Byakuya Togami, ovvero come Imparai a non Preoccuparmi e ad Amare la Kibougamine

di Walpurgisnacht
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Byakuya-chan, ti presento il tuo peggior incubo e ti auguro buon divertimento ***
Capitolo 2: *** Forse finalmente qualcosa si muove in questo pantano d'isteria ***
Capitolo 3: *** Era ora che scoppiasse la guerra in quell'accademia ***



Capitolo 1
*** Byakuya-chan, ti presento il tuo peggior incubo e ti auguro buon divertimento ***


"Uh... che diavolo..." furono le prime parole che uscirono dalla bocca di Byakuya Togami prima che una fitta di dolore gli attraversasse la fronte, costringendolo a interrompersi.

Gli ci volle qualche secondo per raccapezzarsi e capire di avere la testa appoggiata sulle braccia incrociate di fronte a sé. E di essere seduto.

Aveva una spiacevole sensazione di deja-vu, ma cercò di scacciarla nel retro del suo cranio.

Muovendo le dita, nell'attesa che il dolore alla testa si attenuasse, scoprì che pareva star toccando un tavolo di legno. E qui cominciò a farsi strane domande, tipo "Perché cacchio quei cinque plebei mi hanno depositato su un tavolo? E soprattutto, dove l'hanno trovato un tavolo se...". Poi una seconda frustrata lo ridusse al silenzio anche mentale.

Ci mise una manciata di minuti per riassestarsi definitivamente. Quando finalmente ce la fece... beh, quello che scoprì non gli fece particolarmente piacere.

Era... in quella che appariva un'aula. Un'aula familiare, fra l'altro.

Perché c'erano le telecamere, le finestre sigillate...

Che... che cosa? Sono... dentro la Kibougamine?

Di nuovo?

Con estrema calma, cercando di evitare traumi al suo corpo indebolito, si alzò e cercò di farsi un'idea. E sì, non ebbe più alcun dubbio: era di nuovo dentro l'accademia.

Questo... questo non è possibile.

Ero... eravamo usciti. Usare il plurale gli dava ancora uno strano senso di vertigine.

Io, Byakuya Togami. Naegi. Kirigiri. Asahina. Fukawa. Hagakure.

Noi sei eravamo i superstiti di quella carnevalata da psicopatici. Gli altri non erano stati all'altezza e si erano fatti sopraffare dal gioco crudele inscenato da quella pazza isterica di Junko Enoshima. Chi per debolezza come Oowada e chi per calcolo come Celestia, ma tutti loro erano caduti.

Era finita. L'avevamo smascherata e, dopo un lungo batti e ribatti in tribunale, obbligata a sottoporsi alle sue stesse esecuzioni che, peraltro, aveva accettato con un sorriso davvero inquietante. E quell'odiosa risata. Ho sempre odiato quel fastidiosissimo "upupupupupupupu".

Che diavolo mi è successo, si può sapere?

Si avviò con passo tremebondo verso la porta e la aprì. Destinazione... non ne aveva la minima idea. Si sentiva gonfio d'aria e insulsaggine per quello che stava vivendo... o forse sarebbe più corretto dire rivivendo.

È assurdo.

Inspirò, reprimendo a forza la voglia di prendere a calci qualcosa - un modo di fare per niente consono a qualcuno del suo rango. Cercò di riflettere sul da farsi, ma più ci provava più non riusciva a non pensare che tutto fosse senza senso: erano riusciti ad uscire dall’accademia, di questo era sicurissimo; avevano ricordato la loro promessa, avevano visto come il mondo, lì fuori, era cambiato.

E allora perché sono di nuovo qui dentro?

Si sforzò di ricordare ancora… ma non ci riuscì. Sembrava che i suoi ricordi si fermassero a quei pochi passi oltre la soglia della Kibougamine.

Che Enoshima ci abbia fatto qualcosa? Un gas di qualche tipo?

Eliminò subito quella possibilità dalla lista delle ipotesi plausibili, semplicemente perché non era nello stile di Junko Enoshima. E poi, quando la porta dell’accademia si era finalmente aperta, lei era già morta.

Decise infine che rimanere imbambolato in corridoio non avrebbe portato a nulla, così fece l’unica cosa sensata al momento: dirigersi in palestra.

È lì che tutto è cominciato. E se ho ragione, è lì che tutto sta per ricominciare.


“Togami, tu non hai nulla da dire?”

“Lascialo perdere, se quello apre bocca è solo per sputare veleno su di noi! Meglio che stia zitto!”

Alzando gli occhi al cielo, Togami si sforzò di tenere a freno la lingua. Non era proprio il momento di mettersi a litigare con Oowada e Maizono, né con tutti gli altri.

Si stupì non poco di questo pensiero, anche se ovviamente mantenne la sua faccia stoica.

Aveva appena pensato che non era il caso di litigare con qualcuno. Non era cosa che gli capitava frequentemente, e mai come primo pensiero che gli balenasse in testa.

"Cosa devo dire? Siamo appena stati messi di fronte a un gioco al massacro, in cui solo chi è furbo e abile abbastanza può sperare di riuscire" commentò con noncuranza.

Per il momento meglio non dire nulla del fatto che io... so tutto.

Sì, io so tutto.

Conosco l'ordine degli omicidi e conosco i loro colpevoli. So che la tizia dai lunghi capelli rosa, qualche passo avanti a me, non è Junko Enoshima ma sua sorella Mukuro Ikusaba. So che Sakura Oogami è sotto ricatto. So che a tutti noi sono stati sottratti due anni della nostra vita.

Tutto. Alla perfezione.

Ci impiegò tre secondi cronometrati a capire una cosa di fondamentale importanza: qualunque sua mossa che differisse da ciò che ricordava avrebbe finito, invariabilmente, col cambiare lo scenario. Rischiava di trovarsi di fronte a degli imprevisti, a delle variabili diverse, a delle schegge impazzite.

Da buon uomo d'affari inorridì all'idea. Se hai un progetto e sai che funzionerà perché hai pianificato perfettamente il breve termine, perché andare a toccare qualcosa che va benissimo così com'è?

Tanto a lui cosa interessava, onestamente? Sapeva che sarebbe uscito vivo di lì. Lui e gli altri cinque.

Al diavolo gli altri. Sono stati deboli una volta, lo saranno di nuovo.

Non cambiò il suo comportamento di una sola virgola. Andò tutto esattamente come lo conosceva.

Leon Kuwata, in un eccesso di autodifesa, uccise Sayaka Maizono.

Mondo Oowada, in un raptus di cieca ira, colpì a morte Chihiro Fujisaki.

Celestia Ludenberg e Hifumi Yamada escogitarono un piano malefico per incastrare Yasuhiro Hagakure per l'omicidio di Kiyotaka Ishimaru, salvo che poi lei tradì il suo complice e lo ammazzò.

Sakura Oogami si suicidò col veleno.

Tutto esattamente identico.

Tutto a posto, si disse soddisfatto, mentre Naegi e Kirigiri aprivano il portellone che sprangava l'accesso dell'accademia.

Tutto come doveva andare. Questo strano scherzo è durato sin troppo.

Ora posso tornarmene fuori e...


Non hai capito niente, Byakuya-chan.

Furono queste le fastidiose parole che ridestarono Togami dal suo sonno innaturale. Nella stessa aula della Kibougamine.

Impossibile!

Senza pensarci due volte si fiondò fuori dall’aula e si diresse di nuovo verso la palestra.

E quando entrò, si ritrovò di nuovo quattordici facce che lo fissavano stupite.

Non ci credo!

Riacquistò velocemente contegno, ma pensare lucidamente gli riusciva difficile.

Perché era ricominciato tutto daccapo per la seconda volta? Aveva fatto attenzione a non interferire negli eventi, lasciando che tutto andasse come previsto. E di nuovo era arrivato vivo alla fine insieme a Naegi, Kirigiri, Asahina, Hagakure e Fukawa… cos’era andato storto?

Forse è proprio questo il punto, Byakuya-chan.

E di chi diamine è questa voce fastidiosa che osa rivolgersi a me con tanta confidenza?

Tuttavia la voce aveva sollevato una questione interessante: che il suo non aver cambiato il corso degli eventi avesse causato il ripetersi di tutto.

Che sia questa la motivazione? E cosa dovrei fare, quindi? Cambiare le cose?

Si guardò attorno, studiando i volti conosciuti dei suoi compagni di sventura.

Dovrei… salvarli tutti?

Impossibile, si disse.

Non aveva la garanzia di poter salvare tutti quanti, né che salvando uno di loro non morisse qualcun’altro dei primi superstiti, per esempio. Come Naegi, o Kirigiri - perdite che, per uscire di lì, non poteva permettersi. O che addirittura morisse lui stesso.

Non sono così idealista da credere che una cosa del genere sia fattibile.

Si sistemò gli occhiali sul naso.

Io non sono Naegi.

Si guardò ancora attorno, mentre Monokuma ancora una volta abbaiava le sue stupide regole.

Quindi ti arrendi, Byakuya-chan? Li lasci morire tutti senza batter ciglio?

Ringhiò, maledicendo mentalmente quella voce irritante.

Se davvero doveva cambiare le cose per riuscire a interrompere quel loop, forse salvarli tutti era la chiave.

Forse, si disse, poteva tentare.


Quando si risvegliò di nuovo nell’aula prese a pugni il banco, mandando al diavolo le buone maniere.

Aveva provato a cambiare le cose.

Aveva provato a salvarli tutti.

Aveva fallito.

Maledizione!

Era riuscito a salvare Maizono e Kuwata, e persino la falsa Junko Enoshima.

Per un po’ erano riusciti a sopravvivere e a non uccidersi tra di loro… finché Monokuma non si era stancato. E all’alba del settimo giorno aveva fatto trovare loro i cadaveri di Maizono ed Enoshima.

Da lì all’escalation il passo era stato breve.

Fujisaki morì per mano di Celestia, che aveva visto in lui la vittima ideale e più facile da uccidere; durante il processo si era scoperta la complicità di Yamada - non esattamente una sorpresa, e Celes venne condannata. Quella stessa notte il corpulento otaku venne ucciso da Oowada per vendicare Chihiro; non ci fu bisogno di un processo perché confessò tutto, e accettò la sua esecuzione senza fiatare.

Poco a poco caddero tutti, chi per mano di Monokuma, chi nel tentativo di salvarsi - perché credevano ancora all’utopia di poter uscire da lì seguendo le regole di Enoshima, quegli stupidi!

Persino Naegi, alla fine, era morto.

Non era riuscito a fare nulla per salvarlo, anche se lui e Kirigiri avevano voluto credere alla storia del loop.

Perché le cose erano andate diversamente, e non c’era stato Alter Ego a salvare Naegi dalla sua esecuzione.

E questo, Kirigiri non era riuscita a perdonarglielo.

Se la ricordava, la faccia di lei, mentre lo squadrava malissimo. Erano in caffetteria, lui seduto comodo e apparentemente imperturbabile e lei che si avvicinava alla sua posizione a grandi falcate.

Com'era facile da prevedere non stava urlando, né dando spettacolo in alcun modo.

Ma quella faccia...

Gli aveva fatto seriamente paura. Era la faccia di qualcuno pronto a uccidere.

L'aveva vista più di una volta, in passato. Sui volti di un po' tutti loro, a ripetizione. Un po' l'uno e un po' l'altro, in un simpatico gioco a chi sfoderava il peggior sorriso da serial killer. Dovette ammettere a se stesso che Hagakure, al contrario di qualunque possibile previsione, era molto bravo in questo.

Lo voleva morto, era evidente.

Erano rimasti solo loro due. Il gioco di Monokuma era andato fin troppo a gonfie vele e ormai ogni regola su processi e pinzillacchere del genere era saltata come una miccetta.

"Togami! Io e Naegi abbiamo dato credito alla tua fantasticheria del loop, del fatto che ripeteresti le stesse esperienze in continuazione... e questo è il risultato? Un massacro? La morte... di Naegi?" sibilò, la stessa gioia di vivere di una mantide religiosa se potesse parlare.

Lui, per non venir meno alla sua immagine di uomo che non deve chiedere mai, non mosse un muscolo. Si concesse solo una stilla di sudore, pressoché invisibile. La guardò sprezzante e le rispose: "Kirigiri, quel che ti ho detto è vero. Tutto vero. Io ho vissuto tutto questo, la scuola, Monokuma, gli omicidi... più di una volta. Non mi aspettavo che la tua mente non fosse in grado di afferrare un concetto in fondo così banale".

"Banale? Mi staresti accusando di essere tarda? Oltre al danno la beffa?".

"Perché ti scaldi tanto? Naegi è un... caso particolare per te?".

"I fatti miei non ti riguardano".

Gli arrivò davanti. Solo che, invece di prenderlo per la collottola come lui si aspettava, gli strinse le mani alla gola.

Sapevo che eri arrabbiata, ma non credevo così tanto.

"Tu... tu...".

Era inopinatamente tranquillo, Togami. Il suo intuito da affarista gli diceva che quello non sarebbe stato altro che un contrattempo. Avrebbe riso di fronte all'ironia della cosa: una persona ti sta strozzando e tu non reagisci perché sei intimamente convinto che il tutto si risolverà in una bolla di sapone.


Convinzione confermata dal suo risveglio sul banco.

Solo in quel momento buttò fuori la frustrazione del fallimento.

Non capiva. Non capiva perché continuava a ripetere. Continuava a ritrovarsi lì, nella stessa sudicia classe. All'inizio di quella tortura.

E dire che ho scelto te, Byakuya-chan, perché a parte i due Supermen ti credevo il più sveglio del lotto. Mi stai deludendo, lo sai?

E questa malnata voce. A chi appartiene, si può sapere?

La mia identità non è importante. Quel che conta è che tu impari la tua lezione. E finora sei stato un alunno a dir poco ottuso.

Adesso basta, sgorbio. Pretendo che tu mi dica chi sei e cosa vuoi da me.

Te l'ho già detto, chi sono non conta nulla. E per quanto riguarda cosa voglio... beh, se ti dico tutto non c'è più divertimento. Rifletti Byakuya-chan, rifletti per bene. Uno stupido non avrebbe fatto fuori decine di fratellastri e sorellastre per diventare l'erede Togami, suvvia. Metti in piazza un po' di ingegno e di materia grigia, sappiamo tutti e due che sei fornito di entrambi in abbondanza.

La butti sull'orgoglio personale, tizio invisibile? E sia.


Il fato o chi per lui, però, sembrava essere sempre un passo avanti.

Aveva perso così tanto tempo a decidere come comportarsi stavolta che non era riuscito a impedire la morte di Sayaka Maizono.

L’avevano trovata nel bagno della camera di Naegi, come la prima volta.

Maledizione...

Quando aveva deciso di non intervenire e lasciare che le cose si svolgessero come previsto, il loop era ricominciato.

Quando aveva cercato di cambiare il corso degli eventi, il tutto si era concluso in una strage, suo omicidio compreso. E tutto era ricominciato un’altra volta.

Rifletti Byakuya. Cosa ti sfugge?

Di quando in quando qualcuno lo apostrofava in malo modo - Oowada il più delle volte, altre invece era Ishimaru che fastidiosamente gli ricordava che rimanere in disparte senza contribuire alla risoluzione dell’omicidio di Maizono era immorale e inumano. Ancora una volta si trattenne dal rispondere a tono o urlare a tutti che il colpevole era Kuwata - non gli avrebbe creduto nessuno sul momento, e lui non poteva rischiare altri passi falsi.

Continuò a ignorare Ishimaru e tornò alle sue riflessioni.

Dove ho sbagliato?

Ammettere di aver commesso un errore era per lui uno smacco incredibile, ma dovette ingoiare il rospo e accettarlo: era chiaro come il sole che entrambe le volte le cose erano andate male a causa di una sua scelta, attiva o passiva che fosse; il suo istinto continuava a dirgli che cambiare gli eventi era la chiave di tutto, nonostante l’esito disastroso della scorsa volta lo facesse dubitare parecchio di quell’idea.

D’altro canto non ho molte alternative a disposizione.

Era talmente concentrato che quasi non si accorse di Enoshima/Mukuro che inveiva contro Monokuma.

Era stato un attimo.

No!

Troppo tardi.

Si ritrovò a guardare il corpo di Mukuro Ikusaba trafitto dalle lance.

E adesso?

Lasciare che le cose si svolgessero allo stesso modo o provare comunque a salvare gli altri dodici? Ne valeva la pena?

Che pensiero disumano, Byakuya-chan.

Sta zitta!

Proprio non vuoi capire, eh?

Scosse la testa come a voler scacciare un pensiero fastidioso, ma la voce non lo lasciò in pace.

Questo tuo egoismo ti ha già portato alla morte per mano di Kirigiri. Quante volte pensi di farti uccidere - o di lasciar morire i tuoi amici, prima di venire a patti con te stesso?

Non sono miei amici.

...come preferisci, Byakuya-chan.

Al diavolo quella pazza di Enoshima, al diavolo la voce.

Avrebbe provato a salvare i superstiti, a costo di impazzire.

Adesso era davvero una questione personale.

Byakuya Togami non si fa prendere per il culo da nessuno, tantomeno da una voce incorporea che si permette di chiamarlo "Byakuya-chan". Avrebbe ucciso per molto meno.

Al processo prese inaspettatamente il centro del palcoscenico per sé, non appena Naegi finì di spiegare come lui e Maizono si fossero scambiati di stanza: tirò fuori la storia del coltello e chi lo aveva preso, fece confermare a uno stupefatto Naegi la questione della serratura della sua doccia, rivelò istantaneamente il significato del messaggio che Sayaka aveva lasciato sul muro del bagno, spiegò senza fatica la sfera di cristallo rotta nella sala dell'inceneritore.

La condanna di Leon Kuwata arrivò in un lampo.

Non mancò di notare una perplessa Kirigiri che lo guardava di sbieco. La sua faccia era l'usuale maschera di cera, ma lui aveva capito subito che lei si era terribilmente insospettita da questo sfoggio.

Prima o poi gli avrebbe chiesto spiegazioni in merito, probabilmente spalleggiata dal suo fido scudiero. E a lui stava bene.

È vero che, l'ultima volta, rivelare il suo piccolo problema personale aveva portato a conseguenze disastrose, ma razionalizzò che questo era stato dovuto al fatto che si era scoperto troppo tardi. Lì invece aveva intenzione, non appena avessero avuto accesso a un posto senza telecamere -sia resa grazia allo stupido pudore di Enoshima- di spifferare tutto al duetto delle meraviglie.

Non sapeva se fosse una mossa saggia, né che tipo di conseguenze avrebbe portato. Ma l'immobilismo totale non era la soluzione, così come non lo era il supereroismo senza talento.

Aveva bisogno di una giusta via di mezzo. E di poter far affidamento su qualcuno che, questo ormai lo riconosceva senza eccessive remore, avrebbe sicuramente fatto fruttare al meglio quelle informazioni.

Per quanto fosse Byakuya Togami, il meglio del meglio del meglio con lode, neanche lui poteva farcela da solo. Le ultime due debacle lo dimostravano dolorosamente.

Le sue previsioni vennero pienamente confermate.

Non appena si liberò l'accesso al bagno, Kirigiri lo convocò d'urgenza lì.

Come aveva predetto la trovò in piedi, accanto all'ingresso. Al suo fianco il fido Naegi che, tanto per cambiare, tradiva uno spaesamento disarmante e non mancava di rimbalzare il proprio sguardo fra gli altri due.

"Kirigiri" esordì, piuttosto freddo "a cosa devo il dispiacere di questa chiamata?".

“Non fingere di non sapere, Togami” rispose lei, pacata “sai perché ti ho convocato. Hai dimostrato di essere a conoscenza di troppe cose, oggi.”
Naegi non proferì parola, ma si limitò ad osservarlo perplesso.

Togami sorrise, un ghigno soddisfatto.

Come previsto.

“In effetti sono molto… informato” rispose, mentre sorpassava i due per poi sedersi su una panca dello spogliatoio, “e se ti conosco so che mi hai chiamato qui proprio per questo motivo.”
Kirigiri sgranò gli occhi, un movimento appena percettibile, ma che Togami colse subito.

“Hai capito bene, Kirigiri: ti conosco. Come conosco te, Naegi, e conosco Hagakure, Fukawa e tutti gli altri disgraziati rinchiusi qui. So molte cose di cui voi siete ancora all’oscuro.”

“Togami-san, cosa—” esordì Naegi, ma venne interrotto da Kirigiri che, con un cenno della mano, gli intimò di tacere.

“Sarebbe il caso di condividere queste tue informazioni con noi, soprattutto se possono essere utili alla risoluzione del nostro problema” disse lei, sempre con quel tono tranquillo che quasi rasentava l’apatia.

Togami sorrise di nuovo, poi rispose: “Sì, direi che è il caso che vi renda partecipi di ciò che so.”

A giudicare dalle loro espressioni, la sua reazione li aveva evidentemente presi in contropiede, cosa che non mancò di divertirlo - anche se non lo diede a vedere.

Così raccontò loro tutto: i segreti della Kibougamine, la loro prigionia, gli omicidi, il suo continuo rivivere quell’incubo. Non tralasciò nulla. Dopo un iniziale scetticismo Kirigiri e Naegi si mostrarono propensi a credergli, benché quest’ultimo sembrasse piuttosto sconvolto. Non che potesse dargli torto.

Quando finì il suo racconto i due ragazzi accettarono di collaborare con lui, convenendo che fosse la scelta migliore.

“Bene, se non c’è altro direi che mi ritirerò in camera” concluse, dirigendosi verso la porta dello spogliatoio.

“Aspetta un momento, Togami.”

Aveva già la mano sulla maniglia quando Kirigiri lo fermò. Non rispose, ma si limitò a voltarsi verso di lei.

“Tra le cose che ci hai raccontato” proseguì la ragazza, “c’è il fatto che hai aspettato a parlarci perché sapevi che, dopo ogni processo, una nuova area dell’accademia diventava accessibile - e in particolare avremmo avuto accesso al bagno, che sapevi essere privo di telecamere. È corretto?”

Togami annuì.

“Se le cose stanno così, allora significa che hai volutamente lasciato morire Kuwata.”

Sgranò gli occhi, colpito da quell’accusa - anche se non ne capiva il motivo.

Naegi lo guardò con quegli occhioni da cucciolo che non riusciva a sopportare, così sinceri e pieni di speranza - concetti a lui ormai estranei.

“To… Togami-san, è vero?” chiese. “Non puoi averlo fatto, dì’ a Kirigiri-san che si sbaglia!”

Tutta l’ingenuità contenuta in quella frase riuscì ad irritarlo.

“Era una pedina sacrificabile” rispose, mentre apriva la porta. “Non si vince una guerra senza mettere in conto delle perdite.”

“Una pedina sacrificabile…” gli fece eco Kirigiri. “Probabilmente è per questo che hai fallito.”

“Cosa vuoi saperne, tu?”

“Ti rifiuti di capire, a quanto vedo.”

Come osi… borbottò mentalmente, ritrovando in quella frase cenni della voce fastidiosa.

Infuriato, sbatté la porta del bagno alle sue spalle e si diresse verso la sua stanza.

Non ne capiva il motivo, ma quell’accusa nei suoi confronti lo irritava maledettamente.

Eppure sapeva che non aveva speranze di uscire vivo da lì senza preventivare altre vittime.

Non siamo tutti idealisti come te, Naegi.

Fece una piccola smorfia mentre pensava che, dall'inizio di questa folle avventura, era già la seconda volta che si paragonava a Naegi. Tutto da solo fra l'altro, senza il minimo bisogno di istigazione esterna.

Entrambe le volte lo aveva fatto per negare che si assomigliassero, ma la cosa era comunque bizzarra.

Va beh, non ho tempo da perdere con 'ste stupidaggini.

Giunse in camera propria e si sdraiò sul letto, più stanco di quanto avrebbe voluto. La situazione stava cominciando a pesare su di lui psicologicamente, sebbene facesse di tutto per smentirlo in primis a se stesso. Il "semplice" processo della Scuola delle Uccisioni avrebbe messo a dura prova chiunque, figurati il riviverlo una seconda e una terza e una quarta volta.

Gettò un'occhiata veloce alla telecamera che svettava sulla sua testa. Trattenne a stento l'impulso di puntarci un dito contro e urlare: "So che sei tu, Enoshima, e prima o poi la faccio rotolare per terra quella tua testa coi boccoli rosa". Sarebbe stato un suicidio in piena regola.

Chiuse gli occhi. Voleva riposare un po', anche se era solo metà pomeriggio. Di che giorno? Non ricordava, stava pian piano perdendo la cognizione del tempo a furia di rivivere le stesse giornate.

"Upupupupupupupupupu... sei un soggetto interessante, Togami".

Uh? Cosa? Mi metto anche a sognarlo adesso, quell'odioso orso?

"Apri gli occhi, su. Non ho tutto il pomeriggio da dedicarti. Anche se, devo ammetterlo, hai stuzzicato la mia curiosità con la tua piccola scenata da Rambo del Kansai...".

Schizzò in piedi, pur rimanendo sul letto.

Si girò alla sua destra.

Monokuma lo osservava con sguardo interrogativo.

...

...

...

Sto impazzendo, è evidente. O forse, più semplicemente, quel che ho immaginato di volerle dire... gliel'ho detto davvero.

“Upupupupupu! Sentiamo Togami, cosa ti fa pensare che dietro tutto questo ci sia la defunta Enoshima?”

Si trovò con le spalle al muro. Rivelare tutto a Kirigiri e Naegi gli garantiva qualche probabilità di salvezza, ma dire ad Enoshima che sapeva tutto del suo folle piano… era un suicidio. Junko Enoshima non era certo il tipo di criminale che va in preda al panico se qualcuno la smaschera, anzi! Ricordava fin troppo bene il sorriso a trentadue denti con il quale aveva accettato la sua esecuzione. Ma in quel caso era stato fatto un processo ed erano sei contro uno; ora invece si trovava solo con lo stupido orso meccanico, e nulla impediva a quella pazza di ucciderlo all’istante e far ricadere la colpa su uno studente a caso.

“Allora, Togami-kun? Upupupupupu?”

Quello stupido verso irritante…

“Diciamo che ho… molte informazioni” tergiversò, cercando di guadagnare tempo e pensare in fretta a come uscire da quella situazione.

“E quali sarebbero queste informazioni?” trillò Monokuma, avvicinandosi a lui.

“Che stratega sarei se te le rivelassi?” rispose, sfoggiando un sorriso strafottente. “Ti basti sapere che so che ci sei tu dietro tutto questo, Enoshima. E che riuscirò a smascherarti.”

Monokuma non rispose, ma rimase in silenzio qualche secondo; evidentemente anche Enoshima si era presa tempo per pensare ad una contromossa. Poi l’orso meccanico riprese a muoversi e fece qualche piroetta, per poi fermarsi davanti a Togami.

“E sia, upupupupupu!” annuì, facendo lampeggiare l’occhio rosso. “Se vuoi giocare accetto la sfida, Togami-kun! Ma lascia che ti dia un suggerimento, upupupupu…”

“Sarebbe?”
“Fai molta, molta attenzione ai tuoi compagni, da ora in poi” lo minacciò, “più del solito, upupupupu! Che non scorra buon sangue tra te e loro è cosa nota, ma qualcuno potrebbe… avere nuovi motivi per farti fuori, upupupupu!”

“Cosa intendi?” chiese Togami, ora seriamente inquieto.

