~Devil’s son~

di Madelyne Scott
(/viewuser.php?uid=466061)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** .:Capitolo 1:. ***
Capitolo 2: *** .:Capitolo 2:. ***



Capitolo 1
*** .:Capitolo 1:. ***


~♪~ Capitolo 1 ~♪~
 
L’esile figura ondeggiante della ragazzina viaggiò, come uno spirito in cerca di pace, davanti agli occhi sbarrati del piccolo, le cui palpebre chiare, sollevate in modo quasi innaturale, facevano lacrimare le orbite fisse sulla fanciulla, mentre il corpo tremava in preda al freddo. Ciocche di un velato color oro cadevano sparse attorno al viso e sulle ciglia folte, con lo scopo di celare il più possibile le iridi color sangue opaco, quelle stesse che gli avevano procurato il nome di ‘figlio del diavolo’. Con quegli occhi, poteva vedere le luci che danzavano nell’aria, presenza di un mondo diverso e parallelo.
Le gemme luminose che, come lucciole, riempivano il suo sguardo vacuo, sembravano scansarsi o essere assorbite, non sapeva ben dirlo, attorno alla siluette della giovane, che sorrideva in modo vago rivolgendo le gote bianche al plenilunio.  I lunghi capelli neri di lei avvolgevano il panneggio delicato della veste chiara che, nonostante i fiocchi opalescenti che toccavano il suolo, lasciavano scoperte braccia e gambe lisce.
Fra tutto, però, ciò che più attirava la vista del piccolo ‘figlio del diavolo’ erano i suoi occhi, di un magnetico viola scuro, orlati da folte ciglia nere. Nel buio delle iridi si scorgevano quelle stesse sfere dorate che le danzavano attorno, come se fossero gli specchi di quel mondo alternativo, della cui esistenza lui, creatura immonda, era l’esempio vivente.
Per un attimo, lo sguardo profondo della giovane incrociò quello spento dell’orfanello, tremante dal freddo. Le labbra sottili si piegarono in un enigmatico sorrisetto acuto, mentre la sua figura longilinea si avvicinava al corpicino avvolto nel telo lercio del bambino, che lentamente e con gesti meccanici del capo seguì il suo avanzare leggiadro.
«Ciao.» la voce della ragazzina si levò calda, dolce, unico suono nel mare di confusione che giunse distintamente al cervello in via di assideramento dell’orfano, al quale giungeva con calma. Gli si inginocchiò davanti, senza smettere di sorridere, il volto piegato leggermente verso destra, con due orecchini brillanti a forma di goccia che apparivano tra i capelli corvini; gli prese le mani nelle proprie, fissando il suo sguardo violaceo in quello sanguigno del bambino.
«Sei un orfano, vero? E un ‘figlio del diavolo’, non è così?» nel suo tono flebile non era presente alcuna accusa, piuttosto era udibile una punta di compassione per quella creatura, i cui occhi si riempivano lentamente di lacrime. Prima che potesse aggiungere altro, la giovane si ritrovò il bambino fra le braccia, con le sue piccole mani sulla nuca e il capo posato sul suo petto, l’intero corpo scosso da singulti.
«Adesso vieni con me.»
 
