Living again

di valeriaspanu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E' questa la felicità? ***
Capitolo 2: *** Sorprese ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** I would have asked you to marry me ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 7: *** Il talento ***
Capitolo 8: *** Stay with me tonight ***
Capitolo 9: *** Alle mie regole ***
Capitolo 10: *** Promesso ***
Capitolo 11: *** Lo salverò ***
Capitolo 12: *** Le mie scelte ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 14 ***
Capitolo 14: *** Loro devono vivere ***
Capitolo 15: *** Pena ***
Capitolo 16: *** Vero ***
Capitolo 17: *** Lasagne ***
Capitolo 18: *** Mom ***
Capitolo 19: *** Così sembra ***
Capitolo 20: *** Gli ospiti ***
Capitolo 21: *** Sempre ***
Capitolo 22: *** She ***
Capitolo 23: *** Our Happy Ending ***



Capitolo 1
*** E' questa la felicità? ***


Sono sul Prato da sola.
Mi guardo spaesata: cosa ci faccio qui?
Mi sento in ansia, pronta a scattare, come se mi trovassi ancora nell’arena dell’orologio, pronta per fuggire dalle scimmie o dalla nebbia velenosa che ha ucciso Mags.

“Katniss, Katniss!” sento la sua voce giocosa, che mi chiama ridendo. Mi volto e davanti a me vedo la mia dolce Prim con la camicia fuori dalla gonna. Le sorrido istantaneamente come riesco a fare solo con lei e con Peeta. Incontro a lei trotterella Lady, la capretta che avevo salvato e rimesso in sesto solo per lei. Gale aveva criticato quella scelta e io avevo nascosto quello sciocco acquisto nel ricavo che avrei avuto dal latte di quella capra malmessa: sapevo che avrei fatto felice la mia sorellina. Sembrava affezionarsi a tutti gli esseri viventi che avevano bisogno di una seconda chance, che avevano bisogno delle sue cure.
Ed infatti è all’improvviso circondata da bambini, centinaia di bambini sorridenti che accettano di essere curati da lei… un groppo mi si forma in gola, la scena del sogno mi riporta a quella vissuta nella realtà e, come sempre, quando scendono i paracadute che, invece di contenere doni e medicine, contengono bombe un urlo disperato mi esce dalle labbra ma la mia voce non mi sente e vedo lo sguardo colmo di speranza di mia sorella, prima che diventi una torcia umana.
- Katniss! Kat svegliati, è solo un incubo!-
Mi sveglio di soprassalto, bagnata fradicia per il caldo di metà Luglio e l’incubo terribile che mi ha fatto rivivere, ancora una volta, la morte di mia sorella. Peeta accende subito la luce e sento le sue mani, fresche rispetto al mio corpo bollente, che mi stringono il viso; so che espressione ho, la posso leggere nei suoi occhi che sono ricolmi di preoccupazione. So che i miei occhi grigi sono spalancati per il terrore di ciò che ho visto e non ho bisogno di toccarmi il viso per capire che è fradicio a causa delle mie lacrime.
- Era solo un incubo, Kat. Va tutto bene, sei qui, siamo a casa.-
Sono Katniss Everdeen, ho 22 anni, sono nata e vivo nel Distretto 12. Ho partecipato alle due edizioni degli Hunger Games e ho vinto. Sono la Ghiandaia Imitatrice, ho guidato la rivoluzione e deposto il presidente Snow. Ho ucciso la Coin che ha ucciso mia sorella Prim. Il mio ragazzo è Peeta Mellark con cui ho partecipato agli Hunger Games. Viviamo insieme.
Lentamente cerco di calmarmi e cerco di trascinarmi fuori dal letto per bere un bicchiere d’acqua ma sento le gambe che mi cedono e mi costringono a rimanere nel letto che condivido con Peeta da ormai quasi quattro anni.
-Lascia stare, vado a prenderti io un po’ d’acqua. – dice Peeta, mettendosi la gamba artificiale, non senza una piccola smorfia, e scendendo al piano di sotto.
Sono incapace di fargli il mio solito sorriso riconoscente ma lui SA come sto dopo questi incubi. Sa che nelle giornate brutte vorrei solo stare sotto le coperte e lasciarmi morire, ma lui riesce a trascinarmi nella vasca calda, prendendomi in braccio e spogliandomi delicatamente. Sa che ho difficoltà a riconoscere in me, l’eroina che tutti celebrano e di cui parlano continuamente. Sa che a volte i miei incubi mi impediscono di amare qualsiasi cosa nella mia vita perché ho il terrore che tutto ciò che amo mi venga strappato dalle mani. Snow ha ucciso Finnick, Rue, Cinna e la Coin mi ha strappato mia sorella. Mi ha tolto anche il mio ragazzo del Pane; nonostante i cinque anni passati dalla rivoluzione, Peeta soffre ancora del depistaggio che subì dopo che ci prelevarono dall’arena orologio. A volte, mentre mi bacia o mentre siamo soli si stacca violentemente da me e va in giardino per qualche minuto, per impedire a se stesso di uccidermi e cerca di riprendersi e di comprendere ciò che è reale e ciò che non lo è.

Nonostante questo, lo amo. Anche se non glielo dico tante volte quanto dovrei: non mi basterebbero mille vite, per meritarmi l’amore di Peeta Mellark, per una volta Haimitch aveva ragione.
Guardo la sveglia e vedo che sono appena le sette del mattino; sbuffo alzando gli occhi al cielo visto che la domenica è l’unico giorno in cui Peeta può riposarsi in pace e io l’ho svegliato poco tempo dopo passata l’alba. Sento i suoi passi pesanti e mi volto verso di lui, accettando il bicchiere d’acqua fresca, ringraziandolo con i miei occhi grigi.
-Prim?-
Annuisco sospirando e una lacrima solitaria scende dal mio occhio e lui la raccoglie con le sue labbra. Mi accarezza il viso delicatamente con le sue mani forti e che sanno sempre di farina e di cannella sino a che non sente che il mio respiro si fa più regolare.
-Dovresti tornare a dormire…- gli dico, finalmente.
-Anche tu… comunque dovrei iniziare a cucinare. Ti ricordi che oggi viene Haymitch a pranzo?-
Sollevo gli occhi al cielo, mentre lui ridacchia. Haymitch ci aveva imposto un’adorabile tradizione da quando eravamo tornati nel 12 e la ricostruzione era iniziata di nuovo: ogni domenica veniva a casa nostra per scroccare il pane e gli infiniti dolci che Peeta sfornava. Era anche riuscito ad abbassare il livello di alcol nel suo corpo da quando si era, sembra quasi una bestemmia dirlo, fidanzato con una dolcissima ragazza del Giacimento, una certa Cynthia, che insegnava nella scuola del 12. Una così dolce ragazza sacrificata per quell’idiota di Abernathy. Non lo volevo ammettere ma la presenza della dolce mora affianco al mio vecchio mentore mi rassicurava alquanto: perlomeno la casa aveva ripreso un aspetto più o meno decente.
- Non ho nessuna possibilità di scappare, vero?-
- Non vorrai essere una cattiva ospite, giusto?-
Come se fossi mai stata gentile e cortese. Cercavo di contenere la mia accidia con le persone del 12 ma la loro “gratitudine” mi rendeva nervosa e , come per il periodo degli Hunger Games, Peeta era l’addetto alle relazioni sociali tra i due. Gli unici che riuscivo a sopportare erano le poche persone del Giacimento ad essere sopravvissute: avevamo lo stesso carattere ed avevamo passato le stesse disavventure durante il lungo regime di Snow. A volte mi capitava di pensare ancora a Gale e al fatto che non avesse più fatto ritorno nel 12… Mi aveva chiamato un’infinità di volte e le sue lettere erano accatastate nella soffitta della mia casa, mai aperte. Non riuscivo a perdonarlo, l’avrei voluto ma il pensiero che le sue bombe avessero ucciso mia sorella mi dava la nausea, mi faceva quasi svenire dal dolore. Era più facile senza di lui, non avevo bisogno del suo odio e della sua rabbia. Avevo bisogno dell’amore che il Peeta spezzato poteva darmi. Era lui che riusciva a tranquillizzarmi e ad amarmi nel modo in cui ne avevo più bisogno.
- Allora vengo ad aiutarti- gli dissi, alzandomi e preparandomi per andare in doccia. Sento uno sbuffo e mi volto a guardarlo.
- Tesoro mio – ogni volta che si rivolge a me così, il mio cuore perde dei battiti- forse sarei più sicuro in cucina, senza di te, che ne dici?-
-Che esagerazione! Per una volta che ho dimenticato il pane nel forno!- dissi, arrossendo.
-Va bene che sei la ragazza in fiamme, ma è meglio se restiamo vivi giusto? O vuoi rimanerci per colpa di un panino al formaggio lasciato nel forno dopo essere sopravissuta a due Hunger games e alla rivoluzione?-
Sbuffo, velocizzandomi ad andare nel nostro bagno in camera. Ok, va bene, lo sappiamo tutti che non sono la persona più brava del mondo in cucina, sono una potenziale killer di tutto ciò che è commestibile ma mi pare un’esagerazione quella di Mellark. Sorrido malignamente decidendo di farlo soffrire un poco. Lascio la porta del bagno aperta, arrossendo appena perché, in fondo, sono sempre quella ragazza che si scandalizzò alla vista di una Johanna nuda, mentre butto la mia camicia da notte in seta fuori dalla porta del bagno, sapendo benissimo che tutto ciò lo farà impazzire.
-Kat…!- Non dico nulla, ridacchiando leggermente, e mi tolgo anche gli slip, restando totalmente nuda. Silenzio totale.
-Peeta?-
Ancora silenzio. L’ansia prende subito il sopravvento su di me ed esco dal bagno nuda come un verme. E all’improvviso, Peeta spunta fuori dall’armadio e mi prende di peso mentre io urlo come un’ossessa, e mi butta nella vasca piena d’acqua e io lo trascino giù con me mentre lui è totalmente vestito. Sono ancora tremante dalle risate e dalla paura di essere stata presa alle spalle che Peeta mi bacia sulle labbra, invitandomi ad aprirle per approfondire il bacio. Si, questa è la mia vita… Non è perfetta e in parte è sempre incompleta ma, contando tutto ciò che ci è accaduto, devo ringraziare il cielo per avere Peeta e le sue braccia che mi stringono per farmi sentire il suo amore.
Può questa essere la felicità dopo tutto ciò che abbiamo passato?


Salve a tutti:) sono ritornata dopo millenni su EFP, finalmente con un pò di ispirazione! Dal momento che mi sono laureata( Yeah!) avrò tutto il tempo del mondo per concentrarmi su questa nuova fic che, vi posso assicurare, avrà dei capitoli più lunghi e non privi di suspence:) Critiche e suggerimenti sono ben accetti! Un bacio a tutti!

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Capitolo 2
*** Sorprese ***


-Posso uscire dalla mia vasca da bagno, adesso signor Mellark?-sussurro, seguendo le vene della braccia di Peeta con le dita.
Mugugno indispettito. Giustamente. Peeta tende a diventare possessivo dopo che ci facciamo qualche coccola un po’ più spinta. Dopo un paio di secondi allenta la presa e mi fa uscire dalla vasca.
-Sei sempre più bella dopo…- mi dice, facendomi venire i brividi per la schiena.
Arrossisco, sollevando gli occhi al cielo e coprendomi con l’asciugamano. So che se non mi vesto subito saremo al punto di partenza e poi un Peeta frettoloso sarebbe per me molto difficile da sopportabile: la cucina è il suo REGNO e tutto deve essere perfetto come Mellark comanda.
Apro l’armadio cercando di scegliere cosa mettere; ho conservato praticamente solo i vestiti che Cinna aveva creato solo per me, per cercare di non dimenticarlo. Inoltre non mi sono mai sentita a disagio indossando le sue meraviglie… Scelsi un vestito blu notte che mi scopriva leggermente la schiena e che mi arrivava un po’ sopra il ginocchio: ogni volta che mi muovevo, la luce del sole ne mutava il colore, così da mostrare tutte le sfumature del mare. Mi ricordai all’improvviso di aver indossato quell’identico vestito durante il Tour della Vittoria, nel distretto 4.
- Mi piace quel vestito, fa risaltare i tuoi occhi.-
Dovrebbe smetterla di fare tutti quei complimenti: anche perché dopo gli Hunger Games e la guerra le mie cicatrici sono così tante che non riesco a contare e so, anche se Peeta non lo dice chiaramente, che gli danno fastidio. Sembra che mi abbiano cucito della pelle di altre persone, il che non fa che sottolineare l’idea su cui il suo depistaggio si basava: sono un ibrido. Infatti pesco subito dall’ armadio un copri spalla leggero, abbastanza lungo da coprire la cicatrice causata da Johanna quando mi strappò il dispositivo di dosso, il giorno che mi prelevarono dall’arena.
- Volevo vedere se era troppo elegante per l’occasione. Ma è troppo presto, penso che andrò a cacciare.-
Peeta annuisce e mi da un bacio sulla guancia, mettendosi in “divisa” per cucinare: sa benissimo che cacciare ormai non mi è più necessario, abbiamo così tanti soldi che potremo comprare tutta la carne del distretto, ma mi aiuta a distrarmi, soprattutto dopo un incubo come quello di stanotte. Mi metto una maglietta e dei leggins comodi e leggeri, per non sentire il caldo di Luglio, quasi insopportabile nel distretto 12. Scorgo, in fondo all’armadio, la mia vecchia divisa da Ghiandaia imitatrice… Mi torna in mente la Coin e un brivido di disgusto mi assale all’improvviso: mai stata così felice di uccidere qualcuno. La cosa più soddisfacente era stato veder morire Snow, soffocato dal suo stesso sangue e dalla folla che travolgeva il palco.
Velocemente, scendo al piano di sotto dove Peeta si è già messo a lavoro a preparare l’impasto per le varie focacce che ha intenzione di fare per pranzo. Al suo fianco c’è Ranuncolo che si struscia su di lui, facendogli le fusa. Ruffiano di un gatto: il mio povero ragazzo non riesce a guardare quella palla di pulci che si lamenta se non ha cibo tutti i giorni e gli butta sempre qualcosa da mangiare. Gli ha anche fatto una cuccia che però Ranuncolo snobba, preferendo buttarsi sul nostro costosissimo divano che, ogni volta, si riempie dei suoi maledetti peli: ma era il gatto di Prim e quindi rimarrà qui, almeno sino a che vorrà.
-Io vado allora…- dico a Peeta, sorridendogli.
-Basta che torni..- mi dice lui, sorridendo incerto.
Io lo rassicuro annuendo e esco di casa, provvista dell’arco e delle frecce. Haymitch è contrario al fatto che io li tenga in casa, a portata di mano dal momento che Peeta… beh si sa, a volte ha ancora i suoi episodi in cui pensa che io sia solo un ibrido assassino che cerca di ucciderlo, ma io mi fido. Mi voglio fidare e voglio che tutto torni esattamente come prima. O perlomeno fingo che sia tutto a posto. Il mio terrore più grande non è quello di essere uccisa da Peeta ma è che se ne vada, che si stufi di controllarsi e di chiedersi sempre se lo sto per attaccare o no. Non mi dice mai queste cose ma io le capisco: alcuni giorni è talmente distante che SO che non capisce se gli sto mentendo o se ciò che c’è tra di noi è reale. Ricorrere al gioco del VERO FALSO è utile ma… per quanto potrà durare?
Scuoto la testa per concentrarmi sulla caccia e corro velocemente sul viale che attraversa il Prato: qualche anno fa abbiamo costruito una piccola piazza, circondata da dei sempreverdi, come monumento in memoria dei caduti durante il bombardamento del 12. Ovviamente, volevano che io e Peeta lo inaugurassimo ma abbiamo lasciato il compito di ciò al nuovo sindaco del distretto, dal momento che anche la famiglia di Peeta era sepolta nel prato e sarebbe stato troppo doloroso fare da padrino ad un evento del genere. Per conto mio, mi sentivo un’ipocrita a onorare un luogo e dei morti che io stessa avevo ucciso. Le persone non mi odiavano, anzi.. Vedevano in me ancora la fautrice della loro libertà e il simbolo della rivolta; sono orgogliosa di essermi ribellata a Capitol City ma a quale costo? Tutti ormai sanno che non voglio essere altro che Katniss Everdeen. Nient’altro.
Arrivata all’entrata del bosco, cammino silenziosamente per non far spaventare le mie prede. Sorrido al ricordo di Peeta a caccia con me: per quanto si impegnasse, non riusciva proprio a non fare un macello infernale, facendo scappare tutte le prede. Quindi avevamo ben chiarito i ruoli: io avrei cacciato e lui avrebbe cucinato quantità assurde di cibo per noi due da soli. Era inevitabile, infatti, che venissero sempre a pranzo dei suoi vecchi compagni di scuola con cui io cercavo sempre di non essere troppo fredda o timida.
Subito avvisto dei conigli che mangiano dell’erba tranquilli, tendo la freccia, prendendo la mira per non sbagliare…
- Non pensavo che cacciassi ancora.-
Per lo spavento, ho sempre il terrore che qualcuno mi prenda alle spalle( un’altra fantastica ferita mentale, regalo degli Hunger Games), faccio scoccare la freccia, facendola arrivare al prato e facendo scappare i conigli. Quella voce.
-Gale.- mormoro tagliente, ben consapevole che mi ha sentito.
Mi volto ed eccolo lì: il mio ex migliore amico che mi guarda, fiero nella sua uniforme da soldato al servizio di Panem. Sapevo che si fosse fermato nel 2 per aiutare la ricostruzione della nostra nazione ma non sapevo che avesse continuato ad esserne un soldato: non gli era bastata la guerra e tutte quelle morti innocenti? Certo che no. Lui aveva l’odio e il fuoco nel sangue; lo sapevo perché anche io ero così, anche io non riuscivo a mettermi l’anima in pace, nonostante la pace fosse arrivata già da tempo nelle nostre vite. Ma, come disse Haymitch, non ci sono vincitori dagli Hunger games, solo sopravvissuti.
- Ti trovo bene, Catnip.-
- Cosa ci fai qui? Perché sei tornato?- gli rispondo, con voce accusatrice.
Lui sa. Lui sa che non lo voglio qui.. Non dopo quello che ha fatto a Prim, non dopo che, in quella lontana notte prima dell’ultimo attacco a Capitol City, disse a Peeta che io avrei scelto colui con il quale avrei potuto sopravvivere.
- Mi mancavi, Kat. Pensavo che venire qui sarebbe stata una buona idea, visto che per questi 5 anni non ti sei fatta sentire.-
Non gli rispondo ma gli passo accanto squadrandolo con gli occhi e sputandogli affianco.
-Faresti meglio a tornare da dove sei venuto, Gale. Non ti odio, mi sei indifferente. Totalmente. Ma vattene, la tua presenza qui è un affronto per Prim.-
Vedo il dolore e il senso di colpa nei suoi occhi grigi, così uguali e simili ai miei. Fa per prendermi il braccio ma poi lo ritrae, addolorato. Nell’aria c’è energia e ci sono così tante parole che dovrebbero essere dette ma non lo saranno mai: io e Gale siamo uguali, non siamo bravi con le parole, con i sentimenti o le scuse.
-Sono qui per ordine del presidente Heavensbee. Sono andato a casa tua ma non c’era nessuno. Se non Peeta.- dice, arrossendo. Ah già, non sapeva niente di noi due. Perché effettivamente abbiamo evitato le telecamere di Capitol City, da quando tutta quella buffonata degli amanti sfortunati è finita. Mi diverte questo pensiero. Ma mi turba il pensiero che Plutarch abbia bisogno di qualcosa DA ME. Avevo votato anche io per lui, aveva abbastanza senno per governare in una situazione disastrosa come quella di Panem ed era perfetto per il ruolo del politico: ruolo al quale io non avrei mai potuto adempiere.
-E perché ha mandato te per dirmi ciò che vuole?-
-Ha provato a chiamarti nelle ultime 2 settimane. Ma tu sei sempre irraggiungibile. –
Ah già. Ops.
-E allora dimmi.-
-Forse è meglio se ne discutiamo a casa tua.- Alzo gli occhi al cielo: devo almeno essere civile… Senza dire niente gli faccio cenno di seguirmi. Peeta saprà già che ci siamo incontrati nel bosco, sarà in pensiero come sempre. Nonostante la nostra relazione sia più forte che mai dopo questi 4 anni, Gale è ancora un argomento tabù, soprattutto per il fatto che Peeta non riesce a controllare la gelosia e, a causa del depistaggio, è sempre convinto che io e Gale siamo stati amanti per un certo periodo. Questa situazione poteva essere plausibile prima della pace perché non capivo davvero i miei sentimenti: non pensavo di poter amare una persona in quel senso. Oscillavo da Gale a Peeta, per non ferire nessuno ma , nello stesso momento, facevo soffrire entrambi. Ma Peeta era il simbolo della rinascita, della speranza di ricominciare ad essere felici.
Arriviamo all’entrata del villaggio dei Vincitori, ormai abbellita con delle siepi e delle panchine per sedersi durante le belle giornate come questa: inoltre, io, Peeta ed Haymitch abbiamo deciso di donare le case disabitate ai più poveri o coloro che avevano perso tutto così da rendere il Villaggio un allegro quartiere residenziale. Per non essere ingiusti verso il resto del distretto, avevamo finanziato con i nostri risparmi la costruzione di villette nel resto del paese.
Apro la porta di casa e, al mio arrivo mi accolgono Haymitch, Cynthia e un Peeta con in viso un’espressione sconvolta.
-Ma che succe…-
- Tu!!!!- esclama Peeta con un tono rabbioso, aggredendo Gale non appena quest’ultimo entra in casa.
Seguono attimi in cui io assisto alla scena sconvolta, non riuscendo neanche a separare i due ragazzi che se le danno di santa ragione. O meglio, è il mio ragazzo che ha sbattuto il mio ex migliore amico al muro. Cynthia mi afferra per spostarmi più in la, per non essere colpita mentre Haymitch separa i due.
-Calmati, Peeta! Non facciamo stronzate.- dice, brusco. Haymitch sa benissimo quanto Peeta possa essere forte ma anche che Gale è ormai un soldato, sottoposto a duri allenamenti per gran parte della sua giornata.
-Cosa volete ancora? Perchè non ci lasciate in pace?!- urla velenoso Peeta, in direzione di Gale.
-Qualcuno mi vuol dire cosa sta succedendo?- urlo, isterica, notando che il nostro praticamente inutilizzato telefono giace a terra, in mille pezzi.
Gale sospira, asciugandosi il sangue che gli esce da un taglio sul labbro provocatogli dalla breve colluttazione con Peeta.
-Immagino che Plutarch vi abbia già avvisato allora.- Peeta lo guarda ancora rabbioso mentre si avvicina a me con fare protettivo. Sposto velocemente lo sguardo dall’uno all’altro chiedendomi cosa diamine stia succedendo. –Non so se ricordate il discorso con la Coin. Io non ero presente, era un meeting creato appositamente per voi vincitori. Per decidere come far saldare il conto a Capitol City.-
Oddio. Certo che ricordo… Il mio cuore perde alcuni battiti mentre la mia mente ripercorre quella riunione e la mia scelta…
*** - Prego, siediti, Katniss- invita la Coin, chiudendo la porta, dove all’interno si trovano tutti i vincitori degli Hunger Games, compresi Haymitch e Peeta. – vi ho chiesto di venire qui per appianare una controversia. Oggi giustizieremo Snow. Nelle scorse settimane, centinaia di suoi complici nell’oppressione di Panem sono stati giustiziati ed ora aspettano la morte. Ciononostante, la sofferenza dei distretti è stata tale che alle vittime questi provvedimenti non sembrano abbastanza. In effetti, molti stanno chiedendo l’annientamento dell’intera popolazione di Capitol City. Perciò, dopo varie idee abbiamo deciso: faremo un’altra edizione degli Hunger Games con i bambini di Capitol City.-
- Sta scherzando?- dice subito Peeta allarmato.
- No, sta a voi la scelta. Se i giochi si terranno davvero, sarà rivelato alla popolazione che è stata una vostra scelta ma i voti saranno segreti, per proteggere la vostra incolumità.- continua la Coin.
- No!- esclama Peeta- Io voto, no naturalmente! Non possiamo avere altri Hunger Games!-
- E perché no? Snow ha anche una nipote. Io voto sì.- esclama Johanna.
Tutti gli altri, tranne Beetee e Annie, votano sì. Tocca solo a me ed Haymitch
. -Katniss…- mormora Peeta, guardandomi negli occhi.
-Io voto sì. Per Prim-.
Haymitch si gira verso di me e annuisce- Io sto con la Ghiandaia imitatrice. Per me è sì.- ***


Mi manca il respiro, mentre afferro la mano di Peeta che evita di guardarmi negli occhi. Tutti guardiamo Gale, muti come pesci, in attesa di una sua richiesta.
-Il presidente Heavensbee vorrebbe dare finalmente inizio a questa prima e unica edizione degli Hunger Games di Capitol City. E vorrebbe voi come mentori di una delle 12 coppie che verranno scelte. Accettate o no?-



Uh perdonatemi se vi lascio così, sono una persona cattiva e crudele. Lo so, lo so ringrazio per chi ha recensito( legemelle4ever) e per chi ha messo la mia storia tra le preferite e le seguite:) ! Ho aggiornato così presto perché l’ispirazione non si deve far attendere!!! Comunque… La mia migliore amica si è diplomata alla Comics e avevo intenzione di chiederle di fare alcune illustrazioni da inserire nella Fic. Che ne dite, vi farebbe piacere? A presto! Recensite in tanti!!

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***




  Sono come in apnea e fisso Gale come se fosse un alieno giunto da un altro pianeta. Non era possibile. Tutte le arene erano state distrutte, quel meeting era segreto: solamente i vincitori ne erano a conoscenza… La Coin era morta e nessuno di noi ne aveva fatto più parola. Erano passati ANNI. Eravamo quasi felici ormai, se non si contavano gli incubi che, tanto, non se ne sarebbero mai andati. Ma tutto stava diventando più sopportabile. Io e Peeta ci amavamo, i distretti erano stati ricostruiti: come diavolo aveva fatto Plutarch a venire a conoscenza di quella votazione?
- Non siamo disposti a fare un cazzo. Quella votazione risale a 5 anni fa: gli Hunger Games sono finiti, le arene distrutte. Panem non conoscerà mai più una follia come quella. Mai. –
Mi volto verso Peeta, sbalordita dal suo tono di voce: di solito un linguaggio del genere viene utilizzato da Haymitch non di certo da Peeta Mellark. I suoi occhi azzurri sono severi, pieni di rabbia: so bene ciò che prova. Io non metterei più piede a Capitol City neanche per tutto l’oro del mondo e non oso immaginare cosa stia passando lui, dal momento che il depistaggio che ha subito è avvenuto all’interno delle segrete presidenziali. Ci deve essere un modo per sfuggire a questa costrizione, io non voglio fare da mentore, non voglio che altri ragazzini perdano la vita. Neanche se quei ragazzini sono di Capitol City: non c’entrano nulla con la follia dei loro genitori o dei loro nonni… Mi ricordo all’improvviso le parole di Johanna: e se uscisse la nipote di Snow? Un brivido di piacere per una vendetta così perfetta mi assale ma lo ricaccio immediatamente. Non posso abbassarmi al livello di Snow, non posso cedere al mio odio interiore.
- Vedi ragazzo, non penso che abbia un senso lanciare la fantomatica edizione di Capitol City degli Hunger Games: un discorso era farlo 5 anni fa, subito dopo la fine della rivolta. Ma farlo adesso.. che senso avrebbe? Che immagine darebbe di lei?- dice Haymitch, indicandomi.
-Qui non si parla di Katniss.- dice Gale, con un tono duro.- Le cose sono migliorate per tutta Panem da quando la rivolta è finita. Tutti i distretti ora hanno la libertà, la democrazia di avviare tutte le attività che vogliono. Come qui nel 12, si è avviata una fabbrica di farmaci, nell’11 si coltiva gran parte delle coltivazioni che vengono consumate a Panem con l’eccezione che, ormai, il ricavato del raccolto va interamente a loro, come è giusto che sia. Ma abbiamo avviato una grande repressione a Capitol City: vivevano nel lusso più sfrenato ma da quando la guerra è finita, tutti i distretti vengono trattati allo stesso modo e, quindi, soffrono molto di più di quanto abbiano mai provato. E il popolo sta iniziando a insorgere.-
-E voi volete calmarli con gli Hunger Games? Così come hanno fatto con noi per 75 anni.- sibilo io. -Mi pare che tu avessi votato sì alla proposta, 5 anni fa.- mi risponde Gale.
-Sì. Per Prim. Ma era appena stata uccisa. Dalle tue bombe. Per ordine della Coin.- dico, avvicinandomi sempre di più al moro, ma sento il braccio di Peeta che mi afferra tirandomi a se.
-Io non sapevo a cosa sarebbero state destinate quelle bombe, Katniss.-
-Ma la Coin sì, l’ha sempre saputo! E tu eri il suo braccio destro! Come potevi non saperlo?!- urlo, rabbiosa con le lacrime agli occhi. – Tu eri mio amico! E ora mi dici che devo riandare in quella città dove è stata uccisa, a fare da mentore per un evento di cui IO sono stata protagonista e dove l’uomo che amo ha subito un depistaggio! Io sono stufa! Potete tutti andare a farvi fottere per quel che mi riguarda!!-
-Calmati dolcezza.- mi dice con voce ferma Haymitch.- Ragazzo, che ne dici se usciamo a farci un giro, solo io e te,eh?-
-Devo restare qui, in attesa di una risposta.-
-Sì… Coraggio, ragazzo eri abbastanza sveglio per quello che mi ricordo. Non vorrai farti ammazzare di botte in questo momento, no?-
Gale mi squadra per un attimo e vedo un’ombra di tristezza nei suoi occhi mentre si lascia portare fuori da Haymitch, seguito da Cynthia. La porta si chiude e un silenzio opprimente riempie la stanza. Peeta si allontana da me e inizia a sparecchiare rabbiosamente la tavola. Un momento di silenzio e poi il servizio di piatti, regalatoci da Sue la Zozza per Natale( “Non vorrete tenervi i sudici piatti capitolini, vero ragazzi?”) viene schiantato al muro. Mi giro e vedo Peeta appoggiato al muro, mentre si nasconde il viso tra le mani e piange, disperato. Mi avvicino cautamente.
-Peeta…-
Ovviamente non mi risponde ma una volta che lo abbraccio non mi respinge e io stringo ancora più forte il suo corpo tra le mie braccia. Non riesco a dire una parola, non posso dirgli che andrà tutto bene come lui mi diceva sempre ogni notte nei primi mesi dopo la fine della rivolta. Non so se andrà tutto bene. Non so se ci riprenderemo anche da questa botta e non so se riusciremo a convincere Plutarch a lasciarci andare, a lasciarci liberi di dimenticare quei due anni terribili.
-Non posso tornare lì…- mormora Peeta, con voce supplicante. –Ci ha dato un’illusione di scelta. Noi non possiamo non andare, non possiamo non fare da mentori ai due ragazzini che verranno scelti per essere ammazzati. Che differenza c’è tra questa “democrazia” e la dittatura di Snow?-
Non rispondo, lui sa che io non sono brava con le parole: è sempre stato lui a salvarmi dalle masse, dai discorsi. Oppure era Effie, durante il Tour della vittoria, a preparare i nostri discorsi visto che dopo l’episodio del distretto 11, in cui da lì era iniziata la RIVOLTA, non era stato più possibile parlare liberamente. Delicatamente alzo il viso di Peeta con le mie mani e per un tempo che non so definire ci guardiamo semplicemente negli occhi.
-Ti amo…- gli dico, e lui quasi mi sorride visto che non glielo dico spesso.
–Supereremo anche questa. Saremo insieme. Noi ci prendiamo cura l’uno dell’altro, è questo quello che facciamo.-
- E se… Se avessi uno dei miei episodi? Non posso farti del male, non lo sopporterei. E stando a Capitol City potrei peggiorare di nuovo. Per non parlare del fatto del mentore. Io non credo di poterlo fare. –
- Bisognerà stare attenti. Non abbiamo scelta… E’ solo un’unica edizione. Potremmo chiedere a Plutarch di avere due vincitori, come accadde per la nostra edizione. Sono la Ghiandaia Imitatrice, dovrà pur servire a qualcosa.-
-Ma non servirà a salvare quei ragazzini…- mormora Peeta stringendomi di più a se.
Non so che fare per consolarlo, non posso fermare il tempo né tornare indietro e cambiare il mio voto: perché ero convinta di quella decisione. Ero accecata dalla rabbia per aver perso Prim e volevo assolutamente farla pagare a Capitol City per ciò che aveva fatto a Panem in tutti quei decenni. E, dentro di me, io voglio ancora vendetta: per Cinna, per Rue, per Prim, per Finnick e per tutti coloro che hanno perso la vita e una parte di loro stessi in quell’arena. Come Haymitch, la cui famiglia e fidanzata vennero uccisi perché anche lui, in qualche modo, era riuscito ad ingannare Snow e Capitol City.
Ma io avrei voluto vendicarmi proprio sulla classe dirigente capitolina più che su dei ragazzini innocenti che non avevano nessuna colpa. Ma , ora come ora, il mio problema più grande era alleviare le preoccupazioni di Peeta… Senza dirgli niente afferro il suo viso tra le mani e gli asciugo delicatamente le lacrime che solcano ancora il suo viso con le mie labbra. Lo bacio dappertutto, sulla fronte, sulla guancia, sulle ciglia, sino ad arrivare alla sue labbra che invito a dispiegare per approfondire il nostro bacio: sa di disperazione, di tristezza ma è un tacito messaggio, un accordo “io sono qui, non ti lascerò da solo”. Sento i muscoli di Peeta tendersi mentre mi prende in braccio e mi porta nella nostra camera da letto, lasciandomi cadere dolcemente sulle lenzuola; i suoi occhi sono socchiusi mentre guarda il sole che, nella penombra, crea dei giochi di luce sui miei capelli e sulla mia carnagione più scura della sua. Lo desidero, ci desideriamo. Gli tolgo la camicia, buttandola dall’altra parte del letto mentre ammiro le sue mani che iniziano a vagare sul mio ventre con la sua bocca; mi tolgo velocemente il reggiseno e il resto degli indumenti mentre lui fa altrettanto e rimaniamo per un attimo a guardarci come se fosse la prima volta: forse perché per noi, ogni volta che facciamo l’amore è sempre come quella magica notte di un anno fa. Faccio sdraiare Peeta e salgo su di lui mettendomi a cavalcioni, baciandolo mentre lui mi slega i capelli, lasciandoli liberi e , nel mentre, mi accarezza la schiena per poi massaggiarmi i seni. Non so se mi ecciti di più il suo tocco o sentire la sua eccitazione che preme, impaziente. Entra dentro di me all’improvviso ed è così bello, così perfetto che una lacrima scappa al mio controllo. Vorrei che il tempo si fermasse e vorrei cancellare quel pomeriggio…Sino a stamattina era tutto così perfetto, tutto troppo bello per essere vero.
-Kat..- sussurra lui, stringendo le sue mani sui miei fianchi, così da avere il controllo dei movimenti dei nostri corpi.
Non gli rispondo, facendomi sfuggire un gemito mentre aumento la velocità dei nostri movimenti, sino a raggiungere l’apice insieme. Mi sdraio su di lui, godendomi del suo profumo e stiamo in silenzio per qualche minuto. E’ lui, come sempre, a romperlo.
-Ti ho fatto male prima? Stavi piangendo…- mi chiede, preoccupato.
Faccio cenno di no con la testa. – Vorrei rimanere così per sempre.- mormoro, guardandolo negli occhi.
-Un ultimo spettacolo per Capitol City?-
-Un’ultimo spettacolo per Capitol City.- confermo, cercando di sorridere, anche se dubito che, questa volta, la nostra capitale potrà goderne felicemente.
Ma sono fermamente convinta di una cosa: i miei due tributi rimarranno in vita. Fosse l’ultima cosa che faccio.


