Just a nightmare

di Luu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Just a nightmare.



Capitolo 1


Le mani tremavano e gli occhi guardavano ciò che la mente non riusciva a comprendere. L’aveva uccisa, aveva ucciso la sua Bulma…
Ciò che lo sconvolgeva ancora di più era che non riusciva a sentire alcun tipo di dolore, non una lacrima a solcare il suo volto di guerriero, non un grido di disperazione si era levato in aria per l’abominio appena compiuto, eppure aveva spezzato la vita della persona che amava, perché l’amava, l’aveva amata, ne era certo… ma allora perché non riusciva a provare rimorso?! Quel corpo così esile e delicato era immerso in una pozza di sangue, gli occhi, quei bellissimi occhi azzurri si erano spenti dinnanzi a tanta violenza, ma perché l’aveva fatto?! Perché si era macchiato dell’omicidio che il suo cuore e la sua mente avevano sempre ripudiato?! Troppo era l’amore che lo legava a quella donna... La sua donna…
Faceva dannatamente freddo e l’oscurità  regnava tutt’intorno. Solo una luce ad illuminare quell’orribile delitto, la luna piena. La sua unica amica da quando era nato, ora gli mostrava ciò per cui provava dolorosa indifferenza. Poi udì una voce. Avrebbe riconosciuto tra mille quel tono così amichevole ed irritante, Kakaroth. Si voltò lentamente, ma lui non era lì. Non era da nessuna parte.
“Vegeta” lo sentì di nuovo, lo stava chiamando. Le gambe si mossero da sole seguendo la voce del suo eterno rivale. Era buio, ma lui non aveva bisogno di alcuna luce per vedere, gli bastava il suo udito e il suo animo saiyan.
“Vegeta” lo sentì di nuovo, iniziò ad irritarsi. Dove diavolo era finito quell’idiota?! E perché non riusciva a percepire la sua aura?!
Poi si imbatté in una porta, una porta che aveva già visto da qualche parte, ma non sulla Terra… forse su qualche pianeta lontano, non riusciva a ricordare.
“Vegeta” lo udì ancora, oltre l’uscio. Spalancò la porta con un potente calcio, se lo ritrovò davanti. Sorrideva sornione. Anche lui illuminato solo dalla luna. Gli andò incontro lentamente, si sentiva strano. Aveva iniziato a sudare freddo, tremava in modo incontrollato. Ma perché?!
“Ciao Vegeta” la mano di Goku si alzò in segno di saluto, era sporca di sangue. Qualcosa alle sue spalle continuava a muoversi, a ciondolare insistentemente avvolta dalle tenebre. Ma cosa?!
Non riusciva a respirare, gli mancava l’aria. Voleva scappare, ma le gambe non ressero, si accasciò a terra stremato. La vista annebbiata, il corpo scosso da spasmi incontrollati e la risata di Kakaroth. Una risata malvagia che mai gli era appartenuta. Impotenza, rabbia, dolore. Un ultimo faticoso respiro, poi solo le tenebre…


-Vegeta, amore. Svegliati!- sobbalzò vistosamente, aveva il corpo imperlato di sudore ad iniziò ad ansimare. Era solo un incubo. Un altro fottutissimo incubo!
Bulma era preoccupata, Vegeta non faceva altro che dimenarsi durante la notte e molto spesso aveva rischiato di farle del male, costringendola più volte a dormire sul divano. Cosa sognasse di così terribile non glielo aveva mai detto, ma l’unica cosa che le importava era che questa storia finisse al più presto.
-Tesoro, come ti senti?- vederla lì accanto a lui con quello sguardo preoccupato, fu un vero sollievo. Si massaggiò le palpebre stanche con le dita e tornò a guardarla. Era semplicemente bellissima, ma non riuscì ad essere gentile neanche in quell’occasione.
-Fatti gli affari tuoi, donna!- scese dal letto e si chiuse in bagno. Bulma non sapeva davvero cosa fare, quel testardo di suo marito non aveva la benché minima intenzione di raccontarle i suoi continui incubi, forse avrebbe saputo aiutarlo se solo le avesse parlato…

Scese in salotto e si diresse verso il telefono, prese un foglietto dalla rubrica sul tavolo, alzò la cornetta e compose il numero del dottor Hans, con il quale si consultava di nascosto da più di una settimana.
-Pronto?- la voce squillante della segretaria la fece sobbalzare.
-Ehm… Pronto, sono Bulma Briefs, potrei parlare con il dottor Hans?-
-Ma certo. Solo un secondo…-

-Pronto? Signora Briefs?-
-Sì sono io, salve!-
-Salve, mi dica… come sta suo marito?-
-L’ho chiamata proprio per dirle che sembra peggiorare, gli incubi sono sempre più frequenti… non so davvero cosa fare…-
-Signora, le ho già detto che per darle un aiuto concreto deve venire nel mio studio con lui… io non posso aiutarla se non mi dice almeno cosa sogna…- Bulma iniziò a rigirarsi nervosamente il filo del telefono intorno al dito.
-Beh… lui non vuole dirmelo- ci fu una pausa, forse il dottore stava pensando ad una soluzione.
-Credo che suo marito sogni cose in cui si disprezza, oppure riviva un trauma, forse legato all’infanzia… crede che sia possibile? Le ha mai parlato di qualche strano fatto accaduto nel suo passato, quando era bambino oppure adolescente?-  la scienziata iniziò a riflettere, in effetti Vegeta non le aveva mai raccontato nulla del suo passato, sicuramente oscuro e misterioso. Sì, era possibile…
-Ehm… potrebbe essere. So che non ha avuto vita facile da bambino e sicuramente anche da adolescente… mi spiace non poterle dire di più-
-Suo marito è un uomo davvero misterioso… comunque se non vi decidete a venire qui, credo che farei meglio a passare per la Capsule Corporation e fargli qualche domanda…-
-Ma no! Non c’è alcun bisogno!! Grazie, arrivederci!!!- la turchina riagganciò prima che il dottore potesse ribattere. Sospirò profondamente, Vegeta non doveva assolutamente sapere di quelle telefonate, altrimenti si sarebbe scatenato il putiferio.
-Chi era al telefono?- la voce del marito la fece sobbalzare. Come al solito le era apparso alle spalle, avvicinandosi silenzioso come un gatto.
-Nessuno!! Ehm… hai fame?!- la donna indicò la tavola piena di squisite pietanze preparate dalla madre, sperando ardentemente di averlo distratto.
-Noi saiyan abbiamo sempre fame- si sedette al suo posto ed iniziò ad ingurgitare tutto in pochi secondi. Bulma sorrise, suo marito riusciva a restare composto anche mentre si ingozzava ed ogni volta restava rapita dal suo modo di masticare senza mai dischiudere le labbra e senza mai sporcare. Aveva sposato un vero principe, doveva ammetterlo...
-Buongiorno a tutti- Trunks era entrato in cucina sbadigliando e stropicciandosi gli occhi con una mano.
-Buongiorno tesoro, dormito bene?- la scienziata lo trovava davvero tenero nel suo pigiama di tre misure più grandi e con i capelli scompigliati. Il piccolo si sedette accanto al padre ed iniziò anche lui la sua abbondante colazione.
-Sì, abbastanza- disse tra un boccone e l’altro. Poi si voltò verso Vegeta, verso colui che riteneva il guerriero più forte dell’universo intero, verso quell’eroe che era orgoglioso di chiamare “papà”.
-Ehi papi! Posso allenarmi con te oggi?- Vegeta annuì leggermente.
-Va bene, ma vatti a dare una sistemata! Non ti alleno conciato in quel modo ridicolo!- Trunks sorrise raggiante e corse in camera sua per indossare la sua solita tuta da combattimento.
Non appena il figlio sparì oltre la porta, il saiyan prese a massaggiarsi le tempie. Aveva un mal di testa atroce, così atroce da aver dimenticato per un istante che in quel momento non era da solo, in cucina lì con lui c’era ancora Bulma, che lo fissava preoccupata.
-Amore, ti senti bene?- lo raggiunse e gli accarezzò la schiena.
-Sto bene- Vegeta evitò di incrociare lo sguardo della moglie e si alzò da tavola, per poi dirigersi verso la solita porta metallica, aveva intenzione di allenarsi per tutto il giorno.

Era tardo pomeriggio quando Trunks uscì dalla Gravity Room. Era terribilmente stanco, gli allenamenti con il padre erano stati più duri del solito e non vedeva l’ora di mettere qualcosa sotto i denti. Vegeta invece aveva preferito rimanere ad allenarsi ancora un po’, stranamente non aveva fame e nonostante la stanchezza, sentiva il bisogno di sfogarsi, di lanciare calci e pugni in solitudine fino allo sfinimento, perché quel dannato mal di testa non lo aveva lasciato in pace neanche un secondo e non era riuscito a dare il meglio di sé con suo figlio, anche se quest’ultimo non sembrava essersene accorto. Un comune essere umano, nelle sue condizioni, si sarebbe sicuramente riposato e avrebbe preso una pastiglia per calmare il dolore, ma il grande principe dei saiyan non poteva di certo farsi battere da uno stupido malanno terrestre. Quindi, più testardo che mai, aveva alzato il livello di gravità, dando inizio ad uno dei suoi soliti allenamenti impossibili…


Continua…




Ciao a tutti :D
Spero che il capitolo vi abbia incuriosito almeno un po’ e che continuerete a leggere la mia storia ^^ Vi anticipo che non sarà molto lunga, non più di sei/sette capitoli e, dal momento che ho già tutto in testa, l’aggiornamento non verrà effettuato più tardi di una settimana :)
Beh, detto questo mi piacerebbe ricevere qualche parere da parte vostra ^^ giusto per sapere se continuare questa fic o dedicarmi ad altro.
Grazie dell’attenzione e vi auguro buon capodanno! <3

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Era notte fonda quando Vegeta si decise ad uscire dalla stanza gravitazionale. Il corpo ricoperto da tagli profondi e lividi scuri, il viso stravolto dalla fatica. Aveva saltato i pasti e, nonostante Bulma lo avesse più volte esortato ad uscire da lì per evitare che si facesse male sul serio, lui non l’aveva ascoltata e come al solito le aveva urlato di lasciarlo in pace. Ma adesso se ne stava pentendo amaramente, perché quel dannatissimo mal di testa lo stava facendo impazzire e le profonde occhiaie sul suo viso ne erano la prova. Era stremato e riusciva a stento a camminare dritto per quei corridoi così oscuri e silenziosi, dovette fermarsi a più riprese per riprendere fiato. Si sentiva terribilmente accaldato, gettò a terra l’asciugamano che fino ad un istante prima teneva sulle spalle e si accasciò lentamente a terra scivolando lungo la parete e gemendo a contatto con il freddo pavimento. Era esausto come non gli capitava da anni, neanche gli allenamenti con Kakaroth riuscivano a ridurlo i quel modo. Chiuse gli occhi un istante e cadde in un sonno profondo, cullato dall’oscurità di quella gelida notte…

La risata di Kakaroth era inquietante come il suo sguardo. Lo vide portarsi la mano vicino alla bocca e leccare il sangue che la ricopriva quasi interamente. Intanto la figura alle sue spalle continuava a ciondolare avvolta dalle tenebre. Riuscì a mettersi in piedi a fatica, ma ogni passo verso il suo rivale, gli provocava fitte atroci al cuore. Voleva parlare, voleva chiedere spiegazioni. Voleva urlare, ma non ci riuscì e fu solo quando si trovò di fronte a Kakaroth, che vide il volto del corpo esanime alle sue spalle, impiccato e martoriato in modo da renderlo quasi irriconoscibile. Rimase immobile, pietrificato da ciò che i suoi occhi avevano appena visto: quello che continuava a ciondolare con il collo spezzato, appeso a chissà cosa, era il suo cadavere. Si accasciò a terra e vomitò qualsiasi cosa avesse nello stomaco.
“Questa sarà la fine che farai, principe dei saiyan!” la voce di Kakaroth risuonava imponente come non mai “ucciso da una terza classe che brama la tua morte da molto tempo”.
Poi, quel luogo tetro iniziò a roteare e a mutare lentamente. La figura di Kakaroth si era dissolta nel nulla, come il se stesso senza vita e, non appena riuscì ad alzarsi da terra, realizzò di trovarsi da solo, in un bosco oscuro dall’aria familiare…


