Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Note dell’autrice #1:
Buongiorno. Come avevo scritto alla fine della long “Ticket to Paris”, avevo
intenzione di fare la 30 OTP challenge, mentre
progettavo la long AU. Teoricamente dovrebbe essere un capitolo al giorno, ma
so già che non ce la farò. Allora ho deciso di cambiare la sfida, facendo solo flashfics, quindi capitoli con non più di 500 parole.
E
poi mi sembrava carino dare un titolo a questa raccolta di slash
e quale titolo migliore di “Two of us”? :3
Allora
cominciamo con il primo, dedicato a ringostarrismybeatle e all’affetto con cui mi segue sempre.
^_^
Two of us
Capitolo 1: “Holding
hands”
È come rivedere se stesso.
John ora è proprio come lui qualche
anno fa. La testa china, il corpo rigido e immobile, in piedi, di fronte a una
lapide che lo divide da colei che gli ha donato la cosa più preziosa, la vita.
Paul lo sa, sa che ora John
vorrebbe piangere e urlare per la disperazione. E sa che in realtà lo sta
facendo, in silenzio, dentro di sé.
Paul sa che a John è mancata
improvvisamente la terra sotto i piedi e lui sta crollando con essa e desidera
solo qualcuno che lo afferri, prima di cadere in un baratro da cui non può né
vuole uscire.
Paul sa tutto questo e sa
molto altro di John, perché anche se in modo diverso, ha provato e continua a
provare la stessa cosa. Sì, lui si è abituato gradualmente a quel momento, vi
si è avvicinato giorno per giorno, un passo alla volta, mentre John è stato
gettato dentro all'improvviso, come risucchiato da un uragano. Ma la sostanza
non cambia. Non importa come tu l'abbia persa, questo non cambierà il fatto che
lei non ci sia più, non renderà il dolore più sopportabile o ancora più
straziante.
Perché è un dolore che non
andrà mai via, un dolore che ti marchia, schiaccia l’anima e debilita il corpo.
Un dolore che ti tormenta quando meno te lo aspetti e tu non puoi fare altro
che abbandonarti ad esso e piangere, se ne hai la forza, perché piangere ti fa
sentire meno solo, ti fa sentire vivo, nonostante tutto.
Ma John non ce l’ha, la
forza di piangere. Non ce l’ha perché non vuole sentirsi vivo, non ora che la
vita stessa lo ha schiaffeggiato con durezza per l’ennesima volta e poi gli ha
voltato le spalle, mostrandogli solo fredda indifferenza.
È per questo che Paul si
ritrova al suo fianco, senza neanche accorgersene, per fargli sentire il tepore
dell’interesse che prova per lui, per lenire le sue sofferenze, per farlo
sentire ancora vivo.
È per questo che fa scivolare
la mano nella sua, con sicurezza, con lentezza.
John la stringe subito, di
riflesso, con forza e un po’ di sorpresa, come se neanche lui sapesse di
desiderare quel contatto, di sentirsi vivo, di sentire Paul vicino a sé. E con
quella stretta sembra quasi volergli dire: “Ti prego, non lasciarla mai
andare.”
Paul sa che non lo farà mai,
perché non lascerà mai John.
In questo momento, con le
sue dita intrecciate con quelle di John, con la sua mano incastrata alla
perfezione con quella di John, con la foschia del dolore di John che annebbia
anche la sua anima, è la sua unica certezza.
"Non lasciarla mai
andare." sussurra John, prima di piangere, finalmente.
"Mai."
È forse lo è anche per John.
(464
parole)
Note
dell’autrice #2: ecco qua, via con la prima. Certo iniziare
con l’angst non è il massimo, ma già dal prossimo, “Cuddlingsomewhere”, le cose
cambieranno.
Il rating vorrei lasciarlo
arancione, anche se ci sono alcuni capitoli che prevedono scene più rosse.
Eventualmente, lo cambierò più avanti… L
Piccola dedica per kiki
e per il prompt che mi ha regalato per questa flash:
zuccherofilato.
Two of us
Capitolo 2: “Cuddlingsomewhere”
Paul porta una mano alla
bocca per non ridere, quando John gli apre la porta: il suo aspetto è un vero
disastro, scompigliato, provato…
“Cos’è successo?” domanda
sotto lo sguardo glaciale dell’altro.
“Un’appiccicosa combinazione
di Julian, capricci e zucchero filato.”
"Capisco.”
“Portarlo al luna-park è stato
traumatizzante. Penso che non mi riprenderò. L’avresti mai detto?”
"Io sì, ma a quanto
pare tu no."
Paul ride, rimuovendo un
pezzo di zucchero filato incastrato tra i suoi capelli.
“Sai sempre tutto, eh?
Pensavo avessi lasciato un po’ di presunzione a…dov’è che sei andato?”
“Durness.”
“Oh." sospira John, “Perché?”
Paul scrolla le spalle: “Volevo
vedere dove trascorreva le vacanze il piccolo Johnny.”
“Non volevi andare in
vacanza in un posto…com’era? ‘Per staccare la spina da me’?”
“Lo so.” mormora Paul,
arrossendo, “Ma poi sentivo-”
"John!" esclama dal
piano superiore una voce che Paul riconosce appartenere a Cynthia, "Prepara
il latte per Jules!"
John sbuffa e gli fa cenno di
seguirlo in cucina.
"Scusa, sei capitato in
un momento concitato. Dopo aver lavato il piccolo dallo zucchero filato che gli
è finito ovunque, tranne in bocca, Cynthia sta cercando di metterlo a letto.”
"Comprendo
perfettamente."
“Accomodati.”
John indica una sedia e Paul
obbedisce, osservando come il ragazzo si muove in cucina. È ancora incerto (fa
anche versare un po’ di latte sul tavolo), ma è adorabile e Paul si sente
davvero felice ora. È fuggito dopo l’ultimo litigio con John, ma è finito
inconsciamente in un posto che ha visto John crescere nelle vacanze estive, che
gli ha fatto capire quanto sia importante quell’uomo per lui, quanto sia ingiusto
ogni momento trascorso separati.
Paul si guarda intorno con
circospezione, poi si alza e chiude la porta della cucina. Vi appoggia la
schiena, mentre John prepara il biberon di Julian. Il suo cuore perde un
battito. Gli è mancato da morire, è questo che stava per dirgli prima, e ora
vorrebbe solo toccarlo. Non gli importa baciarlo, amarlo, vuole solo toccarlo,
in qualunque modo.
Si avvicina all’amico e fa
scivolare le braccia intorno alla sua vita.
“Ciao, John.” sussurra,
appoggiando il mento sulla sua spalla.
John ridacchia, coprendo la
mano di Paul con la propria.
“Ehi, principessa.”
“Mi sei mancato.” sospira
Paul, chiudendo gli occhi.
“Anche tu.”
Il suo cuore si gonfia per
la gioia. Sono solo due semplici parole, ma hanno il potere di infondere in lui
il sentimento più dolce che si possa provare. Perciò Paul sorride, stringe di
più le braccia intorno alla vita di John e strofina il naso contro il suo caldo
collo.
“Mmm…John,
sai di zucchero filato.” mormora, saggiando la sua pelle con piccoli baci sul
collo, “Mi piace.”
John ride per il solletico
provocato dalle sue labbra delicate e dal suo respiro che gli accarezza
l’orecchio.
“Paul…” sussurra quasi
impercettibilmente, “Se entrasse Cynthia…”
“Un attimo ancora, Johnny.
Voglio imprimere questo odore a fondo prima di andarmene.”
John si volta a guardarlo,
sorridendogli comprensivo. Poi gli circonda il collo con le braccia.
“L’odore di zucchero
filato?”
“L’odore di John.”
(500
parole)
Note
dell’autrice: allorala
cosa è stata…devo scrivere un capitolo dove si fanno le coccole e non ho
assolutamente idee. Io che vivo per
le coccole fra John e Paul. Ok, allora ho chiesto un prompt
a kiki e lei mi ha detto: zucchero filato. E lo zucchero filato è fluff, no, già a vederlo si
capisce che è fluff. Come quella foto di Paul e Stella che mangiano lo zucchero
filato. :3 Ma il mio Beatle son preferito è Julian,
allora ho pensato di inserire indirettamente anche lui. Ecco, questa è stata la
storia della flash.
Bene, oggi ho finito la
flash n°6 e ho detto, ma sì, aggiorniamo.
Il film fa davvero schifo. Chi
ha scelto di andare al cinema per vedere proprio questo?
Paul non ricorda, ma sa con
certezza che sia stato John. Ricorda bene diversi: “Dai, Paul, andiamo. Ho sentito che è il film migliore dell’anno.
Vedrai, non ce ne pentiremo.”
Così lui aveva acconsentito e
speso quella preziosa sterlina per vedere un film con trama scontata e un così
basso livello di recitazione da parte degli attori.
Per di più colui che ha
tanto insistito per andare al cinema, neanche lo sta seguendo. Dopo pochi
minuti dall’inizio del film John si è voltato per fissarlo. E continua a farlo
tuttora. Il che è abbastanza snervante. Inizialmente Paul ha provato a
ignorarlo, cercando disperatamente di concentrarsi per seguire il film, ma,
dannazione, se quello non era davvero il film peggiore che avesse mai visto in
vita sua! E aveva speso anche una fottuta sterlina per il fottuto biglietto, solo
perché John aveva insistito fino a farlo crollare esasperato.
E John ora se ne sta lì, a
mangiare popcorn e guardare Paul. Dovrebbe essere arrabbiato, invece a malapena
riesce a trattenersi dal ridere. Sì, è vero, il suosguardo fisso lo fa a sentire a disagio, ma
solo perché Paul desidera che non distolga mai gli occhi da lui.
“John?” lo chiama Paul a
bassa voce.
“Mm?”
“Dovresti davvero guardare
il film, dal momento che se siamo qui è colpa tua.”
John ride e uno degli
spettatori davanti a loro si volta per zittirlo. Quando torna a guardare lo
schermo, John gli rivolge la linguaccia. Poi si volta verso Paul, appoggiando
un gomito sul sedile e la testa sulla mano.
“In realtà, Paul, preferisco
guardare te.”
Paul arrossisce
violentemente e il suo cuore ha anche perso un battito. Spera che John non se
ne accorga, ma dal sorriso ebete sul volto dell’amico, che riesce a intravedere
con la coda dell’occhio, deduce che John se n’è accorto. Se n’è accorto eccome.
Difatti non esita a poggiare
la sua mano su quella di Paul e farla intrecciare con la sua.
“Che ne dici se ce ne
andassimo?”
“Cosa? Ma il film…?”
protesta Paul.
“Il film fa schifo.” taglia
corto John.
“Sì, ma volevi guardarlo tu.”
“Io volevo stare con te, non
importa come.”
Paul arrossisce ancora,
abbassando lo sguardo: “Quindi se adesso andiamo via, significa che posso
riavere la mia sterlina?”
John sorride malizioso.
“D’accordo.” esclama, prima
di alzarsi in piedi e trascinare Paul con sé.
“E la prossima volta posso
scegliere io il film?”
“Tutto quello che vuoi.
Basta che usciamo da qui.” sospira, spingendolo verso l’uscita.
“Che ne dici di un horror?”
“Un horror?”
“Sì, a meno che ovviamente tu
non abbia paura…” dice Paul, fermandosi.
John si volta a guardarlo,
mentre uno spettatore rivolge loro uno “Shh!” stizzito: “E se sei tu quello ad avere paura?”
“Beh, per questo andremo a
vederlo insieme. Così ci faremo coraggio a vicenda.”
Poi gli prende la mano,
incurante di tutte le persone nella sala.
“E naturalmente, offri tu.”
(500
parole)
Note
dell’autrice: ancora un po’ di fluff. Non so perché ma
quando ho letto “watching a movie” mi è subito venuto
in mente John al cinema che fissava Paul invece del film. :D Ce lo vedo bene.
Grazie a kiki
per la correzione. Il prossimo capitolo è “On a date”… uhhhh
:D
Paul rivolge a John, accanto a lui, il più scocciato
degli sguardi, mentre Dot rientra in casa.
Quella sera erano usciti per una passeggiata e un gelato,
quando all'improvviso era spuntato John, decidendo di accompagnarli per tutta
la sera.
"Proprio una bella serata, vero, Paul?"
Paul si lascia sfuggire un verso esasperato, prima di
voltarsi e andarsene. Tuttavia John lo insegue con passo affrettato.
"Significa che non ti sei divertito?" domanda,
senza riuscire a trattenere un sorriso.
"Significa che non capisco che ti è preso
stasera."
"Avevo voglia di stare con te." spiega
tranquillamente John.
"Proprio stasera?"
"Sì."
"Ma io avevo un appuntamento con Dot." gli fa
notare Paul, come se stesse parlando a un bambino capriccioso.
"E io volevo un appuntamento con te."
Paul arresta l'andatura per fissarlo perplesso, ma
divertito: non era come se stesse
parlando a un bambino capriccioso, John era davvero
capriccioso quella sera.
"Un appuntamento con me?" gli domanda
compiaciuto.
"Sì."
Paul si morde il labbro pensieroso, mentre fissa John
incerto sul da farsi: "Perché?"
"Ci deve essere per forza un perché?"
Paul annuisce: “Per forza.”
"Forse voglio solo stare con il mio migliore
amico." risponde John, scrollando incurante le spalle.
"Stiamo insieme anche quando suoniamo a casa."
"Non è lo stesso. Voglio un appuntamento, in cui sai
di dover vedere solo me, stare solo con me, dedicare tutte le tue attenzioni
solo a me..."
John arrossisce senza accorgersene, quando le parole gli
sfuggono dalle labbra e Paul riflette solo un altro istante, prima di sorridere
timidamente.
"Va bene allora."
"Va bene?" ripete John incredulo.
"Sì, vediamoci qui." afferma Paul, sospingendolo
fino a fargli appoggiare la schiena contro un lampione.
"Qui?"
"Proprio qui."
"Quando?"
"Ora."
"Ma..."
"Ma cosa, Johnny?” sussurra Paul, appoggiando una
mano sul lampione, accanto alla testa di John, “Guarda, non abbiamo nient'altro
da fare e siamo entrambi vestiti decentemente... Perché aspettare ancora?"
"Io... io..."
"Allora, John, dove vuoi portarmi di bello al nostro
appuntamento?" domanda curioso.
“Beh, così su due piedi, mi prendi un po’ alla
sprovvista.” risponde lui, rivolgendogli un sorriso intrigante.
“Allora improvvisa.”
“Vorrei portarti a casa mia.”
“Non è molto adatto per un primo appuntamento.”
“Sì, se ti chiami John Lennon.”
“Oh, e cosa prevede la serata?”
“Beh, questo non possiamo saperlo. Noi andiamo, poi chi
lo sa cosa accadrà stanotte.”
Paul sorride: “Vai subito al sodo tu, eh?”
"Vado subito a ciò che conta per me."
"E se il programma non mi interessasse più di
tanto?"
John ride, afferrando Paul per le spalle e ribaltando le
posizioni, così che ora è Paul con la schiena contro il lampione e con il corpo
di John premuto leggermente contro il proprio.
"Stronzate. Ti interessa molto il mio programma,
così come ti è interessato ieri, e l'altro ieri, e il giorno prima e quello
ancora prima..." gli sussurra all'orecchio con la sua voce calda e
profonda, causandogli un brivido decisamente evidente.
Tanto che Paul sorride, deliziato, malizioso, e afferra
subito la sua mano.
"Andiamo."
(500
parole)
Note
dell’autrice: insomma, ieri ho finito l’8 e oggi il 9,
quindi perché non aggiornare? :D
Questa flash è stata ispirata da un episodio degli earlydays, quando pare che John
una sera si sia presentato a un appuntamento che Paul aveva con Dot, facendo un’impressione
non molto positiva sulla ragazza… Ehh, questo John e
la sua gelosia. XD
“Quanti baci conosci, John?”