Salve:) beh questo era un capitolo di passaggio, per capire un pò cosa stanno provando i due nostri "sventurati amanti". Grazie per tutti quelli che hanno commentato, siete fantastici:)! Un bacio, a presto

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


La mattina dopo veniamo svegliati dal campanello che suona ma, per una volta, mi sveglio solo io visto che Peeta è stato sveglio quasi tutta la notte ad abbracciarmi e a fermare i miei incubi. Scivolo via dalle sue braccia, mettendomi una vestaglia da camera e scendo frettolosamente le scale; dalla finestra del salotto vedo Haymitch e mi affretto ad aprirgli.
-Buongiorno, dolcezza. Ripresi da ieri?- mi chiede, smangiucchiando una mela: innamorato o no, Haymitch aveva sempre un galateo alquanto discutibile.
-Mmm ti sei anche procurato da mangiare prima di venire a rubare delle paste da noi, molto gentile da parte tua, Haymitch.- gli dico in tutta risposta. Io e Haymitch siamo così: ci becchiamo l’un l’altro perchè siamo uguali e non riesco a far a meno di pensare che se Peeta non fosse rimasto con me, sarei diventata un’alcolizzata come lui.
-Si beh, ho ritenuto possibile il fatto che il ragazzo non avesse voglia di cucinare dopo lo scoop di dimensioni epocali di ieri sera.-
- Ah già. -
Quasi me ne dimenticavo: nonostante siano passati 5 anni dalla fine dei 75° Hunger Games, tendo ancora a confondere i sogni e la realtà tra di loro. Speravo che fosse solo un incubo e invece è tutto estremamente, terribilmente vero. Haymitch sta zitto, per una volta, mentre io afferro delle nastrine alle cannella avanzate dal giorno prima e tolgo fuori il latte e il succo d’arancia dal frigo; mi siedo di fronte al mio mentore, guardandolo dritto negli occhi.
-Suppongo…- dico io, iniziando sorprendentemente la conversazione- che dovremo proprio ritornare a Capitol City.-
-Pensa un po’, io pensavo che stavolta non fossimo obbligati.- dice lui, sarcastico.
Eravamo sempre obbligati: dopo la maledetta mietitura nessuno di noi 3 aveva mai avuto una SCELTA. Haymitch era stato costretto da Snow, che uccise la sua famiglia e l’amata, a rifugiarsi nell’alcool, per non impazzire, io e Peeta eravamo stati costretti a vivere per la seconda volta gli Hunger Games e a me era stato imposto il ruolo di Ghiandaia Imitatrice, ruolo di cui io non ne volevo sapere. Non avrei mai voluto guidare la rivolta, non avrei mai voluto che le persone a me più care e totali estranei morissero in nome MIO. A Peeta gli avevano tolto l’unica cosa che davvero possedeva: se stesso.
-Quando partiamo?- sussurro io, studiando attentamente la mia colazione.
-La mietitura si terrà domani…-
-C’hanno avvertiti in anticipo.- replico. Haymitch mi guarda quasi ridendo, mentre fa cenno al telefono che Peeta ha spaccato, sbattendolo contro al muro. Mmm, non che servisse a molto, visto che non rispondevamo mai: volevamo evitare chiamate presidenziali, volevamo rifuggire dai nostri doveri.
-Ho detto al belloccio che sarete presenti: tanto non avevate nessuna possibilità di opporvi. Sarà solo per un' edizione, dolcezza. Teniamo duro anche questa volta. Anche io, per mia immensa fortuna e gioia, dovrò fare da mentore visto che Annie non può di sicuro essere in grado di affrontare un ruolo da mentore, non trovi?-
Era vero. Le condizioni di Annie erano migliorate dalla nascita del piccolo Finnick Junior ma un ruolo così importante negli Hunger Games sarebbe stato come ributtarla nel baratro in cui era precipitata dopo la morte del mio amico; Johanna l’aveva aiutata ed anche io e lei avevamo stretto dei rapporti piuttosto amichevoli. Io cercavo ancora di mettermi alle spalle, l’adorabile episodio dell’ascensore, quando si era fatta spogliare da Peeta. Adorabile, davvero.
- E per te non sarà difficile?-
- Oh, ci sono abituato dolcezza. Poi voi mi portate fortuna, voglio proprio vedere se la mia coppia capitolina ammazzerà la vostra o no.-
-Haymitch.-
-O dai, Katniss. Dobbiamo farlo, succederà comunque che uno solo dei ragazzi rimanga in vita. Fattene una ragione e, se vuoi, da me puoi trovare sempre una bottiglia di rum per consolarti.-
Non risposi, guardandolo male e misi il mio piatto nel lavello, per non guardarlo negli occhi: sapevo che aveva ragione ma non riuscivo a capire con che faccia potessi appoggiare un evento del genere. Dovevo arginare la gravità della situazione, dovevo salvare delle persone innocenti, dei bambini, da morte certa.
-Il tuo telefono funziona?-
-Mmmm… si certo, Cynthia ne ha fatto installare uno. Sai, non è una misantropa come me- disse Haymitch, correggendo il succo d’arancia con un po’ di rum.
Senza dire niente, mi misi la giacca di mio padre per non uscire solo in vestaglia da camera e mi incamminai velocemente verso casa di Haymitch. Bussai e salutai Cynthia, che mi portò nello studio di Haymitch, quasi irriconoscibile per la pulizia e per lieve disordine che lo contraddistinguevano, e chiuse la porta. Composi il numero dell’ufficio presidenziale e attesi, impaziente.
-Haymitch Abernaty, quale onore sentirti!- rispose la voce gaia, ma lievemente stanca di Plutarch.
-No. Sono Katniss. Katniss Everdeen.- dissi, come se ci fosse il bisogno di puntualizzare il cognome.
-Oh, la nostra Ghiandaia Imitatrice!! Come stai, cara ragazza?-
-Tagliamo corto, presidente.- dico tagliente, mentre lo sento ridacchiare dall’altro capo del telefono.
- Ma certo, certo, mia cara. Vedo che questi anni di pace e tranquillità non ti hanno cambiato.-
-Gli Hunger Games hanno contribuito a formarmi il carattere. E questa malsana idea dell’ ultima edizione dei giochi non fa altro che acuire la mia acidità. Ci sono per caso problemi anche con questo fatto?-
-Mia cara, questi non saranno i soliti Hunger Games. Sono gli Hunger Games della Pace. Per mantenere il controllo su Capitol City che si sta.. come dire, animando.-
-Moriranno 23 ragazzini?-
-Beh, sì-
-Allora non sono tanto diversi dai giochi a cui IO stessa ho partecipato. Ma l’ho chiamata per un’altra questione, Plutarch. Lei non mi sta particolarmente antipatico, ho anche votato per la sua elezione, come lei ben sa. E parteciperò come mentore a questa edizione dei giochi ma a due condizioni.-
-Mi sembra di aver già visto questa scena…- dice lui, l’ombra di un sorriso nella voce. – Si ricordi che la rivolta è finita Miss Everdeen. E che siamo entrambi a decidere questa volta.-
-Oh, io dico che lei mi ascolterà ed accetterà queste richieste. Non vorrà mica che scoppi un altro colpo di stato. Panem non sarebbe felice di vedere la Ghiandaia Imitatrice contro questa democrazia.- Segue un attimo di silenzio, in cui posso sentire il respiro di Plutarch farsi un po’ più irregolare.
Quanto adoro fare la stronza.
- Sono tutto orecchi, signorina Everdeen.-
- I tributi vincitori dovranno essere gli ultimi due sopravvissuti, non importa da quale distretto vengano. Inoltre, i tributi dovranno essere mietuti tra i parenti, figli, nipoti e cugini, delle famiglie che avevano una carica di prestigio all’interno del governo. Comprendo anche gli strateghi e coloro che crearono le arene. A parte la sua famiglia, questo è ovvio.-
- Penso che non ci sia niente di male, nell’accettare le sue richieste, Katniss cara. In fondo si tratta di salvare una vita in più e di attaccare solo chi ha davvero causato tutto ciò. Benissimo. Quindi, vi aspettiamo per domani, giusto? Il treno che ho mandato appositamente per voi partirà alle 14. Avete tutto il tempo di prepararvi. Se non c’è altro, dovrei tornare a delle questioni organizzative piuttosto urgenti, mia cara.-
- Certo, capisco benissimo. A domani, presidente.- Attacco la cornetta e sospiro, strofinandomi gli occhi con le mani.
-Ha accettato?-
-Peeta…- mi giro e vedo il mio ragazzo che mi guarda, quasi incantato.
Annuisco mentre mi rifugio tra le sue braccia. Ha un profumo dolcissimo, come sempre.
-Quanto tempo abbiamo per fare le valigie?-
-Il treno partirà alle 14.- lo sento irrigidirsi.- Tranquillo. Saremo sempre insieme. Noi siamo una bella squadra, un po’ rotti e strani ma siamo una squadra.- vedo un accenno di sorriso nei suoi occhi e gli accarezzo il viso.
–Pare che mi rivedrai elegante, dopo tanto tempo.-
-Non mi importa come sei vestita. Non mi importava neanche ieri sera…- dice, malizioso e mi sfiora il sedere, facendomi arrossire. – dai, torniamo a casa a preparare le valigie.-
Mano nella mano ci avviamo nella nostra villetta e io inizio ad aiutarlo a fare le valigie, mentre lui studia attentamente l’armadio in cui tiene tutti i pennelli e l’attrezzatura da dipingere.
-Cosa ti vuoi portare?- gli chiedo.
-Oh, non penso che dipingerò… Non credo che avrò voglia.-
-Lo sai che ti fa bene e…c he ti aiuta quando hai i tuoi episodi.- dico, in tono innocente.
Peeta non lo sa, ma, un giorno, sono entrata nel suo studio e ho visto i suoi dipinti. I suoi dipinti su di me e di come mi vede quando sono un ibrido. Un dipinto mi tormenta ancora durante la notte: ci sono io, piena di sangue, che pugnalo il padre mentre, dietro di me, giacciono i cadaveri della madre e dei fratelli del mio fidanzato.
-Hai ragione. Potrebbero essermi d’aiuto. Ma non voglio che tu li veda. Non quelli tratti dai miei episodi, almeno.-
-Chiederemo una stanza che sarà adibita a tuo studio. Non ci saranno problemi.- dopo la gentile minaccia che ho mosso a Plutarch, non ci dovrebbe essere nessun problema, penso sorridendo.
Nella valigia butto dentro i vari vestiti, alcuni ideati da Cinna e altri acquistati da mia madre durante il breve tempo in cui aveva vissuto in questa casa, e tutti i trucchi che risalivano agli ultimi servizi fotografici. Alle 13.30, Haymitch venne a prenderci e ci avviammo tutti insieme alla stazione; il nostro strano e pensieroso corteo era capeggiato da Gale, che pareva volesse essere sicuro che salissimo davvero su quel maledetto treno, e tutte le persone presenti nelle strade si fermavano a guardarci. Qualcuno, forse comprendendo il nostro stato d’animo, sollevò le mani unendo le dita in segno di rispetto mentre altri ci sussurrarono “Ipocriti”. Ma furono solo in pochi, per fortuna. Solo pochi, vennero alla stazione per salutarci. Arrivati alla stazione, Haymitch salutò Cynthia, abbracciandola in modo goffo mentre lei lo baciava delicatamente sulle labbra e io e Peeta ci guardammo un attimo prima di salire a bordo.
-Insieme?-
-Insieme.-

Benissimo:) dal prossimo capitolo la storia inizia ad entrare nel vivo:)! Ma ragazzi, please, mi dovete far capire se vi sta piacendo o no sennò mi sembra di scrivere per un popolo invisibile:) ringrazio coloro che hanno commentato:) Un bacio e alla prossima!

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Capitolo 5
*** I would have asked you to marry me ***


Dopo la mietitura non riesco quasi a respirare: sono troppo nervosa e non so come riuscire ad uscire fuori da questa terribile situazione. Jane Snow. Sul serio?! Io, Peeta e i nostri “protetti” ci dirigiamo nelle nostre stanze e una volta giunti in salotto io sono bloccata: non so cosa dire a questa ragazza che mi guarda con astio profondo.

Matthew rompe il silenzio.
-Bene… ci siamo. Dovete aiutarci…- dice lui, leggermente spaventato. – Anche se dubito che questa nuova edizione sia stata creata per trarci in salvo, giusto?-
-Non la volevamo. Nessuno di noi voleva che si ripetesse.- risponde Peeta.
-Oh, immagino che lei lo volesse. Dopotutto è grazie a te che tutto è cambiato.-
Sollevo lo sguardo verso Jane che mi guarda con disprezzo. La rabbia si impossessa di me: sarà pure colpa mia ma lei è la nipote di quel… quel verme assassino.
-Certo che lo volevo.- le rispondo, dura.
-Katniss…-
-No, Peeta. Lasciami parlare. Tuo nonno ci ha oppresso, ha mandato i nostri amici, fratelli e sorelle a morire. Si era preso il potere da solo e ci aveva sottratto la nostra libertà ed è per vendetta che io ho votato sì. Peeta non ha colpa di tutto ciò che sta succedendo. E, sinceramente, neanche io mi sento in colpa anche se, ora come ora, tornerei sui miei passi e voterei no. Ma tuo nonno si meritava di morire.-
Segue un silenzio imbarazzante e carico di rabbia da entrambe le parti e io mi volto, arrabbiata, per andarmene nella mia stanza.
Prima di chiudere la porta sento Matthew che sussurra un- Almeno è stata sincera.-
Non dovevo sentirmi in colpa o in dovere di trattar bene quei ragazzi, soprattutto Jane: loro erano i fautori della loro stessa situazione. Erano rimasti fedeli a Snow sino alla fine. E molti non negavano assolutamente il loro passato. Erano un pericolo per la repubblica, per Panem… per Peeta. E io avrei lottato sino alla morte per farlo stare al sicuro.
Sento bussare alla porta e mi alzo lentamente. Peeta. Peeta arrabbiato.
-Katniss, che diavolo combini?!-
-Sono solo me stessa..-
-Lo so ma… diamine, siamo i loro mentori. Dobbiamo cercare di salvarli. Devono avere fiducia in noi, non il terrore puro!-
So che ha ragione ma non gliela voglio dare vinta. Sbuffo, togliendomi il vestito che Sarah ha disegnato per me e mi metto un paio di jeans e un top sportivo. Non ho la minima idea di come salvare quei ragazzini. Non sono affabile, non so parlare con la gente. Ma che cavolo, ho guidato una rivolta e quindi riuscirò anche a convincere dei capitolini a diventare degli sponsor.
-Hai idee su che consigli dare?- chiedo timorosa a Peeta.
- Restate vivi.- mi sussurra lui, sorridendo.
Insieme, scendiamo al piano di sotto dove i due ragazzi stanno parlando sommessamente l’uno vicino all’altra: da lontano posso vedere che si tengono per mano ma, appena ci vedono arrivare, si allontanano subito. Sorrido istintivamente: penso che, anche in questa edizione, ci saranno degli amanti sfortunati. Ma possiamo trarli in salvo entrambi stavolta: dobbiamo farli vivere.
-Bene,- inizio- quanto ne sapete di sopravvivenza? O perlomeno di vita nei boschi?- I due mi guardano spauriti con i loro enormi occhi. -Benissimo… All’addestramento avrete degli aiuti e, per vostra fortuna, la maggior parte dei giocatori sono molto giovani oppure sono al vostro stesso livello. Ciò che noi vi possiamo suggerire è questo: cercate l’acqua, imparate a costruire delle trappole e, soprattutto, non accendete dei fuochi durante la notte. Ok?-
I due annuiscono, attenti a ogni cosa che dico. Jane non sembra più essere così tanto astiosa: la situazione è così tra noi due, ci detestiamo ma io le servo per vivere.

-Ma soprattutto, dovete farvi piacere. Io e Katniss siamo sopravvissuti grazie al nostro spettacolo. Non sarebbe male riproporre gli “amanti sfortunati”-
Sono basita dalla proposta di Peeta dal momento che la nostra “finzione” gli aveva provocato dolore tantissime volte e, durante gli episodi, mi aggrediva urlando che ero una manipolatrice senza cuore. Ma non devo pensare a questo: devo concentrarmi sul mio lavoro.
-Ricordatevi che il vostro più grande problema sarà la natura. Sia io che Katniss ci siamo salvati grazie agli sponsor e conterà moltissimo anche la parata di domani. Quindi piazzatevi in faccia un bel sorriso anche se tutto ciò che vorreste fare è mandarli sonoramente a fan culo.-
Matthew ride mentre io do un colpo alla gamba del mio fidanzato, abbastanza scandalizzata. Guardo l’ora, sono già le 15.
-Bene…ora dovete andare di sotto, lì incontrerete i vostri stilisti e il vostro team di preparatori. Domani mattina si terrà la parata e in seguito vi allenerete per poi venire giudicati dai vari giudici, tra cui ci sarà anche il presidente Heavensbee. Tutto chiaro?-
Certo che gli è chiaro. Loro hanno solo guardato questo gioco per anni e sanno benissimo le regole e il percorso che dovranno fare. Si saranno di sicuro divertiti ed emozionati mentre noi venivamo massacrati. I due scendono al piano di sotto mentre io e Peeta andiamo nelle nostre camere. Sono distrutta e ho solo voglia di dormire. Sento Peeta sospirare mentre si toglie la protesi e si appoggia alla testiera del letto: è silenzioso stasera. Mi affianco a lui nel letto e appoggio la testa sulla sua spalla.
-A cosa pensi?-
-A come sarebbe stato se avessi votato no quel giorno.-
Mi alzo, guardandolo basita. Sa perché ho votato sì. Sa di Prim. Perché mi accusa adesso? Non l’ha mai fatto, se non durante i suoi episodi.
-Non guardarmi così truce, ragazza di fuoco.- mi dice lui sorridendomi e prendendomi il viso tra le mani. – Abbiamo un modo diverso di vedere la situazione. Ed in quel periodo eri di certo sconvolta per la morte di Prim… Intendo dire che ora, invece di essere in questo…posto, potremmo essere a casa nostra, nel distretto a bere una limonata… Mangiare una torta e divertirci a guardare Haymitch che scappa dalle anatre.-
Sorrido, stringendomi a lui e odorando il suo profumo di cannella e di pane. Quel profumo che non se n’è mai andato via, nonostante le torture di Capitol. Quell’odore mi ha fatto capire che dovevo far ritornare il ragazzo del pane da me.
-Ti avrei chiesto di sposarmi.- Spalanco gli occhi, fissandolo incredula. In tutta risposta, lui mi sorride. -Un matrimonio semplice, come si fa nel nostro distretto. Lontano dalle telecamere, lontano da Plutarch, Gale e tutti gli altri. Ti avevo comprato un anello… Ma l’ho lasciato a casa, in camera nostra. Non mi sembrava il momento più appropriato per chiederti una cosa del genere.-
Non riesco a parlare. Mi ha totalmente zittito con questa rivelazione. So bene che dovrei parlare, che dovrei riuscire a dirgli quanto lo amo e che gli direi sì, anche subito. Ora e per sempre sì. Ma non riesco. Non riesco mai a dirgli quanto lo amo e che morirei senza di lui. Lo bacio con passione, buttandomi su di lui mentre delle lacrime mi escono dagli occhi e lui mi abbraccia e mi stringe a lui e per un po’ non respiro dal momento che non lascio un secondo libero alle nostre labbra e alle nostre lingue. Lui si stacca da me e mi accarezza il volto.
-Grazie..- mormoro tra i singhiozzi, regalandogli un sorriso. – Grazie per quello che fai per me. Grazie di essere il mio dente di leone…-
Lui sa cosa significhi per me e non dice niente, abbracciandomi di nuovo.
-Io sarò sempre qui per te, Katniss. Sempre. Siamo perfetti l’uno per l’altra perché siamo entrambi spezzati. Ma insieme, siamo imbattibili.-
-Ti avrei detto di sì. –
-Mi dirai di sì quando tutto questo finirà, allora.-
-Nel caso me ne dimenticassi, ricordamelo.- gli rispondo, facendolo ridere.
-Aspetta un momento…- mi dice lui e si alza dal letto, zoppicando.
Lo vedo mentre dal frigo prende una bottiglia d’acqua e con il tappo riesce a fare un piccolo cerchio, simile ad un anello. Me lo porge, sorridendo.
-Per ora dovrebbe andar bene, no?-
-Lo adoro.- dico io, mettendolo nell’anulare.
Peeta si avvicina felice verso di me ma a me l’anello non basta. Riprendo a baciarlo e mi metto a cavalcioni su di lui, accaldandomi quando sento la sua erezione premere contro di me. Peeta mi strappa il top di dosso e butta i jeans dall’altra parte della stanza mentre io ho già fatto sparire i suoi inutili indumenti. Non ce la faccio più , questo contatto mi distrugge.
-Ricordati Kat…- mi dice lui, ribaltando le posizioni e prima di entrare dentro di me
-Mmm?- mormoro io, cercando di modulare la mia voce.
-E’ una promessa.-


Ciao cari miei! Allora perdonate questo capitolo un po’ corto e schifoso ma sono in Germania: resterò qui per i prossimi sei mesi perché sto lavorando come tata presso una famiglia e sono davvero ESAUSTA. Inoltre questa storia dei pochi commenti mi sta deprimendo quindi, bitte kommentieren Sie!( per favore commentate xD)

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 5 ***


Il viaggio dura una giornata intera e riusciamo ad arrivare a Capitol City solamente in notte tarda: domani mattina presto avverrà la mietitura e il mio cuore non riesce a riprendere un battito normale e Peeta se ne accorge, sa benissimo che ho i nervi a fior di pelle e che mi sono lasciata scappare un qualche va fan culo ad un Haymitch particolarmente chiacchierone e su di giri.
Il ricordo di tutti i tributi che non sono sopravvissuti alle due edizioni degli Hunger Games a cui ho partecipato, mi ritornano in mente e non riesco a far meno di pensare che, più che trovarmi su quel treno, vorrei essere morta in quell’arena. Nel momento in cui dobbiamo scendere dal treno, prendo una boccata d’aria e afferro la mano grande e forte di Peeta e scendo, affrontando la folla adorante.
Sì, adorante.
Come se questi tremendi giochi della fame gli fossero mancati sul serio. Peeta è sotto shock come me ma, ad un certo punto, mi indica con un cenno i cartelli che il popolo di Capitol City tiene in mano.
“Vendicate i nostri figli”.
Una gran parte del pubblico davanti a noi, sta in silenzio, socchiudendo gli occhi al nostro passaggio, come per studiarci meglio: dovevano essere loro i fedelissimi di Snow, coloro i quali Plutarch ha definito potenzialmente pericolosi… ma il resto della popolazione, coloro che hanno davvero sofferto durante la guerra è entusiasta all’idea dei pupilli della casta di Capitol messi a morte in un’arena. Anche io da una parte sono felice, per Prim. E’ un modo di vendicarla, nella mia mente distrutta dagli incubi ma vedo che Peeta ha lo sguardo spaesato, vuoto e, per un attimo i suoi occhi diventano neri e le sue pupille si dilatano.
-Peeta. Peeta tranquillo. Resta con me, nessuno ti farà del male. Snow è morto, la Coin è morta. Siamo solo io e te.-
Vedo che chiude gli occhi e scuote la testa, cercando di farsi forza: venire qui sino a pochi anni fa sarebbe stato impossibile mentre adesso riesce a gestirsi meglio. Lui è forte. Ma so benissimo che vuole solo arrivare nell’ex centro di addestramento dove avevamo alloggiato al nostro turno e lasciarsi alle spalle quelle urla eccitate per la gioia. Haymitch si è zittito appena sceso dal treno: tutti e tre abbiamo le stesse facce oscure, perché noi SAPPIAMO ciò che aspetta questi ragazzini, sappiamo che i due sopravvissuti saranno perseguitati dagli incubi per il resto della loro vita. Sappiamo tutto eppure abbiamo votato sì, se non si conta Peeta.
-Katniss!Peeta!-
Sollevo lo sguardo incredula: Effie, che dopo la guerra ha adottato(grazie al cielo) un look più semplice, corre verso di noi e ci abbraccia, salutando poi affettuosamente anche Haymitch. Non dimenticherò mai il supporto che, a suo modo, Effie ci diede durante l’ultima edizione dei giochi: sapevo che era a Capitol ma ci eravamo allontanate con gli anni anche perché non ero assolutamente capace di alzare il telefono e risentire la sua voce squillante che, sicuramente, mi avrebbe riportato a quegli anni bui. Avevo già abbastanza incubi senza contattare quelle persone. Ma sono felice di rivederla dopo così tanto tempo; almeno sapevo di poter contare su di lei.
-Oh ragazzi! Sono così felice di rivedervi! Haymitch, sei persino quasi sobrio!- esclama lei, particolarmente colpita.
-Così sembra, dolcezza!-
-Beh, ma ora bando alle ciance, siamo già in ritardo tremendo!! E il presidente in persona mi ha dato il compito di proteggervi… Nonostante molte persone siano felici di questa novità dei giochi, molti sono rimasti fedeli alla dittatura e siete in pericolo qua fuori. Perciò, sbrighiamoci.-
Saliamo in fretta, accerchiati da diverse guardie del corpo tra i quali vi è anche Gale, su una macchina del governo e partiamo a tutta velocità sino ad arrivare al vecchio centro di addestramento. Al nostro arrivo, troviamo un sorridente Plutarch Heavensbee che ci saluta entusiasta con la mano.
-Katniss, Peeta! Sono così felice di rivedervi! Inoltre grazie per aver accettato il nostro invito a Capitol City!-
-Oh beh. Non sapevo avessimo una scelta. Che dici, Haymitch?- chiede Peeta, sarcastico. Sorrido, cercando di trattenere una risata quando Effie esclama un affranto “Peeta!”
-Penso che tu abbia ragione, ragazzo mio. Beh, Plutarch spero che ci sia abbastanza alcool e cibo da tenerci buoni.-
-Certo, vecchio mio. Infatti volevo solo salutarvi, visto che devo scappare per dare gli ultimi ritocchi per l’evento di domani. La mietitura inizierà verso le 10, vi incontrerete tutti nel giardino del palazzo presidenziale, dove si terrà la cerimonia. Chiaro?-
Plutarch non attende neanche una nostra risposta e si infila in una limousine scura, lasciandoci all’entrata del palazzo con un veloce cenno della mano. Sospiro: avrei voluto solamente andare a dormire e i cadere in un sonno senza sogni. Nel mentre che io e Peeta ci incamminiamo verso la nostra camera, sento Effie parlare e capisco che l’indomani ci saremo dovuti sottoporre anche da mentori alla tortura del trucco e dello stilista. Mi torna tristemente in mente che Cinna non mi accoglierà con il suo sorriso dolce e non mi disegnerà un vestito da lasciare senza parole. Ma, dopotutto, non sarei stata io il tributo, non dovevo fare colpo per salvarmi la vita. Dopo aver salutato Haymitch ed Effie, mi trascino nella mia vecchia camera con Peeta. Ma sento una certa resistenza da parte sua.
-Non posso dormire con te. Non quando siamo qui.-
-Ma cosa dici? Prima sei riuscito a trattenerti.-
-Katniss, se ti facessi di nuovo del male… Peggiorerei lo sai. E, tornati nel distretto 12, niente sarebbe più come prima.-
-Ma è già tutto cambiato…-
Peeta mi accarezza la guancia, dandomi un bacio sulla fronte. Chiude la porta dietro di se, senza dire una parola. Sbuffo sapendo benissimo che quella notte, senza di lui, sarà terribile. Ma non posso costringerlo a fare qualcosa contro il suo volere e quindi mi spoglio, indossando una semplice camicia da notte. Stringo a me la perla che il mio ragazzo mi aveva donato anni fa nell’arena e mi addormento.


Il mattino dopo mi sveglio di soprassalto, madida di sudore. Non ricordo l’incubo ma so che Peeta c’entra qualcosa: me lo dovevo aspettare, quando non dormivo con lui ero irrequieta e sognavo sempre di perderlo.
Sento bussare alla porta e corsi ad aprire, sperando che sia proprio il mio ragazzo, venuto a svegliarmi con un bacio. Invece, con mio grande disappunto, mi trovo due complete estranee davanti a me: in mano tengono una catasta di vestiti luccicanti e una catasta di trucchi e di attrezzi per la ceretta. Dove sono Venia, Octavia e Flaus? Odio dover essere simpatica con persone sconosciute. Io non sono brava con cose come il parlare o la socializzazione. La ragazza bionda accenna a un mezzo inchino( ma sul serio?!) mentre la rossa, più grande di lei di un paio di anni, mi tende la mano, sorridendomi.
-Salve, miss Everdeen. Io mi chiamo Deborah e lei è mia sorella, Milah. Ci occuperemo di lei, poi arriverà la nuova stilista, Sarah.-
Anche del lei? Non posso resistere. – Chiamami pure Katniss, Deborah. E non darmi del lei, per favore. Coraggio, datemi una sistemata.-
In silenzio iniziano il loro lavoro e mi fanno ceretta, unghie e ripuliscono dalla pelle da tutta la sporcizia accumulata durante il viaggio: insomma mi fanno il trattamento completo alla “Capitol”. Ma prima di farmi i capelli, mi portano in un’altra stanza per scegliere il vestito e all’interno c’è una ragazza alta e mora: indossa un lungo vestito nero adornato con pochi brillantini lungo il seno. E’ bellissima. Si volta e mi sorride, stringendomi la mano.
-Katniss! E’ un onore conoscerti. Sono Sarah, la tua nuova stilista. Cercherò di fare il possibile ma purtroppo non sono ancora all’altezza di Cinna. Ma spero di imparare un giorno…- mi dice, sempre sorridendo.
Annuisco senza dire una parola mentre vedo il vestito che dovrei indossare sopra un manichino; certo, non è spettacolare come quelli che Cinna aveva realizzato per me un tempo molto lontano ma è comunque fantastico. Il colore è nero come la pece e la lunghezza arriva appena sopra le mie ginocchia. Lungo tutto il vestito i brillantini di un colore rosso acceso e dorato disegnano delle fiamme e slanciano la mia figura. Appena Sarah mi aiuta ad indossarlo non ho quasi parole: sono bellissima.
-Grazie. Ti manca poco per arrivare al livello di Cinna.-
-Mi dispiace per quello che gli è successo, so che eravate molto legati.- Annuisco, mentre ricaccio le lacrime per non rovinare il trucco e mi lascio acconciare i capelli dalle due sorelle.
Dopo qualche minuto, Peeta viene a chiamarmi. Tra poco inizierà la mietitura e rivedremo Johanna e gli altri. Tranne Finnick e Annie, ovviamente.
-Come stai?- mi chiede, preoccupato.
-Tutto ok tu?-
-Dormire senza di te rende tutto più difficile… - sussurra, stringendomi la mano. –Comunque sei bellissima, ragazza di fuoco.-
Arrossisco e insieme seguiamo Effie che, come sempre, ha il terrore di arrivare in ritardo e ci ritroviamo alla luce del sole già cuocente delle 10 del mattino. Davanti a noi ci sono all’incirca 60 ragazzini impauriti. Cerco di non guardarli negli occhi anche perché alcuni hanno solo 12 anni massimo. Johanna, dall’altra parte del palco ci saluta con un cenno, tutta sorridente: per lei dev’essere davvero una goduria mentre Beetee fa finta di non vederci. Poco male, non volevo parlare con lui dal momento che era nella squadra con Gale per la progettazione delle bombe. Plutarch sale sul palco e con tono serio dichiara l’inizio dell’unica edizione degli Hunger Games di “Capitol City”; successivamente una donna sulla trentina d’anni si avvicina al microfono e dice la frase famosa.
-Felici Hunger Games! E possa la fortuna essere sempre a vostro favore! Come sempre, prima le ragazze.-
Scelsero 22 ragazzini, tutti provenienti dalle famiglie più importanti dell’ex governo e a Johanna toccarono due ragazzini sui 14 anni. Mi sembrò di vedere quasi una punta di dispiacere nel suo sguardo che però si indurì subito dopo. Era ovvio che quei poverini sarebbero morti al primo giro, spaesati e impauriti com’erano. Infine toccò ai nostri tributi: io e Peeta, essendo i famosi sventurati amanti, avremo fatto da mentori insieme.
-Jane Snow!- esclama la voce gracchiante dell’escort.
Non era possibile. Peeta mi stringe il gomito mentre io osservo la ragazza che si sta avvicinando al palco. I capelli marroni sono legati in una semplice coda di cavallo ed era l’unica ad essersi vestita in maniera non elegante: indossa una semplice maglietta e dei jeans sportivi. Ma ciò che mi fa rabbrividire erano i suoi occhi. Uguali a quelli di Snow. A quelli del nonno. Deve avere 16 anni all’incirca.
-E’ lei… E’ la nipote di Snow…- mormora Peeta.-
-Che fortuna dolcezza.- sibila Haymitch, affianco a me con i suoi due tributi che mi sembrano alquanto assatanati e feroci. Jane si avvicina a noi due, non degnandoci di uno sguardo e rimanendo davanti a noi, immobile. Nel mentre viene estratto il nome del ragazzo.
-Matthew Enarc!-
Un ragazzo della stessa età di Jane si fa avanti con uno sguardo smarrito, il suo volto diventa ancora più pallido. Si avvicina a noi tremante e Peeta gli sorride, cercando di essere incoraggiante, e gli da una pacca sulla spalla. Ma quest’ultimo non accennò né un sorriso né un saluto.
-Bene! Che gli Hunger Games abbiano inizio!-
Ero fottuta.
BUON NATALE!!! Pubblico anche il disegno di Jane:) vi piace? COMMENTATE! Un bacione


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Capitolo 7
*** Il talento ***


Sento la risata cristallina di Rue e Prim che corrono insieme, tenendosi per mano. Prim non è la donna che ho conosciuto a Capitol City e nel distretto 13 ma è ancora una bambina, la mia piccola paperella. Mi salutano felici e mi invitano ad andare con loro. Io sorrido e corro verso di loro ma, all’ improvviso siamo nell’arena dell’orologio.

