Into the darkness

di mooarless
(/viewuser.php?uid=108458)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Once upon a time ***
Capitolo 2: *** Rose ***
Capitolo 3: *** Pink Smell ***



Capitolo 1
*** Once upon a time ***


Dark to light and light to dark.
Three black carriages, three white carts.
What brings us together is what pulls us apart.
Gone our brother gone our heart.
Hush the whales and the ocean tide.
Tell the salt marsh and beat on your drum.
Gone their master, gone their sun.
Gone.



C’è la perfezione in quella piuma che mi rigiro tra le mani ormai da ore, sembrando talmente dilatate da darmi l’impressione di millenni.
C’è la perfezione in loro, nelle tracce corvine di questa sottile presenza. Di queste venature che al tatto, hanno la stessa consistenza della mia anima: Morbida e lo stesso colore del mio cuore. Nero. Sporco.
C’è il silenzio del mondo in questa stanza, il bisogno che mi punge ogni centimetro di pelle e il graffiante movimento che mi porta distante dal mio obbiettivo.
Lo vedo lì, così vicino, così perfetto. Così mio.
Ma lo sappiamo tutti, lo so, come sono. Come sei mio piccolo Raven. Lo sappiamo entrambi quanto ci stanchiamo dei traguardi.
Ciò che tocchiamo si distrugge, si ingloba, elogia la mia presenza accrescendo questa fame che davvero non ne conosco la provenienza. Non comprendo cosa mi spinga a desiderare sempre di più, fagocitare persone, usarle, gettarle e ferirle.
C’è una strana, stranissima, perversione in questa necessità e non basta la mia mano su di te.
Non basta che senta il tuo piumaggio e il calore del tuo corpo, del ricettacolo di tutta la mia importanza. Non basta che tu mi sia sempre al fianco perché ciò che sono, ciò che mi impedisce di essere, è tutto ciò che non potrò mai essere.
E allora sai che ti dico?
Lo ruberò agli altri, prenderò la parte mancante di me a loro.
Li masticherò e li butterò.
Come bambole rotte.
Canterò così forte, farò loro così male da dimenticare tutto il mio.
Canterò e suonerò e tu, mio diletto, sovrasterai la mia spalla come fido compagno.
Perché sei ciò che sei e non aspiri ad altro.
Oggi ti racconterò una storia Raven, da capo prima che tu arrivassi.

 

Once upon a time…”

 

{ Trentuno Anni prima. }

Era una mattina come tutte le altre, una di quelle che scandiscono l'esistenza in cicli sempre uguali di sonno- lavoro e oggi, come tutti gli altri giorni, si era trascinata davanti a una piccola bacinella e dell'acqua fredda della precedente sera era più che sufficiente per svegliarla dal torpore del piccolo letto arrangiato.
Non si lamentava mai nonostante dovesse passare di gabbia in gabbia a ripulire i falchi del Re.
Aveva quindici anni ed era una di quelle bambine dagli occhi chiari e i capelli scuri.
Neri.
Definiti.
Ma era anche una di quelle ragazzine che avevano una dignità tatuata addosso come cicatrici, una dignità che rendevano il lavoro più degradante uno stimolo migliorativo notevole.
Ma ambiva anche a evolversi, compiere un balzo in avanti che l'avrebbe elevata nella gerarchia - non di molto - bastava poterli vedere e toccare da più vicino.
I falchi.
Il guanto per il richiamo e l'addestramento stesso.
Bastava poco per renderla felice.
Bastava una piuma.
La leggerezza di un attimo, sognava di poterli accarezzare da troppo tempo da quando in definitiva i suoi genitori l’avevano abbandonata.
Da quando per sopravvivere aveva deciso di servire il Re Stephen e sua moglie.
Quella mattina era intenta a pulire e a strofinare gli indumenti dei falconieri nella piccola fontana a disposizione della servitù laddove il gelo si mescolava in temperature decisamente insopportabili, le mani arrossate e ormai insensibili erano un dolore unico.
L’esecuzione automatica di quei movimenti la rendevano maggiormente incline a sbrigarsi per riacquistare la sensazione di avere ancora delle dita da muovere e delle cose da afferrare con agilità.
Le guance arrossate, il viso contratto la rigidità espressiva delle sopracciglia, le labbra inclinate in una piccola smorfia, il silenzio di parole mai espresse, le spalle minute ed il corpo decisamente troppo magro acerbo nelle curve dritte dei fianchi.
Poi i capelli una cascata mogano un po’ arruffata, sporca in alcuni punti senza riferimenti di acconciatura alcuna se non…
Ecco.
È quel particolare che nessuno vede, nessuno considera qualcosa di “illusorio” o semplicemente qualcosa di ben nascosto.
Una rosa chiara e pallida dai petali freschi, gentili e morbidi incastrata all’altezza dell’orecchio privo di spine.
Quella era il loro piccolo segreto.
Il motivo per cui ogni “Yvonne sei in ritardo!” “Yvonne non vedi che è ancora sporco?” “Yvonne devi lavorare più in fretta” risultavano soltanto parole espresse ma mai davvero prese per ciò che sono; rimproveri , avvertenze, minacce.
Sapeva di lavorare con criterio e dedizione magari con i suoi tempi, ma ogni giorno che fosse inverno o estate negli ultimi dieci minuti si rifugiava - stando attenta - all’interno del grande giardino reale.
S’affacciava spuntando con la testolina nella piccola via che le dava sempre una visibilità sommaria, uno scorcio.
Una squarcio sul mondo delle donne, delle regine, delle attese, della piacevolezza pungente di una Rosa.
Ma non andava mai oltre se ne stava lì ad osservare cosa poteva significare vivere in quelle mura, cosa significava - in realtà - avere una famiglia.



