HEARTS' CHASER di anfimissi (/viewuser.php?uid=15322)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1/3 ***
Capitolo 2: *** Parte 2/3 ***
Capitolo 3: *** parte 3/3 ***
Capitolo 1 *** Parte 1/3 ***
HEARTS' CHASER
Dedicata a
Merryluna, la mia MS.
Perchè le rane
sono verdi e hanno quattro zampe.
E perchè
c’è un
po’ di Esculenta, in ognuna di noi.
[Parte 1/3]
Era
la quarta volta di fila che perdeva.
Non
che il solitario fosse particolarmente complicato, affatto.
Semplicemente, era
solo questione di fortuna.
“Ci
vuole culo” – avrebbero pittorescamente riassunto i
suoi compagni di Casa.
Ma
sebbene il suo fondoschiena non fosse poi così male, quel
maledetto passatempo
si ostinava a remarle contro.
“Sfortunata
al gioco, fortunata in amore” – si disse
mentalmente Hermion Jane Granger,
mentre disponeva un’altra fila di carte coperte sul tavolo.
Fortunata
in amore. Certo, come no...
Lei
e il campo sentimentale si sposavano bene come Winnie Pooh e Morticia
Adams.
In
poche parole, un macello.
Stupida
non lo era di certo. Divertente...d’accordo, in confronto
alle oche che
starnazzavano per i corridoi di Hogwarts poteva sembrare un poco
bacchettona,
ma per Merlino, anche lei di tanto in tanto rideva!
C’erano
non poche persone in grado di testimoniarlo.
Il
punto cruciale sembrava dovesse essere l’aspetto fisico. Il
suo specchio aveva
incrociato più e più volte il suo sguardo
critico, riflettendo la sua snella
figura in tutti i minimi dettagli, imperfezioni comprese.
Non
sarebbe mai stata una strega da urlo, niente di lontanamente
paragonabile alla
Greengrass, va bene.
Ma
non era nemmeno una caccola di Troll. Quella faccia da carlino di Pansy
Parkinson
era dieci volte peggio di lei, eppure sembrava non conoscere il
significato
della parola “single”.
Forse
ciò che realmente non andava in lei era il tempismo.
O
per meglio dire, l’assoluta mancanza di questo.
Tre
bersagli, nessun centro.
Un
motivo doveva pur esserci stato.
Il
primo buco nell’acqua era stato Ron.
Si
era presa una cotta per lui al quarto anno, e aveva passato settimane
intere
sperando che la invitasse al ballo. Ovviamente al rosso
l’idea non era passata
nemmeno per l’anticamera del cervello, e il risultato era
stato che lei c’era
andata con Krum, mettendo definitivamente un sasso sopra quel primo
amore non
corrisposto.
Poi era
stato il turno di Viktor. Misterioso e affascinante, sebbene
intellettualmente
poco dotato, lei e il Cercatore di Durmstrang erano arrivati a
scambiarsi qualche
bacio. Uno addirittura con la lingua.
Avessero
avuto modo di frequentarsi seriamente forse le cose avrebbero potuto
prendere
la piega giusta, ma intrattenere una relazione a distanza con uno che
scriveva
“Mi manchi” con due “h” era una
cosa decisamente inaccettabile.
Si
supponeva che l’amore con la A maiuscola comprendesse di
tutto, anche la
grammatica.
La
terza e ultima catastrofe era targata Harry James Potter. Si era
invaghita del
suo migliore amico alla fine del quinto anno. Un colpo di testa che le
era
passato alla svelta, così come le era venuto, ma che
l’aveva costretta ad
autodefinirsi “un caso senza speranza”.
Aveva
dispensato almeno il doppio dei suoi soliti sorrisi, e gli aveva
addirittura
permesso di copiare il compito di Trasfigurazione. Insomma,
più chiara di così
proprio non avrebbe potuto essere, no?
E
invece quella testa dura sembrava non aver affatto recepito.
Perciò, memore di
quanto il suo silenzio avesse drasticamente ridotto a zero le
possibilità di
concludere qualcosa con Ron a suo tempo, si era infine decisa a
giocarsi il
tutto per tutto con una dichiarazione.
Un
discorsetto ben studiato, che aveva ripetuto davanti allo specchio fino
alla
nausea.
E
così, quando una mattina era scesa in Sala Comune prima del
solito e lo aveva
trovato da solo che camminava avanti e indietro per la stanza, aveva
deciso di
cogliere al volo l’occasione.
“Harry,
devo dirti una cosa importante” –
L’inizio non era stato male, questo glielo si
doveva riconoscere.
“Anche
io” – se ne era uscito inaspettatamente lui,
sfoderando un sorriso raggiante
prima di prenderle le mani nelle sue e guardarla dritto negli occhi
– “Ieri
sera io e Ginny ci siamo messi insieme. Oh, Herm, mi sembra di toccare
il cielo
con un dito! Volevo mandarti un gufo stanotte, non stavo più
nella pelle...sai,
in quanto mia migliore amica volevo che fossi la prima a
saperlo...”
Splendido,
no?
Il
bello di stare in una scuola dove gli studenti preferivano il
Quidditch, il
sesso e i festini proibiti nella Sala Comune di turno allo studio,
consisteva
nel fatto che la biblioteca del suddetto istituto era deliziosamente e
costantemente deserta.
L’eden
personale della Caposcuola Grifondoro.
Seduta
a gambe incrociate sulla panca di legno, i gomiti appoggiati al tavolo
e la più
seria delle espressioni dipinta sul volto, Hermione Jane Granger
fissava con
attenzione le carte scoperte che le stavano di fronte, le une embricate
sulle
altre a formare una piramide piatta.
Nella
mano, il resto del mazzo, rivolto verso il basso.
“Non
è difficile, devo solo fare dieci” –
considerò ad alta voce – “E’
pur sempre
matematica, alla fine”
Accanto
a lei, una pila di libri che sembrava dovesse rovinarle addosso da un
momento
all’altro.
Il
calcolo delle probabilità: casi possibili e casi favorevoli,
I 40 solitari più
belli di tutti i tempi, La Statistica e i numeri. E
un’altra mezza dozzina
di titoli affini.
Non
si sarebbe mossa di lì finchè il solitario non le
fosse riuscito. Ormai ne
aveva fatto una questione di principio.
Scoprì
la carta in cima al mazzo: un Jack di Picche.
Le
serviva un Due.
Lasciò
scorrere lo sguardo dorato sulla parte bassa della piramide, pur
sapendo che
non avrebbe trovato la carta che stava cercando.
“E
ti pareva...” – sibilò seccata.
“Ih
ih..”
A
quel sogghignare per nulla discreto, le pupille di Hermione saettarono
verso la
carta che ancora teneva in mano, dove il Jack di Picche se la rideva
sotto i
baffi.
Indispettita,
sbattè la mano sul tavolo a palmo aperto, avendo cura di
premere per bene la
tessera contro il legno.
“Ahia!”
– strillò la carta – “Mi stai
schiacciando!”
“Scommetto
che ora ti è passata al voglia di ridere...”
– frecciò, sollevando finalmente
le dita.
“Ma
sei fuori? Mi hai sgualcito l’angolo in basso a
destra” – riprese a borbottare
il Fante, incenerendola con lo sguardo prima di urlare –
“Hai idea di quanto
costi farsi rifare un angolo?”
“Cinque
punti in meno al Seme di Picche” –
decretò Hermione, lo sguardo severo –
“In
biblioteca è vietato alzare la voce”
Così
come avveniva per le Case di Hogwarts, anche i Semi delle carte da
gioco
avevano il loro piccolo torneo a punti.
“Non
è giusto, non puoi farlo!” –
obiettò l’altra metà di quella figura
speculare –
“Soltanto il Jolly può assegnare o togliere
punti”
“Bene,
vorrà dire che appena mi capita in mano glielo
riferirò” – concluse, mentre il
Jack le rifilava un’occhiata a dir poco indignata –
“Ora chiudi la bocca, mi
stai deconcentrando”
E
così dicendo rivolse la carta verso il basso, mettendola a
tacere.
Ripristinato
il silenzio, la Grifondoro riprese a voltare via via le carte rimanenti.
Un
quarto d’ora dopo, tamburellava nervosamente le dita sul
tavolo, il nervoso che
saliva a mille davanti all’ennesima e inequivocabile
sconfitta.
Era
così arrabbiata che si era persino dimenticata di spifferare
al Jolly quanto
successo poco prima col Jack di Picche.
“Muoviti,
Annie! Siamo in pauroso ritardo!” -
E
poi ancora – “Dici che lui ci
sarà?”
La
voce di una primina che camminava lungo il corridoio con una sua
compagna
giunse alle sue orecchie, distraendola dalle sue riflessioni sul magro
risultato con il gioco delle carte.
“Penso
di si” – rispose l’altra, che Hermione
riconobbe come una Corvonero del secondo
anno – “Ma non farti illusioni, Mary: ci prova solo
con quelle più grandi”
“Oh,
Merlino...non so cosa darei per avere diciassette anni”
– sospirò la prima,
mentre si allontanavano verso i sotterranei.
Le
orecchie tese a carpire l’eco dei loro passi ormai attutiti
dalla distanza,
Hermione non dovette nemmeno sforzarsi per capire a chi si stessero
riferendo.
Blaise
Zabini.
Il
Cacciatore per eccellenza.
E
non era solo una questione di sport, anche se era indubbiamente quello
il ruolo
che ricopriva nelle partite di Quidditch.
L’affascinante
Serpeverde dagli occhi blu cobalto era un predatore nato. In tutti i
sensi.
Poco
importava che si trattasse di pluffe o di belle ragazze.
Lui
faceva sempre centro. Sempre.
Studentesse
di ogni Casa e ogni età avrebbero camminato sui carboni
ardenti per un
appuntamento con lui. Si gettavano senza ritegno tra le sue braccia e
lui...il
più delle volte le lasciava fare.
Perchè
mai avrebbe dovuto fermarle? Era pur sempre un mago di diciassette
anni,
dopotutto.
Hermione
rimase a fissare il muro davanti a sè con aria sognante.
Blaise
Zabini era pur sempre un Serpeverde, certo...ma che bel pezzo di
Serpeverde!
Lo
sguardo sognante fisso sul muro di fronte, Hermione si
lasciò andare a pensieri
che – ufficialmente – non aveva e non avrebbe mai
fatto.
Così
come la foto di lui in divisa da Quidditch apparsa poche settimane
prima su una
rivista di pettegolezzi che -
sempre
ufficialmente – non stava attaccata dietro l’anta
del suo guardaroba.
Un
quadratino di carta che lei aveva sapientemente ridimensionato grazie a
un
Engorgio, così che la figura del ragazzo dei suoi sogni
assumesse dimensioni
reali.
Quante
volte aveva aperto quell’armadio alla ricerca di un vestito
che non trovava ed
era rifinita a fissarlo imbabolata per un buon quarto d’ora,
lasciando scorrere
i polpastrelli sul torace di lui, prima di portarsi due dita alle
labbra,
depositarvi un bacio leggero e quindi appoggiarle sulla bocca di lui.
Era
diventato una sorta di rituale mattutino, serale, e di tutte le altre
volte in
cui, per un motivo o per l’altro, si ritrovava a dover aprire
il guardaroba.
Un
rito che – come tutto il resto – ufficialmente non
esisteva.
Ammettere
il suo debole per il bel Cercatore l’avrebbe messa sullo
stesso piano di quelle
galline starnazzanti e prive di cervello.
E
benchè la sua vita sentimentale andasse di male in peggio
– o forse era il caso
di dire che non era mai nemmeno iniziata – le veniva
spontaneo preservare il
tipico e irriducibile orgoglio Grifondoro.
Ma d’altra
parte...quante volte aveva immaginato di lasciare scorrere le dita tra
quelle
ciocche seriche e nere? O di bearsi di quel sorriso così
caldo e splendente da
illuminare anche la tempesta più buia? E la bocca...quella
poi doveva essere
dichiara illegale.
Carnosa,
liscia, perfetta.
Maledettamente
brava. Questo, soprattutto.
Blaise
Zabini era il suo sogno proibito.
Irraggiungibile,
certo. Nella realtà sarebbe stato il quarto e clamoroso buco
nell’acqua.
Ma
nei suoi sogni....lì poteva lasciare galoppare la sua
fantasia, e immaginarlo
al suo fianco, bello e seducente come sempre.
Ogni
tanto la prendeva tra le braccia, riempiendola di baci.
Altre
volte si limitava a guardarla negli occhi, e a sussurrarle cose come
“Merlino,
quanto mi sei mancata” oppure...
“Sanguisughe
a ore due in fase di allontanamento. Speriamo che non mi abbiano
visto...”
Hermione
corrugò la fronte. Si, la voce corrispondeva, ma non
ricordava di aver mai
sognato che dicesse...
“Hey?
Granger?” – una mano sventolava davanti ai suoi
occhi – “Ti sei incantata?”
Oh,
merda!