-Andiamo via! Scappate!- urlo ma le bambine non mi ascoltano e continuano a ridere e scherzare.
Non so che fare perché quando cerco di tirarle via da quell’inferno e nasconderle al sicuro nella giungla, loro mi sfuggono al controllo e non riesco a far altro se non urlare disperata. Vedo già le bombe e gli ibridi che corrono per assalire le mie sorelle ma, sorprendentemente, anche io rimango lì e non illesa… anche io vengo ferita… anche io muoio, bruciata dalle fiamme e divorata dagli ibridi. E prima di abbandonare per sempre questo mondo sento una risata sinistra.
Jane Snow.
Mi sveglio urlando mentre Peeta mi prende subito tra le sue braccia e mi mormora parole dolci.
-Ero morta… eravamo morte. Mi ha ucciso lei.. lei…-
-Kat, che dici? Calmati, era solo un sogno. Tu sei qui con me, siamo al sicuro qui.-
Lo guardo con gli occhi sbarrati per il terrore.
Devo proteggere la nipote del mio ex nemico giurato. Devo salvare quella ragazzina dall’arena. Ma lo voglio davvero? Magari sta progettando una rivolta contro di me, contro il nuovo governo. Ho ucciso il nonno, siamo i suoi nemici giurati. Forse è meglio che quella ragazza muoia lì… e i nostri problemi sarebbero definitivamente risolti.

-Jane. Jane rideva mentre morivamo. Ci guardava e rideva.-
-Katniss… era solo un incubo. Guardami. Guardami.- mi ripete, alzandomi il viso e incastonando i suoi occhi blu mare con i miei. – Finirà tutto in due settimane. Torneremo al distretto 12, a casa con Haymitch. Tu andrai a cacciare e io in panetteria, di nuovo al lavoro. Nessuno ci cercherà mai più e se mai lo faranno li butterò io fuori dal nostro distretto. Va bene? Solo altre due settimane insieme.-
-Io… mi proteggi sempre. Io non faccio mai nulla per te.- mormoro con la voce rotta dal pianto.
-Non è vero. Tu mi riporti indietro ogni volta che sto male. Non mi hai mai abbandonato e hai sempre creduto in me, che il vecchio Peeta potesse ritornare. Ed ora sono qui.-
Mi accoccolo sul suo petto e gli accarezzo i capelli sino a quando non decidiamo di alzarci e di prepararci per la parata che si terrà in poche ore.
-Peeta hai visto?-
-Cosa?-
-Niente episodi, niente di niente. Anche se siamo qui.- Lui mi sorride e scuote la testa mentre raccatta i suoi vestiti da terra.
-Solo fortuna, amore mio. Solo fortuna.-
Metto su il broncio mentre lui va a vestirsi nella sua camera che è comunque molto vicina alla mia. Devo sopportare tutto ciò ancora per qualche settimana ma il mio incubo mi perseguita sino a quando Peeta e Effie non vengono a bussare per dirmi di andare al piano di sotto, per prendere la limousine ed andare al palazzo presidenziale. Una nausea improvvisa mi assale e mi devo sostenere al braccio di Peeta per non vomitare o scivolare. Cerco di tranquillizzare Peeta sorridendogli ma lui ridacchia dicendomi che “fai quasi paura, quando fai così”. Molto simpatico, sul serio.
Arrivati al vecchio palazzo presidenziale sia io che Peeta siamo nervosi a dir poco e lui si stacca da me. Non faccio domande e mi dirigo con Effie verso gli spogliatoi, dove tutti i concorrenti sono stati preparati per l’occasione. Peeta ci segue a debita distanza. Spero che si tranquillizzi il prima possibile, non possiamo lasciarci sfuggire la situazione dalle mani. Inutile dirlo ma Sarah ha fatto un ottimo lavoro. Matthew e Jane stanno vicini, non si staccano neanche per un minuto, e hanno le teste incoronate da un sottile cerchio d’oro. Matt ha una tuta aderente nera e sul petto ha disegnato il simbolo della ghiandaia imitatrice , in oro, mentre Jane indossa un vestito dello stesso colore che le lascia la schiena scoperta e le è aderente sul seno. Le maniche sembrano quasi le ali della ghiandaia: quasi un’imitazione del mio vestito durante l’ultima intervista per gli Hunger Games ma il mio era… era di Cinna, tutto qua. Ci avviciniamo ma io non riesco praticamente a rivolgere la parola a nessuno dei due, sono ancora scossa dal sogno. Peeta dal canto suo, è ancora lievemente scosso e sembra che sia ancora nel suo mondo di ricordi falsi e depistati. I due ci guardano come se fossimo matti e forse un po’ lo siamo; prendo coraggio e parlo io visto che Peeta non riesce proprio.
-State tranquilli, fatevi vedere forti e sicuri. Se vi terrete per mano, saranno ancora più felici. Date spettacolo, sorridete.-
- come se fosse facile..- dice Jane a denti stretti.
- Ringrazia tuo nonno.- le dico io, con un sorriso falsissimo stampato in faccia.
Faccio per allontanarmi ma Matthew mi afferra per un braccio e mi guarda, terrorizzato. Siamo lontani sia da Peeta che da Jane che chiacchierano tra di loro.
-Ti prego. Non farci morire solo perché il suo cognome è Snow. Non è come sembra.-
Sospiro, non sapendo bene cosa dire a quel povero ragazzo: non voglio che muoiano. O almeno, non voglio che lui muoia. Sembra un bravo ragazzo ma non mi voglio affezionare perché comunque nell’arena potrebbe capitare di tutto. Non sarò lì a proteggerli con le mie frecce o con i miei consigli.
-Andrà tutto bene. Non vi succederà nulla di male e io e Peeta vi aiuteremo come potremo. Ok?- Matthew mi sorride ringraziandomi e all’improvviso mi abbraccia.
Oddio. Aiuto. Che faccio? Gli do una imbarazzata pacca sulla spalla mentre vedo Haymitch, dall’altra parte della stanza che ride, divertito dalla scena.
-Si, ok va bene. Grazie per...questa cosa. Ora vai da Jane. State per iniziare- borbotto io.
Michael mi fa un cenno per salutarmi ed eccoli che partono. Mi avvicino a Peeta con cautela e gli sfioro il braccio. Lui si gira verso di me e mi sorride incerto mentre, mano nella mano, andiamo verso gli spalti.
-Stai bene?-
-Ora sì. Noi abbiamo fatto la parata insieme… tu hai cercato di buttarmi giù dal carro e di uccidermi. Vero o falso?-
-Falso…- gli rispondo con il magone.
-Ok. Ne ero quasi certo ma sai com’è…- mi dice lui, insicuro.
Gli sorrido, dandoli un dolce bacio sulla guancia e andiamo a sederci vicino a Johanna e Haymitch che guarda attento la sua coppia.
-Bah. I miei non dureranno neanche un secondo. Non hanno nessun talento e sembrano dei conigli impauriti- dice Johanna, sbuffando. – Avrei preferito di gran lunga la nipote di Snow. Com’è a proposito? Avvelena la gente, come il suo caro nonnino?-
-Non sembra avere nessun talento in particolare. O per ora ce lo vuole nascondere. – rispondo, guardando la nostra coppia di tributi che viene acclamata a gran voce mentre solleva le mani e sorride verso la folla.
O meglio, Matthew sorride mentre lei tiene lo sguardo dritto davanti a se e non muove un muscolo. Sarà difficile procurarle degli sponsor. Spero che sia sveglia e che non si faccia del male. Appena la sfilata è finita, Plutarch fa il suo discorso, che io ascolto appena, e poi i ragazzi tornano negli spogliatoi. Non vedo l’ora che questa dannata messinscena finisca.
-Siete stati bravissimi. Certo Jane, un sorriso non sarebbe guastato.- le dice Peeta, sorridente.
-Io non devo leccare il culo a nessuno. Se devo morire in quest’arena, morirò. Ma stando sotto le mie regole.-
Dio quanto è cretina. Non si tratta di leccare i maledetti culi rifatti di Capitol City. Si tratta della sua sopravvivenza ma se non lo capisce dopo tutte le volte che io e Peeta gliel’abbiamo detto, che si fotta. E che muoia in quel maledetto inferno.
-Piantala, Jane.- dice Matthew brusco.- Non fare l’orgogliosa perché , sul serio, mi irriti. Siamo una squadra laggiù, dobbiamo essere alleati e io voglio sopravvivere. Quindi svegliati e piantala di fare la stronzetta.-
Jane lo guarda sconvolta. Dubito che sia abituata a sentire certe cose. Quanto mi diverto, adoro questo ragazzo.
-Io ascolterei il ragazzo, se fossi in te.- le intimo, ridacchiando mentre Peeta osserva la scena alquanto spaesato. – Comunque, muoviamoci. Dovete andare nelle vostre stanze e cambiarvi per gli allenamenti. Ci rivediamo lì, ok?-
I due annuiscono e vanno nelle loro stanze così come me e Peeta. Ma veniamo fermati da Haymitch.
-I vostri due ragazzi dovranno essere molto bravi per ammazzare i miei. Sembrano due bestie assatanate.-
-Dire che abbiamo trovato i favoriti di quest’anno, allora.- proclama Peeta, fissando i due tributi del nostro mentore.
Fanno effettivamente molta paura. Soprattutto il ragazzo, alto almeno 1,90 e con dei muscoli che non hanno niente da invidiare a quelli di Peeta che solleva ogni giorno sacchi da 20 kg. La ragazza è più piccola ma sembra molto scaltra. Testa e corpo. Fantastico. I nostri due sembrano delle pippe al confronto ma contando che la concorrenza è composta da bambini di 14 anni, si sa già che saranno loro ad arrivare in finale.
-Rachel ha un talento innato per l’ascia. Caleb… Beh Caleb picchia senza ragionare molto. Per fortuna che non devono ammazzarsi a vicenda, giusto?-
-Vedremo chi vincerà..- mormoro, poco convinta. Non riesco a parlare della morte in modo così tranquillo. Sono comunque dei ragazzi… e il ricordo dei miei Hunger Games è ancora ben vivo dentro di me.
-Ti suggerisco di non affezionarti ,dolcezza. Tra due settimane potrebbero essere già morti.-
Dopo qualche minuto ci dirigiamo al salone degli allenamenti per vedere cosa combinano i nostri tributi. Peeta si dirige con Matthew verso lo spazio adibito per accendere i fuochi e sfruttare ciò che la natura può offrire per sopravvivere mentre io insegno a Jane come fare le trappole. Se la cava molto bene e il mio cuore può stare per un attimo tranquillo. In un momento di distrazione, in cui io sto parlando con Peeta e Matthew cerca, con poco successo, di fare una trappola per conigli, vedo con l’occhio della coda che Jane si dirige verso la postazione degli archi. Non presto molta attenzione, stiamo decidendo che strategia adottare con i ragazzi.
-Penso che siano una coppia…- dice Peeta
-Secondo te, lei si farebbe vedere in quel modo?- chiedo scettica.
-Se ce l’hai fatta tu…-
-Ma l’hai sentita prima, non ha niente da perdere, se morisse nell’arena non le importerebbe. Io dovevo stare viva per Prim-
- Noi proponiamoglielo, sennò le faremo fare la parte della dura.-
-Ehi voi due.- Haymitch.
Mi volto verso di lui, scocciata. Ma lui non fa altro che indicare con un cenno Jane. Sta scoccando l’ennesima freccia. Centro. Ne ha scoccate 5 e tutte sono andate a segno. Nel cuore. Tutti la fissano increduli.
-Wow…Katniss, sembra te.-
Bene, abbiamo trovato il talento di Snow.
Sorrido. Non sarà così facile uccidere i miei tributi.
E Haymitch lo sa. Oh, sì che lo sa.


Buahahahahah ok, scrivere questo capitolo è stato alquanto divertente, sopratutto per la parte dell'abbraccio:D Grazie mille per le vostre parole d'affetto e di stima( vi amo tutti ;D). Tranquilli, questa fanfiction non si interromperà così! Avrà una fine. Tra taaaaanto tempo ma la avrà:) Un bacio dalla "soleggiata" Germania ragazzi:) un bacione
Vale:)

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Capitolo 8
*** Stay with me tonight ***


E’ il giorno prima dell’inizio degli Hunger Games.
E sono terribilmente in ansia.
Continuo a rigirarmi nel letto senza riuscire a dormire mentre Peeta, per fortuna, è tra le braccia di Morfeo. Ha avuto dei piccoli episodi durante tutto il giorno ma, alla fine, l’ho costretto a venire a letto con me e a dormire insieme. Lo guardo incantata, se è possibile è ancora più bello di quando ci siamo conosciuti. I nostri corpi sono rovinati dalle cicatrici e dalle bruciature ma è la nostra storia. Quelle cicatrici ci hanno segnato e non se ne andranno mai via ma, grazie al nostro amore, continuiamo ad andare avanti, instancabilmente insieme. Anche se sembra che Capitol City ci voglia sempre spezzare, in un modo o nell’altro, e voglia sempre farci capire che le nostre vite devono sempre subire dei cambiamenti, cambiamenti che sono richiesti da loro.
Ecco perché è meglio non avere figli. Non finirà mai, me li porterebbero via. E io non sarei una buona madre. Sospiro, pensando che sto privando Peeta anche di questa possibilità, del suo sogno più grande: diventare padre.

**Siamo seduti nel prato, è una delle prime giornate di primavera, qui nel distretto 12. Ci godiamo il sole, mentre spezzetto tra le mani il pane alle olive che Peeta ha fatto appositamente per me: è il mio preferito.
-Pensa a quando verremo qui con i nostri figli.- mormora, sorridendo.
Alzo gli occhi al cielo. Di nuovo quel discorso. Penso ogni volta che lo inizi solo per irritarmi e darmi fastidio: lo sa che non voglio avere figli. Un matrimonio, in un giorno molto lontano, sì ma bambini mai.
-Se li vuoi così tanto, vai a chiamare Delly.- gli rispondo, brusca.
Lui si poggia sui gomiti e mi guarda divertito. Idiota, non c’è niente da scherzare. Lo sa benissimo come la penso su quell’argomento.
-Non essere sciocca, Kat. Cambierai idea un giorno.-
Sbuffo, inorridita all’idea. –Oh sì. Così quando tu avrai uno dei tuoi episodi e io avrò una delle mie crisi, chi si prenderà cura di loro, Haymitch? Non li amerei. Non sarei una buona madre. Per favore, non parliamone-
Lui non fa altro che avvicinare il viso al suo e darmi un bacio sulla fronte.***
Sarebbe stato meglio se fosse andato con lei, se fosse stato con Delly. Niente incubi, solo pensieri positivi e una vita felice: facile. Avrebbe potuto avere quello che desiderava più di ogni altra cosa: una famiglia, solo che non con lei. Basta. Non devo pensare a queste cose, sono pensieri stupidi che non vale la pena di fare. La nostra relazione non è in discussione e anche se Peeta ogni tanto riporta l’argomento in vita, non era il nostro problema principale. Ora eravamo mentori, dovevamo concentrarci e trovare degli sponsor per far sopravvivere la nostra coppia, i nostri ragazzi.
Decido di andarmi a prendere una tazza di cioccolata calda: ho fame e mi dovrebbe calmare. Anche se non ha molto senso prendersi una cioccolata calda in Luglio. Ma chi se ne importa. Mentre sono nel corridoio, non riesco a fare a meno di sentire delle voci. Mi accosto alla porta allarmata, pronta a eliminare qualsiasi intruso. Ma sono solamente Matt e Jane che parlano tra di loro.
-Cristo, perché non lo dici, Jane. Perché non sei chiara una volta nella tua vita?-
- A cosa servirebbe? Tanto moriremo comunque. Katniss Everdeen non mi farà mai lasciare quell’arena da viva.-
Sento Matt sospirare e con la coda nell’occhio, vedo che si avvicina a lei. -La ammiravi, una volta. Prima che tutto iniziasse. Portavi la treccia, proprio come lei. E’ per quello che sai tirare con l’arco così bene. Prendevi di nascosto da tuo nonno le lezioni.-
-Quello è il passato. Ora è tutto diverso.-
-Jane tu…-
-Sta zitto, smettila! Mio nonno è morto, mia madre, mio padre…Tutto per colpa sua! Lei ha iniziato quella maledetta rivoluzione! La mia famiglia è morta, non esiste più. Tutto a causa sua. Tu avrai anche le tue idee da…. Ribelle. Ma io sono di un parere diverso.-
-Sei solo accecata dall’odio. Tutto qua.-
Lei non gli risponde e si gira dall’altra parte ma Matthew le gira il viso delicatamente e fa incontrare i loro occhi.
-E noi?-
-Noi, cosa? Sarebbe meglio smetterla con tutta questa storia. Non ne uscirò viva, quindi è meglio allontanarci.- dice lei dura, ma poi il suo tono si addolcisce- Non voglio che tu soffra, ne abbiamo già passate abbastanza.-
Si alza e si dirige alla porta dalla quale io cerco di allontanarmi velocemente, prima che mi becchi ad origliare: ci odiamo già abbastanza, senza che lei pensi che la sto spiando.
-Jane… promettimi una cosa. Non ti arrendere ancora prima di iniziare.- sento mormorare Matt. – Resta con me stanotte…-
-Non.. non posso.- risponde lei, mentre si avvia verso la porta.
Corro nella mia stanza, accanto a quella di Matt, prima che lei mi possa vedere. Allora stanno davvero insieme. E Matt è davvero innamorato di quella ragazzina che io non riesco proprio ad inquadrare, per quanto ci provi. Sapevo che il figlio di Snow fosse stato giustiziato ma non pensavo che ci fossero state conseguenze anche per quanto riguardava il resto della famiglia. Almeno da quel punto di vista, io e Jane non eravamo tanto diverse. E penso che la storia degli amanti sfortunati non verrà ben accettata da Jane: ma è l’unica carta che abbiamo per l’intervista di questa sera. Oppure potremo semplicemente mostrare a Capitol come sono: lei ha molta grinta mentre Matthew… beh, in un certo senso mi ricorda Peeta.
-Kat… che fai lì in piedi?- mi chiede Peeta, confuso guardando l’orologio.
-Oh. Volevo una cioccolata calda.-
-In piena estate?- mormora lui, divertito.
Arrossisco e annuisco. –Ne ho voglia.-
-Vado a prendertela io, vuoi?- Si alza e mi da un bacio sul naso mentre io mi butto di nuovo sul letto.
Domani mattina sarò a pezzi per l’assenza di sonno ma non è la prima volta che succede e non sarà neanche l’ultima. Peeta torna con la cioccolata calda tra le mani e io mi ci avvento sopra, bruciandomi la lingua.
- Sembra che tu non veda cibo da anni- dice lui, alquanto divertito.
-Mmm, non parliamo di questo. Ho sentito Matt e Jane parlare, mentre stavo andando a prendere la cioccolata. Ma poi sono dovuta tornare qui perchè poi Jane è tornata nel suo appartamento.-
-Novità?-
-Sono definitivamente una coppia. Lui è pronto a fare di tutto per salvarla. Ma lei è convinta che io la lascerò morire in quell’arena, solo perché è la nipote di Snow. Inoltre, vuole staccarsi da Matt, affinché lui non soffra quando lei morirà durante i giochi. Dubito quindi che la carta degli amanti sfortunati possa essere accettata da lei, a questo punto.-
Peeta sospira, grattandosi la testa per farsi venire qualche idea.
-Potremo semplicemente fargli andare così, come sono veramente.-
-E’ quello che avevo pensato anche io.- gli dico, sorridendogli.
-Andiamo a dormire adesso, ragazza di fuoco. Domani sarà una giornata lunghissima.-
Non posso fare a meno di sospirare, sapendo che dice la verità. Appoggio la tazza sul tavolino e lo abbraccio sotto le lenzuola fresche. La finestra è aperta, come piace a Peeta. Inspiro il suo profumo e cullata da una dolce nenia che mi canta mi addormento.




Sono agitata, sto impazzendo. Sarah e lo staff di Peeta ci hanno preparato e siamo entrambi bellissimi ma niente in confronto a Jane. Abbiamo parlato con il suo stilista, un certo Platon, spiegandogli la sua situazione particolare. Non sa parlare, ma deve fare paura, deve essere sexy. Anche perché immagino che sul palco darà inizio ad una sfuriata delle sue. Ha i capelli raccolti in una crocchia ed ha indosso un vestito nero, come quello della sfilata e che le copre le lunghe gambe appena sino al ginocchio. Il trucco è scuro e le mette in risalto gli occhi color ghiaccio mentre le labbra carnose sono ricoperte da un rossetto rosso sangue. Ha il suo sguardo deciso e sfrontato: è perfetta.
A fare le interviste è sempre Ceasar Flickermann dal momento che, a quanto ho scoperto, è sempre stato dalla parte dei tributi, cercando in ogni modo di aiutarli. Effettivamente aveva fatto apparire attraente anche me. L’avevano quindi risparmiato dal carcere ed era qui, a presentare l’ultima edizione dei Giochi.
Dopo aver ascoltato le altre 12 interviste, sale prima Matthew: ha un’ironia spiccata e il pubblico lo adora. Ecco perché mi piace così tanto. E’ uguale a Peeta alla sua età, se non per l’aspetto fisico.
-Quindi Matt… Posso chiamarti Matt, vero? Non ho potuto fare a meno di sentire dei pettegolezzi su te e la dolce signorina Snow.-
Dolce? Sul serio Ceasar? Ti potrebbe staccare la testa a morsi per una frase del genere.
-Oh beh. E che pettegolezzi sarebbero? Dimmi tutto, sono curioso.- risponde Matt, sorridendo.
-Siete una coppia?-
-Oh beh, una cosa del genere sì. Ma il resto lo vedrete da soli nell’arena, giusto?- dice lui, suscitando urla di eccitazione dal pubblico capitolino.
-Oddio. Ti adoro, davvero. Escine vivo mi raccomando.-
Dopo pochi secondi e il turno di Jane che sembra voglia uccidere il nostro povero presentatore con lo sguardo. Nonostante tutto, si sforza e gli da la mano. Dopo qualche frase in cui Jane da il meglio di se come freddezza, arriva la fatidica domanda.
-Beh, Jane. La tua è una situazione a dir poco particolare. Come ti senti? Nonostante tutto, tuo nonno era un grande…ehm, appassionato di questi giochi.-
Jane lo squadra per qualche secondo. –Non ho voglia di parlare di mio nonno. Voglio solo parlare dei giochi. E ti posso dire, Ceasar che io vincerò. E non guarderò in faccia nessuno.-
-E chi vuoi riportare a casa? Matt?-
Per un momento, la sicurezza di Jane barcolla: non vuole mostrarsi debole.
-Porterò chiunque sia capace di sopravvivere in quel posto.-
Gli spettatori sono intimoriti da lei, non sanno se applaudire o no. La situazione è strana, complicata. Quella ragazza è la nipote del dittatore per cui comunque la maggior parte non provava odio ma amore e ammirazione. E’ il simbolo del vecchio passato che minaccia ancora la giovane democrazia.
Nessuno sa cosa aspettarsi da questa ragazza.
E neanche io lo so.


Salve miei tributes:) come va? Allora come avete capito sto cercando di caratterizzare il meglio possibile Jane. Qual è effettivamente il suo piano riguardo Matthew, riguardo i giochi? Pensa davvero che Katniss sia una persona calcolatrice e che vuole solamente la sua vendetta? E cosa nasconde la sua antica ammirazione per lei?
Commentate come semore miei cari, vi adoro:) 

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Capitolo 9
*** Alle mie regole ***


Io e Peeta siamo silenziosi. Oggi è il giorno dell’inizio degli Hunger Games. Oggi inizia ufficialmente il nostro lavoro di mentori.
Dopo cinque anni di tranquillità, avevo davvero iniziato a pensare che potevamo andare avanti in tranquillità, cercando di ricostruire una vita che valesse la pena di essere vissuta. Anche gli altri si erano rifatti una vita: avevamo cercato di dimenticare quei 75 anni di orrore e di paura; Haymitch aveva trovato l’amore e poteva almeno condividere i suoi incubi con qualcuno. Annie cresceva il piccolo Finnick e Joanna l’aiutava quando lei cadeva nel suo mondo. Senza Finnick non poteva essere davvero una vera vita ma comunque…valeva la pena sopravvivere. Con questa nuova trovata della Mietitura e degli “Hunger Games della Pace” ci ritroviamo di nuovo qui, Peeta che cerca di trovare il modo di salvare quei ragazzi e io che cerco il modo di salvare noi stessi.
… se solo avessi votato no.
Ma io non riesco a perdonare facilmente. Non per niente ho rivisto Gale, il mio migliore amico, dopo 5 anni dalla fine della guerra. Prim adesso avrebbe avuto 18 anni. Magari avrebbe avuto un ragazzo… Di sicuro ora come ora starebbe per finire gli studi di medicina, sarebbe stata una bravissima dottoressa: aveva il dono, come nostra madre.
Già, mia madre. Non ho perdonato neanche lei. Chissà cosa sta facendo, chissà se guarderà questi Hunger Games.
-Katniss? Ci aspettano, è l’ora dei saluti.-
Peeta mi risveglia dai miei pensieri e gli do la mano, dopo essermi finita di acconciare i capelli. Ho optato per una camicia sobria, che lascia intravedere le cicatrici. Ma ha davvero importanza?
Dobbiamo incontrare i ragazzi di lì a pochi minuti, poi, entrambi, saliranno con i loro rispettivi stilisti sull’hovercraft per poi arrivare nell’arena, costruita per l’occasione. Erano state tutte distrutte.
Vorrei solo tornare a casa, sono stanca di questa pagliacciata. Anche se definirla pagliacciata non è proprio il termine esatto. Incontriamo Jane e Matt in salotto. Entrambi ci guardano, cercando di non far trasparire il terrore dai loro volti. Matt ha gli occhi rossi e Jane ha le occhiaie: probabilmente stanotte non hanno chiuso occhio e hanno dormito insieme, così come io e Peeta avevamo fatto poco prima di iniziare la seconda edizione degli Hunger Games. Devo aiutarli, devo farli vivere. Peeta morirebbe se uno solo di loro due non tornasse a casa. E anche io non potrei convivere con questo senso di colpa. L’ennesimo.
-Scappate dalla Cornucopia e nascondetevi nei boschi. Correte più in fretta che potete perché si ammazzeranno a vicenda. Anche se probabilmente Caleb e Rachel si concentreranno sui 14enni più che su di voi. Afferrate uno zaino, quel che vi capita, e cercate dell’acqua e un riparo. Subito. Chiaro?- dice Peeta, febbrile.
I due annuiscono; stavolta neanche Jane ha il coraggio di dire la sua o di trasgredire alle nostre regole. Non guadagnerà niente facendo la stronza in questo caso: la ucciderebbero comunque. Quindi è meglio se ci ascolta. Peeta mi guarda. Oh già, devo parlare anche io. Nausea.
-Matt, tu sei bravo con le trappole. Ti aiuterà a sopravvivere e sai giostrarti bene anche con il coltello. Potete sopravvivere facilmente con la caccia e, se riesci, afferrane uno alla Cornucopia. Studiatevi intorno. Ma se la cosa vi viene troppo difficile, fuggite. Chiaro?-
-Chiarissimo.-
Sarah bussa alla porta, con in volto una triste espressione. E’ ora di andare. Matthew afferra me e Peeta in uno dei suoi abbracci soffocanti: Dio, ‘sto ragazzino è fissato. Ed è anche enorme. Jane ci da la mano e, miracolosamente, cerca anche di fare un sorriso. Con uno strattone la porto vicina a me.
-Mi raccomando… lo affido a te.- le mormoro all’orecchio.
Lei annuisce silenziosamente: forse, sotto, sotto, lo ama davvero. Anche se è ovvio che in questo momento è profondamente combattuta.
-Con le tue capacità ce la puoi fare. Ce la potete fare. Solo… sorridi un po’ di più. Aiuterebbe davvero.-
-Voglio giocare alle mie regole.-
Sorrido e provo pietà per quella ragazzina sedicenne. – Gli Hunger Games non funzionano così, Jane.-
-Con te ha funzionato, però-
Rimango per un attimo basita mentre Jane mi saluta con un cenno e segue Sarah e Matt verso il luogo sconosciuto dell’arena. Appena le porte si chiudono la mia nausea si fa sempre più pressante e corro in bagno a vomitare. Sento la mano fresca di Peeta sulla mia fronte bollente.
-Vai via…-
-Neanche morto. Sei esausta. Probabilmente ti sei beccata un virus o hai fatto indigestione.-
Dopo essermi sciacquata la faccia, mi guardo allo specchio. Sono davvero uno straccio. Ma ora dobbiamo andare al piano di sotto. Tutti ci stanno aspettando per iniziare a vedere lo show insieme.
-Voglio solo andare a casa.- mormoro.
-Presto.- mi dice Peeta, baciandomi la spalla nuda dopo che mi ha tolto la camicetta che mi sono sporcata durante l’attacco di nausea.
Io e Peeta siamo seduti vicino a Joanna, totalmente irritata dal fatto che i suoi due tributi siano, a suo parere, degli emeriti idioti, e Haymitch che ha tra le mani un bicchiere di brandy. Povera Cynthia. Sul serio, come fa a sopportarlo?
-Hey dolcezza, tutto ok ? Sembri un po’ devastata…-
Joanna ride, cogliendo la palla al balzo – Beh Haymitch.. era da così tanto che non avevano l’opportunità di festeggiare tra le lenzuola di Capitol!-
Le do uno schiaffo sulla gamba. Idiota. Questa sarebbe la mia migliore amica?? Per tutta risposta, Peeta alza gli occhi al cielo e scuote la testa. Lo so benissimo che si diverte. Mi limito a guardare male anche a lui. All’improvviso, l’immagine da nera diventa a colori e io e Peeta tratteniamo il fiato vedendo Joanna e Matthew che si guardano spaesati attorno a loro. Il cuore mi batte velocemente. Non mi accorgo di stritolare la mano di Peeta sino a che lui non esclama un “Aia”.
-Oh scusa.- gli dico, non prestandogli attenzione.
L’arena è un bosco. Meglio cosi, tanti posti dove nascondersi e più possibilità di trovare acqua. Probabilmente avranno un po’ di freddo durante la notte ma meglio di niente. Attorno alla Cornucopia ci sono spiazzati generi di tutti i tipi tra cui un arco magnifico proprio davanti a Jane. Vedo che lo fissa. Merda. So già a quello che pensa. E sembra che anche Rachel, il tributo di Haymitch lo sappia.
-Non fare l’idiota. Scappa.- mormoro tra me e me.
I 60 secondi passano e, mentre Matthew sta seguendo il nostro consiglio ed ha afferrato uno zaino per precipitarsi nel bosco, Jane si butta all’interno della Cornucopia per prendere l’arco. Rachel cerca di farsi strada verso di lei, uccidendo due ragazzini, tra cui il tributo maschio di Johanna. Ma prima che Rachel possa arrivare a lei, un ragazzo abbastanza grande e in forze si avvicina a Jane e le afferra un piede, facendola cadere a terra. In mano ha un pugnale.
No. No, no, no, no. Le avevo detto di ANDARSENE.
Ma poco prima che il pugnale affondi nel suo collo, vedo che Matthew arriva e si butta sul ragazzino mentre Rachel ha deciso di svignarsela con Caleb. Troppa gente in mezzo ai piedi. Hanno già ucciso 6 ragazzini. Straordinariamente, il tributo femmina di Joanna è sopravvissuta. Matthew si avventa su quel ragazzino e riesce a sfilargli il coltello dalle mani. Lo affonda nel suo cuore. Colpo di cannone.
Non mi ero resa conto di essere in piedi. Ansimo e Haymitch e Johanna mi fissano, spaventati.
-Che c’è?-
-Pensavo la volessi morta.- dice Johanna, guardandomi male. Lei la vuole morta, ovviamente.
-Stai bene dolcezza? Sembravi una pazza isterica.-
Devo aver urlato. Ma l’unico pensiero che mi viene in mente è che Matt ha ucciso la prima persona. Matt ha ucciso. Lo vedo mentre trascina Jane a prendere l’arco e altre provviste per poi scomparire nel bosco.
Ho bisogno di un letto. E di Peeta. Il mio ragazzo mi segue lentamente, senza fare domande mentre saliamo alla nostra camera, non dicendo una parola di quello che è successo qualche minuto prima. Sono sconvolta e stanca. Vorrei solo che quei due ragazzini fossero nei loro letti al sicuro invece che in un’arena piena di gente che vuole ammazzarli. Almeno Jane ha un arco. Mossa idiota… totalmente da lei. Spalanco la porta della nostra camera e mi spoglio lentamente.
-Ti sei alleata con lei?-
-Mmm?-
-Sembravi particolarmente sconvolta prima, quando Snow stava per morire.. quasi come se aveste un piano in mente.-
Oh no. Non adesso. Mi giro e vedo il Peeta di Capitol City, i suoi occhi sono due pozze nere e so già che questo è uno degli episodi brutti. Mi avvicino a lui, cauta e lui guarda inorridito la mia pelle “rattoppata”.
-Sì…tu sei un ibrido. E anche lei lo è. Lei deve sopravvivere perché così voi mi possiate uccidere. Fa tutto parte del tuo piano, giusto?!- mi dice lui urlando e afferrandomi.