è la domanda di Paul.
Giace pigramente sulla
schiena, nel letto della sua camera a Forthlin road,
mentre John sopra di lui, cerca di creare l’atmosfera giusta per qualcosa di
più interessante.
Lui sospira e ferma tutte le
azioni, sollevandosi a guardarlo con un sorriso: Paul ha solo diciassette anni,
è ovvio che sia curioso riguardo certe cose.
“Quanti baci conosco?
Lasciami pensare…” mormora John, arricciando il naso, “Beh, sicuramente c’è il
bacio sulla guancia.”
Paul ride, mentre John
glielo illustra: “Ma questo lo conoscono anche i bambini.”
“Oh, tu intendi quelli più
da persone grandi?”
“Certo, idiota.”
“Allora è diverso.” commenta
lui, strofinandosi il mento, “Vediamo, c’è il bacio all’eschimese.”
“All’eschimese?”
“Quando baci una persona,
strofinando insieme la punta del naso, così.”
“Ah!” esclama Paul dopo
essere stato baciato, “Naso contro naso.”
“Esatto. Poi c’è il bacio
sulla spalla.”
“Sulla spalla? Perché
dovrebbe essere bello?”
“Piccolo, innocente
ragazzino, fidati di me.” gli dice John, prima di chinarsi per abbassare la
maglietta sulla spalla di Paul e baciare delicatamente la punta scoperta.
Un piccolo bacio che fa
scoppiare la pelle d’oca sul corpo di Paul e un piccolo sorriso soddisfatto
sulle labbra di John.
“Oh.”
“Già, oh!”
“E poi?”
“C’è il bacio sul collo.”
continua John e senza aspettare una sola parola di Paul, appoggia le labbra sulla
curva aggraziata del suo collo.
Lo scatto improvviso delle
gambe di Paul lo coglie alla sprovvista e quasi lo fa cadere dal letto.
“Dio, John…”
Dio,
quant’è divertente!
John si lascia scappare una
risatina, mentre porta le labbra più vicine a quelle di Paul.
“Il prossimo ti piacerà.”
“Quale?” sospira Paul, la
voce tremante, come tutto il suo corpo.
“Questo.”
La sua bocca cattura il
labbro inferiore di Paul, mordicchiandolo, leccandolo e infine succhiandolo
delicatamente, mentre il respiro di Paul diventa più affannato. La sua testa si
inclina leggermente all’indietro, come a voler offrire ancor di più le sue
labbra a John.
Quando John si allontana, lo
guarda trionfante: Paul è ormai un mucchietto tremante e caldo e invitante,
pronto per lui.
“Infine…” continua, facendo
scivolare le mani sui fianchi di Paul, “C’è quello più famoso.”
“Vale a dire?” domanda Paul,
mordendosi il labbro dolcemente torturato da John un attimo prima.
“Il bacio alla francese.”
Paul arrossisce, ma sorride
mentre avvolge le braccia intorno al suo collo, “Questo lo conosco bene.”
E poi è lui a fiondarsi
sulla bocca di John, reclamando appassionatamente le sue labbra prima, e la sua
lingua dopo, giocando con lei, cercando di mostrare a John quanto fosse
approfondita la sua conoscenza di quel bacio.
John permette a un gemito di
liberarsi nella bocca di Paul e questi si allontana da lui, ricadendo sul
cuscino, arrossato, estasiato e soddisfatto.
“Direi che siamo alla fine,
giusto?” domanda Paul, ma John scuote la testa come se la sapesse molto più
lunga di lui.
“In realtà, ne conosco un
altro, sai? Il mio preferito…”
Paul inarca un sopracciglio,
perplesso, curioso.
“E quale sarebbe?”
“Il bacio con te.”
(500
parole)
Note
dell’autrice: ok, questa flash è stata davvero divertente
da scrivere, anche se non è venuta proprio come speravo. L
La vita è molto difficile per John Lennon, difficile e
crudele, ma ci sono due cose che gli ha regalato, cose che John ama
profondamente, cose per cui è certo che valga la pena vivere.
La prima è la musica.
La seconda è Paul.
Ogni volta che John ha voglia di musica, gli basta
prendere la chitarra e suonare. E se non ha questa possibilità, se John è
lontano dalla sua chitarra, può sempre cantare. Cantare è ancora meglio.
Cantare è produrre musica col suo stesso corpo. Cantare è magico.
Ma Paul?
Se John ha voglia di Paul…beh, è complicato. John non può
semplicemente presentarsi a casa sua tre volte al giorno, o nel bel mezzo della
notte.
Non può e basta.
È per questo che quella mattina, quando John si è
svegliato nel letto di Paul, prima di sgattaiolare via, lasciando il ragazzo
ancora perso nei suoi dolci sogni di rock ‘n roll, ha preso la sua maglietta,
quella che Paul aveva indossato il giorno prima, quella che John gli aveva
sfilato ansioso, ma con lentezza.
L’ha presa e l’ha indossata. Per portare con sé Paul,
dovunque fosse andato. Per averlo accanto a lui ogni volta che John l’avesse
desiderato vicino a sé. Per sentire il suo odore quando avesse cominciato a
sentirne la mancanza.
È per questo che si ritrova, la sera stessa, Paul sulla
soglia di casa sua, con le braccia incrociate e l’espressione seccata sul
volto.
“Ridammela.”
“Cosa?”
“Lo sai cosa.”
John ride e si appoggia con abbandono allo stipite della
porta: “Mi dispiace, Paul, non so a cosa tu ti stia riferendo.”
“Io dico di sì, visto che la stai indossando proprio
ora.” esclama Paul, trattenendo un sorriso divertito e afferrando la maglietta
contesa all’altezza del cuore.
“Ah, questa!”
“Già, potresti ridarmela, per favore? Si dà il caso che
mi serva.”
“Ti serve?” ripete John, “Non è che l’abbia rubata, sai, ti
ho lasciato la mia. Mi sembra uno scambio più che equo.”
“La tua mi va grande, idiota, ci navigo dentro.” spiega
Paul, e illustra il punto allargando la maglietta che indossa.
“Stai forse insinuando che sono grasso?” domanda John,
aggrottando le sopracciglia.
“Sto insinuando che sei più grande di me, in tutti i
sensi.”
John ride per l’evidente malizia nell’affermazione di
Paul, il quale però non sembra essersene accorto, o forse sta solo facendo
finta di non vedere quanto poco innocente sia stata la risposta.
“Oh, puoi dirlo forte.”
“Allora, puoi ridarmela?”
“No.”
“Perché?”
“Se la vuoi, devi venire a prendertela.” afferma John,
indietreggiando nel corridoio, e gli fa cenno di seguirlo.
Paul spalanca gli occhi, sconvolto.
“John?!”
“Avanti, Paul, Mimi non c’è. Di cosa hai paura?”
“Non ho paura.”
“Allora, coraggio. Se la vuoi, devi riprenderla tu, ma
sappi che combatterò per lei, fino all’ultimo sangue.”
Paul si morde il labbro, prima di sorridere all’idea
allettante e avanzare in casa, chiudendo la porta dietro di sé con un calcio.
“Va bene, John.” esclama, stringendo la mano a pugno
sulla sua maglietta, “Combattiamo.”
(500
parole)
Note
dell’autrice: voilà, flash numero 6. Indossare l’uno i
vestiti dell’altro… E questa scena è l’unica che mi è venuta in mente…
John non sa che ore siano, sa solo che la sbronza è
affievolita, lui è uscito dalla stupida festa di Natale per il Magical Mystery Tour, e si è precipitato a casa di Paul.
“No.” risponde Paul, guardando duramente il John-Elvis di
fronte a lui.
“C’è Jane?”
“Non sono affari tuoi.”
“Perfetto, non c’è. Fammi entrare.”
“No, vaffanculo!” sbotta Paul, provando a chiudere la
porta.
Il gesto causa l’improvvisa ira di John, che lo ferma,
prima di spingerlo in casa con fare prepotente, e seguirlo l’istante dopo.
“John, vattene, ti prego. Sei ubriaco e non ho né voglia,
né tempo di assecondarti in questo stato.” lo implora Paul, la voce debole, il
volto stanco, bisognoso di dormire.
“No!” risponde John, provando ad avvicinarsi a Paul, “Devo
spiegare.”
“Cosa? Perché hai fatto
l’idiota con Pattie?” esclama Paul, assumendo un
profondo cipiglio e spingendolo violentemente lontano da sé.
“Lo so, sono stato uno
stronzo. Perciò sono qui, per chiederti scusa.”
“Hai sbagliato persona,
John. È Cynthia quella con cui devi scusarti. È lei che hai messo in
imbarazzo.”
“Con lei ho già risolto.”
Paul non risponde e continua
a guardarlo con circospezione, aspettando che John prosegua.
“Ma devo scusarmi anche con
te. Non è stato giusto nei tuoi confronti.”
John gli rivolge un piccolo
sorriso che fa vacillare l’espressione severa sul volto di Paul.
“E dal momento che sei
ancora vestito da Pearly King, dovresti mostrare
tutta la tua carità e ascoltarmi.” (1)
“Perché dovrei? Tanto lo so
cosa dirai, John.” sospira Paul, rassegnato, “Eri incazzato perché come al
solito avevamo litigato e come al solito era colpa mia, come al solito ti
mancavo e come al solito non riuscivi a sopportarlo, tanto da prenderti quella
sbronza colossale da non capire più nulla e fare il cretino con Pattie, pensando di attirare la mia attenzione. Pensando giustamente di attirare la mia
attenzione.”
John sbatte le palpebre,
turbato non dalle parole di Paul, perché tanto per cambiare rispecchiano perfettamente
ciò che vorrebbe dirgli, ma per il suo viso che arrossisce sempre più e per le
lacrime che compaiono nei suoi occhi.
“E sai cosa? Io come un
coglione ti starei anche ad ascoltare, odiando ogni parola, odiando te, come ti
odiavo mentre le lanciavi quegli sguardi lascivi, rendendoti ridicolo davanti a
tutti. Ti odiavo e più ti odiavo, più mi facevi sentire in colpa, più avevo
voglia di stringerti tra le mie braccia e… e più ti amavo.”
“Paul…”
John tenta di avvicinarsi di
nuovo e stavolta Paul, troppo preso dal suo sfogo, non lo allontana.
“Cazzo, ti odio, John.” gli
dice, senza urlare, solo tranquillamente, mentre le lacrime scivolano sul suo viso.
John si morde il labbro,
prima di annullare finalmente la distanza fra loro e abbracciarlo.
“Lo so.” sussurra,
stringendolo a sé.
Paul si aggrappa
istintivamente a lui, singhiozzando appena nel suo collo: “E ti amo.”
“So anche questo. E sai
un’altra cosa, Paul?”
Paul scuote il capo, senza
uscire dal suo nascondiglio.
“Come al solito, hai ragione.”
(500
parole)
(1)-
I ‘Pearly Kings and Queens’ conosciuti anche come ‘Pearlies’, sono una tradizionale organizzazione di
beneficenza della cultura della classe operaia di Londra e hanno l’usanza di
indossare abiti con bottoni di madreperla. Fonte: http://www.zingarate.com/network/londra/pearly-kings-and-queens.html
Ringrazio kiki che corregge i capitoli non appena glieli mando e che
mi incoraggia sempre, così come anche ringostarrismybeatle,
che non faccio in tempo a pubblicare e lei è già lì a leggere. Grazie a tutte e
due.
Grazie anche a chiunque legga.
J
Prossimo capitolo, “Shopping”,
penso che arriverà domenica.
Paul e John sono usciti per
fare acquisti e John l’ha trascinato in un negozio di giocattoli. Domani è il
compleanno di Julian e John deve comprare qualche bel regalo per lui.
Tuttavia, come sempre, John ha
preso un carrello e l’ha riempito con qualunque giocattolo gli sia capitato
sottomano. Perciò Paul ha sbuffato e si è allontanato, cercando un regalo da
parte sua, un regalo più pensato.
E ora ha trovato qualcosa di
praticamente perfetto per il piccolo Lennon.
“Una chitarra?” domanda
John, perplesso.
“Certo, così può cominciare
a seguire le tue orme.”
“Ha due anni, non sa neanche
cosa sia una chitarra.”
“E invece pensi sappia
montare e giocare con quella pista per le macchinine?” ribatte Paul, indicando
il contenuto del suo carrello.
Come aveva previsto, John
l’ha riempito di giocattoli: ci sono pistole ad acqua, un monopattino, una
trottola, un telefono giocattolo, uno yo-yo, addirittura l’ultimissima novità,
un picchiaduro tra robot. E come al solito John non ha fatto caso che molti di
questi, sono troppo complicati per un bambino così piccolo.
Quando Paul glielo fa
notare, il volto di John si contrae in un cipiglio offeso: “Ehi, guarda che ieri
è riuscito a risolvere un puzzle difficilissimo per la sua età. È un bambino
molto intelligente.”
“Non lo metto in dubbio, ma
corre il rischio di annoiarsi con questi.”
“No, se si applica, vedrai
che non si annoierà. È un ragazzo in gamba, studierà e potrà fare tutto quello
che vuole da grande perché…perché lui…non è come…” afferma John, ma la sua voce
muore improvvisamente.
“Lui non è come chi?” lo esorta Paul, fissandolo
incerto.
John china il capo
mestamente, prima di scuoterlo per scacciare qualunque cosa stia pensando.
“Lascia perdere.”
Ma Paul sa cosa intendesse
John. D’istinto, afferra bruscamente il suo braccio, attirandolo dietro uno
scaffale.
“Come te, stavi per dire, vero, John?” domanda, ma anche senza aspettare che
lui parli, Paul vede la risposta su tutto il suo volto.
“E anche se fosse? È la
verità, non sono nulla, sono uno stupido che sa a malapena strimpellare una
chitarra, che solo con stupidi giochetti riesce a far credere di valere
qualcosa-”
“Smettila!” esclama Paul,
profondamente arrabbiato, spingendolo contro il muro, “Sai quando sei davvero
stupido? Quando parli così.”
“Tu non capisci.”
“Capisco benissimo, invece.
Capisco che ci hai portato fin qui, capisco quanto facilmente scrivi le tue
canzoni, capisco l’imbarazzo che provo quando vedo il mio nome accanto al tuo
in quelle stesse canzoni, sapendo che non ho contribuito affatto a renderle
così incantevoli, perché hai fatto tutto tu. E allo stesso tempo, capisco
quanto tu mi faccia sentire speciale, e tutto il coraggio e la fiducia che mi
infondi con il più semplice degli sguardi.” esclama Paul, arrossendo e
attirandolo a sé per il colletto della camicia, “E non dire più che non sei
nulla.”
John non dice davvero nulla,
si limita a fissarlo un po’ sorpreso, un po’ compiaciuto, un po’ innamorato.
“Perché per me sei tutto.”
(500
parole)
Note
dell’autrice: buona domenica. Siamo alla flash numero 8, in
pratica quasi a un terzo della raccolta. Non credo mi sia uscita proprio bene…
:/
La flash si ispira a un
aneddoto del libro di Cynthia Lennon, "John", secondo cui quando John
andava in giro per Weybridge con George, Paul e Ringo
a fare shopping, ogni volta tornava con la macchina piena di giocattoli per
Julian, ma non faceva mai caso alla difficoltà dei giocattoli, e molto spesso
comprava a Julian dei giocattoli per bambini di otto anni quando il piccoletto
ne aveva solo due! “Una volta Julian
riuscì a completare un gioco difficilissimo per la sua età, e John ne fu
orgogliosissimo, ed esclamò: ‘Bravo, figlio mio! Io non ce l'avrei mai fatta!’.”