La
Caposcuola chiuse gli occhi, attendendo con trepidazione che il
pavimento si
aprisse sotto di lei per inghiottirla, o che quanto meno si decidesse a
renderla un elemento permanente delle sue piastrelle. Quando finalmente
risollevò le palpebre, trattenne il respiro.
Blaise
Zabini era di fronte a lei.
Non
quello immaginario, l’affascinante mago che occupava i suoi
sogni, no.
Il
ragazzo che la stava fissando perplesso era l’altro.
Quello vero, in
carne ed ossa.
“Zabini?”
“Si?”
– le fece eco lui, stirando inconsciamente le labbra in un
sorriso.
Ma
come faceva ad avere i denti così bianchi? Era senza dubbio
merito di una
formula magica...
Però
erano così splendenti anche al primo anno. Possibile che
sapesse già compiere
magie di un certo livello?
La
strega scosse la testa, cercando di racimolare un minimo di
lucidità.
“Dimmi”
– ripetè lui, appoggiandosi al bordo del tavolo.
“Eh?”
– gracchiò confusa – “No,
niente...mi hai presa di sorpresa, tutto qua”
Mi
hai presa?
Pessima
scelta di parole. Pessima.
“Ho
notato” – rispose calmo il Serpeverde, prima di
cambiare discorso – “Come mai
non sei alla festa?”
“Festa?”
– ripetè la mora a pappagallo. Di quel passo
l’avrebbe certo scambiata per una
ritardata mentale – “Intendi dire il festino che
date a Serpeverde?”
“Proprio
quello” – annuì Zabini –
“Sai, non è niente male, dovresti farci un salto.
E
poi ci sono anche altri Grifondoro...credo di aver intravisto Thomas,
prima, e
forse anche Finnegan”
“Si,
bene...bella idea, però...” –
articolò a fatica la strega, mentre il profumo
del dopobarba di lui giungeva infido alle sue narici, mandandole gli
ultimi
neuroni in corto circuito – “E’ che ho
molto da fare qui, devo finire una cosa
importante...”
Il
Cacciatore abbassò lo sguardo sul mazzo di carte che lei
stringeva
spadmodicamente tra le dita.
“Vedo”
– asserì divertito, mentre le guance di lei si
coloravano di un soffuso rossore
– “Il solitario della Piramide?”
Hermione
annuì, le dita che le tremavano mentre mischiava le carte
– “E’ un esperimento
di statistica” – s’inventò di
sana pianta, il tono un poco sulla difensiva.
L’attimo
dopo, grazie a un movimento ancora più maldestro dei
precedenti, le carte le
sfuggirono di mano, sparpagliandosi sul tavolo e cadendo in parte sul
pavimento.
Imbarazzata
a dismisura, le radunò velocemente.
“Psst”
Le
iridi dorate della Grifondoro seguirono quel lieve richiamo.
“Psst...Hey,
dico a te!”
Rivolta
verso l’alto, la Regina di Quadri cercava in tutti i modi di
attirare la sua
attenzione.
Hermione
sollevò la carta, portandosela di fronte agli occhi.
“Cosa
vuoi?” – sussurrò, mentre con la coda
dell’occhio seguiva Zabini, abbassatosi a
recuperare le carte finite per terra.
La
figura animata si aprì in un sorriso smagliante –
“Facciamo scambio?”
“Scambio?”
– gli fece eco Hermione, confusa.
“Si,
scambio” – ripetè la Donna –
“Ti cedo l’appuntamento che ho strappato al Re di
Picche, in cambio di quel bocconcino”
E
così dicendo, occhieggiò all’indirizzo
del Serpeverde.
“I-io
non...cioè, lui n-non è...” –
tentò di uscirsene fuori la strega, mentre sul
volto della figura si dipingeva un’espressione offesa
– “E poi, scusa, il Re di
Picche non dovrebbe uscire con la Regina di Picche?”
La
sensata obiezione venne accolta con una smorfia –
“Oh, beh, quello succedeva
prima che si sapesse in giro che lei è...”
– mosse la mano, facendo segno di
avvicinarla all’orecchio.
La
strega ubbidì, portandosi la carta all’altezza
dell’orecchio destro.
“Il
Tre di fiori ha detto al Sei di Cuori che un paio di settimane fa lui e
il Quattro
di Quadri l’hanno vista entrare in quel
posto....sai, dove ti rimettono
a nuovo!” – spifferò.
“Fortuna
che il Quattro non è uno spione come il Tre”
– considerò Hermione,
sovrappensiero.
“I
Quattro non possono parlare, lo sanno tutti” –
replicò la Donna con fare ovvio
– “Ad ogni modo, la notizia ha poi fatto il giro
del Mazzo, e il Re di Picche è
venuto così a sapere che la sua Regina si era rifatta.
Rifatta, capisci? Tutta
la satinatura, da cima a fondo...è per quello che ha i
colori così brillanti!”
Pettegolezzi
tra carte. Ci mancava solo quello...
“Allora,
questo scambio...lo facciamo o cosa?”
La
Caposcuola lanciò un’occhiata al Serpeverde,
intento a raccogliere le ultime
carte – “Mi spiace, io non...”
“Si
si, certo, come no” – tagliò corto
l’altra, seccata per il rifiuto –
“Almeno,
buttami per terra”
“Scusa?”
– Hermione la fissò stranita.
“Buttami
– per – terra” –
scandì la Regina, spazientita –
“Così lui mi raccoglie, no?”
Sospirando,
la strega lasciò andare la presa, accontentandola. Avrebbe
accettato di tutto,
pur di metterla a tacere.
Il
gesto che doveva apparire assolutamente casuale e incredibilmente
fluido attirò
invece l’attenzione del bel moro, che sollevò lo
sguardo blu su di lei,
inarcando un soppracciglio.
“Ehm...ops!”
– aggiunse pure, in netto ritardo, vergognandosi come mai
prima di allora per
quella messinscena per nulla credibile.
Lui
non disse niente, limitandosi a raccogliere la carta appena caduta e
unendola
alle altre.
Non
appena le dita del mago sfiorarono il profilo della tessera, gridolini
estasiati si levarono da questa – “Ma che belle
mani...e che presa forte...ho
il bordo inferiore che è tutto un brivido..”
Hermione
arrossì d’imbarazzo fino alla punta dei capelli,
mentre quella stupida Regina
si lasciava andare a commenti via via sempre più arditi.
Zabini
sorrise alla carta, divertito, facendole poi l’occhiolino.
Dal
silenzio improvviso che seguì Hermione dedusse che la Regina
era probabilmente
svenuta per l’emozione. Meglio così, si disse.
“Posso?”
– Senza attendere la sua risposta il Serpeverde prese a
mischiare le carte con
l’agilità di un mazziere.
Le
allargò poi con un rapido gesto della mano, aprendole a
ventaglio – “Pescane
una. Vedrai che indovino di che carta si tratta” –
le promise.
Mentre
un timido sorriso le si stendeva sulle labbra a sua insaputa, Hermione
allungò
la mano, afferrando una tessera a caso.
“Guardala”
– la incitò.
Ben
attenta a non mostrarla a lui, sollevò la carta.
Un
Due di Picche.
Il
destino aveva davvero un pessimo senso dell’umorismo.
Blaise
Zabini che le rifilava un due di picche.
“Ascolta,
non è che posso cambiarla? Questa
proprio non mi piace” – domandò con un
filo di voce, beccandosi un’occhiata
perplessa per tutta risposta.
“D’accordo”
– acconsentì il moro poco dopo. Hermione
infilò nuovamente il Due di Picche tra
le carte e ne scelse una diversa.
Sette
di Fiori. Si, poteva andare.
“Bene,
ora rimettila al suo posto” – affermò
Zabini.
Lei obbedì
e il mago riprese a mischiare il mazzo. L’agilità
delle sue mani era a dir poco
incredibile.
Gli
occhi fissi su di lei, nemmeno aveva bisogno di guardare ciò
che stava facendo.
Sì,
Blaise Zabini ci sapeva proprio fare, con le mani.
A
quel pensiero tremendamente fuorviante, Hermione avvampò
nuovamente.
“Tutto
bene?” – non potè fare a meno di
chiederle.
“S-si”
– balbettò – “E’
solo...è solo che qui fa davvero molto caldo...”
“Siamo
a novembre”
D’accoro,
l’obiezione possedeva tutta la logica del mondo, ma che altro
avrebbe potuto
dirgli?
“Stavo
facendo pensieri osceni su di te?”
Ma
per favore...
“Intendevo
dire che questa è la stanza più calda di
Hogwarts...cioè, rispetto alle
altre...non nel senso che è calda di suo...voglio dire,
relativamente parlando...”
– farneticò a tutto spiano –
“...Ho messo un maglione troppo pesante...”
L’ultima
uscita fu la cazzata più grande di tutte, nonchè
un errore madonarle.
Gli
occhi di lui scesero infatti sull’indumento in questione, e
lei trattenne il
fiato, mentre quello sguardo incredibilmente blu sembrava volesse farle
una
radiografia.
Si
avvicinò a lei, sporgendosi oltre al tavolo.
Labbra
peccatrici che si accostavano pericolosamente al suo orecchio.
“Toglitelo..”
– sussurrò.
Hermione
sbiancò, poi arrossì e passo in rassegna tutti
gli altri colori. Aveva sentito
bene?
Zabini
le sorrise seducente – “Fa tanto caldo,
no?”
Lui,
d’altronde, aveva addosso solo la camicia. La cravatta
allentata e il primo
bottone slacciato, per giunta.
“Non
cambiare discorso” – un campanello
d’allarme le risuonava incessantemente nella
testa. Doveva trovare un rimedio, e doveva trovarlo alla svelta
– “O potrei
anche pensare che non sai indovinare la carta che ho pescato”
Lui
non si scostò, ma il sorriso sulle sue labbra si
allargò ancora di più.
Fece
passare il mazzo dalla mano destra a e quella sinistra e viceversa per
un po’
di volte, un ponte di carta che si costruiva e disfaceva di continuo.
Poi, gli
occhi sempre fissi su di lei, estrasse una tessera e gliela porse.
Hermione
la prese, girandola.
Un
Sette di Fiori.
“Ma
come hai..?” – fece per chiedere, stupita, prima di
venire interrotta da un
singhiozzo.
E
poi da un altro.
L’umidore
improvviso che percepì sui polpastrelli la indusse ad
abbassare lo sguardo.
Il
Sette di Fiori piangeva che era una meraviglia.
“Ma...”
– Il resto della frase lo riassunse in un’occhiata
perplessa che rivolse al
mago accanto a lei.
Zabini
si strinse nelle spalle – “Non guardare me, io non
gli ho fatto niente...”
“Voi
non capite” – strillò la carta
– “Nessuno mi capisce...”
E
giù di nuovo a piangere.
Hermione
prese un fazzoletto dalla tasca della divisa, tamponando delicatamente
la
superficie lucida della tessera – “Cosa
c’è che non va?”
“Il
Cinque di Cuori mi prende in giro” –
piagnucolò – “Dice che ho i petali
mosci...e
che il mio pollice verde fa pena....Oh, sono così
depresso...”
“Hn...”
– soffiò il Serpeverde con fare saputo –
“Certo, è ovvio...”
“Ovvio?”
– ripetè Hermione, confusa –
“Non è ovvio per niente. Illuminami, per
favore..”
“E’
la Carta Incompresa” – rivelò lui
– “Ogni mazzo che si rispetti ne possiede
una”
“E
quindi cosa facciamo?”
“Niente”
– rispose serafico il Cacciatore.
“Niente?
Ma non vedi com’è ridotta poverina?”
– partì in quarta Hermione –
“Forse
possiamo aiutarla e...”
“Nessuno
mi può aiutare!” – strillò la
tessera ormai fradicia – “Voi non capite! Nessuno
mi capisce..”
“Rimettila
a posto” – suggerì il mago –
“O finirà per allagare il resto del
mazzo”
Hermione
obbedì, infilando la carta singhiozzante tra le altre.
“Pessima
scelta di carta” – considerò Zabini,
prima di aggiungere – “Quella che avevi
pescato prima, però, era anche peggio...”
Il
cuore di Hermione cominciò a pompare a mille, mentre un
ronzio fastidioso le
invadeva le orecchie. Possibile che lui sapesse la carta che aveva
estratto la
prima volta?
“Fammi
sparire” – pregò mentalmente,
rivolta al pavimento – “Ti prego, ho un
assoluto bisogno di sprofondare da qualche parte...”
“Hai
fatto bene a cambiarla” – la sorprese invece lui,
regalandole un’altro di quei
sorrisi da capogiro – “Era alquanto inappropriata.
E totalmente fuori
strada...”
Un
barlume di speranza illuminò per un attimo le iridi dorate
della strega
“Sarà
meglio che torni alla festa, o si chiederanno che fine ho
fatto” – affermò
quindi il Serpeverde, cambiando discorso.
“Ah”
– si lasciò sfuggire lei, cercando in tutti i modi
di mascherare la delusione –
“Si, immagino che saranno preoccupati..”
Zabini
rise, quasi avesse fatto chissà che battuta divertente
– “So badare a me
stesso”
E
anche alle belle ragazze che ti ronzano sempre intorno
– aggiunse
mentalmente lei, con una punta d’invidia che avrebbe negato
fino alla morte.