Aprì gli occhi all’improvviso, ansimando. Il cuore batteva all’impazzata, non riusciva a calmarsi, si guardò intorno, era ancora notte fonda e non aveva idea di dove dovesse andare per raggiungere la sua camera da letto. Iniziò a tremare, ricordò di essere mezzo nudo, il sudore gli si era asciugato addosso. Si alzò in piedi lentamente, i muscoli dolevano ad ogni suo movimento. Disorientato, si incamminò verso sinistra, sperando di non aver sbagliato direzione. Cercò di concentrarsi al massimo, ma l’aura di Bulma sembrava non esistere e lui era così distrutto da non riuscire a percepire neanche quella di suo figlio. Voleva raggiungere sua moglie e dormire nel letto accanto a lei, abbracciarla e sentire il suo calore, quel calore di cui aveva un disperato bisogno. Camminava per il corridoio scorrendo con il palmo ogni centimetro di parete, nel tentativo di trovare un dannatissimo interruttore della luce. Non riuscì a trovarlo, ma il corridoio si illuminò comunque accompagnato da una voce soave, impastata dal sonno.
-Vegeta, che ci fai ancora in piedi?- Bulma sbadigliò, aveva i capelli arruffati e gli occhi semichiusi.
-Sono le tre e mezza, non ti sei allenato abbastanza?- il saiyan cercò di nascondere al meglio il suo malessere e soprattutto la felicità nel vedere la sua donna lì, davanti a lui in quel largo pigiama  azzurro e con quell’espressione da rimprovero che aveva sempre odiato, ma che ora lo faceva sentire decisamente meglio.
-Dai, vieni a letto- gli disse la scienziata, avvicinandosi sempre di più. Quando fu di fronte al suo principe, gli accarezzò una guancia e si rese conto che qualcosa non andava.
-Oddende! Come sei caldo... sei sicuro di stare bene? Credo proprio che tu abbia la febbre! Devi assolutamente riposarti… quando ti dico di non esagerare con gli allenamenti, non mi dai mai retta! Sei proprio un testone!!- gli afferrò la mano e lo trascinò verso la camera da letto. Vegeta non oppose resistenza e la seguì in silenzio, non poteva negare di essere davvero stanco e il mal di testa era decisamente peggiorato. Il sogno di prima, poi… lo aveva davvero scosso. Si era sentito impotente e la cosa lo stava facendo impazzire, voleva scoppiare, voleva urlare al mondo la propria frustrazione, ma sarebbe stato sicuramente troppo faticoso ed in quel momento l’unica cosa di cui aveva davvero bisogno, era dormire accanto a Bulma e sperare che l’indomani sarebbe tutto finito.

Non appena entrò in contatto con la morbida superficie del materasso, Vegeta si addormentò profondamente. Bulma prese un spessa coperta di lana dall’armadio e coprì con delicatezza il corpo tremante del marito. Era strano vederlo in quelle condizioni, non aveva mai avuto la febbre e non credeva che i saiyan potessero ammalarsi di malesseri così comuni. Aprì il cassetto del suo comodino e ne estrasse il piccolo termometro digitale.
Passato un minuto a contatto con la pelle del saiyan, lo strumento iniziò a suonare freneticamente. La donna lo prese in mano preoccupata e ciò che lesse la lasciò esterrefatta.
-Cooosa??? Qu…quarantacinque???- il termometro le cadde dalle mani, scivolando sul materasso accanto a Vegeta. La prima reazione della scienziata sarebbe stata quella di afferrare la cornetta del telefono e chiamare un dottore, ma poi ripensò ad una frase che il marito le aveva detto anni fa…

Era inverno, l’inverno più freddo degli ultimi dieci anni. Ricordava che Vegeta se ne stava in giardino in mezzo alla neve, indossando solo un paio di pantaloncini aderenti. Il petto nudo che brillava illuminato dalla luna ed un’espressione cupa rivolta al cielo. Bulma si chiedeva sempre a cosa pensasse ogni volta che se ne stava da solo a guardare le stelle. Forse ripensava al suo passato, alla sua casa sul quel pianeta ormai esploso da anni, a Goku, a Freezer, a quando aveva deciso di servirlo e di diventare un sadico mercenario, calpestando il suo smisurato orgoglio e forse ogni tanto, tra tutti quei dolorosi ricordi, ritagliava un piccolo spazio anche per lei, o almeno era quello che la scienziata aveva sperato da quando si era follemente innamorata di lui.
Lo aveva raggiunto velocemente, porgendogli un maglione di lana scuro, che lui aveva bellamente rifiutato, mandandola su tutte le furie.
-Indossalo o ti prenderà qualche malanno!- gli aveva detto con fermezza. Ma Vegeta si mise a ridere dischiudendo appena le labbra e mostrando quei denti bianchi e perfetti che raramente faceva intravedere, se non durante le fasi pre-scontro in cui l’adrenalina prendeva il sopravvento. In quelle occasioni, però, si trattava di un sorriso sadico, di un ghigno strafottente che aveva il compito di spaventare il nemico. Adesso, invece, c’era qualcosa di diverso… stava semplicemente ridendo ed anche se si stava prendendo gioco di lei, non riuscì a non rimanere incantata da quell’espressione così naturale, così umana. Non riuscì a dire altro, continuando a fissarlo innamorata. Lo trovava davvero bellissimo... poi la sua voce roca la riportò alla realtà.
-Noi saiyan abbiamo una temperatura media di 40 e più il clima è freddo, più il nostro corpo reagisce, fornendoci il calore necessario per sopravvivere- era in assoluto la frase più lunga che Vegeta le avesse mai detto da quando aveva deciso di accasarsi alla Capsule Corp, ovvero da circa due mesi. Ricordava che quella notte, per la prima volta, era stata circondata dalle sue braccia possenti e si era sentita al sicuro come non mai.

Sorrise ripensando a quanto tempo fosse trascorso da quella gelida notte e a quante cose fossero cambiate… poi Vegeta iniziò ad agitarsi, attirando nuovamente la sua attenzione. Di certo non poteva chiamare un dottore, si sarebbe sicuramente accorto di aver a che fare con un alieno e, dal momento che i saiyan avevano una temperatura media di 40, quella che stava manifestando Vegeta, doveva essere una forma di influenza aliena comune, tipica della sua razza… o almeno così sperava. Cercò di calmarlo sdraiandosi accanto a lui ed accarezzandogli i folti capelli corvini. Stava vivendo un altro dei suoi incubi e lei stavolta sarebbe rimasta fino alla fine e sarebbe riuscita a calmarlo.
-Stai tranquillo- gli sussurrò piano –ci sono io con te- lo strinse leggermente, passandogli una mano sulla schiena madida di sudore, ma fu tutto inutile.

Correva velocemente, correva come non aveva mai corso. Doveva fuggire al più presto o sarebbe morto. Sarebbe sicuramente morto. Sentiva i rami che prepotenti sbattevano contro il suo viso, graffiandolo, facendolo sanguinare. Si trovava in quel bosco dall’aria familiare, era notte. Solo la luna illuminava il suo percorso, quel percorso che sembrava non finire mai. Ma non poteva fermarsi. Sarebbe sicuramente morto. Non poteva volare. Ma perché non poteva volare? Sentiva una presenza alle sue spalle che ansimava, bramosa di sangue. E lui era la preda, lui sarebbe stata la vittima. Sarebbe sicuramente morto. Si sentiva debole e senza speranza. Ma perché stava scappando?! Lui era il principe dei saiyan, dannazione! Doveva fermarsi ed affrontare il nemico con onore. Ma il suo corpo non rispondeva ai comandi che la mente impartiva. Correva e basta, aveva paura, ma non era una paura normale. Era puro terrore. Sarebbe sicuramente morto. Se lo sentiva dentro, nelle viscere. Il cuore in gola. Il respiro sempre più affannoso. Le gambe non ressero. Cadde a terra. E la belva lo raggiunse…




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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

-Vegeta! Vegeta!!! Lasciami!! Sono io, Bulma!!!-.
Aveva sbarrato gli occhi percependo una voce familiare accompagnata da un pugno, che il suo torace di marmo avvertì come una leggera carezza e ciò che vide lo lasciò inorridito. Il suo corpo sovrastava quello della moglie e le sue mani stringevano il suo esile collo, inumidendole gli occhi.
-Bulma!!- lasciò la presa con uno scatto che rasentava la disperazione. Il sogno era stato così realistico da avergli fatto credere che sua moglie fosse il nemico.
La turchina prese a massaggiarsi il bruciante rossore provocato dalle forti mani del marito e, notando la sua espressione sconvolta, cercò di calmarlo come meglio poteva.
-Tesoro, tranquillo. Sto bene, ti sei svegliato non appena hai sentito la mia voce- ma Vegeta non riusciva a togliere gli occhi dalla lesione sul collo di lei. Le aveva fatto del male e non poteva perdonarsi per quel gesto rude, non poteva far finta di nulla quando il suo cuore batteva all’impazzata ricordandogli che avrebbe anche potuto… ucciderla. Scosse la testa per scacciare quell’orribile pensiero e guardò negli occhi la sua donna, ancora visibilmente turbata dalla situazione.
-Bulma, mi… dispiace- la voce uscì flebile dalla gola del saiyan e con la mano ancora tremante, accarezzò la candida guancia di sua moglie.
-Non fa niente, amore mio. Ti ho già detto che sto bene- Bulma sorrise e lo baciò a fior di labbra per tranquillizzarlo. Il saiyan la strinse a sé, accarezzandole la nuca e sussurrandole nuovamente le sue scuse.
Quando si separarono, Vegeta si alzò dal letto ed uscì dalla camera per andare a prendere un bicchiere d’acqua. Improvvisamente l’aria in quella stanza era divenuta irrespirabile.

Non appena raggiunse la cucina, avvertì un freddo pungente ed imprecò contro se stesso per la sua dannatissima abitudine di girare perennemente a torso nudo e di non ascoltare mai le raccomandazioni di sua moglie. Era ancora notte, guardò l’orologio digitale appeso al muro: segnava le 4.00, si rese conto di aver dormito solo un’ora ed il suo organismo ne stava risentendo.
Avvertiva una debolezza insolita ed il mal di testa era notevolmente peggiorato, a causa dell’orribile risveglio di poco prima. Continuava a percepire quella terribile sensazione di impotenza, la malattia lo stava facendo a pezzi ed il nervosismo per quell’umiliante situazione, non faceva che inasprire le sue pessime condizioni. Fece qualche passo, ma lo sguardo iniziò ad offuscarsi ed i suoi movimenti si fecero più lenti, come se le gambe non fossero in grado di reggere il suo possente corpo ulteriormente. Riuscì a raggiungere il soggiorno barcollando e si sdraiò sul divano, dove trovò una pesante coperta di lana, con la quale avvolse il suo corpo rovente. Le palpebre si abbassarono e cadde di nuovo in un sonno profondo.