 

Ciao a tutte sono di nuovo qui con una Long forse molto long ma è da tanto, tantissimo tempo che avevo voglia di scrivere qualcosa su Malefica l'ho sempre amata e l'ho trovata bistrattata nella Serie tv e sono davvero emozionata per il film in uscita di A.Jolie.
Perciò la mia mente malata ha partorito questo, spero che qualcuno possa apprezzare. Mano a mano volevo cercare di inserire i personaggi della Serie , dividendo in due parti appunto la storia.
Perché Malefica è diventata Malefica e il suo obbiettivo quando arriva a StoryBrooke.
Avverto che potrebbero esserci delle incogrunze relative alle età dei personaggi ma sto cercando di limitare i danni in caso mi prenderò una licenza poetica XD.
Per il resto mi farebbe molto piacere sapere se può essere in qualche modo interessante, nonostante tutto pubblicherò comunque i capitoli. Grazie ai futuri lettori.
Martina.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Rose ***


POV Queen Leah

I giardini.
Il suo paradiso.
Le sue rose rigorosamente gialle, non c’era paragone con nessun altro roseto , il suo, era sicuramente il più bello e curato. Accarezzato e cullato come la gelosia che cullava dolcemente nel petto sfatto e immancabilmente raggrinzito.
Accarezzava con le dita i petali allo stessa maniera di una madre con un proprio figlio.
Ma lei era una madre senza un figlio.
Accucciata come una ninfa a piedi del proprio reame, bella come sempre, intenta a potare e a domare ciuffi di erba selvaggia. Nociva e dannosa per la crescita delle proprie dilette.
I capelli placidamente adagiati sulla schiena coperta.
Tutti sanno delle fragilità delle rose e delle loro altrettante spine.
Lo sguardo permaneva severo a rimbeccare mentalmente quelle erbacce dannate che minavano il territorio delle sue care rose , gialle. Quante cose si dicevano di quel fiore, in quante poesie appariva e in ognuna di queste si immaginava una parte di se.
Una parte sempre verrà cantata perché ,lei, era tragicamente legata a quel fiore.
Simbolo di teatrali sconfitte e vittorie.
Era un fiore completo a detta sua, era un fiore che cullava tra le mani; Perfette e gelida con l'invidia che le annebbiava la vista che sfarfalla e si manifesta.
L'invidia perché loro nascevano, crescevano e morivano.
Lei no.
Non più, non più davvero.
Aveva visto nascere tante rose, morirne altrettante. Aveva visto molte cose forse anche troppe, il più delle volte cruente. Non c’era del rosso a cercarlo, non c’era perché semplicemente non ne piantò mai da quando decise di farsi il suo luogo.
Solo suo e di nessun'altra, privo delle tracce immaginarie di sangue che ne avrebbero altrimenti calcato i petali.
Aveva alzato lo sguardo - la frazione di un secondo - c’erano dei rumori ma era altrettanto vero che chiunque osasse oltrepassare la soglia si sarebbe rimesso sui propri passi di li a poco , così, aveva deciso di non farci caso.
Al momento.
Quante facce e quante parole possono calcare sulla Regina. Tantissimi. Una corolla infinita di petali, uguali, catalogati. Non c’era diversità per la monotonia delle sue giornate, fare la moglie non era emozionante è ovvio soprattutto se dall’unione di anni ancora nessun figlio bussa alla porta della coppia.
Eppure si era alzata in un moto che non poteva essere più lento mentre ,piano, scioglie il contatto con le proprie dilette, come se all'improvviso la loro assenza mancasse tanto alle proprie mani da non riuscire ad allontanarle. E' buffo, sì , com'è profondamente radicata in quella terra in quel luogo.
È buffo quanto, invece, l’espressione muti nel risentire nuovamente qualcosa muoversi.
Maldestro.
Malcelato, una testolina, una chioma scura scarmigliata.
Giovane.
{ Tu? }
Doveva essersi ritratta perché la Regina non ne distingueva più le forme, i passi, però nella sua figura eretta prendevano piede.
Consistenza.
{ Non ti verrà fatto alcun male. }
Una rassicurazione che la vedrà riapparire, improvvisamente.
[ Mhh ]
{ Sei? }
[ Yvonne mia Regina, non volevo disturbarVi. Sul Serio. ]
{ Sei una bambina curiosa, Yvonne. Cosa stavi facendo , allora, lì dietro? }
[ Avete delle rose bellissime. Tutto qui è bellissimo rispetto a… ]
{ A cosa? }
[ Anche dove lavoro è bellissimo, Signora, non fraintendetemi ma qui è proprio un’altro mondo. ]
{ Grazie, bambina. Io sono Leah, chiamami così. }
[ Leah! È un bel nome, io, devo andare altrimenti se non ritorno i falconieri mi daranno in pasto ai becchi dei loro animali. ]
La voce trema, lo sente, sotto pelle e per lei. Per la Regina c’era una sorta di calore che scivola ad aprirle quel cuore che riteneva privo di un reale battito.
Privo di una emozionalità legata alla mancanza.
Non aveva una figlio l’unica ragione per ciò che era, e fuggire e disperarsi, non era servito a nulla semplicemente provava - invano - a concepire.
Yvonne.
{ Prendi questa, mostrale alle guardie ti faranno passare. Appuntala all’orecchio sinistro. } parallelo al cuore avrebbe voluto aggiungere ma non lo disse. Non quella volta. { ma nascondilo ai più, fa che sia solo qualcosa che sai tu. }
[ Il nostro piccolo segreto. ]
{ Esatto il nostro piccolo segreto }

--
 

Dal suo incontro con la Regina, Yvonne, era riuscita a sopportare ogni cosa con facilità come se fosse la sua salvezza il luogo sicuro dove rifugiarsi.
Laddove tornare per pochi minuti, una manciata di parole di conforto all’interno di quel giardino che ormai era diventata la sua casa.
Ogni tanto si avvicinava alle gabbie dei falchi maggiormente solo per imprimersi di odori prettamente nauseanti di chi si affaccendava a pulire con più meticolosità, passando in rassegna tutto più volte.
Sapeva di fiori, aveva paura di sapere di proibito di quell’odore destinato alle principesse e non a ragazze come lei.
Non a una di quelle che lavoravano come sguattere.
Passarono anni, è vero, passarono come minimo cinque o sei anni e ogni volta alla fine del suo turno lavorativo mollava tutto e tutti recandosi ed affacciandosi a quello scorcio di libertà.
Di unione e di affetto.