Ecco, questo è quanto.
Grazie a kiki
che ha corretto e tutti quelli che seguono questa raccolta.
"George, guarda cos'ho trovato." esclama Ringo
con un gran sorriso.
George si avvicina all’amico, il quale sembra aver
scovato qualche particolare specie floreale e sente il bisogno di condividerla
con lui, dal momento che negli ultimi tempi George ha sviluppato un grande interesse
per il giardinaggio.
Quel giorno tutti e quattro hanno deciso di prendersi una
pausa dalla registrazione dell'ultimo album, e sono andati a sgranchirsi le
gambe nel vicino e bellissimo Regent's Park.
Paul ha portato la sua inseparabile macchina fotografica
per catturare qualche istantanea dei panorami incantevoli che poteva offrire uno
dei più bei parchi di Londra. Magari un bambino che gioca felice presso
un'aiuola fiorita, o un cane che sguazza felicemente nel laghetto di ninfee.
Seduto sull'erba, a crogiolarsi nel sole caldo, Paul osserva
con un sorriso sulle labbra i suoi due amici che discutono di botanica...sempre
che capiscano davvero qualcosa di botanica. Non resiste alla tentazione e
scatta una foto, immortalando sulla pellicola le loro espressioni concentrate e
così prese dalla discussione.
Quei due insieme sono uno spasso!
Poi si volta verso John, seduto di fronte a lui, e…Dio! Il suo cuore sussulta
improvvisamente.
John ha appoggiato il gomito sul ginocchio, il mento
abbandonato nel palmo della sua mano e lo sguardo fisso in un punto imprecisato
del terreno.
John ha quello sguardo. Paul lo conosce perché
l'ha già visto diverse volte.
È lo sguardo che indica che John è nel suo mondo, il
mondo in cui si rifugia, a volte consapevolmente, quando le cose vanno male,
altre volte senza accorgersene, trascinato dal suo disordinato, dannato
inconscio. Lì, proprio in quel mondo, John ha visto gli uomini-uova e
conosciuto Lucy nel cielo con i diamanti.
È il mondo in cui porta anche Paul qualche volta, quando
alza la visiera della sua spessa e dura armatura, spogliandosi così tanto da
lasciare che Paul scorga e ami la parte migliore di sé, la parte più gentile,
più dolce, il John che nessun altro può vedere.
La parte che lo fa innamorare ogni giorno che passa, che
rende indispensabile la presenza di John accanto a Paul.
È tutto lì, a portata di mano, di fronte a lui. Paul deve
solo allungare una mano e accarezzare quel viso che adora. Ma se lo facesse,
John si risveglierebbe, chiudendosi nuovamente e improvvisamente in sé.
La macchina fotografica tra le sue mani sembra volergli
ricordare la sua presenza. Certo, come ha fatto a non pensarci?
È lo strumento perfetto per catturare John nel suo mondo.
L'unico modo per Paul di rivedere quell'espressione ogni volta che lo desidera.
Così solleva la macchina fotografica, inquadra John,
mette a fuoco e... Click!
John sbatte le palpebre, destato dal viaggio nei suoi
pensieri, e si volta verso Paul. La magia è finita, ma Paul è riuscito nel suo
intento.
"Cos'hai fatto?"
"Una foto, no?" risponde Paul, ridendo e
indicandogli la macchina.
"Perché?"
Paul scrolla le spalle: "Mi piaceva la tua
espressione."
"Quella da cazzone?"
Paul scuote il capo, sorridendo dolcemente fra sé.
"Quella del vero John."
(500
parole)
Note
dell’autrice: sì, lo so, siamo sempre nel fluff, praticamente.
Ma io li vedo troppo fluffosi questi due. :D
Grazie a kiki per la correzione,
e permettetemi di consigliarvi una bellissima oneshotslash, di una scrittrice davvero promettente, “Tears in the rain” di ringostarrismybeatle: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2417454&i=1
Prossimo capitolo, un po’ strano… “Wearing animal ears”.
“Andiamo, John, non te la prendere.” afferma Paul, mentre
entrano nella loro piccola stanzetta dietro al Bambi Kino.
Stanno tornando dalla loro ultima esibizione, la loro
ultima particolarissima esibizione. È stata proprio questa, infatti, l’oggetto
della loro scommessa.
“Scommetto
che non hai il coraggio di uscire sul palco con quelle.” aveva detto Paul.
E
per “quelle” Paul intendeva le orecchie da coniglietta che una spogliarellista
del loro locale a luci rosse preferito, usava durante i suoi spettacoli.
“Cosa?”
“Sì,
scommetto due marchi che non hai il coraggio di indossarle per una nostra
intera esibizione.”
“Paul,
sei impazzito?” aveva sbottato John, totalmente incredulo e quasi divertito, “Non
mi devo spogliare, sai?”
“Ah-a,
lo sapevo che avevi paura.” aveva esclamato lui prima di cominciare a ridere e
cantilenare, “John Lennon è un fifone, John Lennon è un fifone.”
John aveva aggrottato la fronte e poi gli
aveva rifilato un pugno sulla spalla, giusto per farlo smettere, “Non sono
fifone, io.”
La
risata di Paul era scemata e lui l’aveva guardato soddisfatto, “Significa che
accetti la scommessa?”
John
gli aveva rivolto un ultimo sguardo scettico, prima di annuire convinto, “Scommessa
accettata, e se ce la faccio, devi pagarmi profumatamente.”
“D’accordo,
staremo a vedere.” aveva detto Paul, prima di stringergli la mano.
E John l’ha fatto davvero, con gran sorpresa di Paul e di
tutti gli altri componenti del gruppo: ha resistito fino all’ultima nota dell’ultima
canzone dell’ultimo bis con quelle orecchie ridicole ben salde in testa.
Il problema è che qualche marinaio ubriaco nel locale ha
rivolto pesanti insulti al povero chitarrista proprio per quel motivo. John li
ha ignorati, ma solo in apparenza e Paul l’ha capito fin dal primo momento.
E ora, nella riservatezza della loro camera, con Paul
come unico testimone, John può finalmente lasciarsi andare, scaricando la sua
frustrazione, rivolgendo gli epiteti più ingiuriosi a quel pubblico ormai
lontano.
Paul si avvicina a John, il quale si è lasciato cadere
sul letto.
“John, mi dispiace, è tutta colpa mia. Non avrei mai
dovuto proporti questa scommessa.”
“Ma che dici? Sono loro a essere dei colossali idioti.”
“Sì, ma io…”
“Ma tu niente, Paul. Anzi, devi solo pensare a pagarmi
ora, dal momento che nonostante tutto, ho vinto, giusto?” domanda John,
ridacchiando, e Paul si unisce a lui, quando lo afferra per il polso
attirandolo verso di sé.
“Giusto.” risponde Paul, sistemandosi a cavalcioni sopra
di lui e aggrappandosi alle sue spalle, “La prossima volta che ci pagano, puoi
tenerti i due marchi.”
“Sai, non credo di volere i soldi.” mormora John,
allargando le mani sulla schiena di Paul.
Paul si morde il labbro, prima di avvicinarsi al suo
viso, ammirarlo adorante e prendere quelle stupide orecchie per gettarle il più
lontano possibile da entrambi, “E cosa vuoi, allora?”
John stringe la mano sulla camicia di Paul e si lascia
cadere all’indietro, portando il ragazzo con sé. “Scommetto che tu sappia già
ciò che voglio.”
“Quanto scommettiamo?”
“I famosi due marchi?”
Paul ride, prima di chinarsi e baciarlo.
“Scommessa accettata.”
(500 parole)
Note
dell’autrice: *si dispera e si nasconde*
Questa era davvero strana e non è stata neanche tanto
difficile da scrivere, ma non credo che sia proprio un granché. :/
Nonostante ciò, grazie a kiki
che ha corretto.
La prossima viaggia sempre su quest’onda molto
particolare, “Wearingkigurumis”,
ovvero quei costumi completi, tipo questo
Intanto, volevo pubblicizzare la mia prima long su John e
Paul, una vera long, non molto long in effetti, trattandosi di soli 16
capitoli, ma comunque, ieri è arrivata a 80 recensioni e volevo festeggiare. Yeahh! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2155099&i=1
John guarda Paul con occhi
spalancati. Quando gli ha chiesto aiuto per la festa di compleanno di Julian,
questo non era esattamente ciò che intendeva.
Questo sarebbe
Paul che sta in piedi, nel salotto di casa sua, addobbato con palloncini e
festoni colorati, in mezzo a una decina di bambini, vestito da… da... insomma
con un costume peloso da cagnolino. Con tanto di cappuccio, collarino e
orecchiette.
“Paul, cosa…?”
“Hai detto che desideravi
aiuto, ed eccomi qua.” esclama lui, indicando se stesso, mentre i bambini
incantati continuano a toccare il suo costume, facendolo ridere per il
solletico, “Non c’è intrattenitore migliore di… ehm… Paulie,
il bulldog!”
“Bulldog? Non hai proprio
l’atteggiamento da bulldog, Paul.” commenta John, guardandolo scettico.
Paul porta una mano
all'orecchio, “Cosa cosa?”
“Hai capito, cagnolino,
semmai puoi essere un piccolo, tenero volpino.”
I bambini, specialmente
Julian, scoppiano a ridere.
“Ah sì? Sta’ a vedere!” gli
dice minaccioso, prima di assumere l’espressione più intimidatoria ed emettere
un potente, “Woof!”
Paul abbaia, abbaia davvero,
quell’idiota! John non pensava potesse arrivare a tanto. Ma si tratta sempre di
Paul l’imprevedibile, Paul il…Paul, il bulldog arrabbiato.
Julian guarda John e i suoi
occhi brillano di felicità per la scenetta improvvisata, e John vuole essere
sempre più parte di quella felicità.
“Questo sì che è un
bulldog!” commenta ammirato, “Ehi, bulldog, cos’hai detto?”
“Ho detto… woof!” e Paul abbaia più forte.
“Oh, e dimmi, bulldog,
conosci qualcos’altro?” continua John, incoraggiato dalle risate dei bambini.
Paul, per tutta risposta,
comincia a ululare e i bambini gridano divertiti. Anche Julian, prima sorpreso,
quasi meravigliato, perché il suo papà stava contribuendo alla scenetta, ora
urla con la sua vocina acuta e insieme agli altri bambini, riesce a far cadere
Paul con un tonfo sul pavimento. Fortunatamente il suo costume peloso ha
attutito il colpo.
Lui continua imperterrito a
ululare e abbaiare, fin quando Julian, temerario, si getta su di lui,
mozzandogli il fiato. Paul lo solleva con le braccia, facendogli un po’ delle
sue moine, quelle dolci e sfacciate che gli riescono così bene con i bambini.
John vorrebbe avere solo un
po’ della sua capacità di essere così carismatico, entusiasta e gioioso, ma per
il momento va bene così. È grato a Paul per averlo aiutato, perché il suo
bambino è felice alla sua festa e perché un po’ del suo divertimento, e del
ricordo che seguirà, è merito anche di John.
****
“Lo sai, Paul, sei stato
bravo oggi.”
Poche ore dopo, davanti casa
sua, John gli abbassa il cappuccio sulla testa solo come scusa per sfiorargli i
capelli, “I bambini si sono divertiti molto.”
“Grazie.” esclama Paul, ridendo
compiaciuto, prima di salire in macchina, mentre John si appoggia alla
portiera.
“No, grazie a te. Per
tutto.”
Poi si china solo per
poggiare un dolce, troppo breve bacio sulle labbra, che lascia Paul stordito e
arrossato.
“E sai…” dice, scostandosi
di pochi centimetri da lui, “Mi sbagliavo, sei un perfetto bulldog.”
Paul arriccia il naso, prima
di mordergli dolcemente il labbro.
“Woof!”
(500 parole)
Note dell’autrice: *si dispera e si nasconde – parte seconda*
Oh
mio dio, me ne vergogno un po’, lo ammetto. Ma non sapevo che altro scrivere e
ho chiesto aiuto a Julian. Lui riesce sempre a risolvere la situazione. Naturalmente, alcuni versi di John e Paul sono presi dall'adorabile delirio alla fine di Hey, bulldog.
Spero
che nonostante la stranezza, sia piaciuta. E se non è piaciuta, siete
liberissimi di dirmelo, in fondo, me lo aspetto un po’. Comunque, grazie a kiki che ha corretto.
La
prossima ci fa tornare alla normalità: “Making out”…ovvero,
pomiciare… xD
Il soggiorno in Giappone è terribilmente stressante, con
le minacce ricevute, le ingenti misure di sicurezza nell’hotel per proteggere
la vita dei favolosi Beatles, l’essere costrettichiusi in camera…
Paul si sente stanco nel corpo e nell’anima. Neanche la
sigaretta che sta fumando, seduto sul letto, con la schiena appoggiata alla
parete, riesce a farlo rilassare. I muscoli del suo corpo sono contratti, un’unica
contrattura che non fa che aumentare stanchezza e tensione.
Sospira pesantemente, espirando il fumo intrappolato in
gola.
“Cosa significa questo sospirone?”
La domanda proviene da un John molto rilassato accanto a
lui, tutto intento a guardare, senza capire, la televisione giapponese.
Dal momento che dovevano stare in camera, tanto valeva
passare quegli infiniti momenti insieme.
“Sono stanco.”
“Di non fare nulla?”
“Mm…” mormora distrattamente, sollevando il busto e
spegnendo la sigaretta, “E mi fa male il collo.”
“Oh, Paul, lascia che pensi io a farti stare meglio.” esclama
John, prima di avvicinarsi e sistemarsi dietro la sua schiena.
Paul ride, malizioso, quando John fa scivolare dalle sue
spalle il suo yukata di seta e poi le sfiora con le
labbra. Paul inclina un po’ la testa all’indietro, pregustando già il modo in
cui John ha intenzione di farlo rilassare.
Perciò immensa è la sua sorpresa quando le labbra di John
si allontanano, sostituite dalle sue mani forti, che iniziano a fargli un
massaggio terribile.
“Santo cielo, sei teso come una corda di violino,
tesoro.”
Paul si lascia scappare un gemito di dolore.
“Non ti piace?”
“Se devo essere sincero, no, era meglio quello che stavi
facendo prima.”
John ride, fermandosi e portandosi una mano sulla bocca,
“Guardare la televisione?”
Paul si volta e scuote il capo, e prima che John possa
dire altro, si fionda sulla sua bocca, chinandosi così tanto su di lui, che
finiscono sdraiati sul materasso.
John chiude gli occhi e lascia che Paul cerchi di
rilassarsi nel modo in cui preferisce. Tutto sommato, stava ancora contribuendo
più che attivamente.
La soffice bocca di Paul si strofina contro quella di
John, baciandola, stuzzicandola, mordicchiandola delicatamente, fino a quando
le labbra di John si dischiudono per Paul e lui cerca famelico la sua lingua,
mentre la sua mano stringe lo yukata di John sul
petto.
John si lascia scappare un gemito e attira Paul più
vicino, intrecciando le dita con i suoi capelli scuri. Questo conferisce più
intraprendenza, più passione, più amore a Paul, che cattura la sua lingua in
una danza scherzosa, un gioco in cui si rincorrono, si trovano, si uniscono e
ancora si lasciano, per cominciare da capo.
“Oh!” ansima John, interrompendo il bacio, solo per
cercare un po’ di aria, “Hai ragione, questo è molto meglio.”
Paul sorride, prima di slacciare la cintura dello yukata di John, scoprendo il suo corpo caldo, pronto per
lui.
“Non penserai che sia finita qua?”
“Ah no?” domanda John, interessato, imitando Paul e
spogliandolo della sua veste.
“Stai scherzando? Siamo solo all’inizio!”
Paul è sicuro: tra le braccia di John, il relax è assicurato.