“Oh, chi lo sa! Magari qualcuno potrebbe spifferargli qualcosa sul tuo conto per far scattare la scintilla, upupupu!”

“Sarebbero fandonie.”

“E chi ha detto che dev’essere la verità, upupupu?”

Detto questo, Monokuma sparì nel nulla.

Togami rimase solo a rimuginare sulla sua situazione.

Adesso avrebbe dovuto persino guardarsi le spalle da… praticamente chiunque dentro l’accademia, per colpa di Enoshima.

No, non era colpa di Enoshima. Non nello specifico di questa cosa, almeno.

Capiamoci, tutto questa pagliacciata senza senso è indubbiamente colpa sua. Non sono di certo io quello ossessionato dalla disperazione, capace e desideroso di mettere in piedi un simile colpo da teatro solo per soddisfare i propri perversi desideri.

Ma di questo la colpa è solo mia. Mia è stata la lingua che si è lasciata sfuggire nozioni compromettenti, a questo punto del gioco.

Oh beh, ormai la frittata è fatta. Adesso non posso proprio permettermi di star qui a disquisire su chi ha la colpa di cosa. Non è il momento.

Chissà, Byakuya-chan. Potrebbe essere l'occasione che ti serviva per fare finalmente un passo in avanti sul tuo percorso di maturazione.

Ecco, mi sembra giusto. Prima Enoshima, con quel suo verso che se potessi glielo farei ingoiare, e poi il mio stalker mentale personale.

"Cosa intendi, intruso?" disse ad alta voce. Non aveva nessuna voglia di giocare a quello che sostiene una discussione nella sua testa. E poi, dopo quello che aveva già combinato, che quella pazza lo vedesse pure parlare da solo. Peggio di così era difficile.

Intendo dire che adesso sei con le spalle al muro. E forse è proprio da questa scomoda posizione che devi imparare a muoverti, non sempre dalla cima della collinetta che ti dà una visione perfetta del campo di battaglia e delle forze in gioco.

Ti metti a fare il tattico guerrafondaio, eh?

“Non è posizione che mi compete, lo sai”.

Non è questione di competenza. È questione che, volente o nolente, lì ora sei. E potresti dover imparare a uscirne.

"E se non volessi?".

Libero di fare come vuoi. Ma ricorda, non sempre hai le vite infinite come in un videogioco.

"Non perdo tempo con quegli svaghi da plebeo".

Lo vedo. Sei terribilmente ingenuo, in queste cose.

"Come... come ti permetti? E chi diavolo sei, si può sapere?". Si lasciò un po' andare e alzò la voce, provato dal susseguirsi degli eventi.

Bye bye, Byakuya-chan. Ci risentiremo presto, non temere.


Mezz'ora dopo erano tutti e dodici in palestra, convocati dal loro delizioso preside fatto di microchip.

"Bene, piccoli bastardi. Vi ho fatti venire qui perché ho un annuncio per tutti voi" canticchiò fuori tempo mentre roteava su se stesso, inusualmente lieto.

Byakuya percepì subito che era qualcosa inerente il loro precedente discorso. Si preparò mentalmente all'impatto.

"Dovete sapere che uno di voi è una mia spia. Già già, ce l'ho a libro paga... anche se non lo pago. Ma lavora per me. È il mio servo. Il mio lacchè. Quello che mi porta il caffè a letto. Quello a cui chiedo, ottenendole, prestazioni XXX che diavolo, mi fanno sudare tutta la pelliccia solo a ripensarci".

Enoshima... sei disgustosa.

Naturalmente l'annuncio fece scalpore fra i presenti, che presero a guardarsi spaventati. Bastò una zampa alzata dell'animaletto e poche parole per farli fermare: "Potete anche smetterla di adocchiarvi sinistramente, non serve. Sono qui, difatti, per rivelarvi la sua identità".

Tutti si zittirono e seguirono con lo sguardo mentre Monokuma indicava Byakuya Togami.

"Ecco la vostra spia, servita su un piatto d'argento".

Co-cosa?

I suoi compagni lo guardarono sconvolti, alcuni troppo increduli per parlare, altri pronti a saltargli al collo alla prima occasione.

“Io lo dicevo che non c’era da fidarsi di quel quattrocchi!” tuonò Oowada, pronto a dargliele di santa ragione.

Asahina e Fujisaki lo guardavano con sguardo da cerbiatti terrorizzati, mentre Fukawa strillava: “No! Non può essere! Non il mio Byakuya-sama!”

Maledetta Enoshima…

Un po’ in disparte, Oogami lo osservava in silenzio, piuttosto sorpresa e al contempo allarmata: la vera spia di Enoshima era lei, e ovviamente un cambio di programma del genere doveva averla presa in contropiede lasciandola interdetta sul da farsi.

“Togami-san, è vero…?” chiese Naegi, sospettoso.

Kami, smettila di guardarmi con quegli occhi speranzosi…

“Trovi più credibile me o quello stupido orso meccanico, Naegi?” rispose Togami, stizzito; Naegi non rispose, ma sembrava piuttosto convinto della sua innocenza.

Kirigiri invece non disse una parola, ma si limitò ad osservarlo e studiarlo con la sua solita maschera impassibile.

Togami si guardò attorno, sforzandosi di rimanere calmo.

Una mossa qualunque poteva costargli la vita.


“Quindi mi confermi che non sei tu la spia.”

“Ovvio che non sono io! Quella maledetta di Enoshima si sta solo vendicando.”

Kirigiri osservò in silenzio Togami che, in preda alla rabbia, camminava su e giù dentro il piccolo spogliatoio. Era stupefacente come Enoshima non sospettasse il vero uso di quella stanza senza telecamere… o forse lo aveva sempre sospettato, fregandosene totalmente. Cosa molto, molto plausibile.

“Certo non è stata una grande idea accusarla sapendo di poter essere visto dalle telecamere…” intervenne Naegi, irritando Togami ancora di più.

“Ma non mi dire, Naegi!”

“Adesso calmatevi entrambi” li zittì Kirigiri, “ormai il danno è fatto. Ora dobbiamo solo pensare al da farsi, chiunque adesso è un potenziale assassino.”

“Qual è la tua idea, Kirigiri, farmi da bodyguard ventiquattr’ore al giorno?”

“Non sarebbe una buona idea, poi mi crederebbero tua complice.”

Quella velata frecciatina non mancò di infastidire Togami, che comunque non lo diede a vedere.

“E allora sentiamo, cosa suggerisci?”
Il fastidio di Togami crebbe esponenzialmente vedendola portarsi la mano al mento, strusciarlo un po’ come a darsi un’aria sofisticata e poi rispondergli: “Al momento niente. La situazione è troppo complessa e delicata e qualunque mossa sarebbe pericolosa”.
Quindi la roboante risposta di Kyouko Holmes era
non fare nulla e aspetta che qualcuno ti sfasci un oggetto grosso e pesante sulla testa. Cioè, sapeva che non intendeva esattamente dire così ma il risultato finale non sarebbe stato diverso, se davvero era questo il piano d’azione che portava sul tavolo.

Già l’incredibile ingenuità di Naegi lo aveva spinto verso il limite del proprio autocontrollo, che mai come in quel momento rischiava di sfuggirgli. Quando arrivò l’arguto suggerimento di Kirigiri avvenne l’impensabile: Byakuya Togami esplose.

“Ma dici sul serio o stai cercando di guadagnarti un posto come cabarettista fallita? Mi stai praticamente chiedendo di lasciarmi ammazzare dal primo di quei barboni! Non succederà Kirigiri, fossi costretto ad andare fuori adesso e tirare il collo a tutti loro!” urlò, fuori di sé.

Gli altri due furono sinceramente stupiti da questa perdita di flemma. Da che lo conoscevano Togami non aveva mai, mai lasciato cadere la sua aura di superiorità per scendere al livello della gente comune che si permetteva comportamenti non consoni come, orrore, l’alzare la voce.

Ma bene, adesso mi metto pure a dare spettacolo. È che… diamine, tutto questo sta seriamente cominciando a pesarmi…

Io lo vedo come uno sviluppo positivo, Byakuya-chan.

“Ti pare questo il momento adatto per venire a farmi la paternale?” commentò ad alta voce, alzando gli occhi al cielo e attirandosi ulteriori sguardi perplessi da parte dei suoi due compagni.

“Togami-san… tutto bene? Con chi stai parlando?” chiese Naegi con un filo di voce.

Byakuya recuperò l’aplomb che aveva così disgraziatamente smarrito pochi istanti prima, si sistemò meglio gli occhiali che rischiavano di scivolargli via dal naso e disse: “Questo è un particolare di cui non vi avevo fatto parola, ma a quanto pare ho una voce in testa che mi perseguita e vorrebbe farmi da cicerone verso non so quale traguardo. Evitate di guardarmi come se fossi ammattito, non ho bisogno della vostra pietà”.

“Io ti credo. Stranezza più, stranezza meno…” commentò Kirigiri, onesta.

Adesso stammi bene a sentire, coso: il momento è difficile, te ne sarai accorto pur con le tue limitate facoltà. Non ho bisogno anche del sussurro mentale, quindi sei gentilmente pregato di levare le tende e, se proprio devi, ripresentarti in un momento più tranquillo. Sono stato chiaro?

Accipigna Byakuya-chan, sai essere terrorizzante. Te l’ha mai detto nessuno?

Evapora.

Signorsì. A poi, caro mio.

“Torniamo a noi” fece poi, rivolgendosi a Kirigiri “e al tuo sbilenco piano. O meglio, all’assenza pure di uno sbilenco piano”.

La ragazza lo fissò negli occhi e, lui avrebbe potuto giurarlo, quello era… uno sguardo di sfida. Lo stava sfidando a dubitare delle sue capacità e del suo giudizio.
“Credo sia la cosa migliore che tu possa fare al momento, Togami”.

“Farmi ammazzare? Ma che idea geniale, Kirigiri. Mi aspettavo qualcosa di meglio dalla Super Detective…”.

Naegi, al sentire il ruolo o presunto tale di Kyouko, sbiancò. La diretta interessata, invece, non tradì la benché minima emozione. Ma lui sapeva di aver toccato un nervo scoperto, anche se il citare quel particolare era stato del tutto involontario.
Discussero ancora un po’, muro contro muro: Kirigiri sosteneva come quella fosse la strada migliore che potessero battere quantomeno nel breve termine; Togami al contrario continuava a ripetere che non ci stava perché ci vedeva solo dell’intento suicida.

“Se serve prenditi del tempo per rifletterci meglio, ma sul serio… non puoi chiedermi di rimanere con le mani in mano!” ribadì lui per l’ennesima volta, di nuovo alterato.

“E io ti ripeto che…”.

Vennero interrotti da un arrivo inaspettato.

Sakura Oogami entrò con estrema calma nello spogliatoio, squadrò i presenti e dichiarò con una strana fierezza: “Quello che ha detto Monokuma è completamente falso: sono io la sua spia, non Togami”.

Byakuya si concesse un minuscolo sorriso. Finalmente qualcosa che andava come doveva.

“O-Oogami-san…?” balbettò Naegi, mostrandosi ancora una volta sconcertato dalla scoperta. L’ingenuità di quel ragazzo era sconfinata, così come la sua fiducia nel genere umano. Kirigiri invece non si scompose, ma accolse la notizia con la solita compostezza.

“Monokuma mi ha letteralmente obbligata” proseguì Sakura, quasi a volersi giustificare per quella situazione. “Ha preso in ostaggio la mia famiglia e i membri del mio dojo, non avevo scelta… e mi ha imposto di uccidere qualcuno nel caso le cose fossero rimaste in una fase di stallo” disse tutto d’un fiato.

“Ma le cose sono andate come ben sappiamo, e non è stato necessario il tuo intervento” annuì Kirigiri.

Naegi si avvicinò timidamente a Sakura, e chiese: “Oogami-san, posso chiederti come mai hai deciso di venire a confessare tutto?”
“Perché nonostante tutto Togami non merita il linciaggio a causa delle macchinazioni di Monokuma”.

Byakuya fece una smorfia, cogliendo in quella frase un velatissimo, seppur educato rimarco al suo carattere non esattamente solare e socievole.

“Beh, non so come questo possa impedirmi di venire ammazzato…” borbottò, credendo di non essere udito, ma Sakura lo smentì: “Posso guardarti le spalle nei momenti in cui non sei in camera, ho idea che in pochi avranno il coraggio di avvicinarsi a te finché ci sarò io nei paraggi. E inoltre” proseguì “ho già parlato con Asahina. Non sa del mio tradimento… ancora, ma si è fidata di me quando le ho detto che eri innocente. Se parlerà con Fujisaki saranno già due persone in meno di cui preoccuparsi.”

Togami si ritrovò spiazzato di fronte alla proposta di Sakura: la ragazza gli stava dicendo che l’avrebbe letteralmente protetto dal suo ipotetico assassino, nonostante non avesse alcun obbligo nei suoi riguardi.

Il ragazzo non rispose, ma si limitò a distogliere lo sguardo e annuire.

Gli altri tre sorrisero, consci del fatto che per uno come Byakuya Togami quello equivaleva a un grazie detto col cuore.

Finalmente cominci a scioglierti, Byakuya-chan?

...taci.


Per i successivi due giorni la situazione sembrò sotto controllo e, tutto sommato, tranquilla.

Come Sakura aveva previsto, Asahina e Fujisaki si comportarono normalmente nei confronti di Byakuya, idem Fukawa, che aveva urlato ai presenti il suo amore per “Byakuya-sama” e che nessuno doveva osare torcergli un capello; al contrario, gli altri lo guardavano con sospetto e sembravano attendere il momento migliore per prendere il ragazzo di sorpresa. Nessuno comunque osò avvicinarsi, temendo una qualsiasi reazione da parte di Sakura che, come promesso, era diventata l’ombra di Togami nei corridoi della Kibougamine. Durante le ore notturne Kirigiri e Naegi avevano deciso di alternarsi nel lasciare la porta della propria camera aperta e intervenire in caso di rumori sospetti. Togami si era interrogato più volte sul motivo delle loro azioni: agendo in quel modo rischiavano la loro stessa vita. Era un concetto a lui assolutamente oscuro.

Ma nonostante lo spiegamento di forze, non tutto andò per il verso giusto.

Togami era in biblioteca, il suo luogo preferito, e Sakura si era allontanata un secondo per raggiungere Asahina, che sembrava avere bisogno di lei per qualcosa.

Qualcuno aprì la porta, e Byakuya sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo.

“Togami.”

“Tu?” fece lui, un poco sorpreso. Non si aspettava proprio di vedere quella persona lì, di fronte a lui.

“In carne ed ossa. La sola e unica Celestia Ludenberg”.

In quell’occasione tutta l’esperienza delle precedenti ripetizioni venne utile a Togami, che riconobbe subito il sorriso.

Era il sorriso di chi sta per uccidere.

Senza perdere tempo gettò il libro a terra e afferrò la lampada, pronto a brandirla come una casereccia clava.

“Fammi indovinare, Ludenberg. Hai convinto quell’ottuso di Yamada a distrarre Oogami per farti avere la strada spianata. Però non ti vedo armata. Pensi di farmi fuori con la tua vocina stridula, per caso?”.

“Quanta sicumera, Togami. E devo proprio dirlo, ho fatto bene a scegliere te come bersaglio. Stai dimostrando una preparazione e un acume che mi impensieriscono. Ci hai azzeccato, in pieno. L’ovvia conclusione è che sei scomodo e devi sparire”.

La porta, lasciata socchiusa da Sakura, venne richiusa. A chiave.

Ad occhio questo le può dare venti, forse trenta secondi di vantaggio prima che la mia corpulenta guardia del corpo riesca a tirarla giù.

Una zuffa, per quanto si sentisse avvantaggiato dal punto di vista fisico, non era di certo quello che più bramava. E poi si sa, quando prendi qualcuno per i capelli e rifili pugni e calci a casaccio… beh, possono succedere brutte cose.

“Se davvero sono così scomodo” fece poi, nel tentativo di guadagnare un po’ di tempo “dovrai rimuovere l’ostacolo di forza, visto che non ho nessuna intenzione di cadere morto per te”.

“Non ne dubitavo. Sono qui apposta, infatti”. Finì di pronunciare quella frase e dai ricami del suo vestito spuntò fuori un coltello.

Era lo stesso usato da Leon per uccidere Maizono. C’erano ancora delle piccole macchie di sangue incrostato. Da quella distanza, per uno strano gioco di luci, a Byakuya sembrarono rosa. Bizzarro.

“E allora fatti sotto, giocatrice di poker della domenica. Ma lascia che per un istante rubi il mestiere a quel ciarlatano di Hagakure: prevedo che questa volta perderai. Vedo il tuo bluff”.

“Bluff? Tu pensi che io abbia preso questo gingillo per bluffare? Oh suvvia Togami, mi annoi con tutta questa banalità”.

“Dimostrami che mi sbaglio, allora”.

“Volentieri”.

Gli si gettò addosso. E in quei pochi istanti che le servirono per farlo, a lui balenò in mente che quella situazione di estremo pericolo era, in realtà, una specie di scherzo. Nel senso che, a meno di variazioni sul tema, in teoria non gli sarebbe successo nulla di definitivo.

Non che ci tenga particolarmente ad appurarlo.

I due si diedero parecchio da fare. Volarono spintoni, tentativi di sgozzamento da parte di lei, tentativi di trasformare la lampada e il cranio di Celes in una poltiglia da parte di lui, gomitate, calci nei testicoli e quanto di peggio seppero esprimere dal loro repertorio di persone per nulla avvezze a simili sforzi.

“Togami! Togami!” arrivò ad un certo punto dall’esterno della stanza. Era la voce di Sakura.

Byakuya non era in condizione di rispondere. Tendenzialmente, quando ti stai rotolando per terra avvinghiato a una persona che sta cercando di farti la festa, le tue priorità sono altre.

Cominciarono ad arrivare colpi alla porta.
“Togami, per l’amor del cielo! Apri!”.
Sarei leggermente impegnato, io.

Poi, senza neanche aver capito bene come, Byakuya Togami si ritrovò nella mano sinistra il coltello.

Celes, che era stata momentaneamente allontanata, impallidì.

Quando, dopo un paio di tentativi a vuoto, Sakura riuscì a sfondare la porta…

Avrebbe piantato un urlo se non fosse stata abituata a spettacoli anche peggiori.

Il sangue gocciolava imperterrito dalla gola di Celestia, perforata da parte a parte. Sopra di lei, che stava avendo gli ultimi spasmi nervosi della sua vita, un ansimante Togami ne stringeva ancora il manico.

“To-Togami…”.

“C-chiama Naegi e Kirigiri…” rispose con voce rauca, quando cominciò a sentirsi strano.

Co-cosa…?

La schiena di Sakura Oogami fu l’ultima cosa che vide, prima che la vista si offuscasse e tutto diventasse buio.


“Maledizione!”

Prese a calci il banco, per poi accanirsi sulla sedia e sul banco vicino.

Cos’è andato storto, stavolta? Cosa?!

Quel maledetto incubo era ricominciato per l’ennesima volta, ma più andava avanti e più gli sembrava di impazzire.

Ma sei davvero così cieco, Byakuya-chan? Non credevo dipendessi tanto dagli occhiali che porti…

“Sta zitta, maledetta!”

Quella voce lo stava seriamente facendo uscire dai gangheri. Non bastava dover rivivere il peggior periodo della sua vita all’infinito, doveva pure vedersela con una voce misteriosa che veniva da chissà dove.

Non sono una voce qualunque. Magari sono la tua coscienza, per quel che puoi saperne.

Togami non si premurò di rispondere, continuando invece ad accanirsi sui banchi dell’aula.

Sai, cominci a farmi un po’ pena, Byakuya-chan. E va bene, ti darò un aiutino, o qui andiamo avanti in eterno.

Togami smise di prendere a calci il mobilio, ora improvvisamente interessato a ciò che la voce aveva da dire.

Lasciati andare, Byakuya-chan.

...eh?

La tua freddezza non porterà a nulla di buono, sappilo. Riflettici Byakuya-chan!

Aspetta! Che diavolo vuol dire?

Ma la voce non rispose.

Tutto quello che riuscì a fare fu sfogare la sua frustrazione sui banchi rovesciati per terra.


Mentre tutti, in caffetteria, erano impegnati ancora una volta a parlare di Monokuma e decidere il da farsi, Togami continuò a riflettere su quanto gli aveva detto la voce.

Lasciarmi andare… cosa diamine vorrebbe dire?

Osservò i suoi compagni di sventura, e i suoi occhi si posarono su Asahina, che sul momento era intenta a consolare un terrorizzato Fujisaki.

Dovrei forse diventare una specie di crocerossina come lei, dispensando sorrisi e mangiando ciambelle?

No, saresti uno spettacolo inquietante. Ma il fatto che tu ti sia ricordato la passione di Aoi per le ciambelle significa che forse cominci a capire, Byakuya-chan.

Capire cosa, esattamente?

Ma la voce di nuovo non rispose, lasciandolo da solo coi suoi pensieri.

Che tu sia dannata…

Tuttavia il tarlo aveva cominciato a scavare, e continuò a rimuginare su quel bizzarro suggerimento.

Lasciarmi andare.

Mentre rifletteva, non mancò di notare come al momento fossero ancora tutti vivi.

Forse vuole che provi di nuovo a salvarli tutti?

Eppure il suo istinto continuava ad urlargli che una cosa simile, nella loro situazione, era impossibile. Anche volendo tentarci si trovava davvero a corto di idee - quantomeno di un’idea che potesse funzionare.

Non puoi salvarli tutti, Byakuya-chan.

E allora perché tutto questo?

Perché è ora che tu scenda dal tuo piedistallo.


L’unica cosa che gli sembrò sensata fu parlare nuovamente con Naegi e Kirigiri.

Stavolta ci volle un po’ di più perché i due ragazzi decidessero di fidarsi di lui, ma alla fine cedettero. Neanche a dirlo, Naegi propose di usare le informazioni che Togami aveva fornito per studiare un piano che potesse salvarli tutti quanti; mentre parlava Byakuya si ritrovò improvvisamente a pensare che purtroppo era una cosa impossibile.

...purtroppo? Non è da me parlare di loro in questi termini.

Tuttavia dimenticò subito quel pensiero quando Kirigiri esordì con: “Forse un modo c’è”.

“No, non c’è” fu la sua secca risposta, ancora prima che Naegi potesse fare qualcuno dei suoi stupidi commenti da campione mondiale di ingenuità.

“P-Perché dici così, Togami-san?”.

“Perché è così e basta. Ad esempio credo sia decisamente fuori dalla nostra portata, oltre che risultare piuttosto pericoloso in sé e per sé, salvare la vita di…” si guardò attorno per assicurarsi che nella caffetteria ci fossero davvero solo loro tre “... Mukuro Ikusaba”.

“Cosa ti porta ad affermarlo, Togami?” chiese Kirigiri, apparentemente molto interessata dal discorso appena imbastito. Mica tutti i giorni fa un versetto prima di rivolgerti la parola.

“Rifletteteci un secondo. Ikusaba è il Super Soldato ed è in combutta con Enoshima. Secondo voi quanto ci può mettere per ucciderci tutti?”.

“Ma… ma se noi ci mostriamo benevoli nei suoi confronti io sono sicuro che lei…”.

“Io no, non ne sono sicuro. Naegi, potresti davvero mettere la mano sul fuoco e giurare oltre ogni dubbio che Ikusaba non proverebbe, salvo forse con Oogami riuscendoci, a sterminarci tutti per ordine della sorella?”.

“Certo… certo che sì! Ne sono intimamente convinto!”.

Togami sbuffò. Questo suo essere cieco di fronte ai fatti lo infastidiva davvero molto.

“La tua convinzione può essere ammirevole per qualcuno, certo non per me… ma la realtà è un’altra. E temo sia più vicina alla mia descrizione che alla tua”.

“Continuo a non capire perché non vuoi fare almeno un tentativo, Togami-san”.

… hai proprio il ferro in testa, tu.

Decise di cambiare approccio. Si voltò verso Kirigiri, che durante questo scambio era stata in religioso silenzio, e le chiese la sua opinione.

“Dimmi, secondo te sbaglio? Quel che dico ha un senso o mi sto incaponendo in qualcosa di falso?”.

Qualche secondo di silenzio. Sembrava che stesse raccogliendo le idee per rispondergli al meglio delle proprie possibilità.

Si scostò una ciocca di capelli dal viso e poi disse, in tono solenne: “Per quanto non mi faccia piacere… temo che Togami abbia ragione, a grandi linee”.

La faccia di Naegi assunse un’espressione ferita, da cucciolo che ha appena messo il piede in una tagliola: “Ma… ma come…”.

“Quelli che porta sono argomenti convincenti, non lo si può negare. Inoltre non sappiamo il suo grado di coinvolgimento personale nel piano della sorella e nessuno può assicurarci che non potrebbe provare a sfruttare la situazione a loro vantaggio. Capisco il tuo discorso, Naegi, lo capisco davvero. Ed è bello. Nobile. Ma, nella nostra situazione, un po’ troppo utopico”.

Sentendosi in inferiorità, Naegi ripiegò sulla tattica Gattino con i Sentimenti Offesi: abbassò la testa e si disegnò sulla faccia una smorfia intristita. Prima di chiudersi a riccio nel suo dolore trovò appropriato dire un’ultima cosa: “Togami-san… sei crudele a pensarla così…”.

Ora sono io quello crudele, già. Mi sembra corretto.

“Sai almeno perché faccio questo tipo di ragionamento?”.

“N-No…”.

“Vorrei cercare di evitare cadaveri inutili, ecco perché. Se la morte di una persona può evitarne altre dieci… voto per la morte singola”.

Bravo Byakuya-chan, adesso sì che ci stai piacendo.

Vai. Via. Ora.

Proprio adesso che ti stai girando dalla parte giusta? Oh su, non essere cattivo con me.

Sei irritante e sono sicuro che puzzeresti, se avessi un corpo.

Non confondermi con la tua dolce Fukawa.

Il dibattito mentale nella testa dai biondi capelli venne interrotto. Quello e qualsiasi altro dialogo.

E venne interrotto da una cosa brutta.

“Upupupupupupupupu. Voi tre bastardelli non lo sapete che è poco salutare avere discussioni compromettenti in un posto pieno di telecamere e microspie? Non avete mai visto un film di James Bond? Q sarebbe così poco orgoglioso di voi”.

Gli sguardi dei tre ragazzi si riempirono di orrore nel vedere quell’odioso orso avanzare placido e tranquillo verso di loro.

“Allora, non avete proprio niente da confessare? Upupupupu?”

Pensa in fretta, Byakuya. Pensa!

Mentre Monokuma saltellava verso di loro, Togami pensò che le cose stessero per degenerare e che lui avrebbe ricominciato daccapo quell’incubo, quando Kirigiri si fece avanti e prese in mano la situazione: “Cosa dovremmo confessare, esattamente?”

“Quello che vi siete detti, upupupupu!”
“Se ci stai chiedendo di ripetertelo” proseguì lei, la calma personificata “significa che prima non ci hai sentiti?”
Monokuma arretrò, apparentemente in difficoltà.

“Ho… ho sentito che parlavate di lasciar morire una persona in favore di salvare tutti gli altri! State forse pianificando un omicidio, upupupu? Questa è una grande notizia! Certo non mi aspettavo proprio che tu e Naegi decideste di—”

“Quindi avevo ragione, non ci hai sentiti. Non benissimo, almeno” concluse Kirigiri con l’ombra di un sorriso soddisfatto sulle labbra.

