Parallel Universe

di MireaAzul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Secchiona a Pasadena ***
Capitolo 2: *** Pupa celiaca e cibo messicano ***
Capitolo 3: *** La più bella che abbia mai visto ***
Capitolo 4: *** Amica cameriera ***
Capitolo 5: *** Appuntamento dal Cheesecake ***
Capitolo 6: *** Incanalatore di emozioni ***
Capitolo 7: *** Sensi di colpa ***



Capitolo 1
*** Secchiona a Pasadena ***


Introduzione dell'autrice
Salve a tutti! Eccomi di nuovo qui a pubblicare su EFP, anche se questa è la mia prima ff nel mondo di The Big Bang Theory! e a noi che cacchio ce ne frega?
Scrivo questa breve introduzione per darvi due dritte su questo racconto; ci troviamo in un universo parallelo, dove di aspetto i nostri amati personaggi sono rimasti uguali (a parte per il fatto che i quattro uomini si curano molto di più, a differenza di Penny), è il loro carattere che è totalmente stravolto! Il mio scopo era quello di crearne il perfetto opposto, ma comunque con qualche sfumatura degli originali (capirete poi perché). Non vi dico altro se no vi rovinerei il gusto di leggere. Se c'è qualche problema grammaticale o simili, ditemi pure, sono aperta a qualsiasi tipo di critica (: Beh, buona lettura!





« 13 Settembre 2013, finalmente giungo nella mia nuova abitazione, a Pasadena. Il mio trasferimento lavorativo nell’università locale sembrava drastico ma con mio enorme piacere non lo è stato. L’appartamento sembra accogliente, umile e modesto come piace a me, l’unico sconveniente è che è situato al quarto piano di un condominio il cui ascensore è fuori servizio. Beh, volendo guardare l’aspetto positivo, più esercizio fisico. Mente sana e corpo sano! »
Penelope Callaway stava appuntando queste annotazioni sul proprio “diario di bordo”, che serviva a documentare la sua permanenza probabilmente temporanea nella città. Ella era un’intelligente fisica teorica, con due dottorati e rinomati premi scientifici, e questa sua nuova esperienza le dava l’ottima opportunità per mostrare la propria conoscenza anche altrove. In più, la giovane scienziata aveva la morbosa passione per i fumetti, i libri fantasy e una bellezza nascosta celata da larghe bretelle e camicioni XL. I suoi bei occhi verdi erano coperti da spessi occhiali da vista e i lunghi capelli biondi sempre raccolti in modo severo.
Non osava dirlo a nessuno ma una cosa che sperava di trovare in quella città era un fidanzato; era sempre stata la secchiona odiata dai coetanei, presa in giro dai bulli, vittima degli scherzi... ma ora la storia era cambiata. Lei VOLEVA cambiarla! Magari trovando un cavaliere alto, biondo, dalla folta chioma...
Si riprese da quei strani pensieri e, ricomponendosi e finendo di scrivere gli ultimi appunti, decise di andare al supermercato più vicino a rifornirsi per i giorni seguenti. Si mise il solito gilet largo e uscì di casa. Stava per scendere le scale quando qualcosa attirò la sua attenzione; dalla porta dell’altro appartamento presente sul pianerottolo, si udivano delle risate maschili, molto divertite, e al solo sentirle le venne da sorridere di gusto, in modo spontaneo. Si decise a scendere, ma quelle risate le rimasero in testa per tutto il pomeriggio.
 
***
 
Fu la spesa più lunga della sua vita, non sapendo quando avrebbe ricevuto la prima paga si procurò tanto cibo da averne per almeno due settimane. Essendo un disastro alla guida, aveva deciso di andare a piedi, ma ora che si ritrovava con quattro sacchetti della spesa pieni in mano e in pericoloso equilibrio, si pentì amaramente di quella decisione. Arrivata al portone del condominio si bloccò, e rimase a fissarlo per due motivi: il primo era che non sapeva come aprirlo con entrambe le mani occupate, e il secondo fu che, tastandosi le tasche, si rese conto di aver dimenticato le chiavi di casa nell’appartamento. Poco a poco iniziò a entrare nel panico. Cosa poteva fare, ridotta in quella situazione? Nel condominio non la conosceva ancora nessuno, quindi se avesse citofonato non le avrebbe aperto nessuno. Era sul punto di scoppiare a piangere quando una mano dalle lunghe dita affusolate le passò di fianco, e con un movimento sinuoso infilarono le chiavi nella serratura, aprendo il portone. Penelope si girò di scatto per poter guardare in faccia il suo salvatore e ringraziarlo, ma rimase senza parole per ciò che vide: di fronte a lei c’erano i quattro uomini più belli che avesse mai visto. Quello che le aveva aperto la porta era alto, slanciato, magro, con un bel paio di occhi azzurri, corti capelli disordinati, e la guardava con un sorriso languido.
« Ma buonasera. Lei deve essere Penelope, la nuova vicina. Il proprietario del condominio ci aveva avvertiti del suo arrivo » le porse la mano, sfoderando il sorriso più sexy che la ragazza potesse immaginare.
« Il mio nome è Sheldon Lee Cooper, ma puoi chiamarmi semplicemente Sheldon » lei ricambiò la stretta di mano meglio che poté e cercando di non fare figuracce, avendo i sacchetti da tenere.
« Sheldon, sei il solito! Sei sempre così impegnato a provarci con le donne da non accorgerti quando hanno bisogno di aiuto! » e si fece avanti il più basso dei quattro, ma quello dall’aspetto più semplice. Si avvicinò a Penelope, così che lei potesse accorgersi dei suoi fantastici occhi verde-acqua, dei lunghi capelli curati e del leggero rossore sulle guance.
« Permettimi di darti una mano » e con un sorriso assicuratore, le prese delicatamente una delle quattro sacche della spesa di mano, rendendole il carico più leggero.
« Mi chiamo Howard, a proposito. Ma il mio soprannome è Howie » il rossore sulle guance parve aumentare, e se Sheldon sembrava capace di conquistare Britney Spears in persona, Howard dava l’impressione di essere in difficoltà pure con una secchiona come lei.
« Piacere mio Howard. E anche a te, Sheldon ».
« Ah ma allora ce l’hai la lingua! E io che pensavo di aver trovato un’amica muta! » esclamò uno di loro, che le si piazzò di fronte con un sorriso smagliante; era sicuramente indiano, dedusse Penelope, dal colore della pelle e dall’accento della voce, e aveva quella misteriosa aurea da principe asiatico, con quella barba incolta, il petto un po’ scoperto che lasciava intravedere il fisico allenato e quei vispi occhi neri. Prese in mano senza chiedere uno dei sacchetti, lasciando una mano della ragazza completamente libera, e ne approfittò per stringergliela e scuoterla tutta.
« E’ un piacere fare la tua conoscenza! Mi chiamo Rajesh Ramayan Koothrappali, ma per gli amici solo Raj! E visto che ora siamo amici DEVI chiamarmi così anche tu, intesi? »
La ragazza scoppiò a ridere e stava per rispondere, quando uno dei sacchetti rimasti stava per caderle, e l’ultimo dei ragazzi, con riflessi pronti e atletici, glielo prese al volo. Alzò il proprio viso verso quello della scienziata e lei perse un battito; bel sorriso,fossette sulle guance, ondeggianti capelli castani e gli occhi marroni più belli in assoluto. Le accennò un sorriso e si rimise composto, tenendo il sacchetto in mano, e lei era così imbarazzata e a disagio alla vista di quell’uomo, che l’imbarazzante silenzio si protese per diversi minuti.
« Non so te Leonardo, ma a me quella spesa sembra parecchio pesante, quindi che ne dici di smetterla di fare il solito stronzo per due fottuti minuti così da presentarti e poter salire in casa? » domandò Sheldon, tagliando di netto il silenzio.
« Sì hai ragione. Mi chiamo Leonard. Solo ‘Leonard’ » disse semplicemente, per poi girarsi ed entrare nel condominio. Howard alzò gli occhi al cielo per mormorare un “idiota”, Raj scrollò le spalle e Sheldon si girò verso di lei porgendole le proprie scuse.
« Perdonalo, sarebbe capace di fare lo stronzo anche con un gattino, sai, di quelli che trovi nei video su internet. Ma se lo sai prendere nei giorni giusti è anche bello stare con lui » ed entrarono tutti dentro. Penelope non proferì parola finché non arrivarono agli appartamenti, un po’ perché era ancora in imbarazzo non sapendo cosa dire, e un po’ perché pensava a Leonard e a come era stato freddo con lei.
« Penelope? Allora? » si riprese da quei pensieri e si accorse che tutti e quattro gli uomini la stavano fissando, il che la fece sentire sotto esame.
« Ehm... Allora cosa? »
« Ti ho chiesto dove ti possiamo lasciare la spesa » ripeté gentilmente Howard.
« Oh! C-certo, lasciatemela pure sul tavolo in cucina... »
Era un po’ a disagio perché avendo appena traslocato aveva ancora molti scatoloni in giro per casa, che ridotta in quello stato sembrava addirittura sciatta, e quei quattro, così belli e perfetti, lì in mezzo sembravano risplendere di luce propria. Appoggiarono le buste dove lei aveva richiesto e si guardarono un po’ attorno, come per esplorare quella spoglia dimora. Tranne uno. Leonard la fissava con uno sguardo che sembrava trapassarle lo stomaco da parte a parte, studiandola dalla punta dei piedi a quella dei capelli. Il mondo sembrò fermarsi, c’erano solo loro due che si fissavano da due capi opposti della stanza, lui coi suoi vestiti alla moda, l’aria curata a anche un po’ trasandata, giusto quel tanto da renderlo ancor più figo, e lei con tutta la sua intelligenza così poco sensuale, poco attraente... Perché lui la stava osservando in modo così morboso? Perché lei doveva sempre perdersi così profondamente in quei suoi pensieri per poi isolarsi dal resto del mondo? Se lo era ripetuto mille volte che non era produttivo per le sue capacità intellettuali! Nessuno dei due sembrava voler lasciare la presa, a Penelope venne voglia di gettarsi tra le sue braccia e affondare il viso tra l’incavo della sua spalla per potersi ubriacare del profumo della sua pelle... Ma dovette rimanere coi piedi piantati a terra, sia perché ne andava della sua dignità e anche per come l’aveva trattata. Sheldon lo aveva definito uno stronzo, e ciò le fece venire in mente i ragazzini che l’avevano sempre presa in giro sia al liceo che al college. Decise che non si sarebbe invaghita di nessuno dei quattro, soprattutto di Leonard. Il principe azzurro che cercava era ben altro.
« Se vuoi un giorno di questi ti diamo una mano anche a sistemare l’appartamento » propose Sheldon, e in lui non c’era il tono provocatorio e di lusinga che aveva mostrato quando si era presentato, anzi aveva una smorfia di vero fastidio, quasi come se la situazione della casa fosse un prurito sottocutaneo.
« Non farci caso, figo quanto vuoi ma è germofobico » spiegò Howard, sorridendo in modo divertito.
« Oh tu mi piaci! Mi sembri molto curata, ma questa casa ha un disperato bisogno di aiuto... »
« Ehm... » Avere quattro uomini ancora in casa, e per di più che la aiutavano a disfare le scatole, a fare le pulizie e che magari sarebbero stati... a petto nudo?! Si sentì le guance bollire ed era tentata di rifiutare, ma ci pensò meglio. Howard le sembrava troppo timido per poter fare qualcosa di spinto come stare mezzo nudo in casa di una donna appena conosciuta; Rajesh aveva stampato in faccia quel sorriso tipico di un bambino che sta per essere portato al parco giochi, seppur avesse un fisico mozzafiato le parve innocuo; Sheldon d’altro canto, anche essendo un playboy patentato, era troppo preso dalla polvere e dagli acari che avevano invaso la moquette nel periodo in cui la casa era rimasta disabitata, era veramente germofobico fino a quel livello? L’unico che la preoccupava era sempre e solo uno.
« V-va bene... Tanto prenderò a lavorare lunedì, ho tutto il week-end libero! »
« Perfetto, pure noi abbiamo l’intero week-end sgombero! » Sheldon si sfregò le mani compiaciuto e con un sorrisetto soddisfatto. « Se per te va bene inizieremo già domani mattina, prima si pulisce meglio è! »
« Ci fa molto piacere che tu prenda impegni a nome di tutti e senza chiedere, Sheldon! » sbuffò Leonard. Penelope si sentì sprofondare. Aveva paura di un loro cambio di idea; nonostante li avesse conosciuti da neanche una mezz’ora non voleva tornare ad essere di nuovo sola in quella grande città, voleva avere degli amici su cui contare, almeno una volta nella vita. Intrecciò nervosamente le dita e abbassò lo sguardo.
« Va beh... Se non avete voglia non fa nulla, non c’è problema sul serio »
« Non dire cretinate Penelope, cazzeggiamo sempre nel fine settimana. Se abbiamo la possibilità di fare qualcosa la facciamo volentieri! » esclamò Howard, lanciando uno sguardo di fuoco a Leonard, che lo ignorò volutamente.
« Già, poi sarà un’occasione per conoscere meglio la nuova vicina! »
Leonard alzò gli occhi al cielo, spazientito e ormai rassegnato, si arrese agli amici e assicurò la propria presenza per la mattina dopo. La tensione iniziale sembrava via via sciamando. Penelope e gli uomini parlarono del più e del meno; la ragazza spiegò che si era trasferita a Pasadena per lavorare sulla teoria delle stringhe a tempo indeterminato al California Institute of Technology, e scoprì i lavori dei quattro: Sheldon faceva l’attore di teatro e molte volte veniva ingaggiato in famosi spot pubblicitari, Rajesh era un personal trainer al centro fitness dietro l’angolo, lo stesso in cui Howard faceva l’istruttore di nuoto, mentre Leonard era un commesso di Abercrombie & Fitch. Da quattro bell’imbusti quali erano Penelope non riusciva ad immaginare lavori diversi da quelli per loro.
Passò in un lampo più di un’ora, ed era ormai ora di cena. Accortosi di questo, gli uomini si alzarono dal divano improvvisato e salutarono la ragazza.
« E’ stata una delizia conoscerti, Penelope » salutò Sheldon, facendole un occhiolino sensuale.
« Beh, ciao » disse frettolosamente Leonard, con un veloce gesto della mano.
« Ci vediamo domani, allora » le sorrise timidamente Howard.
« Ciao Penny, non vedo l’ora di dare una bella pulizia a questo appartamentino domani! » esclamò allegro Rajesh, senza notare le occhiate basite che tutti gli stavano lanciando.
« Penny? » domandò lei.
« Sì, ormai tutti hanno un loro nomignolo e- »
« Parla per te.»
« DICEVO. Ognuno ha il proprio nomignolo, quindi è giusto che ce l’abbia pure tu ».
La ragazza simulò disinvoltura nel dire “Beh, ok” ma se avesse potuto avrebbe toccato il cielo con un dito; nessuno le aveva mai dato un nomignolo, erano cose che si solito si facevano tra amici, ed essendo lei sempre stata isolata dal gruppo non aveva mai avuto certi privilegi. Si sentiva come se quei ragazzi l’avessero presa sotto ala, una piccola rondine che non aveva ancora imparato a volare e che ora faceva finalmente parte di uno stormo.
« Allora, a domani » li salutò, prima di chiudere la porta di casa e tirare un sospiro di sollievo. Si era trasferita da neanche 12 ore e già si sentiva parte di un gruppo, e non uno qualsiasi, ma un gruppo composto da uomini sexy, simpatici e disponibili da far paura. Quella sera si preparò una cena leggera, provò a compilare il suo diario di bordo ma aveva la testa piena di informazioni da elaborare e il cuore straripante di felicità come non succedeva da anni, quando era diventata professoressa a quindici anni. Andò a letto presto perché la mattina dopo voleva svegliarsi all’alba così da poter accogliere i suoi ospiti fresca come una rosa e non con l’aria sciatta che aveva avuto per tutta quella giornata.
“Oggi mi sono imbattuta in quattro nuove sfide” raccontò a mente, come se stesse compilando il diario “e non vedo l’ora di studiarne le reazioni. Che il test abbia inizio!”

