Lo sguardo della vendetta.

di fredlove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Cap 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***







Prologo





Guardo. Sento i rumori.
Ma tutto è vano ormai.
Vedo la terra che viene gettata sopra il legno massiccio della bara, sento il pianto.
Vedo le lacrime.
Ma non provo dispiacere.
Ormai , ciò che è lì dentro non è altro che un corpo inutile.
Io sono morta.
E la colpa è solo loro.

L’odio mi pervade ancora, anche mentre vedo il loro dolore.
La colpa è solo loro.
Loro mi hanno portato via l’unica cosa a cui tenevo veramente a cuore.
Loro mi hanno portato via l’unica cosa che mi teneva aggrappata ad una vita da schifo.
Mi guardo il braccio, leggendo con dolore quel nome tatuato.
Non riesco a pronunciarlo da quel giorno.
Mi manca terribilmente.
Guardarla giocare. Alzare il muso verso l’aria ed annusare.
Sentirla.
Toccarla, ed accarezzarla. Affondando le dita tra il suo pelo.
Mi manca terribilmente.
Loro devono pagare, perché me l’hanno portata via.
Non dovevano.
Li avevo avvisati. E gliel’ho lasciato anche per iscritto.
Non chiedo scusa. Non chiedo perdono.
Accuso soltanto.
“Ad ogni gesto, una conseguenza. Dovevate saperlo. Lei era mia.”




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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***










Capitolo 1





«Come ti chiami?»
«Non legherò a lungo con te, tanto da farti sapere il mio nome.» gli sibilo contro.
Chi è questo essere che mi si è avvicinato?
Cosa vuole da me?
Perché mi guarda in quel modo ferino?
«Sei una suicida. Sei nel limbo delle anime perdute. Ora devi fare solo una scelta.»
Lo guardo, ma non sembra tanto importante da soffermarmi sui particolari.
«Sei ad un bivio. Farai ammenda per la tua anima, aiutando altre anime infelici a ritrovare la serenità che si merita.»
Ciò che dice mi fa ridere veramente tanto. La mia risata è sarcastica, ma non mi spaventa. Anzi mi piace.
«Io, aiutare a trovare la felicità? Hai sbagliato persona.»
«Non sei più una persona. Sei uno spirito. Un’anima vagante. » mi guarda.
«Per curiosità, l'altra scelta?»
«Donare all’inferno, più anime possibili. Anime contorte, disperate. Sole. Infelici.»
«Come lavoro può essere interessante. Ma ho altre anime da portare alla disperazione, prima di godermi la mia totale felicità.»
«Sei una suicida. Non esisti più. A cosa ti serve la tua felicità?»
«Fidati, chiunque tu sia, la mia felicità esisterà solo dopo questo mio lavoro.»
Lui o lei, non capisco come distinguerlo / a , apre un varco con un gesto della mano.
Vedo ancora quel dolore che ho causato, lo sconforto, e mi inebrio di quella sensazione di colpa che provano leggendo la mia accusa.
«E per curiosità, l’esito quale dovrebbe essere?»
«Non credo debba importanti. »
Non mi volto nemmeno quando gli parlo. Non mi interessa altro che la vendetta.
Il loro dolore, la loro colpevolezza non sono niente in confronto!
Mentirei se dicessi che non provo dolore. Lo provo.
Per la lontananza da lei. Lei era tutto per me.
Lei era la mia compagna di giochi.
Lei era…
Esatto. Era.

L’ hanno voluta , e dopo un anno l’hanno data via. Nonostante tutta la mia buona volontà.
È ingestibile.
Non so come fare, io sono stanca.


Inutile i miei pianti disperati. E sapevano anche del mio ‘piccolo problema’ di autogestire un’emozione. Specie se negativa.

«Colpa del divorzio.»
Frasi fatte.
«Sempre sola, e sempre in casa. Senza mai uscire. »
La rabbia mi pervade, ancora di più.
Ancora una volta.
«Io voglio una vita sociale! Okay?! Non voglio ridurmi come te, che non hai nessuno!»
Sento dolore per la sua mancanza.
Non dovevano.
È colpa loro se ora, anche lei è sotto terra.
È colpa loro, se è finita mezza uccisa da altri della sua specie, prima di finire in mezzo ai combattimenti clandestini.
Io l’amavo.
L’amo tutt’ora.
È suo il nome tatuato sul braccio.
È per lei che…
«Dovevi esserle molto attaccata. Stai piangendo, anche se sei uno spirito. »
«Taci. »
«Come vuoi. »
Continuo a guardare loro. Colpa. Dolore. Odio.
Odio.
Sento odio.
Che mi entra nelle vene.
Non è da loro che sento tutto questo odio! Anzi a loro è rivolto.
Lei è l’altra che mi teneva aggrappata alla vita.
La mia migliore amica.
«Quanto odio.»
È mellifluo, quasi viscido quando lo dice. Poi mi guarda, perché lo sento.
Sembra voglia entrarmi nella mente.
Vuole sapere.
«Vattene.»
«Qualche segreto?»
«VATTENE!»
Sembra intimorito, mentre si allontana.
Sono sola di nuovo. Mentre resto a guardare quella piccola e grande ragazza, che mi è rimasta vicino. Anche dopo la morte.