L’orso meccanico ringhiò, e puntò loro contro una zampa.

“Fate attenzione alle vostre chiappe, bastardi, perché vi farò pagare cara la vostra insolenza!”

E sparì così com’era arrivato.

I tre si lasciarono sfuggire un sospiro di sollievo; Naegi stava per dire qualcosa ma Kirigiri lo precedette e parlò a bassa voce: “Meglio fare attenzione da ora in poi. Ora che ha capito che in questo punto l’audio è pessimo non ci vorrà molto perché prenda provvedimenti.”

“E non dimentichiamoci della sua minaccia” sussurrò Togami, aggiustandosi le lenti sul naso “prevedo una ripicca da parte sua in tempi brevi.”
“In ogni caso dobbiamo trovare un modo per comunicare” bisbigliò Naegi “visto che usare quest’angolo è ormai rischioso…”
“Beh, ci sarebbe la sauna che è priva di telecamere, come vi avevo accennato…” replicò Togami.

“...ma sarà disponibile solo dopo il primo processo.”

Naegi si irrigidì a quella frase di Kirigiri ma non replicò, conscio del fatto che non avevano molta scelta.

“E la questione comunicazioni è ancora in sospeso...” incalzò Byakuya.

“Beh” sussurrò Naegi, un po’ imbarazzato. “Io un’idea ce l’avrei…”


“Io comunque continuo a non approvare l’idea di lasciar morire qualcuno solo per avere una stanza priva di telecamere. È disumano! Dovremmo almeno cercare di evitarlo!


Makoto Naegi”


Togami sbuffò e nascose il biglietto in tasca.

Biglietti.

Questa era stata la brillante idea di Naegi per sopperire alla mancanza di altri mezzi di comunicazione.

Quando l’aveva proposta il suo primo istinto era stato quello di insultarlo fino a rimanere senza voce, che un’idea tanto stupida e infantile non l’aveva mai sentita.

Eppure…

Gli costava doverlo ammettere, ma quell’idea si era rivelata piuttosto funzionale: si scambiavano i bigliettini in caffetteria, o con la scusa di passarsi qualche oggetto, o altre trovate simili. Ovviamente evitavano di passarsene troppi per non destare sospetti, limitandosi solo a comunicazioni strettamente necessarie. Monokuma sembrava non avere idea del loro giochetto, almeno in apparenza, idem gli altri studenti; qualcuno aveva cominciato a credere che ci fosse qualcosa tra Naegi e Kirigiri, e Fukawa non vedeva di buon occhio che il suo “Byakuya-sama” passasse tanto tempo con certa gente… ma sembrava andare tutto liscio, per il momento.

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!”

Ma cosa…?

Togami sollevò lo sguardo dalla sua tazza di tè, e vide Asahina sulla soglia della caffetteria.

“Asahina, perché hai urlato così?” chiese subito Sakura, allarmata.

“O-omicidio…”

Dovevo aspettarmelo, prima o poi. Le cose sono andate sin troppo tranquillamente in questa ripetizione.

A tal proposito, Byakuya-chan…

Ancora tu, pseudo-coscienza. Cosa vuoi adesso?

Sono stato incaricato di riferirti dalle alte sfere che, dati i tuoi recenti progressi, questa sarà l’ultima volta.

Ultima volta? Cosa intendi dire, mio sgradevole compagno di viaggio?

Basta. I tuoi gettoni sono finiti. La prossima volta che comparirà Game Over sulla schermata… sarà definitiva.

Uhm. Beh, ok.

… tutto qui?

Ti aspettavi che saltassi su disperato e cominciassi a strapparmi i capelli, per caso? Anzi, se devo dirla tutta ero stufo di questo continuo andirivieni. Bisogna tirare dritto nella vita, non fare le inversioni a U.

Che bello sentirti ridotto al silenzio. E adesso lasciami andare a controllare.

Si alzò e seguì Sakura e Asahina mentre quest’ultima faceva loro strada. Li portò nella sala dell’inceneritore.

Lo spettacolo non era bello. Eppure lui si era abituato a vedere gente morta.

Questo, però, gli lasciò una disgustosa sensazione di… qualcosa.

Touko Fukawa era stesa per terra, a pancia in giù. I capelli completamente zuppi di sangue, così come il pavimento circostante e parte del muro. Nessuna traccia di una possibile arma del delitto.

Fukawa… che ti succede, Byakuya? Non sei contento di vedere questa puzzolente guastafeste… cadavere?

Vuoi saperne una? No, non lo sono.

*DLIN DLON*

“È stato scoperto un cadavere. Da ora si dà ufficialmente inizio alla fase investigativa, che porterà voi bastardi a fronteggiarvi in un’aula di tribunale per decidere chi si è reso responsabile di questo indecente atto di disturbo della quiete pubblica. Buona fortuna, marmocchi”.

*DLIN DLON*

A Togami l’annuncio mortuario di Monokuma non era per nulla mancato. E si scoprì stupito nell’accorgersi che non era solo perché così doveva alzare le sue chiappe d’oro e darsi da fare. Non solo per quello.

Era evidente, anche senza la pur apprezzata consulenza professionale di Kirigiri, che la morte era stata causata da un violento trauma alla testa. Solo che, stranamente, lì non vi era traccia di un possibile oggetto che potesse essere stato usato per questa cosa. Il peso dello spogliatoio di Fujisaki e Oowada era al sicuro al secondo piano, così come i martelli di Celes lo erano al terzo.

Peculiare. Di solito, per l’omicidio al primo piano, viene usato un coltello dalla cucina.

Questo particolare mise Togami in una strana fretta. Era particolarmente desideroso di trovarla.

Più di una persona assistette, invero piuttosto sconvolta, al suo correre per tutti i corridoi e le stanze a loro disposizione. Sembrava come posseduto, incapace di sedersi e rifiatare anche solo un attimo.

Non… non me la starò prendendo un po’ troppo a cuore? Era solo Fukawa…

No, non me la sto prendendo troppo a cuore. Me la sto prendendo a cuore il giusto.

CLAP CLAP CLAP CLAP CLAP.

Ecco, arriva tu a prendermi per il naso dopo che lo faccio benissimo da me. Mi sento un po’ ridicolo, in certi momenti, anche senza la tua non richiesta presenza.

Byakuya-chan, piccolo. Stai andando benissimo. Il mio applauso voleva solo manifestare quanto sono orgoglioso di te.

Sì, va bene. Quando avrai finito di dare aria alla bocca che non hai…

Non ti si può neanche fare un complimento. Sei impossibile quando fai così. Cosa ti costa ammettere che… sei dispiaciuto per quel che è successo?

Scosse la testa nel tentativo di scacciare via la voce, tuttavia quel pensiero rimase lì.

Non credeva fosse possibile, eppure… era dispiaciuto per la morte di Fukawa. Ironico per uno che, all’inizio di quel crudele gioco al massacro, l’aveva ritenuta nient’altro che un fastidio; ricordava di averla minacciata più volte lui stesso, e in generale di non averla mai trattata con un minimo di riguardo.

Forse mi ero solo abituato alla sua presenza, ad averla attorno. Non è nemmeno una questione di affinità caratteriale, o interessi simili, non potevamo essere più diversi - di sicuro a me non interessa ammazzare ragazzi a colpi di forbici.

Nemmeno la sua doppia personalità era riuscito a turbarlo, non più di tanto. Nella situazione in cui erano Genocider Syo non era nemmeno la cosa più bizzarra; inoltre la cotta che la ragazza aveva per lui si era rivelata utile per tenerla a bada ed evitare altri omicidi.

Adesso basta rivangare il passato, ho altro di cui occuparmi.

Ma come, eri tanto carino mentre pensavi a lei!

Dammi tregua.

Perché? Perché ti stavi finalmente lasciando andare, concedendoti di pensare a Fukawa come a qualcosa di più di un fastidio?

Togami si morse un labbro, sforzandosi di non cedere alle provocazioni della voce.

Ignorami pure quanto vuoi, tanto sai che ho ragione, Byakuya-chan.

Al diavolo!

Non aveva tempo di perdersi in simili discorsi, aveva un omicidio da risolvere. E per risolverlo necessitava non solo di indizi - di cui si stavano occupando Kirigiri e Naegi, ma anche di un’arma.

Arma che sembra essere svanita nel nulla.

Cercò di fare mente locale: al momento avevano solo un piano dell’accademia a disposizione, e lui l’aveva passato al setaccio. La katana che aveva usato Maizono la prima volta era ancora nella teca dei trofei, dalla palestra sembrava non mancare nulla, idem dalla cucina e dalla stanza delle scorte; per precauzione aveva controllato persino l’inceneritore, nella speranza che l'omicida fosse stato così disattento da lasciarsi dietro qualche traccia, se non addirittura l'arma stessa, ma anche lì non ebbe fortuna.

Eppure ho guardato ovunque…

Mentre formulava quel pensiero si ritrovò a passare di fronte lo spaccio della scuola.

...forse non proprio ovunque.

Aprì la porta, ritrovandosi davanti uno stanzino pieno zeppo di cianfrusaglie di ogni genere, dalle merendine più strane agli oggetti più ridicoli mai pensati dall’uomo.

Ritengo di non essermi perso chissà cosa, finora.

Dopo aver trovato a fatica l’interruttore, coperto da oggetti di varia natura appesi alle pareti, lasciò vagare lo sguardo attorno a sé, alla ricerca di qualcosa che potesse andar bene come arma del delitto - sperare di trovare qualcosa che presentasse chiazze di sangue era chiedere troppo. Passò in rassegna la roba ammassata nella stanza, prendendo mentalmente nota delle possibili armi, quando sentì dei passi concitati lungo il corridoio.

“Togami-san!”

Naegi?

Si affacciò fuori dalla porta e lo vide correre nella sua direzione.

“Togami-san! Ti ho trovato finalmente!”

“Calmati Naegi, cosa succede? Perché tanta agitazione?”

“Devi… devi venire con me, è successo…” ansimò, riprendendo fiato “è successo un guaio!”
Togami si irrigidì appena, stranamente inquietato da quella frase.

“Che guaio?”

“Una… una prova…”

“Naegi, devo tirarti fuori le parole una per una? Non ho—”

“...una delle prove ti inchioda come sospettato.”

...cosa?

“Mi prendi in giro”. Non era una domanda, era un’affermazione. Era così evidente che una parte di lui riteneva persino offensivo il doversi giustificare.

“Vorrei, ma non è così. Se volessi seguirmi…”.

“Certo che ti seguo!”.

Quanta vivacità, Byakuya-chan. Cerca di non esagerare o potrebbe scoppiarti un fusibile.

No, ora no. Proprio no. Lasciami in pace.

Ooooooooooook.

Si diressero verso la stanza dell’inceneritore, dove c’erano quasi tutti. Mancavano giusto Ishimaru, Yamada… e Ikusaba.

Brutto segno. Bruttissimo segno. Non dimenticare mai, Byakuya. che fra di voi c’è la complice di Enoshima. Per quel che ne posso sapere, in questo momento è al cospetto del gran capo a riferirle chissà cosa.

Kirigiri, che come da copione era accucciata vicino al corpo per ispezionarlo, si avvide del loro arrivo. Si voltò verso l’ingresso e accolse i due con uno sguardo…

Kirigiri. Sei… incupita?

“Ho trovato questo sotto una delle dita di Fukawa” disse col suo usuale tono da donna che vende i gelati.

Un bottone. Che Togami riconobbe istantaneamente come appartenente alla sua giacca.

E io, Byakuya Togami, avrei perso un bottone della giacca senza accorgermene? Sfioriamo il parossistico, qui.

Si controllò velocemente le maniche e tirò un sospiro di sollievo vedendo che non mancava nulla.

Il suo attimo di scampato pericolo se ne andò rapidissimo quando una voce, dal capannello di gente, non mancò di far notare che a tutti loro erano stati gentilmente offerti dei ricambi dal loro delizioso preside e che forse sarebbe stato il caso di controllare nell’armadio del primo sospettato.

Mentre il gruppone si allontanava, i tre si attardarono.

“Voi… non mi credete colpevole, vero?” chiese Togami, e dalla sua voce traspariva chiara una cosa che nessuno di loro, lui in primis, pensava di sentirgli esprimere: paura.

“No! Non dopo quello che… sappiamo” fu la fulminea risposta di Naegi. E per la prima volta Togami lo ringraziò di essere un irrimediabile idealista.

“Non condivido l’entusiasmo di Naegi. Con calma, con calma. Al momento non ti credo innocente, né ti credo colpevole. Non mi formo un’opinione prima di aver sezionato e studiato il caso fin nei minimi dettagli. Diciamo che però questo bottone” e lo alzò per dargli visibilità “al momento non fa pendere la bilancia dalla tua parte”.

Kirigiri, santo dio. Non farti ingabbiare dai tuoi meccanismi mentali da detective! È così palese che sia una puerile vendetta di Enoshima per quello che noi tre le abbiamo combinato un paio di giorni fa. Beh, è anche vero che ancora non sai quanto può essere meschina quella ragazza. Spero per te che avrai l’occasione di rendertene conto da sola.

Raggiunsero gli altri di fronte all’ingresso della camera di Togami, il quale venne invitato ad aprire la porta per farli entrare.

“Sì, ma non mi venite in camera tutti. Una o due persone bastano, ok?”.

“Non Kirigiri e non Naegi” precisò Celes, badando bene a condire le parole col suo miglior tono da vipera.

“E perché no, Ludenberg?”.

“Semplice: voi tre avete fatto comunella sin dall’inizio di questa storia e personalmente mi fido poco a lasciarvi senza supervisione. Ti spiacerebbe seguire il padrone di casa, Oowada?”.

“Io? Perché io? Cos’ho fatto di male?”.

“Taci e vai, bullo decerebrato”.

“Cazzo hai detto, zoccoletta dai capelli blu?”.

“Ha parlato quello con una pettinatura normale”.

“Ok, l’hai voluto tu!”. E si avventò su di lei per darle un diretto, venendo però prontamente cinturato da Sakura Oogami.

“Per favore, Oowada. Non abbiamo bisogno di ulteriori litigi fra di noi. Non essere testardo e fai come ti è stato chiesto”.

“Mpf. E va bene, va bene”.

Togami e Oowada entrarono, lasciando fuori tutto il resto della combriccola.

Ci vollero trenta secondi perché i peggiori timori del Super Erede si concretizzassero: effettivamente una delle sue giacche presentava solo due bottoni, invece dei previsti tre, su una manica.

Stringendo il capo per le spalle prese a tremare. E non, come magari si sarebbe potuto immaginare, perché si sentiva preso in gabbia.

Nossignore. Byakuya Togami era nero dalla rabbia.

Enoshima… foss’anche l’ultima cosa che faccio in vita mia, ti giuro che darò corso a quella minaccia di qualche ripetizione fa: ti stacco la testa e te la prendo a calci come un pallone. E poi ti presento il conto della lavanderia per le scarpe sporche di sangue.

“Bene bene bene” disse Mondo strappandogli l’indumento di mano senza la minima creanza “guarda qua cos’abbiamo. Una fila di bottoni incompleta. C’è qualcosa che devi dirci, Togami?”.

Ce ne sarebbero di cose che dovrei dirvi, Oowada. E forse… forse…

Accarezzò l’ipotesi di rivelare a tutti loro la verità, anche approfittando della provvidenziale assenza di Ikusaba.

...no, meglio lasciar perdere. C’è la possibilità che mi prendano per pazzo, e la cosa non gioverebbe assolutamente alla mia attuale situazione. Anzi, salterebbero direttamente il processo e passerebbero direttamente all’esecuzione. E non dimentichiamo le telecamere.

“Sì, Oowada” replìcò, guardandolo con sdegno “posso dirti che io ho molta cura dei miei abiti e mi sarei sicuramente accorto di un bottone mancante. Al contrario di te, direi…”

“Stai cercando rogne, quattrocchi?” ringhiò Mondo, afferrando Togami per il bavero della giacca.

“Oowada, non è il caso di scaldarsi tanto” si intromise Sakura, cercando inutilmente di separare i due ragazzi.

“Hai ragione, Oogami, non è il caso di prendersela tanto” rispose Mondo, con un sorrisetto sulle labbra. “Tanto lo sappiamo tutti che è stato lui a far fuori Fukawa!”
“E ti basi solo su un bottone?” replicò Togami, le cui certezze iniziavano a vacillare.

“Su questo, e sul fatto che consideravi Fukawa un fastidio! Quale modo migliore per liberartene?” tuonò il teppista “Non eri tu quello che diceva che non aveva problemi a uccidere qualcuno pur di uscire da qui?! Ammettilo e basta!”

A quella frase Togami smise del tutto di ragionare e cercò di avventarsi su Mondo, tenuto a bada solo da una esterrefatta Sakura; persino il resto dei presenti non riusciva a credere ai propri occhi, quando mai Byakuya Togami aveva perso le staffe a quel modo?

“Ripetilo se hai il coraggio!” ringhiò mentre cercava di liberarsi dalla stretta di Sakura, “Prova a ripeterlo, stupido gorilla analfabeta!”

Togami non ricevette risposta a quell’insulto.

A parte un pugno dritto in faccia.

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Capitolo 2
*** Forse finalmente qualcosa si muove in questo pantano d'isteria ***


Quando si svegliò scoprì di non essere in camera sua.

Ouch…

Non riuscì nemmeno ad emettere versi di dolore talmente gli faceva male il naso… e tutto ciò che stava attorno. Gli doleva tutta la faccia, persino respirare era doloroso.

E non parliamo del concerto di tamburi che ho in testa…

“Lasciatelo dire, Togami, come stratega stai perdendo punti.”

Si voltò lentamente verso la voce atonale di Kyouko Kirigiri, seduta accanto al suo letto.

“Cos’è, fai del sarcasmo?” rispose Togami, a fatica, “E da quando ne sei capace?”

Kyouko non rispose, limitandosi a increspare leggermente le labbra in un sorriso.

“Vacci piano” si intromise un’altra voce, che riconobbe come quella di Makoto Naegi, “provocare Oowada-san a quel modo non è stato proprio… come dire…”

“È stata un’idiozia. Puoi dirlo Naegi, non mi offendo. Tanto ormai…” replicò Byakuya, coprendosi il naso e parte del viso con la mano.

Dio che male. Se quel gorilla mi ha rotto il naso e riesce a uscire vivo da qui, giuro che gli farò avere la mia parcella medica!

Complimenti Byakuya-chan, hai proprio dato spettacolo oggi!

Taci, ci mancavi solo tu ad aggiungere desolazione al tutto…

Suvvia Byakuya-chan, non buttarti giù! I miei complimenti sono sinceri, significa che stai davvero iniziando a comportarti come un normale essere umano che prova emozioni!

Togami preferì non rispondere alla provocazione, non voleva aggiungere alla lista anche una rissa con un’entità invisibile e intangibile. Mentre continuava a riflettere sentì improvvisamente qualcosa di freddo sulla faccia.

“Argh! C-cos’è!”

“È s-solo ghiaccio, Togami-san” balbettò Naegi, “È per il naso! Ti ho fatto male?”
“N-no” si calmò il biondo, “mi hai solo… colto di sorpresa.”

Naegi sorrise e continuò le sue mansioni da infermiere improvvisato - cosa che non mancò di imbarazzare ulteriormente Togami.

Mi sono lasciato andare alle emozioni, ho volutamente provocato quel buzzurro di Oowada, mi sono beccato un pugno sul naso e ora mi sto facendo curare da Naegi. Questo, e le accuse per l’omicidio di Touko. Mi chiedo cosa possa andare storto ancora…

“In ogni caso non siamo qui solo per prestarti soccorso, Togami” proruppe Kirigiri, “ma anche per aggiornarti sullo sviluppo delle indagini.”

Togami rabbrividì leggermente, e non per il ghiaccio. Quando Kirigiri parlava così c’era ben poco da stare allegri. Fece un cenno d’assenso verso la ragazza esortandola a proseguire.

Kyouko sospirò, poi estrasse da una tasca della giacca una fotografia che porse a Togami.

“Mentre eri privo di conoscenza ci è arrivata per le mani questa.”

Togami inarcò un sopracciglio, perplesso: “Una foto?”

L’immagine non sembrava essere un fotomontaggio, né in ogni caso gli sembrava nulla di particolarmente compromettente: era una foto sua e di Touko, di spalle, come se l’avessero scattata di nascosto.

Maledetta Enoshima, dovevo aspettarmelo.

“Non capisco perché questa foto sia una prova schiacciante, mi sembra abbastanza normale.”
Kyouko e Makoto si scambiarono velocemente un’occhiata, poi la ragazza proseguì: “Ne sei proprio sicuro, Togami? Guardala bene.”

“Continuo a non vederci nulla di strano”.

“Togami” iniziò Kirigiri col tono paziente di una maestra che cerca di spiegare le addizioni a un bambino ritardato “in quella foto, anche se di spalle, ti si vede maneggiare una bottiglia. Corretto?”.

“Corretto. E con ciò…”.

“Abbiamo un’arma del delitto, ora come ora?”.

“No, non l’abbiamo”.

“Una bottiglia in mano tua, che allo stato attuale delle cose si può ipotizzare come l’arma impropria usata per uccidere Fukawa. E un tuo bottone sotto la sua mano. Ora ti è chiaro?”.

Allora, fatemi capire bene: io ho bevuto qualcosa in compagnia di Touko Fukawa e questo mi rende automaticamente il principale sospettato del suo omicidio? Solo io ci vedo poca logica e tanta follia in un simile ragionamento? No, neanche, in un simile tuffo di… vorrei chiamarla “fede” ma sarebbe idiota.

E io che credevo Kirigiri una che non cerca di imitare un saltatore di triplo.

Il bottone, per quanto io sappia che è una trappola, almeno ha un po’ più di senso. Questo… questo è semplicemente ridicolo.

Si rivolse verso di lei, lo sguardo arrabbiato: “Tu non credi a una farsa simile. Non sei una cretina, lo sappiamo tutti e due”. L’affermazione, priva di qualsiasi intonazione dubitativa, voleva essere forte.

“Personalmente no, non ci credo, e come me non ci crede Naegi. Questa foto di per sé non vuol dire niente. Il problema in realtà è un altro, e cioè la fonte da cui è magicamente venuta fuori”.

“Che sarebbe…”.

“Monokuma in persona. Ha provveduto a consegnarla a tutti gli altri mentre tu dormivi il sonno dei giusti”.

Quando cominci a giocare con le foto, Enoshima, vuol dire che ti senti l’acqua alla gola. Devo per caso dedurre che il terreno sotto ai tuoi piedi si sta facendo friabile e temi per la tua incolumità?

“Sapeste quel che so io sul reale significato di quell’immagine…” cantilenò sibillino, beandosi delle occhiate perplesse che gli restituirono gli altri due.

“Quando avrai finito di comportarti come l’oracolo di Delfi, caro Togami, vorrei farti presenti le conseguenze di questo fatto”.

“Quali conseguenze? È una palese presa in giro”.

“Forse. Ma credi davvero che i nostri compagni più… suscettibili la pensino alla stessa maniera?”.

Un brivido freddo percorse la schiena da un miliardo di yen di Byakuya Togami.

“Mi stai dicendo che… qualcuno crede davvero…”.

“Purtroppo per te sì, è così. Non appena la sua copia le è caduta fra le mani, Celestia ha cominciato a sventolarla per aria spacciandola come la definitiva prova della tua colpevolezza. E più di quanti potresti immaginarti si sono ritrovati concordi con lei. Visto che la tua sopravvivenza, ormai è evidente, verrà messa in discussione in un processo formale…”.

Non c’era alcun bisogno di terminare la frase, era evidente cosa volesse dire.

Quella… stronza di Ludenberg. Taeko Yasuhiro, anzi. Vedi che sei la seconda sulla mia lista nera, subito dopo il gran visir di questa pagliacciata da psicopatici. E ritieniti fortunata che non ho intenzione seriamente bellicose e, nel tuo caso, mi limiterò a farti passare il resto della tua squallida vita in fondo a qualche segreta cecena, dove i prigionieri li prendono a manganellate da mattina a sera. Tra l’altro ti ho già ammazzata una volta e non ho provato nessunissimo piacere.

“Beh gente” esordì Togami, apparentemente meno scosso dalle novità di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi “per discolparmi mi basta trovare la vera arma del delitto e far vedere che non si tratta di quella bottiglia”. Dicendo ciò si alzò dal lettino sul quale era rimasto seduto per tutto il tempo e, senza neanche aspettare una reazione dai suoi dirimpettai, si diresse verso l’unica stanza che era scampata alla sua ricerca a tappeto: lo spaccio.

D’altronde dove altro poteva trovare un’arma, o qualcosa che poteva essere usato in tal modo, se non nel posto più stracolmo di roba strana di tutta la scuola?

Naegi e Kirigiri borbottarono solo qualcosa di strano e lo seguirono.

Arrivati al piccolo negozio Togami si fiondò di nuovo alla ricerca dell’arma, non prima di aver impartito ordini anche agli altri due: “Kirigiri, Naegi! Andate all’inceneritore alla ricerca di quella bottiglia! Se non è stato ancora messo in funzione potrebbe trovarsi ancora lì!”
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata perplessa, poi fecero quanto era stato detto loro.

Enoshima, giuro su tutti i kami che te la farò pagare per questo! E se muoio, sappi che ti trascinerò all’inferno con me!

“Togami-san…”

Byakuya si voltò verso Naegi, fermo sulla porta insieme a Kirigiri.

“Uh? Avete fatto presto.”
“Ve-veramente sono passati almeno dieci minuti…”
“Ah…”

Fantastico. Adesso ho anche perso la cognizione del tempo.

Si rimise in piedi, lasciando perdere per un attimo le cianfrusaglie dello spaccio e si rivolse ai due ragazzi: “Allora? Trovato niente?”
“L-l’inceneritore è stato usato…” balbettò Makoto, “non è rimasto nulla…”
“Ovviamente. Quella maledetta sta facendo di tutto per farmi sembrare l’assassino agli occhi di tutti…” borbottò, senza preoccuparsi troppo delle telecamere.

“Tu non hai trovato nulla qui?” chiese Naegi, guardandosi attorno.

Togami scosse la testa, sbuffando: “Nulla che possa essere usato come arma, o almeno in apparenza… non vedo niente che abbia le stesse dimensioni della ferita di To… di Fukawa.”
Oh che carino, stavi per chiamarla per nome!

Togami scosse la testa, ignorando volutamente la voce.

“Beh, tre paia di occhi sono meglio di una” disse Kyouko, “e forse ci metteremo anche meno a finire.”

Byakuya sospirò, preparandosi a rovistare ancora tra quel ciarpame.


“Niente, non c’è niente!”

Togami sbottò esasperato, prendendo a calci la macchinetta dei gashapon.

“T-Togami-san, non c’è bisogno di agitarsi” balbettò Naegi, “né di calciare il distributore…”

Il biondo non rispose, ma cerco di riacquistare la compostezza persa.

“Siamo chiusi in questo stanzino da mezz’ora e non è saltato fuori nulla e persino la bottiglia è ormai andata persa” ringhiò Togami, “e tu dici che non devo agitarmi?”

“Sai, dovresti ascoltare di più i consigli di Naegi-kun.”