La belva continuava a morderlo, a graffiarlo lacerando la sua carne e lui si sentiva impotente, incapace di reagire. Ma poi gli artigli divennero pugni e la belva mutò in un altro essere, in un essere che non si sarebbe mai aspettato di vedere, l’essere che in quel momento temeva di più in assoluto. Se stesso. Si rivedeva su quel pianeta ai confini dell’universo. Un pianeta come tanti, pieno di inutili alieni che meritavano di morire per mano del grande principe dei saiyan e lui, in quel momento, era uno di quegli alieni: quel piccolo essere che tempo fa gli aveva implorato pietà con gli occhi colmi di lacrime e che lui aveva martoriato fino alla morte, ghignando sadico ad ogni colpo ed urlandogli quanto fosse inferiore ogni volta che lo vedeva sputare densi grumi di sangue viola. Ed ora lui era lì a subire la sua stessa ira, a sentire i propri pugni sulla pelle e ad ascoltare la sua stessa voce che sprezzante lo umiliava senza ritegno. E si rese conto di che razza di bastardo fosse stato…

Si era ridestato da quell’incubo bruscamente e, come al solito, il suo respiro affannoso palesava il battito frenetico del suo cuore.
-Merda!- aveva ringhiato tra sé.
Si alzò dal divano e, con un’eccessiva fatica, riuscì a raggiungere la porta del bagno, sulla quale appoggiò la fronte, prima di abbassare la maniglia ed entrare.
Guardò il suo riflesso nello specchio sopra il lavandino: aveva una pessima cera. Il suo sguardo spento era contornato da profonde occhiaie scure, messe in risalto dal pallore di quel viso divenuto troppo magro. Aprì il rubinetto per rinfrescarsi e bevve un sorso d’acqua per togliere quel costante sapore di amaro dalla bocca, senza però ottenere grandi risultati.
-Che schifo...- poggiò la schiena sulle fredde mattonelle e scivolò sulla parete fino a sedersi per terra.
-Come mi sono ridotto… il grande principe dei saiyan sconfitto da uno stupido malanno- con il dito fece girare il rotolo della carta igienica appeso a pochi centimetri dal suo volto –seduto accanto al cesso… a parlare da solo- sorrise tra sé consapevole di aver cominciato a delirare.
Chiuse gli occhi un istante e quell’attimo bastò per fargli rivivere l’esperienza peggiore della sua vita…

L’aria era irrespirabile e le tenebre celavano completamente l’entità di quella stanza. L’unico suono che riusciva a captare in quel luogo taciturno, era un fruscio di catene attaccate alle pareti. Posò il palmo su una di esse, era viscida di sangue fresco e un ricordo iniziò a balenare nella sua mente sconvolta da tormenti passati. Ebbe un sussulto e si pulì istericamente la mano sulla maglia, ma non indossava nulla e si sporcò il torace di quel liquido vermiglio, ormai conscio essere il suo.
Rabbrividì. Aveva i nervi scossi e l’udito teso fino all’esasperazione, senza cogliere alcun suono se non il battito del suo cuore impazzito che violento echeggiava nelle sue orecchie. Stava per avere un attacco di panico. Doveva uscire da lì, avrebbe sofferto. Sarebbe successo ancora e lui non voleva. Non voleva che la storia si ripetesse. Non voleva addentrarsi nuovamente in quell’inferno che aveva rovinato la sua vita. Ma prima che le gambe si decidessero a muoversi per andare via da quel luogo di tenebra, qualcosa gli sfiorò la schiena e lo fece gelare sul posto.
“Sei tornato, cucciolo mio” quella frase, quella voce. No, non era giusto! Qualcosa strinse il suo collo in una morsa soffocante.
“Sei tornato da me” sussurrava nel suo orecchio. Un senso di nausea si impossessò del suo corpo, mentre il mostro continuava a passare la sue bianche dita sulla sua schiena nuda e sfregiata. Rideva, quel bastardo mentre con la lingua saggiava la sua guancia umida di lacrime. Lacrime di impotenza, lacrime che non riusciva a frenare, poiché trattenute troppo a lungo. Cercò di liberarsi dalla presa sul collo nel momento in cui il tocco del mostro si fece tragicamente audace, ma i suoi tentativi furono vani, la coda del mostro troppo possente, la sua forza troppo esigua per contrastare tale tortura. Urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, ma la sua voce risuonò infantile. Un bambino, era solo un bambino. E non era giusto…
“Mi divertirò con te, principino” e poi, di nuovo, quella malvagia ilarità: un’indelebile reminescenza impressa in quella mente e in quel cuore deturpati dal sommo supplizio.


Vegeta sbarrò gli occhi come se avesse ricevuto una pugnalata al cuore. Si aggrappò alla tavoletta del water, si sporse in avanti e vomitò, nonostante non avesse praticamente nulla nello stomaco. Si accasciò a terra e sbatté il pugno sul pavimento serrando gli occhi come a voler cancellare quell’atroce evento che aveva segnato la sua travagliata esistenza. Per anni era riuscito ad accantonare quell’umiliazione che lo aveva reso schiavo dello schifoso maniaco, era riuscito a non ripensare alla sofferenza provata in quei momenti in cui era stato usato come un giocattolo, ma adesso quel ricordo era tornato vivido e tremendo, un’agonia dalla quale doveva fuggire e l’unico posto dove voleva essere in quel momento, era accanto a Bulma.

Tornato in camera da letto, la vide dormire placidamente e si sentì sollevato notando il suo respiro regolare, nonostante l’involontaria aggressione che aveva subito a causa sua.
Si distese accanto a lei e l’abbracciò da dietro. Aveva paura di farle del male un’altra volta, ma non poteva starle lontano, aveva un disperato bisogno del suo calore, del suo profumo. La donna assunse un’espressione rilassata, percependo il braccio del marito intorno alla sua vita sottile, ma non si ridestò dai suoi sogni, sicuramente sereni e privi di tormenti.
Vegeta invece tremava, ma la malattia c’entrava ben poco. Una lacrima solcò il suo viso sconvolto. Chiuse le palpebre cercando di calmarsi e si addormentò di nuovo. Stavolta, però, la presenza di Bulma lo aiutò a superare quell’orribile notte.


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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

La sveglia iniziò a suonare, come ogni mattina, alle 7.00 in punto, portando Bulma a dischiudere gli occhi e ad allungare il braccio verso il comodino per disattivarla. Vegeta era solito alzarsi all’alba per cominciare i suoi estenuanti allenamenti ed il fatto che stesse ancora dormendo, era la netta dimostrazione di che orribile notte avesse passato. Poi, però, si soffermò a guardarlo e non riuscì a non rimanerne incantata. Se ne stava prono con le braccia sotto al cuscino ed il viso rivolto verso di lei, con un’espressione così rilassata da far credere che fosse definitivamente guarito. Decise di lasciarlo in pace ed iniziò a prepararsi: doveva andare a quella dannata riunione di lavoro, ma prima avrebbe accompagnato Trunks a scuola perché, anche se suo figlio era un bambino fuori dal comune, che poteva benissimo volare e raggiungere i compagni in un batter d’occhio, Bulma preferiva andare con lui ed evitare questioni inutili con i maestri, che si sarebbero fatti sicuramente delle domande nel vederlo arrivare ogni giorno senza un adulto al suo fianco.
Così, dopo aver fatto colazione e dopo essersi data una sistemata, era salita in macchina insieme a Trunks, lasciando Vegeta da solo a riposare…

Era in ginocchio dinanzi a Freezer, con il sangue che ribolliva nelle vene. Quel mostro non era mai soddisfatto delle missioni svolte dalla sua squadra e continuava a prendersi gioco di lui.
“Inutile scimmione!” quel tono sprezzante e deluso preannunciava solo una cosa: torture. Lo spietato tiranno si era voltato verso il guerriero dalla lunga treccia, che sostava in piedi alla sua destra.
“Zarbon! Quanto ci avreste messo tu e Dodoria ad impossessarvi di quel misero corpo celeste?”
“Credo, mio signore, che tre giorni sarebbero bastati a compiere una missione tanto banale”. Impossibile. Nessuno, eccetto Freezer, poteva farcela in così poco tempo. Nessuno sarebbe riuscito a conquistare quel pianeta, abitato da uomini addestrati al combattimento, in meno di una settimana. Ghignava, il prediletto del mostro. Si credeva superiore al principe della stirpe saiyan. Ma era buono solo a leccare il culo al suo padrone, ad abbassare la testa in segno di sottomissione, ogni volta che la lucertola apriva bocca. Ma lui, l’erede della grande dinastia Vegeta, non era così. Lui non abbassava mai la testa. Lui guardava in faccia il padrone dell’universo nonostante la posizione alla quale era costretto. Perché lui era diverso. E la diversità lo condusse alla rovina.
“Non è possibile!” nell’udire quel tono imperioso, Freezer lo fulminò con i suoi occhi rossi.
“Cosa hai detto?!” la verità. Aveva semplicemente detto la verità. Si era alzato in piedi, avanzando verso Zarbon. Errore.
“Nessuno ne sarebbe capace. Nemmeno tu con il tuo amichetto mostruoso, frocio del cazzo!” sputò quelle parole in faccia al guerriero dalla chioma verde. Madornale errore. Rideva, infatti, Zarbon mentre la coda di Freezer prese a stringere il suo collo, mozzandogli il fiato.
“Come osi alzarti dinanzi a me?!” la morsa si fece ancor più stretta “Come osi contraddire chi ti è superiore?!” lo lanciò contro la parete, che inevitabilmente si distrusse. Riuscì a riemergere dalla polvere a fatica.
“S…superiore?!” non aveva intenzione di demordere, la lingua premeva per diffondere giustizia. Sorrideva nonostante l’atroce dolore provocato dal mostro, che lo fissava come se fosse del tutto impazzito, come se avesse deciso di andare incontro alla morte.
“Come può essere giudicato ‘superiore’ un guerriero che non fa altro che pettinarsi i capelli e farselo mettere al culo?!” gli occhi di Zarbon si ridussero a due fessure; in un secondo fu addosso al saiyan ed iniziò a picchiarlo a sangue. Spietato, senza ritegno. Ma prima che potesse mandarlo all’altro mondo, Lord Freezer intervenne.
“Smettila, Zarbon!” il guerriero si staccò immediatamente dalla sua impudente vittima. Troppo era il terrore che trasmetteva il supremo dominatore. Il principe non sembrava più in grado di muovere un solo muscolo.
“Se lo uccidi, uccido te! Nessuno deve permettersi di agire senza il mio consenso!”  e Vegeta questo lo aveva compreso fin troppo bene. Riverso a terra in una pozza di sangue, non poteva fare altro che sorridere vittorioso. Aveva ragione, Zarbon era solo un leccaculo…


Quella mattina si era alzato verso le 11.00, era incazzato, nervoso come non mai. Non riusciva a credere che sua moglie se ne fosse andata senza avvisarlo e soprattutto non riusciva a credere che il suo corpo avesse ceduto alla malattia, facendolo dormire fino ad un orario a dir poco inaccettabile.
Scendeva le scale di corsa e, ad ogni scalino, imprecava a denti stretti. Il mal di testa sembrava essere migliorato ed aveva intenzione di chiudersi nella Gravity Room e massacrarsi di allenamento. Quel sogno gli aveva ricordato chi era e come si comportava un vero saiyan nei momenti di difficoltà. Ciò che non aveva previsto, però, era la presenza di una suocera un po’ troppo premurosa, che dopo aver saputo dell’influenza del “bel fusto”, non lo avrebbe lasciato in pace neanche per un secondo...

-Vegeta, caro! Dove stai andando così di corsa? Non vuoi fare una bella colazione?- quella donna lo avrebbe mandato al manicomio prima o poi.
-No! Lasciami in pace, donna!- ma quest’ultima gli si era avvinghiata al braccio e non sembrava avesse intenzione di demordere.
-Ma Veggie, dopo la brutta influenza che hai avuto, non dovresti andare ad allenarti! Ho preparato pietanze di tutti i tipi e se non le mangi tu, andranno sprecate!- a quella parola, il saiyan non poté far finta di nulla. In effetti erano più di 24 ore che non metteva qualcosa sotto i denti, aveva una fame terribile e non sopportava che del cibo di alta qualità come quello che sapeva cucinare quell’oca di sua suocera, andasse buttato via solo perché i terrestri non erano in grado di mangiarlo tutto. Diede un’occhiata alla tavola piena di deliziosi dolcetti, uova, bacon, croissant, brioches, frittelle e quant’altro fosse in grado di contornare la “colazione perfetta”. Lo stomaco iniziò automaticamente a brontolare accompagnato dal risolino di Bunny. Riuscì, con un po’ di difficoltà, a liberarsi dalla morsa affettuosa della donna, alla quale avrebbe volentieri fatto saggiare la sua ira saiyan, ma poi chi gli avrebbe preparato quei deliziosi manicaretti? Così si sedette a tavola ed iniziò ad ingurgitare ogni cosa gli capitasse tra le mani, ignorando lo sguardo innamorato della bionda ed i suoi futili discorsi su quanto fosse affascinante. Fino a quando…
-Veggie caro! Sei davvero un bel ragazzo, sai? Sicuramente i tuoi genitori dovevano essere splendidi!- quella frase lo investì in pieno ed il mal di testa iniziò ad aumentare. Non aveva più ripensato a loro, non voleva rivivere i dolorosi ricordi della sua infanzia felice, rovinata dall’arrivo di quella maledettissima navicella sulla quale era stato costretto a salire e sulla quale aveva detto addio alla libertà.
Ricordava il volto di sua madre, era bellissima. Sì, quell’oca petulante aveva ragione, era in assoluto la saiyan più bella di tutto il pianeta, degna consorte del re. E ricordava anche il giorno in cui la vide urlare disperata contro gli uomini di Freezer che la trattenevano impedendole di raggiungere suo figlio, il suo piccolo cucciolo che la stava abbandonando. Ricordò anche il momento esatto in cui la uccisero davanti ai suoi occhi ed il giorno in cui ricevette la notizia della morte del re e dell’esplosione di Vegeta-sei.
-Figliolo, stai bene?- la voce squillante della bionda lo riportò alla realtà. Di risposta, il saiyan si alzò da tavola senza dire una parola e si rinchiuse, come sempre, nella Gravity Room.

