Grazie mille a emerald_01 e a Xibalba per le loro recensioni, e a coloro che
hanno aggiunto questa storia ai preferiti. Mi piacerebbe molto sapere cosa ne
pensano e spero di aver soddisfatto le loro aspettative con questo secondo
capitolo!
La mia mano penzolava fuori dal finestrino della carrozza,
mentre guardavo il cielo trapunto di stelle luminose. Ci vedevo doppio per il
vino, ed era bellissimo: davanti a me c'erano due Dragoni, due Orse Minori, due
Ercoli che si rincorrevano nel cielo.
"Eugène, quanto era bella la ragazza che era con lui, Anne de
Blois!" biascicò Armand, seduto scompostamente davanti a me, con gli occhi
semichiusi dalle pesanti borse dovute ai vizi ed alla stanchezza ed il naso
rosso. "È una delle figlie
riconosciute di Sua Maestà... forse siete fratelli! Ma, senza offesa, a lei è
toccato in sorte un aspetto decisamente più regale del tuo."
"N-non sono figlio del R-re." balbettai io, mentre Armand rideva
convulsamente. "S-solo gli idioti credono a questa diceria. Ad esempio i miei
parenti."
"E lui, il principe di Montpensier? Polignac mi ha detto che lo
chiamano la poupée , la bambolina, da tanto è bello. Ma tu certo lo
conosci meglio di me, ormai! Di che avete parlato per tutta la
serata?"
Tornai a guardare fuori dal finestrino le mie amiche stelle,
mentre il cuore prese a battermi all'impazzata. Allora non era stato un sogno da
ubriaco, avevo davvero parlato per tutta la sera con Honoré de Montpensier!
Cercai di richiamare alla memoria ogni dettaglio di ciò che era successo.
Polignac ci aveva presentati. Per un po' ci eravamo scambiati rapide occhiate e
sorrisi imbarazzati, mentre gli altri conversavano di persone a noi ignote e
Anne de Blois si lasciava corteggiare da mio cugino. Inaspettatamente, mi aveva
convinto ad andare a prendere una boccata d'aria sul balcone con lui. Ero
trasalito, ma avevo accettato.
Mi aveva raccontato una serie di aneddoti idioti su delle feste
a cui era stato. Viso d'angelo, cervello di gallina. Ti è andata bene che a
te è toccato il contrario! Avevo sentenziato tra me e me. Non ero sorpreso,
avevo visto spesso persone bellissime rivelarsi frivole e vacue. Ma ora che
avevo potuto saggiare che anche il principe di Montpensier era tra queste,
potevo anche tornare al tavolo da gioco, nella speranza di riconquistare la
collana. Non ero sorpreso, ma ero deluso...
Stavo per accampare una scusa qualunque per rientrare, quando
una sua domanda mi colse di sorpresa.
"Voi parlate l'italiano, vero? Conoscete il poeta
Chiabrera?"
Il suo sguardo, che era stato vacuo e distante per tutto il
tempo in cui mi aveva raccontato quegli aneddoti, si era improvvisamente
illuminato. Era ancora più bello della prima volta in cui lo avevo
visto.
"Conosco solo la sua poesia intitolata 'Belle rose
porporine'..." risposi, colto alla sprovvista. " Ma so che è un poeta molto
famoso, non è così?"
Honoré aveva riso. Una risata molto malinconica, che era entrata
nel profondo del mio cuore.
"Gli ho mandato da leggere alcune delle mie poesie. Dice che
sono belle, che dovrei provare a pubblicarle. Ma non penso che lo farò. Sarebbe
strano per un principe del mio rango pubblicare poesie, non credete?"
Ci mettemmo a discutere a lungo di letteratura, di arte, di
musica. Mi ero sbagliato su di lui, tacciandolo di stupidità. La sua cultura
superava di gran lunga la mia, basata solo sullo studio dei testi sacri e di
Aristotele. Scriveva poesie. Madrigali, strofe anacreontiche... era un poeta
classicista, scriveva in italiano ed in francese. Mi raccontò dei suoi sogni di
gloria letteraria, di eternità per mezzo della parola. Io gli rivelai le mie
aspirazioni ad un'eroica carriera militare. Non rise, non mi disse che il mio
aspetto fragile e delicato non era certo quello di un soldato. Sorridendo, mi
disse che avrebbe cantato le mie vittorie nelle sue poesie.