“Dovresti
venire anche tu, sai? Sono sicuro che ti diverteresti...sempre meglio
che
passare la serata qui da sola con un mazzo di carte fuori di testa,
no?”
Per
Morgana, e quello cos’era? Un invito?
Un
consiglio spassionato?
O
solo un modo carino per dirle che quel dannato solitario non le sarebbe
riuscito mai e poi mai?
“Zabini,
io...insomma, ecco...” – tentò di
articolare, senza successo.
“Blaise”
– la corresse lui, la voce calda e tranquilla.
Vedendola
spalancare gli occhi, scoppiò a ridere –
“Coraggio, non è poi così
difficile”
Si
sedette meglio sul bordo del tavolo, sporgendosi ancora di
più verso di lei.
Ora i loro visi distavano meno di una spanna.
“Dai,
ti aiuto io. Ripeti con me” – le disse, prima di
muovere le labbra a
rallentatore e scandire il proprio nome –
“Blaise”
Come
un’automa, Hermione si ritrovò ad accontentarlo.
“Blaise” – ripetè, incerta.
“Ciao
Blaise” – tornò alla carica lui, e
vedendo che lei non reagiva aggiunse – “Se
provi due o tre volte il risultato viene meglio”
“Ciao
Blaise” – stavolta la voce di Hermione era
arricchita da una mezza risata.
Bello
e anche divertente. Ma dove lo avevano inventato un ragazzo
così?
“Come
stai, Blaise?”
La
strega rise ancora di più – “ Come stai,
Blaise?”
“Ci
siamo quasi, ancora un tentativo e sarai perfetta”
– assicurò, fissando gli
occhi in quelli di lei – “Verrò alla
festa con te, Blaise”
Rapita
dai suoi occhi magnetici e ormai presa da quello strano gioco, Hermione
non
fece minimamente caso al senso delle parole che si apprestava a
pronunciare –
“Verrò alla festa con te, Blaise”
“Perfetto!
Andiamo..”
Nemmeno
il tempo di ripensare a ciò che aveva appena detto e lui
l’aveva già presa per
mano.
Una
stretta decisa e al contempo delicata. La stretta sicura di uno che con
le dita
sapeva fare miracoli.
“Aspetta,
io non volev...”
“Dai,
Hermione, non fare la guastafeste” – la
stuzzicò Blaise – “E poi è
troppo
tardi. La prima risposta è quella che conta”
Forse
fu per il fatto che l’aveva chiamata per nome, per la prima
volta.
O
forse per quei sorrisi che sembravano non voler avere fine, e che le
facevano
girare la testa.
O
magari ancora per quel maledetto Due di Picche, che campeggiava placido
sul
tavolo, disseminato tra le altre carte.
Un
destino ormai disegnato, o piuttosto una sfida a cambiarlo?
Certo
fu che quella sera Hermione Jane Granger si lasciò
trascinare via dalla
biblioteca da un Blaise Zabini quanto mai allegro e affascinante.
Dopotutto,
non esisteva forse il detto “Cambiare le carte in
tavola?”
Ebbene,
per quanto la riguardava, quella serata era una partita ancora tutta da
giocare.
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Capitolo 2 *** Parte 2/3 ***
Avviso:
Come avrete notato la storia è passata da due a tre
capitoli, causa errata valutazione della propria vena prolissa da parte
della sottoscritta. Il prossimo, ad ogni modo, è l'ultimo.
[PARTE 2/3]
La
Sala Comune di Serpeverde era strapiena.
Luci
colorate tempestavano le pareti di pietra grezza e il pavimento tirato
a
lucido, rincorrendosi senza sosta lungo un percorso improvvisato.
Un
angolo era stato adibito a bar, dove un Thomas Nott improvvisatosi
barman
dispensava bevante – tassativamete alcoliche – a
destra e a manca.
C’erano
studenti che ballavano, se così potevano definirsi quegli
strusciamenti al
limite della decenza o le bocche costantemente incollate che rendevano
impossibile stabilire l’identità della ventosa di
turno.
L’altra
parte della Sala era relativamente più tranquilla, cosparsa
da una moltitudine
di divani e poltrone rivestite di pelle nera, e alcuni tavolini dove
gli
studenti del settimo anno giocavano a carte, galeoni tintinnanti al
posto delle
consuete fishes di plastica.
Hermione
intravide Finnegan che ballava con una Corvonero del sesto anno. Una
mano che
sorreggeva la caraffa di Burrobirra mezza vuota, e l’altra
appoggiata senza
ritegno sul fondoschiena della ragazza.
Affondata
in una poltrona, Pansy Parkinson si fissava ossessivamente le unghie.
Addosso,
un miniabito verde che iniziava troppo tardi e finiva troppo presto.
Sdraiato
per tre quarti sul divano lì accanto – quasi
svaccato a dir la verità - Draco
Malfoy sfoggiava un incarnato verdognolo da fare invidia a un troll.
Dai
numerosi bicchieri vuoti allineati sul tavolino, Hermione dedusse che
era a un
passo dal rigettarne il contenuto sulla sua preziosissima camicia
costata come
minimo trecento galeoni.
“Allora,
che te ne pare?” – le domandò Blaise,
avvicinandosi al suo orecchio per
sovrastare l’assordante volume della musica. Accidentalmente
le sfiorò il lobo
con le labbra.
Accidentalmente?
Hermione
s’impose di ignorare lo strano formicolio che partendo dalla
morbida pelle
dell’orecchio si estendeva ad ogni singola cellula del suo
corpo.
“Non
male” – concesse –
“Però la musica è troppo alta. E poi
guarda quella ragazza”
– continuò, indicando una Tassorosso del quinto
anno – “Dovrei toglierle almeno
dieci punti per quella gonna troppo corta. Che dico, non è
corta...è
praticamente inesistente. E sicuramente Nott starà servendo
qualche intruglio
alcolico anche agli studenti che non..”
Il
resto delle sue lamentele si perse sulle labbra di Blaise.
Un
tocco inaspettato. Morbido. Accattivante.
Quando
si era avvicinato così tanto?
La
mente intorpidita faticava a seguire pensieri logici. Un attimo prima
le
sorrideva, l’istante dopo le stava divorando le labbra.
Le
gambe molli come gelatina, si ritrovò a rispondere a quel
bacio quasi
inconsciamente. Ignorando bellamente i
polmoni che protestavano per il respiro trattenuto, gli
allacciò le
braccia al collo e abbassò le palpebre.
E
forse, sarebbe stato un bene se non lo avesse fatto.
Perchè,
se avesse tenuto gli occhi bene aperti, avrebbe avuto modo di
prepararsi
psicologicamente allo scontro con la Serpeverde decisamente furente che
avanzava verso di loro.
Il
volto stravolto da un misto di cattiveria, invidia e odio, Pansy
Parkinson
sembrava avere un diavolo per capello.
Una
furia. In pericoloso avvicinamento.
Si
fosse trattato di un tornado, sarebbe stato sicuramente
d’intensità
catastrofica.
“Granger”-
l’apostrofo la Parkinson, strattonando Blaise per un braccio
per separarlo
dalla rivale –
“Che
ci fai qui col mio ragazzo?”
Maestro
nel nascondere anche la più fastidiosa irritazione sotto uno
sguardo
placidamente pacato, il Cacciatore si pose tra le due, facendo
scivolare
Hermione quasi dietro di sè - “Non sono il tuo
ragazzo, Pansy”
“Andiamo
a letto insieme, Blaise” – sottolineò
questa, scoccando alla Grifondoro uno
sguardo di sfida.
“Andavamo
a letto insieme, Pansy” – la corresse lui
– “E ad ogni modo, su questa base,conosco
un buon numero di ragazze potrebbe avanzare le tue stesse
pretese...”
Vedere
Pansy inverdire era una cosa che riusciva a metterlo incredibilmente di
buonumore.
Non
avrebbe permesso a quella strega di mandare all’aria i suoi
piani. Non ora che
ci era così vicino.
Non
ora che Hermione Jane Granger era lì, con lui, nei
sotterranei di Serpeverde.
La
Grifondoro taceva, fissandoli a turno, come in attesa. La Serpeverde,
invece,
fumava di rabbia.
Essere
umiliata di fronte alla Granger doveva costiituire senz’altro
un reato punibile
con l’Avada Kedavra, secondo i deliranti ragionamenti della
sua mente distorta.
Ma
più probabilmente, era inviperita perchè sapeva
che lui aveva detto il vero.
Pura
e semplice verità. Nuda e cruda.
Tante
erano andate a letto con Blaise Zabini. Ma nessuna era mai stata la sua
ragazza.
Questo
perchè il Cacciatore faceva strage di cuori, ma il premio
più ambito, il suo
cuore, nessuna era stata in grado di conquistarlo.
O
forse, semplicemente, era già di qualcun’altra.
Una ragazza che, senza saperlo,
possedeva un tesoro inestimabile.
Il
Cuore del Cacciatore di Cuori.
Buffo
gioco di parole. Speranza di decine e decine di giovani streghe, che
avevano
tentato e poi miseramente fallito.
“Com’è
che non hai il naso affondato in qualche vecchio libro, sudicio e
polveroso?” –
attaccò velenosa Pansy, concentrandosi sul bersaglio che
riteneva più debole –
“I topi da biblioteca come te non sono degni di mettere piede
nella casa di
Salazar, per di più se non sono altro che degli sporchi
Mezzosangue...”
“Adesso
basta, Pansy” – ferma e bassa, la voce di Blaise
sembrava possedere
un’intrinseca nota d’avvertimento.
“Non
fa niente” – intervenne Hermione, presa a pensare
che quella linea dura si
addiceva alle labbra del moro molto meno dei sorrisi che vi aleggiavano
fino a
pochi istanti prima. E, quasi senza accorgersene, scoccò una
frecciata alla
rivale – “Sono ormai sette anni che ignoro
volutamente tutto quello che dice...ascoltare
le oche è tutto sommato una perdita di tempo, no?”
“Tu,
brutta...” – bacchetta alla mano, Pansy gliela
puntò addosso senza esitare.
Nessuna Mezzosangue poteva permettersi di ignorarla. Nessuna!
Il
gesto richiamò l’attenzione di tutti i presenti,
mentre Hermione portava
istintivamente la mano alla tasca in cui teneva la propria bacchetta.
Non
riuscì nemmeno a sfiorare il tessuto della gonna a pieghe,
la mano di Blaise
catturò la sua in una stretta decisa e gentile allo stesso
tempo.
Il
moro riportò quindi lo sguardo sulla compagna di Casa,
trafiggendola con iridi
fiammeggianti – “Metti via quella bacchetta,
Pansy” – le ordinò –
“O mi vedrò
costretto a rompertela in due”
La
ragazza lo guardò di traverso – “Stanne
fuori Blaise. E’ una questione tra me e
questa sudicia Mezzosangue”
Davanti
a quell’ennesimo insulto gratuito, Hermione contrasse
d’istinto ogni singolo
muscolo del corpo, accentuando la stretta sulla mano di Blaise.
“Non
darle ascolto” – sussurrò
quest’ultimo, inclinando il capo verso di lei senza
però distogliere lo sguardo dalla strega che li fronteggiava
inviperita – “Non
cedere alle sue provocazioni, è quello che vuole”
“Lo
so” – ammise controvoglia Hermione.
“Guardate
quelle due!” – stava intanto esclamando Jervis
Lloyd, Corvonero del settimo
anno seduto al tavolo da gioco, indicando nella loro direzione
– “C’è aria di
rissa”
Carte
in mano e sigaretta che gli penzolava dalle labbra, Raymond Varnes
scosse
lentamente la testa.
“Sono
femmine” – frecciò sprezzante
– “Al massimo possono sfidarsi a chi ha le unghie
più curate, lo smalto più bello...”
– concluse, suscitando l’ilarità dei
ragazzi seduti attorno.
La
bacchetta ancora stretta tra le dita, Pansy roteò le pupille
verso il gruppetto
in questione – “Fottiti, Ray” –
sibilò, rivolta al suo compagno di Casa –
“Almeno io non mi faccio prendere dalle crisi di nervi quando
qualcuno propone
di giocare a chi ce l’ha più lungo...”
Il
Serpeverde serrò i denti così forti da farli
scricchiolare, il volto paonazzo
dalla rabbia mentre la sigaretta si schiantava sul tavolo in uno sbuffo
di
cenere.
“Puttana”
– la insultò.
Ma
per Pansy Parkinson, quello era forse il più gradito dei
complimenti.
Stava
per rispondere nell’unico modo in cui sapeva lo avrebbe
mandato definitivamente
fuori dai gangheri, ovvero con un sorrisino perfido e compiaciuto che
la diceva
lunga, sia sulla propria dedizione al sesso promiscuo che sulla misura
decisamente imbarazzante del cosino di Varnes, quando un oggetto in
particolare
catturò la sua attenzione
O
per meglio dire, una serie di oggetti.
Sette,
per la precisione.