Neanche il tempo di iniziare i suoi estenuanti esercizi, che la voce acuta di sua suocera giunse prepotente alle sue sensibili orecchie saiyan, facendolo trasalire.
-Veggie, tesoro! Non vuoi un succo d’arancia?- il principe si voltò verso il monitor, che mostrava la figura di Bunny con in mano un bicchiere colmo di liquido arancione e dovette fare appello a tutto l’autocontrollo di cui disponeva per evitare di far esplodere l’intera struttura.
-NO! E adesso vuoi lasciarmi in pace?!?!- la donna sorrise, trovando estremamente affascinante il tono sgarbato del suo interlocutore. Così spense la comunicazione, assecondando apparentemente la volontà del bel fusto.
Vegeta sospirò profondamente, quella donna lo innervosiva più di sua moglie quando era in“quei giorni”…

Dopo circa mezz’ora qualcuno bussò sulla porta metallica interrompendo nuovamente i suoi allenamenti. Non ci voleva di certo un genio per capire chi avesse deciso di andare all’altro mondo. Così, convinto si trattasse di nuovo dell’oca bionda, preferì ignorarla continuando a sferrare calci e pugni all’aria, nonostante si sentisse particolarmente affaticato. Quel fastidioso ticchettio alla porta, però, non tardò a farsi sentire nuovamente e a mettere a dura prova la sua pazienza. Così disattivò il regolatore di gravità e, in un impeto di rabbia, spalancò la porta metallica, ringhiando ed imprecando ad alta voce.
-Che diavolo vuoi ancora, donna?!?! Non voglio la tua stupida aranciata!!!- ma la persona che si ritrovò davanti non era sua suocera, bensì un uomo biondo, non molto alto, dalla barba incolta e con un espressione di puro terrore dipinta sul volto.
-Ehm… s…salve! Lei è… lei è il signor Briefs?- Vegeta lo scrutò da capo a piedi.
-Se cerchi il vecchio, non so dove sia!- detto questo, si voltò richiudendosi la porta metallica alle spalle. Ma l’uomo insistette, bussando nuovamente e parlandogli dal corridoio.
-No, non sto cercando il dottor Briefs, cercavo il marito della figlia, un certo Megeta, Fegeta..!-.
E nel sentir pronunciare il suo nome in quel modo ridicolo, non poté trattenersi oltre.
In un secondo l’uomo si ritrovò contro il muro, incapace di respirare. L’avambraccio del saiyan premeva con forza sul suo torace impedendogli qualsiasi movimento, impedendogli persino di tremare dalla paura. Gli occhi neri e profondi osservavano quelli verdi e terrorizzati, come se volessero conservare nella mente quell’istante di pura follia omicida. Perché è questo quello che l’uomo lesse in quello sguardo di tenebra, solo morte.
-Ascoltami bene, razza di essere inferiore!- la sua voce si ridusse ad un sibilo inquietante oltre ogni dire e l’uomo non era mai stato così vicino a temere per la propria incolumità.
-Il mio nome è Vegeta, il nome della più grande dinastia dell’universo e nessuno, dico NESSUNO può permettersi di pronunciarlo in altro modo! Quindi, se non vuoi lasciare questo mondo, ti consiglio vivamente di dirmi che cazzo ci fai qui e cosa diavolo vuoi da me!!!- allentò leggermente la presa sull’uomo per permettergli di rispondere.
-I…io sono… sono il dottor Hans e sono qui per aiutarla!-.


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

-Tsk, aiutarmi?!... sparisci!- il saiyan diede le spalle al dottore e si incamminò per il corridoio. Quel terrestre doveva essere pazzo…
-Aspetti, per favore!- ma notando che Vegeta non si degnava di ascoltarlo, l’uomo iniziò una sorta di diagnosi parlando alla schiena del suo misterioso paziente.
-Io so che cosa la turba, signor Vegeta- il principe arrestò la sua camminata, incuriosito da quel tono così imperioso: quell’essere inutile aveva preso coraggio e la cosa lo aveva lasciato sorpreso. Per questo rimase in ascolto, ma senza voltarsi.
-La rabbia che prova non è una rabbia normale… lei è un uomo che ha sofferto molto, glielo si legge negli occhi- fu allora che il saiyan si voltò si scatto, fulminandolo con le sue iridi d’ossidiana.
-Chi ti ha mandato?- il suo tono risultò meno minaccioso di quanto le sue stesse orecchie si aspettassero, forse quel tizio aveva colto nel segno.
-Sono settimane che sua moglie mi tiene informato circa i suoi continui incubi, signor Vegeta… credevo ne foste al corrente…-.
Il moro non sapeva davvero cosa rispondere, quella situazione era a dir poco assurda. Come si era permessa quella donna di fare una cosa del genere?! Strinse i pugni fino a sbiancare le nocche e la vena sulla fronte iniziò a pulsare in modo poco rassicurante. La rabbia gli ribolliva nelle vene ed il dottor Hans se ne accorse. Continuò ad osservare il saiyan, che nonostante la statura, possedeva una singolare capacità di incutere timore anche solo attraverso lo sguardo.
-Senta… capisco che per lei non è facile accettare questo comportamento da parte di sua moglie, ma in fondo lo ha fatto solo per il suo bene e…-
-Vattene-
-Signore, io…-
-Ho detto VATTENE!!!- l’urlo fu così forte da far tremare le finestre, ma il dottore non sembrava aver intenzione di demordere.
-Arrabbiarsi non risolverà niente- Vegeta infatti prese a massaggiarsi le tempie, il mal di testa era tornato ed il dottore si avvicinò lentamente, continuando con tono pacato ad interagire con il moro.
-Perché non si rilassa e non mi racconta cosa sogna di così orribile?- il saiyan lo guardò a lungo prima di rispondere.
-E tu come pensi di aiutarmi, caro psicologo?- lo canzonò – tu non hai idea di ciò che ho passato, non hai idea di chi sono stato e di cosa ho fatto… non ne hai idea!- il dottor Hans prese un taccuino dalla tasca interna della sua giacca e fece scattare la penna per prepararsi a prendere appunti.
-E’ vero… non ne ho idea… allora perché non mi racconta tutto dall’inizio?-.

Non sapeva se fosse stata la grinta dell’uomo, la precisione con la quale aveva compreso i suoi tormenti in pochi secondi, oppure il fatto che si stava annoiando e che aveva voglia di divertirsi un po’, ma alla fine quel caparbio del dottor Hans, era riuscito a guadagnarsi la sua attenzione.
-Allora, mi dica… com’erano i suoi genitori?- il saiyan se ne stava appoggiato al tavolo del salotto con le braccia incrociate al petto e con lo sguardo puntato fuori dalla finestra.
-Non me li ricordo- mentì.
-O forse ha solo paura di rivivere dei traumi legati all’infanzia…- Vegeta si voltò improvvisamente verso il suo interlocutore, con sguardo accigliato.
-Io non ho paura di niente- il dottore sorrise, il suo paziente gli aveva detto di non temere nulla, ma non aveva negato di aver avuto brutte esperienze.
-Bene, allora perché non mi dice cosa si ricorda di quando era bambino?- dopo aver sospirato profondamente, il saiyan si decise a parlare.
-Avevo quattro anni quando mia madre morì e sette quando fu mio padre ad andarsene- lo psicologo iniziò ad appuntare con sguardo triste quella tremenda notizia. Probabilmente poteva essere solo quello il motivo di tanta rabbia manifestata poco prima, ma c’era qualcosa in quegli occhi neri e profondi che lo portava a chiedere di più. Perché, come gli diceva sempre sua madre, era negli occhi delle persone che si potevano leggere le loro gioie, ma soprattutto i loro tormenti. Poi il tono pacato con il quale il suo paziente aveva dato un notizia del genere, sembrava nascondere solo l’inizio di una serie di traumi psicologici che lui, da bravo dottore, aveva intenzione di esaminare con cura.
-Riesce a ricordare in modo nitido i loro volti?-
-Mia madre era bellissima, mio padre era… uno stronzo- il dottore alzò lo sguardo dal suo taccuino e tornò a guardare Vegeta.
-Mi parli di lui…- il saiyan sollevò un angolo della bocca in una specie di ghigno strafottente.
-Ne ho già parlato abbastanza-
-Era un tipo violento?- nell’udire quella domanda, il principe scoppiò a ridere.
-No, era un tipo piuttosto tranquillo… il tipico uomo “casa e chiesa”!- anche quel tono ironico venne appuntato dallo psicologo, che non riusciva davvero a capire cosa ci trovasse da ridere il suo paziente in una situazione del genere. Aveva davvero a che fare con un individuo fuori dal comune…
-Quindi l’ha picchiata, suppongo…- Vegeta annuì leggermente.
-E… ha mai abusato di lei?-
-No- un lieve sospiro di sollievo si levò dalla bocca del dottor Hans.
-E, dopo la sua morte, a chi è stato affidato?- il saiyan non riuscì a restare serio, stravolgere la giornata a quel tizio, si stava rivelando davvero uno spasso.
-Ehm… a mia zia! Una donna piccola e pallida, che metteva sempre un orribile rossetto nero!- la risata di Vegeta incuriosiva sempre di più lo psicologo.
-Lei è convinto che io non possa capire, vero? E’ convinto che non possa aiutarla…-
-Aiutarmi?- il principe tornò serio -Ascoltami bene, psicologo da strapazzo…- si era avvicinato alla poltrona dove sedeva il dottore e continuò il suo discorso a denti stretti –Io non ho bisogno dell’aiuto di nessuno. Se ancora non l’avessi capito, non hai a che fare con la normalità in questa casa, quindi ti consiglio vivamente di girare i tacchi e di non farti più vedere- ma l’uomo era testardo. Molto più testardo di quanto Vegeta potesse immaginare e soprattutto era un uomo che amava il suo lavoro e che voleva aiutare i suoi pazienti, anche se si trattava di cause perse.
-Signor Vegeta, io sono qui perché sua moglie è molto preoccupata… la prego, mi racconti i suoi incubi, lo faccia anche per lei…-.
Il saiyan si soffermò sull’espressione decisa dello psicologo ed iniziò a pensare a quanto quel terrestre somigliasse a Bulma in fatto di caparbietà. Si sedette sul divano e continuò a scrutare con sufficienza la figura del dottore senza dire una parola.
-Cosa sogna di così terribile? Potrei trovare un rimedio efficace ai suoi tormenti…- Vegeta iniziò a riflettere. Da quando quegli insopportabili incubi disturbavano il suo sonno, non era riuscito ad allenarsi come avrebbe voluto e la sua forza non sembrava decidersi ad aumentare. Per non parlare delle continue emicranie, che lo stavano letteralmente facendo impazzire…
-Sangue- disse dopo una pausa che sembrava infinita –Sangue e morte-.