(500
parole)
Note
dell’autrice: e questo era making
out.
Vedo poca partecipazione, volevo sapere se è perché la
storia risulta noiosa o per altri motivi. L
Prima o poi abbandoneremo il fluff per qualcosa di più angst.
Grazie a kiki che ha corretto e
a ringostarrismybeatle che è davvero troppo gentile
nelle sue recensioni.
Un bel gelato e un bel Paul, tutti
dedicati a Giulia.
Two of us
Capitolo 13: “Eating ice-cream”
Il sole oggi è
particolarmente caldo.
È vero che si tratta del 10
agosto, ma caspita, che afa assurda. John odia sentire questo caldo, il caldo
umido che fa sudare e si appiccica sulla pelle, impedendole di respirare.
Stare a casa è peggio, il
sole picchia e non puoi neanche aprire la finestra, perché entrerebbe solo più
calore.
Perciò quel pomeriggio lui e
Paul hanno deciso di fare una passeggiata a Newsham
park e cercare della naturale frescura.
Forse “passeggiata” è una
parola grossa. In effetti sono arrivati e si sono subito sdraiati sotto
un’imponente quercia, accanto a un piccolo lago.
Ora John si crogiola in quel
cono d’ombra offerto dalle fronde rigogliose dell’albero, lanciando ogni tanto
un’occhiata ai bambini che giocano con barchette a vela sul lago, o le coppiette
innamorate che si godono una romantica traversata sopra barche a remi.
Ride lievemente, mentre
pensa che più tardi, se Paul si comporta bene, potrebbe portarlo su una di
quelle imbarcazioni. Poi naturalmente litigheranno per chi deve remare, ma John
sa che toccherà a lui, perché Paul sta già facendo lo sforzo immane di andare a
prendere due coni gelato dal carretto del gelataio che passava lì vicino.
A proposito, dov’è finito?
John si solleva, poggiandosi
sui gomiti e lo vede avanzare tranquillamente con due coni in mano, leccando
leggermente uno dei due. Il minuto dopo Paul è seduto in ginocchio di fronte a
John, porgendogliene uno.
“Ecco qua, vaniglia e
cioccolato per il nostro Johnny!”
John lo guarda con un
cipiglio, evitando di prendere il cono dalle sue mani.
“Veramente avevo chiesto
vaniglia e fragola!” fa notare
offeso, lanciando uno sguardo eloquente al cono gelato di Paul, sì, proprio
quello che sembra avere i gusti da lui desiderati, quello che Paul ha già
cominciato a leccare.
L’espressione di Paul si
corruccia e lui istintivamente porta il suo
cono gelato più vicino a se stesso e più lontano da John, con un fare così
protettivo che farebbe ridere John, se non fosse così arrabbiato.
“Ne era rimasto poco e lo
volevo anche io.”
“Ma ti ho dato io i soldi per il gelato, quindi questa
fragola è mia.”
“Non se ne parla, sono
arrivato prima io.” ribatte capriccioso Paul, e per chiarire il concetto, dà un
grande morso al gelato alla fragola.
John ride perché la sua
espressione si contrae in una smorfia di dolore per aver mangiato qualcosa di
troppo freddo così velocemente.
E mentre Paul cerca di
superare il dolore, John nota le sue labbra bagnate da un po’ di gelato rosa, che
rende quella bocca di fragola ancora più invitante.
Cosa c’è di meglio di gelato
alla fragola servito direttamente sulle labbra di Paul?
Senza pensarci due volte,
John lo afferra e lo bacia, assaggiando finalmente il gusto da lui desiderato,
mentre Paul si irrigidisce, prima di allontanarsi bruscamente e guardarsi
intorno spaventato.
“Sei impazzito, John?”
“Perché?” domanda lui,
leccandosi deliziato le labbra.
“Se qualcuno ci avesse
visto…”
“E allora?” esclama, ridendo,
“Io volevo il mio gelato.”
(500 parole)
Note dell’autrice: eh sì, gelato, John, Paul… è troppo anche per me.
xD Il Newsham park è uno
dei parchi di Liverpool.
Occhei, come sempre grazie a kiki,
che ha corretto, a ringostarrismybeatle e strawberryquick. J
Il prossimo capitolo
arriverà domenica ed è stata una sfida, “Genderswappoed”,
ovvero cambio di “genere”. :D
La guarda dalla saletta accanto, la porta non è stata chiusa
bene e così, si è creato uno spiraglio da cui può osservare Jane.
Pauline neanche se n’è accorta subito. Stava accordando
distrattamente il suo basso, quando all’improvviso ha sollevato il capo,
ritrovandosi quella visione meravigliosa davanti agli occhi.
Jane seduta sulla sedia, lo sguardo perso chissà dove,
mentre fuma una sigaretta. Le gambe snelle, fasciate da jeans aderenti, sono
accavallate elegantemente e i suoi lunghi capelli ramati ricadono con dolcezza
sulle spalle sottili, arrivando fino a metà schiena.
Jane è bellissima.
Jane è perfetta.
Pauline non riesce a distogliere lo sguardo dai
lineamenti delicati del suo viso, il naso aquilino e gli occhi chiari, piccoli,
quasi a mandorla.
Oh,
Jane è un sogno a occhi aperti, e Pauline ama sognare, fin da ragazzina, quando
si chiudeva in camera ad ascoltare i suoi dischi preferiti, immaginando come
sarebbe stato il suo futuro, chi avrebbe avuto al suo fianco, chi avrebbe
amato…
Jane non è esattamente la persona che lei si sarebbe
aspettata come compagna, ma le cose sono andate così, e sicuramente non cambierebbe
neanche una virgola della sua vita.
Talvolta Pauline si sorprende a pensare che tutto ciò, la
band, il successo, Jane, siano solo parte di un sogno, che se dovesse chiudere
gli occhi e poi riaprirli, si risveglierebbe ancora in camera sua, con il
poster di Elvis al suo fianco e l’ultimo disco di Buddy Holly in sottofondo, come
se nessuno di quei momenti trascorsi insieme fosse mai accaduto. Nessuna
canzone scritta guardandosi negli occhi, le mani che non si erano mai sfiorate
quando insegnava a Jane le posizioni corrette degli accordi, nessun bacio
rubato o carezze audaci sotto le lenzuola, quando si ritrovavano a dormire
insieme nel letto dell’una o dell’altra.
Il pensiero che quegli istanti siano stati solo sogni effimeri,
irreali, freddi, che possono concederle un brivido caldo della frazione di un
secondo, questo pensiero è terribile. Pauline si dispererebbe nel rendersi
conto che la realtà veda lei e Jane come due semplici amiche, amiche per la
pelle, ma niente di più.
Tuttavia…
Sa che non è così, perché proprio quando si perde in
queste riflessioni catastrofiche, ecco che Jane si volta, sì, come sta facendo
ora. Un rapido movimento del capo, i capelli fluttuano e i suoi occhi
intercettano quelli caldi di Pauline.
Poi un sorriso si allarga sulle labbra e lei si alza
dalla sedia; il cuore di Pauline perde un battito. È questo, più di tutto, che
la rassicura, che le fa capire che è tutto vero, che non sta sognando.
Lo sa ancor prima che Jane la raggiunga, e poi le sorrida
maliziosamente e le accarezzi una guancia con le sue dita sottili.
“Che stai facendo, Pauline?” le domanda, sedendosi accanto,
“Sogni a occhi aperti?”
“Niente affatto.”
Poi sorride, mentre il profumo di Jane stuzzica le sue
narici, inebriando i suoi sensi e spingendola a chinarsi su di lei, per rubarle
un bacio, un semplice contatto di labbra.
“Non sto sognando.”
(500
parole)
Note
dell’autrice: e io che pensavo che quelli passati fossero
capitoli difficili. Non avevo ancora considerato questo, il cambio di genere,
John e Paul che diventano ragazze.
Non ne sono molto convinta, mi sa tanto di pastrocchio.
Se non piace, capirò. J
Grazie a kiki che ha corretto
ovviamente. :D
Prossimo capitolo, “In a differentclothing style” : mercoledì.
Ho scritto una os crossover tra
Beatles e Harry Potter per un contest. È ambientata ai tempi dei Malandrini e ovviamente
è slash John/Paul. Se vi interessa la trovate qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2446751&i=1
“Andiamo, quando mai ci ricapiterà di interpretare
Shakespeare? Shakespeare, John! Hai
presente? Il Bardo per eccellenza?”
John, esasperato, alza gli occhi al cielo. Quando Paul si
impegna sa essere un gran rompiscatole.
Ammettilo,
il più adorabile rompiscatole che tu abbia mai visto,
gli sussurra il suo inconscio.
Sì, certo… cosa ne capisce il suo inconscio di
“rompiscatole”? Ah già, lui è il primo, fastidiosissimo rompiscatole di John,
quello che lo tiene sveglio la notte, che lo fa pensare e pensare e pensare e-
John scuote il capo per destarsi, mentre Paul lo guarda,
aspettando ancora una risposta.
“Ma perché devo fare io la femmina?” gli domanda
esasperato, indicando l’abito che sta indossando.
Sì, un abito, un fottuto vestito da ragazza, una veste
bianca ricoperta da un leggerissimo tulle. Per non parlare della parrucca…
bionda, con due trecce decisamente inquietanti… no, davvero, meglio non
parlarne.
“Perché sarà divertente.” spiega Paul, ridendo.
“Non quanto lo sarebbe se lo facessi tu. Sei più adatto a
fare un personaggio femminile. Con quelle sopracciglia che ti ritrovi…”
Paul sbuffa, in modo decisamente snob, “Sarebbe banale.
Invece la nostra John/Tisbe lascerebbe tutti a bocca aperta.”
“No, rovinerebbe solo la mia virilità.”
“Allora, pensa che non avresti mai e poi mai il coraggio
di indossare questa calzamaglia aderente.” afferma Paul, sorridendo malizioso e
girando su se stesso per mostrare l’indumento in questione.
Il solito esibizionista.
Tuttavia, senza neanche accorgersene, John si ritrova a
fissare le sue gambe lunghe, lunghe con quella calzamaglia stretta, stretta, a
righe nere e grigie, che sottolinea la linea perfetta dei suoi polpacci, la
curva del ginocchio e su, le sue cosce forti e-
John si morde il labbro, prima di lasciarsi scappare
qualche verso poco consono, qualche gemito più adatto a essere udito dalle
pareti di una camera da letto, piuttosto che da quelle di un camerino dove
chiunque può entrare, in qualunque momento, in qualunque modo…
“Dai, John. Te lo chiedo per favore.” ribadisce Paul,
fissandolo ora con i suoi occhi imploranti.
Oh, Signore. Eccolo, lo fa di nuovo, lo implora, con
quegli occhi, occhi che erano insieme da cucciolo abbandonato e da promesse
peccaminose.
Occhi grandi e scuri, dolci e lascivi, occhi a cui John
non sa resistere.
Occhi che lo trasportano con l’impeto di un uragano e il
calore di un incendio, da qualche parte dove John è libero di sbarazzare Paul e
se stesso di quegli orrendi vestiti del 1500 e riprendersi la sua reputazione,
quella di maschio, a cui non può resistere alcuna ragazza e soprattutto, no,
meglio di tutto, Paul.
John si schiarisce la voce, recuperando un po’ di
contegno; dopotutto, a quello possono arrivarci più tardi, quella sera stessa,
quando riusciranno a liberarsi di tutto e tutti e restare da soli.
Prima deve affrontare quello stupido sketch.
“Allora?” insiste Paul, supplice, sbattendo le palpebre,
facendo risaltare ancora una volta i suoi occhioni.
Dannato Paul.
“Oh, va bene.” sospira John.
E dannati i suoi occhi.
(500
parole)
Note
dell’autrice: Siamo a metà della raccolta. Yeahhh!
Naturalmente questa è ispirata al divertente video di “Sogno
di una notte di mezza estate”, quando John e Paul interpretarono
rispettivamente Tisbe e Piramo. *my love, my love*
Grazie a kiki per la correzione
e ai pochi che seguono questa raccolta. J
Ci sentiamo domenica con la flash 16, “Duringtheirmorningritual” che sarà ispirata a una scena di una ff che ho tradotto… quale? Ehhh,
lo scopriremo domenica. :D
Ma possiamo sentirci anche domani o venerdì con una drabble che ho scritto ieri di getto. Una drabble… het… e slash, ovviamente, ma HET! Mi spavento da sola. XD
Note dell’autrice #1: piccolo
premessa per dire che questa flash è ispirata, non ripresa pari pari, dal terzo capitolo de “Il valletto di un gentiluomo”,
di beatle_boot che ho tradotto l’anno scorso, con la
correzione di kiki. J
Buonalettura.
Two of us
Capitolo 16: “During their morning
ritual(s)”
Non aveva resistito, quando John si è svegliato presto
quella mattina, ritrovandosi sotto un leggero lenzuolo di cotone, accanto a
Paul.
Paul beatamente perso nei suoi sogni.
Paul sdraiato a pancia in giù, le braccia sotto il
soffice cuscino.
Paul totalmente nudo, il lenzuolo gli arrivava appena
sopra il fondoschiena.
Paul con la pelle bianca, accarezzata dal sole appena
sorto, baciata dai suoi timidi raggi.
Una visione perfetta.
Nonostante fosse ancora l’alba e John avesse sonno,
doveva assolutamente riportare quel panorama su qualcosa di concreto.
Sarebbe stato un peccato, non renderlo vero.
Il suo album di schizzi gli aveva offerto il suo aiuto e
ora John è lì, su una sedia accanto al letto, dove Paul dorme ancora, ignaro di
tutto.
Il carboncino si muove sicuro sulla carta, emettendo un
suono graffiante. John ritrae il suo viso, semi-nascosto dal suo braccio, le
morbide palpebre chiuse, le sopracciglia sottili. Poi i capelli scuri,
scompigliati sul cuscino e le spalle forti, la spina dorsale, di cui riporta
ogni minimo particolare, a partire dalla curva sinuosa che va giù, sempre più
in giù per sparire sotto il lenzuolo e-
Un lieve rumore attira la sua attenzione e John cerca
subito il viso di Paul: non è pronto a ricevere il suo sguardo più potente, gli
occhi non ancora del tutto aperti, ma sicuramente svegli e consapevoli di
quello che sta facendo John.
"Un attacco d'arte di prima mattina?" domanda,
la voce impastata dal sonno, roca, sensuale, vibra quel tanto che basta per
destarli solo un po’, e lasciare entrambi ancora intorpiditi.
John sorride, sistemando gli ultimi ritocchi,
"Qualcosa del genere."
Paul incurva la schiena per stiracchiarsi con un
movimento felino, e solleva appena la testa, per incrociare le braccia sopra il
cuscino e appoggiarvi il mento. Naturalmente senza distogliere per un attimo lo
sguardo da John.
"Cosa disegni?"
"Niente di che."
"Ah, io sarei niente di che?"
John ride, mettendo da parte il ritratto, "Se lo
sapevi, perché l'hai chiesto?"
"Volevo sentirlo da te. Ma dopo quello che hai detto,
sono molto offeso, sai, John?" gli fa notare, mettendo il broncio, "Inoltre,
non mi hai neanche dato il buongiorno come si deve."
John scuote il capo, rassegnato, prima di arrampicarsi
sul letto.
"Hai ragione." esclama, accarezzandogli i
capelli e deliziandosi per il piccolo gemito che sfugge alle labbra di Paul,
"Ben svegliato, Paul."
Lui sbuffa, prima di commentare deluso, "Tutto qui? Io
voglio un vero buongiorno."
Poi ride debolmente, quando John lo sorprende con un
bacio sul collo, facendogli il solletico, ma il movimento è sufficiente per far
scivolare il lenzuolo definitivamente dal suo corpo, scoprendo anche il suo
fondoschiena.