Entrambi i ragazzi si voltarono verso Kyouko che, seduta in ginocchio, dava loro le spalle.

“Hai trovato qualcosa, Kirigiri-san?”

“Direi di sì” rispose lei, voltandosi verso i ragazzi con in mano una mazza da golf.

“Oh, quella è…”

“...la vera arma del delitto?” disse Togami, completando la frase di Naegi.

“Probabilmente” spiegò Kyouko, esaminando la mazza. Indicò una sporgenza in ferro sulla testa della mazza: “Questa sporgenza è larga circa quattro o cinque centimetri, più o meno la larghezza della ferita sulla testa di Fukawa.”

Togami però non sembrava particolarmente sollevato dalla notizia.

“E come facciamo a provare che quella è l’arma del delitto, senza neanche una macchia di sangue? Non ci crederanno se ci basiamo solo sulle misure…”
Al che Kyouko sorrise.

“Beh non ci sono macchie ma… abbiamo questo” rispose, indicando qualcosa che era rimasto incollato alla mazza.

Naegi e Togami si avvicinarono per osservare meglio.

Un capello scuro, lungo.

Simile ai capelli di Fukawa.

“Non è un indizio che ci svelerà il colpevole, ma almeno conferma che questa è l’arma del delitto” concluse Kirigiri.

Togami sorrise soddisfatto.

*DLIN DLON*

“Va bene, bastardi. Il tempo di fare i Nero Wolfe con gli occhi a mandorla è finito. Portatevi davanti al portone rosso. Muoversi muoversi muoversi”.

*DLIN DLON*

Ti sento nervosetta, Enoshima. Di solito sei molto più cialtronesca nei tuoi annunci. Prude il sedere, per caso? Hai paura che qualcosa vada storto?

Byakuya si sentì invigorito, le cose stavano tutto sommato prendendo una piega a lui abbastanza favorevole.

Fece un cenno in direzione di Naegi e Kirigiri, poi si avviò baldanzoso.

Ce l’avrebbe fatta, ne era sicuro.


Le porte del montacarichi si aprirono e i quattordici ragazzi uscirono scompostamente, avviandosi ognuno verso una postazione.

Gli occhi di Togami non persero di vista per un solo istante Mukuro Ikusaba che, senza un movimento o una parola di troppo, si accomodò nel posto a sinistra di quello dove appariva l’immagine commemorativa di Fukawa.

Questa è la cosa che temo di più, devo ammetterlo. La presenza di quella lì è una possibile scheggia impazzita e difficilmente sarà a mio vantaggio. Anzi, se tanto mi dà tanto è automatico pensare che cercherà in ogni modo di avvalorare il ridicolo castello accusatorio della sorella. La dovrò tenere d’occhio.

Ci fu una veloce spiegazione di ripasso da parte di Monokuma sulle regole e sulle conseguenze del processo, poi fu finalmente il momento di partire.

“Beh, il caso è già risolto” saltò su Oowada con grande convinzione “Mi pare evidente che sia stato Togami ad uccidere quella poveretta”.

Alcuni applaudirono, altri scostarono la testa. Uno solo, indovinate chi, ribatté furibondo: “Lo avrei fatto perché, esattamente?”.

“Mi sembra chiaro: vuoi cercare di uscire di qui, proprio come tutti noi. Solo che noi non siamo disposti a sporcarci le mani di sangue, mentre tu hai dichiarato fieramente che ti saresti eretto vincitore di questo orribile gioco, seduto sopra i nostri cadaveri. Inoltre tutti sappiamo che fra te e lei le cose erano… delicate, diciamo. Quale modo migliore per unire l’utile al dilettevole?”.

Ah però. Lo scimmione, se ci si mette, sa persino comporre un pensiero di senso compiuto. Se la sua insegnante delle elementari fosse qui, scommetto che si sarebbe commossa.

“Il tuo fortino fatto di carte è ammirevole, Oowada. Ma senza fondamenta solide basta un colpo di vento per abbatterlo. E visto che accogli la tesi della mia colpevolezza con tutto questo fervore… porta delle prove, per piacere”.

“Il tuo bottone”.

“Il mio bottone? Per favore, capisco che per te possa essere un compito ingrato ma, se ci riesci, evita di coprirti di letame. Cosa significherebbe quel bottone? Che io e Fukawa avremmo avuto una colluttazione e che lei sarebbe riuscita a strapparmelo? Ammetto che è una ricostruzione abbastanza solida, ma niente può aver impedito al vero assassino di avercelo messo lì apposta per incastrarmi. È come se, ipotizzo, qualcuno imbastisse una scenata per far apparire un omicidio come l’opera di un serial killer”. Chiudendo questa frase non soppresse una risata nella sua testa, vedendo la frecciata che aveva lanciato tornare indietro e prenderlo precisamente in mezzo agli occhi.

“Non c’è solo il bottone, caro Togami. Abbiamo anche una foto che ti mette in una posizione assai scomoda” fece sentire la propria voce Celestia.

A quanto pare, non importa quante volte possa aver ripetuto quest’assurda situazione, le devo proprio stare antipatico.

“Avete una foto, sì. La valenza di questa foto? Che per una volta sono stato sufficientemente misericordioso da bere qualcosa con lei? Complimenti, prova schiacciante”

“Sei patetico con questo sarcasmo da perdente. No, la foto dimostra che la bottiglia nella tua mano è l’arma con cui è stato sfondato il cranio della povera Fukawa”.

“Mi dispiace doverti interrompere” intervenne Kirigiri “ma questo è falso. Abbiamo rinvenuto la vera arma del delitto nello spaccio. Si tratta di una mazza da golf”.

Byakuya allungò l’occhio verso Monokuma e giurò di vederlo sudare.

“Se posso prendere la parola…” disse Ikusaba.

Fu il turno di Togami di sudare.

“Hai qualcosa da dire, Enoshima?” chiese Ishimaru, come al solito autoproclamatosi mediatore.

“In effetti ho… assistito a qualcosa di di strano” rispose lei, giocando con una ciocca di capelli.

“Upupupupupu, colpo di scena!” trillò Monokuma, “Tutta questa suspance mi eccita e mi fa fare pensieri XXX, upupupu!”

Kami del cielo, Enoshima. Sei veramente da ricovero.

“E sarebbe…?” si intromise Togami, spazientito.

“Una discussione. Tra te e Fukawa” fu l’accusa della falsa Junko, che adesso lo osservava con aria di sfida.

Per un attimo Togami tirò un sospiro di sollievo.

“E questa sarebbe la tua testimonianza, Iku… Enoshima?” si corresse al volo. “Chiunque tra i presenti sa che non ho mai trattato Fukawa con molto riguardo e che ho spesso alzato la voce. Non mi sembra esattamente una prova schiacciante.”

“In effetti mi sembra un po’ poco per accusarlo…” aggiunse Aoi, che faceva parte del gruppo di indecisi sulla colpevolezza di Togami.

“Questo è vero” proseguì Enoshima, “tuttavia… ciò che ho sentito io era piuttosto compromettente.”
A quella parola tutti si voltarono a guardare Togami, neanche fosse un maniaco appena scappato di galera.

“Upupupu! Togami, non dirmi che dietro la facciata del nobile rampollo nascondi un animo… perverso, upupupu? Potrebbe piacermi!”
“MA COSA DIAVOLO ANDATE A PENSARE?!” urlò, e di nuovo si trovò quattordici facce che lo guardavano sconvolte, stavolta per aver perso le staffe.

...maledizione Byakuya, piantala di dare spettacolo. Calmati.

Peccato, eri tanto carino con la faccia tutta rossa e gli occhi fuori dalle orbite!

Vattene al diavolo anche tu.

Tornò a fissare Mukuro Ikusaba.

“Sentiamo, cosa avresti sentito di… compromettente?” ringhiò, reprimendo a forza l’istinto di andare lì e strangolarla davanti ai presenti.

Almeno giustificheresti questo processo, Byakuya-chan!

Mamma mia che permaloso, non si può neanche scherzare!

Ikusaba rimase in silenzio per qualche istante, il volto una maschera impassibile, poi parlò: “Ti ho sentito mentre la minacciavi di morte.”

...cosa?

“Le hai detto chiaramente che ti saresti occupato di lei se avesse oltrepassato il limite. A me questa sembra proprio una minaccia…” concluse lei, volgendo lo sguardo altrove e continuando a giocare con uno dei suoi voluminosi codini.

Togami si voltò a guardare Naegi e Kirigiri, quest’ultima assolutamente impassibile; Makoto invece sembrava sconvolto.

Dannazione. Avrei dovuto metterli al corrente di quel discorso…

Quando Touko, qualche giorno prima, aveva confidato a Togami della sua seconda personalità, Genocider Syo, la ragazza gli aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per tenerla a bada; Byakuya aveva aggiunto che, nel caso Syo fosse diventata un pericolo, si sarebbe occupato di lei.

Apperò, le hai fatto una promessa del genere? Stai diventando uno zuccherino, Byakuya-chan!

Togami ignorò la provocazione, troppo agitato per ragionare lucidamente.

Quello che era stato un patto per evitare omicidi inutili gli si stava adesso rivoltando contro.

Rifletti, Byakuya. Rifletti. Ikusaba, mi scoccia ammetterlo, non mente. Ho davvero detto quelle parole a Fukawa, quel giorno in caffetteria. Ed è facile distorcere una frase come «mi occuperò di te» quando la persona a cui l’hai rivolta è morta e tu sei il principale sospettato del suo omicidio. Anche in caso di ulteriori testimoni che possano smentire perlomeno il tono con cui l’ho pronunciata, non possono smentirne il contenuto. È pur vero che non costituisce una prova schiacciante, e che anzi l’unica prova o presunta tale resta sempre un bottone che io so per certo essere stato messo lì da quella maledetta di Enoshima…

Aspetta, aspetta. Forse sto affrontando il problema dall’angolo sbagliato.

“Mi rendo conto che non sono nella posizione migliore per avanzare pretese” disse a voce alta per cercare di andare oltre il brusio che riempiva l’improvvisata aula di tribunale, fra gente che si scambiava considerazioni e mezzi insulti “ma ho una richiesta ufficiale per il nostro caro, prezioso preside di pezza”.

“Sarebbe, Togami?” rispose l’irritante orso che, sul suo trono, stava facendo finta di mangiare dell’uva in posizione stravaccata “Se intendi supplicare affinché la tua pena venga commutata in un ergastolo… mi spiace, qua non siamo misericordiosi e ci piace la legge del taglione. Se ammazzi vieni ammazzato, semplice e pulito”.

“Vorrei chiedere che l’intero corpo studentesco si trasferisca momentaneamente nello spaccio per esaminare meglio la mazza che Kirigiri ha identificato come arma del delitto. È possibile?”.

Incredibilmente calò il silenzio. Silenzio rotto dalla sgraziata risata di Monokuma.

“Fammi capire cosa ci vorresti fare con quella mazza. Giochetti erotici per adulti? Cosa vuoi ottenere?”.

“Togami” prese la parola Kirigiri, voltandosi verso di lui “se speri che si possano rilevare delle impronte digitali temo che dovrai ricrederti. Non ci sono i mezzi tecnici necessari. E, anche fosse, non abbiamo modo di raffrontarle con quelle dei presenti”.

Si paralizzò. Se persino lei, che tutto sommato poteva considerare sua alleata, gli metteva i bastoni fra le ruote…

Le sue obiezioni, però, erano fin troppo sensate per potersi opporre. In effetti, con il laboratorio al terzo piano ben sigillato, non erano in grado di poterci cavare fuori nulla di utile.

Sono proprio disperato per non averci pensato.

“Ritiro la domanda” disse a mezza voce. Si rese conto che filtrò ben più di una nota di paura.

“Allora, vogliamo votare o no? Abbiamo un colpevole piuttosto evidente, direi, e perdere tempo mi fa solo venire le rughe”.

Quando capirò cosa ti ho fatto per farmi odiare così, Ludenberg, sarà sempre troppo tardi.

“Sconsiglio di essere precipitosi” si intromise ancora Kirigiri, immediatamente spalleggiata da Naegi: “Kirigiri-san ha ragione! Che prove effettive abbiamo per condannare Togami-san? Un bottone… e basta? È un po’ poco, non credete?”.

E di nuovo si scatenò un putiferio. Nonostante tutto sembrava esserci sostanziale equilibrio, e per ogni persona che invocava la sua condanna ce n’era un’altra che trovava da ridire.

Potrei essere meno spacciato di quanto penso. O forse stanno facendo i simpatici per rendere il tutto più ricco di suspance.

“Va bene, basta così” tuonò Monokuma, riuscendo a sovrastare il vocio sparso “Il tempo delle ciance è finito. Si vota”.

Byakuya ebbe una spiacevole sensazione di deja-vu. Quando Enoshima diventava così desiderosa di un verdetto non c’era da stare tranquilli, per niente.

Procedettero in religioso silenzio.

E il risultato fu stupefacente.

Perfetta parità. In sette avevano votato per la colpevolezza di Togami e in sette per la sua innocenza.

Urca. Questo non ha precedenti, e se lo dico io che ho passato più processi di tutti voi messi assieme dovete credermi.

“Voi… voi bastardi” sibilò l’orso, palesemente infuriato con i suoi indisciplinati studenti “come… come vi salta in testa di arrivare a uno stallo? Adesso esigo che ognuno di voi dica ad alta voce come ha votato, cosicché io possa stabilire in maniera imparziale ed equa chi si merita un supplemento di punizione a processo finito. Cominciamo da te, Hagakure. Dalle tue labbra deve uscire solo «colpevole» o «innocente», senza salamelecchi non richiesti”.

L’interpellato deglutì, poi rispose: “Colpevole. Mi spiace, Togami-chi”.

Celes: “Colpevole, ovviamente”.

Naegi: “Innocente”.

Togami: “...”. Si attirò un ringhiò da parte di Monokuma, ma la sua risposta era evidente.

Yamada: “Togami Byakuya-dono è colpevole”.

Oogami: “Innocente”.

Fujisaki: “I-innocente”.

Ikusaba: “Colpevole”.

Oowada: “Questo stronzo è colpevole”.

Kuwata: “Colpevole”.

Asahina: “Come Sakura-chan. Innocente”.

Maizono: “Io credo che… Togami sia… innocente”.

Kirigiri: “Per come mi sono comportata durante questo processo lampo, la mia opinione è palese. Innocente”.

Ishimaru: “Colpevole”.

Non te lo aspettavi, vero Byakuya-chan? Neanch’io, lo ammetto. Questa situazione ha dell’incredibile.

Mi sento sufficientemente nervoso senza sentirti blaterare, lo sai sì?

Oh mamma, rilassati. Per come si stava mettendo questo è un successo.

Parole forti, le tue. E dimmi, cosa me ne dovrei fare di questo… successo?

Io mica lo so. Sono solo una voce.

Ti prego, eclissati.

“Parità totale? State scherzando, brutti bastardi?”

La voce metallica di Monokuma riportò Byakuya coi piedi per terra.

“Che si fa?” chiese Asahina, innocentemente.

“Propongo di rifare la votazione” proferì Celes, “chissà che qualcuno non si ravveda del suo giudizio.”

Ma brutta…

Calma Byakuya-chan, calma. Non ricadere nelle vecchie abitudini!

“Nonononono, niente votazioni!” ringhiò Monokuma dall’alto del suo piccolo trono. “Visto che siete così indecisi, sarò io a decidere per voi, upupupupupu! E quindi…”

Tutti rimasero in silenzio. Togami si ritrovò a trattenere il fiato.

“...Byakuya Togami, io ti dichiaro colpevole!”

Kirigiri e Naegi si scambiarono un’occhiata allarmata. La sala si riempì di borbottii, alcuni d’approvazione, altri di sconcerto.

Celes sorrise, senza smettere di fissare Togami.

Stronza. Ora sei contenta, eh?

Per essere un condannato a morte mi sembri piuttosto calmo, Byakuya-chan.

Servirebbe a qualcosa lasciarmi andare all’isteria?

Non concretamente.

E allora non vedo perché dare soddisfazione a quella squilibrata di Enoshima, lasciandole il ricordo del sottoscritto che sbraita implorando pietà.

“Upupupupu! Sveglia Togami, è ora di incontrare il Tristo Mietitore! Upupupu!”

Byakuya lanciò uno sguardo infastidito all’orso meccanico.

Se devo andarmene… tanto vale farlo con stile.

“Sono pronto… Junko Enoshima.”

Monokuma si bloccò di colpo, mentre alle sue spalle la classe chiedeva spiegazioni.

“Tu, brutto-”
“Lascio a chi di dovere l’onere di spiegarvi tutto” disse Togami, superando Monokuma, “ormai non è più compito mio.”

Si sedette sulla sedia, in attesa di qualsivoglia esecuzione Enoshima avesse architettato.

Naegi lo osservava sconvolto, mentre gli altri lo tartassavano di domande; Kirigiri si limitò ad osservarlo impassibile, come sempre.

Monokuma invece trasudava odio e soddisfazione. Era riuscito a farlo fuori, ma adesso avrebbe avuto una bella gatta da pelare.

Buon divertimento, Enoshima.

Teatrale.

Io direi, piuttosto, efficace.

Detto questo, chiuse gli occhi e attese la sua fine.


Gli occhi gli facevano male, anche se non sapeva perché.

Se era morto non avrebbe dovuto sentire più nulla.

Lì riaprì lentamente, venendo accolto da una fastidiosissima luce giallastra.

Se questo è l’aldilà, hanno un budget piuttosto scarso per l’illuminazione.

Sorgi e splendi, Byakuya-chan!

...cosa?

Si mise velocemente a sedere, cercando di non dar peso all’improvviso giramento di testa.

Ma come diavolo…

Per l’ennesima volta, si era svegliato nell’ormai familiare aula della Kibougamine.

Perché? Credevo di aver concluso definitivamente!

Consideralo un… regalino da parte mia. Sei stato un bravo bambino, Byakuya-chan.

Devo decidere se odio di più quell’impossibilmente gracchiante “upupupupupupu” o tu che mi chiami in quel modo. Comunque… cosa diavolo vuol dire che lo devo considerare un regalo da parte tua?

E va beh, ma allora sei di coccio. Non sei contento di essere scampato al destino che ti attendeva sotto forma di lame rotanti? E poi sei scortese con il tuo salvatore.

… senti, sul serio. Finiscila. Non mi hai neanche risposto.

E cosa ti devo dire? Ho visto notevoli miglioramenti in te, ho chiesto conferma a chi di dovere e ho ottenuto una piccola proroga. Ti era rimasto un gettone nella tasca dei pantaloni e puoi usarlo.

Anche tutta la storia che parli con chissà chi di chissà cosa…

Non perderti via in simili inezie, su. Hai una missione da compiere.

Ma vai a quel paese e restaci.

Si impose di non rispondere più, almeno per un po’, alla fastidiosa voce.

Non era finita quando avrebbe dovuto. Insperato ma, non lo poteva negare neanche volendo, di sicuro non ci avrebbe pianto sopra.

Sospirò. Da una parte, ed era dura ammetterlo, la prospettiva della fine aveva un che di… liberatorio. Non voleva morire ed era felice di poter respirare ancora, sia chiaro, ma una certa e minuscola parte del suo cervello quasi invocava una chiusura. Un qualunque tipo di chiusura.

Converrete che la sua situazione metterebbe alla prova anche il più roccioso dei Superman.

Ok. Non ho tempo da perdere in stupidaggini. Mi è stata concessa una seconda chance e non mi va proprio di sprecarla. Sarebbe anche più della seconda ma non è importante.

Fece per uscire dall’aula e dirigersi verso la palestra quando gli venne uno strano dubbio.

E se la sparata plateale che ho fatto durante l’ultimo processo… che possa essere una strada realmente percorribile? So che è pericolosa e potrebbe provocare Enoshima fino al punto di ucciderci tutti lì, me ne rendo conto. Eppure…

Riflettici bene si disse mentre, in maniera per lui molto poco caratteristica, si appoggiava con la schiena al muro perché stavolta non puoi muoverti in maniera sconsiderata. Sei all’ultimo atto della tua folle avventura a spasso nel tempo e devi sempre tenere presente che, al contrario dei precedenti, se stavolta muori… muori. Niente più ripetizioni salva-deretano.

Allora. Le ultime volte ho sempre finito col dirlo almeno a Kirigiri e Naegi e devo dire che, pur con tutte le difficoltà che possiamo aver incontrato, la mossa è sempre stata tutto sommato azzeccata. Quindi questo, a prescindere dalla rivelazione in pompa magna, penso che lo farò. Il problema sono gli altri. I gorilloni ignoranti come Oowada e Kuwata finirebbero sicuramente col cominciare a prendermi a male parole dandomi del visionario e quella serpe di Ludenberg cercherebbe di marciarci sopra in qualche modo. Se mai dovessimo giungere a un compromesso civile, io e lei, voglio chiederle da cosa scaturisce l’odio che ha ripetutamente mostrato nei miei confronti.

Il passo è azzardato e gravido di conseguenze, alcune delle quali so perfettamente non positive. Mi chiedo però se le persone un po’ meno inclini alla violenza, come ad esempio Oogami e la sua inseparabile compagna di scorribande, potrebbero essere convinte dal mio ineguagliabile charme.

Non fu contento di quanto gli balenò di fronte agli occhi.

A meno che… a meno che non entri in quel salone e per una volta, una sola volta, Byakuya Togami non rinneghi se stesso per scendere a più miti consigli.

Se non mi mostro altezzoso e arrogante potrebbero stare ad ascoltarmi un po’ di più.

Non mi piace. Non mi piace per niente. Ma, se dovessi decidere di seguire questo piano d’azione, temo che questo sia l’unico modo fattibile.

Byakuya si sentì roso dal dubbio e si mise le mani nei capelli. Almeno il suo orgoglio fu sollevato dal non doversi preoccupare di sguardi indiscreti.

“Finalmente ti abbiamo trovato, Togami-san!”

Si voltò verso la voce di Naegi, che aveva appena aperto la porta dell’aula in cui si trovava; alle sue spalle la solita, inespressiva Kirigiri.

“Ci stavamo preoccupando” trillò il ragazzino, correndo verso di lui, “dovresti fare più attenzione quando vai in giro da solo…”

E sia, ricominciamo.

Sospirando si avvicinò agli altri due, ripassando mentalmente il solito racconto sulle sue disavventure - che era ormai un po’ trito e ritrito: “Sentite, sarò breve: ho parecchie informazioni da darvi.”

“Altre informazioni?” chiese Kirigiri, cauta. “Dopo ieri credevo che il piano fosse di agire con discrezione per non far insospettire Enoshima.”
...eh?

“Scusatemi, credo di essermi perso qualcosa: voi sapete di Enoshima e del suo piano?”
“Sei stato tu ad informarci, l’hai dimenticato?” replicò Kyouko, inarcando un sopracciglio.

“Togami-san, va tutto bene?” chiese Naegi, preoccupato “Sei strano…”

Dopo tanti loop temporali era convinto che più nulla potesse sorprenderlo, ma evidentemente si sbagliava.

Ehi! Ehi tu, voce! Cosa sta succedendo?!

La voce non rispose, tuttavia a Togami parve di sentire una risatina che di sicuro non apparteneva ai suoi due compagni di sventura.

Hmph… è come se fossi tornato indietro solo di qualche giorno, e non dall’inizio. Significa che posso risparmiarmi l’opera di convincimento su Kirigiri e Naegi, cosa non da poco. Per il resto…

Byakuya si fermò a riflettere alle possibili conseguenze di quanto era appena successo.

...Touko è ancora viva.

Bingo, Byakuya-chan.

“Mi spiace interrompere i tuoi ragionamenti, Togami” proruppe Kyouko, dirigendosi verso la porta “ma non abbiamo tempo adesso. C’è un processo che ci attende.”

Togami sgranò gli occhi.

Processo? Touko?!
“Aspetta, vuoi dire che c’è già stato un omicidio?!”

“Ti stavamo cercando proprio per questo” spiegò Naegi, “è successo tutto mentre eri via e abbiamo dovuto fare senza di te. Ma per il processo servono tutti quanti…”

“...e gli altri sono già sul montacarichi in attesa” concluse Kyouko per lui.

Togami non se lo fece ripetere due volte e corse verso la porta rossa, mentre Naegi e Kirigiri lo inseguivano chiedendogli spiegazioni.

Quando aprì la porta rossa lasciò vagare lo sguardo sulle facce stupite dei presenti, finché…

“Touko!”

Facendosi largo tra gli altri studenti, Byakuya raggiunse un’esterrefatta Touko Fukawa, che lo fissava con occhi sgranati.

“C-che cosa vuoi, Byakuya-sama? L-la mia presenza ti dà così fastidio che v-vuoi spingermi via e-”

“Taci Touko. D’ora in poi non allontanarti mai da me, intesi?”

La ragazza lo guardò allibita, lasciando sconvolti anche i presenti - che tutto si aspettavano da Togami, tranne un gesto per lui così… gentile.

Il ragazzo ignorò del tutto i commenti, continuando a rivolgersi a Touko: “Promettimelo.”

“O-ok…” fu l’unica risposta che l’incredula Fukawa riuscì a balbettare.

Ooooooh, ma come sei carino Byakuya-chan! Sei tenerissimo, lo sai?

Vai al diavolo!

Il breve viaggio sul montacarichi proseguì col sottofondo di una decina di persone che borbottava, chiedendosi se Togami avesse forse battuto la testa; quest’ultimo non si preoccupò di rispondere - anche se si lasciò sfuggire il vago pensiero di lasciarli crepare tutti, ma era dettato solo dal suo imbarazzo.

Poi il montacarichi si fermò, e finalmente arrivarono al tribunale.

Ehi ehi ehi. Aspetta. Va bene che ero tutto preso da Touko, ma… non so chi è morto.

Guardò gli altri uscire. Le caratteristiche fisiche più evidenti, come la pettinatura di Mondo e la massiccia muscolatura di Sakura, non mancarono di farsi notare.

In compenso non vedeva dei sin troppo familiari rasta.

“Kirigiri” le chiese mentre anche lei stava prendendo posto “è… Hagakure?”.

“Sei sicuro di stare bene, Togami? Sei pallido e sudi” gli rispose quella.

“Non mi hai risposto”.

“Perché non è necessario risponderti. Basta una veloce panoramica sui presenti per sciogliere il tuo sciocco dubbio”.

E sì, era proprio così.

Mancava Hagakure.

In effetti ho fatto proprio una figura… da Hagakure. Devo aver avuto la stessa espressione che ha avuto lui la volta in cui voleva conferma che il cadavere bruciato di Ikusaba non fosse quello di Kirigiri. E ciò con la stessa Kirigiri a non più di tre metri da lui.

“Come?” chiese poi, sempre rivolto alla detective in rosa.

“Accoltellamento. L’hanno trovato nella sua stanza, sul letto. Ma com’è che non sai nulla?”.

“Non… non ne ho idea. Devo essere stato svenuto a lungo…”.

Preferì troncare, non sapendo come cavarsi d’impaccio.

Già sai un bel po’ di cose, cara mia. Non mi sembra il momento adatto per ragguagliarti sulle ultime, intricate novità.

Comunque bene, molto bene. Sto per affrontare un processo senza aver letto il file di Monokuma, senza aver svolto il più basilare dei sopralluoghi sulla scena, senza sapere nulla di nulla. Non è un buon presagio.

Avanti. Sai troppe cose per morire qui.