~♫~

Quando il bambino si svegliò, la prima cosa che percepì fu il calore che, come nei sogni, lo avvolgeva completamente. Subito dopo, si rese conto di avere una gran fame e in terzo luogo si ricordò della ragazzina che lo aveva accolto tra le braccia quella sera d’inverno. Ritrovandosi sdraiato si tirò su, e immediatamente il suo sguardo opaco venne incatenato da quello magnetico della stessa giovane misteriosa e bellissima della notte precedente, che continuava a sorridergli.
«Ben svegliato.» esclamò in un sussurro, che venne seguito da un risolino cortese, per il quale il contatto fra i loro occhi si interruppe. «Avrai fame, ti ho fatto preparare la colazione, anche se in effetti è come se fosse la tua cena.» parlava con un tono gentile, come se quell’orfanello fosse stato importante, e non un immondo ‘figlio del diavolo’. Sembrava che lei lo avesse aspettato da molto tempo, e ora gli porgeva un vassoio pieno di dolci e leccornie continuando a sorridere. Il bambino, quando portò le mani sul cibo, si accorse che erano linde, come il resto del suo corpo, e automaticamente si domandò se non fosse stata lei a lavarlo. Arrossì inconsapevolmente al pensiero, dopotutto avrebbe potuto avere solo due anni più di lui, e non gli piaceva l’idea di essere accudito da una ragazza di dodici anni.
«Oh, giusto, mi sono presa la libertà di dare ordine alla badante di farti un bagno prima di metterti a letto.» il bambino si trattenne dal sospirare di sollievo all’implicita risposta conservata in quell’affermazione, poi risollevò gli occhi sul viso chiaro della fanciulla.
«Credo ti interesserà sapere che il mio nome è Maria.» aggiunse, addolcendo un poco il proprio sorriso. L’ospite deglutì, inghiottendo un pezzo di croissant, poi si schiarì debolmente la gola.
«I-io sono- ehm-ehm, io sono Afuro. Afuro Terumi.» rispose, con una punta d’imbarazzo, l’orfano.
«Terumi.» ripetè Maria, fissando gli occhi rossi del bambino. «E’ davvero un bel nome.»
L’ospite abbassò gli occhi, puntando il proprio sguardo sul piumino trapuntato color porpora che lo avvolgeva: appariva caldo e morbido, e le aspettative non erano per nulla tradite. Il naso del bambino fu colpito dal lieve profumo d’incenso che invadeva la stanza, misto alla fragranza della marmellata nel croissant e del cioccolato dissolto nel latte caldo che faceva bella mostra di sé sul vassoio. Si leccò le labbra con la lingua, e finì di divorare il cornetto per fiondarsi sul liquido caldo, che gli scivolò in gola e lo riscaldò in un attimo. Posando la tazza, il suo sguardo si incatenò nuovamente a quello di Maria che, come un’incantatrice di serpenti, senza spezzare il legame dei loro occhi avvicinò un fazzoletto in stoffa alla bocca socchiusa del biondo. Delicatamente gli sfregò sulle labbra, e le narici del piccolo si riempirono di aroma di fragola, poi le dita chiare della ragazzina si ritirarono.
«Allora, Terumi, tu vedi le luci, vero?» il tono della mora era caldo e gentile, ma si percepiva in esso una punta di curiosità mal celata. Per tutta risposta, come in trance, Afuro annuì.
«Sei un ‘figlio del diavolo’ a causa dei tuoi occhi, lo sai?»
«Lo so.» sibilò l’altro, le iridi dilatate. Il sorriso della giovane si ampliò.
«Ma tu lo sai che io ti trovo molto bello?» aggiunse, abbassando il tono di voce, poi continuò «A me non interessa il colore dei tuoi occhi: mi piacciono, sono diversi da tutti gli altri.» il bambino pendeva dalle labbra piccole e rosee della sua ospite, che gli si rivolgeva con dolcezza e riguardo.
«Tu sei speciale, e io voglio che resti con me.» si portò la mano destra al petto, abbassando le palpebre con grazia «Ti proteggerò da tutti coloro che sono invidiosi dei tuoi bellissimi occhi, resterai con me e io ti insegnerò tutto ciò che dovrai sapere.»
Il biondo rimase in silenzio, osservando quasi ammirato l’espressione benevola che appariva sul viso tranquillo di Maria.
«Perché dovresti volermi con te?»
La ragazza chiuse nuovamente gli occhi, piegando in modo impercettibile il capo a sinistra. Non smise di sorridere, e dopo un paio di secondi risollevò le ciglia nere, fissando le pupille affilate in quelle dell’orfano.
«Perché né io né tu abbiamo amici. E perché entrambi vediamo quelle luci.» come a suggellare un patto, la mora tese la mano destra verso Terumi, che osservò le sue piccole dita bianche per un po’. Poi, lentamente, mosse la mano a stringerle, e non si stupì a trovarle fredde: il colorito pallido della pelle di Maria aveva colpito immediatamente l’attenzione del bambino.
«Allora, d’ora in avanti saremo amici!» esclamò la dodicenne, schiudendo le labbra in un sorriso luminoso che scaldò il cuore dell’interlocutore. Rapidamente si alzò dalla poltroncina, avvicinandosi al biondo e afferrandogli l’altra mano «Sai, sei il mio primo amico. Adesso riposati, domani inizieremo a studiare.» confidò con sguardo furbetto, sorridendo nuovamente. Dopo un istante avvicinò le labbra alla fronte di Afuro, posandovi un delicato bacio a fior di pelle, poi si ritrasse e in meno di una decina di secondi aveva abbandonato la stanza.
 