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Capitolo 2
*** Pupa celiaca e cibo messicano ***


Introduzione dell'autrice
Bentornati ragazzi! Finalmente riesco ad avere un buco di tempo in cui pubblicare il secondo capitolo (problema studi per la maturità, penso che chi ci è già passato possa capirmi sigh). In questo capitolo la nostra scienziata conoscerà meglio i suoi nuovi quattro amici, uno di loro in particolare... eheheh Vi scrivo però per dirvi una cosa che probabilmente qualcuno ha già notato: i personaggi di questa storia hanno un carattere completamente stravolto (maddai?) ma ciò è stato fatto su schemi precisi, non alla cavolo! Infatti, se prima Sheldon era un asessuato fisico teorico e Penny una pupa che faceva cadare ai suoi piedi, ora è l'esatto opposto! E lo stesso vale per gli altri tre... ma penso che vi piacerebbe scoprire da soli queste sottigliezze! Non indugiamo oltre, e via col racconto! Buona lettura (:






*knock knock* « Penny! » *knock knock* « Penny! » *knock knock* « Penny! »
Erano le 6:30 del mattino quando la bionda sentì bussare alla sua porta. Nonostante la sera prima si fosse ripromessa di svegliarsi all’alba così da avere tutto il tempo per prepararsi ad accogliere i quattro uomini, non aveva preso in considerazione che qualcuno in quel dannato condominio si sarebbe potuto svegliare prima di lei.
« Chi è? » domandò con voce strascicata, troppo rilassata sotto le lenzuola fresche per potersi alzare e andare a vedere di persona chi ci fosse sull’uscio di casa sua.
« Sono Sheldon. Ti sei dimenticata il nostro incontro per la lotta allo sporco? »
Penny si alzò di scatto, impaurita. Che ci faceva Sheldon a casa sua già a quell’ora? Si girò verso lo specchio e un brivido le percorse la schiena; lo chignon della sera prima era tutto scomposto, qualche ciocca era riuscita a sfuggire alla presa ferrea delle mollette e dell’elastico, indossava il pigiama estivo con la stampa di Wolverine impegnato nell’estrazione degli artigli di adamantio, e senza occhiali i suoi occhi parevano tondi come quelli di una bambina. Rimase troppo a rimuginare sul da farsi (come suo solito) che non si accorse del tempo che scorreva e che aveva un ospite sulla soglia.
« Hey Penny, sei ancora viva? » si rifece sentire Sheldon, facendo sobbalzare la ragazza.
« Sì, arrivo! » prese un respiro profondo e andò ad aprire la porta di casa. Le si presentò di fronte uno Sheldon in versione domestica, con dei pantaloni della tuta molto belli, una maglietta con la stampa “sex bomb” e quel suo sorrisetto ambiguo.
« Ma buongiorno bella addormentata nell’appartamento 4B! Ho forse interrotto qualcosa? Perché certe pettinature le ho viste in testa solo ad un certo tipo di donne ».
Penny avvampò, anche se le ci volle un attimo per capire a cosa si riferisse l’attore. Non era abituata a certi discorsi, anche se diverse volte era finita per pensarci. Voleva rispondere a tono, ma la franchezza della battuta l’aveva spiazzata completamente, e come una baccalà si bloccò a bocca spalancata a fissarlo negli occhi e a giocare nervosamente con le mani. Lui non sembrò notare più di tanto il disagio che le aveva provocato, solo il suo lungo silenzio.
« Beh, pensandoci bene, non mi sembri tipa da sesso mattutino » e senza convenevoli o inviti, entrò nell’appartamento. Si guardò intorno con la stessa aria infastidita del giorno prima, e i suoi occhi girovagavano da un angolo all’altro del salotto, come se stesse cercando qualcosa.
« Mi vuoi dire dove sono gli attrezzi da lavoro? » domandò, facendo rianimare la ragazza.
« A-attrezzi... da lavoro? »
« Sì, gli attrezzi da lavoro. Aspirapolvere, straccio per i pavimenti, per la polvere, detergenti. Su Penelope, ti devo dire tutto io? »
« No no! E’ che... non aspettavo nessuno per quest’ora. A proposito... cosa ci fai qua a casa mia alle 6:30 del mattino? »
« In effetti, avendomi conosciuto solo ieri non potevi saperlo, ma io sono famoso per essere molto mattiniero e quasi maniacale per quanto riguarda le pulizie domestiche, quindi queste due caratteristiche messe nello stesso contesto possono essere micidiali. Beh, per gli altri, per me no di certo ».
Penny poteva capirlo, pure lei era fissata con l’ordine, anche se non come lui.
« Beh... Ok allora, se riesci ad aspettare venti minuti che faccio colazione e mi cambio... »
« Se vuoi ti preparo io un’ottima colazione, faccio delle magie con i toast! » si alzò e fece per andare dietro il bancone della cucina, ma la ragazza lo fermò, afferrandolo per un braccio. Sheldon si girò lentamente verso di lei, avvicinandosi pericolosamente.
« So di essere bello, Penelope, ma inizi già a soffrire la mia mancanza? »
Per la prima volta da quando era nata, Penny rise di gusto per una battuta provocatoria fatta da un ragazzo.
« Io attratta da te? Ammetto che sei bello da far star male Sheldon, ma non potrei mai stare con te. Sono troppo intelligente. » riuscì a dire, sperando di non aver offeso l’uomo, ma era vero, l’unico suo vanto era la sua straordinaria capacità intellettuale. Sheldon le si piazzò completamente di fronte, con un’aria di sfida degna un attore porno. “Forse lo è stato davvero”.
« E se davvero fosse così, perché mi avresti afferrato così prontamente appena mi sono allontanato da te? »
Secondi di assoluto silenzio.
« Perché sono intollerante al glutine, Sheldon. Se mi preparassi dei toast, mi uccideresti ».
Lo sguardo dell’uomo sembrò vacillare in modo pericoloso, come se non ci fosse abituato.
« Ma se tu ci avessi pensato, il fatto che io sono celiaca ti avrebbe fatto capire che i toast presenti in questa casa sono tutti senza glutine, no? »
Ora invece la guardava confuso come non mai, con le sopracciglia aggrottate e la bocca semi aperta.
« Ma... Io continuo a non capire. Allora perché mi hai afferrato, se i toast sono sicuri? »
« Per vedere se ci saresti arrivato » scrollò le spalle « ma a quanto pare no ».
Sheldon non sembrò curarsene per il resto della mattina, perché rimasero a ridere e a scherzare come due amici di vecchia data, e nonostante il suo fascino da ragazzo “curato-ma-non-poi-così-tanto” che lo rendeva sensuale in ogni suo movimento o sguardo, Penny non riusciva a guardarlo con occhi diversi da quelli di una cara amica. Aveva capito che se era il principe azzurro quello che cercava, di certo non sarebbe stato lui; non puntava certo a cercarne uno con un Q.I. elevato come il suo (sai che fatica trovarlo!) ma neanche uno come l’attore che, sì era una persona piacevole con cui passare il tempo, ma dava l’idea di un uomo non troppo colto in abito culturale o scientifico. Beh, se voleva vederla in questo modo, QUALE uomo era così, in quest’epoca in cui l’ignoranza regna sovrana? Penny sbuffò sonoramente a quel pensiero sconsolante, attirando l’attenzione del suo ospite, che in quel momento era impegnato a tirar fuori l’aspirapolvere dallo sgabuzzino.
« Qualcosa non va, Penny? Sappi che se ti è passata la voglia di fare le pulizie sono beneamati affaracci tuoi! Non uscirò da questa casa finché non riuscirò a specchiarmi sui muri! »
Penny scoppiò a ridere di nuovo, ma cercò di evitare la domanda, non essendo poi così estroversa.
« Tranquillo, non mi è assolutamente passata la voglia! »
« Oh mio Dio Sheldon, vi conoscete da un solo giorno e le hai già fatto venire voglia? »
La ragazza al suono di quella voce si girò di scatto ed ebbe un tuffo al cuore: Leonard la guardava con aria divertita, le mani infilate nei costosi jeans e i capelli umidi di una doccia appena fatta. Dietro di lui c’erano un Rajesh intento a mangiucchiare uno dei toast avanzati e un Howard coi nervi a fior di pelle.
« Non si origliano le conversazioni altrui. Non si entra in casa d’altri senza bussare ed annunciarsi. Non si mangia il cibo degli altri senza chiedere. »
« Oh andiamo Howie, a parte l’ultima cosa, hai fatto tutto questo! » esclamò Rajesh.
Howard arrossì.
« Ovvio, se no sarei rimasto come un fesso fuori dall’appartamento da solo. »
« Non c’è problema ragazzi, tanto stavamo per iniziare con le pulizie » li rassicurò la padrona di casa, benedicendo il loro arrivo così tempistico che le fece evitare QUELL’argomento con Sheldon. Che, a proposito, la guardava con occhi sospetti. Dopo qualche chiacchiera e l’esaurimento definitivo dei toast, iniziarono tutti insieme a fare pulizia, partendo dal bagno incrostato (nel quale un sensibile Leonard stava per rigettare la colazione), la camera di Penny (Sheldon diede un’occhiata al cassetto degli slip, beccandosi una gomitata sia dalla ragazza che da Howard), passando al salotto (Rajesh trovò un coniglio di polvere che a momenti si portò a casa), finendo poi con la meno difficile, la cucina. Ci impiegarono in tutto quattro ore buone, tra pulizie ai mobili, al pavimento, ai vetri, allo svuotamento degli scatoloni e a tutto il resto. Nonostante la fatica, i quattro non presentavano neanche una goccia di sudore, fatta eccezione alla fronte LEGGERMENTE lucida, mentre Penny si vergognò moltissimo per le macchie sulla schiena e sotto le ascelle.
« Ragazzi... E grazie al cielo questo appartamento è la metà del nostro! » disse Leonard, per poi buttarsi sul divano e asciugarsi il viso con la manica della camicia sportiva.
« Io non ho capito. Abitate tutti e quattro nell’appartamento qui di fronte? »
« No no. Io vivo con mia madre e Rajesh in un appartamento a due isolati da qui. Leonard e Sheldon sono gli unici ad abitare nel condominio » spiegò Howard.
« Sul serio, Howie? Un ragazzo bello e bravo come te vive con sua madre? » chiese stupita Penny. Da come le si erano presentati, le erano parsi degli uomini indipendenti e sicuramente impegnati, ma dopo aver scoperto quella mattina che Sheldon non lo fosse, e in quel momento che Howard, il più gentile e garbato del gruppo, abitasse ancora con la madre, non sapeva più che aspettarsi. Quest’ultimo arrossì come suo solito e abbassò lo sguardo quando gli furono fatti questi complimenti, biascicando qualcosa di incomprensibile che Penny immaginò come dei ringraziamenti.
« Se non inizi a tirar fuori le palle, invece di fare la sirenetta, ci vivrai ancora per molto con tua madre » disse Leonard, facendo scoppiare a ridere Sheldon e Rajesh, e rendendo il viso dell’istruttore di nuoto paonazzo dalla vergogna.
« Almeno le ragazze con cui sono stato io hanno visto il meglio di me, a differenza delle tue che ti ricorderanno sempre e solo come uno stronzo fra i tanti! » riuscì a ribattere, nonostante il tremolio della voce.
Anche chi stava ridendo, in quell’istante si ammutolì, facendo scorrere gli occhi dal viso bordeaux di Howard a quello tranquillo di Leonard. “La calma prima della tempesta” furono le parole mentali con le quali Penny descrisse quel momento. Fecero entrambi per aprir bocca, quando un previdente Rajesh si alzò in piedi frapponendosi fra i due e, con un sorriso a trentadue denti, spalancò le braccia urlando:
« OGGI E’ SABATO! E’ giorno di cibo messicano! »
Nell’udire quelle parole scattò in piedi un altrettanto allegro Sheldon, che batteva le mani con fare stranamente felice.
« Cazzo, me ne ero completamente dimenticato! Penny, non puoi assolutamente perderti il cibo del ristorante messicano di Pasadena! Cosa aspettiamo? Cambiati che mi sembri una camionista, che oggi si pranza là! »
Alquanto spiazzata dal consiglio appena ricevuto (soprattutto perché era vero, sembrava sul serio una camionista) decise di fidarsi di loro, lasciandoli da soli nel salotto. Si fece una doccia veloce, mise i primi vestiti che le capitarono in mano (maglietta con la scritta “Shrödinger’s cat is not dead”, pantaloni larghi e scarpe ortopediche), si raccolse i capelli un po’ umidi nel solito chignon ferreo e inforcò gli enormi occhiali. Ritornò nell’altra stanza col pensiero che l’avrebbe trovata distrutta, e invece i quattro stavano ridendo tra di loro come se la scena di pochi minuti prima non fosse mai successa, e ciò la lasciò per l’ennesima volta a bocca aperta. Quando essi si accorsero dell’entrata in scena della bionda, si zittirono e si girarono a guardarla, il che la fece sentire minuscola. Quando mai nella vita le era capitato di essere guardata così profondamente da quattro uomini, uno più sexy dell’altro, e tutti single?
« Tesoro mio, sei un insulto alla moda » sputacchiò Sheldon, senza offendere Penny, perfettamente consapevole di non aver alcun senso estetico, così gli rispose semplicemente con un’alzata di spalle, come a voler dire “lo so ma non posso farci nulla”. Ma ad un certo punto accadde l’incredibile; Leonard le si avvicinò, e con un movimento sicuro e deciso delle mani le sciolse i capelli, facendoli ricadere a cascata sulle spalle, che solleticarono i visi ad entrambi.
« Ecco, così stai molto meglio » sussurrò, come se non volesse farsi sentire dagli amici, ma era ovvio che in certe situazioni le loro orecchie erano attente come quelle delle volpi del deserto. Penny però non aveva la più pallida idea di cosa rispondere, e imbarazzata più che mai, si strinse nelle spalle e abbassò lo sguardo, sperando che qualche ciocca potesse coprirle la faccia.
« Beh? Andiamo? » circumnavigò il corpo imbambolato di Leonard e raggiunse gli altri, che con simulata disinvoltura fecero finta di non essersi accorti del momento “intimo” che avevano appena passato lei e il loro amico, e tutti insieme si avviarono al ristorante messicano.
***
Sheldon ebbe ragione ad aver insistito per portarla in quel ristorante; Penny mangiò tutto e di più (sempre nelle restrizioni della sua celiachia) e scoprì anche che le piaceva da matti il cibo piccante. Saltato fuori l’argomento “intollerante al glutine” si mise a parlarne con Rajesh che, essendo un personal trainer, conosceva bene la malattia. Le spiegò che non era del tutto una sfortuna, perché i celiaci, non potendo ingerire glutine, mangiano un quantitativo di cibo spazzatura equivalente a zero, e che quindi hanno una forma fisica da fare invidia.
« Mi pareva strano che una nerd come te tutta casa-lavoro-casa-playstation avesse un certo fisichino! Insomma Penny, se ti vestissi in modo decente e la smettessi di parlare con il tuo linguaggio da laboratorio ogni tanto, saresti uno schianto di pupa! E ti posso assicurare che ce ne siamo accorti tutti » e quei “tutti” girarono lo sguardo da un’altra parte che non fosse il viso della ragazza, che per il complimento ricevuto a momenti non si fece andare di traverso un boccone.
« Ba ghe dic - coff coff - Raj? » riuscì a deglutire. « Non dire cavolate. »
L’indiano scrollò le spalle, come se non si sarebbe mangiato quell’affermazione mai nella vita.
« Pensala come vuoi ragazza, io ti ho solo detto come la penso » e riprese a mangiare.
« E comunque, possono dire tutto, ma i re indiscussi delle figure di merda siamo noi, ragazzi » disse giustamente Howard, al che tutti i maschi scoppiarono a ridere e gli batterono il cinque.
Nel pomeriggio tornarono a casa, e quando Penny mise piede nella sua neocasa per poco non scoppiò a piangere dalla gioia; era così ordinata, così pulita, e nell’aria si poteva ancora sentire il profumo di limone del detergente. Era solo il suo secondo giorno a Pasadena, e l’idea che prima o poi avrebbe dovuto lasciarla le afferrò il cuore e glielo stritolò, facendole mancare il fiato. Ma non era quello il momento per pensarci, non aveva senso rovinarsi una così bella giornata.
“Forza e coraggio Penelope Callaway, siamo solo all’inizio del test!”

