Wonder Magic - L'ottavo libro che la Rowling non ci ha mai fatto leggere!

di Greg90_h
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.Tanto da apparire sui giornali ***
Capitolo 2: *** 2.La tomba di Silente ***
Capitolo 3: *** 3.Wonder Magic nel castello ***
Capitolo 4: *** 4.Gli Incantesimi Non Verbali ***
Capitolo 5: *** 5.Il ritorno di Hagrid ***
Capitolo 6: *** 6.I M.A.G.O. ***
Capitolo 7: *** 7.Destinazione Australia ***
Capitolo 8: *** 8.Un falso nemico ***
Capitolo 9: *** 9.I genitori di Hermione ***
Capitolo 10: *** 10.La Coppa delle Case ***
Capitolo 11: *** 11.Sette anni dopo ***
Capitolo 12: *** 12.Il binario nove e 3/4 ***



Capitolo 1
*** 1.Tanto da apparire sui giornali ***


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Questa è stata la mia prima Fanfiction! L’ideami è venuta vedendo un episodio di Smallville dove appariva freccia verde… immaginatevi il resto… l’ho ri-postata in più capitoli perché non fosse troppo lunga a chi la vedeva per la prima volta. Ringrazio chi ha già commentato e mi scuso con chi deve salvare questa storia di nuovo tra i preferiti perché la vecchia l’ho cancellata… Detto questo, leggete e recensite!

 

WONDER MAGIC

 

I personaggi e i luoghi descritti in questo testo sono di proprietà di J.K. Rowling. Li ho usati al solo fine di scrivere una Fanfiction per divertimento. I possibili brani di testo presi dai libri della suddetta scrittrice sono stati scelti al solo fine di “completare” la seguente storia.

 

 

Questa storia è ambientata subito dopo la sconfitta di Voldemort, prima che l’ultimo anno di scuola a Hogworts abbia termine. La McGranit aveva deciso che, per quell’ultimo mese, Harry, Ron e Hermione sarebbero stati ospiti nel castello prima di ritornare a casa.

 

 

1.Tanto da apparire sui giornali

 

Quella notte il terzetto era esausto. La vincita di Harry contro Voldemort non bastava ad affievolire il vuoto che le vittime di quell’assurda guerra avevano lasciato dentro di loro. George era appoggiato ad uno dei tavoli della Sala di Ritrovo dei Grifondoro circondato da Ron che abbracciato da Hermione cercava di consolarlo e da Ginny e Harry.

«Be’ – cercò di consolarlo Harry – Fred è morto cercando di fermare Voldemort…»

«Già forse senza di lui non ce l’avremmo fatta…» aggiunse Neville che si era aggiunto in quel momento.

«Per me non ha importanza! – esplose George – non mi interessa perché o come è morto! Ciò che so è che non ci sarà più un fratello su cui contare sempre… nessun fratello con cui architettare i piani che tanto fanno impazzire la mamma… nessun…»

«E noi chi siamo? Dei Vermicoli?». Ron urlò, le orecchie paonazze.

«Non intendevo dire questo… io…». George era imbarazzato. Ginny si teneva aggrappata ad Harry con gli occhi pieni di lacrime.

«Cosa credi? Che per noi sia niente aver perso un fratello? – continuò Ron – Anche noi soffriamo almeno quanto te, ma sappiamo che potremo sempre farci forza l’uno con l’altro nella nostra famiglia e questo ci da forza! Io sono certo – Ron urlava tanto che molti si girarono a guardarlo – che i miei fratelli sapranno supplire alla mancanza di Fred, anche se non sarà la stessa cosa che averlo ancora qui.».

George e Ron boccheggiavano: l’uno per l’angoscia, l’altro per la rabbia.

Quella notte la passarono tutti nella Sala di Ritrovo. Per quanto molti si sforzarono di risollevare il morale di George nessuno ci riuscì. Harry pensò che, alla fine, gli sarebbe passato da solo, ma non riusciva ad immaginare quando l’ultimo dei gemelli Weasley sarebbe tornato la persona allegra e spensierata di sempre. Lui, Harry, aveva già sperimentato la perdita di molte persone a lui care, ma non riusciva ad immaginare quanto poteva essere dolorosa la perdita di un gemello.

 

Il giorno dopo, Harry, si svegliò accasciato sul tavolo come George la sera prima. A quanto pareva il sonno aveva avuto la meglio sull’euforia e la tristezza delle ore precedenti. Scese in Sala Grande a fare colazione. Dappertutto si vedevano facce allegre per la sconfitta del più grande mago di tutti i tempi. Harry si sedette affianco a Ron ed Hermione e provò immediatamente una forte nostalgia al pensiero che, seppur non frequentato proprio assiduamente, quello era il suo ultimo anno e che presto avrebbe dovuto lasciare il suo posto ad un giovane maghetto di undici anni tutto emozionato.

«Come hai vecchi tempi, eh?» gli disse Ron con la bocca piena di porridge ripescato per l’occasione dagli avanzi di Natale.

«Già, concordo appieno.» gli rispose Harry tutto soddisfatto.

«Sapete – gli interruppe Hermione – ora che sono qui, penso che leggerò qualche libro della biblioteca e mi eserciterò negli Incantesimi. Dopo tutto, solo perché noi siamo esonerati dagli esami, non vedo perché non dovremmo allenarci un po’».

«Perché invece non ti alleni solo tu? Non ti pare che ci siamo allenati abbastanza quest’anno?» Sbottò Ron. Harry sorrise. Sembrava non fosse passato neanche un istante dalla fine del quinto anno, quando Hermione era nervosissima per i Gufo imminenti, e Ron cercava sempre di non pensarci.

«Ehi, ragazzi. Avete letto questo?». Seamus era appena arrivato con una copia della Gazzetta del Profeta in mano. Hermione abilissima con la carta (merito di tante ore in biblioteca) strappò di mano il giornale a Seamus, lo aprì, lo appoggiò, alla brocca del Succo di Zucca e lesse in silenzio.

«Scusa, sai – le fece Ron sarcastico – vorremmo leggere anche noi se non ti dispiace.».

«Ah… sì… scusate… l’abitudine…». Ron prese il giornale e lo mise in mezzo per far leggere anche Harry senza smettere di guardare divertito Hermione.

Sulla Gazzetta sotto una foto in bianco e nero, in una posa un po’ confusa c’era un mago col cappuccio che mandava a terra un ladro appena fuggito dal Ghirigoro con l’incasso. L’articolo diceva così:

 

UN’ EROE CITTADINO O UN EX MANGIAMORTE?

 

Alle dodici e un quarto di ieri, chi si fosse trovato davanti al negozio Ghirigoro, il maggiore fornitore di libri per uso didattico, (e per quanto ne so anche unico!!!) ha certamente potuto osservare una scena davvero curiosa: un ladro aveva appena rapinato il Ghirigoro quando, scappando col bottino, si è trovato di fronte ad un mago materializzatosi in quel momento, che con tenacia e sangue freddo ha saputo mettere K.O. lo sventurato. «È stato davvero incredibile – ha confermato un commesso assunto da poco nel negozio – quel ladro mi aveva Pietrificato, ma ho potuto assistere a tutta la scena dalla finestra del negozio. Il ladro stava fuggendo quando, di colpo, è apparso un mago vestito di verde, con un cappuccio e ha appesso il malfattore per una caviglia, a mezz’aria fin quando non è svenuto. Dopo l’ha fatto precipitare a terra di testa, ha raccolto i Galeoni e li ha posati sul mio bancone senza Depietrificarmi perché non scoprissi chi era. Mi disse solo “tieni e non preoccuparti, Wonder Magic veglia su di te”. Dopo di chè e uscito dal negozio e si è smaterializzato.».

“Wonder Magic” questo è il nome dell’uomo che non pochi chiamano già “eroe”. Ma è davvero così? Forse no. In effetti il suo modo di agire ricorda esattamente un drammatico evento accaduto alla scorsa Coppa del Mondo di Quidditch quando un Babbano e la sua famiglia si ritrovarono sospesi sopra un corteo di Mangiamorte. È forse possibile che sotto le mentite spoglie di ‘eroe’ si celi in realtà uno dei fieri Mangiamorte? È forse possibile che uno di quelli che un tempo servivano Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato si sia pentito e abbia cercato di rimediare in questo modo ai suoi sbagli dopo che l’Oscuro Signore è caduto definitivamente in uno scontro col giovane Potter? (per una più approfondita spiegazione degli eventi che hanno portato alla caduta del Signore Oscuro vedi precedente articolo, sempre scritto dalla vostra inviata speciale Rita Skeeter). Per ora non ci è dato saperlo. Una cosa comunque sembra certa; questo nuovo evento sembra proprio destinato ad attutire per un po’ l’interesse che fino ad ora era stato puntato sul giovane Harry Potter. (Per una dettagliata spiegazione sulla voce che un drago sia fuggito dalla Grincott vai a pag. 20.)

 

 «Accidenti; Harry questo Wonder-Come-Si-Chiama, sembra deciso a rubarti la piazza!» disse Ron con un finto tono serio.

«Sai quanto mi dispiace!» rispose Harry sorridendo.

 

Spero vi sia piaciuta fino ad ora, ma dopo migliora… Detto questo, al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** 2.La tomba di Silente ***


2.La tomba di Silente

Ecco postato il secondo capitolo! Leggete e recensite!

 

2.La tomba di Silente

 

Quel giorno Harry non seppe come passarlo. Ovunque guardasse vedeva studenti presi nel ripassare tutto ciò che avevano studiato in sette anni, in modo da prepararsi per i Mago, e nonostante la malinconia, l’ansia prima degli esami non gli mancava proprio! L’unica che, come al solito, aveva ancora voglia di studiare, era Hermione. La si trovava spesso in biblioteca; anche se adesso era accompagnata da uno svogliatissimo Ron che la seguiva per farle compagnia. Tutta la scuola sembrava essere messa a nuovo dopo la lotta della sera prima. Anche le enormi Clessidre per segnare i Punti delle Case erano state riparate e, ovviamente, con Piton nel ruolo di Preside, la clessidra più piena era quella dei Serpeverde.

«Povero Ron.» sentenziò Ginny sul fare della sera mentre, con Harry, stava seduta di fronte al fuoco.

«Perché?» chiese Harry girandosi a guardare verso il tavolo dove Ron stava con aria afflitta a sentire la ripetizione di Hermione.

«Ah, ho capito!». Ron gli rivolse uno sguardo del tipo che-ci-posso-fare? e Hermione lo richiamò al dovere.

Un’ora dopo Ron si avvicinò ad Harry con l’aria distrutta, mentre Ginny andava verso Hermione.

«Non ne potevo più di sentire ancora storie di lotte sui giganti! Pensavo che dopo la lotta con Voldemort l’avremmo fatta finita con Storia della Magia.»

«È il prezzo del successo.» disse distrattamente Harry.

«Senti – continuò – prima o poi dovrò andare alla tomba di Silente per restituirli la Bacchetta di Sambuco; vuoi venire con me?». Ron grugnì.

«Lo vorrei – disse – ma Hermione dice che dopo si dedicherà ad Aritmanzia, poi ad Antiche Rune, più tardi ripasserà di nuovo Incantesimi perché vuole rivedere di nuovo gli Incantesimi Rallegranti, poi ancora…»

«Okay, ho capito non hai tempo.».

Di colpo il quadro della Signora Grassa si spostò per lasciar passare la McGranit.

«Quidditch!» disse solamente e ci fu un gran boato. Harry si illuminò; la Bacchetta poteva aspettare. Era da troppo tempo che non giocava a Quidditch e non vedeva l’ora di sentire di nuovo l’odore dell’erba, il boato dei compagni di Grifondoro (sicuramente centuplicato dopo la sua vittoria su Voldemort)…

«Per poter sfogare l’euforia generale di questi giorni – stava dicendo la McGranit – col professor Lumacorno, abbiamo deciso che alla fine del mese ci sarà una partita di Quidditch! I provini si terranno, naturalmente, sul campo, che dovrà essere prenotato rivolgendosi agli insegnanti delle rispettive Case. Madama Bumb assisterà alle prove di ogni squadra per decidere quali squadre dovranno fronteggiarsi alla fine. Confido pienamente che i giocatori si metteranno davvero d’impegno per arrivare alla disputa finale. Confido inoltre nell’abilità del Cercatore migliore che Grifon… Hogworts abbia mai avuto!». Così dicendo lanciò a Harry uno sguardo pieno di orgoglio che al ragazzo ricordò incredibilmente Baston. Detto questo, la McGranit uscì per portare l’annuncio alle altre Case.

«Caspita! – disse Ron – siamo qui da ieri e già dobbiamo preoccuparci di vincere la coppa di Quidditch per la McGranit!»

«Hai ragione. – scherzò Harry – Dobbiamo controllare se in realtà non fosse un Mangiamorte che cerca oggetti di Hogworts per farne degli Horcrux!».

«A proposito di Mangiamorte; pensi davvero che uno di loro possa andare in giro a difendere i cittadini, mascherato e col nome di Wonder Magic?» chiese Ron.

«Non lo so, ma mi piacerebbe scoprirlo. Anche se sarà difficile visto che noi siamo dentro mentre lui è fuori dal castello.»

«Già. Forse è vero.»

«Rooon! Vieni un momento?» lo chiamò Hermione.

«Addio! Ricordati di me!» disse il ragazzo sconsolato e si alzò lasciando Harry a pensare.

Ora doveva pensare a rimettere insieme la sua vecchia squadra, poi avrebbe restituito la Bacchetta a Silente. Non sapeva come l’avrebbe presa rivedendo l’uomo che per sei anni l’aveva aiutato ed addestrato a sconfiggere Voldemort; però doveva farlo. Ma ci sarebbe stato tempo, ci avrebbe pensato il giorno dopo… inevitabilmente una vocina gli disse “avevi detto la stessa cosa quando dovevi risolvere l’indovinello dell’uovo d’oro per il Torneo Tremaghi: c’è sempre tempo!”. Aveva imparato a sue spese che non si sa mai cosa ti riserva la vita, né quanto tempo hai ancora. “Guarda Fred…” si disse. Si girò verso George; stava ridendo e scherzando con Seamus e Dean, ma appena si distraeva un poco tornava subito cupo. No. Doveva farlo subito. Prima che quella Bacchetta finisse di nuovo nelle mani sbagliate. Si alzò dalla poltrona e si diresse verso il quadro della Signora Grassa dando un ultimo sguardo a George il quale, quasi avesse saputo il motivo che lo spingeva ad uscire in quel momento, lo guardò senza parlare.

Harry uscì dal portone del castello e si avviò verso la tomba di Silente mentre il sole iniziava a tramontare. L’aria era immobile, quasi trepidante insieme a lui. Stava dirigendosi nello stesso luogo dove aveva incontrato Barty Crouch Senior che, in preda alla follia, gli chiese di andare a chiamare Silente perché era l’unico che poteva aiutarlo. Ovviamente Silente accorse subito; anche se ormai era troppo tardi. Ricordò le parole dette dal Preside al secondo anno: “Si accorgerà che io avrò veramente lasciato la scuola soltanto quando non ci sarà più nessuno che mi sia fedele”. Harry era certo che Silente era ancora con loro, ma non per il suo quadro nell’ufficio del preside, e neanche per tutte le massime che aveva elargito a molti, a tutti, (con le quali si riempirebbe un’enciclopedia per la verità…); Silente era con loro perché loro erano ancora con lui. Harry arrivò davanti alla lapide di marmo bianco che, se non fosse stato per una piccola crepa sul fianco, si sarebbe potuto dire che nessuno l’aveva ancora toccata. Harry era ancora lì, indeciso su quando si sentiva pronto per quello che doveva fare. Alla fine si decise, prese la bacchetta, la puntò contro la tomba, e disse Mobiliterra! La terra si alzò all’improvviso e ricadde da un lato. Dentro la fossa c’era una tomba bianca. Harry l’aprì e rivide il volto di quel vecchio saggio, immobile. Di nuovo gli sembrò che dormisse. Non sapeva cosa dire.

«Ehm… p-professor Silente… q-questa è la Bacchetta di Sambuco. Se vuole gliela metto fra le mani…» Harry mise la Bacchetta tra le mani incrociate di Silente con dita tremanti.

«E-ecco qua… fatto.» disse ancora imbarazzato. Si ricordò di come aveva urlato contro Silente alla fine del quinto anno e di come fosse imbarazzato all’inizio dell’anno successivo quando si trovarono di nuovo a parlare insieme in un magazzino delle scope alla Tana. Pensò ancora a come il Preside aveva, durante tutta la sua vita, architettato continuamente nuovi piani per far sì che si salvassero quanti più possibile dalla guerra contro Voldemort. Si ricordò di quando aveva mentito per proteggere Harry e tutto l’Esercito di Silente e rischiando così di finire ad Azkaban e di come era sempre allegro e calmo in ogni situazione, anche quando si preannunciava il ritorno di Voldemort. Si ricordò, infine, del suo testamento nel quale lasciava ad Harry il Boccino d’Oro catturato (o meglio quasi inghiottito) alla sua prima partita; di come al contatto con le sue labbra comparse la scritta “Mi apro alla chiusura”; frase che lo portò a sacrificarsi per tutti, in modo che tutti fossero protetti da quella forza invisibile che Voldemort non aveva mai capito: l’amore. Quello fu l’ultimo piano macchinoso di Silente per aiutare lui, Harry, a salvare se stesso e gli altri. Ma Harry sapeva che quella di Silente non era davvero la fine. La sua “chiusura” era solo l’apertura di un nuovo inizio nel luogo dove, Harry ne era certo, lo stava aspettando per salutarlo di nuovo, con un largo sorriso e definendolo ancora una volta “Meraviglioso ragazzo. Uomo di enorme coraggio.”

 

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Ci vediamo al prossimo!

P.S.: Scusate le continue modifiche!

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Capitolo 3
*** 3.Wonder Magic nel castello ***


3 wonder magic nel castello

3.Wonder Magic nel castello

 

«Com’è andata?». Ron era in piedi affianco al letto a baldacchino di Harry. La sera precedente, Harry, era tornato giusto in tempo per ficcarsi nel letto e aveva trovato un Ron già bello e addormentato nel suo letto, perciò si stupì molto per quella domanda.

«Com’è andata cosa?» chiese Harry.

«La tomba di Silente, ricordi? L’uomo che ci ha fatto girare per il mondo, alla ricerca degli Horcrux, guidati dai suoi indovinelli tanto intelligenti?» rispose Ron con le sopracciglia inarcate. Harry si risentì un po’ sentendo apostrofare Silente in quel modo.

«Come sai che ci sono andato ieri?» gli chiese ancora.

«Come lo so? Harry, hai sconfitto Voldemort! Ormai tutti sanno anche quando respiri! Ovvio che la tua uscita di ieri sera non è passata inosservata!». Harry si sentì un’idiota.

«Allora com’è andata?» insistè il rosso.

«Bene, penso – rispose Harry – gli ho ridato la Bacchetta di Sambuco e ho rimesso tutto a posto.»

«E… com’è stato da vedere?» Chiese Ron con discrezione.

«Strano. Voglio dire, era normale… ed era ancora intero… ma era strano. Sembrava che fosse ancora vivo e che stesse solo dormendo.».

Ron lo guardò con uno sguardo penetrante che Harry gli aveva visto solo una volta e gli sembrava ancora troppo fuori posto sulla sua faccia.

«Su, dai, scendiamo a mangiare. Ho una fame che non ci vedo!» Disse il rosso e si precipitò fuori dalla stanza.

In tutta la Sala Grande sembrava che solo Hermione non si fosse accorta dei traffici notturni di Harry; tutti gli altri avevano gli occhi puntati su di lui.

«Dove sei andato ieri sera?» gli chiese George

«A restituire la Bacchetta di Sambuco al legittimo proprietario.».

Molti si scambiarono occhiate incuriosite, altri restarono del tutto indifferenti, ma stranamente nessuno fece domande.

«Ragazzi, non ci crederete mai.» disse Neville spuntando di colpo affianco ad Harry.

«Allora perché ce lo dici?» disse sarcasticamente Ron. Neville sorrise.

«Guardate qua!»; il ragazzo dal viso paffuto pose sul tavolo la Gazzetta del Profeta di quel giorno.

«È stato visto ad Hogsmade.».

Harry ebbe una stretta allo stomaco. L’ultima volta che aveva sentito quelle parole era stato al terzo anno quando un assassino gli dava la caccia. Quell’assassino era in realtà il suo padrino; Sirius Balck. Harry lo salvò dal bacio del Dissennatore lo avrebbe lasciato peggio che morto. Purtroppo il padrino ebbe l’occasione di ricambiare il favore, alla fine del quinto anno, quando, insieme all’Ordine della Fenice accorse per salvarlo nell’Ufficio Misteri del Ministero della Magia. Lì perse la vita in un incontro con Bellatrix Lastrange, sua cugina, che allora era una Mangiamorte in piena attività.

Harry si costrinse a non pensare alle ultime ore di Sirius e lesse il giornale.

C’era un’enorme foto in bianco e nero, animata e che mostrava un mago con un mantello con cappuccio che correva di fronte al negozio di Madama McClan Abiti per tutte le occasioni; sotto un articolo che diceva:

 

WONDER MAGIC È AD HOGSMADE

 

Avvistato di nuovo il misterioso individuo che si fa chiamare Wonder Magic. Una Magonò, di nome Arabella Doreen Figg, residente in Privet Drive, ha affermato:

«Sì, ero uscita dal negozio di Madama McClan. Sa, avevo comprato un vestito per il matrimonio del nipote  di un mio lontano parente. Mentre uscivo vidi quel mago che avevo già visto apparire sui giornali. Così ho voluto scattare una foto con questa macchina fotografica che sviluppa istantaneamente le foto rendendole già animate! Ai miei tempi queste raffinatezze non c’erano, così, quando l’ho vista, l’ho voluta subito comprare. Oh, ma mi servirà anche al matrimonio; così ne conserverò qualche ricordo e…». Come avrete senz’altro capito, grazie al racconto estremamente dettagliato della nostra testimone, Wonder Magic si aggira ad Hogsmade; e chissà che non finisca ad Hogworts, come ha già fatto il famoso Sirius Black, l‘uomo che poi si scoprì essere innocente e per di più padrino dell’ancor più  famoso Harry Potter.

 

«Ad Hogsmade? E che ci faceva ad Hogsmade?» chiese Ron.

«Non lo so.». A Harry non interessava un granchè; Finalmente aveva chiuso il capitolo con Voldemort e non aveva nessuna intenzione di aprirne un altro con quel fantomatico ‘Wonder Magic’.

 

Tutta la mattinata Harry la passò cercando di reperire tutti i componenti della sua squadra di Grifondoro. Ovviamente avrebbe dovuto assumere un altro Battitore ora che Fred non c’era più (certamente non avrebbe mai riammesso Cormac McLeggend nella sua squadra). Naturalmente il Portiere rimaneva Ron. Per quanto si sforzò, comunque, riuscì a trovare solo Alicia Spinnet e Angielina Jonson. Purtroppo gli mancavano ancora un Battitore e un Cacciatore.

«La Cacciatrice la farò io, – disse Ginny al pomeriggio quando, con Harry, stava giocando una partita a Spara Schiocco – ma George non farà il Battitore.».

«Perché?» chiese Harry stupito «Ha sempre amato giocare a Quidditch!»

«Dice che non ha senso giocare senza suo fratello anzi per usare le sue parole ‘È come se si volesse ascoltare qualcosa con due orecchie avendone solo una’. Non è difficile capire a cosa alluda.».

Harry era avvilito. Guardò George che stava seduto da solo con una bottiglia di Burrobirra in mano.

«Vado a parlargli.» disse Harry risoluto mollando le carte sul tavolo.

«Si, bravo, tiragli un orecchio!» disse Ginny sorridendo.

Harry si avvicino al tavolo dove George stava bevendo tutto solo e gli si sedette affianco.

«Ehi, che fai?» disse. George girò solo gli occhi. Harry decise di passare al dunque.

«Perché non vuoi giocare?»

«È inutile! È come voler ascoltare qualcosa con du…»

«Con due orecchie quando ne hai uno solo. – lo interruppe Harry – Si me l’ha detto Ginny.».

«Allora che vuoi?» sbotto George. Harry restò sorpreso. George, di solito, avrebbe fatto una battuta sulla stupidità dell’argomento, non avrebbe mai risposto a quel modo. Forse solo allora si rese davvero conto di ciò che il gemello stava passando.

«Secondo me, non devi fare così – riprese Harry – non devi chiuderti in te stesso. Anch’io ho sofferto molto quando scomparve Sirius, e anche quando morì Silente, ma sono andato avanti. So che anche loro lo vorrebbero.». Dire quelle cose, ricordare quelle persone gli fece male da morire, ma sembrò che George non se ne accorgesse perché urlò:

«Non è la stessa cosa! Fred era mio fratello gemello, capisci? È come se fossi morto io!». Molti si girarono a guardarlo. Ron si avvicinò a loro seguito da Hermione.

«Che succede?» chiese Ron. Ora si era aggiunta Ginny.

«Non ti interessa.» ribatte George.

«Sì che c’interessa. Siamo tuoi fratelli.» disse Ginny. Per tutta risposta George salì nei dormitori dei maschi sbattendo la porta.

«Almeno tu, dimmi cos’è successo.» disse Ron con l’aria confusa rivolgendosi a Harry.

«Gli ho chiesto perché non voleva entrare di nuovo nella squadra e ha detto che senza il fratello non ce la fa. Ho cercato di spiegargli che doveva cercare di superare l’accaduto invece di isolarsi, ma è finita così.». Harry si sentiva in parte colpevole. Non pensava che George la prendesse così a male sentendo nominare suo fratello.

«Sono sicuro che gli passerà…» affermò Ron con l’aria di chi non crede alle proprie parole.

«Ora cosa farai per la squadra?» chiese Ginny.

«Non lo so.» rispose Harry.

«Be’ cercare due persone che vogliono giocare da Battitori non dev’essere un’impresa così ardua.» disse Ron ancora scosso.

«Scusa Harry – lo interruppe Dean Thomas – stai cercando un battitore?»

«Due per la verità.» risposero insieme Harry e Ron. «Tu vorresti entrare in squadra, vero? Hai nessuno per l’altro posto di Battitore?» chiese Ron.

«Posso chiedere a Dennis Canon… sono sicuro che accetterà!» rispose con un sorrisetto. Harry sorrise triste a sua volta; il fratello di Dennis era Colin che, fin dal secondo anno, aveva una stima smodata per Harry; o, almeno, la aveva prima di restare coinvolto nella guerra contro Voldemort. Ora aveva tutti i giocatori che servivano alla squadra e lui, Harry, doveva solo andare dalla McGranit per prenotare il campo per i provini; decise di andarci subito.

Harry uscì dalla Sala di Ritrovo e si diresse all’ufficio della professoressa McGranit. Arrivato di fronte all’ufficio, si ricordò che ormai la professoressa occupava l’ufficio che una volta era stato di Silente. Rifece quindi il percorso a ritroso fino a trovarsi di fronte al Gargoyle di pietra. Harry non sapeva la nuova parola d’ordine.

«Che ci fai di fronte al mio ufficio, Potter?» la McGranit era apparsa di colpo dietro al ragazzo.

«Ehm… volevo venire da lei per sapere quando potrò… fare i provini per i nuovi giocatori di Quidditch… ehm… professoressa.»

«Ah, hai già trovato due candidati? Chi sono?» chiese con un sorriso.

«Dean Thomas e Dennis Canon, professoressa. Mi sono sembrati piuttosto validi.». Harry pensò che, ansiosa come era, la professoressa McGranit, di vedere la coppa di Quidditch nel suo studio, non era il caso di dirle che non c’erano altri candidati per sostituire i primi due semmai i provini fossero andati male.

«Vieni con me Potter. Anch’io devo farti un discorsetto.». Harry si sentì male. Non aveva fatto niente, ma la McGranit aveva la spiacevole abitudine di farti sentire in colpa anche quando eri del tutto innocente.

«Mi Trasfiguro in un gatto soriano!» disse la professoressa davanti a Harry che la guardò incuriosito.

«Non badarci era solo la parola d’ordine per entrare in ufficio.» gli disse la McGranit intercettando lo sguardo del ragazzo. Harry rimpianse la fantasia di Silente nello scegliere le parole d’ordine. Salì con la professoressa su per la Scala a Chiocciola girevole e si ritrovò nell’ufficio della McGranit. Non era cambiato molto. Gli strani strumenti d’argento di Silente erano ancora sui loro tavoli dalle gambe sottili, la scrivania era sempre quella dove Silente aveva poggiato molte volte il suo Pensatoio nel quale Harry aveva rivissuto i punti salienti della vita di Riddle. Solo la sedia era stata sostituita con una dallo schienale rigido (che tanto piacciono alla McGranit!). Al vedere Harry, tutti i quadri lo salutarono in coro. «Bentornato, caro signor Potter! Bentornato!» gridò il quadro di Phineas Nigellus smettendo di lisciarsi i guanti di seta di colpo.

«Di nuovo qui Harry?» disse una voce pacata. Harry si girò. Dietro la scrivania c’era il quadro di Albus Silente.

«Buonasera, professore.» disse il ragazzo.

«Ti prego, Harry, chiamami soltanto Albus. Ovviamente puoi chiamarmi anche solo Silente, ma l’importante e che tu elimini quel ‘professore’. Non ti pare? A proposito grazie per aver mantenuto la promessa ed aver restituito la Bacchetta di Sambuco alla terra.»

«Come lo sa?» chiese Harry.

«Ho i miei informatori.» rispose il mago guardando la professoressa McGranit.

«Ti ha visto dalla finestra di questa stessa stanza.» aggiunse Albus Silente allo sguardo ancora confuso di Harry.

«Ora se ci vuoi scusare, Albus, il signor Potter ed io avremmo un discorso importante da fare.» fece la McGranit brusca.

«Oh, ma certo – disse cortese Silente – credo proprio che andrò al pub la Testa di Porco. Ora Albrthford ha appeso un mio quadro dietro al bancone!» detto questo, il piccolo Silente, uscì dal ritratto lasciando dietro di se un drappo rosso e una sedia, soli su uno sfondo nero.