Gli occhi mi diventarono lucidi, per il vino e per la
commozione. Era la prima persona che non mi schernisse e che credesse in me. Per
evitare che se ne accorgesse, mi volsi a guardare il giardino di palazzo
Polignac, con le sue bellissime aiuole fiorite e la luce della luna che si
riversava come una cascata argentata su di noi. Ero felice di trovarmi lì, con
lui, su quella splendida terrazza. Grazie a lui quella ordinaria serata di
degradazione aveva acquistato un senso profondo ed ineffabile.
Sentii allora la sua mano fredda e delicata posarsi sulla mia
spalla.
"Abate de Savoie, vogliate scusarmi, ma devo andare. Il mio
palazzo è molto distante da qui." Il suo volto mezzo illuminato da quella debole
luce mostrava un'espressione molto grave. "Ci sarete alla festa di Sua Maestà,
tra una settimana a Versailles, vero? Io vorrei proprio rivedervi."
"Certo, certo. Ci sarò." avevo detto, guardando ancora la sua
bella mano sulla mia giacca.
"Bene." aveva risposto sorridendomi. "Mi avete promesso che ci
sarete. Io vi aspetterò." Dopo aver detto queste parole, se n'era andato,
lasciandomi solo e pensieroso sul balcone.
"Ci siamo detti le solite stupidaggini." risposi però ad Armand,
arrossendo. "I soliti aneddoti sulle feste: Tizio che ha vomitato addosso a
Caio, la marchesa di Vattelapesca che ha perso tutto il mobilio a
carte."
"Eugène, non dirmi che ti sei innamorato!" aveva strillato con
voce acuta, ridacchiando. "Pensavo che tu fingessi soltanto di essere un
sodomita, proprio come io e Dancourt quando fingiamo di baciarci!"
"Sei sbronzo marcio, Armand." ribattei, ancora più rosso in
volto. "Smettila di vaneggiare. Faccio finta come fate voi. Altroché
bambolina..."
Armand però si era addormentato, e russava sonoramente stravaccato
sui sedili della carrozza, rovinando il velluto cremisi con il fango di cui erano ricoperti
con i suoi stivali sporchi.
Si comporta proprio da idiota, a volte... pensai. Ma la mia
mente ed il mio cuore erano in subbuglio, ripensando a ciò che mio cugino aveva
detto. Cercai di convincere me stesso che desideravo solo l'amicizia di Honoré,
nient'altro che la sua amicizia. Ma la mia esperienza mi rivelava che non era
così. Avevo numerosi amici, e non mi era mai capitato di arrossire o trasalire
quando qualcuno di loro mi guardava negli occhi. Non mi batteva il cuore quando
pensavo ad uno di loro assente. Non mi era mai capitato di sentire dentro al mio
petto quella sensazione di vuoto, come se potessi contenere al mio interno tutto
l'infinito, che sentivo in quel momento e che mi rendeva così euforico e
sensibile.
Era possibile che quello fosse Amore?
Ripensai alla promessa di essere presente alla festa del Re che
avevo fatto ad Honoré. Il giorno della festa, sarei dovuto in realtà andare a
visitare la mia abbazia, fonte delle mie sole rendite. Dovevo andare a fare i
miei interessi, a controllare che i terreni venissero usati nel modo più
fruttuoso possibile.
Decisi che avrei rinunciato alla visita all'abbazia. Che mi
ingannassero pure nel darmi il denaro dovuto. Io dovevo rivedere Honoré, era una
forza potentissima ed irrazionale a ordinarmi di farlo, e non ammetteva
repliche.
Avrei rinunciato al mio vantaggio per quel giovane stupendo. Per
la sua bellezza, ma anche per il suo fascino, per la sua personalità dolce e
malinconica, per la gioia che provavo quando ero vicino a lui. Perché forse la
sua mano si sarebbe poggiata di nuovo sulla mia spalla, ed avrei di nuovo
dimenticato per un attimo, senza dovermi ubriacare, tutti i miei affanni e le
mie tristezze.
Era possibile che quello fosse Amore? Qualunque cosa fosse, era
la cosa più bella che mi fosse mai capitata.
This Web Page Created with PageBreeze Free HTML
Editor
|