*Angolo autrice*
Ciao belli~
Era da un po’ che non mi facevo sentire, sì, ma ultimamente sono stata incasinata e l’ultima settimana l’ho passata a letto, quindi non ho avuto tempo da dedicare al fandom e a EFP in generale.
Adesso, però, sono tornata, con una cosa nuova. Dico sin da ora che ho in mente una mini-long di non più di cinque/sei capitoli, niente di eccessivo, ma voglio vedere come va questo inizio. Avrete notato che è una cosa molto ristretta, in effetti, ma non volevo esagerare e rompervi le palle da subito.
Allora, vi spiego giusto due cosette: l’OC, Maria, è ispirato quasi interamente a un personaggio di Pandora Hearts, Lacie, ma non bisogna conoscere il manga per capire la storia, perché ora vi spiego le cose principali.
Dunque, i ‘figli del diavolo’: vengono emarginati essenzialmente perché hanno gli occhi rossi, ma in questa ff lo saranno anche perché vedono le ‘luci’, alias sono in grado di percepire il mondo parallelo che vi si nasconde dietro. E’ come se loro provenissero da questo mondo, e sono appunto in grado di “vederlo’’. Anche Maria vede le ‘luci’, ma lei non è considerata una ‘figlia del diavolo’ perché è una nobile e ha gli occhi viola. Per capire più o meno l’ambientazione, pensate all’Ottocento c:
Uhm, non so se c’è altro da dire, ma io non mi rendo bene conto delle cose che posso aver tralasciato, quindi ditemi se ho dimenticato qualche particolare. Vorrei avere un vostro parere anche perché devo decidere se continuare o no, più che altro ho iniziato per passatempo –e perché ero tipo fusa-
Ok, me ne vado e vi lascio in pace, ma voi fatevi sentire!
Un abbraccio~
La pesca

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** .:Capitolo 2:. ***


~♪~ Capitolo 2 ~♪~
 
«Neh, Terumi.» il sorrisino vittorioso che andava arricciando le sue labbra piccole era alquanto eloquente «Hai perso di nuovo contro di me a scacchi.»
In realtà il dodicenne l’aveva lasciata vincere di proposito, come quasi ogni volta, per avere la possibilità di vedere gli occhi ametista della ragazza brillare di soddisfazione. Era stata lei, due anni prima, ad insegnargli le regole da seguire per muovere le pedine sulla scacchiera bicolore, ma quando lui aveva capito il meccanismo e aveva iniziato a vincere, la mora aveva dimostrato un fastidio del tutto infantile, come se non ritenesse giusto l’essere battuta dal suo stesso allievo. Si era rabbuiata ed era diventata fredda e praticamente intrattabile per un paio di giorni, come ferita nell’orgoglio. Ovviamente si era ripresa e, anzi, non aveva tardato a chiedere una rivincita, opportunamente concessale dal minore.
«Sai, dovresti smetterla di farmi vincere ogni volta.» osservò con apparente noncuranza, lasciandolo interdetto: Afuro non credeva che se ne fosse accorta…
La quattordicenne sollevò le ciglia nere, mostrando il suo tipico sguardo ipnotico e penetrante, che ormai il biondo aveva imparato a conoscere e, alle volte –rare-, leggere  e interpretare. Le iridi violacee, sulle quali si rifletteva il caldo baluginare del fuoco scoppiettante nel camino, assomigliavano a pozzi di petrolio attraversati da raggi d’arcobaleno e spruzzi dorati, gli stessi che la giovane sembrava emanare ogni istante.
Tutte le volte che il ragazzo coglieva quello stralcio di meraviglia gli era impossibile non restarne abbagliato e sempre più affamato. Da quella prima notte, in cui l’aveva vista danzare candida come i fiocchi di neve che calavano placidi e meravigliosi dal cielo, aveva aspirato ad ammirare la purezza unica di quella creatura indescrivibile.
Prima che se ne rendesse conto, si ritrovò il viso chiaro della giovane ad un paio di centimetri dal proprio.
«Hai degli occhi stupendi.» sibilò, afferrando il viso del biondo e posando due dita sulle sue gote imporporate. Era diventata una specie di abitudine, un rituale particolare che apparteneva solo a loro, perdersi negli occhi dell’altro. Maria, con espressione assorta, scrutava le iridi color sangue scuro di Afuro in ogni loro minima sfumatura, come a volerseli imprimere a fuoco nei ricordi.
Dall’altra parte, il minore lottava per scorgere in quell’oceano liquido e profondo parte dell’Universo dorato racchiuso nelle sfere dorate che aleggiavano ovunque, per loro, come lucciole.
«Bellissimi.» la ragazza si ritirò, allontanando le dita affusolate dal viso roseo del biondo, non prima di averlo accarezzato con delicatezza. Non tornò a sedersi sulla poltroncina accanto al fuoco, ma si passò le mani sull’abito e si ravvivò i lunghi capelli neri «Io vado in camera, potresti avvisarmi per la cena?» senza aspettare una risposta vera e propria sorrise, abbandonando la stanza con un lieve fruscio.
 