«Ora, Potter, se vuoi sederti…» disse la McGranit facendo segno ad una sedia di fronte alla cattedra mentre lei prendeva posto dall’altro lato del tavolo.

«Per quanto sia importante il Quidditch, Harry – incominciò la professoressa – ho da discutere con te di un argomento di maggiore importanza.». la McGranit si interruppe e guardò Harry come se si aspettasse di sentirgli chiedere di cosa doveva parlargli. Ciò non avvenne, così la professoressa continuò.

«Se non ricordo male, alla fine del tuo quinto anno, durante il Colloquio di Orientamento, tu hai espresso il desiderio di diventare Auror. Hai ancora questo desiderio?». Harry non seppe cosa rispondere. Essere Auror era l’unica carriera a cui avesse pensato, se doveva essere sincero, ma ora non sapeva cosa dire. Guardò i ritratti che non si sforzavano più di sonnecchiare e che stavano, invece, attenti al discorso e l’occhio gli cadde sul ritratto che di Phineas Nigellus che ricambiò il suo sguardo. Pensò a come Hermione era stata furba nel portare con sé una copia di quel quadro per farsi dire cosa succedeva nel castello durante la guerra contro Voldemort e a quello che gli disse poco tempo dopo Silente: “Tu e Lord Voldemort avete viaggiato insieme in regni della magia finora ignoti e mai sperimentati.”. A parere di Silente, se c’era qualcuno che doveva diventare Auror, questo era lui. Harry decise di non tirarsi indietro all’ultima volontà del vecchio Preside e disse:

«Sì! Intendo ancora essere un Auror.»; la McGranit gli regalò uno dei suoi rari, enormi sorrisi.

«Ne ero sicura, Harry.» gli disse con fare incoraggiante. Subito dopo si rifece seria e riprese con tono ufficiale.

«A questo punto signor Potter, dovrà capire che dovrà sostenere un esame, per avere l’attestato della scuola, di fronte al Ministro della Magia.». Harry sbiancò. Facendosi forza disse:

«Che genere di esame… voglio dire… di teoria, di pratica… ehm… professoressa?».

«Tutti e due. – rispose lei senza scomporsi – Farai gli esami nel giorno in cui faranno gli esami tutti gli studenti, anche se qui nel mio ufficio.». Dopo un po’ aggiunse:

«Ovviamente dovrò dare lo stesso annuncio alla signorina Granger e ai tre fratelli Weasley.».

«Professoressa – disse Harry – avete detto i tre fratelli Weasley? Questo vuol dire che anche… George deve fare l’esame?»

«Si, signor Potter – rispose la McGranit – ritengo sia giusto offrire al signor Weasley George l’opportunità di conseguire gli esami, anche se la presenza della ex-docente Umbridge lo ha letteralmente fatto scappare.». Harry sorrise al ricordo, anche se non pensava che George avrebbe gradita questa premurosità da parte della professoressa. Dopo un po’, Harry, aggiunse:

«Anche ginny? Lei è del sesto anno. Non ha gli esami.»

«Hai ragione – affermò la McGranit – le faremo fare solo un piccolo test per verificare il stadio d’apprendimento». Harry chinò la testa, sconsolato. Dopo un breve minuto di silenzio la McGranit aggiunse fiduciosa:

«Sono certa che supererete anche questa prova!».

 

Harry uscì dall’ufficio della Preside un’ora dopo. I provini erano stai fissati ogni martedì a partire dalla settimana seguente. Ora come ora, tutta la nostalgia degli anni passati nel castello era drasticamente calata. Col morale a terra rientrò nella Sala di Ritrovo di Grifondoro.

«Com’è andata?» chiese Ron appena Harry rientro dal buco del ritratto.

«Non vuoi veramente saperlo.» gli rispose Harry.

«Perché? Cos’è successo? Non ci sono momenti liberi? Quegli odiosi dei Serpeverde hanno già prenotato tutto il mese per i loro allenamenti?»

«Peggio! Ora anche io, tu, Hermione, George e Ginny abbiamo gli esami!» disse Harry d’un fiato.

«Coooooosa? Vai lì per chiedere il campo per i provini e ci affibbiano un esame a tutti e cinque! Sei proprio inaffidabile!».

«Ho sentito bene Harry? Avremo gli esami?» chiese Ginny che si era avvicinata ai primi due.

«Oh, ma è fantastico!» esclamò Hermione aggiungendosi a tutti e tre.

Ron in modo molto poco gentile fece notare ad Hermione che tutto il contrario che ‘fantastico’, ma poi dovette scusarsi.

Quella notte Harry andò a letto col morale sotto le scarpe. Si sdraiò nel letto, ma prima di dormire ci mise un po’. Gli sembrava tutto incredibile: due giorni prima, Harry, avrebbe scommesso di essere felice solo dopo la definitiva caduta di Voldemort, ed ora eccolo lì, di nuovo angosciato per una cosa stupida quanto un esame! “La vita è pazza.” pensò. Inevitabilmente ricominciò a pensare a quando aveva visto il quadro di Silente; vedere e parlare con un Silente dipinto non era stato certo come parlare con quello vero, ma lì per lì gli aveva dato una forza immensa. Pensò a quante vittime quella stupida guerra aveva fatto. Ripensò alla frase di George “Fred era mio fratello gemello, capisci? È come se fossi morto io!”. Sul momento quella frase gli era sembrata esagerata, ma, ripensandoci, doveva ammettere che non poteva certo sapere come doveva essere perdere una persona che ti era stata vicina fin da prima della tua nascita.

 

*

«Come và a te? Ricordi qualcosa?». Harry e Ron erano seduti ai tavoli rotondi della sala di ritrovo di Grifondoro per qualche ripasso pre-esame. Poco distante Hermione stava ripetendo a Ginny qualche nozione di Antiche Rune.

«Poco a dir la verità.» rispose Harry. Nonostante tutti i combattimenti che in sette anni aveva avuto modo di fare, ancora non riusciva a capire ciò che bisognava fare per fare quello che aveva fatto. Era come se gli Incantesimi gli vanissero a istinto; il che era comunque una buona cosa, ricordo Harry a se stesso, ma solo nei duelli. A quanto pareva il ragazzo-che-è-sopravvissuto sapeva benissimo mandare all’aria i piani dell’ ex-stregone più bravo del mondo, ma ricordava a stento i movimenti per evocare un Incantesimo di Librazione come si deve.

«Dovrebbe essere così» disse il bruno cercando di rifare ‘a istinto’ l’incantesimo di Librazione Wingardium Leviosa e osservando i suoi stessi movimenti per vedere se faceva bene. Come risultato, la piuma sul tavolo non si alzò di un millimetro. Così non ci riusciva; se osservava i suoi movimenti non funzionava l’Incantesimo, se non osservava i suoi movimenti non aveva speranza di superare l’esame. Alla fine si fece osservare da Ron che poi rifaceva le sue mosse senza pronunciare la parola magica. Ora l’ultimo scoglio erano gli Incantesimi Non Verbali. Per quanto si sforzassero, sia lui che Ron, non riuscirono proprio a far sollevare le loro piume senza pronunciare l’Incantesimo fino all’ora di pranzo.

«Siamo senza speranza.» disse Ron. In un colpo solo era sparita tutta la sua allegria.

«È stata proprio una buona giornata. – disse Hermione a Ron e ad Harry – ho scoperto di ricordarmi tutto quello che avevo studiato di Antiche Rune e Babbanologia. A voi com’è andata con Incantesimi?» chiese sorridente.

«Vuoi che te lo dica?» rispose Ron cupo «Proprio non ci riesco a fare gli Incantesimi Non Verbali!» aggiunse.

«Tranquillo poi li rivediamo insieme.» gli disse Hermione incoraggiante

«Yuhuuu!» le fece verso il rosso. Sul volto di George apparve un piccolo sorriso alla battuta del fratello. Harry lo notò tra un boccone di pasticcio di fegato e di rognone del suo piatto e un altro.

Al pomeriggio, Harry, Ron, Hermione, Ginny, e George, erano tutti nella classe di Incantesimi. Il professor Vitious (miracolosamente messo a nuovo da Madama Chips) era andato personalmente a chiamarli per dire loro che si sarebbero allenati con lui in Incantesimi quel pomeriggio, così, ora, stavano ripassando tutti gli Incantesimi che avevano imparato in quei sei anni.

«Be’ naturalmente ragazzi – annunciò il professore con la sua voce acuta e squillante – ripasseremo solo gli Incantesimi che abbiamo studiato fino al sesto anno, in quanto, tutti quanti voi, non avete appreso quelli del settimo. Harry, per favore, mi mostreresti come sai far Librare quei cuscini?». Il professor Vitious indicò una pila di cuscini dall’alto delle sua pila di libri su cui stava in piedi per potersi sporgere oltre la cattedra. Harry estrasse la sua bacchetta magica, la punto contro uno dei cuscini e disse: Wingardium Leviosa. Il cuscino si librò in aria e resto lì sospeso.

«Molto bene, signor Potter! Molto bene!» squittì il professor Vitious. Harry ritrasse la bacchetta e il cuscino ricadde su tutti gli altri.

«Lei, invece, signor Weasley, provi a Schiantarlo.» disse il professore rivolto a Ron. Ron avanzò e estrasse a sua volta la bacchetta.

«Stupeficium!» urlò e il cuscino andò a cozzare contro la parete di fronte.

«Benissimo! Incantesimo perfettamente eseguito!» strillò il professore in preda ad un delirio di gioia.

«L’altro signor weasley per favore…». Ron tornò vicino ad Harry bofonchiando: «Sfido che sono andato bene non abbiamo fatto che Schiantare Mangiamorte tutto l’anno!». Harry rise. George si avvicino alla pila di cuscini con il volto inespressivo.

«Allora… - disse il professore pensando ad una prova adeguata per George – Chiami a sé uno dei cuscini con un Incantesimo d’Appello e poi lo rimetta al suo posto con un Incantesimo Esiliante.».

George guardò il professore come aspettando qualche altro ordine. Visto che Vitius non parlò, disse pigramente:

«Accio cuscino.» e il cuscino volò per la stanza fino a George che l’afferrò con la mano sinistra. Allo stesso modo disse «Esilio!» e il cuscino ripiombò pesantemente sugli altri.

«Congratulazioni. – disse Vitious soddisfatto – Signorina Granger.» chiamò. Hermione avanzò barcollante, ma non fece mai la prova. In quello stesso istante risuonò un grido spaventato.

Harry e Ron si guardarono sconcertati. George si girò verso la fonte del rumore. Ginny, Hermione ed il professor Vitious trasalirono.

Harry spalancò la porta e si lanciò nel corridoio seguito da tutti gli altri. Per arrivare sul luogo dell’accaduto dovettero scendere di sei piani per poi trovarsi in cima alle scale, davanti al portone d’ingresso. Stagliato sullo sfondo di un sole calante oltre il portone di quercia c’era un mago vestito di verde che, con la bacchetta in mano teneva sospeso per la caviglia un ragazzo urlante.

«Harry, m-ma q-quello… quello non è per caso… Harry, quello non è Wonder Magic?» disse Ron in un sussurro spaventato.

«Si. – rispose Harry – ed hai visto chi è il ragazzo appeso?»

«Draco Malfoy!» sussurrò Hermione.

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Capitolo 4
*** 4.Gli Incantesimi Non Verbali ***


4 gli incantesimi non verbali

4.Gli Incantesimi Non Verbali

 

«Mettimi giù!». Draco urlava a più non posso. Il gruppetto sulle scale non sapeva cosa fare; così come il resto della folla che si era radunata attorno a quella strana scena.

«Perché se la sta prendendo con Malfoy? E com’è entrato qui?» chiese Ron senza smettere di fissare i due di fronte al portone.

«Non lo so – disse Harry – ma gli farò passare la voglia di prendersela con Malfoy ora che non ha fatto niente.». Il ragazzo impugnò la bacchetta ed Hermione lo prese per un braccio.

«Che fai? Sei impazzito?»

«Che c’è?» disse Harry spazientito

«Harry, non puoi lottare contro un mago adulto! Tralaltro in questo caso se ne possono benissimo occupare gli insegnanti, non è come con Voldemort.»

«Harry, ma quello non è l’Incantesimo Non Verbale Levicorpus?» disse Ron a mezza voce.

«Sì.» rispose semplicemente lui. Aveva già notato la cosa quando aveva letto il primo articolo su di lui trattato dalla Gazzetta del Profeta.

«Non so chi lei sia, giovanotto, ma la avverto che non tollero che qualcuno usi la violenza contro anche uno degli studenti di questa scuola!» disse il professor Vitious scendendo le scale.

«Sono qui solo per correggere un torto» disse l’uomo dal mantello verde sempre guardando Draco «Vero, piccolo delinquente?». Il mago aveva una strana voce gutturale. Draco sputò ai suoi piedi e disse:

«Non usi quel tono con me, pagliaccio verde!». Nonostante l’affermazione di Malfoy, Harry aveva il vago presentimento che i due si conoscessero.

«Ah, Harry Potter! Il-bambino-che-è-sopravvissuto!» Wonder Magic levò il capo incappucciato verso Harry; poi, con un solo gesto, lasciò cadere Malfoy a terra e puntò la bacchetta verso di Harry. Senza neanche accorgersene, Harry, si trovò sospeso a mezz’aria per la caviglia di fronte al mago.

Harry ebbe un improvviso flash di quando, al primo anno, durante la festa di Halloween, si era trovato a lottare contro un Troll di montagna che lo teneva per una caviglia con una sola mano. Ora la situazione era molto simile; anche se, per fortuna, Wonder Magic non cercava di colpirlo ripetutamente con una clava come cercava di fare il Troll. Harry cercò di recuperare la bacchetta che aveva riposto nei pantaloni senza farsi notare dal Mago dritto di fronte e intanto disse:

«Cosa vuoi da me?». Il mago rispose:

«Dì un po’, ti è piaciuto avere i tuoi anni di gloria? Famoso per un evento di cui non conservi neanche il ricordo. È chiaro che ti dobbiamo la vita, ma ti sei mai soffermato a pensare a come sarebbe stata la tua vita se non fosse successo niente? Hai mai pensato come dev’essere torturante una vita fatta di ordini, senza avere la libertà, senza poter stare con la tua famiglia?». Harry recuperò la bacchetta e la puntò contro Wonder Magic, il quale, con grande meraviglia di Harry, non si scompose affatto.

«Provaci.» gli disse. Harry non si fece pregare. Puntò la propria bacchetta verso il mago vestito di verde e pronunciò:

«Stupeficium!». L’incantesimo volò fino al volto di Wonder Magic e, a pochi millimetri dal suo naso, cambiò direzione andando a sbattere contro la parete dietro di Harry, di nuovo sulle Clessidre Segna Punti. Harry strabuzzò gli occhi. Com’era possibile? Wonder Magic sorrise.

«Se non vi sembra troppo fuori luogo – intervenne la McGranit – vorremmo chiedervi come avete fatto ad entrare nel castello dal momento che non ci si può arrivare in volo, con la Materializzazione ed in qualsiasi altro modo.»

Il Mago sorrise in direzione della nuova Preside  e disse:

«I miei poteri magici vanno ben oltre quelli che gli antifurti del castello sono capaci di fermare.». Tutti si guardarono spaventati. Harry parlò ancora, il sangue alla testa:

«Che cosa vuoi da noi? perché sei entrato?»

«L’ho già detto. – rispose – Io sono ovunque ci sia un torto da raddrizzare. Come in questo caso…» e guardò di nuovo Draco che, nonostante fosse spaventato, guardava Wonder Magic con aria di sfida. Senza preavviso il mago lasciò cadere Harry per terra e se ne andò, fermandosi sul portone solo per dire ad alta voce:

«Se non ci tenete ad incontrarmi ancora, tenetevi alla larga da furti e cose simili. E ricordate: Wonder Magic veglia su di voi.». Detto questo schioccò le dita e sparì. Ancora seduto sul pavimento, illuminato dalla luce del sole quasi del tutto calato, Harry guardava Draco che ricambiava il suo sguardo senza sbattere ciglio. Si chiese chi fosse quel fantomatico individuo, come aveva fatto a superare gli incantesimi messi da Silente a guardia del castello, ma, soprattutto, si chiese perché, anche Wonder Magic, sembrava avercela con lui.

«Cosa avete combinato signor Malfoy?»; Lumacorno si stava avvicinando a Draco.

«Niente. Quel tipo è un bugiardo.» rispose il ragazzo.

«È sempre arrivato sul luogo del delitto al momento giusto – proseguì la McGranit – quindi, per quanto non apprezzi i suoi modi, temo che dovrai ritenerti in punizione.».

«Non possiamo farlo Minerva. – le fece notare il professor Lumacorno – fondamentalmente non è più tra i nostri studenti visto che non si è presentato all’inizio dell’ann…»

«Quello che non tollero, Horace – lo interruppe la professoressa McGranit con la voce molto alta – è che il signor Malfoy se la sia cavata così dopo aver tramato la rovina di Potter assieme ai suoi compagni Mangiamorte»

«Non è vero professoressa. – intervenne Harry mentre tutti i presenti si voltavano a guardarlo – Anzi, Draco ha cercato di salvarmi la vita, quando combattevamo Voldemort qui nel castello, e non solo a me.». Draco guardò Harry come se fosse stato insultato, ma a Harry non importava. Tutto sommato non voleva che Draco fosse punito quando non aveva fatto niente.

«Sei sicuro di quanto affermi Potter?» chiese brusca la McGranit.

«Sì.» rispose Harry. Draco si allontanò dalla folla dicendo:

«Scriverò ai miei e mi farò portare via da qui.» esplose Draco

«Fai pure – ribattè la professoressa McGranit – e intanto ringrazia Harry.».

Draco disse un “grazie” molto risentito e scappò via. Harry si avvicinò alla McGranit per chiedere il permesso di entrare nel suo Ufficio e parlare con Silente, dopo di chè si avviò ai piani superiori alla volta dell’ufficio del Preside.

«Mi Trasfiguro in un gatto soriano!» disse al Gargoyle di pietra che balzò di lato per lasciarlo passare. Harry arrivò in cima ed entrò nella sala circolare. Avvicinatosi al quadro di Silente vide che questo era vuoto.

«Profess… Silente?» lo chiamò. Silente non si fece attendere.

«Harry, che piacere rivederti. C’è qualcosa che devi dirmi?» disse Silente sorridendo.

«Ehm… sì. È successa una cosa strana oggi.» cominciò Harry.

«Che genere di cosa?» chiese l’ex-Preside unendo le punte delle dita e poggiandoci sopra la testa.

Harry spiegò ciò che era successo poco prima e, dopo aver finito, stette zitto per vedere cosa ne pensava il quadro.

«Se non erro, mi stai chiedendo come quel mago abbia fatto a superare gli Incantesimi di Difesa da me applicati alla protezione del castello, giusto?» chiese Silente pacato.

«Sì.».

«Ebbene, Harry, la mia risposta è…» Harry si avvicinò di più al ritratto, speranzoso…

«Che non ne ho la minima idea!».

Harry restò deluso.

«Per lei è possibile, che, quel mago, possa essere più forte di Voldemort? – riprese Harry – Tanto forte da poter fare un Sortilegio Scudo senza usare la bacchetta?».

«Credo che mentirei sicuramente dicendo che non ci potrà mai essere qualcuno all’altezza di Tom Riddle; anche se tu, Harry, lo hai lodevolmente battuto!» Harry sorrise.

«Di certo – riprese Silente – dev’essere un mago potente visto che si è Smaterializzato con completa noncuranza verso la magia del castello che glielo avrebbe dovuto impedire.». Harry pensò in un istante che quell’uomo si era Smaterializzato schioccando le dita come aveva visto fare solo dagli Elfi Domestici e lo disse al Silente del ritratto, per vedere cosa ne pensava.

«In effetti è curioso. – affermò – comunque, Harry, vorrai scusarmi, ma se non ti sarà di troppo impiccio, temo che, per ora, dovresti interessarti di studiare per i tuoi esami.». Gli occhi di Silente brillarono dietro agli occhiali a mezza luna.

«Infine, per quanto riguarda il giovane Malfoy – continuò – ti prego di non rendergli la vita più difficile di quanto non lo sia già. Certo, si è comportato in una maniera poco elegante, ma dubito seriamente che sarebbe andato davvero fino in fondo.»; Harry annuì e raccontò di come Draco, così come la madre prima di lui, gli aveva salvato la vita.

«Ecco – confermò Silente – è questo che intendo dire. Stavano vivendo una situazione difficile e non tutto quello che facevano lo facevano di loro spontanea volontà. Sono pronto scommettere che Voldemort gli abbia minacciati più di una volta per farsi obbedire, e, ovviamente, la minaccia era che altrimenti gli avrebbe uccisi.».

«Be’ potevano sempre rifiutarsi però. Io credevo proprio di dover morire quando sono andato nella foresta da Voldemort; Però non mi sono tirato indietro.» disse Harry ricordandosi della sensazione poco piacevole di quando, addentrandosi nella foresta, si stava preparando per quelli che credeva essere i suoi ultimi attimi di vita.

«Capisco che tu ti senta arrabbiato, Harry, ma, vedi, non tutti hanno il tuo stesso coraggio di fronte alla morte.» gli disse Silente. Harry guardò fuori dalla finestra soprappensiero. Silente aveva ragione, nonostante tutto Narcissa Malfoy aveva dimostrato un coraggio enorme facendo il doppio gioco con Voldemort all’ultimo minuto. Tanto quanto quello di Piton che, invece, aveva fatto la spia per anni. Senza nessun nesso con gli altri pensieri gli venne da chiedere:

«Cosa si prova a stare dentro un ritratto?». Silente lo guardò lievemente sorpreso. Quella domanda l’aveva in testa ormai da molto tempo in verità, ma non aveva granchè confidenza con gli altri ritratti tanto da fare loro una simile domanda. In cuor suo, Harry, sperò di non aver fatto una domanda troppo imbarazzante. Silente rispose comunque senza scomporsi

«Be’, Harry, penso che la risposta più adeguata sia che questa è solo una memoria di quello che sono stato da vivo.». Harry lo guardò interrogativo.

«In altre parole: questo è solo un ritratto che, bagnato dallo stesso liquido che rende animate le fotografie, lo fa agire, parlare e pensare come la persona a cui è dedicato, ma non è la persona stessa. Quello che io sono veramente è ormai nel luogo dove l’hai incontrato l’ultima volta. Io ne conservo solo i ricordi.».

«Quando dice ‘il luogo dove l’hai incontrato l’ultima volta’ intende dire, forse, quello dove io ci ho visto la stazione di King’s Kross?» chiese Harry.

«Sì!» rispose Silente sorridendo per quel ricordo.

 

*

 

Harry uscì dall’Ufficio del Preside seriamente pensieroso. Sapeva già che quello del ritratto non era il vero Silente e che ne era solo il ricordo, ma sentirlo dire gli aveva fatto una sensazione strana, quasi lo avesse perso di nuovo.

Harry rientrò nella Sala di Ritrovo (la folla che stava ai piedi della scala se ne era andata via). Entrando, vide Ron, Hermione, Neville e Ginny insieme allo stesso tavolo con George. Si avvicinò a loro.

«Ah, eccoti.» fece Neville vedendolo

«Che ha detto Silente?» chiese Ron.

«Che non sa cosa pensare. E se non ci dà lui una risposta…» disse Harry.

«Sai, con George, stavamo chiedendoci chi possa essere e perché se la sia presa con proprio con te.» disse Ginny avvicinandosi a Harry.

«Crediamo che sia davvero uno dei Mangiamorte – aggiunse Hermione – hai sentito cosa ha detto: ‘Hai mai pensato come dev’essere torturante una vita fatta di ordini, senza avere la libertà, senza poter stare con la tua famiglia?’. A essere sincera a me sembrava il padre di Malfoy.». Harry la guardò pensieroso. In effetti quello che aveva detto Hermione collimava alla perfezione con quello che aveva appena sentito da Silente a proposito dei Malfoy. ‘Sono pronto scommettere che Voldemort gli abbia minacciati più di una volta per farsi obbedire, e, ovviamente, la minaccia era che altrimenti gli avrebbe uccisi.’ ricordò Harry pensando al discorso di Silente. Se era davvero Lucius Malfoy sotto il costume di Wonder Magic, era possibile che fosse così sciocco da farsi scoprire davanti a tutti prendendosela con Harry?

Quella sera Harry andò a letto molto presto. Salì nei dormitori, si mise il pigiama e si sdraiò sul letto. Chiunque fosse quel ‘pagliaccio verde’, come l’aveva chiamato Draco, aveva comunque fatto qualcosa di buono: aveva spinto George a non restare isolato pensò Harry. Ma c’era un’altra cosa che gli sfuggiva; come aveva fatto Wonder Magic a sapere cosa stava facendo Draco? Stava forse tenendo d’occhio il castello da tempo? E cosa stava facendo Draco prima di essere sorpreso dal misterioso giustiziere?

«Speravo di finirla con questi enigmi dopo aver eliminato Voldemort.» disse Harry a mezza voce.

 

«Accidenti! Muoviti!». Ron stava cercando di Schiantare un cuscino di una delle poltrone della Sala di Ritrovo usando un’ Incantesimo non verbale. Qualche tavolo più in là, anche Harry aveva i suoi grattacapi.

«… fu così che nel 1798 i Goblin indissero una rivoluzione contro i Maghi per dichiarare la loro indipendenza e…

«No, no, nooo! – Ginny  corresse Harry per l’ennesima volta – quelli furono i Centauri. E hai sbagliato di nuovo la data. Era il 1796!».

«Ah, sì… allora nel 1796 i Goblin…»

«I Centauri! Davvero, Harry, dimenticati Unci Unci o sbaglierai sempre!»

Harry rise alla battuta.

«Non mi entra in testa questa parte di Storia della Magia – si lamentò il ragazzo – davvero.»

«Vedi di fartela entrare però.» lo rimbeccò lei. Dall’altra parte della stanza, Hermione ripeteva Babbanologia a Neville strappandogli il libro ogni secondo per vedere se davvero non dimenticava niente. George si stava avvicinando a Ron e Harry li sentì parlare.

«Vuoi una mano?» disse George

«Magari – rispose Ron – ce l’hai un miracolo per aiutarmi?»

«Ho solo una mano. – gli disse George – E anche un solo orecchio!». Ron rise. George invece si aprì al primo vero sorriso e, in quel momento, Harry rivide il George Weasley che aveva sempre conosciuto.

«Ehm… mi dispiace disturbarla signor Potter, ma siete urgentemente atteso dalla vostra laurea.» Ginny richiamò Harry.

«Ah… già.» fece lui piatto.

A mezzogiorno in punto Harry aveva finalmente ripetuto Storia della Magia mettendo i protagonisti storici e le date nei punti giusti della storia.

«Be’, stai migliorando – lo incoraggiò Ginny mentre si avviavano nella Sala Grande per il pranzo – dopo però la ripetiamo di nuovo.»

«Se insisti…» rispose Harry. Presero posto tutti insieme e, a metà pranzo, li avvicinò la McGranit.

«Oggi ripasseremo insieme Trasfigurazione. – disse senza preamboli ai cinque ragazzi – ci incontriamo nell’Aula di Trasfigurazione alle otto.» dopo di che se ne andò come era venuta.

«Mi sa che ci vogliono promuovere per forza.» disse Ron con l’aria sconsolata.

«Terribile! – lo rimbeccò Hermione – proprio una cosa inumana.»

«Se parli della fatica che faremo noi, di sicuro!» le rispose Ron.

 

*

 

Quella sera si trovarono tutti di fronte all’Aula di Trasfigurazione.

«La McGranit ancora non arriva?» chiese Ron arrivando all’ultimo momento

«Eccola.» rispose Harry indicando la professoressa che arrivava da loro svoltando l’angolo.

«Su, forza, entrate dentro.» disse la professoressa aprendo la porta dell’ aula di Trasfigurazione. I cinque presero posto ai banchi della prima fila tirando subito fuori le loro bacchette.

«Allora – cominciò la professoressa – mi auguro che ricordiate quello che abbiamo fatto negli anni passati.», tutti annuirono.

«Bene. – assentì la professoressa – a questo punto, non credo ci siano difficoltà se le chiederò di Trasfigurare questo topo in un calice. Vero signor Weasley?». Ron diventò rosso alle orecchie.

«Certamente, professoressa.» rispose; dopo di che, la McGranit, li diede un piccolo topo grigio preso da una gabbia sulla cattedra dicendo:

«Sa cosa fare, signor Weasley. Si concentri bene su quello che il topo deve diventare e dica la formula magica.». Ron prese in mano la bacchetta e guardò fisso il topolino diventando tutto rosso per lo sforzo di concentrarsi, dopo di che disse:

«Un, due, tre, Feravertus!» accompagnando ai numeri un gesto oscillante della mano munita di bacchetta. Il topolino si trasformò in un trasparente calice di cristallo. Ron sospirò.

«Ben fatto signor Weasley!» disse soddisfatta la McGranit.

Seguirono varie Trasfigurazioni durante tutta l’ora di ripasso (Hermione e Ginny si distinsero Trasfigurando una rana in una tazza da tè), finché la McGranit disse:

«Vedo con piacere che tutti avete fatto grandi progressi nella Trasfigurazione. Ora però sarà meglio che andiate tutti a letto.». I cinque ragazzi si avviarono verso l’uscita, ma la professoressa disse:

«Signori Potter e Weasley, vogliate fermarvi. Devo dirvi una cosa.». Sia Ron che George si fermarono

«No lei, può anche andare.» disse la McGranit rivolta a George che se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.

«Sedetevi.» disse ai due ragazzi rimasti che ripresero posto ai primi banchi.

«In primo luogo – cominciò la McGranit senza preamboli (come al solito) – voglio ricordarvi l’importanza dei provini del Quidditch. Voglio che vi impegniate al massimo per vincere questa coppa. Per i Serpeverde è stato un anno piuttosto prolifico, per quanto riguarda i Punti delle Case, ma la coppa ce l’aggiudicheremo noi!». Harry e Ron si guardarono sorridendo.

