The HitMen

di TheHellraiser
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Si vis pacem, para bellum ***
Capitolo 2: *** Leggende metropolitane ***
Capitolo 3: *** Una telefonata notturna ***
Capitolo 4: *** I tatuaggi ***
Capitolo 5: *** Lui ***
Capitolo 6: *** Casa dolce casa ***
Capitolo 7: *** Pizza ca’ mozzarella e pummarola n’coppa ***
Capitolo 8: *** Scream ***
Capitolo 9: *** Nice to meet you ***
Capitolo 10: *** Una visita a sorpresa ***
Capitolo 11: *** L'iniziazione ***
Capitolo 12: *** Come hai fatto a trovarmi? ***



Capitolo 1
*** Si vis pacem, para bellum ***


----Premessa sulla storia----
La storia non è nè propriamente horror nè propriamente thriller, è un misto fra le due, quindi, beh, l'ho messa qui xD

Il piccolo appartamento era completamente immerso nel silenzio, fatta eccezione per il leggero russare di Dylan che spezzava il silenzio di tanto in tanto. Improvvisamente, Dylan fu strappato dal suo sonno.
-Dylaaaaaaaaaaaaan! Svegliati, cazzo! Sono già le otto!
Dylan si aggrappò al lenzuolo con le unghie, spaventatissimo.
-JULIA!- sbraitò. La ragazza rise.
-Un giorno o l'altro mi farai venire un infarto- ansimò, alzandosi. Dylan Stokes, 19 anni. Professione: Detective alle prime armi della Divisione Rapine/Omicidi di New York. Prontamente svegliato da Julia, 19 anni, sua compagna di stanza. Dylan sbuffò, e Julia non smise di ridere.
-Non è colpa mia se poi sei sempre in ritardo, eh- sogghignò, prendendo un cartone di succo dal frigorifero e versandone un po' in una tazza. Dylan rinunciò a rispondere perchè sapeva che aveva ragione, e si limitò a rifugiarsi in bagno per farsi la barba e prepararsi per andare al lavoro. Si lavò il viso e si pettinò bene i capelli.
-Ehi Dy, io vado al lavoro- gli fece eco Julia dall'altra stanza.
-Va bene- le urlò di rimando Dylan. In realtà, Dylan non aveva la minima idea di che lavoro facesse Julia. Erano coinquilini, ma non sapevano nulla l'uno dell'altra. Anzi, a dire il vero Julia sapeva tutto su di lui, ma lui non sapeva nulla su di lei. Aveva anche provato a fare una ricerca su di lei nei computer della polizia, ma non aveva trovato niente. Insomma, si era reso conto che dopo un anno che abitavano assieme, lui non sapeva nemmeno quale fosse il suo cognome. Ogniqualvolta lui le chiedeva qualcosa, lei rispondeva evasivamente e cambiava argomento. Insomma, era la ragazza del mistero. La sola cosa strana che avesse mai notato era che Julia aveva un tatuaggio sul petto, ma non era mai riuscito a vederlo completamente. Pensava fosse tipo una scritta o qualcosa del genere, che iniziava con una W. Dylan scacciò il pensiero dalla sua mente e si sciacquò la faccia, eliminando i residui di schiuma da barba. Si mise la cravatta, uscì dal bagno e prese lo zainetto nero appoggiato a terra vicino alla porta. Lui e Julia avevano due zainetti identici. Lui ci teneva il distintivo, la pistola e altra roba, mentre lei chissà cosa ci teneva. Dylan uscì. Abitava a breve distanza dalla centrale di polizia. Mentre camminava verso di essa, Dylan decise di prendere la pistola per sistemarla nella fondina. Mise una mano nello zaino e la tirò fuori, mettendola nella fondina destra. Non appena entrò in centrale e si avvicinò alla sua scrivania vide il suo partner. Si chiamava Ignacio Ramos, ed aveva più del doppio della sua età.
-Ciao, pivello- rise. Ramos era uno "della vecchia guardia", e chiamava sempre Dylan pivello. La cosa non lo disturbava particolarmente, anzi, era quasi divertente. Dylan, di canto suo, non era ancora riuscito ad inventare un soprannome sensato per il suo partner.
-Ciao, Ignacio- rispose Dylan. Ramos aveva in mano un plico, e lo stava sfogliando con aria seccata.
-Ehi, guarda qua. Stanotte hanno ammazzato un tizio a Central Park. Un solo proiettile in mezzo alla fronte, un 9 millimetri Parabellum. Quelli della balistica pensano che sia di una Beretta, ma stanno ancora facendo le loro ricerche. Gandle vuole che chiudiamo il caso in fretta, ma non so se sarà possibile. Questa è opera di un professionista- disse Ramos, mostrando i documenti del caso a Dylan e scuotendo la testa.
-Penso che sia un regolamento di conti, visto che hanno usato proiettili Parabellum. Sai da dove deriva il loro nome? Dalla frase Si vis pacem, para bellum. Significa "Se vuoi la pace, prepara la guerra". Quindi, presumo che questo sia l'inizio o la fine di un lungo conflitto fra qualcuno- disse poi. Spostando lo sguardo, notò qualcosa di insolito nella pistola di Dylan.
-A proposito, non usi più la Glock?- chiese, perplesso.
-Come?- disse Dylan, che stava esaminando la foto del cadavere sulla scena del crimine.
-Hai una pistola diversa dal solito, perchè?- disse Ramos nuovamente. Dylan guardò la pistola. Normalmente portava una Glock 17, la loro arma di ordinanza. Ma quel giorno nella sua fondina c'era una Beretta. Le due pistole si assomigliavano un po', per questo Dylan guardandola frettolosamente non aveva notato la differenza. Probabilmente aveva preso lo zaino di Julia...
Un attimo, ma che cazzo-? pensò Dylan Lo zaino di Julia?
Dylan afferrò rapidamente lo zaino.
-Ignacio, vado un attimo in bagno, io... ehm... non mi sento molto bene- disse sbrigativamente, mettendo giù i documenti. Ramos annuì come per dire "ooook", e Dylan si precipitò nella toilette. Si chiuse in uno dei bagni ed aprì lo zaino, dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno in giro. Non c'era niente di quello che si aspettava. Niente fondina, niente blocco per gli appunti, nulla di suo. Dentro stavano due pacchi di cartucce per pistola, una foto, un foglietto e uno smartphone, per la precisione un iPhone. Dylan prese la pistola dalla fondina e la osservò. Una Beretta modello M9, con proiettili 9mm. Lesse la scritta sui pacchi di cartucce. Due pacchi di proiettili Parabellum 9mm. Un pensiero orribile attraversò la mente di Dylan, ma non ci credeva ancora. Prese il foglio e lo lesse. Sopra, pochi laconici appunti. "Central Park, ore 23.40. $3000" Dylan deglutì, e guardò la foto. La visione lo colpì come una pugnalata in pieno petto. La foto era stampata fronte-retro. Sul primo lato ritraeva un uomo dal viso scarno, i capelli neri e gli occhi grigi e profondi. Sembrava essere uno spacciatore o qualcosa del genere. Sul secondo lato, c'era il suo cadavere. Un proiettile in mezzo alla fronte. Era lo stesso cadavere che aveva visto nemmeno un minuto prima nel plico di Ramos. Dylan inorridì. Lo zaino di Julia... Si sentì svenire. Nella sua testa rimbombava la frase di Ramos.
Presumo che questo sia l'inizio o la fine di un lungo conflitto fra qualcuno. Si vis pacem, para bellum.

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Capitolo 2
*** Leggende metropolitane ***


Quel giorno Dylan si svegliò, si preparò in fretta e andò in centrale senza nemmeno svegliare Julia. Era troppo terrorizzato, e continuava a chiedersi cosa potesse significare la telefonata di ieri. Non riusciva ad abbandonare l'idea che lei gli aveva mentito. A che pro, tra l'altro? L'arrivo di Ramos lo distolse dai suoi oscuri pensieri funeraleschi.
-Ciao, pivello. Mattiniero oggi, eh?- rise, divertito.
-Già, sono arrivato qui presto. Volevo dare un'occhiata alle carte del nuovo caso, ma tu non c'eri- rispose Dylan con un mezzo sorriso, mascherando il suo vero intento. Ramos si accigliò, guardandolo in modo strano.
-Pensi ancora a quel caso? Se speri di prenderlo, sei fuori strada- disse, buttando il plico del caso sul tavolo.
-Perchè?- chiese, esterrefatto. Aveva fatto meno di un anno di servizio, e non aveva mai visto Ignacio parlare in modo così disfattista. Lui prese i risultati della balistica dal plico.
-La vittima si chiamava Sam Tucker, ed era uno di quei piccoli spacciatori che si vedono spesso agli angoli e a cui è meglio non fare domande. Lavorava per uno dei principali cartelli della città. E' stato freddato ieri sera con un colpo di pistola. Quelli della balistica hanno completato il raffronto. Avevo ragione, è un professionista. E che professionista. Il proiettile corrisponde a quelli di altri settanta casi, o giù di lì. Si può ragionevolmente concludere che il colpevole sia il grande e mitico Wrath, e quindi che non lo prenderemo mai- sbuffò, mostrando le carte.
-Wrath? E chi è?- chiese di nuovo. Ramos lo guardò con sguardo stupito, come se gli avesse appena chiesto se fosse la terra a girare intorno al sole e non viceversa. Dylan rimase stranito. C'era qualcosa che non sapeva, per caso?
-Non sai chi sia Wrath? Allora sei davvero un pivello, o semplicemente sei duro d'orecchi- rispose Ramos, con voce quasi più stupita di quella di Dylan. Dylan alzò le mani in segno di resa.
-E non potresti spiegarmi chi sia?- chiese, semplicemente. Ramos si massaggiò le tempie e sospirò.
-E va bene, ma ti avviso che è una storia piuttosto lunga e penso che non ci crederai. Allora, posso dirti quello che so. A partire da quattro anni fa, in questa città si è verificato un vertiginoso aumento dei casi irrisolti. C'erano montagne di cadaveri con modalità di morte simili a delle esecuzioni. Iniziò a circolare una voce nei bassifondi. Fra tutti i sicari del mondo ce n'erano sette che risiedevano a New York e avevano formato una specie di gruppo. Facevano semplicemente il loro lavoro: tu chiamavi uno di loro, e loro uccidevano la tua vittima. Un lavoro pulito, spettacolare e completamente anonimo. E' impossibile risalire al mandante o anche avere una minima prova. L'unica differenza fra gli omicidi era che venivano compiuti con sette tipi diversi di arma, quindi la teoria dei sette killer iniziava a prendere forma. Ormai, la leggenda non era più tale. Se vai in un qualsiasi bar, tutti sapranno che puoi avere uno di loro per la modica cifra di tremila dollari a persona più varie ed eventuali. I sette killer si sono dati dei nomi d'arte, e hanno scelto quelli dei sette vizi capitali: Envy, Sloth, Lust, Greed, Pride, Gluttony ed infine il loro capo, Wrath. Le voci che circolavano erano sempre più dettagliate, e mano a mano che indagavamo riuscivamo ad appioppare i casi ai giusti killer, ovviamente senza mai avvicinarci abbastanza a loro. E la leggenda anche qui aveva ragione, ogni killer aveva un'arma diversa. Envy usa una Koch, Sloth una Glock, Lust una SIG Sauer, Greed una Colt, Wrath una Beretta e Gluttony una Smith&Wesson. Pride era l'unico diverso dagli altri, usava una pistola mitragliatrice Uzi. In questi anni nessuno si è mai nemmeno lontanamente avvicinato a loro. Si dice in giro che abbiano persino grattato via la pelle dalle dita per cancellarsi le impronte digitali. Sono una vera e propria leggenda, specialmente Wrath e Sloth. Wrath è crudelissimo e trae piacere nel torturare e uccidere le sue vittime. Sì, su commissione le tortura pure. Sloth invece si chiama così non perchè fa un cazzo, ma perchè la sua apatia è incredibile. Non gli importa nulla di uccidere le persone. Il più temuto di tutti resta comunque Wrath.
-Ira- disse Dylan. Non ci poteva credere, sicari con nomi dei vizi capitali. Envy, Invidia. Sloth, Accidia. Lust, Lussuria. Greed, Avarizia. Pride, Superbia. Gluttony, Gola. E infine Wrath, il capo di tutti, l'Ira.
-Già. A quanto pare il cartello avversario ha chiamato Wrath per far fuori il nostro spacciatore. Quei sette sono imprendibili, è inutile anche provare a indagarci. Ovviamente tutti hanno i loro sospetti, ma nessuno di essi è fondato, probabilmente. Trasferiamo il caso ai federali e lasciamoli fare di testa loro. Per me, quei sette psicopatici possono anche fottersi- brontolò Ramos. Dylan stava per rispondere a Ramos con una bella ramanzina, quando sentì una presenza inquietante alle sue spalle.
-Che fate qui? Non siate accidiosi, ragazzi. Al lavoro!
La possente voce di Gandle risuonò nella stanza. Matt Gandle era il capo della polizia di New York, e usava sempre quella frase. Non siate accidiosi, ragazzi. Al lavoro. Era un uomo imponente e grande come un armadio, ed era abbronzatissimo in qualsiasi stagione. Ogni tanto, d'estate, quando andava in giro in canottiera, si intravedeva sulla sua schiena il pezzo di un tatuaggio, composto da due grosse lettere "RE". Il resto non si vedeva, era sempre coperto. Dopo la sua solita retata motivatrice giornaliera, Gandle tornò in ufficio lasciandoli lavorare.
-Ramos, che cos'ha tatuato Gandle sulla schiena?- chiese, curioso.
-E che ne so. Non si vede altro che quel "RE"- rispose lui, alzando le spalle.
-Mah. A me il capo sembra un tipo che lavora sempre, ed è parecchio strano. Cioè, non intendo dire che sia male, ovvio, ma chi altri ci mette tanta dedizione e ostinazione in un lavoro? E usa anche quella strana frase "non siate accidiosi"- disse Dylan, guardando la figura del capo attraverso la porta a vetri del suo ufficio.
-Se lo dici tu... Io so solo che Matt ha una colt davvero stupenda. Vorrei averne anche io una- sospirò Ramos, lasciando sulla scrivania il plico sul caso Tucker.
-Basta scartoffie, mi sono rotto i coglioni. Che ne dici, andiamo a fare un giro?- disse poi. Dylan deglutì. Fuori? Ma fuori significava pericolo. Era da tutta la mattina che vedeva killer ovunque pronti a saltargli addosso da un momento all'altro. Decise di accettare comunque, non voleva far insospettire Ramos.
-Uh, ok- disse, sperando di potersi distrarre almeno un po'. I due uscirono dalla centrale, cercando un bar lì vicino.
***
Dopo aver passato tutto il resto della giornata fuori, Dylan si decise ad avviarsi verso casa. Era ormai buio, circa le undici e mezza-mezzanotte. Il giovane poliziotto si sentiva semplicemente terrorizzato dall'idea di tornare a casa. Là c'era... Julia. Con la sua 9mm. In quel momento si sentiva in pericolo, soprattutto per quel "domani sera" che lei aveva aggiunto nella chiamata. Chissà, magari non riguardava lui, disse più per rassicurarsi che per altro. Deglutì, salendo le scale. Sentì uno scalpiccio simile a dei passi su un parquet di legno. C'era qualcuno nell'appartamento. Julia? No, era più di qualcuno. Erano almeno in tre. Chi erano? Cosa volevano? Forse volevano lui. Dylan estrasse la Glock, tremante. Avvicinò l'orecchio alla porta dell'appartamento, cercando di respirare il meno possibile. Riuscì a carpire i frammenti di una conversazione. Una voce era quella di Julia.
"Ma che cazzo? Avevo detto quattromilacinquecentosettanta dollari. Se quello non paga, sparo un colpo in testa anche a lui" disse, irata. A Dylan mancò il respiro. Allora era vero, non era un'agente della CIA. E probabilmente era stata proprio lei ad uccidere quel tipo. Dylan cercò di mantenere la calma. Forse stavano parlando di altro.
"Julia, dagli un po' di tempo. Non possiamo mica uccidere tutti i nostri mandanti" disse una voce maschile a lui familiare.
"Già, altrimenti poi dove li prendiamo i soldi?" chiese una seconda voce maschile con forte accento russo. Julia bestemmiò.
"Ah, a proposito, il ragazzino che fine ha fatto?" chiese nuovamente il russo.
"E che cazzo ne so io." replicò Julia.
"Beh, faremmo meglio a prenderlo, prima che racconti tutto alla polizia" disse nuovamente il russo.
"Alexei, coglione, lui è la polizia" disse la voce familiare. Bene, quindi il tipo era davvero russo. Alexei. Che fosse lui l'Alex di cui Julia parlava l'altra sera? Dylan strinse la mano sul calcio della pistola, terrorizzato. Era sempre più in pericolo, ma per qualche strana ragione non scappò via da lì come avrebbe chiaramente dovuto fare.
"Beh, prima o poi tornerà, no? e Tony lo beccherà" disse Julia, seccamente.
"Bel piano di merda. Comunque Julia, ho un nuovo lavoro per te, hanno chiesto di Ludwig. Che gli diciamo?" disse la voce familiare.
"Uh... Ditegli che se ne occuperà Tony. Non possiamo certo spiattellare ai quattro venti la notizia che è morto. Usa la sua pistola" ordinò Julia, che evidentemente era il capo della situazione. Nella mente di Dylan ruotavano vorticosamente le idee. Ludwig... Dove l'aveva già sentito? Evidentemente era morto... Morto!? Già, ecco dove l'aveva già sentito! Ludwig Schliemann, anni 32, ucciso da Envy due settimane prima. La professione era sconosciuta, ma da quello che stava ascoltando un'idea se l'era già fatta. Evidentemente i tre nell'appartamento avevano qualche problema con le sette leggende. Se Envy aveva ucciso uno dei loro... Ma chissà perchè. Magari erano spacciatori anche loro. Magari erano in combutta con una gang o qualcosa del genere. Forse, Envy aveva ricevuto l'ordine di ucciderli. Ma una frase gli faceva arrovellare il cervello. "Non possiamo mica uccidere tutti i nostri mandanti". Mandanti. Che fossero... Sicari!? Non ebbe nemmeno il tempo di finire di pensarlo. Una voce gelida e apatica come mai aveva sentito prima lo interruppe.
-Oh... E così qui abbiamo un intruso... La pecorella è tornata all'ovile- disse la voce. Dylan si girò di scatto, ma l'aggressore lo colpì alla testa con il calcio di una pistola. Cadde a terra, ma non riuscì a vedere in faccia quello che l'aveva aggredito. L'ultima cosa che vide prima del buio totale fu la mano che reggeva la pistola con cui era stato colpito. Aveva la parola "SLOTH" tatuata sulle nocche.