E a proposito di sapere troppe cose.

Ancora una volta, come già nell’ultima occasione, il suo sguardo finì col posarsi su Mukuro Ikusaba.

In quel momento, più che per la contingenza, era preoccupato per il lungo termine. Era sicuro che, mettendo anche il caso fosse stata lei ad uccidere Hagakure -cosa di cui comunque dubitava-, non sarebbe stata condannata. O meglio, ne era sicuro con un buon margine di certezza perché con quella pazza furiosa di Enoshima non si poteva mica mai dire.

Ma Enoshima, per quanto bizzarra nel suo modus operandi da macellaia, non era stupida al punto di privarsi di una pedina così preziosa. O forse sì. Ma era più prudente considerare l’ipotesi peggiore.

Quindi era facile pensare che Ikusaba sarebbe uscita viva di lì.

E a quel punto… la sua presenza in mezzo a loro cosa poteva significare? Che fattori di rischio portava in suo eventuale tentativo di smascherare platealmente il mastermind?

Non adesso. Adesso mi metterò nelle capaci mani di Sherlock Kirigiri e John Naegi, che sapranno di sicuro cavarsela egregiamente.

A parte i nomignoli squallidi. Da quando usi il tuo orgoglio come straccio per pulire i vetri?

Tu sempre nei momenti meno opportuni, oh. Ti devo ricordare che fino a meno di un minuto fa non sapevo nemmeno il nome della vittima? È evidente che, anche se solo per stavolta, dovrò rimanere in panchina.

Perché non ripetere l’exploit che avevi fatto la primissima volta, con Fujisaki? Solo che, invece di farlo durante la fase investigativa, lo fai durante quella processuale. Comincia a sparare accuse a casaccio. Sarà divertentissimo.

… scusa eh, ma non ho tempo per i tuoi deliri. E poi com’è che sei diventata improvvisamente antagonistica?

Mi annoiavo.

Spero che per te sia possibile crepare. Magari dolorosamente.

“Va bene, bastardi. Siamo qui riuniti per discutere e trovare un colpevole all’inverecondo omicidio di Yasuhiro Hagakure. Cominciate pure a sbranarvi”.

E dopo l’Enoshima frettolosa, ecco a voi l’Enoshima stringata. Quella ragazza avrà un casino non indifferente in testa, con tutte queste personalità che si sgomitano.

Kyouko prese la parola per prima: “Dunque, innanzitutto vorrei evitare di perdere tempo sulla dinamica: appare palese che la morte è stata causata da almeno due coltellate nel petto. Siamo tutti d’accordo in merito?”.

Non vi fu una sola voce fuori dal coro.

“Molto bene. Stabilito questo, resta da capire un possibile movente”.

“Prima di pensare al movente, non dovremmo avere almeno una vaga idea di chi possa essere il colpevole?” chiese innocentemente Asahina.

“Concordo” proruppe Celes, sorridendo “e in effetti… avrei qualche sospetto da condividere con voi.”

Detto questo, si voltò verso Togami.

...no. Per favore.

“Durante il ritrovamento di Hagakure e le indagini tu non eri insieme a noi” chiese lei, melliflua “correggimi se sbaglio.”
Maledetta.

Il suo impulso di risponderle per le rime vene interrotto da Kirigiri, pronta a confermare alla classe la sua innocenza: “Io e Naegi abbiamo trovato Togami solo una ventina di minuti fa, giusto in tempo per il processo. Era privo di conoscenza in una delle aule.”

“E dovrebbe essere una conferma?” replicò Celes, giocando distrattamente con uno dei suoi lunghi codini. “Per quanto ne sappiamo potreste anche essere in combutta per coprire la sua colpevolezza.”

I dibattiti su chi concordava con Celes e chi invece non era d’accordo vennero mitigati da Naegi, che ricordò loro le regole della Kibougamine: “Mi spiace contraddirti ma ti ricordo la regola secondo cui, se un omicidio viene commesso da due persone e i colpevoli riescono a non farsi scoprire, in ogni caso sarà solo l’omicida effettivo e non il complice a salvarsi. Quindi, anche fosse Togami-san il colpevole, sarebbe inutile per me e Kirigiri-san fargli da complici, perché non ne ricaveremmo alcun vantaggio.”
Al che tutti annuirono, ricordando le assurde regole di Monokuma; solo Celes si limitò a fissare il trio assolutamente impassibile, ma negli occhi vi si poteva scorgere una furia cieca.

Spiacente di aver demolito ancora una volta il tuo castello di carte, cara la mia Gambler professionista pensò Togami, lasciandosi sfuggire un sorrisetto compiaciuto.

“Quello che dite è giusto, ma… come facciamo ad essere sicuri che non sia Togami il colpevole?” chiese Sayaka, dubbiosa. “Insomma, non possiamo avere la totale certezza che sia innocente…”

“Ciò che dice Maizono è giusto” annuì Sakura, solenne. “Al momento non possiamo escludere del tutto Togami… ma in ogni caso, prima di accusarlo, dovremmo cercare altre possibili soluzioni.”

“Come sei fortunato Togami, upupupupu! Un bel po’ di gente sembra schierata dalla tua parte! Aaaah, tutti questi buoni sentimenti mi fanno arricciare la pelliccia dal piacere, upupupupu!”
Enoshima, sul serio, fai schifo.

Per quanto disgustosa, non ha torto. Diverse persone sono schierate dalla tua parte, e converrai con me che fino a qualche tempo fa non era un’ipotesi plausibile… dico bene, Byakuya-chan?

Togami preferì ignorare la voce, concentrandosi invece sul processo: era già all’oscuro di quanto era successo, meglio non distrarsi mentre Ludenberg continuava ad accusarlo.

Ti odia proprio quella gothic lolita, eh?

A saperne il motivo, poi.

...io un’idea ce l’avrei.

...taci.

“Vi concedo dei dubbi su di me, anche se non posso far altro che ribadire la mia totale estraneità a questa morte. Però, se non vi dispiace, potremmo davvero cominciare a studiare un po’ meglio altri scenari. Ad esempio chi altri, oltre a me secondo i più malpensanti di voi, potrebbe aver voluto Hagakure cadavere”.

“Riflettete bene” disse Naegi a mo' di esortazione “su una possibile motivazione che potrebbe spingere ad un assassinio. Un litigio, un contrasto particolarmente forte… qualcosa del genere”.

“In realtà può essere semplicemente il desiderio di diplomarsi in questa accademia per psicopatici. Arrivi, ammazzi il primo sfigato che ti capita sottomano, ti va di culo e sei fuori” fu la tagliente risposta di Kuwata.

E in effetti, convenne Byakuya nella sua testa, la possibilità non era del tutto da escludere. Se però fosse stato davvero così, le cose si complicavano parecchio: il colpevole sceglie una vittima a caso, le fa la festa e si assicura di non avere nessuna traccia che possa smascherarlo.

Non essere precipitoso. La tua esperienza ti dice che, salvo pochissime eccezioni e le volte in cui era stata Enoshima a intromettersi, c’era sempre almeno una parvenza di motivazione. Sempre.

“Avanti” si ritrovò a insistere “mi rifiuto di credere che Hagakure sia stato selezionato in maniera del tutto casuale. Non è possibile che non ci sia il minimo segno per poterlo collegare a chi l’ha ucciso”.

“Oh, questo non è del tutto vero” chiosò Kyouko con il suo solito tono da saputella “Io e Naegi abbiamo rinvenuto un indizio molto interessante sulla scena del crimine”.

Eccoli qui, i miei…

… amici?

Sul serio, fatti un giretto su Marte senza la bombola dell’ossigeno.

“E sarebbe?”.

“Per qualche disguido, a causa del quale vorrei presentare una protesta ufficiale al nostro preside, il file di Monokuma non lo riporta. Ma Hagakure aveva delle piccole tracce di pelle e del sangue sotto le unghie. Ciò farebbe presupporre una colluttazione con il suo assassino. E la quantità di materiale era sufficiente da farmi ipotizzare che possa essere rimasto qualcosa sui polsi o sulle mani di chi l’ha ucciso. Vi posso chiedere di mostrarmi le vostre mani, per favore? Naturalmente, anche se lo trovo superfluo, provvederò a fare lo stesso con le mie. Oppure saltiamo la parte inutile e posso rivolgere questa domanda solo a te, Kuwata”.

“A… a me? E perché proprio io?”.

“Perché ho notato che tieni le mani in tasca un po’ troppo, e quando non lo fai badi bene che i tuoi palmi siano coperti. Trovo quest’atteggiamento sospetto. Tu no?”.

“Ma… ma…”.

“Avanti, faccele vedere”.

Mormorii, commenti a mezza voce e un po’ di sana suspance percorsero quella sala.

Kirigiri persistette nella sua richiesta e Leon, pressato anche da altre persone, si trovò costretto ad ubbidire.

Effettivamente la sua mano destra presentava una serie di graffi.

“A meno che tu non abbia una giustificazione valida per quelle ferite… diciamo che sei nei guai”.

Kirigiri, piantala di essere così cool o potrei prendermi una sbandata per te.

E tu piantala di farti vivo. In generale, dico.

Ma Byakuya-chan, uffi! Non togliermi anche quei pochi divertimenti che posso avere!

Lo faccio eccome, se questo può preservare quel poco che resta della mia sanità mentale.

Oh, io ti direi di salutarla, la tua sanità mentale…

Evitò di replicare, concentrandosi invece sull’interrogatorio di Kuwata.

“E questa sarebbe la tua prova?” la attaccò lui, sulla difensiva. “Potrei essermi graffiato involontariamente in qualsiasi momento, anche prima di entrare in questa scuola del cazzo!”

“Vero” confermò Kyouko, pacata, “ma non è la sola prova in mio possesso.”

Kuwata e gli altri la osservarono con attenzione, ansiosi di sapere ciò che aveva da dire.

“Accanto al corpo di Hagakure c’erano delle impronte di scarpe” proseguì la ragazza, “non molto grandi, solo la punta della scarpa. Ma abbastanza affinché la suola lasciasse un segno sul pavimento. L’assassino deve poi aver provveduto a pulirsi le scarpe e scappare in tutta fretta per tornare nella sua camera. Secondo i file” disse, leggendo i dati sul suo ID “il corpo è stato trovato poco dopo l’inizio del coprifuoco. Possiamo quindi presumere che l’assassino fosse andato via poco prima.”
“Scusate se interrompo” alzò la mano Chihiro, imbarazzato “ma uhm… ecco, non è strano che l’assassino abbia ripulito la suola della scarpa ma non l’impronta?”

“Probabilmente” prese parola Makoto “l’assassino aveva intenzione di pulire anche quelle, ma il coprifuoco e l’annuncio di Monokuma l’avranno spaventato e sarà scappato dalla stanza lasciando tutto com’era.”
“Inoltre” continuò Kirigiri “avrà pensato che l’impronta fosse talmente piccola da non essere abbastanza riconoscibile… vero Kuwata?”

“Prima di accusarmi” ringhiò il ragazzo, “dovresti mostrare a tutti questa prova, perché i tuoi bei discorsi non bastano!”
“Benissimo” rispose lei, “allora facci vedere la suola delle tue scarpe.”
“C-cosa?!”

“Vedi, la scarpa che ha lasciato quell’impronta ha una suola dal disegno particolare… è difficile confonderla con un’altra. È un tipo di scarpa che qui dentro solo tu indossi, e ho fatto attenzione a guardare le suole di tutti i presenti per averne la conferma. Ma visto che dobbiamo essere equi” proseguì, “ognuno di noi mostrerà la suola della propria scarpa destra, nessuno escluso.”

Tutti obbedirono senza fiatare, mostrando le proprie scarpe. Quando fu il suo turno, Kuwata esitò.

“Allora?” lo esortò Kyouko.

“Kuwata-san, per favore…” insistette Naegi.

Leon rimase per qualche minuto in silenzio, per poi lasciarsi sfuggire una risata isterica.

“Io volevo solo uscire da qui! Voi… voi sembrate così tranquilli! Come se non ve ne fregasse niente di tutto questo casino!” urlò, puntando il dito contro tutti in sala. “Ho solo fatto ciò che ritenevo necessario per salvarmi la vita!”
“Direi che questa è una confessione a tutti gli effetti, upupupupu!” trillò Monokuma, dall’alto del suo trono. “A questo punto possiamo pure passare alle votazioni-”
“Aspetta!” lo interruppe Naegi. “Prima voglio sapere una cosa” disse, rivolgendosi a Leon “perché Hagakure? Perché lui?”
“Uno vale l’altro” rispose Leon, con un sorriso stanco sul volto. “E poi… era stupido. Farlo fuori è stato così facile…”
Mentre un incredulo Naegi continuava a fissare Kuwata in silenzio, Togami osservò la scena riflettendo su come, non molto tempo fa, il pensiero di Leon fosse stato
suo.

Le cose cambiano, Byakuya-chan, così come le persone. Anche quelle che non pensavi sarebbero mai state capaci di cambiare… come te, per esempio.

Non tutti hanno la possibilità di vivere quello che ho vissuto io, però. Non mi sento particolarmente speciale.

Oh suvvia, passi da un estremo all’altro con la rapidità di una pallina da tennis. A tutto c’è un motivo.

Va bene, va bene. Non ho voglia di litigare con qualcosa che non esiste.

Ecco, adesso mi hai offeso davvero. Stronzo!

Lieto di averlo fatto.

Monokuma, che come tutti gli altri era completamente all’oscuro di questi discorsi in corso nella testa bionda di Togami, si premurò di usare il suo martelletto per iniziare l’esecuzione. Sì, chiaramente c’era stata una votazione prima, ma l’evidenza era tale che la si dava per scontata.

Byakuya fu l’unico che distolse gli occhi. Per loro era il primo e serpeggiava la macabra voglia di osservare per filo e per segno cosa succedeva a un condannato. Per lui era solo l’ennesima morte insulsa e stava seriamente cominciando a non poterne più.

Certo, una o due gli erano imputabili più o meno direttamente… ma come anche la Voce si era premurata di fargli presente, le persone cambiano. E lui, alla fin fine, non era poi così orrendamente disgustato da ciò che era diventato, o stava diventando.

È un percorso un po’ più difficile e ripido, a ben guardare. Ma ha anche alcuni indubbi vantaggi.

La messa a morte di Leon, giusto per la cronaca, fu la solita: legato al palo e preso letteralmente a pallate.


La conclusione del primo processo portò un’unica cosa positiva: l’apertura della sauna al primo piano.

E finalmente, pensò Byakuya con una notevole dose di compiacimento, un posto in cui potevano parlare in totale serenità senza timore di venire intercettati.

Alla prima occasione utile ci trascinò Naegi e Kirigiri. Era davvero ansioso di sentire la loro opinione in merito alla matta idea che gli frullava in testa da un po’ di tempo.

“Ehi. Ehi! Non serve spingerci, Togami-san! Sappiamo camminare da soli!” guaì Makoto mentre l’altro lo strattonava senza nessuna grazia.

“Lo so, lo so. Ma voglio togliermi questo peso dallo stomaco il prima possibile”.

Erano finalmente dentro. Solo loro tre.

“Alleluia” disse poi mentre si sedeva su una panca “Adesso siamo fuori dal campo uditivo e visivo di Enoshima e posso esporvi il mio piano”.

“Cosa ti passa per la mente, si può sapere?” gli chiese Kirigiri, atona come al solito. Lui però ci colse una lieve nota di curiosità.

Se non altro, a furia di ripetere e ripetere, sto imparando a riconoscere i loro piccoli tic.

“Dunque. Vi ricordate di quanto vi ho confidato l’ultima volta, no?”.

“Certamente. Saresti incastrato in una specie di loop temporale, o qualcosa del genere, e staresti rivivendo quest’incubo”.

“Ti prego di non usare il condizionale, Kirigiri. Darei un decimo del mio patrimonio personale, che sono più soldi di quanti voi due potreste anche solo concepire, perché tutto questo non fosse vero. Ma lo è”.

“Ok, ok. E quindi?”.

“Per qualche motivo inspiegabile c’è stata una variazione sul tema. Mi era stato detto dal mio misterioso compagno mentale…”.

“L’omino del cervello?” si intromise innocentemente Naegi, guadagnandosi un’occhiata mortale da parte di Togami.

“... chiunque o qualunque cosa sia. Mi aveva detto che quella sarebbe stata l’ultima volta, che non avrei ripetuto più. E poi…”.

“E poi?”.

“E poi… è successo. Ho ripetuto. Solo che, invece di ricominciare dall’inizio, mi ha spedito come a metà dell’iterazione precedente. È complicato da spiegare, lo so”.

“Aspetta, vediamo se ho afferrato: normalmente ti ritrovavi all’inizio di questa disavventura, giusto? Cioè ti svegliavi in un’aula, come è successo a tutti noi, e qualunque cosa tu potessi ricordare non era mai avvenuta”.

“Esattamente”.

“Adesso invece qualcosa è cambiato”.

“Proprio così. Tanto che, non so se voi ve ne siete accorti, com’era successo prima temevo che fosse Touko la vittima e… sì, insomma...”.

Gli occhi di Naegi si gonfiarono dallo stupore. Kirigiri mantenne invece la sua maschera di cera.

“Guarda che me ne sono accorta benissimo che eri sin troppo sollevato quando l’hai vista sul montacarichi, viva e vegeta”.

Non mi aspettavo niente di diverso da te, Kyouko. Proprio niente. Era talmente palese da irritare. E solo il tuo compare, nella sua sconfinata ingenuità, potrebbe venire sorpreso da questa notizia.

“Ok Togami, credo di aver capito. Però questo non spiega, almeno non del tutto, di cosa volevi parlarci”.

Byakuya inspirò. Stava per fare il passo decisivo verso la salvezza o la dannazione di tutti loro, o almeno di una buona fetta di loro.

Per un attimo le sue spalle si fecero pesanti. Poi raccolse il coraggio e sputò il rospo.

“Io sto meditando di sferrare un attacco diretto a Enoshima. Di aspettare il momento adatto, quando siamo tutti riuniti in palestra per qualcuno dei suoi sordidi annunci, e denunciarla pubblicamente come la pazza responsabile di quanto ci sta accadendo. Mi sono stufato di rimanere rintanato nel mio guscio e voglio provare a passare all’offensiva. Solo che ci sono un sacco di opzioni da vagliare e non me la sento di trascinarvi tutti sottoterra con me”.

“Sei sicuro di volerlo fare, Togami?” chiese Kirigiri. “Da un lato comprendo il tuo voler passare al contrattacco dopo aver vissuto questa situazione così tante volte, ma d’altro canto, come tu stesso hai detto, le variabili sono troppe… la presenza di Mukuro Ikusaba, ad esempio.”

“Infatti è a quello che mi riferivo” replicò Togami, lieto di constatare che poteva risparmiarsi di ripetere certi discorsi, “oltre ad Enoshima, che è una mina vagante. Tuttavia” sospirò, “hai ragione nel dire che sono stufo di questo loop continuo. Ho vissuto questa situazione così tante volte da sapere che agire nell’ombra non ha portato a niente di buono, in nessun caso. E quando ho cercato di agire allo scoperto fin da subito… è stato anche peggio.”

“In compenso” disse Naegi, “stando a quanto ci hai detto, parlare con me e Kirigiri-san ti si è sempre rivelato utile, giusto?”

“Esatto. Sembra essere l’unico punto fermo.”

Makoto e Kyouko si scambiarono un’occhiata, seguita da un sorrisetto stranamente soddisfatto.

“Che avete da ridere, adesso?”

“Oh nulla, Togami. Non preoccuparti.”

Che diamine gli prende?

Oh Byakuya-chan, sei proprio tardo quando ti ci metti.

Cosa? Come osi!

“Convenevoli a parte” proseguì Kyouko, “come intendi procedere?”

“Hm? Vuoi forse dire che… volete farlo comunque?”

“Ovviamente, siamo con te” sorrise Makoto.

“Se non moriamo nel tentativo di fuggire da qui, moriremo per mano di un altro studente o Enoshima stessa, per cui tanto vale tentare. Cos’abbiamo da perdere?”

“Un discorso così… suicida da parte tua non me lo sarei mai aspettato, Kirigiri. Di solito sei una che pianifica…”

“...e chi ha detto che non pianificheremo?”

“Ecco, mi sembrava…” rispose lui, con un mezzo sorrisetto.

Non l’avrebbe mai ammesso, ma in cuor suo cominciava davvero a sperare.


Non ci volle molto per il successivo annuncio di Monokuma.

Erano tutti lì, in palestra, intenti ad ascoltare i deliri dell’orso meccanico: stava di nuovo cercando di spronarli a commettere altri omicidi, stavolta minacciandoli di rivelare i loro più terribili segreti.

Togami non poté fare a meno di volgere lo sguardo verso Oowada e Chihiro, ripensando a com’erano andate le cose la prima volta. Si chiese inevitabilmente se, stavolta, non ci fosse modo di salvarli…

Sai che non puoi salvarli tutti, Byakuya-chan.

Nulla mi impedisce di tentarci.

...cominci a parlare come Makoto, lo sai?

Togami non rispose, limitandosi a sorridere. Sapeva bene che non tutti quanti sarebbero usciti vivi da lì: se, come temeva, le cose fossero degenerate, molti sarebbero probabilmente morti per mano di Enoshima o Ikusaba. Ma lui stavolta voleva tentarci. Lo doveva a tutti loro, e a se stesso.

“Bene bene bene, miei bastardi! Non avete niente da dire, upupupupu?” gracchiò Monokuma, riportando Togami coi piedi per terra. Scambiò velocemente un’occhiata d’intesa con Kirigiri e Naegi.

Adesso o mai più.

“Io effettivamente avrei una domanda” disse ad alta voce, sistemandosi gli occhiali sul naso.

“Sentiamo, Togami!” trillò l’orso meccanico, piroettando su se stesso. “Vuoi rivelarci il tuo torbido segreto, upupupu?”
“No ma… perché non ci riveli il tuo, piuttosto?”

“Prego, upupupu?”

“Perché non ammetti che dietro a quell’orso giocattolo si nasconde… Junko Enoshima?”

L’orso meccanico si bloccò di colpo, senza emettere altri suoni, mentre la palestra si riempiva di voci e domande e richieste di spiegazioni.

“Ti sei rincretinito, Togami? Come può esserci Enoshima dietro a tutto questo se Enoshima è lì?” ringhiò Oowada, indicando la falsa Junko - la quale, intanto, era sbiancata in volto.

“Forse perché quella non è Junko Enoshima” rispose Togami, che ovviamente aveva tenuto conto delle reazioni incredule dei compagni.
“Monokuma non vi ha mai detto nulla sul sedicesimo studente, vero?”

Tutti si guardarono tra di loro, colti di sorpresa.

“M-ma noi siamo sempre stati quindici” insistette Chihiro, “fin dall’inizio…”

“E allora perché nell’aula dei processi ci sono sedici posti?” intervenne Kirigiri, e a quella frase tutti rimasero in silenzio, probabilmente riflettendo su quella puntualizzazione.

“In effetti…” borbottò Sakura, perplessa “io avevo notato quel posto in più durante il processo, ma la situazione era talmente tesa che dev’essermi sfuggito di mente…”

“Anche io, ora che ci penso…” confermò Aoi, e così anche gli altri, esclusa la falsa Junko, che poco a poco si ritrovò dodici paia d’occhi puntati addosso.

“P-perché mi fissate così?” balbettò lei, chiaramente presa in contropiede, “Non crederete mica ai deliri di quel quattrocchi?!”

“Credo che tu ci debba qualche spiegazione…” disse Togami, avanzando di qualche passo, “Mukuro Ikusaba.”

La falsa Junko arretrò di qualche passo, sotto lo sguardo attento di tutti.

Poi il suo corpo venne trafitto dalle lance.

Ci furono alcune urla, la più acuta delle quali proveniente dalla gola di Fujisaki. Ma anche Yamada si diede da fare in tal senso.

Ok. Esattamente come avevamo temuto.

Byakuya non fu particolarmente felice di vedere Ikusaba accasciarsi a terra, perforata da quelle che la sua amorevole sorella aveva battezzato “Gungnir, sacra lancia di Odino”. Trovò stranamente il tempo di fare il collegamento fra il nome del gruppo mercenario del quale il Super Soldato aveva fatto parte e il nome dell’arma che l’aveva uccisa.

Ma, dovette constatare con se stesso, questo avvenimento toglieva una possibile spina nel fianco.

Era in programma. O almeno, era una delle ipotesi che tu e i tuoi compagni di merende avevate formulato. Non arriva come un fulmine a ciel sereno.

Grazie tante. Dimmi qualcosa che non so.

Detto fatto. Invece di cianciare con me dovresti pensare a chi ti sta attorno in questo momento.

Uh?

Per una volta la voce non aveva parlato del tutto a sproposito perché percepì chiaramente una lunga sfilza di sguardi su di sé. E, giusto per non smentirsi, fu Celes a vibrare la prima stoccata: “Dico, sei impazzito o cosa? Con le tue sparate da maniaco hai provocato Monokuma al punto di fargli uccidere Enoshima!”.

“Quella non era Enoshima, Ludenberg. O forse ti dovrei chiamare col tuo vero nome?”. Avevano pensato anche a questo: sfruttare il suo serbatoio di conoscenze, a loro precluso, per convincere gli increduli della verità di quanto sostenevano.

“Tu… non puoi sapere il mio vero nome”.

“Scommettiamo? Se vinco mi porto via il tuo castello con i servitori travestiti da vampiri. Ti va bene, eroina tragica dei miei stivali?”.

Celes si ammutolì, annichilita. Nessuno poteva essere a conoscenza del suo sogno. Nessuno a parte Togami, evidentemente.

E ringrazia che non ti voglio abbastanza male da divulgare il tuo ridicolo nome da contadina ai quattro venti, strega.

“Gente, Monokuma è sparito!” ululò Oowada puntando il dito verso lo spazio prima occupato dall’adorabile orso.

Va bene, si comincia a fare sul serio. E prima di qualsiasi altra cosa…

Byakuya, una volta assicuratosi che l’auto-proclamato preside se n’era realmente andato, si avvicinò con un pizzico di cautela al cadavere di Ikusaba e, senza il minimo tentennamento, le sfilò la parrucca.

Alzò i posticci capelli rosa come un trofeo, in modo che tutti i presenti potessero capacitarsi del loro significato.

Lui non stava mentendo. Non stava cercando di fregarli per colpire alle spalle, come un criminale di bassa lega. O come quel vigliacco di Kuwata aveva sicuramente fatto con Hagakure.

Lui stava cercando di salvare il maggior numero possibile di persone. Sapeva che era una missione disperata che probabilmente non sarebbe andata in porto come una parte di sé voleva, ma si ripeté che ciò non gli doveva impedire almeno il tentativo.

E il primo passo per salvare qualcuno, nella loro situazione, era fare in modo di risultare convincente in quanto diceva.

“Come vedete ero sincero. Se volete sopravvivere fareste bene a seguire me e Kirigiri”.

Uhm. Forse un po’ troppo baldanzoso, ma tutto sommato non male come Giuramento della Pallacorda.

Deliziosa.

Lo dico sul serio.

Aria. Ho da fare.