~♫~
 
Toc toc.
La mora, seduta sul letto con la schiena poggiata su di un cuscino sulla testiera, sollevò con fastidio gli occhi dal libro che era intenta a leggere.
«Avanti.» concesse, con tono tagliente, fissando con le ciglia leggermente socchiuse la porta alla propria destra, come a volere incenerire chi la disturbava. Si stava preparando diverse frasi per liquidare la persona che, inopportunamente, aveva distolto la sua attenzione sul punto più interessante della lettura, quando la superficie di legno si dischiuse lentamente, rivelando la figura esile e vagamente femminile di Terumi.
L’espressione infastidita di Maria si rilassò, tornando tranquilla e disponibile. Indagò il ragazzo da capo a piedi, constatando che era davvero carino: non si faceva problemi a pensare o ad ammettere cose simili, era come se fosse parte di lei. I lunghi capelli biondi, chiarissimi come non ne aveva mai visti, giungevano alla vita, quasi quanto i suoi, ed era un piacere per la maggiore passarci le dita sottili.
«La cena è in tavola, si starà anche freddando.» comunicò, rimanendo sulla soglia. L’altra sembrò non fare caso alle sue parole, ma lo invitò con un gesto del capo ad entrare.
«Chiudi la porta, per favore.» aggiunse poi, osservandolo.
Afuro obbedì, per poi procedere nella stanza e fermarvisi, incantato: era la prima volta, in due anni, che aveva la possibilità di entrare nella camera da letto di Maria, che era sempre stata molto chiusa sotto quell’ottica. Il biondo la sentì ridere, probabilmente doveva avere un’espressione davvero trasognata!
«Siediti, forza! Non dovrò anche dirti di muovere le gambe perché tu lo faccia!» annuì, vagamente imbarazzato, e si diresse timoroso verso l’enorme letto che troneggiava al centro della stanza, cercando di non calpestare nessuno dei numerosi cuscini che cospargevano il pavimento, coperto da tappeti. Non appena ebbe mosso un paio di passi, fu travolto dall’inebriante quanto delicato profumo che aleggiava fra le pareti, nelle stoffe, nelle pagine dei libri, come se ogni oggetto fosse pregno di quell’essenza calda. Venne distolto dai propri pensieri bruscamente, come se fosse stato strappato ad uno stato di sonno che andava avvolgendolo.
«Eh no!» il tono della ragazza era leggermente ammonitorio, anche se l’altro non ne capiva il motivo. Lei, di risposta, indicò verso i suoi piedi «Togliti le scarpe, sbrigati! Altrimenti per cosa li avrei fatti mettere i tappeti e i cuscini?!» le sottili sopracciglia scure erano leggermente aggrottate, in segno di fastidio, ma si rilassarono quando lo vide sfilarsi i calzari e posare i piedi chiari sulla stoffa calda e piacevole. Lo seguì poi con gli occhi mentre si avvicinava al materasso, sedendovisi sopra senza smettere di far vagare gli occhi per la stanza.
La maggiore lo lasciò studiare ogni parete, ogni scaffale, ogni volume che vi campeggiava, senza disturbarlo. Non lo fermò neanche quando si rialzò e si avvicinò alla scrivania, presso una delle due grandi finestre che davano anche accesso al terrazzo, dove erano riposti ordinatamente libri e appunti sulle lezioni del giorno, nonché penne e calamai con inchiostri di vari colori. Lo vide spostarsi verso la sua piccola ma ben fornita libreria personale, dove fece scorrere con delicatezza un dito sulle lettere stampate dei titoli per aiutarsi nella lettura: era difficile per lui leggere rapidamente, dato che aveva imparato da soli due anni. Sollevò solo un sopracciglio, quando notò che l’attenzione del biondo era stata attirata dall’elegante cannocchiale nero che faceva bella mostra di sé accanto alla seconda finestra. Lo fissò, studiandone ogni reazione, mentre si portava al fianco dell’oggetto, proprio come lui faceva con esso. Si alzò con un movimento rapido quanto silenzioso, giungendo al vetro in pochi attimi. Non prestò attenzione al sussulto spaventato del biondo, ma scrutò con occhi assorti la volta celeste.
«Quell’oggetto ti attira, vero?» domandò, e senza guardarlo seppe per certo che aveva annuito. «Ti prometto che una notte ti farò vedere tutte le costellazioni che conosco, ma purtroppo non sarà oggi: è coperto.» concluse, alludendo al cielo nero con un leggero picchiettare di nocche alla finestra. Si voltò verso di lui, sbattendo le palpebre come per sforzarsi di tornare alla realtà, e lasciò che un sorriso le solcasse il viso.
«Volevo dirti che domani mattina non avremo alcuna lezione.» osservò per un attimo l’espressione corrucciata del minore, che non sembrava proprio capire, poi aggiunse «Andremo a fare una breve passeggiata. È da molto che non esco da qui.» e, con un gesto del braccio, volle indicare l’intero palazzo.
Afuro boccheggiò, senza sapere come ribattere, ma venne definitivamente zittito dallo sguardo bonariamente deciso e irremovibile dell’altra. Annuì, senza saper bene cos’altro poter fare.
«Siamo d’accordo, allora! Adesso andiamo, o ce ne sentiremo dire di tutti colori!» lo superò, dirigendosi verso la porta, e fece un leggero cenno con il capo per rassicurarlo.
 