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Capitolo 3
*** Una telefonata notturna ***


Dopo quella terrificante intuizione seguita da svariati pensieri di morte, Dylan era tornato da Ramos bianco come uno straccio.
-Che succede? Sembra che tu abbia visto un fantasma- commentò lui, perplesso. Dylan si limitò a scuotere la testa, sebbene sentisse le forze abbandonarlo al solo pensiero di tornare a casa da Julia.
-Lavoriamo su questo caso, ok? Ci sono tracce?- gli chiese. Ramos si limitò ad alzare le spalle.
-Neanche una- disse con noncuranza, quasi come se lo considerasse ovvio. Passarono tutto il resto della giornata su quel caso, senza cavarne molto. Dylan appuntò poche brevi domande su un taccuino che si era fatto prestare da Ramos, come faceva di solito. Avrebbe rivolto quelle domande a quelli della Scientifica, al medico legale, alla balistica e a tutti quelli che c’entravano almeno lontanamente nel caso.

Identità della vittima? Precedenti?
Professione?
Affiliato a qualche gang?
Ora della morte? Causa?
Informazioni sull’arma del delitto?
Possibili moventi?
Perché lì a quell’ora?


Questo era tutto ciò che gli era passato per la mente. Sapeva che probabilmente l’indomani avrebbe avuto la risposta alla maggior parte di quei quesiti. Quando decisero che per quel giorno poteva bastare, i due uscirono dal lavoro.
-Ehi pivello, ti va se andiamo a farci una birra?- disse Ramos. Era tipico dei poliziotti, dopo lavoro si andava a prendersi una birra con il proprio partner. Ma Dylan era ansioso di tornare a casa.
-No grazie Ignacio, come ti ho già detto non mi sento molto bene. Sarà per un’altra volta- rispose Dylan.
-Mh-hm, va bene. Stammi bene, socio- disse Ramos, salutandolo con un gesto della mano e salendo in auto. Non appena Ramos se ne andò, Dylan tornò rapidamente a casa. Aveva un sacco di domande da porre a Julia. Arrivò a casa quasi correndo e spalancò la porta di botto. Julia non era ancora tornata a casa, ma la finestra era spalancata. Dylan la richiuse. Odiava le finestre aperte di sera, gli mettevano inquietudine e facevano entrare le zanzare. Era lì lì per controllare sul cornicione dell’appartamento, ma si rese conto di essere troppo paranoico. Non era mica in uno di quei film horror da quattro soldi in cui l'assassino sbucava dalla cucina o dalla finestra. Si sedette sul suo letto, aspettando in preda all’apprensione. Dopo varie ore di attesa passate nella tensione, Dylan sentì dei passi. Rabbrividì. La maniglia girò, ed entrò Julia.
-Ehi, ciao Dylan!- rise. Dylan tossicchiò e la salutò.
-Ehm... Ciao, Julia- disse. Lei piegò la testa con aria interrogativa, appoggiando un sacchetto sul tavolo. Il loro appartamento era composto da tre uniche stanze: La camera da letto, con i due letti loro separati, il bagno e il salotto-cucina-sala da pranzo.
-Sono stata al McDonald’s a comprare un paio di cheeseburger. Che hai?- disse, scostandosi i capelli neri da davanti al viso. Lo fissò con i suoi strani occhi. Quegli occhi l’avevano sempre spaventato un po’. Erano di due colori, uno verde e l’altro blu. Erano allo stesso tempo belli, profondi e... vuoti. Non sapeva come spiegarlo, ma anche se Julia rideva... Il suo sguardo restava sempre apatico, i suoi occhi... non ridevano affatto. Ogni volta che lo guardava, Dylan si sentiva come se lei scrutasse la sua stessa anima. Non era mai stato capace di mentirle. Dylan deglutì. Non sapeva se dirle o no di avere il suo zaino.
-Ehm... Oggi ho preso per sbaglio il tuo zaino- disse. Julia lo guardò interrogativamente.
-E l’hai aperto?- chiese. Dylan si sentì come perforare da quello sguardo. Sembrava che lo stesse psicanalizzando, cercando di entrare nella sua mente.
-Ehm, sì, ma non ho messo in disordine la tua roba, tranquilla- rispose, con un sorriso largo ed evidentemente falso e teso. Julia si avvicinò a lui e lo fissò.
-Ah, ecco perché stamattina ho trovato un distintivo nel mio zaino- rise, tirando fuori i due cheeseburger dal sacchetto di plastica. Dylan continuava a sentirsi inquieto.
-Julia...- disse. Lei si girò di scatto, e lui si pentì di averla chiamata. Si rese conto in quel momento di avere il terrore paranoico che lei fosse un’assassina e che avesse rapinato e ucciso quel tipo.
-Cosa?- chiese lei. Dylan si alzò in piedi e si avvicinò a lei, sperando di intimorirla almeno un po’.
-Perché... Perché tieni una pistola nello zaino? E anche una foto di un tipo morto assassinato!?- disse, con tono nervoso. Julia rimase a fissarlo, stupita.
Ora mi ammazza. Ora mi ammazza. Ora mi ammazza. La frase continuava a rimbalzare nella mente di Dylan in un crescendo di tensione.
-Aaaaaah, quella!- disse Julia all’improvviso, facendo sobbalzare Dylan. Lei rise.
-E’ una questione riservata, sono un agente della CIA e sto indagando su quel delitto- rise. Dylan alzò un sopracciglio. Certo, sarebbe stata una cosa plausibile. In fondo era tipico dei federali tenere un alone di mistero intorno a loro. Julia iniziò a mangiare il suo cheeseburger. Dylan guardò il suo, ancora intatto.
-Ehm, ok- disse, ma non era convinto. Nessuno avrebbe mai rivelato con così tanta leggerezza di essere nella CIA. Erano informazioni riservatissime. Julia finì rapidamente il cheeseburger e andò in bagno a cambiarsi. Dylan mise il suo cheeseburger ancora intatto nella scatola di cartone del McDonald’s. Rimase parecchio tempo ad ascoltare il suono della doccia, finchè non decise di svestirsi e andare a dormire. Non appena spense la luce, il suono della doccia cessò. Julia uscì dal bagno. Dylan rimase immobile, fingendo di dormire. Sentì Julia che rovistava nel suo zaino e ne prendeva qualcosa. Aprì piano gli occhi. Vide la sagoma indistinta di Julia in mezzo al salotto, che digitava un numero sul cellulare.
-Pronto?- disse una voce con forte accento napoletano.
-Ciao, Tony. Ho un piccolo problema- disse Julia. Dylan deglutì, cercando di rimanere più in silenzio possibile. “Tony” replicò qualcosa di incomprensibile.
-Sì, sì. Penso che non mi abbia creduto. Sì, ora dorme. Domani sera, ok? Portati anche Alex e Matt.- ordinò Julia, con voce fredda e impassibile. Dopodichè, senza attendere risposta, premette l’icona per concludere la chiamata. Si stiracchiò, sbadigliando con aria vagamente annoiata.
-Umpf, quanti casini... Giuro che appena sento o vedo in giro quello stronzo, gli infilerò la pistola nel culo e farò fuoco. Mi sta rendendo la vita impossibile- bofonchiò fra sé. Dylan rimase in ascolto. La prima conversazione riguardava indubbiamente lui. Ma la seconda? Julia andò a dormire, ma quella notte Dylan non chiuse occhio.

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Capitolo 4
*** I tatuaggi ***


-Mmmh...
Dylan mugolò. La testa gli pulsava ancora. Il misterioso e alquanto violento tizio non c'era di certo andato leggero. Tentò di aprire la bocca, ma era chiusa da uno strato di scotch isolante. Cercò di levarselo con le mani, ma erano saldamente ammanettate. La testa gli faceva ancora male e non riusciva a distinguere bene ciò che c'era intorno a sè. Vedeva solo quattro persone in piedi davanti a lui, che apparentemente lo stavano fissando. Quando la vista si fece più nitida, si accorse che uno di loro aveva la faccia a pochi centimetri dalla sua, con uno sguardo assolutamente gelido.
-Mmmmmh! Mh!- disse, cercando di urlare. Tutto quello che emise fu un suono soffocato. Facendo leva con i piedi sul pavimento cercò di scattare indietro, ma ottenne solo di andare a sbattere contro il muro. Il tizio che stava davanti a lui aveva degli occhi stranissimi, eterocromatici come quelli di Julia. Uno era verde, e l'altro grigio. Quello grigio era finto, un occhio di vetro. Quello verde invece aveva un'espressione apatica, indifferente ed annoiata. Aveva i capelli rossi, ma davvero rossi. Dylan deglutì, rimanendo a fissarlo.
-Devo ucciderlo?- disse poi laconicamente il rosso, guardando verso Julia. Dylan guardò gli altri presenti. Erano tre. Una era Julia, per l'appunto. ll secondo era un tizio grande come un armadio con dei muscoli da far invidia ad un culturista, con il corpo coperto di tatuaggi in una lingua strana, probabilmente russo, con i capelli biondi e gli occhi del colore del ghiaccio. E l'ultimo... Dylan si sentì come se gli avessero sparato. Gandle. Il suo capo, il suo idolo, colui che l'aveva sempre ispirato, era in compagnia di altre tre persone dalla morale dubbia.
-Nah, è soltanto un ragazzino. Avanti Tony, non essere così cattivo- disse Julia, guardando il rosso con sguardo di rimprovero. Il rosso sbuffò, e Dylan riuscì ad intravedere di sfuggita un tatuaggio sulla sua mano destra. Era stato lui a colpirlo, aveva la scritta "SLOTH" sulle nocche. Un attimo... Sloth!? Quel tipo era Sloth? Il presunto Sloth si avvicinò a lui e strappò rudemente il nastro adesivo dalla sua bocca.
-Ti prego non uccidermi- disse Dylan tutto d'un fiato, trattenendo un urlo per il dolore a causa della violenza con cui aveva strappato lo spesso nastro. Sloth alzò gli occhi al cielo, come per dire "e mi fai sentire la tua inutile voce per una questione di così poca importanza?"
-Io uccido solo su commissione o se me lo ordina il capo- disse, indifferente. Togliere una vita non gli faceva nessun effetto? Dylan non riusciva a crederci.
-Cosa ce ne facciamo?- chiese Gandle, indicandolo.
-Propongo di sparargli e seppellirlo, senza troppe storie- sbuffò il russo.
-Io lo scioglierei nell'acido- disse Sloth.
-Impicchiamolo, fingiamo un suicidio- commentò Gandle di rimando. Sembrava un dibattito politico.
-Anzi, possiamo sempre fare in modo che le sue interiora diventino esteriora- sogghignò Sloth, con un sorriso così pazzo che avrebbe tolto il sonno a chiunque. Se avesse detto ancora una parola, probabilmente Dylan se la sarebbe fatta addosso.
-Vi prego, non uccidetemi. Vi prego, vi prego- continuava a dire, con voce isterica. Era sull'orlo di una crisi di pianto. Julia fece un cenno a Sloth, che si avvicinò e gli diede un ceffone così forte che per un pelo non gli fece ingoiare i denti.
-Chiudi quella cazzo di bocca, infastidisci il capo- disse. Dylan guardò Julia con gli occhi lucidi, e si accorse solo in quel momento che il resto del tatuaggio era scoperto. Sul petto di Julia, tatuata a chiare lettere, stava la scritta "WRATH".
-Tu sei Wrath- disse, guardando Julia con sguardo esterrefatto. Lei alzò le spalle, come per dire "che ci posso fare? Ci sei arrivato solo ora?"
-Perspicace, ragazzo- ghignò Gandle - Non sembri così intelligente quando lavori.
-Capo, perchè è in combutta con questi due assassini?- chiese lui, con voce ferita, riferendosi a Julia e a Sloth, che a quanto pare era il famigerato Tony con cui aveva parlato il giorno prima. Gandle alzò la testa e spalancò la bocca in una risata amara. Dopodichè si girò di schiena e si tolse la canottiera. Lesse il tatuaggio completo. GREED. Dylan guardò il russo, confuso.
-Speri che possa aiutarti, мальчик? [NdA: mal'chik Lett. ragazzino, in russo] Sei fuori strada- sogghignò. Aprì la bocca e tirò fuori la lingua. Proprio sopra di essa, marchiata a fuoco, probabilmente con un filo di ferro bollente, stava la scritta "LUST". Dylan si ritrasse inorridito. Si era fatto tatuare il suo soprannome sulla lingua!? Quel tizio faceva davvero impressione, con quei capelli, quegli occhi e quel tatuaggio. Sembrava uno spettro.
-E... E gli altri? Envy? Pride? Gluttony?- chiese. Era l'unica cosa che gli fosse venuta in mente, quella situazione era così dannatamente strana, non potè fare a meno di chiedersi dove fossero gli altri.
-Non sono cazzi tuoi- disse Sloth, irritato. Ramos aveva ragione. L'apatia e l'indifferenza di quel tizio erano spaventose. Era proprio perfetto per il ruolo dell'Accidia. Julia lo calmò con un gesto della mano.
-Oh, avanti. In fondo sta per morire, ha diritto di saperlo- disse la ragazza, che a quanto pare era il capo. Tony/Sloth sbuffò annoiato.
-Envy e Gluttony sono morti. Pride ormai è andato in Arizona- disse - Penso che voi abbiate trovato il cadavere di Envy.
Dylan rimase a riflettere. Trovato Envy? Ebbe un'illuminazione.
-Ludwig Schliemann... Era Envy!?- chiese. Il cadavere che era stato identificato come Ludwig Schliemann aveva la parola "ENVY" tatuata sulle guance. "EN" sulla sinistra, "VY" sulla destra. La polizia aveva pensato che fosse stato lo stesso Envy a farglielo, ma ora che aveva visto quei tatuaggi la cosa prendeva un altro significato. Julia annuì.
-Però, è furbo. Potrebbe servirci come spia, dal momento che ormai lui sa che io sono Greed- disse Gandle.
-Amò, che ne dici?- disse Lust, guardando Julia. "Amò"? Erano fidanzati, o qualcosa del genere? Julia alzò le spalle.
-Perchè no- si limitò a dire.
-Capo... Perchè lei è Greed? La prego, mi dica che non è per il motivo che penso- piagnucolò Dylan, ignorando Julia. Gandle era stato il suo idolo quando si era iscritto in polizia. Un capo forte, che pensava ai suoi sottoposti prima di ogni altra cosa. Insomma... Che fosse diventato Greed per soldi? Per... avarizia!? Gandle sospirò guardando Lust. Lui doveva essere Alexei, sempre se era lui che era stato menzionato da Julia la sera prima. Iniziò a parlare con voce monocorde, come se stesse recitando una poesia.
-"Nick non si ferma mai, non si sazia mai nè di vittorie, nè di denaro, per questo è GLUTTONY, Gola. Vash si crede superiore persino a dio, ed è PRIDE, Superbia. Ludwig uccise la moglie e l'amante per pura invidia verso di loro, per questo è ENVY, Invidia. Anthony è apatico, indifferente, annoiato, sadico, per questo è SLOTH, Accidia. Matt ama il denaro più di ogni altra cosa e viola ogni legge pur di ottenerlo, per questo è GREED, Avarizia. Infine, Julia ama uccidere e far soffrire le persone come in passato loro hanno fatto soffrire lei. Per questo è WRATH, Ira."
Sembrava un sermone di un predicatore.
-E tu perchè sei Lust?- gli chiese, anche se non era sicuro di volerlo sapere.
-Ti posso giurare che è impossibile dormire nella stanza vicino a sti due quando scopano, per il casino che fanno. Per questo lui è LUST, Lussuria- ghignò Tony, riferendosi a Julia e Alex. I due risero, scambiandosi uno sguardo complice. Dovevano essere davvero fidanzati.
-Comunque, dopo questa presentazione ad effetto, dite che potremmo usarlo come spia contro di lui?-disse Matt.
-Beh, non vedo perchè no. O accetta, o lo inculo a sangue e poi lo faccio fuori- sogghignò Tony. Dylan deglutì terrorizzato. Dal suo sguardo, si capiva che sarebbe stato facile per lui farlo. Facile come bere un biccher d'acqua.
-Ehm... Io vi aiuterei anche, ci tengo alla vita e alla salvezza del mio culo ma... chi sarebbe lui?- chiese, con voce tremante.
-Allora hai intenzione di collaborare? Non avevo dubbi. Bene, allora dobbiamo spiegarti un paio di cose- disse Gandle.