«In secondo luogo – aggiunse la professoressa molto più seria – Harry ti prego di non cacciarti nei guai con questa storia di Wonder Magic.» Harry la guardò storto.

«Io non ho fatto niente… lui mi ha…»

«Appeso per una caviglia senza che tu facessi niente. Lo so, Harry. – lo interruppe lei – ma ti consiglio di non pensarci.».

«In realtà è l’ultimo dei miei pensieri.» disse l’occhialuto pensando agli Incantesimi Non Verbali che non sapeva ancora produrre.

«Professoressa – intervenne Ron – secondo lei come ha fatto quell’individuo a parare lo Schiantesimo di Harry? Voglio dire, non ha neanche usato la bacchet…»

«Oh, per l’amor del cielo!» lo interruppe la professoressa «Vi consiglio vivamente di dimenticare la faccenda. Dovete impegnarvi negli studi per superare gli esami dei MAGO, quindi dimenticate quel Wonder Magic!».

La professoressa li congedò subito dopo averli supplicati nuovamente di dimenticare l’intera faccenda e, una volta fuori dall’aula di Trasfigurazione, i due ragazzi si avviarono ai loro dormitori.

«Ha detto qualcosa di interessante?» chiesero Ginny ed Hermione appena i due ragazzi varcarono la soglia del ritratto.

«Di lasciar stare questa storia di Wonder Magic.» rispose Harry.

«Ma è pazza?» esplose George che si era aggiunto.

«Mi sembra di aver già letto di maghi che sapevano produrre Incantesimi senza usare la bacchetta, ma non riesco a ricordare dove…» disse Hermione meditabonda, poi sbattè la mano sulla fronte e uscii dal buco del ritratto senza un’altra parola.

«Ed ecco che scompare alla volta della biblioteca senza dare una singola spiegazione. Ormai ci sto facendo l’abitudine!» disse Ron fissando il punto da cui la ragazza era uscita.

«Chissà cosa le sarà venuto in mente.» disse Harry

«Lo sapremo solo a tempo debito.».

*

«Hai visto Hermione?» disse Ron a Harry. I due ragazzi si trovavano nella Sala Comune. Hermione non si era ancora vista. Di colpo il ritratto si spostò di lato e la ragazza entrò.

«Dove diamine sei stata?» disse il rosso vedendola entrare.

«In biblioteca.» rispose Hermione con semplicità

«Tutta la notte?» chiese di nuovo Ron.

«Madama Pince non mi ha visto quando ha chiuso la biblioteca, così ne ho approfittato. Ho letto tutta la notte alla luce della bacchetta.».

«Non stento a crederci.» disse Ron guardando Hermione che aveva delle occhiaia da sembrare un vampiro vero.

«Comunque – riprese Hermione – ho trovato quello che cercavo.» Harry le si avvicinò

«Vedete qui.» disse e mise il libro che aveva trovato in biblioteca sotto il naso dei due ragazzi. Harry lesse:

 

Nell’oriente, alcuni maghi, hanno scoperto il modo di controllare i propri poteri magici con la mente fino a riuscire ad usarli frequentemente anche senza le bacchette magiche. Iniziarono con lo studiare la conosciuta situazione in cui, a causa di emozioni forti come rabbia, la magia sembrerebbe sfuggire al controllo del mago.

 

«Capito, adesso?» disse Hermione a Harry e Ron.

«Veramente no.» rispose il rosso. Hermione sbuffò, poi iniziò a spiegarglielo mentre Harry ricordava di quando, tante volte, la magia gli era sfuggita al controllo e le consecutive sfuriate di zio Vernon; ricordò soprattutto quando fece accidentalmente sparire il vetro che separava suo cugino dalla vasca di un terribile Boa Costrictor, facendolo finire nella vasca al posto del serpente che invece fuggì alla volta del Brasile. In effetti non doveva essere impossibile poter controllare quella reazione, pensò Harry.

«Credo che ne parlerò con Silente.» disse all’improvviso mentre Hermione e Ron ancora discutevano del trafiletto letto sul libro e uscì dal buco del ritratto, non del tutto convinto che i due amici lo avessero ascoltato.

Harry arrivò davanti al Gargoyle di pietra e disse la parola d’ordine. Una volta entrato si diresse verso il quadro di Silente che, con somma sorpresa di Harry, non era vuoto.

«Buongiorno, Harry.» lo salutò l’ex-preside cordiale.

«Buongiorno» disse il ragazzo. Senza indugio spiegò velocemente il perché della sua visita e aspettò di sentire cosa ne pensava il mago del ritratto.

«Interessante. Davvero interessante e curioso. – disse Silente – ad essere sincero non trovo strano che quel mago abbia imparato queste cose, ma più che altro, perché non ha mai cercato di combattere contro Voldemort, visto che poteva.». Il mago del ritratto guardò Harry con occhi penetranti.

«Vuole dire che, quel mago poteva combattere Voldemort al posto mio?» chiese Harry stupefatto.

«A dir la verità – lo corresse Silente – credo che avrebbe potuto benissimo distruggere gli Horcrux, ma non Voldemort stesso. Tra te e Voldemort c’era un legame particolare, che ti ha aiutato a sopravvivere per tutto questo tempo. Con Wonder Magic di certo non avrebbe potuto verificarsi lo stesso fenomeno.»

«Ma avete detto anche che avrebbe potuto distruggere gli Horcrux – disse Harry – perché non ha fatto niente?» Harry era furibondo al solo pensiero d’aver fatto tutta quella fatica, mentre quell’individuo se ne stava al sicuro, rintanato chissà dove.

«È mia opinione che non si sentisse in grado di farlo.» rispose il quadro.

«Ma… neanch’io credevo di farcela contro Voldemort, ma ho tentato lo stesso!»

«Davvero, Harry? – lo corresse di nuovo Silente con la voce pacata – se non erro ti avevo addestrato fino al limite delle mie possibilità, dandoti tutto quello che credevo potesse esserti utile, per la tua lotta contro il più grande mago di tutti i tempi. Tu avevi una sicurezza in più» Harry fissò il preside con la testa bassa. «Credevo che mi avessi preso sul serio – riprese il ritratto – quando ti avevo spiegato la potenza del potere dell’amore. Il tuo sacrificio ha protetto gli abitanti del castello, se non il mondo intero, così come il sacrificio di tua madre ha protetto te per tutto questo tempo. Wonder Magic questa sicurezza non l’aveva!».

Harry rimase zitto. Non dava, certo, torto a Silente per quello che aveva detto, ma non era molto sicuro sul fatto che l’ex-preside capisse l’angoscia col quale lui, Ron e Hermione avevano vissuto quell’anno. La paura di non trovare tutti gli Horcrux, di non sconfiggere Voldemort, di perdere quelli che amavano…

«Ha la minima idea di quello che abbiamo passato in questi mesi?» disse Harry quasi in preda alle lacrime.

«Più di quanto tu possa immaginare. – gli disse Silente con dolcezza – Appunto per questo posso immaginare quanto, per qualsiasi altra persona, sarebbe stato mille volte peggio. Quel Wonder Magic, per quanto capace, non avrebbe potuto competere con Voldemort fino a distruggerlo come hai potuto fare tu.».

 

*

«Ha detto qualcosa di interessante?» chiese Ron quando Harry tornò nella Sala di Ritrovo.

«Niente che ci aiuti a scoprire chi è Wonder Magic. – rispose il bruno – Dov’è Hermione?»

«Sta dormendo.» rispose Ron.

«Sai che giorno è oggi?» chiese il rosso

«Lunedì… mi pare…» rispose l’occhialuto che, senza eventi degni di importanza, stava iniziando a perdere il conto dei giorni.

«Esatto!» disse Ron al quale era, di colpo, spuntato un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

«Quindi domani è martedì.» continuò Harry a sua volta sorridente

«Il Quidditch!» dissero all’unisono. Harry non vedeva l’ora che arrivasse domani, aveva una nostalgia del campo che quasi non riusciva a esprimere. Fu per questo che il giorno seguente, alle sette e mezzo di sera, era già pronto per andare sul campo. Il giorno prima era andato in giro in lungo e in largo per avvisare tutti i giocatori della sua squadra dell’orario degli allenamenti. Senza aspettare nessuno si avviò direttamente al campo con Ron.

«Ahh, non riesco a crederci. È la prima volta che volo dopo mesi!» disse Ron montando sulla sua Tornado sette e decollando.

«A chi lo dici.» disse Harry sottovoce prima di darsi la spinta coi piedi e decollare anche lui. La ben conosciuta sensazione di vuoto allo stomaco, dovuta al volo, lo pervase all’istante e da quel momento smise di pensare a tutto ciò che era altro dal Quidditch. Svolazzò su tutto il campo ovale e fece qualche giro della morte che lo portò a volare intorno agli anelli e dentro di essi. Guardò Ron che anche stava godendosi una passeggiata rilassante lungo tutto il campo con i capelli rosso fuoco brillanti alla luce del sole. Di lì a poco arrivò il resto della squadra che, montando sulle loro scope, si alzò alla stessa altezza dei due amici. Alicia Spinnet e Angielina Jonson salutarono Harry che ricambiò il saluto, mentre Dennis  e Dean, gli comparivano affianco. Madama Bumb si sedette sugli spalti e li osservò allenarsi per tutto il tempo.

«Okay – disse Harry dopo aver fischiato nel fischietto un paio di volte per richiamare l’attenzione di tutti – tutti ai propri posti. Cominciamo l’allenamento.».

Tutti presero posto secondo i propri ruoli. Ron volò all’istante alle porte con l’aria sicurissima di chi sa fare il suo mestiere. Ginny, Alicia e Angelina si passavano la Pluffa tra di loro fino a lanciarla in uno degli anelli difesi da Ron che fece una parata da record. Decisamente il rosso era nettamente migliorato. Dean e Dennis lanciavano i Bolidi da una parte all’altra del campo con una precisione tale che sembravano telecomandare i Bolidi, sapendo sempre con precisione dove raggiungerli. Harry da parte sua non aveva granchè da fare; aveva lasciato sfuggire il Boccino d’Oro una decina di volte e l’aveva ripreso all’istante. Un ora dopo fischiò nel fischietto per annunciare che l’allenamento era finito.

«Siete stati magnifici! Tutti quanti. – disse Harry – ci vediamo qui tra una settimana alla stessa ora. Potete andare.». La squadra scese dalle scope e si avviò alla volta del castello. Harry e Ron rimasero sulle scope, sospesi sul campo.

«Facciamo qualche tiro?» disse Ron a Harry sollevando la Pluffa.

«D’accordo.» rispose lui. Si lanciarono la Pluffa mentre sorvolavano tutto il campo di Quidditch.

«Silente crede che quel Wonder Magic avrebbe potuto aiutarci a trovare gli Horcrux.» buttò lì Harry. Ron perse la palla e si tuffò a riprenderla.

«Come sarebbe a dire? – disse ritornando in quota con la Pluffa in mano – Perché non ci ha dato una mano, allora?». Harry alzò le spalle e tese una mano per afferrare la palla che l’amico gli aveva appena lanciato.

«Silente dice che aveva paura di non farcela. – rispose – non lo biasimo.». Rilanciò la palla a Ron.

«Anche noi abbiamo rischiato la vita. Non è giusto.» ribattè il rosso afferrando la Pluffa.

«Noi abbiamo fatto tutta quella strada per raggiungere gli Horcrux, - continuò Ron arrabbiato e allibito - Noi abbiamo rischiato il collo per evitare tutti quei Mangiamorte che non chiedevano niente di meglio che ucciderci, noi abbiamo trovato sempre nuovi modi per distruggere gli Horcrux che abbiamo trovato, e tu, tu hai combattuto contro Voldemort in persona!».

«Lo so.» gli disse Harry afferrando la Pluffa scagliata da Ron con forza. Harry capiva benissimo Ron. Si sentiva umiliato anche lui, ma pensava che Silente avesse ragione.

«Lo sai cosa direbbe Silente?» disse Harry

«Sì – rispose Ron – ci direbbe che noi avevamo la forza dell’amore eccetera. Però se quel mago poteva aiutarci perché non l’ha fatto?»

«Forse perché sapeva che non sarebbe riuscito per sempre a lottare contro di Voldemort. Io l’ho vinto perché la bacchetta di Riddle in realtà era la mia. Se non avessi avuto il legame che avevo con Voldemort e lui avesse potuto combattere con una bacchetta normale, di certo non sarei qui. Forse, Wonder Magic non credeva di riuscire a competere.». Ron guardò Harry per qualche istante prima di arrendersi.

«Sì – disse – forse hai ragione.».

«Dai, andiamo.» disse Harry scendendo di quota con la sua scopa per atterrare. Madama Bumb se ne era già andata lasciandoli soli. Rimisero a posto le palle e si avviarono anche loro al castello.

 

*

Quella sera, Harry, fece uno strano sogno. Sognò una luce verde che scaturiva dalla punta di una bacchetta, retta da una mano bianca e scheletrica. Il getto di luce serpeggiò nell’aria verso di Harry, gli si fermò davanti e prese la forma di Wonder Magic. Il mago vestito di verde mosse la bacchetta magica e Harry si trovò di nuovo appeso per la caviglia. Il ragazzo cercò la propria bacchetta prima di vederla per terra sotto di lui, spezzata a metà.

«Perdonalo, Harry – gli disse Albus Silente apparendo all’improvviso al suo fianco – lui non poteva distruggere gli Horcrux.». Harry guardò il vecchio preside sottosopra. Silente aveva tutt’e due le mani sane.

«Professore – disse – mi aiuti.»

«Non posso. Sono solo un ricordo!» rispose il preside mentre iniziava a svanire.

 

*

Il giorno dopo, Harry era allo stesso tavolo con Ron, Hermione, George e Ginny.

«Harry, sei sicuro di stare bene?» gli chiese Ginny per la terza volta.

«Sto bene.» rispose lui. In realtà continuava a ripensare al sogno che aveva fatto. Si chiedeva se il sogno della sera prima fosse davvero solo un sogno. Sapeva che era un’idea assurda, ma sentiva che c’era un particolare che gli sfuggiva.

«Sei sicuro?» si volle accertare Hermione.

«Sto bene!» ripetè il moro e si rimise a leggere Storia della Magia. In realtà non leggeva affatto. Si ripassò in rassegna tutto il sogno per l’ennesima volta e solo allora si ricordò di un particolare. Le mani di Silente erano entrambe sane, come quando l’aveva rivisto in quella che credeva essere la stazione di King’s Kross.

«Devo andare da Silente.» disse di colpo e si alzò.

«Perché?» chiese Ron

«Poi ti dico.» rispose solamente e uscì dal buco del ritratto. Sapeva che quello del ritratto non era il vero Silente, ma sapeva anche che quel ritratto conservava il ricordo del Silente incontrato dopo la presunta morte di Harry. Se il sogno che aveva fatto la notte scorsa era più di un sogno, Silente, che ci era dentro, poteva anche ricordarselo.

«Silente!» disse solamente quando fu entrato nell’ufficio della McGranit e lei gli chiese cosa ci facesse lì.

«Ancora? – disse la professoressa con tono esasperato – Sarà la quarta volta!»

«La prego, professoressa, è importante.» la supplico Harry col fiatone. Aveva corso per arrivare fin lì.

«Va bene, Potter. Accomodati.» disse la McGranit facendo segno al ragazzo con la mano per dirgli di passare.

«Grazie.» disse Harry passandole affianco.

«Harry! Di nuovo qui? Ma allora mi sei proprio affezionato!» gli disse allegro Silente vedendolo.

«Buon giorno.» rispose e gettò un occhiata alla professoressa seduta alla scrivania dietro di lui.

«Scusa, Minerva – la richiamò cortesemente il Silente del quadro – credo che il signor Potter desideri che lei ci lasci soli. Sempre se lei vuole, d'altronde, questo ufficio, ormai è suo.». La McGranit si girò ed annuì; dopo di chè uscì chiudendosi la porta alle spalle.

«Allora, Harry. – riprese Silente – Qual’ è la cosa che devi dirmi stavolta?»

«Ecco… io stasera ho fatto un sogno strano… » cominciò il ragazzo con la strana sensazione di ritrovarsi di nuovo al quinto anno, dopo una attacco ricevuto dal padre di Ron da parte di un gigantesco serpente. Anche quella volta, infatti, si era ritrovato a raccontare a Silente di un sogno molto reale in cui, lui, Harry, aveva visto tutto l’avvenimento in diretta dal punto di vista del serpente.

Quando finì di raccontare Silente rispose subito:

«Capisco. Ti chiedi, dunque, Harry, se quel sogno fosse di più di quanto fosse in realtà; un po’ come l’esperienza che hai vissuto dopo che l’ultima parte che ti legava a Voldemort è morta. Giusto?»

«Sì» disse il ragazzo.

«Ebbene, la mia risposta è… sì e no.» disse il ritratto. Harry lo guardò incuriosito. Silente riprese «Probabilmente quel sogno è semplicemente stato dettato dalle ultime, terrificanti esperienze che hai vissuto quest’anno – disse – La luce di colore verde, che ti ricorda l’Anatema che Uccide, l’Avada Kedavra, col quale Voldemort ha ucciso i tuoi genitori e al quale tu stesso sei scampato innumerevoli volte. Wonder Magic, poi, sembra essere legato ai Mangiamorte e per questo ti ricorda la minaccia della presenza di Voldemort con cui hai vissuto fino ad ora. E, in fine, la mia scomparsa.». Silente rimase zitto osservando il ragazzo, poi continuò:

«Comunque, Harry, da un lato avevi ragione anche tu. Quel sogno mostra il vero. Mostra come tu abbia davvero sconfitto il più grande mago di tutti i tempi. Dimostra che nonostante le lacrime, i dolori e le perdite che hai subito, tu non ti sia mai arreso.». Silente guardò Harry con uno sguardo sprizzante furioso orgoglio. Harry stette zitto per un po’ così il ritratto riprese:

«Come va con il ripasso per gli esami?». Harry sbuffò.

«Abbastanza bene. Eccetto gli Incantesimi Non Verbali.»

«Se ti va potrei cercare di darti delle lezioni io.» disse il ritratto

«Sul serio?» chiese Harry

«Certo! Muoio da tempo dalla voglia di insegnare qualcosa, per vedere se riesco a farlo anche da dentro un quadro!». Harry rise.

«Se vuoi che ci vediamo, potremmo fare di martedì. Che ne pensi?» aggiunse l’ex-preside.

«Ho gli allenamenti della squadra di Quidditch quel giorno.» rispose Harry

«Oh, allora assolutamente no. – disse Silente ridacchiando – Non priverei mai la squadra del Grifondoro del suo valente Cercatore nonché suo capitano!». Harry sorrise imbarazzato.

«Allora, credo che sia meglio… venerdì alle sette e mezzo. Va bene?».

«Sicuro.» rispose il ragazzo, poi aggiunse «Potrebbero venire anche Ron, Hermione, George e Ginny?» chiese.

«Certo. Più siamo, più ci divertiamo!» ribattè Silente ridacchiando.

«Allora ci vediamo venerdì.» disse Harry e fece per andarsene.

«Ah, Harry – lo richiamò Silente, Harry si girò – Sappi che sono davvero fiero di te!». Harry sorrise

«Grazie.».

 

*

 

«Allora?» disse Ron appena rivide l’amico rientrare dal buco del ritratto; la Sala di Ritrovo era vuota per l’ora del pranzo. Harry spiegò il motivo per cui era corso da Silente e la risposta dell’ex professore.

«Be’, guarda il lato positivo.» disse il rosso.

«Quale?» chiese Harry.

«Wonder Magic non ti ha messo a testa in giù un’altra volta! Non davvero almeno.». Harry rise.

«Ti sono riusciti gli Incantesimi Non Verbali?» chiese poi, prevedendo già la risposta.

«No.» disse Ron d’un tratto disperato.

«Allora, sappi che Silente si è offerto di darci delle ripetizioni.»

«Sul serio?»

«Da venerdì alle sette e mezza.» confermò.

«Fantastico; Allora andiamo a mangiare!» saltò su Ron

«Cosa centra?» disse Harry allibito

«Niente. Ho solo fame.» rispose il ragazzo e si lanciò fuori dal buco del ritratto. Harry lo seguì.

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Capitolo 5
*** 5.Il ritorno di Hagrid ***


5 Il ritorno di Hagrid

5.Il ritorno di Hagrid

 

Dopo pranzo, Harry e gli altri, si rimisero subito a ripassare per gli esami, ogni giorno più imminenti. Questa volta erano in biblioteca.

«No! Non ci credo!» urlò Ron con la bacchetta in mano dall’altro capo del grande tavolo dove i cinque amici si erano messi per studiare insieme. Madama Pince lo guardò storto.

«Cos’è successo?» chiese Harry.

«La piuma – rispose il rosso con gli occhi di tutti gli altri quattro puntati, incuriositi, su di lui – si è sollevata con un Incantesimo Non Verbale!».

«Davvero?» chiese Hermione stupita

«No. – rispose George al posto del fratello – lo stavo guardando mentre faceva l’incantesimo. La piuma si è spostata solo un po’ più in là. Colpa del vento.».

«Grazie dell’incoraggiamento, eh?» ribattè Ron imbronciato

«Di niente fratellino» rispose George, dopodiché si rifece subito serio e lesse in silenzio il libro davanti a sé. Harry guardò George incupirsi di nuovo mentre Hermione cercava di consolare Ron.

«Vado a bagno.» disse poco dopo e si alzò per uscire dalla biblioteca.

George stava superando la perdita di suo fratello più in fretta di quanto Harry si fosse aspettato all’inizio, pensò mentre percorreva i noti corridoi del castello. Doveva ammettere che, dalla sconfitta di Voldemort a ora, parlava decisamente di più e, anche se dopo ogni discorso tornava spesso cupo, Harry confidava che, presto, la natura scherzosa dell’ultimo gemello sarebbe di nuovo emersa. Arrivò al quinto piano (in quanto capitano di una squadra di Quidditch, a Harry era permesso di usare il bagno dei prefetti) e, come fece per svoltare l’angolo dove si trovava la statua di Boris il Basito, andò a sbattere contro un ragazzo dai capelli biondi.

«Attento a dove cammini idiota! – disse il ragazzo – Potter?»

«Malfoy. – disse Harry – «che ci fai tu qui?».

«E tu?» chiese Draco.

«Io sono Capitano della squadra di Quidditch, perciò uso il bagno di questo piano.» rispose il moro.

«Allora ti lascio alle tue  occupazioni “capitano”!» lo sfottè Draco e fece per andarsene, ma Harry lo afferrò per un braccio.

«Cosa stavi cercando di rubare il giorno che sei stato sorpreso da Wonder Magic?» gli chiese.

«D’accordo, Potter – ribattè Draco sprezzante – hai salvato il mondo. Bravo. Ora puoi smetterla di fare l’eroe.». Draco cercò di divincolarsi, ma Harry non lo mollò.

«Ho voluto salvarti la vita nella Stanza delle Necessità, ma non darmi il motivo di rimediare, ora.» bisbigliò Harry all’orecchio di Draco.

«La vittoria sul Signore Oscuro ti ha reso spavaldo, eh, Potter?» replicò lui con un sorrisetto di scherno.

«Cosa stavi cercando di rubare, Malfoy?» ripetè Harry urlando.

«Perché vuoi saperlo?» disse Draco. Harry lo guardò per un po’.

«Perché non voglio che tu commetta l’errore di tuo padre. – disse – Ho visto quel che ne è stato di Voldemort, ed è così orribile che voglio risparmiarlo perfino a te!». Draco non disse niente, si liberò dalla stretta di Harry, che lo lasciò andare, e corse via.

 

Il resto di quel mercoledì trascorse tra il ripasso di una materia e un altro. I cinque ragazzi raggiunsero l’accordo di non preoccuparsi troppo degli Incantesimi Non Verbali, in quanto ci avrebbero pensato al momento di fare allenamento col professor Silente. Nonostante tutto, Ron non voleva arrendersi.

«Wingirdiim Liviisi.» stava dicendo il giorno dopo, a denti stretti, nella fatica di produrre l’incantesimo senza pronunciarne la formula.

«Rinunciaci, Ron. – gli disse Ginny – vedrai che dopo che ci avrà aiutato Silente ci riuscirai.».

«Ma ieri ci ero quasi riuscito!» si lamentò il fratello, ma poi lasciò stare e prese il libro di Storia della Magia per cominciare a ripassare. Ginny lasciò Ron solo col suo libro e andò a sedersi sulle ginocchia di Harry.

«Ehi.» disse il ragazzo e la baciò, prendendo al volo la possibilità di fare una pausa.

«Come va con i compiti?» chiese.

«Così, così.» rispose lui.

«Era meglio quando lottavamo contro Voldemort?» chiese la ragazza

«Solo perché non dovevamo studiare.» assentì Harry sorridendo.

«Be’, almeno ora possiamo stare insieme senza il pericolo di venire uccisi per questo.» osservò Ginny

«Già.» rispose lui.

«Ti va una passeggiata nel parco?» aggiunse poi a bruciapelo.

«E i compiti?» chiese Ginny

«Ci penserò dopo!» rispose lui prendendola per mano.

«Okay, andiamo.».

Fuori gli accolse un cielo limpido e senza nuvole. Il sole si rifletteva sull’acqua immobile del lago, dove viveva la piovra gigante, creando dei riflessi lucenti che sembravano tante piccole gemme. Harry e Ginny si fermarono sulla riva di quel lago e si sedettero.

«Non pensavo che ci sarei ritornato.» disse sinceramente Harry. Ginny lo guardò.

«Dev’essere stata dura, vero?» gli disse Ginny con dolcezza.

«Sì.» rispose Harry meditabondo. Si chiese se non stava aprendo un discorso troppo malinconico per quell’occasione. Il problema era che una parte di lui voleva solo dimenticare quegli avvenimenti, mentre l’altra voleva parlarne, per sfogarsi e la prima persona con cui ne voleva parlare, ironia della sorte, era proprio Ginny. L’idea di perderla era stata l’angoscia più grande con cui aveva vissuto quell’anno; e, ora che era lì con lei, non riusciva a credere in tanta fortuna. Forse quello era un’ altro motivo per cui gliene voleva parlare.

«Ho sperato tanto che andasse tutto bene durante quell’assurda guerra.» disse Ginny interrompendo i pensieri di Harry. Aveva gli occhi lucidi.

«Quando è entrato Hagrid con te fra le braccia ho temuto davvero il peggio.». La ragazza scoppiò in singhiozzi. Harry l’abbracciò.

«Ho dovuto fingere di essere morto – cercò di spiegarle – perché Voldemort si sentisse al sicuro mentre cercavo il suo ultimo Horcrux. Se avesse capito cosa avevo in mente, non ce l’avremmo fatta a sconfiggerlo. Ho dovuto farlo, capisci?».

Ginny fece di sì con la testa.

«Ora però è davvero tutto finito.» la consolò Harry credendo per la prima volta a quelle parole.

 

*

«È incredibile che Silente si sia proposto come insegnante solo per farci imparare meglio gli Incantesimi Non Verbali!» assentì Hermione la sera dopo mentre, con gli altri quattro, si dirigeva alla volta dell’Ufficio del Preside per la loro prima lezione sugli Incantesimi Non Verbali.

«Chi sa la parola d’ordine per entrare?» chiese George quando arrivarono davanti al Gargoyle di pietra.

«Perché non proviamo con “scarafaggi a grappolo”?» disse Ron strappando una risata ad Hermione.

«La so io » disse Harry e pronunciò la parola d’ordine.

«”Mi Trasfiguro in un gatto soriano”? – ripetè Ron – ma che razza di parola d’ordine è?»

«Non chiederlo a me» rispose Harry avviandosi sulla Scala girevole. Bussarono una volta arrivati di fronte alla porta.

«Avanti.» disse la voce della McGranit dall’interno. I cinque entrarono.

«Vorremmo vedere il professor Silente.» disse Harry

«Addirittura in comitiva, adesso, Potter?» fece lei ironica guardando i cinque ragazzi che erano lì per parlare con un ritratto anziché con lei. Harry non disse niente.

«Va bene, accomodatevi! – disse la professoressa rassegnandosi – fagli strada, Potter.». Il ragazzo condusse gli amici di fronte al ritratto di Silente che appena lo vide lo salutò con un:

«Benvenuto, Harry. Ti stavo aspettando.»

«Naturalmente do il benvenuto anche a voi, signorina Granger, signorina e signori Weasley.» disse cortese notando gli altri quattro.

«Su, cominciamo – aggiunse il ritratto – non sto più nella pelle!». I ragazzi risero. La McGranit Evocò cinque sedie e fece segno a Harry agli altri di prenderne una, dopodiché uscì dalla stanza per non disturbarli. Da fuori della finestra si vedevano delle persone che sorvolavano il campo di Quidditch, probabilmente era l’allenamento di qualche squadra, pensò Harry. Con la sensazione di essere davvero a casa, smise di guardare il campo e si mise ad ascoltare quello che diceva Silente.

«Il primo vantaggio di un Incantesimo Non Verbale – stava dicendo il ritratto – consiste, senza dubbio, nell’eseguire un Incantesimo che il proprio avversario non si aspetta, cosicchè non abbia il modo di reagire per tempo. Un altro lato di questi Incantesimi che, invece, non tutti prendono in considerazione, è quello di poter Attirare a sé un vaso da notte, senza svegliare la persona che ti sta affianco, così da non disturbare nessuno.». Tutti risero. Silente continuò:

«Ora che abbiamo elencato i principali optional che un Incantesimo Non Verbale può offrire ad un mago – disse Silente ridacchiando – passiamo all’analisi di esso. «Un Incantesimo Non Verbale è l’espressione della volontà del mago di evocare un Incantesimo. O, perlomeno, è quanto affermava il mio vecchio libro di Incantesimi.» i cinque sorridettero.