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Capitolo 3
*** La più bella che abbia mai visto ***


Buongiorno, mondo di EFP! Finalmente riesco ad aggiornare. All’inizio mi ero prestabilita di aggiornare ogni 5 giorni, ma la mancanza di tempo e ispirazione me l’hanno impedito. Quindi, eccomi qua! Apro il Terzo capitolo dicendovi solo una cosa: questo è un capitolo un po’ più lungo dei precedenti, e ciò è giustificato dal fatto che entrerà in scena un nuovo personaggio! Lo so lo so, forse è presto, dopotutto è solo il terzo capitolo, ma non potete immaginare quanto mi stia piacendo l’evoluzione della storia e non vedevo l’ora di mettere questa persona! Spero di avervi incuriosito e... come al solito, buona lettura! :)






Il sabato sera e tutta la giornata di domenica furono passate sui libri. Il trasloco, la sistemazione della casa e la conoscenza di un certo gruppo di uomini, distrassero così tanto Penny da farle dimenticare che quel lunedì avrebbe preso a lavorare, e doveva innanzitutto farsi un ripasso, e poi preparare i materiali su cui dedicarsi.
« 16 Settembre 2013, mi accingo a lasciare la mia nuova abitazione per recarmi al primo giorno di lavoro. L’ansia inizia a farsi sentire, e come sempre è seguita dall’accelerazione del battito cardiaco e con conseguente sudorazione. Ogni scusa sembra buona per rimandare la partenza, pure scrivere su questo stupido diario, ma il tempo stringe e rischio di arrivare tardi se non mi do una mossa ».
Scritto ciò, chiuse le pagine de quadernetto, lo ripose in un cassetto del proprio comodino, prese un respiro profondo e uscì di casa. Si rigirò verso la porta di casa per poterla chiudere a chiave, quando sentì un rumore sospetto alle proprie spalle.
« Ma buongiorno, pupa celiaca! » esclamò energico Sheldon, facendola sobbalzare e facendo cadere le chiavi. Penny si girò a salutarlo, ma oltre a lui vide che c’era anche il suo coinquilino, che guardava l’orologio da polso e batteva spazientito un piede per terra.
« Sheldon, se inizi a provarci già di prima mattina faremo tardi... »
L’amico si girò verso di lui con fare calmo, come se quell’affermazione fosse tutto tranne che vera, e la ragazza ne era veramente imbarazzata.
« Io e te abbiamo un concetto diverso di “provarci” e “salutare qualcuno” »
« Io non chiamo “pupa” qualsiasi ragazza che incontro »
« Questo spiega perché appena una pupa di incontra tende ad evitare la tua stronzaggine »
Leonard stava per ribattere a sua volta, ma Penny ne aveva le tasche piene e stava facendo tardi. Si fece coraggio e si intromise.
« Potete smetterla, per favore? Stiamo facendo tardi tutti e tre, e... » abbassò lo sguardo. « Essendo io una frana alla guida... Mi chiedevo... Se avessi osato troppo nel chiedere un passaggio ad uno dei due. Ripagando la benzina, naturalmente! »
Si aspettava una risposta da parte di Sheldon, e invece si sorprese.
« Certo, e non ti preoccupare per la benzina » fu la risposta di Leonard. Gli altri due si stupirono in egual modo, e si misero a guardarlo con occhi sgranati.
« Wow Leonard, mi costringi a rimangiarmi ciò che ho appena detto! »
« Non fare l’idiota e muoviamoci » e senza indugiare oltre, si indirizzò alle scale e le scese. Ancora troppo scioccata, per riprendersi la ragazza ebbe bisogno di essere scossa.
« Sai, ho sempre pensato che fosse come un tortino al cioccolato »
« U-un che...? Paragoni Leonard ad un tortino al cioccolato? » chiese perplessa.
« Sì, sai come sono fatti? Duri fuori e morbidi dentro » e scese le scale anche lui. Penny pensò alla preparazione di quel dolciume; un tortino lasciato nel freezer a congelare con del cioccolato iniettato all’interno subito dopo. Diede ragione a Sheldon, Leonard era proprio come un tortino al cioccolato: un pezzo di ghiaccio che aveva bisogno di un’iniezione di zuccheri per renderlo meno acido con lei. Raggiunse i due uomini nel parcheggio di fronte al condominio, che la aspettavano di fianco ad una Mercedes Benz classe A.
« Prego signorina » Sheldon le aprì la portiera posteriore. Penny arrossì.
« Ehm... grazie » e salì a bordo.
Lui le fece l’occhiolino. « E’ un piacere » chiuse la portiera e si accomodò al posto del guidatore. Leonard durante tutta la scenetta li ignorò deliberatamente, sedendosi sul sedile di fronte a quello della ragazza. Sembrava che il momento di gentilezza avuto qualche minuto prima fosse svanito nel nulla, perché era tornato ad essere spazientito, picchiettando nervosamente le dita sul cruscotto dell’auto.
« Avete finito? Possiamo partire? »
« Sì, ora sì »
Per fortuna Sheldon sapeva dove si trovava l’università così che la ragazza non dovette spiegare la strada (anche perché non lo sapeva bene nemmeno lei dove fosse, e benedì quell’uomo) e il tragitto fu tranquillo, con loro due che chiacchieravano e lei in silenzio che guardava la città scorrere fuori dal finestrino. Il suo corpo era tutto in fibrillazione, ogni edificio che passava aveva paura che fosse il suo nuovo posto di lavoro, e solo in quel momento si accorse di tutto il timore che le si era insinuato nell’animo. Le veniva da vomitare e voleva abbassare il finestrino per prendersi una boccata d’aria, ma era troppo timida e non aveva il coraggio di toccare nulla all’interno del veicolo. Le venne la solita sudorazione e il battito cardiaco accelerato, che le fece venire il respiro pesante. Sheldon sembrava accorgersene, perché la teneva d’occhio dallo specchietto retrovisore, e seguiva poco quello che gli stava raccontando l’amico. Dopo neanche 10 minuti l’auto rallentò fino a fermarsi, facendo letteralmente ballare il cuore della ragazza.
« Siamo arrivati, Penny » annunciò il guidatore.
Cercando di farsi vedere in gran forma, prese un profondo respiro interiore, li salutò e scese dalla macchina. Fece qualche passo tremante sul vialetto di ciottoli, la tentazione di voltarsi indietro era forte, e alla fine cedette. Rivolse gli occhi verso la macchina che aveva appena abbandonato, e la trovò coi finestrini abbassati; i due la guardavano con occhi inteneriti e pieni di carisma allo stesso tempo, e quando gli occhi dei tre si incrociarono, annuirono.
“Qualsiasi cosa succeda, quando tornerai a casa ci saremo noi”
Penny si sentì più leggera, perché era quello che sembravano voler dire i loro sguardi. Tornò a guardare la facciata dell’edificio con nuova fiducia in sé stessa, e riprese a camminare. Un passo dietro l’altro, non più con le gambe rammollite ma con forza decisa. “Ce la puoi fare Penelope! Sei una forza della natura, sei un uragano! Coraggio, hai affrontato di peggio nella vita, no?” E poi accadde. Le passarono davanti agli occhi tutti i momenti di derisione che era stata costretta a subire in tutti quegli anni, e vacillò. Se fosse accaduto lo stesso in quell’università? Ma ormai era già dentro, se ne rese conto troppo tardi, e quando si girò a cercare di nuovo i due vicini, loro se n’erano già andati.
***
Shock mattutino a parte, la giornata sembrava procedere bene; aveva incontrato il direttore dell’istituto che l’aveva accompagnata all’ufficio che le era stato assegnato, piccolo e umile come il suo appartamento, e come questo, sulla porta presentava un cartellino con scritto “Penelope Callaway” con sotto aggiunto “fisica teorica”.
« Benvenuta in California, dottoressa Callaway » le disse, prima di stringerle la mano e andarsene. La ragazza si sedette dietro la spaziosa scrivania e tirò un sospiro di sollievo. Le persone sembravano gradevoli (anche se fino a quel momento ne aveva conosciute appena due) e pure la struttura era ben fornita. Lavorò ininterrottamente sulle sue equazioni complicate fino all’ora di pranzo, ma era così presa dai suoi calcoli che non si accorse dell’orario, e continuò a lavorare.
Si perse così a fondo nelle sue frazioni e potenze che tornò ancora una volta ad isolarsi nel suo mondo, concentrandosi così tanto da farsi venire addirittura il mal di testa. Non poteva minimamente immaginare chi la osservava dalla porta.
« Hey, non va a pranzo, signora? »
Penny quasi si beccò un infarto, isolata e concentrata com’era, quella voce squillante per un pelo non le spaccò i timpani. “Perché le persone le devo sempre conoscere girandomi di scatto?” e infatti si girò. Sulla soglia del suo ufficio c’era una ragazza bassa, bionda quanto lei ma coi capelli sciolti in boccoli ribelli, un seno prosperoso e due bellissimi occhi blu. Questa guardava Penny con un sorriso imbarazzato.
« Scusi, da dietro sembrava più... adulta. Riformulo: non va a pranzo, signorina? »
La scienziata guardò l’orologio appeso al muro di fronte a lei e sgranò gli occhi nello scoprire l’ora.
« Oddio, è già ora di pranzo? E io dove mangio? Ci sarà una mensa? E se fosse chiusa? »
La bionda sulla porta le sorrise serena , e a Penny ricordò molto qualcuno.
« Sì, la mensa probabilmente starà chiudendo, ma le cucine rimangono aperte per chi ci lavora. Se vuole, può venire con me »
A Penny venne voglia di abbracciarla dalla gratitudine, ma come sempre doveva contenersi e tenere i piedi inchiodati a terra, mantenendo un’aria dignitosa.
« Certo, mi farebbe molto piacere... uhm... Come hai detto che ti chiami? »
« Mi chiamo Bernadette Rostenkowski »
« Nome lungo. Ti chiamerò Bernie! »
Questa arrossì. E stranamente, Penny si sentì lieta di ciò: aveva fatto arrossire qualcuno!
« Io sono Penny, comunque » e in un silenzio un po’ imbarazzato, si avviò verso le cucine insieme alla sua nuova amica.
***
« Sheldon, che succede? »
« Scusa se ti chiamo sul lavoro, Howard, ma devo chiederti un favore importante »
« Ok ma fai in fretta »
« Oggi volevo andare a prendere Penny dopo il suo primo giorno qua a Pasadena, ma le prove dello spettacolo mi terranno impegnato fino a tardi e non riesco. Potresti andare tu, per favore? Stamattina mi sembrava un bel po’ ansiosa, e non voglio lasciarla sola »
« Sì sì andrò a prenderla io, so dove si trova l’università. Ma perché l’hai chiesto a me? »
« Le altre due alternative erano Leonard e Rajesh; il primo non mi fiso a lasciarlo solo con Penny, e Rajesh potrebbe farle ancora qualche discorso come quello di sabato sera »
Howard arrossì. « Quello che sotto il suo essere nerd, potrebbe essere bella? »
« Sì quello. Non che non gli dessi ragione, ma ci conosce da neanche quattro giorni e mi sembra un po’ presto per questi argomenti. Ho la tua parola che passerai da lei? »
« Sì tranquillo, finisco questa lezione e vado subito là »
« Grazie mille Howie, sei un amico »
« Prego, ciao »
« Ciao! »
***
Penny e Bernadette pranzarono alle cucine dell’università, gustandosi dei deliziosi spaghetti con polpette che alla mensa non avrebbero mai servito, e la scienziata fece amicizia anche con il cuoco, chiacchierando sulla celiachia della ragazza e sugli spaghetti integrali. Non avrebbe mai voluto tornare ad essere da sola nel suo ufficio, voleva rimanere lì a fianco della sua nuova amica e non smettere mai di parlare.
« Ora che mi viene in mente... Tu lavori qui in cucina, Bernie? »
« Sì, sono l’aiutante dello chef. Anche se è solo una mensa, l’università è molto prestigiosa quindi anche la cucina deve essere ottima, per gli scienziati che lavorano qui. E tu, Penny? Che ci fai qui? Fai l’aiutante a qualcuno o sei una studentessa? »
« Nessuno dei due.  Sono stata assunta per lavorare sulla teoria delle stringhe, perché sono una fisica teorica conosciuta » e gonfiò il petto d’orgoglio, soddisfatta dell’effetto che le sue parole ebbero su Bernadette, che la guardava con aria ammirata.
« Wow Penny, sei una ragazza in gamba! » strillò con quella sua vocetta acuta, alla quale Penelope doveva ancora abituarsi del tutto. Stava per risponderle ma l’orario era a suo sfavore, e dovette lasciare le cucine a malincuore per dover tornare ai suoi calcoli.
Cosa le stava capitando? Mai era stata scontenta di doversi dedicare alla meccanica quantistica, perché era sempre stata la scienza la sua unica e vera compagnia. Ma c’era qualcosa che stava cambiando, ora aveva qualcuno con cui passare del tempo, qualcuno di VERO in carne e ossa. Si rimise alla lavagnetta accanto alla finestra e riprese le equazioni lasciate a metà, sembrava tutto tranquillo finché un’immagine, anzi un volto le tornò in mente, balenandole davanti agli occhi; il sorriso candido di Leonard, che quelle sue fossette adorabili e la leggera peluria sulle guance. Il pennarello si fermò a mezz’aria, gli occhi di Penny fissi su un punto indefinito.
“Mi chiamo Leonard. Solo ‘Leonard’”. Senza riuscire a spiegarselo, delle perle liquide iniziarono a offuscarle la vista, facendolo vedere una lavagna sbiadita e senza contorni. Non aveva idea di quanto tempo fosse rimasta in quella patetica situazione, a combattere una guerra interiore per non far vincere la tristezza, ma come ormai capitava da qualche giorno, fu presa e tirata di forza verso il mondo esteriore da un prode cavaliere.
« Penny, cara. Sono venuto a prenderti per portarti a casa » e una mano delicata si appoggiò sulla sua spalla. Si girò e a guardarla c’era Howard, sul viso un dolce sorriso che la rassicurava, e gli occhi verde-acqua erano intrisi di consapevolezza. Si sentì di poterlo abbracciare, di gettarsi tra le sue braccia e scoppiare a piangere, raccontandogli di come le erano mancati tutti e quattro in quel primo giorno.
Ma non lo fece. Penelope Callaway non era una bambina, che dopo il suo primo giorno di scuola si gettava tra le braccia della madre tutta piagnucolante; per colpa della sua intelligenza non lo era mai stata. Ricacciò indietro le lacrime e sfoderò un falso sorriso, davanti al quale gli occhi di Howard s’incupirono.
« Grazie Howie, andiamo » e raccolse borsa e giacca, conducendolo fuori dall’ufficio. Nel corridoio incontrarono Bernadette, anche lei pronta per andarsene.
« Ciao Penny, vai anche tu? »
« Sì, è venuto a prendermi il mio amico Howard » ed entrambe puntarono gli occhi su di lui, trovandolo con le guance arrossate e le gambe tremanti.
« Piacere di conoscerti, Howard. Mi chiamo Bernadette, e a differenza della nostra amica secchiona sono una semplice cuoca » lei rise, ma lui non proferì parola. « Uhm, ti vedo un po’ arrossato, non è che hai la febbre? » gli appoggiò una mano sulla fronte, e Penny vide che le braccia nude dell’amico venivano letteralmente ricoperte dai brividi.
« Penny, dobbiamo proprio andare » esclamò questo, afferrando il braccio della scienziata e mettendosi a correre, trascinandola per il corridoio.
« Ci vediamo domani, Bernadette! »
« A domani Penny! Ciao Howard! »
Ma come prima, non le rispose. I due arrivarono fino al parcheggio, finché non si fermarono di fronte ad una piccola Peugeot 206 blu. Lui si appoggiò di schiena alla portiera dell’auto, prendendosi il volto tra le mani, senza dare segno di una qualsiasi stanchezza fisica, ma la ragazza, che amava definirsi “atletica come un comodino invaso dai tarli”, aveva il fiatone e un forte mal di gola.
« Mi... spieghi che... caspita... ti è preso? » riuscì a chiedergli, coi polmoni avidi di ossigeno.
« Quella ragazza è... la più bella che abbia mai visto. Io... non riuscivo a proferir parola, finché i suoi occhi luminosi restavano fissi su di me » e deglutì, facendo intenerire Penny, anche se non aveva la più pallida idea di cosa dire, essendo totalmente ignorante in materia.
« Mi sembra di capire che... uhm, Bernadette ti piaccia molto, giusto? »
Annuì.
« Ehm... e... » ci pensò un attimo. « Ti piacerebbe rivederla? »
Howard tolse le mani dal viso e la guardò con occhi speranzosi.
« Sì, sarebbe bellissimo! »
La ragazza tirò un sospiro di sollievo. Se l’era cavata, nonostante tutto.
« Allora vienimi a prendere anche domani, così avrai una scusa per rivederla e parlarci! »
L’amico annuì determinato, e finalmente salirono in auto, dirigendosi verso casa di Penny. Durante il tragitto, Howard parlò senza interruzione di Bernadette, di come erano splendenti i suoi capelli dorati e di quanto fosse musicale la sua voce. “Bah” fu il pensiero di Penny, poiché la voce dell’amica fosse tutto fuorché musicale. Arrivarono a destinazione e la scienziata fece per scendere, ma l’amico la trattenne per l’orlo della manica. Lei si girò a guardarlo con aria interrogativa, e vide che lui aveva lo sguardo basso.
« Penny... Secondo te, uno come me può avere qualche possibilità?»
Lei sapeva benissimo a cosa si riferisse, e fece mente locale di tutte le qualità di Howard: gentilezza, disponibilità, rispetto, responsabilità, e chissà quante altre ancora. Gli sorrise.
« Sì, secondo me ne hai eccome »