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Capitolo 5
*** Lui ***


-Aspetta, sì?- disse Tony, parandosi davanti a lui. Si avvicinò con il viso a quello di Dylan fino quasi a toccarlo, e aprì leggermente la bocca in un sorrisetto sadico. Dylan deglutì.
-Ora, che non ti venga in mente nemmeno per sbaglio di provare a riferire a qualcuno ciò che ti diremo, perchè altrimenti diventeresti un giovane martire... Sono bravo a creare martiri, sai? Vuoi sapere cosa ti farei se tu parlassi?- disse. La sua voce era assolutamente gelida. Dylan scosse la testa, ma Tony glielo disse comunque, la sua voce si trasformò in un sussurro sadico.
-Oh, non importa, te lo dico lo stesso. Innanzitutto verrei a prenderti, e stà sicuro che ti troverò ovunque tu sia. Poi, ti porterò in un luogo sicuro, solo tu e io, contento? Potrei iniziare crocifiggendoti al muro, con quei bei chiodi d'acciaio da sette centimetri, che batterei nei tuoi polsi. Fanno male quando si infilano lì fracassando tutte quelle ossa. Penso che urleresti. Poi, ti strapperei la pelle centimetro per centimetro con questo- continuò, tirando fuori un coltello identico a quello di rambo - Ovviamente non mi accontenterei di certo. Potrei persino farti una bella lezione di anatomia, ti aprirei la pancia partendo da qui- sussurrò, mettendo il dito sulla gola di Dylan e scorrendolo poi fin sotto l'ombelico- Fin qui, e ti farei vedere le meraviglie delle tue interiora che diventano esteriora. Oh, mi è venuta una fantastica idea. Posso sempre prepararmi del piombo fuso, mi dicono che è buono da bere, anche se probabilmente non potrai nemmeno più parlare dopo che te l'avrò fatto ingurgitare. Infine potrei tagliarti le orecchie, il naso, la lingua e farti a pezzi, infine trasformerei i tuoi occhi in un puntaspilli e poi resterei lì a guardarti crepare- concluse. Dylan scosse la testa piagnucolando, fissando gli occhi di Tony. Il viso di quel tipo era un'autentica maschera di sadica pazzia, simile a uno di quei volti che si vedono nei film horror, di quei mostri assassini che temi che usciranno dall'armadio. La cosa peggiore non era tanto la descrizione che già di per sè era realistica e terrificante, quanto il suo sguardo che faceva capire che l'avrebbe fatto più che volentieri, se fosse servito. Il messaggio era forte e chiaro. Ci tradisci? Allora io ti torturerò fino alla morte.
-Hm- commentò Gandle- Secondo me se l'è fatta addosso. Io avrei usato dei picchetti invece dei chiodi, quelli potrebbero non reggerlo.
Tony alzò le spalle come per dire "per me è uguale".
-Tony, per me avrà gli incubi per il resto della sua vita- ghignò Alexei.
-Beh, mi interessa che sappia e che non gli venga mai in mente l'idea di tradirci- brontolò Sloth. Julia fece un cenno a Gandle. Lui alzò Dylan di peso e lo mise in piedi, togliendogli poi le manette. Dylan si massaggiò i polsi, continuando a piagnucolare. Tony gli diede un robusto manrovescio.
-Ti ho detto di smetterla, coglione. Devo proprio reciderti le corde vocali? Chiudi la bocca e ascolta.
Dylan si affettò ad annuire, rimanendo zitto e immobile, mentre la sua guancia assumeva un colore rossastro. Se gli avesse dato un'altra sberla come quella, probabilmente avrebbe potuto staccargli la testa. Alexei prese una cartellina appoggiata sul tavolo.
-Lo sai chi è questo?- disse, mostrando una foto a Dylan.
-E'... E' un senatore...- sussurrò lui piano, intimorito.
-Rispondi solo sì o no- ringhiò Tony. Dylan annuì spaventato, per timore che lo picchiasse di nuovo. Deglutì di nuovo, trattenendo le lacrime.
-Esatto, hai ragione. Si chiama Andrew Robbins, ed è un ex militare che si è fatto eleggere senatore. Sai della sua "campagna anticrimine"?- chiese Julia, con voce rilassata. Era assolutamente terrificante il fatto che rimanesse così apatica e rilassata di fronte ad un ragazzino diciannovenne che era appena stato minacciato di tortura e che stava venendo picchiato a sangue da un tizio dalla morale discutibile. E poi, anche lei aveva diciannove anni. Dylan esitò. Tony, irritato, gli diede un pugno in piena faccia che lo fece andare a sbattere con la testa contro il muro dietro di lui. Si rimise in piedi, lentamente, riparandosi con una mano l'occhio dolorante.
-Al capo non piace aspettare- ringhiò- Rispondi!
Dylan annuì. Sì, lo sapeva. Il senatore Robbins, per farsi eleggere, aveva lanciato una campagna anticrimine. I crimini sono diminuiti molto da quel momento.
-Già. E sai perchè ha funzionato? Sai perchè i crimini sono diminuiti? Beh, perchè è difficile essere criminali quando si è stecchiti due metri sotto terra. Robbins ci ha assunti per uccidere i criminali e far sparire i loro corpi. Quando i crimini diminuirono, lui fu eletto. Però, restavamo sempre noi, che sapevamo tutto. Ci pagò e ci disse di non rivelare nulla ad anima viva. Però, Gluttony ebbe la geniale idea di ricattarlo, allora Robbins ci ha sguinzagliato dietro tutti i suoi uomini più un sicario di nome Grudge.- spiegò Julia.
-E' il secondo in classifica, dopo Julia- aggiunse Alexei.
-Classifica...?- chiese piano Dylan. Tony gi rifilò un calcio al basso ventre che lo fece piegare in due, rotolando a terra e mugolando.
-Sei coglione o solo sordo?- gli disse, gelidamente. Julia lo fece allontanare con un gesto della mano. Tony lasciò Dylan dove stava, e Julia gli si avvicinò.
-E' una domanda intelligente. Il mondo dei sicari funziona come eBay, sai? Abbiamo una specie di curriculum, tutti noi, anche se ovviamente non è consultabile, neh? Abbiamo delle specializzazioni. Per fare un esempio, la specializzazione di Lust sono gli omicidi con stupro... Ognuno di noi ha un posto in classifica, diciamo che si può dedurre da quante volte uno di noi è chiamato, di cui Wrath occupa un posto invidiabile- rise fra sè Julia, orgogliosa di sè.
-Sei... Sei la prima in classifica?- disse, piano. Julia annuì.
-Grudge è il secondo, Tony e Alexei sono terzi, Gandle quarto, Pride quinto. Gli altri due sono morti, quindi sono ormai fuori classifica.
Dylan si mise a sedere, non riusciva ad alzarsi, era troppo stanco e gli faceva male ovunque. Tony era un carceriere davvero crudele.
-Grudge... Rancore...? Ma in teoria, se tu sei più brava di lui, perchè non lo lasci perdere?- mormorò.
-Perchè quel fottuto bastardo frocetto del cazzo ha già ucciso due dei miei, e non lascerò che lo faccia anche con gli altri. Pagherà caro quello che ha fatto, e pagherà anche quel sacco di merda del senatore Robbins- disse, con rabbia. Dylan la guardò, esterrefatto. In quel momento, era proprio la personificazione dell'Ira. Wrath. La sua espressione trasudava violenza.
-V...Va bene, vi aiuterò- disse poi, piano. Julia annuì.
-Bene, allora posso spiegarti cosa devi fare, ma non qui. Dobbiamo andare altrove, in un posto più sicuro. Ok?- disse. Dylan annuì, e Tony lo afferrò per le ascelle mettendolo in piedi.
-Muovi il culo, andiamo- ordinò, mettendosi dietro di lui. Dylan non osò replicare, e si limitò a seguire i tre di fronte a lui.

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Capitolo 6
*** Casa dolce casa ***


Dopo essere usciti, aver preso una delle macchine del parcheggio e aver guidato per più di tre ore, l'allegro gruppetto arrivò presso una villa fuori New York. Era una villa grande in stile italiano, con un giardino gigantesco. Gandle parcheggiò l'auto in giardino. Tutti uscirono, e Dylan venne sollevato di peso e scaraventato fuori da Tony.
-Questa è... la villa di Envy?- chiese. Tony gli rifilò un calcio allo stomaco.
-Non parlare se non sei interpellato, coglione- sibilò, irato. Alexei rise sguaiatamente, sembrava esilarato dalla situazione. Dylan rinunciò a gemere, perchè sapeva che Sloth ci godeva a pestarlo.
-Andiamo, che cazzo aspetti. Muoviti- gli ordinò poi, spingendolo. Entrarono nella villa. Quando avevano indagato sull'omicidio di Ludwig/Envy avevano scoperto che quella casa era sua. Lui non ci era mai stato, ma gli avevano detto che era una villa strana, fin troppo grande per una sola persona. Non c'era nulla di particolare, era solo una casa con parecchie stanze e abbastanza lussuosa. Ludwig ci passava un sacco di tempo. Avevano setacciato la casa da cima a fondo, ma non avevano trovato niente. Julia si diresse verso il salotto e spostò il tappeto. Una pesante botola d'acciaio stava sul pavimento, sotto il tappeto.
-Eh, voi poliziotti siete stati così coglioni da non trovarla- sogghignò Tony, soddisfatto. Alexei afferrò la botola con entrambe le mani e, con un pesante sforzo delle braccia, sollevò la botola. Sotto stava una scala.
-Avanti, scendi o ti butto giù io.
Fra i quattro, Tony era l'unico che continuava a parlargli, minacciarlo o a dargli ordini. Chissà, magari faceva parte del piano, visto che fra i killers era il più terrificante.
-Tony, sei cattivo- rise Gandle - Ragazzo, mi sa che Tony ti odia.
-Cosa? Mah. E' questione di punti di vista, se Tony lo odiasse sarebbe già morto- ghignò Julia.
-In effetti...- disse Gandle, più a sè stesso che agli altri - In fondo, se ad odiarti è una persona comune non ti fa nè caldo nè freddo, se invece a odiarti è Tony forse devi considerare l'idea di mettere almeno due continenti fra te e lui- sogghignò infine.
Grazie, come se non avessi già abbastanza paura di questo tizio pensò Dylan, guardando Matt. Scesero le scale in fila, e Tony si procurò di fargli sbattere la testa almeno tre volte contro il soffitto bassissimo. Dylan stava per mettersi a piangere. Ma cosa aveva fatto di male? Quando uscirono dal cunicolo, si ritrovarono in una stanza enorme scavata sottoterra. Sembrava uno di quei "covi malvagi" che si vedono nei film. Non c'erano finestre e non si vedeva niente. Alex premette un interruttore, e in un attimo la stanza venne inondata dalla luce fredda delle lampade al neon. Dylan si guardò intorno. Era una stanza sotterranea, con le pareti di cartongesso e alcune parti d'acciaio e il pavimento di parquet probabilmente in tek. In un angolo c'erano due divani di pelle nera con davanti un caminetto enorme. Quella zona stonava parecchio con il resto, sembrava una specie di "zona relax". Nel resto dello stanzone erano affisse foto sui muri, contratti, fogli e in alcuni punti anche armi, appese tramite dei chiodi come se fossero in esposizione. C'erano anche nove computer spenti, degli armadi con dentro vestiti di ogni tipo e un altro armadio stracolmo di medicinali, bendaggi e cose simili.
-Casa, dolce casa- disse Julia, guardandosi intorno.
-Fa freddo. Matt, accendi il caminetto- disse Alexei.
-Freddo? Ma tu non dovresti essere russo, in teoria?- brontolò Gandle, ma andò comunque ad accenderlo. Evidentemente, da quanto Dylan aveva capito, loro vivevano nella villa e si rifugiavano lì sotto quando dovevano lavorare o nascondersi. Una specie di bunker nascosto 30 metri sotto terra.
-Tony, lascia in pace Dylan, mi serve che mi sistemi una microspia. Anzi, fai tre. Audio e video- disse Julia. Dylan venne lanciato - letteralmente - su uno dei divani da Tony, che andò a fare ciò che gli era stato ordinato. Julia si sedette accanto a Dylan.
-Allora, ascoltami bene. Domani mattina ti rimanderemo al lavoro con Matt, e ti metteremo le microspie addosso. Il senatore ha una talpa in polizia, dobbiamo scoprire chi è. Intesi?
Tornò Tony con una siringa.
-Il braccio- disse, laconicamente, tendendo la mano.
-COSA!? No, no, no, scordatelo. Non mi inietterai quella merda, qualunque cosa sia- disse, tirandosi indietro di colpo e cercando di strisciare via. Tony alzò gli occhi al cielo. Julia lo afferrò per il collo, facendo in modo che non si muovesse.
-E stai buono, è solo una microspia, non è mica polvere d'angelo- sogghignò. Tony sbuffò senza commentare, lasciando che a parlare fosse Julia.
-No, non voglio, non voglio!- piagnucolava lui.
-Ma questo tipo non ha le palle- commentò Alexei. Gandle si stava spanciando dalle risate nel vedere la scenetta.
-E basta, mi hai rotto i coglioni!- disse Tony ad un certo punto, sferrandogli un calcio in faccia con i pesanti anfibi militari. Dylan svenne e cadde riverso.
-Secondo me gli hai fracassato qualcosa- disse Julia - Attento a non rovinarlo troppo, o capiscono che l'abbiamo gonfiato di botte per convincerlo a fare la spia.
Tony sogghignò. Quanto si divertiva a fare del male a qualcuno, specialmente quando questo qualcuno era da lui considerato poco più di un ragazzino piagnucoloso. Prese il braccio di Dylan e gli iniettò la microspia con il GPS. Poi, prese un ago sottilissimo e lo infilò nella sua pelle. Quello era il microfono. Infine, prese la piccola catenina che portava al collo e ci aggiunse un ciondolo di finto oro. Quella era la microspia video.
-Ecco, perfetto. Ora non potrà nemmeno farsi una sega senza essere filmato- disse Tony.
-Credete che possiamo fidarci di lui? Sembra un tipo senza palle. Secondo me, appena lo minacciano dice tutto- disse Gandle.
-Secondo me potremmo farlo fuori anche subito, non mi piace il modo in cui ti guarda- brontolò Alex, rivolto verso Julia.
-Alexei, non puoi far fuori un tizio semplicemente perchè guarda la tua fidanzata- ghignò Tony, anche se in realtà lui era molto peggio.
-E dove sta scritto, scusa!?- replicò lui.
-Sveglialo, devo spiegargli un paio di cose- disse Julia, ignorando Alex. Tony prese Dylan per il bavero e gli assestò un paio di ceffoni che risuonarono per tutta la stanza. Ormai la faccia di Dylan aveva assunto un colore viola-bluastro ed era ricoperto di ecchimosi. Dylan si risvegliò di colpo, ansimando. Si tastò il braccio, e capì di avere un microchip sottopelle. Sospirò.
-Non c'è modo di toglierlo, vero?- disse, piano.
-No, a meno che tu non voglia farti aprire in due il muscolo. Penso che Tony sarebbe ben felice di farlo- ghignò Alex. Sul viso di Tony si dipinse un sorrisetto compiaciuto.
-Ma... Uff. Non potevi sceglierti un altro compagno di stanza!?- sbottò contro Julia. Julia rise, e Alex gli assestò un pugno sul naso. Il naso fece uno strano rumore, come quando qualcosa di appiccicoso viene schiacciato. Iniziò a colargli del sangue sul viso. Si tastò il naso con la punta delle dita.
-Non osare più urlare alla mia ragazza, avvicinarti alla mia ragazza, parlare con la mia ragazza, guardare la mia ragazza, pensare alla mia ragazza. Non respirare nemmeno la sua stessa aria, o farò in modo che tu smetta di respirare definitivamente- ringhiò Alex.
-L'hai rotto- disse Dylan, guardandosi le dita macchiate di sangue - Ma perchè mi trattate così, cosa vi ho fatto?- chiese, piangendo sommessamente.
-Beh, ti rigiro la domanda. Hai fatto qualcosa per essere trattato con rispetto? Beh, non penso. Tu nemmeno hai gli attributi, piangi come un ragazzino per un paio di schiaffi e te la fai quasi addosso solo perchè Tony ti tormenta un po'. Amico, non vedo perchè dovremmo rispettarti- sbuffò Alex, seccato.
-Julia, aiutami, ti prego, questi sono pazzi- piagnucolò. Julia fece un cenno ai tre.
-Cosa? Dovremmo...- iniziò Gandle. Tony non ribattè, e si avviò immediatamente verso le scale.
-Perchè non preparate la cena, intanto?- disse, con tono che non ammetteva proteste. Gandle e Alex sbuffarono, seguendo Tony. Quando se ne furono andati, Julia si alzò ed andò verso l'armadio delle medicine. Prese delle bende, del cotone, del disinfettante, un pacco di ghiaccio istantaneo e alcune garze. Tornò da Dylan.
-Stai buono, ok?- gli disse, dandogli il ghiaccio. Gli disinfettò la puntura sul braccio e gli asciugò il sangue che colava dal naso. Gli bendò le piccole ferite che aveva ovunque, che Tony si era divertito ad incidere sulla sua pelle mentre viaggiavano in macchina. Dylan tirò su con il naso.
-Stà tranquillo, non è rotto. Smetterai di sanguinare fra una mezz'oretta- gli disse. Dylan rimase immobile, con il ghiaccio premuto sul mento. Il calcio di Tony aveva lasciato un'ampia ecchimosi nerastra, che gli faceva male ogni volta che tentava di parlare. Dylan rimase a guardare Julia, e poi scoppiò a piangere. Lei rimase immobile, lasciandolo piangere sulle sue ginocchia e rimanendo a fissare le fiamme del caminetto.
-Ma cosa ho fatto di male? Quello mi vuole morto, fa paura. Non è vero che è apatico, è un sadico. Ci gode a farmi del male. Non lasciarmi solo con lui o mi ucciderà orribilmente e poi farà un bagno nel mio sangue, ti prego- disse a Julia, continuando a piangere. Julia scosse la testa.
-Non ti preoccupare di Tony. Al massimo ti fracasserà tutte le ossa, ma non ti ucciderà. Non è colpa sua, è solo incazzato con il mondo intero- disse lei - Comunque ti conviene fare il bravo e smetterla di piagnucolare, perchè Tony non vede di buon occhio i lagnoni che stanno ancora praticamente attaccati alla sottana della mammina. Ah, e Alex ti odia da un sacco di tempo, perchè siamo coinquilini- rise. Dylan smise di piangere, e si tirò su a sedere.
-Ma... Ma non puoi tenerli buoni? Sei Wrath, il capo, no?- disse piano. Julia alzò le spalle.
-Lo so. E' che sono tutti incazzati e alquanto preoccupati perchè già Nick e Ludwig sono morti. Potrebbe toccare a uno di noi anche domani. E poi, Tony e Alex sono gelosissimi, per questo sono così cattivi- disse, con una risata.
-E che c'entra, quel tipo non è capace di provare altro che odio- brontolò Dylan, riferendosi a Tony.
-Se fossi in te non ne sarei così sicuro- disse. Cosa? pensò Dylan. Non ci credeva.
-Aspetta, ma il tuo fidanzato non è quel tipo russo? Alexei come-si-chiama?- disse, piano.
-Sì, Alexei è il mio ragazzo. Ma sai, esistono anche gli amanti. Ad entrambi va bene così, e allora mi tengo il moroso e l'amante. Doppio divertimento per me- rispose, con un sorriso malizioso.
-Avresti dovuto essere tu LUST, sai?- commentò Dylan. Julia alzò le spalle.
-Sì, lo dicono tutti. Ma Wrath è più adatto per me... A parte questo, muoviti, andiamo su, o Alex fra poco scenderà con un Kalashnikov- rise Julia. Dylan annuì piano e la seguì su per le scale.