«Se anche quel mio libro di Incantesimi è un edizione superata – riprese il ritratto – da quel che dice, possiamo dedurre che gli Incantesimi Non Verbali devono essere eseguiti con uno sforzò di volontà, in qualche modo, superiore rispetto ad un Incantesimo normale.» Silente si interruppe per vedere se lo seguivano, dopo di chè continuò. «Il primo passo per accingersi ad eseguirli è, quindi, imporre a se stessi di riuscire a compiere l’Incantesimo desiderato. Se poniamo l’esempio dell’Incantesimo di Librazione “Wingardium Leviosa”, quello che dobbiamo fare, perché l’Incantesimo riesca, è di convincerci che non stiamo facendo né più né meno che un Incantesimo normale, ossia pronunciandone la formula. Ma penso che tutto vi sarà più chiaro con un esempio. Harry potresti provare per primo, per favore?». Harry si alzò in piedi titubante.

«Desidero che tu, Harry, faccia Librare la piuma che si trova su quella scrivania.» disse il Silente del ritratto alzando un indice disegnato per indicare la propria scrivania. Il ragazzo si concentrò, cercando di ripetere la formula in mente e desiderando con tutte le sue forze che quella piuma si alzasse per aria. “Wingardium Leviosa, Wingardium Leviosa, Wingardium Leviosa…” pensava mentre alzava la bacchetta e la puntava contro la piuma roteandola come prescritto dall’Incantesimo. Con sommo stupore di Harry, la piuma si alzò in aria e restò lì a galleggiare. Al vederlo restò così stupito che perse la concentrazione e la piuma ricadde sul tavolo. Almeno c’era riuscito.

«Wow!» bisbigliò Ron mentre Silente diceva:

«Ben fatto, Harry! Davvero, ben fatto.». Il ragazzo tornò al suo posto visibilmente soddisfatto.

«Ora, per quanto sia stata soddisfacente la dimostrazione di Harry – precisò Silente – mi sembra chiaro che tocchi a ciascuno di voi provare a produrre un Incantesimo Non Verbale. Ragion per cui, si faccia onore signor Weasley Ronald.». Ron si fece avanti, ancor più titubante di Harry.

«Stesso Incantesimo prodotto da Harry.» disse pronto il ritratto allo sguardo interrogativo del rosso. Ron si concentrò tanto da diventare tutto color cremisi. Anche lui puntò la bacchetta contro la scrivania e fece il movimento dell’Incantesimo. La piuma schizzò verso il soffitto seguita dal calamaio che, subito dopo, ricadde sulla cattedra rompendosi e versando tutto l’inchiostro.

«Ops!» disse il ragazzo sottovoce.

«Ron!» esclamò Hermione prima di alzarsi e correre alla scrivania per cercare di rimediare. George sbuffò reprimendo una risata.

«Bel lavoro signor Weasley – disse Silente sorridendo, affatto preoccupato dell’inchiostro sulla scrivania – un po’ troppo energico, forse, ma comunque un Incantesimo Non Verbale totalmente formato.». In lontananza, Hermione, pronunciava diverse volte l’Incantesimo “Gratta e Netta” nel tentativo di togliere l’inchiostro dal tavolo. Dopo Ron, provarono anche George e Ginny e, alla fine, anche Hermione.

«Complimenti. – disse Silente – siete tutti riusciti a far Librare la piuma. Ma non ne dubitavo. Cos’è affrontare una piuma per cinque ragazzi che hanno rischiato la vita per sconfiggere il più grande mago di tutti i tempi.». Tutti sorrisero, tranne George che, a quelle parole, si mosse sulla sedia a disagio. Silente doveva averlo notato, perché disse:

«So che cosa stai passando.».

«No, non lo sa.» rispose il gemello. Harry, si ricordò di quando, anche lui, aveva risposto così, alla fine del quinto anno, in un discorso sollevato da Silente riguardo alla morte del suo padrino: Sirius Black.

«Sì, invece. – ribattè il mago del ritratto – anch’io ho subito delle perdite. Solo che di qualcuna ne ero direttamente, o indirettamente, secondo i punti di vista, responsabile.». Sia George che Harry guardarono il ritratto. George si chiedeva di cosa stesse parlando Silente, mentre Harry, se il preside alludeva a quello che credeva lui.

«Se c’è una cosa che ultimamente ho imparato – riprese il ritratto – è che non bisogna nascondere quel che si è. Mia sorella Arianna morì a causa di un Incantesimo lanciato per sbaglio in uno scontro tra me, mio fratello e, sono sicuro che l’avrete sentito nominare, anche Grindelwald a cui, all’inizio, mi ero scioccamente unito per via di quella che è sempre stata la mia debolezza: la gloria.». Ron, Hermione, George e Ginny guardavano attoniti il quadro come se credessero che potesse essere impazzito.

«Ma… professore – disse Hermione timidamente – lei non voleva sconfiggere Grindelwald, come poi ha fatto

«Ho certo, – rispose Silente con gentilezza – poi dovuto sconfiggerlo. In parte, non lo nego, ho anche voluto farlo, ma la vera ragione che mi spinse a compiere quel gesto fu che molti premevano perché intervenissi contro quello che una volta era mio amico. Ed io lo feci; per non perdere la faccia.». Ron aveva l’aria di non crede ad una sola parola di quel che Silente gli si stava dicendo, ma continuò ad ascoltarlo senza interromperlo.

«Così, nello scontro fra lei e Grindelwald, a cui si era aggiunto suo fratello, perse la vita sua sorella Arianna. Dico bene?» chiese Hermione.

«Più o meno. – disse Silente tranquillo – Mio fratello Albertforth aveva capito l’orribile strada che avevo intrapreso e aveva deciso di dissuadermi a continuare nel mio intento. Un giorno litigammo.». Silente si interruppe come se non sopportasse il peso di ciò che stava raccontando. Hermione aveva gli occhi spalancati. Harry non guardava niente. Aveva lo sguardo fisso sul muro, a pochi centimetri dalla cornice del ritratto di Silente. Il quadro riprese:

«Nello scontro scaturito dalla lite con mio fratello, a cui era presente anche Grindelwald, un Incantesimo colpì mia sorella Arianna che, essendo fragile di salute, morì all’istante. Ancora oggi non so chi abbia lanciato quell’Incantesimo e credo di dover prendere in considerazione l’eventualità di essere stato io.».

Dopo qualche attimo di silenzio, Silente parlò di nuovo.

«Per quale motivo crede, signorina Granger, che io abbia sempre rifiutato la carica di Ministro della Magia, nonostante tutti credevano fossi l’uomo giusto per quell’incarico?» disse.

«Be’ – cercò di rispondere Hermione – perché lei aveva sempre desiderato restare qui alla scuola. Vero?».

«Certamente era anche questo un motivo – disse cortese il ritratto – ma l’altra ragione era che non volevo più correre il rischio di farmi sedurre dal potere, da qualunque fonte questo potere venisse. Per questo, dalla morte di Arianna in poi, rifiutai ogni sorta di incarico prestigioso per dedicarmi totalmente all’insegnamento e, infine, alla dirigenza di questa scuola.».

«Per tutto quello che ho detto fino ad adesso – riprese il quadro rivolgendosi a George – credo di poter dire con sincerità cosa si prova nel perdere un persona cara. Per questo la invito, signor Weasley, a non fare il mio stesso errore. Non si rifugi solo in quello che è stato.» George continuò a guardare Silente col volto inespressivo.

«Non le sto chiedendo di dimenticare suo fratello, ma di ricordarlo come se fosse ancora con lei. Una persona non ci sarà veramente più, solo quando non ci sarà più nessuno che le sia fedele, che continui a portarla con se nella propria memoria.». Silente guardò George con sguardo grave.

 

George stette zitto per il resto della serata. I cinque ragazzi tornarono nella Sala di Ritrovo senza neanche cenare.

«Non avrei saputo immaginare un’infanzia più triste nella vita di Silente.» disse Hermione seduta nella stessa poltrona con Ron.

«Tu lo sapevi Harry?» chiese Ron.

«Sì. – ammise lui – è successo nella foresta, dopo che Voldemort ha tentato di uccidermi  con l’Avada Kedavra». Raccontò della sua esperienza in quel luogo simile alla stazione di King’s Kross.

«Terribile. – disse Ginny – Dover sopportare un peso del genere per tutta la vita. A vederlo sempre così allegro, nessuno avrebbe mai immaginato che avesse un passato simile.».

Dopo quel discorso, i cinque ragazzi, non parlarono più se non per augurarsi la buona notte, quando andarono a letto. Harry si sdraiò nel letto e si tolse gli occhiali, ma rimase con gli occhi aperti per qualche ora. Si sentiva stranamente triste dopo il racconto di Silente e non sapeva dirne il perché. A pochi giorni dalla sconfitta di Voldemort, Harry, era quasi più depresso di quando cercava gli Horcrux con Ron e Hermione. Gli sembrava che i problemi lo seguissero costantemente anche dopo aver eliminato il più grande mago di tutti i tempi. E, in più, c’erano gli esami. Harry non era molto sicuro di riuscire a fare grande figura davanti al Ministro della Magia, agli esami. Purtroppo ormai era in ballo, perciò, doveva ballare. Sperando che le lezioni con Silente gli dessero una marcia in più, si girò sul fianco e si addormentò.

 

*

 

Il giorno dopo, Harry, era seduto da solo ai piedi di un albero, nel giardino del castello, con il libro di Storia della Magia davanti, chiuso. Continuava a rigirarsi tra le mani l’ultimo frammento dello specchio magico che gli aveva regalato Sirius. Ricordava l’occhio azzurro del fratello di Silente che balenava ogni tanto in quel pezzo di vetro e si  ripassava in mente tutto quello che il quadro Silente aveva detto la sera prima. Che Silente potesse avere dei segreti, lo sospettava fin dal primo anno quando, di fronte allo Specchio delle Brame, specchio che rifletteva i desideri più profondi della persona che ci si specchiava, il preside gli disse di vederci dentro se stesso con in mano dei calzini di lana, in quanto tutti gli regalavano sempre dei libri. In quell’istante, il ragazzo, ci aveva creduto, ma poi, riflettendoci, convenne che il preside gli aveva mentito. Quello che Silente vedeva dentro lo specchio, doveva essere, come anche per Harry, la propria famiglia. Dopo un po’, Harry, si accorse di dove si era seduto: era un faggio. Non era un faggio qualsiasi; quello era l’albero dove suo padre, con i suoi più intimi amici, si era seduto tante volte a parlare di Quidditch, guardando le ragazze in riva al lago. Si ricordò del ricordo visto per sbaglio nella mente di Piton al quinto anno, durante una lezione di Occlumanzia, dove, dopo aver svolto gli esami per i Gufo, suo padre e il resto dei Malandrini si era seduto sotto quell’ albero parlando degli esami appena svolti. Ricordò lo stupore che provò nel constatare quanto era simile a suo padre in tutto e per tutto, e la meraviglia che scaturì in lui nel vedere i volti Sirius e del professore Remus Lupin alla sua stessa età. Pensò a quanto era convinto che Piton l’odiasse (o forse lo odiava proprio), prima che sacrificasse la vita per lui. Non credeva che sarebbe mai arrivato pensarlo, ma il professor Piton, era stato davvero coraggioso.

«Gran bella giornata per studiare, eh Harry?» disse una voce ringhiosa al suo fianco. Harry si girò e vide l’enorme sagoma di Hagrid, in contro luce.

«Che ti andrebbe una tazza di tè?».

 

«Che fine avevi fatto, Hagrid?» chiese Hermione dopo che, su richiesta di Harry, lo aveva raggiunto da Hagrid insieme a Ron, George e Ginny.

«Già. Dopo la sconfitta di Voldemort, sei letteralmente scomparso.».

Hagrid trafficava davanti ai fornelli per preparare il tè mentre rispondeva:

«Sono dovuto scappare – disse – mentre che voi combattevate contro quello là. Ci era arrivato uno di quei cosi, i Patroni, ecco.». Hagrid posò sei tazze enormi come boccali sul rozzo tavolo al centro della sua minuscola capanna e mise al centro dello stesso tavolo un piatto dei suoi biscotti rocciosi.

«Ecco. Su, mangiate.» disse ai cinque ragazzi indicando il piatto di biscotti al centro del tavolo. Harry, Ron e Hermione non toccarono neanche uno di quei biscotti, mentre George e Ginny, inconsapevoli delle abitudini culinarie del gigante, ne presero due.

«Dicevi…» disse Hermione cercando di fare segno ai due amici di non mangiare i biscotti che avevano preso, senza farsi notare da Hagrid. George e Ginny misero a posto i biscotti con l’aria vagamente dubbiosa.

«Si... – riprese il Mezzogigante – Be’, c’eravamo io e la prof. McGranit, quando ci arrivò quel Patronus. Era di Olympe.»

«Madam Maxime?» chiese Ron.

«Sì, lei.» disse Hagrid illuminandosi in viso. «Ci aveva mandato un Patronus per dirci che si trovava ad Hogsmade. Mi chiedeva se potevo farcela a raggiungerla. Però io non volevo andarci.»

«Perché?» chiese Harry.

«Per te – rispose il gigante con enfasi – pensavo che… pensavo che… pensavo che non ce l’avevi fatta!». Il gigante aveva le lacrime agli occhi.

«Ma la McGranit aveva detto che dovevo andarci. – riprese Hagrid – Diceva che sapeva che tu ce l’avresti fatta comunque.»

«Come faceva a sapere che non ero morto?» chiese l’occhialuto curioso.

«Non so se lo sapeva davvero. – rispose Hagrid – Penso che l’ha detto solo per farmi andare da Madam Maxime.». Harry non ne era del tutto convinto. Come poteva, la McGranit, mentire su una cosa così palese?

«Comunque, – riprese Hagrid interrompendo, senza saperlo, i pensieri di Harry – sono andato ad Hogsmade.

«Non è stato facile passare inosservato in mezzo a tutti quei Mangiamorte, ma per fortuna ce l’ho fatta. Sono andato al Pub della Testa di Porco. Lì il padrone del locale, che era il fratello di Silente… lo sapevate?» i ragazzi annuirono, ansiosi di sentire il resto della storia.

«Ma certo, a voi non sfugge niente! Be’, insomma, sono arrivato lì come mi aveva detto di fare il Patronus, e il padrone del locale mi ha detto dove potevo trovare Madame Maxime. “In fondo alla strada di là” mi ha detto, e ha indicato una specie di capanna e io ci sono andato. Quando sono arrivato ho trovato un ammasso di legno che “pensavo” fosse la capanna che il fratello di Silente mi aveva indicato, in mezzo a quella strana nebbia che c’era lì. Quando sono entrato l’ho trovata lì. Sembrava sola. E lo era. Stava seduta per terra, poverina. Alcuni di quei Mangiamorte erano arrivati fino alla sua scuola con una Passaporta allestita illegalmente e l’avevano occupata per ricattarla.».

«Che genere di ricatto?» chiesero Ginny e Hermione.

«Volevano arrivare a sapere dove eri, Harry, per ucciderti. Forse ti chiedi cosa ci fanno cinque Mangiamorte a Bouxbatons. Sapevano che io ti conosco, Harry e sapevano l’affetto che provo per Olympe. L’avevano capito leggendo quegli stupidi articoli di quella stupida Rita Skeeter.». Harry mugugnò.

«Quindi hanno cercato di occupare la scuola per prenderla in ostaggio e costringerti a dirgli dove si trovava Harry?» chiese Hermione.

«Già.» rispose Hagrid.

«Ma è terribile!».

«E pensi che a quelli là ci importa se è ingiusto? – disse il Mezzogigante – No. Quelli lì avevano preso d’assalto la scuola, ma Olympe non si è fatta mettere, mai, i piedi in testa da nessuno. Perciò ha fatto uscire tutti gli studenti da un passaggio segreto della loro scuola e i Mangiamorte hanno preso solo lei, ma per poco. Quando hanno cercato di levargli la bacchetta magica dalla mano lei si è subito difesa e ne ha mandato giù uno. Steso al primo colpo!». Hagrid raccontava con una grinta tale che Harry, seduto vicino a lui, ogni tanto, doveva fare attenzione alle gomitate e alle manate che gli arrivavano dalle movenze del gigante.

«Dopo poco, Madame Maxime stese tutti i Mangiamorte – continuò a dire Hagrid – e fuggì dalla scuola. Anche lei allestì una Passaporta e arrivò ad Hogsmade.». Il gigante si fermò e cominciò a bere il suo tè quasi freddo. I ragazzi fecero altr’e tanto.

«Strano, però. Perché Alberforth non ci ha detto che anche Hagrid si trovava ad Hogsmade?» chiese Ron.

«Forse noi siamo arrivati prima.» rispose Hermione.

«Quello che non mi spiego è perché Hagrid non si è più fatto vedere per tutto questo tempo.» disse la ragazza.

«Già. Dove sei stato?» chiese Harry.

«Ah, be’, questa è la parte più bella della storia.» disse Hagrid. «Dopo che l’avevo trovata – raccontò il gigante – lei mi ha raccontato tutta la storia, che io ho appena detto a voi. Mi disse perché mi aveva chiamato lì. Disse che, da quando era arrivata al villaggio aveva costruito quella capanna con le sue mani, è forte sapete? Purtroppo però, non poteva uscire perché anche a Hogsmade c’erano i Mangiamorte. Così ha chiesto a me di raggiungerla. Diceva che le mancavo.» disse sorridendo.

«Abbiamo passato un po’ di tempo insieme e io ho scoperto che aveva davvero bisogno di una mano. Anzitutto si era storta una caviglia nella lotta contro i Mangiamorte che l’avevano imprigionata a scuola. Poi i viveri scarseggiavano e si doveva andare alla Testa di Porco per prenderli e lei non poteva perché se incontrava uno di quelli di Voldemort non riusciva neanche a scappare.» bevve un altro sorso di tè con l’aria meditabonda.

«Così abbiamo vissuto insieme, – riprese – sapete come si dice “due cuori e una capanna”, be’ è proprio vero. Il posto dove stavamo faceva proprio schifo, ma almeno eravamo insieme. Poi arrivò la bella notizia. La tua rivincita su Voldemort, Harry. La rivincita di noi tutti.». Guardò Harry con uno sguardo di pura gioia.

«Lo sapevi che ce l’avresti fatta! Ti conosco! Ti rialzi sempre!» disse e diede al ragazzo una pacca sulla schiena che lo mandò a sbattere con la faccia sul tavolo.

«Grazie.» disse lui, indeciso se massaggiarsi prima la schiena o la faccia.

«Ma se avevate saputo che Harry aveva vinto, perché non siete tornati subito?» chiese Ron.

«Be’… – fece il gigante – perché ci siamo fidanzati.». Hagrid mostrò un pollicione adorno di un anello peloso e argentato.

«Ohh, complimenti Hagrid – disse Hermione – e quando le hai fatto la proposta?»

«Durante la guerra, nella capanna. Sai in momenti del genere uno si chiede sempre se ci sta un dopo, così glielo chiesto subito. E lei ha detto sì.» Hagrid accarezzò l’anello che aveva al dito per un po’, dopo riprese a raccontare.

«Gli ho fatti io. Gli anelli intendo. Ho preso un po’ di peli dalla coda di un Unicorno che passava di lì e gli ho annodati per fare gli anelli.».

«Ohh.» disse Hermione e guardò Ron con lo sguardo di chi dice è-più-romantico-un-Mezzogigante-di-te. Ron arrossì alle orecchie mentre anche Ginny si voltava a guardare Harry.

«E poi, cos’è successo?» chiese l’occhialuto per evitare una discussione con Ginny riguardo all’anello di Hagrid.

«Be’, come ho detto, il pericolo non c’era più, così Madame Maxime ed io ci siamo regalati una piccola vacanza. Dopo la caduta di Voldemort tutta Hogsmade stava riaprendo i negozi e gli alberghi e io e Olympe abbiamo preso una stanza alla Testa di Porco e ogni tanto uscivamo per farci un giretto. Camminavamo poco per la verità, perché lei aveva male alla caviglia. Non è stata una grande vacanza, ma ci siamo divertiti lo stesso. Dopo un po’ lei disse che doveva ritornare in Francia dai suoi studenti e che doveva riaprire la sua scuola. Così ci siamo divisi; lei è andata in Francia e io sono tornato qui.»

«È una storia bellissima.» dissero Hermione e Ginny insieme.

«E ora quando vi rivedrete?» chiese Ron.

«In estate – disse vagamente il gigante – ci parleremo di nuovo con i Patroni. Ora so farlo anch’io.».

«Cosa? – disse Harry stupefatto – ce lo fai vedere?».

«D’accordo, ma non ditelo a nessuno, eh? Io per regola non dovrei fare magie.». Hagrid prese il suo ombrellino rosa e lo puntò in alto.

«Expecto Patronus!» disse. Dal puntale dell’ombrello scaturì un enorme drago argentato.

«Un drago. Ovvio! – disse Ron guardando Harry – il Patronus di Hagrid non poteva non avere la forma di un drago!».

«Il Patronus di Madame Maxime che forma ha?» domandò Ginny.

«Una volpe mi sembra.» rispose Hagrid.

«Voi, invece, che avete fatto, perché siete rimasti qui?» chiese il gigante dopo un po’.

«Ce lo ha chiesto la McGranit – rispose Harry – a parte Ron, noi non sapevamo dove andare.».

«Be’, ma non potete restare qui per sempre, no? – esclamò Hagrid – dove andrete quando la scuola sarà chiusa?»

«Questo non lo sappiamo ancora, ma ci stiamo pensando.» disse Hermione. Hagrid li guardò un po’ mentre Harry si ricordò di colpo di una cosa.

«Perché Malfoy è ancora qui?» chiese.

«Non lo sai?» disse Hermione

«No.»

«E perché lo chiedi solo adesso?»

«Prima non ci avevo pensato. – ammise Harry – Allora? Perché anche lui si trova qui?»

«Non so bene come mai, ma suo padre l’ha lasciato qui. Ho sentito che glielo diceva a bassa voce dopo che la McGranit ci ha detto di rimanere nel castello.».

«Allora, quando Wonder Magic è entrato qui al castello e Draco ha detto che si sarebbe fatto venire a prendere dai suoi genitori, era solo un bluff?»

«Immagino di sì, altrimenti ce lo saremmo già levato dai piedi, non ti pare?» disse Ron.

«Aspettate un momento – gli interruppe Hagrid – quel Wonder Magic è quello che si legge sui giornali?»

«Sì.» disse Harry

«E come ha fatto ad entrare qui?» chiese

«Non lo sappiamo ancora.» disse Ginny. «Ma vorremmo scoprirlo.».

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Capitolo 6
*** 6.I M.A.G.O. ***


6 I M.A.G.O.

6.I M.A.G.O.

 

«Sono così felice per Hagrid.» disse Hermione mentre era a pranzo con gli altri.

«Già anch’io.» disse Ron «Che cosa guardi, Harry?» aggiunse osservando l’amico che teneva d’occhio Draco, seduto al tavolo dei Serpeverde.

«Draco.» rispose semplicemente

«Ehm… e perché?» disse Hermione.

«Vorrei scoprire perché ha quell’aria trionfante oggi.» disse. In effetti il biondo sembrava gongolante, sembianza che aveva sempre messo Harry in allarme.

«E lo vuoi scoprire guardandolo? – gli disse Ron ironico – Che idea! Avvisami se ci riesci.».

«Harry – disse Hermione dolcemente – sei sicuro che non ti sia ritornata la fissa che avevi per Malfoy l’anno scorso?»

«Già, forse hai ragione.» disse Harry e si rimise a mangiare.

 

Nei giorni che seguirono il ritorno di Hagrid, i cinque ragazzi, come tutti gli altri studenti del settimo anno, furono presi dalla furia del ripasso preesame. La febbre dello studio gli prese da quando Hermione fece notare a tutti che mancavano appena due settimane prima dei Mago. Così, se prima Harry si faceva distrarre facilmente dal mistero legato a Wonder Magic (e anche a Draco Malfoy), ora si era imposto di non distrarsi dallo studio nemmeno se Malfoy avesse deciso di bombardarlo di Incantesimi quando meno se l’aspettava.

«La Confederazione dei maghi, si riunì a Londra, nel 23 Novembre del 1985, per decidere l’attuazione della riforma sulla Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche tra i Minorenni…» stava dicendo Ron sette giorni dopo davanti ad Harry, mentre lui controllava la lezione sul libro di Storia della Magia.

«Vado bene?» disse d’un tratto il rosso.

«Si, – rispose Harry – continua.». Ormai agli esami mancava solo una settimana e Harry si chiedeva se ce l’avrebbero fatta ad arrivarci preparati, data la mole delle materie da ripassare. Hermione si faceva sempre più nervosa man mano che si avvicinavano gli esami. Anche Ginny, seppur non doveva fare gli stessi esami degli altri quattro, si stava dando parecchio da fare. L’unico che sembrava più rilassato, sull’argomento esami, era George. Dopo il discorso ascoltato dal quadro di Silente, George sembrava aver preso un po’ di forza. Ora riusciva a sorridere di più e ricadeva meno spesso in quei momenti di tristezza in cui mostrava quella faccia cupa, che Harry aveva visto molto raramente sul volto dei gemelli Weasley. Sorrise al pensiero che Silente aveva, ancora una volta, sistemato un problema.

«Perché ridi?» chiese Ron a Harry notando il sorriso di quest’ultimo.

«Non sto ridendo.» disse l’occhialuto

«D’accordo allora; perché sorridi?» si corresse ironico l’amico

«Niente di importante – rispose il moro – dai, continua. Ti ascolto». Ron ricominciò a ripetere la lezione di Storia della Magia ad Harry che riprese ad ascoltarlo leggendo sul libro.

La sera di quello stesso giorno Harry si trovava sdraiato sul letto con in mano l’album delle foto della sua famiglia che gli aveva regalato Hagrid. Era da un po’ che non lo guardava. Lo aprì e ritrovò di nuovo il viso dei suoi genitori che lo salutavano felici da dentro le foto animate. Rivide il volto di Sirius sorridergli dalla foto che ritraeva Harry nel giorno del suo battesimo. Osservò anche il viso di Codaliscia, nella foto che gli aveva regalato Moody al quinto anno, dove erano riuniti tutti i membri del primo Ordine della Fenice. La prima volta che aveva visto quella foto era stato al party che la madre di Ron aveva indetto per festeggiare la carica di Prefetto ricevuta da suo figlio e da Hermione; al quinto anno. Quel giorno, ancora memore del fatto che Minus aveva tradito i suoi genitori per salvarsi la pelle, rivederlo in quella foto insieme a loro, lo fece ribollire di rabbia. Ora, però, vederlo di nuovo non gli faceva né caldo né freddo. Ripensò alle parole di Silente al terzo anno: “verrà il giorno in cui sarai molto felice di aver salvato la vita a Minus”. Silente alludeva al fatto che Harry volle risparmiare la vita di Codaliscia quando, verso la fine del terzo anno, nella Stamberga Strillante, il professor Remus Lupin e Sirius Black volevano ucciderlo perché pagasse per il tradimento dei genitori di Harry. Questo suo salvargli la vita aveva creato tra loro un legame che andava oltre l’amicizia; Minus doveva la propria vita ad Harry. Quel legame fece sì che Codaliscia risparmiasse la vita di Harry nelle segrete di villa Malfoy.

Ripensò alle vicende che aveva vissuto nel castello fino a quel momento. Pensò a quante volte era sfuggito alla morte per un soffio e si rese conto di aver avuto una fortuna immensa ad essere ancora vivo.

Dopo un po’ salì nel Dormitorio anche Ron.

«Sei sveglio?» chiese l’amico entrando

«Sì.» disse Harry scostando le tende del suo letto a baldacchino.

«Mamma mia, che sonno.» disse il rosso sbadigliando e iniziando a svestirsi per mettersi il pigiama.

«Non vedo l’ora che passino gli esami, e tu?» chiese poi

«Anch’io.» rispose Harry continuando a sfogliare l’album.

«Buona notte!» disse Ron buttandosi sul letto e spegnendo la lampada.

«’notte» disse Harry. Richiuse le tende del letto e rimase a guardare le foto dell’album alla luce della sua bacchetta, mentre fuori regnava l’oscurità.

 

*

«Ma Ron, che fine ha fatto?» chiese Hermione a Ginny il giorno dopo, mentre, con lei, stava seduta al tavolo rotondo della Sala Comune.

«È con Harry e George. Sono andati nelle Cucine per prendere qualcosa da mangiare. Avevano fame.».

 

 

Harry, Ron e George camminavano molto velocemente lungo i sotterranei, alla volta delle Cucine.

«Se Hermione viene a sapere che stiamo andando a chiedere del cibo agli Elfi Domestici, ci strangola tutti e tre.» disse Ron.

«Speriamo solo che Ginny non le dica niente.» disse George.

«Mai fidarsi di due ragazze che parlano insieme. La loro solidarietà femminile ci mette sempre nei guai.» disse il fratello

«Proprio vero.» assentì Harry. Dopo un po’ erano arrivati.

«Fa il solletico alla pera, svelto.» disse Ron al fratello, ansioso di entrare nelle Cucine. George passò districandosi tra Harry e Ron e fece quanto il fratello aveva detto. La pera del quadro raffigurante il cesto di frutta si trasformò in una maniglia che il ragazzo impugnò per aprire la porta. Tutti e tre entrarono dentro. Gli Elfi gli salutarono subito con le loro vocette acute.

«Sentite, non abbiamo tanto tempo – disse George da sopra la piccola folla              – potreste darci quei pasticcini e quei bignè, per favore?» gli Elfi annuirono e squittirono portando vassoi e vassoi carichi dei dolci richiesti.

«Bastano, signore?» disse un Elfo porgendo uno di quei vassoi a George.

«Si potrebbe avere anche quella torta al tiramisù?» intervenne Ron indicando una teca di vetro poggiata su un tavolo; messa a coprire un piatto con la torta più grande che Harry avesse mi visto. Alcuni Elfi presero la torta dal tavolo e la porsero a Ron tutti sorridenti.

«Veramente io pensavo di prenderne solo un po’…» fece il rosso.

«Che dici? – intervenne George – Vuoi offenderli? La prendiamo tutta.» disse agli Elfi.

«Grazie di tutto, amici. Alla prossima.» urlò George poco dopo, reggendo un’enorme pila di vassoi carichi di dolci in bilico con una mano.

«Qualcuno riesce ad aprire la porta?» fece Harry che, insieme a Ron, trasportava a braccia l’enorme torta al tiramisù. Per tutta risposta George aprì la porta con la mano libera e tutti e tre uscirono.

