomodai di fronte a lei raccogliendo le braccia sulle gambe.
“Non ti sei più fatta vedere e ho temuto il peggio, che c’è?” Se io fossi stata male avrei voluto qualcuno con cui sfogarmi, e volevo far altrettanto per lei se me l’avesse concesso.
“Non mi andava di uscire” rispose con un tono quasi affaticato, si voltò verso la finestra ammirando un paesaggio di vegetazione.
Vederla in quello stato senza sapere la causa di una tale angoscia mi rendeva nervosa; avevo bisogno di sapere non per curiosità ma perché volevo darle una mano. Anche se qualcosa già temevo di conoscere.
“Leah lo sai che a me puoi dire tutto.” Suonava un’affermazione troppo scontata, di quelle che ripetutamente si ribadiscono nelle Fiction e nei vari film, ma la mia era una richiesta di fiducia nei miei confronti.
Passarono svariati secondi prima che mi degnasse di una risposta.
Dalle sue espressioni contate capì che si stava preparando per un lungo discorso.
“Niente. Niente di niente. C’è soltanto che sono stanca di far vedere agli altri ciò che vedono i miei occhi, sono stanca di condividere i ricordi più segreti con chi non mi capisce, sono stanca di vivere qui perché non riesco a dimenticare. Non ci riesco. Se l’oggetto assoluto dei ricordi più belli che vuoi eliminare ti viene sbattuto in faccia giornalmente come credi che possa rimuovere quelle rimembranze portatrici di emozioni che al loro tempo sono state fantastiche? Come?!?!? Non ci riesco…” E dopo questa dichiarazione seguì un fiume di lacrime che a stento riuscì a colmare. Mi sentivo dannatamente in colpa per non essere riuscita a trovare una soluzione perché sapevo che in questioni di cuore l’unico aiuto era il tempo: poteva aiutare a curare le ferite o a riaprirle con semplicità. Non c’era alcuna cura per le pene d’amore; l’unica consapevolezza che avevo nell’ambito amoroso. Passai il resto della giornata a cercare di consolare una Leah che non avevo mai visto in quello stato per le poche settimane che ero stata insieme a lei.
Dopo che l’ultima lacrima si asciugò sul suo volto si addormentò fra le mie braccia, comodamente appoggiata al mio petto umido a causa del suo pianto liberatorio. Insieme a sua madre la lasciammo riposare e decisi che era ora di ritornare a casa, non avevo pranzato e Sue si era interessata di avvertire Sam ed Emily del mio ritardo.

Una volta salutata Sue mi dileguai dalla porta principale. Fuori non c'era nessuno ad aspettarmi e questo non mi meravigliò affatto. Mi aspettava una lunga passeggiata che sarebbe stata ricca di ripensamenti.
In una mezza giornata ero venuta a conoscenza di troppe cose, un doppio triangolo amoroso che da una parte vedeva mio fratello Sam con Sue e dall’altro Jacob con il resto. Da esterna non potevo far altro che commentare e riflettere. Forse era meglio non innamorarsi se l'amore portava con sè tanto dolore. Negli occhi di Jake e Leah avevo visto la stessa angoscia e la stessa voglia di farla finita, ma come un guerriero spietato l'amore continuava a lacerare le loro anime. Mi stavo facendo una visione troppo crudele del sentimento più ambito al mondo.
Per fortuna la mia casa, la mia nuova casa, bastò a placare quell' afflusso di pensieri. Non arrivai sul davanzale con un umore migliore ma per lo meno ero distante da quei due. In fondo anche io avevo i miei problemi. Nessuno pensava a quanto era stato duro catapultarmi in una nuova vita che ancora mi era sconosciuta. Io stessa sentivo già di essere pronta ad affrontare l’avvenire ma temevo di sbagliare, non potevo permettermi errori in quel campo. Avevo una nuova famiglia da aiutare e a cui voler bene. Avevo nuove vere amicizie e nuove preoccupazioni.

Raggiunta la cucina trovai Sam; sembrava stesse aspettando me da ore ormai.
Di Emily nemmeno l’ombra, questo iniziò a far crescere la preoccupazione. La mia espressione s’incupì per mia volontà. Rimasi sul ciglio della porta che divideva l’ingresso dalla cucina.
“Ciao” Lo salutai, ancora non ci eravamo visti.
“Salve Violet.” Rispose al mio saluto con quel tono formale che tanto odiavo.
“Come sta Leah?” Proseguì. Come doveva stare?
“Bene.” Mentì. Mi doleva farlo ma Leah non avrebbe voluto che io informarsi Sam del suo stato, anche se già lo sapeva.
“E Tu come stai?” Continuò. Quella domanda era inaspettata.
Mentire o Dir la verità?. Scelsi per la via di mezzo.
“Non c’è male.” Si, come risposta poteva anche andare bene.
“C’è qualcosa di cui vorresti parlarmi?” Proseguì in seguito senza darmi un attimo di respiro.
Non sapevo dove volesse arrivare, forse tutta quella sfilza di domande concerneva il compito del fratello maggiore oppure c’era qualcos’altro sotto. Certo. Forse voleva arrivare alla storia della
battaglia. “Non me ne starò seduta a guardare.” Serrai i denti.
Lui rimase nella sua solita espressione composta. Avevo centrato l’obiettivo.
“Non posso permettermi errori ne impicci Violet.” Rispose.
“Non sarò d’intralcio, sai già di cosa posso essere capace se solo mi impegno” Incalzai.
Nessuno errore: non c’era bisogno che me lo ripetesse lui, sapevo cosa dovevo e non dovevo fare.
“Non spetta a te decidere. Ormai la battaglia è imminente Violet e dobbiamo prepararci, tu sei ancora inesperta e io non voglio …” Si bloccò da solo, come se gli venisse complicato continuare la frase, come se qualcosa glielo impedisse. “ Eppure qualcuno non è d’accordo con me, quindi Domenica prossima si terrà una riunione per decidere se sia idoneo che tu collabori nella battaglia o no.” Scorsi una certa amarezza nel suo tono, avevo capito che temeva di perdermi.
Ci eravamo ritrovati da poco e il rischio di perderci era prossimo a giungere, ma il tempo è tiranno.
“Bene. Quindi non è ancora detto?!” Dissi con una certa euforia. Lui annuì distrattamente.
“Ok. Quindi per il momento chiudiamo questa discussione, Ok?”
Cercai di sorridere per alleviare un po’ quella tensione che aleggiava nell’aria.
Come un’ancora di salvezza Emily ci raggiunse sempre con quell’aria tranquilla stampato sul volto che un tempo era stato divino, senza alcun intralcio dell’essere qualcos’altro. Mi sorrise raggiungendo Sam e in fretta mi dileguai nella mia camera.