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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Il dottor Hans smise di prendere appunti, poggiando il suo taccuino sul bracciolo della poltrona.
-Ha detto “sangue e morte”?- Vegeta annuì.
-Mmmh… continui pure…- si sporse in avanti poggiando le braccia sulle ginocchia, per ascoltare con maggiore attenzione le parole del saiyan.
-Negli incubi che faccio è… sempre notte- disse il principe con lo sguardo perso nel vuoto, ancora incerto su ciò che stava facendo –fa freddo e non c’è mai nessuno che possa aiutarmi-.
-Aiutarla?-
-Sì, è come se… insomma, mi sento impotente!- quella frase gli era costata molto ed il suo orgoglio ne aveva risentito, ma aveva intenzione di porre fine al più presto a quegli insopportabili incubi. Il tedesco, intanto, si era portato una mano sul mento in segno di riflessione.
-Succede a molte persone di sognare momenti in cui si è incapaci di svolgere un’azione, seppur banale…-
-Ma io non devo fare nulla di banale! L’altra notte, ad esempio, ho sognato una belva che mi inseguiva, dovevo scappare e…-
-…E..?-
-E quella belva ero io- ci fu una pausa. Il dottore riprese il suo taccuino con sguardo accigliato e pensieroso. Non gli era mai capitato che un paziente gli raccontasse un sogno simile…
-Vuole dire che lei scappava da se stesso?-
-Sì… e poi ho patito la mia stessa ira- Hans continuava a scrivere freneticamente e, senza distogliere lo sguardo dai suoi appunti, scosse la testa rassegnato.
-Signor Vegeta, se lei non mi racconta nulla del suo passato, a quanto ho capito fitto di brutte esperienze, non posso giungere ad una soluzione concreta…- il saiyan sospirò profondamente, se voleva liberarsi di quegli odiosi incubi, doveva raccontargli ciò che aveva patito nella sua infanzia e nella sua vita da mercenario, ma ovviamente doveva trovare il modo di rendere il suo racconto credibile alle orecchie di un terrestre.
-D’accordo... tutto cominciò dopo la morte dei miei genitori… l’uomo che aveva deciso di adottarmi si chiamava Freezer-.
-Freezer?- Hans lo trovava davvero insolito come nome, un po’ come quello del suo paziente -non aveva parenti a cui essere affidato?-
-No- rispose semplicemente ed il dottore preferì evitare di approfondire la questione.
-D’accordo. Quindi questa persona le ha fatto da genitore…-
-No, io… non venivo trattato esattamente come un figlio-
-E come veniva trattato?- chiese leggermente titubante.
-Come un inutile scarto di società- il dottore si soffermò sull’espressione indifferente dipinta sul volto del moro e ne fu alquanto sorpreso.
-Questo Freezer… le ha fatto del male?- chiese con un po’ di timore.
-Non era mai soddisfatto di ciò che facevo. Sì, mi torturava e poi… lui…-
-Abusava di lei- il tedesco completò la frase del suo paziente con sguardo comprensivo ed il saiyan annuì assente. Lo psicologo era disgustato da quell’essere ignobile che sperava ardentemente si trovasse in carcere, ma non era quello il momento adatto per ricevere chiarimenti di questo tipo, era finalmente riuscito a sottoporre il suo paziente ad una normale terapia e non aveva intenzione di rovinare tutto perdendo il filo del discorso. Ma, notando che Vegeta non sembrava intento a continuare, fu costretto a fare un chiarimento.
-Mi dispiace molto per ciò che ha dovuto subire, ma non credo sia solo questo il motivo dei suoi continui incubi, c’è altro sotto… e riguarda lei. Lei dopo l’orribile esperienza con questo Freezer…- nel sentir pronunciare quel nome, Vegeta si riscosse dai suoi pensieri tornando a guardare negli occhi il dottore e realizzando ciò che aveva appena fatto. Si sentiva un idiota, raccontare il momento più umiliante e sofferto della sua vita ad uno sconosciuto che giocava a fare Dio con i problemi altrui! Strinse i pugni furioso, ma Hans riuscì a calmarlo di nuovo.
-Sua moglie non vorrebbe vederla soffrire, se riesce a superare questo periodo complicato, lo fa anche per lei, per voi due… quindi perché non mi racconta qualcosa della sua adolescenza?-
Vegeta avrebbe tanto voluto mandarlo via a calci, ma purtroppo quel dottore da strapazzo aveva dannatamente ragione… da quando gli incubi erano cominciati, sia il nervosismo che la stanchezza gli avevano impedito di passare le notti nel modo in cui la sua virilità reclamava da giorni.
-Va bene- prese un respiro profondo per calmarsi e riprese il suo racconto.
-Io non ero come mi vede oggi. Avevo un animo disposto unicamente al male- lo psicologo non sembrò affatto stupito dalle parole del saiyan.
-Nessuno nasce cattivo, signor Vegeta. Mi dica… cosa successe dopo la convivenza con Freezer?- Vegeta rifletté un attimo prima di rispondere.
-Mi arruolai nell’esercito militare- disse leggermente incerto.
-Suppongo che lei abbia combattuto in guerra…- il saiyan guardò titubante il biondo.
-Ehm… esattamente- rispose non convinto della propria affermazione. Come poteva considerare paragonabile una guerra terrestre alle invasioni delle truppe mercenarie in cui aveva sterminato interi popoli alieni? Ma notando l’espressione afflitta del dottore, comprese che la guerra in qualsiasi mondo si svolgesse, era un fenomeno che segnava gli animi ed i cuori di tutti coloro che l’avevano vissuta o anche soltanto seguita indirettamente.
-Lei ha visto la morte in faccia ed ha dovuto inevitabilmente spezzare vite altrui. E’ naturale che lei sogni sangue e morte, che provi rabbia dopo tutto quello che ha vissuto- il principe trovava particolarmente irritante il tono apprensivo del dottore, non riusciva a sopportare che qualcuno indagasse così a fondo nella sua più intima essenza, ma non poteva negare di iniziare a sentirsi meglio. Doveva, però, precisare un aspetto della sua natura, forse incomprensibile per un terrestre.
-Già, ma a me piaceva quello che facevo… in guerra- una strana inquietudine invase l’animo del tedesco. C’era qualcosa di estremamente anomalo e terrificante nelle parole del moro, che non aveva nulla a che fare con un paziente normale. Se ne stava lì a parlare come se niente fosse e non sembrava turbato da ciò che aveva vissuto. Ne aveva visti di casi disperati… ragazzi violentati e successivamente divenuti aggressivi, soldati che la guerra aveva fatto a pezzi… era capitato nel suo mestiere, ma sentiva che la storia di Vegeta aveva qualcosa che andava ben oltre, qualcosa che non si poteva risolvere con quattro chiacchiere e qualche appunto.
-Lei si divertiva ad uccidere i soldati nemici?- il dottore cercò di assumere un atteggiamento professionale. Non poteva di certo farsi condizionare da preconcetti morali. La guerra non era razionale e non poteva soffermarsi ad analizzare in modo critico determinati atteggiamenti assunti in quegli attimi in cui l'istinto di sopravvivenza prevaleva sopra ogni buon proposito.
-Non solo- le parole uscirono come un sussurro che lo psicologo sperava ardentemente di aver colto in modo errato.
-Cosa ha fatto esattamente?- chiese con un filo di voce, ma non ricevette risposta.
-S… signor Vegeta… lei ha… ha ucciso degli innocenti?- formulò quella domanda senza rendersene veramente conto e, non appena realizzò di aver dato dello spietato assassino al suo paziente, cercò di scusarsi con lo sguardo. Ma notò quanto l’espressione del principe fosse oltremodo inadeguata alla situazione. Perché diavolo era così indifferente?! Non sapeva se lo stesse prendendo in giro o se le sue paure fossero fondate ed avesse a che fare con un killer senza scrupoli.
-Può rispondere alla doman...-
-Hai paura, vero? Te lo si legge negli occhi- quella brusca interruzione fece sobbalzare lo psicologo.
-P…paura?-
-Rispondi ad una domanda con un’altra domanda… non è professionale- lo schernì. Hans iniziò a tremare e si alzò incerto dalla poltrona, senza staccare gli occhi dal moro, che iniziò ad avanzare minaccioso verso di lui, facendolo inevitabilmente indietreggiare, come se si trovasse dinnanzi ad una bestia famelica pronta ad aggredirlo.
-C’è stato un incubo l’altra notte di cui mi piacerebbe parlarti…- il saiyan avanzava sempre di più verso lo psicologo, che spaventato continuava a camminare senza voltargli le spalle. Il tono con il quale aveva iniziato il discorso era falsamente professionale, derisorio. Si stava prendendo gioco di lui.
-Le mie mani tremavano ed erano sporche di sangue, avevo ucciso mia moglie, ma il mio animo non sembrava esserne affatto turbato…- la voce risuonava sempre più minacciosa alle orecchie del biondo, che ormai si trovava a pochi metri dalla parete.
-Poi ho sentito la voce di Kakaroth, colui che odio da quando le nostre strade si sono incrociate, si trovava al di là di una porta che avevo già visto da qualche parte e che la mia mente aveva rimosso…- il dottor Hans, nonostante fosse spaventato dalla situazione, ascoltava con attenzione ogni singola parola uscita dalla bocca del suo misterioso paziente.
-Era la porta di una stanza oscura dalle pareti impregnate di sangue, un odore insopportabile di morte aleggiava per tutto l’ambiente ed era lì che quel bastardo di Freezer si divertiva con i bambini, il suo passatempo preferito… ed io, come ho già detto, ero uno dei suoi giocattoli, il prediletto…- il tono del principe ora si era ridotto ad un sibilo di rabbia e dolore, ma non era un dolore normale. Quella che per anni lo aveva perseguitato, era una sofferenza profonda, una ferita ancora sanguinante che avrebbe solcato in eterno il suo animo tormentato.
-Nel mio sogno, Kakaroth non era il solito ebete che avrei volentieri preso a pugni, era terribilmente diverso, somigliava a quel mostro di Freezer in tutto e per tutto se non nell’aspetto- la schiena del dottore si ritrovò a sbattere leggermente contro la parete e Vegeta lo raggiunse bruscamente imitando la posa di poco prima, la posa del momento in cui quello psicologo da strapazzo aveva deciso di sconvolgersi la mente, scegliendo di interagire con il grande principe dei saiyan. Così, con l’avambraccio premuto contro il torace dell’uomo, Vegeta aveva continuato il suo inquietante racconto.
-Dietro di lui qualcosa continuava a ciondolare nelle tenebre… ero io- Hans sussultò – ma ero quasi irriconoscibile, Kakaroth mi aveva martoriato e poi impiccato a chissà cosa… e rideva. Una risata malvagia che ancora risuona nella mia mente e non mi lascia in pace- si staccò bruscamente dal biondo, continuando a guardarlo nelle iridi verde smeraldo con fare strafottente.
-Qual è la tua analisi, dottore?- Hans si massaggiò il torace per la seconda volta da quella mattina, iniziando a riflettere su quanta maledetta forza avesse in corpo il suo paziente e poi, da bravo psicologo qual’era, rispose in modo deciso e professionale.
-Redenzione- Vegeta incrociò le braccia al petto, attendendo il seguito della diagnosi.
-La morte dei suoi genitori, le torture, gli abusi, la guerra l’avevano resa una persona cinica e spietata. Adesso non riesce più a fidarsi di nessuno, preferisce isolarsi e rinchiudersi in quella palestra, perché solo così può veramente distrarsi dal suo passato, solo così riesce a sentirsi meglio. Perché sviluppando i suoi muscoli, aumentando la sua forza, si sente protetto da qualsiasi futura minaccia, si sente in grado di poterla affrontare a testa alta e senza timore. In questo modo può proteggere quella famiglia che si è creato con estrema fatica, quella famiglia alla quale deve la vita. Sua moglie l’ha salvata, l’ha resa una persona migliore. Ha sognato di essere il suo aguzzino perché la sua mente ed il suo cuore desiderano l’esatto opposto e le ricordano che forse un tempo ne sarebbe stato capace. Silenziosamente ringrazia la sua donna ogni giorno per aver scacciato i fantasmi del suo passato, che in questo periodo hanno deciso di tornare a tormentarla… e sa perché?- Vegeta per la prima volta era rimasto senza parole… non aveva fiatato, non aveva pronunciato nemmeno una sillaba durante l’analisi del dottore ed ora attendeva altrettanto silenziosamente la conclusione di quell’enfatica diagnosi inaspettatamente tanto veritiera quanto amara.
-Perché per la prima volta in tutta la sua vita si è lasciato andare ai sentimenti, a quelle emozioni che aveva rinchiuso in quella gabbia fatta di rancore ed odio, temendo di essere deluso un’altra volta ed ecco il perché dei suoi incubi. Ha semplicemente subito impotente, sotto la volontà dei suoi tristi ricordi che le rammentavano di essere stato un essere malvagio e, per questo motivo, immeritevole di ricevere amore. Ma le hanno anche mostrato le vere ragioni del suo essere impuro. Lei ha sofferto e, per questo motivo, ha causato dolore ad altre persone, colpevoli solo di aver avuto una vita migliore della sua- lo sguardo del saiyan era assente. Quell’uomo aveva davvero scavato nel suo animo ed era riuscito a ricavarne la sua storia. La storia del principe dei saiyan.