Galeoni
sberluccicanti, impilati gli uni sugli altri.
La
posta in gioco di quella partita. Una sommetta con cui avrebbe potuto
regalarsi
una nuova borsa di Gucci.
Beh,
magari della collezione precedente – decretò, dopo
un rapido conto mentale.
Poi,
all’improvviso, un’idea.
Un
piano diabolico, la sua sottile vendetta.
Se
c’era una cosa di cui ora era maledettamente sicura era che
la Mezzosangue
l’avrebbe pagata.
L’avrebbe
pagata cara.
Abbassò
la bacchetta, percependo il sospiro di sollievo di Blaise.
“Sono
contento che alla fine tu abbia deciso di ragionare”
– affermò il Cacciatore,
facendo per prendere Hermione sottobraccio e condurla lontano da quella
vipera
dal carattere fin troppo volubile.
Veloce,
Pansy allungò la mano, strattonando la Grifondoro per un
braccio – “Non penserai
di cavartela così facilmente, Granger..”
– le soffiò a due centimetri
dall’orecchio, la voce affilata e sottile.
Con
un gesto altrettanto deciso Hermione si liberò dalla morsa
dei suoi artigli
laccati di rosso, arretrando poi di un passo per guardare meglio negli
occhi la
sua rivale.
Ignorando
il tanfo che le impregnava le narici, risultato di un intero flacone di
profumo
che la Serpeverde si era probabilmente
e
volutamente rovesciata addosso, le rivolse il primo vero sguardo di
sfida della
serata.
“Che
c’è, Parkinson, devo seguirti fuori?”
– accennò ironicamente Hermione,
alludendo alla patetica consuetudine dei ragazzi di sistemare ogni
questione
prendensodi a botte fuori dai locali.
Pansy
sorrise, un ghigno freddo e superficiale –
“Veramente, pensavo di risolvere la
faccenda in un altro modo...” – e così
dicendo roteò le pupille verso il tavolo
da gioco.
Hermione
ci mise meno di due secondi a capire. E una leggera nota di panico si
impadronì
di lei.
Un
tavolo rivestito in panno verde. Alcuni galeoni sparpagliati sopra.
E un
voluminoso mazzo di carte da gioco.
Un
incubo, in poche parole.
Persa
nelle sue riflessioni non si accorse dell’insistente occhiata
della strega che
le stava di fronte, nè dell’espressione ancora in
parte confusa di Blaise.
“Paura,
Granger?” – l’apostrifò la
Serpeverde, godendo del fatto che la Grifondoro
sembrava aver momentaneamente perso l’uso della parola.
Hermione
valutò in fretta la situazione. Giocare d’azzardo
era contro i suoi principi,
ma anche tralasciando il lato morale della situazione rimaneva il fatto
che lei
non poteva permettersi una sfida di quel genere.
Lasciò
scorrere le iridi dorate sul mucchietto di galeoni con cui Varnes stava
placidamente giocherellando: anche se avesse fatto uso
dell’incantesimo di
richiamo, il salvadanaio che teneva nella sua camera conteneva solo
pochi
spiccioli.
Certo,
avrebbe potuto fare affidamento su di Harry...lui non le avrebbe mai
negato un
piccolo prestito.
Il
vero problema era spiegare ad Harry a cosa le sarebbe servito il denaro
senza
che lui montasse su tutte le furie dandole
dell’irresponsabile.
Inconsciamente
Hermione si ritrovò a sorridere al pensiero del suo migliore
amico che le
diceva una cosa simile...per una volta, i ruoli sarebbero stati
invertiti.
“Allora?”
– incalzò Pansy, mentre Blaise scuoteva la testa
in segno di diniego,
suggerendo tacitamente ad Hermione di lasciare perdere, di non
raccogliere
l’ennesima provocazione della Serpeverde.
“Dipende”
– ponderò la Grifondoro, meditando velocemente sul
da farsi – “Cosa ci
giochiamo?”
Il
sorrisetto cattivo e provocatorio della Parkinson si acuì,
ed Hermione fu certa
che di lì a un istante la strega se ne sarebbe uscita con
una cifra a dir poco
esorbitante.
“Blaise”
Il
Cacciatore strabuzzò gli occhi, mentre la compagna di Casa
si faceva avanti,
posandogli una mano sul petto e giocherellando con i bottoni della
camicia. Lo
sguardo accattivante, carico di cupidigia, che le brillava negli occhi
parlava
pe lei.
Hermione
Jane Granger, al contrario, era letteralmente spiazzata.
La
Pansy voleva giocarsi Blaise in una partita a poker?
Era
una cosa che rasentava l’assurdo.
Una
follia.
Hermione
lanciò un’ultima occhiata al mazzo di carte, ora
mescolato dalle sapienti mani
di Lloyd.
Lei
aveva dei solidi principi. E un rapporto a dir poco penoso coi giochi
di carte.
Come
se non bastasse, c’era Blaise.
Il
suo sogno di sempre. Lì, a portata di mano.
Probabilmente
il Cacciatore si aspettava un suo categorico rifiuto, quasi sicuramente
ci
sperava.
Non
era da lei. Non lo era mai stato.
Lei
era tranquilla, ligia alle regole. La studentessa modello.
Aveva
come minimo dieci buone ragioni per rifilare alla Parkinson una
risposta
negativa.
Anzi,
avrebbe addirittura palesato tutta la sua indignazione.
Quel
genere di sfida era assolutamente fuori questione.
Assolutamente.
Vedendo
che temporeggiava, Pansy stirò le labbra in una smorfia di
esultante
compiacimento – “Devo dedurre, Granger, che hai
deciso di arrenderti in
partenza”
“Pansy
cara” – s’intromise Blaise, calcando
sulla seconda parola quasi fosse un
insulto – “Cosa ti fa credere che mi si
possa...”
“Al
contrario, Parkinson” – lo interruppe Hermione, che
sembrava non averlo neppure
sentito – “Ho deciso di accettare.”
Lei
non fatta per i colpi di testa. No.
Non
era fatta per le scelte azzardate, le azioni impulsive e –
soprattutto – non
era proprio il caso di mettersi a giocare a carte, visti i pessimi
risultati di
poche ore prima.
Proprio
no.
Assolutamente.
E
allora cosa ci faceva lì?
Seduta
al tavolo verde, con Pansy Parkinson accomodata di fronte a lei e un
Blaise
Zabini che se ne stava in piedi, accanto a loro, fissandola di continuo
con uno
sguardo del tutto indecifrabile....non riuscì a non riporsi
la domanda per
l’ennesima volta: che cosa ci faceva lì?
Varner
aveva mischiato le carte, Pansy aveva tagliato il mazzo e poi Lloyd le
aveva
distribuite.
Cinque
carte a testa. E quelle di Hermione facevano veramente pena.
Pansy
aveva aperto senza battere ciglio, lasciando la Grifondoro a guardare
sconsolata le proprie carte.
Re e
Asse di Cuori, un Nove di Picche, l’Otto di Quadri e anche
quello di Fiori.
Insomma,
un’accozzaglia di carte che non c’entravano niente
le une con le altre, nè per
tipo di seme nè tantomeno per valore.
Blaise
non le avrebbe probabilmente più rivolto parola. Mai
più.
Non solo
per via della sua imminente sconfitta, no.
Se
lo stavano contendendo, giocandoselo ad una squallida partita di Poker.
Chi non
sarebbe montato su tutte le furie, al suo posto, vedendosi trattato
alla
stregua di un premio in palio?
Ma
ormai era fatta. Inutile piangere sul latte versato.
O su
quelle cinque carte a dir poco inguardabili.
Aveva
agito d’impulso, accettando la proposta della Serpeverde
mentre la sua stessa
mente le stava snocciolando un’interminabile lista di validi
motivi per
rifiutare.
“Sigh...sigh...”
Quella
che sembrava essere una lunga sequenza di bassi ma continui singhiozzi
la
distolse dalle sue elucubrazioni mentali. Si guardò attorno,
incrociando i
volti rilassati e divertiti di Lloyd, Varnes e altri studenti del
settimo e
sesto anno, nonchè l’espressione tenacemente
determinata che aleggiava
imperterrita sul volto della Parkinson.
Sollevò
quindi lo sguardo, cercando gli occhi di Blaise, in una muta domanda
che
esprimeva tutta la sua confusione. Il moro si limitò a
stringersi nelle spalle,
guardandosi poi a sua volta attorno mentre i singhiozzi si facevano via
via più
disperati e forti.
“Pansy,
hai rovesciato la Burrobirra” – affermò
Lloyd, indicando la caraffa mezza vuota
che Varnes aveva dimenticato sul tavolo quando aveva ceduto il posto
alla sua
compagna di Casa – “Gratta e Netta!”
– esclamò quindi, facendo scomparire la
macchia che inzuppava il tessuto verde.
“Taci,
mi stai deconcentrando” – sbuffò la
strega, prima di rifilargli un’occhiata
obliqua – “E poi non l’ho nemmeno
sfiorata. Per cui smettila di frignare.”
“Non
sto frignando”
“Sigh...sigh...sigh!”
Pansy
abbassò lo sguardo, e si stupì di vedere una
piccola pozzetta allargarsi sul
panno di rivestimento – “Ma che
diavolo...”
“Tu
non capisci! Nessuno mi capisce!” – urlò
a quel punto il Sette di Fiori,
stretto insieme alle altre quattro carte tra le dita della Serpeverde.
“Smettila
subito!” – tuonò la Parkinson, scuotendo
la carta con forza. Il Sette di Fiori,
se possibile, si mise a piangere ancora più forte.
“Che
Salazar ti fulmini” – sbottò risentita,
prima di lanciare uno sguardo infuocato
a Varnes – “Ma non avete un mazzo di carte un
po’ più decente?”
“Lo
avevamo” – precisò Lloyd –
“Ma poi Draco ci ha...ehm...rigettato sopra. Sai,
per via di tutte quelle schifezze che si è
scolato” – terminò, indicando con un
cenno del capo il Principe di Serpeverde, abbandonato a pancia in
giù sul
divano, il volto smunto e la fronte imperlata di sudore freddo.
“Abbiamo
mandato Tiger e Goyle a prendere un altro mazzo. A Corvonero ne teniamo
più di
uno, nella Sala Comune” – proseguì Lloyd
– “Ad ogni modo, mentre passavano
davanti alla biblioteca hanno notato un mazzo di carte abbandonato sul
tavolo e
hanno preso quello. Qualcuno deve averlo dimenticato
lì”
A
quelle parole, Hermione e Blaise si scambiarono uno sguardo che la
diceva
lunga.
“Il
Cinque di Cuori dice che non ho il pollice verde” –
stava intanto piagnucolando
la Carta Incompresa, snocciolando la stessa triste realtà
che aveva raccontato
un paio d’ore prima agli altri due –
“Dice che ho i petali dei Fiori tutti
mosci”
“Chiudi
quella boccaccia o giuro che te la faccio chiudere io!”
– sibilò Pansy a denti
stretti, prima di avvicinare pericolosamente la tessera alle sue labbra
e
soffiargli addosso un minaccioso – “Sai, nemmeno io
ho il pollice verde...vuoi
vedere?”
I
singhiozzi si trasformarono in strilli disperati.
“Pansy,
così peggiori solo la situazione” –
s’intromise Blaise, che di fronte allo
sguardo dubbioso della Serpeverde si vide costretto ad aggiungere
– “E’ la
Carta Incompresa”
“Carta
Incompresa?” – fece eco lei, scettica.
“Nessuno
può capirla” – rivelò Luna
Lovegood, sfilando accanto a loro – “Lo dicono
anche
i Nargilli. Sapete, è tutta opera loro...”
– e così dicendo passò in rassegna i
loro volti, con quello sguardo strano e perso che solo lei poteva
assumere.
Dopodichè, si allontanò.
“Nargilli?
Cosa sono i Nargilli?” – volle sapere Lloyd.
“Lascia
perdere, quella è scema” –
decretò Pansy, prima di allungare la mano libera
verso Varnes – “Passami un fazzoletto,
Ray”
“Ne
ho solo uno” – affermò il Serpeverde
– “Ma non credo che lo vorresti, se
sapessi cosa l’ho usato a fare...”
La
strega arricciò il naso, disgustata –
“Merlino, che schifo!”
“Ecco,
tieni. Prendi il mio” – dopo aver frugato nella
tasca sinistra dei pantaloni,
Lloyd le porse un fazzoletto bianco con il simbolo di Corvonero
ricamato su un
angolo – “E’ pulito”
– ci tenne a precisare.
La
strega afferrò il lembo di stoffa, per poi stenderlo sul
tavolo e cominciare a
ripiegarlo su se stesso, seguendo la linea della diagonale.
“Che
fai?” – investigò Varner, perplesso -
“Pensavo dovessi soffiarti il naso”
“Affatto”
- Pansy scosse la
testa, sollevando la
striscia di tessuto con al punta di due dita e osservandola con fare
critico –
“Imbavaglio questo strazio”
Un
minuto dopo, il Sette di Fiori era ridotto al silenzio, strizzato nel
fazzoletto che gli era stato avvolto attorno ben tre volte, con tanto
di doppio
nodo e fiocchetto in cima.