{ Leah eccomi! }

Ormai erano intime di chiacchierate intense, confidenziali.
Quella volta quel ventidue agosto trovò la bellissima donna che con lei risultava sempre amabile come la prima volta.
Buia in viso, disinteressata. Non aveva nemmeno alzato gli occhi quando l’aveva chiamata, era come se improvvisamente persino Yvonne fosse diventata invisibile.
Impelpabile.
Mai esistita.
Era stato un brutto colpo per la ragazza ormai fatta donna per quella fanciullezza che non aveva perso unicamente per restituirla in perle al lei. A quella regina striata dal tempo di una maternità mai raggiunta.
Un nodo alla gola si stringe a soffocare le altre parole che avrebbe voluto dirle, che aveva da dire da tantissimo tempo e che tutto finivano con un “Posso chiamarti mamma?” ma non ce l’aveva fatta, nemmeno questa volta Yvonne era riuscita a dirle tutto anche se era venuta proprio per quel motivo per dirle che lei, poteva essere la sua bambina perduta.
La sua piccola orfana.
La sua principessa.
Sarebbe stata tutto ciò che le mancava e Yvonne lo sapeva, perché Yvonne sapeva perfettamente come essere per lei tutto ciò che desiderava, perché era cresciuta plasmata dall’affetto di lei.
Di Leah.
Eppure nonostante tutte le convinzioni del caso non riusciva a comprendere cosa potesse affliggere così tanto lei, Leah, si era avvicinata con la leggerezza di una danzatrice di una piuma.
Si era avvicinata accovacciandosi accanto alla donna dai lunghi capelli biondi e dagli occhi più chiari di un cielo, si era seduta lì e indagava il suo volto con meticolosa dolcezza.
Un bel sorriso sapeva scaldare Leah più di qualsiasi altra cosa, più di mille parole.
Allungare la destra verso la sua e stringerla aveva valso un’occhiata, uno sguardo colmo di una tristezza densa.
Pesante così pregna delle sfumature del grigio da divorarsi la lucentezza di lei.
Era stato incredibilmente asfissiante quando entrambi gli sguardi si erano trovati e incastrati nello spazio riempito dall’aria, era stato una resa lenta.
Incombente.
Sofferente, era stata una resa sempre più prossima alle sue palpebre celate come un sipario su uno spettacolo finito dove il suono degli applausi è sordo e vano.
{ Cosa c’è, cos’è successo. Dimmi qualcosa… }
[ Re Stephen mi ha parlato l’altro giorno e…e…siamo sposati da vent’anni. Io ho già trentacinque anni e non crede che io possa più darle l’erede che cerca. ]
{ Ma questo non significa niente, è solo questione di tempo. Altro tempo. }

Lo sapevano tutti, ogni individuo della corte mormorava l’incapacità di Leah di dare alla luce un bambino figlio del Re tutti quanti sapevano che prima o poi sarebbe venuto il momento di cercare altrove.
Era solo questione di…tempo.

[ No non capisci. Mi ha detto che ha trovato un’altra donna, giovane. Bella. Nel pieno delle sue possibilità e…la figlia di un borghese decaduto tutto ciò che questo piccolo regno ha da offrire ma lei è una bella donna. Accattivante. ]
{ Quanto tempo ti resta? }
[ Un anno, Yvonne, se non riesco a rimare incinta entro un anno… ]
La voce si strozza e con la sua anche lo scossone emotivo che echeggia nel cuore di Yvonne.
{ Un anno. Ti aiuterò, ce la farò. Te lo prometto. }
Le aveva stretto le mani deponendo sul capo della “madre” un piccolo bacio e poi era fuggita, correndo fuori dal giardino.
Non sapeva ancora come avrebbe aiutato Leah ma sapeva che doveva correre al porto della città laddove si vociferava la presenza di una strega.
La strega del mare.

 

Ma esisteva?
Esisteva davvero o era solo frutto di dicerie?
“L’avrebbe scoperto” si ripeteva… così tante volte nella mente che ormai se ne era persino convinta, non poteva non trovarla.
Non poteva, davvero, non trovarla.
Lo doveva a Leah.
Lo doveva a tutti i sorrisi, le parole, le occhiate, gli abbracci.
Lo doveva soprattutto alle braccia della Regina, che potessero stringere non solo lei ma anche un piccolo fagottino caldo , l’assicurazione per la sua
permanenza con il marito che aveva sempre amato.