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Capitolo 7
*** Pizza ca’ mozzarella e pummarola n’coppa ***


-NdA: Ho una scarsissima conoscenza del dialetto napoletano, quindi se ci sono errori ditemi che provvederò a correggere xD Capitolo quasi pointless, di passaggio u.u-
I due arrivarono su, e Alex chiuse la botola.
-Stavo per venire laggiù e far fuori questo coglione. Che avete fatto!?- chiese Alex, con tono inquisitorio.
-Niente, smettila di stressarmi o diventerai single- sbuffò Julia- Che si mangia?
-Boh, oggi cucina Tony- disse Alex.
-V’ho fatto la pizza ca’ mozzarella e pummarola n’coppa- disse Tony, indicando il forno.
-Cosa?- disse debolmente Dylan, fissando il rosso. Tony stava per esternare la sua immotivata ira su Dylan, ma uno sguardo di Julia lo fermò. Tony sbuffò e si limitò a rispondergli a parole.
-Non sai l’italiano, coglioncello americano? Significa pizza con il pomodoro e la mozzarella sopra. Ah, e non è di certo per te. Tu ti puoi arrangiare- disse gelidamente.
-C’è un motivo particolare per cui indossi quel grembiule assurdo?- disse Julia, indicando il grembiule di Tony. Tony era alquanto ridicolo così, aveva la Glock che spuntava fuori dalla fondina, tre coltelli appesi alla cintura, uno sguardo che toglieva il sonno... e indossava un grembiule nero con su scritto “non è bruciato, è solo molto cotto”.
-Oh, senti, era di Ludwig- si giustificò lui. Spinse Dylan facendolo quasi cadere a terra quando sentì il “ding” del forno. Fece un cenno a Gandle, il quale aprì il forno e tirò fuori un vassoio con quattro pizze fumanti, tenendolo in posizione precaria. Richiuse il forno con un calcio e posò il vassoio sul largo tavolo di vetro. Alexei guardò le pizze con sguardo affamato.
-Se ti muovi di qui, ti brucio vivo- disse Tony, senza mezzi termini, prima di andare a tavola. Dylan rimase immobile in piedi, senza avvicinarsi. I quattro si misero a tavola. Dylan rimase a guardarli mangiare, e deglutì. Aveva fame, ma lottò perché non gli brontolasse lo stomaco. Non ci teneva affatto a essere malmenato di nuovo.
-Ah, nessuno sa preparare la pizza meglio di un napoletano- rise Matt. Si comportavano come se Dylan non esistesse.
-Sei... Sei italiano? Di Napoli?- chiese a Tony, anche se sapeva che quasi sicuramente questo significava diventare l'obiettivo della sua ira. Tony alzò lo sguardo al cielo nuovamente, stizzito.
-Ma che cos'hai nella testa, merda? No, sai, parlo napoletano, ho un cognome napoletano, preparo la pizza di Napoli, sono di sicuro ugandese.- disse, seccato. Dylan si limitò ad annuire piano, rimanendo immobile.
-Non frigna più? Gli hai fatto uno dei tuoi discorsetti?- sogghignò Alex, guardando Julia. Lei non rispose, infilandosi in bocca una fetta di pizza.
-Non so, io mi immagino una frase del tipo "se non la pianti di frignare, ti strappo i coglioni, li imbalsamo e li appendo sopra il caminetto come un trofeo"- sogghignò Gandle.
-Dimentichi un piccolo particolare, lui non li ha i coglioni- replicò Alex. I quattro si misero a ridere come se Alexei avesse appena fatto la battuta più divertente dell'universo, e Dylan si limitò ad emettere un debole sospiro. Non ci teneva a replicare.
-Comunque Tony caro, lui non lo sa il tuo cognome- rise Matt.
-Dettagli. Sono un orgoglioso Di Lauro, se proprio ci tiene a saperlo- disse, facendo spallucce. Aveva proprio la faccia di uno a cui non fotte un cazzo di niente. Di Lauro? Dylan non riusciva a crederci.
-Sei un camorrista!?- chiese, stupito. La famiglia Di Lauro era molto ben conosciuta ovunque, era una famosa famiglia della Camorra italiana. Tony annuì con sguardo orgoglioso. Doveva significare molto, per lui, far parte della camorra.
-Pagherei per vedere una rissa fra voi due- rise Gandle, sorseggiando una birra. Julia approvò.
-Già. Sono sicura che riderei parecchio- disse, finendo l'ultima fetta della sua pizza.
-Cosa? Volete che ve lo massacri di botte?- disse Tony, spingendo via il piatto ormai vuoto. Dylan deglutì. Non voleva farlo davvero, no. O almeno, questo era ciò che Dylan stava dicendo a sè stesso. Non avrebbe avuto speranza contro di lui!
-Punto cinque dollari sul ragazzino, se ci si mette ha del potenziale- disse Alex. Aveva appena pronunciato la sua condanna a morte. Tony si alzò in piedi, tirò fuori dalla tasca due pugni di ferro.
-Oddio, dimmi che scherzi, ti prego- disse Dylan, indietreggiando. Tony sogghignò, indossando le due armi d'acciaio.
-Alex, se lo ammazzo mi devi cinque dollari- disse, con voce gelida.
-Non ucciderlo, ok? Ci serve, lo sai- lo ammonì Julia. Tony annuì, scrocchiandosi le nocche. Dylan continuava ad indietreggiare, ma nella sua mente si profilò un'idea. Scappare non serviva a niente, questo l'aveva già capito, ma forse se ci avesse almeno provato a lottare, forse li avrebbe impressionati. In fondo, tentare di colpire Sloth doveva implicare una considerevole dose di palle, almeno secondo lui. Si mise in posizione, anche se sapeva che il sicario napoletano l'avrebbe letteralmente asfaltato.
-Venti dollari sul buon vecchio Tony- rilanciò Gandle.
-Ragazzino, ho puntato cinque dollari su di te, se perdi spera che Tony ti uccida perchè altrimenti lo faccio io- disse Alexei, divertito. Dylan deglutì, vedendo Tony che avanzava minacciosamente verso di lui. Ricordò ciò che aveva detto Julia. Tony non vede di buon occhio i lagnoni che stanno ancora praticamente attaccati alla sottana della mammina. Non appena Tony fu abbastanza vicino, gli sferrò un diretto in pieno volto. Fu come colpire un muro. Tony non si spostò di un millimetro. Afferrò la mano di Dylan e la torse, obbligandolo a spostarsi. Lo lasciò andare. Dylan indietreggiò ancora, rannicchiandosi in attesa di un colpo. Tony spostò la testa a destra, a sinistra, avanti e indietro, facendo scrocchiare le ossa del collo ben quattro volte.
-Addio, caro amico- sogghignò Tony. Prima che lui potesse reagire, Tony scattò in avanti e lo colpì con un gancio al volto. Dylan cercò di afferrarsi a Tony per impedirgli di muoversi, ma lui lo prese per il bavero della giacca e lo sollevò di peso, scaraventandolo poi a terra sul tavolino del salotto, che scricchiolò e si piegò ma resistette. Dylan riuscì a prendersi per la manica della giacca di Tony, trascinandolo a terra. Quello, indispettito, si rimise subito in piedi e lo colpì con un calcio allo stomaco mentre era ancora a terra. Dylan emise un verso molto simile al suono di una lumaca schiacciata. Non ancora felice, lo afferrò nuovamente e lo portò davanti alla porta a vetri sul retro.
-No, no, no!- sbraitò Dylan, un attimo prima di essere scaraventato attraverso la porta a vetri e di finire sulle scale che davano sul giardino.
-Tony, quella la sostituisci tu stasera- disse Julia. Tony annuì, spalancò con un calcio quello che rimaneva della porta a vetri, afferrò Dylan e lo trascinò dentro. Lo lasciò cadere davanti al tavolo.
-Eh- fu tutto ciò che Dylan riuscì a dire. Si sentiva come se fosse appena stato investito da un tir, ma se non altro forse era riuscito a fare una buona impressione su di loro, per quanto prenderle potesse fare una buona impressione.
-Mi devi cinque dollari- disse Gandle ad Alexei. Alex tirò fuori il portafogli e porse svogliatamente una banconota da 5$ a Matt. Tony si tolse i pugni di ferro e li rimise in tasca.
-Beh, almeno ha avuto le palle di provarci, sebbene picchi come una fighetta- disse Tony, massaggiandosi le nocche- Poi sostituisco il vetro, promesso.
-Non posso credere che tu ti sia fatto trascinare giù da quel pivello- ghignò Gandle, divertito. Tony bofonchiò una qualche tipo di bestemmia, rinunciando a rispondere a Gandle per le rime.
-Che ore sono?- chiese Julia, sbadigliando.
-Sono quasi le due del mattino- intervenne Gandle.
-Abbiamo cenato all'una di notte?- chiese lei, stupita.
-A quanto pare sì. Rimettete in piedi quel plebeo, fra un paio di ore dobbiamo andare al lavoro. Io dormo un po', quando dobbiamo andare svegliatemi- sbadigliò Gandle, andando in camera da letto. Tony afferrò Dylan per il mento, osservandogli il viso. Indicò le numerose ecchimosi sul suo viso.
-Dici che del fondotinta coprirà questa merda?- disse con un ghigno.
-Non credo- commentò Alexei.
-Ti conviene riposarti, piccolo coglioncello- disse Tony - Quello che hai passato stasera è niente in confronto a ciò che ti succederà da ora in poi - concluse sogghignando.
Ma perchè mi sono lasciato coinvolgere? pensò Dylan, rimanendo immobile disteso a terra.