“Direi
che possiamo continuare” – affermò
quindi Pansy, un cenno della testa in
direzione di Varnes che teneva il resto del mazzo in mano.
“Vi
ricordo che potete cambiare fino a un massimo di quattro
carte” – fece
quest’ultimo, prima di sporgersi in avanti, i gomiti che
strusciavano sul panno
di rivestimento - “Allora, quante ne volete?”
“Una.”
– Pansy sorrise, negli occhi un barlume di anticipata
vittoria.
Sconfortata,
Hermione abbassò lo sguardo, osservando pensosa le proprie
carte. Prese il Nove
di Picche e depose poi la carta sul tavolo, coperta. Dopo un attimo di
esitazione, mandò al diavolo il buonsenso e
afferrò anche la coppia di Otto,
riservandogli il medesimo trattamento.
In
piedi accanto a lei Blaise taceva.
Le
dita sorprendentemente ferme, la Grifondoro spinse in avanti il
mucchietto di
carte – “Tre”
Varnes
l’accontentò senza fiatare, mentre il sorrisetto
sul volto della Parkinson si
allargava da un orecchio all’altro.
Hermione
sentiva il cuore martellarle nel petto. L’adrenalina che
andava mischiandosi
alla sana convizione di aver appena fatto una grandissima cavolata.
Dovevo
cambiarne una, una soltanto.
Forse
due, l’Otto di Fiori e il Nove...
No,
no. Solo una. L’Otto di Quadri.
Oppure...
D’un
tratto avvertì una leggera pressione sulla spalla. Il palmo
di Blaise
appoggiato poco sopra la scapola e le sue eleganti dita che le
sfioravano la
clavicola.
Arrossì,
imbarazzata, mentre un brivido le correva lungo la schiena.
Non
pago, il Cacciatore si abbassò su di lei, sfiorandole il
lobo dell’orecchio con
le labbra – “Ho sempre avuto un debole per le
ragazze disposte a rischiare il
tutto per tutto”
Voleva
essere incoraggiante, solo quello.
Senza
ombra di dubbio.
Eppure,
quel formicolio lungo la schiena stentava ad andarsene.
Tre
tessere nuove vennero disposte sul tavolo, davanti a lei. Tre carte
rivolte
verso il basso, che lei esitava a sfiorare.
Fece
un respiro profondo, quindi le prese in mano, unendole alle altre due
per poi
aprirle a ventaglio.
E
quel che vide la fece rimanere letteralmente di stucco.
Spazio Autrice:
_BelaBlack_:Blaise
in questo capitolo è un po' assente, ma tornerà
sotto i riflettori nel
prossimo! E anche la "sfortuna" di Hermione, forse, sta finalmente per
girare...^^
Ari17:
Anche io incomincio ad apprezzare Blaise, in passato m'ispirava molto
meno. Il prossimo capitolo arriverà con meno ritardo,
promesso!^^
Ginny28:
Grazie mille!(I capitoli si sono già estesi a tre!)^^
Kaileena1987:
Tesoro, sono davvero contenta che questo pairing (per me insolito) ti
sia comunque piaciuto! Un bacione (ancora un paio di esami,
poi mi
riavrete tra i piedi!)^^
Lights:
Grazie infinie, sono contenta che ti sia piaciuta. Purtroppo non mi
riesce di aggiornare alla svelta come vorrei..ma speriamo nel prossimo
e ultimo capitolo!^^
Blaise:
Sono contenta di averti fatto rivalutare la coppia, e che l'insana idea
del mazzo chiacchierone ti sia piaciuta. Spero che questo capitolo, e
il prossimo, non ti deludano!^^
Claheaven:
Pata, a te devo solo dire di riportare il didietro a casa, e alla
svelta. Avrai mica messo radici là, vero? Io qui studio fin
troppo, fa
tanto brava ragazza, devi venire subito a traviarmi e impedirmi di
proseguire sulla retta via ...capito? E aggiorna. E non raccogliere
margherite. E stai lontana dalle trote....si, insomma, 'glio
enel...
ra89:
In ritardo, ma ce l'ho fatta. Almeno a postare la seconda parte. Sono
contenta che le carte ti abbiano fatto ridere! Alla prossima!^^
kuklin:
Grazie mille, davvero. Non sapevo ci fosse qualcuno interessato a
questo pairing, è stata una piacevole scoperta!^^
Zaitu:
Bella domanda, cara. Forse, lo ripiegano più e
più volte come
sorpresina dell'ovetto Kinder (e con tutti quelli che ho mangiato da
piccolo, è pura sfiga non averlo trovato). I complimenti da
una
scrittrice del tuo calibro mi fanno sempre un enorme piacere! Un
bacio!^^
brilu:
Sono felice che l'idea delle Carte "pazze" ti sia piaciuta. Per la fine
dovrete aspettare il prossimo capitolo, ma arriverà presto,
promesso!^^
Ranya:
Ecco la seconda (ma non più ultima) parte. Sono curiosa di
sapere come
ti è sembrata, visto che tutto sommato i toni un po'
cambiano e il
personaggio di Pansy ruba momentaneamente (e sottolineo il
"momentaneamente") lo spazio a Blaise!^^
merryluna:
La mia MS! Tesoro, sono felice che la fic ti sia piaciuta e che al
contempo tu non mi abbia presa per matta (a quello ci pensa
già la
Cla). L'idea era una fic-lampo, postando il tutto nel giro di una
settimana...ma di questo passo il tuo compleanno lo festeggiamo davvero
con la conclusione della fic (ok, ok, anticipo i tempi). So che non
impazzisci per Hermione, ma quel povero ragazzo dovevo pure accoppiarlo
con qualcuna...posto che puoi ancora appendergli al collo un mega
cartellone con scritto "Proprietà Privata" :) Un
bacione tesoro!^^
chigra:
Si, in parte ricorda anche a me la shot delirante su Draco-Hermione
(ormai piccolo reperto storico, sembra passata una vita).
Però mentre
là si trattava solo di un botta e risposta qui ho voluto
amalgamarvi
anche un piccolo ritaglio di trama...speriamo bene!^^
lunachan62:
Grazie millissime, in effetti è stato strano cimentarsi con
un pairing
abbastanza diverso dal solito...non nascondo di aver incontrato qualche
piccolo ostacolo....ma vedremo cosa ne verrà fuori! baci!^^
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Capitolo 3 *** parte 3/3 ***
[Parte 3/3]
In
mezzo al Sette di Picche e al Dieci di Quadri spiccava nientemeno
che…Babbo
Natale.
Hermione
strabuzzò gli occhi, avvicinando la tessera per osservarla
meglio.
Sdraiata
in una posizione di indecente pigrizia, la figura indossava una tutina
rosso
sgargiante.
“Hey,
Bambola!” – richiamò subito la sua
attenzione, strizzandole pure l’occhio –
“Sei
qui perché vuoi un appuntamento, vero?”
La
strega scosse la testa, spiazzata –
“S-scusa?”
“Ti
avviso, per questa settimana non c’è niente da
fare. Proverò a consultare la
mia agenda, può essere che si liberi un posto il prossimo
giovedì…”
“No,
non hai capito” – lo interruppe lei, riprendendosi
parzialmente dallo stupore –
“Non voglio nessun appuntamento... piuttosto, tu chi sei? E soprattutto
cosa diavolo ci fai
qui?”
La
figura balzò in piedi, fissandola con sguardo allucinato
– “Come sarebbe a dire
che non vuoi un appuntamento con me? Tutte vogliono uscire col
sottoscritto.
Tutte!” – sbraitò fuori di
sé, prendendo a gesticolare animatamente, la mano
destra che sventolava libera nello sfondo bianco della tessera e le
dita della
sinistra che stringevano convulsamente una…lametta da barba?
“No,
non è possibile” – mormorò
allibita, lanciando uno sguardo disperato a Blaise,
curvo sulle sue spalle. Il Cacciatore taceva, osservando a sua volta la
carta
con espressione perplessa.
L’attimo
seguente uno schizzo di schiuma bianca colpiva il polso di Hermione.
Lametta
sempre alla mano, la figura borbottava frasi incomprensibili mentre
lasciava
scivolare l’oggetto metallico sulla pelle, risalendo dalla
gola fino alla punta
del mento.
In
un secondo, tutto fu chiaro. E per un istante Hermione non seppe se
ridere o
piangere.
Altro
che Santa Claus in formato ridotto… Stava tenendo in mano un
Jolly estremamente
montato che aveva scelto giusto quel momento per farsi la barba.
Sul
serio, c’era da impazzire…
“Tu
sei il Jolly” – sussurrò sgomenta.
“Jo
per le amiche” – rispose quello, facendole
nuovamente l’occhiolino. Agitò
ancora la lametta carica di schiuma da barba e altri zampilli
atterrarono
bellamente sulle dita della strega.
“Granger.”
– la voce seccata di Pansy Parkinson richiamò la
sua attenzione – “Possiamo
procedere o devi disquisire con le tue carte un altro
po’?”
“Veramente
avrei un problema…” – replicò
la Grifondoro, tamponandosi distrattamente il
dorso della mano. Quindi girò la carta in questione,
mostrandola a tutti – “O
sarebbe meglio dire che abbiamo un
problema.”
“Merlino!”
– esclamò la mora, guardando schifata la carta ora
per metà sbarbata – “Che
roba è?”
“So
che è difficile crederlo” –
affermò Hermione, lanciando un’occhiataccia al
disegno animato che ora si era tolto una delle buffe scarpette a punta
e
rimirava estasiato il buco nel calzino a livello dell’alluce
– “Ma temo proprio
si tratti del Jolly”
“Il
Jolly?” – squittì l’altra. Poi
lanciò uno sguardo di fuoco a Varnes e Lloyd –
“Siete due idioti, avete dimenticato quell’affare
nel mazzo!”
“Io
non c’entro, il mazzo lo ha fatto lui” –
provò a difendersi Lloyd.
“Sì,
ma tu le hai distribuite” – controbatté
rapido il compagno.
“Fate
silenzio!” – lì zittì la
Parkinson, il volto sempre più scuro –
“Siete degli
incompetenti! Tanto valeva chiedere a Tyger e Goyle…Ah,
lasciamo perdere. Ci
deve essere una soluzione…” – aggiunse,
prendendo a massaggiarsi le tempie.
In
effetti, una soluzione c’era. E la conoscevano tutti.
“L’unica
è rifare la partita da capo” –
affermò Varnes, dando voce al pensiero comune di
tutti i presenti. Quasi tutti,
perché
l’istante successivo Pansy lo fissò come se stesse
valutando l’idea di
staccargli la testa a morsi.
“Non
se ne parla” – tagliò corto lei
– “Ci deve per forza essere un’altra
soluzione”
Hermione
fece per aprire bocca, ma Blaise la precedette.
“In
quanto posta in gioco, credo di aver diritto all’ultima
parola” – esordì il bel
cacciatore, sfoderando un sorriso mellifluo – “La
partita è da rifare. Ma se
tu, Pansy cara, vuoi tirarti
indietro…”
“Credo
di non aver afferrato bene, tesoro…”
– sibilò indispettita la Serpeverde.
“Nuova
partita. O ci stai, o sei fuori” –
ribadì Hermione, prendendo coraggio –
“E’
più chiaro ora?”
Fumava,
la testa di Pansy Parkinson. Ribolliva di rabbia.
E
dal livore che improvvisamente tingeva le guance della Serpeverde,
Hermione
capì che – dopotutto –
quell’assurdo Jolly le aveva salvato la serata,
concedendole una seconda chance.
“E
sia”- la sentì rispondere poco dopo, un sorrisetto
cattivo sulle labbra –
“Posso rimetterti al tuo posto tutte
volte che mi pare, Granger, non ti
illudere…”
“Anche
a fatti, o solo a parole?” – la provocò
la Grifondoro, strappando una smorfia
divertita a Blaise. Hermione Granger nascondeva un carattere tosto
dietro ai
timidi sorrisi con cui spesso lo salutava quando si incrociavano per i
corridoi.
“Lloyd,
ridistribuisci il mazzo” – ordinò Pansy,
prendendo poi a tamburellare le dita
dalle unghie laccate sul morbido strato di tessuto verde che ricopriva
il
tavolo.
“Nuova
partita?” – domandò allegro il Jolly,
allungando il collo per scrutare il
profilo della giovane Serpeverde e completando il tutto con un sonoro
fischio
di apprezzamento – “Ci vediamo tra poco,
bella!”
Pansy
non lo degnò di uno sguardo, ed Hermione si vide suo
malgrado costretta ad
intervenire – “Mi spiace, ma tu non fai parte del
mazzo”
Il
Jolly la fissò come se fosse tutto d’un tratto
impazzita – “Non faccio parte
del mazzo?” – sbraitò, sventolando la
lametta da barba – “Come sarebbe a dire
che non faccio parte del mazzo? Hai un pessimo senso
dell’umorismo, bambola, te
lo devo proprio dire…”
“Stiamo
giocando a Poker” – tentò nuovamente la
Grifondoro – “Sono ammesse solo le
carte dal sette in avanti, Assi compresi. Che poi, sei una carta da
gioco, no?