Salve gente,
Sinceramente non so cosa dire... dovrei scrivere qualcosa che abbia un senso, ma sono bloccata! Lo so, non sono normale! L’unica cosa che mi viene in mente è che ieri ho visto Pearl Harbor, bellissimo film sulla seconda guerra mondiale ed ho pianto come una fontana! Questo il motivo del piccolo pensiero sulla guerra. Ma l’idea di affrontare, seppur brevemente, questo tema mi è stata gentilmente offerta da Zappa, che ringrazio con tutta me stessa! Sei un angelo! <3
Adesso a voi la parola! Anche perché non so più che scrivere!
Baci, Luu.

P.s. Volevo ringraziare: (lo so, sono ripetitiva. Ma vabbè..!).
StarDoll95, Zappa e angelo_nero per le recensioni
cassandra76, countrygirl_90, higoku, Kay_Loves_DB, angelo_nero, Armstrong_92, haflinger_95, Silver saiyan, Panty GS e Deby93 per aver inserito la storia tra le seguite
66S_Fvendetta, coniglietto 94 e carmelina 89 per averla inserita tra le preferite!
Grazie infinite <3

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Per la prima volta in tutta la sua vita, il principe dei saiyan non sapeva come comportarsi. Aveva di fronte un uomo, un semplicissimo insulso terrestre, che in poco tempo era riuscito a comprendere fino infondo la sua essenza più recondita.
-Signor Vegeta, ora lei prova profondo rancore nei confronti di Freezer, ma dovrebbe anche considerare il fatto che se non fosse per lui, lei non sarebbe l’uomo che è oggi…-
-Quindi dovrei ringraziarlo?!- il tono di Vegeta risultava irritato, ma il dottore colse in quella domanda retorica, una sfumatura di dolore che lo lasciò alquanto amareggiato.
-Non voglio dire questo… vorrei solo che questi incubi non la facciano sprofondare nell’odio verso i tempi andati, vorrei che lei capisse l’importanza del presente e che si lasci alle spalle i ricordi di quella vita fondata dal dolore- il principe aveva compreso l’importanza di quelle parole, ma c’era ancora un problema da risolvere, l’unico motivo per cui aveva deciso di sottoporsi alle domande di quell’ostinato psicologo.
-Sì, ho capito e devo ammettere che mi hai sorpreso, dottore… ma ancora non mi hai detto cosa devo fare per liberarmi dagli incubi- il dottor Hans iniziò a riflettere, aveva intenzione di aiutare fino in fondo il suo paziente e, ormai abituato al tono derisorio del moro, sorrise sicuro delle proprie capacità di psicologo e continuò il suo lavoro.
-Ovviamente eviterei inutili e costosi farmaci che, detto tra noi, non servono proprio ad un bel niente… direi di evitare ulteriore stress, di mangiare cibi sani, lo so che sembra strano, ma anche l’alimentazione può infierire nel sonno e soprattutto le consiglierei di parlare dei suoi incubi con qualcuno- il saiyan rimase stupito dall’ultima affermazione.
-Non è quello che ho appena fatto?- chiese con tono evidente, ma il dottore non sembrava essere dello stesso parere.
-Certo, ma le farebbe bene parlarne con sua moglie… raccontare gli incubi alle persone care, può aiutare a superare questi brutti periodi. Provare per credere!- disse fiducioso delle proprie parole, ma dovette fare un ulteriore appunto, notando lo sguardo confuso del saiyan.
-Beh, ovviamente eviterei di raccontare la parte in cui è presente anche la signora Briefs… sarebbe alquanto sconveniente!- disse trattenendo un sorriso divertito, ma alquanto inopportuno.
Proprio in quel momento la porta di casa si aprì facendo entrare la figura di Bulma accompagnata dal piccolo Trunks.
Per un istante che sembrava infinito, la turchina rimase impietrita ad osservare i due uomini che la guardavano senza proferire parola.
-Papà, chi è quel signore?- chiese il piccolo saiyan, rompendo il silenzio che era calato improvvisamente. Il dottore guardò Vegeta, che scosse leggermente la testa, facendogli capire che una menzogna in quel momento sarebbe stata la scelta più opportuna. Ma prima che il biondo potesse dire o fare qualcosa, Bulma preferì intervenire.
-Trunks, tesoro… lasciaci soli un minuto- il piccolo, seppur estremamente incuriosito da quella bizzarra situazione, decise di acconsentire il volere della madre, soprattutto dopo aver notato l’occhiata gelida lanciatagli dal padre.
Quando i tre adulti rimasero soli, la scienziata non sapeva davvero cosa dire, si sentiva avvilita per aver nascosto al marito le sue telefonate e le visite allo studio del dottor Hans e per aver costretto quest’ultimo a sopportare il caratteraccio di Vegeta. Ma con un profondo sospiro, prese coraggio e cominciò le sue scuse.
-Mi dispiace molto, Vegeta. Avrei dovuto dirti che da un po’ di tempo mi consultavo con il dottor Hans, ma sapevo che non l’avresti presa bene- il saiyan trovava ormai inutile quella richiesta di perdono, ma doveva ammettere di esserne estremamente compiaciuto. Vedere una donna determinata ed orgogliosa come Bulma chiedere scusa, era una di quelle rivincite alle quali non poteva resistere.
-Volevo scusarmi anche con lei dottor Hans, avrei voluto accoglierla come si deve, ma ero ad una riunione di lavoro e poi sono dovuta andare a prendere mio figlio a scuola…- la scienziata era davvero mortificata dalla situazione ed il rossore dipinto sulle sue gote ne era la prova.
-Non deve scusarsi di nulla, signora Briefs! Sua madre mi ha accolto con molta enfasi e mi ha gentilmente indicato dove si trovasse suo marito- Vegeta digrignò i denti e la vena pulsante sulla fronte palesava la sua profonda irritazione “lo sapevo che c’era lo zampino di quell’oca!” pensò adirato.
-Ha sposato un uomo davvero forte, signora Briefs!- sorrise voltandosi verso il saiyan. Quest’ultimo, ancora intento ad imprecare mentalmente contro sua suocera, si accorse dello sguardo puntato su di lui ed incrociò le braccia al petto con la solita aria superiore.
-Ne dubitavi, per caso? Ora sparisci e non farti più vedere- ma l’espressione che accompagnò quella frase irrispettosa, fece intendere al dottore che quel mezzo sorriso fosse un semplice grazie.
Bulma, però, non sembrava essere dello stesso parere.
-Vegeta!!! Chiedi immediatamente scusa, razza di scimmione maleducato!- ma il saiyan, le diede le spalle, facendola scaldare ancora di più. Bulma sapeva bene quanto il marito adorasse farla arrabbiare e non aveva intenzione di dargli questa soddisfazione, quindi prese un bel respiro profondo e tornò a rivolgersi gentilmente allo psicologo.
-Dottor Hans, lo scusi è che..-
-Non si preoccupi- detto questo fece per uscire, quando la donna lo fermò ed iniziò a frugare nella propria borsetta.
-Ecco prenda questi soldi, per il disturbo…- disse porgendogli una notevole somma di denaro, che il dottore rifiutò sorridendo cordialmente.
-Non ce n’è bisogno- poi posò nuovamente lo sguardo sulla schiena del suo paziente, che evidentemente non aveva intenzione di voltarsi a salutarlo –perché non c’è stata nessuna terapia- concluse sereno.
Vegeta sorrise di nascosto, doveva ammettere che per quanto quell’essere inferiore lo avesse fatto incazzare, alla fine era riuscito a comprenderlo al volo. Bulma, d’altro canto, annuì comprensiva verso lo psicologo. Non aveva minimamente preso in considerazione l’ipotesi che suo marito si fosse sottoposto ad una visita del genere, ma almeno era sollevata del fatto che il tedesco fosse ancora tutto intero.
-Beh, allora io vado. E’ stato un piacere rivederla, signora ed è stato un piacere conoscere anche lei, signor Vegeta!- ma quest’ultimo fece finta di non sentirlo e si diresse verso la sua camera da letto.
-Arrivederci, dottor Hans e scusi ancora i modi sgarbati di mio marito. Lui è solo un po’…-
-E’ un uomo speciale, un uomo che ha sofferto … gli stia vicino e non si preoccupi, il suo è solo un modo per proteggersi- Bulma rimase stupita dalle parole del dottore, ma non fece in tempo a ribattere che il biondo era già salito su un taxi ed era partito, lasciandosi alle spalle una storia tanto bizzarra quanto istruttiva.
Non gli era mai capitato in tutta la sua carriera di imbattersi in uomini così caparbi ed orgogliosi, così attaccati alla vita da rimettersi in piedi nonostante le più dolorose difficoltà. C’era davvero da imparare dal signor Vegeta, che seppur apparentemente rude ed irascibile, nascondeva nella parte più recondita della sua anima, una grande fragilità interiore portando con sé un peso insostenibile, ma troppo difficile da condividere…

                                                                                                           ***

Lo aveva trovato disteso sul letto, con un braccio dietro la testa e lo sguardo rivolto al soffitto. Notando che non si degnava di parlarle, decise di fare lei la prima mossa.
-Hai intenzione di dirmi cosa è successo o preferisci startene lì fermo senza rivolgermi la parola?- la voce di Bulma lo risvegliò dai suoi pensieri, ma non si voltò a guardarla, non era convinto di voler raccontarle i suoi incubi.
-Cosa vi siete detti?- la donna era curiosa, aveva il timore che suo marito fosse stato troppo sgarbato con il dottor Hans, in fondo era un eccellente psicologo, il migliore in città e sicuramente una bravissima persona. Il saiyan si decise a guardarla e solo in quel momento si rese conto di quanto sua moglie fosse particolarmente sexy quel giorno. Il vestito blu le fasciava perfettamente quel corpo da dea e contrastava il candore della sua pelle profumata. Quell’inebriante odore di rosa, che il suo olfatto saiyan riusciva a percepire anche a metri di distanza, lo aveva portato a trarre un respiro profondo per inalarne il più possibile.
-Che cos’hai da sospirare? Ti dà così fastidio la mia presenza?!- Bulma non aveva compreso i reali pensieri di Vegeta e, convinta che il saiyan avesse intenzione di mettere a dura prova la sua pazienza, iniziò una delle sue solite ramanzine.
-Sei veramente un maleducato, sai?! Il dottor Hans è stato gentilissimo a passare per sincerarsi delle tue condizioni e tu non lo hai neanche salutato!- la scienziata iniziava a scaldarsi, divenendo sempre più paonazza. Tolse quelle fastidiosissime scarpe dal tacco decisamente troppo alto e le spinse lontano. Quel succinto abito blu, iniziava ad andarle stretto e decise di slacciarne la zip per poterlo sfilare e liberarsi così da quella stretta soffocante
-Credevo che vivendo qui sulla Terra avresti imparato a rispettare le altre persone! Credevo che avresti iniziato ad apprezzarle, ma mi sbagliavo!- fece scivolare il vestito sui fianchi, fino a terra, rimanendo in sottoveste. Ciò che fece irritare di più la turchina, non era l’effettivo comportamento del marito nei confronti dello psicologo, ma l’indifferenza che si ostinava a palesare dinanzi al suo appassionato discorso. Se ne stava lì, sdraiato, con un’espressione indecifrabile dipinta sul volto. Avrebbe tanto voluto prenderlo a schiaffi, se solo non avesse avuto a che fare con un super saiyan.
-Sono davvero arrab…- ma non riuscì a terminare la frase che due labbra sottili catturarono le sue con una passione tanto travolgente quanto spiazzante. Vegeta si era stancato di sentirla parlare, l’unica cosa che voleva fare in quel momento, era riprendersi ciò che per troppo tempo aveva rimandato. Così prese a scorrere la mano lungo quei fianchi esili, coperti solo dal sottile strato di seta continuando a baciarla, ad assaporare quelle labbra rosee e morbide che gli erano mancate da morire. Le loro lingue si intrecciarono con foga ed il saiyan constatò piacevolmente quanto fosse mancato anche a lei quel contatto così passionale. Bulma si ritrovò con la schiena poggiata sulla porta della loro camera ed abilmente riuscì a chiuderla a chiave senza smettere un solo istante di godere di quell’ardore soffocato troppo a lungo. Vegeta si tolse la maglia ormai divenuta un intralcio alle sue maliziose intenzioni e rabbrividì al tocco audace della compagna che con le dita sottili passava a rassegna il suo petto scolpito, segnato dalle cicatrici del suo triste passato. La turchina si liberò della sottoveste e, a quella vista paradisiaca, il saiyan non resistette ulteriormente, facendola sdraiare sul letto...