~♫~
 
Il giorno successivo, la mattina si era presentata luminosa e frizzante, come se la primavera avesse fretta di arrivare: tutti sapevano che era solo una breve tregua prima che ricominciasse il freddo di gennaio. La quattordicenne sorrideva, come se il suo buonumore fosse l’unico motivo per il quale la giornata fosse tanto tersa, e quella sua aura tranquilla sembrò contagiare anche il biondo.
Era agitato, lui, e non poteva di certo nasconderlo: era da due anni che non metteva piede fuori dal palazzo in cui Maria lo aveva accolto, ma aveva paura di come l’avrebbero guardato.
Di cosa avrebbero pensato dei suoi occhi.
«E’ proprio necessario?» domandò, tornando preda dell’ansia che lo aveva tenuto sveglio quella notte. La maggiore spostò le iridi violacee sulle sue, come per leggervi all’interno, poi rivolse nuovamente il viso dinanzi a sé e tornò a sorridere.
«Non preoccuparti, non lascerò che qualcuno ti giudichi per i tuoi occhi, Terumi.» stranamente, quelle semplici parole bastarono perché il suo cuore smettesse di battere all’impazzata, e lasciò che sul proprio volto comparisse un’espressione rasserenata.
Mentre camminavano, l’una poco più avanti dell’altro, non poté fare a meno di notare l’eleganza con cui la giovane si muoveva: il corpo era fasciato da un lungo abito rosato, dall’ampia gonna a balze, che metteva in risalto la sua figura snella ma già formata; le spalle, esili e rotonde, erano coperte da una mantellina rossa che arrivava alla vita. Ad ogni passo, il suono piacevole e ritmico dei tacchi sui mattoni del selciato si liberava dalle scarpe piccole e delicate che portava ai piedi.
Ma la cosa più bella, quella che attirava l’attenzione di tutti, era il viso chiaro e luminoso, incorniciato e messo in risalto dai lunghi capelli corvini, acconciati in una coda alta che lasciava libera solo un’armoniosa frangetta e due ciocche ai lati del volto. Su di esso sbocciavano due labbra piccole e rosse, fresche come petali di crisantemo, e i due occhi color ametista, che brillavano come non mai. Non erano, come la sera prima scuri come petrolio, ma, alla luce naturale del sole invernale, sembravano rischiarati dal biancore quasi perlaceo della sua pelle.
Anche lui attirava gli sguardi dei passanti, ma non tanto per il colore delle iridi quanto per la sua effettiva bellezza: la carnagione rosea si sposava alla perfezione con il biondo della chioma liscia, raccolta in una coda bassa da un nastrino color carminio. Anche lui indossava abiti chiari, ma che tendevano al celestino, e ai piedi portava due eleganti scarpe nere e lucide. Il tutto era coronato dal rosso sul suo viso, che però era in perfetta armonia con tutto il resto: nessuno sembrava giudicarlo più un ‘figlio del diavolo’.
Stava riflettendo su questo, quando per poco non andò a sbattere contro la figura immobile di Maria: la ragazza muoveva il capo da destra a sinistra, come in cerca di qualcosa. La tranquillità che la aveva caratterizzata sino a quell’istante sembrava essersi dissolta, lasciando il posto alla tensione. Quasi richiamata da un presentimento tutt’altro che positivo, la mora riprese a camminare, con passo rapido, sino a raggiungere un vicolo distante poco più di qualche metro.
«Cosa succede?» le parole del biondo vennero completamente ignorate dalla giovane, vedendolo costretto a seguirla, per poi bloccarsi nuovamente.
«Lo senti?»