Mi fa male.
-Peeta no… Peeta guardami. Sono Katniss, viviamo insieme da 5 anni. Ci amiamo… Mi hai chiesto di sposarti…E’ tutto falso.-
Ma lui non mi sente e mi prende per il collo, come quel giorno lontano di 5 anni fa, dopo che erano riusciti a strapparlo dalle mani di Snow. Non so come fare, cerco di lottare e di staccare le sue mani dal mio collo. Non mi importa di morire ma lui non se lo perdonerebbe mai… cerco di guardare i suoi occhi e di ritrovare all’improvviso lo sguardo dolce del ragazzo del pane.
Ma questo non accade: di fronte a me c’è il Peeta depistato e nient’altro. Matthew e Jane, soli nell’arena… Non lotto più, non ci riesco. Sono così stanca…
-Peeta… per favore.-
Queste sono le mie ultime parole prima che il buio si impossessi di me.


Mi risveglio in una stanza totalmente bianca. Da lontano sento un leggero bip.
Dove sono? Cosa è successo? Peeta?
Mi giro e vedo Haymitch accanto al mio letto. Devo essere in ospedale.
-Finalmente dolcezza… ci hai fatto prendere un colpo. E’ tutto ok. Va tutto bene.-
-Peeta…- mormoro.
-Lui… beh lui è qui fuori ad aspettare. Con il dottor Aurelius. Non ti preoccupare, sei al sicuro ora. Probabilmente a causa degli Hunger Games ha avuto una ricaduta quindi ora… vabbè il dottor Aurelius ti saprà spiegare meglio più tardi.-
Spiegare cosa? E’ stato solo un altro episodio. Certo, più forte degli altri ma non è stata colpa sua. Lui non sapeva quel che faceva: è malato, come me. Siamo tutti spezzati. E questa nuova trovata di Capitol non ci aiuta ad andare avanti con le nostre vite. Haymitch va via, mormorando qualcosa su una visita e io guardo un uomo sulla quarantina che si avvicina.
Mi sembra di averlo già visto in volto, probabilmente viene dal distretto 13. Mi ausculta il cuore e mi tasta delicatamente il collo. La gola mi fa male.
-Beh, signorina Everdeen, è stata fortunata nonostante tutto. Per fortuna il signor Habernathy è entrato nella vostra camera prima che il signor Mellark potesse causarle dei danni seri.. Si riprenderà in qualche giorno.- mi dice, sorridendomi.
-Bene.- gli dico io, rispondendo timidamente al sorriso.
-Le prescrivo…- viene interrotto dall’entrata di un’infermiera che gli pone una cartella. –Oh gli esami! Grazie signorina!-
Lo vedo guardare attentamente la cartella e sorridere. Oh bene, dev’essere tutto apposto.
-Benissimo, neanche il bambino ha subito alcun danno.-
Bambino? Quale bambino?


Mi odiate? Sì io vi voglio tanto bene:D inutile cercare di aggiornare più volte in una settimana perchè sono sempre incasinata tra mille impegni in questo posto! Quindi dovrete attendere sino al prossimo weekend. Grazie a tutte le 20 persone e passa che hanno commentato questa storia:) Vi adoro tutti! Fatemi sapere che ne pensate;-) Un beso dalla calda Germania. Ps: ho seri problemi a cambiare il carattere e le dimensioni del testo e non so perchè!

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Capitolo 10
*** Promesso ***


POV Katniss

Ansimo.

“Benissimo, neanche il bambino ha subito alcun danno.”

Io non sono incinta. Non posso esserlo.

Siamo sempre stati attenti, abbiamo sempre usato quei…beh quei cosi che si chiamano preservativi. L’ansia si impadronisce del mio cuore in modo improvviso e violento: io non posso avere figli. Non sarei mai una buona madre, non riuscirei mai a proteggerli. Non dagli Hunger Games o dalla fame, non è più questa la scusa… Non riuscirei a proteggerli da me stessa, dalla mia depressione costante e dagli attacchi di Peeta.

Ci sarebbe una soluzione. C’è sempre.

-Beh, dalla sua espressione non mi sembra che lei fosse a conoscenza del suo stato. Congratulazioni. –

-Grazie…- riesco a mormorare poco convinta. Gli vorrei staccare la testa a morsi.

La voce del dottore mi ha risvegliato da quei pensieri assurdi. Come potrei mai uccidere il bambino di Peeta?

Ha sempre desiderato così tanto un figlio che ucciderlo sarebbe come uccidere lui, come perderlo di nuovo dopo Capitol City. E io non riuscirei più a rimettere i pezzi insieme, una volta lasciata da sola e senza Peeta. Questo bambino deve nascere… O comunque devo cercare di mantenerlo in vita… Per Peeta. Ma lui lo vorrà? Magari, a fatto compiuto si tirerà indietro. No, non è da Peeta.

Voglio vederlo. Ne ho bisogno.

Mi alzo dal lettino: sono sorda alle proteste del dottore che parla di riposo e di una crema da mettere nel collo 3 volte al giorno visto che, nel mio stato delicato, non posso di certo prendere dei medicinali. Sono all’ottava settimana.

Voglio vederlo.

Spalanco la porta e cerco disperata Peeta con lo sguardo. Fuori dalla stanza non c’è nessuno se non Gale. Dov’è Haymitch? Perché Gale è qui? Non lo voglio. O forse sì? Cristo, gli ormoni.

-Catnip, che ci fai fuori dal letto? Torna dentro.- mi intima lui, prendendomi delicatamente le spalle.

-No…- la mia voce rauca mi da i nervi – no, devo vederlo… Deve sapere che sto bene, mi deve vedere.-

-Lo sa che stai bene. Haymitch è da lui.-

Non è vero. Non sa tutto. E neanche Gale sa che ogni volta che ha un episodio, dopo ci sediamo l’uno accanto all’altro e io lo consolo, baciandogli ogni parte del suo viso e lui mi slega la treccia, una ciocca alla volta. E’ il nostro modo per far sì che Peeta possa fare di nuovo la pace con se stesso. E’ il suo modo per dire “perdonami” e “grazie di essere ancora qui”. Non può affrontarlo da solo, non può stare solo con Haymitch e lo stramaledettissimo Dottor Aurelius.

Sono terribilmente spaventata da tutta questa situazione. Capitol City non fa bene a Peeta e l’episodio ne è stato una chiarissima e terribile dimostrazione. Dobbiamo salvare due sedicenni da un branco di ragazzini inferociti che cercano di uccidersi a vicenda e… e io sono incinta. Anche se non lo voglio, non lo volevo e non l’ho mai voluto. Ma questa è la mia realtà. Scoppio in un pianto dirotto e quando Gale mi stringe tra le sue braccia  non ho sinceramente la forza di ritrarmi. Mi è mancato, dopotutto. Nel profondo so benissimo che non avrebbe mai voluto la morte di Prim. Non avrebbe mai pensato che quelle bombe sarebbero state destinate a dei bambini e medici innocenti. E penso che anche lui conviva con degli incubi e dei sensi di colpa terribili quanto i miei.

-Ogni giorno vorrei uccidermi… ma non ne ho il coraggio.- mi sussurra all’orecchio.

Non rispondo, i miei singhiozzi si sono ormai calmati da qualche minuto.

-Non avrei mai voluto… quello. Sogno Prim ogni notte.- il mio cuore quasi si spezza quando lo sento pronunciare il nome di LEI- E so che lei avrebbe voluto che mi perdonassi e che andassi avanti con la tua vita, se questa si può davvero chiamare vita. Ma io non te lo chiedo, Catnip. Perché io sono come te e non ti avrei mai perdonato al posto tuo. Ma… senza di te è tutto così difficile. Io e te…-

-Gale…- mormoro roca, guardandolo nei suoi occhi grigi.

-No. Non pensare male. So che tra di noi non c’è niente. Forse un tempo, ma ormai…beh, lo sai. Sono andato avanti ma non averti più al mio fianco… E’ terribile e so che anche a te mancano certi momenti insieme. Come dicevi sempre tu: i buoni compagni di caccia sono difficili da trovare.-

Gli sorrido insicura. So che non ha colpa… E che dovrei perdonarlo perché mi manca terribilmente. Ma non puoi cancellare 5 anni di silenzio dal nulla. Non voglio neanche proporgli di ritornare al 12 perché sarebbe…imbarazzante e doloroso rivederlo lì. Dobbiamo ritrovare la fiducia l’uno nell’altro. E’ questo quello che dobbiamo fare.

-Ho una richiesta da farti.-

-Dimmi.-

-Portami da Peeta. Per favore. So come farlo stare bene, devo parlargli.-

Vedo Gale che esita. Non sa se darmi retta o meno. Ti prego rispondi di sì, fammi andare da lui. Vedo che sospira e che fa un lieve cenno d’assenso mentre mi conduce in una stanza non molto lontana dalla mia. Prima che possa bussare , gli blocco un braccio. Lui si gira verso di me.

-Mi sei mancato…- la gola fa male.

Lui mi sorride e poi apre la porta, facendomi entrare.

E’ lì, seduto su una poltrona, lo sguardo tormentato. Ma quando mi vede sembra per un attimo rasserenarsi: è di nuovo il mio ragazzo del pane.

POV Peeta

La vedo entrare e per un attimo mi tranquillizzo. Dimentico la preoccupazione e la rabbia contro me stesso. Ma poi li vedo. Vedo i maledetti segni delle mie dita sul suo collo esile e per l’ennesima volta penso che non guarirò mai.

Questi Hunger Games mi stanno distruggendo e non posso far altro che restare qui impassibile a farmi scuotere da questi episodi che la dipingono come un mostro. Un mostro che non è e che non è mai stata. Mi odio.

Ma lei mi ama.

Katniss Everdeen, la ragazza di fuoco e colei che aveva finto per le telecamere si era finalmente accorta di amarmi. Amava la persona sbagliata, colui che avrebbe potuto ucciderla da un momento all’altro in preda ad un attacco omicida. L’ennesimo. Questo era stato forte. Non ne avevo uno così da anni ormai.

-Peeta… Peeta, come stai? Sta tranquillo, sto bene, va tutto bene.-

La sua voce… Deglutisco a vuoto mentre accarezzo il suo collo livido e, per un momento, si ritrae per il dolore. Magnifico.

-Non va bene. Guarda come ti ho ridotta.- mormoro.

-Passerà. E’ sempre passata. E’ questo posto, è questa maledetta edizione che ti sta facendo male. Tu stavi bene e lo starai di nuovo. Una volta rientrati a casa.-

Sento il dottor Aurelius che si schiarisce la voce. Già, non siamo soli. Haymitch ci guarda scuro in viso, mentre prende un sorso di vodka.

-A proposito di questo, Katniss, pensavamo che per Peeta fosse più salutare tornare nel 12 e non continuare questo ruolo. Lo debiliterebbe ancora di più e, sinceramente dopo tutti i progressi fatti, sarebbe come tornare indietro ai primi tempi dopo la liberazione da Capitol.-

Vedo il terrore di Katniss nei suoi occhi. Stringe le sue mani nelle mie.

-Io non sono d’accordo, ovviamente.- dico io, duro. Non potrei mai lasciarla qui da sola. Mai. – Non stiamo separati. Dobbiamo sempre essere insieme. Chiaro?-

-Peeta…-

-Mi dispiace, Aurelius. Lo so che in questi anni ho sempre seguito i tuoi consigli e le tue terapie. Ma starei ancora peggio a saperla a Capitol City da sola a provare a salvare due ragazzini innocenti che, per qualche miracolo, sono ancora vivi dopo il bagno di sangue della Cornucopia. Sono d’accordo a prendere le distanze durante il nostro soggiorno qui. Niente condivisione della camera e tutto. Ma non posso accettare di tornare senza di lei. Non esiste.-

- Per me è un errore.-

-Suvvia, dottore. Sono stati soli nell’affrontare questi cinque anni. Se la ragazza è ancora viva, un motivo ci sarà- intima Haymitch, venendo in mio soccorso. Lui conosce bene le nostre grida notturne. Sa quanto io e Katniss dipendiamo l’uno dall’altra.

-Io… io posso aiutarlo.- mormora lei, insicura. Sembra quasi una bambina piccola non il simbolo della libertà e della rivoluzione.

Aurelius, stizzito, decide di uscire dalla stanza, ormai privo di idee.

-Stanze assolutamente separate. Su questo non transigo.- dice, uscendo dalla stanza.

Un silenzio quasi imbarazzante cala nella stanza e poi Katniss si risveglia, attirata da chissà quale pensiero.

-Haymitch… Jane e Matt…?-

-Sono vivi, tranquilla. Nonostante Matt sia sotto shock. A causa del.. beh, lo sapete. A causa del ragazzino che ha ucciso.-

-Per quello non si può fare molto. Nessuna medicina.- dico io, triste.

Sono diventati un bersaglio facile,allora. Jane starà cercando di convincere Matt ad andare avanti e spero che lo stia rassicurando sul fatto che lui non è un mostro e che le circostanze tendono a cambiarci. Soprattutto se queste circostanze vengono chiamate Hunger Games. O uccidi o vieni ucciso, non c’è altro modo. Così come io fui costretto a finire la ragazzina che aveva acceso il fuoco, durante la prima notte degli Hunger Games. Non potevo permettermi di farmi scoprire. E comunque era già spacciata: ma non dimenticherò mai l’espressione dei suoi occhi mentre la vita l’abbandonava.

Con la coda dell’occhio vedo che Katniss intima a Haymitch di andare via, visto che è tutto in ordine. Almeno per ora. Ho timore di stare vicino a Katniss, non voglio farle di nuovo del male. Non vorrei essere neanche qui… probabilmente non avrò più il coraggio di guardare lo show. Vedo che i capelli della mia fidanzata sono liberi dalla sua solita treccia e le ricadono sulle spalle.

-Niente treccia oggi, eh?- le dico, cercando di sorridere. Lei risponde dolcemente e si siede sulle mie ginocchia, arricciando i miei capelli con un dito.

-Puoi sempre accarezzarmeli, no?-

Non voglio che soffra per colpa mia. Per me lei è tutto e non riuscirei mai a perdonarmi se la uccidessi.

-Dobbiamo trovare una soluzione a tutto questo…- mormoro mentre lei annuisce. – Potrei rimanere a Capitol ma dovrò evitare di continuare a vedere i giochi. E comunque anche questa soluzione non mi piace, perché ti lascerei da sola a vedere quelle immagini.-

-Ce la posso fare. Ci sono Johanna e Haymitch a farmi compagnia. Magari ti chiederò qualche consiglio ogni tanto ma…riuscirò a farcela. Basta saperti qui, al sicuro e sereno.-

Sbuffo – Sereno lo sarò solamente quando torneremo al distretto 12, lo sai.-

Restiamo per un attimo in silenzio e io mi beo delle sue carezze: è rilassante. Katniss è mille volte meglio della terapia con Aurelius. Mi rassicura vedere che sta bene… ammaccata ma bene.

-Peeta…-

-Mmm?-

-Ti devo dire una cosa. E’ importante.-

-Cosa succede? Stai male, devo chiamare il dott…- le chiedo, allarmato.

Lei mi mette un dito sulla bocca, per farmi tacere.

-No, non sto male.- vedo i suoi occhi grigi farsi un po’ preoccupati, le sue guance diventano lievemente rosse e continua a torturarsi le mani come prima. – Peeta, aspetto un bambino.-

E’ come se qualcuno mi avesse lanciato un secchio di acqua fredda in piena faccia.

Un bambino.

Mio e di Katniss.

Un sorriso mi si dipinge in volto. Il mio sogno più grande… è successo. Qualcosa non ha funzionato o ci siamo fatti prendere per un attimo dalla passione e non ho affatto pensato alle protezioni ma ho fatto un errore. Un bellissimo errore. Ma lei lo vorrà? Le prendo il viso tra le mani e lo avvicino al mio.

-Sei sicura?-

-Beh, a quanto dice il dottore ne sono abbastanza sicura.- mi dice lei, sorridendo per il mio entusiasmo.

-Ma tu non… non volevi un figlio. Cioè… vuoi tenerlo?-

Lei mi guarda, improvvisamente seria. Il mio cuore batte a mille.

-Non potrei mai uccidere il tuo bambino, Peeta. Ma mi devi promettere una cosa. Che quando io avrò le mie giornate brutte, quando non riuscirò neanche ad alzarmi dal letto, tu lo devi amare e proteggere… Tu lo devi amare per tutti e due, perché non so se io ci riuscirò. Ora come ora sono terrorizzata e se non fosse per il fatto che è il tuo bambino, sarebbe già un ricordo lontano e io sarei nell’altra stanza a implorare il dottore di farlo uscire da me. Promettimi Peeta che ti prenderai tu cura di lui.-

Che sciocchezze. Nella mia vita non ho mai visto qualcuno con più istinto materno e più protettivo di Katniss. Ha cresciuto Prim praticamente da sola, in questi anni si è presa cura di me, mi ha curato, mi ha amato… mi ha salvato dagli Hunger Games. Ma anche se sono sicuro che si sbaglia, visto che lei ha la tendenza a non capire proprio quanto straordinaria sia, le devo promettere questa assurdità. E’ nostro figlio, non mio.

-Te lo prometto.- sto per aggiungere mammina, ma non mi sembra davvero il caso visto che per Katniss questo è più uno shock che una gioia. La stringo forte a me. –Andrà tutto bene, Kat. Te lo prometto.-

Ma improvvisamente mi ricordo del mio episodio di prima e la guardo preoccupato.

-Sta bene, vero? Io ti ho… oddio ti ho attaccato e tu sei incinta!-

Lei mi guarda e mi fa cenno di calmarmi e mi blocca dal momento che io mi sono alzato di scatto e mi sono diretto dall’altro lato della camera, lontano da lei.

-No, no Katniss. Stai lontana. Potrei farvi del male.-

-Va tutto bene, Peeta stiamo bene. Prenderemo tutte le precauzioni mentre saremo qui. I giochi si stanno svolgendo in fretta. Andrà tutto bene.-

Ma non riesco ad ascoltarla, il terrore si è impossessato di me. Schivo il suo abbraccio, prendo la giacca e faccio per uscire dalla mia stanza. Vedo nei suoi occhi la tristezza.

 -Per favore, Kat. Ho bisogno di un momento. Tornerò presto.-

Promesso.

Si, lo so... avevo detto che avrei aggiornato tra una settimana ma ,alla fine, l'ispirazione è stata così tanta che non sono riuscita a trattenermi e ho scritto di getto il capitolo!

Spero che vi piaccia:) Su dai, scrivetemi almeno altre 5 recensioni :* un bacione ragazzi, grazie per leggere e per commentare^^

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Capitolo 11
*** Lo salverò ***


Pov Jane

 

Avanzo con il fiatone, cercando di tirarmi dietro Matt.

Voglio sfuggire a quei pazzi assassini. Dobbiamo uscirne vivi.

Sono stata una stupida a buttarmi così nella Cornucopia ma, diamine, quell'arco era per me e doveva essere mio. E ora lo era ma solo grazie a Matt. Ed era grazie a lui che ero ancora viva e non già a casa, a Capitol, in una semplice cassa di legno ad essere pianta da nessuno.

Erano tutti morti.

-Lasciami qui, Jane.-

Mi giro, esasperata quasi. Matt è caduto in una sorta di shock così profondo che non riesco a risvegliarlo o a convincerlo a tornare da me. Ovviamente sono ancora più vulnerabile di prima. Ma meglio essere vulnerabile che morta, no?

-Ehi Matt. Guardami, guardami per favore.- dal momento che i suoi occhi color cioccolata sfuggono ancora ai miei, gli prendo il viso tra le mani e faccio incontrare i nostri sguardi - Stai con me. Dobbiamo essere noi a tornare. Hai capito? Matthew?-

-No... no, ho ucciso quel ragazzo...- mormora lui, perdendosi nei miei occhi celesti.

-Sì, certo. Perché lui stava per uccidere me... E fidati, non sarebbe stato così disperato. Perché voleva vivere. Per favore, andiamo. Dobbiamo trovare dell’acqua e un rifugio.-

Ma Matt si siede a terra a fissare il vuoto. Io sono tesa come un arco, ho paura che tra poco Rachel o Caleb arriveranno e ci uccideranno. Almeno sei di noi sono morti oggi, qualcosa mi dice che quest’ultima dannatissima edizione degli Hunger Games non la tirerà molto per le lunghe. Io e Matt siamo la seconda coppia dei favoriti… E Matthew è totalmente andato, perfetto. Mi chino su di lui. Sono arrabbiata adesso: arrabbiata perché mi sta lasciando sola a lottare contro tutto e tutti. La mia mano si alza e lo colpisco in piena faccia con uno schiaffo. Vedo che mi fissa inebetito. Beh, perlomeno ha reagito.

-Che cosa fai…?-

-Senti non è colpa tua, ok? Se quel ragazzo è morto, se tu hai ucciso è solo colpa mia perché sono io che ho disubbidito al piano. Non ho fatto quello che hai fatto tu: fuggire. Lo sai che io non fuggo mai, di fronte a nulla. Tu non sei un mostro, Matt. Quello lo posso fare benissimo io tra i due. E’ stata colpa mia, tu mi hai solo salvato la vita.-

-Ma…-

-Niente ma. Vuoi tornare a casa? Con me? O mi vuoi lasciare dannatamente da sola a finire questa follia?- vorrei che la mia voce stesse ferma, invece trema – Stai con me. Sennò sarei costretta a lasciarti qui e non me lo potrei mai perdonare. Ma non riesco davvero a trascinarti per tutta questa dannata foresta da sola.-

-Non sono un mostro?-

-No. E mai lo diventerai. Questi sono gli Hunger Games, devi uccidere se non vuoi essere ucciso.-

Mi prende una mano e si alza, cercando di trovare il coraggio per salvarsi. O per salvare me: conosco Matthew da così tanto tempo che so benissimo quanto tenga a me… quanto mi ami. Ho voglia di accarezzargli i suoi corti capelli neri ma non mi va al pensiero di tutta Capitol City che ci guarda. Sono cose da fare in privato… anche se sono sicura che Everdeen mi stia maledicendo in questo momento: dovrei attirare più sponsor, non fare la sostenuta. Inghiotto a vuoto e accarezzo velocemente i capelli di Matt. Molto diversamente dal solito. E lui sembra trovarlo alquanto divertente perché sorride e se ne esce con un:

-E questo cos’era? Un altro schiaffo?-

-una carezza…- mormoro, arrossendo di botto.

-Puoi fare di meglio, lo so.- dice lui, avvicinando le labbra al mio orecchio e non facendo altro che provocarmi ancora. Lo odio quando fa così.

Senza dire niente lo incito ad aprire il suo zaino per controllare il contenuto delle nostre provviste: alla fine siamo riusciti ad avere entrambi dei sacchi a pelo, un coltello, il mio arco con le mie 10 frecce e una dose generosa di gallette e carne essiccata. Dovrebbe durare per un po’, almeno spero che le capacità di caccia di Matthew possano migliorare nel tempo passato ad allenarsi con i nostri mentori.

Proseguiamo in silenzio la nostra marcia, totalmente distrutti dall’esperienza del primo giorno dei giochi e, riscendendo a valle, riusciamo a trovare un piccolo ed esile fiumiciattolo, la nostra fonte di salvezza dalla disidratazione. Subito beviamo assettati dal caldo della foresta e dalla stanchezza e ci laviamo il sangue dai nostri corpi. Non sapendo arrampicarci sugli alberi e volendo stare vicini decidiamo di fermarci lì e di fare i turni, assicurandoci così di essere il più sicuro possibile da un attacco.

-Farò io il primo turno, riposati.-

-No, sarai stanca anche tu. Mi hai trascinato per metà foresta.-

-Tu mi hai salvato la vita… quindi almeno questo fallo fare a me. Prometto che ti sveglio appena mi sarà impossibile tenere gli occhi aperti.-

Senza altre proteste, dal momento che dev’essere davvero esausto, Matt si addormenta nel suo sacco a pelo. Per fortuna che abbiamo preso due zaini, altrimenti staremmo morendo di freddo. In lontananza sento 10 colpi di cannone. I giochi stanno correndo… non penso che la tireranno per le lunghe: siamo rimasti in 14 e solo due tornano a casa. Devo uccidere altre 12 persone, quindi. Non mi interessa se io muoio. Basta che Matt sopravviva.  Comunque la gente mi odia: sarebbe quasi una beffa avere la nipote di Snow, l’unica ad essere sopravvissuta nella sua famiglia, come vincitrice degli Hunger Games. Gli strateghi non lo permetterebbero mai… O forse sì? Magari potrei uscire davvero viva da questa follia. Sbuffo: sto impazzendo e sto ondeggiando dal “devo vivere” al “ma sì, meglio salvare Matt visto che tanto mi uccideranno comunque”.  Mi mordicchio le unghie, tormentata da pensieri senza senso. Sento Matthew agitarsi nel sonno e subito sono su di lui ad accarezzargli i capelli per impedirgli di svegliarsi. I ricordi prendono sopravvento su di me e non posso fare a meno di pensare al nostro incontro, avvenuto ormai 7 anni fa.

**

Sono nella camera da letto a me assegnatami nel palazzo presidenziale. La casa di mio nonno: anche se definirla casa è sempre stato un po’ strano. A me, ragazzina di 9 anni, sembrava una grande prigione dorata in cui passavo ore e ore da sola, ad annoiarmi. Niente fratelli o sorelle per me. Mia madre faceva già un pessimo lavoro solo con me, figuriamoci con più figli. La porta si apre e, con mia grande sorpresa, vedo proprio quella donna bellissima ma gelida che si avvicina a me con un vestito celeste che dovrebbe arrivare a coprire appena le mie ginocchia. Non vedo mia madre da più o meno una settimana. Dev’essere che oggi succederà qualcosa di importante. Mi si avvicina e cerca di sorridermi, accarezzando i miei capelli castano scuro. Le sue mani sono gelide.

-Tesoro… arriveranno degli ospiti. Amici del nonno- Caro nonnino. – Vengono qui per te. Hanno un figlio che ha più o meno la tua stessa età. Forse un anno di più. Fatti vestire, adesso.-

Indietreggio- Posso vestirmi anche da sola. Me la cavo piuttosto bene anche senza di te.- mormoro, velenosa. Non la voglio, non voglio neanche conoscere questo pupillo di Capitol City, di sicuro un altro beota che tentano di rifilarmi come amico. Certo è …che mi annoio così tanto da sola. Mia madre non mi ascolta e mi veste facendo passare un nastro attorno alla mia vita.

-Ah, se solo fossi esile come me alla tua età. Ma assomigli in tutto e per tutto a tuo padre.-

Cerco di trattenermi e di non piangere davanti a lei.

Non farle vedere le tue emozioni, Jane. Non farle capire quanto ti faccia male.

Cerco di fare un po’ di conversazione anche se mi sembra sciocco.

-Ci sarai anche tu?-

-Oh no, sarete da soli ma il nonno ti accompagnerà al salone, giusto per scambiare qualche chiacchera con i suoi genitori, poi dovranno discutere di affari tra grandi e sarete liberi di fare quello che volete, come sempre.-

Sì, come sempre. Libera sino a quando non si deve mettere un piede fuori da questa dannatissima casa/prigione. La sento posare la sua mano sulla mia testa e darci su una pacca: sono un cane, adesso? La sento chiudere la porta dietro di se e sospiro per il sollievo. E’ sempre imbarazzante stare nella stessa stanza. Ho sentito che Finnick Odair viene in città stasera… almeno so con chi tradisce mio padre.

Non mi sposerò mai.

Sento bussare alla mia porta e, appena la apro, vedo mio nonno in persona che mi abbraccia. L’odore di sangue è forte. Non so come comportarmi con lui… E’ così…incute timore, mettiamola così. So che odora sempre di sangue perché è malato ma non capisco il perché. Nessuno me lo vuole dire.

-Andiamo su, tesoro.-

Con una sua mano sulla spalla mi dirige verso il salone e così vedo lo strano trio che si erge davanti a me. Non degno quasi di uno sguardo gli adulti. La mia attenzione è per quel ragazzino dagli occhi color nocciola che mi sorride timidamente. I riccioli neri sembrano essere totalmente allo sbaraglio, nonostante il gel che è stato applicato con generosità. Mio nonno mi da un colpetto e mi manda avanti e lui protende la mano e prende la mia, stringendola.

-Piacere, Matthew. Ma tu mi puoi anche chiamare Matt.-

**

Da quel momento in poi, io e Matt fummo inseparabili.

Ci volle un po’ di tempo perché io mi innamorassi di lui.

Per essere più precisi, mi ci volle la rivoluzione. E poi la morte della mia famiglia.

Non sopravvissi per grazia dei ribelli: sopravvissi perché Matthew mi nascose nella cantina di una vecchia casa abbandonata alle porte di Capitol City. Non potevo dirmi dispiaciuta per la morte di mia madre. Ma ero piuttosto confusa e spaurita per la morte di mio padre e di mio nonno. Non si poteva dire che lo ammirassi…ma…era mio nonno. Il giorno della sua morte, due ragazzini di appena 12 anni si dettero il primo “bacio”. Quella che seguì fu un’amicizia che poi si trasformò in amore… solo all’età di 14 anni, quando ormai le acque si erano apparentemente calmate, riuscii ad uscire di nuovo allo scoperto e grazie all’aiuto di Matt e della sua famiglia, risparmiata perché non così importanti per gli affari della vecchia dittatura, mi potei comprare un piccolo appartamento accanto a loro.

Ma non ho mai dimenticato ciò che Katniss Everdeen ha fatto alla mia famiglia.

Più che altro ciò che ha fatto alla mia persona: vengo odiata perché, per tutta Panem, io rappresento il simbolo di ciò che mio nonno ha fatto. Vorrei tanto togliermi di dosso questa immagine. Io non c’entro niente. Io non ho fatto niente. Ammiravo Katniss Everdeen per quel suo amore così straordinario e per essere riuscita a portare anche il suo amato in salvo.

Lei era un’eroina per me.

O forse lo era ancora, non lo so.

Ma adesso mi dovevo concentrare solo su di me, su di noi. Devo portarlo a casa. Perché anche se non lo voglio ammettere, non riuscirei mai a sopravvivere senza lui al mio fianco. Non dopo tutto quello che abbiamo passato.

E lo salverò, fosse l’ultima cosa che faccio.

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Capitolo 12
*** Le mie scelte ***


Mi  ritrovo a guardare spaesata la porta che Peeta ha chiuso dietro di se.

Odio quando fa così.

Odio quando devo rincorrerlo per spiegargli che sto bene, che lui non c’entra niente e che io lo amo immensamente. E che il bambino sta bene, nonostante tutto. Ripensando al fatto che c’è qualcuno dentro di me, tremo leggermente.

Non avrei mai voluto una cosa del genere, sino a qualche settimana fa sarebbe stata la cosa peggiore per me. Ma ora come ora, con gli Hunger Games in corso e con le crisi di Peeta penso che un bambino non sia poi una gran cosa: Peeta ha promesso di esserci, lui ha promesso di amarlo visto che io non ci riuscirò. E’ a queste condizioni che ho deciso di tenere il bambino.

Ora come ora vorrei sentire le sue braccia stringermi e tenermi forte al suo petto ma so bene che ha bisogno di tempo per se stesso e per riflettere un po’. Ed anche per assorbire la notizia che tra sette mesi diventerà padre. Ma non era il suo sogno, in fondo?

“Si Katniss, magari voleva anche essere mentalmente stabile, che ne dici?”

Buon punto di discussione anche questo. Ma non riesco comunque a calmarmi a stare qui ferma senza di lui. Esco dalla stanza e trovo Gale ad aspettarmi: mi ero quasi dimenticata di lui. Non sono più abituata ad averlo vicino a me anche se non posso fare a meno di ammettere che lo voglio vicino a me. Devo essere una persona migliore, devo riuscire a perdonarlo in un modo o nell’altro. Desidero essere una madre perlomeno decente ma come posso fare se non riesco a perdonare proprio Gale?

Ma l’immagine di Prim immersa nelle fiamme mi assale e devo cercare di scacciarla per non cadere nel mio solito oblio. Mi tengo allo stipite della porta e provo a ricordarmi la solita nenia.

“Sono Katniss Everdeen, ho 22 anni, vivo nel Distretto 12 con Peeta Mellark. Ho partecipato agli Hunger Games, ho vinto e sono riuscita a fuggirne. Sono una mentore. Sono incinta.”

-Catnip? Tutto a posto?- la sua voce mi risveglia dal mio stato di confusione generale. Lo guardo spaesata. – Ho visto Peeta correre fuori, aveva un’espressione sconvolta. Ti ha fatto male di nuovo? Stavo per entrare a controllare.-

-No. No sto bene.  Abbiamo solo avuto una piccola discussione. Colpa mia, come sempre.-

-Ne vuoi parlare?-

Per dirti cosa, vecchio amico mio? Del fatto che sono incinta? Del fatto che tutte le lettere che hai mandato in questi anni sono chiuse nella mia soffitta in 10 scatole diverse? Mai aperte e bagnate dalle lacrime? Non si possono affrontare certi discorsi dopo cinque anni di silenzio. E’ già tanto se riusciamo a stare nella stessa stanza. Vorrei solo andare a dormire ma devo raggiungere Haymitch e gli altri nel salone grande per seguire gli Hunger Games anche se a quest’ora si saranno accampati e staranno dormendo. Chissà come sta Matthew? Jane sarà riuscita a risvegliarlo dallo shock?