Dopo l’amplesso, Bulma aveva l’abitudine di accoccolarsi al suo petto granitico e di solleticarlo con i suoi morbidi capelli turchini. E di solito finiva con l’addormentarsi, cullata dal respiro roco del marito e dal battito regolare del suo cuore, constatando ogni volta quanto breve fosse il tempo di ripresa di un saiyan.
Vegeta si era rassegnato da tempo ai modi invadenti della consorte, trovando ormai piacevole quel contatto delicato che sottolineava il loro rapporto così profondo, ma accuratamente celato agli occhi degli altri. Lì, in quella camera da letto, lui le dimostrava quanto l’amasse e lei aveva compreso che futili discorsi sull’amore non facevano per loro.
-Bulma, ti devo parlare- quelle parole quasi sussurrate, la portarono a guardare il marito negli occhi e a comprendere l’effettiva importanza del discorso che stavano per affrontare.
-Cosa devi dirmi?- chiese curiosa, ma al tempo stesso preoccupata. Ogni volta che Vegeta doveva parlarle, si trattava sempre di quegli argomenti che provocano strane sensazioni alla bocca dello stomaco, sensazioni che scombussolano e che possono portarti al culmine della felicità oppure farti sprofondare in un baratro di tormenti. C’era stato il giorno in cui era rimasta incinta e la sera stessa Vegeta l’aveva informata della sua partenza per lo spazio. C’era stata la volta in cui era tornato dopo la sconfitta di Cell ed aveva deciso di vivere con lei e di crescere il loro figlio. E poi c’era stato il momento in cui le aveva chiesto scusa. Quella notte, dopo la vittoria contro Majin Bu, lui le aveva domandato perdono e le aveva confessato di essersi odiato per ciò che aveva fatto al torneo Tenkaichi, per essersi fatto possedere e per aver messo a repentaglio la sua vita.
Così dopo secondi che sembravano infiniti, in cui la turchina non aveva idea di come dovesse reagire nell’udire quella premessa, il saiyan si decise a parlare.
-Voglio raccontarti i miei incubi- finalmente il principe si era deciso a parlarne e a Bulma non restava altro da fare che sgranare gli occhi ed ascoltare in silenzio.



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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Per tutta la durata di quel tetro racconto Bulma era rimasta con il fiato sospeso, cercando di assimilare ogni singola sillaba pronunciata dal marito. Era sconvolta. Così sconvolta da non riuscire ad esprimere a parole l’immenso dolore che aveva provato nel momento in cui lo straziante passato del suo uomo si era fatto vivido nei suoi pensieri. Vegeta le aveva raccontato atono delle esperienze atroci collegandole poi ad incubi insostenibili per una mente umana, ma lui di umano non aveva nulla se non le sembianze. Davanti a lei c’era il principe dei saiyan, l’essere più forte dell’intero universo. Adesso ci credeva davvero.
Ad ogni frase, ad ogni rivelazione, Vegeta aveva sentito dentro di sé il peso della sua vecchia vita scemare gradualmente fino a liberarsi completamente di quelle tremende rimembranze che si erano riflesse nei suoi sogni. Era riuscito a mantenere i nervi saldi anche nel momento in cui il suo racconto aveva toccato l’esperienza più ripugnante della sua vita, quando era giunto al momento in cui Freezer lo aveva portato in quella stanza buia e lo aveva reso schiavo nel corpo e nella mente. Ma non ce l’aveva fatta a guardarla negli occhi. Non era riuscito a parlarle riflettendosi in quelle iridi azzurre e profonde, si vergognava anche se non aveva colpe. Si vergognava anche se lui era stata la vittima, perché non era riuscito a reagire, perché si era sentito minuscolo dinanzi l’immensa potenza del despota e da quel giorno il suo orgoglio bruciava come lava incandescente, bramando quella giusta vendetta che non avvenne per mano sua.
Due esili braccia circondarono il suo corpo massiccio, cercando disperatamente di confortarlo.
-Mi dispiace- glielo aveva sussurrato tra le lacrime accarezzando una delle numerose cicatrici che solcavano la possente schiena -Mi dispiace davvero tanto, Vegeta. Io non credevo che quel mostro di Freezer fosse arrivato a tanto. Non credevo che tu… Dio!- aveva affondato il suo candido viso sconvolto nell’incavo del collo del marito. Quest’ultimo non riusciva a ricambiare quel caldo abbraccio, il suo sguardo era perso nel vuoto e la sua mente persa in quei ricordi lontani, ma irrimediabilmente troppo nitidi. Non era mai riuscito a liberarsi da quell’infausta vicenda, a vivere la sua vita appieno, senza timori o vincoli psicologici. Ma ci aveva provato. Ci aveva provato infinite volte, aveva tentato invano di dimenticare e di ricominciare, ma ogni volta che si trovava ad un passo dalla felicità, gli incubi lo facevano tornare indietro, lo riconducevano verso i tempi oscuri in cui non aveva fatto altro che soffrire ed odiare. E lo rendevano diverso. Ma in effetti lo era sempre stato. Durante gli anni al servizio del tiranno, quando si distingueva dalla massa di soldati che tremavano dinanzi al padrone, lui guardava in faccia quel bastardo pervertito riflettendo le iridi d’ossidiana in quelle di fuoco e si incazzava ed urlava per onore e giustizia. Anche lì su quel pianeta celeste e meraviglioso si era accorto di essere troppo distante dai terrestri, specialmente nei giorni in cui la moglie aveva voglia di stare in compagnia dei suoi insulsi amici e lo costringeva ad assistere a scenette rivoltanti. Lui non amava le feste perché in quei momenti non aveva nulla da festeggiare. Lui se ne stava in disparte mentre tutti parlavano allegramente perché non aveva nulla di divertente da dire. Lui era diverso, ma il mondo non lo aiutava ad integrarsi e tutto appariva futile e deprimente.
Non credeva possibile per un saiyan arrivare a desiderare una vita diversa da quella che aveva trascorso, priva di massacri e violenze solo per riuscire ad ambientarsi in un universo che non era il suo. Ricordava fin troppo bene quell’eccitazione che avvertiva nel vedere le proprie vittime spegnersi dopo atroci sofferenze, vederle invocare la dea della morte, poiché troppo era il dolore inflitto dal sovrano dei guerrieri con la coda. Gli occhi neri e profondi brillavano in quei momenti in cui sangue alieno macchiava il suo nobile viso, giovane e bello. Una bellezza letale e contorta. Vegeta era stato una sorta di ossimoro, un controsenso che ingannava. Il suo aspetto puerile trasmetteva pace, ma il suo animo esperto acclamava guerra. Questo era stato il principe dei saiyan, uno stratega eccellente e privo di compassione, vittima e mietitore alla mercé di un tiranno che un tempo possedeva l’universo intero. Ma le parole del dottor Hans ancora echeggiavano tra i suoi pensieri. Aveva sempre creduto di essere nato malvagio, destinato a compiere brutalità e a subirne, ma la verità era che non ricordava molto della sua infanzia prima dell’arrivo di Freezer e probabilmente era stata solo l’ingiustizia a renderlo schiavo del male. Almeno così aveva cominciato a sperare.
Bulma intanto non riusciva a smettere di piangere e si odiava per non aver compreso fin da subito la sofferenza che Vegeta aveva portato con sé per tutti quegli anni. Ripensava alle sue parole, al modo in cui le aveva confessato i suoi più profondi segreti e tormenti. Non avrebbe mai dimenticato una vicenda in particolare di quel dettagliato racconto, la vicenda che l’aveva portata a disperarsi e ad imprecare contro se stessa per essere stata così cieca. Con tono pacato il principe dei saiyan aveva fatto attenzione a scandire bene ogni sillaba durante quell’anomalo discorso e la scienziata poté giurare di aver sentito tremare più di una volta la sua voce calda, che mai prima di allora aveva ceduto alle emozioni…

“Ero molto piccolo, avevo scoperto da pochi giorni che il mio pianeta era esploso a seguito della morte di mio padre, che aveva tentato invano di contrastare la supremazia di Freezer. Per la prima volta capii cosa significasse sentirsi soli. Soli in tutto l’universo, riesci ad immaginare? Dannazione, avevo solo sette anni e già sentivo sulle mie spalle il peso di responsabilità che un bambino non dovrebbe avere. Dovevo mantenere alto l’onore della mia famiglia, di mio padre che era morto in nome della libertà e di mia madre che avevo visto esalare ingiustamente l’ultimo respiro immersa in una pozza di sangue. Sapevo di rappresentare la stirpe più temuta della galassia ed il mio compito era quello di vendicare la mia natura, ma ricordo che l’unica cosa che volevo fare in quel momento, era scappare. E piansi. Ogni notte per un anno, ma non era finita…” Bulma stava soffrendo ed i suoi occhi lucidi ne erano la prova. Riusciva a percepire ogni singola emozione del compagno e continuava a fissarlo turbata, in attesa del seguito di quel discorso che si preannunciava sempre più doloroso. “Ci fu un giorno che non dimenticherò mai, il primo di molti altri giorni che la mia mente aveva tentato invano di rimuovere attraverso ricordi di battaglie e conquiste” fece una pausa voltandosi a guardare un punto indefinito della parete, non credeva di farcela. Prese un respiro profondo e continuò nonostante l’enorme peso che avvertiva sul cuore. Ormai non poteva tirarsi indietro. “Mi avevano detto che voleva vedermi” strinse i pugni per frenare le proprie emozioni “che dovevo andare a cercarlo” la turchina non ci mise molto a capire a chi il marito si stesse riferendo. Probabilmente il dolore suscitato da quel racconto che stava per intraprendere con tale difficoltà non gli permetteva neanche di pronunciare il nome di quel mostro di Freezer. Ed iniziò inevitabilmente a tremare, percependo il disagio del marito. “Così mi ritrovai dinanzi ad una porta che non avevo mai visto, mi avevano detto che lo avrei trovato lì. Ma quando varcai la soglia di quella stanza stranamente troppo oscura, capii che qualcosa non andava. Avevo un pessimo presentimento, ma non ero di certo un codardo e mi richiusi la porta alle spalle attendendo immerso nelle tenebre. E fu un grave errore”. Si bloccò di colpo. Non riusciva a continuare, ma stavolta Bulma non fu in grado di attendere in silenzio, doveva sapere e quei secondi di assoluto silenzio le risultavano interminabili “Cos’è successo, Vegeta?”quelle parole uscirono come un sussurro ed il saiyan si sentì in dovere di rispondere, ma lo fece ponendole un’altra domanda. Una domanda che poteva risultare banale, ma che per lui aveva davvero importanza. “Sei sicura di volerlo sapere?” la donna annuì e Vegeta fu costretto a continuare, ingoiando tutto il rancore che lo corrodeva dall’interno. “Non mi avevano mentito, lui era lì. Ma io non riuscivo a vederlo. Sentii la sua coda intorno al collo e poi… c’erano delle catene…” gli occhi del principe presero a pizzicare, bruciavano dallo sforzo di non versare neanche una lacrima, doveva resistere. Ne andava del suo orgoglio, di quella dignità che gli era stata tolta in un modo estremamente brutale; perché Freezer non poteva averla vinta.
“Mi aveva legato in quelle morse dal materiale indistruttibile e aveva cominciato a prendermi a pugni finché il sangue che colava dal mio volto non sporcò anche il pavimento e le pareti intorno” Bulma sussultò ricordando quanto potente fosse stato quel mostro e quanto dolore avesse potuto provare un bambino nelle sue grinfie. Lo odiava adesso più di prima. Ma ciò che ancora non sapeva era che la parte peggiore della storia, doveva ancora sopraggiungere “Continuava a dirmi che dovevo guardarlo negli occhi, mentre continuava a martoriarmi, attento a dosare la forza per evitare di mandarmi all’altro mondo. Il suo unico obiettivo era quello di farmi soffrire, non di uccidermi. Perché lui aveva bisogno di me…
Smise per un istante di picchiarmi e mi decisi ad incontrare i suoi occhi rossi che anche al buio brillavano di luce malvagia. E fu un altro errore. Mi liberò dalle catene ed ero convinto che mi avrebbe finalmente lasciato in pace, ma mi sbagliavo. Quello era solo l’inizio”. Il principe continuava ad evitare di incontrare il viso stravolto della compagna. La sentiva singhiozzare ed era già abbastanza doloroso. Se avesse visto le lacrime bagnarle le gote, sarebbe esploso anche lui. Anche se ne avrebbe avuto bisogno, non poteva lasciarsi andare alle emozioni in presenza di qualcuno. Nonostante questo qualcuno fosse la sua Bulma. “Prese ad accarezzarmi la schiena. Quel tocco viscido mi paralizzò e compresi che di lì a poco la mia vita sarebbe cambiata. Non feci in tempo a reagire che mi ritrovai con il volto schiacciato a terra… Bulma, io non credo che possa esistere esperienza peggiore…” fu allora che la turchina comprese. E trattenne il respiro sperando con tutto il cuore di aver inteso male. “Quando uscii da quella stanza ero irriconoscibile. Non solo perché vestito unicamente di sangue, ma perché da quel giorno non fui più lo stesso… e cominciai a seminare terrore e distruzione senza comprenderne appieno il motivo. Sapevo soltanto di averne un disperato bisogno”…