Il suo tono era insolitamente serio, i suoi occhi si erano rabbuiati proprio come il sole, coperto da nuvole improvvise.
‘Cosa dovrei sentire?’ furono le parole che gli salirono alle labbra, ma prima che potesse articolarle lo udì: un flebile rantolo, un vagito, il pianto di un neonato. Sbarrò gli occhi, fissi sul selciato, per poi sollevarli sulla maggiore, che già superava l’angolo scuro. La imitò nuovamente, ma con più lentezza: aveva paura di sapere cosa lo aspettava, perché sapeva che non sarebbe stato niente di nuovo.
Si trovò dinanzi la figura tremante di Maria, voltata di spalle, che gli rivolse il viso pallido e rigato di lacrime. Girando su se stessa per mettersi completamente di fronte a lui, mostrò il fagotto urlante ed insanguinato che stringeva fra le braccia.
«Hanno tentato di ucciderlo.» sibilò, lo sguardo fisso nel vuoto «Hanno visto i suoi occhi e hanno provato ad ucciderlo.» si scostò. Alle sue spalle, riversa a terra, contorta in una posizione del tutto innaturale, stava il cadavere di una donna.
«Ha protetto suo figlio.»
«Perché?» la voce della ragazza era corrotta dal pianto «Che colpa ne ha questo bambino se ha gli occhi di questo colore?» gridò in preda alla rabbia, all’amarezza. Le sue parole facevano breccia nel cuore del biondo come se fosse stata causa sua, e non come se avesse passato anche lui le stesse ingiurie?
Senza accorgersene, aveva chinato il capo. La sentì inspirare profondamente, avvicinandoglisi.
«Mi dispiace. Io non volevo-»
«Non hai di che scusarti.» rispose Afuro, sollevando il viso e sorridendo, per la prima volta, in modo da rassicurarla «Non sei tu colei che ha fatto questo.»
Vide con gioia che anche le labbra della quattordicenne si incurvavano, mentre un leggero soffio di vento le smuoveva le lunghe ciocche corvine. Sollevando il viso verso il cielo, tornato limpido e luminoso, mormorò:
«Kazemaru. È un bel nome, non trovi?»
 
*Angolo autrice*
Buonasera, cari~
Eccomi che torno, dopo un bel po’, con questa mini-long.
È un piacere, per me, trovare finalmente il tempo per concludere il capitolo e pubblicare, dato che sono vagamente incasinata con lo studio, i compiti e lo sport e Kuroko no Basket
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia; l’ho reso più lungo del precedente, ma ho tentato di non appesantirlo molto per non renderlo noioso. Non ho molto da commentare, ho tentato di descrivere nel modo migliore ciò che immagino.
Dato che, come sempre, non ho molto tempo (che palle!), sarò rapida: mi dispiace per le cinque anime pie che hanno recensito il capitolo precedente, ma non ho proprio trovato il tempo per rispondere! Sappiate, però, che le vostre parole mi hanno scaldato il cuore, e sono felice che vi piaccia nonostante la presenza di un OC (?).
Insomma, non piacciono poi a molti…
Quindi, grazie mille, sappiate che ci tengo tantissimo, e nelle sere successive tenterò di rispondere!
Anche se io contavo sui sabati (?), ma i prossimi due sono occupati da due feste di compleanno, fra le quali la mia
Mi rifarò a Pasqua, se non dovessi proprio farcela sempre che non  mi sommergano di compiti D:
Adesso devo davvero andare, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non contenga troppi errori!
Un bacio a tutti voi, che leggete soltanto e che utilizzate il vostro tempo con questa storia~
La pesca~ 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2505922