Perché lo sapeva, Yvonne, nell’immaginario delle storie raccontate dalle labbra chiare di lei quanto sia spregevole spezzare il cuore di una donna.
Quanto era straziante seppure, Yvonne, non potesse davvero affermarlo perché no, no, non c’era niente nulla di davvero così traumatico nella sua vita - nella rielaborazione personale - a renderla infranta.
Era un fascio di nervi e convinzione, una stella pulsante di determinazione.
Non avrebbe fallito, quello era ovvio.

 

Era un porto esattamente come tutti gli altri, una cittadina affaccendata.
Case, stradine trafficate.
Carri.
Qualche gallina scorrazzante, un’odore che tutto sommato sapeva di “vivacità” qualcosa che non la infastidiva sebbene si trovasse totalmente dispersa lontana dall’ambiente al quale era abituata.
C’era tutto.
La taverna quella che s’affacciava al mare, quella su cui si rimirava da una delle piccole finestre la distesa di mare blu.
Lo sguardo lanciato la , all’orizzonte sembrava in prenda all’ansia.
Sembrava cercare un punto di ancoraggio una via di fuga, una risposta nel nulla che aveva ricostruito intorno a se focalizzandosi solo sul necessario.
Dove avrebbe trovato la strega del mare?
Non poteva certamente andare in giro a chiedere se la conoscevano o peggio affiggere un cartello “Strega cercasi”.
Uno sbuffo.
Era frustrante.
A nulla era valso il tempo passato a mangiucchiare una brodaglia a basso costo sperando di acciuffare qualche discorso qua e la, qualche indizio da locanda dove sono solite uscire le più astruse fantasie.
Storie di marinai.








 

Eccomi qui di nuovo prossimamente dovrei rallentare con questa Long per permettermi di pubblicare capitoli più corposi come me li sono immaginati, nel frattempo vi lascio con questo.
Nei prossimi inizierò a inserire i persoanggi conosciuti e potete già iniziare a immaginare quali, non sò se sono prevedibile (spero di no) . Spero non sia stato fastidiosa l'intro con il punto di vista della Regina - premetto che non sarà l'ultimo - ma mi tornava utile per far comprendere bene la relazione importante tra le due. ^^
Un bacione a chi legge e non commenta e soprattutto un grazie enorme a chi invece esprime perplessità, critiche o altro ben venga.
Una special nomination va senz'altro a Euridice100, mi da sempre un sacco di soddisfazioni.

A presto Dearie.
Martina.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Pink Smell ***


A me ricordi il mare 
e non per le vacanze 
che abbiamo fatto insieme 
Ma per il tuo ondeggiare 
tra il gesto di chi afferra 
e quello di chi si trattiene.