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Capitolo 4
*** Amica cameriera ***


Introduzione dell'autrice
Buongiorno a tutti i lettori, eccoci al quarto capitolo di questa FF! Uhm, che potrei dire nell’introduzione? Nello scorso capitolo vi ho lasciati con un Howard cotto a puntino dall’entrata della nostra bellissima Bernadette, e scommetto che la domanda di molti è stata “Non manca ancora qualcun altro?” Beh, dal titolo del capitolo si può ben intuire cosa succederà oggi... Non indugiamo oltre! Buona lettura a tutti, e se la mia storia vi piace lasciate una piccola recensione (: Ciao!
 
 
 
 
La prima settimana a Pasadena di Penny passò nel migliore dei modi; al lavoro stava facendo passi da gigante e tutti gli altri fisici si erano complimentati con lei, ogni giorno che passava diventava sempre più amica di Bernadette e, in tal proposito, Howard riuscì finalmente a parlarle senza prima svenire o avere dissanguamenti dal naso. Era sabato mattina, Penny era a letto a godersi la solita fresca brezza autunnale che entrava dalla finestra socchiusa, e a quel pensiero sorrise divertita. Tutto stava andando per il meglio, anche se aveva ancora qualche difficoltà a essere sciolta con Leonard, e le battute di Sheldon continuavano a darle un certo imbarazzo. Stava per riaddormentarsi, fregandosene del tardo orario, ma sentì la porta d’entrata aprirsi e richiudersi subito dopo. Temendo il peggio, la ragazza rimase immobile nel letto, gli occhi serrati e un leggero tremolio che le attraversava il corpo.
« Ah meno male, allora avevo ragione. Avevo paura di trovarti in intimo, ma in effetti la maglietta del supereroe di turno era l’unica cosa che dovevo aspettarmi »
Quella voce... Aprì gli occhi e se lo ritrovò di fronte, lui, con quel suo sorriso che mai mancava, e la bella pelle color del cappuccino caldo. Il tremolio aumentò, e si tirò le coperte fino al mento.
« Rajesh! Che caspita ci fai qua?! »
« Ma buongiorno dormigliona! Sono passato a salutarti, visto che è tutta settimana che non ci becchiamo, e anche per proporti una cosa! »
Tanto per cambiare, come facevano i suoi amici (fatta eccezione forse solo di Howard), Raj non sembrò notare il disagio che la sua naturale schiettezza provocava nell’imbranata scienziata, visto che questa indossava soltanto la maglietta di Lanterna Verde e un paio di mutande.
« Una cosa... da propormi? » arrossì nel chiederlo.
« Già. Vedi, oggi come ben sai dovrebbe essere il giorno del cibo messicano, ma Leonard e Sheldon sono via a fare chissà cosa, mentre Howard ha un appuntamento. Quindi volevo chiederti... ti andrebbe di fare uno strappo alla regola e di andare a mangiare al Cheesecake Factory? »
Ma Penny non aveva ascoltato la seconda metà della frase, troppo impegnata ad elaborare i dati della prima; dov’erano Sheldon e Leonard? Era successo qualcosa? Perché non aveva sentito nessun accenno a questa assenza, nonostante l’accompagnassero ogni giorno al lavoro? Ma soprattutto... l’appuntamento di Howard... era insieme a Bernadette? Perché nessuno dei due le aveva detto nulla? “Ahh mi sento così esclusa”
« Porco cane ma Penny, mi stai ascoltando? » la richiamò alla realtà Raj.
« C-certo! Ehm... » cercò di ricordarsi la domanda dell’amico, ma senza riuscirci. Lui sospirò.
« Ti ho chiesto se ti andava di andare a pranzare al Cheesecake Factory »
« Sì, è un’ottima idea! Ma perché sei venuto così presto a chiedermelo? »
... Attimi di silenzio.
« Penny, sono le 12:45 »
Scordandosi del pudore di essere in intimo, la ragazza saltò fuori dal letto, correndo da un lato all’altro della stanza maledicendosi per la lunga dormita.
« Com’è potuto accadere? Sapevo che non era prestissimo, ma non pensavo nemmeno così tardi! Oh Raj meno male che sei arrivato tu e che... » ma non finì la frase, realizzando di essere mezza nuda di fronte ad una bomba sexy. Si pietrificò dalla vergogna, ma d’altro canto, lui sogghignava divertito.
« Se ci vedessero ora gli altri, ne parlerebbero per mesi di questa cosa, sai? »
Ma Penny non rispose, ancora pietrificata.
« Dai preparati che andiamo. Ho una fame che non immagini! » ed uscì dalla camera, chiudendo la porta dietro di sé. Penny rimase ancora ferma immobile per qualche minuto, incredula di ciò che aveva appena fatto. Rajesh aveva ragione, se gli altri avessero visto la ragazza in intimo di fronte all’amico, le avrebbero tirato le scatole per chissà quanto tempo; Sheldon ne sarebbe stato sicuramente divertito e incuriosito, Howard probabilmente sarebbe rimasto deluso da lei, mentre Leonard... come avrebbe reagito lui? Indifferente come al solito o avrebbe mostrato gelosia? Al pensiero di un Leonard geloso, Penny si rasserenò molto. Si vestì come suo solito e si recò in salotto, dove trovò Rajesh curiosare nella sua collezione di videogiochi.
« Per l’Angelo! Raj, erano tutti in ordine sia cronologico che alfabetico che di preferenza, perché diavolo me li hai spostati, si può sapere?! »
« Penny, una ragazza non dovrebbe mai avere a che fare con queste cose, soprattutto con questo... “God of Wall” »
« E’ “God of War”, e si dia il caso che è uno dei miei giochi preferiti! » e glielo strappò di mano, ponendolo sullo scaffale insieme agli altri.
« Dai scusa, non volevo offenderti » e le sorrise, fu un sorriso bello, candido, uno di quelli che solo l’allegria e la spontaneità dell’indiano potevano sfoderare. La ragazza sospirò, non riuscendo a resistergli, e sorrise di ricambio.
« Tranquillo, non mi sono offesa. Sistemerò tutto quando torneremo. Ma adesso andiamo! »
Uscirono di casa e si avviarono verso il Cheesecake Factory, che poterono raggiungere a piedi, non essendo troppo lontano, e Penny realizzò che era la prima volta che faceva qualcosa con Rajesh. Nella settimana appena passata aveva avuto modo di passare del tempo un po’ con tutti (Howard nel disperato tentativo di parlare alla sua adorata, Bernadette nelle pause pranzo e Leonard e Sheldon tutte le mattine nel tragitto per andare al lavoro) ma non con Rajesh. Gli sorrise quando questo le disse tutto contento che dove stavano andando servivano anche cibi senza glutine, felice che lui si fosse informato di ciò prima di invitarla.
« Siamo arrivati, Penny » ed entrarono nel locale, un po’ piccolo ma accogliente, e alla ragazza piacque molto. Si sedettero ad un tavolo vicino al bancone, nell’attesa della cameriera che prendesse i loro ordini.
« Sai, c’è un motivo in più se ti ho portata qui, oggi. In assenza di Sheldon dovevo assolutamente approfittarne... » iniziò a dire l’indiano, e la ragazza ebbe paura, mal interpretando le sue parole. “Oh no, si è accorto che è quello con cui ho legato di più e aspettava la sua assenza per fare il Don Giovanni di turno... e ti pareva, che stupida sono stata!”
« Penny, ti voglio presentare la mia amica Amy! Amy, lei è Penny, la ragazza di cui ti parlavo » la scienziata si staccò dai suoi pensieri e alzò gli occhi verso la ragazza che le stava presentando Rajesh e, come stava diventando frequente da quando era arrivata a Pasadena, rimase a bocca aperta per la sua bellezza; Amy era una ragazza alta, dal bel sorriso, i suoi occhi avevano una sottigliezza quasi orientale dai quali si scorgeva un bagliore grigio-azzurro, il suo viso era incorniciato da lunghi e lisci capelli castani, e per rendere il tutto ancor più meraviglioso, l’uniforme da cameriera le stringeva le curve al punto giusto, valorizzandole e senza renderla volgare. Questa le porse la mano, e Penny la strinse prontamente, soddisfatta di non essere ricaduta nel proprio mondo.
« Piacere di conoscerti, Amy »
« Piacere mio, Penny. Rajesh mi ha parlato di te l’altro giorno, mi ha detto che ti sei appena trasferita di fronte a Sheldon e Leonard. Tranquilla, non ci vuole provare con te, se avesse voluto non mi avrebbe detto proprio un accidente! » diede un tenero pugno sulla spalla dell’amico.
« Beh, cosa vi porto ragazzi? »
« A me il solito »
« A me un cheeseburger senza glutine e un’acqua naturale, grazie »
Amy prese nota, sorrise e se ne andò con un “arrivano subito!”. A Penny non le dispiaceva affatto, sembrava cortese, e se era così amica di Rajesh non poteva che essere una bella persona.
« Adesso ti starai chiedendo perché ti ho portata qui e ti ho fatto conoscere Amy, vero? »
Non era del tutto esatto, ma gli rispose di sì.
« Devi sapere che ho aspettato un giorno in cui non ci fosse stato Sheldon perché è proprio di lui che ti devo parlare. So che è lui a portarti al lavoro ogni mattina,e che quindi gli sei abbastanza vicina, o sbaglio? »
« Sì è tutto giusto, ma non riesco a collegare tutte queste cose alla nostra presenza qui al Cheesecake Factory »