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Capitolo 8
*** Scream ***


-Ehi coglioncello, svegliati!
La voce di Alexei risvegliò Dylan dal suo breve e tormentato sonno costellato da incubi.
-Mh?- disse, non riuscendo a pronunciare altro.
-Tzè, inutile pivello. Sono quasi sicuro che ha sognato la sua morte per mano di Tony ogni volta che chiudeva gli occhi- sogghignò Alex. Dylan si alzò dal pavimento sul quale aveva dormito per una mezz'oretta. Si guardò intorno. Il vetro era già stato sostituito e Julia, Tony e Gandle stavano facendo addominali. Alex teneva in mano una tazza di caffè e leggeva il giornale.
-Che... Che ore sono?- chiese Dylan timidamente.
-Le sette meno un quarto del mattino- rispose Alex, sorseggiando il suo caffè. Dylan si sfregò gli occhi. Stava morendo di sonno, e tutte le botte prese nemmeno due ore prima gli facevano un male bestiale. I tre smisero di fare addominali e si alzarono dalla loro posizione. Julia si accese tranquillamente una sigaretta.
-Bene ragazzi. Tony, hai un lavoro da svolgere. Alex, dovresti fare una chiacchieratina con i contrabbandieri amici di tuo fratello, qui abbiamo finito la vodka. Fattene recapitare altra, di quella buona. Tieni, qui ci sono i soldi- disse ad Alexei, porgendogli un fascio di banconote da cento dollari - Matt, Dylan, voi dovete andare al lavoro. Tenete le orecchie ben aperte. Ah, Dylan, prendi questa, ti servirà.
Julia prese dalla fondina una Koch a dir poco gigantesca e pesantissima.
-Ehm, a dire il vero ho già la mia- protestò debolmente Dylan, indicando la Glock nella sua fondina. Julia alzò le spalle come per dire "fai come vuoi". Strano ma vero, gli aveva dato corda, e gli altri non avevano avuto niente da ridire.
-Era di Envy, vero?- chiese Dylan, incuriosito dalla Koch. Julia annuì, mettendo la pistola sul tavolo.
-Bene, noi andiamo. Su Dylan, dobbiamo muoverci- disse Gandle, infilandosi il cinturone con dentro la Colt a mò di cowboy. Uscì senza nemmeno aspettarlo. Dylan gli corse dietro, e Gandle salì sulla sua auto. Durante il viaggio, Dylan rischiò di vomitare almeno dieci volte a causa della guida alquanto spericolata del suo capo, ma riuscì comunque ad arrivare a destinazione sano e salvo. Uscì dall'auto traballando, e Matt lo spintonò verso la centrale. Non appena entrò, Ignacio si precipitò verso di lui.
-Pivello! Cosa ti è successo!? Sei finito in una rissa?- rise, comprensibilmente preoccupato per l'aspetto del giovane. Dylan sorrise al partner.
-Qualcosa del genere... Abbiamo qualcosa di nuovo?- chiese. Da quando aveva saputo che c'era una talpa in polizia, si sentiva osservato. Chissà, magari era Ramos. Nonostante si fidasse di lui, non poteva fare a meno di vederlo con occhi diversi.
-Nah, niente, giornata di calma, ieri i sette se ne sono stati buoni. A proposito, non ti sarai mica fatto impressionare, spero! Hai la faccia di uno che non ha dormito niente per gli incubi!- rise Ramos, divertito. Se non altro, almeno la sua allegria riusciva a rendere meno nera la giornata di Dylan.
-No, no, tranquillo- rise Dylan a sua volta. Beh, gli incubi li aveva avuti ma... non esattamente per la sua storia.
-Vuoi che ti offra un caffè, pivello?- chiese Ramos dopo un po'. Dylan scosse la testa. Non aveva voglia di bere niente, la testa gli faceva troppo male, e la caffeina avrebbe potuto rendere la situazione peggiore.
-Penso che mi farò un giro... Che scusa posso usare?- disse Dylan. Aveva voglia di andarsene un po' in giro a indagare per conto suo, ma non voleva dover fornire spiegazioni poco credibili alla domanda "che stai facendo qui senza fare niente". Ramos prese un plico a caso dal mucchio che aveva nei cassetti e lo porse a Dylan.
-Se qualcuno ti chiede cosa stai facendo, digli che stai andando a fotocopiare questi- disse. Dylan annuì e prese il plico, incamminandosi nel corridoio. Quasi tutti i detective della DRO stavano lavorando in quel momento, e quindi era quasi solo, ad eccezione di una delle reclute più giovani che lo avvicinò.
-Ehi, Stokes! Conosci per caso una certa Julia Blake?- gli chiese. Dylan si mise subito sulla difensiva. Solo sentir pronunciare il nome di Julia gli faceva capire che stavano per arrivare brutte notizie, e lo rendeva terribilmente paranoico.
-Perchè?- chiese, sospettoso. Magari era lui la talpa, che ne poteva sapere!
-Prima ha chiamato un tizio, non ha lasciato nè nome nè numero di telefono, però ha lasciato un messaggio per una certa Julia Blake. Mi ha detto di dare il messaggio a te, che conosci questa Julia. Allora, posso dare a te?- chiese, sventolando un foglietto rosa con sopra scribacchiati degli appunti.
-Uh... Ok- disse, prendendo il foglietto - Le farò sapere.
Il ragazzo lo salutò con un cenno della mano, e Dylan lesse a voce abbastanza alta per farsi sentire dalla microspia, ma non abbastanza perchè i suoi colleghi capissero. Erano poche parole.
-"Torna a casa in fretta, c'è una sorpresa per te".
Dylan rabbrividì leggendo quelle parole. Qualcuno stava aspettando Julia. Il cellulare suonò e Dylan rispose immediatamente. Era lei.
-Dylan, ho sentito quello che hai detto. Sarò a casa in due minuti. Non dire niente a Matt, ok?- disse sbrigativamente, prima di chiudere la chiamata. Dylan, senza pensarci nemmeno per un secondo, lasciò il plico sulla scrivania di Ramos, lo salutò ed uscì di corsa ignorando le sue domande. Corse sul marciapiede urtando almeno venti persone, entrò in condominio, salì le scale continuando a correre. Quando fu davanti alla porta, esitò un attimo. Chissà cosa c'era dentro. Deglutì. Gli tornò in mente quel "ma questo tipo non ha le palle!" di Alexei. In una frazione di secondo, decise di dimostrare l'opposto facendo un gesto assolutamente avventato e stupido. Spalancò la porta. Si aspettava di essere crivellato di proiettili o qualcosa di simile, ma non accadde. La casa era calma e tranquilla come l'avevano lasciata. Entrò in salotto. In quel momento arrivò Julia, e fece quasi venire un mezzo infarto a Dylan.
-Dylan!?- disse, preoccupata.
-Sono qui- fece eco lui dal salotto. Lei lo raggiunse, Beretta alla mano.
-Ho controllato sommariamente la camera da letto e il salotto, ma...- cominciò.
-E la cucina?- chiese lei.
-No, stavo per farlo ma sei arrivata tu- disse, lanciando un'occhiata alla cucina. I due entrarono nella parte della stanza adibita a cucina con circospezione. Julia strinse di più la mano sul calcio della Beretta, tenendola carica e puntata davanti a loro. Sul muro della cucina era spalmata una sostanza grigiastra ed imprecisata. Julia la toccò con le dita e la annusò.
-Grasso o resina o qualcosa di simile- constatò, facendo un'espressione schifata per la disgustosa consistenza della sostanza. Dylan guardò la macchia, e notò una scritta incisa con qualcosa tipo un coltello o comunque un oggetto appuntito. GLUTTONY. [NdA: Scritta] Sotto, con uno spillo, era attaccata una lettera. Appoggiato a terra, sotto il foglietto, stava un sacchetto di tela.
-Ehm... Dovremmo aprirla?- chiese Dylan alla ragazza, indicando la lettera. Julia annuì e strappò la lettera dal muro. Dylan prese il sacchetto e lo aprì. Ci guardò dentro. Non lo avesse mai fatto. Lasciò andare il sacchetto con un urlo lacinante, tremando come una foglia. Julia puntò immediatamente la pistola contro il sacchetto. Dylan lo indicò con un dito.
-Cè... C'è...- disse, con voce rotta.
-Cosa?- chiese lei, senza distogliere gli occhi dal sacchetto.
-Guarda dentro!- sbraitò istericamente. Julia si avvicinò, aprendo piano il sacchetto con la canna della pistola. Si ritrasse anche lei, con espressione schifata.
-Che tentativo squallido e alquanto banale di spaventarmi- commentò con voce seccata. Dylan piagnucolava, accoccolato a terra stringendosi le ginocchia e coprendosi la testa con il cappuccio della felpa. Nel sacchetto stava un braccio, tagliato all'altezza della spalla. La carne era a brandelli, segno del fatto che probabilmente era stato tagliato con qualcosa dalla lama non molto appuntita. La pelle del braccio aveva un colore grigiastro e emetteva un tanfo acre. Il braccio riportava numerosi tagli, lacerazioni e segni di ecchimosi. Le ossa erano spezzate. Probabilmente era il braccio di qualcuno che era già morto da parecchi giorni. L'odore di putrefazione si spanse rapidamente per tutta la cucina, facendo gemere Dylan. Le dita della mano erano diventate scheletriche, le unghie erano spezzate e i tendini erano tesi, facendo rimanere la mano bloccata in una posizione simile ad un artiglio. Il braccio aveva i muscoli dall'aspetto allenato, sebbene fosse diventato molto magro e la pelle si fosse tirata molto, facendo quasi intravedere le ossa. Il proprietario del braccio era rimasto parecchio tempo senza mangiare. Al di là dell'aspetto orripilante del braccio scheletrico, Julia cercò di concentrarsi.
-Coagulanti- disse, guardando il punto in cui il braccio era stato tagliato. Non c'era molto sangue, sebbene normalmente dovesse esserne uscito parecchio, quindi probabilmente dovevano aver usato una sostanza per far coagulare rapidamente il sangue.
-Co... Cosa?- chiese Dylan. Non capiva di cosa stesse parlando.
-So di chi è questo braccio- disse Julia.
-Beh, lo immagino anche io- disse Dylan, tirando su con il naso - Gluttony, non è vero?
-Già. Vedi questo segno?- disse, indicando un cordone di pelle biancastra sull'avambraccio - E' una cicatrice che avevo fatto io stessa a Nick. Questo è il suo braccio.
Julia richiuse il sacchetto e prese la lettera.
-Cosa dice?- disse Dylan, alzandosi in piedi.
-Dice che hanno qualcosa da farci vedere... Dobbiamo andare in una delle case della periferia.
-Julia, avete mai ritrovato il corpo di Gluttony?- chiese Dylan, che aveva già intuito cosa stesse succedendo. Julia scosse la testa.
-No, è scomparso più di un mese fa. Sono giunta alle ovvie conclusioni che sia morto- disse, con un'espressione che lasciava trasparire il suo senso di colpa. Entrambi erano comunque arrivati alla stessa conclusione.
-Probabilmente vogliono farci vedere la fine che ha fatto- deglutì Dylan.

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Capitolo 9
*** Nice to meet you ***