Quella fu una notte insonne, di quelle in cui ti rigiri più volte nel letto e non capisci se hai dormito per qualche istante o hai continuato a fantasticare fra le lenzuola nell’attesa che il sonno profondo ti abbracciasse e in un attimo ti trasportasse al mattino.
“Dormi dormi piccolina che presto sarà mattina.”
La solita ninna nanna che ricordavo malinconica, le uniche paroline che da sempre erano riuscite a farmi addormentare.
“Dormi dormi mia bambina che la luce si avvicina”.
Parole cantate in una melodia dolce da mio padre, ormai defunto.
Ma quella notte non mi furono di nessun aiuto.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** FIGHT or not? ***


{NINTH Chapter} » FIGHT or not?


"Quando ci rimproveriamo sentiamo che nessun'altro ha il diritto di farlo, se non noi stessi."
Dorian Gray.

Quella frase nella mia mente veniva ripetuta a intervalli regolari.Frugando tra i casetti della casa di Sam trovaì un piccolo quadernetto o libro che fosse con su scritto "Favour". Ovviamente incuriosità dal quel bizzarro nominativo l'aprì scorgendo nelle varie pagine alcune poesie o frasi di autori conosciuti e non. Era un semplice quadernetto dove erano state raccolte, appunto, le citazioni preferite della mia defunta madre. Avere fra le mani qualcosa che fino a poco tempo fa aveva toccato con le sue mi fece ritrovar il sorriso che avevo perso nei giorni seguenti passati chiusa in casa.


Eravamo ormai giunti al fatidico giorno in cui si sarebbe deciso cosa avrei dovuto fare: Restare a casa in silenzio incurante di cosa stesse succedendo alla mia famiglia oppure combattere insieme a loro per proteggerci a vicenda e fare bene la mia parte. Era tutto nelle mani del consiglio, speravo davvero in una loro rivalutazione positiva anche se reputavo il tutto assurdo. Era questo il mio dovere, difendere la mia gente e gli altri umani.

"Andrà tutto bene" Le forte braccia di Paul che mi chiusero in un abbraccio stile orso riuscì a confortarmi e a tenermi di buon umore. Avevamo già raggiunto la spiaggia, più o meno eravamo tutti quanti. Mancavano soltanto Jacob, Sam e Billy. Sue e Emily non avrebbero partecipato quella sera.
"Comunque non c'è storia, tu non combatterai." Rispose in tono ostile Quil affiancato da Embry. Scossì la testa spalancando le palpebre. Forse avevo solamente sentito male.
Invece no. Entrambi avevano assunto una postura rigida e il loro volto era troppo severo, nessun lineamento tracciava inganno.
"Cos'è questa storia?" Incalzò allora Leah poco distante da me.
"Hai sentito bene, noi due non siamo a favore della partecipazione di Violet. E ancora inesperta e non credo sia in grado di..."
"Che diamine significa?" Aggiunsi io con tutta la rabbia che pian piano si faceva spazio fra le vene facendo pulsare il sangue in maniera esageratamente veloce.
"Si, hai capito bene. Non hai ancora affrontato e nemmeno visto un freddo, non sapresti come comportarti e sarebbe..."
"Rischioso." Concluse Embry dopo il breve discorsetto di Quil.
Jared e Paul rimasero a guardare estereffati insieme a Seth.
Leah sembrava di tutt'altro avviso.
"Beh che vuol dire? Nessuno di noi ha fatto un corso specializzato per affrontare quei succhiasangue, perchè per Violet dovrebbe essere diverso?" Replicò nel suo solito tono acido. Non aggiunsi nulla perchè lei aveva già parlato per me prendendo anche le mie difese. Gliene fui grata perchè non sarei riuscita ad regere un'altra questione del genere.
"Hai frainteso quello che volevano dire.." Intervenne infine Jared per calmare le acque. Prima che Leah potesse ribattere la fece ammutolire con un gesto della mano.
"Loro sono soltanto preoccupati per lei, come tutti noi. Lei non è nata e cresciuta insieme a noi, non ha avuto tutto il tempo per allenarsi e migliorarsi come noi, è diverso per lei."
Indignata gli rivolsi uno sguardo languido.
"Anche tu ..Jared?... ma come potete..." Non ebbi le forze di aggiungere nient'altro. Leah invece non riusciva a contenersi.
"Ah si? No. Io trovo che siano soltanto banalissime scuse tutte queste perchè non volete correre alcun rischio come è successo con me, non è vero? Avete paura che presa dalla voglia di far tanto la saputella si gettì incontro al pericolo incautamente come ho fatto io nella battaglia scorsa, non è vero? Vi sbagliata, tutti quanti. Violet non è come me, la questione è ben diversa." Socchiuse leggermente gli occhi prima di far qualche passo in avanti. Io continuaì a guardarla ma stavolta le rivolsi uno sguardo confuso; non sapevo a cosa si riferisse ma sembrava aver colto il punto perchè tutti chinarono la testa e non ebbero il coraggio di guardarmi in faccia, ne a me ne a Leah.
"Violet tu sai dello scontro che c'è stato tempo fa con quei Freddi particolari?" Mi chiese Leah girandomi intorno. Mi limitaì ad annuire, sapevo dell'alleanza che avevano fatto con quei vampiri di nome Cullen per abbattere gli altri Freddi più pericolosi che si trovavano nel loro stato brado.
"Bene. Beh è successo che proprio quando tutto andava per il verso giusto, io mi sono presa la libertà di fare l'eroina. Decisi di attaccare uno di quei così schifosi da sola. Impresa sciocca e banale per le mie capacità, ma fu una decisione troppo avventata. Morale della favola: Sarei morta se non fosse stato per Jacob che si è preso qualche colpo al posto mio.."
"Qualche?" Disse sbuffando Quil. " E' dovuto stare a riposo per quasi un mese, direi che si è beccato più di qualche colpo." Leah lo liquidò con lo sguardo mentre io cominciavo a capire la questione. Quindi tutto il loro timore era quello di dover controllarmi tutto il tempo affinchè non facessi azioni avventate e non corressi altri pericoli, perchè era così che mi vedevano: una bambina alle prime acqua.
"Grazie, grazie veramente della fiducia e stima che avete nei miei confronti. Andate al diavolo tutti quanti!" Gli diedi le spalle e iniziaì a camminare verso la scogliera. Qualsiasi posto sarebbe stato utile per pensare, piuttosto che rimanere a stare con quel gruppo di idioti.
"Violet...aspetta..." Urlo Seth ma che sentì fu bloccato dal forte tono di Leah che iniziò ad imprecare contro di loro.
"Siete degli idioti. Tutti quanti." Sentì i passi di Leah avvicinarsi ai miei. In quel momento era l'unica persona a cui volevo veramente bene, l'unica che capiva ciò che ero.