Improvvisamente una voce nota risuonò per la palestra: “Upupupupupupupu. E va bene, Byakky. Hai avuto il tuo momento di gloria, ma adesso tornatene al tuo posto in fondo alla scala gerarchica. E per quanto riguarda voialtri bastardi: questo piccolo teatrino non cambia nulla. Anche ammettendo che l’idiozia del nostro biondo erede sia vera, cosa che comunque smentisco categoricamente, voi siete ancora nelle mie pelose mani e posso usare le vostre colonne vertebrali come mazze da golf come e quando più mi aggrada. Ringraziate che mi sono deciso a lasciare le regole intonse e per ora potrete continuare con le vostre esistenze qui all’accademia. Andate e ammazzatevi”.

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Capitolo 3
*** Era ora che scoppiasse la guerra in quell'accademia ***


“Branco di idioti.”

“Adesso non esagerare, Togami-san…”

Chiusi nello spogliatoio della sauna, Byakuya e Makoto discutevano degli ultimi avvenimenti, e quest’ultimo cercava invano di calmare un nervosissimo Togami. Dopo la morte in diretta di Ikusaba, Togami e Kirigiri avevano ritenuto opportuno spiegare un po’ di cose alla classe, in particolare le informazioni in possesso del biondo rampollo e, soprattutto, come le aveva ottenute. Inutile dirlo, non era andata benissimo: se qualcuno si era mostrato propenso a credergli un minimo, molti altri si erano mostrati irremovibili; Celes, manco a dirlo, l’aveva accusato di essere una spia di Monokuma - cosa che aveva fatto infuriare Togami.

“Mi si può dire tutto, tutto” borbottò lui, camminando su e giù per la stanza, “accetto qualunque insulto senza batter ciglio. Ma darmi della spia… spia di Enoshima!” ringhiò, “Questo è troppo!”

“Però non gli si può dare torto… io e Kirigiri ti crediamo, ma ammetterai che la tua storia è abbastanza… particolare” disse Naegi, che in tutto quel casino era rimasto involontariamente in disparte. Togami e Kirigiri avevano deciso di lasciare le cose come stavano: se Enoshima era impegnata a tenere d’occhio loro due, Naegi poteva dare una mano dietro le quinte.

Il loro discorso venne interrotto da Kirigiri, che entrò nello spogliatoio seguita da qualcuno.

“Oogami?”

Makoto e Byakuya si scambiarono un’occhiata perplessa, che Kyouko colse al volo: “Oogami ha qualcosa da dirci riguardo Monokuma, e ho pensato che portarla qui fosse la cosa migliore.”

“Dici che Enoshima non sospetta nulla?” puntualizzò Togami, ma Kyouko lo tranquillizzò: “Non c’è nulla di strano in due ragazze che usano la sauna insieme. E comunque non può certo impedircelo.”
Togami e Naegi si scambiarono un’altra occhiata, poi, scrollando le spalle, invitarono Sakura a parlare.

“Dopo la scena in palestra e quella di prima in caffetteria” iniziò lei, accomodandosi su una delle panche, “credo di avere qualche informazione che può tornarvi utile.”

“Vuoi dire che… credi a quanto vi ho raccontato?” chiese Byakuya, inarcando un sopracciglio. “Celes mi ha persino accusato di essere una spia…”

“Diciamo che ti concedo il beneficio del dubbio” rispose Sakura, “dato che ci hai dimostrato in parte la veridicità della tua storia. E soprattutto perché la vera spia sono io.”

Makoto sgranò gli occhi alla notizia, mentre Kyouko si limitò a un cenno della testa, quasi se lo aspettasse; Togami invece rimase impassibile, conoscendo bene la situazione.

“Quindi anche stavolta ti ha ricattata” commentò, sistemandosi gli occhiali sul naso.

“Anche questo è già successo?” chiese lei.

“Sì” confermò il ragazzo, “e… non è finita molto bene. Ma stavolta le cose andranno diversamente.”

Spero, aggiunse in silenzio.

“Oogami-san” parlò Makoto, “come mai hai deciso di svelarci il tuo ruolo di spia?”

“Perché voglio aiutarvi… e voglio uscire di qui per salvare la mia famiglia” rispose lei, pacata ma risoluta.

“In che modo pensi di farlo?” chiese Kyouko, già pronta a pianificare le prossime mosse.

“Enoshima voleva che venissi a parlarvi per poi riferirle i vostri piani…”

“...e tu hai pensato di darle corda e fare il triplo gioco a nostro favore” concluse Togami per lei.

Sakura non rispose, ma si limitò ad annuire.

“Mi piace il tuo ragionamento” ammise Togami, con un sorrisetto. “Se ci muoviamo con cautela potrebbe funzionare.”

Detto questo, Togami cominciò a camminare in circolo, ragionando sul da farsi. Poco dopo si voltò di scatto verso Sakura: “Al secondo piano c’è qualcosa che potrebbe tornarci molto utile. Ma prima dobbiamo convincere Fujisaki a collaborare. E probabilmente anche quel gorilla di Oowada…” sospirò, guadagnandosi una risatina da parte di Makoto, che poi aggiunse: “A questo posso pensare io, porterò qui entrambi e spiegherò loro la situazione. Dato che non mi sono ancora esposto sono meno sospetto di te e Kirigiri.”.

“Dici che riuscirai a convincerli della mia buona fede?” ironizzò Byakuya.

“No, ma dovrei almeno convincerli a collaborare” rispose Naegi con un pizzico di sarcasmo che non mancò di divertire le due ragazze. “Un piano per uscire di qui fa gola a tutti… e poi Oowada-san mi trova simpatico.”

Non lo facevo così sagace, il ragazzino. Mi piace.

Lo dici solo perché lo sto lasciando fare nella sua presa in giro ai miei danni…

Tra le altre cose. Anche quando ha intuito le ragioni di Asahina, quando Oogami è morta la prima volta, ti ha messo in ridicolo…

...vai al diavolo e restaci.

Sei così adorabilmente permaloso!

“Cosa c’è di così importante al secondo piano?” chiese Sakura, riportandolo coi piedi per terra.

Byakuya sorrise, soddisfatto: “Un computer.”

I presenti si guardarono sorpresi. Makoto azzardò: “Ma un computer, lasciato così in giro… non è strano?”

“Certo che lo è” confermò Togami “e per mia esperienza posso assicurarti che è una mossa strategica di Enoshima, così come lasciarci una stanza priva di telecamere.”

“Ma… perché?” chiese Sakura, la cui espressione contrita lasciava intuire quanto la ragazza non riuscisse a concepire certe azioni.

“Perché è pazza, punto. Non c’è una motivazione logica dietro alla sua follia.”

“Oh beh” fu quanto disse Kirigiri “se quella è pazza abbastanza da darci i mezzi per sconfiggerla…”.

“Sì, in effetti non guardiamo in bocca al caval donato”.

“Che brutto modo di dire”.

“Fa accapponare la pelle, vero?”.

“Siete divertenti come dei cactus ma non è il momento di darsi al cabarettismo” cercò di riportare l’ordine Togami. Aveva di sicuro attraversato dei cambiamenti, neanche di poco conto, però non rimpianse di non aver perso il suo polso di ferro.

Gli altri tre non ebbero da ridire, così lui ripassò ad alta voce quanto ognuno di loro doveva fare.

“Solo una cosa non mi è del tutto chiara” chiese Sakura “Perché dev’essere tirato in ballo anche Oowada?”.

“Perché è bene averne uno in più dalla nostra parte. E poi non si fida di me ed è facile che voglia rimanere vicino a Fujisaki per assicurarsi che noi non la si mangi in un rito satanico, o qualche stupidaggine simile”.

“E io che pensavo lo volessi fare, Togami” lo apostrofò Kyouko, inusualmente in vena di battute.

La sua risposta fu un grugnito. Ma a tutti suonò molto meno scocciato di quanto lui tentò di farlo apparire.

Poi si separarono, pronti a mettere in atto il loro traballante piano d’azione.


Due giorni dopo.

Byakuya picchiettava nervosamente le dita contro il tavolo a cui era solito sedersi in caffetteria. Accanto a lui Kirigiri, sempre fedele a se stessa, era imperturbabile nella sua staticità.

Sembra che non abbia nemmeno bisogno di respirare. E io che sono qui a contorcermi le budella…

Byakuya-chan, ti vengono le rughe se ti agiti troppo.

Lo ignorò completamente, aveva perso la voglia di rispondere colpo su colpo alle sue frecciatine ironiche.

Poi finalmente qualcosa si smosse.

A distanza di dieci minuti l’uno dall’altra Makoto e Sakura entrarono nella sala, sedendosi ben distanti dagli altri due e cominciando a parlottare fra di loro. Sai, per non sembrare fin troppo palesi.

I tanto sospirati cenni di Missione Compiuta, ovviamente ben mascherati, erano giunti a destinazione.

Questa è fatta. Adesso, secondo copione, io e Naegi convergeremo nello spogliatoio per sentire il resoconto sulla sua parte che è quella davvero importante. Senza Fujisaki non abbiamo la minima speranza, è l’unico che può fare quel che ci serve. Cioè, io so usare un computer ma di certo non sono capace di creare un’intelligenza artificiale e di darle la mia faccia.

Pensando questo, e ringraziando la Voce per non essersi fatta viva, salutò brevemente e uscì. Sempre per non insospettire troppo Enoshima optò per fare prima un breve giretto a vuoto, senza meta apparente.

Ebbe la tentazione di andare a controllare in biblioteca se quel vecchio portatile era dove se lo ricordava, ma concluse che avrebbe perso troppo tempo.

Con le mani in tasca, Byakuya Togami si trovò a camminare per il corridoio su cui davano le stanze del loro dormitorio.

Ebbe un paio di sorprese, ma non troppo, quando i suoi occhi si posarono sulle targhette di Touko Fukawa e Yasuhiro Hagakure.

Per la miseria. Questa folle corsa mi sta rivoltando come un calzino. Un tempo non avrei mai e poi mai… provato sollievo… nel sapere che una tale scocciatrice come Touko non è morta. E non avrei mai sentito una piccola puntura di spillo al pensiero che quel buffone di Hagakure non c’è più. Anzi, a proposito di Touko…

Fece qualche passo a ritroso, avendo superato di un paio di metri la sua porta.

E si ritrovò a bussarvi.

Silenzio.

Bussò di nuovo.

Finalmente Fukawa rispose, un po’ scocciata a giudicare dal tono: “Chi è?”

“Togami.”

Pochi secondi dopo si aprì uno spiraglio, abbastanza per poter intravedere lo sguardo sorpreso della ragazza, e quanto bastava a quest’ultima per ammirare il suo principe a distanza di sicurezza.

“B-Byakuya-sama! C-come mai sei qui a quest’ora? V-vuoi forse burlarti di me e del mio sciatto pigiama?”

Togami roteò gli occhi, cercando di ignorare i deliri della ragazza.

“Posso entrare?”

A quella richiesta seguì un lungo minuto di silenzio.

La porta si richiuse.

Togami osservò la scena perplesso, quando sentì dei versetti acuti e senza senso provenire dall’interno della stanza. Poi la porta di aprì di nuovo: “Prego Byakuya-sama, entra pure!”

Forse non è stata la migliore delle idee…

Come sei negativo Byakuya-chan, lasciati andare! E poi che male può farti passare qualche minuto con la tua adorata stalker? Certo, sarebbe meglio tenerla lontana da oggetti taglienti…

Ispirò, trattenendo a stento la voglia di mandare a quel paese la voce e rischiando di passare (ancora di più) per matto, ed entrò nella stanza di Touko Fukawa: si guardò attorno, notando come la stanza fosse piuttosto spoglia… tranne che per blocchi di appunti sparsi in giro, su cui probabilmente stava appuntando nuove storie, e diversi libri qua e là. Evidentemente aveva approfittato della biblioteca finalmente aperta, pensò.

“C-come mai da queste parti, Byakuya-sama?” chiese la ragazza, dopo aver chiuso la porta.

“Passavo da queste parti…” rispose, non riuscendo a risultare convincente nemmeno a se stesso, per poi aggiungere: “...e avevo voglia di vederti.”

EEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEH! Vai così Byakuya-chan, lancia via i boxer!

Rimanere impassibile fu un’impresa enorme, da parte sua, ma ci riuscì; in compenso, Fukawa aveva cambiato colore e se avesse sgranato un altro po’ gli occhi le sarebbero rotolati fuori dalle orbite.

“Non fraintendermi” cercò di correggere il tiro “volevo… diciamo che volevo sapere cosa ne pensi di quanto ho detto in caffetteria.”
“O-ovviamente ti credo, Byakuya-sama!” si affrettò a rispondere lei, “Credo a tutto quello che dici!”

“Intendo dire che voglio sapere cosa pensi realmente, senza cercare di adularmi” rispose Togami, sbuffando. “Sei una ragazza intelligente, nonostante le apparenze… avrai pure una tua opinione in merito, no?”

Touko, presa evidentemente alla sprovvista, rimase un attimo in silenzio a fissarlo; poi la sua espressione mutò, facendosi più concentrata, probabilmente alla ricerca delle parole più adatte.

“A-ammetto che la tua storia è… surreale” balbettò, “è difficile credere ai loop temporali… non siamo mica in un libro di fantascienza” rise brevemente. “Ma l’aver svelato a tutti noi l’esistenza della falsa Enoshima..." continuò "è sicuramente un punto a tuo favore.”

Togami annuì, sorpreso da tanta serietà: era abituato a una Fukawa perennemente sul chi vive, agitata e ingestibile; ma, nel giusto contesto, si rivelava una persona dotata di una spiccata intelligenza.

Questo non l’avresti detto manco sotto tortura, tempo fa.

Tempo fa non mi sarei nemmeno abbassato a questo livello per mandarti a fanculo, come i plebei.

Ellallà Byakuya-chan, stai diventando rozzo oltre che adorabile!

Lasciò la voce a ridacchiare, tornando a concentrarsi su Touko.

“Cosa posso fare per avere la tua fiducia?”

La ragazza rimase qualche istante in silenzio, poi parlò: “Se davvero hai già vissuto quest’esperienza… allora saprai sicuramente di-”

“Genocider Syo?”

“...”.

“Sì, certo che lo so. Lingua impossibilmente lunga, un insano amore per le forbici, Bloodstain Fever scritto col sangue sul muro o sul pavimento e occhi puntati su bei maschi… fra cui, modestamente, posso annoverarmi”.

Touko si azzittì del tutto, una mano sulla bocca. Poi riuscì a mormorare: “Tu… tu lo sai davvero…”.

“Te l’ho detto, allo stato attuale so di voi più di quanto sappiate voi stessi. Non è questo il caso, ovviamente, ma nella mia testa porto un bel sacco pieno di informazioni. Sul gioco, sulla Kibougamine, su Enoshima… e su altre cose”.

Stava per accennare allo stato del mondo esterno. Preferì trattenersi, era fin troppo prematuro mettere anche uno solo di loro al corrente della devastazione che attendeva i superstiti oltre le mura dell’accademia.

“E… e nonostante questo… ora sei qui da solo con me… pur conscio del rischio che potenzialmente corri…”.

“Sto… sto cercando di comportarmi diversamente. E se ciò implica mostrarmi… un po’ più amichevole nei vostri confronti… nei tuoi confronti… sono disposto a farlo”.

Uoh uoh uoh. Byakuya-chan, a quando la dichiarazione d’amore con bacio alla fortunata?

No, non gli avrebbe dato soddisfazione. Non l’avrebbe fatto. No no no.

“Ora scusami, mi attendono in un altro posto… ma, se vorrai, questo discorso… lo riprendiamo in mano prima o poi, ok?”.

Lei non riuscì a formulare una sola frase coerente, accontentandosi di vederlo lasciare la sua stanza con un sorriso beota in volto.

Meglio non esagerare con il ritardo. Si tratta di vita o di morte, dopotutto, e non è il caso di far aspettare troppo.

Si portò veloce verso la sauna, vi entrò e come da previsione ci trovò Makoto.

“Oh, eccoti finalmente! Capisco l’entrare in momenti diversi, ma temevo quasi non arrivassi più”.

“Scusa. Ho avuto un leggero contrattempo”.

“Di natura… sentimentale?”.

“C-Cosa?”.

“Sei rosso in faccia, Togami-san. Si vede che sei inesperto nel controllare le tue emozioni. Fatti insegnare da Kirigiri-san, lei è la migliore nel campo”.

“Ai miei fatti personali ci pensiamo poi, va bene? Adesso sono curioso di sentire quali nuove porti, e spero che siano buone o qua non ce la caviamo più”.

“D’accordo, d’accordo. Allora, ho parlato sia con Fujisaki-san che con Oowada-san. Lei si è mostrata disponibile ad essere dei nostri. Lui è stato più difficile, ma alla fine l’ho convinto”.

Ecco, pare strano che la scimmia con la banana in testa non cerchi di complicarci la vita.

Sovrappensiero, Togami chiese a chi si riferisse con quel lei.

“Come a chi? A Fujisaki”.

“A… oh”.

Merda.

Hai per caso preso lezioni di bon-ton da Mondo, Byakuya-chan? Il tuo vocabolario si è ampliato notevolmente, nell’ultima ora.

“Cosa succede, Togami-san? Perché hai reagito così?”.

No, non glielo devo dire. Se lo facessi e lui lo venisse a sapere… potrebbe rifiutarsi di aiutarci. Non lo posso permettere.

“Nulla. E prima che tu possa obiettare: no, è top secret almeno per il momento. Nel caso sarà lei a dirlo, se lo vorrà”.

Adorabile, rozzo e rispettoso degli altrui segreti. Tu non sei più il Byakuya-chan che ricordavo.

Gli dedicò solo il silenzio.

In compenso era molto sollevato da quanto riferitogli da Naegi. Avevano l’appoggio del Super Hacker e questo era fondamentale, perché lì risiedeva la loro speranza di sbloccare i piani superiori e andare a trovare Enoshima nel suo piccolo fortino con quel disgustoso orso sulla porta.

Avevano, lui e gli altri due, esplorato diverse possibilità. Si era persino parlato di fare un sopralluogo in camera di Ikusaba, visti la sua familiarità con le armi da fuoco e il suo ruolo come lacchè di Enoshima, ma si era giunti alla conclusione che un qualsiasi oggetto utile -fosse esso un possibile dispositivo elettronico piuttosto che un bazooka- era probabilmente già stato fatto sparire. E non avevano il lusso di battere piste nate morte.

“Mi spiace doverti tenere nascosto qualcosa, Naegi. Ma rischia di compromettere tutto, e non voglio che accada. Ho bisogno di concludere, in un modo o nell’altro… e se riusciamo a concludere bene tanto di guadagnato” disse, rivolto più al soffitto che al suo compagno.

“Va… va bene. Capisco” rispose quello, che a giudicare dalla sua espressione era un po’ perplesso dallo sviluppo.

Comprendo la tua faccia, Makoto. Ma fidati di quel che dico, Fujisaki non sarebbe affatto contento di sapere che ho spifferato il suo motivo di vergogna in lungo e in largo.

“Adesso” riprese Byakuya “è ora di passare alla fase successiva. Ti ricordi cosa devi fare, vero?”.

“Ovvio” rispose con una sicumera che non di solito non gli apparteneva. Eppure i suoi occhi non erano quelli di un fanfarone, pareva davvero convinto.

Finora sta filando tutto liscio. Spero vivamente che continui così.


“Voi! Brutti bastardi! Vi avevo detto che anche solo toccare le telecamere è severamente vietato!”

“Non l’abbiamo fatto volutamente, è stato un incidente.”

Monokuma sembrò irrigidirsi a quella frase di Sakura, detta con tono calmo ma fermo tipico di chi non ammette repliche, ma non lo diede a vedere; volse di nuovo lo sguardo sul pavimento della caffetteria, dove giacevano i resti di una delle telecamere.

“Come… come diamine avete fatto?!” ringhiò, puntando il dito contro i presenti. “Come siete riusciti a distruggerla?!”

Altri studenti, attirati dalle urla di Monokuma, fecero capolino dalla porta d’entrata e dalla cucina.

“È colpa mia…” si fece avanti Aoi, imbarazzata. “Io e Sakura-chan stavamo giocando con una pallina presa allo spaccio…”

“Sfortunatamente mi sono lasciata prendere dal gioco e ho tirato con troppa forza” ammise Sakura, solenne. “Non era assolutamente mia intenzione danneggiare una proprietà dell’accademia.”

Monokuma osservò le due ragazze in silenzio, probabilmente indeciso se credere a quella storia o meno; quando si accorse degli altri studenti che lo fissavano sembrò innervosirsi: “Per questa volta lascio correre! Riparerò quanto prima la telecamera, ma voi” disse indicando le due ragazze “andate a fare i vostri lanci in palestra, se proprio ci tenete!”

Con questo sparì nel nulla come al solito.

Sakura, Aoi e gli altri studenti si scambiarono un cenno d’assenso, poi rimasero in attesa.


“Allora, avete fatto?”

Makoto non ebbe neanche il tempo di aprire la porta del bagno che si trovò davanti un Togami particolarmente ansioso, insieme alla solita, silenziosa Kirigiri.

“Tutto secondo i piani” sorrise Naegi, sedendosi ad una delle panche. “Fujisaki-san è già al lavoro, e le ho riferito di creare un’I.A che si occupasse esclusivamente di hackerare il sistema della scuola”.

Togami annuì compiaciuto: “Suppongo che Oowada sia rimasto al suo fianco rifiutandosi di muoversi…”

“Già” sospirò Naegi. “Gli ho detto che sarebbe stato rischioso e che Monokuma prima o poi avrebbe sospettato della sua assenza o del continuo andirivieni dal bagno del secondo piano, ma non ha voluto sentire ragioni…”

“Per quello possiamo usare Oogami come diversivo” proruppe Kyouko. “Non è una garanzia totale, ma ci fornisce un po’ di tempo in più affinché Fujisaki completi il suo lavoro. Inoltre” proseguì “se riesce a ultimare l’I.A, potremmo persino lasciar lavorare il computer senza che lei sia sempre presente.”

Togami la osservò pensieroso: “È un bell’azzardo…”

“...ma non abbiamo più niente da perdere, come ho già detto” sorrise lei, maliziosa.

“Una cosa da perdere in realtà ci rimane, e tu lo sai” la rimbeccò Togami.

“Intendi le nostre vite? Sicuro. Ma dovresti sapere meglio di me che, nella nostra situazione, ogni istante in cui respiriamo lo si può considerare un gentile regalo di Enoshima”.

“Stai pur tranquilla che lo so molto, molto meglio di te”.

“A volte mi chiedo perché non ci uccida tutti seduta stante…” si intromise Naegi.

“Perché non le darebbe il minimo brivido. Giudicando da quanto Togami ci ha raccontato di lei, posso dire che Junko Enoshima è il tipo di criminale che vive per l’eccitazione del vedere cosa succederà, ipotesi corroborata da fatti come il lasciarci libero accesso a una stanza senza telecamere e un portatile funzionante a disposizione. Che, fossi stata io al suo posto, neanche nei vostri sogni più selvaggi. E una che mette in piedi una sceneggiata del genere non è stupida e sa perfettamente che è deleterio concederci un posto per complottare in santa pace e uno strumento che possiamo sfruttare a nostro vantaggio. È come se non le importasse di eventuali nostri progressi”.

“Confermo quanto dici, Kirigiri. La volta in cui l’abbiamo smascherata platealmente ha dimostrato di non tenere la sua stessa vita in minima considerazione, anzi… difficile scordarsi quegli occhi spiritati mentre premeva il bottone rosso. Penso di poter affermare che per lei non conta vincere o perdere perché tanto otterrà comunque quello che vuole, la disperazione. Che sia la sua o la nostra le è indifferente”.

“È un avversario molto più pericoloso del solito genio del male che crede di aver la situazione sotto controllo e poi si ritrova con un pugno di mosche e le manette ai polsi. Qui non si può escludere nessuna eventualità, neanche quella che nel caso peggiore decida di far saltar per aria l’intera scuola. È talmente imprevedibile e con poco riguardo per se stessa…”.

“Rischi messi in conto e che dobbiamo correre, ci piaccia o no, se vogliamo avere una pallida speranza di porre fine a questa pagliacciata” troncò Byakuya. Non gli piaceva star lì ad analizzare le ipotesi più tetre.

Gli altri due lo guardarono un po’ meravigliati, un po’ straniti e un po’ felici di sentirlo parlare così. Aveva perfettamente ragione: o la andava o la spaccava, alternative non ce n’erano.

Si stavano giocando il tutto e per tutto e si sa, in casi del genere butti tutte le tue fiches sul tavolo, chiudi gli occhi, stringi le dita e speri che ti vada bene.

“Ok” disse Naegi dopo qualche momento di silenzio “vado a vedere come procede al secondo piano”.

“Non è un po’ presto?” chiese Kirigiri alzando lievemente un sopracciglio.

“Forse. Ma sono nervoso e vorrei una conferma”.

“Rilassati. Lascia Fujisaki in pace a fare il suo lavoro”.

“Togami-san?”.

“Che c’è? Che hai da squadrarmi come se fossi un fantasma?”.

“No, niente… è che non me lo aspettavo da te…”.

“Cosa, un po’ di flemma? D’altronde fare i ragazzini isterici e in perenne sindrome premestruale serve solo a sconcentrarlo”.

“Sconcentrarlo? Maschile?”.

Cadde un velo di sconcerto. I tre si fissarono a vicenda, ammutoliti.

Ok, devo darmi decisamente una regolata. Un lapsus ci può stare, due no.

Ma stai tranquillo, Byakuya-chan. Non è successo nulla. Hai solo appena sputtanato l’unico elemento del vostro gruppo che può salvarvi le chiappe.

Tu e il tuo tempismo.

“Tempismo” è il mio secondo nome.

E il primo qual è, Scassapalle?

Mi ferisci dicendo così, brutto cattivo che non sei altro.

“Va bene Togami-san, mi tocca rimangiarmi quanto ho promesso prima… ma è già la seconda volta che ti confondi parlando di Fujisaki-san. Cosa ci stai nascondendo?”.

“Non ci vorrai mica far credere” si inserì Kyouko “che Fujisaki… sia un maschio?”.

Bravo Byakky-chan, bravo!

Togami inspirò, cercando di riprendere il controllo di se stesso e della sua linguaccia lunga: “Sentite… io non vi ho detto niente, ok? È il suo segreto, e già una volta gli è costato la vita…”

...per mano di Oowada aggiunse mentalmente, ritenendo non fosse il caso di lasciarsi sfuggire anche quel dettaglio.

“Continuate a riferirvi a Fujisaki al femminile. Se se la sentirà sarà lui a dircelo… non è il caso di smascherarlo davanti a tutti, mandarlo in crisi e smantellare il nostro piano sul nascere.”

Naegi e Kirigiri lo osservarono qualche istante increduli, per poi scambiarsi un’occhiata e ridacchiare.

Togami inarcò un sopracciglio, irritato.

“Cos’avete da ridere, adesso?”
“Niente, niente” commentò Naegi. “È che…”

“Cosa?”

“È che questa è probabilmente la prova definitiva dei tuoi… viaggi nel tempo” rispose Kirigiri, sorridendo. “Fino a poco tempo fa nessuno di noi avrebbe immaginato tanta empatia da parte tua.”
I due continuarono a ridersela sotto i baffi, a discapito di un Togami imbarazzato e intento a borbottare frasi sconnesse sul non essersi ammorbidito per nulla.


“Questo strano andirivieni dal bagno del secondo piano non mi piace, Fujisaki-san, upupupu! Tu e il tuo boyfriend motociclista dovreste essere più discreti!”