Julia chiamò immediatamente a raccolta il resto della squadra, dando a Tony, Alex e Matt l’indirizzo della casa di periferia in cui dovevano andare con un breve messaggio. I due scesero di corsa, procurandosi di nascondere il sacchetto e la lettera in un armadio prima di andare. Arrivarono fuori, e Julia gli indicò una moto parcheggiata lì accanto.
-Wow! Una Fat Boy Special! Non sapevo che la potessi guidare!- commentò Dylan, guardando la Harley Davidson. Julia rise alzando le spalle, e gli lanciò il suo casco. I due salirono a bordo della moto, e Julia partì immediatamente facendo rombare la moto. Procedettero a slalom fra le auto imbottigliate nel traffico per quasi un quarto d’ora. Non ci misero molto ad arrivare, dal momento che Julia guidava a più di centoottanta all’ora e con la stessa grazia di un elefante in una cristalleria. Dylan si stupì di non trovarsi ancora con un nugolo di auto della polizia ad inseguirli, visto che dovevano aver infranto ogni regola conosciuta o non del codice stradale. Non appena arrivarono, Julia piantò una frenatona e scese.
-Mi hai quasi fatto sputare l’anima con quella frenata- disse Dylan, che per via del viaggio aveva assunto una colorazione verdastra – Ma voi guidate tutti in questo modo?
Julia sogghignò annuendo, e rimasero in attesa degli altri. Si aspettavano una casa o perlomeno qualcosa di simile, ma invece il luogo dove si aspettavano di trovare Gluttony era una sorta di fabbricato in cemento, di quelli che i ragazzini usano come bersaglio per le pietre o come tela per i loro graffiti. Dopo qualche attimo, arrivarono anche gli altri.
-Julia, hai trovato il corpo di Nick? – chiese Alex, senza preoccuparsi di chiedere dettagli su ciò che poteva essere successo prima. Non sembravano preoccupati per la sorte di Nick, davano per scontato il fatto che fosse già morto.
-No, non sono nemmeno entrata. Vi stavo aspettando, non si sa mai- disse lei. In fondo, non potevano mica entrare da soli, o avrebbe potuto succedere un casino.
-Tony, perché hai le mani sporche di sangue? – chiese Dylan, deglutendo nel notare le macchie rosse sulle mani del sicario. Tony sogghignò.
-Stavo lavorando, sai, non è che faccia l'impiegato- disse, divertito dalla domanda di Dylan. Quest'ultimo dovette ammettere a sè stesso che era stata una domanda piuttosto stupida, ma in fondo doveva ancora abituarsi a stare in quel dannato gruppo in cui avere sangue di sconosciuti sulle mani è normale amministrazione.
-Facciamo irruzione?- chiese Matt, prendendo la pistola e controllando che fosse a posto.
-No. Penso che qui non ci sia nessuno, ma è sempre meglio essere prudenti. Armatevi, ragazzi – disse Julia. Alex controllò che la sua SIG Sauer fosse ben carica. Dylan prese la Glock, reggendola con mano tremante. Julia, in testa alla fila, aprì piano il portone di ferro arrugginito del fabbricato. Doveva essere parecchio che quel posto era abbandonato, almeno questo era quello che si deduceva dal pessimo stato dell'edificio. Scivolarono dentro uno alla volta rapidamente, con le armi in pugno. Il portone dava su una specie di lungo corridoio con tre porte. Julia guardò gli altri e annuì. Tony e Alex andarono verso la prima porta, Gandle verso la seconda e Dylan seguì Julia verso la terza.
-Libero- disse Tony, dopo aver guardato attentamente nella piccola stanza oltre la porta. Non c’era niente, solo macerie di dubbia provenienza.
-Qui non c’è niente- commentò Matt sulla seconda stanza. Julia aprì lentamente la sua porta. Dava su una stanza con il soffitto altissimo e molto grande, probabilmente prendeva la maggior parte dell’edificio. I cinque andarono fino in fondo alla stanza. L’odore di putrefazione, di corpo morto, invadeva tutta la stanza ed era quasi palpabile, come una cappa che li avvolgeva. Appoggiato al muro di fondo della stanza, stava un cadavere. Il cadavere mancava del braccio destro, che probabilmente gli era stato strappato. Indossava solo un paio di jeans che arrivavano fino al ginocchio. Il corpo era in condizioni a dir poco pietose. Le gambe erano state scuoiate quasi completamente, ad eccezione di uno dei polpacci. La pelle, come quella del braccio che Dylan aveva trovato, era di un colore grigiastro ed era tesa, facendo vedere le costole e tutte le varie ossa che non erano già state scoperte da varie ferite probabilmente inferte con un coltello. La parte destra del petto era squarciata. Il polso sinistro era stato bucato da parte a parte, e vi era inserito un grosso anello di ferro a sua volta incatenato al muro. Anche alla mano sinistra mancavano le unghie, come a quella destra che Dylan e Julia avevano trovato nell'appartamento. Il corpo era scheletrico, la pelle tesa come quella di un tamburo. Ogni muscolo era rimasto contratto, facendo assumere al corpo una strana posizione, come quella di un animale indifeso che cerca di proteggersi. A causa della pelle tirata, era possibile vedere che molte ossa erano rotte o addirittura spappolate, probabilmente colpite con un martello o qualcosa di simile. L’intero corpo era coperto di ferite, ecchimosi, ematomi, bruciature di vario genere e tagli. Non c’era molto sangue, tuttavia. Ad eccezione del fianco sanguinante, rossastro e tumefatto, il corpo era quasi intonso dal sangue. La testa era appoggiata sul petto. Le labbra erano tirate in un sorriso macabro e spaccate in numerosi punti, probabilmente a causa di qualche tipo di taglio, lasciando intravedere le gengive macchiate di nero e ormai quasi secche. I denti, divenuti giallo-nerastri e scoperti in un terrificante ghigno, contribuivano a dare un tocco di orrore alla scena. Le orbite oculari erano coperte da uno straccio sporco, annodato dietro la testa. I capelli, lunghi e probabilmente in origine neri, erano l'unica cosa che contribuiva a far assomigliare il corpo a qualcosa di umano. Dylan non osò chiedersi cosa fosse successo in quella stanza. A quanto potevano arrivare quegli uomini? Sulla parte sinistra del polpaccio destro del corpo stava un tatuaggio. GLUTTONY. Era Nick. Dylan si tappò il naso. La puzza della morte che aleggiava intorno a lui, unito a quello spettacolo, lo faceva sentire malissimo. Avrebbe sputato lo stomaco, se avesse potuto. Notò a terra un materiale bianchiccio strano, coperto di mosche che ronzavano. Non volle saperne di più. Si avvicinò piano al corpo. Nessuno diceva nulla. Erano tutti occupati a fissare il corpo così orribilmente messo. Alex si avvicinò e, con un solo gesto che sembrò costargli un certo sforzo, sradicò la catena dal muro che uscì senza problemi sbriciolandone una parte. Però, ha davvero una gran forza. pensò Dylan, sebbene le pessime condizioni del muro avessero reso chiaramente più facile l'operazione. La mano sinistra ricadde a terra, mantenendo comunque la posizione innaturale delle dita. Dylan si avvicinò al corpo.
-Nick...- disse Julia, con tono dispiaciuto. Non fece in tempo ad aggiungere altro. Il “cadavere” di Gluttony iniziò a tossire violentemente, di una tosse rauca, secca e ripetuta. Dylan fece un balzo indietro, urlando. Il petto, anzi, la cassa toracica di Gluttony si muoveva a scatti secchi in su e in giù con un movimento raccapricciante. Quando i colpi di tosse finirono, Nick alzò le testa, lentamente.
-Ju... July...?- disse, con la voce che era quasi un sussurro.
-Nick! Sei ancora vivo!?- sbraitò Julia, avvicinandosi al corpo martoriato di Nick.
-A quanto pare... Sì... Anche se... Non per molto... Vi aspettavo...- disse piano, alzando debolmente la mano sinistra. Sembrava avere una grande stanchezza addosso. Parlava piano, come se fosse lontano chilometri, e si muoveva pochissimo.
-Nick... Cosa ti hanno fatto...- disse Julia, piano. Nick tentò di sorridere ma smise subito, come se si fosse ricordato che ciò che rimaneva della sua bocca era bloccato in quel ghigno orribile a causa della quasi totale assenza delle labbra.
-July, fatti toccare... Non posso vederti... Purtroppo... Probabilmente faccio un po’... Schifo... Scusami...- disse. Julia svolse delicatamente lo straccio che gli copriva gli occhi. Dylan smise di respirare quando vide il viso di Nick. L’orbita sinistra era vuota, invasa da quello che sembrava essere sangue rappreso. L’occhio destro, invece, l'unico rimanente, era vitreo con visibili segni di una bruciatura. Si muoveva a malapena a destra e a sinistra, cercando una luce che non avrebbe mai più potuto vedere.
-Sai... Quelli... Mi hanno accecato... Con una barra di ferro rovente. Era... bianca, ed era... calda. Ma ora... Non mi fa più male... Mi dispiace soltanto... Di non poterti più vedere... Eri... Così bella...- disse Nick. Se avesse potuto sospirare, probabilmente l’avrebbe fatto. Julia prese delicatamente la mano sinistra di Nick, e la posò sulla sua guancia destra, appoggiandoci sopra la sua mano. La pelle di Nick rischiava quasi di sfaldarsi ogni volta che veniva toccata, ma Julia tenne comunque la sua mano su quella di lui. Nick scosse leggermente la testa.
-Senza rancore Alex... La tua ragazza... Mi piace troppo...- disse, tentando di ridere. Ne uscì soltanto un altro colpo di tosse, così secca da sembrare uno schiocco. Alexei sorrise fra sé.
-Non ti preoccupare, Nick... Se dovessi dare la caccia a tutti quelli che Julia si fa, probabilmente ucciderei mezzo mondo- rise. Nick rise piano.
-Sapete... Non so quanto mi hanno tenuto qua... Non capisco più se fuori è giorno o notte- sussurrò, muovendo piano l’occhio cieco di qua e di là.
-Un mese- disse Matt – Ti credevamo morto.
-Beh, di certo non... non sono molto vivo, no?- rispose Nick, con tono divertito.
-Non perdi la tua spiritosaggine nemmeno ora, eh?- rise Tony.
-Antonio? Oh, ci sei anche tu...- disse Nick.
-Umpf, non chiamarmi con quel nome, su- replicò Tony, visibilmente seccato.
-Beh, concedimi questo favore... L’ultimo che ti chiederò... Ovviamente...- disse, con una risata secca. Ci fu un attimo di silenzio. Dylan rimase accucciato in un angolo, terrorizzato. Gli sembrava di avere davanti uno zombie. Rabbrividì quando Gluttony guardò esattamente nella sua direzione, per quanto si potesse effettivamente parlare di "guardare".
-Ma ditemi... Chi è... Qui con voi...? Ho sentito... Che qualcuno si è avvicinato... Ma poi... E’ scappato in quell’angolo... Vash? Ludwig?- chiese, piano.
-Ludwig è morto, e Vash è in Afghanistan o chissà in quale posto in culo al mondo – commentò Alex – Il tipo è uno nuovo. Si chiama Dylan Stokes, è uno sbirro alle prime armi che usiamo come spia.
Nick piegò leggermente la testa a destra, guardando Dylan con il suo occhio morto.
-Oh, un new entry...? Allora... Mi presento... Quale gentleman inglese non lo farebbe...? Sono Nick J. Cook, nice to meet you- disse, con tono affabile, per quanto un tizio che sembrava un cadavere potesse esserlo.
-D-Dylan Stokes- disse Dylan, con la faccia di uno che ha appena visto la morte in faccia.
-Presentazioni a parte... Ho delle notizie per voi... Sono passate... Più di tre settimane e non so se già le sapete... Ma ve le dico comunque... Allora...- iniziò. La squadra si mise in cerchio intorno a lui, ascoltandolo attentamente. Dylan si avvicinò titubante, voleva ascoltare anche lui.
-Su, non mordo... Mica... Almeno... Non più- disse Nick, rivolto a Dylan ma con lo sguardo cieco puntato verso Julia. Lei sorrise fra sé e accarezzò i capelli neri di Nick.
-Noi due dobbiamo parlare- disse Alex con una smorfia, guardando Julia. Lei fece un gesto della mano come per dire “non mi rompere”.
-Comunque... Tempo fa... Sono arrivati dei tizi a prendermi... Mi hanno portato qui... Mi... Mi... Hanno stuprato, sisi. E poi, non contenti, mi hanno torturato per ore... Come potete ben vedere.
Nick deglutì, e a Dylan sembrò che Julia gli lanciasse uno sguardo più comprensivo del dovuto. Doveva essere dura anche per lui da raccontare e, anche se Dylan non poteva di certo intuirlo, Julia sapeva molto bene che cosa lui aveva provato.
-Non scendo... Nei particolari... Comunque... Volevano sapere i nostri piani... E cose simili... Dove trovare Jake e Ivan... E cose così...- proseguì, parlando faticosamente.
Jake e Ivan? pensò Dylan. Vide Tony e Alex scambiarsi un’occhiata preoccupata.
-Tranquilli... Ho... Ho taciuto... Non vi tradirei mai... E... Mi dispiace di avervi cacciato in questo casino... E’... Tutta colpa mia... Non avrei dovuto... Ricattare Robbins...- mormorò, con tono profondamente afflitto. Era evidentemente oppresso dal senso di colpa.
-Nick, non ti preoccupare. Risolveremo tutto, e faremo quei bastardi in un milione di pezzettini- disse gelidamente Tony, con sguardo sadico.
-Sempre... Il vecchio, sadico, apatico... Antonio, eh?- rise Nick.
-Bah, Antonio è morto da un pezzo, dovresti saperlo- sogghignò Tony. Dylan guardò Tony. Poi gli avrebbe posto un paio di domande, sempre che lui non avesse intenzione di rispondergli a cazzotti.
-Mi fa ancora male il culo- scherzò Nick- Comunque... State molto attenti... Al bastardo che chiamano... Grudge...E’ veramente un sadico pervertito del cazzo... Quindi se voi maschietti vi fate... Prendere da lui... Mettetevi un paraculo o qualcosa di simile... Perché quello vi sfonda... Ce l’ha enorme... Ed è come sentirsi ficcare... Una mazza da baseball nel culo... July, di te non mi preoccupo... Dovresti... Essere abituata, ormai – rise Nick, con il tono di uno che la sa lunga. Alex fece una smorfia.
-Non so se interpretarlo come un complimento o no- ghignò, pensando che il "complimento" fosse rivolto a lui.
-Cosa? Per il fatto... Che è abituata... A prendersi cazzi enormi? Guarda che... Non parlavo mica di te- rise Nick. Julia non poté fare a meno di ridere in faccia ad Alexei.
-Ben ti sta, sbruffone- rise Tony, capendo che la frase era riferita a lui.
-Nick, sto provando l’irrefrenabile desiderio di spararti in faccia- disse, con tono fintamente offeso.
-Beh, è piacevole passare del tempo con voi come ai bei vecchi tempi- disse Nick.
-Bei vecchi tempi... Intendi un mese fa?- rise Gandle. Dylan continuò a rimanere in silenzio. Non capiva come quei quattro potessero restare semplicemente lì, a scherzare innocentemente con un loro ex compagno morente ridotto in quelle condizioni.
-Già... Esattamente... Comunque... Più o meno una settimana fa... è tornato uno degli scagnozzi di Grudge... Mi ha tagliato via il braccio con... Qualcosa che assomigliava ad una... Flex o una motosega... Ha detto... “Mi piacerebbe farti rivivere soltanto per farti soffrire di più”... Evidentemente credeva che io fossi morto. Poi si è messo a parlare... Al telefono... Parlava con Grudge... Ad un certo punto ha detto “OK capo, dammi l’indirizzo”. L’ha ripetuto... Ad alta voce... Per essere sicuro di aver... Capito bene... Ho fatto di tutto... Per ricordarmelo... 294... Upper East Side... Non so altro... Potrebbe essere solo l’indirizzo di un cliente ma... Ci ho provato comunque. Vi auguro buona fortuna, ragazzi- disse Nick, spostando lo sguardo vitreo a destra e a sinistra come per guardare negli occhi i suoi compagni.
-Ah, un’altra cosa... July, posso chiederti... un ultimo favore?- chiese infine.
-Tutto quello che vuoi- gli rispose lei.
-Sparami- disse lui, laconicamente. Dylan credeva di non aver sentito bene. Sparargli?
-Come, scusa?- replicò Julia.
-Oh, avanti. In queste condizioni non sopravvivrò... E non ci tengo a penare chissà quanto... Prima di morire di fame... Non sto nemmeno a dirvi come ho fatto a sopravvivere fino ad adesso... Uccidimi.
-Uh... Sei sicuro? Ma sicurissimo?- chiese di nuovo Julia. Era più che evidente che non volesse farlo. Nick mosse impercettibilmente la testa su e giù.
-Addio, Nick- disse Julia, leggermente turbata. Alzò la pistola.
-E’ stato piacevole parlare di nuovo un po’ con voi... Ci si vede all’inferno- commentò Nick, scoppiando in una risata secca. I tre sicari si misero in una posizione molto simile all’attenti, appoggiando le pistole al petto. Julia sparò due colpi alla testa a Nick. La testa di Nick, già di suo disastrata, sbatté violentemente contro il muro e cadde riversa, lasciando una macchia vistosa di sangue e materia celebrale sul muro. Tony, Alex e Matt puntarono le pistole verso il soffitto e a turno, spararono tre colpi. Gli spari risuonarono nella stanza. Dylan, avendo capito che era un rituale di chissà che tipo, puntò la Glock al soffitto e anche lui sparò tre colpi. La pistola gli cadde quasi di mano per il rinculo del terzo colpo. Julia gli sorrise.
-Bravo. Adesso andiamo, ragazzi. Alex, chiama uno dei tuoi amici e digli che seppelliscano il corpo di Nick nel giardino della villa, assieme a quello di Ludwig. Non ho intenzione di farlo restare qui un secondo di più, vivo o morto che sia- ordinò Julia. Alexei annuì e subito prese in mano il cellulare, per chiamare i suoi "amici", su cui Dylan preferì non fare domande. Uscirono da quella che per molti versi era diventata una specie di tomba.
-Andiamo a controllare quell’indirizzo?- disse Tony, appena furono fuori.
-Sì, ma non ora. Ho bisogno di una doccia. Per oggi si torna a casa, questo pomeriggio passatelo ad allenarvi- ordinò Julia, cercando di sembrare meno abbattuta di quello che era in realtà. I tre sicari annuirono.
-Sta per arrivare una tempesta di merda, e noi siamo senza ombrello- scherzò Matt. Nessuno rise davvero, perché quella battuta rappresentava fin troppo bene la realtà.

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Capitolo 10
*** Una visita a sorpresa ***