« Davvero? Secondo me lo capirai tra poco, sei intelligente. Noi quattro ogni tanto veniamo qua a mangiare, e qualche mese fa abbiamo conosciuto Amy. Per il fatto che Sheldon spesso è via per i suoi doveri da attore, che Howard deve badare alla madre anziana e Leonard è semplicemente un cagacazzi, molte volte mi sono ritrovato a venire a mangiare qui da solo, così ho avuto l’opportunità di conoscere più a fondo Amy, così tanto che lei ora è la mia migliore amica. Ma comunque, il punto è che la devi aiutare a fare una cosa! »
Penny ascoltava interessata il racconto, quando arrivarono le loro ordinazioni, portate ancora dalla stessa cameriera di prima. I due la ringraziarono, e prima che lei potesse girarsi per andarsene, le sorrise e le disse:
« Quindi ti devo dare una mano a conquistare Sheldon? »
Amy per poco non cadde a terra sfinita, mentre Rajesh guardava la scienziata soddisfatto e con gli occhi luminosi.
« Sapevo che avresti capito senza ulteriori informazioni, sei mitica Penny! »
« Oh mio Dio Raj, ma cosa le hai raccontato? Non mi va che spifferi tutto a tutti, sono cose private! Stupido indiano mancato! Se non fossi sul posto di lavoro te le avrei suonate di santa ragione! » e dopo questa sfuriata, se ne andò a prendere ordini dagli altri clienti. Penny iniziò a preoccuparsi seriamente per come aveva reagito, ma vide che Raj era tranquillo e si stava godendo la sua bistecca. Rispose al suo sguardo con un’altra alzata di spalle, continuando a masticare.
« Tranquilla, ha reagito così perché non ti conosce e si vergogna. Dice che Sheldon non la noterà mai, ma è tonta. Devo farle capire che non è colpa sua, ma di quel zuccone, che preferisce provarci a destra e a manca senza concludere nulla di serio e non accorgendosi che così facendo rischia di ferire seriamente qualcuno » e riprese a mangiare. La bionda si girò verso la castana, che camminava agile tra i tavoli, e solo allora notò che aveva le guance rosse. Poi pensò a Sheldon che le faceva l’occhiolino, che le apriva la portiera dell’auto, che insisteva tanto per aiutarla a pulire casa...
« Se Sheldon la ferisce non può farci nulla. Non ha chiesto lui ad Amy di farsi prendere una cotta. Lui è fatto così, ma non ci prova MAI seriamente » e diede un morso al cheeseburger. Rajesh la guardò comprensivo, come se avesse previsto che gli avrebbe risposto così.
« Io lo so bene Penny, lo conosco da molto più tempo di te. E’ Amy che non lo sa. Non ha mai avuto la possibilità di avvicinarlo più di tanto, lei è una semplice cameriera mentre lui un attore di teatro. Ma ora che ci sei tu nel gruppo, ora che c’è un’altra ragazza, ha la possibilità di avvicinarsi! Ti prego Penny, non ti chiedo molto, solo di provare ad inserire Amy nel gruppo, di diventare sua amica! »
“Com’è buffa la vita, a volte; una ragazza passa un’intera esistenza in solitudine, fino ad arrivare al punto che ora ha un sacco di amici, tra i quali uno di loro addirittura la supplica di essere amica di qualcun altro! Pazzesco” Si rigirò verso la cameriera e se la immaginò tra le braccia di Sheldon, e l’idea non le dispiaceva affatto.
« Va bene, farò quello che mi hai chiesto, Raj. Anche se... non sono sicura che tu abbia chiesto alla persona giusta, in verità... » disse, lasciando il suo cheeseburger a metà, sentendo un nodo allo stomaco. L’amico le mise una mano sopra la sua, accarezzandogliela appena e sorridendo. Il suo sorriso aveva un effetto ‘rallegrante’ su Penny; se quello di Howard la tranquillizzava, quello di Sheldon la faceva sentire a casa e quello di Leonard le accelerava il battito cardiaco, invece quello di Rajesh la entusiasmava, le faceva venire voglia di andare in mezzo alla strada e di correre e urlare dalla felicità. “Perché mi faccio condizionare così tanto da questi quattro?”
« E invece ho chiesto alla persona più giusta, fidati di me » e lei decise di farlo. Si fidò.
***
Dopo aver finito di mangiare, tornarono a casa di Penny, dove si rilassarono e lei provò a far giocare l’amico alla Play Station. Fu la prima volta in cui la nerd vide un maschio negato per i videogiochi. Passarono qualche ora a ridere sulle gaffe video ludiche dell’indiano, quando qualcuno bussò alla porta.
« Sono Howard! Penny sbrigati, che ho novità! »
Penny e Rajesh si guardarono negli occhi, turbati, e la bionda andò ad aprire. Entrò in casa un Howard tutto elegante, vestito in camicia attillata che faceva risaltare il bel fisico, pantaloni firmati altrettanto stretti e mocassini. Si vedeva lontano un miglio che fosse emozionato, e i suoi capelli avevano un non so ché di spettinato, come se avesse appena corso. Si appoggiò sul bancone della cucina e si mise una mano sul cuore, guardando gli altri due con un sorriso che pareva andare da un orecchio all’altro.
« Mi sa che a qualcuno è andato bene il primo appuntamento » disse Raj, al che Howard tirò un sospiro lento, annuendo.
« Bene è dire poco. Sono stato benissimo, Bernadette è fantastica, e oggi era più bella del solito, quindi era... di una bellezza indescrivibile... » sospirò di nuovo, andandosi a sedere sul divano.
« E voi che avete fatto oggi? Avete giocato tutto il tempo a questi cosi da console? » chiese, guardando con curiosità lo schermo della tv, in cui c’era stoppata una scena di Kingdom Hearts.
« No, abbiamo pranzato al Cheesecake Factory e le ho presentato Amy »
« Amy! Da quant’è che non la vedo? Potremmo andare a trovarla settimana prossima insieme anche a Leonard e Sheldon, o no? »
« A me e a Penny farebbe molto piacere, soprattutto perché lei ha un compito da svolgere, vero? » e guardò l’amica con sguardo profondo e interrogativo, facendola imbarazzare.
« Ehm... Certo che sì! Sarebbe un piacere tornarci » rispose, non del tutto sicura. Non aveva ancora pensato a cosa fare sotto questo aspetto; come aveva intenzione di avvicinarsi ad Amy per poterci diventare addirittura amica? Tutte le persone che conosceva lì a Pasadena si erano presentate loro per prima, mai il contrario, era una frana nelle relazioni sociali. Aveva promesso a Rajesh l’impossibile, e stava iniziando a pentirsene. Ma ormai i dadi erano tratti.
« Allora è deciso, quando torneranno quei due glielo proporremo, anche se sono sicuro che non rifiuteranno. Leonard adora Amy, con lei è un vero zuccherino » disse Howard, per poi rendersi conto di ciò che aveva appena annunciato, pentirsene, e tappandosi la bocca con una mano. Penny lo guardava incredula e con la bocca spalancata, non riuscendo a capacitarsi di ciò.
« Vuoi dire che c’è qualcuno in questo dannato mondo con cui Leonard non fa lo stronzo? »
Rajesh e Howard si guardarono, restando muti come pesci.
« Allora? » insistette lei.
« Beh sì. Ma fai conto che Amy ha occhi solo per Sheldon dall’esatto momento in cui l’abbiamo conosciuta, è l’unica ragazza che ha qualche possibilità di far svegliare fuori quel poveretto di un attore, ed essendo lui il migliore amico di Leonard, è ovvio che la tratti con i guanti! »
Più si andava avanti con quel discorso e meno ci capiva.
« Frena! Che significa “fare svegliare fuori quel poveretto”? Che è successo a Sheldon? »
Howard si tappò la bocca di nuovo, beccandosi un’occhiataccia da parte dell’altro.
« Oggi non riesci proprio a stare zitto, vero? Mi dispiace Penny, ma non siamo noi a dovertelo dire. Il diretto interessato te lo dirà quando se la sentirà, e conoscendolo succederà molto presto. Ora però io e Howard dobbiamo andare, abbiamo un paio di cosette di cui parlare » e nel dire ciò fece arrossire l’amico, che gli diede ragione. Entrambi salutarono Penny di fretta, per poi lasciarla da sola nell’appartamento. Questa sospirò, tornando sul divano e riprendendo il videogioco da dove lo avevo lasciato. Ma i pensieri che aveva in testa erano molti e confusi, e dopo la settimana pesante che aveva appena passato, e tutto il lavoro che la aspettava di lì a pochi giorni, la fecero addormentare, in una posizione scomoda, ma rilassata come non lo era da tempo.

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Capitolo 5
*** Appuntamento dal Cheesecake ***


Introduzione dell’autrice
Buonasera! Vi scrive una Mirea reduce dal Cartoomics di Milano, e finalmente riesco ad avere un po’ di tempo per aggiornare la storia (: Prima di tutto volevo ringraziarvi infinitamente. Sia per chi lascia recensioni, per chi ha aggiunto la storia tra le seguite, chi tra le preferite, ma anche per chi legge e basta. AH e anche per dirvi che questa è ufficialmente la mia ff più lunga! Va beh, traguardi personali ^^” D’ora in poi le cose si faranno un po’ più movimentate quindi... Mangiatevi dei pop corn mentre leggete, ne vedremo delle belle! Beh, buona lettura a tutti quanti! (:
 
 
 
 
 