-Vado ad allenarmi- nell’udire quella frase Bulma si separò dal marito, quel poco che bastava a guardarlo negli occhi. In quelle iridi che sembravano spente, di un colore opaco rispetto al solito color ossidiana, ma soprattutto quello sguardo vuoto si ostinava a puntare altrove, provocandole una dolorosa fitta all’altezza del cuore. Vegeta fece per alzarsi quando Bulma lo fermò afferrando delicatamente il suo volto tra le mani. -Tesoro, guardami-  il saiyan si decise ad incontrare quei bellissimi occhi azzurri arrossati dalle lacrime -Mi dispiace per tutto ciò che hai dovuto subire a causa di quel mostro, ma ora ci sono io, c’è Trunks e dovresti concentrarti su questa parte della tua vita. Finalmente sei riuscito a trovare la tanto agognata pace che ti è stata sottratta quando eri solo un bambino… ed in effetti è proprio grazie a tutta la sofferenza passata che oggi sei qui con me e con tuo figlio. Credo che tu possa considerarti finalmente libero- il saiyan era rimasto sorpreso da quelle parole, ma sapeva che la moglie aveva altro da aggiungere. Per questo motivo, dopo aver parlato a lungo dei suoi tormenti, ora spettava a lui restare in silenzio ed attendere il seguito di quel confortante discorso.
-Pensaci bene. Se Freezer non avesse distrutto il tuo pianeta d’origine, se non ti avesse arrecato quelle ripugnati torture e se tu non fossi diventato uno spietato assassino a causa di esse, non avresti deciso di giungere sulla Terra e combattere contro Goku per poi incontrare me e diventare l’uomo che sei adesso- Vegeta iniziò a riflettere -Tu potrai anche non confidare nel destino, ma io ci credo fermamente e sono convinta che, nel momento in cui veniamo al mondo, la nostra storia è già stata scritta da un pezzo- sorrise continuando ad osservare il compagno che sembrava incantato da quel ragionamento. -Potrai pensare che io sia irrazionale, ma ho sempre ritenuto che per ogni spiacevole vicenda ci sia un futuro che rimedi ad essa- lo abbracciò di nuovo.
-Devi solo volerlo, Vegeta-.

Dopo quel lungo discorso avuto nella camera da letto, privo di indiscrete interruzioni, Vegeta si era chiuso di nuovo nella Gravity Room, ma con uno spirito sereno e determinato. Aveva intenzione di tornare a vivere appieno ogni istante che il destino gli aveva concesso e godersi quella felicità che gli era sempre stata negata in quel regime del terrore nel quale era stato costretto. Così continuò a fare ciò che aveva lasciato in sospeso, tutte le attività che amava svolgere: incrementare la propria forza combattiva, allenare suo figlio, mangiare e ritrovare la passione che lo aveva sempre legato alla sua donna.

La vita proseguiva tranquilla ed indisturbata, il principe dei saiyan era riuscito a riscoprire la bellezza della notte e finalmente aveva iniziato a sorridere di più e, a volte, si era persino lasciato andare a momenti di spensieratezza, scherzando amorevolmente con il figlio o prendendosi gioco dell’inettitudine di Goku, ritrovando anche con lui un esilarante rapporto di simulata rivalità.

                                                                                                       ***

L’alba non era mai stata così bella agli occhi degli spietati mercenari. I tre Soli sorgevano lentamente illuminando quel bagno di sangue avvenuto durante la notte. Li avevano colti alla sprovvista ed ora le truppe impreparate di quegli alieni senza gloria giacevano inermi formando cataste di cadaveri in putrefazione. Il fetore che provocavano si mischiava al profumo della vittoria percepita da coloro che dall’alto osservavano la loro impresa. I tre saiyan avevano svolto un lavoro egregio ed il sommo tiranno non avrebbe potuto fare altro che dimostrare il suo apprezzamento per quello sterminio. Ma uno dei guerrieri con la coda, il più saggio nonostante la giovane età, sapeva che sarebbe stata pura utopia. Ma non disse nulla e tornarono alla base…

La coda del mostro non era mai stata così viscida. La faceva scorrere sul terreno fangoso sporcandola e rendendola umida di acqua piovana prima di scagliarla contro i suoi affaticati avventurieri. Il dolore provocato da quelle lubriche quanto potenti frustate, non faceva che alimentare la rabbia ed il rancore di quei soldati che mai si erano rassegnati dinanzi alla paura. Il loro essere non glielo permetteva. Il principe digrignava i denti ad ogni potente colpo e, mentre la carne della schiena si lacerava e bruciava, quando il sangue sgorgava copioso dalle innumerevoli ferite mischiandosi alla pioggia, stringeva i pugni e cercava di frenare le lacrime provocate da quell’estremo dolore fisico. Solo suoni gutturali accompagnavano quella tortura infinita, nessuno dei tre avrebbe urlato. Non dovevano cedere, poiché erano nel giusto.


Si era svegliato di soprassalto come se quelle potenti frustate fossero state reali. Non riusciva a credere che fosse successo ancora, che gli incubi fossero tornati. Si voltò verso Bulma, ma quest’ultima dormiva profondamente. Così scese silenziosamente dal letto facendo attenzione a non disturbarla e si recò in terrazzo per prendere una boccata d’aria fresca con lo scopo di rilassarsi e soprattutto di riflettere.

Osservò a lungo la luna, era splendida. Era sempre riuscito a trovare un minimo di conforto dalla luce fioca che emanava, ma quella notte sembrava volesse semplicemente mostrargli la verità…
-Non riesci a dormire?- la voce assonnata di Bulma era giunta alle sue orecchie come un richiamo soave che lo portò a voltarsi leggermente.
-Un altro incubo- lo aveva ammesso, non aveva problemi e ormai aveva scoperto il piacere di confessarsi con la compagna, invece di affidare le proprie ansie ed angosce ad un io interiore capace solo di renderlo più scosso di quanto già non fosse.
-E stai bene?- il saiyan non rispose, continuando ad osservare quel meraviglioso plenilunio che illuminava Città dell’Ovest, creando un’atmosfera quasi surreale.
-Vegeta, ricordi ciò che ti ho detto giorni fa?-
-Certo. Per chi mi hai preso, donna?- sorrise amaramente, non era più convinto della validità dei consigli del dottor Hans. In fondo aveva fatto ciò che gli era stato detto, parlando a Bulma degli incubi, a cosa fossero legati e quest’ultima era riuscita a fargli comprendere il significato della parola destino attraverso bellissime parole che per un breve lasso di tempo lo avevano aiutato. Ma adesso quei remoti rancori erano tornati a disturbare il suo sonno e solo ora riusciva a comprenderne il motivo…
-Bene, allora vieni a dormire che qui fuori si gela- la turchina accompagnò quelle parole con uno splendido sorriso che però non riuscì ad ottenere il risultato sperato.
-Io resto qui ancora un po’- Bulma preferì non insistere ed annuì comprensiva.
-Va bene, tesoro. Ma ricordati che è stato solo un incubo e sono sicura che questa storia finirà presto-…

Rimasto solo, Vegeta sospirò profondamente e sorrise ripensando all’ultima frase che aveva pronunciato la moglie prima di rientrare in casa. Si sbagliava, ma non aveva avuto il coraggio di dirglielo scegliendo di non arrecarle inutili preoccupazioni. Si era reso conto dell’amara verità nel momento in cui si era ridestato da quello che secondo Bulma era stato solo un incubo, ma non era così. Non per lui. Quelli che per giorni lo avevano tormentato non erano stati comuni incubi, bensì ricordi reali riflessi nel mondo dei sogni e sapeva che non lo avrebbero abbandonato mai. Perché il passato si può accantonare, sovrastare, celare dietro piacevoli considerazioni, ma non si può dimenticare.
L’immagine di Freezer non era una semplice, terribile chimera, era parte della sua storia. Di quella storia troppo devastante da poter archiviare, quella storia che aveva lacerato il suo animo. Quella storia che lo aveva fatto sentire sporco, che lo aveva portato ad odiarsi. Ed era arrivato alla conclusione che gli psicologi, le belle parole e l’amore possono aiutare durante il giorno, quando la mente è impegnata a godersi la vita, ma dalla notte non ci si può sottrarre a lungo. In quei momenti si è soli con i propri pensieri, con i propri tormenti e si avvia un autolesionismo in cui la propria anima nera sovrasta le dolci rimembranze correnti, mostrando di nuovo e per sempre le immagini nitide e terribili di esperienze dagli artigli affilati che afferrano e trascinano verso il baratro infernale dei tempi andati.
Vegeta questo lo aveva compreso fin troppo bene ma sorrise lo stesso, pensando che in fondo la crudeltà che aveva sperimentato sulla propria pelle e quella che aveva dispensato di rimando nella galassia, lo avevano reso quello che era oggi. Lo avevano reso potente. Accettò quindi il suo destino, pronto a vivere un futuro in cui il passato non sarebbe stato tale, ma che avrebbe sempre continuato ad affrontare a testa alta. Non gli avrebbe permesso di vincere ancora, perché lui era Vegeta, il solo ed unico principe dei saiyan.



Fine.


Ciao a tutti! Finalmente sono riuscita a liberarmi dagli impegni e ad aggiornare l’ultimo capitolo :)
Ebbene sì! Siamo giunti al termine di questa breve quanto intensa storia. Vi assicuro che scriverla non è stato facile, ma devo dire di essere abbastanza soddisfatta del risultato. Sì, lo so che forse vi aspettavate un finale stile “E vissero per sempre felici e contenti” ed in effetti era stata l’ipotesi che fino all’ultimo avevo preso in considerazione per terminare questa fiction, ma poi ho optato per qualcosa di più realistico e non potete negare che sia così… insomma, un trauma non si dimentica. Figuriamoci un susseguirsi di così brutte esperienze! Ma se volete esprimere la vostra opinione a riguardo, sarei immensamente felice di leggere cosa ne pensate e soprattutto se il mio lavoro vi abbia fatto riflettere sul meraviglioso personaggio che è Vegeta. Un personaggio che, a mio parere, non ha avuto lo spazio meritato nell’opera del maestro Toriyama, ma per fortuna esistono le fanfiction che rimediano a questa mancanza ;)
Detto questo vi saluto e aspetto con ansia i vostri commenti <3

P.S. Volevo ringraziare tutti coloro che mi hanno seguito e sostenuto aiutandomi a dare il meglio di me in questa piccola fiction:
Zappa, StarDoll95 e angelo_nero per le recensioni
cassandra76, countrygirl_90, higoku, Kay_Loves_DB, angelo_nero, Armstrong_92, haflinger_95, Silver saiyan, Panty GS e Deby93 per aver inserito la storia tra le seguite
66S_Fvendetta, coniglietto 94 e carmelina 89 per averla inserita tra le preferite!

Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e tutti coloro che in futuro vorranno leggere questa storia <3
Un bacio grande e alla prossima ;)
Luu.



 

 

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