La riunione iniziò con qualche ora di ritardo perchè Billy aveva avuto un piccolo contrattempo. Non me ne importava nulla perchè era tempo perso, sapevo già che cosa sarebbe venuto fuori da tutta quanta la faccenda. Ormai dovevo rassegnarmi all'idea di starmene a casa con Emily, a pulire qualche piatto per ingannare l'attesa e l'ansia che qualcosa andasse storto. Non dare una mano ma limitarmi a sperare che andasse tutto bene non faceva per me.
In quel momento sarei voluta sparire, farne di me soltanto un lontano ricordo.
Mi sentivo inutile e poco importante.
Leah aveva insistito per rimanere con me ma la convinsi che avevo bisogno di restare da sola per pensare un pò. Dopo qualche urla di troppo decise di andarsene per vedere cosa ne usciva fuori dalla riunione.
Rimasi sullo scoglio più alto, dove qualche settimane fa mi ero accostata per osservare i ragazzi giocare nell'acqua. La serata proseguiva tranquilla come tutte le altre, soltanto la mia mente sembrava star per cominciare una tempesta.

Dopo che l'ultimo raggio di sole si affievolì dopo l'orizzonte, vidi Seth corrermi incontro. "Violet vieni. Dobbiamo dirti cosa abbiamo deciso" La sua espressione non tralasciava nessun augurio. Stringendomi nelle spalle lo seguì raggiungendo il gruppo di persone che fino a qualche minuto fa avevo reputato 'famiglia'.

"Quando ci rimproveriamo sentiamo che nessun'altro ha il diritto di farlo, se non noi stessi."

Si, mi stavo rimproverando di non aver fatto trasparire ciò che ero.
Una persona disposta a mettere da parte tutta se stessa per aiutarte gli altri, una ragazza sempre disposta ad ascoltare e consigliare. Impulsiva si, ma mai impertinente o superficiale. No. Non lo ero. E Se c'era una cosa che odiavo era quella di essere considerata immatura, perchè ero tutto tranne questo.

Lì raggiunsì trascinandomi sulle gambe di malavoglia. Leah fece spazio accanto a sè per farmi accomodare. Mi sedetti non concedendo nessun sguardo perchè non lo meritavano. Sam cominciò a parlare.
"Preferisco arrivare alla conclusione senza giri di parole. Abbiamo deciso tutti insieme che tu, Violet, hai le competenze per aiutarci in questa ultima, speriamo, battaglia... a patto che.. tu mi prometti di stare attenta e di fare ciò che ti dico. Ok?" Mise parole una dietro l'altra senza senso per me perchè non volevo starlo ad ascoltare. Eppure qualcosa suonava strano in quel discorso. Le mie cellule nervose ci stesero più di qualche minuto prima di rielaborare il discorso che aveva fatto Sam. Avevo sentito bene? Aveva detto che potevo partecipare? O stavo soltanto vivendo un momento di confusione totale che mi spingeva a sentire una cosa per un'altra?.
"Scusaci per poco fa, non meritavi quelle considerazioni. Scusaci." Aggiunse Jared a nome di tutti quanti. Rimasi silenziosa per altri istanti, ero dubbiosa. Forse mi stavano prendendo in giro. Soltanto quando Leah mi diede uno stratone per assicurarsi che fossi ancora lì con loro, reagì.
"Sul-Sul serio??" Chiesi titubante.
"Si, cara" Aggiunse Billy in tono pacato. "Ricordati che avrai una grossa responsabilità, tutti quanti avrete grosse responsabilità verso i vostri fratelli." Disse osservandoci tutti quanti uno per uno. Nessun aggiunse nulla ma da ogni espressione che colsi lo fecero per non tradire la tensione che provavano in quel momento.
"Adesso potete andare.." Disse Billy congedandoci. Mi sentivo davvero felice e avevo già dimenticato tutto quello che era successo. Anzi cosa era successo?.
"Tutti quanti tranne voi due Sam.. e Violet." Si voltarono tutti verso Sam e poi verso me. Erano incuriositi quanto noi due. Perfino Sam sembrava non essere a conoscenza del motivo di quella prolungata permanenza.
Come detto Jake fece allontanare tutti quanti lasciandosi da soli con Billy.
Morsi il labbro destro come facevo ogni volta che ero nervosa, osservando il viso fin troppo sereno di Billy. Cos'altro voleva da noi due?
Mi voltaì ad osservare i lineamenti rigidi di Sam, come me anche lui fremeva dalla voglia di sapere cosa avesse da dirci Billy.
"Riguarda i vostri genitori" Aggiunse una volta che i ragazzi furono ormai lontani.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** » They ARE here ***


Allura, Vorrei ringrazire tutti quanti indistintamente per i commenti che mi avete lasciato, ve ne sono molto grata anche perchè mi aiuta ad andare avanti con questa Fiction sapere che c'è gente a cui piace. Non aggiorno sempre con costanza perchè purtroppo la scuola mi tiene le mani legate, però vi avviso che conto di finire questa fiction. Non so ancora quanti capitoli ci vogliono alla conclusione ma sono sicura che non vi farò annoiare. Adesso via con un altro capitolo.

 

 


{NINTH Chapter} » They ARE here


La selva oltre cui le onde del mare sbattevano all'impazzata sembravano accudire in silenzio un tal fracasso. Come in cuor mio mi stavo già preparando a sostenere un altro duro colpo. Non era un caso se si diceva che la verità faceva male.

"Non potevo proferir parola di quello che sapevo, era un patto da dover rispettare se solo non fosse accaduto." Disse Billy osservando il focolare dinnanzi a lui, che stava prendendo forza pian piano che la legna si scioglieva alla sua morsa. La notte calava impertubata fra le frattaglie della scogliera.
La mia mano si era mossa da sola per cercare rifugio fra quelle di Sam. Mi sentì subito meglio quando le trovaì, calde e possenti come la prima volta quando l'avevo strette con le mie.
"Cosa vuoi dire?" Lo spinse a continuare. I suoi occhi erano languidi quanto i miei. Non sapevamo cosa aspettarci ma entrambi volevamo sapere.
Billy alzò la testa osservando il chiarore della Luna farsi spazio tra l'oscurità del cielo ormai privo di luce. Mantenne quella posizione per alcuni istanti, prima di ritornare a posar lo sguardo su di Sam, e di conseguenza anche sul mio.

"Quando tu, Sam, avevi l'età giusta per imparare a camminare ma non tanto a parlare i tuoi genitori capirono subito a cosa saresti andato incontro. A cosa saresti diventato. Tua madre lo sapeva bene ma tuo padre..."
La sua espressione lasciò il tempo che trovava. Certamente la reazione di mio padre non era stata delle migliori, e già incominciavo a capire qualcosa.
Non ci volle molto per fargli capire che aspettavamo che continuasse. Si mise comodo nella sua sedia a rotella per continuare quella che sembrava una lunga storia.