 
Non seppe a che ora si addormentò, quindi non poté fare un listino sulle proprie ore di sonno, ma dal rintontimento mattutino, ne stimò molte. Penny si svegliò con una gamba addormentata, il joystick caduto per terra e la tv ancora accesa, che aspettava comandi. La ragazza si agitò all’idea di tutta la corrente andata sprecata quella notte e si alzò di fretta dal divano, ma ciò le fece girare la testa, facendola cadere per terra di culo. Ringraziò mentalmente il fatto che non ci fosse nessuno a guardarla, ma lo fece troppo presto, perché quando alzò lo sguardo si ritrovò Leonard dietro al bancone della cucina, che la guardava divertito e con una punta di tenerezza negli occhi. Come faceva spesso, se ne rimase zitto, e Penny lo imitò, non volendo dargliela per vinta. Sostenne il suo sguardo con il mento alzato, ma non riuscì a resistere.
« P-perché sei qui? Tu e quegli altri tre state prendendo il brutto vizio di entrare in casa mia senza permesso »
« E tu invece stai prendendo il brutto vizio di non chiuderti dentro a chiave. Puoi prenderti tutti i dottorati che vuoi, ma su questa cosa non mi sembri intelligente come dici tanto di essere » e si versò un bicchiere di latte in tranquillità, senza curarsi di aver fatto vergognare molto la ragazza.
« Non ho chiuso perché... Erano appena usciti Rajesh e Howard e subito dopo mi son messa a giocare alla Play... Ma mi sono addormentata... » cercò di giustificarsi, ma l’uomo si era concentrato su altro.
« Ah, quindi Raj e Howie sono stati qui ieri? Avete passato insieme la giornata? » chiese cercando di simulare disinvoltura, ma Penny si accorse che c’era sotto dell’altro, ma non riuscì a decifrarlo.
« Sì e no. Sono andata a pranzo con Raj al Cheesecake Factory, siamo venuti qui ed è arrivato Howie, appena tornato dal suo appuntamento con Bernadette. Perché... ti interessa? »
Fece spallucce. « Non mi interessa, era tanto per chiacchierare. A proposito di Bernadette, sono venuto qui per dirti che è passata stamattina chiedendo di te, ma visto che dormivi ancora mi ha lasciato il suo numero e mi ha detto di dartelo non appena ti fosti svegliata »
Penny arrossì, immaginando un uomo come Leonard osservarla mentre dormiva. « E da quando sei qua? »
« Da un’oretta. Sheldon è ancora via e mi annoiavo da solo a casa »
Arrossì ancor di più, ora che i suoi pensieri avevano preso forma ed erano accaduti realmente. « Non è che stare qui a guardarmi sua divertente... » deglutì. Si aspettava la solita risposta secca, e invece si sorprese nel vedere l’uomo evitare di appoggiare i propri occhi su quelli di lei.
« Non è poi così male, hai l’aria serena quando dormi »
Il battito di Penny accelerò, e si maledisse per questo, perché non voleva che Leonard avesse quell’effetto su di lei, si sentiva come in suo potere, come se lui avesse potuto stringere un pugno e distruggerla, e allo stesso tempo lanciarla verso il cielo e renderla la più felice di questo mondo. Dovette stare in silenzio a lungo perché lui ritrovò il coraggio di guardarla negli occhi, riprendendo il suo essere freddo.
« Era un modo per dirti che di solito hai l’aria troppo agitata o ansiosa. Relax, amica » le andò vicino e le porse un biglietto con scritto una sequenza di numeri. « Questo è il numero di Bernadette. Chiamala, mi sembrava volesse dirti una cosa importante » e uscì dalla casa, ma prima di chiudersi la porta alle spalle, si girò a guardarla, e le fece quel sorriso, non quello da stronzo patentato, ma quello più umano, da uomo che prova veri sentimenti. Non le disse nulla, nessun “Ciao, Penny”, nessun cenno con la mano, solo quel semplice sorriso. Ma alla scienziata bastava, rispetto a come era nata la loro amicizia, stavano facendo passi da giganti.
Salvò il numero della cuoca in rubrica e le telefonò, scoprendo che la ‘cosa importante’ era solamente l’emozione per l’appuntamento con Howard e la sua urgenza di raccontargliela. Si diedero appuntamento al Cheesecake Factory, un po’ perché a Penny era piaciuto molto come posto, e perché si ricordò di aver promesso a Raj che avrebbe stretto amicizia con Amy, anche se era ancora molto insicura su questo. Si cambiò e si recò al luogo d’incontro, dove l’amica la stava aspettando. Era vestita con un abito rosso estivo, nonostante il fresco vento autunnale, e Penny si ritrovò a dar ragione a Howard; era proprio bella. Entrarono e si sedettero ad un tavolo già apparecchiato.
« Penny! Non sai quanto ti devo ringraziare per avermi fatto conoscere Howard! E’ fantastico, così gentile, ben educato, non come tutti quei porci che ci provano già al primo appuntamento. Le sue guance son rimaste rosse per tutto il tempo, forse non avrei dovuto mettermi qualcosa di scollato... » continuava a parlare, ma l’altra la ascoltava poco, troppo impegnata a cercare Amy con gli occhi, finché non la trovò.
« Bernie, adesso ti devo presentare una persona » la interruppe, agitando una mano per attirare l’attenzione della cameriera, che raggiunse il loro tavolo.
« Ciao, Penny! Cosa vi porto? »
« Buongiorno Amy. Volevo presentarti la mia amica Bernadette » le due si strinsero la mano, un po’ confuse. « Noi due stasera usciamo a bere qualcosa, e ci chiedevamo se ti piacerebbe unirti a noi » ringraziò mentalmente l’amica che non protestò e stette al gioco, e una sempre più confusa Amy accettò. Dopo aver preso gli ordini se ne andò, e Bernadette si girò a guardarla con un’espressione da “Mi spieghi che cazzo stai facendo?”
« Scusa se non ti ho avvisata prima, ma Rajesh, il migliore amico di Howard, mi ha chiesto una cosa, e per farla devo entrare in confidenza con quella ragazza »
« Sei fortunata che nel week-end non ho mai nulla da fare. E... posso sapere cosa ti ha chiesto di fare? »
« In poche parole ad Amy piace Sheldon, un altro nostro amico, e io devo aiutarla ad inserirsi nel gruppo per potersi avvicinare a lui. Anche se... dovrò improvvisare molto perché io non ho la più pallida idea di come funzionino queste cose... Cioè, prima di trasferirmi non avevo neanche un amico. Venire qui a Pasadena mi ha stravolto la vita » fu strano per lei aprirsi così tanto con qualcuno, di solito era molto introversa per paura che ciò che avesse da dire non interessasse a nessuno, ma con Bernadette tutto questo non succedeva, si sentiva completamente a suo agio con lei, e iniziava a sentirsi sinceramente a quella ragazza.
« Se ti può far sentire meglio, io sono qui a Pasadena da oltre un anno, e a parte i ragazzi che lavorano con me in cucina, nemmeno io ho qualche amico » ammise quella, un po’ imbarazzata e con lo sguardo basso, come se nemmeno lei fosse tipa da aprirsi spesso.
« Ma di questo non ti devi preoccupare, inserirò anche te nel gruppo! Scommetto che a Howard non dispiacerà affatto, e poi conoscerai gli altri. Ti piaceranno di sicuro! Rajesh è una vera bomba, sprizza energia da tutti i pori, Sheldon è più tranquillo invece, ma è bellissimo stare in sua compagnia »
« E di Leonard che mi dici? »
A Penny mancò un pelo che le andò di traverso il boccone che stava mangiando. Alzò lo sguardo sull’amica, che lo ricambiò in modo divertito e malizioso.
« C-che vuoi dire? »
« Oh, non so. Ieri Howard mi ha detto dove abiti, così stamattina sono venuta a cercarti ma invece di trovare te ho incontrato Leonard. Mi ha detto che dormivi ancora e che se avevo qualcosa da dirti i riferire a lui che ti avrebbe informata di tutto. Sembrava cercasse disperatamente una scusa per venire da te, mi ha fatto tenerezza e allora gli ho lasciato il mio numero » ridacchiò. « Ottima scelta Penny, è proprio bello. Anche se non come Howard »
La scienziata divenne bordeaux, immaginandosi una presunta relazione con il commesso.
« No, guarda che ti sbagli! Tra noi due non c’è niente, è lui che si diverte a farmi diventare matta » all’improvviso le venne caldo. « Lui è stronzo, e freddo, e maleducato. Hai ragione tu, mille volte meglio Howard » con quest’affermazione provò a convincere entrambe, senza riuscirci.
« A me è sembrato tutto tranne che questo. Poi magari sarà stata una prima impressione sbagliata » e fece spallucce. Penny riprese a mangiare e mise su il broncio, perché per colpa della cuoca, l’immagine di un Leonard gentile, simpatico e, perché no? anche romantico non le uscì dalla testa per tutto il giorno. Finirono di mangiare e ognuna tornò a casa propria, dando appuntamento a Amy per quella sera al condominio della scienziata subito dopo cena.
Era di fronte alla porta di casa sua, quando qualcuno la abbracciò da dietro, stringendola in modo protettivo e sussurrandole all’orecchio:
« Ma ciao, pupa celiaca »
Solo una persona poteva salutarla in quel modo, e col cuore pieno di gioia si girò a ricambiare l’abbracciò, stringendo l’uomo fin troppo alto e tenendo la testa appoggiata sul suo petto.
« Ciao, Sheldon! » mollò l’abbraccio per poterlo guardare negli occhi, di quell’azzurro così intenso, e scoprire che era lui che voleva avere vicino, quello che più le mancava quando non c’era, quella persona che non aveva avuto mai; era lui che stava diventando così importante da essere considerato il suo migliore amico.
« Dove sei stato in questi due giorni? Ne sono capitate di tutti i colori e non sapevo a chi raccontarle. Beh c’era Bernie, ma non può minimamente reggere il confronto con te. Tu sei... il top! »
Sheldon sorrise dolcemente, mantenendo le sue lunghe braccia intorno all’esile corpo di lei.
« Hai ragione, avrei dovuto avvisarti, ma è successo tutto all’improvviso. La mia sorella gemella ha partorito con un mese di anticipo e mi hanno chiamato per andare da lei.  Prometto che la prossima volta proverò a non sparire così all’improvviso »
Si sorrisero a vicenda ed entrarono nell’appartamento di lei, parlando di com’era andato il parto e di come stesse sua sorella, finché Penny non ebbe un lampo di genio.
« So io cosa puoi fare per farti perdonare il fatto che sei sparito senza dire nulla. Stasera io, Bernadette e Amy ci incontriamo per andare a bere qualcosa. Potete venire anche tu e gli altri, se volete »
« Amy? Vuoi dire che conosci Amy Farrah Fowler? » le chiese stupito, come se non se l’aspettasse.
« Sì, Raj me l’ha presentata ieri, abbiamo mangiato insieme al Cheesecake Factory. Ma non cambiare argomento, verrete sì o no? »
Sheldon fece spallucce. « Per me va bene. Così potrò finalmente conoscere la famosa Bernadette. E poi è da un po’ di tempo che non vedo Amy, spero stia bene »
“Perfetto, cogli la palla al balzo, Penelope! Ha nominato Amy di sua volontà, è la tua occasione!”
« A proposito... Raj mi ha detto che l’avete conosciuta qualche mese fa al Cheesecake Factory... Ma hai mai approfondito la sua conoscenza? Cioè... sei mai andato oltre alla semplice chiacchierata con lei, sul posto di lavoro?»
Sheldon le lanciò un’occhiata seccata, e la ragazza si rese conto di aver chiesto troppo in poco tempo.
« No, non siamo mai andati oltre. Il suo amico del cuore è Rajesh, non io » rispose semplicemente, e l’altra non seppe come interpretare ciò. Decise di far morire lì l’argomento e di iniziare invece a preparare la cena; invitò anche l’amico ma questo rifiutò, dicendo che Leonard lo aspettava a casa loro e che aveva voglia di passare un po’ di tempo con lui, così la salutò ed uscì. Penny inviò due sms, uno a Bernie e uno a Raj, avvisandoli che quella sera ci sarebbero stati anche gli altri (ovviamente Rajesh aveva il compito di avvisare Amy). Fatto ciò, si preparò un semplice piatto di pasta asciutta che mangiò con tutta calma, tanto non aveva nulla da fare mentre aspettava l’ora del ritrovo. Bussarono alla sua porta, e dopo aver detto un “avanti!” si ritrovò nel soggiorno una bellissima Bernadette, di fianco ad una ancor più bella Amy. Erano vestite entrambe molto bene. Fin TROPPO bene.
« Cosa ci fate già qui, voi due? »
« Non sapevo cosa fare per occupare il tempo, allora mi sono preparata e sono venuta qui. Quando sono arrivata Amy era già di sotto che aspettava » spiegò la bionda. Amy era un po’ in imbarazzo, forse per il fatto che non conosceva bene nessuna delle due.
« Amo la puntualità, ma molte volte mi ritrovo con l’essere mostruosamente in anticipo »
« E poi » riprese a parlare l’altra « volevo aiutarti con la scelta dell’abbigliamento. Dopotutto... vuoi o non vuoi farti bella per il tuo Leonard? » e ridacchiò, facendo sorridere anche la mora. Tanto per cambiare, il cuore di Penny aumentò di velocità, facendo affluire tutto il sangue al cervello e bloccandole il boccone di pasta in gola. La ragazza tossì per non soffocare, sputando tutto.
« B-Bernadette *coff* t-tu devi smetterla *coff* di dirmi certe cose mentre mangio... *coff* »
Ormai le altre due erano andate dalle risate, anche se la povera che deridevano non ci trovava nulla di buffo.
« Ah. Ah. AH. Un vero spasso. Allora immagino che siate a conoscenza del fatto che stasera ci saranno anche gli altri quattro »
« Ovviamente, Penny. E suvvia, so che sotto sotto li vuoi un paio di consigli! »
Penny fece caso solo allora a com’erano vestite le due. Amy indossava una bella camicia verde chiaro che si intonava perfettamente coi suoi occhi, un paio di pantaloni bianchi attillati e tacchi che la facevano sembrare ancor più alta di quel che non fosse già. Bernadette invece indossava un vestitino con motivo floreale, e nonostante fosse privo di scollatura, il seno prosperoso si vedeva lontano un miglio. Le due avevano stili completamente diversi, ma erano entrambe bellissime. Fosse stato per lei invece, quella sera si sarebbe vestita nel suo solito modo, cioè maglia da nerd, pantaloni larghi e scarpe ortopediche, ma il fatto che potesse essere aiutata da due ragazze come loro la allettava molto.
« Allora va bene. Se volete darmi una mano, io sono qui. Ma vi avviso che nel mio guardaroba non ci sono chissà quali capi d’alta moda » disse, dopo qualche minuto di riflessione. Bernadette si gasò tutta e Amy accettò di darle una mano, così andarono in camera della scienziata e diedero il via all’operazione.
“ Ho paura che mi aspetti una lunga, luuuunga serata” pensò, tirando un sospiro rassegnato.
 