Monokuma roteò sulla sedia, per poi fermarsi di colpo e osservare nuovamente Chihiro uscire dal bagno.

“E sia, per questa volta lascio correre! Che non si dica che sono cattivo, upupupupu!” ridacchiò, per poi voltare di nuovo la sedia. “E tu, mia fidata spia, hai nulla da riferirmi, upupupupu?”
“Nulla di rilevante” rispose Sakura, solenne.

“Niente di niente? Nessuna ribellione interna, niente piani per salvarsi le chiappe, upupupu?”

Sakura sospirò, preparandosi a ripetere le informazioni concordate con gli altri.

“Non ne sono ancora certa” disse “ma li ho visti riunirsi spesso a parlare tra loro… credo stiano tramando qualcosa, ma non si fidano abbastanza di me per parlarmene. Non ancora, almeno.”

“Bene bene bene, che succose informazioni!” trillò l’orso meccanico. “Mi raccomando, tienimi aggiornato, upupupu!”

Sakura annuì, fece un breve inchino e poi uscì in corridoio.


“Quindi non sospetta nulla?”

“Sembrerebbe di no, al momento.”

“Meglio così… anche se non ne sono del tutto sicuro” sbuffò Togami, “ma non possiamo più tirarci indietro.”

Sakura aveva appena finito di aggiornare Byakuya e gli altri sulla sua riunione con Monokuma che qualcuno bussò alla porta dello spogliatoio, e da dietro la porta fece capolino il volto sorridente di Chihiro.

“Disturbo?”

“Qual buon vento, Fujisaki-san! No no, non disturbi affatto!” trillò Naegi facendogli segno di andare a sedersi vicino a loro. Gesticolava in maniera ampia, pure troppo.

Byakuya inarcò impercettibilmente un sopracciglio: aveva colto in Makoto… tensione, malamente mascherata con dei modi di fare sin troppo affabili.

No, ma che sul serio? Byakky-chan, mi stai dicendo che sei addirittura in grado… di capire gli stati d’animo altrui? È un evento da festeggiare.

Senti, per l’ultima volta: crepa male.

Ehi ehi. A parte gli scherzi. Fatti un paio di domande su questa tua intuizione, datti le appropriate risposte e una pacca sulla schiena.

Grumph.

“Volevo annunciarvi che Alter Ego sta procedendo a gonfie vele. Ci dovrebbe volere ancora una mezza giornata al massimo, se siamo fortunati anche meno”.

“E Oowada-san?”.

“L’ho lasciato che gironzolava al secondo piano. Gliel’ho ben detto che così facendo sarebbe risultato sospetto, ma non ha voluto sentir ragioni…” sospirò abbassando la testa, quasi a volersi scusare a nome suo.

“Ma no, ma no. Non c’è problema! Non c’è problema!” fu la rassicurazione di Naegi, che continuava a muoversi quasi convulsamente.

“Naegi, tutto bene?” azzardò Kirigiri.

“Tutto bene! Tutto benissimo! Perché, non si vede?”.

“Non sembrava, no”.

“Ti stai preoccupando per nulla, Kirigiri-san! Te lo assicuro!”.

Il destinatario di tutta questo sbracciarsi rialzò lo sguardo verso di lui e disse: “Temi che qualcosa vada storto con il programma?”.

“No no, ma figurati!”.

“Io sto facendo del mio meglio, ve lo giuro…”.

“Qui nessuno mette in dubbio il tuo impegno e la tua dedizione, Fujisaki” fece Sakura, nel tentativo di calmare un po’ gli animi che si stavano agitando per nulla.

“Naegi, finiscila. Lo stai mettendo in imbarazzo” disse Togami. Nella sua testa. Ma cercò di trasmetterglielo via smorfia, venendo fatalmente rimbalzato.

Byakuya-chan, la tua gaffe vi sta tornando addosso come un boomerang. Quell’imbecille di Makoto non riesce a comportarsi normalmente da quando ha scoperto il segretuccio di Chihiro.

Ma non mi dire.

E allora fa’ qualcosa! Tu hai fatto il danno e tu lo aggiusti.

… sai che sarà la seconda cosa sensata che dici da quando mi hai rivelato la tua sgradevole presenza?

Io dico solo cose intelligentissime.

Sì. Poi ti svegli sudato come un maiale.

E nonostante tutto la Voce aveva ragione: era stato lui a provocare questo pasticcio, anche se involontariamente, e a lui stava metterci una pezza.

Si alzò sbuffando dalla sua panca e, sotto lo sguardo a dir poco perplesso degli altri, afferrò Naegi per la collottola e lo trascinò fuori dalla sauna. Non prima di aver intimato di non perdere tempo in ciance, che a quello ci avrebbero pensato loro due.

“Togami-san, mollami per favore!” guaì il suo ostaggio. Il suo desiderio venne esaudito quando si trovarono nell’atrio, per fortuna da soli.

“Allora, puoi smetterla di comportarti in quel modo puerile?”.

“Che modo puerile? Non ti capisco”.

“Ma se stavi dando spettacolo là dentro”.

“Ma… ma io…”.

“Dai, mettiti a frignare. Ci manca solo quello. Insomma, cos’era quella pantomima? Da quando mi sono lasciato sfuggire… quella cosa sei diventato incapace di far finta di niente?”.

“Scusa, scusa. Hai ben ragione. È che… non sono mai stato bravo a mantenere un segreto”.

“Questo non è vero. Durante la prima ripetizione avevi scoperto per primo, in maniera del tutto accidentale, di Sakura. E ci avevi detto in un secondo momento che eri riuscito a tenere la bocca chiusa nientemeno che di fronte a Kirigiri. Avanti, non mandare tutto a rotoli per così poco”. Quest’ultima parte del discorso, da quando era stato citato il nome di Sakura in poi, Byakuya la condusse a voce più bassa che poteva. Meglio non dare conferma a Enoshima che sapevano della sua spia.

“Oh, proprio voi cercavo!”. Una voce dai corridoi delle camere.

Era Ishimaru, che si stava avvicinando ai due con la sua aria più formale.

“È ora che qualcuno vi rimetta in riga. Passate troppo tempo in quel bagno, fra promiscuità e chissà quali comportamenti poco consoni. Mischiarsi in quel modo con le ragazze! Non è salutare per il buon nome dell’accademia!”.

Byakuya e Makoto si guardarono come se fossero appena stati approcciati da un barbone che chiedeva l’elemosina. Neanche lo degnarono di una risposta mentre riprendevano il loro discorso.

Il Super Prefetto attese con pazienza una reazione che però non arrivava. Stava per rimproverarli di nuovo, stavolta con più forza, quando…

“Ok, allora vedi di darti una calmata per quando torneremo dentro. E per quanto ti riguarda, Ishimaru…”.

“Bene Togami, finalmente hai deciso di…”.

“Guai a te se ci fai perdere tempo con ‘ste stronzate. Guai. A. Te”. Detto col tono con cui si potrebbe condannare qualcuno alla sedia elettrica per puro gusto sadico.

Il poveretto rimase pietrificato di fronte a una minaccia del genere.

“Ehi… ehi un momento!” tentò di fermarli Ishimaru, ma i due si erano già chiusi la porta alle spalle.

Fujisaki li accolse con un sorriso: “Tutto ok?”

Naegi sgranò gli occhi e si voltò verso Togami; quest’ultimo gli lanciò uno sguardo che non ammetteva repliche. Niente panico. O ti ammazzo prima che lo faccia Enoshima, il tutto senza neanche fiatare.
Naegi si girò di nuovo verso i presenti: “Tutto… tutto ok, Fujisaki-san. Dovevamo solo finire di discutere un dettaglio del piano, tutto qui.”
“Oh, meno male! Temevo di aver fatto qualcosa di sbagliato!” trillò Chihiro, sollevato.

Naegi riprese finalmente a respirare, mentre Togami annuiva compiaciuto.

Con le buone maniere si ottiene sempre tutto, vero Byakuya-chan?

Ovviamente.

Ah, per certe cose non cambi proprio mai… Byakky-chan.

Non si prese la briga di rispondere alla voce, ma parlò invece ai presenti: “Bene gente, direi che è il caso di sgomberare la stanza. Ishimaru stava già dando i numeri, non vorrei attirare anche l’attenzione di Enoshima.”

Tutti annuirono e si avvicinarono alla porta, quando qualcuno la aprì dall’esterno.

“Scusate se interrompo ma…”

“Uh? Oowada-san?” chiese Chihiro, parlando un po’ per tutti: davanti alla porta aperta trovarono Mondo a guardarli, con l’aria tesa di chi ha visto qualcosa che non avrebbe dovuto.

“Parla. Cos’è successo?” chiese Togami, intuendo che qualcosa non andava.

“Ho visto Monokuma aggirarsi per i corridoi del secondo piano” disse, chiudendosi la porta alle spalle “in particolare davanti alla porta del bagno… forse sospetta qualcosa.”

Tutti si scambiarono occhiate preoccupate, temendo di essere stati scoperti.
“Che abbia notato il vostro andirivieni temo sia ovvio” intervenne Kirigiri, pensierosa “e probabilmente sa che usiamo quella stanza, o che stiamo tramando alle sue spalle… ma siamo agli sgoccioli, ed è inutile allarmarsi.”

“Ho programmato Alter Ego come mi avete chiesto, di modo che si occupi solo di hackerare il sistema di sicurezza della scuola” disse Chihiro. “Come ho già detto ci vorrà ancora una mezza giornata, dopo tornerò a controllare… se riusciamo a resistere fino ad allora…”

“Ce la faremo, non preoccuparti” rispose Kyouko. “Oogami, pensi di poter ancora reggere il gioco con Enoshima?”

“Contate pure su di me” annuì Sakura.

“Bene, direi che puoi riprendere a respirare, Oowada” commentò Togami con una punta di sarcasmo, “ancora qualche ora e poi…”

E poi cosa, Byakuya-chan?

E poi fuori di qui. Almeno spero.

La voce non rispose, ma si limitò a una risatina apparentemente compiaciuta.

“Ok, ora andiamocene prima che quel maledetto orso compaia anche qui!”

Riuscirono giusto a fare due passi fuori dallo spogliatoio che...

“Maledetto? Mi volete tutto questo male? Ma se sono così amorevole e pieno di buoni propositi verso i miei studenti”.

Un proliferare di bestemmie mezze soffocate.

Monokuma apparve come al suo solito all’improvviso di fronte a loro, gli artigli bene in mostra. Mossi in maniera apparentemente leggera, creavano dei sinistri giochi di luce e di riflessi.

Il pupazzo era serio.

Ok sgorbio, ci siamo. Fra non molto uno di noi due si ergerà sopra il cadavere dell’altro e ho tutte le intenzioni di essere quello vivo.

“Quanto hai sentito?” chiese Kyouko, diretta come sempre.

“Sarei un urside stupido a mettere sul tavolo le mie carte prima del river, non ti pare? Vi basti sapere che il vostro intelligentissimo, astutissimo, argutissimo piano sta per fare la fine dei piccoli fuochi d’artificio di Tanabata”.

“Gradassa, Enoshima. Gradassa” fece Byakuya con una voce che, si rese conto con un brivido, poteva benissimo appartenere a Celes mentre giocava a poker “Ma quanto scommetti che stavolta lo spettacolo non andrà come vuoi?”.

Ci fu un momento in cui Byakuya Togami e Monokuma, in vece di Junko Enoshima, si scambiarono un’occhiata di fuoco. Gli altri assistettero impotenti, alcuni persino affascinati.

“Divertitevi finché potete, bastardi. Presto porrò una decisa battuta d’arresto alla vostra insensata insurrezione e me la spasserò nel crocifiggere i colpevoli lungo il corridoio delle stanze come monito per i superstiti. Come fu fatto con Spartaco e i suoi amichetti schiavi dopo la loro ribellione”. Accompagnando le parole con un gesto per indicare il luogo dove, secondo lei, sarebbero stati esposti i loro corpi martoriati.

“Sui miei resti, psicopatica. Sui miei resti”.

“Non ho nessun problema a calpestarti come meriti, Byakky”.

“Lo stesso vale per me. Ho una promessa da mantenere con me stesso”.

“Sarebbe? Ora mi hai incuriosito”.

“Prenderò la tua testa, te la staccherò dal collo e le darò un calcio come se fosse un pallone. Poi le appoggerò vicino il conto della lavanderia per le scarpe sporche di sangue”.

“Vedremo. Ride bene chi ride ultimo”.

Poi svanì.

Dietro di sé Togami sentiva rumori sconnessi, come se qualcuno… stesse tremando dalla paura.

Vai Byakuya-chan, è tempo che il generalissimo tenga un discorso alla truppa per alzare il morale in vista dello scontro finale.

E le cose sensate furono tre. Di cui due in pochi minuti. Attento, potrebbe diventare un’abitudine.

Mpf.

Si girò verso di loro, si schiarì la voce e cominciò a parlare: “Gente, ora si fa davvero sul serio. Presto o tardi qualcuno qui morirà e mi dispiace dover essere realista, ma non possiamo avere la sicurezza che non succederà a qualcuno di noi. Vorrei… vorrei solo ringraziarvi per avermi creduto ed essere stati disposti a seguirmi, nonostante la mia storia sia a dir poco incredibile”.

Preferì farla breve e interrompere prima di rischiare di diventare sin troppo emotivo.

Stava per andarsene quando…

“Togami-san, comunque vada… è stato un onore”. Naegi.

“Lo stesso vale per me”. Kirigiri.

“Sono molto contenta di averti potuto rivalutare e di vedere che anche le persone come te possono trasformarsi in condottieri degni e che vale la pena servire”. Oogami.

“Io… io ho tanta paura ma… ma voglio provarci”. Fujisaki.

“Feh. Anche gli stronzi ogni tanto sanno dire qualcosa di giusto”. Oowada.

Sono tutti disposti a rischiare la loro vita, ad immolarsi per la speranza che tu stesso hai dato loro. Una cosa simile non sarebbe mai successa prima… nessuno ti avrebbe dato retta, e tu di sicuro non avresti alzato un dito per nessuno di loro. Sei cambiato, Byakuya-chan. Dovresti esserne fiero.

Byakuya non rispose, ma si limitò a sorridere. Un sorriso sincero, sereno, nulla a che vedere coi rari ghigni soddisfatti che usava dispensare al mondo.

Posso farcela. Possiamo farcela.

Si incamminò in corridoio, seguito a ruota dagli altri.

A noi due, Enoshima. Questa è la resa dei conti.


Le ore seguenti sembrarono passare con lentezza esasperante.

La tensione era palpabile, e per via della minaccia di Monokuma nessuno aveva voglia di rimanere da solo più del necessario: tutti, persino i più scettici nei confronti di Togami, scelsero di rimanere insieme agli altri per arginare i pericoli. Non era di sicuro una garanzia di sopravvivenza, ma bastava a tranquillizzare gli animi in attesa del responso di Alter Ego.


“E quindi hanno deciso di stare tutti vicini vicini per evitare i miei attacchi a sorpresa, eh? Ma che adorabili coniglietti terrorizzati, upupupu!” ghignò Monokuma, osservando le immagini sul suo megaschermo. “Tu non hai nulla da riferirmi, mia fidata talpa?”

“Hanno intenzione di fuggire” rispose Sakura, pacata. “Il loro intento è aggirare il sistema di sicurezza e fuggire dall’entrata principale.”

“Aggirare il sistema, eh?” rispose Monokuma, grattandosi il mento peloso con una zampa. “E sia, che facciano pure. Li attenderò al varco, upupupupu!”

Sakura rimase in silenzio ad osservare l’orso meccanico roteare sulla sedia, augurandosi che la sua recita fosse andata a buon fine.


“Quanto credete che ci vorrà ancora?”

“Non si sa, Asahina-san. Fujisaki-san ha detto che ci sarebbe voluta mezza giornata, forse meno… sapremo solo quando sarà tornata dal secondo piano insieme ad Oowada-san.”
Aoi sospirò e ringraziò Naegi, per poi accoccolarsi accanto a Sakura.; Makoto si voltò a guardare Togami, più silenzioso del solito, intento a lanciare occhiate verso la porta dello spogliatoio. Un gruppo di studenti era rimasto barricato in caffetteria, mentre lui, Byakuya, Sakura e Aoi erano nel bagno in attesa di notizie da Chihiro. Kyouko invece era sparita, dicendo solo che “aveva qualcosa da controllare”.

“Sei nervoso, Togami-san?” chiese Naegi con voce innocente.

“Sì, sono nervoso. Stiamo per entrare nella fase cruciale del piano e non abbiamo ancora notizie da Fujisaki, oltre a Kirigiri che è svanita come solo lei sa fare”.

“Abbi pazienza, Togami. Come tu stesso hai detto una volta, ci stiamo giocando il tutto per tutto ed è normale che ci voglia del tempo”. Lui si voltò verso Oogami, colei che aveva pronunciato questa frase, e abbozzò un mezzo sorriso. Gli sarebbe piaciuto riuscire a farlo completo, ma era comunque in sufficiente tensione da non riuscirci.

“A dire il vero ciò che mi preoccupa di più è Kirigiri. Una volta, la prima, con le sue escursioni solitarie era arrivata al punto di farci pensare che il cadavere con la maschera che avevamo trovato nel giardino botanico fosse il suo…”.

“Giardino botanico? C’è un giardino in questa scuola?”.

“Oh sì che c’è. Questa è la Kibougamine, mica un liceo di periferia. Abbiamo un giardino botanico, un’aula per gli svaghi, un laboratorio attrezzatissimo e un sacco d’altra roba”.

“E com’è che…”.

“Ai piani superiori, attualmente bloccati”.

“Oh”.

La conversazione si spense naturalmente.

Si respirava un’aria… strana in quello spogliatoio. Aspettativa, speranza e una goccia di pessimismo.

Poi l’impasse si ruppe di schianto.

“Ha finito! Ha finito!” fu l’urlo liberatorio di Chihiro che lo accompagnò mentre irrompeva nella stanza.

Tutti scattarono in piedi come saette e lo circondarono.

“Com’è andata? Com’è andata?”.

“Seguitemi fuori” fu la criptica risposta dell’hacker.

Li condusse all’esterno, portandoli davanti a una rampa di scale bloccata. Byakuya era l’unico a poterla riconoscere come la via d’accesso ai dormitori dei professori che, nei suoi ricordi, diventava utilizzabile solo molto tardi.

“Ebbene?” chiese impaziente Aoi.

“Tre… due… uno...” si limitò a contare Fujisaki.

E quando giunse allo zero la saracinesca si aprì da sé.

Scoppiarono grandi urla di gioia. Asahina, fedele al suo essere ragazza energica, non seppe trattenersi e strinse Fujisaki più forte che poteva. Per grande imbarazzo del poveretto.

Gli sarà venuta un’erezione…

Taci. So che cosa gli può essere venuto. Comunque questa è fatta. Adesso c’è da avvisare gli altri e…

Esattamente com’era venuta, la felicità se ne andò.

In cima alla prima rampa di scale apparve un Monokuma. L’occhio rosso gli brillava e le zanne facevano bella mostra di sé.

“Primo posto di blocco da superare, bastardi”.

“Asahina, vai a chiamare gli altri! E fai attenzione nel tratto di strada che farai da sola!” sbraitò Togami, assumendo con estrema naturalezza il ruolo del leader. Lei ubbidì senza un fiato.

Assegnato il compito alla messaggera, il generale trovò appropriato rivolgersi alla loro arma migliore: “Madamoiselle Oogamì, se vuole prendersi l’onere…”.

“Volontier, monsieur Togamì”. E si fece avanti da sola, fronteggiando l’orso che a sua volta si stava avvicinando al gruppetto.

Urca. Sa persino il francese, quell’ammasso di muscoli.

Fossi in te non la insulterei. Ho idea che sia capace di venire a prenderti e gonfiarti come una zampogna. Non che la cosa mi dispiacerebbe poi così tanto.

Ma dai. Ormai siamo amiconi, io e te.

Seh.

I due contendenti cominciarono a darsele di santa ragione proprio al centro della rampa ma, data la posizione non esattamente congeniale, non riuscivano ad esprimersi al meglio. Fu Sakura a invitarlo a spostarsi di lì, non prima di aver evitato per un soffio un’artigliata che stava per cavarle entrambi gli occhi.

Urlò agli altri di levarsi e piroettò all’indietro, con una grazia che lascio i presenti a bocca aperta. Specialmente a causa del fatto che, data la sua non indifferente stazza, nessuno se lo sarebbe mai e poi mai aspettato.

Venne immediatamente raggiunta dall’animale e i due ripresero la baruffa.

Fu solo in quel momento, in disparte rispetto al punto nevralgico, che Togami si avvide del ritorno di Kirigiri che sopraggiungeva dal lato della lavanderia.

“Alla buon’ora, Kirigiri” commentò Togami, senza distogliere lo sguardo da Monokuma. “Il party è cominciato senza di te.”

“Mi piace farmi desiderare” replicò Kyouko, con una nota di sarcasmo che non mancò di stupire i presenti. “Ma mi farò perdonare, ho qualche regalo per voi” disse, e così facendo lanciò verso i presenti mazze da baseball, pesi e altri attrezzi da ginnastica.

“E questi?” chiese Naegi, stupefatto.

“Ero già in giro a recuperare qualche arma e ho pensato di salire al secondo piano. Per fortuna ho trovato la palestra.”

“Ottimo” commentò Mondo, appena arrivato dalla caffetteria insieme ad Aoi e gli altri e soppesando una mazza da baseball con una mano. “Non saranno armi da fuoco, ma almeno potremo difenderci!”

Togami rimase qualche istante in silenzio, poi si voltò verso gli altri.

“Oowada!” tuonò.

“Cosa vuoi, quattrocchi?” ringhiò Mondo, impegnato a pestare altri Monokuma apparsi dal nulla “Sarei un attimo impegnato!”
“Brutto gorilla che non sei altro, dici che tu e Sakura ce la fate a mantenere tutti in vita mentre io, Kirigiri e Naegi ci allontaniamo un attimo?”

“Per chi mi hai preso, Scion di sta ceppa?” replicò, facendo un home run usando la testa di un Monokuma. “Sbrigatevi o ce ne andiamo senza di voi!”

Senza perdere tempo, Togami fece cenno agli altri due di seguirlo su per le scale vicino alla palestra del primo piano. Prima di scappare afferrò Touko per un polso e la trascinò con sé.

“B-Byakuya-sama…?”
“Non fare domande e seguici!”

“Togami-san, che intenzioni hai?” chiese Naegi.

“Ve lo spiego mentre saliamo.”


“Che combattimento noioso… sono tutti integri! Mica mi accontento dei graffietti superficiali io!”

“Se vuoi il sangue, sangue avrai, Enoshima. Il tuo.”

Junko Enoshima si voltò di scatto verso la porta del suo ufficio.

Sulla soglia, Byakuya Togami, seguito a ruota da Makoto Naegi, Kyouko Kirigiri e Touko Fukawa, la fissava con un sorriso vittorioso - e a tratti inquietante.

“Hai perso, Junko Enoshima.”

“Io? Perso? Deliri. Io non posso perdere perché vinco anche quando perdo. Noi siamo Enoshima e non perdiamo”.

«Noi siamo Enoshima». È arrivata a questo punto di follia. Mi sento quasi pietoso nell’ucciderla, ora.

Ucciderla? Non starai… esagerando?

Esagerare con questo scarto di galera? Proprio no. Per tutto quello che mi ha fatto penare deve pagarla. Salata.

“Va bene, va bene. Sei spaziale, fortissima e imbattibile. Ora dacci il pulsante per sbloccare l’ingresso, così poi posso fracassarti la testa in santa pace” intimò puntandole una mazza da baseball verso la faccia. Mazza che si era fatto passare da Kirigiri durante il tragitto.

“T-Togami-san, è necessario giungere a tanto?” azzardò Naegi “Serve davvero… ucciderla?”.

“Tu vorresti fargliela passare liscia, per caso?” ringhiò voltandosi verso di lui.

“Capisco la tua rabbia, ma… non voglio dover scendere al suo livello”.

“Non ti sto chiedendo di farlo perché lo farò io. Ho un conto in sospeso con questa sgualdrina e intendo saldarlo”.

“Byakuya-sama…” disse sottovoce Touko mettendogli una mano sulla spalla.

“Che c’è!” urlò l’interpellato. Si stava lasciando andare, Togami, permettendo alla parte più feroce e vendicativa di sé di emergere con prepotenza e di dominarlo.

“N-niente! Va tutto benissimo! Se vuoi davvero ucciderla… io ti sostengo!” guaì Fukawa ritirando la mano. Lui riuscì a cogliere nel suo volto paura, ma non per Enoshima. Aveva paura di lui.

“Kirigiri, dimmi che almeno tu mi capisci…”.

“No, non ti capisco. Abbiamo vinto, il mastermind è inerme di fronte a noi e ce l’abbiamo in pugno. Non ha nessuna utilità pratica il concedersi anima e corpo ai propri istinti barbari” sentenziò, al solito gelida come l’Artico.

“Upupupupupupupupu. Byakky, tu sai cosa succede all’accademia se io muoio… vero? Prendendo per buona quella tua fesseria sui loop temporali… sicuramente ti è già successo almeno una volta, e conosci le conseguenze…” disse melliflua Junko, con le mani sui fianchi. Era fin troppo serena per essere una con davanti a sé un tizio che la voleva morta.

“Oh… oh merda” si lasciò scappare Togami, indebolendo inconsciamente la presa sulla mazza.

“Che c’è?” domandò Kirigiri, inquieta “Cosa non sappiamo?”.

“Se Enoshima muore… il sistema d’aerazione della scuola si disattiva”.

“E quindi? Non vedo il problema. Vogliamo uscire di qui”.

“Byaaaaaaaaaaaakky, racconta ai tuoi amici del mondo esterno. Su” lo aizzò Junko.

Merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda.

“Il mondo là fuori è distrutto. Questa maledetta pazza e la sua ghenga di squilibrati sono riusciti, non so come, a provocare l’anarchia. Chiedete a Genocider”.

“A chi è che dobbiamo chiedere adesso?”.

“Touko, mi spiace ma è necessario…”.

L’attenzione dei presenti si concentrò su di lei, che prese visibilmente a tremare.

E starnutì.

Naegi e Kirigiri non credevano ai loro occhi: dove fino a pochi secondi prima stava la timida Touko Fukawa, ora stava una che le assomigliava… ma non era lei.

Touko Fukawa non aveva quella lingua spropositata. Touko Fukawa non maneggiava con destrezza delle affilatissime forbici. Touko Fukawa non sorrideva in quel modo.

“Et voilà. Ecco la vostra amichevole Genocider di quartiere! Dunque dunque dunque, fammi un po’ vedere chi posso ammazzare fra di voi…”.

“Genocider, rispondi alla mia domanda: com’è la situazione del mondo al di là delle mura della Kibougamine?” chiese Togami, diretto.

“Ulllalà, ma che bel manzo. A cui piace fare la voce grossa, noto. La cosa mi eccita da morire” miagolò, prendendosi i complimenti di Junko.

“Che cazzo è, stiamo diventando uno spettacolo comico? Rispondi, fottuta serial killer!”. La forza e l’ira messe da Byakuya in queste parole azzittirono ogni possibile replica.