-No, Gale. Ma grazie, davvero. Ora dovrei…dovrei raggiungere gli altri. Ho un bel po’ di lavoro da fare, non dici?-

Gale annuisce con un sorriso triste sul suo volto: cosa si aspettava in meno di un’ora? Che andassimo felici e contenti a cacciare di nuovo insieme? Gli Hunger Games hanno rovinato tutto, così come la guerra.

-Signorina! Signorina Everdeen!-  Mi giro e vedo il dottore che si affanna a rincorrermi. Mi da un tubetto di crema, suppongo per il collo –L’ho cercata dappertutto. Dovrebbe riposare, nelle sue condizioni. E non dimentichi di non prendere alcun medicinale, chiaro? Dopo lo shock provocatogli dal signor Mellark, potrebbe anche avere un aborto se non sta attenta.-

Oh merda.

Sul serio? Cristo santo dottore, non potevi avere un tempismo peggiore.

Non ho il coraggio di girarmi a vedere l’espressione di Gale. So già che è arrabbiato, lo posso sentire nell’aria. Sento la sua mano scattare sulla mia spalla e mi gira violentemente, trattenendomi le spalle.

-Cosa diamine vuol dire, Katniss? Sei incinta?-

-Così pare…- riesco a mormorare piano.

-E ha avuto il coraggio di picchiarti anche se aspetti SUO figlio?!Ma che razza di… tu non ci torni al 12, tu vieni al distretto due con me… Sarai al sicuro con me.-

Oh, quindi adesso è Gale che sceglie per me. Dopo la Coin, dopo Haymitch, dopo Capitol City è il mio ex migliore amico a scegliere per me. Questa è una novità. Gli stritolo la mano che è appoggiata sulla mia spalla e me la levo di dosso.

-Ho scoperto mezz’ora fa di aspettare questo bambino. Non sono affari tuoi comunque. Con te sarei al pericolo, con te brucerei di odio perché tu sei pieno di quel fuoco dentro. Così come me. E Peeta mi ha sempre protetto e sempre lo farà, non importa cosa pensiate voi, cosa pensi TU. E’ la mia vita e decido da sola, nessuno decide più per me da tempo ormai. E non lo farai di sicuro tu.-

Mi allontano velocemente con il volto rosso dalla rabbia e non riesco davvero a calmarmi. La nausea mi assale di nuovo e faccio appena in tempo a correre nel bagno di camera mia che vomito il poco che ho mangiato. Ansimo per lo sforzo e mi scopro il viso bagnato dalle lacrime. Sono così sfinita che non riesco neanche ad alzarmi e rimango accasciata lì, nel bagno. Sento la porta d’ingresso chiudersi.

-Katniss?-

Peeta. Deve avermi visto mentre correvo in camera. Appena mi vede, bagna un asciugamano con dell’acqua fresca e, senza dirmi niente, inizia a tamponarmi il viso con l’intento di rinfrescarmi. Lo guardo e i suoi occhi azzurri sono comunque tormentati: non si è ancora perdonato. Forse non lo farà mai. E’ pieno di tagli sulle mani: è questo il suo modo di punirsi. Ogni volta che ha un episodio forte o piccolo che sia, si provoca dei tagli per ritornare alla realtà. Gli accarezzo piano la mano e lui si ritrae appena.

-Bisogna disinfettarli.-

-No. Va bene così, lasciali stare. Ora pensiamo a te.-

Mi irrita terribilmente quando fa così, mi fa sentire una bambina piccola incapace di badare a se stessa. Ma forse lo sono perché ,nonostante l’irritazione, cedo alle sue parole.

-Però dopo ci occupiamo di te. E’ normale che vomiti, non c’è bisogno di cure particolari. Prima o poi finirà se questa storia va avanti.-

-Al quarto mese più o meno…- mormora lui, imbarazzato.

-Come?-

-Le nausee dovrebbero andare via al quarto mese.-

Sorrido, intenerita. Dal nostro litigio è passata appena un’ora e lui si è già informato.

-Come fai a saperlo?-

-Qualche ricerca qui e la….ma non prima. Non ero molto in me. Sai che volevo diventare padre. Quindi, così tanto per curiosità avevo letto certe cose sulla gravidanza. Nel caso un giorno qualcosa fosse cambiato.-

- Ora qualcosa è cambiato.- dico io sorridendogli e accarezzandogli il viso. –Dimmi che non ti odi per quello che hai fatto. Non è colpa tua…-

-Lo so. Ma pensavo che sarei riuscito a controllarlo prima o poi. Così non è, a quanto pare. Sono passati cinque anni e gli incubi non mi lasciano stare.-

-Stavi andando benissimo, tutto era apposto sino a che non è iniziata la nuova edizione. Dovremmo solo stare attenti e andrà tutto bene, alla fine. Siamo sopravvissuti ad una guerra. Sopravvivremo anche a quest’ultima battaglia.-

-Saresti dovuta andare da lui, stare con Gale. Sarebbe stato tutto più facile.-

-Sarebbe stato tutto più facile se fossi andato da Delly.-

-Non sarebbe stato così vero…- mormora lui, appoggiando le labbra sulla mia testa.

-Mi hai rubato le parole di bocca.-

-Sempre l’ultima parola, giusto?- mi chiede.

Non rispondo e mi stringo ancora di più a lui.

-Kat, mi devi promettere che se mai avrò un altro attacco come questo, devi andare via. Fallo per il bambino, ti prego. Se ti torcessi anche un solo capello non riuscirei mai a perdonarmelo. Mai.-

Annuisco e per una volta non posso far altro che pensare che lo dovrò ascoltare. Perché se succedesse qualcosa al bambino o a me lo perderei per sempre. E questo non posso permettermelo. Stiamo qualche minuto in silenzio, ascoltando solo i nostri respiri. Vedo che sono già le undici di notte.

-Cosa credi che stiano facendo Matt e Jane?-

-Sono passato velocemente nella sala grande prima. Matt sembra essersi ripreso ed ora si sono accampati e Jane fa la guardia: sembrano davvero distrutti.-

-Almeno non sono soli. E’ più facile guardarsi le spalle l’un l’altro e sapere che si potrà tornare a casa tutti e due.-

-Ce la faranno, ne sono sicuro.-

Dopo poco, Peeta mi fa sdraiare sul letto e dolcemente mi spoglia, facendomi indossare una leggera camicia di seta. Mi fissa intensamente il ventre ancora piatto. Sorrido, alzando gli occhi al cielo.

-Peeta sei il padre. Puoi toccarmi la pancia.- dico, ridacchiando.

Subito la sua mano calda trova la strada e mi sorride, estasiato. Almeno la felicità per il suo sogno che si è finalmente avverato gli fa dimenticare quello che è successo ormai ore fa.

-Secondo te cosa sarà? Maschio? O femmina?-

-Non ho ancora realizzato di essere incinta… Figurati se ho passato del tempo ad immaginare di che sesso sarà.-

-Beh, ora hai tempo.-

Sbuffo. Non ho mai pensato a cose del genere perché abbiamo sempre preso delle precauzioni. E perché non volevo buttare i miei figli in pasto a quel mondo crudele. Ma se penso al bambino nel mio grembo, vedo subito l’immagine di una femminuccia che assomiglia in tutto e per tutto a Peeta. O almeno lo spero.

-Femmina.- dico, un sussurro nella stanza buia.

-Già. Lo penso anche io. Buonanotte Katniss.- mormora lui, dandomi un dolce bacio sulla fronte.

-No. Per favore, non andare. Almeno sino a quando non mi addormento.-

Lo sento combattere dentro di se ma so che appena sarò caduta tra le braccia di Morfeo, lui se ne andrà in punta di piedi nell’altra camera. Ma almeno lo avrò un altro po’ con me.

E questo, per ora, mi basta.

 

Salve ragazzi:D tutto ok?? Beh innanzitutto che dire, grazie ai commenti che mi arrivano pieni di complimenti^^ siete fantastici… In questi ultimi due capitoli ho voluto un po’ modificare il punto di vista dei personaggi per strutturare meglio la storia e affinché capiate anche la storia ed il passato di Jane e il suo amore per Matt. Spero che adoriate Peeta versione futuro padre adorante perché io lo faccio:P

Tanti commenti, da bravi:D un bacio enorme, a presto!

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 14 ***


POV KATNISS

Corro lungo il corridoio terrorizzata: chi avrebbe mai pensato che avrebbero attaccato alle due di notte? Di sicuro uno dei miei tributi ha allentato la guardia e si è appisolato e quei bastardi non hanno esitato ad attaccare.

Non devono morire.

Non posso avere altri morti sulla coscienza, devo dare la possibilità a quei ragazzini di tornare a casa e rifarsi una vita. Devo dare la possibilità a Jane di dimostrare che è una persona diversa dal nonno, che lei ha una propria personalità, una propria testa. Arrivo alla sala grande e vedo che tutti sono accorsi a vedere il combattimento tra i favoriti di questa strana e straordinaria sessione dei giochi. Il respiro mi si blocca e devo stringere forte la sedia davanti a me per non crollare: sento le forti braccia di Peeta che mi sorreggono.

Jane e Matthew cercano di scappare, correndo veloci nella foresta ma non sanno effettivamente dove dirigersi mentre Rachel e Caleb sembrano aver imparato un piano molto accurato. Jane cerca di mirare a Rachel che corre veloce dietro di loro ma, tra il terrore e il fatto che corre all’impazzata, non riesce a colpirla. Ma all’improvviso Caleb taglia la strada ai miei ragazzi e Matthew si ritrova buttato giù da quel gigante.

La lotta avviene in modo così veloce che quasi non riesco a capire chi stia colpendo chi. Ma poi capisco che il sangue che imbratta i loro vestiti è di Matthew.

POV JANE

-Matt!- urlo, disperata –Matt!-

Ho sentito benissimo il rumore del coltello che affondava nel corpo del mio ragazzo. Sì, ragazzo Jane, fattene una ragione e inizia a chiamarlo per quello è davvero per te. Caleb ha colpito i suoi occhi color cioccolata: non esito neanche un secondo, ignorando totalmente Rachel che è ancora lontana da noi, incocco la freccia. Miro al suo collo. La freccia va a segno e Caleb stramazza a terra agonizzante. Prendo il mio coltello e gli taglio la gola e vedo la vita abbandonare i suoi occhi. Colpo di cannone.

-Caleb!! Caleb!!- sento Rachel, ancora distante.

Troppo tardi, cara mia. Matt urla per il dolore e si tiene la mano sugli occhi, mi getto su di lui tenendogli stretta la mano.

-Matt, Matt sta tranquillo. Ci sono io.- mormoro febbrile, accarezzandogli i riccioli neri che stanno iniziando a ricrescergli.

-I miei occhi…-

-Stai bene, fidati. Katniss e Peeta ci manderanno di sicuro qualcosa che potrà curarti. Non fare il bambinetto, su.- dico, cercando di sdrammatizzare la situazione.

Ma sono terrorizzata e il mio cuore perde dei battiti all’idea che potrei perderlo. Voglio andare a casa ora, subito. Ma siamo ancora in gioco e io sono sola, devo proteggere Matthew anche a costo della mia stessa vita.

-Tu!-

Mi volto e vedo il volto rabbioso di Rachel che corre verso di me con un pugnale in mano. Le corro incontro, per stare il più possibile lontano da Matt ma lei mi fa uno sgambetto e corre verso il moro. No. Dio no. Vedo che l’ha bloccato mettendogli un braccio intorno al collo: lui è terrorizzato, visto che non capisce che cosa stia succedendo. Non può vederlo. E sinceramente, anche io sono confusa dall’adrenalina che ho in corpo. Mi alzo velocemente e mi avvicino a Rachel.

-Lascialo stare. Ora!-

-Dio, e perdermi il divertimento di vedere la tua espressione mentre gli taglio la gola? Come tu hai fatto con Caleb.- Cosa faccio, cosa faccio, cosa faccio?! –Fidati, sarà una cosa lenta. Così ci divertiamo di più.-

-E cosa mi impedisce di ficcarti una freccia nel collo, proprio come ho fatto con il tuo amico?- mormoro.

-Questo.-

In pochi secondi, non ho neanche il tempo di accorgermene, Rachel prende un altro coltello dalla tasca e mirando alla mano con cui sto tenendo l’arco teso, centra perfettamente il punto. Mi faccio scappare un urlo, facendo cadere la mia arma.

-Allora? Da dove iniziamo? La guancia?- dice lei avvicinando il coltello al viso di Matt e facendoli scorrere un lieve rigagnolo di sangue.

-Smettila!- cerco di urlare, mentre mi alzo per buttarmi su di lei.

Ma la mia voce non si sente. E’ stata coperta dalla voce di Plutarch Heavensbee.

-I giochi sono finiti! Fermi! I giochi sono finiti!-

 

POV KATNISS

Lancio un grido di orrore quando Rachel raggiunge i miei ragazzi e afferra Matt per il collo. Non glielo posso permettere. Non posso permettere che si uccidano a vicenda… sono solo ragazzini, sono più grandi di Prim.

Prim.

Prim non avrebbe mai voluto che tutto ciò accadesse.

Prim si sarebbe opposta, avrebbe mosso una rivoluzione pur di far finire questa storia.

-Plutarch! Plutarch falli smettere!- urlo, in preda al panico.

Metà della sala, compreso Plutarch che era venuto a godersi lo spettacolo, si gira verso di me basita. Sentire tutti gli sguardi su di me mi fa venire così tanta ansia che mi sento soffocare.

-Katniss, non posso ovviamente. Questi sono gli Hunger Games e non sono finiti, che cosa penserebbe Capitol City se non avessero fine, se non ci fossero solo due vincitori?-

-Non mi importa cosa penserà Capitol City. Ma tu prenderai quel cazzo di microfono e metterai fine a questo inutile spargimento di sangue.-

-Non può essere fatto, Katniss. Mi dispiace.-

Sono in balia della rabbia e della disperazione soprattutto quando sento l’urlo di dolore di Jane, colpita alla mano dal pugnale di Rachel: moriranno. Moriranno tutti e due. Sto tremando e non riesco a controllarmi: gli avevo promesso che li avrei riportati a casa!

-Sai cosa penserebbe Capitol City, Plutarch?- mi volto verso Peeta, che si è avvicinato al presidente. Negli occhi, uno sguardo fiero e fermo, lo sguardo dell’uomo di cui mi sono innamorata. –Che hai un cuore. E che tieni davvero alla gente di Panem, non importa che cosa sia successo in questi 75 anni di dittatura. Abbiamo creato questa democrazia con l’intento di dimenticare, di andare avanti e di vivere una vita che può ancora essere bella, nonostante tutte le perdite che abbiamo subito. Dimostreresti di tenere alla vita di quei ragazzini che devono annegare e distruggere i loro principi per sopravvivere. Dimostreresti che questo governo è una vera democrazia. Non una mera copia della Panem di Snow.-

Il silenzio cala improvvisamente nella sala e, a questo punto, si potrebbe sentire anche uno spillo cadere per terra. Haymitch sorride fiero al mio fidanzato mentre io mi sono sciolta anche se preferirei non darlo a vedere ma vorrei solo baciarlo qui, all’istante. Mi limito a stringere forte la sua mano e lui ricambia la mia stretta.

Plutarch accende il microfono posto sul tavolo centrale da cui gode di un’ottima visuale del maxi schermo e pronuncia le seguenti parole.

-Attenzione tributi. Attenzione. I giochi sono sospesi e da questo momento in avanti non saranno più tollerati omicidi o lotte tra i tributi mietuti. Ripeto: i giochi sono finiti.-

Nell’esatto momento in cui i ragazzi sentono l’annuncio, Jane scoppia a piangere e corre ad abbracciare Matt che era stato subito liberato da una Rachel scioccata e che si guarda attorno sia contrariata ma sia… sollevata? Forse. Sembrava che si divertisse proprio ad uccidere i bambini di quattordicenni. Ma le telecamere sono tutte concentrate su Jane e Matt, i nostri nuovi sventurati amanti.

POV Jane

-Jane, Jane che diavolo sta succedendo?- mi chiede Matt ancora tremante.

-Andiamo a casa… siamo vivi. Andrà tutto bene, ti cureranno.- esclamo io, con la voce rotta dall’emozione.

-Stai bene? Jane, tu stai bene, vero?-

Non gli rispondo e mi butto su di lui, buttandolo a terra, e baciandolo con tutta la forza che mi è rimasta in corpo. Sento che Matt risponde al bacio e, nonostante sia ferito, scioccato e debole , mi sorride sulle labbra.

-Ti amo, Matt.- mormoro, sperando che le telecamere non riescano a carpire la mia frase.

-Ti amo anche io, Jane Snow.-

 

 

Oddio, dire che questo capitolo mi faccia cagare è un complimento-.-… Non sono brava a descrivere i combattimenti ma comunque volevo finire in questo modo, soprattutto perché ora mi voglio concentrare solo su Katniss e Peeta e l’arrivo del futuro pargolo Mellark. Non odiatemi troppo, vi prego. Clemenza !

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Capitolo 14
*** Loro devono vivere ***


Bussano alla porta e io mi sveglio di soprassalto. Mi passo una mano nei miei capelli scompigliatissimi e biascico un “chi è” poco convinto.

-Sono io, dolcezza. Sorgi e vieni a goderti il bagno di sangue insieme a tutti noi! Pensa un po’, i tuoi tributi sono ancora vivi!-

Haymitch che mi sveglia la mattina non è proprio uno dei miei sogni che voglio avverare. Cerco Peeta per svegliarlo ma mi rendo conto che la parte del letto accanto a me è vuota: è vero, dall’ultimo episodio dormiremo in stanze separate, almeno sino a quando saremo a Capitol City. Però non ho avuto incubi: dev’essere rimasto sino a che non mi sono addormentata e al mio subconscio dev’essere bastato.

-Arrivo Haymitch, datti una calmata.- borbotto a voce abbastanza alta da far sì che il mio mentore mi possa sentire.

-Ok, io e gli altri ti aspettiamo alla sala grande.-

Dovrei passare a vedere se Peeta sta bene, dopo la prima notte in cui siamo stati separati. E lo vedrò pochissimo anche durante il resto della giornata: l’idea non mi piace per niente ma devo sopportare tutto ciò almeno per lui, per farlo stare bene. Mi infilo un paio di jeans e un top aderente e lascio i capelli sciolti: non ho il tempo per fare la mia solita treccia. Corro verso la camera di Peeta e busso prima di entrare.

-Sì?-

-Peeta sono io, Katniss.-

Subito la porta si apre e il mio cuore non può fare a meno di perdere alcuni battiti quando vedo il mio ragazzo del pane che mi sorride dolcemente, gli occhi ancora un po’ gonfi per il sonno. Si deve essere appena svegliato. Mi tuffo tra le sue braccia e inspiro il suo profumo.

-Incubi?- mi chiede, premuroso.

-Nessuno, ero convinta che alla fine non mi avresti abbandonata davvero, traditore.- dico, prendendolo in giro.

-Perdonami, mammina.-

Lo guardo allarmata per poi tranquillizzarmi quando vedo che siamo soli nel corridoio. Gli metto una mano sulla mano, facendolo zittire.

-Sei matto? Vuoi davvero che Haymitch e Johanna lo vengano a sapere proprio qui? Sarebbe una tortura, doverli sopportare per questa settimana con le loro battutine!-

-Mmmm… sono troppo felice per tenerlo per me.- mi dice lui, continuando a sorridere come un ebete. Avrei dovuto immaginarlo che si sarebbe totalmente rincoglionito.

- Beh, dovrai farlo. Non voglio che Capitol City sappia del bambino: ti immagini sopportare 7 mesi di telecamere appostate al distretto 12? Per non parlare delle interviste e del fatto che non ci potremo sposare in tranquillità, come volevamo. Nessuno deve sapere niente. Lo diremo solo alle persone che non hanno niente a che vedere con tutta questa storia, me lo prometti?-

-Ti giuro che se vedrò mai una sola telecamera avvicinarsi a te e a nostro figlio, la distruggerò a suon di pugni. Potrei anche imparare a usare l’arco, così saremmo più al sicuro.-

-Non ti ci vedo molto bene.-

Peeta ride e mi da un bacio tra i capelli- Comunque, se non vuoi fare sapere a nessuno che sei incinta, evita di metterti queste magliette aderenti.-

Lo guardo con uno sguardo interrogativo e mi fisso il ventre, leggermente rigonfio. Solo un occhio attento potrebbe notare il lievissimo rigonfiamento presente.

-Posso ancora passare per grassa.- dico io, non avendo voglia di cambiarmi. –Ora vado dagli altri, o si chiederanno che fine abbia fatto.-

-Se hai bisogno di me, sai dove trovarmi…-

Annuisco per poi dargli un lieve bacio sulla bocca, vorrei dirgli ti amo ma qui ho sempre paura che ci stiano osservando.

-Vai, ragazza di fuoco. Ti amo anche io.-

Gli sorrido, piena di gratitudine e mi dirigo velocemente alla sala grande dove prendo posto accanto a Johanna e Haymitch.

-Teniamo le dita incrociate, forse posso tornarmene a casa già da oggi!- dice Johanna, sprezzante.

-Suvvia, ti vuoi perdere tutto il divertimento?- chiede Haymitch, bevendosi la sua vodka del mattino, l’odore mi colpisce e mi fa venire la nausea. Resisti Katniss. Non devono sospettare niente.

-Ah guarda, dolcezza, la tua coppia.-

Poso i miei occhi grigi sullo schermo e vedo Matt che sta cercando di svegliare Kate, dopo una nottata tranquilla. Sono rimasti solo in 14 e con Caleb e Rachel in movimento, non mi sento affatto tranquilla. Guardando più attentamente l’arena mi rendo conto che è quasi identica a quella dove si è tenuta la prima edizione degli Hunger Games a cui ho partecipato. Per fortuna non hanno tratto ispirazione dall’orologio altrimenti sarebbero morti praticamente in 4 giorni.

I miei due tributi si mangiano una stecca di carne secca a testa e bevono un po’ di acqua dalle loro borracce.

-Dovremmo iniziare a incamminarci, a cercare gli altri.- dice Jane.

-Non potremmo semplicemente aspettare che si ammazzino tra di loro e poi eliminare Rachel e Caleb?- le risponde Matt, incerto.

-Voglio tornare a casa il più presto possibile. Muoviamoci.-

Quindi Jane vuole attaccare: non che mi stupisca questa sua decisione ma la sua impulsività le potrebbe costare cara. O forse, semplicemente, la farebbe vincere più in fretta. Non ha paura di uccidere o, meglio, non sa ancora che cosa si prova quando si toglie la vita ad un essere umano. Subito la telecamera si sposta e inquadra Caleb e Rachel che sono pronti ad attaccare uno dei tributi mediamente forti che sono ancora rimasti in gioco: l’hanno individuato grazie al fuoco che il ragazzino ha acceso per riscaldarsi la notte e che fuma ancora. E’ addormentato in posizione fetale per proteggersi dal freddo. Rachel gli taglia la gola senza tanti complimenti; rivolge il suo sorriso che mi mette i brividi a Caleb. Colpo di cannone. 13 rimasti. L’hovercraft raccoglie il corpo del quattordicenne per portarlo alla sua famiglia di fedeli al vecchio regime a Capitol City. In me nasce la speranza che i genitori abbiano altri figli che possano consolarli per quella perdita.

-Potevi svegliarlo, sarebbe stato più divertente sentire le sue urla.- si lamenta, Caleb.

-Su, coraggio, ne mancano ancora 13 da uccidere, il prossimo lo lascio a te così ti puoi divertire.-

-Diciamo che il pivello di Enarc è mio e Snow è tutta per te.-

-Ci sto, sembra quasi una vacanza qui, non trovi?-

Una vacanza.

-Oh Haymitch, quanto spero che li facciano a pezzi…- mormoro, furiosa.

-Non sei la sola dolcezza. Ma anche la tua Jane non scherza in questo istinto omicida.-

-Almeno lei non si sta divertendo come se fosse in luna di miele come quei due.- replico, infastidita.

Snow non è così male: certo, penso che sia totalmente irritante e un idiota per la maggior parte del tempo ma, per lo meno, ha fegato. E, come ho sempre pensato io, ad un certo punto devi smettere di fuggire e affrontare chi ti vuole morto. Sia nella vita che nell’arena. E lei ci è arrivata molto prima di me: vuole solo tornare a casa, non vuole dimostrare niente. Se non di essere diversa dal nonno e da tutto ciò che ha fatto.

Almeno credo.

Un altro colpo di cannone si sente in lontananza. Chi sarà stato? Chi ha ucciso? Ma non c’è stato nessun massacro: il tributo femmina di Johanna è caduto dall’albero su cui si stava arrampicando per cercare un po’ di riposo. Si è rotta l’osso del collo. Johanna alza gli occhi al cielo.

-Due intelligentoni mi sono capitati. Beh, almeno potrò andare a casa e controllare Annie e quella peste di bambino.-

Sono irritata per la loro indifferenza, per come riescono a estraniarsi da tutta questa situazione. Sbotto alzandomi.

-Dio, avevano solo quattordici anni. Non mostri un minimo di pietà?-

-I loro genitori l’hanno dimostrata a tutti quelli morti durante gli anni, Katniss? Non mi pare. Perché io la dovrei dimostrare ai loro figli?-

Perché sono dei bambini, maledizione. E perché Prim è morta a 14 anni e sapere che aveva tutta la vita davanti, mi spezza il cuore. Ma loro non sono Prim, Katniss. Lei è morta, se n’è andata per sempre.

-Sei stata anche tu a volere questa edizione. Non lamentarti e non dare la colpa solo a noi.-

Mi siedo, senza sapere cosa dire e rimango tutto il giorno davanti a quello schermo sola, senza Peeta. I giochi corrono molto in fretta, alla fine della giornata sono rimasti in 9.  Caleb e Rachel stanno facendo una strage, mentre Jane e Matt preparano delle trappole per provare a prendere qualcuno e imbrogliarlo, ponendo fine alla sua vita. Rimango sola nella stanza, proprio quando nell’arena cala il sole.

-Kat…-

Mi volto e vedo il volto preoccupato di Peeta che mi riporta alla realtà. Si siede accanto a me e appoggio la mia testa sulla sua spalla.

-Come stai?-

-Ho visto corpi di ragazzini a pezzi e venire prelevati dagli hovercraft. Direi che sono stata meglio…-

Restiamo un attimo in silenzio e Peeta, controllando prima di non essere visto da nessuno, mi appoggia una mano sul ventre e mi bacia la fronte, premuroso.

-Hai mangiato? Le nausee come vanno?-

-Ho seriamente pensato che avrei vomitato addosso a Haymitch da un secondo all’altro. Per fortuna mi sono trattenuta ma non sono riuscita a mandar giù un solo boccone. –

-Katniss. – mi dice lui, quasi sgridandomi.

-Sta tranquillo. Ora mi puoi portare in camera e farmi ingozzare di tutto ciò che vuoi.-

-Sarà un piacere, davvero ti devi rendere conto che ora non sei sola. Quindi vedi di mangiare e…-

Smetto di ascoltarlo e non posso fare a meno di sorridere mentre mi trascina verso la mia camera. Lo vedo gesticolare e non posso fare a meno di pensare a quanto io lo ami e penso di accorgermi solo ora di avere sempre amato lui. Dal nostro primo bacio nella grotta… era per quello che volevo salvarlo, durante la seconda edizione. Non era perché era gentile, perché mi era entrato  nel cuore. Era perché lo amavo, perché avevamo condiviso quell’esperienza così terrificante che era ovvio che saremo finiti insieme. Non c’era mai stata partita tra lui e Gale. Era lui da sempre. Dovevo capirlo.  Era sempre stato lui. Ed ora anche se sono terrorizzata dall’idea di avere un figlio, sono felice che il padre sia Peeta Mellark. E non potrò mai essere abbastanza riconoscente per avere la fortuna di averlo accanto a me.

-Kat? Katniss, stai male?- mi chiede lui, evidentemente preoccupato.

-Eh? Oh no, scusa stavo pensando. Cosa c’è?-

-Cosa vuoi da mangiare?-

-Ho voglia di una pizza.-

Lui mi sorride e ordina due pizze che compaiono molto velocemente: “grazie per la tua tecnologia, Capitol”. Mangiamo le nostre pizze in silenzio e ogni tanto ci guardiamo negli occhi, sorridendo. Vedo che i suoi riccioli biondi sono sporchi di colore e immagino che abbia passato  la giornata a dipingere.

-Beh, mio caro artista, cosa hai combinato oggi?-

-Mmm, un piccolo dipinto per Matt e Jane, per quando torneranno a casa.-

-Posso vederlo?- chiedo, curiosa.

Lui sorride e mi porta nella sua stanza e prende la tela. Il dipinto è bellissimo: ha dipinto la scena in cui Matthew ha salvato Jane. Ma non l’omicidio del sedicenne che stava per uccidere la ragazza: ha dipinto lo sguardo d’intesa e le mani dei nostri due giovani tributi. Lo sguardo di Jane è pieno di gratitudine mentre quello di Matt di feroce disperazione. Le loro mani sono tese per la paura di non ritrovarsi più e di morire lì, in pochi minuti. Ma io so che loro torneranno a casa, che ce la possono fare.

-E’ bellissimo.- mormoro.

-Grazie. Dici che gli piacerà?-

-Matt lo adorerà. Sai com’è fatta Jane. Ti insulterà probabilmente, per poi strappartelo dalle mani e portarselo a casa sua.- dico, ridacchiando.

Peeta mi sorride per poi prendermi in braccio e farmi cadere sul letto.

-Direi che ora hai bisogno di una dormita, che ne dici?-

-Questa è camera tua…-

-Hai voglia di trascinarti sino alla tua stanza.-

-Ovviamente no.-

-Dormi tranquilla, ragazza di fuoco. Ti porterò io più tardi.-

E con queste ultime parole e le mani di Peeta che mi accarezzano dolcemente i capelli, mi addormento.

 

-Katniss! Katniss svegliati! Subito.-

Sobbalzo dal mio letto: sono appena le 7 del mattino. Il viso di Peeta è vicinissimo al mio e il mio cuore batte a mille per il brusco risveglio.

-Cosa c’è? Che succede?- dico, confusa.

-Li hanno attaccati. Sono in pericolo.- dice lui, velocemente.

-Chi? Chi li ha attaccati, di cosa parli?-

-Matt e Jane. Sono stati attaccati da Caleb e Rachel.-

In pochi secondi sono giù dal letto e mi precipito nella sala grande con Peeta al seguito.

Questo non può succedere.

Loro devono vivere.



Beh, so che mi odiate e tutto però oggi il mio commento vuole anche ricordare il grandissimo Philip Hoffman, alias Plutarch. Una grandissima perdita umana e anche per il cinema americano. Non voglio di sicuro commentare come è morto, mi concentro solamente  sul fatto che dei figli ed una moglie hanno perso il loro punto di riferimento. Quindi, respect and rest in peace, Hoffman.
Un saluto a tutti ragazzi.

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Capitolo 15
*** Pena ***


POV KATNISS

L’hovercraft ha prelevato in pochi minuti tutti i nove tributi superstiti e io e Peeta siamo qui ad aspettare che arrivino, finalmente al sicuro.

Il mio cuore sta quasi per esplodere dall’ansia per i miei ragazzi: gli occhi di Matt. Ho obbligato Plutarch, afferrandolo per il colletto, a mandare la migliore equipe di chirurghi di Capitol City sull’hovercraft che avrebbe riportato Matt e Jane a casa. Lui aveva già provveduto e il mezzo era partito il più velocemente possibile data la gravità delle sue condizioni.

Haymitch arriva e si siede vicino a noi con uno sguardo preoccupato.

-Pensate che Jane riuscirà a non ammazzare il mio tributo, ragazzini?-

-Non è di Jane che mi preoccuperei se fossi in te: dio, ti hanno assegnato una pazza assassina Haymitch.- ribatto io.

Rachel per me può anche morire tra le fiamme dell’inferno. Anzi vorrei proprio spedircela io dopo la crudeltà che ha dimostrato durante i giochi.

-Hey. Andrà tutto bene, sono al sicuro adesso.- mormora Peeta, stringendomi la mano tra le sue.

Non riesco a sorridergli di rimando anche se sa che gli sono grata per quello che sta facendo: stare qui, affianco a me è un sacrificio per lui. Ricordare la perdita della gamba, gli Hunger Games, Capitol City. Eppure lui lo fa per me, sta qui perché sa che sola crollerei: e io non potrei essergli più grata di così.

I miei pensieri vengono interrotti dal rumore dell’hovercraft che vediamo atterrare poco lontano da noi. Dopo pochi secondi vediamo una barella che esce velocemente: sta portando un Matt privo di conoscenza e con una benda pulita sugli occhi ma, appena i chirurghi passano accanto a me, posso vedere che si sta insanguinando di nuovo. Ho un brutto presentimento.

-Katniss! Peeta!-

L’urlo di Jane mi fa girare e, in men che non si dica, me la ritrovo tra le braccia. Mi fissa con i suoi occhi color ghiaccio terrorizzati e per un momento rivedo lo sguardo paralizzante del nonno. Ma lei non è Snow. E’ sua nipote ma non il dispotico bastardo che ha distrutto tutto quello a cui tenevo.

-Non me l’hanno fatto vedere! Non mi hanno fatto entrare nella stanza dove lo stavano curando! Però sta bene, vero? Sta bene?- dice, continuando a urlare contro di me involontariamente.

-Jane, tranquilla. Anche io e Katniss siamo stati separati appena prelevati per l’arena per fare in modo che i dottori potessero curarci di nuovo.- dice Peeta, cercando di tranquillizzarla.