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Capitolo 6
*** Incanalatore di emozioni ***


Introduzione dell’autrice
Buonasera a tutti! Eccoci di nuovo qui, col sesto capitolo! Oggi l’introduzione sarà breve. Questo è uno dei capitoli che preferisco (per ora ne ho scritti 10) quindi... non saprei come dirlo, mi aspetto molto da esso? In un certo senso. Ringrazio chi sta recensendo e chiedo scusa per il fatto che non rispondo a tutte le recensioni. Siete fantastici! Ovviamente, grazie anche a chi ha aggiunto la ff tra le seguite o le preferite! Sono veramente contenta! L’unica cosa che ho da dire su questo capitolo, è che da qui un bel po’ di cose cambieranno, quindi... aspettatevi di tutto! Ah, un’ultima cosa; io ho usato il termina “incanalatore”, cioè qualcosa che incanala, ma esiste come parola? Io ero convinta di sì perché non poche volte l’ho sentita dire, ma cercando sul web ho scoperto di no! Ma non doveva essere corta l’introduzione? Va beh! Buona lettura a tutti! Ci si risente settimana prossima! (:
 






Bernadette aprì l’armadio di Penny e tirò un urletto stridulo da quanto fosse irrecuperabile il contenuto. La proprietaria se ne vergognò molto in quel momento, anche se non lo avrebbe cambiato con nulla al mondo; non le importava di piacere agli altri, voleva essere sé stessa. Ma era di Leonard che si stava parlando, e per una volta poteva fare uno straccio alla regola. L’amica che si ritrovava di fronte ai suoi indumenti fece un respiro profondo e ci mise le mani, andando alla ricerca di qualcosa di decente. Amy cercò di vedere come stava andando la ricerca da dietro la sua schiena, senza successo, finché la cuoca esclamò un “Ah-ah!”  e tirò fuori una t-shirt porpora con la stampa di Lupin III.
« Questa è perfetta, Penny! Non è troppo da nerd ed è anche un po’ femminile »
« Lupin III è un’ottima scelta. E’ il mio anime preferito, insieme a One Piece » sorrise la scienziata.
« E poi, a quale uomo non piace? Fidatevi, ho tre fratelli e ne so qualcosa » aggiunse la mora.
« Allora è deciso! Mettiti su questa, che intanto ti cerco dei pantaloni da abbinarci » le porse la maglietta e riprese la ricerca. Penny andò in bagno a cambiarsi, e quando tornò nella camera da letto trovò la propria scrivania piena di trucchi di ogni genere e colore. Amy le sorrise divertita.
« Bernadette ha anche portato questi, e poi io me la cavo col trucco » la fece sedere, le raccolse i capelli in una coda di cavallo, e iniziò il lavoro col make up. Penny non poteva guardarsi allo specchio perché costretta a tenere gli occhi chiusi, e temeva per ciò che avrebbe visto una volta che la ragazza avesse finito; non si era mai truccata in vita sua, e mai era stata tentata nel farlo. Deglutì al sol pensiero.
« Quando Amy finisce devi assolutamente metterti questi jeans. Sono gli unici adatti che hai, e sono anche molto carini » disse Bernadette, mentre la bionda smise di sentire sul viso il tocco di pennelli o altri strumenti.
« Puoi guardarti allo specchio, Penny. Stai benissimo »
Questa obbedì, precipitandosi di fronte all’ampio specchio del bagno, e le ci volle qualche secondo per realizzare ciò che il riflesso le stava dicendo; davanti a lei si presentò una ragazza dal viso pulito, senza occhiaie o punti neri, i cui tondi occhi verdi avevano una linea nera che ne risaltava la forma, e con delle labbra sottili ma sensuali. Non riusciva, non POTEVA credere che quella fosse Penelope Callaway, la nerd sfigata e rifiutata da tutti.
« Ti lascio qui i pantaloni » disse Bernadette, appoggiando i jeans sul bordo della vasca e uscendo. Alla scienziata le ci volle ancora qualche minuto per riprendersi totalmente dallo shock, ma alla fine ce la fece, si cambiò, e raggiunse le altre due, che stavano parlando delle loro marche preferite di trucchi. Quando videro l’amica, rimasero piacevolmente sorprese, facendole complimenti su quanto stesse bene e anche complimentandosi a vicenda per l’ottimo lavoro. Penny poté mettere le sue solite scarpe, essendo in un certo senso obbligata dai suoi problemi alla schiena, e finalmente arrivò l’ora di andare.
Uscirono di casa e scesero al piano terra, attendendo l’arrivo degli altri. Penny si sentiva agitata, non sapeva cosa avrebbero pensato, vedendola così. Si conoscevano da poco tempo, ma loro ormai erano abituati a vederla come una che non si curava troppo di queste cose, e il fatto era che fosse sempre stata così, a lei non importava veramente! Ma per lui, si sentiva pronta a fare questo e molto altro ancora. Come avrebbe reagito? L’avrebbe preferita così, carina e truccata, infischiandosene del suo aspetto interiore? Rabbrividì, perché quelli erano discorsi da “Mondo di Patty”, e lei odiava quel telefilm. Immersa in quei pensieri, abbassò la guardia e non si accorse dell’arrivo di Howard e Rajesh. Quest’ultimo era radioso ancor più del solito, forse perché Penny stava mantenendo la promessa, ma Howard aveva occhi solo per Bernadette, e la scienziata provò una specie di invidia; anche lei voleva essere guardata così da qualcuno, come se fosse l’unica al mondo ad importare, ma non stava bene avere quei pensieri, quindi distolse lo sguardo, e lo rivolse verso la portineria.
« Finalmente conosco la famosa Bernie! Piacere, io sono Raj! » si presentò l’indiano, stringendole vivacemente la mano. Gli altri quattro iniziarono a parlare tra loro, ma Penny non li ascoltava, era tornata nel suo mondo. Dovevano essere già lì ma non erano ancora arrivati, dove caspita erano finiti? Voleva solo sapere che ne pensavano loro due di quel suo cambiamento, sebbene fosse solo momentaneo. Passarono i minuti, ma di loro neanche l’ombra. Stava per girarsi verso gli altri, ma qualcosa catturò la sua attenzione; un piede sbucò da dietro l’angolo delle scale, seguito da una lunga gamba che poteva appartenere solo ad un uomo alto come lui: Sheldon Cooper. I suoi capelli corti era stranamente pettinati, e Penny sentì Amy trattenere il fiato. E dietro di lui apparve anche Leonard. I due uscirono dall’edificio e fecero per salutare gli altri, ma si accorsero di com’era conciata la loro amica, e si bloccarono di fronte a lei.
« Wow Penny, sembri... diversa » esclamò Sheldon, sempre più stupito, ma la scienziata non voleva quelle attenzioni, non da lui quando era presente la cameriera.
« Hai visto? Tutto merito mio e di Amy » affermò orgogliosa Bernadette, che con questa frase riuscì a far staccare gli occhi dell’attore da Penny. Egli si girò verso la cuoca, e la guardò deliziato, avvicinandosi a lei per poi prenderle la mano e baciargliela.
« E tu devi essere la nostra cara Bernadette Rostenkowski. E’ un piace conoscerti, io sono Sheldon. Mi spiace dirtelo, ma nell’ultima settimana ci hai rincitrullito Howie come si deve. Vedi di andarci piano, d’ora in poi, ok? »
La ragazza rise, ma Howard era diventato color pomodoro maturo.
« Ehm... Ciao, Sheldon. E’ da un po’ che non ci si vede » lo salutò una titubante Amy. Lui si girò a guardarla e la sua espressione mutò, trasformandosi da quella da playboy a serena e dolce, come se fosse veramente lieto di vederla dopo tanto tempo.
« Ciao Amy. Hai ragione, scuse se non sono più passato al Cheesecake Factory » si mise di fronte a lei. « Allora, come stai? » e il gruppo riprese a chiacchierare, ignorando la scienziata, il commesso e gli sguardi che si lanciavano. Sembravano essere tornati a quando si erano appena conosciuti, con lui che la squadrava dalla testa ai piedi e lei che si sentiva piccola piccola standogli di fronte. Dopo interminabili attimi, Leonard decise di avvicinarsi, fino a mettersi a pochi centimetri dal suo corpo, e sorrise.
« Mi hai sorpreso. Non è una cosa che molte ragazze possono vantare di aver fatto » le sussurrò, facendole venire i brividi. I loro sguardi erano incatenati, e Penny desiderò che quel momento non finisse mai. Ma dopotutto, era di Leonard che si stava parlando.
« Allora me ne vanterò di certo » gli rispose, abbozzando un sorriso insicuro a labbra tremanti. E, come avrebbe dovuto prevedere, lui tornò quello di sempre, facendosi calare la propria maschera di ghiaccio sul volto e tornando dagli altri a parlare. Penny si disse che doveva smetterla di rimanerci male ogni volta, doveva semplicemente abituarsi e accettare com’era fatto. Sospirò,unendosi anche lei agli altri, che stavano decidendo cosa fare quella sera. Optarono per un pub/discoteca, e decisero anche come organizzarsi con le auto.
« Potremmo fare: nell’auto di Bernadette ci vanno Howard e Rajesh, mentre nella mia vengono Penny, Leonard e Amy, vi va bene? » tutti acconsentirono, andando nelle rispettive auto, e partirono. Amy era visibilmente contenta di stare in macchina con Sheldon, anche se non proferì parola finché non arrivarono. Il posto si chiamava Emergent Fly, e per entrare c’era una fila chilometrica. A Bernadette le si illuminarono gli occhi, essendoci già stata, e disse all’amica:
« E’ uno dei posti più “in” di Pasadena! Ci sono stata solo una volta perché per entrare devi avere un gran culo, ma fidati che ne vale la pena! Mi chiedo come faremo ad entrarci, stasera »
Sheldon sembrò sentirla, perché si avviò verso l’entrata, snobbando l’intera fila, e disse qualcosa nell’orecchio del buttafuori, che annuì; l’attore fece cenno al gruppo di entrare, e questo lo seguì dentro al locale. Penny non era mai stata in posti del genere, si sentiva come un’adolescente maturata tardi, ed era tutta in fibrillazione.
Il posto era diviso in due parti; la grande pista da ballo circondata da divanetti di ogni dimensione e il banco del “bar”, fronteggiato da numerosi tavolini. Tutti tranne Sheldon e Leonard sembravano meravigliati da ciò, soprattutto chi aveva passato un’intera vita emarginato.
« Ormai siamo qua. Bella gente, scateniamoci! » esclamò Sheldon, dirigendosi verso la grande folla che si muoveva a ritmo sotto la postazione del dj, seguito da Leonard, Bernadette e Rajesh. Penny si sentiva non poco spaesata, allora rimase vicino a Amy, che insieme a Howard si diresse verso uno dei tavolini e si sedette. Ordinarono tre Sex on the Beach (la scienziata non aveva la minima idea di cosa fosse, si limitava a copiare la cameriera) e ci furono alcuni minuti di imbarazzante silenzio, finché Amy non chiede a Howard come andassero le cose con Bernadette. Lui arrossì molto, schiarendosi la gola e mormorando un debole “Bene...”. Penny ebbe la conferma di una cosa che aveva già notato: Amy sapeva parlare benissimo con le persone in difficoltà. Gli sorrise intenerita e gli prese la mano.
« Ne sono felice, state molto bene insieme » a queste parole, l’imbarazzo dell’uomo sembrò affievolirsi, perché ricambiò sereno il sorriso, stringendole a sua volta la mano. Era un gesto “intimo”, ma pure Penny capì che non c’era nulla al di là dell’amicizia, soprattutto con quello che aveva passato l’amico per attirare l’attenzione di Bernadette. Si sentiva quasi la terza incomoda, finché non arrivarono le loro bibite e poté finalmente provare quel “Sex on the Beach”. Portò il bicchiere alla bocca e bevve, deglutendo a fatica quel liquido dolce e aspro allo stesso tempo, mentre la puzza di alcol le invadeva le narici e l’alito. Posò il bicchiere e guardò la reazione degli altri due, ma a differenza sua erano del tutto tranquilli, come se stessero sorseggiando un the alla pesca. Intuì che probabilmente erano abituati a posti e drink del genere, e ciò la fece sentire ancora più a disagio. I due sembrarono notarlo e le sorrisero.
« Scommetto che è la prima volta che brevi alcolici, vero? » le chiese Howard, e Penny annuì. Decisa, tentò a fare un secondo sorso; c’erano poche differenze con la prima volta, l’unica fu solo una leggera diminuzione del bruciore di gola, e un mal di testa che piano le si stava infilando nel cervello.
« Penny, non devi per forza finirlo. Se non sei abituata, due sorsi sono anche troppi » provò a dirle Amy, ma la bionda ne aveva già fatto un terzo. Ormai la sua testa pulsava, ma l’ottimo sapote di frutta del drink iniziava a farsi sentire, e l’alcol non le dava più così tanto fastidio. Rassicurò gli altri due, ma il tono di voce strascicato e l’arrossamento delle guance non li convinsero molto. La guardavano con sospetto, e facevano bene perché Penny provava una strana sensazione, come se fosse pronta a fare qualsiasi pazzia. Era questo ciò che aveva sentito chiamare col nome di “sbronza”? provò a fare un altro sorso ma la mora le strappò letteralmente il bicchiere di mani, guardandola ansiosa.
« Sapevo che era una pessima idea. Howard, va a chiamare gli altri, se continua così non si sentirà molto bene »
La scienziata non capì tutto questo astio nei propri confronti, sì era vero, non era AFFATTO abituata a certi posti, ma non era una bambina, sapeva badare a sé stessa e quest’atteggiamento protettivo la stava infastidendo. Guardò l’amico; si era un po’ intristito perché andarsene equivaleva ad una possibilità in meno con Bernadette, ma era troppo buono e non avrebbe mai replicato. Vederlo con quell’aria affranta la fece arrabbiare con Amy, e guardandola in cagnesco si alzò dalla sedia.
« Smettila di trattarmi come una bambina. Non ce ne andremo ora, e voi due non sprecherete le vostre occasioni con Sheldon e Bernadette! » disse con un tono di voce sopra al normale, e diverse persone di erano girate a guardare il loro tavolino: le due ragazze non ci fecero caso, ma Howard sì, il che lo imbarazzò moltissimo.
« R-ragazze, datevi una... »
« Non ti sto trattando come una bambina. Ti tratto come una persona che non ha mai bevuto alcolici ed è già ubriaca dopo tre bicchieri. Ma guardati, se avessi Leonard davanti non esiteresti dal saltargli addosso! »
« R-ragazze... »
« E che c’è di male? Almeno io farei qualcosa, non come te che conosci Sheldon da chissà quanto tempo e non hai mai concluso nulla! »
Le due non ragionavano più dalla rabbia, e ormai quasi tutti quelli che erano alla zona bar le fissavano. Penny non capì perché stava reagendo così, forse l’alcol era una specie di incanalatore delle proprie emozioni, duplicandole e forse addirittura triplicandole. Anche se era ancora arrabbiata, si vergognò per quello che aveva detto, chissà cosa avrebbe detto Rajesh se l’avesse vista in quello stato. Sospirò, avrebbe voluto chiedere scusa ma qualcosa glielo stava impedendo.
« Senti, lascia stare. Hai ragione, vado dagli altri » e si allontanò, dirigendosi verso la folla danzante. Si chiese come avrebbe fatto a trovarli, non era alta e non riusciva a vedere qualcos’altro che non fossero schiene sudate o parti intime che si strusciavano l’un l’altre. Fu schifata da quella visione, e capì perché si era sempre tenuta lontana da quei posti. Beh, per quello e anche per il fatto che fosse un’irrimediabile sfigata.
Stava per perdere la speranza finché qualcuno, dal cavallo per pronunciato, iniziò a sfregare il proprio bassoventre contro il suo sedere. Si irrigidì tutta, non aveva preso in considerazione quest’eventualità quando era entrata lì dentro, e non sapeva affatto come reagire. L’uomo alle sue spalle, che intanto muoveva i fianchi in modo poco casto, avvicinò il viso al suo orecchio, e con tono basso e profondo disse:
« Ma ciao, pupa celiaca. La tua maglia di Lupin III e la tua chioma bionda si vedono dall’altra parte della pista »
Per poco le gambe della ragazza non cedettero al suono di quella voce, si allontanò di scattò e si girò a guardarlo, incredula. Sheldon aveva il solito sorrisetto tra il pervertito e l’adulatore stampato sul volto, questo combinato alla sua eleganza innata e quel suo essere figo da far paura, face in modo che molte ragazze lì intorno a loro lo fissassero con sguardo provocante e pieno di desiderio. Ma lui sembrava non farci caso, aveva gli occhi inchiodati su Penny. Nonostante la distanza che avesse cercato di prendere, l’attore le si avvicinò ancora, sfiorando col petto il suo seno, facendola sentire a disagio.
« Sheldon... SHELDON! » strillò, dopo che l’uomo, oltre la pochissima distanza che li separava,abbatté ancor di più le barriere del pudore mettendole le mani sui fianchi e avvicinando i loro visi. Penny deglutì, la situazione le era del tutto sconosciuta, la parte della sua mente logica era offuscata da una nebbia che puzzava di alcol, ma sentiva di star facendo una cosa sbagliata.
« Sei ubriaca, Penelope? » le chiese, assumendo per pochi istanti un’aria seria.
« S-sì... » una sensazione di malessere continuava a crescere in lei, aveva un brutto presentimento.
« Scusami. Sul serio, ma è da quando ti ho conosciuta che desidero farlo » e non esitando oltre, prima che la bionda potesse chiedere qualcosa, le loro labbra si incontrarono.