[ Quant’è vero che mi chiamo Killian Jones, ti dico che ho visto una Sirena. ]
“ Per carità Capitano, avete bevuto troppo! “
[ Spugna, c’era una sirena al largo della costa e non ero ubriaco, non avevo bevuto un goccio. ] 
Non li aveva notati forse perché non erano abbastanza alticci per mettersi a parlare a voce alta, forse, l’alcol li avrebbe aiutati ad essere maggiormente collaborativi.
Si era alzata abbandonando la posizione accanto alla finestra per portarsi più vicina,  su una sedia non troppo lontana dalla loro.
“ Ma ehi! Hai visto chi si è avvicinata? Il tuo fascino capitano! “
In men che non si dica aveva due occhi azzurri addosso e quando è *addosso* intende appunto su ogni sfumatura di corpo. 
Dall’alto al basso focalizzandosi forse sui fianchi, sulla sua magrezza.
Forse si stava persino divertendo nello schernirla.
{ Gli occhi. Gli occhi sono più su Capitano. }
[ Begli occhi dolcezza. ]
Doveva forse somigliare a un complimento.
Doveva.
{ È vera la storia della sirena? }
“ Oh diamine! Una credulona! “
[ Certo che è vera per chi mi hai preso!? ] 
{ Bhè allora raccontatemi no? }
[ Cosa c’è da dire? Non avete mai visto una sirena ? Belle donna, lunga coda. Insomma buona da fare sotto sale. ]
{ Ma allora esiste anche la Strega del Mare… } Era un sussurro quello di Yvonne, pronunciato a qualche nota più sottile così che non venisse udita nell’immediato da tutti ma ciò che non aveva calcolato era una ragazza al suo fianco con una moltitudine di piatti in mano.
Troppi.
Troppi per sopportare un’oscillazione così violenta, troppi per rimanerle tutti in mano.
Capitolarono, uno dopo l’altro e a coppie.
Fu rumoroso e pericoloso, soprattutto perché schegge volarono qua e la senza alcun controllo si scostò facendo affidamento ai riflessi e lasciando che la sedia cadesse sotto il suo scatto. 
" ma che cazzo di incapace?!? Chi ti ha assunta eh?!? "
Tale Spugna aveva preso le tonalità del cappello, rosso di rabbia, il Capitano stranamente era rimasto momenti a fissare la figura femminile oltre i piatti come se ne fosse rimasto rapito o...o? 
A guardarlo lui non sembrava più sicuro di se o alticcio a guardarlo sembrava piuttosto incantato.
O turbato o entrambe le cose. 
La ragazza su chino biascicando scuse a destra e a sinistra, accucciata e affaccendata pareva fare più danno che risorsa. 
Un uomo - presumibilmente l'oste visto il grembiule - si faceva spazio con la delicatezza di uno scaricatore di pesce era sopraggiunto sino all'altezza dei tavoli.
" Per carità non ne combini una! " 
Un accento forte con un erre moscia e un'inclinazione piuttosto snob (nonostante l'abbilio) sgusciava indelicata da labbra sormontate da un paio di baffi curati e arricciati. 
Particolari e ordinati. 
" Shoo-Shoo per oggi basta! Va via " 
Era stato categorico e la ragazza ormai in panico non fece altro che alzarsi e scappare via attraversando la sala, sbattendo contro sedie e tavoli sino alla porta lasciando un odore di salsedine malcelato al suo passaggio. 
E poi C'erano soltanto loro , Yvonne e Killian che si erano ritrovati occhi negli occhi in un silenzio che avvertivano solo loro.

 Aveva atteso un po prima di uscire dalla taverna, giusto il tempo di farsi ridare i soldi da un oste decisamente furioso aveva lasciato li Killian incapace di aggiungere null'altro alla conversazione nata per pura curiosità. 