Queste cose le sai sicuramente meglio di me e…”
“Sognatelo”
– replicò la figura, le braccia conserte
– “Io non mi muovo di qui”
“Non
credo tu sia nella posizione di poter decidere se rimanere o
meno” – obiettò la
strega, mentre alle sue spalle Blaise annuiva di comune accordo.
“Questione
di pochi minuti” – aggiunse infatti il bel
cacciatore, strizzando l’occhio alla
carta evidentemente imbufalita – “E poi potrai
tornare a circondarti delle tue
belle regine”
“Non
le voglio quelle quattro megere” –
sbottò il Jolly – “A me piace la mora.
Senza
offesa..” – concluse rivolto ad Hermione, prima di
occhieggiare alla volta di
Pansy.
“Figurati”
– rispose fin troppo svelta la Grifondoro, ben contenta di
non essere più la
preferita di quella tessera decisamente singolare.
“Granger,
vuoi mettere via quella dannata carta o cosa?” –
l’apostrofò Pansy,
evidentemente spazientita.
“Ho
detto di no!” – ripeté il Jolly con lo
stesso tono di un bambino capriccioso.
Hermione
sospirò, preparandosi ad una nuova sequela di lamentele
– “A mali estremi…”
“Su,
fallo. Provaci, avanti!” – la provocò la
carta, sfoderando uno sguardo
bellicoso – “Ma ti avverto,
il Dieci di
Fiori viene via con me”
La
strega spalancò gli occhi, incredula –
“E’ una minaccia?”
L’intera
situazione rasentava l’assurdo.
“Prendila
come ti pare” – replicò la tessera
– “Ma se vado via io, lui viene con me”
– e
così dicendo si appiattì contro il Dieci di
Fiori, stretto al suo fianco tra le
dita della Grifondoro. I margini parzialmente sovrapposti, sembrava
quasi che
le due carte fossero state saldate assieme.
“Non
puoi fare così! Il Dieci ci serve!” –
s’infervorò Hermione, cercando
inutilmente di separarli – “Merlino, ci fosse una
carta normale in tutto questo
Mazzo…”
“Stai
insinuando che il mio è un Mazzo squilibrato, per
caso?” – volle sapere il
Jolly, senza mollare la presa sul Dieci.
“Fai
un po’ te” – soffiò seccata la
ragazza – “Hai una Regina di Quadri smaniosa di
farsi l’intero Mazzo, il Jack di Picche che è un
vero cafone e il Sette di
Fiori che...”
“No,
aspetta fammi indovinare...Piange ininterrottamente?”
– ironizzò la carta,
terminando la frase per lei – “Ma non mi dire...Ci
credo che frigna sempre, è
la Carta Incompresa, per tutti gli Assi!”
“Granger”
– s’inserì nuovamente la Parkinson,
facendo cenno con la mano di passargli la
carta – “Dammi qua”
“Come
se fosse facile…” – bofonchiò
la Grifoncina, tirando all’inverosimile le due
tessere in direzioni opposte.
“Non
hai detto che ti piaceva Pansy?” –
domandò Blaise, facendo leva sullo smisurato
ego del Jolly – “Hai la possibilità di
stare tra le sue mani, se vuoi…”
Come
d’incanto, il Dieci di Fiori si ritrovò libero.
“Eccomi,
bambola. Ora sono tutto tuo…” –
esordì infatti con voce suadente, mentre
passava dalle dita di Hermione a quelle della Serpeverde -
“Unghie rosse! Oh,
mi piace il rosso…ti vestirai di rosso al nostro primo
appuntamento?”
Pansy
aprì la bocca per mandarlo al diavolo, poi parve ripensarci.
E un guizzo di
pura cattiveria brillò nei suoi occhi scuri –
“Aspetta e vedrai” – affermò
con
un sorrisetto che solo chi la conosceva bene aveva imparato a temere.
Al
Jolly quelle parole parvero dare alla testa –
“Davvero? E sarà un appuntamento
focoso? Bollente?”
La
strega avvicinò la tessera alle labbra rosso vermiglio,
fermandola solo a pochi
centimetri di distanza prima di soffiare un peccaminoso –
“Bruciante…”
Ormai
in estasi, il Jolly faticò a reprimere un gemito. Senza fare
ulteriori storie
si lasciò quindi mettere da parte per quella partita,
convinto di aver appena
ottenuto l’appuntamento più esaltante della sua
vita.
Pansy
voltò la carta verso il basso, ma invece di posarla in
disparte sul tavolo
lanciò un’occhiata al ragazzo che le sedeva
accanto – “Hai da accendere?”
Varnes
le rispose con uno sguardo perplesso – “Pansy, ma
tu non fumi…”
“Ho
forse detto il contrario?” – la sentì
ribattere, una nota ironica nella voce.
Il
Serpeverde si limitò a stringersi nelle spalle, sollevando
la bacchetta.
“Un
accendino babbano” – lo fermò la
compagna – “So che ne tieni sempre uno in
tasca, all’insaputa di tuo padre. Credo che
quell’aggeggio sia quanto mai
appropriato, al momento..” – concluse
enigmaticamente.
Senza
riuscire a capire dove volesse andare a parare, Raymond Varnes si mise
a
frugare nella tasca anteriore dei pantaloni neri, estraendo di
lì a poco un
pezzo di plastica verde con un serpente disegnato sopra.
Fece
per porgerlo alla Parkinson ma lei lo fermò di nuovo.
Inaspettatamente fu
proprio la Serpeverde ad allungare la mano, passandogli la carta che
– ancora
rivolta verso il basso – era totalmente ignara di
ciò che stava accadendo.
Varnes
prese il Jolly con la mano libera, se possibile più confuso
di prima.
“Bene”
– esclamò la mora, soddisfatta - “Vai a
farti un giro, Ray”
Lui
abbassò nuovamente lo sguardo sulle proprie mani,
l’accendino stretto nella
destra e il Jolly pinzato tra il pollice e l’indice sinistro.
Quindi capì, e
sollevò di scatto lo sguardo.
“Eliminalo”
– soffiò Pansy in una crudele conferma –
“Fisicamente”
Deglutendo
a vuoto, il ragazzo si alzò in piedi, palesemente titubante.
I presenti
rimasero in silenzio, l’aria pervasa unicamente dai loro muti
respiri e dalle
note della musica in sottofondo mentre Varnes si allontanava con una
strana
espressione dipinta sulla faccia, quasi fosse stato lui la vittima
anziché il
boia.
Nessuno
fiatò. Il pensiero comune era sufficientemente chiaro.
Per
quanto la soluzione della Serpeverde fosse di fatto estremamente
drastica,
nessuno aveva voglia di farsi avanti e prendere le difese
dell’odioso Jolly.
Persino
Hermione, sempre pronta ad appoggiare i più deboli
– la fondazione della
C.R.E.P.A. ne era senz’altro una prova -
sembrava indecisa sul da farsi.
Dopotutto,
lei si era limitata a passare la carta alla Parkinson, si
ritrovò a
considerare.
Quella
figura disegnata poi, era veramente insopportabile. Uno scarabocchio
maleducato.
Egocentrico,
narcisista…volgare, saputello, antipatico, maleducato..ah
no, quello lo aveva
già detto…
Ad
ogni modo, il mondo era pieno di Mazzi di carte da gioco,
rifletté.
Un
Jolly più o un Jolly meno…non era una gran
perdita, no?
“Possiamo
procedere?” – frecciò Pansy, facendo
cenno a Lloyd di mischiare le carte.
Detto
e fatto, le due streghe si ritrovarono ognuna con cinque carte coperte
posate
davanti.
Un
meraviglioso tris. I Nove di Quadri, di Cuori e di Fiori.
Accompagnati
dal Dieci e dalla Regina di Picche.
Hermione
stentava a crederci.
Era
troppo bello per essere vero. Troppo, troppo bello. E
infatti…
“Ti
sei lavata le mani, almeno?”
Hermione
chiuse istintivamente gli occhi. E pregò che il proprietario
di quella voce
sconosciuta pesasse più di dieci grammi.
“Guarda
che è una cosa seria” –
ribatté la voce – “Ti sei lavata le mani
o no?”
La
giovane strega si costrinse a sollevare le palpebre, abbassando lo
sguardo. Il
Dieci di Picche stava trattenendo il fiato, la pancia in dentro e il
dorso della
tessera incurvato in modo da evitare il più possibile il
contatto con le sue
dita.
Possibile
che non ci fosse una carta normale in tutto il mazzo? Era forse
chiedere
troppo?
“Le
ho lavate” – rispose spiccia, sperando che
l’inaspettata e poco gradita conversazione
terminasse lì, così che la partita potesse
finalmente avere inizio.
“Quando?”
– volle sapere il Dieci.
La
strega alzò gli occhi al cielo – “Prima,
non ricordo l’ora esatta” –
sbottò
seccata. Dopo aver avuto a che fare con la quarta o quinta tessera
fuori di
testa era concesso essere un tantino maleducati, no?
“Più
di dieci minuti fa?”
Hermione
annuì, ignorando la vocina nella sua testa che suggeriva
“Menti…per il tuo
bene, spara una balla colossale”
“Per
tutte le Scale Reali!” – strillò la carta
- “Stai cercando di uccidermi?”
“Non
capisco di cosa parli” – replicò la
moretta, desiderando con tutta sé stessa di
avere almeno Blaise al suo fianco. Ma il Cacciatore si era allontanato
poco
prima per prendere da bere, e data la lunga fila in coda al tavolo
trasformato
per l’occasione in un bancone da bar, non sarebbe tornato
molto presto.
“Parlo
di loro” – fece
la tessera,
abbassando la voce e guardandosi attorno con aria circospetta, quasi
temesse di
avere una microspia infilata tra i semi di Picche –
“Dei Germi”
Merlino,
no. Mancava solo la carta affetta da ipocondria…
“Le
ho lavate bene” – provò a giustificarsi,
illudendosi che quella rassicurazione
avrebbe placato l’indole ansiolitica della carta da gioco.
“Con
del sapone
antibatterico? A pH 5.5?” – insistette
il Dieci.
“Suppongo
di sì” – Come tutti, l’ultimo
pensiero di Hermione era quello di badare alle
scritte minuscole sull’etichetta del flacone di sapone
liquido, quando si
lavava le mani. Ma non era strettamente necessario che il suo
interlocutore lo
venisse a sapere.
“Si,
ma era vero sapone
antibatterico?
Clinicamente testato?” –
s’intestardì –
“Perché ti assicuro che l’Escherichia
Coli è duro a morire. Siamo seri, qui sto rischiando la
gastroenterite e…”
Lo
starnuto di Lloyd venne accolto come lo sgancio di una bomba atomica.
“Si
salvi chi può!” – urlò la
carta da gioco, terrorizzata, tirando fuori da chissà
dove un rotolo di carta e cominciando a
“impacchettare” i suoi dieci semi di
Picche – “E’ la fine…Lo
sapevo, è la fine…moriremo
tutti…” – continuava nel
frattempo a blaterare, la voce ora più ridimensionata, ma
decisamente tremante.
“Cosa
stai facendo?” – domandò Hermione,
fissando perplessa i semi che venivano a uno
a uno incappucciati con uno spesso strato di carta.
“Mai
sentito parlare di prevenzione, tu, eh? Proteggo i miei
pupilli” – e così
dicendo strappò un altro foglio immacolato, drappeggiandolo
attorno alla punta
del simbolo più alto – “E’
ipoallergenico, loro sono molto sensibili. E anche
ignifugo, non si sa mai…”
Hermione
non rispose, l’attenzione catturata da un movimento alle sue
spalle. Blaise,
più bello che mai, era già di ritorno. In mano,
due bicchieri contenenti un
liquido violetto.
La
strega occhieggiò verso la coda di persone in piedi che
ancora attendevano il
loro turno, poi tornò a fissare lo sguardo sul volto del bel
Serpeverde,
inarcando un sopracciglio.
“Ho
le mie conoscenze” – replicò suadente,
strizzandole l’occhio. L’attimo dopo le
porse uno dei due calici – “E’
analcolico” – precisò, e la vide
sorridere.
Hermione
fece per allungare la mano ma le dita secche come artigli di Pansy
Parkinson
s’inserirono strappando a Blaise il bicchiere.
“Grazie”
– bofonchiò senza nemmeno alzare la testa
– “Ne ho proprio bisogno”
Una
frecciatina velenosa tremò sulle labbra della Grifondoro,
prima di accorgersi
che – incredibilmente – quello della Parkinson era
stato un gesto volutamente
scortese nei suoi confronti.
Nemmeno
la stava calcolando, a dire il vero. Piuttosto, sembrava fin troppo
presa dalle
cinque carte che teneva in mano. Due, in particolare.
Hermione
non poteva certo saperlo, ma in quel momento una coppia di Assi
– quello di
Quadri e quello di Fiori -
stavano
letteralmente facendo dannare la strega dai capelli corvini.