Si incamminarono di nuovo attraverso i sotterranei movendosi molto più lentamente che all’andata vista la massa di roba che adesso trasportavano. Svoltato l’angolo si trovarono faccia a faccia con Hermione.

«Ronald Weasley!» disse vedendolo.

«Ehm… vuoi un po’ di torta?» fece Ron con la faccia più rossa di un peperone.

«No. Voglio che riportiate tutta quella roba dove l’avete presa!» rispose Hermione furibonda.

«Ma non possiamo!» rispose il rosso

«Già. Lo sai come sono fatti gli Elfi Domestici, se rifiuti quello che ti offrono si offendono a morte!» intervenne George.

«Qui non si tratta di rifiutare qualcosa, ma di riportare indietro una cosa già accettata.» fece notare Hermione.

«Ma è la stessa cosa.» le fece notare Harry a sua volta.

«E va bene – disse la ragazza arrendendosi – portate quella roba in Sala Comune, ma che sia l’ultima volta!»

«Lo sarà per forza – gli disse George mentre si allontanava con Harry e Ron al seguito – l’anno scolastico è finito!»

Per ripicca, Hermione, non mangiò nulla di quello che i tre ragazzi avevano portato su dalle Cucine, me si limitò a lanciare occhiate arrabbiate ad ognuno di loro ogni volta che intercettava il loro sguardo.

Per la contentezza di Hermione, quella fu davvero l’ultima volta che ragazzi andarono nelle Cucine. La preparazione per gli esami che dovevano svolgere alla fine di quella settimana, non lasciava loro neanche il tempo di respirare.

L’ultimo venerdì prima degli esami, i cinque ragazzi andarono da Silente per la loro ultima lezione sugli Incantesimi Non Verbali.

«Benvenuti alla nostra terza e ultima lezione insieme.» disse il ritratto quando Harry e tutti gli altri entrarono nell’Ufficio del Preside.

«Proporrei di iniziare subito, ma credo che la professoressa McGranit sia desiderosa di darvi un annuncio.».

«Esattamente, Albus.» disse la professoressa avvicinandosi ai cinque ragazzi seduti sulle sedie vicino al ritratto di Albus Silente.

«Gli esami si terranno qui nel mio ufficio alle nove del mattino, a partire da lunedì. Un incaricato del Ministero assisterà alle vostre, e solo alle vostre, prove d’esame.» la McGranit estrasse, poi, un rotolo di pergamena da sotto il mantello e lesse:

«Gli studenti Granger Hermione, Potter Harry, Weasley George, Weasley Ginevra e Weasley Ron saranno esonerati dagli esami collettivi dei M.A.G.O. per sostenere, in sede separata dalle loro rispettive Case, degli esami preparati sulla base del programma didattico del sesto anno.

 

FIRMATO:

Percy Weasley

Sottosegretario anziano del Ministero della Magia»

 

La professoressa finì di leggere e chiese:

«Ci sono domande?» i ragazzi scossero la testa per dire di no.

«Molto bene. Vi lascio alla vostra lezione.» disse e uscì dall’ufficio chiudendosi la porta alle spalle.

«Molto bene ragazzi – disse Silente una volta soli – fatemi vedere quanto avete imparato. Fuoco alle polveri!». A turno i cinque ragazzi si alzarono ed eseguirono, in versione Non Verbale, tutti gli Incantesimi che Silente riusciva ad immaginare. Dopo che Hermione scagliò una Fattura Gambemolli ad un Harry che evocò un Sortilegio Scudo, Silente parve ritenersi soddisfatto.

«Magnifico. – disse – Davvero magnifico. Supererete tutte le prove d’esame, ne sono convinto.». I cinque ragazzi sorridettero, incoraggiati. Tutti fecero per alzarsi ed andarsene.

«Andate avanti. Io vi raggiungo più tardi in Sala Comune.» disse Hermione a Ron che annuì e se ne andò con gli altri. Hermione non si fece vedere per tutta la serata. La lezione con Silente era durata solo un ora, ma la ragazza tornò in Sala Comune solo a mezzanotte.

«Che hai fatto per tutto questo tempo?» gli chiese Ron meravigliato nel vederla entrare dal buco del ritratto della Signora Grassa. Insieme a Harry, l’aveva aspettata sveglio.

«Sono stata nell’ufficio di Silente» rispose Hermione. Harry notò che aveva l’aria particolarmente felice.

«Ti sei fatta fare qualche Incantesimo Rallegrante da Silente?» chiese Ron che pure aveva notato il sorriso sul volto di lei.

«Ron, sarebbe impossibile! – lo corresse Hermione come al solito – I soggetti dei quadri possono fare delle magie solo contro soggetti di altri quadri.»

«Vabbè, dicevo per dire…» disse mogio il rosso.

«Comunque; possiamo sapere entro oggi cosa avete fatto tu e Silente, o devi ricevere il permesso dal Ministro della Magia prima di dircelo?» chiese Ron ironico. Hermione fece finta di ridere.

«Ho chiesto un Contro Incantesimo per far ritornare la memoria ai miei genitori. – rispose la ragazza tutto d’un fiato – ora non c’è più pericolo per loro. Possono… possono ricordarsi che hanno una figlia.»

«È meraviglioso!» disse Harry.

«Potrai tornare dai tuoi genitori!» aggiunse Ron.

«Già.» disse Hermione sorridendo radiosa.

«Il professor Silente mi ha spiegato che questo Incantesimo si chiama Deobliterante. – spiegò la ragazza – la formula da pronunciare è Deoblivion, ma molto difficile da evocare. Sono rimesta nell’Ufficio de Preside fino a quando non ho saputo evocare bene quest’Incantesimo. Per questo ci ho messo tanto.».

«Incredibile. – disse Ron a Harry – all’inizio non ci spiegava mai niente e ora ci dice anche quello che non vogliamo sapere; come cambiano le cose!».

Harry rise. Hermione lanciò un’occhiataccia a Ron.

 

La sera prima degli esami, nella Sala Comune, aleggiava un nervosismo quasi palpabile. Tutti gli studenti del settimo anno avevano i nasi incollati ai libri per ripassare quanto più potevano prima del giorno dopo.

«Oh, no. Oh, no. Oh, no!» strillò Hermione.

«Che c’è?» esclamò Ron avvicinandosi a lei.

«Ho sbagliato la traduzione di Antiche Rune!» rispose Hermione.

«Tutto qui?» fece il rosso.

«Tutto qui? – ripetè lei con foga – se faccio un errore simile ai MAGO, gli esami non li passo!».

«Ma non è detto che dovrai sbagliare anche domani, tralaltro ti sei anche accorta dell’errore che hai fatto e l’hai corretto.» cercò di farla ragionare Ron, ma non ci fu niente da fare; Hermione restò intrattabile per tutta la serata. Harry la capiva benissimo; non era nervoso al punto di aggredire qualcuno solo perché respirava, ma era molto agitato.

Il giorno dopo, Harry, si trovava di fronte all’Ufficio del Preside con Ginny, Ron, Hermione e George. Stavano ripassando Trasfigurazione prima dell’esame. Dopo un po’ arrivò la McGranit insieme con una persona del tutto sconosciuta ai cinque ragazzi, ma che Harry pensò fosse l’incaricato del Ministero.

«Ah, vi siate fatti trovare già qua!» assentì soddisfatta la professoressa vedendoli.

«Vi presento Lerry J. Baston – continuò presentando l’uomo al suo fianco – è l’inviato del Ministero della Magia che assisterà alle vostre prove d’esame.».

«Salve – disse cordiale il mago stringendo la mano ai cinque ragazzi – suppongo che abbiate conosciuto mio figlio Oliver, dico bene?» Harry annuì. Dimenticava difficilmente gli allenamenti massacranti a cui il suo ex capitano di Quidditch lo aveva sottoposto.

«È vero che suo figlio è entrato nella Puddlemore United come giocatore?» chiese George.

«Già, è Battitore. Che sorpresa quando ce lo ha comunicato!» rispose il mago.

Lerry Baston aveva dei capelli corti e neri che cadevano su un viso adorno di una barba rasa.

«Be’, ora che ci siamo presentati, vogliamo cominciare?» disse tagliente la McGranit.

«Oh, si… certo… scusatemi…» disse imbarazzato l’Inviato del Ministero. La McGranit non gli rispose. Disse la Parola d’Ordine al Gargoyle di pietra (“Mi Trasfiguro in un gatto soriano”) ed entro per prima lasciando che tutti gli altri la seguissero. Nell’Ufficio del Preside erano gia stati sistemati dei piccoli tavoli con sopra il foglio contenente le tracce d’esame girato a faccia in giù.

«Se volete prendere posto…» disse la McGranit sedendosi dietro alla cattedra che era stata spostata un po’ più in là, per via dello spazio che occupavano i banchi.

«Ah, il suo banco è quello, signorina Weasley.»  aggiunse rivolta a Ginny quando lei fece per sedersi al tavolo vicino ad Harry. Harry guardò il tavolo indicato dalla professoressa: dall’atra parte della stanza.

«Perché?» chiese la ragazza. Lerry la guardò.

«Perché il suo test è leggermente diverso dagli altri – le spiegò l’Inviato – dovrà valutare il  suo apprendimento dei moduli del quinto anno e non del sesto. E il suo compito è sul quel tavolo.». Ginny guardò Harry

«Ci vediamo dopo…» le disse lui cercando di confortarla.

«Sì.» rispose lei atona allontanandosi mentre Ron si sedeva al posto che aveva scelto Ginny. La McGranit girò l’enorme clessidra sulla cattedra e disse di cominciare a svolgere i test.

Harry girò il suo foglio. La prima domanda era:

Descrivi i movimenti, la formula e l’effetto di un Incantesimi di Evocazione. “Almeno la prima la so” pensò e scrisse la risposta.

 

Un ora dopo toccò alla prova pratica. Harry e gli altri aspettavano di fronte alla Gargoyle dell’Ufficio del Preside, mentre, da dentro l’Ufficio, la McGranit chiamava gli alunni uno per volta. Nell’attesa i cinque ragazzi si esercitavano in ogni Incantesimo che veniva loro in mente, per ripassare. Dopo Hermione, fu la volta di Harry che entrò nell’Ufficio col cuore in gola. L’Inviato del Ministero accolse con un sorriso l’entrata del ragazzo, che sorrise di rimando.

«Benvenuto, Potter.» disse asciutta la professoressa McGranit. Harry si avvicinò alla cattedra lentamente. La McGranit finì di scrivere la valutazione di Hermione su un piccolo taccuino poi si rivolse ad Harry dicendo:

«Dunque, Potter, Evoca…». La McGranit restò sovrappensiero per decidere cosa far Evocare ad Harry per la prova d’esame.

«Un mazzo di fiori?» le suggerì Lerry.

«Sì – disse lei – Potter, Evoca un mazzo di fiori.». “Qualcosa di più semplice no, eh?” pensò Harry prima che l’Inviato del Ministero, quasi gli avesse letto nel pensiero, dicesse:

«So che può farcela signor Potter!». Harry lo guardò e, poi, si concentrò sull’Incantesimo da eseguire. Stava quasi per pronunciare la formula quando gli venne in mente una cosa che successe al quarto anno, quando, come concorrente del Torneo Tremaghi, doveva sottoporsi alla Pesa delle Bacchette.

Quella volta vide il signor Olivander far apparire dalla bacchetta di Fleur, un mazzo di fiori pronunciando la formula Orchideus. La domanda posta dall’Inviato era dunque un trabocchetto. Il mago si aspettava sicuramente che Harry sbagliasse e che pronunciasse la parola magica “Evoco” per far apparire i fiori. Sorridendo, Harry, puntò la bacchetta in aria e disse:

«Orchideus!». Dalla punta della bacchetta fuoriuscirono dei fiori che Harry prese e posò sulla scrivania con aria soddisfatta; sotto lo sguardo stupito e divertito del signor Baston.

«Complimenti, Harry.» disse la McGranit entusiasta, ricominciando a scrivere sul taccuino.

«Posso andare, allora?» chiese il ragazzo.

«Certo, certo. Vai pure Potter.» rispose lei, dopodiché, Harry, uscì.

 

Dopo Trasfigurazione i cinque ragazzi tornarono in Sala Comune dove, dopo che quasi tutti i ragazzi di Grifondoro ebbero chiesto loro come fossero andati gli esami, si misero a ripassare per Incantesimi. Alle quattro, i cinque, si avviarono di nuovo verso l’Ufficio del Preside dove gli aspettava Vitious questa volta. Tutti svolsero alla perfezione gli Incantesimi richiesti dal professore (e dall’Inviato del Ministero) e Hermione si guadagnò un «Eccezionale!» da Vitious quando colpì Ron con un Incantesimo rallegrante che lasciò il ragazzo in preda alle risate per un’ora. Purtroppo, gli esami, non finirono lì; a mezzanotte andarono insieme al resto degli studenti nella Torre di Astronomia per l’esame. Dopo aver dovuto restare chini per due ore sul proprio telescopio, per osservare i movimenti dei pianeti da segnare sulla propria mappa, tutti gli studenti lasciarono la Torre per andare a letto.

Il giorno dopo, alle nove e dieci, Harry stava leggendo la traccia del suo compito di Storia della Magia.

Elencate, in ordine cronologico, gli avvenimenti che portarono alla Indipendenza dei Centauri dai Maghi.

Harry ripensò con un sorriso alla volta che aveva ripetuto quella parte di Storia della Magia a Ginny e scrisse velocemente la risposta alla domanda, evitando accuratamente di inserire i Goblin al posto dei Centauri.

Dopo pranzo i cinque ragazzi si diressero velocemente alla volta dell’Aula di Pozioni. Entrando videro i paioli già sistemati sui rispettivi banchi e notarono anche che Draco aveva già occupato uno dei tavoli. L’assenza di Tiger e Goyle rendeva Draco, in qualche modo, più difficile da individuare in mezzo ai fumi sollevati dai calderoni. Harry ce la mise tutta per preparare la Pozione Corroborante che Lumacorno aveva assegnato per l’esame. A dir la verità il professor Lumacorno, qualche giorno prima, aveva addestrato i cinque ragazzi a preparare proprio quella pozione, in previsione degli esami, ma prepararla fu difficile ugualmente, o, almeno, lo fu per Harry. La precisione con cui mescolare l’intruglio, insieme al doversi ricordare di girare una volta in senso orario e un’altra volta in senso antiorario, rendevano quella pozione complicatissima, soprattutto durante un esame. Alla fine della prova, il professore gridò, per farsi sentire sopra a tutto il rumore delle sostanze che bollivano nei paioli:

«Allontanatevi dai calderoni, prego. La prova è finita.»; dopodiché passò tra tutti i calderoni per osservare come avevano lavorato gli alunni.

«Un blu perfetto, signor Paciock, mi congratulo!» disse quando passò vicino la calderone di Neville. Il ragazzo rispose con un timido sorriso compiaciuto.

«Da lei non potevamo che aspettarci una pozione perfetta, vero signor Potter?» disse ad Harry, quando arrivò ad esaminare la sua pozione. Harry sorrise orgoglioso: era la prima pozione che gli riusciva veramente bene nonostante gli fosse mancato l’aiuto del libro de Principe.

«La stessa cosa vale per la signorina Granger.». Lumacorno era arrivato ad esaminare la pozione di Hermione. Il professore fece un commento per ogni pozione che esaminava, tranne per quella di Draco, che era di un colore giallo-arancio. Prima di andarsene per il prossimo esame, Harry, vide Draco rificcare rabbioso gli ingredienti nella borsa, insieme ad una bacchetta magica.

«Dove avrà preso quella bacchetta magica, Malfoy?» chiese Harry a Ron.

«Non lo so. – rispose lui – e, sinceramente non voglio saperlo.».

 

In assenza di un docente di Difesa Contro le Arti Oscure che non fosse un ex-Mangiamorte, l’esame della suddetta materia fu sostenuta di nuovo dalla McGranit. I cinque ragazzi, dopo aver passato l’anno a combattere contro i Mangiamorte, ebbero un successo indiscusso in quella disciplina. Alla fine della sua prova, Harry, stava per andarsene quando Lerry lo richiamò.

«Signor Potter?». Harry si fermò.

«Volevo chiedervi di eseguire un’ Incanto Patronus per me.» continuò l’inviato.

Harry guardò il signor Baston per un po’; l’Inviato lo guardava speranzoso con le braccia penzolanti al fianco. Chiedendosi perché tutti gli facevano la stessa richiesta, puntò la bacchetta in aria ed esclamò:

«Expecto Patronus!». Dalla punta della bacchetta scaturì all’istante un enorme cervo argenteo che galoppò per tutta la stanza prima di fermarsi proprio davanti all’Inviato del Ministero che lo guardò entusiasta.

«Fantastico! Meglio di come me lo avevano descritto!» disse appena il cervo argenteo sparì.

«Finalmente ho visto il famosissimo Patronus di Harry Potter! – aggiunse – a quale pensiero hai fatto ricorso, per evocarlo?». La McGranit guardò l’Inviato con lo sguardo più truce che le riuscì.

«Ho pensato di superare i MAGO con il massimo del punteggio.» disse Harry, senza scomporsi più di tanto, in risposta alla domanda del tutto indiscreta di Lerry.

«Oh. – disse lui, sembrava vagamente deluso – be’, mi pare ovvio, dato il momento…». La McGranit guardò Harry con uno sguardo strano e Harry capì che si chiedeva se la risposta che aveva dato riguardo il Patronus era vera. Uscendo dall’Ufficio del Preside, Harry, incrociò Ginny e le sorrise. La ragazza sorrise di rimando, senza sapere di essere stata il pensiero felice di Harry nel momento in cui aveva evocato il Patronus.

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Capitolo 7
*** 7.Destinazione Australia ***


7 Destinazione Australia

7.Destinazione Australia

 

Era passato un giorno dall’ultimo test dei MAGO e, Harry e Ron, si stavano godendo una partita agli scacchi dei maghi nella Sala di Ritrovo.

«Stai perdendo, Harry, come al solito!» lo canzonò Ginny seduta affianco a lui.

«Ma no. – rispose il moro scherzando – lo sto solo facendo vincere!».

«Allora reciti davvero bene, sembra che tu stia perdendo veramente!» aggiunse George seduto al lato del fratello. Harry rise. Di colpo Ron alzò la testa per guardare Hermione.

«Hermione. Possibile che tu debba controllare ancora le risposte che hai dato agli esami?» disse il rosso.

«Sono sicurissima di aver sbagliato la traduzione di una parola al test di Antiche Rune, ma non so quale!». Harry e Ron si guardarono interrogativi prima di scoppiare a ridere. Hermione sbuffò.

«E va bene. Lasciamo stare.» disse alzandosi e prendendo posto alla destra di Ron per tifare con gli altri a favore di una solenne sconfitta di Harry. Finalmente Harry poteva dire di stare passando un normale settimana all’interno della scuola di Hogwarts. Finalmente non doveva preoccuparsi più di Voldemort, Wonder Magic non si faceva più sentire e, soprattutto, gli esami erano finiti. L’unica cosa che il ragazzo voleva ancora scoprire, era dove Malfoy poteva aver preso la bacchetta magica che gli aveva visto rificcare con rabbia nella borsa dopo il test di Pozioni.

Ma per Harry quella settimana significava di più che la fine della scuola, il martedì di quella stessa settimana, avrebbero avuto l’incontro di Quidditch. La domenica scorsa, la professoressa McGranit, era arrivata di corsa nella Sala Comune di Grifondoro gridando:

«Siamo in finale! Siamo in finale!». La maggior parte degli studenti presenti in quel momento dovettero farla calmare e sedere per far sì che la professoressa si spiegasse meglio.

«Siamo in finale. – disse – La nostra squadra è stata scelta da Madama Bumb insieme a quella dei Serpeverde.» Ron mugugnò nell’orecchio di Harry, alla notizia di dover giocare contro i Serpeverde. La McGranit finì il suo annuncio e, ancora eccitata, uscì dal buco del ritratto, probabilmente per dare la stessa comunicazione anche alla casa dei Serpeverde. Fu così che quel lunedì, quando fece sera, Harry uscì con la sua squadra per un ultimo allenamento prima della partita del giorno dopo. Tutta la squadra assentì con entusiasmo e si diresse insieme ad Harry alla volta del campo di Quidditch. Si unì a loro anche George per assistere all’allenamento. I sette giocatori si disposero ai loro posti ed inziarono l’allenamento. Tutti si stavano impegnando al massimo, ma qualcosa andò storto. Dean Thomas stava volando con Dennis quando, all’arrivo di un Bolide, quest’ultimo, colpì Dean al posto del Bolide. Come se non bastasse il Bolide, senza nessuno che lo fermasse, colpì la scopa di Dean che perse quota precipitando a terra. Il tutto accade in pochi attimi e, quando Harry si accorse di cosa stava succedendo, si gettò con Ron e alla rincorsa di Dean che precipitava a terra privo di sensi. Insieme all’amico, l’occhialuto, riuscì ad afferrare il Battitore un istante prima che toccasse terra.

«Com’è successo?» chiese George che era sceso in campo per dare una mano mentre il resto della squadra di Grifondoro atterrava intorno al malcapitato. Harry gli spiegò velocemente l’accaduto.

 

«Sta bene Harry, eh? Sta bene?». Tutta la squadra si trovava in Infermeria, intorno al corpo di Dean che, privo di sensi, giaceva su un letto.

«Non lo so.» rispose Harry.

«Non l’ho fatto apposta, lo giuro.» continuò Dennis

«Lo so.» disse Harry atono

«Davvero, Harry. Guardavo il Bolide, ma ho colpito Dean. Mi dispiace!»

«Lo so!» disse Harry a voce alta.

«Nessuno ti accusa di niente Dennis – disse George – succedono spesso, cose del genere, quando si gioca a Quidditch.».

«Ma si riprenderà, vero?» chiese Dennis con l’aria preoccupata.

«Ma sì. Madama Pince ha guarito ferite ben più gravi.» lo rassicurò Ron. Madama Pince uscì dal suo ufficio e raggiunse la squadra.

«Devo chiedervi di uscire – disse – ha bisogno di riposo.»

«Quindi si riprenderà?» chiese Harry.

«Certamente! – rispose Madama Pince guardando il ragazzo in tralice – Ha solo ricevuto un trauma. Per questo, aria!» aggiunse spingendo fuori la squadra.

«Ora che farete per la squadra?» chiese George, con finta disinvoltura, mentre tornava con gli altri nella Sala Comune di Grifondoro.

«Stai dicendo che vuoi entrare in squadra?» chiese Ron subito.

«Non lo so.».

«Se ti va di entrare, dillo subito: abbiamo bisogno di te!» disse Harry.

Entrati dal buco del ritratto videro Hermione ancora sveglia, vestita per uscire.

«Che fai?» chiese Ron. La ragazza sussultò; non li aveva visti entrare.

«Ehm… ecco… io…» balbettò.

«Hermione, stavi per uscire? – disse Harry – di nascosto?»

«Tu che esci di nascosto? Assurdo!» esclamò Ron stupefatto. Hermione lo fulminò con lo sguardo.

«Che stavi facendo?» chiese di nuovo Ron.

«Io… be’ volevo andare a ritrovare i miei genitori.» rispose la ragazza d’un fiato.

«Adesso?» chiese Ron

«Sì, Ron, adesso! Nel caso tu non te ne fossi accorto, alla chiusura della scuola manca una sola settimana! Io non ho dove andare!» rispose lei urlando. Ron stette zitto.

«Perché non volevi che lo sapessimo?» chiese Harry

«Pensavo non ve la sentiste di ricominciare a girare per il mondo alla ricerca di qualcosa.» rispose.

«Stai scherzando? – disse Ron – noi verremo senza alcun dubbio. Vero Harry?»

«Assolutamente.» disse Harry annuendo

«Anche noi.» dissero George e Ginny.

«Vabbè, ora non esageriamo. Noi due bastiamo!» disse Ron indicando sé ed Harry

«Oh, ma certo – disse George inchinandosi – non oserei mai unirmi al vostro invincibile duetto!». Harry rise.

«Siete sicuri di voler venire? Sarà noioso!» disse Hermione

«Ti ci metti anche tu ora? – disse George – Vogliamo aiutarvi, è così orribile?».

Hermione accolse la proposta di Ginny e George di seguirli prima di chiedere:

«Quando partiamo?». La parte della squadra di Quidditch che non era già andata a letto si guardò a disagio.

«Ho capito, volete prima disputare la partita!»

«Solo se va a te. – disse Ron velocemente – vero?» chiese agli altri

«Ehm… certo!» disse Harry con uno sforzo enorme, ma Hermione disse:

«Tranquilli. Domani giocate. Partiremo dopo!».

«Sicura?» chiese Ron

«Sì» rispose lei con un sorriso. Dopo un po’ la ragazza chiese:

«Perché avete fatto così tardi?». Harry spiegò cos’era successo.

«Ma ora, Dean sta bene. – aggiunse allo sguardo preoccupato di Hermione – Purtroppo, però, non abbiamo un altro battitore.»

«Perché no? Avete George!» disse lei guardando il gemello. George abbassò lo sguardo.

«Giocherai, vero?» chiese. George non rispose.

«George – riprese lei con dolcezza – hai sentito Silente: Devi vivere come se Fred fosse ancora qui e, ne sono sicura, tuo fratello vorrebbe che tu giocassi, domani!». George annui leggermente, poi disse:

«Solo se va a te!»

 

«Presto, siamo quasi in ritardo!» stava gridando Harry la mattina dopo mentre correva alla volta del campo col resto della squadra che lo seguiva.

«Tranquillo, Harry – disse Alicia Spinnet – Alla partita mancano dieci minuti!». Harry lo sapeva, ma non voleva che Draco pensasse che aveva paura, vedendolo arrivare in ritardo. Di colpo corse loro incontro la McGranit.

«C’è la McGranit!» esclamò Ron. La professoressa li raggiunse.

«Ho sentito dire che non avete un Battitore. – disse ansimando – come pensate di fare?»

«Veramente ora ce l’abbiamo.» disse Harry indicando George.

«Oh! E perché siete così in ritardo? Quelli dell’altra squadra hanno gia indossato le loro divise.».

«Andiamo subito.» disse Harry avviandosi di nuovo.

«Mettetecela tutta!» gridò da dietro la McGranit.

La squadra arrivò agli spogliatoi, a soli due minuti dall’inizio della partita. Si cambiarono velocemente ed entrarono in campo all’ultimo secondo. Quando Luna gridò nel Megafono Magico i loro nomi, tutti entrarono in campo.

«Oh, ma che hanno fatto? Hanno scambiato Canon Dennis con Weasley George all’ultimo secondo! – disse Luna sorpresa – Vabbè, la partita può anche cominciare.».

Madama Bumb disse ai capitani di stringersi la mano. Harry strinse la mano a Draco guardandolo dritto negli occhi. Si chiese di nuovo dove Malfoy avesse preso la bacchetta che Harry gli aveva visto all’esame di Pozioni, ma allontanò quel pensiero dalla testa: ora doveva pensare solo al Quidditch. Tutti salirono sulle proprie scope e, al fischio di Madama Bumb, si librarono in aria.

«Ed ecco, dopo il fischio di Madama Bumb, la partita sta cominciando.» disse Luna dal podio del cronista. La McGranit si era seduta dietro di lei e la guardava con lo sguardo di chi si aspetta di tutto dalla persona che ha di fronte.

«Notiamo il più grande Cercatore di Hogwarts aggirarsi sul campo alla ricerca del Boccino d’Oro…» stava dicendo Luna.

«IL PIù GRANDE CERCATORE DI HOGWARTS? – la canzonò Draco dall’alto del campo mentre, come Harry, cercava il Boccino – quella lì avrebbe bisogno di un altro paio di occhiali: è evidente che non ha capito chi c’é in  campo!».

«Sta’ zitto, Malfoy!» gli disse Harry volandoli vicino. Harry si guardò in torno, George volava con Dennis colpendo i Bolidi con la naturalezza di un tempo mentre, per fortuna, Ron aveva lasciato l’insicurezza di quel tempo nel suo ruolo di Portiere. Il rosso parò tre tiri di seguito provocando un’ondata di urli dalla curva giallo-rossa delle tribune.

«L’incredibile abilità acquisita da Ron come Portiere, mi lascia proprio a bocca aperta!» disse Luna, del tutto incurante dello svolgimento della partita. Harry diede un’ultima occhiata a Ron (che guardava con espressione arcigna in direzione di Luna) dopodiché ricominciò a scrutare lungo tutto il campo alla ricerca di qualche bagliore di quel Boccino che, se catturato, regalava alla squadra ben cinquecento punti. Guardò Draco che, dall’atra parte del campo, osservava accigliato tutt’intorno alla ricerca, anche lui, del Boccino d’Oro. Poi lo vide. Il Boccino gli era appena passato vicino all’orecchio e lo aveva sorpassato. Subito Harry si buttò all’inseguimento. Scartò Angelina che volava alla porta avversaria con la Pluffa sottobraccio, seguita da Marcus Flitt, e si buttò a capofitto per raggiungere la sfera dorata che aveva deciso di volare al livello del terreno. Anche Draco, vedendo il comportamento di Harry, si buttò in picchiata e, in pochi istanti, lo raggiunse. Precipitavano l’uno di fianco all’altro, ognuno con le mani tese ad afferrare il Boccino. Di colpo il Boccino volo altissimo e sia Harry che Draco sterzarono all’ultimo momento, a qualche centimetro da terra. Con l’impressione che anche il Boccino d’Oro avesse imparato la Finta Wronsky, Harry si rimise in quota, ma il Boccino era sparito. Con rabbia Harry si rialzò più in alto di Draco e ricominciò a scrutare il terreno. Nel frattempo Luna (sotto giusta richiesta della McGranit, visto che la ragazza si era messa a parlare del tempo) stava descrivendo la partita dicendo:

«I Grifondoro sono in vantaggio per trenta a dieci e Ginny Weasley è in possesso di Pluffa.». Harry si girò di colpo verso Ginny per vedere come giocava. La ragazza si avvicinò alle porte e, dapprima fingendo di tirare a destra, tirò sulla sinistra del portiere dei Serpeverde, un ragazzo corpulento che Harry non aveva mai visto. Ginny segnò.