John lo nota con piacere, e subito una vampata di calore lo
attraversa violentemente. Senza pensarci due volte, si sposta sopra Paul, che
sospirando, sorridendo, allarga le gambe e torna ad abbandonare la testa sul
cuscino, soddisfatto delle attenzioni che sta ricevendo.
Questo è molto meglio di un ritratto.
Più caldo.
Più vero.
"Buongiorno,
Paul."
E sicuramente un modo più interessante di svegliarsi.
(500
parole)
Note
dell’autrice #2: non è che si tratta di John e Paul di agv, sia chiaro. È solo che mi piaceva l’idea di John che
ritraeva Paul. E proprio per questo motivo, questa flash sarà collegata alla
numero 27, che devo ancora scrivere, ma ce l’ho in testa da una vita ormai.
Bene, spero che vi sia piaciuta.
Nella prossima, “Spooning”, non
abbandoneremo il fluff, ma ci aggiungeremo una punta di angst.
Grazie a kiki per la correzione
e chiunque segua la raccolta.
Prossimo aggiornamento: mercoledì, perché prima volevo
pubblicare o domani o martedì una double drabble. :3
Una piccolo dedica per una grande
autrice e un’affettuosa amica, ringostarrismybeatle.
Two of us
Capitolo 17: “Spooning”
Paul non riesce a dormire stanotte.
Fa
così freddo in questa minuscola stanzetta ad Amburgo.
Sta congelando. Neanche il caldo piumone, né il corpo di
Linda riescono a infondergli tepore.
Vorrebbe
tanto una coperta in più, solo una, pensa mentre continua a rigirarsi nel
letto, altrimenti congelerà, dalla testa ai piedi e domani non potrà suonare.
Paul scende in salotto, non vuole disturbare il sonno di
sua moglie. Si siede sul divano e si rannicchia per non disperdere calore.
È
la prima volta al Top Ten. Deve fare bella figura. Come farà a suonare bene con
dei ghiaccioli al posto delle dita?
Paul prende un cuscino, lo stringe a sé, mentre poche
parole, quelle che sente ormai da giorni, rimbombano ancora nella sua testa: “John
è morto.”
“Oh,
va bene, Paul.” sospira una voce nel buio.
John è morto, non c’è più. Se Paul partisse ora, per New
York, per qualunque altra parte del mondo, non lo troverebbe.
Paul
sbatte le palpebre, e mentre si rende conto che quella voce appartiene a John,
sente dei passi, un movimento del materasso e un po’ di calore che lo avvolge.
E il mondo è così freddo senza John, Paul sente sempre
freddo senza John.
“Cosa
stai facendo?” domanda Paul, mentre John lo abbraccia da dietro.
Non c’è modo di cambiare le cose, non c’è modo di trovare
del calore in questo mondo triste, o forse sì, ma ormai non è più possibile.
John
ride, nascondendo il naso nel suo collo, “Scusa, non eri forse tu che
continuavi a ripetere: ‘Oh, John, ti prego, sento freddo, vieni qui, oh,
John’…”
John non può aiutarlo stavolta, non può sgattaiolare
vicino a lui e abbracciarlo, per confortarlo, per riscaldarlo, o solo perché è
quello che desidera.
“No,
ti sbagli.” afferma Paul, sorridendo e percependo il calore del corpo di John
accarezzare e portare sollievo al suo.
Fuori imperversa un violento temporale e un brivido
percorre il corpo di Paul.
“Allora
deve essere stato George-” inizia a dire John, ma Paul lo ferma subito,
trattenendolo lì, con una mano sul suo braccio.
Forse è John, quel temporale, John che si dispera perché
non ha potuto dire addio a Paul, John che non può essere lì con lui ora, ad
allontanare il freddo con il tepore del suo abbraccio.
“No,
resta. Forse non l’ho detto ad alta voce, ma lo stavo pensando.”
Il freddo entra con gli spifferi dalla finestra, Paul si alza
e la chiude bene.
“Ah,
è così? Sei proprio uno stronzetto, sai?” dice.
Così lo sente, il vento che ulula, John e il suo dolore,
lo stesso di Paul. E lui vorrebbe solo dirgli di non preoccuparsi, di stare
tranquillo, perché starà bene.
Paul
ride e John gli tappa la bocca, “Ora dormi però, prima che tu faccia svegliare
gli altri.”
Ma Paul sa che non è la verità, e che non starà mai bene,
che sarà sempre solo ora, che avrà sempre freddo senza John. Perciò può solo
dirgli…
“Buonanotte, John.”
“Addio, John.”
(500
parole)
Note
dell’autrice: un altro esperimento. Due scene diverse in un’unica
flash. Desideravo farlo da un sacco di tempo e mi sembrava adatto al tema del
dormire abbracciati.
Sostanzialmente è una angst, ma
non ce la faccio a lasciar perdere il mio adorato fluff.
Spero che sia piaciuta.
Grazie a kiki per la correzione
e chiunque segua questa raccolta.
La prossima arriverà sabato, invece che domenica, e sarà “Doingsomethingtogether”, ma cosa faranno insieme?
Farebbe
tutto per lui, lo farebbe davvero, sarebbe disposto a tutto?
Per
John?
John
si appoggia a peso morto su di lui, mentre Paul apre la porta: non può
lasciarlo solo, non in quelle condizioni. Ha appena preso un acido e ora sta
avendo un brutto trip. Uno decisamente angosciante, dal modo in cui lo stringe.
“Dove
sono, Paul?”
La
voce trema incontrollabilmente e lo stesso accade al suo corpo, quando Paul
accende la luce dell’ingresso, senza mai lasciarlo andare. Sa che se lo lascia
andare, è la fine, per John e per se stesso.
“A
casa mia.”
“NO!
Non è vero… dove mi hai portato? C’è troppa luce qui. Non vedo niente. Dove
sei?”
Paul
cerca di sorreggerlo con le mani, ma John sembra spaventato e gli sfugge dalle
braccia. Avanza traballante nell’ingresso e porta le mani sugli occhi, andando
a sbattere contro il muro.
“John!”
John
lancia un urlo di dolore, ora il terrore è più che visibile sul suo volto, il
terrore di chi non sa cosa sta facendo, di chi ha perso la strada di casa. Paul
cerca di avvicinarlo, ma lui si rifugia nel salottino.
“Paul,
dove sei?”
“Sono
qui.” risponde, seguendolo subito, ma non fa in tempo a raggiungerlo, così John,
con le mani ancora sul viso, inciampa nel tappeto e finisce a terra, accanto al
camino.
È
in quel momento che John scoppia a piangere, come se fosse arrivata
l’Apocalisse e lui avesse ancora troppe cose da fare. Piange disperato, i
singhiozzi scuotono violentemente il suo corpo e lui si rannicchia su se stesso,
avvolgendo le braccia intorno al torace.
“Paul…Perché
mi hai lasciato?”
John
ridotto in quello stato, fragile, spaventato, tremante, è una visione a cui
Paul non può resistere. Eppure ora si sente così impotente, come può aiutarlo?
Si
avvicina con passo incerto, si inginocchia accanto a lui, accarezzandogli con
delicatezza la spalla per non turbarlo ancora di più, quasi avesse paura di
romperlo definitivamente.
“Sono
qui, John, vedi?”
“No,
non è vero.” urla, scacciando quella mano, gli occhi, pieni di lacrime, si
muovono freneticamente, ma è come se non possano vedere Paul, “Non ci sei. Non
sei qui e io sono solo e ho freddo… tanto freddo…”
Paul
vorrebbe solo piangere, insieme a John, vorrebbe fare qualunque cosa insieme a
John, vorrebbe essere dovunque si trovi John. Anche se si tratta di una terra
desolata, triste, spaventosa.
“Paul,
ti prego… aiutami… ho paura.”
Un
lieve movimento del corpo di John, ed ecco che dalla tasca della giacca scivola
fuori un contenitore colorato: le sue pastiglie.
Scivolano
proprio di fronte a lui e Paul le guarda, titubante. Se è l’unico modo per
stare con John…
Fin dove è disposto ad arrivare per John?
Fino
a questo punto, sembra.
Estrae
una piccola pastiglia rossa e la fa sciogliere in bocca, cercando di respirare
tranquillamente.
Poi
si sdraia accanto a John, lo abbraccia, stringendolo teneramente sul suo petto.
Oh, guarda, eccolo lì!
“Sto
arrivando, John.”
(500 parole)
Note dell’autrice: questa è una delle flash a cui tengo di più,
perché è stata una delle prime a essere ideate e ovviamente è ispirata all’aneddoto
secondo cui Paul portò a casa sua John che aveva preso una pasticca di LSD e
poi per la prima volta, la provò anche lui per stare con John. È angst e fluff allo stesso tempo. :3
Grazie
a kiki che ha corretto e ringostarrismybeatle,
lety_beatle e miharu87 che hanno commentato la scorsa
flash.
Ce
la faremo con questa ad arrivare a 50? :D
Prossimo
aggiornamento, “In a formalwear”,
martedì.
“Come cazzo si allaccia questa cosa?” domanda John e poi
spazientito lancia quella stupida cravatta per terra.
Paul sospira, alzando gli occhi al cielo. Negli ultimi
dieci minuti ha visto John combattere con quel tipo di abbigliamento. Pantaloni
neri stirati perfettamente, camicia bianca e inamidata, giacca nuova di zecca e
poi… sì, c’è anche la cravatta.
Paul non l’ha indossata spesso, ma sa benissimo come
allacciare una cravatta. John, invece, a quanto pare non sa proprio dove
cominciare.
Così Paul si avvicina, si china a raccogliere la cravatta
e se la mette al collo.
“Mai perdere la speranza, John.”
“E’ troppo complicato.”
“Ma no, guarda.” esclama Paul, iniziando poi a maneggiare
quella sottile striscia di seta nera, “Prima avvolgi questo intorno a
quest’altro, poi sollevi, lo fai passare sotto quest’altro e stringi.”
Quando il nodo è bello e pronto, Paul alza lo sguardo
verso John, sorridendo come se fosse stata la cosa più semplice del mondo, un
vero gioco da bambini.
“Chiaro?”
“No.”
“Andiamo, provaci tu ora.” lo incoraggia Paul,
sciogliendo la cravatta e avvolgendola intorno al collo di John.
“E’ troppo complicato.”
“Non è vero.”
“Mostramelo ancora un’altra volta.” afferma, sorridendo,
con quel suo sorriso che è dolce e malizioso nello stesso tempo.
Le sue mani, le bellissime mani di John raggiungono
quelle di Paul, ne accarezzano il dorso con i pollici e poi le prende
delicatamente, conducendole verso l’alto e appoggiandole proprio lì, alle due
estremità della cravatta.
“Dai, Paul, l’ultima volta.”
Paul, che come sempre, difficilmente riesce a resistere a
John Lennon che lo guarda, lo tocca in quel modo, sospira e ripete
l'azione compiuta su se stesso poco fa.
“Prima avvolgi questo intorno a quest’altro,
poi sollevi, lo fai passare sotto quest’altro e stringi.”
John fa una smorfia, sentendosi
improvvisamente con un cappio al collo.
"Capito ora?" domanda Paul, ma la
sua mano trova difficile allontanarsi dalla cravatta di John.
"Capire ho capito. Ma penso di soffocare."
commenta con una smorfia.
"Il solito esagerato, John."
"No, davvero, mi manca l'aria." esclama
John, boccheggiando e Paul sbuffa.
"Smettila."
"Sto soffocando, Paul, ho bisogno di
respirare. Non ho un colorito violaceo?"
"Veramente mi sembra che tu stia
benissimo."
"Fai schifo come crocerossina, uno
potrebbe morire davanti agli occhi e tu non alzeresti un dito." sbotta
John, allentandosi il nodo della cravatta e slacciando il primo bottone della
camicia.
Non capisce se sono le parole o il gesto a
far innervosire Paul, ma ora lui si affretta a riallacciargli la camicia e
stringere il nodo, prima di afferrarlo per la cravatta e attirarlo a sé. John
sorride soddisfatto quando lo bacia appassionatamente.
"Va meglio, moribondo?"
"Molto meglio.” risponde John, ridendo, “E
sai una cosa, penso di aver capito come fare il nodo alla cravatta."
"Era ora."
"Ho avuto un maestro che ha saputo
attirare la mia attenzione."
"Sì, immagino in che modo." esclama
Paul con una risata.
"Inoltre, se mi permetti, vorrei
ricambiare il favore insegnandoti anche io qualcosa più tardi, dopo lo
spettacolo."
"Ovvero?"
"Come togliere la cravatta."
(500 parole)
Note dell’autrice: siamo a -11
dalla fine.
Questa flash non mi convince molto, ma mi
piaceva l’argomento, e la scena che mi è venuta subito in mente è quando hanno
cambiato lo stile, grazie ai consigli di Brian.
Ringrazio kiki per
la correzione e chiunque segua la storia. J
John si volta: Paul è di fronte a lui, con il suo
bellissimo smoking, il papillon ben allacciato, i capelli pettinati. Le guance
sono arrossate, ma probabilmente è dovuto a uno o due bicchierini di troppo che
ha bevuto durante il party.
"Niente. Prendevo un po' d'aria." sospira John,
tornando a guardare fuori dalla terrazza.
Sono a questa stupida festa, in questa stupida, grande
villa e John neanche si sta divertendo. Ha passato gli ultimi minuti a
brontolare cose insensate, facendo spazientire Cynthia. Così lui ha deciso di
uscire, cercando un po’ di frescura e tranquillità.
Peccato che non sia durata molto.
"Troppo caldo dentro?"
"Troppa confusione."
Paul ride, avvicinandosi a John, "È una festa, John.
Se non c'è confusione, non c'è divertimento."
"Non è detto."
"Oh, andiamo. Tu sei il primo a buttarti nella
mischia durante una festa. Qual è il vero problema?"
John, sorpreso, sbatte le palpebre, ma il suo turbamento
dura poco, giusto il tempo di ricordare che Paul non manca mai di notare quando
qualcosa non va con lui.
E qualcosa non va bene stasera. Così come molte altre
sere prima d'ora. Solo che…
"Niente, Paul, non c'è nessun problema."
Paul inarca un sopracciglio, prima di sorridere e
avvicinarsi ancora a John.
"Nessun problema, John?" domanda, prendendolo
per mano, "Allora devo aver immaginato quegli sguardi furiosi che mi hai
lanciato, mentre ballavo con Jane."
La mano di Paul s’intreccia con quella di John, prima di
attirarlo a sé con un rapido gesto.
"Cosa-?"
"Devo aver immaginato i tuoi occhi pieni di gelosia,
mentre facevo volteggiare la mia ragazza sulla pista da ballo." afferma
Paul, e con un movimento deciso avvolge l'altro braccio intorno alla vita di
John, "È così, John? Ho immaginato tutto? La tua gelosia e la tua rabbia
perché non potevi alzarti, avanzare fiero, sicuro, verso di me, sottrarmi dalle
braccia di Jane, chiedermi, ‘Vuoi ballare, Paul?’ e poi stringermi e finalmente,
ballare con me?"
John chiude gli occhi, aggrappandosi a Paul e sospirando,
mentre lui comincia a far dondolare entrambi sulle note di una silenziosa
melodia, scandita solo dai battiti dei loro cuori, sempre in perfetta sintonia.
"È così, John?" domanda, sfiorando con le
labbra il suo orecchio.
Un brivido percorre il corpo di John, e lui è grato di
essere fra la braccia di Paul, che lo sostengono e lo guidano con sicurezza,
come ha sempre fatto, con John, per John, solo per John.
“Sì.”
Paul ride, poi ferma tutti i movimenti, allontanandosi da
John, “Allora chiedimelo come si deve.”