Con
la voce infantile di due bambini, avevano reclamato la favola della
buonanotte.
Ovviamente
Pansy Parkinson non ci aveva pensato due volte a rispondere a tono,
stroncando
sul nascere qualsiasi loro assurda richiesta. Ma quei piccoli mocciosi
– se
così potevano essere chiamate due carte da gioco –
erano passati al ricatto.
Infantili
e capricciosi. E maledettamente pericolosi.
O ci racconti una fiaba, o noi gridiamo ad
alta voce le carte che hai in mano.
Ah,
l’età dell’innocenza…tutte
balle.
Ben
presto si era trovata quindi a dover snocciolare una storia inventata
così, su
due piedi, venendo addirittura interrotta più e
più volte dalle due carte per
critiche e lamentele varie.
Avevano
asserito che la trama non era molto convincente, i personaggi troppo
superficiali, la fluidità del racconto lasciava a
desiderare, il pathos era del
tutto inesistente…e in un paio di occasioni
l’avevano ripresa anche dal punto
di vista grammaticale.
Se
solo avesse potuto schiantarli…
Finì
la storia – sempre a bassa voce, nella speranza che nessuno
capisse cosa era
stata costretta a fare – e ben conscia di essersi
più volte contraddetta circa
i luoghi e i nomi dei personaggi.
“E
poi?” – fece l’Asse di Quadri, in attesa.
“ E’
poi niente” – sbottò la strega
– “E’ finita così”
“Non
lo trovo molto esauriente…” – aggiunse
quello di Fiori.
“E’
un finale aperto” – tagliò corto Pansy
– “Aperto. Sapete cosa significa? Che
non c’è una fine vera e propria”
Gli
Assi si guardarono per un secondo, prima di puntare su di lei
un’espressione
imbronciata – “Tutte le favole hanno una fine. Se
non ce l’ha, non è una
favola, e allora ce ne devi raccontare
un’altra…”
“Va
bene, va bene” – replicò svelta la
Serpeverde – “Mi sono sbagliata, la storia
ha un finale. Il finale è che…muoiono.”
“Muoiono
chi?” – domandarono in coro le due tessere.
“Tutti.
Muoiono tutti” – ribatté con fare
pratico – “Credetemi, è risaputo che
l’happy
ending non va più di moda…”
Se
Hermione era rimasta un attimo spiazzata dai modi scortesi di Pansy,
Blaise al
contrario sembrava non averci fatto minimamente caso. Continuando a
sorridere,
le aveva allungato l’altro bicchiere –
“Assaggialo, scommetto che ti piacerà”
“Che
cos’è?” – domandò
lei, incuriosita dall’insolito colore della bevanda. Un
violetto che sembrava brillare di luce propria. Lo annusò
appena, titubante.
Era
del tutto inodore.
Zabini
scosse la testa, rifiutandole la risposta – “Fidati
e assaggia”
Poterva
fidarsi? - si
chiese Hermione.
Osservò
sospettosa il liquido chiaro, iridescente. Ma Blaise aveva ancora
quello
smagliante e caldo sorriso dipinto sulle labbra…come non
fidarsi?
Avrebbe
affidato tutta sé stessa a quel mago, era la pura
verità. Non era quindi il
caso di farsi tante paranoie per un normalissimo drink –
concluse portandosi il
bicchiere alle labbra e bevendo un sorso.
Dapprima
non percepì nulla. Il liquido le scivolò sulla
lingua, oltrepassando la fessura
data dalle due arcate semisocchiuse. Non era freddo, non scottava. Ma
non era
neppure a temperatura ambiente.
Era
qualcosa di totalmente nuovo, diverso.
Lentamente
le sue papille cominciarono a registrare lievi note di sapore. Un
accenno di
vaniglia, l’amaro inconfondibile del caffè, una
punta di nocciola. O forse era
crema di mandorla.
Delizioso.
La cosa migliore che aveva mai bevuto.
Lo
aveva appena assaggiato, e già lo adorava.
Sollevò
lo sguardo sul ragazzo che adorava altrettanto, ma da molto
più tempo – “E’
divino. Come si chiama?” – domandò
ancora una volta, restituendogli il drink
per tornare a prendere tra le mani le sue carte.
“Come
tu mi vuoi”
Se
non avesse già deglutito, l’incredibile bevanda le
sarebbe andata certamente di
traverso. Tossicchiò a vuoto comunque, nervosa e imbarazzata.
Eccitata?
Insomma,
quale altra strega in pieno possesso delle proprie facoltà
mentali – e di tutti
gli ormoni previsti dalla natura - sarebbe rimasta impassibile di
fronte ad un
affascinante Blaise Zabini che sorridendo se ne usciva con una frase
del
genere? Suonava quasi come un’offerta, a dire il vero.
E
lei era davvero, davvero tentata di accettare…
“C-come..?”
– riuscì solo a balbettare, mentre immagini e
fantasie sempre più oscene le
affollavano la mente.
“Il
nome del drink” – affermò Blaise, una
luce divertita negli occhi – “Si chiama Come tu mi vuoi”
L’entusiasmo
di Hermione si sgonfiò rapidamente come un palloncino bucato.
Il
drink. Certo.
Cosa
diavolo era andata a pensare?
“Nome
interessante” – lo sentì aggiungere, la
voce leggermente incrinata, quasi
stesse sforzandosi di trattenere una risata –
“Sembra quasi una proposta, no?”
Morgana, pietrificami! E già che ci
sei,
aggiungi un Oblivion…
Lui
aveva capito. Lei aveva frainteso.
Splendido.
“Ha
un sapore davvero sorprendente” –
affermò, cercando di sviare dall’imbarazzo
eterno che sembrava volerle rimanere addosso per sempre –
“Come facevi a sapere
che mi piaceva la vaniglia?”
“Non
lo sapevo” – fu la sincera risposta di lui
– “Vedi, si tratta di una bevanda
magica. Ognuno percepisce un gusto diverso, a seconda di quello che
è il suo
drink ideale” – spiegò, prima di
portarsi a sua volta il bicchiere alle labbra.
Un
gesto che ad Hermione non sfuggì, mentre il suo cuore
riprendeva a pompare
sangue come un forsennato.
Blaise
stava bevendo dal suo stesso bicchiere e, cosa ancora più
scioccante, le sue
labbra accarezzavano l’orlo di vetro nell’esatto
punto in cui poco prima aveva
appoggiato le sue.
Coincidenza?
Sì,
poteva essere…trecentosessanta gradi dopotutto erano pur
sempre
trecentosessanta gradi, diciamo che la bocca di un essere umano ne
copriva…quanti, circa novanta? Beh, la
probabilità di sovrapposizione era tutto
sommato elevata.
Certo
la sua era stata molto più che una parziale
sovrapposizione…aveva posato le
labbra esattamente dove aveva bevuto lei, l’ombra appena
velata lasciata dal
suo rossetto sul vetro non lasciava dubbi. Sollevò gli occhi
e rimase rapita
dal blu delle sue iridi.
Uno
sguardo intenso, vibrante.
E in
quel momento seppe che qualsiasi ragionamento era superfluo, che la
conclusione
non poteva che essere una.
Non
era stata una coincidenza.
E
davanti a quell’insindacabile realtà, un brivido
le corse lungo la schiena.
“Ma
che schifo!”
Anche
al Dieci di Picche, ancora infagottato nella carta superprotettiva, non
era
sfuggito quel piccolo dettaglio.
“Attento!
Così ti prendi l’Herpes!” –
sussurrò sgomento all’indirizzo del Cacciatore.
“Ma
che cavolo dici?!?” - Hermione avvampò fino alla
punta dei capelli, fulminando
la carta con uno sguardo omicida prima di voltarsi verso Zabini e
forzare le
labbra in un sorriso tremante – “Scusalo,
è confuso… non sa quello che
dice…”
“So
quello che dico” – insistette il Dieci –
“E ci vedo benissimo…nonostante tutto”
L’ennesima
lamentela spazientì la Grifondoro –
“Nonostante tutto cosa? Che c’è
adesso?”
“Questa
qui mi sta accecando” – sbottò
insofferente la tessera, indicando quella
vicina.
In
effetti i colori vivaci della Regina di Picche erano insolitamente
brillanti. Quasi
fosforescenti.
D’un
tratto, la strega ricordò le parole della lasciva Regina di
Quadri, che
spettegolava acidamente su come la moglie del Re di Picche si fosse
fatta
rifare la satinatura.
Per
una volta quell’ipocondriaco del Dieci non aveva tutti i
torti. La Regina di
Picche era abbagliante, in tutti i sensi.
“Fammi
il favore, spostami vicino al Nove” – fu la
richiesta che seguì – “Non vorrei
giocarmi la retina”
Sperando
che una volta accontentato la smettesse di rompere, Hermione fece per
spostarlo
accanto al Nove di Cuori.
“Il
Nove di Fiori” – precisò la tessera,
bloccandola – “Quello di Cuori è caduto
in
terra, cinque settimane fa. Come minimo mi attaccherebbe il
colera…”
“Non
c’è da annoiarsi con questo Mazzo, eh?”
– constatò Blaise, che seppur divertito
lanciò uno sguardo di piena comprensione alla Grifoncina.
Pansy
sembrava aver finito di parlottare con le due carte sulla destra, e dopo l’apertura
Lloyd si preparò al cambio di
carte.
Stranamente,
da quel momento in
poi la partita proseguì
senza intoppi.
Le
carte finalmente tacevano, Pansy ed Hermione di scrutavano a vicenda,
cercando
di stabilire quale fosse la strategia migliore.
Hermione
riconsegnò il Dieci e la Regina di Picche, prendendo al loro
posto due carte
nuove. Pansy, invece, ne cambiò tre.
Quando
la strega dagli occhi dorate sollevò le due carte
distribuite da Lloyd,
credette per un attimo di aver visto doppio. Accanto ai tre Nove in suo
possesso fin dall’inizio, ora spiccava anche il quarto,
quello di Picche.
Poker
di Nove.
Aveva
in mano un Poker.
La
smorfia della Parkinson continuava a essere indecifrabile, mentre
sistemava al
meglio le nuove carte tra quelle che già teneva in mano.
Poi,
di colpo, Hermione fu attraversata da un terribile pensiero. E si
sentì
sciocca, come mai le era successo prima.
Cosa
stava facendo? Si stava giocando un ragazzo a una partita a poker?
Inspiegabilmente,
gli occhi le si inumidirono.
“Problemi,
Granger?” – fece maligna la Serpeverde che le
sedeva di fronte.
Hermione
ricacciò indietro le lacrime, stupide stille salate che
premevano per scorrerle
lungo le guance senza alcun motivo – “Affatto, va
tutto benissimo” – si
costrinse a dire.
Chissà
cosa penserà di me Blaise – fu il pensiero che non
riuscì a non formulare.
Si
girò automaticamente verso di lui, desiderando che le cose
fossero andate
diversamente. Non era un oggetto, un premio da vincere con una partita
a carte.
Era
un ragazzo, per Merlino. Il mago dei suoi sogni.
E lei
e la Parkinson l’avevano praticamente costretto a subire
tutto quello. Avrebbe
dovuto vergognarsi, si disse.
Lui
non l’avrebbe mai più considerata come prima di
quella sera, se mai lo aveva
fatto.
L’immagine
di ragazza assennata e affidabile che tanto aveva faticato a costruire,
era
sfumata nel nulla. Al suo posto ci sarebbe stato il ricordo di una
strega
frivola e superficiale.
Esattamente
come la Parkinson.
Hermione
sentì le labbra dischiudersi, quasi si muovessero
autonomamente.
“Mi
dispiace” – si ritrovò a sillabare,
senza emettere alcun suono.
Blaise
la guardò stranito mentre Pansy che li fissava di sottecchi
ormai da qualche
minuto esultò, fraintendendo il perché di quelle
parole e adducendole a una
chiara sconfitta.
Fu
quindi con enorme impazienza che, arrivati al dunque, scoprì
le sue carte in
risposta al “Vedo” della Grifondoro.
Sul
tavolo, un Full composto da un Tris di Otto e una Coppia di Jack.
Hermione
rimase immobile per un secondo, poi, quasi svogliatamente,
scoprì a sua volta
le carte.
E
davanti al Poker di Nove, il sorriso di Pansy Parkinson divenne di
marmo.
Non
era possibile.
La
Granger aveva vinto. Aveva vinto la partita.
Aveva
vinto Blaise.
Guardò
il suo ex-amante e lo detestò con tutto il cuore nel vederlo
così sereno. Così contento.
“Ve
ne pentirete!” – esplose, fulminandoli entrambi con
un’occhiata di odio
accecante – “La cosa non finisce
qui…” – prese a minacciare.
“Più
finita di così” – la interruppe Blaise
con voce soave – “Che c’è,
Pansy cara,
la sconfitta brucia?”
Reprimendo
la tentazione di compiere un massacro, la Serpeverde si alzò
in piedi. Il volto
livido di rabbia e i muscoli irrigiditi, afferrò Lloyd per
un braccio.