«Sì!» disse Harry, poi, ricordandosi del suo ruolo in quella partita, si riconcentrò nell’individuare il Boccino. Lo vide di nuovo: era sotto la scopa di Draco a un metro di distanza da quest’ultimo. Harry frenò l’istinto di lanciarsi all’inseguimento di colpo; se Draco lo avesse visto fare una cosa del genere, si sarebbe di sicuro accorto che il Boccino gli volava vicino. Si avvicinò a Malfoy lentamente fingendo di cercare ancora il Boccino senza, però, perdere di vista la sua reale posizione. Anche Draco cominciò a spostarsi alla ricerca della sfera dorata, lasciando libero il posto dove il Boccino si aggirava realmente. Harry aspettò che l’altro Cercatore si allontanasse abbastanza per avvicinarsi ancora di più al Boccino, poi, successe tutto in un attimo. Draco si accorse della reale posizione del Boccino e tornò indietro, fino a trovarsi alla stessa distanza a cui si trovava Harry. Entrambi si lanciarono verso la sfera grossa quanto una noce con l’intento di afferrarla per primi. Draco era andato un po’ più veloce di Harry ed era arrivato più vicino al Boccino rispetto a lui. Ormai l’occhialuto aveva perso le speranze, Draco era troppo vicino. Di colpo un Bolide sferzò l’aria puntando dritto su Malfoy che, per evitarlo, dovette lasciar perdere quello che stava facendo e spostarsi. Harry ne approfittò all’istante; prese il Boccino prima che questo decidesse di cambiare di nuovo posizione.

«La partita è finita!» gridò la voce della McGranit nel megafono magico che aveva strappato al Luna che lo usava per tutto, fuorché per commentare la partita.

«Harry Potter conquista il Boccino d’Oro. Grifondoro vince per centonovanta a dieci!». La squadra scese planando verso terra e si abbracciò.

«Lo sapevo che l’avresti preso!» disse Angelina abbracciando Harry. Dietro di lei, Ginny, la guardava con ferocia. Harry si staccò da Angelina per raggiungere la sorella di Ron.

«Non scagliarle contro un Fattura Orcovolante. Stava solo congratulandosi!» le disse. Lei sorrise

«George ha lanciato il Bolide che ha fermato Draco.» gli disse lei.

«Lo supponevo.» assentì Harry. Il ragazzo guardò George che stava parlando con Dennis.

«Avrei voluto che mio fratello mi vedesse giocare.» stava dicendo Dennis.

«Lo so. – rispose George – anch’io avrei voluto poter giocare a Quidditch con mio fratello.». Dennis abbassò la testa; per nascondere le lacrime. George se ne accorse e disse:

«Una persona mi ha detto che, anche se non lo sappiamo, le persone che ci hanno lasciato non se ne vanno veramente.». Dennis lo guardò.

«Io sono sicuro – riprese – che sia Colin che… Fred… oggi ci abbiano visti giocare.».

 

«È stata la parata più difficile di tutta la mia vita.» stava dicendo Ron ad Harry mentre tornava con lui e il resto della squadra verso la Sala Comune. Harry camminava stretto con Ginny davanti a Ron che, ogni tanto, lanciava loro uno sguardo tra l’esasperato e l’arreso.

«Quando ti ho visto io non stavi andando poi tanto male.» disse Harry.

«Dov’è Hermione?» chiese poi. Il rosso si guardò intorno.

«In effetti è dalla fine della partita che non la vedo.» disse lui dopo un po’. Ginny guardò il fratello in tralice.

«Credete che sia partita senza di noi?» disse George avvicinandosi al gruppo.

«Per cercare i suoi genitori dici? – rispose Ginny mentre iniziava a salire le scale del castello – Non credo.  Insomma, le avevamo detto che l’avremmo seguita…». I ragazzi arrivarono nella Sala Comune, ma Hermione non era lì.

«È uscita da cinque minuti.» disse Neville a Ron che stava facendo il giro della stanza chiedendo dove si fosse cacciata la ragazza.

«Non ha detto dove andava?» chiese Harry.

«No. – rispose il ragazzo paffuto – È successo qualcosa?» chiese poi.

«No.» disse Harry semplicemente.

Un minuto dopo la ragazza ricomparve in Sala Comune, con la maglia stranamente rigonfia.

«Dov’eri?» le chiese Ron. La ragazza estrasse da sotto la maglia una quantità di cibo tale da riempire tutto il tavolo rotondo intorno al quale erano seduti Harry, Ron, George e Ginny.

«Dove hai preso questa roba?» chiese George.

«Ehm… dalle Cucine.» rispose lei senza guardarlo.

«Questa si che è bella! – disse Ron – prima sgridi Harry, George e me perché andiamo a prendere i dolci dagli Elfi Domestici e poi arrivi in Sala Comune con tutta quella roba!».

«Non li ho presi perché avevo fame, Ron.» disse Hermione.

«E perché, allora?» chiese Harry

«Perché ci serviranno durante il viaggio. Vorrete mangiare, mentre siamo in viaggio per cercare i miei genitori, no?» spiegò lei.

«Non potremmo semplicemente comprare il cibo quando abbiamo bisogno?» chiese Ron.

«Impossibile. Non abbiamo con noi soldi Babbani.» rispose la ragazza.

«Ma non si rovinerà, tutto quel cibo, prima che riusciamo a finirlo?» chiese George sollevando quello che sembrava una braciola di maiale. Gli altri studenti della Casa di Grifondoro erano troppo impegnati a festeggiare la vittoria della partita di Quidditch per notare quello che George teneva in mano, ma questi, per prudenza, lo rimise giù.

«Conservarli non sarà un problema.» disse Hermione a mezza voce

«Ah no?» fece Ron scettico.

«No.» disse lei guardandolo torva. Poi, presa la bacchetta, la poggiò sulla braciola di maiale che George aveva appena posato sul tavolo e disse:

«Refrigeo!». Dal punto in cui Hermione aveva poggiato la bacchetta, si allargò un strato di gelo che ricoprì tutto il pezzo di carne.

«Uao!» esclamò Ginny.

«Incredibile, Hermione. – disse Ron – dove lo hai trovato quest’incantesimo?»

«In Biblioteca. – rispose lei – È un Incantesimo Raggelante.»

«E come lo trasporteremo tutto questo cibo?» chiese Harry, per niente disposto a portarlo a braccia come aveva fatto con la trota al tiramisù. Per tutta risposta, la ragazza, andò nel dormitorio femminile e ritornò dopo pochi istanti con in mano una certa borsa.

«Ma quella è la borsa che avevi durante la ricerca degli Horcrux di Voldemort.» disse Ron vedendola.

«Esatto.» disse lei con un largo sorriso. Ci fu un momento di silenzio.

«Be’ – disse George dopo un po’ – Mi sembra che non ci rimanga atro che partire.».

«Io direi di partire stasera.» disse Hermione.

«Senza dire niente a nessuno? Che dirà la McGranit quando vedrà che siamo spariti?» chiese Ginny.

«Potremmo lasciarle un biglietto – disse George – “Cara prof. McGranit, siamo spiacenti, ma, data la necessità del ritrovamento dei signori Granger, abbiamo dovuto abbandonare il castello. Cordialmente, i cinque ragazzi migliori che Hogwarts abbia mai conosciuto”!». Tutti gli altri risero.

«Forse faremmo bene a dirlo almeno alla McGranit.» riprese Hermione più convinta.

«Non credo che ci lascerebbe partire.» disse Ron saggiamente.

«Forse potremmo chiederlo a Silente.» disse Ginny. Harry la guardò stupito: come aveva fatto a non pensarci?

«Allora?» disse la rossa senza avere risposta.

«Ma certo, proviamo!» disse Harry alzandosi e avviandosi verso il buco del ritratto.

«E se Silente non volesse farci partire?» chiese Ron facendolo fermare

«Allora partiremmo di nascosto.» rispose semplicemente, dopodiché, uscì.

 

«E chi partirebbe oltre a te, Ron e Hermione?» chiese il Silente del ritratto. Harry aveva percorso tutta la strada fino all’Ufficio del Preside correndo. Entrando, la McGranit, non aveva neanche chiesto cosa Harry ci facesse lì, ma li fece direttamente segno di avvicinarsi al ritratto dell’ex-preside alzandosi all’istante per lasciarlo solo con Silente.

«George e Ginny.» disse Harry in risposta alla domanda di Silente.

«Capisco, avranno senz’altro voluto offrire il proprio contributo.» disse Silente. Dopo un po’ di silenzio Harry chiese:

«Credete che potremmo andare?».

«Non vedo perché no. – disse Silente sorridendo – ho piena fiducia nelle capacità tue, della signorina Granger e dei tre fratelli Weasley. In più, ho la netta impressione che, se io non vi dessi il mio consenso, partireste ugualmente!». Harry abbassò la testa, sorridendo.

«Ti chiedo solo, Harry, – riprese Silente – di fare attenzione a come vi muoverete. Mentre sarete in viaggio. Anche se non avrete da preoccuparvi dei mangiamorte come l’ultima volta, sarete comunque in un posto che non conoscete.». Harry annuì.

«Staremo attenti.» disse.

«Ne sono certo.».

Dopo un po’ Silente aggiunse:

«Quando sarete già partiti, avvertirò io la professoressa McGranit, in modo da evitarle un possibile infarto per la vostra scomparsa!». Harry rise.

«Grazie. – gli disse – per tutto.».

«Ma ti pare, ragazzo mio!». Harry si alzò, ma, prima che potesse uscire, Silente lo richiamò.

«Potresti farmi un piacere, Harry?» gli chiese il ritratto.

«Certo.» rispose Harry.

«Divertiti!» disse Silente sorridendo. Harry sorrise a sua volta

«Non mancherò!».

 

«Si parte!» disse Harry rientrando nella Sala Comune di Grifondoro.

«Lo sapevo, Silente non si smentisce mai!» disse Ron.

«Prima di partire che ne direste di mangiare qualcosa? Fino ad ora non abbiamo mangiato niente.» disse George. Era vero. Per un motivo o per un altro i cinque ragazzi non avevano ancora mangiato, così si diressero in Sala Grande per un pranzo ritardato.

Dopo pranzo i ragazzi tornarono in Sala Comune solo per prendere qualche vestito da mettere nella borsa di Hermione (ormai diventata capientissima). Poi si diressero fuori dal portone del castello.

«Perché andiamo di qua?» chiese Ron osservando che stavano uscendo dai confini del castello.

«Perché nel castello di Hogwarts non ci si può Materializzare o Smaterializzare!» gli rispose Hermione.

«Ah, già!» fece il rosso.

«Piuttosto – fece Hermione rivolta ad Harry – hai portato il Mantello dell’invisibilità?».

«L’ho messo nella tua borsa.» le assicurò il ragazzo. Proseguirono in silenzio per tutto il percorso che portava fuori del castello.

«Eccoci.» disse Hermione una volta superati i torrioni con i cinghiali alati messi a guardia della scuola.

«Harry, tu non hai mai fatto una Materializzazione se non Congiunta, vero?» disse Hermione con fare autoritario.

«Si, e anche Ginny.» rispose Harry capendo al volo che da quel punto in poi il ruolo del capo sarebbe stato svolto da Hermione.

«Molto bene – proseguì la ragazza – allora, io e te ci materializzeremo insieme» disse rivolta ad Harry.

«Mentre io verrò con Ron» fece Ginny andando dal fratello.

«Io mi Materializzerò da solo, invece.» disse George facendo spallucce.

«Ripetimi un po’ dove siamo diretti, Hermione.» fece Ron. Ginny alzò gli occhi al cielo.

«Crossing Road, Little Beach, Australia.» disse Hermione spazientita.

«Ok!» fece il rosso.

George girò su se stesso e sparì con un sonorosissimo CRACK.

«E uno.» fece Hermione a bassa voce. Con un piccolo POP, anche Ron e Ginny sparirono.

«Tocca a noi.» fece Harry aggrappandosi forte al braccio dell’amica. Hermione girò su se stessa e, insieme ad Harry, sparì, lasciando dietro di sé solo un tramonto rosso.

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Capitolo 8
*** 8.Un falso nemico ***


8 Un falso nemico

8.Un falso nemico

 

Dove arrivarono i cinque ragazzi il sole era gia tramontato quasi del tutto.

«Che bel posto.» fece Ron dopo aver osservato quella che sembrava una strada costeggiante il mare.

«Per una volta sono d’accordo con te, fratellino.» fece George.

«Hermione, non ti sembra un po’ tardi per cominciare le ricerche?» disse Harry

«Ma no – disse lei – il sole è appena tramontato. Su, muoviamoci.». Hermione si incamminò mentre gli latri la seguivano.

«Da che parte cominciamo le ricerche?» chiese Ginny

«I miei hanno sempre desiderato comprare una casa qui, perciò scopriremo dove abitano adesso.» rispose lei.

«Tutto qui?» fece sarcastico George all’orecchio di Harry.

«Non busseremo mica ad ogni porta, vero Hermione?» chiese di nuovo Ron

«Be’… chiederemo informazioni…» fece lei incerta.

«Magnifico!» disse Harry.

«Sentite – esclamò la ragazza fermandosi girandosi di scatto – non vi ho chiesto io di venire, quindi potete anche andarvene!». Rimasero tutti in silenzio.

«Non ce ne andremmo mai.» disse Ron con aria stupita guardando Hermione. La ragazza ricambiò il suo sguardo con ferocia.

«Lo sappiamo che è importante – le disse Harry – stavamo solo scherzando.»

«Scusatemi.» disse Hermione dopo un po’.

Hermione fece per muoversi mentre gli altri la seguirono.

Un’ora dopo si ritrovarono a fermare tutti i passanti mostrando la fato dei genitori di Hermione e chiedendo se qualcuno li aveva visti.

«Niente da fare.» disse Ron imbronciato, tornando, dopo aver chiesto dei signori Granger ad una coppia di ragazzi che passeggiava lungo il mare.

«Be’, hai tentato.» fece Hermione sconsolato.

«Credo che sia meglio se ci fermiamo per oggi.» disse George, ed Hermione, sebbene riluttante, accettò. Si spostarono in un tratto di spiaggia lontano dal resto dei passanti e dai tutti i bar che riempivano la spiaggia a vista d’occhio. Una volta al sicuro, Hermione disse:

«Incendio.» e, subito, apparve un fuoco sulla sabbia dove i cinque ragazzi iniziarono a cuocere il cibo che Hermione aveva prudenzialmente portato da casa.

Nonostante la compagnia di cui erano circondati, Harry, non potè fare a meno di notare che Hermione era molto taciturna.

«Ehi.» le fece. Hermione lo guardò.

«Li ritroveremo, vedrai.» disse Harry. La ragazza annuì, senza parlare.

 

Il giorno dopo, i cinque ragazzi, si svegliarono nei sacchi a pelo che Hermione aveva Evocato la sera prima. Senza perdere tempo ricominciarono a cercare. Dopo aver passato la sera a chiedere informazioni ai passanti, si addentrarono di più in Little Beach. La città era piccola, ma girarla alla ricerca di due persone la ingigantiva  a dismisura.

«Potremmo vedere i nomi sui campanelli.» disse Harry quando, con gli altri cinque, si fermò sotto la tenda di un bar per riposarsi.

«Ci vorrebbe troppo tempo.» disse Hermione.

«Vi porto qualcosa?» fece una barista avvicinandosi al gruppo di ragazzi.

«No, grazie.» fece George. I cinque non avevano dei soldi Babbani con loro.

«Allora dovrò chiedervi di alzarvi – disse la barista con un sorriso stiracchiato – questo tavolo è riservato ai clienti.».

«Ma…» fece Ron

«Dai andiamo.» disse Harry alzandosi.

«Che scortesia!» si lamentò Ron incamminandosi insieme agli altri.

«Non avevamo tempo per discutere.» tagliò corto Hermione. I cinque ragazzi si rimisero in cammino e, mostrando la foto dei signori Granger, chiesero di loro a chiunque gli prestasse attenzione. Girarono la città per tutto il giorno fino alle quattro del pomeriggio quando, vinti dalla fame, si fermarono in un posto desolato per mangiare. Hermione ritirò di nuovo il cibo fuori dalla borsa e accese un fuoco per cuocerlo. Si trovavano in un vicolo.

«Buon appetito.» disse Ron servendo gli amici. Iniziarono a mangiare in silenzio fino a quando non furono interrotti.

«Salve.». A parlare era stato uno di due vagabondi vestiti in modo molto simile tra di loro. Indossavano degli stracci sporchi e talmente grigi che non si riconosceva un capo d’abbigliamento dall’altro. I capelli erano, se è possibile, ancora più sporchi dei vestiti e altrettanto disordinati. Avevano entrambi una pistola.

«Vanno bene? Per il riscatto?» disse il vagabondo che non aveva parlato prima; parlò con una voce piuttosto roca.

«Non saprei – rispose il primo – quelli con i capelli rossi sembrerebbero fratelli, ma gli altri due no. Prendiamoli.». I due vagabondi si avvicinarono minacciosi ai cinque ragazzi, le pistole puntate su di loro.

«Tranquilli, non vogliamo farvi del male.» disse il vagabondo con la voce roca cercando di tranquillizzarli. All’istante i cinque ragazzi tirarono fuori le loro bacchette magiche e le puntarono contro i vagabondi. Uno dei due individui scoppiò a ridere.

«Bastoncini di legno? Forse non l’avete notato, ma noi abbiamo delle pistole. Che stupidi.».

«Tu non l’hai notato, ma gli stupidi siete voi!» disse Ron.

«Non possiamo.» fece Hermione. Era l’unica a non aver tirato fuori la propria bacchetta.

«Non dobbiamo farci scoprire dai Babbani.». Gli altri ragazzi guardarono Hermione con tanto d’occhi.

«Ma… Hermione… basterà fargli un Incantesimo di memoria dopo, così dimenticheranno tutto.» fece Ron.

«Ma è rischioso.» fece lei mordendosi il labbro.

I due vagabondi assistevano al discorso, scambiandosi ogni tanto un’occhiata perplessa. Di colpo uno dei due Babbani esplose.

«Adesso basta! Prendiamoli.». I cinque ragazzi rimisero le bacchette a posto e si lasciarono catturare senza opporre resistenza. I due li portarono con loro dirigendosi lungo una strada assolata.

«Seguiteci senza discutere, o desteremo sospetti.» disse uno dei due malviventi.

«E sarebbe peggio per voi.» continuò l’altro. Dal canto loro, i cinque ragazzi, non opposero alcuna resistenza.

I due vagabondi condussero i ragazzi in un a capanna alla periferia della città.

«Entrate, svelti.» fecero spingendoli nella catapecchia. Dentro no c’era quasi niente se no fosse per un tavolo, un paio di sedie e due letti. Uno dei due rapitori prese una corda e la lanciò al compagno orinandoli di legare i cinque ragazzi alle quattro colonne portanti della catapecchia. Siccome non c’erano abbastanza colonne, Ginny fu legata insieme ad Harry. I due rapitori chiesero come si chiamavano i cinque ragazzi, ma nessuno rispose il proprio nome.

«Che razza di situazione!» disse George da una colonna un po’ distante da quella di Harry e Ginny.

«Già. Di nuovo imprigionati. Che schifo di anno! – fece eco Ron – a proposito, quando scappiamo, Hermione?».

«Temo mai, ci hanno tolto le nostre bacchette.» fece lei mogia.

«E allora? – fece Ron – l’avevi previsto, no?».

«No.» fece Hermione atona.

«Che cosa?» fece George « Quindi non possiamo andarcene?». Hermione restò zitta.

«Forse se riusciamo a slegarci…» fece Ginny muovendosi nella corda che la teneva legata alla colonna.

«Niente da fare, sono troppo strette.» disse dopo un po’.

«Ma è magnifico! – fece Ron rabbioso – siamo sempre riusciti a sfuggire ai Mangiamorte e, adesso, non riusciamo a salvarci da questi due Babban... .».

«Non li prendere in giro, Ron. – fece Hermione – I miei genitori sono Babbani.».

Ron si zittì di colpo.

«Dobbiamo mantenere la calma. – disse Harry parlando per la prima volta – Ginny, cerchiamo di slegarci, tra di noi con le mani.» aggiunse rivolto a Ginny, ricordandosi di una scena vista in un film, sul televisore nuovo di Duddley. Harry cominciò a tastare i nodi della corda per trovare un punto da cui partire a sciogliere le corde che lo legavano alla colonna quando i due malfattori rientrarono nella catapecchia.

«Tutto bene mentre eravamo via?» fece uno dei due ridacchiando.

«Sì, certo, una meraviglia.» fece Ron imbronciato.

«Be’ tranquilli, tra un po’ vi sposteremo.» disse uno dei due.

«Dove?» chiese Harry.

«Fuori città – disse vagamente il vagabondo – e adesso basta con le domande. Siamo noi che le facciamo.» disse ed estrasse fuori la cinque bacchette magiche.

«Cosa sono?» chiese.

«Nulla.» fece Harry. L’latro vagabondo si massaggiò le nocche con aria minacciosa.

«Ti ho chiesto cosa sono queste.»

«Ti ho detto nulla.». Il vagabondo che si massaggiava le nocche si avvicinò ad Harry. Tirò in dietro il braccio e si preparò a colpire il ragazzo con un pugno.

«Non mi fai paura – gli disse Harry guardandolo con astio – ho vissuto di peggio.». Il Babbano fece un’espressione dura e stese il braccio per tirare il pugno. Di colpo una finestra della catapecchia si ruppe ed un piccolo oggetto entrò nella stanza. Era una specie di trottola di vetro, piuttosto grande; roteava su se stessa reggendosi sulla punta ed emettendo un lungo fischio acuto. Harry lo riconobbe come uno Spioscopio.

«Che cos’è?» fece il Babbano lontano da Harry avvicinandosi allo Spioscopio per osservarlo. L’uomo che stava per colpire il ragazzo lasciò perdere ciò che stava facendo per avvicinarsi anche lui all’oggetto misterioso.

«Ma come fa?» disse uno dei due dopo aver preso in mano lo Spioscopio e osservandolo mentre girava sul palmo della sua mano. Senza che i due se ne accorgessero, alle loro spalle, si Materializzò un mago vestito di verde.

«Wonder Magic!» bisbigliò Ron. Uno dei vagabondi si girò.

«Come sei entrato?» chiese al mago vestito di verde. Wonder Magic non rispose. Puntò la bacchetta contro quell’uomo e fece apparire delle funi che si avvolsero intorno al suo corpo. Fece la stessa cosa anche all’altro bandito e raccolse lo Spioscopio che aveva smesso di fischiare.

«Chi sei?» chiese Harry. Il mago non rispose. Si avvicinò a Ron e puntò la bacchetta contro di lui.

«Non fargli niente!» urlò Harry. Di colpo le funi che legavano Ron si tagliarono e lui fu libero.

«Grazie.» disse lui correndo a liberare Hermione.

«Chi sei?» chiese Hermione andando a riprendere la propria bacchetta magica «Perché ci stai aiutando?».

«Io aiuto qualunque mago abbia bisogno del mio soccorso.» disse Wonder Magic con la sua voce gutturale guardando la ragazza.

«E come sapevi che avevamo bisogno di aiuto?» chiese Ron a sua volta. Il mago i verde indicò lo Spioscopio che teneva ancora in mano.

«Perché non mostri il tuo volto?» chiese George.

«Non ti interessa.» disse. Senza aggiungere altro, si avviò verso la porta e si Smaterializzò. I cinque ragazzi si guardarono perplessi. Harry non sapeva cosa pensare. Era rimasto stupito da quanto era successo. Continuava a guardare l’uscio della porta e intanto pensava che, forse, Wonder Magic non era veramente un nemico.

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Capitolo 9
*** 9.I genitori di Hermione ***


9 I genitori di Hermione

9.I genitori di Hermione

 

«Che ne pensate?» chiese Ron quando, con gli altri, si era rimesso alla ricerca dei signori Granger.

«Riguardo a cosa?» chiese Harry prevedendo la risposta.

«Wonder Magic!» disse veemente il rosso.

«Non so cosa pensare.» rispose sinceramente l’occhialuto.

«Però non sembra uno da cui bisogna guardarsi troppo. – disse George inserendosi nel discorso – voglio dire, non che mi piacciano i suoi metodi, ma sembra che voglia davvero proteggere la gente.» disse.

«Tu che ne pensi Hermione?» chiese Ginny. Hermione non aveva spiccicato parola dopo la domanda che aveva rivolto a Wonder Magic. La ragazza non rispose subito.

«Penso che sia come ha detto George. Non dev’essere visto come un nemico. D'altronde ci ha liberati.».

«Chissà se la squadra Per la Cancellazione della Memoria mandata dal Ministero è già arrivata.» chiese Ginny. Hermione, prima di abbandonare la capanna, aveva inviato un Patronus al Ministero per informare dell’accaduto (senza fare nomi) in modo che qualcuno intervenisse per cancellare la memoria ai due Babbani.

«Probabilmente sì.» disse George in risposta alla domanda della sorella.

«Hermione, posso farti una domanda?» chiese Ron con discrezione.

«Si.» disse lei fermandosi.

«Perché quando quei due Babb… vagabondi ci hanno aggredito nel vicolo, non hai voluto fare magie davanti a loro?»

«Che domande, Ron, perché non scoprissero chi siamo!» rispose la ragazza

«Be’, ma potevano sempre dimenticare tutto con un Incantesimo di Memoria della squadre di Cancellazione della Magia Accidentale!» disse Ron cautamente.

«Io… non ci avevo pensato!» pigolo Hermione distogliendo lo sguardo da quello di Ron.

«Di un po’, Hermione, non è che ultimamente dimentichi troppe cose?» fece Ron. Hermione no lo ascoltò. Harry guardò Hermione che ricominciava a mostrare la foto dei suoi genitori ai passanti. Forse la distrazione di Hermione dipendeva proprio dall’importanza che quella ricerca aveva per lei.

Quella notte dormirono di nuovo nei sacchi a pelo Evocati da Hermione. E il giorno dopo ricominciarono la ricerca. Nonostante la disapprovazione di Hermione, Harry, aveva cominciato a leggere i nomi sui campanelli per trovare le persone che cercavano.

«Non ho trovato niente.» disse l’occhialuto ad Hermione dopo la quinta volta che, su richiesta di Harry, si erano fermati ad aspettarlo mentre lui leggeva i nomi incisi sulle targhette dei campanelli di una palazzina.

«Ma và?» fece Hermione sarcastica. Harry se la prese un po’ per quella reazione. Capiva benissimo che la ragazza fosse nervosa per via di quella ricerca, ma poteva almeno mostrarsi bendisposta verso chi cercava di aiutarla!

«Dai ricominciamo.» fece Hermione atona rimettendosi in marcia. Era verso mezzogiorno, quando Harry, approfittando del fatto che gli altri mangiavano, si allontanò con Ron per cercare di nuovo sui campanelli i nomi dei genitori di Hermione. Si divisero; Harry cercava dall’altro lato della via.

«Allora?» chiese Harry a Ron quando si rincontrarono.

«Niente da fare.» disse lui abbattuto riavviandosi per tornare al luogo dove gli altri stavano mangiando.

«Questa ricerca sembra più disperata di quella degli Horcrux.» fece Ron.

«Già.» fece Harry. Non sapeva cosa dire. Di colpo gli venne in mente una cosa che lo fece sudare freddo.

«Ron – disse – Come si chiamano i genitori di Hermione?».

«Che vuol dire come si chiamano? Si chiamano Granger, no?» fece lui.

«No! – esclamò Harry – Hermione aveva cambiato loro il nome, quando gli aveva fatto l’Incantesimo di Memoria.» Ron lo guardò orripilato.

«E… come si chiamano ora?» chiese.

«Non me lo ricordo.» disse il moro. Aveva come un vuoto di memoria.

 

«Hermione!» fece Harry ritornando nel luogo dove i ragazzi stavano mangiando.

«Che c’è?» fece la ragazza girandosi e vedendo i due che correvano all’impazzata verso di loro in quel vicolo cieco.

«Hermione, come si chiamano ora i tuoi genitori?» chiese Harry ansimando.

«Wendel e Monica Wilkins.» rispose pronta Hermione.

«Perché?» chiese poi. Harry e Ron si guardarono.

«Tu hai letto qualche Wilkins sui campanelli?» chiese Ron. Harry si sforzò di ricordare.

«Mi pare… all’entrata di Little Beach, ma non ne sono sicuro.» disse Harry.

«Di cosa state parlando?» scattò su Hermione.

«Bè – fece Harry – forse abbiamo trovato i tuoi genitori.».

 

«Non ci posso credere, ne siete sicuri?» continuava a ripetere Hermione mentre, seguendo Harry e Ron, correvano alla volta dell’entrata della piccola città.

«Per niente – disse Harry sincero – ma dobbiamo tentare.». i cinque ragazzi si fermarono in vista di una piccola palazzina.

«Dovrebbe essere questo.». Harry lesse le etichette vicino ai pulsanti dei citofoni ad alta voce.

«A.L. Jonson…

…J.V.Freeman …

eccolo! W.M. Wilkins!».

«Gli abbiamo trovati!» fece Hermione in un delirio di gioia. Suonarono.

«I signori Wilkins?» fece Harry quando uno dei genitori di Hermione rispose al citofono. Hermione, per l’emozione, aveva chiesto ad Harry di parlare.

«Si?» rispose il signor Granger.

«Ehm…» fece Harry. Nella fretta di citofonare non avevano pensato ad una scusa per farsi aprire. L’occhialuto si girò verso gli altri con una muta richiesta d’aiuto.

«Prova a dire che dobbiamo solo consegnare della posta.» disse Hermione a bassa voce.

«Ehm… dobbiamo consegnare della posta.» disse Harry al citofono.

«Vi apro subito.». Il portone si aprì. Entrarono tutti eccetto Ron che rimase a fissare il citofono con aria estasiata.

«Che fai lì impalato, Ron?» disse Hermione.

«Come funzione il… cifotono?» chiese il rosso.