"Vostro padre era un giovane ragazzo pieno di ambizioni e con la mania di spendere i propri soldi viaggiando alla ricerca di posti sconosciuti. Così dal North Dakota raggiunse anche la stessa la Push che aveva sentito nominare da alcuni vecchi del luogo. Per altri una piccola riserva indiana popolata da poca gente non era niente di eclatante, ma per lui si. Vostro padre era davvero un uomo che scalpitava all'idea di conoscere cose che ad altri erano sconosciute, amava le cose particolari, non fare quelle comuni. Fatto sta che arrivò qui a La Push, dove trall'altro si accorse di avere anche un lontano Trisavoro, un certo Uley appunto, che aveva vissuto lì per circa 20 anni della sua vita.
Allora non eravamo molto a conoscenza del fatto che ci sarebbe toccato di nuovo trasformarci in quel che siamo, o per lo meno non noi. Fatto sta che incontrando tua...ehm..vostra madre fu come un colpo di fulmine. Non abbiamo mai capito se fosse stato Impriting o una semplice infatuazione iniziale. Tua madre non c'è ne ha mai voluto parlare.."
Disse rivolto a Sam, ma con fare di scuse poggiò lo sguardo sul mio ancora perplesso. Certo, conoscere così la storia della mia famiglia sembrava come un classico racconto estrapolato da un Film. Eppure era l'unica cosa che sapevo di loro, l'unica a cui poter dare peso. Leggendo i nostri occhi Billy capì che doveva arrivare immediatamente al nocciolo della questione, sapevamo bene io e Sam quanto gli piacesse dilungarsi nel raccontare particolare irrilevanti e stavolta non potevamo resistere più a lungo di quanto stavamo già facendo.

"Non guardatemi così voi due, sto soltanto cercando di farvi capire tutto e bene. Allora eravamo rimasti al punto in cui i vostri genitori si incontrano. Si, diciamo che ebbero un'infatuazione alla loro prima vista e decisono, prematuramente di sposarsi. Vostro padre non era a conoscenza del segreto che circolava nel sangue della gente della nostra terra. Nemmeno vostra madre se era per quello, perchè ormai ne avevamo perso le traccia. Invece tutto prese vita quando arrivarono i Cullen come sapete. Beh il primo a mutare fosti proprio tu Sam, ma non quando ti ricordi tu... Già da piccoli avevi avuto qualche piccolo attacco, anche solo quando ti innervosivi più del solito. Tua madre ne era spaventata, così venne a raccontarmi tutto quanto. Io avevo capito cosa stava accadendo. Di nuovo dopo tanti secoli la nostra anima stava per ricongiungersi con quella del nostro fedele amico Lupo per combattere il male: I Freddi....
Tua madre prese coraggio e andò a raccontare tutto a tuo padre.
Lì ne venne fuori una tragedia come potete immaginare. Tua madre aveva da poco avuto te, Violet, e tuo padre temeva che potesse toccarti la stessa sorte. Pensava che se fossi stata allontanata precocemente dal luogo non ne avresti assorbito l'influenza della trasformazione. Ma scioccamente si sbagliava. Fatto sta che una sera, senza dir niente a nessuno, ti portò con sè nella sua vecchia città natale sparando nel nulla. Sam rimase nelle mani della madre e il resto.. lo sapete già."

La conclusione del racconto breve e coincisa non era abbastanza. All'improvviso volevo non aver ascoltato. Mio padre era stato davvero così codardo? Aveva voluto portarmi via da un pericolo inesistente? E come l'avrebbe giudicato adesso Sam? Sicuramente con maggior rabbia, lui era stato abbandonato senza un motivo valido, anzi nel momento del bisogno.
"Io... non avrei mai potuto..."
"Immaginare tutto questo." Concluse con me la frase un Sam indescrivibile. La sua espressione era apatica, non lasciava trasparire alcun emozione che fosse di rabbia, odio, malinconia, stupore o altro. Nulla. Ed era questo che più mi preoccupava.
Ormai erano morti entrambi. Non c'era più motivo di colpevolizzare nessuno. Era tutto passato e la cosa importante era che adesso io e Sam eravamo comunque insieme, di nuovo e per sempre. Istintivamente mi strinsi al lui lanciandomi verso il suo petto. Lui non ne fu sorpreso, anzi mi strinse a sè con tutto l'affetto possibile.
Lì le lacrime incominciarono a rigare pian piano il mio volto, senza che potessi farci nulla. Erano lacrime di tristezza per il rimpianto di non aver potuto conoscere mia madre, ma anche di gioia per aver ritrovato una parte di me con Sam. In fondo non potevo più lamentarmi di nulla.


Le giornate a La Push proseguivano liete. Certo i controlli nel bosco, dove arrivavano i nostri limiti stabiliti con i Cullen, erano aumentati per una sicurezza maggiore, così dicevano. Jacob era sempre più irrequieto e facilmente irrascibile. Non si poteva parlare di qualcosa che ricordasse il nome Bella, Sangue e addirittura nessuno doveva osarlo chiamare più Jake, altrimenti erano guai.
Lungo il confino più alto della rocca di La Push io e Leah avevamo sentito uno strano adore avvicinarsi sempre di più alla nostra postazione. Eppure oltre a qualche uccellino ed erba secca non vedevamo nulla. Le mie orecchi si alzarono per captare qualche rumore sospetto.
"Non siamo da sole." Leah mi fissava con i suoi occhioni griggi. Aveva ragione.
"L'ho sentito anche io." Annusaì il perimetro davanti a me dove l'odore si faceva sempre più forte. In coro sentì ringhiare Sam e Jake.
"Non allontanatevi per nessun motivo." Quel lupo di un Black mi voleva far innervosire.
"Cosa diamine c'è che non va?"
"Violet... sono qui" Concluse Sam in un flashback di vecchi ricordi. Un'altra foresta, un altro luogo con loro: I Vampiri.
"Non muovetevi, vi stiamo raggiungendo." Ululò Jacob, seguito dal resto del branco.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** » Everything WILL fall DOWN ***





{ELEVENTH Chapter} » Everything WILL fall DOWN





Si dice che per ognugno di noi c'è un destino già stabilito; nel bene o nel male ognuno , in cuor suo, cosa può e non deve fare, ma in tutto questo ci è concessa la libertà di non conoscere?


"Ci incontriamo di nuovo signori." Esclamò una voce paziente e con una tonalità melodiosa.
"Non è una visita di cortesia questa" Squittì iracondo Jake, digrignando i denti.

