No Time Left

di Utrem
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un mondo nuovo? ***
Capitolo 2: *** L'analisi prosegue ***



Capitolo 1
*** Un mondo nuovo? ***


                           No Time Left.

                                                                                                                

                                                                                    1. Un mondo nuovo?







Poggiò prima il piede destro, poi il sinistro: il rumore di entrambi i passi era stato reso ben distinguibile dal terreno impregnato di quell’acqua, che pareva essere la soluzione di sali particolari e vistosamente colorati.
Inoltre, l’atmosfera era tale da conferire al cielo un aspetto violaceo e sfumato, quasi iridescente.
Il Dottore si soffermò ad osservare, senza alcuna consapevolezza dell’attrazione che tutti quei contrasti cromatici esercitavano su di lui.
“È qualcosa di… indescrivibile”
Susan si accostò rapidamente a lui, anch’ella rapita dalla misticità di quel luogo.
Era così concentrata da non accorgersi dell’espressione serissima, quasi malinconica improvvisamente assunta dal Dottore, e persino della lacrima clandestina che, scorrendo sulla sua gota, fu interrotta a metà da un tempestivo indice.
Il Dottore stesso, tuttavia, non riusciva a capacitarsi di quel repentino cambiamento d’animo: sapeva che qualcosa era scattato in lui, ma non sarebbe stato in grado di definirlo o individuarne una possibile causa. La sua smania di capire e apprendere, peraltro, pareva del tutto inattiva in quel momento: qualcosa gli aveva reso la testa pesante, e statica.
“Una palude di colore arancio che pullula di piante acquatiche porose con fiori giganteschi…” mormorò inaspettatamente Susan, avanzando ancora d’un passo al limite della riva, l’ultimo che poteva compiere senza bagnarsi i piedi “… un cielo che scorre veloce, tinteggiato di viola… che cos’è, Dottore?”
Questo esitò qualche attimo, gli occhi penetranti fissi su un punto imprecisato del cielo, poi rispose con voce piatta:
“Non lo so. Ma certamente non mi sta facendo del bene”.
Susan s’accigliò subito: tutto l’ammaliamento che l’inusuale paesaggio le aveva inflitto si dissolse, sostituito dalla diffidenza.
“Cioè? Cosa c’è che non va?”
Il Dottore abbassò lentamente lo sguardo, le mani che ghermivano con foga l’interno delle tasche. Gettò indietro il capo e sorrise, tristemente, piegando in basso un’estremità della bocca.
“Oh, qui? Nulla. Proprio nulla. È un bellissimo posto, ben lungi dal costituire una minaccia. Puoi stare tranquilla” s’affrettò poi a rimediare, anche se in modo poco convincente.
Susan si rabbuiò ancor di più.
“Non tenermi all’oscuro delle cose, Dottore!” lo rimproverò, incollerita “Come al solito…!”
D’un tratto, il Dottore tirò su col naso e accantonò la tristezza, riprendendo i toni abituali – tranne che nei contenuti:
“Non è niente, Susan! È solo che…  sono vecchio, sai? Ho molti grilli per la testa ed ogni singolo posto può far scaturire in me delle emozioni legate a un ricordo, o…”
“Che ricordo?”
Il Dottore arricciò buffamente il naso e fece: “Mmmh.” Poi, proseguì, facendo spallucce: “Nessuno. In verità, non sono mai stato qui. Non c’è qualcosa che mi ricordi anche solo lontanamente qualcosa di familiare… è solo tutto molto affascinante, suppongo”
Susan sorrise intenerita, accoccolando la testa sulla sua spalla e dondolandosi piano con tutto il corpo.
“Lo è. È veramente affascinante”
Il Dottore sospirò forte: “Già”.
Sollevata una mano, prese ad accarezzarle la schiena, poi la nuca; avvicinò poi, lentamente ed inesorabilmente, le labbra alla sua guancia. Susan fremette: gli cinse la schiena con amore e premura  e lo strinse forte.
Lui le sfiorò altre tre volte il viso con la bocca, prima di mormorare, mezzo intontito dal panorama, le scarpe umide e la strana eppure naturale sensazione, un nome, con una sorta di voluttuoso trasporto:
“Rose…”
Susan si staccò immediatamente, aprendo la bocca e allontanandosi di due passi. Era rossa di vergogna.
“Che… che hai detto?”
Dapprima, il Dottore apparve molto confuso dalla sua reazione; dopodiché, iniziò a prendere coscienza del misfatto e a rimanerne allibito lui stesso.
“Hai detto Rose”
E così la verità esplose come una granata nel midollo della sua passione, in una straziante, interminabile eco di quella parola: Rose.
“N-no, non l’ho detto!” replicò, mettendo istintivamente le mani avanti a sé.
Il volto della ragazza era come rimasto offuscato dal turbamento: nessuna emozione era più riconoscibile.
“Ho sentito molto chiaramente” ribatté, le sopracciglia inarcate “Ho sentito con quanta serietà prendi tutto questo. Ma non ha alcuna importanza”
“Susan… a volte certe cose appaiono in una certa maniera, pur avendo scarso significato. È una di quelle volte. Ora, io non ti chiedo di ignorare, ma di darvi l’importanza che merita… soprattutto considerando lo strano posto in cui ci troviamo…”
Il Dottore puntò sapientemente sulla fiducia incrollabile che Susan riponeva nelle sue capacità di analisi per tentar di guarire il suo orgoglio ferito. Nel contempo, si consumò a forza di domandarsi come quel nome gli fosse nato sulle labbra… come?