«Non ho tempo per spiegartelo ora. Vieni!» disse Hermione tirandolo per un braccio. Ron entrò. George richiuse il portone. Salirono nell’ascensore mentre Hermione cercava di spiegare a Ron che l’apparecchio all’entrata si chiamava citofono.

I cinque ragazzi suonarono al campanello e il signor Granger andò ad aprire. Hermione ebbe un fremito, ma l’uomo sulla porta non lo notò.

«Vi posso essere d’aiuto?» disse. Al fianco del signor Granger, si avvicinò sua moglie che guardò Hermione con un aria strana.

«Tu come ti chiami?» fece la signora ad Hermione prima che qualcuno dei ragazzi avesse il tempo di rispondere alla domanda del marito.

«Mi chiamo Hermione.» fece la ragazza.

«Possiamo entrare?» fece Hermione a voce bassa come se no volesse affatto chiederlo.

I cinque ragazzi entrarono in casa. Il primo pensiero di Harry nel vederla fu che era piena di finestre. In effetti il salone si affacciava sulla spiaggia mostrando il panorama attraverso delle finestre enormi.

«Accomodatevi.» fece la signora Granger indicando una poltrona bianca del salotto.

«Gran bella casa!» fece George. La signora sorrise e corse a preparare del te.

«Perché siete qui?» chiese giustamente il marito.

«Ehm…» disse Hermione. L’uomo la guardò incuriosito. La moglie entrò di nuovo nella stanza con l’aria più incuriosita del marito.

«Allora?» fece il signor Granger sedendosi sul divano di fronte ai ragazzi con sua moglie. Per tutta risposta, Hermione cacciò fuori la bacchetta, respirò a fondo e la puntò verso i suoi genitori.

«Deoblivion!» esclamò. Harry incrociò le dita. Ci fu uno scoppio e un fascio di luce arancione colpì i genitori di Hermione in pieno. Ci fu un attimo di silenzio nel quale i due coniugi sbatterono gli occhi.

«Che cosa è successo?» fece il signor Granger.

Hermione spiegò tutto.

«Ma potevi anche avvertirci senza cancellarci la memoria!» disse l’uomo a spiegazione ultimata.

«Voldemort cercava Harry – disse Hermione con forza – ed era disposto a trovarlo anche facendo del male ad altra persone. Probabilmente sapeva che io e Ron eravamo con Harry, per questo vi ho cancellato la memoria: perché voi non ricordaste più che eravate i miei genitori! Se voi stessi credevate di non conoscermi, Voldemort non aveva possibilità di trovarvi!».

I due genitori guardarono la loro figlia davanti a loro.

«Ma ora cosa facciamo?» disse il signor Granger.

«Che significa “cosa facciamo”?» chiese Hermione.

«La nostra casa – disse il padre – L’abbiamo di certo persa ormai.»

«Non è detto. – fece Hermione – non se, mentre non ricordavate più di essere dei Granger, non avete venduto la casa.». La madre annuì poi si bloccò di colpo. Harry, per un momento, pensò che la madre si fosse fatta male al collo cercando di annuire, ma poi si accorse che questa aveva lo sguardo concentrato di chi cerca di ricordare qualcosa.

«Io ti ricordavo…» fece lentamente lei.

«Impossibile!» disse Hermione, ma la madre non la ascoltò.

«Ti avevo sognata…» continuò.

«Ti dico che è impossibile – fece Hermione sicura – l’Incantesimo di Memoria non funziona così. Tralaltro, se mi avessi sognata, ora non dovresti ricordarlo comunque.». La madre sembrò prendere per buona l’ipotesi di sua figlia, ma Harry non ne era convinto. Quando il signor Granger aveva aperto la porta per farli entrare la madre aveva guardato Hermione in una maniera strana… .

«Adesso che farete? Disse il signor Granger.

«In che senso?» fece Harry.

«Be’, che so… – fece  l’uomo girandosi verso Harry – tornerete in quella vostra scuola, o…». Guardarono tutti verso Hermione. Lei guardava nel vuoto riflettendo sulla possibilità di restare con i suoi. Poi disse:

«Be’ l’anno scolastico non è ancora finito…» fece Hermione. La mamma la guardò prima di dire.

«Noi vorremmo che venissi con noi (il marito annuì), ma non vogliamo metterci fra te e i tuoi impegni.». il marito annuì con meno vigore stavolta.

Ci fu un po’ di silenzio dopo il quale parlò il padre:

«Forse sarebbe meglio se, mentre tu sei a scuola, noi cercassimo la nostra vecchia casa. Così dopo potremo ritornare a vivere tutti insieme…». Hermione annuì a sua volta.

«Va bene.» disse. Hermione si alzò e così fecero anche i suoi genitori.

«Allora…» fece

«Ci vediamo.» concluse sua madre. Restarono immobili per un po’ prima che sua madre allargasse le braccia ed Hermione si facesse abbracciare dai suoi genitori.

«Comportati bene a scuola!» fece il padre.

«D’accordo» disse lei ridendo nell’abbraccio.

 

*

 

Un quarto d’ora dopo, Harry, Ron, Hermione, Ginny, George e i genitori di Hermione stavano camminando per la strada alla ricerca di un posto desolato dove i cinque ragazzi si potessero Smaterializzare senza essere visti. Raggiunsero un tratto di spiaggia in riva al mare, lo stesso dove avevano mangiato i ragazzi la prima sera di quel viaggio. Hermione abbracciò di nuovo i suoi genitori e aggrappandosi ad Harry si Smaterializzò seguita dagl’altri.

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Capitolo 10
*** 10.La Coppa delle Case ***


10 La Coppa delle Case

10.La Coppa delle Case

 

I cinque ragazzi riapparvero di nuovo vicini ai cancelli del castello sormontati dai cinghiali alati. Si mossero tutti per fare ritorno al castello. Risalirono fino alla Sala Comune e arrivarono di fronte al quadro della Signora Grassa, ma prima di aver pronunciato la parola d’ordine sentirono una voce dietro di loro.

«Ah, siete tornati finalmente!». Dietro di loro c’era la professoressa McGranit.

«Silente dice che siete usciti tre giorni fa per cercare i genitori della signorina Granger.». I cinque annuirono. Harry vedeva le labbra della professoressa farsi molto sottili; questo era sempre un brutto segno.

«Avreste potuto trovarvi nei guai! – disse lei furibonda – Perché non mi avete avvertito?». I cinque si scambiarono un’occhiata. Dovevano dirle che non speravano di avere il permesso di andarsene?

«Ehm… ecco… noi…» fece Hermione, ma la professoressa non la ascoltò.

«Potevate lasciarci le penne. – disse la professoressa urlando – non vi ha insegnato niente la battaglia contro… Voldemort?

«Pensavo che aveste capito quali pericoli potevate correre.»

«Ma non c’erano più i Mangiamorte a darci la caccia!» fece Harry rabbuiato.

«Già, ma c’era wonder Magic!» disse lei prima di estrarre una copia arrotolata della Gazzetta del Profeta e sventolarla di fronte ai loro nasi. Harry vide una foto un po’ buia ritraente il mago vestito di verde che usciva dalla porta di una catapecchia diroccata: proprio dove erano stati imprigionati lui e gli altri quattro.

 

«Il misterioso individuo che da tempo conosciamo col nome di Wonder Magic – lesse la McGranit – è stato visto insieme a cinque ragazzi della Scuola di Magia e Stregoneria di Hagwarts tra cui era presente il famosissimo Harry Potter, il ragazzo-che-è-sopravvissuto. Poco dopo la sua apparizione i cinque ragazzi sono fuggiti poco prima dell’arrivo della Squadra di Cancellazione della Magia Accidentale che probabilmente era arrivata per coprire ogni traccia di quanto avvenuto.». La McGranit finì di leggere l’articolo più corto che Harry avesse mai visto e li guardò furente.

«Vi siete veramente incontrati con Wonder Magic?» chiese. Harry annuì e le spiegò cosa era successo.

«E vi ha difesi?»

«Sì.» disse Harry

«Senza dirvi perché?».

«Ha detto che aiuta ogni mago che si trova in difficoltà…» disse George. La professoressa li guardò per un po’prima di concludere in modo brusco:

«Informerò il ritratto del professor Silente, nella speranza che non sia così permissivo nel lasciarvi abbandonare il castello un'altra volta. Buonanotte.»

 

*

 

Il giorno dopo, era chiaro che tutti avevano letto l’articolo sulla Gazzetta del Profeta. Andando a fare colazione nella Sala Grande i cinque non poterono fare a meno di notare che tutti giravano la testa al loro passaggio, per guardarli.

«Fate finta di niente.» disse Harry che aveva una certa esperienza in quel campo. Si sedettero uno accanto all’altro al tavolo e comparse Dean Thomas con la Gazzetta del Profeta in mano.

«L’abbiamo già letto.» fece Harry laconico prima che il ragazzo potesse chiedere qualcosa.

«Oh… - fece Dean – ed è… ehm… vero?» chiese in un sussurro.

«Sì – disse Harry – ma è un amico. Ci ha difeso da due Babbani che ci avevano rapiti per avere un riscatto.» disse Harry.

«Davvero?» fece lui eccitato.

«Hmmm!» fece Harry continuando a mangiare. Dean capì che Harry non intendeva discutere oltre su quell’argomento e stette zitto. La verità era che, Harry, non voleva fare troppa pubblicità al fatto che Hermione avesse fatto perdere la memoria ai suoi genitori per fargliela ritornare.

Passò il resto della mattinata passeggiando con Ginny lungo la riva del lago. Ginny guardava nella profondità dell’acqua, ma solo quando glielo chiese Harry gli disse perché.

«Mi stavo ricordando di quando hai dovuto affrontare la seconda prova del torneo Tremaghi» disse lei ed Harry ricordò: quella volta era stato Dobby a tirarlo fuori dai guai. Harry infatti non aveva la più pallida idea di come tirare fuori Ron dal lago nel quale era stato deposto, addormentato, perché Harry potesse superare la prova. Allora Dobby aveva tirato fuori una sostanza: l’Algabranchia che per un’ora aveva trasformato Harry in un essere mezzo rana e mezzo uomo, permettendogli di respirare sott’acqua grazie a delle branchie che aveva sul collo.

«Eri proprio brutto, con quelle pinne al posto delle mani!» li fece Ginny. Harry rise. Restarono per un po’ in silenzio. Poi Ginny chiese

«Com’è laggiù?». Harry la guardò cercando di ricordarsi ogni particolare della sua immersione. Alla fine le raccontò delle case in cui vivevano le sirene: dei buchi nella roccia. Le disse di quando aveva trovato gli “ostaggi” legati alla coda di una statua raffigurante un tritone e gli aveva liberati con una pietra tagliente trovata lì.

«Non dev’essere stata una passeggiata, eh?» disse lei.

«Non lo è stato quasi niente.» disse lui sincero.

 

Quella sera, Harry si trovava al tavolo con Ron a giocare a Spara Schiocco mentre gli altri, con l’aggiunta di Neville, seguivano la partita.

«Però non è giusto.» esplose George all’improvviso.

«Cosa?» fecero gli altri in coro.

«I Punti delle Case, ecco cosa non è giusto!» fece George; e aveva ragione. Quella più piena era quella di Serpeverde; cosa del tutto normale se si pensa che, per tutto l’anno, il preside era stato Piton. Il vero problema era che, superare in punteggio la Casa di Serpeverde che aveva un anno intero di vantaggio, non era facile!

«Credo che quest’anno la Coppa vada a quelli.» fece Ron disgustato alludendo ai Serpeverde. In cuor suo Harry si disse d’accordo, anche se ciò non gli faceva affetto piacere.

Andando a letto, però, Harry poteva dirsi finalmente felice. Forse non avrebbero vinto la Coppa delle Case, ma finalmente, ora, si sentiva come un qualsiasi ragazzo. I suoi problemi legati a Voldemort erano finiti con la sparizione di quest’ultimo, aveva finito gli esami ed ora poteva godersi l’ultima vacanza nel castello senza alcun pensiero che gli occupasse troppo la testa. Ora era davvero un ragazzo qualunque.

Persino il giorno dopo Harry si sentiva allegro come non mai e molto contribuì il fatto che la Clessidra della Casa di Grifondoro si era riempita di rubini rossi. Harry guardò, senza capire il motivo dell’aumentato livello dei punti del Grifondoro, poi capì: quelli erano i punti che la sua squadra di Quidditch aveva regalato alla propria Casa. Ora erano alla pari con Serpeverde.

«Be’, è già qualcosa.» fece Ron quando Harry gli disse delle clessidre. Si trovavano nella Sala Grande per la colazione. Il cielo sopra di loro era di un azzurro molto acceso.

«Purtroppo siamo solo alla pari, però.» fece George sedendosi vicino ad Harry. Harry vide Malfoy al tavolo di Serpeverde sguainare una bacchetta magica per attirare a sé un piatto di porridge che era distante da lui di un millimetro.

«Ma dove avrà preso quella bacchetta?» chiese di nuovo a Ron.

«Non lo so.» fece lui impensierito servendosi di altra pancetta.

«Forse l’ha rubata a qualcuno nel castello – fece Hermione la fianco di Ron – questo spiegherebbe perché Wonder Magic è entrato nel castello per punirlo.». Harry ci pensò su. In realtà aveva notato la bacchetta di Draco parecchio tempo dopo la prima apparizione di Wonder Magic nel castello. Forse quella bacchetta l’aveva rubata dopo essere stato sorpreso dal misterioso giustiziere, ma allora, perché quest’ultimo non era intervenuto un’altra volta?

Dopo colazione, i cinque ragazzi si alzarono dal tavolo di Grifondoro e uscirono dalla Sala Grande (sotto lo sguardo di molti ragazzi). Risalirono lungo il parco fino a sedersi tutti quanti sotto il grande faggio dove, un tempo, si era seduto il padre di Harry, circondato da tutti i Malandrini.

«Che facciamo?» chiese Ron.

«Non ne ho idea.» rispose Harry. L’unico problema di quando eri al castello, e non dovevi studiare, era la noia. I giorni passavano lunghi e assolati e, nonostante l’allegria che Harry provava al pensiero della fine di tutti gli esami, doveva ammettere di sentire un po’ di malinconia all’idea di dover lasciare Hagwarts per sempre. Tra quelle mura, Harry, aveva vissuto le avventure più incredibili. Guardò la finestra dell’ufficio che sarebbe dovuto essere occupato dal docente di Difesa Contro le Arti Oscure, e si ricordò di quando era in punizione con Allock; cinque anni prima. Era seduto alla scrivania insieme al professore, costretto ad inserire gli indirizzi sulle buste che sarebbero state spedite agli ammiratori di Allock. In quel momento, senti una voce che nessun altro riusciva ad udire oltre a lui. Era la voce di un Basilisco, un serpente che aveva il potere di provocare la morte in chiunque lo guardasse negli occhi. Quello era stato l’anno in cui lui, Harry, aveva scoperto di essere un Rettilofono: poteva parlare con i serpenti. Quella sua dote dipendeva dalla maledizione che Voldemort aveva scagliato su di lui all’età di un anno, la maledizione che era rimbalzata contro colui che l’aveva scagliata, rendendo Harry famoso. Ora quella dote, che era legata al pezzo d’anima di Voldemort che si trovava dentro di lui, era scomparsa insieme a quel pezzo di anima, che Voldemort stesso aveva fatto fuori. Ora Harry non era più un Rettilofono, Ma ad Harry non importava. Ora era finalmente se stesso.

 

*

Quando, la sera prima dell’ultimo giorno ad Hagwarts, Harry si trovava su alla Sala Comune, non riuscì a credere che l’ultimo giorno era arrivato così in fretta. Harry si chiese con terrore che cosa avrebbe fatto dopo. L’idea di tornare dai Durslay non la prendeva neanche in considerazione. Ora non era più obbligato dall’Incantesimo di protezione di sua madre a vivere in casa loro, e poi, Harry ci avrebbe scommesso, i Durslay potevano solo essere contenti di non averlo più tra i piedi. Comunque sia, per la prima volta, Harry si sentì mancare all’idea di non avere una casa in cui tornare.

«Puoi venire a stare da noi…» gli disse Ron mentre consigliava al suo pedone di mangiarsi il pedone di Harry al gioco degli scacchi magici. Harry gli aveva confidato i suoi pensieri.

«Ma no.» fece l’occhialuto risoluto.

«Ma sì!» incalzò Ron

«No, invece» disse Harry

«Ma se venivi quasi sempre da noi alle vacanze!»

«Stare da te per un paio di mesi è un’altra cosa. Non posso restare da voi per tutta la vita!» fece Harry con veemenza. Ron si ammutolì.

«Dove andrai allora?» fece dopo un po’.

«Non so… potrei prendere una stanza al Paiolo Magico, e intanto cercarmi una casa…» fece Harry.

«Oppure potresti stare da noi, mentre cerchi una casa!» disse Ron di nuovo allegro. Harry ci pensò su…

«Dovremmo chiedere a tua madre però.» disse dopo un po’.

 

La mattina dopo, Harry si alzò col morale a terra. Era arrivato. Quello era l’ultimo giorno. Il giorno dopo avrebbe preso l’Espresso di Hagwarts e avrebbe lasciato per sempre quel castello che era stato per lui come una casa. Si avvicinò al baule ed iniziò a riempirlo. Voleva fare subito i bagagli e non pensarci più, forse così avrebbe sentito di meno il distacco quella sera… Prese tra le mani il Mantello dell’Invisibilità e lo guardò. Anche se recentemente aveva scoperto che quel Mantello era uno dei tre Doni della Morte, per lui restava sempre il ricordo di suo padre, che gli aveva lasciato in dono quel Mantello prima di morire. Si ricordò di tutte le volte che, nascosto sotto quel Mantello, era sgattaiolato in giro per il castello nelle ore proibite; accompagnato spesso da Ron e da Hermione. Harry stava per lasciare anche quello. Piegò il mantello con cura e lo mise nel baule nel quale continuò ad accatastare tutti i suoi effetti personali. Diede un ultimo sguardo alla sua Firebolt prima di chiudere il baule ed avviarsi nella Sala Comune di Grifondoro. Arrivò nella stanza rotonda della torre che era ancora desolata: al pensiero del suo ultimo giorno ad Hagwarts si era svegliato molto presto. Si sedette su una delle poltrone rosse e guardò il camino. In quello stesso camino era apparso Sirius, al quarto anno, che cercava di dargli consigli su come fronteggiare un drago e restare vivo dopo la prima prova del Torneo Tremaghi. Dopo un ora scese Ron dalla scala del dormitorio maschile.

«Non riuscivo a dormire.» disse in risposta allo sguardo sorpreso di Harry.

«Che ore sono?» chiese Harry. Ron guardò l’orologio.

«Le sei e mezza.» fece il rosso. Restarono in silenzio per un po’. Dopo un po’ Ron disse:

«È incredibile, eh?».

«Cosa?» chiese l’occhialuto conoscendo già la risposta.

«Che è finita.» disse Ron con sguardo malinconico. Harry annuì. Si sentiva come svuotato e si chiese se anche Ron provava ciò che provava lui. Evidentemente sì perché continuò.

«Non riesco a crederci che dovremo lasciare la scuola. – disse – Bada bene, non che io voglia continuare a studiare, non sono Hermione, dico solo che mi mancherà questo posto!» fece all’improvviso come a voler mettere i puntini sulle “i”. Harry rise.

«Lo immaginavo.» disse. Dopo mezz’ora i due scesero in Sala Grande per la colazione. Ron si buttò sul cibo con l’aria famelica di sempre. Quando erano più o meno a metà pasto, arrivò la posta del mattino.

«Hey – fece Ron guardando un gufo molto grosso venire verso di loro – è Hermes!». Un attimo dopo, il gufo chiamato Hermes atterrò elegantemente sul bordo del tavolo e tese una zampa verso Ron che slegò la lettera e disse.

«È la grafia di Perce.». Harry si avvicinò a Ron per leggere insieme a lui.

 

Caro Ron,

 

Mamma ha detto di dirti di dire ad Harry («ma come scrive?» fece Ron osservando la ripetizione del verbo «È uno scioglilingua?») di non preoccuparsi di dove andare una volta tornato a King’s Kross, perché ha già detto di volerlo ospitare qui da noi. Dicono che si faranno trovare davanti alla barriera per portarlo con loro. Spero che stiate trascorrendo una buona ultima settimana a scuola.

Tuo, Percy.

 

«Non hai chiesto a tua madre di farmi venire a stare da voi, vero?» fece Harry sospettoso.

«E come facevo? La risposta non poteva certo arrivare questa mattina!» gli fece notare Ron.

 

*

Fu con un umore decisamente migliore che Harry scese in Sala Grande per il banchetto di fine anno. L’idea di andare a stare alla Tana era veramente confortante. Scese con Ron, Hermione e gli altri Grifondoro nella Sala Grande e si sedette al tavolo senza preoccuparsi più per il giorno dopo. Prima che potessero iniziare a mangiare però, la McGranit doveva fare il discorso di fine anno. Harry si girò verso il tavolo dei professori e, con una stretta allo stomaco, vide lo scranno d’oro, solitamente occupato da Silente, dal quale la McGranit si stava alzando. Si schiarì la voce rumorosamente e scese subito il silenzio.

«Prima di dare inizio al banchetto – disse – è mio dovere proclamare la Casa vincitrice della Coppa.». La professoressa si interruppe, si accertò che la stessero seguendo e riprese il discorso facendolo precedere da un nuovo schiarimento della voce.

«In lizza per la Coppa delle Case, abbiamo: all’ultimo posto Corvonero con duecentocinque punti.» i Corvonero si rabbuiarono. La McGranit continuò

«Al penultimo posto si trova Tassorosso con cinquecentoventi punti. Al primo ed al secondo posto, abbiamo Grifondoro e Serpeverde entrambi con seicentodiciannove punti.». Harry si chiese chi avrebbe vinto la Coppa quella anno con Grifondoro e Serpeverde alla pari. Guardò Hermione che aveva gli occhi incollati alla nuova preside e si rigirò ad ascoltare il discorso.

«Siccome la Coppa è unica ed indivisibile – stava dicendo la McGranit – credo che si debba apporre una modifica ai punti assegnati.

«Il regolamento prevede che, in situazione di pareggio tra due o più Case, la Coppa debba andare a chi ha ricevuto il massimo dei voti nelle materie insegnate, in modo da far vincere il merito.». La professoressa si fermò ed Harry vide le sue narici fremere. Seppe quello a cui alludeva con la parola “merito”: di certo

Piton non aveva assegnato dei punti alla Casa di Serpeverde secondo i loro meriti. Insieme a Ron guardò Hermione raggiante.

«Allora vinceremo noi! – Fece Ron – Hermione è imbattibile nello studio.»

«Non essere idiota Ron – fece Hermione rossa come un papavero – Non è ancora detto che vinceremo noi.»

«Sempre gentile, eh?» disse Ron sarcastico guardando la ragazza che gli sorrideva. Harry si coprì un orecchio per escludere la voce di Ron e riuscire ad ascoltare la professoressa.

«La studentessa che merita di ricevere la Coppa delle Case è la signorina Granger Hermione!» fece la McGranit tutto d’un fiato sorridendo verso il tavolo di Grifondoro. Ci fu un boato da spaccare i timpani mentre tutta la tavolata dei Grifondoro scoppiava in un urlo di gioia.

«Abbiamo vinto, Harry!» fece Ron «Te l’avevo detto!»

«Quando l’avevi detto?» chiese Harry

«Ehm… mai in effetti!» rispose lui prima di mettersi a saltare dall’euforia mentre Harry rideva a crepapelle ed Hermione si abbracciava con Lavanda Brown, entrambe del tutto dimentiche della loro precedente rivalità.

 

 

Il giorno dopo, sul treno che sferragliava verso casa, l’euforia della vittoria ancora non si era esaurita. La sera prima avevano festeggiato per tutta la notte senza neanche andare a letto, ma ciò sembrava non scalfire minimamente l’allegria dei Grifondoro.

«Lo sapevo che avremmo vinto noi, con te nella nostra Casa!» stava dicendo Ron abbracciato ad Hermione sullo stesso sedile del treno. Di fronte a loro Harry abbracciava Ginny. Harry guardò George: sembrava che il gemello volesse dire al fratello qualcosa. Apriva la bocca nella direzione di Ron, ma subito la richiudeva.

A mezzogiorno, passò la streghetta col carrello ed Harry andò fuori per comprarsi tutto il comprabile e ritornò nello scompartimento, decisamente sovraccarico.

«Ho trovato Agrippa!» disse Ron scartando la sua Cioccorana e tenendo in mano una figurina. Harry sapeva perché era così sorpreso: Ron faceva la collezione delle figurine delle Cioccorane e, quando erano ancora al primo anno, rivelò ad Harry che gli mancava solo la figurina di Agrippa per completare la sua collezione ed ora l’aveva trovata! Curioso di vedere il volto di Agrippa, Harry si fece passare la figurina e fisso il volto di uno stregone baffuto e con una barba appena accennata.

Verso sera il treno prese a rallentare in direzione della stazione di King’s Kross fino a fermarsi del tutto. Harry prese il suo baule e scese con la forte sensazione che qualcosa non andasse bene. Poi capì cos’era: di solito insieme al baule, Harry, era costretto a portare con se la gabbia della sua civetta Edvige. Ma ora non c’era. Si avvicinò ai signori Weasley che erano tutti lì ad aspettarlo. Con loro c’era anche Percy.

«Oh, Harry caro!» fece la signora Weasley stringendo forte Harry in un abbraccio rompi-colstole.

«Sono felice di rivederti, Harry» fece il signor Weasley stringendoli la mano. Harry si girò verso Percy che lo guardava senza parlare.

«Credo di doverti delle scuse.» fece rigido tendendoli la mano. Harry stava per stringergliela dicendolo che lo avrebbe perdonato, ma Percy continuò:

«Sono stato un tantino sciocco a non credere all’evidenza dei fatti. Tu-Sai-Chi… era tornato davvero.».

«Sì, ma adesso se ne andato definitivamente.» disse Harry stringendo la mano di Percy.

«Harry! Ron!» gridò la voce di Hermione che richiamava i due amici. Si girarono e videro Hermione circondata dai suoi genitori.

«L’hanno ritrovata! La nostra vecchia casa!» fece lei d’un fiato.

«È magnifico!» fece Ron.

«Grandioso!» disse Harry

«Certo dovremo un po’ pulirla…» fece la madre.

«Ma stavolta saremo insieme!» disse il padre. Un minuto più tardi, Harry scoprì cosa voleva dire George a Ron sul treno.

«Ron, vieni un attimo?» fece George che, in disparte, osservava Ron ed Harry festeggiare Hermione per aver ritrovato la loro vecchia casa. Ron si avvicinò al fratello.

«Che c’è?» fece Ron. George aveva un aria strana; sembrava che stesse cercando di convincersi a fare qualcosa.

«Volevo chiederti se ti va di darmi una mano col negozio ora che… che Fred non c’è più.» disse il gemello d’un fiato. Ron lo guardò per un istante.

«Dici sul serio?» disse.

«Sì. – fece George – ovviamente se non vuoi…»

«Certo che voglio! – disse Ron – ti darò volentieri una mano.». Ron ritornò da Harry e gli altri seguito da George. Aveva un sorriso più largo del resto della faccia.

Con la netta sensazione che tutto era andato a finire per il meglio, Harry, Ron e Hermione si diressero fuori dalla stazione, seguiti dai signori Granger e dai genitori di Ron.

«Signor Granger…» fece il padre di Ron.

«Sì?»

«Sarebbe tanto gentile da spiegarmi come funzionano quelle?» disse il signor Weasley indicando le macchine che distribuivano i biglietti.

«Ehm… ci proverò…» disse il signor Granger guardando allibito il padre di Ron mentre la signora Weasley alzava gli occhi al cielo.

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Capitolo 11
*** 11.Sette anni dopo ***


11 Sette anni dopo

11.Sette anni dopo.

 

Erano passati sette anni dall’ultima guerra contro Voldemort. Ripensandoci, Harry, sentì un brivido corrergli lungo la schiena, anche se in quel momento stava abbracciando Ginny davanti al fuoco del camino della loro nuova casa. La Casa di Sirius era ormai disabitata. Per Harry era troppo piena di ricordi per viverci.

«Siamo sposati già da tre anni, non ti sembra incredibile?» disse Ginny tra le braccia di Harry. Harry sorrise.

«Già.» disse. Alzò lo sguardo sulla stanza in cui si trovava. Era ancora piena di scatole il cui contenuto doveva ancora essere sistemato da qualche parte. Dall’altra parte della stanza c’era il nuovo divano: ancora con la plastica sopra. Ricordò con un sorriso i quattro anni precedenti. Era successo tutto così in fretta.

Harry era uscito dalla Tana per una passeggiata con Ginny nella Londra Babbana. Nell’aria c’era già il profumo del loro matrimonio; alquanto prossimo. Avevano incontrato Duddley in compagnia di una ragazza pressappoco dell’età di Harry. Era piuttosto dimagrito. Dopo una veloce chiacchierata, il cugino gli informò di essere entrato nel campo immobiliare. Se Harry non avesse saputo l’affetto che Duddley provava per lui (rivelatoli nel momento dell’ultima guerra contro Voldemort) avrebbe giudicato la sua idea di trovare loro casa, un magnifico Pesce d’Aprile fuori stagione. Ma Duddley mantenne la promessa. Un mese dopo il loro incontro, si era presentato alla Tana.

«Harry – fece Ron guardando fuori dalla finestra – ma quello non è tuo cugino?». Harry si affacciò alla finestra della cucina di casa Weasley insieme a Ron. In effetti, fuori, un auto si stava avvicinando alla proprietà dei Weasley ed Harry riconobbe suo cugino alla guida di quella che era una Rolls-Royce rosso fiammante. Il suo primo pensiero a quella vista, era che il settore immobiliare babbano doveva rendere davvero bene. Il secondo pensiero fu che, in quanto ad auto lussuose, i Dursley, non si smentivano mai. Duddley si fermò con un a sgommata di fronte al cancelletto chiuso della Tana. Harry si chiese che bisogno ci fosse di fare tanta scena, ma quando, insieme a Duddley, vide scendere dalla macchina anche la ragazza con cui lo aveva visto a Londra, capì che in realtà Duddley cercava di fare colpo su di lei. Lo vide camminare spavaldo e con passo sicuro, ma Harry vide riflesso sul suo volto lo spavento che provava all’idea di doversela vedere con un’orda di maghi. Dopo circa un minuto si sentì bussare alla porta e la signora Weasley andò ad aprire.