Julia decise che per lei e Dylan era ormai troppo pericoloso tornare nel loro appartamento, quindi tutti decisero di comune accordo di starsene alla villa di Envy, avrebbe offerto maggior protezione in caso qualcuno volesse cercare di ucciderli.. Non appena arrivarono, Julia si precipitò a fare una doccia, Tony decise di distrarsi facendo un bagno in piscina, Matt se ne andò giù nel bunker a mettere in ordine le armi e ad affliggere le foto dei nuovi obiettivi sui muri.
-Tutti che lavorano? Mi sento quasi in colpa a starmene qui a cazzeggiare- disse Alex, più a sé stesso che altro, aspettando il suo turno per fare la doccia. Ci aveva provato ad andarci con Julia, ma era stato brutalmente scacciato e aveva capito che era meglio non insistere. L'umore della squadra sembrava improvvisamente crollato, e in fondo non c'era nulla di cui stupirsi. Prima che potesse lasciarsi cadere sul divano, il campanello suonò.
-E chi cazzo è ora!?- disse, seccato, lasciando perdere il divano. Aprì la porta principale con l’aria di uno che avrebbe di molto meglio da fare.
-Servizio consegne Volkov- disse una voce molto simile a quella di Alex, sconosciuta a Dylan. Il giovane rimase a guardare Alexei, incuriosito dal nuovo visitatore. Alexei scoppiò a ridere.
-Ivan, non sembrerai mai un fattorino del cazzo. È inutile- sogghignò. Che fosse quell'Ivan di cui parlava Gluttony?
-Mah, se mi davi ancora un paio di dollari magari passavo a ritirarti la roba in tintoria – sghignazzò Ivan, entrando.
-Allora, che ci fai qui? Sei venuto giù dalla Russia solo per fracassare i coglioni o hai qualcosa di serio da dirmi?- chiese Alex, con voce divertita. Dylan rimase immobile a fissare il ragazzo appena entrato. Doveva avere uno o due anni meno di Alexei, e si assomigliavano molto. La differenza più evidente era che Ivan era piuttosto gracile, a differenza di Alex che era così possente da fare invidia ad un gorilla.
-Non resterò molto, ho un sacco di consegne da fare. Ho portato quello che mi hai chiesto, più un piccolo omaggio personale, un fucile di precisione. È tutto in garage. Ti ho portato dieci casse di Vodka stavolta, ok? Vedete di non finirle in una settimana, fratellone- ghignò Ivan. Dylan rimase esterrefatto, senza intervenire nella discussione. Fratellone? Se doveva essere sincero, si aspettava che Alexei fosse uno di quei soliti killer dalla famiglia sterminata o qualcosa del genere. Che anche quel fantomatico "Jake" fosse parente di uno dei killers? Questo spiegherebbe la preoccupazione di Tony e Alexei.
-Cioè, ti ho chiamato meno di otto ore fa e tu sei già qui?- disse Alex, stupito.
-Sì, ero già da queste parti. Sergei si chiede quando tornerai in Russia- rise, parlando di qualcuno che Dylan non conosceva. Ivan si accorse solo in quel momento della presenza del ragazzo e si avvicinò, studiandolo con lo sguardo.
-Oh. Chi è questo молокосос? [NdA: molokosos Lett. pivello, in russo]- disse, incuriosito.
-E’ un ragazzino della DRO che era compagno di stanza di Julia. Lo usiamo come spia- rispose Alex, usando un tono di esplicito odio sulle parole "compagno di stanza di Julia".
-Ah ah. Piacere, io sono Ivan Volkov, fratello minore del qui presente Alexei- rise. Sembrava molto meno stronzo di Alexei.
-Io sono... sono Dylan Stokes. È... un piacere conoscerti- disse Dylan timidamente. Ivan rise nuovamente, dopodichè guardò l’orologio.
-Merda, sono in ritardo. Devo andare! Ciao, Alex! Quasi dimenticavo, occhio a quegli stronzi dell'ex KGB, mi hanno dato dei problemi - disse Ivan, prima di uscire precipitosamente. Alexei sorrise fra sé.
-Ex KGB?- chiese Dylan. Gli risultava che il KGB non esistesse più da un pezzo. C'erano cose che non sapeva? Certo che c'era davvero un sacco di gente che voleva uccidere Julia e compagnia.
-Sì, mio padre ne faceva parte e abbiamo avuto problemi con i suoi ex colleghi- brontolò Alex, infastidito. Grossi problemi, o almeno questo era quello che diceva la sua espressione. Proprio in quel momento Julia uscì dal bagno. Aveva dei nuovi vestiti, e i capelli bagnati erano legati sopra la testa. Nel vederla uscire, Tony si appoggiò al bordo della piscina e con un gesto atletico ne uscì. Prese l’asciugamano che aveva appoggiato in parte e se lo mise sulle spalle. Dylan deglutì, vedendo l’esorbitante quantità di cicatrici che solcavano il petto muscoloso di Tony.
Ma qui sono tutti dei palestrati? pensò. Fra Gandle, Alex e Tony, quasi non sapeva dire chi avesse la maggior quantità di muscoli.
-Ah beh. Appena uscito dalla piscina. Ragazzo figo bagnato è arrapante- commentò Julia con una risata.
-Awrrr- disse Tony, imitando con la mano il gesto di un gatto che graffia – Che, mi devo anche mettere le orecchie da coniglietto playboy, ora?
-Non sarebbe una pessima idea- rise Julia, lanciandogli uno sguardo complice.
-Ehi, stasera è mia, tieni giù le zampe- ringhiò Alex, geloso. Tony sogghignò, l'idea non sembrava dispiacergli, in fondo Alexei doveva pur avere un qualche diritto in più, essendo il fidanzato ufficiale di Julia. Vederli mentre si sbranavano a vicenda a parole era esilarante.
-Tranquillo, sono troppo stanco per fare qualsiasi cosa. Questi due giorni sono stati parecchio stressanti. Ho dovuto rincorrere quel tizio per sei isolati, prima di riuscire a prenderlo e a spaccargli la testa- disse, sbadigliando, come se fosse la cosa più normale del mondo.
-Comunque, poco fa è passato Ivan e...- cominciò Alex. Il campanello suonò di nuovo, interrompendolo. Alexei sbuffò notevolmente seccato.
-Ma chi cazzo è ancora? Ivan, io ti uccid...- disse. La voce gli morì in gola non appena andò ad aprire la porta.
-Ehm... Salve, Ray- disse, deglutendo.
-Scrostati- gli disse imperiosamente il qualcuno al di là della porta. Alex annuì e si spostò senza fare storie. Entrò un uomo alto con portamento imperioso, vestito con un giaccone di feltro nero che faceva molto 1860. Portava un cappello nero, aveva i capelli castani, gli occhi neri come la pece. Dylan aveva una strana sensazione, gli sembrava di averlo già visto da qualche parte. Prima che potesse chiedere chi fosse, Julia balzò verso di lui e lo abbracciò.
-Papà!- disse. L’uomo la abbracciò, sorridendo. Era... il padre di Julia?
-Ehi, bambina mia! Come stai? Passavo di qua e ho pensato di fare una capatina a trovarti. Non eri a casa, quindi sono venuto a cercarti qui- rise. Dylan non potè fare a meno di pensare che era stato un gran bene che non fosse passato a casa loro.
-Ciao, Copper!- disse Tony. Matt apparve dalla botola sul pavimento.
-Copper? Quanto tempo!- rise. Sentendo il soprannome dell’uomo, improvvisamente ricordò. Ecco perché gli sembrava di averlo già visto. Era esattamente identico al protagonista di una serie televisiva che aveva visto tempo fa che si chiamava, appunto, Copper.
-Pà, ti presento la new entry del gruppo. Si chiama Dylan Stokes, è la nostra nuova spia- disse Julia, indicando Dylan. Copper lo squadrò con sguardo gelido. Tese la mano.
-Raymond Blake. Puoi chiamarmi Ray o Copper- gli disse. Dylan gli strinse la mano. Almeno uno che non aveva conosciuto che volesse ucciderlo o che stesse per essere ucciso.
-Ehm... Piacere. La chiamano Copper perché assomiglia moltissimo a Kevin Corcoran, vero?- chiese timidamente. Non sapeva come si chiamasse l’attore che lo interpretava, e sperava di non aver preso un enorme granchio.
-Già. Ehi, è intelligente questo ragazzino. È uno dei tuoi innumerevoli scopamici?- chiese ridendo, rivolto a Julia. Julia si finse indignata.
-Ma no, non è nemmeno il mio tipo. Pà, se dici così mi fai sembrare una troia- disse Julia, trattenendo una risata.
-Lo sei- disse semplicemente Ray. I due scoppiarono a ridere. Dopo qualche attimo, Copper riprese guardando Dylan.
-Volete che ve lo addestri?- chiese, squadrandolo. Sembrava che stesse pensando alle misure della sua bara, dallo sguardo che aveva.
-Nah. È solo una spia. Non so nemmeno se vorrebbe essere dei nostri- disse Matt, guardando Dylan con sguardo di sufficienza.
-Ehm... Io, veramente...- tentò di dire Dylan. Nella loro squadra? Ah beh.
-Oh, su, convertitelo alla vostra, no? Secondo me sarebbe un bravo sicario, se lo lasciaste per un po’ nelle mani mie, di Tony e di Alexei- disse, convinto. Dylan tacque, era la cosa più simile ad un complimento che avesse sentito da quando era nelle mani di quei killer.
-Perché mi sembra tanto una minaccia?- disse Dylan. Voleva farlo addestrare da Tony e Alexei? Allora servivano sul serio le misure  per la sua bara. Copper scoppiò a ridere sguaiatamente.
-Non lo è, ragazzino. Dico sul serio, dovresti farti addestrare da Tony e Alex. Sono due bravi.
Il cellulare di Copper suonò, interrompendo la discussione. Ray rispose al telefono.
-Hm? Chi è?- disse. Rimase ad ascoltare, dicendo qualche “hm” ogni tanto.
-Ok, ok- disse infine. Non doveva essere un granchè per fare conversazione, pensò Dylan.
-Ragazzi, il lavoro mi chiama, devo andare a riscuotere da un tizio che non paga una gang da parecchi mesi. Ci si vede. Stammi bene, bambina mia!- disse, abbracciando Julia.
-Tu pesteresti anche il presidente, se ti pagassero abbastanza- commentò Matt. Copper alzò le spalle e se ne andò, con un sorrisetto divertito sul volto. Non appena il padre di Julia uscì dalla casa, tutti gli sguardi si puntarono su Dylan. Era il momento di rispondere all’implicita domanda che aveva lasciato Copper. La parola di Raymond sembrava pesare molto fra di loro, visto che nemmeno ventiquattr'ore prima lo minacciavano di morte mentre adesso stavano prendendo in considerazione l'idea di farlo diventare dei loro. Ma la vera domanda era un'altra. Voleva davvero diventare un membro effettivo della loro squadra?

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Capitolo 11
*** L'iniziazione ***


-Ehm... Io...- iniziò Dylan. Non sapeva proprio cosa dire. Ad essere sincero, dopo aver visto Gluttony non provava più tanta paura o voglia di andarsene di lì. Provava solo ribrezzo per quegli uomini che l’avevano ridotto così. Come quando avevano ucciso sua sorella. Provava una certa... rabbia. Gli facevano schifo, e se per caso se li fosse trovati davanti... Non era sicuro di come avrebbe reagito. Insomma, anche i killer che l'avevano letteralmente rapito erano chiaramente dei sadici, ma a quanto pare non c'era limite alla depravazione umana. Deglutì, e prese la più rischiosa decisione della sua vita.
-Voglio far parte della vostra squadra- disse, tutto d’un fiato. Alex gli diede una robusta pacca sulla schiena che lo fece quasi cadere.
-Questo sì che è parlare, ragazzino! Che dici amo, lo prendiamo?- chiese, rivolto a Julia. Dylan li guardò, stupito. Ma come, gli avevano chiesto loro di essere dalla loro parte, e ora avrebbero pure rifiutato? Mah. Julia sembrò rifletterci attentamente.
-Perché no. E’ solo un pivello, ma può migliorare- disse infine, con un gesto sprezzante della mano. Tony sembrava contrariato, ma non disse nulla. Guardò Gandle, come se si aspettasse che almeno lui dicesse di no.
-Uhm. Anche io sono d’accordo con Julia. E poi, con tre su sette fuori gioco, dobbiamo prendere altri membri- confermò Gandle. Tony fece una smorfia come per dire “e va bene”. Dylan sorrise, sollevato.
-Bene, allora è deciso. Però, devi passare l’iniziazione- disse Tony con un ghigno.
-Iniziazione!?- chiese Dylan, terrorizzato. Quando Tony faceva quel sorriso, non c’era niente di buono in arrivo.
-Tranquillo, sono solo un paio di cazzate. Devi farti un tatuaggio che ti identifichi, come i nostri; e poi dobbiamo cancellarti le impronte digitali. Tutto qui- lo tranquillizzò Matt. Allora era vero che loro si erano cancellati le impronte digitali, pensò Tony. Alex rovistò in un cassetto del tavolo per un attimo, per poi prendere un foglio.
-Scegli- gli disse. Sul foglio c’erano varie immagini di tatuaggi. La scelta era piuttosto ampia, ma nessuno di quelli era nello stile "piccola rosa tatuata sul polso" o cose simili. Erano quasi tutti piuttosto inquietanti. Scelse quello che gli sembrava una specie di fulmine, era il più bello di tutti.
-Bene- disse Tony – Allora, vado giù un attimo a preparare tutto, voi intanto pensate al resto.
Si dileguò nel bunker. Julia andò in cucina e prese un barattolo di metallo pesante. Lo aprì, e Matt accompagnò Dylan in giardino. Lui, perplesso, li seguì. Cosa c'era nel barattolo?
-Porgimi le mani, tieni i palmi verso l’alto- gli disse Julia, indicandogli come doveva fare. Dylan eseguì. Matt gli strinse i polsi. Oh oh, pensò Dylan.
-Non urlare, ok?- gli disse, guardandolo negli occhi.
-Ehi, aspetta un attimo, cos’è quella roba?- chiese, preoccupato, guardando il barattolo. Chissà che diavoleria era.
-Soda caustica, acido cloridrico e acqua. Non corroderà la pelle, si limita ad ustionarla e cancellare le impronte digitali. Non potrai prendere niente in mano per otto- nove ore, ma in compenso la polizia non ti prenderà più- spiegò Julia, con una punta di orgoglio nella frase "la polizia non ti prenderà più". Dylan deglutì e annuì, stringendo i denti. Julia versò l’acido sulle sue mani. Dylan si sentì come se avesse messo le mani in un recipiente di piombo fuso. Emise un mugolio di dolore, ma non urlò. Matt si affrettò a premere un panno morbido sulle sue mani doloranti, mentre l’acido scivolava sull’erba ed entrava nel terreno. Dylan continuò a stringere i denti, ma tutto sommato non era stato doloroso come si aspettava. Ora, gli mancava solo il tatuaggio. Chissà come gliel'avrebbero fatto!
-Tutto bene?- chiese Julia, richiudendo il contenitore di metallo.
-S-Sì- disse Dylan, lasciando che Matt gli fasciasse le mani con cura.
-Bene, ora andiamo. Tony e Alex dovrebbero essere pronti- disse Julia. I tre rientrarono in casa, posarono il barattolo e scesero nel bunker. Si sentiva un forte odore di ferro bruciato.
-Come farete a farmi il...- disse Dylan. La voce si spense letteralmente non appena vide Tony con in mano una grossa sbarra di metallo. Sulla parte iniziale della sbarra era attaccato un pezzo di metallo tondo, con un diametro di circa tredici centimetri. Tony teneva la parte rotonda in mezzo al fuoco del caminetto, mentre Alex provvedeva a soffiare sul fuoco e a tenerlo vivo. Non appena li sentì arrivare, Tony lasciò la sbarra in mano ad Alex.
-Pivello, dove vuoi il tatuaggio?- chiese, con voce neutra, fissandolo. Un orribile pensiero si profilò nella mente di Dylan. Avevano intenzione di marchiaglielo a fuoco!?
-Ehi, ma io...- iniziò, indietreggiando. L'idea non gli piaceva nemmeno un po'!
-Faglielo sulla schiena. All’altezza della scapola destra- disse Julia, con noncuranza, come se Tony avesse fatto a lei la domanda.
-Uh... Agli ordini. Dylan, distenditi sul divano a pancia in giù- disse Tony. Dylan non osò opporsi, in fondo aveva cominciato e doveva finire. Eseguì, preparandosi mentalmente al dolore.
-Bene, tenetelo fermo- disse Alex, alzando di peso la sbarra di ferro e portandola vicino a Dylan. Julia lo prese per il braccio destro, Matt per il sinistro. Tony si avvicinò al suo viso, e gli mise la mano davanti alla bocca, di taglio, mostrandogli la parte della mano dove il mignolo si attacca al metacarpo.
-Mordi, o ti stacchi la lingua dal dolore- gli disse, in tono così gentile da sembrare quasi fraterno. Dylan annuì, prendendo fra i denti la nocca del mignolo di Tony.
-Ci siete?- disse Alex. Julia annuì. Dylan stava sudando freddo. Sentiva il calore del ferro bollente vicino alla pelle della schiena, nonostante avesse la maglietta. Alex tirò su la maglietta fino a scoprire le scapole. Julia la tenne in posizione, e Alex premette il ferro rovente sulla pelle di Dylan. Tutti i muscoli di Dylan si tesero in uno spasmo di dolore. Strinse i denti sulla mano di Tony, che di canto suo sembrava completamente insensibile. Un odore di carne bruciata si spanse nell’aria, mentre il ferro rovente emetteva uno strano suono a contatto con la pelle. Dylan si sentì come se l’avesse appena colpito un fulmine. Dopo alcuni secondi che sembrarono secoli, Alex tirò indietro il ferro e lo buttò in un secchio d’acqua.
-Finito!- disse tranquillamente. Dylan mollò la presa, e Tony si massaggiò la mano.
-Però, bello- commentò Julia, guardando il tatuaggio impresso a fuoco. Dylan rimase disteso sul divano, ansimante. La scapola destra gli bruciava da morire, così come le mani. Ma ce l’aveva fatta, no?
-Bene, ragazzino. Ora, se vuoi essere uno di noi, devi sceglierti un nome che sia figo- disse Tony con un ghigno.
-Cosa? Il mio nome non va bene?- chiese Dylan, stupito. Ora doveva anche cambiare nome?
-Nah, non è quello che intendo. Tutti i sicari usano un nome falso – o almeno, i più esperti – per non farsi rintracciare e... per proteggere i propri parenti- spiegò Tony. Il pensiero di Dylan volò immediatamente su Jake, ma altrettanto velocemente lasciò perdere. Ormai aveva imparato che era meglio non impicciarsi negli affari di Tony.
-È per questo che vi fate chiamare Envy, Sloth, Lust, eccetera?- chiese, incuriosito.
-Sì, e poi è anche una questione di reputazione personale. Insomma, fa figo. Allora, che nome vuoi?- disse Julia. Dylan rimase a pensarci. Proprio non lo sapeva. In effetti tutti i sicari che aveva incontrato finora avevano un nome falso nel giro. Julia era Wrath, Alex era Lust, Tony era Sloth, Matt era Greed, Nick era Gluttony, Raymond Blake era Copper, persino quello che gli dava la caccia si faceva chiamare Grudge, cioè rancore. Doveva trovarsi un nome abbastanza bello da poter competere con quello degli altri.
-Ridete se vi dico The Reaper?- chiese timidamente. Era il primo nome che gli fosse venuto in mente.
-Ma no, è figo! Cazzo, perché non ci ho pensato io?- disse Matt con una risata. Dylan non sapeva se stesse dicendo sul serio o se stesse solo ironizzando, ma era felice del complimento.
-Bene, Reaper. Ora sei ufficialmente uno dei nostri. Non appena ti passeranno le varie bruciature, Tony e Alex ti addestreranno. Ok?- chiese Julia. Dylan annuì. Sarebbe stato come entrare all'inferno e ritorno, ma forse aveva una possibilità di farcela.
-Va bene! Comunque... Visto che ora sono uno dei vostri... Posso farti una domanda?- disse, guardando il gruppo. Tutti si girarono immediatamente a guardarlo.
-Ma certo- disse Julia. Com'è che erano diventati improvvisamente così gentili? Mah. Meglio per lui.
-Come pensi di prendere Grudge e Robbins? Hai visto cosa hanno fatto a Nick...- chiese, incuriosito e anche un po' intimorito. In fondo era una domanda legittima.
-Sono dei parere che dovremmo prendere un paio di pistole mitragliatrici e andare là a spaccargli il culo e basta- brontolò Tony, con una luce omicida negli occhi. Dylan rise, ma non appena vide lo sguardo del sicario napoletano smise immediatamente.
-Non abbiamo un piano, vero?- disse, rendendo noto ciò che già era ovvio.
-Esattamente. Per ora devi solo pensare a farti addestrare. Tanto Grudge non entrerà mai nella villa, non è mica stupido fino a questo punto- ghignò Julia. Dylan rise. Aveva un senso.
-Uh, ok. In cosa dovrete addestrarmi?- chiese Dylan ad Alex. Non sapeva se voleva saperlo davvero, ma in fondo tanto valeva sapere come si strutturava l'inferno attraverso cui doveva passare. Alexei stava per rispondere, ma per la terza volta in quella giornata il campanello suonò.
-Qualcuno qui aspetta visite?chiese Alex. Julia fece spallucce, come per fargli capire che lei di certo non era. Così, Alex, Tony e Julia andarono su a controllare, mentre Matt preferì vedere chi fosse lo sconosciuto dal monitor delle telecamere a circuito chiuso. Non appena guardò l'immagine, fece la stessa faccia di uno che aveva appena visto il diavolo.
-Alex!!- urlò, correndo verso le scale.
-Cosa?- gli chiese lui, tranquillo e inconsapevole di cosa stesse per succedere.
-Dì a Julia di non aprire! Sbrigati!- sbraitò Matt, sempre più agitato. Dylan era perplesso. Che diavolo stava succedendo?
-Perchè, scusa?- chiese Alex, con tono allarmato, iniziando a realizzare che probabilmente c'era qualcosa che non andava.
-Fuori c'è un tizio con una fottuta pistola grande come il Texas!