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Capitolo 2
*** L'analisi prosegue ***


                    No Time Left.

                                                                                                                

                                                          2. L'analisi prosegue







“Non c’è anima viva” fu infine costretto a constatare il Dottore, dopo svariate ore di testarde e frustranti analisi. In quel lasso di tempo, peraltro, nulla era mutato, non in modo significativo.
“Ma allora perché il TARDIS è stato dirottato qui?” si interrogò Susan, la voce bassa e a tratti un po’ spezzata.
“Ebbene, non ne ho la minima idea!” ammise il Dottore con virulenza, schiaffeggiandosi i fianchi.
“Però ci dev’essere un motivo… dovrai pure aver scovato qualcosa di interessante in tutto questo tempo. O ti sei distratto?” insisté Susan, che aveva cercato il conflitto sin dal disguido, più o meno inavvertitamente.
“Ma perché devi ricominciare proprio adesso?!” brontolò il Dottore, schiacciandosi irritato le tempie con le dita.
“Ti invito solo a non deconcentrarti! Io, per esempio, esplorando un po’ la valle, ho individuato una sorta di  minerale sbriciolato. Non ho idea di quanto sia rilevante, ma…”
Non aveva ancora concluso il discorso che il Dottore corrugò la fronte e le puntò contro un lungo dito accusatore. Tuttavia, riuscì a resisterle molto meno del previsto, persuaso dalla sua smorfia.
“Ok, ma perché non me l’hai detto subito?”
“Era uno di quei momenti in cui non tolleri la presenza di altri perché potrebbero ‘snaturare le tue ricerche’” rispose Susan, che appariva ironica nel tono, ma visibilmente infastidita in tutto il resto.
“D’accordo, d’accordo, d’accordo. Ora, però, muoviamoci!” la esortò il Dottore e, pensando erroneamente di dover dirigere la compagnia come al solito, mosse due passi decisi in avanti. Realizzò poco dopo che la ragazza si era spostata nella direzione opposta: così, per non dare nell’occhio, corricchiò verso di lei felino come un gatto, per riempire lo spazio che avrebbe dovuto occupare sin dal principio del movimento.
Camminarono per un po’, senza imbattersi mai in dislivelli del terreno. Infine, Susan si fermò innanzi a un gruzzolo di sassi, dall’aspetto di grosse e grezze pepite blu.
“Ecco”
Senza indugiare oltre, il Dottore inforcò gli occhiali, s’inginocchiò,  sguainò il cacciavite sonico e lo fece roteare acceso sopra le pepite.
Rimase allibito, tanto da faticare a rialzarsi.
“Cosa?” domandò quindi  Susan, che sfortunatamente aveva già intuito la presenza di un problema.
“Questi sassi contengono biomolecole” spiegò il Dottore, indietreggiando opportunamente “Ne contengono moltissime. C’è vita, qui dentro”
Senza sollevarle, Susan si mise carponi, per osservarle alla distanza più ravvicinata possibile. In effetti intravide qualcosa di lampeggiante, al loro interno: la luce era biancastra e molto fioca, forse anche per via della forte illuminazione di quel posto.
Fu sul punto d’interpellare il Dottore, quando si accorse che stava fissando incantato un paio delle pepite più voluminose. Nei suoi occhi c’era l’identico scintillio di quando lo aveva colto ad ammirare la variopinta atmosfera locale.
Susan non lo chiamò: preferì aspettare, per accertarsi che fosse stato davvero ipnotizzato. Scacciò diligentemente tutto il risentimento che serbava ancora per la questione del nome, in modo da poterlo controllare senza intoppi nel ragionamento.
“Non senti?” chiese lui d’un tratto, l’orecchio ben proteso verso la pepita più grossa.
“No…” rispose lei, allungandosi verso la pietra per quanto le era possibile.
“Dottore! Dottore! Dottore!”
La voce era un po’ disturbata e scostante, ma fece rizzare al Dottore tutti i peli del corpo.
“Mi sta chiamando!” esclamò, facendo sobbalzare gli occhiali sul naso “Una persona mi sta chiamando per mezzo di questa pietra!”
L’accumulo di curiosità lo rendeva sempre più gioioso: ormai non aveva più occhi tranne se non per quel sasso parlante. Susan cercò in tutti i modi di non farsi contagiare, ma alla fine, come ogni volta, dovette arrendersi e si mostrò compiaciuta.
Dopo qualche ascolto, la voce cominciò a sembrare una registrazione, e si fece più chiara e limpida, come se si fosse intrufolata fisicamente vicino al suo timpano.
Fu così che il sorriso svanì definitivamente dalla faccia del dottore, sostituito da una grave e profonda espressione di stupore.
“La riconosco” mormorò pianissimo, incastrando le parole fra le labbra “Riconosco questa voce!”
Susan sbuffò, amareggiata dal fatto di non poter udire nulla. “E chi è?”
Il Dottore deglutì e si girò solennemente verso di lei.
Ma Susan pensava d’aver già capito.
“Non è una voce sola, è un miscuglio di voci. La voce di Rose, di Jack, di Sarah Jane,  di Martha, dei ragazzi di Torchwood…”
Il Dottore ebbe un’intuizione.
“Susan, tocchiamo insieme questa pietra al mio tre! Uno, due, TRE!”
Susan barcollò, ma non cadde; si accorse allora che non aveva più la pepita in mano.
Erano a Londra.

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