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Capitolo 3
*** Cap 2 ***










Capitolo 2






«Come hai potuto lasciarmi sola!»
Me l’aveva urlato, appena aveva appreso la notizia del mio suicidio.
Anche se sapeva benissimo che l’avrei fatto, se mi avessero portato via l’unico motivo che mi legava alla vita stessa.
«Sarai contenta, ora, no? Ti piace vedere le mie lacrime, vero? Beh, eccoti accontentata!»
Continuo a guardare nel varco. Bella come sempre, nonostante stia piangendo.
Ma sapeva che l’avrei fatto, anche se lei stessa si era messa d’impegno a farmi cambiare idea.
Sento il suo rimuginare.
“Se solo fossimo state più vicine! Se solo ti avessi portata via da loro.”
Si sente impotente, davanti alla sofferenza che sente.
Ed è ciò che mi spiace maggiormente. Le volevo… le voglio ancora bene, nonostante tutto.
Lei è stata un appiglio fermo. Anche se alla fine non ho più resistito.
L’ho fatta facile, togliendomi la vita.
Sapevo che con tutto l’odio , il rancore, la sete di vendetta, non avrei avuto pace.
E non cerco la pace.
No.
Sono loro che cercano la pace.
Ma non la troveranno così facilmente.

Continuo a guardare lei. È seduta sul suo letto, con le ginocchia contro il seno.
Sta piangendo, mentre la sua stanza è in un disordine nervoso.
Mi viene da sorridere, mentre curioso nella sua stanza. Il copriletto giallo e nero, ed i libri di Harry Potter sul comodino.
Ma ciò che mi attira è il poster sul muro. Quello di fronte a lei, che vede come apre gli occhi.
Una gigantografia di Neal Caffrey con tanto di cappello e completo.
Quanto abbiamo parlato, scherzato , solo perché era uno dei nostri personaggi preferiti.
Tanto da spendere soldi solo per comprare dei cappelli identici.
Torno a guardare lei.
Vorrei farle sentire l’amore spropositato che provo per lei. Ancora.
Vorrei farle trovare la pace.
Vorrei non vederla più piangere.
Anche solo per rivederla mangiare, o per lo meno toccare cibo.
Ma è del suo odio per loro che mi nutro.
Ed è il suo odio per loro, che mi spinge maggiormente.
Non so se da qui lei può sentirmi.
Ma è tanta la speranza che sia cosi, che senza pensarci le dico «Ti voglio bene.»
Lei alza il viso, incredula, guardandosi poi intorno.
Non può avermi sentito. O sì?
Continuo ad osservarla, mentre si asciuga le lacrime.



È improvviso, quando mi allontano da lei.
Per lei avrò sempre tempo.
Qualcosa mi attira come una calamita.
E quando lo noto, il dolore che provo ancora, aumenta.
L’odio mi pervade.
Lui.
Essere per cui, alla fine avevano deciso che era meglio così per Lei.
È ancora vivo.
Perché lui si, e lei no?
Ed accade.
Allontanata dal piano astrale in cui mi trovo, i miei piedi toccano terra.

Mi osservo, riflessa in una vetrina, ma pare che nessuno mi nota.
Ho gli stessi vestiti di quando ho messo fine alla mia vita.
Completamente neri. Dalla maglia, alle scarpe.
I capelli corti, tirati solo da un lato. Come l’ultima volta che li avevo tagliati.
Ma ciò che mi colpisce sono gli occhi.
Neri. Quando io in vita li avevo castani.
Pupilla, iride, e sclerotica interamente neri.
Lucidi.
Ed incutono terrore, per come sembrano vuoti.
Un sorriso mi spunta improvviso, mentre mi volto e cammino verso lui.
Non sa il dolore che mi ha causato.
Lui la odiava fin dall’inizio.
«Vedimi. »
Lo dico non una, ma molte volte.
«Vedimi»
Tanto è il desiderio, che lui spalanca gli occhi. Mi vede.
Il terrore si mostra sul suo viso, e me ne compiaccio.
«Ti ricordi di me.»
So che è così.
Ma lui non dice niente. Deglutisce soltanto.
«Non ti crederebbe nessuno, se ne parlassi.» lo guardo ancora. «Sai chi si suicida, e ha dei conti in sospeso, non ha pace?»
Sento una scarica nelle vene. Un’improvvisa illuminazione di ciò che posso fare. Mi avvicino, soffio nel suo udito. «E chi resta in vita, ne paga le conseguenze.»
Sorrido, mentre sento il suo terrore. Il cuore che gli batte forsennato.
«Noi, in vita, mai andati d’accordo. Ricordi?»
Ed agisco.
Guidata dall’istinto, immergo la mano nel suo petto.
Fino al suo cuore.
Lo prendo, lo stringo.
Lui deglutisce, inizia a respirar affannato.
Continuo a stringere il cuore tra le dita della mano.
Tanto da fermarlo.
Lui si accascia ai miei piedi, mentre io mi ritengo abbastanza soddisfatta.
Non una goccia di sangue è stata versata.
Qualcuno gli si avvicina. E riconosco sua moglie. Ma lei non mi vede.
«Svegliati.»
Continua a scuoterlo.
«Svegliati.»
Mi chino verso di lei.
«Il tuo caro marito è morto.»
Le riservo lo stesso trattamento che ho usato per lui. Un attimo dopo lei gli è accasciata accanto.
Morta.

Non male per la mia prima giornata di lavoro.

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