L'aria pulita del mare se non altro era in grado di spazzare via il sentore di alcol e cibo che aveva addosso, dandole la possibilità di respirare a pieni polmoni e ora che ci rifletteva sembra non godere di vera aria da tanto, tantissimo tempo. 
Ma dal pomeriggio passato la dentro ben poco poteva essere effettivamente materiale utile per trovare chi cercava, ammesso che esistesse. 
Ma c'era qualcosa che sfuggiva a Yvonne piccoli collegamenti che a mente più libera aveva lasciato al caso. 
I piatti rotti e l'incanto di Killian , entrambe le cose erano collegate alla misteriosa ragazza ( cameriera ) che era fuggita senza dire nulla in più. 
Bastava trovarla giusto e chi meglio di una cameriera da locanda poteva essere a conoscenza di qualche storia ?
Era ormai quasi buio quando scorse la figura della cameriera, se ne stava di spalle e solo una lunga chioma rossa aveva permesso a Yvonne di riconoscerla. Braccia conserte e corpo rivolto verso il mare, era sul pontile poco più lontana dall'attracco di una grande nave ma se ne stava a debita distanza dal bordo. 
Concentrato appariva il viso sebbene inclinò appena il capo al sopraggiungere dei passi di Yvonne, fu qualcosa di leggermente meccanico il volgersi della figura dalla chioma spumeggiante. 
[ Mh? ] 
{ Come state? } 
Aveva saltato i saluti d'altronde stava parlando con qualcuno che condivideva il suo stesso status sociale. 
[ Bene ma perché mi hai cercata ? ] 
{ So bene cosa significhi lavorare ed essere rimproverati, volevo solo... Bhe ... Ho una domanda da farvi } 
[ cosa ? ] 
{ Mi sono accorta quando ti avevo al fianco che ti sono caduti i piatti quando io ho detto " strega del mare " ... O sbaglio ? } 
[ Una coincidenza. ] 
Era stata piuttosto sintetica e sbrigativa come se volesse liquidare il discorso il prima possibile. 
Ma nessuno le aveva mai detto quanto fosse testarda , Yvonne , esasperante soprattutto se si trattava di Leah. 
{ Eppure ... Senti io voglio capire se è soltanto una leggenda, roba da marinai oppure è vero ! Per favore e importante... } 
Una lunga pausa di silenzio, lunghi riverberi sull'acqua e un scintillio chiaro a confermare che il tempo del giorno stava volgendo al suo termine. 
Il ripiego del sole era inevitabile , prevedibile questione ormai di minuti. 
Ed erano già passati due giorni. 
{ Ho altri trecentosessanta tre giorni per aiutare mia madre, poi sarà finita. } 
Era meno tragico di una morte anche se abbastanza disonorevole per abbattere definitivamente l'unica persona che aveva nutrito un qualche interesse in quegli anni per lei , valeva ogni sforzo. 
{ Killian Jones dice di aver visto una Sirena, se per ipotesi esistessero allora anche la Strega del Mare non è un'idea da scartare. } 
Sembrava che nessuna parola valesse una risposta dalla ragazza con il fuoco nei capelli e il mare negli occhi. 
{ Io ci credo. } 
Un refluo di voce, qualcosa che suonava come una supplica malcelata, ma qualcosa che aveva addosso la dignità di una affermazione totalmente veritiera. 
Non c'era menzogna. 
[ Io sono Ariel. Parleremo domani ora e tardi devo tornare a casa e anche tu dovresti. Vienimi a cercare ... Mi troverai da qualche parte , qui . ] 
Discutere o insistere in quel momento non era la cosa più sensata da fare, non avrebbe detto nient'altro c'era soltanto da aspettare la sua prossima mezza giornata libera. 
Tra due settimane.