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Capitolo 12
*** Come hai fatto a trovarmi? ***


-Julia! Tony! Non aprite la porta!!- urlò Alex, precipitandosi di sopra.
-Chi... chi è...?- chiese Dylan, inerme. Gandle scosse la testa.
-Boh. Mi sembra di averlo già visto, ma non sono sicuro di chi sia- disse. Dylan guardò il viso del suo capo. Il suo solito sorrisetto forse un po’ arrogante aveva lasciato il posto ad un’espressione concentrata, fredda, indifferente. Gli sembrava quasi un’altra persona. Sentì Alexei e Tony discutere animatamente, e il campanello suonare di nuovo.
-Cosa dobbiamo fare?- disse Dylan, con voce leggermente titubante. Si sentiva inutile, non poteva nemmeno impugnare la pistola.
-Non ti preoccupare, ci pensiamo noi- rispose Gandle, prendendo la colt dalla fondina. Controllò che fosse ben carica e tirò giù il cane con un click. Guardò Dylan, e gli fece cenno di seguirlo. Salirono le scale, fino ad arrivare dagli altri. Il misterioso visitatore era sempre più insistente.
-Mi sta facendo incazzare- commentò Tony, puntando lo sguardo assassino verso la porta.
-Ragazzi, nascondetevi, vado io ad aprire- disse Alex.
-No, sei pazzo!? Poi quello ti spara!- disse Julia, preoccupata. Alexei fece spallucce.
-Non ti preoccupare per me, July; pensate a mettervi in posizione- disse, prendendo la sua SIG Sauer. Tony sfoderò la Glock. Julia lanciò un’occhiata di rimprovero ad Alex, ma non replicò ulteriormente. Tony si distese a terra sotto il tavolino del salotto, con la pistola puntata verso la porta. Matt si mise nascosto nel corridoietto che dava al garage, mentre Julia si appollaiò dietro l’isola della cucina con la Beretta alla mano. Dylan si mise vicino a Matt, restando immobile. Sentì Alex aprire la porta.
-Chi è!?- disse. Si sporse un po’. Riusciva a vedere Alex, ma non quello alla porta. Vedeva soltanto la sua mano guantata, che impugnava una Glock 17. Alex teneva la SIG Sauer puntata sullo sconosciuto. Dylan si accorse di un impercettibile cambiamento di posizione dello sconosciuto. Capì cosa stava per succedere, ma prima che potesse avvertire Alex lo sconosciuto alzò la pistola e sparò tre colpi fulminei. Alex si irrigidì come un’asse e cadde riverso, con gli occhi strabuzzati puntati al cielo e la SIG Sauer ancora stretta in mano. Dylan si riparò dietro il muro, e sentì la voce della Glock di Tony. Julia balzò fuori dalla sua posizione e si avventò contro lo sconosciuto brandendo la pistola. Sparò tre colpi, uno dei quali raggiunse lo sconosciuto alla gamba. Lui lanciò una qualche bestemmia in spagnolo, ma non si fermò. Afferrò il polso di Julia. A quel punto, anche Tony uscì dalla sua posizione sferrando un calcio alla gamba ferita dello sconosciuto. Lui balzò indietro rapido come un gatto.
-Dylan, non ti muovere di qui. Se mi ammazza, scappa fuori dal garage, lì c’è la mia auto, fuggi con quella- gli disse Gandle, prima di sporgersi per sparare. Dylan annuì, ma decise di vedere prima chi fosse quello sconosciuto. Matt premette il grilletto, e l’uomo si abbassò repentinamente evitando il proiettile che andò a conficcarsi nel muro staccando una scheggia che per un pelo non colpì Tony.
-Guarda dove punti quella merda, coglione!- ruggì Tony, mentre puntava nuovamente la pistola pronto a fare fuoco. Anche Julia puntò la pistola. Dylan riuscì a sporgersi un po’, e vide in faccia lo sconosciuto. Balzò fuori da dietro il muro, agitando le braccia.
-Non sparate! Non sparate! È un amico, non sparate!- sbraitò, per farsi sentire sopra il casino. Il rumore degli spari si spense immediatamente, mentre Dylan si dirigeva verso lo sconosciuto.
-Pivello! Stai bene?- chiese l’uomo, tenendo sempre la Glock ben puntata su Tony.
-Sì, non ti preoccupare- sospirò lui. Matt uscì dal suo nascondiglio.
-Vi conoscete?- chiese Tony, senza staccare gli occhi dallo sconosciuto.
-Ma sì... Lui è Ignacio Ramos, il mio partner alla DRO- spiegò Dylan. Julia si precipitò da Alexei.
-Spero vivamente che tu non abbia ucciso Alex, o non ci sarà nulla che potrà proteggerti dalla mia ira- ringhiò la ragazza, furente. Ramos ripose la Glock, così come Tony. La ragazza diede un colpettino al viso del suo Alex, che tossì violentemente e si scosse dalla posizione rigida che aveva tenuto fino a quel momento come se fosse stato in un altro mondo. Due dei tre proiettili l’avevano colpito al ventre, ma erano usciti e non sembrava avessero provocato danni gravi.
-Tutto bene?- chiese Julia. Alex annuì, e lei tirò un sospiro di sollievo.
-Che ci fai qui? Come hai fatto a trovarmi?- chiese Dylan incuriosito a Ramos.
-Ieri sera ho visto questo tizio entrare in casa tua- disse lui, tirando fuori una foto segnaletica dal taschino e facendola vedere a Dylan – Si chiama Evandro Brigas, è un ispanico ricercato per più crimini di Al Capone.
La foto ritraeva un uomo che probabilmente era più giovane di quello che sembrava. Aveva i capelli grigiastri e gli occhi di un colore nero che li faceva sembrare come dei buchi neri e vuoti, come se qualcuno avesse sradicato tutto ciò che c’era di umano. Tony si avvicinò per vedere la foto. Non appena la vide, i suoi occhi sembrarono incendiarsi per una possessione demoniaca.
-Il fottuto bastardo, inculato frocio coglione pezzo di merda del cazzo!- urlò, così forte da far sobbalzare Dylan. Strappò la foto di mano a Ramos, la scagliò a terra ed estrasse la Glock, sparando contro la foto a terra finché il caricatore non fu vuoto. Infine gettò la pistola contro la foto ormai crivellata di colpi e la calpestò più volte, continuando ad urlare “fottuto bastardo” fino a non avere più fiato. Nessuno osò reagire, nemmeno quando prese il coltello per sfogare tutto il resto della sua ira menando fendenti contro i rimasugli della foto. Dopodichè crollò sulle sue stesse ginocchia restando immobile di fronte a quello che restava della foto, emettendo un suono molto simile ad un singhiozzo di un bambino disperato. Julia si avvicinò a lui, alzò il suo mento con il dito indice e sfiorò le labbra di lui con le sue, sussurrando un “non pensarci più a quello”. Dylan era rimasto letteralmente a bocca aperta nel vedere la reazione esagerata di Anthony. Sembrava che il diavolo si fosse impossessato di lui, non appena aveva visto quella foto.
-Ehm... Non sembra che ti stia molto simpatico- disse Dylan, con un filo di voce. Tony non rispose.
-Ehi, non infierire, quel tizio è un sicario della mafia, è quello che ha fatto fuori i suoi e che ha brutalmente trucidato la sua ex fidanzata- disse Matt, con un tono di rimprovero. Tony rimase abbracciato a Julia come un bambino spaventato, continuando ad emettere un mugolio impreciso. Lei gli accarezzava i capelli rossi.
-Su, Tony. Un giorno o l’altro lo ammazzerai facendolo soffrire, ok? Ora rimettiti un po’ a posto, chissà che pensano gli ospiti- rise Alexei. Tony gli lanciò un’occhiata così gelida che fece scendere la temperatura della stanza di almeno dieci gradi, ma si ricompose.
-Mi dispiace, vi ho fatto fare una figura di merda di fronte a questi due- disse, abbattuto come se avesse appena compiuto un crimine, riferendosi ai due. Alexei alzò le mani in segno di resa.
-Tranquillo amico, scherzavo- gli disse. Tony riprese la pistola da terra, cambiò il caricatore e la rimise nella fondina.
-Quel bast... Evandro è entrato in casa di Julia!?- disse Matt, irritato.
-Sì, per quello ho pensato che Dylan fosse in pericolo. Il vostro amico qui ha ragione, questo tipo è un bastardo di prima categoria. Nelle strade si dice che lavori per uno che si fa chiamare Grudge. Quindi, ti ho cercato. Non eri a casa, quindi ho pensato che fossi qui... Avevo già capito che Ludwig Schliemann era Envy, e dato tutto quell’interesse verso i sette killer dei peccati, ho pensato che fossi venuto qui. E avevo ragione, a quanto pare. Pensavo che loro fossero in combutta con Evandro, così ho sfoderato la pistola e... arriva la cavalleria. A quanto pare non sono ancora così arrugginito, eh?- rise Ignacio. In effetti, il poliziotto aveva abbondantemente superato i trentasette anni – ne aveva circa quaranta-quarantuno, qualcuno in più di Matt – ma sapeva ancora sparare molto bene.
-In questo momento desidererei che tu lo fossi- brontolò Alexei, guardando il sangue sulla sua maglia – Beh, almeno avrò l’occasione di spiegare a Reaper come si estrae un proiettile.
-Reaper?- chiese Ramos, guardandolo con aria interrogativa.
-Ehm... è una lunga storia- si giustificò Dylan.
-Beh, allora raccontamela, ho tempo- gli disse Ramos. Dylan guardò Julia in cerca di conferma, ma lei era impegnata a parlare con Tony. Matt gli fece cenno che poteva parlargliene.
-Ok, allora...- iniziò. La spiegazione non fu affatto facile, anche perchè Dylan stesso non sapeva cosa fosse esattamente successo. Nemmeno ventiquattr'ore prima era un tranquillo poliziotto di New York, ora lavorava per Wrath. Dopo qualche minuto, riuscì a finire di spiegare tutto a Ramos, che lo guardava con aria stupita e perplessa.
-Quindi... Tu all'inizio sei stato rapito per diventare una spia e scoprire chi fosse la talpa in polizia perchè ormai lui sapeva che Gandle era GREED, poi hai trovato un tizio mezzo morto che sembrava uno zombie, e infine hai deciso di unirti alla squadra dei sette... ehm... quattro killer dei peccati diventando "The Reaper" e adesso ti stai facendo addestrare per diventare un sicario? Tutto questo perchè il senatore Robbins vi ha usati per uccidere i criminali, e da quando l'avete minacciato di ricatto vi vuole uccidere?- disse Ramos, guardando Dylan.
-Ehm... Detto in poche parole, sì- rise Dylan.
-Mh. Quel tipo mi era sempre stato sul cazzo. Spero che riusciate a prenderlo- rispose Ramos, riferendosi a Robbins. Non sembrava avere problemi con la cosa, stranamente. Julia, nel frattempo, era occupata a curare le ferite di Alexei. Disinfettò la seconda, strappandogli un gemito di dolore.
-Questa merda brucia- disse, contrariato, indicando il disinfettante.
-Lex, non piangerai mica come una fighetta- ghignò Matt. Alexei evitò di rispondere. Quando Julia ebbe finito, Alexei era di nuovo quasi in forma.
-Sei fortunato che io non ti abbia ucciso- disse Alex, puntando un dito contro Ramos. Quello, impassibile, si accese una sigaretta.
-No, tu sei fortunato a non avermi ucciso- disse tranquillamente. Dylan non riusciva a spiegarsi come tutti in quel posto fossero calmi tranne lui.
-Ah, e perchè?- chiese, irritato ed evidentemente contrariato.
-Perchè so chi è la talpa di cui parlate. Insomma, sospettavo da un bel po’ che fosse corrotto, ma non avevo conferme. Ora che me lo dite, sembra anche plausibile, visto che ha una posizione da cui può tenere facilmente d’occhio il capo... E stando a quello che hai descritto della fine che ha fatto questo Nick, penso che potrebbe esserci il suo zampino- rispose Ramos, guardando Gandle.
-Di chi parli? Uno che mi sta vicino ma...- cominciò Gandle.
-Di chi parlo? Ma di Edgar, il capo della SWAT, ovvio! Non se n’era ancora accorto?- disse Ignacio, stupito.
-Edgar?- chiese Julia, piegando leggermente la testa.
-Sì, Edgar Pike, quel bastardo. È il capo formale della Special Weapons And Tactics. Tutti lo chiamano semplicemente Pike. Come ho fatto a non capirlo prima!? È lui la talpa?- infuriò Gandle.
-Sì, almeno credo. Quel tipo ha un passato da spacciatore, ed è molto pericoloso. L’unico che gli tiene testa è Vince, come sai- disse Ramos.
-Potreste spiegarmi di chi parlate?- disse infine Julia, con un leggero tono arrabbiato.
-Parliamo dei membri della SWAT. Zodiac Vargas è il leader della squadra, visto che è l’unico che riesce a tenere testa a Pike- spiegò Gandle. Per Dylan aveva senso, sapeva di chi stavano parlando. Vincent Zodiac Vargas era un membro della SWAT.
-Zodiac? Ecco dove avevo già sentito parlare di un Vincent Vargas! È quel membro della SWAT che ha trasgredito gli ordini entrando in un covo di criminali da solo per salvare una donna che stava per essere stuprata, vero?- disse Tony.
-Sì, lui. Lo chiamano tutti Zodiac, ma non so perché. Dovreste chiederlo ai membri della sua squadra- disse Ramos facendo spallucce.
-Dove possiamo trovare Edgar?- chiese Dylan a Ramos.
-Non lo so- rispose. Di certo non erano affari della loro divisione.
-Io lo so. Oggi non lo troveremo qui, lui e la sua squadra sono fuori in missione. Torneranno fra un paio di giorni- disse Matt. Era il capo, era ovvio che lo sapesse.
-Comunque, se volete affrontarli dovete stare molto attenti. Quelli della SWAT hanno un addestramento specializzato e possono farvi fuori- li ammonì Ignacio.
-Ho la faccia di uno che ha paura di qualche poliziotto?- ghignò Alex. Ramos si limitò a fare una smorfia, evitando di ricordargli che era stato proprio un poliziotto a bucargli lo stomaco.
-Sicuro di stare bene, pivello?- disse poi, rivolto a Dylan. Lui annuì.
-Certo, non ti preoccupare. Grazie per l’aiuto- gli rispose con un sorriso. Era felice che Ramos l'avesse aiutato e non avesse fatto troppi commenti.
-Non c’è di che, buona fortuna con Pike. Ah, è ovvio che noi non ci siamo mai incontrati, ok? Non ci tengo a finire vent’anni in polizia con un’espulsione per aver collaborato con voi. Se non vi ho ammazzato, è solo per il pivello- brontolò Ramos.
-E per quale assurda ragione dovrei espellerti? Forse dimentichi che sono io il capo- rise Matt. Ignacio rise.
-Bene, allora se non ci sono problemi me ne posso anche andare. Se vi serve una mano, chiamatemi pure- disse, salutando con un cenno della mano. Dylan annuì e allora Ramos se ne andò.
-Certo che ce n’è di gente che vuole ucciderci- commentò Alex.
-Già. Stanno spuntando come funghi dopo una pioggia. Non bastava Grudge, ora abbiamo pure Evandro e l’intera SWAT contro- sbuffò Julia – Quelli sono come una “piccola grande famiglia”, se ne attacchi uno te li tiri contro tutti.
-Ma ragazzi, c’è una sola persona in questa città che non vi voglia due metri sotto terra?- chiese Dylan.
-Nah- rispose Tony ghignando.
-Beh, per ora sarà meglio riposarsi. Domani dobbiamo andare a controllare l’indirizzo che ci ha dato Nick, ok?- disse Julia. La squadra annuì.
-Va bene, capo- dissero in coro. Sembravano tutti pronti, e per una volta anche Dylan lo era.

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