“Vieni,
andiamocene” – affermò impettita,
trascindandoselo via – “Queste due
nullità
non meritano un altro secondo del nostro preziosissimo
tempo…”
Hermione
e Blaise rimasero così soli, il Mazzo di carte ancora
sparpagliato sul tavolo.
“Hai
vinto, dunque” – soffiò il Cacciatore,
avvicinandosi a lei.
Mentre
i centimetri che li separavano si riducevano uno dopo
l’altro, Hermione prese
un profondo respiro e si fece coraggio – “Non sei
tenuto….voglio dire, capisco
benissimo se….è solo una stupida partita a
Poker….non ti biasimerei, davvero…”
–
farneticò.
“Non
vuoi il tuo premio?” – domandò lui,
fingendo un’espressione seria.
La
strega scosse la testa – “Non sono sicura che il
mio premio sia contento di
essere considerato tale” – rivelò,
abbassando poi lo sguardo sul pavimento.
Due
dita le sfiorarono gentilmente il mento, sollevandolo quel tanto che
bastava
per poterla guardare dritte negli occhi.
“Forse
dovresti lasciare decidere al tuo premio…”
– sussurrò, prima di sfiorarle le
labbra con un bacio.
Lieve,
impalpabile. Ma carico di significati.
Quando
Hermione riaprì gli occhi, una luce ben diversa illuminava
le iridi castane.
Sorrise,
corrisposta, e quando lui la prese per mano e le chiese –
“Questa festa sta
diventando veramente caotica per i miei gusti. Ti va di andare in un
posto un
po’ più tranquillo?” – lei non
ebbe alcuna esitazione.
“Sì.”
Su
suggerimento di Blaise, tornarono in biblioteca.
Per
Hermione fu una piacevole sorpresa.
Aveva
visto giusto, dunque. Da lei Blaise voleva ben altro che una notte e
basta.
Voleva
di più. Esattamente come lei.
Lungo
il corridoio avevano incrociato Varnes, il volto e le mani cosparso da
minuscoli taglietti, quasi avesse tentato di farsi la barba con una
lametta in
miniatura.
“E’
scappato” – aveva confessato –
“Mi ha minacciato dicendo che la sua era una
cinque lame reclinabili, quelle che si usano per una rasatura perfetta.
Non
ditelo a Pansy, vi prego, non diteglielo…”
Davanti
a quella scena erano scoppiati entrambi a ridere, ma per salvaguardare
l’incolumità
del povero Serpeverde avevano acconsentito a mantenere il segreto.
Ancora
ridacchiando, avevano proseguito verso la biblioteca deserta.
Entrare
in quel luogo che tanto amava le riportò alla mente i fatti
di poche ore prima.
Tutto
era iniziato lì, a pensarci bene.
Il
Serpeverde si accomodò su una delle poltrone messe a
disposizione per la
lettura, strinse le dita delle loro mani ancora intrecciate, e la
invitò a
sederglisi in braccio.
Hermione
non se lo fece ripetere due volte, abbracciandolo di slancio.
Numerosi
baci seguirono quello che si erano scambiati alla festa.
Alcuni
più lievi, altri leggermente più esigenti, ma mai
eccessivi.
Blaise
Zabini sapeva essere dolce e deciso allo stesso tempo. Sapeva baciare
una
ragazza mentre le portava il massimo rispetto.
“Finalmente
soli” – mormorò la strega al settimo
cielo, stretta tra le braccia di lui – “Non
la sopportavo proprio più, la Parkinson”
Lui
sorrise divertito – “Quasi
soli,
vorrai dire…”
Hermione
sollevò la testa di scatto, guardando in direzione della
porta e aspettandosi
di vedere la Parkinson, o peggio ancora qualche professore, ad esempio
la
McGranitt.
Ma
la porta era chiusa – constatò.
L’istante
successivo un piccolo movimento catturò la sua attenzione.
Roteò le pupille
verso una delle finestre laterali lasciate aperte….e le vide.
Tessere
di carta si erano arrampicate fin sul davanzale e ora facevano capolino
dal basso, appoggiate all’infisso inferiore di
legno l’una accanto
all’altra.
C’era
il Jolly che si vantava di aver volontariamente ceduto al Cacciatore
Serpeverde
una delle sue ex ragazze preferite, il Sette di Fiori che piangeva come
un
disperato perché nessuno poteva capire quanto era felice per
loro due, la
Regina di Quadri che sospirava rassegnata di tanto in tanto, lanciando
poi occhiate
fugaci al Re di Cuori. Il Dieci di Picche raccomandava loro una
distanza di
sicurezza di almeno un metro e mezzo, perché il Virus del
Morbillo era uno che
sapeva fare salti anche di un metro e dieci, e nella vita non si era
mai abbastanza
prudenti. Accanto a lui campeggiavano i due Assi, lo sguardo sognante
di due
bambini rapiti dalla più bella delle favole.
“E
vissero felici e contenti..” – Hermione
poté quasi giurare di averli sentiti
sussurrare tali parole.
“Non
se ne andranno, vero?” – chiese Blaise con finta
preoccupazione.
Hermione
gli regalò il più dolce dei sorrisi –
“Temo proprio di no” – e si
chinò a
baciarlo.
“Allora,
sei contenta del tuo premio? O hai qualche recriminazione da
fare?” – la prese
in giro.
“Contentissima”
– affermò la strega, stando al gioco –
“E’ l’unica posta in gioco per cui avrei
mai accettato una partita a Poker” –
rivelò.
“Ne
sono lusingato” – lo udì replicare.
“Del
resto, sapevo benissimo che avrei vinto” –
l’aria studiata da impertinente
saputella, si sollevò un poco dal suo torace per guardarlo
meglio negli occhi.
“Ah,
sì?” – sempre più divertito,
Blaise prese a tracciarle una scia di baci lungo
il collo, attirandola nuovamente a sé –
“E io che credevo fosse la classica
fortuna del principiante…”
“La
fortuna non esiste” – decretò Hermione
con convinzione.
Il
tono era così serio, così determinato, che Blaise
smise di baciarla,
rivolgendole piena attenzione.
“Davvero?
E allora come hai fatto?” – volle sapere.
Poi
sorrise, un sorriso caldo e amorevole. Ed Hermione seppe che
– come lei – anche
Blaise conosceva già la risposta.
In
certi casi la fortuna c’entrava veramente poco. In quel caso
specifico,
addirittura niente.
Hermione
Granger si era spesso tirata indietro, davanti al rischio di perdere.
Quel
giorno, aveva deciso di lottare per ciò in cui credeva. Per
il ragazzo che
amava.
Quello
stesso mago che le era stato accanto, rincuorandola con parole gentili
o
semplici sorrisi.
Lei
aveva vinto perché perdere avrebbe significato privarsi di
qualcosa di troppo
prezioso.
L’aveva
visto credere in lei, e questo l’aveva spronata ad andare
avanti.
Era
stato lui, la sua carta vincente.
Occhi
incatenati, assaporarono quell’istante come il preludio di
qualcosa che li
avrebbe portati lontano. Sugli eventi di quella sera avrebbero
costruito un
rapporto duraturo, intenso.
Una
risata le salì dalla gola, le guance accaldate e
un’espressione deliziosamente
sbarazzina.
“Oh,
sai com’è, avevo giusto un Cacciatore di Cuori
nella manica...”
Spazio
Autrice:
-nicodora: Blaise in effetti è
un personaggio un po' particolare. La Rowling non l'ha dipinto in
maniera del tutto precisa, per cui si presta molto bene nelle fic sia
come personaggio secondario che come protagonista, dato che offre un
certo grado di libertà. E' stato interessante scrivere di
lui, anche se ammetto che il mio personaggio maschile prediletto rimane
comunque Draco...^_^
-Magical_Illusion: Per te questo aggiornamento non
sarà una sorpresa immagino, vero Judy? Le chat mi fanno
spoilerare, che ci vuoi fare...piuttosto, spero davvero che questa
stupida piccola fic riesca a strapparti almeno un sorriso,
perchè soprattutto in certi momenti sorridere fa bene...un
bacione, tesoro!
-Carol87: Carissima, quanto
tempo! Le carte fanno morire anche me, infatti hanno preso praticamente
possesso della fic, centuplicando lo spazio che inizialmente mi ero
ripromessa di dare loro. La storia di Hermione e Blaise è
piuttosto all'acqua di rose, ma miravo a una shot spensierata e
leggera, niente di troppo profondo o devastante. Inutile dire che sono
curiosa di sapere che pensi di questo capitolo finale. Baci e a presto!
-
pai80 - Ci
ho messo solo un anno ad aggiornare, che dici, sono in ritardo? Dani,
davvero, sto diventando lenta come una lumaca...io ho dovuto rileggermi
i primi due capitoli perchè avevo quasi scordato
ciò che avevo scritto, per cui m'immagino voi...Sii, buona,
spezza una lancia in mio favore e conferma che in linea di massima sono
meno fusa di quanto non può sembrare ^_^ Baci, ci sentiamo
domani!
-pikappa93: Direi che mi sono presa
più del tempo necessario, praticamente è passato
un anno. Ma alla fine ce l'ho fatta, ed è questo che conta,
giusto? Anche a me Blaise piace molto come personaggio, anche se il
più delle volte tendo a usarlo come personaggio secondario,
non so perchè...spero comunque che il finale non ti abbia
delusa! Baci e a presto!
-Merryluna:
MS, se
aspettavo ancora un po' la fine di questa fic la leggevi per il tuo
ottantesimo compleanno. Draco fondamentalmente è un
lumacone, viziato e verdognolo. Siamo noi nelle fic che lo rendiamo un
figo da paura, no? Mentre il tuo Blaise, beh la Row non ha lasciato
detto un gran che, per cui possiamo immaginarcelo al meglio senza sensi
di colpa, credo...Bando alle ciance, ci tenevo a portare a termine
questa fic (altrimenti era come averti dedicato una rana verde con 3
zampe invece di 4...voglio dire, quasi non la si può chimare
rana).
-Egomet: Ciao! Grazie per la
recensione, sono contenta che la fic ti sia piaciuta! Eh
già, qui le carte la fanno da padrone! Persino nell'ultimo
capitolo! Mi auguro ti possa piacere, come i due precedenti! Baci e a
presto! ^_^
-Claheaven: Razza di scionfola introvabile
che non sei altro, provare a tenere d'occhio il cell? Il mio pollice
verde è una meraviglia, da piccola inaffiavo quelle buffe
facce in vendita al supermercato, quelle con i buchini in testa dove
crescevano poi i capelli fatti di fili d'erba. Invece di blaterare cose
senza senso nelle recensioni (col rischio di scrivere frasi innocenti
che vengono ampiamente fraintese, e per le quali ricevo una sfilza di
auguri e congratulazioni varie), vedi di muovere il culo e lampeggiare,
che abbiamo giusto una genialata dell'ultimo minuto in sospeso, te la
ricordi..vero? 'glio enel, pa...
-Kailena1987: Sara!!! Quanto tempo!
E finalemnte rieccomi qui, con Pansy insopportabile come sempre,
Hermione in presa a una crisi esistenziale, Blaise figo da paura e un
Mazzo di carte fuori di testa. Direi che c'è tutto....^_^ Un
bacione, spero di sentirti presto!
-venus:
Sere!!
Anche io solitamente sono restia ad estendere la lettura a fic non
dramione, ma qui Draco sarebbe risultato davvero troppo OOC. Che dire,
vi ho fatte aspettare, ne sono consapevole...ma spero che questo
capitolo finale sia valso l'attesa! Un abbraccio! ^_^
-
lunachan62:
La mia fantasia non ha limiti nel senso che sono da
rinchiudere da qualche parte e gettare via la chiave. Davvero una fic
delirante, questa, e ne sono pienamente consapevole. Sono contenta che
tu abbia apprezzato Pansy, spesso nelle fic risulta difficile
caratterizzarla, e anche in questo caso ho la vaga sensazione di averla
resa più cattiva di quella che è, ma
così richiedeva la storia....grazie della recensione a
presto!
-lights: Terzo e ultimo
capitolo, come promesso (ammetto che c'è stato un momento
che ho pensato di allungare e farne un quarto, ma poi sono riuscita a
rimanere in un numero di pagine tutto sommato ancora accettabili) Spero
davvero che ti sia piaciuto, nonostante l'immensa attesa! Baci e a
presto!
-Babybutterfly:
Hermione
non ha mai fortuna, verissimo. Qui però la vittoria era
essenziale, anche se lei in primis ha ammesso che la fortuna c'entrava
ben poco. Diciamo che per una volta si è staccata dai libri
è si è data materialmente da fare per ottenere
qualcosa che sognava da tempo! Bacissimi e alla prossima!^_^
-BellaBlack:
Pansy ha perso, come avevi giustamente previsto. Il pairing principale
ha avuto un poco più di spazio che nel precedente capitolo,
considerato che si trattava del finale, ma spero non vi abbia deluso il
taglio leggero della fic. Voleva essere una cosa spensierata e
divertente, dove ammetto che le carte hanno un filino preso il
sopravvento...grazie mille della recensione, a presto!! :)
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