“Il mondo… è uno schifo. Tutto a pezzi. Ci sono bande di teppisti con le maschere di un orso metà bianco e metà nero sulla faccia che si divertono a sfasciare lo sfasciabile. I governi sono andati a donne di facili costumi, e lo stesso vale per la polizia e qualsiasi altra istituzione. È il caos più totale”.

BOOOOOOOOOOOM.

“Che… che diavolo succede ora? Cos’era questo botto?”.

“E mentre noi eravamo qui a far salotto” cinguettò Enoshima con un sorriso a sessantaquattro denti “i miei adorati si davano da fare. Perché non date un’occhiata ai monitor dell’altra stanza?”.

Kyouko si precipitò fuori. Trenta secondi dopo rientrò, lo sguardo vitreo.

“Yamada… uno dei Monokuma gli dev’essere esploso addosso… mi è sembrato che anche Celes e Oowada fossero feriti…”.

“Vogliamo concludere o no questa scenata? Mi sto annoiando” disse Junko giocherellando con una ciocca di capelli.

Vuoi davvero ucciderla, Byakuya-chan? Non dico che non lo meriti ma… credi che risolverebbe qualcosa?

Byakuya non rispose.

Sai meglio di me che vivere o morire non fa differenza per Enoshima. Finché qualcosa le causa disperazione per lei va bene. Quindi dimmi… ne vale la pena?

Mentre Togami ancora rifletteva, dal corridoio continuavano ad arrivare rumori di esplosioni, urla e altri suoni inquietanti.

“Allora, Togami, che intendi fare?” trillò Enoshima, sfoderando la sua personalità da ragazzina kawaii; Kirigiri e Naegi rimasero in silenzio, in attesa di una risposta.

Alla fine decise.

Voltò le spalle ad Enoshima e tornò verso la porta d’ingresso.

“Togami-san…?”

“Andiamo Naegi. Non vale la pena sprecarsi con questa” replicò Togami. “Probabilmente morirà sola e pazza qui dentro, o le cadrà una trave in testa o che so io. È inutile sporcarsi le mani.”
Sollevato, Naegi si affrettò a seguirlo, mentre Kyouko continuava a tener d’occhio Enoshima, che sembrava non essere affatto sorpresa dalla scelta di Byakuya.

“Sei diventato una mammoletta, Togami” commentò Junko, premendo alcuni tasti sulla pulsantiera della sua postazione. “Ti credevo un bastardo tutto d’un pezzo… mi deludi. E la delusione non mi dà abbastanza disperazione.”

Così dicendo, Junko premette un altro pulsante ed un boato risuonò in tutto il corridoio fino al suo ufficio tanto da far tremare le pareti.

“Co-cos’è stato?” urlò Naegi cercando di sovrastare il boato.

Kyouko non rispose ma si limitò ad indicare il megaschermo, sconvolta: alcuni dei Monokuma mandati da Enoshima contro i loro compagni erano esplosi, coinvolgendo alcuni di loro. Celes sembrava ferita in maniera letale, così come Ishimaru; Mondo era a terra ma sembrava muoversi ancora; Sakura, sanguinante, era riuscita a far da scudo a Chihiro e Aoi.

Togami fissò lo schermo con occhi sgranati, mentre sentiva la scintilla della speranza spegnersi.

Tutto inutile… tutto inutile.

Quindi ti arrendi, Byakuya-chan?

Ho forse scelta?

C’è sempre una scelta, Byakuya-chan. Soprattutto quando hai la fortuna di non ritrovarti da solo nella merda fino al collo.

Un rumore di forbici e uno strillo lo distolse dai suoi pensieri.

“Andatevene via.”

“T-Touko?”

Mentre Byakuya e gli altri fissavano lo schermo, Genocider Syo aveva preso il controllo della situazione. E adesso Enoshima si ritrovava una forbice conficcata nella mano destra ed una puntata alla gola.

“Maledetta fujoshi…” ringhiò, senza staccare gli occhi di dosso a Genocider, che replicò ridacchiando: “Non paragonarmi a quel topo da biblioteca! Guarda te piuttosto, con questi vestiti da sgualdrina!”

“T-Tou… Genocider” chiese ancora Togami, “che intenzioni hai?”
“Andatevene, ci penso io a tenere occupata la pazza” rispose Syo, roteando la lingua innaturalmente lunga. Poi si voltò verso Byakuya e gli fece l’occhiolino: “Tranquillo, te la riporto intera la tua fujoshi! Se muore lei muoio anch’io, e non ci tengo proprio!”
Sarà meglio per te pensò Togami, mentre la voce ridacchiava soddisfatta.

Cos’hai da ridere, tu?

Niente, niente. Trovo solo spassoso che una serial killer sia la vostra salvatrice, tutto qua. E mi fa ridere la tua… come la devo chiamare, galanteria romantica?

… ehi, tieni a freno la lingua.

Ma non ci penso nemmeno. Sei un esemplare divertente, ecco.

“Ascolta, Genocider. Tu tienila sotto tiro e fatti dare il dispositivo che sblocca il portone. Se fa resistenza tanto meglio, tagliale qualche dito per convincerla a collaborare. Io e gli altri torniamo sotto a dare a una mano con quell’orda di bombe con le zampe”.

“Signorsì signore”.

“Ma toglimi una curiosità” proseguì fermando la propria corsa “perché ti sei avventata su di lei? Non rientra esattamente nel novero delle tue vittime predilette. E soprattutto… perché stai dalla nostra parte?”.

“Rispondo ad entrambe le domande con un: questa mi sta sulle palle. Antipatia istantanea. Al contrario tu mi piaci. Molto”.

“Devo pensare che cercherai di sgozzarmi, in un prossimo futuro?”.

“Forse. Ma nel frattempo me la spasserò con te e un letto morbido”.

“Non sono neanche sicuro che fuori ci sia ancora, un letto morbido”.

Detto ciò raggiunse Naegi e Kirigiri, che si erano già avviati verso il primo piano.

E quando vi giunsero…

La situazione era critica, sebbene pareva non ci fosse più un solo Monokuma funzionante: il pavimento sembrava fosse stato ridipinto di rosso, c’era gente che ululava dal dolore e pezzi di transistor sparsi un po’ ovunque.

Byakuya si fermò un attimo, mentre accanto a lui Makoto e Kyouko non persero tempo e si fiondarono sui feriti. Era… era veramente dispiaciuto per quanto stava vedendo.

Come temevo non ce l’ho fatta. I buoni propositi non bastano e, nonostante tutti i nostri sforzi, qualcuno non vedrà mai più l’esterno di questa maledetta scuola.

Hai fatto del tuo meglio. Davvero. Non sono sarcastico, né sto cercando di indorare la pillola. Più di così non si poteva proprio ottenere. Ricordatelo sempre: nella situazione in cui eravate, queste sono perdite… accettabili, da un certo punto di vista. Tragiche senza dubbio, non voglio sminuirle. Ma sul serio, per come eri partito hai fatto passi da gigante e sei riuscito a salvarne la maggioranza. È un grande risultato, nonostante tutto.

Per la prima volta da quando sei emersa… non ti trovo irritante.

Grazie. Ora vai a dare una mano ai tuoi soci. Alcuni di loro sono ancora recuperabili.

E a proposito di recuperabili. Sakura, tenendosi la testa che grondava sangue, si avvicinò a lui che era rimasto imbambolato dal discorso mentale.

“Togami…” esordì, per poi fermarsi subito.

Lui evitò di incrociare i suoi occhi. Si sentiva… in colpa per com’era ridotta.

“Togami” ripeté “guardami”.

Alla seconda esortazione cedette e si voltò nella sua direzione.

“Cosa… cosa c’è?”.

“Innanzitutto non preoccuparti troppo per me. Sono messa maluccio, non lo nego, ma niente che possa realmente farmi fuori. In seconda battuta io… volevo ringraziarti”.

“Ringraziarmi? E per cosa, per avervi guidato con grande baldanza verso… questo massacro?” disse indicando davanti a sé, dove sembrava di essere a Coventry dopo un bombardamento della Luftwaffe.

“Sì. Esattamente per questo. Senza di te non avremmo mai smascherato Enoshima e saremmo morti come topolini nella sua gabbia di crudeltà”.

“Sei gentile, ma il risultato non mi soddisfa per nulla”.

“È importante saper convivere con un mezzo successo, invece che con un successo completo”.

“Non lo chiamerei neanche quindicesimo di successo, ‘sto macello”.

“Ah davvero? E dimmi, la prima volta che hai vissuto tutto questo… in quanti eravamo usciti?”.

“In sei…”.

“Ecco. Penso di poter dire con certezza che oggi saremo ben più di sei”.

Non le rispose, limitandosi a un fiacco cenno d’assenso. Sapeva che quanto stava dicendo era vero e una parte di sé era contenta di aver messo al riparo un così gran numero dei suoi compagni. Un’altra parte di sé però, più subdola, non mancava di ripetergli che aveva fallito. E fallito male.

“Su. Ora vi aiuto con gli altri feriti” concluse lei, sorridendogli.

“Grazie”.

Si avviarono verso gli altri.

Togami stava per dedicarsi a Chihiro e Aoi, appiattiti contro il muro a battere i denti, quando sentì un lamento alla sua sinistra. Sarebbe stato solo uno dei tanti se non fosse che… stava chiamando proprio lui.

Ohibò. Sono una superstar richiestissima, a quanto pare.

Si voltò e un fulmine figurato gli sfondò il cranio.

Era Celes.

Uh?

Si accucciò vicino a lei, che sembrava proprio stesse tirando le cuoia. Uno squarcio enorme all’altezza dello stomaco le aveva macchiato tutto il vestito.

Byakuya non capì cosa lo spinse a prendere la sua mano nelle proprie. Scelse di ignorare il ribrezzo che si fece sentire quando le dita si bagnarono di sangue.

“Ludenberg, sei sicura di voler passare i tuoi ultimi momenti con me?”.

“Uno *coff coff* uno vale l’altro... e poi volevo…”.

“Non vorrai chiedermi scusa o ringraziarmi o qualche baggianata del genere, spero”.

“Neanche… eh eh, neanche morta… *coff coff* volevo solo... dirti che il... mio fantasma ti perseguiterà... fino alla fine dei tuoi giorni...”.

“Non ne dubitavo. Sono responsabile della tua morte”.

Non ebbe risposta.

Mi aspettavo qualcosa di più profondo, di più toccante. Fa nulla, quel che è fatto è fatto.

Rialzandosi le dedicò un rapido pensiero, meno puro e dolce di quanto si fa di solito con chi è appena trapassato.

Poi, finalmente, riuscì a rivolgersi a chi ancora respirava.

Si avvicinò ad Ishimaru, constatandone il decesso; pensò che, in un’altra linea temporale, Oowada si sarebbe disperato tanto quanto Ishimaru fece la prima volta dopo la condanna di Mondo. Non aveva idea di come avrebbe reagito adesso quel rozzo motociclista, ma disgraziatamente non ci sarebbe voluto molto a scoprirlo.

“Cazzoooooo, la mia testa!”

Byakuya alzò gli occhi al cielo.

“Anche in punto di morte riesci a farti riconoscere, Oowada?”
“In punto di morte sticazzi, anche! Ci vuole ben altro per farmi fuori” rispose, rimettendosi in piedi a fatica. “Aspetta di uscire di qui, poi vedi come…” disse, incamminandosi verso Togami… e fermandosi di colpo.

A pochi passi da loro, il corpo inerte di Ishimaru.

Mondo rimase immobile a fissarlo per un tempo che a Byakuya parve interminabile… poi lo vide inginocchiarsi accanto al cadavere e poggiarvi una mano sugli occhi, probabilmente per chiuderli come ultimo gesto d’affetto.

Il fatto che tu non li abbia visti interagire non vuol dire che non avessero legato comunque, sai Byakky-chan?

Non c’è scherno o rimprovero nel tono della voce, solo… compassione, decise Byakuya.

Poi Mondo si voltò, gli occhi visibilmente lucidi ma il tono di voce fermo e risoluto.

“Muoviamo il culo e andiamo via da qui.”

Tutti annuirono, tranne Togami: “Fukawa è ancora al piano di sopra con Enoshima. Non possiamo lasciarla lì” e dicendolo scattò verso le scale, seguito a ruota dai superstiti.

“Che cazzo mi sono perso?” fu l’unico commento di Mondo, ancora spaesato, ma tutto ciò che poté fare fu limitarsi a seguirli.

Erano appena giunti alle scale che portano al quarto piano, pronti ad assediare l’ufficio di Junko quando, in cima alle scale, apparve proprio lei.

Enoshima era in piedi davanti a loro, coperta di sangue e tagli - il probabile risultato di uno scontro diretto con Genocider, e l’espressione a metà tra la furia e la follia più pura.

Quando Togami notò cosa stava ai suoi piedi, ebbe voglia di ucciderla. Di nuovo.

“Fu-Fukawa-san…” balbettò Aoi, dando voce ai pensieri di Byakuya: Junko la trascinava per una delle lunghe trecce, alla stregua di un sacco di patate. Si udì un gemito, e Togami riprese a respirare. Touko era ancora viva.

“Il tuo rottweiler era tanto fumo e quasi niente arrosto, Byakky. L’ho messa KO tutto sommato facilmente” fece lei con nonchalance, quasi stesse andando a fare una scampagnata.

Togami ribollì d’ira. Il suo autocontrollo, lo stesso che pochi minuti prima gli aveva consentito di non prenderla a colpi di mazza da baseball fino a sfigurarla, stava facendo le valigie e gli stava dicendo che le Bahamas sarebbero state tristi senza di lui.

Poi qualcosa che, almeno nel brevissimo termine, lo calmò: “Ah davvero, cara la mia psicopatica da strapazzo? E allora com’è che all’appello delle tue dita manca un’unità?”.

Gli occhi di tutti si fissarono sulle mani di Junko. Effettivamente il suo pollice sinistro… era tranciato a metà.

“Io l’avevo detto tanto per essere folkloristico, ma evidentemente Genocider mi ha preso sul serio. E ti dirò, la cosa mi fa solo piacere. Ora, però, credo tocchi a me finire ciò che lei ha iniziato”.

Ancora, Byakuya-chan? Abbiamo già affrontato questa parte, suvvia. Non essere ripetitivo.

Prima le tue obiezioni avevano un senso. L’avrei praticamente uccisa a sangue freddo, o poco più. Ora la situazione è parecchio diversa: se non la massaggio almeno un po’ con la mazza noi non usciamo di qui. E comunque tranquillo, non parto con l’intenzione di ammazzarla. Se poi mi dovessi lasciar andare un po’ troppo… beh, sono cose che succedono.

Dietro di lui si alzarono rimproveri, incitamenti a lasciar perdere, tentativi di disinnescarlo. Tutto fallito.

Byakuya Togami, in quel momento, sentiva l’impellenza quasi fisica di dover percuotere Junko Enoshima. In minima parte perché probabilmente quello sarebbe stato l’unico sistema per farsi consegnare il meccanismo di apertura del portone, in gran parte perché voleva picchiarla fino a farla sanguinare. Più di quanto stesse già facendo.

“Nessuno si intrometta. Lei è affar mio”.

E nessuno trovò il coraggio di intromettersi.

Byakuya salì lentamente le scale. Junko lo guardava impassibile, senza accennare a una possibile difesa. Nella mente di lui si formò l’idea che in qualche modo il loro aguzzino fosse nello stesso stato psicologico della volta in cui si era condannata a morte da sola: forse rassegnata, sicuramente eccitata alla prospettiva di provare la disperazione ultima.

Ti accontento sin troppo volentieri, pazza bastarda.

Quando le fu a circa un metro si limitò a sibilare un “Questa è per Fukawa, e spera che non muoia”, per poi piantarle l’estremità della propria arma nello stomaco con tutta la forza di cui era capace.

Fu un pestaggio che lasciò tutti attoniti. Tutti tranne Mondo che, dato il suo background, si trovò inconsciamente a valutare la prestazione di Togami come se fosse un giudice a una gara di pattinaggio.

Alla fine, accanto al corpo quasi incosciente di Touko, venne a trovarsi quello messo non poi troppo meglio di Enoshima.

“Bene *anf anf* strega” disse poi, mentre la mazza gli scivolava di mano “adesso mi sono sfogato. Mi puoi anche dare quello che voglio”.

“Troppo… troppo facile, Byakky… te lo devi guadagnare…”.

“Cosa? Di che farnetichi?”.

“Voglio… divertirmi ancora… un pochino… e quindi… l’ho nascosto…”.

“Tu hai fatto COSA?”.

“Vi conviene… darvi una mossa… non credo di… averne… ancora per molto… e mentre… me ne vado… assaporerò ancora…”.

Non fece in tempo a finire perché lui le schiacciò la faccia col piede, completamente fuori di sé.

Mi rifiuto di crederci. Questa maledetta stronza riesce a fotterci anche da morta.

Si voltò veloce verso i compagni, ignorando il sudore che gli colava dalla fronte.

“Gente, so che stiamo messi male… ma non abbiamo tempo da perdere. Dobbiamo trovare quell’aggeggio prima di subito”.

“Eh? Perché mai tutta questa fretta?” chiese Sayaka, ovviamente all’oscuro delle implicazioni.

“Come ho già detto a Naegi e Kirigiri, se Enoshima muore il sistema di filtraggio dell’aria dell’accademia si disattiva. Almeno, questo è quanto dice lei… ma non ho nessunissima voglia di testare la veridicità di tale affermazione”.

“Ci stai dicendo… che questo cazzo di scarto di galera… vuole portarci con sé?”. Byakuya non commentò ad alta voce la classica uscita di Mondo, trovandola naturalmente fuori luogo e insensata.

“Purtroppo sì. Chiunque di voi è in grado di muoversi con sufficiente agilità… ve lo chiedo per favore, sbrighiamoci”.

Makoto e Kyouko lo osservarono in silenzio, attoniti; qualcun altro scoppiò a piangere, probabilmente Aoi o Chihiro; altri imprecarono. Poi finalmente si mossero e si sparpagliarono in diverse direzioni.

Byakuya si voltò verso il corpo esanime di Enoshima: il volto sfigurato dal suo calcio sembrava distorto in un ghigno soddisfatto, quasi godesse ancora per il suo ultimo tiro mancino. Togami si trattenne dall’accanirsi ancora su di lei, lasciandola invece lì a morire, dedicandosi a Fukawa: la ragazza era incosciente, piena di tagli e con gli occhiali rotti, ma respirava ancora e questo era già un ottimo segno.

Voleva dare una mano agli altri e cercare il congegno, ma d’altra parte non se la sentiva di lasciar sola Touko, non con Junko che ancora respirava. La prudenza non è mai troppa, si disse.

Si sedette accanto alla ragazza, e senza nemmeno accorgersene le prese una mano.

“Guai a te se muori adesso, fujoshi” borbottò, “non hai il mio permesso.”

Touko strinse debolmente le dita attorno alle sue, e lui lo interpretò come un sì.


Cercarono in lungo e in largo senza sosta: misero a soqquadro le loro stanze, controllarono i bagni, persino i piani che fino ad allora erano rimasti inaccessibili; cercarono in ogni aula, in caffetteria, persino nell’inceneritore. Trovarlo in pieno funzionamento li gettò nello sconforto, temendo che il congegno potesse trovarsi lì.

E quando tutto sembrava ormai perduto…

“PIM POM PAM POOOOOM! Qui è il vostro preside che parla, e se state ascoltando questo messaggio significa che voi bastardelli mi avete ucciso e state per seguirmi all’inferno! Da questo istante il sistema d’aerazione smetterà di funzionare e voi morirete, lentamente, upupupupu! Ve la siete cercata, brutti bastardi! PIM POM PAM POOOOOM!”

Si scambiarono occhiate colme di panico.

Era la fine.


“Maledetta…”

Non poteva crederci, nonostante il messaggio.

Non era giusto.

Junko Enoshima non poteva aver vinto, non dopo quello che lui aveva passato!

Togami si accanì ancora su di lei, prendendo a calci il cadavere della ragazza.

“Che tu sia dannata Enoshima!” urlò, continuando a calciarla. “Avrei dovuto ucciderti quando ne avevo l’occasione!”

Si fermò per riprendere fiato.

“E tu? Dove sei adesso che le cose precipitano, eh?!” urlò, rivolgendosi alla fastidiosa voce che l’aveva accompagnato per tutto quel viaggio assurdo. “Sei sparita, eh?!”

Lanciò un urlo, incurante dello spreco di ossigeno, per poi tornare ad accanirsi sul corpo inerte di Enoshima, quando…

Tac.

Un rumore sordo, di qualcosa che cade.

Incuriosito, si accucciò accanto al cadavere.

Dalla giacca di Junko era caduto il congegno d’apertura.

Byakuya scoppiò in una risata isterica, dandosi dell’idiota per non averci pensato subito.

“Maledetta stronza…” borbottò, e senza perdere altro tempo premette il pulsante.

E subito si maledì per essere stato avventato: gli altri erano sparsi per tutta la scuola ed era molto probabile che qualcuno, magari con la testa dentro una tazza del wc, non si fosse accorto di nulla.

Beh, almeno il problema pressante è stato risolto. Ora abbiamo margine per chiudere questi piccoli disguidi tecnici.

Non gli venne in mente altro che raccogliere Touko da terra, badando bene a non danneggiarla ulteriormente, e dirigersi verso la sala di controllo di Monokuma.

Sarebbe stato un pochino complicato, forse, ma non aveva sottomano sistema migliore di quello per avvisarli nel minor tempo possibile.

Prima di andarsene, però, si concesse un ultimo sfregio al loro carceriere: le sputò addosso, ancora pieno d’astio e risentimento.

Non aveva mai odiato così tanto nessuno in vita sua, e dubitò che qualcuno le avrebbe rubato il posto tanto presto.

Comunque è meglio sbrigarsi, dato lo stato del mondo esterno non si sa mai chi o cosa può entrare dal portone ora. E bisognerà prestare soccorso rapido a questa poveretta, sarebbe davvero… davvero…

“Orribile se morisse”? Questo intendevi, Byakuya-chan?

Adesso ti fai viva, eh? Quando non servi più a nulla? Sei squisita, davvero.

Oh senti, mi diverto come posso. Sono sempre solo una voce incorporea, non ho tanti modi di spassarmela.

Santo dio, taci. Sul serio.

Minchia, quanto sei permaloso. Datti una calmata che non ti fa bene alla pelle.

Vaffanculo, ok?

Insomma, i dialoghi mentali erano carini e spassosi -si fa per dire- ma anche basta.

Giunse in poco tempo dove doveva arrivare, appoggiò con tutta la delicatezza di cui fu capace il corpo di Touko che, si accorse con una punta di terrore, respirava sempre più affanosamente e cominciò a smanettare coi comandi per capire come cavolo si faceva per far manifestare quell’insopportabile orso.

Al quarto tentativo capì bene il procedimento e si preparò psicologicamente all’ingrato compito di informarli uno per uno delle novità.

Qualcuno avrebbe trovato divertente il momento in cui apparve di fronte a Mondo. L’uomo coi capelli a banana venne giustamente preso in contropiede dalla comparsa della loro nemesi e, nonostante fosse ferito in maniera non proprio superficiale, cercò di ridurre il messaggero a un colabrodo.

“Fermo, scimmia a tre teste! Sono Togami!”.

“Uh? Togami? Cosa cazzo stai combinando con ‘sto coso, si può sapere?”.

“Cercavo di dirvi che siamo salvi. Sono stato fortunato e, mentre prendevo a calci Enoshima, da una tasca le è caduto fuori il dispositivo. Abbiamo l’aria”.

Nella testa di Byakuya sfrecciò una bestemmia quando Oowada, giusto per mantenersi fedele a se stesso, lo accusò di prenderlo per il culo e di essere realmente Junko che cercava di seminare zizzania.

“Sei un maledetto coglione con la testa piena del gas di scarico di una macchina dove dovrebbe esserci il tuo cervello. Ora mi credi?”.

La risata di Mondo lo infastidì e lo rilassò nello stesso momento.

Almeno gli altri non posero ulteriori ostacoli e la pratica venne sbrigata in un tempo umano.

Mentre scendeva le scale, sempre portandosi dietro Fukawa, gli venne in mente un’ultima cosa a cui non era ancora riuscito a dare una risposta.

Ehi tu, essere… mi senti?

Forte e chiaro, Byakuya-chan. Ma… tu che chiami me? Devo prepararmi a una nevicata di sbobba viola?

Dimmi solo quello che sto per chiederti, invece di sbrodolare stupidaggini.

Sono tutto orecchie.

Tu chi sei realmente? E bada che pretendo una risposta sensata, se è possibile.

Come chi sono? Non mi dire che sei così poco fantasioso da non averlo capito.

Ma dai, sei già senza parole. Mi deludi, Byakuya-chan.

No ecco, adesso te lo devo proprio dire: smettila. Di. Usare. Quel. Pessimo. Soprannome.

No. Io posso.

… e sentiamo il perché pensi di potere.

Semplice: sei il tuo migliore amico. Chi meglio di te stesso può usare il “-chan” per rivolgersi a te?

Sul serio, Byakuya? Non l’avevi capito che non sono altro che una parte del tuo cervello? Se ben ti ricordi, una volta, ti ho detto che avresti fatto bene a salutare la tua sanità mentale. Io ne sono il motivo.

Sei carino quando ti zittisci. Ebbene, la risposta che tanto agognavi è questa. Soddisfatto?

Prima o poi io e te ci facciamo due conti, per ‘sta storia.

Certo, certo. Tremo tutto.

Troncò, fin troppo sconvolto da quanto aveva appena scoperto.

Non adesso. Adesso voglio solo uscire da questo postaccio.

Ci mise più del previsto, considerato il bagaglio che si trascinava dietro. Quando finalmente giunse all’ingresso venne accolto dai sorrisi degli altri. Sì, persino di Mondo.

“Eccoti qui finalmente, Togami-san!” fu l’entusiastico rimarco di Naegi. Subito smorzato alla vista della povera Touko.

“Ha urgente bisogno di cure o ci lascia le penne” sentenziò Byakuya, cercando di apparire gelido. E fallendo. “Qui qualcuno ha delle nozioni di soccorso?”.

“Ci penso io” fece Sakura, emergendo dalle retrovie “Così ne approfitto per rattopparmi la testa. Anzi, già che ci siamo… se non vi scoccia ritardare l’uscita, direi che possiamo provvedere a un giro di cerotti e bende per tutti quelli che pensano di averne bisogno. Privilegiando Fukawa, ovviamente”.

Un paio di loro, quelli usciti meno bene dalla baruffa coi Monokuma, la seguì verso l’infermeria.

“È finita, finalmente è finita…” si ritrovò a dire Togami, non accorgendosi in modo cosciente di aver dato voce ai suoi pensieri.

“Sì, è finita. E meglio di quanto avevamo previsto, nonostante tutto” aggiunse Kirigiri, con tono inusualmente… felice.

“Per lungo tempo non l’avrei mai creduto possibile…”.

“E io non avrei creduto possibile vederti così, adesso, e pensare che dobbiamo ringraziare solo te se questo incubo si è dissolto e se siamo ancora vivi”.

Byakuya non disse nient’altro, beandosi della sensazione di aver fatto qualcosa di davvero meritevole nella propria vita. Non rinnegava del tutto ciò che era e ciò che aveva fatto, ma questo… era di più. Era meglio.

Si concesse un sorriso prima di sedersi a terra per recuperare fiato e calmarsi un attimo.

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