-E hai perso una gamba: bell’affare.-

Sto per sgridarla ma Peeta mi da un colpetto, facendomi segno che va tutto bene. E’ nervosa, così come lo eri tu, lasciala stare. Ha ragione, come sempre ma davvero i nostri caratteri sono così simili che scommetto tutti i soldi che ho che lasciate in una stanza da sola per cinque minuti ci scanneremo. Così come con Haymitch.

-Andiamo, Jane. Ci vorrà un bel po’ prima che i dottori finiscano con Matt. Che ne dici di venire con me al piano di sotto? Ti farai una doccia, ti metti qualcosa di comodo e butti giù qualche boccone. E sarai perfetta per quando Matthew si sveglierà, che dici?- chiede Peeta, incoraggiandola con lo sguardo.

Lei annuisce e si avvia con lui mentre io non so cosa fare se non avviarmi vicino all’ala del campo di addestramento adibita ad ospedale: spero di riuscire a parlare con qualcuno che mi dia notizie sul mio giocatore.

Appena arrivata noto un gran via vai di medici che entrano ed escono dalla sala operatoria: è un bene, giusto? Almeno è ancora vivo e non è morto dissanguato. Subito vedo una dottoressa, penso, che stanca morta si toglie la mascherina, gettandola nel cestino vicino alla porta, subito sono sopra di lei.

-Allora? Come sta?-

-Come prego?- dice lei sobbalzando dalla sorpresa. Mi ha riconosciuta, ne sono sicura perché mi guarda come se non fossi vera.

-Matt, il ragazzo. Come sta? E’ vivo?-

-Io, davvero non posso parlargliene, non è una parente.-

-I genitori non possono venire. Sono la sua mentore, sono ciò che è più vicino alla definizione di madre qui.-

-Io, non dovrei…-

-Dottoressa. Mi dica come sta il ragazzo o giuro che entro io stessa in quella dannata sala operatoria per vedere in che condizioni è.-

Lei sbuffa e scompigliandosi i capelli rossi mi rivolge uno sguardo triste. –Siamo riusciti a salvargli la vita e a fermargli l’emorragia prima che fosse troppo tardi ma…-

-Ma? Ha perso un occhio? Non gliene potete impiantare un altro?- esclamo io, febbrile.

-Le lesioni provocate dal coltello erano troppo profonde. Ha perso la vista, non un occhio.-

E il mio mondo diventa nero.

POV JANE

Mi sono rinfrescata.

Ho mangiato.

Mi sono messa dei vestiti puliti e la mia stilista mi ha aiutato a pettinarmi nella mia solita coda alta. Voleva truccarmi ma il mio sguardo l’ha fatta desistere, grazie al cielo.

Continuo a rigirarmi l’orologio tra le mani mentre Peeta sta silenzioso al mio fianco: mi piace Peeta. Non è male, non parla troppo quando non c’è bisogno e riesce a sopportare le mie battutacce, non come Katniss che mi avrebbe volentieri ucciso per la mia uscita sulla gamba del suo fidanzato.

-Mi dispiace per prima, sono stata scortese.- mormoro, piano.

Lui mi sorride, confortante, e bisbiglia un –Tranquilla. Eri nervosa… ma sappi che non mi pesa.-

-Cosa non ti pesa?-

-L’assenza della gamba. Cioè, ci ho fatto l’ abitudine quasi subito anche se, comunque, i primi tempi me la prendevo con il mondo, con tutti. Non riuscivo a fare la doccia da solo, a scendere le scale e mi pesava persino fare il pane, il mio lavoro, quello che adoravo fare. Ma quando la persona che ami ti sta accanto, tutto il resto passa in secondo piano.-

-Quindi lei ti amava anche durante lo show, non era una farsa.- gli dico, incuriosita.

-Oh. Lei pensava che fosse una farsa, ero io che ero sicuro del suo amore. Lo sono sempre stato.- mi risponde, sorridendo.

Sant’uomo, Peeta Mellark.

La porta della mia camera si apre e Katniss Everdeen entra, pallida in volto. Cerca di sorridere ma la sua sembra semplicemente una smorfia spaventosa. Il cuore perde un battito. Matt… E’ morto? Erano riusciti a salvarlo, stava bene sull’hovercraft prima di svenire, mi ha parlato, cercava di scherzare. Ma magari quegli incompetenti erano riusciti ad ammazzarmelo.

-Lui…?- dico, con voce strozzata.

-E’ vivo. L’hanno portato in camera, puoi aspettare che si svegli. Sta bene.-

-Katniss. Dimmi la verità.. –

-Ti spiegheranno meglio i dottori.-

-Io non voglio che me lo spieghi nessun dottore. Voglio sentirmi dire da te che cosa è successo.-

Katniss mi mette un braccio sulla spalla e anche questo gesto mi fa rabbrividire. Non mi sembra un bel segno, non mi piace.

-Hanno cercato di fare di tutto, Jane. Ma le lesioni che Caleb ha provocato agli occhi di Matthew erano troppo profonde per trovare un rimedio. Mi dispiace davvero tantissimo Jane ma… Ha perso la vista. Irrimediabilmente.-

Non dico niente: le parole sono inutili in questi casi, no? Vorrei solo vomitare e picchiare qualcuno. Ma Caleb l’hai già ucciso, Jane. Cos’altro potresti fare.

-Io… io vado da lui.- mormoro , cercando di mantenere la mia sanità mentale.

Non guardo nessuno dei miei due mentori e mi avvio fuori, verso il corridoio e l’unica stanza di degenza che si trova al suo interno. Fatti forza, Jane. Altrimenti avrà paura e tu devi essere forte. Apro la porta e lo vedo che giace in quel letto d’ospedale, in una stanza tristemente anonima: ma tanto lui non può vedere.

-Chi è?- mormora lui, voltando il capo.

Sei già sveglio, amore mio.

-Matt, sono io, Jane.-

-Oh, Jane. Stai bene, vero?- dice lui, sorridendo felice.

-Sì, certo che sto bene. L’incasinato qui sei tu…- mormoro, cercando di alleviare la tensione.

-Oh lo so. Ho sentito parlare i dottori fuori dalla porta. Bella rottura, eh?-

Lo sa? Dio, è il ragazzo più resistente all’anestesia che io conosca. Subito mi precipito vicino al suo letto e gli stringo la mano: il sorriso beffardo è sparito dal suo volto. Ci sono io qui, Matt. Resterò, sempre.

-Andrà bene, mi prenderò cura io di te.- mormoro, baciandoli la mano.

-Oddio, ti prego. Non voglio avere una badante 24 ore su 24. Non sei costretta a restare con me solo perché ti faccio… pena.-

-Tu non mi fai pena, idiota che non sei altro. Matt tu saresti pronto a fare di tutto per me. Così lo sono io. Io…-

-Tu?-

-Io sono tua e tu sei mio. Mettitelo chiaro in testa.- sbotto, imbarazzata.

-Potrei abituarmi all’idea, Jane Snow.-

-Devi abituarti. Non sarai mai solo.-

-Sei tutta rossa in questo momento, vero?- mormora lui, sorridendo sornione.

-Visto? Neanche ti servono gli occhi per prendermi in giro.-

-E’ un dono della natura.-

Passano alcuni momenti in silenzio e io aiuto Matt a ripercorrere il mio viso, i miei capelli, il mio ventre, il mio seno, le mie labbra.

-E’ come se non te ne fossi mai andata.-

-Non l’ho fatto, infatti.-

-Sposami.- sussurra lui, stringendomi di più a se.

-Sì.- non posso fare altro che rispondere io.

Perché è quello che voglio e che ho sempre voluto. Matthew Enarc.

 

 

Ok, ciao, non odiatemi:D innanzitutto nel prossimo capitolo pubblicherò un disegno di questa scena non temete. Poi so che avevo preannunciato un ritorno della copia Everlark ma dovevo mettere un punto alla copia di Jane e Matt per dargli una vera fine che è sia amara che dolce. Grazie mille per i tanti commenti che mi mandate:D vi adoro tutti, un bacione.

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Capitolo 16
*** Vero ***


Le urla di Katniss mi svegliano all’improvviso e subito la stringo a me mentre lei continua ad urlare.

-Ehi, ehi. Va tutto bene, ci sono qua io.- le sussurro dolcemente tra i capelli. Era solo un incubo, Kat. Sei qui, con me.-

Le bacio la fronte e le asciugo le lacrime mentre lei si calma lentamente. Soffro a vederla così… ma immagino che anche per lei sia terribile vedere me paralizzato dai miei incubi: mi sveglia dolcemente per mostrarmi che lei è lì con me e che sta bene. E’ viva, sana. Mi ama.

-La prendevano. Snow la prendeva e la mandava agli Hunger Games e moriva… saltava in aria perché faceva cadere la mia spilla…- mormora terrorizzata.

-Chi, amore?-

-La nostra bambina…- singhiozza lei, toccandosi il ventre che ormai è leggermente rigonfio.

Deglutisco, tremando al pensiero di nostra figlia costretta a combattere ai giochi della fame, costretta ad uccidere per sopravvivere. Ma Snow non c’è più , l’abbiamo ucciso, l’abbiamo sconfitto. Ma i nostri incubi, gli incubi di Katniss, rimangono sempre e comunque e da quando abbiamo scoperto che tra sei mesi diventeremo genitori sono andati ad aumentare sempre di più.

E’ passato un mese ormai da quando la prima e ultima edizione degli Hunger Games della Pace è finita: Jane e Matthew sono tornati a Capitol City e si sono sposati il giorno dopo il loro rientro; avevano capito quanto la vita potesse essere breve. Jane mandava lettere quasi ogni giorno, raccontandoci di quanto il percorso di Matt nell’accettare la sua nuova menomazione fisica fosse faticoso: erano arrabbiati. Tutti e due. “ Ma almeno siamo vivi”, diceva sempre Jane alla fine delle sue lettere. Speravo che quella ragazza così giovane, che era stata ferita dalla vita in tutti i modi possibili e immaginabili, capisse che la vita bisogna viverla davvero e non sono sopravvivere ad essa: ma era ancora presto. Le ferite erano ancora aperte. Avrebbe capito, ne sono sicuro.

-Sarà al sicuro, Katniss. Non c’è nessun pericolo per lei, fintanto che ci siamo noi. E Haymitch. E Johanna! Pensa te, dubito che qualcuno proverebbe anche solo a darle un pizzicotto.- la consolo, sorridendo.

Ma lei non ricambia il sorriso. E’ terrorizzata… Ma cerca di nasconderlo, per non farmi soffrire. So che non è felice di questa gravidanza, di questo figlio perché ha paura di non amarlo, crede di non essere capace di amare. Ma io so che Katniss è la persona più materna del mondo, è nata per proteggere e per amare in modo così fiero e totale che quasi mi spaventa alle volte. E’ che lei non sa che effetto può provocare. Se non volesse questo bambino, se ne sarebbe già liberata anche se fosse stato mio.

-Che ore sono?- mormora lei, rimanendo sempre tra le mie braccia.

-Sono le nove…-

-Incubi?-

-No, stai tranquilla.- le dico, mentendo. Non ha bisogno di doversi preoccupare anche di me, soprattutto nelle sue condizioni. –Dovrei andare in panetteria, per vedere se Tom e Jack hanno bruciato completamente il pane o c’è ancora qualcosa da salvare.-

-Ma non vai mai la mattina presto. Stai con me.- borbotta lei, arrabbiata.

-Oh, oh qualcuno vuole le coccole mattutine?- le dico io, sornione mentre lei arrossisce di botto e mi da un colpo sul petto.

-Non essere sempre così malizioso, Mellark. Avevo solo voglia di stare con te sai. Soprattutto visto che dobbiamo pensare a come a dire del bambino a Haymitch, se non l’ha già capito da solo visto che ormai sto iniziando la mia trasformazione in balenottera azzurra.- dice lei, guardandosi la pancia una volta piatta.

-Beh, visto come ti abbuffi di croissant e panini al formaggio abbiamo la giustificazione a questo “ aumento di peso”.-

-Dio, oggi vuoi proprio morire.- esclama lei, lanciandomi un cuscino addosso.

Mi alzo dal letto ridendo e prendo il suo viso tra le mie mani: dio quanto è bella il mattino.

-Giuro che tornerò presto. Ma oggi devo davvero andare a lavoro. Abbiamo avuto un mese di vacanza, giusto?-

-Se lo si può chiamare così! Vai… ma torna presto.-

-Ti amo…- le sussurro baciandola e poi bacio anche il suo ventre, dove il nostro “fagiolino” sta crescendo. –Amo anche te, fai il bravo con la mamma.-

Volo in bagno, afferrando dei vestiti mentre Katniss scende in cucina a mangiucchiare quello che trova: con quello che trova intendo qualunque cosa. Stamattina si è buttata sul tradizionale, afferrando un croissant. Ah no. Ci ha messo sopra del ketchup: voglie strane. Speravo che almeno sarebbero arrivate più tardi!

-Che c’è?- mi chiede a bocca piena.

-Niente tesoro, sei bellissima.- le dico, piazzandomi il mio sorriso migliore in faccia e uscendo dalla porta dopo averle dato un ultimo bacio sulla guancia. Una volta che esco dal cancello del Villaggio dei Vincitori, frugo tra le mie tasche. Sento la scatoletta di velluto e sorrido entusiasta: stasera ci sarà la miglior proposta di matrimonio mai vista in tutta Panem. E non vedo l’ora.

 

POV KATNISS

Ho sempre, costantemente fame. Non riesco a contenermi, sembro una pazza divoratrice.

Considerando che sono al terzo mese, diventerò una balena di qui a poco. Però almeno la mattina vomito anche l’anima, quindi potrebbe considerarsi uno sport dal momento che l’invasore ha deciso che non devo andare a caccia. La gravidanza mi ha intorpidito tutti i sensi: se fosse per me, starei tutto il giorno a dormire e a mangiare in casa. In pigiama, ovviamente. Ma Peeta è così entusiasta del fatto che diventeremo genitori che si trattiene dal saltellare qua e la per la casa, quindi almeno il fatto di alzarmi e di vestirmi glielo devo: deve sapere che la vecchia Katniss non è sparita del tutto, trascinata via dall’onda di ormoni che l’ha assalita. Uff, cosa faccio qua tutta sola?

“ Ci sarebbe la camera di Prim da liberare, prima che nasca il bambino.” Mi dice una voce dentro di me. Ma quell’idea è troppo dolorosa, troppo assurda e non riuscirei mai a fare una cosa del genere, non senza Peeta almeno.

Lo sguardo malinconico mi cade “sull’anello” che porto ancora nell’anulare sinistro. Sorrido istintivamente a quel semplice pezzo di plastica e lo accarezzo dolcemente. Ma poi mi rabbuio subito pensando al fatto che non abbiamo più parlato di matrimonio e ormai è passato più di un mese da quando Peeta mi ha fatto la proposta, nel buio della nostra camera di Capitol City. Forse ha cambiato idea.

Potrebbe benissimo, chi mai vorrebbe sposare una come me?

Guardati, Katniss, il tuo corpo è distrutto, rattoppato, segnato dagli Hunger Games e dalla guerra. Il tuo corpo una volta snello ora non lo è più, non puoi considerarlo neanche più il tuo corpo visto che sei stata invasa, c’è un intruso. Un intruso che tu non avresti mai voluto ma Peeta lo vuole. Peeta vuole un figlio e tu gli darai un figlio perché, Dio, non ti meriteresti quel ragazzo neanche tra cento anni. Sei rotta, sei spezzata, sei MALATA. Come potrebbe amarti un ragazzo forte e bello come lui? Sì, di sicuro ti lascerà. Un giorno si stuferà di te e il depistaggio prevarrà su di lui. Magari ti farà anche il favore di ammazzarti.

-Dolcezza?! Dolcezza!!!Katniss apri questa dannatissima porta!!!-

Le urla di Haymitch mi risvegliano dal torpore in cui ero caduta e mi accorgo che sono rannicchiata in un angolo con il viso fradicio per le lacrime e Haymitch batte sulla porta senza fermarsi un attimo. Sobbalzo e corro ad aprirgli.

-Cosa diamine stavi facendo, Katniss?- mi urla lui, prendendomi per le spalle.

Katniss. Non mi chiama mai così e faccio un’espressione stranita.

-Niente, io… lascia stare Haymitch. Lo sai che a volte ho i miei momenti ed è inutile che ti preoccupi. Non andranno mai via.-

-Sì ma, cristo. Visto il tuo passato e i recenti Hunger Games sai che voglio comunque assicurarmi di tenerti in vita. Oddio, non fraintendere: sarebbe uno spasso non averti più qui in mezzo a rompere ma per il ragazzo sarebbe devastante quindi mi assicuro che tu non faccia la pazza.- borbotta lui, rosso in viso.

-Mmm sì Haymitch, ti voglio bene anche io.-

-Come prego?-

Oh merda. Oh merda, merda. Cosa diamine mi sta succedendo? Questi ormoni maledetti mi fanno anche sproloquiare?! Cioè io e Haymitch sappiamo di volerci bene ma giammai ce lo siamo detti e mai lo diremo. Lo fisso, diventando bordeaux e ridacchio nervosa esclamando un – Scherzavo  Abernathy, datti una calmata.-

-Ok. Comunque ti volevo solo chiedere se avevi qualche bottiglia del liquore che ti aveva dato Sue. A casa è finito.-

-Cynthia l’ha nascosto?-

-Oh, dolcezza, non rompere e dammi quella roba. Non riesco a dormire senza. –

Sospiro e vado a prendere l’alcool per Haymitch. Io non riuscirei mai a dormire senza Peeta, è il mio farmaco. Così come la vodka è quello di Haymitch.

 

POV PEETA

Sono le sette di sera  quando apro la porta di casa con il sorriso sulle labbra. Ma il salone è vuoto, nonostante il camino sia stato acceso da poco, visto che il fuoco è bello vivo.

-Kat?-

Non mi risponde. Ho sempre terrore quando non sento la sua voce che mi saluta o non la vedo mentre corre tra le mie braccia e mi bacia timidamente, non appena varco la soglia di casa nostra. Salgo piano le scale e vedo che è sdraiata sul nostro letto in posizione fetale: da quando è incinta dorme tantissimo. La devo svegliare ma mi rannicchio vicino a lei e la guardo e mi beo del suo respiro un po’ pesante. Delicatamente poso la mano sul suo ventre e, anche solo con questo semplice gesto, il cuore mi parte a mille. Non vorrei mai disturbare il suo sonno ma dobbiamo andare. Inizio a darle dei baci sul viso sino a che non sento un mugolio infastidito.

-Sei tornato…- mormora girandosi verso di me.

- A quanto pare.-

-Sono le sette, mi hai lasciato qui tutta sola. Tutto il giorno.-

-Potevi fare una passeggiata. O andare a caccia.-

-Sono una grassa donna incinta. E vomito. E ho fame. Sempre-

-Perdonami… Però ora dobbiamo uscire.-

-Uscire? Perché?! No Peeta, ti prego…- piagnucola lei, stringendosi a me.

-Andiamo, ragazza in fiamme. Dobbiamo andare, ho una sorpresa per te.-

-Una torta?!-

-No!- rido io, vedendo la sua espressione delusa. –Molto meglio, fidati.-

Lei sbuffa mentre si mette dei jeans e un maglioncino leggero: il fresco di Settembre si fa già sentire nel distretto 12. E’ bellissima come sempre ma oggi anche di più. Lascia i capelli sciolti e si avvia con me fuori di casa. Stiamo per arrivare al Prato quando lo vede.

-Peeta… Perché il viale della memoria è pieno di petali di ciliegio? Siamo a settembre, perché ci sono i ciliegi?- mormora lei. – E perché c’è un gazebo sul prato?-

Sorrido sornione, stringendole la mano. Ho passato l’intera giornata, aiutato anche dai miei amici del Villaggio e della Panetteria, a preparare la sorpresa per Katniss. Ho ordinato i petali di ciliegio da Capitol City e ho cosparso il viale della memoria che porta sul Prato con i petali e poi ho montato le lanterne e l’enorme gazebo bianco. Ho cucinato tutte le leccornie che più piacciono alla mia ragazza. Lei non dice niente mentre la faccio accomodare su uno dei cuscini: guarda tutto a bocca aperta.

-Hai fatto tutto questo per me?- mormora, basita.

-Certo, Kat. Per chi altro avrei dovuto farlo?-

-Ma perché proprio io Peeta? Cosa ho fatto io per meritarmi te?-

-Tu mi hai sempre amato e sempre meritato, Katniss Everdeen. E’ solo che l’hai capito più tardi di me. Ma eravamo destinati a stare insieme, destinati a soffrire e a perdere le nostre famiglie, i nostri amici. Ma ci siamo ritrovati nel dolore, Kat. Siamo ancora qui, insieme, nonostante tutto. E non ti mentirò, anche io ho pensato a un certo punto che era meglio lasciar perdere perché non mi avresti mai amato. Ma poi nell’arena dell’orologio, quando sono andato contro il campo di forza e quando mi sono risvegliato e ti ho visto così sconvolta, ho capito. Tu mi amavi davvero. E siamo rinati insieme dopo la guerra: siamo due persone totalmente diverse, spezzate ma felici. E io te lo voglio chiedere nel modo perfetto in cui meriti che ti venga chiesto: Katniss Everdeen, vuoi diventare mia moglie. Vero o falso?-

Lei guarda l’anello che le porgo, su cui ho fatto incastonare la perla che le avevo donato nella seconda arena. Le lacrime solcano il suo viso arrossato per l’emozione e poi mi rivolge il sorriso più dolce che io abbia mai visto.

-Vero.- mormora, abbracciandomi.

 

 

Oddio i miei feelsssss! Ho aggiornato solo due giorni fa ma davvero non sono riuscita a trattenermi dal pubblicare adesso! Ero un fiume in piena! Commentate sennò mi arrabbio tanto e divento cattiva U.U….Un bacio cari… E’ abbastanza Everlark questo capitolo xD?!

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Capitolo 17
*** Lasagne ***


Ok, il mio monologo oggi inizierà prima perché vi devo avvertire: questo capitolo sarà abbastanza ROSSO, almeno in parte. Quindi vi ho avvisati, tesori miei. Grazie a tutte le 8 persone che hanno commentato: siete fantastici. E grazie anche a chi ha messo la mia fic tra le seguite, le preferite e le ricordate;) un bacio ragazzi, continuate così <3 Ora, date libero sfogo ai vostri feels :D.

 

-Apri la porta Mellark.- mormoro all’ orecchio del mio fidanzato mentre cerca di prendere le chiavi dalla tasca posteriore dei suoi jeans. La difficoltà è data dal fatto che gli sono saltata addosso a cavalcioni, ma non sembra che gli dispiaccia perché non accenna a mettermi giù.

Non che io accetterei di staccarmi da lui, giammai.

Tolgo un braccio dal suo collo e gli sfioro la tasca di dietro, prendendogli le chiavi e sorridendogli radiosa. Me l’ha chiesto. Mi ha fatto una vera proposta: non avrei mai pensato che una cosa del genere mi sarebbe mai piaciuta ma non sono mai stata così felice in vita mia. E’ stata perfetta, lui è perfetto.

Entriamo in casa e lui mi appoggia sul bancone ad isola della cucina: mi bacia di nuovo, come ha fatto sul Prato. Non è un bacio casto, un bacio dolce. Le nostre labbra si incontrano e lasciano subito spazio alle nostre lingue che si incontrano e giocano tra loro. La sua mano calda mi sfiora sotto al maglione e un brivido mi assale quando mi accarezza lentamente il seno. Oh Peeta.

Stacco le sue labbra dalle mie e lo guardo, per un attimo: i suoi occhi azzurri sono diventati un po’ più scuri, sono del colore dell’oceano ormai. I suoi capelli biondi, che avrebbero bisogno di essere tagliati, gli ricadono sugli occhi, spettinati. Per me lui è l’immagine della bellezza, della rinascita. Lui è la mia speranza. Le sue labbra carnose sono gonfie per il bacio e lui, sorridendomi, riavvicina il suo viso al mio per riprendere il contatto. In pochi minuti i nostri maglioni leggeri non sono altro che un lontano ricordo e le labbra di Peeta sono sul mio seno, sui miei capezzoli, sul mio collo.

Inarco la schiena per il piacere, mormorando il suo nome e lo stringo con le gambe ancora di più a me, sentendo la sua erezione che preme sul mio sesso. Accarezzo il suo petto, disegnando lettere e disegni senza senso sulla sua pelle, scendendo vicino al suo inguine: lo so che gli piace, posso chiaramente vedere la sua pelle d’oca e sentire i suoi sospiri e il suo respiro che si fa più veloce, come il mio.

-Andiamo di sopra?- mormora lui, al mio orecchio.

-Perché dovremmo?- rispondo io, sorridendogli.

POV PEETA

-Perché dovremmo?- mi chiede lei, con uno sguardo malizioso.

Se questa Katniss è merito degli ormoni, mi prefiggo di avere almeno dieci figli. Ho adorato e adoro ancora la Katniss pudica, quella che ho sempre conosciuto, la Katniss della nostra prima volta. Ma con il tempo è diventata più intraprendente ma adesso mi sta facendo totalmente sciogliere e impazzire.

La voglio.

Le tolgo agilmente i pantaloni leggeri che si era messa e, con essi anche il suo intimo, per poi passare al reggiseno. E’ calda, è bella, profuma di alberi e posso sentire sul suo corpo anche l’odore della mia pelle. La osservo incantato: anche se il suo corpo è pieno di cicatrici, ormai diventate di un pallido rosa, per me lei è la donna più bella del mondo. Diventerà mia, diventerà mia moglie. Ha voglia di me, vuole solo me, glielo posso leggere negli occhi: rossa in viso, mi chiede qualcosa in un sussurro. Non la sento e lei mi ripete un “spogliati anche tu” che io eseguo in un secondo.

Eccoci qui: uno davanti all’altra con le nostre cicatrici, le nostre ferite, eppure con tanta voglia di vivere, di ricominciare. Le accarezzo l’interno coscia e la sento sospirare il mio nome mentre l’avvicino ancora di più a me e lei mi accarezza la mia erezione che ormai pulsa.

-Kat..-

E’ incredibile come con un semplice gesto, riesca a farmi raggiungere un piacere che non ho mai provato in vita mia, neanche in solitudine. Voglio che sia mia, adesso, ora. Infilo un dito, poi due, nel suo sesso e la sento già bagnata, pronta ad accogliermi dentro di se: non so se sia merito di questa esasperante lentezza o degli ormoni. Le appoggio una mano sulla pancia, improvvisamente preoccupato. Cioè, non possiamo fargli niente, vero? Non può sentire? O sì? La mia ragazza in fiamme, mi guarda, un’ espressione curiosa sul viso, del genere: perché diamine ti sei fermato?

-Non è che gli faremo del male?-

-Peeta… è un cosino minuscolo che galleggia felicemente in una pallina nel mio utero. Cosa pensi che gli possa succedere?-

-Sicura?-

-Sicurissima.- mi dice lei, sorridendomi.

Ricambio dolcemente il sorriso e, mentre lei si appoggia sul bancone della cucina, entro dentro di lei dolcemente. Ogni volta fare l’amore con lei è come tornare a casa, è una sensazione bellissima. Mi sento al sicuro con lei vicino a me, sapendo che tra poco i nostri corpi si fonderanno in uno solo. Le mie spinte aumentano di velocità e si fanno sempre più profonde mentre sento il suo corpo che si apre per accogliermi più dolcemente e più affondo. Katniss si alza per afferrarmi le spalle e stringersi di più a me, spostando il suo bacino velocemente perché sta per arrivare all’apice. E’ splendida con le labbra socchiuse che invocano il mio nome, che mi dicono di non smettere. Gli occhi sono chiusi ma tra poco li aprirà perché le piace perdersi quando stiamo per raggiungere entrambi l’orgasmo.

Ed è sempre come la prima volta e vengo dentro di lei baciandola e accarezzando il suo corpo ferito e che è stato amato solo da me, perché lei è solo mia. Sempre e solo mia.

-Ti amo.-  mormoro, baciandole dolcemente le labbra.

-Anche io, Peeta. Anche io.-

 

 

POV KATNISS

Mi risveglio la mattina dopo verso le dieci: sto diventando una pigra dormigliona. Peeta non c’è e mi ha lasciato un biglietto accanto.

Sono andato a prendere dei croissant dalla Panetteria. Aspettami, torno subito.

Con Amore, Peeta.

Sorrido e mi stiracchio: oggi sarà una bella giornata, lo sento. Sono ancora euforica per la proposta di matrimonio di Peeta e per i fantastici festeggiamenti che ne sono seguiti. Aspetta che Haymitch sappia le novità del momento, penso ridacchiando.

Però un matrimonio va organizzato. E io non sono brava ad organizzare: mi servirebbe Effie qui con me, lei è un portento in queste cose. Ma coinvolgere Effie, vorrebbe dire anche coinvolgere Plutarch e Capitol City: mi pregherebbero in ginocchio di mandare il matrimonio in diretta, per non parlare del bambino. Il sogno proibito di quei pazzoidi. Ma mio figlio, questo lo giuro sulla mia stessa vita e sulla memoria di mia sorella, non saprà mai come una telecamera sia fatta.  Sento la porta di ingresso chiudersi e sorrido, afferrando una maglietta di Peeta e mettendomela addosso. Scendo e mi butto tra le braccia del mio ragazzo del pane e lo bacio dolcemente in bocca.

-Mi sei mancato.- gli dico, sorridendo.

-Fammi capire, per avere questa versione di te, dovevo semplicemente dimenticarmi il preservativo?- ride lui, entusiasta di questa “nuova Katniss”.

-Sei volgare e tra sei mesi sarai ancor di più nei guai per essertelo dimenticato…Che croissant hai portato?-

-Vaniglia e cioccolato, quale vuoi?-

Non puoi dire entrambi Katniss, anche Peeta deve mangiare. –Mmmm cioccolato.-

-Sicura di non volerli entrambi? Ne ho preso 4 per ciascuno.-

-Vedi perché ho scelto te?- esclamo, estasiata prendendo il mio bottino e divorandolo.

-Mangia piano, ragazza di fuoco. Altrimenti tra poco dovrai correre in bagno.-

So che ha ragione, quindi mi trattengo e mangio il più lentamente possibile ma sembra che il mio stomaco non ne abbia mai abbastanza. Vorrei tanto delle patatine: odio non avere il controllo di me stessa e dovrò sopportare questa faccenda ancora per sei mesi. Forza e coraggio.

-Dovremo invitare Haymitch a pranzo.- cerco di dire io, con nonchalance.

-Dici che c’è bisogno addirittura di offrirgli un pranzo per dirgli che diventerà zio?- mi chiede lui, ridendo.

-Non solo. Ma dovremo anche parlargli del matrimonio.-

-Hai ragione: faccio le lasagne, che dici? Una bella botta calorica. Abbiamo ancora quel vino che ci ha mandato tua madre per Natale?-

Mia madre. Dovrei telefonarle… cioè, non le devo niente in realtà. Non la vedo da anni, da quando la guerra è sentita: a volte mi telefona e mi manda regali per Natale. Questo è il nostro rapporto madre- figlia: se mai mi ha considerata tale.

-Katniss, scusa, non volevo renderti triste..- mi dice Peeta, subito al mio fianco.

-No, no stai tranquillo. La telefonerò prima o poi. Dovrei no? Dopotutto mi sposo  e… e poi diventerà nonna. Certo non sono Prim ma… varrò qualcosa anche io, no?- mi stupisco dell’ultima frase che mi è uscita.

-Certo che vali anche tu, Katniss. Ma tua madre… beh tua madre è debole, non c’è un altro termine per definirla. Se vorrà essere importante per nostro figlio ne avrà ovviamente la possibilità. Se non coglierà queste ultime opportunità di continuare ad essere una madre, peggio per lei. Non andremo a implorare nessuno.- esclama lui, quasi rabbioso.

Peeta ce l’ha a morte con mia madre: è stato un comportamento da vigliacca andarsene via così, senza farsi sentire, senza farsi mai vedere per anni. Nessuno di noi lo dice ma sappiamo benissimo che se fossi morta io, lei sarebbe rimasta al fianco di Prim: e questo fa ancora più male.

 -Vado a dire ad Haymitch del pranzo.-

-Katniss…-

-Sto bene, Peeta, tranquillo.-

Non è vero ma comunque non ci potrebbe fare nulla: nessuno di noi può, l’abbiamo capito ormai anni fa dopo vari rifiuti. Mi faccio una doccia veloce e lascio un bacio sulla guancia del mio fidanzato, che si è già messo all’opera, e percorro quei venti metri che mi separano dalla casa del mio ex mentore.

Coraggio, Katniss, magari non ti prenderà troppo in giro.

 

POV HAYMITCH

A mezzogiorno precise, mi ritrovo a suonare il campanello dei due ragazzi. Cynthia non è venuta: non è che vada molto bene tra noi. Si lamenta che non mi stacco mai dalla bottiglia: ma che ci posso fare, dolcezza, se non riesco ancora ad affrontare i miei incubi dopo quasi trent’anni?

Se se ne andrà mi riprenderò: con una bottiglia di vodka magari. Katnip mi apre la porta salutandomi e mi fa cenno di entrare. I due sembrano terribilmente su di giri: mi danno i nervi e allo stesso tempo mi fa rallegrare vederli così felici.

Peeta ha preparato le lasagne.

-Cosa succede qui?- borbotto, squadrandoli.

-Niente, cosa dovrebbe succedere? Ti abbiamo solo invitato a pranzo.- dice Peeta, sorridente. Troppo sorridente.

-Ragazzo, hai fatto le lasagne.-

-Te l’avevo detto io che non le dovevi cucinare.- mormora Katniss, nervosa.

-Sputate il rospo, ragazzini.-      

-Davvero? Non le vuoi neanche assaggiare, prima di sapere di cosa si tratta?-

La mia occhiata deve essere abbastanza eloquente perché i due si siedono e si prendono per mano: Everdeen è nervosa come sempre ma Peeta è schifosamente entusiasta.

-Ci sposiamo.-

Sorrido istintivamente: Haymitch trattieniti, sapevi che sarebbe successo prima o poi. Coraggio.