Erano lì. I Vampiri, nostri nemici mortali. A quanto pare non era la famiglia al completo. Questo era un buon segno, per lo meno non erano venuti ad attaccare ma volevano limitarsi a comunicare qualcosa.
"Già" intonò Leah come una risposta ad un mio pensiero.
"Oh Cazzo, mi ero scordata che potevate leggermi la mente" Demente, Demente.
Nessuno curò la mia sottile ironia perchè l'aria era fin troppo tesa.
"Eh anche io.." Aggiunse il vampiro dall'aspetto più giovane. Portava dei capelli corti, ribelli, color rossiccio. Da ciò che ricordavo vagamente del giorno in cui Jake mi aveva mostrato tutto, dedussi che lui fosse Edward. Ringhiaì. Mi ero scordata anche di questo. Quei dannati vampiri avevano anche abilità speciali, e lui aveva quella di leggere nella mente.
"Si, avevo saputo che il branco si era allargato di nuovo." Continuò in un tono che non mi piaceva affatto. Ne a me ne agli altri.
Al suo fianco seguirono altri tre vampiri, uno dei quali aveva parlato poc'anzi.
Era biondo, dall'aspetto quasi angelico, sembrava un ragazzino sebbene la sua espressione mostrava il contrario. Poi vi era un altro biondino, più basso e mingherlino e un altro vampiro moro che era totalmente l'opposto degli altri. Poteva avere le sembianze di un orso bruno se solo l'avesse voluto. La cosa che mi lasciò perplessa e paralizzata non era tanto il loro cattivo odore, ne il fatto che quel Edward potesse leggermi nei pensieri ma la loro infinita e strana bellezza. Erano troppo perfetti.
"Cosa ci fate qui? Non ne avete il permesso. Lo sapete bene" continuò Jake. Ovviamente di ciò che pensava non poteva esprimerne parola, ma c'era Edward a fare da interlocutore.
"Lo sappiamo bene. Se siamo qui c'è un motivo valido, non credere che siamo così ingenui da mandare a frantumi i patti che da secoli ci han tenuti in pace."
"E perchè no? Non mi sembri tanto intelligente dato il fatto che siete venuti qua comunque" Quasi si stava sforzando di far comprendere l'ironia di quel pensiero con un'espressione del muso abbastanza insolita.
Edward ricambiò con una sonora risata che gli altri non riuscirono a comprendere.
"Tagliamola qui la questione. Sbrigati Edward." Ordinò precoce il vampiro - orso come l'avevo ormai definito io.
Edward indugiò in seguito lo sguardo sul vampiro che risultò essere il più anziano da quanto avevo capito dai pensieri degli altri, Carlisle si chiamava.
"Ok. Siamo qui per mettere le cose in chiaro. Noi abbiamo fatto un patto con i Vulturi, dubito abbiate fatto la loro conoscenza." Il suo sguardo era prontamente provocatorio. Continuò dopo un sinolo di ululati e altri gesti non piacevoli da parte nostra, non poteva permettersi il lusso di farci beffa."Sono i vampiri più potenti e anziani; controllano loro che la nostra esistenza rimanga segreta agli occhi umani... Tempo fa, Noi insieme a Bella.." Sentendo quel nome, poteì percepire perfino il sangue di Jake ribollir nelle vene. Edward fece un mezzo sorriso divertito. Mi stavano irritando quelle continue interruzioni, a mio avviso lo stava facendo apposta.
"..avevamo fatto un accordo. Ci avrebbero lasciati uscire vivi da lì a costo che....... Bella stessa diventasse come noi. Lei ha accettato." Lì lo sgomento generale fu istintivo.
"Non importa, non è una scusa plausibile per giustificare quello che avete in mente di fare" Con questa affermazione di Sam eravamo tutti quanti d'accordo. Continuò: " Abbiamo stipulato un patto affinchè i nostri popoli vivano in armonia, stando l'un distante dall'altro. Ovviamente il nostro compito era e rimane quello di sorvegliare gli umani da un qualsiasi vostro attacco. Anche il caso di Bella non è escluso, quindi mi duole dirlo ma.."
" Se ti azzardi soltanto, dico, soltanto a infilarle quelle tue luride zanne al collo, giuro di mandarti all'inferno strappando ogni singola parte del tuo lurido corpo morto, Ti è chiaro succhiasangue?." Concluse in maniera molto diretta e poco elegante Jacob. Nel sì e nel no eravamo più o meno d'accordo tutti.
Sam intervenne prima che Edward potesse dir altro. "Questi sono i patti che avete deciso di firmare anche voi. Se non li seguirete allora nemmeno noi lo faremo. Saremo pronti a tutto."
"Voi non capite, pensate per caso che io voglia rovinarle la vita? Voglio che diventi come noi? No. No. Io aspirò molto di più per lei ma voglio anche la sua felicità. Nel bene e nel male devo accontentarla.. non c'è altra scelta.." Sembrava sincero quell' Edward, lo leggevo dai suoi occhi mielati, lo stesso amore che avevo visto negli occhi di Jacob nel ricordare quella dannata umana. Lo stesso identico.
" E se queste sono le vostre parole..." Aggiunse Carlisle che anche se insieme agli altri due, non avevano ascoltato il discorso avevano ben percepito qual'era la questione. " Combatteremo." Conclusero.
"Così allora è deciso." Concluse Sam senza ultimatum. Ormai i patti erano stati chiari: la guerra aveva inizio.
"Il nostro accordo è saltato. Noi sapremo quando e dove trovarvi, non potete sfuggirci."
Detto questo Sam ordinò a tutti quanti di allontanarsi.
Io mi limitaì a dare un' ultima occhiata ad Edward. Non sembrava poi così afflitto, a differenza degli altri. Ma cosa dovevano aspettarsi, che magari avremmo lasciato morire quella ragazza? Mai.
Jacob e Edward si lanciarono un ultimo sguardo. Da Licantropo a Vampiro. Entrambi avrebbero lottato per la propria donna, a che prezzo? Uno per la sua sopravvivenza e l'altra per la sua morte. Alla fine chi avrebbe veramente vinto?
"Se l'ami veramente non puoi farle questo." disse Jacob.
Edward rimase in silenzio per qualche istante poi gli rispose: " Voglio soltanto darle ciò che desidera." Detto questo se ne andò insieme agli altri.

"Jacob aspettami" Lo schermì correndo verso di lui.
Alzò il muso marroncino, ed i miei occhi si persero nei suoi, vuoti.
"Voglio venire con te"


Più mi immergevo in quelle acqua vacilata da una forza detta Amore, più capivo che una volta caduti dentro non c'era modo di uscirne. E si cadava sempre più giù. Perchè tutto era destinato a cadere in basso senza modo di rialzarsi.


Raggiunsimo la spiaggia, di nuovo. Non sapevo quante volte trascorrevo il mio tempo lì, tra la sabbia bianca e l'acqua fredda. Seguivo i suoi passi veloci e felpati. La sua testa era piena di dolore, come ogni volta. Non riuscivo a sopportare di vederlo ridotto in quello stato, non ci riuscivo proprio. Avrei voluto che quell'influsso di agonia si arrestasse, se solo avessi saputo come fare.