John alza gli occhi al cielo, sorridendo, “Vuoi ballare
con me, Paul?”
All’improvviso, quando John allunga una mano verso Paul e
lui vi appoggia sopra la sua, dicendo, “Sì, John.”, all’improvviso, la festa
non è poi così male per John.
Soprattutto quando torna tra le braccia di Paul e si
stringe a lui, mentre dondolano dolcemente, senza che si capisca davvero chi
stia conducendo e chi segua.
“Però non mi pestare i piedi, d’accordo, John?”
(500
parole)
Note
dell’autrice: sorpresa!!!! Sì, lo so che avevo detto
sabato, ma oggi ho trovato un momentino e ho aggiornato.
Spero che la flash sia piaciuta, è una di quelle dagli
argomenti più delicati, riguardo John e Paul. J
La prossima flash, “Cooking/baking”, arriveràlunedì.
Grazie a kiki per la correzione
e a ringostarrismybeatle, lety_beatle
e miharu87.
Per lety_beatle
e miharu87 e la loro immensa gentilezza.
Two of us
Capitolo 21: “Cooking/baking ”
Paul McCartney sa che può aspettarsi di tutto da John
Lennon. Di tutto!
Tranne questo: John che lo raggiunge, mentre sta facendo
il babysitter.
Certo, trovarsi John davanti alla porta, può anche essere
comprensibile, ma la cosa davvero strana è la scatola di biscotti che gli sta
porgendo: sono carini da vedere, sembrano di cioccolato e sono a forma di… cuore.
“Che significa?” domanda Paul, perplesso.
“Ho trovato il cuore.” spiega con un gran sorriso.
Gli occhi brillano, sembra assurdamente felice, quasi al
settimo cielo.
“Continuo a non capire, John.”
“Beh, sai, hai presente il concerto di San Valentino
dell’altro giorno? Chi trovava il cuore di legno, vinceva un bacio proprio da
Paul McCartney (1). Ed
eccolo qui.” esclama John, tornando a guardare i biscotti, “So che non sono di
legno, ma li ho fatti con le mie mani.”
Paul non sa se è più sconvolto per l’idea di John alle
prese con farina, uova, zucchero e quant’altro, o perché ha fatto quei
cuoricini solo per un suo bacio.
L’unica cosa che sa per certo è che sta arrossendo
violentemente. C’è un fuoco sul suo viso, Paul lo sa, così come lo sa anche
John. Tuttavia non vuole affrontare tutti questi pensieri ora, perciò cerca di
alleggerire l’atmosfera.
“Sei sicuro di non averli comprati?”
John si acciglia.
“Certo, li ho fatti con Mimi.” risponde, arrossendo
appena, con un fare così stranamente intimidito, “Non sapevo da dove cominciare
e ho chiesto aiuto a lei, con la scusa di farli per Cynthia… Ma a me ne serviva
solo uno, per te.”
Ok, Paul non vuole davvero pensarci, ma porca miseria, se
John non sta facendo di tutto per portare la sua mente lì, immersa in quei
pensieri di biscotti, di baci, di amore…di
John!
“Allora, perché me ne hai portati così tanti, se ne
bastava uno?”
John si lascia scappare una risatina e Paul
improvvisamente trova che quel rossore sulle sue gote gli stia benissimo.
“Per sicurezza ne ho fatto più di uno. Così se mi
capitava di perderne qualcuno, avevo comunque una bella scorta.”
John si passa la mano tra i capelli, sempre più a
disagio, e in questo modo Paul riesce a notare uno sbaffo di farina ancora
presente sulla sua guancia.
Li ha fatti davvero lui, dio! L’immagine di John con le mani in pasta, e magari anche un
grembiulino, è decisamente poco rock’nroll, ma Paul non può fare a meno di trovarla
incredibilmente adorabile.
“Perché, John?”
“Lo sai perché.”
Sì, Paul lo sa, lo sa da sempre. E ora John è lì, ha
fatto tutti quei biscotti a forma di cuore solo per farsi baciare da lui.
“E magari vorresti anche un bacio per ogni biscotto.”
“Sarebbe carino.”
“Questo però è contro il regolamento.” dice Paul,
avvicinandosi.
“Del babysitter?”
Una risata, poi Paul accarezza la guancia di John, “No,
del gioco. Non hai trovato il cuore, l’ha fatto tu.”
“Sì, e non puoi concedere una piccola eccezione? A me?”
Paul sorride, prima di chinarsi e baciarlo.
Concessa.
(500
parole)
(1)- Il
14 febbraio 1961 i Beatles tengono un concerto di San Valentino alla Litherland Town Hall di Selton.
Durante il concerto gettano un piccolo cuore di legno tra il pubblico. A fine
serata, chi si presenterà dal gruppo con il cuore, vincerà un bacio di Paul
McCartney.
Note dell’autrice: allora,
questa flash non sapevo davvero come scriverla. Poi kiki
ha trovato questo aneddoto beatlesiano da pubblicare in pagina per San
Valentino e… Eureka! Si è accesa la
lampadina.
Altra cosa, Paul babysitter… sembra
strano, sì, ma ho letto l’intervista su Rolling Stone
e ragazzi, qualcuno all’epoca ha davvero pensato di affidare a lui delle povere
innocenti creature! XD Ah, questo Paul!
Grazie a kiki
per tutto, come al solito, e a ringostarrismybeatle, lety_beatle, miharu87 e Caterock.
Per la cronaca, l’altro giorno ho
scritto la flash numero 30, quindi ora dobbiamo solo pubblicarle. J
Il prossimo aggiornamento, “In battle, side-by-side”, sarà un po’ strana come flash e
leggermente angst, chiedo perdono in anticipo. Arriverà giovedì.
Perché sta scrivendo questa
canzone per… no, contro Paul?
Lo capiranno tutti che è
indirizzata a lui. Senza contare che Paul lo odierà.
Tuttavia, ormai è tutto già
pronto, il testo è perfetto, arguto, sincero… sincero? No, John non pensa neanche
la metà di quelle cose, ma lo deve fare comunque, Yoko dice che deve, per non
farsi sconfiggere da Paul. E Yoko ha sempre ragione dopotutto, vero?
“Secondo
me qui non ci vuole un La minore.” gli dice Yoko, soffiando fuori il fumo della
sigaretta dalla sua bocca e indicando i versi del ritornello.
Sono
entrambi seduti pigramente sul letto, portando gli ultimi ritocchi agli accordi
della canzone.
Stronzate!
John
sbatte le palpebre, sorpreso. Ha sentito una voce, una piena di calore, una molto
familiare, una che ha fatto sussultare dolcemente il suo cuore. Si guarda
intorno, ma non c’è nessuno, sono solo lui e Yoko. Come sempre, d’altronde.
“Perché?”
“E’
troppo prevedibile.” risponde lei, non riuscendo a trattenere uno sbadiglio.
Andiamo, John, lo sai che non è vero.
È
vero, e John sa anche chi sta parlando, l’ha riconosciuto, potrebbe
riconoscerlo fra mille.
Paul.
Ormai
ha capito dove si trovi in questo momento: Paul sta parlando direttamente dalla
sua testa.
“Non
credo sia prevedibile. Ci sta bene.”
“Oh,
d’accordo, se vuoi che la melodia risulti banale e noiosa, suona pure La
minore.” ribatte Yoko, con un vago gesto della mano.
John
si corruccia, stringendo le dita sul manico della chitarra.
Sentiamo la sua proposta, allora.
“Cosa
dovrei suonare al posto di La minore?”
“La
maggiore.”
Che cosa?! Ma stiamo scherzando. Avanti,
John, dille che non è possibile. È una cazzata colossale.
“No,
Yoko, non si può fare. È una tonalità completamente diversa. Stonerebbe.”
“Sorprenderebbe.”
John
si morde il labbro. Sa di avere ragione, lui e Paul hanno ragione. Non vuole
perdere questa battaglia. Non possono perderla.
Ne
hanno già perse troppe in passato, tutte quelle che hanno affrontato insieme
contro il mondo. E poi quella più importante, la battaglia che hanno combattuto
per loro stessi, la battaglia che non è
mai cominciata, che era persa in partenza, che non hanno neanche provato a
combattere.
Dai, John, puoi farcela.
Certo
che può. Così si rischiara la voce.
“Yoko,
fino a prova contraria quello che compone da più tempo sono io. Quindi, credimi
quando dico che ci vuole un La minore qui e nient’altro.”
La
sua voce è forte e determinata, niente può abbatterlo. Anche Yoko sembra
piuttosto sorpresa da tanta sicurezza.
Perciò,
presa in contropiede, la donna si limita a scrollare le spalle con aria
noncurante, “Fai come ti pare.”
Poi
se ne va, lasciandolo solo, alla sua canzone, alla sua chitarra, a Paul che si
congratula con lui.
Ottimo lavoro, Johnny.
Già,
ottimo lavoro. John sorride tristemente fra sé.
Una
vittoria, dopo tante sconfitte. Una loro vittoria. Proprio ora, proprio ora che
non serve più a nulla. Ora che non c’è più tempo per loro.
C’è
tempo solo per un ultimo pensiero.
‘Abbiamo
vinto, Paul.’
(500 parole)
Note dell’autrice: sì,
anche stavolta aggiornamento anticipato. Dovevo consolarmi da una giornata di biiiip. :’(
Allora, la flash doveva
parlare di John e Paul in battaglia, fianco a fianco. E pensavo che fosse un’idea
interessante, combattere riguardo un argomento musicale, ma non essere vicini
fisicamente. In fondo, non componevano sempre insieme, anche se erano lontani? E
Paul non parla ancora con John? La canzone a cui si fa riferimento è, ovviamente, How do you sleep.
Certo, spiegare questa flash
è più complicato che scriverla. Allora ringrazio kiki
per la correzione, e ringostarrismybeatle, lety_beatle, miharu87 e Chiara_LennonGirl06.
La prossima flash, “Arguing”, sì, è un po’ angst ma
poi continuerà in quella dopo ancora. ;)
Li ha aspettati tutta la sera, con l’orecchio teso verso
la porta della sua camera da letto, in quel meraviglioso albergo di Parigi.
Pochi minuti prima John ha lasciato Paul e Maggie al bancone
dell’elegante bar dell’hotel, mentre Brian è da qualche parte con degli amici.
Così, ora che li sente ridacchiare e avvicinarsi alla
loro lussuosissima suite, John scatta in piedi e apre la porta, sorprendendo i
due mano nella mano. Entrambi si voltano verso John, senza nascondere la
sorpresa che s’impossessa delle loro espressioni.
“John!”
“Paul, potrei parlarti un istante?” domanda, incrociando
le braccia sul petto.
Paul esita un po’, “Non puoi aspettare domani? Stavamo
andando a dormire.”
“No, è urgente.” è la risposta secca di John.
Paul sospira, alzando gli occhi al cielo, prima di dire a
Maggie di andare ad aspettarlo in camera.
Lei annuisce, contrariata, e quando Paul le volta le
spalle per entrare nella stanza di John, rivolge a quest’ultimo uno sguardo decisamente
infastidito.
John le sorride sornione.
Stronza!
Quando John chiude la porta dietro di sé, Paul si
abbandona sul suo letto e lo guarda annoiato, “Allora, cosa c’è di così urgente
da farmi ritardare la mia notte bollente con Maggie?”
John aggrotta la fronte, “E’ quella sgualdrina il
problema.”
“Ah sì, per quale motivo?” domanda Paul, ridendo,
consapevole che il suo modo strafottente lo farà innervosire di più.
“Sai perché.” sbotta lui, arrabbiato, “Doveva essere la
nostra vacanza. La nostra, Paul, come…”
“Come cosa?” ribatte Paul, balzando in piedi, “Come
quella del ’61, John?”
John lo vede avvicinarsi, senza distogliere lo sguardo
dal suo.
“Come quando eravamo solo noi, John? A Parigi, in una
piccola pensione, nascosti agli occhi del mondo, solo io e te?”
John annuisce, frenetico, mentre il respiro diventa più
affannato per la vicinanza di Paul e il suo profumo che avvolge delicatamente
John.
“Allora, se doveva essere come nel ’61, perché cazzo hai
portato Brian?” domanda lui, alzando improvvisamente la voce.
John sbatte le palpebre, preso in contropiede, “Cosa?”
“Brian, hai
presente?”
“Brian doveva farci da copertura, idiota.” risponde John,
spingendolo all’indietro, “E’ per questo che hai portato quella stronza? Per
ripicca?”
“E anche se fosse?”
“Non voglio che rovini il nostro viaggio.”
“Non è più il nostro viaggio, John, è troppo affollato.”
ribatte, tristemente.
“No, non è vero.” afferma John, la sua voce è dolce
mentre le sue mani afferrano quelle di Paul, “Può essere ancora il nostro viaggio.”
Paul scuote la testa, “Volevo che fosse come l’altra
volta, ma poi ho saputo di Brian e… non c’ho visto più dalla rabbia. Perché non
l’hai detto subito, John?”
Paul lo osserva intensamente e John si sente arrossire di
colpo.
“Io…”
“Perché, John?” insiste.
Ma John non lo sa, sa che aveva paura, ma non sa di cosa.
C’è una gran confusione nella sua testa e nel suo cuore, la sua vita diventa
disordinata quando si tratta di Paul.
Paul annuisce deluso, poi fa per andarsene.
“Aspetta.”
John lo ferma, afferrandogli un braccio mentre lo
sorpassa.
“Non andare.”
Continua…
(500
parole)
Note
dell’autrice: e sì, volevo pubblicare domani, ma domani è
la festa della donna e pubblicare questa flash, dove John rivolge insulti a una
ragazza non mi sembrava appropriato. L
Comunque, la flash è ispirata a un aneddoto che ho
trovato riguardante Paul e Maggie, la ragazza con cui ebbe una relazione
neanche poi tanto segreta, mentre stava ancora con Jane e che durò fino a poco
prima il matrimonio con Linda.
L’aneddoto: nel primo anno della loro relazione la coppia fece un
viaggio a Parigi con John Lennon e Brian Epstein, tutti e quattro con voli
separati. I loro viaggi disgiunti però, li condussero allo stesso albergo,
permettendo loro di rimanere insieme (dove Paul e
Maggie condivisero una lussuosissima suite).
Ecco, ho
messo anche l’accento sul confronto con la vacanza che invece fecero solo John
e Paul nel 1961 perché, avendo scritto Ticket to Paris proprio su questo
argomento, mi è venuto naturale pensare a questa flash come una specie di
seguito.
Grazie a kiki per la correzione e ringostarrismybeatle,
lety_beatle, Miharu87, caterock
e Chiara_LennonGirl06.
La prossima
è la naturale continuazione di questa, “Making up afterwards”, e arriverà lunedì.
Paul scrolla le spalle, noncurante,
“Perché? Tanto non hai niente da dirmi, John.”
“Sì, invece. Ti ho detto, ‘Resta’.”
ripete lui, accennando un sorriso.
“John…”
“Resta con me.” continua John,
accarezzandogli una guancia, “Resta per
me stanotte.”
“Devo andare da Maggie.” protesta
Paul.
Tuttavia il suo è solo un
bisbiglio incerto, mentre John lo attira a sé, facendo toccare le loro fronti.
“No, non devi andare da lei.
Devi restare con me.”
La sua presa sulle mani di
Paul diventa più intensa.
“Perché?” sospira Paul,
dolorosamente.
“Perché non dobbiamo far
terminare una giornata con un litigio.”
“Non dobbiamo?”
John scuote il capo, con un
lieve sorriso sulle labbra, “No, mai. Non potrei sopportarlo.”
“Allora? Hai qualche idea
per fare pace?” domanda lui, ridacchiando dolcemente.
John fa scorrere la mano nei
suoi capelli, guardandola attentamente nel suo movimento delicato e pieno di
premure, “Sì.”