-Era ora. E per questo mi hai fatto le lasagne? Per una cosa che si sapeva da secoli?- dico io, ridacchiando felice.

-Non è tutto… aspettiamo un bambino.- continua lui, sorridendo dolcemente a Katniss ma lei non ricambia, mi fissa con uno sguardo semi omicida.

-Non provare a fare le tue solite battute, Haymitch, o giuro che…-

Alzo le mani in segno di resa. La guardo, forse leggermente e un tantino emozionato.

-Alla fine l’hai convinta.-

I due annuiscono e ridono un po’ più sollevati: mio Dio, neanche fossi il genitore pronto per fargli la ramanzina. Ma forse un po’ lo sono: li ho comunque protetti, salvati dalle due arene…Li ho guardati cadere nel baratro per poi rialzarsi insieme. Se la meritano, un po’ di felicità.

-E quindi hai finalmente appoggiato la gonna sul letto, eh dolcezza?-

Il mestolo mi arriva dritto in testa.


 

Oddio finito <3 Non riesco proprio a trattenermi dall’aggiornare perché adoro questi momenti Everlark:D Un bacio enorme cari, mi aspetto una carrellata di commenti! Modificherò questo capitolo per aggiungere il link attraverso il quale potrete vedere il disegno di Matt e Jane^^ un bacio ---->>https://www.facebook.com/FandomsEverywhereOfficial/photos/a.206714162868787.1073741832.197430673797136/210702145803322/?type=1&theater

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Capitolo 18
*** Mom ***


Io non posso fare tutto da sola.

Davanti a me si ergono mille riviste sul “Come organizzare un matrimonio perfetto”. Io non voglio organizzare un matrimonio perfetto: non lo so fare!

-Cristo, cristo. Che roba è questa?...Giarrettiera… Come si dovrebbe indossare, secondo te, stupida giornalista dei miei stivali!- dico, borbottando tra di me.

Per fortuna Peeta è in panetteria e non può vedere il mio momento di follia causata dal panico che ho per organizzare feste in generale: non ho mai avuto molto da festeggiare nella mia vita precedente quindi, mi sembra ovvio che io sia totalmente inesperta. Cioè io sono Katniss Everdeen: cupa, irascibile e totalmente asociale. Peeta è stato subito d’accordo con me nel decidere per un matrimonio in piccolo ma Haymitch e Sue la Zozza, era stata la seconda persona a cui avevamo annunciato la lieta notizia, avevano fatto pressioni per organizzare un piccolo rinfresco per il distretto 12: eravamo stati i volti degli Hunger Games, coloro che ce l’avevano fatta, coloro che avevano sconfitto Capitol City. Cynthia se n’era andata, sparita nel cuore della notte. Ero preoccupata per Haymitch ma se la sarebbe cavata con qualche bottiglia o due o almeno lo speravo. Mi ero quasi sorpresa quando, qualche giorno fa, mi aveva detto “Dovresti chiamare Effie, dolcezza. Lei ci sa fare con queste cose.”. Aveva ragione: io ci avrei messo anni e non volevo che la gravidanza si notasse troppo. Sospiro e mi ritrovo davanti al telefono: è arrivato da Capitol qualche settimana fa. Compongo il numero della capitolina che trovo sulla rubrica e aspetto pazientemente.

-Pronto?-

-Effie… Sono Katniss, ciao!-

-Katniss, oddio che piacere !Come state? Vi siete ripresi?- chiede la mia accompagnatrice velocemente e con il suo forte accento di Capitol.

Dio non l’avevo neanche salutata quando eravamo tornati al 12: sei una capra, Everdeen. E le stai anche per chiedere di organizzarti il festino nuziale. –Perdonaci, Effie, ma volevamo così disperatamente tornare a casa che… non ti abbiamo salutata. Scusami.-

-Tranquilla, Katniss. So quanto deve essere stato tremendo per voi tornare qui… Lo capisco. Ma dimmi, come mai mi hai chiamato?-

-Prima di tutto per scusarmi- bugiarda!- E poi volevo dirti che… Io e Peeta ci sposiamo.- rispondo, sorridendo raggiante mentre dico quelle semplici parole.

L’urlo di gioia mi sfonda le orecchie e sento i complimenti di Effie che, non mi sorprendo più di tanto, quasi piange dalla felicità. Per non parlare di quando le chiedo di aiutarmi ad organizzare il banchetto.

-Ma te lo dico già da adesso, Effie. Niente eccessi: io e Peeta vogliamo un matrimonio tranquillo e soprattutto senza telecamere. Quindi, per favore, non dire niente a Capitol. Altrimenti Peeta potrebbe davvero dare di matto.-

-Certo, Katniss cara. Sarò muta come un pesce. Prenderò il primo treno per il 12 e arriverò in un baleno stasera o domani sul presto, d’accordo.-

-Grazie, Effie. Grazie davvero.-

Chiudo la chiamata e sospiro. Peeta ieri aveva avvisato Johanna e Annie che sarebbero arrivate qualche giorno prima del matrimonio, per aiutarmi a provare il vestito e ad abbellire la casa di Peeta dove avremo tenuto il ricevimento: oppure l’avremo tenuto sul Prato? Dovevamo ancora decidere.

Troppe, troppe cose.

Però c’era una persona che non avevo chiamato: mia madre. Non sapeva nulla né del matrimonio e né del bambino. Chissà, magari le sarebbe importato, magari avrebbe voluto esserci in quel giorno così importante per me. Ma l’assenza di Prim sarebbe stata così grande, così evidente da farci stare male. Forse era meglio se restava al quattro, ad affogare nel dolore da sola. Ma mi ritrovo comunque a desiderare di avere quella donna, ciò che rimane della mia famiglia, accanto a me per quanto non ci siamo mai comprese a fondo negli anni. Il telefono squilla e il cuore sembra volermi uscire dal petto.

-Pronto?-

-Mamma, sono io, Katniss.- come se ci fosse bisogno di precisazioni.

-Oh, Katniss. Hai cambiato numero. Sei tornata a casa?-

Sì, mamma. Grazie per avermi chiamato, per avermi chiesto come l’esperienza terribile di essere diventata una mentore mi abbia fatto sentire. Li hai almeno guardati gli Hunger Games? Hai pensato a me in quelle settimane?

-Sì, mamma. Da un mese ormai.- non osiamo chiederci “come stai?”, non riusciremo a mentire l’una all’altra. Troppo dolore, senza Prim e poche cose in comune tra di noi. –Io ti volevo dire una novità: io  e Peeta ci sposiamo.-

-Oh, cara… E’ meraviglioso, davvero.- la sento, mi pare scorgere una nota di vera felicità tra le sue parole.

-Mi piacerebbe se potessi venire qui, di nuovo, al 12. La tua camera è come l’hai lasciata.- le dico, un magone in gola. Mi ritrovo a sperare, a supplicare un suo “sì”.

-Katniss, io non so proprio se…-

-Sono incinta, mamma.- sbotto, prima che lei mi possa rifiutare di nuovo, un’altra dannatissima volta. Non puoi rifiutarti ora. Non potresti mai farlo, se fossi davvero una madre! Non farlo, cristo santo. Non farlo.

-Davvero?-

-Sì. Sono al terzo mese. Penso che sarà una bambina.-

-Peeta sarà felicissimo, sarà un ottimo padre.-

-Sì. E io ho bisogno di te, per una volta. Non tirarti indietro, per favore. Almeno non questa volta.-

Passano minuti di silenzio che a me sembrano anni infiniti. Ma poi sento la sua voce tremante che mi dice “Sì. Verrò.” Non la ringrazio, non potrei mai. Ma le dico che le farò sapere quando la data sarà sicura, così non dovrà trattenersi più del tempo necessario. Lei fa un accenno ad aiutarmi per la gravidanza: “ne parlerò con Peeta” le dico. E la nostra conversazione si chiude qui.

Mamma, vorrei tanto che papà non fosse morto nella miniera.

Mamma, vorrei tanto essere morta in quell’arena.

Mamma, vorrei tanto che Primrose fosse qui, sana e salva con me.

Mamma, scusami se non sono morta io.

Mamma, scusami se ti ho sempre spinto lontano da me.

 

 

Mi risvegliano le labbra di Peeta sulla mia fronte e gli sorrido, beandomi dei suoi occhi blu mare. Nell’aria c’è un profumo che può provenire solo dalle sue focaccine al formaggio: sembra che il suo obbiettivo sia di farmi mangiare il più possibile. Diventerò la balena imitatrice.

-Ben svegliata, amore.-

-Mmmm… Hai fatto presto oggi.- dico, guardando l’orologio che segna le 16: mi butto sul suo petto e inspiro il suo profumo, il profumo della panetteria. Casa.

-Come state?-

Alzo gli occhi al cielo, mormorando un “bene, STO bene”. –Ho chiamato mia madre e Effie oggi.-

-Eh..?-

-Ho chiamato Effie per aiutarmi con l’organizzazione di tutto questo banchetto e di tutto questo macello. Mia madre per invitarla. Ha detto che verrà. Mi ha detto che mi potrebbe aiutare per la gravidanza.-

-Kat, ma è meraviglioso! E’ il primo segno di riavvicinamento che abbiamo avuto in cinque anni! E tu volevi partorire in casa. Non in un ospedale costruito da Capitol: sarebbe perfetto.-

-E se qualcosa andasse male? Se perdesse la testa proprio mentre sono in travaglio?- mormoro, guardandolo preoccupata.

Lui sospira, baciandomi la fronte. A volte mi chiedo come faccia a sopportarmi, come riesca a sopportare le mie paure, le mie ansie, i miei incubi sempre dietro l’angolo.

-Come ti devo far capire che questo bambino non potrebbe essere più al sicuro di così? Sai che non ammiro tua madre. Anzi la detesto alquanto: ma se lei ha proposto una cosa del genere dovresti semplicemente ringraziare il fatto che sta cercando di tornare da te. Non si sarebbe mai proposta se non fosse stata certa di sopportare una tale responsabilità.-

So che ha ragione ma mi porto le mani sul ventre, preoccupata. So che mia madre è capace, so che, in fondo, mi vuole bene e vorrà bene al bambino che verrà. Ma sono disposta a correre il rischio?

No.

-Voglio un’altra ostetrica. Trova un’altra ostetrica.-

-Kat…-

-Ci ha lasciato morire di fame, Peeta. Non lascerò che uccida mio figlio. E’ stata tutta una sciocchezza, non dovevo chiamarla, non dovevo invitarla a questo matrimonio. Ci sarà lei e… e non ci sarà Prim e saremo tristi, lei sarà triste perché ero io a dover morire e non Prim. Prim, la mia dolce Prim. Lei si doveva sposare, lei sarebbe stata una madre, una moglie fantastica. Non io. Guardami Peeta. Guardami. Sono… sono…- non trovo parole per definirmi, per definire quanto sono a pezzi, quanto sono STANCA. Stanca perché il dolore sembra sempre alla porta anche adesso che dovrei essere felice, perché Lui è felice.

Peeta mi stringe in uno dei suoi abbracci soffocanti e mi mormora parole dolci all’orecchio.

-Sei il mio miracolo personale, Katniss Everdeen. Sarai la mia imperfetta moglie e la mia imperfetta madre. Ma io amo ogni tuo difetto, ogni tua espressione arrabbiata, ogni tuo capriccio. Cercheremo un’altra ostetrica, se vorrai. Ma ti prego Katniss: sii felice, perché mi stai uccidendo. Perché sto iniziando a pensare che questo bambino ti stia spezzando di nuovo. E la colpa è solo mia.-

Lo guardo con le lacrime agli occhi: gli sto togliendo il suo sogno, la sua gioia di essere padre. Ma io sono indecisa tra l’essere felice e l’essere terribilmente disperata da questa nascita: ho paura, ho sempre paura. Ma io voglio dare a Peeta questo bambino: se lo merita. Si merita di essere felice, di essere padre. Lentamente lo trascino al piano di sopra, davanti alla stanza proibita. La camera di Prim. Prendo un bel respiro e la apro, mentre Peeta mi guarda basito. Tutto è rimasto come lei l’ha lasciato. Il libro di medicina aperto e il quaderno degli appunti pieno di correzioni e di miglioramenti. L’unico cambiamento era una scatola impolverata, lasciata da una Katniss depressa a prendere polvere. Mi avvicino alla finestra e la apro, automaticamente: il suo odore se ne andrà presto. Tolgo le coperte al letto, rifacendolo mentre Peeta mi guarda in silenzio. Rifaccio i letto, meccanicamente. Mi avvio alla sua scrivania e inizio a impilare i libri, accarezzandoli, cercando di imprimere nella memoria la sua scrittura. Un libro mi cade e la mano di Peeta lo raccoglie, veloce. In silenzio, mi aiuta a liberare gli scaffali.

-Katniss, che cosa stiamo facendo?- mormora lui, dopo ore che siamo lì, dopo che le lacrime scendono copiose dalle mie guance: non me n’ero accorta.

-Alla bambina servirà una camera, non trovi?-

 

 

Piango anche io ragazzi.. questo capitolo è una fase di passaggio che ci doveva assolutamente essere nel corso della fic: il “ recupero” del rapporto con la madre di Kat e, finalmente, l’accettazione da parte della nostra DURA DURISSIMA Ghiandaia imitratrice. Peetino d’ora in poi potrà esprimere i propri dadfeels senza farsi mille paturnie mentali! Riusciamo ad arrivare ad almeno 6 commenti? Su, su bimbi miei:D Sennò vi punirò malvagiamente! Muahahahah! Un bacio! PS: Nell’altro capitolo ho messo il link da cui potete vedere il disegno di Matt&Jane

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Capitolo 19
*** Così sembra ***


Oddio, io vi amo tantissimo! Cioè… nel senso… siamo passati da 62 commenti a 75!! E molti di voi mi hanno messo tra i loro autori preferiti *Vale prende un fazzoletto e tampona i fiumi di lacrime dai suoi enormi occhioni marroni*. Ok, ok mi devo calmare e ora vi lascio a questo altro capitolo. Inoltre vi volevo avvisare del fatto che da ieri ho pubblicato un altro parto della mia mente malata: Torna da me. E’ una What if su cosa sarebbe successo se la nostra Kitkat idiota fosse stata sottoposta al depistaggio e non Peetuccio adorato che noi tutte amiamo. Una strappa feels, insomma! Passate se avete voglia: ora allietatevi con il capitolo, io sto zitta. Un bacio e ancora GRAZIE.

 

-Katniss!!! Katniss cara, MUOVIAMOCI. Siamo in ritardo! In tremendo RITARDO! Avresti dovuto chiamarmi settimane fa! Come faccio, come faccio?! Dov’è Haymitch quando serve?! Haymitchhhhh!!!-

Perché. Diavolo. Ho. Chiamato. Effie. Trinket. Per. Organizzare. Il. Mio. Maledettissimo. Matrimonio.

Perché, Katniss? Non hai già abbastanza sofferto nella tua breve vita per farti venire il mal di testa a causa di quella donna pazza? E’ solo che le vuoi bene, altrimenti l’avresti già stesa con una freccia nel collo. Peeta mi guarda scioccato quanto me e non sa come reagire alla follia organizzativa di Effie. La situazione, a quanto l’ha definita lui, è comica.

Comica un cacchio.

Effie mi ha già trovato almeno venti abiti da sposa da provare e ha dieci idee diverse per il buffet: questo è il mio più grande incubo, vorrei quasi piangere. Ma Peeta non mi abbandonerà in questo, o no. Lui ha avuto la dannata idea di sposarmi e lui verrà a fare le compere e le follie matrimoniali di Effie con me.

-Effie, non ti sembra di esagerare? Non abbiamo una vera data, abbiamo tutto il tempo del mondo.- dice lui, cercando di calmare la nostra accompagnatrice.

-Non prima che la pancia di Katniss diventi ancora più evidente?-

Ancora più… io la ammazzo! Peeta ridacchia nervoso, tappandomi la bocca con la mano. –Sì certo ma…. Che ne dici se oggi decidiamo io e te, noi due soli soletti, il menù mentre Katniss va a prendere la madre alla stazione? Giuro, avrai la mia più completa attenzione. Siamo d’accordo?-

-Tu non sei la sposa…- borbotta Effie, guardandomi male.

-Saremo la sposa più perfetta tra gli uomini.- dice lui, sorridendo raggiante. La cosa triste è che ha ragione. Di sicuro sarà più sposa di me.

-E va bene, così sia. Comunque Katniss dovrebbe andare lo stesso a prendere la madre.-

-Grazie, Effie. Giuro che stasera proverò tutti i vestiti che vorrai, ok?- le dico, cercando di sorriderle.

-Sarà meglio, signorina. Gli ospiti arriveranno in pochi giorni. Tutto deve essere perfetto!!!-

-Ma non abbiamo neanche mandato gli inviti, solo telefonato…- dico io, pensando subito a Gale. Glielo devo dire, gli devo chiedere di venire. Anche se magari si rifiuterà.

-Non c’è tempo! Ora vai!- mi intima lei, mentre anche Peeta, con gli occhi al cielo, mi fa cenno di andare.

 

 

Eccolo. Il treno che arriva direttamente dal distretto 4.

Cinque lunghi anni senza vedere mia madre, la donna che mi ha messo al mondo, la donna con cui ho condiviso i momenti più felici e tristi della mia vita è lì. Non giudicarla Katniss, non giudicare il suo dolore, il suo abbandono perché anche tu eri depressa dopo la morte di Prim.

Anche tu non riuscivi a muoverti, non riuscivi a mangiare.

Volevi solo morire.

Ora sei più forte, diventerai una moglie, una madre. E lei è qui con te.

E’ lei la prima a scendere dal treno e non posso fare a meno di notare quando sia invecchiata in questi cinque anni. I suoi capelli sono ormai più bianchi che biondi e suo volto ha delle piccole rughe, sotto gli occhi le borse non so se per le lacrime o per la stanchezza del lavoro in ospedale. Forse per entrambi. Ci guardiamo per un attimo e non so davvero che fare. Ma poi lei mi sorride e io non posso fare altro che correre ad abbracciarla. Devo trattenere le lacrime. Sii forte, Katniss.

-Ciao Katniss.- mormora lei, non lasciandomi andare.

Mi stacca solo per vedere quanto sono cambiata, quanto sono cresciuta e il suo sguardo si ferma sulla mia pancia. Sorride, come non glielo vedevo fare da anni. Le sorrido di rimando, tormentandomi la treccia.

-Quindi diventerò nonna, eh?-

-Così pare. Vieni, Peeta ti aspetta a casa e così tutti gli altri. La tua camera è sempre la stessa, non l’ho toccata.-

Mi afferra il braccio che le porgo e insieme, per la prima volta, camminiamo nel nuovo distretto 12. Non le dico che il Prato è una fossa comune, non servirebbe a nulla, solo a farla stare più male. Ad ogni piazza, ad ogni albero sorride e saluta la gente che si ferma a parlare con lei: la guaritrice è mancata al distretto. Sembra quasi serena, ma non riesco a fidarmi totalmente di lei, sono pronta a un suo crollo. In ogni secondo.

Apro la porta di casa, chiamando a grande voce Peeta che ci raggiunge subito, alzandosi da un tavolo pieno di almeno venti varianti per il nostro buffet. Effie è sparita, forse è andata a staccare dalla bottiglia Haymitch.

-Grazie, mi hai salvato.- mi mormora all’orecchio, dandomi un bacio. –Helen. E’ un piacere averla qui.- dice, salutando mia madre e prendendola la piccola valigia che ha portato.

-Vieni, mamma, andiamo in camera tua.- le dico mentre saliamo al piano di sopra.

Ma ,ovviamente, lei si ferma davanti alla porta della Sua camera. Ho un attimo di panico, non so che fare. La trascino via?

-Ma…-

Peeta mi interrompe, lanciandomi uno sguardo significativo. “Lascia che la veda, lascia che si renda conto che la vita continua”. Mia madre apre lentamente la porta e vede la stanza di Primrose vuota. Eccetto che per il dipinto enorme del fiore da cui il suo nome deriva: Peeta l’ha dipinto durante questi tre giorni. L’ho trovato bellissimo. Lei si avvicina al muro e lo accarezza, mentre alcune lacrime solcano il suo viso: crollerà? E’ questo il momento?

-Mamma… stai bene?-

Ma lei non mi ignora, non crolla. Annuisce lentamente e si gira, sorridendo a Peeta.

-L’hai fatto tu?-

-Sì, signora. Io e Katniss abbiamo pensato che Prim avrebbe adorato il fatto che il bambino dormisse qui, nella sua vecchia stanza.-

-Oh sì. L’avrebbe adorato. Sarebbe stata felice di diventare zia.-

Sorride di nuovo, guardando fuori dalla finestra.

Stai calma, Katniss. Tua madre non crolla.

 

 

-Su, Katniss. Ancora qualche vestito e abbiamo finito. Sei SICURA di non aver trovato neanche uno che ti piace?-

-Sicura Effie. Questi vestiti sono troppo… troppo.-

-Ma sono bellissimi! Certo, io ti avrei voluto vedere con addosso i vestiti che Cinna aveva fatto per te ma tu…-

-Effie, te l’ho detto. Erano stati confezionati per un matrimonio falso, questo sarà vero. Lo vogliamo entrambi e si farà, senza che Capitol City ci metta il naso di mezzo.-

-Va bene. Raggiungo un attimo tua madre di sotto, sta prendendo l’ultimo abito. Tu stai qui, buona e ferma, ok?-

Annuisco sospirando e sedendomi. Mi tocco la pancia e sento che la fame sta diventando sempre più insopportabile.

-Anche tu hai fame, eh? Dio, ucciderei per avere un pezzo di pane.-

-Pssst, ehi. Desiderio accordato.-

Mi volto sobbalzando e vedo Peeta che sguscia dentro la futura camera del bambino e mi porge una focaccina al formaggio: gli sorrido e la divoro in un secondo.

-Tu non dovresti essere qui.-

-Non dovrei, vero.- dice lui, sorridendomi malizioso e baciandomi la spalla nuda: sono solo in biancheria intima. Maledetto ragazzo.

-Vai via, Peeta…- mugugno, poco convinta. –Effie e mia madre ti uccidono se ti vedono qui dentro.-

-Giammai… Trovato il tuo vestito da sogno?-

-Posso venirci in tuta, no?-

-Ti preferisco con questo completino, a dirla tutta.- dice lui, ridacchiando e poi prendendomi il volto tra le mani. –Saresti bellissima anche con una busta della spazzatura addosso, non metterti mille problemi in testa, ragazza di fuoco.-

Sentiamo i passi delle altre sulle scale e spingo via Peeta fuori dalla stanza: ho il terrore di Effie, sul serio.

-Ti amo…- mi sussurra lui sulle labbra e io non posso fare a meno che rispondergli un anche io che quasi non si sente.

Fa appena in tempo a sparire nel corridoio che le “mie donne” arrivano. Mia madre ha in mano un altro abito che sembra molto meno appariscente dei precedenti: magari è quello buono. Sospiro mentre, per l’ennesima volta, mi lascio vestire da quelle mani esperte. Non ho il coraggio di guardarmi allo specchio. Fa che vada bene. Fa che vada bene.

-Oh, Katniss…- mormora Effie, estasiata. Ma l’ha fatto per tutti gli altri vestiti, quindi non mi colpisce.

Quello che mi colpisce è la voce di mia madre che mi dice: -Apri gli occhi, Katniss. Guardati.-

Il vestito non è lungo, pomposo. Mi arriva appena sotto il ginocchio ed è color panna: ha lo scollo a cuore, decorato con del pizzo, ma non è esagerato, è elegante. La decorazione parte dallo scollo per poi abbracciare i fianchi e forma quasi una cintura, ricongiungendosi sul mio ventre. Non ha le maniche e quindi si intravedono le cicatrici ma… io sono bellissima. E per la prima volta in questi mesi me ne rendo conto: mi sposo.

-Mi sto per sposare.- mormoro, un sorriso mi illumina il viso.

-Così sembra.- mi dice mia madre, stringendomi la mano.

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Capitolo 20
*** Gli ospiti ***


-Mi sto congelando, quando arriva il loro treno?- borbotto, stringendomi a Peeta che cerca di riscaldarmi invano.

-Su, amore. Avevano un leggero ritardo ma tra poco arriveranno tutti. Proprio tutti, eh?-

Sbuffo alzando gli occhi al cielo: Peeta si era praticamente strozzato con la sua cioccolata calda quando gli avevo annunciato che Gale aveva accettato di venire al matrimonio. Era sicuro che avrebbe gentilmente declinato l’invito così come lo ero io: invece aveva risposto di “sì”, che ci sarebbe stato per me nel giorno più importante della mia vita. Sorprendente visto che durante la nostra ultima “ conversazione” aveva scoperto per vie traverse che io ero incinta del suo ex rivale in amore: ma era andato avanti, o perlomeno così voleva far credere. Ero felice di riprendere i rapporti con lui ma, allo stesso tempo, la sua presenza mi innervosiva terribilmente: forse perché sullo stesso treno c’erano Johanna, Annie e il piccolo Finnick Junior. Ero pronta psicologicamente alla faccia  e ai commenti di Johanna sulla mia gravidanza che ormai era innegabile. Facesse tutte le battute più idiote del mondo, ero pronta e assolutamente focalizzata sul non imbarazzarmi.

-Non mi preoccuperei di Gale se fossi in te: concentriamoci su Johanna. Dovremo fare a tutti la fantastica sorpresa.-

-Mmm sono solo preoccupato per una cosa.-

-Ovvero?-

-Beh a parte per il fatto che Hawthorne provi a metterti le mani addosso, e in quel caso non esiterei ad ucciderlo, ma poi comunque… la gente non penserà che ti sposo solamente perché…beh, insomma, perché sei incinta?-

Lo guardo totalmente stupita e per un momento penso che mi stia prendendo in giro: ma il mio ragazzo del pane è serio, pensa davvero a ciò che direbbero le persone. Non pensa di dimostrarmi il suo amore abbastanza da far pensare che ci sposiamo non solo per il bambino, ma perché vogliamo stare insieme l’uno con l’altra, per tutta la vita.

-Peeta.. che dici? Non penso che qualcuno sappia amare come te o più di te: tu sei assolutamente fantastico e il tuo amore nei miei confronti è così sincero, così totale che nessuno penserà che il nostro sia un matrimonio riparatore. Poi se vuoi, posso tirare in dentro la pancia per non far vedere niente.- gli dico, ridacchiando.

-No, sei pazza? Gli faresti del male!- mi dice subito, toccandomi la pancia.

-Dio, quanto ci caschi in fretta. E’ quasi troppo facile.- gli dico mentre lui mi fa una finta occhiata da offeso.

-Arrivano: pronta?- mi chiede, appena vediamo il treno che inizia a rallentare sui binari.

-Li dovremo sopportare per poco giusto? E dormiranno nella tua vecchia casa, vero?-

-A meno che tu non voglia avere una prima notte da sposati molto particolare…-

Gli sto per rispondere a tono quando sento urlare il mio cognome: Johanna si sta sbracciando fuori dal treno, ovviamente è stata la prima a scendere. E deve aver saputo che anche Gale sarebbe venuto perché, cristo, penso che abbia messo la maglietta più scollata che aveva. Infatti il mio amico la segue subito, in viso un’espressione sconvolta: penso che sia stato violato nella sua intimità diverse volte in quelle ore sul treno; quasi provo pena per lui. Subito dopo vedo sbucare Annie e, dietro di lei, la testolina ramata che appartiene di sicuro a Finn: è dal Natale scorso che non lo vedo, ho quasi paura di vedere quanto è diventato alto e simile al padre. Infatti appena riesco a scorgere il suo viso sorridente che mi saluta il cuore mi fa quasi male per la somiglianza con il mio amico: ancora sogno ciò che è successo nei tunnel di Capitol e ancora mi odio per averlo lasciato indietro.

-Zio Pee!- urla lui, correndo verso Peeta che subito lo afferra e lo fa saltare in aria, riprendendolo subito.

-Peeta… attento, per favore!- mormora Annie preoccupata ma allo stesso tempo divertita dalla scena , la solita che si propina da anni, ogni volta che vengono a trovarci al 12. –Ciao Katniss, come stai?- mi chiede la mora, sorridendomi e abbracciandomi.

-Lasciane un pezzo anche a me!- ruggisce Johanna, dandomi una pacca sulla spalla a mo’ di saluto.

-Mi avrai tutta per te per i prossimi giorni… sempre che non mi rompi qualcosa con quelle pale che chiami mani!- borbotto io, massaggiandomi.

-Quante storie, Everdeen! Beh andiamo a casa o restiamo qui a congelarci? Dio, e pensare che è settembre! Stupido distretto 12.-

Johanna blatera lamenti e battutacce nel mentre che segue Peeta sulla via per casa nostra. Gale mi si avvicina, un’espressione preoccupata sul volto.

-Ehi.- lo saluto io: lo abbraccio o non lo abbraccio? Imbarazzo.

-Ehi. La tua amica è un po’… particolare.-

-L’hai già conosciuta nel 13, non ricordi?- dico, ridacchiando divertita.

-Oh sì. Ma non pensavo fosse così fuori di testa…Mi sento alquanto imbarazzato da lei.-

-Ti ha praticamente violentato, immagino.-

-Praticamente.-  dice lui, ridendo insieme a me e grattandosi la testa. –Comunque… mi dispiace di averti urlato contro l’ultima volta. Non volevo, sul serio.-

-Non potevi saperlo, volevi solo proteggermi. A me dispiace di non averti salutato meglio.-

-Quindi possiamo arrivare alla conclusione che siamo idioti, giusto?-

-Probabilmente. Andiamo a casa, su, o penseranno che stiamo cospirando contro di loro.-

-Andiamo.-

 

 

Giustamente non appena mi sono tolta la giacca Johanna mi ha guardato come se fossi un alieno venuto da Marte.

-Oddio. Cos’è quella?-

-Quella cosa?- chiedo, cercando di fare l’indifferente.

-O il tuo metabolismo è cambiato all’improvviso oppure hai mangiato un’ anguria intera.-

-Non penso che Katniss abbia fatto nessuna delle due cose.- dice Annie sorridente mentre prende una brioche per Finnick, affamato dal viaggio. –Congratulazioni ragazzi.-

-Penso che Annie abbia fatto centro, sai Johanna?- dico io, trattenendomi dal ridere per l’espressione della mia migliore amica che subito guarda Peeta, scioccata.

-Come diamine hai fatto a convincerla? Cioè, le hai dato una padellata in testa e hai fatto le tue porcate, giusto?!-

-Johanna!- urliamo io ed Annie insieme mentre Gale sta cercando una pala per sotterrarsi. Non deve essere facile per lui tutta questa situazione: per niente. Ma lui è voluto venire: non l’ho costretto e non posso nascondere la mia felicità per farlo stare bene.

-E’ bastato solo il mio charme.- dice Peeta, facendo uno dei suoi migliori sorrisi.

-Oh siete arrivati, finalmente!- urla Effie, entrando dalla porta di ingresso con mia madre e un Haymitch con un’aria davvero depressa e con almeno 4 sedie tra le mani: stiamo cercando organizzare il vialetto del Villaggio dei Vincitori in modo che sia pronto ad accogliere gli ospiti di domani. Un lavoro che sarebbe stato molto più semplice nelle nostre menti, ma non in quella della nostra organizzatrice capitolina.

-Oh Haymitch, guardati sei adorabile! Sei un wedding planner oramai!- esclama Johanna, divertita dalla scena.

-Giuro, Mason, che se non tappi subito la bocca io…-

-Haymitch, Johanna! Zitti! Potete scannarvi più tardi, quando TUTTO sarà pronto. Voi due.- dice Effie, guardando me e Peeta con uno sguardo omicida. –Dormirete separati stanotte. Peeta non puoi vedere la sposa prima della cerimonia, sono stata CHIARA?-

Credetemi. Non vedo l’ora che questa storia finisca.

 

Salve ragazziiii! Scusate per questa mezza cagata ma è un capitolo di passaggio, il prossimo sarà il matrimonio:D e fidatevi, sarà lungo e schifosamente romantico <3 ditemi comunque che ne pensate, un bacio! PS: so che alcune di voi mi avevano chiesto di non far partecipare Gale al matrimonio ma sarebbe andato contro il mio tentativo di riavvicinarli, quindi non linciatemi! Un bacio:)

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Capitolo 21
*** Sempre ***


Pov Katniss

-Katniss. Katniss, tesoro ti devi svegliare.-

Apro lentamente gli occhi e vedo il viso di mia madre che, per una volta dopo tanto tempo, è raggiante. Sembra che il dolore e gli anni di povertà che sono passati abbiano preso un giorno di vacanza rendendo nuovamente mia madre la donna di cui mio padre si innamorò 24 anni fa.

-Ho ancora sonno.- borbotto.

-Sì, ma oggi ti sposi.-

O merda, è vero. Subito riemergo dalle coperte e il mio cuore galoppa per il nervoso: tranquilla, Katniss. Andrà tutto bene. Oggi è il giorno: il tuo giorno. Un giorno che non pensavi sarebbe mai arrivato perché tu non hai mai voluto un matrimonio o dei figli, mai nella vita. E invece poi ti sei offerta volontaria per andare nell’arena al posto di tua sorella e quel ragazzo, quel Peeta Mellark, ti è entrato irrimediabilmente nell’anima, condannandoti per sempre. Sorrido al solo pensare al mio ragazzo del pane e alla sua ansia: deve essere tutto perfetto per lui, immagino che ora non sia più convinto del vestito che ha scelto o pensa di non essere abbastanza per me.

Sciocco. Lui è più di quanto io potessi mai meritare nella vita.

All’improvviso sento dei passi pesanti nelle scale e una voce sin troppo familiare che urla “Damigelle! Fate spazio alle dannatissime damigelle!!” e  una Johanna Mason assolutamente entusiasta irrompe nella mia camera da letto con, a seguito, una Annie che fatica a starle dietro: ha già il fiatone.

-Con calma, Johanna. La cerimonia è solo tra tre ore.- le dico, sbadigliando e stiracchiandomi un poco mentre scendo dal letto.