"Lasciami in pace" Mi urlò, dandomi le spalle.
"No. Non posso." Mi avvicinaì a lui. L'ebrezza del mare mi accarezzava i capelli, che dondolavano lungo la mia schiena.
"Ho detto VAI VIA!" Stavolta si voltò a guardarmi, il suo sguardo era rimasto lo stesso. Privo di emozioni, privo di una qualsiasi forma di umanità, priva di emozioni.
"Non ti lascio in questo stato, idiota" Strinsi i denti in modo tale che risultassi più minacciosa. Sentivo il bisogno di stargli accanto, di mentirgli e dirgli che sarebbe andato tutto bene, di dargli una piccola speranza, di far curvare le sue labbra in un sorriso. Anche solo per una volta.
"Cosa vuoi da me? Eh? Che vuoi tu? Non centri niente qui hai capito? Lascia perdere."
"Basta. Sono stanca di sentirmelo dire Jacob. Stammi a sentire tu adesso."
Odiavo che mi ripetessero quella questione, che mi dovessero escludere.
Istintivamente gli pungolaì il petto, mentre la rabbia divampava in me come un fuoco ardente. Non era l'unico ad esserci dentro ormai, rischiavamo di morire tutti quanti adesso. Non si trattavo più soltanto del suo triangolo amoroso.
"Basta rimpiangere ciò che avresti o non avresti dovuto fare, smettila di dir cose senza senso per allontanarmi. Non funziona. Non pensare più a lei Jacob, Lei ha scelto. Devi farlo anche tu. Devi scegliere di vivere la tua vita senza di lei. Jacob.... Bella ha scelto Edward... Non te..." Era la verità, purtroppo quella come tante altre, faceva male.
Jacob strinse i pugni, così fortemente che le vene dei bracci fecero pressione allargandosi nella pelle. Ebbi per qualche istante la sensazione che volesse tirarmi un destro. Sentivo già un gonfiare.
Invece no. Chinò il capo, reprimendo i singhiozzi.
Rimasi sorpresa alla sua reazione.
"Jake.." Perchè? Perchè non la smetteva?
"Jake.." Ribadì per la seconda volta.
"Io ho scelto, Violet. Ho già scelto anche io."
Osservaì la sua testa pian piano rialzarsi, posare lo sguardo sul mio e assumer pian piano un'espressione meno ruvida.
"Che.. che vuoi dire..?" Quel suo radicale cambiamento mi spaventò. Si, l'avevo sperato ma non così. Il repentino cambiamento era segno di una vena di follia che pian piano avrebbe prevalso sulla ragione.
"Ho scelto di morire, per lei."

Nel mio petto non sapevo bene se battesse un cuore o qualcos'altro.
Sapevo soltanto che mi stava facendo del male, voleva scappare. Voleva uscire da me e volar via lontano. Non sopportavo più quel battito così forte. No.

"Sono già morto Violet, non ha senso la vita senza lei. Sono anche io un morto che cammina adesso. Forse adesso mi amerà, a lei non piace vivere..con me. No."

Discorsi di pura follia. Temuta follia.
Quelle parole erano troppo taglienti, non sapevo nemmeno cosa mi stesse prendendo. Improvvisamente mi sentivo male, le gambe avevano cominciato a tremare. Non avrei voluto ascoltare.
"No. Jake. Tu sei vivo, sei qui con me."
Presi la sua mano, la mia continuava a tremare.
La poggiaì sul suo petto, Il suo cuore batteva. Tum.Tum.TumTum.
Poi presi anche l'altra sua mano e la poggiaì sul mio di petto.
TumTum.TumTum.
"Vedi? Il tuo cuore batte come il mio. Non lasciarti andare per lei."
Sentì il mio volto umido, gli occhi liquefarsi.
Stavo forse piangendo?
"Fallo per me. Si Jake. Fallo per me."
Non so cosa mi diede la volontà di far quel che feci.
Ma lo feci.


Le sue labbra erano morbide e calde. In una notte gelida avrebbero segnato il mio sole e il mio cammino. Non riuscivo a fermarmi, lui era altrettante confuso. Ma le nostre labbra erano ancora lì, l'una in cerca dell'altra. Respiro contro Respiro.

Ed io avevo finalmente trovato il motivo per cui era bello Amare.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** » The Quiet BEFORE the Storm ***



{TWELFTH Chapter} » The Quiet Before the STORM




La sabbia era gelida, in contrasto con l'aria così calda e umida.
In tutti quei piccoli granelli di sabbia volevo trovarne uno che fosse diverso dagli altri, che si differenziasse. Era quello che tutti noi cercavamo di trovare, L'impossibile. Ed era proprio quello che volevamo ci appartenesse e che disperatamente volevamo far nostro, come l'amore.


"Vio-..Violet!" Era lui, la sua voce. Quella che fra mille avrei saputo riconoscere e che ogni mattina speravo di sentir per prima. Perchè tutto adesso? Perchè dovevo vivere quelle emozioni alla fine dell'inizio?.
Ansante si era retratto dalla mia labbra che pian piano riacquistavano il loro sapore naturale. In realtà Jacob voleva soltanto cercare di ritrovare la ragione per dare un senso a tutto questo, ma non ci riusciva. Pertanto si rigettò di nuovo fra le mie braccia, in cerca di una difesa, in cerca di un pò d'amore che solo io sapevo poter dargli.


Prede dei nostri istinti, dei nostri voleri, ci ritrovammo distesi sulla sabbia. I lunghi rami dei pochi alberi ersi sulla spiaggia coprivano partecipi ciò che le nostre labbra e i nostri corpi non riuscivano a tenere a freno. Quell'improvvisa voglia di toccarlo, di accarezzarlo e di baciarlo si faceva viva in me senza un valido motivo. Tutto era così inaspettato, eppure sapevo come muovermi, come se tutto questo era già stato destinato ad avvenire. Forse bastava soltanto ammettere a me stessa che volevo bene a Jacob, gli volevo troppo bene. Mi ero accorta tardi però che il bene che provavo nei suoi confronti era diverso. Era un bene possessivo, geloso e orgoglioso. Un voler bene che necessitava di un ricambio. Un bacio.. un sorriso.. un abbraccio. E adesso che li stavo ottenendo il mio cuore aveva preso a battere in maniera insana, esasperata. Faceva male, troppo male. Ogni battito sembrava volesse dar una spinta più al resto del corpo affinchè andasse avanti, affinchè agisse. Le mie mani si muovevano da sole lungo il suo collo, per il suo petto nudo marmoreo e caldo. Sentivo le sue labbra premere dolcemente sulla mia pelle, sul mio corpo tremante.
Umido, così era il mio volto umido.
Qualche goccia stava iniziando a cadere oltre gli spiragli degli alberi; Stava piovendo mentre mi stringevo ancora di più a Jacob. Jacob era.... era Jacob. Perchè Bella non capiva cosa si stava perdendo? Perchè non capiva che Jake era una bellezza rara, un ragazzo unico e stupendo? Che la sorte avesse voluto aiutare me invece a capire? A provar cosa significasse veramente Amare? Si, perchè questo mi stava accadendo, stavo amando.