POV Leah


Il castello non era mai stato così "vivo" così pieno di parole e chiacchiere. 
Li sentiva dalle sue stanze le domestiche che si lasciavano sfuggire indiscrezioni e curiosità sull'aspetto della donna che l'anno prossimo avrebbe sposato Re Stephan perché nessuno - nemmeno uno - credeva nel miracolo che lei, Leah potesse concepire l'erede. 
" Non capisco perché il Re si ostini a darle ancora un altro anno se non è riuscita a dargli un moccioso in vent'anni, un anno e decisamente un tempo irrisorio. " 
Quella che parlava era una delle dame di compagnia della Regina e lei, la donna si trovava esattamente sulla porta che dava sul salottino affianco alla sua stanza. 
{ Vi invito a trovarvi un'altra occupazione da oggi non vi pagherò più per insultarmi. }
Forse avrebbe dovuto controllare , quell'altro prima di parlare tanto male dell'attuale regnante in carica. 
A nulla erano valse le suppliche, le scuse e i pianti erano state chiamate le guardie con il chiaro ordine di prenderla e scortarla fuori dal castello completamente abbandonata a se stessa e privata degli abiti di corte. 
Stracci da contadina erano più che necessari a ricordarle - a ricordare - quanto fossero precari tutti quanti li. 
Erano giorni delicati, non vedeva Yvonne da qualche giorno da quando , insomma , le aveva promesso che l'avrebbe aiutata. A pensarci a mente fredda non avrebbe nemmeno dovuto fargliene parole ... Non sarebbe servito a nulla. 
Ma nella camminata , nei gradini percorsi verso le stanze del Re poteva osservare qualche volto. 
Qualche risatina strozzata, qualche capo negare. 
Ed era violenta la reazione interna della Regina, era come un fiume privo di argini e gonfio di rancore. 
E lei aveva tutto ciò che una donna poteva desiderare ma non aveva l'erede, non aveva la prova di un matrimonio onorato e gli anni , quelli che erano passati, non erano altro che la stratificazioni dei fallimenti. 
Dell'infecondità che neppure per un attimo era stata attribuita al marito, per tutti era lei. 
Il peso. 
Per lei era solo destino, un destino che stava sbriciolando i pilastri della propria vita. 
Era arrivata alla porta di suo marito ed aveva bussato un paio di volte come suo solito, poi era entrata senza attendere risposta lui era li alla scrivania a compilare delle missive. 
Affiggendo il proprio simbolo di reame sull'ultima lettera scritta, aveva alzato lo sguardo quando l'aveva vista e accennato uno di quei sorrisi che erano in grado di dare alla Regina una speranza. 
{ Hai un momento ? }
[ Vuoi parlarmi della donna che sposerò tra un anno ? ] 
Era sempre stato un uomo diretto , alle volte sni troppo ma lo apprezzava per la spontaneità con le riferiva la verità. 
{ Si...non sono qui per supplicarti di non farlo. Di non gettare via vent'anni di vita. Sono qui per chiederti di far tacere i pettegolezzi, le malelingue . Oggi ho dovuto cacciare una delle mie dame , voglio che il mio congedo sia dignitoso Stephan me lo merito. }
[ Il tuo tempo non è ancora scaduto. ] 
{ ... } 
 [ Tra tre mesi verra Cora. ] 
{ il mio tempo non è ancora finito, Cora non verrà fino alla fine dell'anno che tu hai pattuito. Quella donna non metterà piede qui finché ci sarò. }
Era una promessa. Una minaccia, una guerra. 