Sì, ha pensato a un modo di
fare pace, perché in fondo, anche se Paul lo manda in totale confusione, se
John ci pensa bene, quel groviglio intricato di sentimenti, che gli fa provare
le emozioni più disparate solo con uno sguardo di Paul, con il suo sorriso più dolce,
con il suo tocco più lieve, quello
può essere solo...
“Ho pensato di dirti…ti amo.”
Gli occhi di Paul non
riescono a nascondere la sua sorpresa, e John lo nota con estremo piacere.
“E’ la verità, John?” è la
sua domanda, posta con voce incredula e tremante.
“Perché dovrei mentirti?”
chiede John.
“Per farmi restare.”
“Sai che non è così.”
afferma, conducendolo nel frattempo verso il letto, senza che Paul opponga
resistenza, “Sai che ti amo, da sempre, e sai anche che stanotte resterai qui.”
Paul fa appena in tempo ad
aggrapparsi a lui, prima di cadere sul materasso, con John sopra di lui.
“E chi l’ha deciso?”
John lo guarda serio, prima
di rispondere deciso, “Io.”
“Questo vuol dire che
abbiamo fatto pace?” domanda, mentre John fa strofinare il naso sul suo collo.
“Solo se resti.” mormora
John, la sua voce è soffocata dalla pelle calda di Paul contro la sua bocca.
“Ma ho bisogno che tu mi
offra qualcosa di più interessante, per convincermi a lasciare Maggie da sola nel
nostro letto, con le lenzuola di seta e-” inizia a dire Paul, ma viene
interrotto dalla bocca di John che si scontra violentemente con la sua.
È stato John a baciarlo, ma
Paul non impiega molto tempo prima di approfittare della situazione: prende il
sopravvento, cogliendo di sorpresa entrambi, e reclama le labbra di John appassionatamente,
come se non ci fosse più un domani per loro né per il mondo.
“Ti offro me stesso.”
sospira John, tra un bacio e l’altro, “Lei può offrirti più di me?”
Paul sostiene il suo sguardo
carico di desiderio e aspettativa, “No, John.”
Poi con un movimento rapido ribalta
le loro posizioni, inchiodando John al materasso, bloccandogli le mani sul
cuscino, con tutta l’intenzione di riprendere le attività di pochi istanti
prima.
“Nessuno può.”
(500
parole)
Note
dell’autrice: ma ovviamente dovevano fare pace! Tsk, non potrei mai pensarli tutti arrabbiati proprio a
Parigi, la città della loro luna di miele. Inoltre, nella mia immaginazione questa scena continua in una decisamente rossa con Paul on top. ;)
Bene, spero che vi sia
piaciuta e come al solito, grazie a kiki e tutti
coloro che recensiscono.
Il prossimo aggiornamento, “Gazingintoeachother’seyes”, arriverà
giovedì.
Mancano dieci minuti e Paul non riesce a trovare un
misero specchio per allacciarsi la cravatta e per gli ultimi ritocchi.
Si guarda intorno nel camerino: Ringo è pronto, sta
tamburellando nervosamente le dita sul bracciolo della poltrona dove è seduto; George,
davanti allo specchio, sta abbottonando con cura la giacca, borbottando parole
senza senso, sicuramente dovute a un po’ d’ansia per l’imminente concerto; e
John…
John è davanti all’unico altro specchio disponibile del
camerino. Si sta pettinando i capelli e deve ancora allacciarsi la cravatta, ma
la cosa davvero strana è che sembra particolarmente assorto nei suoi pensieri.
In realtà, non è così strano. Dopotutto, è un verità
universalmente riconosciuta che John Lennon cada spesso e volentieri in questi
stati assenti, soprattutto prima di un concerto.
Paul sa perché questo accade. Qualche volta la loro vita
è così piena di impegni, così movimentata, senza poter prendere fiato, che il
bisogno di staccare per pochi istanti non diventa solo comprensibile, ma
necessario se non vogliono perdere la testa.
Perciò ora John sta passando il pettine nei capelli da
cinque buoni minuti, senza rendersi conto che ormai sono perfetti.
Paul sorride e si avvicina al ragazzo, sistemandosi
dietro di lui. Accarezza con lo sguardo i suoi lineamenti, dalle mani forti al bellissimo
viso, con le labbra dischiuse, il naso elegante, gli occhi sottili e persi
chissà dove.
Paul licerca
nello specchio e quando li trova, non li lascia più andare. John sembra non
essersi ancora accorto di lui, ma Paul è sicuro che non impiegherà molto tempo
per notarlo, perché guardarlo negli occhi, per Paul, per John, è come
abbracciarsi; quando il suo sguardo incrocia quello di John è proprio come un
contatto caldo e reale, un tocco lieve che vuole solo riportarlo alla realtà.
Paul non sbaglia mai. Sa che è l’unico in grado di
riportare John al presente; sa che John ha bisogno che lui lo faccia, perché
altrimenti corre il rischio di perdersi in quel mondo strano che a volte lo
risucchia completamente; e Paul sa che deve farlo perché anche lui ha bisogno
di John, di averlo al suo fianco, nel mondo vero, quello frenetico che hanno
costruito insieme, perché se John lo lascia da solo, Paul non pensa di poter
andare avanti. No, ha bisogno di lui, solo questo, di cercarlo con lo sguardo e
trovare i suoi occhi dolci che gli sussurrano, “Ce la puoi fare, Paul.”
Poi, finalmente, John si accorge di lui e il sorriso più
bello nasce sulle sue labbra, sorriso che Paul non esita a rispecchiare subito.
“Ciao, piccolo.” mormora Paul.
John si lascia scappare una risata, “Ciao, Paul.”
“Sei pronto per andare?”
John interrompe solo un istante il contatto visivo, prima
di voltarsi verso Paul e rivolgergli il suo sguardo più potente. Il cuore di
Paul sussulta: guardare direttamente negli occhi di John, e non attraverso uno
stupido specchio, è un’esperienza grandiosa, mistica, come guardare nella sua
anima.
Paul conosce la risposta, ancor prima che John parli.
“Ora sì.”
(500
parole)
Note
dell’autrice: mm.. questa è stata difficile da scrivere. Ho
già utilizzato molte volte John e Paul che si guardano negli occhi, quindi l’originalità
non è la caratteristica primaria di questa flash. Così come anche una delle due
cose che mi hanno ispirata, ovvero la foto di John e Paul che si stanno
preparando, uno dietro l’altro, e si guardano allo specchio. L’ho già usata
come ambientazione in “Don’t be nervous,
John”, ma mi piace troppo come foto. Mi ispira così tante cose su di loro. :3 E
quindi sono andata un po’ sul sicuro. Poi ho visto quel momento fra Paul e
Ringo durante le prove del “The night thatchanged America”, quando Paul gli dice “Hi, baby” e mi sono
sciolta come neve al sole. Dovevo usarlo in qualche modo per John.
Ecco, quindi questi sono i retroscena della flash.
Ringrazio kiki che ha corretto
la flash e chi ha recensito le altre flash. Grazie anche a chi ieri ha
recensito “Tu non mi basti mai”. Pensavo non fosse granché, ma siete stati
tutti così carini che mi avete rassicurato. J
Ci sentiamo domenica, con la nuova flash, che in realtà
non sarà una flash, ma che è quella forse più rischiosa di tutta la raccolta, “Gettingmarried”.
Una piccola anticipazione…
“Paul
canta l’ultima canzone sul letto, la sua voce è calda, dolce, infonde
tranquillità e speranza.
A John
piace. Pensa che Paul stia cantando per lui. Pensa che quel piccolo merlo possa
essere se stesso, un piccolo indifeso John trovato da Paul con le ali spezzate,
guarito grazie a lui, fino a quando insieme sono riusciti a spiccare il volo.
John,
sdraiato accanto a Paul, lo osserva e intanto rigira distrattamente fra le dita
un piccolo pezzo di corda di chitarra usata.”
Paul canta l’ultima canzone sul letto, la sua voce è calda,
dolce, infonde tranquillità e speranza.
“Take these broken wings and learn to
fly”
A John piace. Pensa che Paul stia cantando per lui.
“Allyour life”
Pensa che quel piccolo merlo possa essere se stesso, un
piccolo indifeso John trovato da Paul con le ali spezzate, guarito grazie a
lui, fino a quando insieme sono riusciti a spiccare il volo.
“You were only waiting for this moment to arise”
John, sdraiato accanto a Paul, lo osserva e intanto rigira
distrattamente fra le dita un piccolo pezzo di corda di chitarra usata. È stata
una giornata all’insegna della pigrizia, una di quelle passate nudi sotto le
coperte. Poi Paul si è alzato per recuperare una chitarra e fargli ascoltare la
sua ultima composizione. E ora eccolo, di fronte agli occhi adoranti di John,
coperto da un semplice lenzuolo, tutto concentrato mentre suona e canta per
John.
John pensa che sarebbe felicissimo di ascoltarlo e
guardarlo per tutta la vita.
"È bellissima!" afferma, quando la canzone
termina e Paul lo guarda ansioso.
"Davvero?" domanda lui.
"Ma certo."
Paul sorride, arrossendo lievemente, “Sono felice, sai, è
un regalo per te.”
“Non hai bisogno di farmi regali.” esclama John, mentre
si alza a sedere.
“No?”
John scuote il capo lievemente, prima di poggiare una
mano sulla sua guancia, “Il tuo
amore è il regalo più bello che potessi farmi.”
“John…”
“Anzi, il tuo amore è un
regalo per chiunque ti incontri.” sospira John, prima di attirarlo a sé e
baciarlo, cogliendolo un po’ di sorpresa.
E mentre Paul decide di
lasciarsi andare sulla sua bocca, John pensa che potrebbe e vorrebbe
sorprenderlo ancora di più, con quell’idea folle che lo stuzzica da un po’,
tanto irrealizzabile che John vuole provare comunque a renderla reale.
Così quando si allontana da
Paul, dice solo…
"Paul, voglio sposarti."
Paul non ha mai mostrato così tanto stupore in vita sua, "Cosa?"
"Hai sentito."
“Sei pazzo?”
“Forse, ma voglio sposarti comunque.”
"Ma, John, non possiamo.” ribatte Paul, sorridendo,
“Voglio dire, ti immagini noi due che andiamo in chiesa e chiediamo al
reverendo di sposarci?"
"Significa che vuoi sposarmi?"
La domanda di John lo prende in contropiede e tutto ciò
che Paul può dire è, "Eh?"
"Sì. Insomma, hai appena fatto capire che se fosse
possibile, lo faresti."
Paul si morde il labbro, ma qualcosa sul suo viso lascia
tradire una sorta di gioia mista aeccitazione. Dopotutto, con le questioni personali e quelle relative ai
Beatles, il loro non è già considerato
come un matrimonio?
"Può darsi."
"Allora sposiamoci!"
"Come?"
John si guarda intorno pensieroso, poi, sorridendo, afferra
il pezzo di corda di prima. Si avvicina a Paul, toglie la chitarra dalle sue braccia,
prende la sua mano e avvolge la corda intorno al suo anulare un paio di volte,
prima di fare un nodo.
"Ecco. Con questo anello, io ti sposo."
Paul lo osserva, perplesso, sollevando un sopracciglio,
"John, fa schifo come anello."
"Paul. Guarda che sono serio. Io…io lo voglio
davvero." ribatte, baciando subito dopo l'anello che ha improvvisato sul
suo dito, "Tu? Mi vuoi?"
Paul sussulta impercettibilmente e si affretta a
rispondere, "Certo. Certo che ti voglio."
Si china su di lui per baciarlo, ma John gli copre la
bocca con la mano.
"Aspetta. Non siamo ancora sposati."
"Oh.” commenta lui, deluso, “D’accordo."
"Allora, per i poteri conferitimi dalla Apple
corporation, io ci dichiaro marito e marito."
Paul ride dolcemente, "Ora posso baciare lo
sposo?"
"Direi di sì."
Paul si china nuovamente su di lui, baciandogli con
tenerezza le labbra e avvolgendo le braccia intorno al suo collo.
"Dove andiamo in luna di miele, John, mio
caro?"
"La luna di miele, Paul?" ripete, facendo
sdraiare Paul sul letto, "Prima pensiamo alla prima notte di nozze."
Note
dell’autrice: eh sì, questa non è una flash. Un po’ mi
dispiace, perché volevo fare tutte flash. L Ma
d’altra parte, l’argomento era rischioso, se toglievo altre parole diventava
ridicola come scena. Per cui concedetemi la prima delle due eccezioni in questa
raccolta. La seconda sarà l’ultimo capitolo.
Grazie a kiki e tutti quelli
che seguono la storia. :3
Il prossimo aggiornamento, “On one
of theirbirthday”,
arriverà mercoledì.
Spero davvero che questa os sia
piaciuta. J
Vi lascio con un’anticipazione della prossima flash:
Sbuffa,
mentre apre la porta di casa sua, lanciando un ultimo, esasperato, ‘Sei un
coglione, John.’, perché in fondo,voleva solo passare il compleanno con lui.
Quando
entra è troppo distratto dai suoi turbamenti, ma nonostante questo, riesce a
notare che c’è qualcosa di diverso nell’ingresso di casa sua. Chiunque lo
noterebbe, è qualcosa di così importante che è difficile da non vedere.
Tutte
le pareti, infatti, sono ricoperte da… fogli?
Dalle otto del mattino è
stato rinchiuso negli studi di Abbey road, a provare con George e Ringo, e di
John neanche l’ombra. Certo, sicuramente un bellissimo modo per passare il suo
compleanno.
Quell’idiota poteva avvisare
almeno lui della sua assenza.
Invece no, l’ha lasciato
all’oscuro di tutto, per chissà quale motivo, e Paul è rimasto tutto il giorno
in quegli studi, sudando per il caldo e continuando a mandare imprecazioni
all’indirizzo di John.
Sbuffa, mentre apre la porta
di casa sua, lanciando un ultimo, esasperato, ‘Sei un coglione, John’, perché in fondo,voleva solo passare il compleanno con lui.
Quando entra è troppo
distratto dai suoi turbamenti, ma nonostante questo, riesce a notare che c’è
qualcosa di diverso nell’ingresso di casa sua. Chiunque lo noterebbe, è
qualcosa di così importante che è difficile da non vedere.
Tutte le pareti, infatti, sono
ricoperte da… fogli?
Paul, perplesso, si avvicina
e capisce che non sono fogli qualunque: sono dei ritratti. E l’uomo che dorme
in quel ritratto, in quello accanto e in quello ancora dopo è proprio lui,
Paul.
Paul conosce la mano che ha
disegnato quei ritratti, una mano che molte volte si è intrecciata con la sua e
ora sono le sue dita a scorrere delicatamente sui ritratti appesi alla parete,
lungo tutta la scala.
C’è Paul che dorme nudo nel
letto, Paul addormentato sulla sedia durante una pausa dalle registrazioni,
Paul sdraiato con gli occhi chiusi su un prato, Paul che dorme nella cameretta
a Forthlin road, in quella di John a Mendips, nel grande letto di qualche lussuoso hotel, Paul
abbracciato a Martha, Paul, Paul, Paul, solo lui.
Quando arriva in cima alle
scale, la serie di ritratti continua, lo guida come mattonelle speciali di un percorso
altrettanto speciale.
Lo guida verso la camera da
letto.
Paul esita un solo istante,
prima di aprire la porta.
Nel momento in cui entra,
John, proprio John Lennon, seduto sul letto, balza in piedi. È la prima cosa
che nota Paul, John nel bel mezzo di camera sua. Sembra sempre lui, ma qualcosa
nel suo sguardo tradisce una leggera ansia.
Solo dopo aver guardato John
per chissà quanto tempo, Paul osserva la stanza. Anche lì, le pareti sono rivestite
da ritratti di Paul, creati abilmente da John.