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Capitolo 7
*** Sensi di colpa ***


Introduzione dell’autrice
Buongiorno mondo! Aahh eccoci finalmente al settimo capitolo (‘: Quello di oggi sarà un pochino più corto degli altri, ma questo è giustificabile dal fatto che è una specie di “ponte” tra la prima parte della ff (dove Penny era appena arrivata) alla seconda, nella quale la nostra protagonista inizierà ad avere un po’ più di confidenza con questo misterioso universo delle relazioni sociali, lol. Ringrazio chi sta recensendo, chi segue e anche i lettori anonimi! Grazie di cuore ^^ Va beh, buona lettura, a settimana prossima! (:
 
 
 
 
Le ci volle qualche momento per capire che nessuno aveva bussato alla porta, ma che era l’emicrania che continuava a farle pulsare la testa. Penny era ridotta ad uno straccio quella mattina, si alzò al solito orario per vedere se sarebbe riuscita ad andare al lavoro, ma non riusciva a stare in piedi e, suo malgrado, decise di restare a casa. Si ricordava ben poco della sera precedente, e non faceva altro che darsi della stupida; avrebbe dovuto ascoltare Amy invece che fare l’oca giuliva e bere. Come se non bastasse, si sentiva avvilita e a disagio per un qualcosa che proprio non riusciva a mettere a fuoco. Decise di non farci caso, si fece una camomilla e si sdraiò sul divano; in quel momento si sentì parecchio sola, avrebbe voluto qualcuno che le cantasse la canzoncina che le cantava sempre la madre quando stava male. Come per rispondere a quella chiamata, qualcuno bussò veramente. Non se la sentiva di farsi vedere in quello stato, così rimase zitta, aspettando che lo scocciatore se ne andasse, ma questo bussò di nuovo.
« Non sto bene, andate via! » cercò di urlare, ma le bruciava da impazzire la gola e tutto quel che ne uscì fu un rantolo sgraziato. Sentì la porta di casa aprirsi e i passi di qualcuno entrare, finché questo qualcuno, che non era poco di meno che Sheldon, le si mise di fronte.
« Qui ci siamo dati alla pazza gioia, ieri sera » fece una risata cristallina, e in un momento diverso da quello pure lei avrebbe riso, ma la sensazione di disagio che aveva provato qualche momento prima ritornò, più forte. Tentò di non farci caso e si limitò a guardarlo in cagnesco, sorseggiando la camomilla.
« Comunque, sono venuto perché, puntuale come sei, mi sembrava strano non vederti già pronta. E anche per... » sembrò a disagio pure lui, il che non fece altro che farla andare in paranoia. « Anche per chiederti di non dire a nessuno ciò che è successo ieri, sulla pista da ballo »
“No un momento... cos’è successo sulla pista da ballo?”
Penny lo guardava confusa, ponendosi mentalmente questa domanda, e lui sembrò leggerle nel pensiero.
« N-non ti ricordi? Sul serio, eri veramente così ubriaca? » lui era tra l’incredulo e il divertito, lei avrebbe voluto sprofondare. Anche se non le era stato ancora svelato il mistero.
« Anche se fosse? Mi vuoi dire cos’è successo? »
A quella domanda, l’amico divenne serio e silenzioso, i loro sguardi si sorreggevano a vicenda e la tensione era palpabile nell’aria. Sheldon fece per aprir bocca e dire qualcosa, ma la richiuse subito. Passarono gli attimi e veramente Penny era sul punto di mandare a quel paese il mal di testa e mettergli le mani attorno alla gola per farlo cantare.
« Sheldon, di solito mi reputo una persona paziente, ma tu stai... »
« Ieri ti ho baciata » disse lui tutto d’un fiato. E il tempo parve fermarsi, lui che la guardava ansioso di una sua reazione, e lei con lo sguardo perso nel vuoto, che faceva rammenda mentale degli avvenimenti svoltisi la sera precedente. Ma la ricerca fu infruttuosa.
« Ma... Sheldon, ne sei...? »
« Sicuro? Sì Penny, le tue labbra erano soffici e inesperte, come potrei sbagliarmi? Labbra così le provi una volta sola nella vita »
Avrebbe potuto reagire in migliaia di modi diversi, magari qualcun altro al posto suo si sarebbe agitato, o rimasto deludo da un primo bacio la cui unica consapevolezza fosse la parola dell’amico, ma non lei. Lei proprio no, non poteva sottostare a quelle primitive sceneggiate da adolescente, lei era Penelope Callaway, un genio della fisica teorica, e avrebbe affrontato quella situazione dalla donna adulta quale era.
« Ok Sheldon, non lo dirò a nessuno. Ma... voglio parlarne di nuovo con te, quando tornerai a casa dal lavoro, questa sera »
Lui sembrò essersi tolto un peso dal cuore, perché l’ansia di qualche momento prima si affievolì, così la ringrazio per la promessa, la salutò e uscì di casa.
Donna matura, sì... Ma chi voleva prendere in giro? Appena sentì la macchina dei due vicini uscire dal loro quartiere, Penny scoppiò a piangere. Pianse perché non avrebbe voluto tutto ciò, perché per quanto fosse affezionata a Sheldon non era a lui che voleva dare il suo primo bacio. E cosa avrebbe detto di lei Rajesh, in quel momento, dopo la promessa che era decisa a rispettare? E Amy? Non poteva di certo biasimarla se non le avrebbe più rivolto la parola. Si era appena fatta degli amici, aveva ricominciato una nuova splendida vita, ed eccola lì, a rovinare tutto con un’azione che neanche si ricordava di aver compiuto. Senza ritegno scendevano le grosse lacrime a rigarle le guance arrossate, dalla gola in fiamme uscivano singhiozzi strozzati incomprensibili perfino a lei stessa. Si accucciò e cinse le piccole ginocchia con le braccia, inzuppando anche i pantaloni del pigiama. Le spalle avrebbero potuto tremare ancor più forte se due possenti e familiari braccia non le avessero fermate in tempo.
« Hey Penny, calmati! Che cos’è successo? »
A lei non serviva alzare lo sguardo per capire chi fosse corso in suo aiuto, quella voce era quella che meglio si ricordava, anche se in quel momento avrebbe voluto chiunque tranne che lui.
« LEONARD V-VATTENE VIA! » strillò, e invece che ricevere la solita freddezza, la stretta sulle sue esili spalle si rafforzò.
« N-non ti voglio qui... vattene, s-sto male, oggi non vado a-al lavoro... »
« Penny, guardami. » e lei lo fece, alzò gli occhi su Leonard, e nonostante fosse senza occhiali e con gli occhi appannati, era abbastanza vicino da poterlo guardare bene; aveva indosso un accappatoio rosso la cui utilità probabilmente era quella di coprire la propria nudità, i bei capelli ricci era tutti tirati all’indietro e... potesse venirle un colpo. Pure lui indossava degli occhiali!
« E quelli c-cosa sono?... »
Le sorrise complice e... imbarazzato? Lo aveva fatto imbarazzare? Il mondo non aveva più un suo equilibrio.
« Mi hai scoperto. Purtroppo la mia vista non è delle migliori, e di solito uso lenti a contatto. Ma quando sto male non posso e sono costretto a usarli »
Vedendolo conciato in quel modo, a Penny sembrò addirittura un nerd come lei, e le fece tenerezza.
« Vuoi dirmi cosa ti è successo? » il suo tono era basso, pacato e rassicurante, ma a quella domanda lei riabbassò il viso e gli occhi le si riempirono di nuovo.
« Niente che tu possa sapere »
I ruoli si erano invertiti, in quegli attimi era lei ad essere distaccata mentre lui cercava in tutti i modi di avere approcci con l’amica.
« Penny... qualsiasi sia il motivo, piangere non risolverà nulla »
Non ottenendo risposta, portò due dita sotto il suo mento e le alzò il viso, sorridendole di nuovo. Il cuore di Penny fece una capriola; era totalmente diverso dal Leonard che era convinta di conoscere, quel suo sorriso era allegro e mostrava i denti candidi dell’uomo, quegli occhiali gli rendevano gli occhi sottili più del solito, e dentro di essi vide quel bagliore castano che scorse anche il giorno che si erano incontrati. Non avrebbe mai voluto mostrarsi così debole davanti a qualcuno, soprattutto davanti a colui che in quel momento la guardava con tanto affetto, ma non resistette, e in preda ad un’altra crisi di pianto gli gettò le braccia attorno al collo.
« Sono così s-stupida... »
« Non è vero, sei la persona più intelligente che io conosca »
« Qui non si parla di formule m-matematiche o di scienza... Nella vita, questa di tutti i giorni... io... s-sono un disastro... » nel dire questo, sentì una mano di Leonard percorrerle delicatamente la schiena, facendole, possibile? delle coccole. Solo allora si rese conto di essere abbracciata alla persona che più bramava in quel periodo della sua vita, e poco a poco tornò ad essere quella di sempre, imbranata, timida e di poche parole. Si staccò dalle sue braccia e non osò guardare il suo viso di nuovo, non osava rivolgere i propri occhi verso il migliore amico di Sheldon.
“- Leonard adora Amy, con lei è un vero zuccherino
- Vuoi dire che c’è qualcuno in questo dannato mondo con cui Leonard non fa lo stronzo?
- Fai conto che Amy ha occhi solo per Sheldon dall’esatto momento in cui l’abbiamo conosciuta, è l’unica ragazza che ha qualche possibilità di far svegliare fuori quel poveretto di un attore, ed essendo lui il migliore amico di Leonard, è ovvio che la tratti con i guanti!”
Penny si alzò dal divano, e con gli occhi fissi sulla moquette, indicò la porta col dito.
« Vattene, Leonard »
Non seppe come la stesse guardando, e provava così tanto disgusto verso sé stessa che non lo volle neanche sapere. Avrebbe voluto sprofondare nel pavimento, togliersi quel fardello dal cuore, e persino il brutto pensiero di tornare ad essere senza amici le attraversò la testa.
« Penny, io... »
« VATTENE »
Le guance le tornarono rigate di leggere gocce salate, e pregò che l’altro non opponesse ulteriore resistenza. Passarono gli attimi e finalmente lo sentì alzarsi in piedi e camminare, lontano da lei.
« Mi dispiace » le disse, prima di chiudere la porta di casa. Lei non seppe cosa volesse dire con quelle due parole, si sarebbe posta quel quesito un’altra volta, perché le troppe lacrime versate e il mal di testa opprimente la fecero piombare tra i morbidi cuscini, e Morfeo la prese tra le sue braccia.
***
Si risvegliò verso sera, la testa un po’ meno dolorante e le guance secche da lacrime lasciate lì ad asciugarsi da sole. Rintontita, allungò il braccio per prendere il telefono per guardare l’ora, e vide che il display era invaso da messaggi e chiamate perse di Bernadette. In un primo momento non ci diede molto peso, ma poi le venne in mente un’idea; se rischiava di perdere gli amici per ciò che aveva fatto con Sheldon, forse lei sarebbe stata l’unica a restare. Dopotutto, Bernadette aveva visto Amy solo due volte, non doveva niente a nessuno e l’unica cosa che la collegava al gruppo di amici era la propria attrazione per Howard. Spinta da questi pensieri, decise di inviarle un messaggio. Ci mise molto a pensare al contenuto, e alla fine glie ne inviò uno molto semplice.
“Ciao Bernie, scusa se non ti ho risposto, ma a causa della serata di ieri non me la sono sentita di venire al lavoro. A proposito di ieri, devo dirti una cosa importante. Non mi pare il caso di scrivertela via messaggio. Te ne parlerò domani. Buona serata”
Pochi secondi dopo l’invio, l’altra le aveva già risposto, sorprendendo la scienziata.
“Ok ma così mi tieni sulle spine!!! A domani!!!”
Lasciò il telefono sul divano e andò in cucina nel vano tentativo di mangiare qualcosa, a lo stomaco era ancora chiuso, quindi si limitò ad una tazza di latte caldo. Erano le 18:40 e Sheldon non era ancora tornato dal lavoro. Penny voleva vederlo per parlare dell’accaduto, e l’attesa non faceva altro che farle cambiare idea poco a poco; non aveva la minima idea di che cosa dirgli perché neanche si ricordava di averlo baciato, e poi se le avesse chiesto perché avesse tutti quei sensi di colpa, avrebbe dovuto rivelargli la promessa fatta a Rajesh riguardo a Amy. Lei non sapeva mentire, e al diavolo le stava venendo un’altra crisi di pianto!
Lo aspettò per ora, vide la casa riempirsi di ombre mentre il sole calava, non sentì nemmeno la sua auto percorrere la strada per il parcheggio, o la porta dell’altro appartamento aprirsi. Confusa e sconsolata, se ne andò a letto preso, perché voleva essere bella carica per la giornata di lavoro del giorno dopo, e dimenticarsi di tutti i problemi.
Almeno mentre dormiva.

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