Due settimane dopo


Era finalmente il suo giorno libero e non vedeva l'ora di fiondarsi nella cittadina portuale, era ora di pranzo e prima di precipitarsi voleva sfruttare l'assenza dei falconieri per dare un occhiata ai rapaci nelle loro gabbie. 
Aveva allungato le dita cercando di andare oltre le sbarre, era davvero vicino prossimo al suo tocco. 
Era incappucciato ma sapeva che poteva sentirla il rapace era solo questione di farsi più vicina. 
"Yvonne!!!!" 
L'urlo nell'altra stanza di richiamo l'aveva presa alla sprovvista e soprattutto aveva perso tra i cinque e i dieci anni di vita per lo spavento. 
Il cuore accelerato, l'ansia che saliva a bombardarle la mente, le mani tremavano e si ritraevano con tristezza. 
Poi era sgusciata verso la stanza verso il falconiere che la stava chiamando.
{ Sono qui, pulivo le ultime cose Ser. } 
" Devi fare una commissione per me. " 
{ Io stavo... } 
" Non hai capito non è una richiesta e un ordine. " 

Si era trascinata sino a quella piccola casa in mezzo al bosco, aveva faticato a trovarla tant'è che il tempo stimato a raggiungere quel luogo doveva essere una mezz'ora o poco più ma lei ci aveva messo qualcosa come un'ora, dilatando i tempi a disposizione per la sua giornata libera. 
Poi l’aveva vista, rintracciata oltre le fronde degli alberi e ne era rimasta assolutamente estasiata se non stupida, anzi, era sicuramente più stupita che contenta di vedere ciò che gli occhi le restituivano.
Una casetta coloratissima, predominante del rosa.
C’era un odore così forte di dolcezza, morbidezza.
Cibo.
Ma non il solito a cui lei era abituata, era qualcosa a cui non aveva mai ambito, che non aveva mai toccato era il cibo delle principesse.
I dolci.
E lì era pieno di dolci, rosa.
Ed era invitante e Yvonne non aveva mai avuto così fame.






 
Eccomi qua ho deciso di postare l'aggiornamento a questa long ogni due settimane in modo da non interferire con le altre cose che sto seguendo, dando una ciclicità abbastanza definita alla scrittura.
Mi prendo più tempo, appunto, perché sto inserendo effettivamente molti personaggi nella storia (perché sì, mi piace così XD) e ho intenzione di fare molti più POV dal punto di vista di alcuni personaggi, giusto per entrare maggiormente nel passato di Malefica  e perché i personaggi si sono interfacciati con lei nel modo descritto.
Non lo farò con tutti, ovviamente, ma con un 3/4 nel corso della storia probabilmente sì, quindi cosa dire, spero che questo aggiornamento piaccia.
E ringrazio soprattutto chi leggerà, so bene che non essendo uno dei personaggi esplorati dalla serie le persone sono davvero poco a interessarsi ma io sono fiduciosa :)
Un bacio e a tra due settimane con questa long.

http://www.repubblica.it/images/2013/09/10/125156430-83b1e099-c464-43b2-b8f4-847e002c6c77.jpg
Martina.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2474179