Il giovane avanza con passo
incerto verso John. Ad ogni passo, il sorriso sulle sue labbra si allarga
sempre più, e quando arriva di fronte a John, questi si lascia scappare un
sospiro.
“Allora?” domanda.
“Cosa?” risponde Paul.
“Beh, di’ qualcosa.”
Paul annuisce comprensivo,
poi china il capo, mordendosi il labbro, “Non pensavo di aver dormito così
tanto.”
John scoppia a ridere, prima
di far scivolare le mani sulla vita di Paul e attirarlo a sé.
“E’ per questo che oggi non
sei venuto?”
“Sì, dovevo organizzare il
tuo biglietto di auguri.”
Paul inclina il capo, confuso,
“Biglietto? E il regalo sarebbe?”
John sorride malizioso.
“Stupido.” sussurra,
sfiorandogli le labbra in un tenero bacio, “Sono io.”
(500
parole)
Note
dell’autrice: ebbene sì, l’avevo anticipato nel capitolo
16. Questa flash è il “seguito” di quella in cui John ritrae Paul la mattina
presto, nel suo letto. Mi piaceva l’idea di John che accumulava tutti questi
ritratti e poi gli faceva questa sorpresa. Non so, mi sembra una cosa molto da “John”.
Nella scorsa flash ho
dimenticato di specificare che la frase di John, “Il tuo amore è un regalo per chiunque ti incontri”, è
stata presa da un video di un ragazzo che chiedeva al suo fidanzato di
sposarlo. E’ stata una mia grave mancanza. :’( Ma purtroppo non riesco neanche
a ritrovare quel video stupendo.
Comunque,
ringrazio kiki per la correzione e miharu87, ringostarrismybeatle, Missrocker,
Chiara_LennonGirl e lety_beatle.
Con
questa flash siamo a -3 dalla fine.
La
prossima, “Doingsomethingridiculous”, arriverà domenica. Un assaggino:
C’è
solo un modo per stare meglio: per questo John si volta sul divano dove è
seduto, e posa lo sguardo su Paul, Paul che sta dormendo profondamente, il
respiro è calmo e regolare e l’espressione serena indica che il sogno che sta
facendo è uno dei più dolci.
Tuttavia
John non vuole che dorma perché è stata di Paul l’idea di restare a casa a
vedere un film, e lui ha anche avuto il coraggio di addormentarsi e lasciarlo
da solo davanti alla televisione. Razza di idiota.
I titoli di coda cominciano a scorrere sullo sfondo nero
del televisore e John sospira sollevato. Per fortuna che questo film terribile
è finito. Chi è stato quel pazzo ad avere speso dei soldi per girare quella
robaccia?
Un film dovrebbe avere lo scopo di divertire, far
pensare, emozionare. Invece l’umore di John è pessimo, rovinato da un’ora e
mezza di scene insensate, personaggi banali, battute da pub dei bassifondi, che
in altre occasioni l’avrebbero fatto ridere, ma no, in quel caso c’era troppo
squallore anche per i suoi gusti.
C’è solo un modo per stare meglio: per questo John si
volta sul divano dove è seduto, e posa lo sguardo su Paul, Paul che sta
dormendo profondamente, il respiro è calmo e regolare e l’espressione serena
indica che il sogno che sta facendo è uno dei più dolci.
Tuttavia John non vuole che dorma perché è stata di Paul
l’idea di restare a casa a vedere un film, e lui ha anche avuto il coraggio di
addormentarsi e lasciarlo da solo davanti alla televisione. Razza di idiota.
John deve assolutamente vendicarsi, ma come?
Svegliarlo sarebbe una vendetta troppo dolce. Perciò John
balza in piedi e si guarda intorno, arricciando le labbra con fare pensieroso.
Trova l’idea perfetta quando vede, abbandonati sul tavolo,
matite, penne e pennarelli. Prende un grosso pennarello nero e torna a sedersi
sul divano, accanto a Paul. Si china su di lui con un sorriso maligno sul volto
e comincia il suo attacco d’arte sul volto del giovane. Prima si dedica alle
palpebre e delicatamente, per non svegliarlo, disegna due occhi aperti. Quando
allontana di poco il viso per vedere l'opera con la giusta prospettiva,
trattiene a stento una risata: l’effetto è particolarmente inquietante.
Torna subito dopo più vicino a Paul e colora di nero la
punta del suo naso, proprio come un cagnolino, ma quando si appresta a fare
anche una bella barba sulla linea dolce della sua mascella, Paul apre gli occhi
rapidamente e con uno scatto afferra il polso di John, prima che la punta del
pennarello lo tocchi ancora.
“Ti sembra una cosa divertente da fare?” gli domanda
Paul, totalmente apatico.
“Sì, molto, sicuramente più di quel film stupido che hai
scelto di vedere e che ho dovuto sopportare da solo.”
“Ero stanco e il tuo divano concilia il sonno.” ribatte
Paul con una smorfia decisamente snob.
“Povero piccolo.” esclama John, passando una mano fra i
suoi capelli, “Cos’hai fatto di così pesante per essere tanto stanco?”
“Che ne dici di sopportarti
ventiquattr’ore su ventiquattro?” domanda lui, un sorriso sardonico si
allarga sul suo volto.
John ride divertito e totalmente d’accordo con Paul, “Se
la metti così, allora potresti essere giustificato.”
“Bene. Questo mi concede una piccola rivincita.”
“Del tipo?” domanda John, preoccupato.
Paul prende il pennarello dalle mani di John e poi,
cogliendolo di sorpresa, ribalta le posizioni sul divano, sistemandosi sopra di
lui.
Note dell’autrice #1: una piccola
premessa per spiegare una cosa. Se seguite la dolce ringostarrismybeatle,
dopo aver letto questa flash penserete che sia molto simile alla sua adorabile “Saturday night fever”. Allora,
quando lei ha pubblicato io avevo già scritto questa flash, e lei non sapeva in
alcun modo di quello che avevo intenzione di scrivere in questa flash. Ci siamo
solo trovate con la mente ben sincronizzata. :D
E al
massimo, abbiamo una stessa situazione vista con occhi diversi.
Fatta
questa piccola premessa, vi auguro buona lettura.
Two of us
Capitolo 29: “Doingsomethingsweet”
John sospira esausto, mentre
aspetta che il latte si scaldi.
Avrebbe dovuto capirlo
subito quando si erano trovati per suonare al Cavern:
Paul non stava bene, era pallido e stanco, di conseguenza anche il concerto era
risultato molto fiacco.
Per questo motivo, John l’aveva
portato a casa sua, temendo che Paul, rimasto solo, potesse stare peggio.
Dopo poche ore, nel cuore
della notte John era stato svegliato da Paul che si agitava nel letto. Era
febbricitante e preda di violenti brividi di freddo.
La prima cosa che aveva
fatto, era stata quella di toccargli la fronte con la mano: scottava
moltissimo. Perciò aveva recuperato rapidamente un po’ d’acqua fredda e gli aveva
bagnato la fronte con un fazzoletto, cercando di far abbassare la febbre.
Non sapeva con certezza
quanto tempo fosse rimasto accanto a lui, bagnando il fazzoletto ogni volta che
si scaldava troppo; non sapeva quanto tempo fosse passato prima che la febbre
si fosse abbassata. Tuttavia c’era riuscito, e Paul si era calmato.
Dopodiché John aveva
raggiunto la cucina e iniziato a preparare per Paul qualcosa che faceva sempre
Mimi, quando lui da piccolo stava male (ma anche adesso, in realtà).
Proprio ora, infatti, John versa
il latte caldo nella sua tazza e vi fa sciogliere un cucchiaino di miele per
addolcirlo. Quando è pronto, torna nella sua stanza, sedendosi accanto a Paul e
scuotendolo leggermente per fargli aprire gli occhi.
“Guarda cosa ti ho portato…”
“Birra?” domanda Paul, la
voce ancora flebile e le labbra incurvate in un sorriso.
John sbuffa, “Latte caldo.”
“Col whiskey?”
“Sei proprio uno stupido.”
sospira John, “La febbre alta deve aver fatto andare in fumo quel poco cervello
che avevi.”
Paul ride debolmente e si solleva
per sedersi con la schiena contro la parete. John lo aiuta e poi gli porge la
tazza.
“Bevi, ti farà bene.”
“Chi lo dice?” domanda Paul,
annusando il profumo dolce del latte e guardando John, scettico.
“Io.”
“E quando esattamente avresti
preso la laurea in Medicina?”
“Vuoi stare un po’ zitto e
bere quel maledetto latte?” ribatte John, esasperato, “Meno male che mi sono
preso cura di te, mentre deliravi per la febbre.”
Paul sbatte le palpebre,
perplesso, “Deliravo?”
“Certo. Non che sia la prima
volta, sia chiaro, solo che stavolta era colpa della febbre.”
“E cosa dicevo?”
“Oh, John, aiutami, ho bisogno di te, ti prego, ti amo, ti scongiuro…”
“Stavo proprio delirando.”
esclama Paul, con una lieve risata, facendo corrucciare John.
Poi comincia a bere il suo
latte, ma John nota che sta arrossendo ed è quasi certo che non sia dovuto alla
febbre.
“E’ buono.” commenta il
giovane, entusiasta, leccandosi le labbra.
“Ovvio. L’ho preparato io.”
“Grazie, John.”
Dopodiché Paul gli fa cenno
di avvicinarsi e John obbedisce, sedendosi accanto a lui.
“Comunque non stavi
delirando.”
“Lo so.”
“Ma questo non significa che
quelle cose non siano vere.”
“No, infatti.” risponde
Paul, “Sono molto più che vere.”
Poi sorride fra sé, mentre
John lo guarda appoggiare la testa sulla sua spalla.
“Sono tutto.”
(500
parole)
Note
dell’autrice #2: eh sì, cosa c’è di più dolce di John, Paul e
latte col miele?
Il latte col miele mi è
subito venuto in mente, quando avevo mal di gola, mamma me lo faceva sempre. :3
Non ho granché da dire su
questa. Perciò grazie a kiki, a tutti quelli che
seguono la raccolta e grazie anche a ringostarrismybeatle
che è stata molto comprensiva in questa situazione.
Ci sentiamo domenica con l’ultima
flash, “Doingsomething hot”.
*ride*
John si appropria del corpo caldo che si contorce sotto
di lui, pensando a quanto fosse freddo fino a pochi minuti fa, e a quanto
invece si stia bene ora, nel suo letto, abbracciati, avvinghiati l’uno all’altro.
Paul
era arrivato a casa sua freddo come un ghiacciolo, eppure era vestito pesante
dai piedi fino alla punta dei capelli: la neve l’aveva ricoperto, quasi fosse
uno dei monumenti della città di Londra.
Le mani di Paul accarezzano le sue spalle e quando John
inizia a muoversi dentro di lui, le stringono, spostandosi poi sulla schiena, avvolgendolo
completamente.
Quando
John gli aveva aperto la porta, il giovane uomo, tutto tremante, col viso
rosso, aveva detto solo, “Che freddo del cazzo.”
Paul si lascia scappare un gemito e porta le mani tra i
capelli di John, cercando famelico la sua bocca.
Allora
John, senza dire nulla, l’aveva attirato dentro casa, cominciando a baciarlo e
poi spogliarlo, per poterlo scaldare nel modo che conosceva lui, perché in quel
momento Paul aveva bisogno di lui e John avrebbe fatto di tutto per Paul.
I movimenti di John diventano più urgenti, più intensi,
esprimono con perfezione il bisogno che lui ha di Paul, e in pochi minuti la
passione scuote entrambi i corpi, facendoli fremere di piacere, l’uno fra le
braccia dell’altro.
Il tempo di riprendere fiato, perdendosi nella visione
dell’espressione beata e soddisfatta di Paul, e John rotola al suo fianco, con
un gran sospiro e si stiracchia, mentre Paul si avvicina a lui e copre entrambi
con un lenzuolo, tirandolo fin sopra le loro teste. Poi, mentre John sorride
per la nuova sistemazione, il giovane seppellisce il naso nei suoi capelli e
inspira il suo profumo. La sua mano sfiora il petto di John, lentamente, e lui
la copre con la sua, facendo subito intrecciare le loro dita. Si volta verso di
lui, osservandolo per un po’, prima di portare una mano sul suo viso e
accarezzarlo teneramente.
“Paul, sei felice?” è la domanda che fuoriesce dalla sua
bocca, prima ancora che lui possa accorgersene.
Paul sbatte le palpebre, colto alla sprovvista, “Che
domanda è?”
“Ti prego, rispondi.”
Ridendo dolcemente, Paul fa appoggiare la sua fronte a
quella di John, “Certo che sono felice, perché mai non dovrei esserlo?”
“Beh, sai, perché non siamo liberi di fare tutto quello
che vogliamo, perché dobbiamo vederci di nascostoe mai alla luce del sole. Perché-”
“John.” lo interrompe Paul, con un dito sulle sue labbra,
“Non dire così. Sono felice ogni volta che sto con te, non importa come.”
“Ma io-”
“Ma nulla, John. Non ho bisogno di nient’altro per essere
felice, solo di te.” continua lui, e con un sospiro scivola sopra John, il suo
naso a un soffio da quello dell’altro ragazzo, “E poi, sai come si dice?”
“Come?” sospira John, accarezzandogli la schiena.
Paul sorride un istante,
prima di sfiorargli la guancia con le dita, “La felicità non è far tutto ciò
che si vuole, ma volere tutto ciò che si fa (1).”
“E chi l’ha detto?”
“Non lo so, qualche pazzo ubriacone, suppongo.” risponde
Paul, ridendo, “Ma è vero, è come mi sento quando siamo insieme. Desidero ogni
momento che trascorro con te e sono felice, davvero felice se siamo solo noi,
solo noi due.”
Paul si china su di lui per baciarlo teneramente e poi si
solleva solo un po’, per guardarlo, e quando John non sembra voler dire nulla,
ma proprio nulla, allora esclama con un gran sospiro rassegnato, “Dai, dillo.”
“Cosa?” domanda John, perplesso.
“Che sono il solito sentimentalista del cazzo.”
John si lascia scappare una risata e scuote il capo,
prima di ribaltare le posizioni.
“Veramente stavo pensando che siamo due sentimentalisti del cazzo.”
“E’ perché stiamo invecchiando.” afferma Paul, lasciando
che il suo sguardo si perda nei capelli di John che ora si intrecciano con la
sua mano.
“Può darsi, ma quello che hai detto prima è vero. Anche
io sono felice se siamo in due.”
Paul arriccia il naso, con l’improvviso bisogno di
correggere John, mentre avvolge le braccia intorno al suo collo.
“Noi due.”
(1)- citazione diFriedrich Nietzsche.
Note dell’autrice: oh siamo alla fine, ma proprio fine fine.
Bene, allora, questa
purtroppo non è una flash, ci ho provato, ma dovevo ritrarre qualcosa di caldo
e nello stesso tempo che avesse un senso di chiusura della raccolta. Ecco
spiegate le ultime due parole di Paul, che ci portano al titolo della raccolta.
Spero di essere riuscita a descrivere una scena d’amore
nei limiti del rating arancione. Volevo proprio evitare di dover cambiare il
rating alla fine. :’(
Ringrazio molto kiki che ha
corretto tutti i capitoli, chi ha inserito questa raccolta tra i preferiti,
facendola entrare nelle più popolari, ma soprattutto chi l’ha seguita
affettuosamente, come ringostarrismybeatle, lety_beatle, Chiara_LennonGirl e
miharu87, che mi hanno sempre riservato parole di incoraggiamento. J
Domenica prossima pubblicherò una oneshot
a cui sono molto affezionata. E intanto porto avanti la scrittura della AU,
così da poterla cominciare al più presto.