-Everdeen, ti sei vista? Cristo, tre ore sono poche per rendert…-

-Johanna! Shhhh- la zittisce Annie e poi mi guarda dolcemente – Inoltre, abbiamo una sorpresa per te.-

Guardo incuriosita la mia amica che apre di nuovo la porta della mia camera, rivelando un ospite decisamente inatteso: Jane. Se ne sta lì, sulla porta, imbarazzata in un bellissimo vestito rosa pesca e non sa che fare. Il matrimonio le dona, sembra molto più radiosa e dolce di come me la ricordavo e, nel vederla, mi stupisco nel sorriderle e mi precipito ad abbracciarla: ovviamente, lei non se lo aspettava. Ricambia il mio abbraccio e per qualche secondo non diciamo una parola.

-Sono felicissima che tu sia qui.- le mormoro, in modo tale che possa sentire solo lei. –Significa molto per me.-

-E’ merito tuo se Matt è ancora vivo… scusa se non abbiamo risposto all’invito ma siamo totalmente impegnati nel costruire di nuovo una vita pseudo normale e sino all’ultimo non sapevo se venire o no. Pensavo che non ti avrebbe fatto piacere.-

-Scherzi? Comunque, l’importante è che tu sia qui. Ma Matt dov’è?-

-E’ nella casa degli uomini, Haymitch l’ha trascinato con se, si stavano già preparando.-

-E anche noi dovremo muoverci!- esclama l’uragano Effie, entrando nella camera.

Troppa gente, troppe ore che ancora mi separano dal mio ragazzo del pane. Fatti forza, Katniss. Ancora poche ore.

 

Pov Peeta

Sono felice che Matt sia qui e che stia bene, che rida e che scherzi su Haymitch che, immancabilmente, fa battute sulla sua disabilità. E’ fatto così. Dio, chissà come starà Katniss in mezzo a tutto il trucco e parrucco… nelle mani di Effie e di Johanna. Ma sì, Peeta, ci sono con lei sua madre e Jane, sopravvivrà  anche a questo. Indosso lo smoking nero che ho preso una settimana fa nella sartoria in centro città e mi guardo allo specchio. Non sono convinto.

-Sei un figurino, ragazzo.-

-E se cambia idea?- mormoro io.

-O smettila. Vieni qua, ti aiuto a mettere la cravatta.- mi avvicino e il mio mentore, ciò che è più vicino ad un padre per me, traffica con il mio colletto. –Non cambierà idea. Ricordati solo del primo giorno in cui l’hai vista, di ciò che avete passato insieme. Sai quelle fesserie riguardo al sentirla cantare eccetera, no?- mi dice Haymitch, burbero.

Sorrido e lo abbraccio. –Grazie Haymitch. Per tutto.-

Non mi risponde ma mi da una pacca sulla spalla e mi sembra che, per un attimo, si schiarisca la gola, commosso. Sì, Haymitch, ti voglio bene anche io.

Pov Katniss.

-Bene, ora sei perfetta!- dice Effie, studiandomi da lontano.

Non mi sento perfetta, il mio cuore sta esplodendo e ho paura di guardarmi allo specchio: vorrei essere da sola in questo momento o al massimo con Prim. O con mia madre. E invece le mie amiche non decidono ad andarsene, rimanendo lì a guardarmi incantate. Hanno lasciato i miei capelli sciolti, senza racchiuderli in nessuna acconciatura particolare e il mio vestito mi ricade leggero sul corpo ammorbidito dalla gravidanza. Annie ha truccato il mio viso, donandomi una collana proveniente dal distretto 4, blu mare.

Ho qualcosa di blu.

Mia madre mi ha dato un bracciale di perle appartenente a sua madre.

Ho qualcosa di vecchio.

Jane mi ha prestato degli orecchini che Matt gli aveva regalato anni fa, sono sempre di perle e si abbinano al mio bracciale.

Ho qualcosa di prestato.

Johanna, senza smentirsi, si è occupata della mia biancheria, rigorosamente in pizzo, per la notte di notte.

Ho qualcosa di nuovo.

Niente dovrebbe andare male a questo punto, giusto? Eppure, perché sono così nervosa? Guardo mia madre e lei mi sorride, mimando un “ sei bellissima”. Voglio stare sola con lei, voglio godermi un attimo la mia mamma, solo per un momento.

-Ragazze, potreste uscire per favore? Vorrei stare sola un attimo con mia madre.-

-Ma certo!- esclamano tutte in coro, trascinando via Effie e Johanna che vorrebbero sistemare ancora qualche dettaglio. Ma in pochi secondi, grazie al Cielo, io e mia madre siamo sole nella camera.

Subito lei apre le sue braccia e io mi ci tuffo dietro, trattenendo le lacrime per non rovinare il trucco. Lei mi accarezza dolcemente la schiena, mi sento di nuovo bambina, una bambina che aveva poco ma che era felice. Prim era ancora viva, mio padre era ancora vivo, mia madre rideva ancora.

-Vorrei tanto che fossero qui…- mormoro, anche se so che con questa frase le farò probabilmente del male.

-Loro sono qui, sono sempre con noi. Solo che non li vediamo, ma li possiamo sempre sentire se chiudi gli occhi per un attimo. Non ci hanno mai abbandonato, Katniss. Solo che le cose dovevano andare così… ed io l’ho accettato solo quando ho saputo che la vita può nascere ancora, anche in questa famiglia…- mi dice, sorridendo e accarezzandomi il ventre. – E’ merito tuo, Katniss. Tu sei riuscita ad andare avanti. Tu, hai creato di nuovo la vita.-

-E se non fossi una buona madre…e se morisse?- chiedo io. Dopotutto, tutte le persone a me care sono morte.

-Non le succederà niente, tesoro mio. Tu non sei me, tu sei forte.-

Sento la porta bussare e ciò mi trattiene dal piangere. Haymitch, elegantissimo nel suo smoking blu notte, entra timidamente e rimane per un attimo basito dalla mia figura.

-Wow, dolcezza. Così stendi quel povero ragazzo.-

-Haymitch, idiota!- dico io, ridendo imbarazzato.

Il mio mentore mi porge il suo braccio forte e sicuro. Il braccio di un padre.

-Andiamo, dolcezza?-

-Andiamo.-

POV PEETA

Arrivo al vecchio palazzo di giustizia, totalmente ristrutturato durante questi cinque anni, e vedo che, sorprendentemente, c’è un’ enorme folla ad attenderci. Sento il braccio sicuro di Effie che mi sorride e mi conduce all’esterno, dove aspetterò lei, la mia Katniss. Non posso fare a meno di tornare indietro al giorno della mietitura e non posso fare a meno di pensare a quanto adesso la situazione sia differente. La gente mi sorride, è vestita a festa e molti allungano il collo per vedere finalmente il lieto fine degli innamorati sventurati del distretto 12. Tutto ciò è stato possibile solo grazie a Katniss, solo grazie al suo coraggio o al caso di essersi ritrovata ad essere il leader, il volto della rivolta.

Anche se lei non l’ha mai voluto.

Effie mi lascia un delicato bacio sulla guancia e si allontana da me che aspetto davanti alla porta dell’edificio. E poi lei arriva. Ed è splendida.

I suoi capelli scuri sono sciolti e i suoi boccoli solo così definiti e morbidi che nella loro semplicità fanno battere il mio cuore mi velocemente. Il vestito è color panna, non è tradizionale, lungo, le scende sino a poco più in su delle ginocchia e lei non guarda nient’altri che me. Il suo pancino è ben visibile, sotto la stoffa. I nostri sguardi si incrociano e mi obbligo a non piangere come un bambino per la felicità: lei è mia, lo sarà tra pochi secondi. Katniss Everdeen sarà mia. Ma in fondo, non lo è sempre stata da quel bacio sulla spiaggia?

Haymitch unisce le nostre mani in una stretta e giuro su Dio che ho visto due lacrime scendere sulle guance rugose del nostro vecchio mentore. Le porgo il mio bouquet e lei mi sorride, ancora più radiosa… Sarai mia.

Mia. Mia. Mia.

POV Katniss.

Il mio cuore batte ancora più velocemente mentre afferro il bouquet che Peeta mi porge: è fatto interamente delle margherite che crescono nel Prato e di denti di leone. Stringo forte la sua mano e ci dirigiamo insieme verso la sala principale del Palazzo di Giustizia per mettere le firme sui documenti. Il nuovo sindaco ci sorride dolcemente, anche lui emozionato. Finalmente anche noi avremo un lieto fine.

-Io so che non si fa nessun discorso, prima di mettere delle semplici firme su questi pezzi di carta. Ma voi, ragazzi, voi siete il simbolo della speranza. Sino a pochi anni fa, nessuno avrebbe mai potuto sperare che il nostro distretto, la nostra casa, potesse risorgere di nuovo. Nessuno avrebbe mai sperato che la maledetta mietitura sarebbe stata cancellata e che i nostri figli sarebbero di nuovo potuti essere sani e salvi. E questo lo dobbiamo interamente a voi e alle persone che si sono sacrificate per la causa della libertà: vi abbiamo visto spezzati ma siete rinati dalle vostre ceneri ed ora- con un gesto gentile delle mani indica il mio ventre- da voi nascerà una nuova vita. Vi meritate tutta la gioia del mondo ragazzi ed è con grande gioia che vi porgo questa semplice penna per iniziare ufficialmente la vostra vita come marito e moglie.-

Peeta afferra con sicurezza la penna e firma sotto il suo nome e, dopo avermi dato un bacio sulla guancia, me la porge. Prendo un bel respiro e firmo anche io. Il piccolo Finnick richiama la nostra attenzione porgendoci le nostre semplici fedi in oro con incisi i nostri nomi e, con tutta la forza che ho, metto l’anello al dito di Peeta. Premo così forte che gli faccio scappare un “Aia”, suscitando le risate degli spettatori. Lui bacia infinite volte il mio anello e la mia mano per poi compiere lo stesso gesto.

-Ho l’onore di dichiararvi marito e moglie. Peeta, puoi baciare la sposa.-

Peeta afferra subito il mio volto bagnato dalle lacrime e mi bacia e sento la sua lingua che incontra la mia e rispondo con passione, stringendomi a lui e portando i nostri corpi a contatto. Ora è mio.

Alla fine sembra che io abbia davvero meritato il ragazzo del pane.

 

 

POV PEETA

Ancora non riesco a crederci.

Sono sposato. Sposato con Katniss Everdeen, o meglio con Katniss Mellark. Mi suona terribilmente bene. Sono distrutto, a pezzi e non vedo l’ora che il banchetto organizzato da Effie finisca ma non mi sono mai separato da mia MOGLIE neanche per un secondo. Ho sempre trovato il modo per non lasciare la sua mano e non l’ho mai vista così bella, così felice, così sorridente.

-Non sembri neanche tu oggi.- le mormoro all’orecchio, mentre lei ha appena finito di ridere per il ballo di Haymitch con un Effie incredibilmente brilla. Mi piacciono quei due insieme.

-Cosa stai dicendo, Mellark? Che gli altri giorni sono un’acida arpia?- mi dice lei, baciandomi leggermente il collo.

-Non sei di certo uno zuccherino, dolcezza.- le dico, ridacchiando e scansando uno suo scappellotto. –Ti amo…- le dico forte e chiaro.

Lei mi sorride e non mi sembra di poter fare a meno di quegli occhi grigi anche solo per un momento.

-Ti amo anche io...-

Sorrido e guardo Matt e Jane che, in un tavolo un po’ lontano dalla folla, si accarezzando, mormorandosi parole che solo loro possono sentire.

-Sembrano felici.- mi dice Katniss, capendo subito cosa sto osservando.

-Lo sono. Sono felice che siamo riusciti a salvarli.-

-Tu sei riuscito a salvarli. Io sembravo solo una pazza isterica.-

Sbuffo, alzando gli occhi al cielo e le bacio delicatamente la fronte.

-Che ne dici se salutassimo tutti? Ho voglia di pane.-

-Non sono mai stata così d’accordo con te- mormora lei sorridendomi.

Pov Katniss

ci abbiamo messo almeno venti minuti a lasciare il banchetto e io e Peeta abbiamo riso vedendo Haymitch che portava a casa sua una Effie totalmente ubriaca: i ruoli si sono invertiti per una volta.

Ora guardo mio marito, sembra così strano dirlo, che taglia il pane fragrante che ha probabilmente cucinato stamattina, mentre io preparo la griglia su cui arrostirlo. Ci sediamo l’uno accanto all’altra al fuoco e mettiamo le due fette sulla brace ma i miei sguardi sono tutti per lui, per il suo viso ben delineato, per i suoi occhi azzurri di cui mai mi stancherò, di quei capelli biondi che vedrò diventare bianchi.

Io invecchierò con Peeta Mellark, noi avremo una famiglia insieme. E per la prima volta sento una vera felicità che sconfigge tutte le mie paure sull’essere madre: sono felice, perché Peeta è con me e lo sarà sempre, non se ne andrà.

-Tu non te ne andrai. Resterai.- mormoro io, quasi colta di sorpresa da questa rivelazione.

-Sempre.- mi dice lui, sorridendomi dolcemente e prendendo le due fette di pane.

Ci imbocchiamo a vicenda e non posso fare altro che pensare al nostro sempre, alla nostra eternità.

Perché noi siamo rinati dalle nostre ceneri.

Perché noi abbiamo sconfitto così tante volte la Morte che ora è arrivato il tempo solo per una cosa.

Per la Vita.

 

ODDIOOOOOO! I miei fottuti feels si sconvolgono da soli nello scrivere queste cose smielate! Ho adorato scrivere questo capitolo e, sinceramente, penso che sia uno dei migliori che la mia mente malata abbia partorito. Ho totalmente ignorato Gale, me ne sono accorta ora, ma ho appena parlato di Jane e Matt che davvero non mi andava di rinserirlo, magari farò qualche accenno a lui nei prossimi capitoli: perdonatemi se vi aspettavate una sua presenza più importante ma ho davvero pensato solo ai sentimenti di Peetino e Kitkat. Riusciamo a raggiungere le 10 recensioni?! Su forza:)!

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Capitolo 22
*** She ***


-Io ci vado invece.-

-Tu non ci vai, Katniss. Pensa se cadessi. E con quella pancia non è una possibilità esattamente remota.-

-Mi stai dicendo che sono grassa?-

-Ti sto dicendo che sei moooolto incinta. Oggi ci hai messo dieci minuti solo per allacciarti le scarpe.-

-Ma ci sono riuscita.- replico io, sorridendo orgogliosa.

Mio marito mi osserva con uno sguardo divertito ma so che non mollerà: non mi lascerà mai andare a caccia e io non so che fare. Sono annoiata. Terribilmente annoiata. Ormai sono passati quattro mesi dal matrimonio e ciò significa che sono all’ottavo mese di gravidanza e sono davvero enorme. Cioè il mio corpo è rimasto più o meno quello di sempre ma i  miei poveri piedi, il mio sedere e la mia pancia sono diventati mastodontici: l’ostetrica che io e Peeta abbiamo scelto, Miss Optkins, ha detto che è normale, che i miei fianchi si allargano per prepararsi al parto. Peeta non può far altro che essere entusiasta per le dimensioni che il mio seno ha raggiunto. Pervertito.

-Kat, per favore, promettimi che non andrai a caccia, ok? Sennò rimango qui a controllarti. Sai che so marcare benissimo.-

Sospiro, alzando gli occhi al cielo: Peeta è diventato una chioccia da quando, per la prima volta, abbiamo sentito il bambino, o la bambina come pensiamo noi, calciare.  A parte non aver tolto quel sorriso da ebete dalla faccia per gli ultimi due mesi, ha iniziato a girarmi intorno per controllare ogni mio minimo movimento: era ovvio che desse di matto per il fatto della caccia.

-Ok, va bene. Non andrò.- mormoro, indispettita.

-Bravissima, tesoro. Vengo a prenderti più tardi per l’ecografia, ok?-

Sorrido e gli do un bacio mentre lui mi accarezza dolcemente la pancia prominente e poi corre via in panetteria. Mi abbandono goffamente sul divano.

Noia.

Noia.

Noia.

Ho voglia di patatine. Prendo un pacco dal ripiano della cucina e inizio a strafogarmi come se non ci fosse un domani: ti prego, piccola, nasci presto perché davvero diventerò obesa. Improvvisamente la porta si apre ed entra Haymitch che mi guarda divertito.

-Cofa c’è?- borbotto io, con la bocca piena.

-Dio, dolcezza, dovresti controllarti un minimo. Sei una donna sposata ora.-

Non rispondo ad Haymitch, sapendo benissimo che dovrei mantenere una parvenza di femminilità, ma quando Peeta non c’è tanto vale abbandonare le buone maniere.

-Comunque ho visto che la Chioccia ha lasciato il nido.- Haymitch adora prendere in giro Peeta per il suo comportamento alquanto protettivo. – Quindi, che ne diresti di andare a fare una passeggiata? Potresti anche portarti l’arco.-

-Tu sei un bravissimo uomo, lo sai?- esclamo balzando giù dalla sedia e subito “il capo” lì dentro si fa sentire, dandomi un calcio. Hai ragione, piccolo, scusami.

-Beh non penso che ci sia nulla di male se esci ogni tanto e fai scappare i conigli con il tuo passo che, credimi dolcezza, di silenzioso non ha più nulla.-

-Sai che se Peeta lo scopre ti uccide?-

-Resisterò: che poi vi ho fatti uscire vivi da due arene, non si dovrebbe preoccupare così tanto! Che poi ti manca ancora più di un mese, giusto?-

-Giusto. E devo muovermi e fare qualcosa perché sennò, davvero, temo di impazzire.-

Ondeggio verso la porta e cerco di prendere l’arco: peccato che non riesca a piegarmi a sufficienza. Per mettermi le scarpe avevo messo il piede sul letto e per questo ero riuscita, dopo vari tentativi, ad infilarmi quei maledetti stivaletti in pelle.

-Aiutino?- chiedo io, piuttosto imbarazzata.

-Mi hai appena fatto cambiare idea, sai?- mi dice il mio mentore, trattenendosi dalle risate.

-Oh dai Haymitch! Sino a cinque secondi fa eri pronto a portarmi nel bosco, felice di disubbidire a Peeta e adesso..-

-Adesso ho cambiato idea perché ho visto che non riesci neanche a chinarti per prendere il tuo arco.-

Sto per replicare quando un dolore alquanto fastidioso mi fa digrignare i denti: devo essere le famose false contrazioni di cui aveva parlato l’ostetrica qualche tempo prima. Porto una mano sulla pancia e la trovo incredibilmente dura: ma è normale, Katniss. Il bimbo sta iniziando a stare stretto lì dentro.

-Tutto ok, dolcezza?-

-Sì, Haymitch, non farti venire un collasso, sono solo piccole contrazioni. E’ normale, ormai ci siamo quasi.-

-Vuoi che rimanga qui?-

-Mmm no, vai via prima che ti prenda a pugni per avermi illuso terribilmente.-

Sento la sua risata rauca e lo sento mentre mi da un bacio sulla guancia, salutandomi con un “sei radiosa, oggi”. Radiosa un cacchio, Abernathy. Forse sarà meglio andare a farsi una doccia nel frattempo ma uno strano presentimento si insinua dentro di me: non provare a nascere oggi piccoletto. Avevo promesso a mia madre che l’avrei chiamata poco prima del parto e mancavano ancora tre settimane alla data prevista. Riesco lentamente a spogliarmi e mi infilo sotto il getto di acqua fresca ma la situazione non migliora per niente:  anzi. I dolori si fanno sempre più lunghi e frequenti. Appena uscita dalla doccia sento la porta d’ingresso aprirsi. Peeta.

-Kat? Amore, dove sei?-

-Sono su!- gli grido in risposta e dopo pochi secondi vedo mio marito sulla soglia del bagno.

-Come stai? Non sei ancora pronta? Tra mezz’ora abbiamo la visita.- mi dice lui, baciandomi il collo.

-Mmm, sono quasi pronta. Dobbiamo proprio uscire?-

-Disse la ragazza che sino a due ore fa smaniava per andare a caccia.-

Non rispondo, rivolgendogli un’occhiata piuttosto eloquente e togliendomi l’asciugamano di dosso. E poi, senza quasi accorgermene, vedo una cascata rossastra, simile a pipì, scendere dalle mie gambe. Arrossisco immediatamente. Mi sono fatta la pipì addosso davanti a mio marito. Mio marito. La persona con cui ho rapporti sessuali. Sto per sotterrarmi.

-Oddio. Peeta vai via! Non guardare, pulisco tutto io.-

-Kat… non penso che quella sia pipì.- mi dice lui, emozionato.

So che cosa intende dire ma io scuoto la testa, risoluta. Mancano ancora tre settimane. E’ troppo presto, è piccolo ancora.

-Certo che lo è. Andiamo a questa maledetta visit…. Aua!- esclamo tenendomi la mano sulla pancia. Ok, forse non era pipì.

-Ok, ok. Calma. Calma, calma, calma. Devo chiamare l’ostetrica, miss… miss…-

-Optkins , Peeta! Optkins! E giuro che ti uccido se ora perdi la testa… giuro che ti farò rimpiangere di avermi messo questo bambino in pancia per tutta a vita: chiaro?! Concentrati!-

Peeta fa dei respiri profondi e mi aiuta ad infilarmi una semplice camicia da notte mentre mi stende sul letto. Lo sento correre giù per le scale per chiamare l’ostetrica, Haymitch e mia madre. Nel mentre, io cerco di respirare lentamente, come mi aveva mostrato la Optkins qualche settimana fa. Ma sono così dannatamente scomoda. E fa male, fa davvero male. Per questo quando rivedo Peeta gli tengo le braccia per farlo avvicinare a me. Sentire il suo odore di pane e cannella mi tranquillizza.

-Ho paura- mormoro al suo orecchio.

-Andrà bene, ci sono io con te. Ci credi? Ancora poche ore e vedremo il nostro bambino.-

-E’ presto…- sussurro io, le lacrime agli occhi per il dolore e la preoccupazione. –Non ho mangiato bene, non ho dormito abbastanza. Come può star bene?-

-Hai fatto tutto quello che dovevi, Kat. E’ solo curioso di vedere la sua bellissima mamma, andrà benissimo.-

La Optkins se la prende con calma perché, effettivamente le mie contrazioni sono appena cominciate. Mia madre è salita sul primo treno disponibile ma dubito che riuscirà ad assistere al parto: forse è meglio così perché quando Haymitch prova ad entrare in camera, gli urlo tutti gli improperi peggiori del Giacimento. Voglio solo Peeta. E la dannata ostetrica.

Quando finalmente quell’idiota si decide ad arrivare, mi controlla, infilando il dito nella mia intimità e strappandomi un urlo di dolore. Penso che la mano di Peeta sarà rotta, alla fine di questo dannatissimo parto.

-Oh beh, ha fretta il piccoletto, giusto? Non penso che ci saranno problemi, dall’ecografie precedenti era comunque molto grande. Nel caso, ho già avvertito l’ambulanza e sono di sotto in caso ci siano problemi. –Brava Optkins, così mi piaci. – comunque sei già dilatata di 8 centimetri. Ancora qualche ora e dovrebbe nascere, ok?-

-Ok..- mormoro io mentre sento Peeta baciarmi la spalla nuda da dietro di me.

Ma velocemente mio marito cambia posizione e, ogni volta che ho una contrazione, mi piego su di lui che ora è davanti a me. Non si lamenta neanche una volta, anche se continuo a chiedergli scusa perché mi rendo conto che gli sto stritolando le mani.

-Scusa, scusa, scusa.- mormoro.

-Kat… penso che questo sia il minimo dopo quello che stai passando, che dici?-

-Primo e ultimo, ok?- urlo io, quando un’altra contrazione arriva, mentre lo sento ridacchiare e annuire. C’è ben poco da ridere, Mellark.

Quando la Optkins entra e mi dice che sono pronta finalmente posso spingere. Pensavo che mi avrebbe dato sollievo invece fa ancora più male e io sono davvero, davvero esausta.

-Su, Katniss, ancora un’altra spinta, ce la puoi fare.-

-No, no, no.- mormoro io, esausta mentre Peeta mi asciuga la fronte con un fazzoletto bagnato.

-Dai, Katniss, dieci minuti massimo e sarà tutto finito.-

Guardo Peeta e lui mi annuisce fiducioso e guardando quei maledetti e bellissimi occhi azzurri capisco che ce la posso fare: cosa sarà mai un bambino, in confronto alle arene e alla guerra? In confronto alle morti e alle rinascite che abbiamo passato, incontrato nel nostro cammino?

Inizio ad urlare come una forsennata mentre spingo con tutte le forze che ho nel corpo: Peeta inizia a urlare che si vede la testa. Che ha i miei capelli. Ne ha tanti. Mi concentro solo sul suo viso perché è quello che mi da forza, è per quel viso che sono riuscita a superare il terrore di quando ho sentito il bambino muoversi, è per quel viso che sono qui adesso.

E poi, con l’ultima spinta, sento delle urla che non sono le mie. Sento la risata di Peeta e le sue lacrime mi cadono sulle braccia o almeno così mi sembra perché è tutto totalmente offuscato, ovattato. Non capisco quasi cosa sia successo.

-E’ femmina.- dice Miss Optkins , sorridendo e avvolgendo MIA FIGLIA, alla fine avevamo entrambi ragione, in una copertina bianca e porgendomela in braccio.

Non pensavo che avrei potuto amare qualcuno, un qualcosa di così piccolo, così tanto. E appena vedo il suo faccino grinzoso nella mente mi passa subito questo pensiero: “Ma certo che sei tu”. Osservo incantata i pochi riccioli scuri sulla sua testolina bianca e osservo incantata le sue labbra, uguali a quelle di Peeta. Il suo ditino mi stringe forte il mignolo e io sorrido incantata: lei è forte.

Mia figlia è forte come quel dente di leone che ho visto all’uscita di scuola, millenni fa. E’ forte come la speranza che quel piccolo fiore ha rappresentato per me in tutti questi anni, lei è nata dal mio amore con Peeta, il mio simbolo della rinascita. Lei è la mia Dandelion.

-Ciao Dandy…- mormoro io, baciandole la piccola manina.

Guardo Peeta che ci osserva incantato e capisco, guardando il suo viso felice, che ho recuperato tutti i miei debiti con il ragazzo del pane, dando vita a nostra figlia.

-Che ne dici di Dandelion, come nome?-

-Lo trovo magnifico.- mormora lui, baciandomi i capelli.

Mai avrei creduto di amare qualcuno così tanto.

Perché io amo. 

E mia figlia me l'ha fatto finalmente capire.

Ooooook:) Questo capitolo non era nato per essere quello decisivo, quello del parto. E state tranquille perchè sono sarà comunque l'ultimo: ci saranno altri due capitoli almeno e comunque avevo intenzione di fare una raccolta di One Shot sulla vita di Peeta e Katniss dopo "Living again". Non vi libererete di me così facilmente:D

Vi devo delle spiegazioni, sopratutto riguardanti il nome della bimba: non potevo chiamarla Prim. Ad un certo un punto ho pensato di farlo ma poi mi sono detta: "Davvero, dopo tutto quello che hanno passato, chiamerebbero la bambina con il nome di un fantasma?" Non penso proprio. Ed ecco perché Dandelion, dente di leone, mi è sembrato il nome perfetto per la pargola. Non mi uccidete pleaseeeee|!

Grazie a chi commenta, chi mi segue e mi supporta, siete fantastici. Tutti!

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Capitolo 23
*** Our Happy Ending ***


-E’ davvero meravigliosa, tesoro. Ti assomiglia un sacco. Eccetto per le labbra, quelle sono di Peeta.-

Sorrido e mi beo della vista di mia mamma che tiene la sua nipotina tra le braccia: un evento che non avrei mai sperato di vedere nella mia vita.

-Gli occhi sono grigi, ma forse cambieranno. E’ nata solo ieri. – dico, sistemandomi sul cuscino.

-Quindi è una battaglia: azzurro contro grigio?-

-Esattamente.- dico io, ridacchiando.

Non potrei essere più felice di così in questo momento: da quando Dandy è nata, un nome strano ha borbottato Haymitch guardando la sua “nipotina” a debita distanza, sembra che il passato con i suoi incubi, con i suoi lutti, con il suo buio sia scomparso per un momento. So che ci sarà il momento per pensare a chi non c’è adesso, a chi non potrà mai vedere nostra figlia: Prim, Cinna, Rue, Maggs, Finnick, mio padre, la famiglia di Peeta, il buon vecchio Mellark.

Ed ecco che il mio signor Mellark entra in camera facendo meno rumore possibile e portandomi la colazione a letto dal momento che io non mi posso davvero muovere: durante il parto mi sono lacerata e mi dovrò riposare per almeno un paio di giorni, più per altro per far sì che i punti evitino di saltare, non sarebbe esattamente piacevole. Peeta è raggiante. Appena la bimba è nata, lui ha seguito e guardato come Miss Optkins l’ha lavata, pulita e pesata. Non si allontana per più di cinque minuti da ognuna di noi e tutto il distretto è a conoscenza del fatto che i Mellark abbiano finalmente allargato la famiglia. Infatti Effie, al piano di sotto, si occupa delle persone che stanno arrivando per sommergerci di fiori e di roba da mangiare: per fortuna, perché il mio ragazzo del pane non sembra far altro se non fissarci estasiato.

-Posso, Hellen?- chiede lui, a mia madre che alzando gli occhi al cielo gliela porge di nuovo.

La piccola non si scompone tanto e gira la testolina per vedere cosa succede accanto a lei: sembra curiosa, vivace. Di certo ha due polmoni sanissimi perché, quando ha fame o ha il pannolino pieno, si fa sentire benissimo.

-Ciao tu…- mormora Peeta, baciandola sulla testolina scura e accarezzandole le guance ancora un po’ irritate e grinzose per la fatica della nascita.

-Questa bambina diventerà la più viziata di Panem se continui così Peeta…- dice mia madre, ridacchiando.

-Ma l’ha vista?- le chiede lui, stupito dal fatto che si possa riuscire a staccare gli occhi da nostra figlia anche per un momento.

 Effettivamente non posso essere che d’accordo con lui: sono rimasta a fissare nostra figlia per ore questa notte, nonostante fossi sfinita. Nel momento in cui si è svegliata, non ha pianto, ma siamo rimaste a guardarci l’un l’altra per minuti che sembravano infiniti. La mia piccola: sta bene, è qui con te Katniss, nessuno le farà del male.

Sta bene.

-Si può?!-

Haymitch entra in casa con un pacco regalo gigante che regge con entrambe le mani: che diavolo è quella roba?

-Haymitch? Cos’è quel coso?-

-Regalo di Plutarch. Ve l’ho portato su adesso perché, sul serio, voglio vedere che cosa diavolo vi ha comprato quel fuori di testa di un capitolino.-

-Sarà di sicuro una cosa fine, non esagerata.- dice Peeta, ridacchiando e porgendomi Dandelion che nel frattempo si sta addormentando lentamente. E’ stanca, poverina.

Guardo curiosa  mio marito che scarta l’enorme pacco che rivela, niente poco di meno, un enorme orso polare che, per poco, non raggiunge l’altezza di mio marito. Mi fa paura, sembra che voglia mangiare mia figlia e di sicuro non la farò giocare con quel coso enorme: e se le cadesse addosso?

-Oddio…ehm…- mormora Peeta, imbarazzato. –Beh, scriverò a Plutarch per ringraziarlo.-

Haymitch irrompe nella sua solita risata gutturale e Dandy piagnucola, infastidita.

-Haymitch!- sbotto io, cercando di mantenere la voce bassa. –Ti uccido, Peeta l’aveva appena calmata.-

-Perdonami, dolcezza. Comunque anche io ho un regalo per voi. Anche se non penso che potrà mai competere con il regalo dello stratega!- dice lui, ridacchiando ancora.

Cercando di mascherare il nervoso, prende un pacchetto e lo porge a mio marito: sembra morbido a quanto posso vedere.  Peeta lo scarta e ci trova una copertina di lana bianca, candida. Guardiamo entrambi il nostro mentore che rosso come un peperone accenna ad un “Era di mia sorella ma potete averla voi. Cioè, se vi serve, ne avrete già migliaia”.

-Haymitch, noi… grazie.- mormora Peeta, abbracciando il nostro mentore mentre io cerco di trattenere le lacrime per la commozione: maledetto Abernathy. Lui mi guarda e mi sorride.

-Beh, dolcezza, non si dice neanche grazie?-

-Haymitch, idiota.- dico io, asciugandomi una lacrimuccia scappata al controllo. –Gliela vuoi mettere tu? La tua coperta sembra più calda della nostra.-

-Mmm… beh, ok. Ok. –

Peeta mi prende la piccola tra le braccia e la tende a Haymitch che l’appoggia nel nostro letto, sopra la copertina della sorella che, adesso, è di nostra figlia. Delicatamente, con quelle sue grosse mani impacciate, avvolge Dandy nella coperta di lana e la prende in braccio.

-Beh, non era così difficile.-

No, Haymitch. Non lo era.

E anche se le difficoltà arriveranno, i pianti, i dentini, le arrabbiature, i litigi, le parole non dette e quelle che saranno di troppo, io so che ce la faremo. Ce la faremo perché dopo tanto tempo, dopo tanti anni io non ho più paura.

Perché io ho Peeta e lui ha me.

E tutto ciò non potrebbe che rendermi ancora più felice.

                                                                              THE END

Oddio lo so che avevo intenzione di scrivere ancora due capitoli e che questo epilogo è corto ma… boh per me era questo il finale perfetto: con Peetuccio e Kitkat idiota versione genitori felici e il nostro adorabile Haymitch nonno tenero! Non preoccupatevi tesori miei perché farò una raccolta di one-shoot strappa feels e, ovviamente, comiche. Ringrazio tutti quelli che mi hanno supportato e sopportato:P tutte le fantastiche persone che hanno commentato, chi non lo ha fatto ma mi ha seguito fedelmente e tutti coloro che mi hanno messo nelle preferite, seguite, da ricordare.

Vi adoro ragazzi, non vi libererete di me così facilmente! Vi adoro!

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