"Violet.... io... non .." Un bacio, poi un altro. Ogni parola veniva soffocata dal contatto delle nostre labbra che imprigionavano respiri, per viversi, per viverci. "Non... posso..." riuscì a dire una volta che le mie labbra avevano preso ad esplorare il suo collo. Voleva fermarmi, ma voleva farlo veramente?
Alzaì la testa; il mio volto osservava la sua espressione così confusa."E allora.. fermarmi.. Jacob."dissi, provocandolo. Non avevo nient'altro da aggiungere perchè le parole non servivano più a compensare il forte desiderio di averlo. Non un desiderio ma un sogno, il sogno di amare ed essere amati.
Scesi dal suo collo abbronzato per giungere alle basi del petto così elegantemente scolpito. Le mie labbra morbidamente accarezzavano la sua pelle, potevo sentir il suo odore inebriarmi.
E lui non mi stava fermando, non mi aveva allontanata. Ne fui infinitamente lieta. Tutto questo significava che Jacob lo voleva quanto me. Ciò mi bastava per andare avanti.
Le sue caldi mani, così forti e sicure, cercarono le mie mentre i nostri corpi nudi, alla luce del tramonto, bramavano di diventar un'unica cosa. In quel momento mi sentì completamente, interamente soddisfatta. Non poteva esserci dolore più bello di quello coronato dal mio amore per lui, per Jacob. Un amore che avevo nascosto, che avevo fatto venir alla luce tardivamente. Jacob esisteva solo per me e per nessun'altra al mondo. In quel momento lo stavo vivendo, lo stavo amando. Non esisteva amore più bello, da cui prima si veniva lacerati e poi guariti.

Dream To Dream, Real To Real.
"Insomma ma quanto ci metti ad uscire da lì? Non ti conviene farmi incazzare." Odiavo la sua voce, odiavo sentirmi sgridare in quel modo come fossi una bambina. Stavolta ero io quella a dovermi innervosire, sia perchè odiavo quel cavolo di vestito viola stretto in vita, sia perchè lei stessa mi stava mettendo troppa fretta. Tutto il gruppo aveva organizzato un'allegra festicciola nella mia casa, grazie a Sam che insieme ad Emily avevano contribuito a mettere in scena quella dannata festa di compleanno. Chi era la festeggiata? La sottoscritta.
Come se non bastasse, Leah mi aveva conciata come un pacco regalo, il cui fiocco era così stretto da dover strappar a forze con i denti il laccio per aprirlo.
"Wow. Tesoro, sei bellissima. Vedi basta soltanto dar un colp.."
"Stai lontana prima che esploda.." La minacciaì, non doveva per nessun motivo al mondo provar a stringere i lacci dietro al vestito, altrimenti sarei scoppiata come un palloncino. Mi portaì davanti allo specchio a fatica, non ero abituata ad indossare quel genere di abiti che mettevano in relativa evidenzia le curve femminili.
Il vestito era carino nel complesso, semplice e grazioso come me.
Lungo fino alle ginocchie e poco scollato davanti, ma abbondantemente dietro con una apertura fino al fondoschiena, ristretta poi da una serie di lacci posti ad incroccio per abbellir l'indumento color viola. I lunghi capelli neri avevano assunto una bella piega liscia quel giorno, stranamente se ne stavano al loro posto. Potevo definirmi per la prima volta, senza esagerare con la modestia, un gran bel pezzo di ragazza.
"Stai benissimo" Disse raggiungendomi di spalle.
"Non sapevo avessi delle così grandi abilità di Wake Up!" Si, ero abbastanza stupita di come mi aveva trasformata. Lei sorrise. "Lo prendo come un grazie." Toc. Toc. Qualcuno stava bussando.
"Volete sbrigarvi? Manca proprio la festeggiata e non è carino far attendere troppo gli invitati.." La voce burbera e molto virile apparteneva a quello sfrontato di Paul.
"Arriviamo." Cantilenò Leah avvicinandosi alla porta. Non ero del tutto sicura di voler scendere e affrontare lo sguardo di tutti quanti, in particolare quello di Jacob. Non sapevo come trattare la cosa, se con indifferenza momentanea o chiarimento immediato. Non c'era più molto tempo per pensare, Leah mi stava facendo numerosi gestacci affinchè uscissi dalla stanza in massima velocità, il che suonava piuttosto utopico perchè non ce l'avrei mai fatta con quelle scarpe dal tacco vertiginoso.


Fortunatamente riuscì a scendere le scale in grande eleganza, senza inciampare sui miei stessi passi. Un elevato vocio si sentiva fin dal pianerottolo del piano superiore, ma avvicinandomi alla sala da pranzo capì che il tutto veniva dallo spiazzale esterno che si trovava dietro la casa. Avevano organizzato la festa fuori dove c'era più spazio.
"Ecco qui la festeggiata, Tanti auguri Violet" Declamò agli invitati una bellissima Leah; anche lei portava un semplice vestitino di cotone color verde mela, che risaltava sulla sua carnagione scura. Ma oltre a quel particolare c'era da dire che avrei voluto strozzarla in quell'istante stesso, non avevo apprezzato quella presentazione.
Come avevo immaginato tutta l'attenzione fu rivolta alla sottoscritta.
"Sei la festeggiata, cosa ti aspetti."
Misi un piede dietro l'altro, scendendo gli altri tre gradini che conducevano al porticato esterno dove c'erano tutti quanti. Emily insieme a Sam aveva spartito bene lo spazio, decorandolo con fiori come orchidee che tanto amavo e rose rosse e una lunga tavolata con tanto di dolci e altro, non potevano mancare per riempire stomachi vuoti. Nella bellezza di tutto ciò, il contesto mi sembrava esagerato.
"Oddio." Sibilaì fra denti stretti, aggrappandomi al braccio di Leah.
"Buon Compleanno Violet" Urlarono tutti in coro. Soltanto in quell'istante decisi di aggiornarmi sui presenti. Diedi un'occhiata in giro. C'erano tutti quanti. Proprio Tutti, anche Jacob. E di questo ne fui serena e nello stesso tempo imbarazzata.

Il tutto stava avvenendo in una tranquillissima giornata di Ottobre.
L'ultima tranquilla serata prima della Tempesta.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** » Carnival of RUST ***


{THIRTEEN Chapter} » Carnival of RUST

Lost til you're found
Swim til you drown
Know that we all fall down
Love til you hate
Jump til you break
Know that we all fall down

-ONE REPUBLIC-


Ed i giorni erano trascorsi lieti. Fino a quel momento. Mi sembrava tutto così perfetto anche nel caso di un’imminente lotta ma non riuscivo a pensarci, ero concentrata su altro.
Proprio quando le cose prendevano la piega giusta, ritornò un qualcosa, un piccolo insignificante gesto a distruggere tutto. In poco tempo accaddero diverse cose. Jacob tornò da Bella portando al branco una notizia che a Sam non piacque affatto.
Non sappiamo quanto pericolosa possa essere, Jake, dobbiamo eliminare la creature che tiene in grembo” E gli altri sembrarono d’accordo con il pensiero del capobranco, tutti meno che Jacob. Qualsiasi cosa stesse consumando Bella non poteva essere attaccata.
“ Jacob devi mettere da parte i tuoi sentimenti per il bene del branco”
“No” Un forte ruggito invase l’aria e i pensieri dei presenti si riempirono di panico.
“Ho detto di no e così sarà.” Jacob stava disobbedendo all’alfa ..come poteva?
“Jacob non puoi, devi..”
“No, Sam. NO! “ Disse questo e contro ogni suo volere, sotto la perplessità dei presenti corse via, lontano dalla riserva, per proteggere ancora una volta, lei. Bella.
Corsi come mai anche io ad inseguirlo. Era testardo, cocciuto. Dal mio canto non sapevo se Sam avesse preso la giusta direzione ma in quel momento mi preoccupava più Jacob.
“JACOB! Fermati!!” quel maledetto lupo era irraggiungibile.
Non mi ascoltò, continuai ad inseguirlo finchè una voce netta e distinta non mi bloccò.
“VIOLET, LASCIALO STARE. RITORNA”

Furono dei giorni pessimi. L’umore del branco non era migliore. Di Jacob non si avevano più notizie e neanche di Seth che era andato via con il Black. Era diventato un nuovo Alfa e questo confondeva ancora di più i presenti perchè non si era mai verificata una simile situazione.
Leah era diventata insopportabile anche per me tanto da far avvenire una violenta lite agli occhi di Sam.
“Tu non puoi andare, Leah, per una volta, ascoltami”
“NO. No. Non ho niente da condividere quindi”. Il suo sguardo accusatore si posò sugli occhi tremanti di Emily, la cui sofferenza continuava ancora a riempirle il volto.
Sam quasi sembrò essere supplichevole ma non vi riuscì. In poco tempo nell’aria si videro brandelli di vestiti in aria e un grosso lupo grigio correre via. No, non poteva andarsene anche lei, no.
“Cercherò di calmarla io”. Prima che Sam potesse aggiungere qualcosa per calmarmi sentivo le zampe affondare nel fango, mentre correvo alla ricerca di Leah.
Nel giro di pochi giorni sembravano tutti quanti impazziti. La tensione della guerra era forte ma c'era qualcosa nell'aria che gravava su tutto il resto. Ma in quel momento volevo solo raggiungere Jacob come Leah voleva ritrovare Seth.
Una volta affiancata cercammo insieme di trovare le tracce dei due ma fu quasi impossibile. Dovettimo spingerci al di là del confine per sentire qualcosa.
"Seth... SETH??" Un ululato e poi ..pensieri.
"Leah... Violet?" Un piccolo lupo di color sabbia sbucò fuori dalla destra da dove stavano entrambe, facendo sospirare di sollievo una Leah davvero agitata. Un sollievo momentaneo perchè partirono una serie di rimproveri a mai finire.

"E' nata". Ci annunciò Seth e in breve tempo un altro lupo ci raggiunse. Jacob.
"Che ci fate qui" Il suo tono accusatorio mi piacque poco ma bastò Leah a parlare per me.
" CALMATI! a me non interessa niente della tua creatura, ma non voglio che Seth mi stia lontano. " Provai lo stesso sentimento di protezione che ci avvolse tutti. Ma la cosa che più mi lasciò costernata, che riuscì a ferirmi veramente, furono le immagini che si scagliarono nella mente di Jacob non appena ebbe annunciato la nascita della piccola Renesmee.
"IMPRINTING! Hai avuto un imprinting con la mezzosangue?" Ringhiai allarmata come se mi avessero appena dato una martellata in pieno petto.
"Per favore Violet, un attimo, ho bisogno di parlarti.."
"TU.. NO! Non c'è niente che devi dirmi, niente." Contro un imprinting niente e nessuno poteva opporsi. A quella parola i pensieri di Leah diventarono i miei e sentì la mia sofferenza mischiata alla sua dato che si stava ripresentando esattamente la stessa situazione. Era come restare in un corpo solo ma provare tutte le emozioni delle persone presenti, un vortice che non ti lasciava andare via integra. Sentivo la sofferenza di Jacob per la situazione, la rabbia di Leah perchè rivedeva in me ciò che le era accaduto, il tutto amplificato dal mio stato completamente a pezzi, abbattuto come una muraglia frantumata in granelli di sabbia.
"Mi dispiace...Violet... io.."
Non volevo sentire più niente, niente.
Andare lì era stato un errore, tutto quanto.
La mia vita da sola sarebbe stata migliore.
Che stupida. Come potevo innamorarmi di lui, come? Non potevo combattere contro un fenomeno del genere, un imprinting era così forte da superare ogni cosa persino me che diventano inesistente.
Avrei voluto avere una palla magica per tornare indietro, dimenticare di aver conosciuto la Push, la sua sabbia, il suo odore, Sam, Emily, Leah, Embry.. Jacob.. tutti quanti.
Scappai, corsi così tanto che non sentivo più la distinzione fra le mie zampe e il suolo come se fossero diventate un tutt'uno. Lentamente il mio mondo di stava sgretolando, tutte le certezze, le gioie, l'amore provato stava cadendo in basso e continuava sempre di più. Aspettavo con ansia di raggiungere il baratro di quel fallimento. Era destino. Era destino che tutto dovesse cadere.
In lontananza sentivo voci che volevano penetrare nella mia mente.
Mi cercavano, tentavano di fermarmi ma non ci sarebbero riusciti.
" Scusami Sam.. ti voglio bene " Furono gli ultimi pensieri che riuscì ad esprimere, prima di capitolare in fondo, nell'abisso lontano dal mio dolore.


Spazio_AUTRICE: Finalmente sono riuscita a finirla. Scusate la tanto attesa e il post un pò pietoso ma in breve tempo volevo cercare di terminarlo apportando quel poco che potevo del libro dato che quando ho iniziato la fiction ancora il quarto volume non era uscito. Ma avevo un grosso peso e volevo terminare questa fiction. Mi dispiace per Violet, l'imprinting è una brutta bestia. Magari ritornerà un giorno, forse..chissà.. se mi verrà ispirazione scriverò un seguito. baci.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=248533