«Buonasera.» fece Duddley sulla porta; evidentemente molto teso.

«Buonasera anche a te, caro» disse mamma Weasley gentile facendo entrare lui e la ragazza. Harry vide il volto rilassato e tranquillo della ragazza e fu sicuro che Duddley non l’avesse informata della vera natura dei clienti con cui stava per trattare.

«Questa è Amanda.» disse Duddley presentando la ragazza bionda e magra al suo fianco. La ragazza fece un piccolo gesto con la mano a mo’ di saluto.

«Mamma e papà non sono voluti venire…» fece Duddley ad Harry. Harry annuì. Non gli importava granchè che i Dursley non lo volessero vedere. D'altronde avevano ostentato verso di lui il massimo disprezzo per tutti quegli anni. Si sedettero tutti insieme al piccolo tavolo della cucina e Duddley tirò fuori da una valigetta alcuni moduli muovendo velocemente le mani grassocce come uno che sa bene quel che fa. Amanda, notò Harry, stava guardando l’orologio appeso al muro. Le foto di Percy e del signor Weasley erano fisse su “lavoro” così come quella di Charlie. All’orologio era stata aggiunta magicamente la foto di Fleur che, insieme a quella di Bill e a quelle del resto dei Weasley, era fissa su “casa”, ma, per Bill e Fleur, si trattava della casa che i due avevano preso insieme. Harry aveva la vaga impressione che presto si sarebbe aggiunte anche la sua foto a tutte le altre.

“Un orologio decisamente affollato” pensò prima di riportare l’attenzione su suo cugino che mostrava a raffica foto di case seguite da descrizioni e prezzi.

«Tu che ne dici?» fece Harry a Ginny arrivando ad esaminare le foto di una abitazione situata nel cuore di Londra.

«Be’ è carina…» fece Ginny. Dopodiché scelsero quella. Harry riuscì a pagare la casa in galeoni perché nella compagnia di Duddley c’erano parecchi maghi che vi lavoravano in incognito; così riuscirono a cambiare i soldi magici in soldi babbani senza che nessuno facesse domande.

Il distacco dalla famiglia Weasley fu più doloroso di quanto Harry si fosse aspettato. Gli ultimi tre anni che aveva passato da loro sembravano averlo unito a quella famiglia più di quanto non lo fosse già. Harry uscì con Ginny (che aveva gli occhi umidi) e percorse il viottolo fino a fuori dal cancelletto, dando un ultimo sguardo alla radura verde lì affianco dove, con Ron, Ginny, Charlie, Bill e George (e occasionalmente anche Percy), aveva fato alcune partite di Quidditch. Ginny era talmente tanto migliorata nel Quidditch da essere entrata nelle Holyhead Harpies, ma poi aveva lasciato la squadra per via del suo matrimonio e del fatto che aveva preferito occuparsi della sua futura famiglia. Salirono sulla moto di Sirius che il signor Weasley aveva aggiustato per Harry e si alzarono in volo, premendo il nuovo bottone del Turbo Invisibile sistemato dal padre di Ron.

Di lì a un anno, Harry e Ginny, erano sposati e vivevano nella loro nuova casa.

Harry smise di pensare al suo matrimonio per guardare sua moglie in carne ed ossa alla luce danzante del fuoco nel camino. All’improvviso si sentì la voce di un neonato in lacrime e lui si alzò. Attraversò la stanza e si diresse vicino ad una piccola culla che ospitava un bambino dai pochi capelli neri. James Sirius Potter tese le braccine verso il viso del padre fuori dalla culla che a sua volta lo prese in braccio.

«Ehi, campione.» disse Harry sorridendo al bambino che iniziava già a calmarsi, al sicuro tra le braccia del papà. La calma durò poco però: un secondo dopo il bambino scoppiò a piangere di nuovo.

«Okay! Capito! Andiamo a mangiare! – disse alzando gli occhi al cielo e dirigendosi nella stanza dove si trovava Ginny – non ho mai conosciuto una persona tanto famelica come te; a parte Ron naturalmente!»

«Ciao, amore!» esclamò Ginny vedendo il piccolo Potter tra le braccia di Harry e tendendo le mani per prenderlo in braccio.

«Non ci crederai, ma ha di nuovo fame.» fece Harry.

«Di nuovo!» fece Ginny guardando il figlio con aria sorpresa.

«Ron non si è fatto ancora sentire?» chiese Harry a Ginny mentre la aiutava a preparare il biberon del latte. L’ultima volta che lo aveva visto era stato al matrimonio suo e di Hermione. La loro casa l’avevano comprata, come Harry, dalla compagnia di Duddley.

«No – disse Ginny in risposta alla domanda del marito svitando il tappo del biberon con una mano sola e tenendo il piccolo James con l’altro braccio – Ma credo che avremo presto notizie di come stanno Hermione e Rose.». Harry sorrise al ricordo di quando, tre giorni fa, si era recato con Ginny alla Tana per andare tutti insieme al San Mungo, a trovare Hermione dopo il parto.

«È una femmina, Harry!» disse Hermione quando con Ginny entrò per salutarla (dopo essere passati, per obbligo, a salutare il professor Gilderoy Allock che ancora non sapeva chi era). Harry vide una bambina profondamente addormentata tra le braccia dell’amica. Aveva delle guance molto rosse e pochi capelli in testa.

«È meravigliosa! Auguri!» fece Ginny. Harry si avvicinò a Ron. Il rosso era incredibilmente pallido ed emozionato.

«Sono diventato padre, Harry – fece lentamente – non è un sogno vero?»

«Direi proprio di no.» disse Harry sorridendo. Poco più tardi si presentò anche Percy. Diede a Ron gli auguri in modo molto formale, al contrario di George che, per prima cosa disse a Ron di non riuscire a credere che finalmente aveva fatto qualcosa di cui poteva andare fiero. Come seconda cosa fece entrare con un gesto teatrale la sua fidanzata che si scoprì essere Angelina Jonson.

Harry guardò sua moglie mentre allattava il loro bambino. Nonostante avesse passato un’infanzia difficile Harry non potè non ringraziare per il fatto di aver avuto l’opportunità di conoscere Ginny. Niente lo aveva reso più felice che sentirla dire sì nel momento in cui le chiese di sposarla. Niente. Neanche il fatto di essere stato aggiunto alle figurine delle cioccorane, cosa che Ron aveva descritto come il momento più bello della sua vita dal momento che era stato aggiunto anche lui ed Hermione. Hermione aveva replicato che, dopo il suo matrimonio, la cosa più bella fu che lei Harry e Ron avevano preso tutti un impiego al Ministero della Magia. Harry e Ron erano entrambi esponenti del reparto Auror (anche se dava ancora una mano a George per il suo locale) mentre Hermione si occupava del settore del Controllo delle Creature Magiche ed aveva già in cantiere una riforma che avrebbe migliorato la vita di tutti gli Elfi Domestici. Qualche tempo dopo, Harry si ritrovò a parlare con Kingsley sulla questione di appendere un ritratto di Severus Piton nell’Ufficio del Preside ad Hogwarts. Kingsley accettò e rivelò che i dissennatore non erano più a guardia di Azkaban: erano stati deportati in un luogo nascosto dove, senza prede umane, si stavano man mano indebolendo. Ora le guardie di Azkaban erano dei semplici maghi e, nonostante tutto, rimaneva sempre molto sicura visto che si trovava in mezzo al mare.

Guardò di nuovo suo figlio e pensò al momento in cui, anche lui, sarebbe andato ad Hogwarts. Si ricordò di come lui, Harry, era nervoso al pensiero di dover essere Smistato dal Cappello Parlante e di come aveva chiesto a quest’ultimo di non mandarlo tra i Serpeverde. Si augurò che James non mettesse mai piede in quella casa, ma poi decise che, in qualunque casa fosse andato a finire, non li sarebbe importato alcunché. Silente glielo aveva detto: Sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità.

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Capitolo 12
*** 12.Il binario nove e 3/4 ***


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12.Il binario nove e ¾

 

L'autunno sembrò arrivare velocemente quell'anno. La mattina del primo di settembre era secca e dorata come una mela e, mentre una piccola famiglia camminava attraverso la rombante strada verso una grande stazione di fuliggine, i vapori delle macchine e il respiro dei pedoni brillavano come tele di ragno nell’aria. Due grandi gabbie scuotevano rumorosamente sui carrelli carichi che i genitori stavano spingendo; i gufi all’’interno di esse gridavano indignati, e la ragazza dai capelli rossi si trascinava tristemente dietro i suoi fratelli, afferrando il braccio del padre.

«Non sarà per molto e poi ci andrai anche tu.» le disse Harry. Lily Luna era la sue terzogenita; due anni più piccola di Albus Severus che quel giorno stava per affrontare il suo primo viaggio ad Hogwarts.

«Due anni – disse Lily tirando su con il naso – Voglio andarci ora!». I pendolari guardavano curiosamente i gufi mentre la famiglia si faceva strada verso la barriera tra i binari nove e dieci. La voce di Albus si allontanava da Harry sopra il clamore circostante, i suoi figli riprendevano l’argomento che avevano sospeso in macchina.

«No! Non andrò a Serpeverde!» stava dicendo Albus.

«James, dacci un taglio» disse Ginny.

«Ho detto solo che potrebbe succedere – disse James sorridendo al fratello più giovane – Non c’è niente di strano in questo. Potrebbe capitare a Serpe…». Ma James capì, dallo sguardo della madre, e cadde in silenzio. I cinque Potter si avvicinavano alla barriera. Con un leggero e vanitoso sguardo sopra le spalle a suo fratello, James prese il carrello dalla madre e cominciò a correre. Un attimo dopo svanì attraversando l’apparente solida barriera tra il binario nove e il binario dieci.

«Mi scriverete, vero?» chiese Albus ai genitori immediatamente, vedendo l’assenza momentanea del fratello.

«Ogni giorno, se vuoi che lo facciamo» disse Ginny.

«Non ogni giorno – disse velocemente Albus – James dice che le persone ricevono lettere da casa almeno una volta al mese.»

«Abbiamo scritto a James tre volte a settimana l’anno scorso.» disse Ginny

«E non vorrai credere a tutto quello che ti dice su Hogwarts? – si intromise Harry – Gli piace scherzare a tuo fratello.» Fianco a fianco, spinsero il secondo carrello davanti, insieme. Mentre arrivavano alla barriera, Albus rabbrividì ma non si scatenarono altri conflitti. Invece la famiglia spuntò dal binario nove e tre quarti, il quale era oscurato da vapore spesso e bianco che stava spuntando dalla scritta rosea “Hogwarts Express”. Indistinte figure stavano camminando come sciami d’api attraverso la nebbiolina, in cui James si era già disperso.

«Dove sono?» chiese Albus ansiosamente, guardando le fosche forme che passavano mentre si facevano strada verso il binario.

«Li troveremo» disse Ginny in modo rassicurante. Ma il vapore era denso ed era difficile riconoscere i volti di ogni persona. Distaccate dagli altri proprietari, le voci sembravano innaturalmente forti. Harry pensò di aver sentito Percy conversare forte sulle regole delle scope magiche ed era abbastanza felice della scusa di non fermarsi a dire ciao…

«Penso siano loro, Al!» disse Ginny improvvisamente. Un gruppo di quattro persone emerse dalla nebbia, stando accanto all’ultima carrozza. I loro volti si focalizzarono solo quando Harry, Ginny, Lily ed Albus si avvicinarono a loro.

«Ciao.» disse Albus, che si sentì immediatamente rasserenato alla vista di Rose, che già indossava la sua tunica per Hogwarts, che gli sorrideva.

«Hai parcheggiato? – chiese Ron a Harry – Io l’ho fatto. Hermione non credeva che potessi superare il test per la patente babbana e tu? Pensava che io confondessi l’esaminatore.»

«No, non è vero – disse Hermione – Ho fiducia in te.»

«In realtà l’ho confuso» sussurrò Ron a Harry, mentre insieme portarono il baule di Albus e il gufo nel treno.

«Avevo solo dimenticato di guardare nello specchietto e andiamo, riesco a utilizzare un Incantesimo Supersensoriato per questo.».

«Hai sentito di Luna?» disse dopo un po’.

«Cosa fa?» chiese Harry

«Si è sposata. Con un certo Rolf, nipote di Newt Scamandro…»

«Quello di Gli Animali Curiosi: Dove Trovarli?» fece Harry sorpreso

«Sì – fece Ron – lei è una naturalista e viaggia per il mondo col suo nuovo marito alla scoperta di nuovi animali magici. Il Cavillo circola ancora e ad Hogwarts hanno un nuovo preside un docente per Difesa Contro le Arti Oscure. Ma  non so chi siano, mentre Fiorenzo è rientrato nel branco: l’ha detto Kingsley. I Centauri vogliono finalmente riappacificarsi con gli umani!». Harry guardò Ron con l’aria felice di chi ha appena trovato risposta alle sue domande leggendo un’enciclopedia. Aveva la vaga impressione che Ron morisse dalla voglia di dirgli tutte quelle novità già da tempo.

«Sapevi che l’Umbridge è stata arrestata?» disse Harry contento di saper qualcosa che Ron ignorava.

«Che bella notizia!» fece il rosso. Dietro il binario, trovarono Lily e Hugo, il fratello più giovane di Rose, che stavano tenendo un’accesa discussione su quale casa sarebbero finiti quando sarebbero finalmente arrivati a Hogwarts.

«Se non sarai in Grifondoro, ti toglieremo la nostra eredità. – disse Ron – ma non fare pressione.»

«Ron!» Lily e Hugo risero mentre Albus e Rose sembravano solenni.

«Non significa questo.» dissero Hermione e Ginny ma Ron non prestò loro attenzione. Notando l’occhio di Harry, annuì di nascosto a un punto di circa cinquanta centimetri lontani. Il vapore era diluito per un momento, e tre persone si alzarono in un sospiro acuto contro la nebbiolina in movimento.

«Guarda chi c’è.». Draco Malfoy stava là con sua moglie e suo figlio, indossando uno scuro cappotto abbottonato fino alla gola. I suoi capelli si ritiravano moderatamente, i quali facevano notare il mento appuntito. Il nuovo ragazzo somigliava molto a Draco così come Albus somigliava ad Harry. Draco vide Harry, Ginny, Hermione e Ron che lo fissavano, annuì bruscamente e se ne andò.

«Quel piccolo Scorpius! – disse Ron sotto voce – Vedi di batterlo in tutte le prove, Rose. Grazie a Dio hai ereditato la testa di tua madre.».

«Ron, per l’amor del cielo! – disse Hermione, mezza severa e mezza divertita. – Non provare a metterli contro prima che abbiano iniziato la scuola!»

«Hai ragione, scusa.» disse Ron, ma incapace di controllarsi aggiunse.

«Non essere troppo amica con lui, Rose. Nonno Weasley non ti perdonerebbe mai se sposassi un purosangue.».

«Hey!». James era riapparso. Si era privato delle sue cose, del gufo e del carrello ed era apparentemente pieno di novità.

«Teddy è tornato.» disse senza respirare, puntando un dito dietro la sua spalla nell’ondata di nuvole di vapore.

«Guardatelo! E indovinate cosa sta facendo? Sta pomiciando con Victoire!» Guardò fisso gli adulti, evidentemente non approvava la loro mancanza di reazione.

«Teddy! Teddy Lupin! Sta pomiciando con Victoire! Nostra cugina! E quando gli ho chiesto cosa stesse facendo... »

«Li hai interrotti? – chiese Ginny – Sei proprio come Ron… »

«…aveva detto che l’avrebbe solo accompagnata e che poi se ne sarebbe andato subito. Ma ci sta pomiciando!» aggiunse James molto preoccupato.

«Oh, sarebbe così dolce se si sposassero! – disse Lily estasiata a bassa voce – Teddy potrebbe far parte della famiglia poi!»

«Viene già a cena circa quattro volte alla settimana. – disse Harry – Perchè non lo invitiamo a vivere con noi?»

«Si! – disse James entusiasta – Non me ne frega niente di condividere qualcosa con Al. Teddy può prendere la mia stanza»

«No! – disse Harry fermamente – Tu ed Al condividerete la stanza fino a che non decida di demolire la casa.».

Controllò il vecchio orologio che era appartenuto a Fabian Prewett.

«Non dimenticare di dare un bacio a Neville da parte nostra!» disse Ginny a James mentre lo abbracciava.

«Mamma! Non posso dare un bacio al professore!»

«Ma conosci Neville!». James spostò gli occhi verso l'alto

«Fuori, sì, ma a scuola è il Professor Paciock, no? Non posso camminare per l’aula di Erbologia e dargli un bacio… » aggiunse scuotendo la testa di fronte alla stupidità della madre, poi si sfogò dando un calcio a Albus.

«Ci vediamo dopo! Non dimenticate di guardare i thestral!»

«Ma pensavo fossero invisibili! Avevi detto che erano invisibili!». Solo James rise, permettendo alla madre di dargli un bacio, diede al padre un abbraccio e poi andò rapidamente nel treno affollato. Lo videro camminare, poi scappare via verso il corridoio per cercare i suoi amici.

«Non ti devi preoccupare dei thestral. – disse Harry a Albus – Sono animali buoni, non c’è niente di pauroso in loro. Comunque, non arriverete a scuola in carrozza, prenderete le barche.». Ginny diede ad Albus un bacio di arrivederci.

«Ci vediamo a Natale.»

«Ciao, Al.» disse Harry a suo figlio abbracciandolo.

«Non dimenticare che Hagrid ti ha invitato a prendere il the il prossimo venerdì. Stai alla larga da Pix. Non combattere con nessuno fino a che non hai imparato come fare. E non farti coinvolgere da James.». Harry pronunciò forte queste ultime parole. La sua Mappa del Malandrino era misteriosamente sparita dalla sua scrivania dopo il primo anno di James a Hogwarts ed Harry aveva il forte presentimento che il suo primo figlio avesse qualcosa a che fare con quella faccenda…

«E se finisco a Serpeverde?» Quella domanda era solo per il padre ed Harry sapeva che soltanto al momento della partenza doveva sforzarsi di dire ad Albus quanto grande e sincera fosse quella paura. Harry si abbassò affinché la faccia di Albus fosse sopra la sua. Albus era l’unico dei tre fratelli ad aver ereditato gli occhi di Lily.

«Albus Severus – disse Harry piano, in modo che nessuno potesse sentirlo se non Ginny, la quale aveva abbastanza tatto da fingere di guardare Rose la quale era già salita sul treno – Ti è stato dato il nome di due presidi della scuola. Uno di loro era Serpeverde e l’altro era la persona più coraggiosa che io abbia mai incontrato.».

«Ma soltanto uno era di…»

«La casa di Serpeverde non guadagnerà uno studente eccellente? A noi non importa. Ma se importa a te, potrai scegliere Grifondoro sopra Serpeverde. Il Cappello Parlante prenderà la tua scelta in considerazione.»

«Davvero?»

«Lo ha fatto per me.» disse Harry. Non l’aveva mai detto a nessuno dei suoi figli, e vide la meraviglia dipinta sul volto di Albus quando glielo riferì. Ma ora le porte stavano sbattendo lungo il treno scarlatto e i vaghi contorni dei genitori si avvicinavano per gli ultimi saluti. Albus salì sulla carrozza e Ginny chiuse la porta dietro di lui. Gli studenti si erano attaccati alle finestre che stavano vicino loro. Tante facce sembravano si fossero girate verso Harry.

«Perché ci stanno guardando tutti quanti?» domandò Albus mentre lui e Rose si girarono per guardare gli altri studenti.

«Non ti preoccupare. – disse Ron – Sono io. Sono estremamente famoso.». Albus, Rose, Hugo e Lily risero. Il treno cominciò a muoversi e Harry camminò accanto ad esso, guardando il volto di suo figlio, già in fiamme per l’eccitazione. Harry continuava a sorridere e a correre, anche se era come un piccolo lutto vedere suo figlio scomparire da lui… L’ultima traccia di vapore salì nell’aria autunnale. Il treno svoltò in un angolo. La mano di Harry era ancora alta per l’addio.

«Starà bene…» mormorò Ginny. Mentre Harry la guardava, abbassò la mano distrattamente e toccò la cicatrice luminosa nella sua fronte.

«Lo so che starà bene.». Harry non fece quasi in tempo a risponderle che un rumore assordante pervase l’aria. Si girò verso la fonte del rumore e vide cosa lo aveva provocato: fuori dalla stazione c’era della gente che correva avanti e indietro. Harry e Ginny si guardarono tesi. Cosa c’era adesso? Harry si guardò intorno: Ron era vicino a lui insieme ad Hermione, ma Draco era sparito. Harry e Ron si guardarono: se in mezzo al tafferuglio, Draco Malfoy spariva, era segno evidente che il biondo era all’origine del problema. Si guardarono per un altro istante prima che Ron dicesse:

«Andiamo.». Harry lo seguì. Uscirono dalla stazione e osservarono la scena dal vivo. Con completa noncuranza verso la strada traboccante di babbani, Wonder Magic si ergeva dritto con la bacchetta tesa e, davanti a lui, stava una persona appesa per un piede a testa in giù.

«Pietà, pietà! Davvero non lo farò più!». L’uomo a testa in giù piagnucolava biascicando parole di scusa.

«Davvero, non lo farò mai più. Lasciami!».

«Cosa non farai più? – disse Wonder Magic con la sua voce gutturale – rubare i soldi ai maghi di passaggio?».

«No! No! No! Io non sono mai stato un borseggiatore! La mia colpa più grande è stata quella di comprare una partita di calderoni rubati!» disse l’uomo a testa in giù. Solo allora Harry capì chi era quell’uomo: era Mundungus Fletcher. Guardò l’uomo che continuava a divincolarsi pensando a quando lo aveva sorpreso a vendere degli articoli che scoprì aveva rubato a casa di Sirius. Anche se Harry lo riteneva colpevole di quanto aveva fatto non si impedì di urlare all’uomo vestito di verde.

«Ehi, tu! – disse – lascialo stare». Tirò fuori la sua bacchetta magica e la puntò contro Wonder Magic. L’uomo non lasciò andare Mundungus e guardò Harry senza alcun sorriso.

«Non parlare di cose che non capisci!». Harry pronunciò il primo Incantesimo che gli veniva in mente, senza aspettarsi veramente che funzionasse.

«Expelliarmus!». Vicino a lui esplosero la voce di Ron e anche quella di Teddy Lupin che era appena arrivato. Avevano pronunciato lo stesso Incantesimo contemporaneamente. Come preso alla sprovvista, Wonder Magic non riuscì a fermare tutti quegli Incantesimi in una volta. La bacchetta dell’uomo in verde volò via mentre Mundungus cadeva a terra e sveniva. Harry non perse tempo e, approfittando del disorientamento di Wonder Magic, gli saltò addosso mandandolo a terra mentre Ron lo raggiungeva di corsa. Hermione e Ginny urlavano di fermarsi mentre Lily incitava il padre agitando una mano nella sua direzione. Hugo guardava la scena a bocca aperta. Il mago vestito di verde si liberò e fuggì via, allontanandosi dalla folla. Harry, Ron e Teddy lo inseguirono fino in un vicolo cieco. Wonder Magic si fermò di colpo annaspando con le mani, chiaramente spaventato dalla sua mancata via di fuga. Harry si lanciò, seguito dagli altri, contro il mago in verde bloccandolo mentre Teddy allungava una mano per togliere il cappuccio che copriva il volto del misterioso giustiziere. Harry guardò sorpreso il volto di Draco Malfoy.

«Tu?» disse. Draco lo guardò pieno di rancore.

«Perché diamine vai in giro conciato così?» chiese Ron sconcertato, indicando l’abito verde con una W ed una M d’argento sul petto.

«Per non farmi riconoscere, idiota d’un Weasley!» fece Draco di nuovo acido.

«Perché stavi aggredendo lui?» disse Harry indicando con un dito in direzione del luogo dove Mundungus si trovava steso a terra.

«Perché se lo meritava.» disse semplicemente Draco ancora tenuto stretto da Harry.

«Per tutto quello che ci hai fatto passare tu – fece Ron – meriteresti di viverci a appeso a testa in giù!»

«Quindi adesso ci spieghi come ti è venuta questa brillante idea.» continuò Harry. Draco iniziò a spiegare.

«A iniziare è stato mio padre…»

«Lucius Malfoy? – fece Ron sorpreso – e perché?»

«Quando il Signore Oscuro era ancora nel pieno del potere, mio padre cercò un modo per difenderci.»

«Difendervi da chi? Dal vostro”datore di lavoro”? Guarda che ormai lo sappiamo che tuo padre era un Mangiamorte!» fece Ron sarcastico.

«Anch’io lo ero un Mangiamorte!» fece Draco risentito.

«Vantatene, sai?» fece Harry.

«Continua» disse Teddy Lupin.

«Bè, prima di essere reclutato, mio padre voleva trovare un modo per poterci difendere dalla furia del Signore Oscuro.

«Fece un viaggio in oriente. Lì alcuni maghi avevano trovato il modo di fare delle magie senza le bacchette magiche. Usavano la volontà stessa per fare degli Incantesimi. Mio padre ci mise molto tempo prima di riuscire ad imparare quest’arte ma ci riuscì e negli anni seguenti insegnò a me.»

«Ma se tuo padre poteva fare delle magie senza bacchetta – disse Harry – perché non si è mai opposto a Voldemort?». Si era ricordato di quando il quadro di Silente gli aveva detto che, se lo avesse voluto, Wonder Magic poteva aiutarli nella ricerca degli Horcrux.

«Perché sarebbe stato da stupidi – disse Draco con l’aria di chi spiega una cosa del tutto ovvia – il Signore Oscuro era comunque più forte! Aveva anni di esperienza, mentre mio padre aveva appena scoperto questa branca della magia, non avrebbe mai potuto sconfiggerlo.»

«Ma poteva sempre aiutarci nella ricerca degli Horcrux» gli disse Harry.

«Mio padre non è stupido, Potter – disse con enfasi – gli conveniva restare dalla sua parte. E poi, – Draco sorrise – al Signore Oscuro ci pensavi tu!». Harry represse a fatica l’istinto di prenderli a schiaffi. Aveva ragione di sospettare che ci fosse Lucius Malfoy dietro al cappuccio di Wonder Magic. Si calmò poi disse:

«Perché adesso andate in giro ad aiutare le persone?». Draco deglutì.

«La cose sono cambiate. – disse con voce bassa – mio padre è cambiato. Dopo la caduta del Signore Oscuro ha deciso di “redimersi” attraverso la figura di Wonder Magic.»

«Perché va in giro col costume?» disse Harry

«Per salvare il nome dei Malfoy. Cosa direbbe la gente se diventassimo all’improvviso dei difensori della legge? Finora la legge l’abbiamo sempre fatta noi e continueremo.»

«E perché vai in giro vestito così anche tu?» chiese Ron.

«Aiuto mio padre. Lo faccio solo per rispetto verso di lui. Me lo chiese tempo fa, quando eravamo ancora al settimo anno. Disse che doveva sistemare delle cose e che io dovevo restare al castello ancora per un po’. Per questo non potevo andarmene.»

«Quando eravamo ancora al castello tuo padre è arrivato e ti ha punito per un furto. Perché lo ha fatto?» chiese Harry.

«E come ha fatto ad entrare?» aggiunse Ron. Teddy li guardava incuriosito.

«Volevo prendere una bacchetta di uno studente – disse Draco rivolto ad Harry – tu avevi vinto la mia. Anche se poi mi hanno comprato una bacchetta nuova. – aggiunse – E comunque mio padre mi ha punito solo per salvare le apparenze. Sarebbe stato strano se avesse aggredito tutti tranne me.»

«E come è entrat…» fece Ron

«Riguardo a come è entrato – fece draco spazientito – Hogwarts è del tutto sprovvista di difese contro maghi che penetrano nella scuola con la forza del pensiero!».

«E perché schioccava le dita per sparire?» disse Harry

«A volte si deve ricorrere a gesti fisici per riuscire ad evocare l’incantesimo che si vuole fare. Per esempio non si può evocare nessuna magia senza avere almeno la bacchetta in man…» Draco si fermò. Evidentemente credeva di avere detto troppo.

«Non si possono fare magia senza la bacchetta? – disse Harry – Perché?»

«Non lo so!» disse Draco. Harry alzò la bacchetta minaccioso

«Non lo so sul serio!» si lamentò Draco. Harry e Ron si guardarono.

«Come fate tu e tuo padre a cambiare voce, quando indossate il costume di Wonder Magic?» chiese Ron.

«Abbiamo gettato un Incantesimo Cambiavoce sul costume: quando indossiamo il cappuccio la voce di chi lo indossa cambia e diventa molto più bassa e gutturale».

«Sentite – disse Draco dopo un po’ – non dite niente ad Astoria, non deve saperlo.»

«”Astoria”? Chi è?» fece Ron

«Astoria Greengrass, mia moglie, genio! Era alla stazione con me.». Dopo un po’ Ted parlò.

«Che facciamo, ora?». Harry teneva ancora Draco per la manica. Lo lasciò di colpo. Draco si sistemò e continuò a guardarli. Dopo un po’ si rialzò il cappuccio e disse:

«Mi raccomando, non dite niente.» Harry annuì. Draco si allontanò.

«E io che pensavo che ci fosse chissà chi dietro il costume!» fece Ron. Harry sorrise.

«In verità, te lo saresti mai aspettato?» chiese Harry a Ron

«In effetti no.» rispose il rosso.

«Credo che faremmo meglio a tornare.» fece Ted. Harry annuì e si riavviò con lui e Ron alla volta della stazione. Ritornando videro Hermione e Ginny che venivano nella loro direzione.

«Cos’è successo?» fece Hermione.

«Abbiamo scoper…» iniziò Ron, ma Harry, vedendo che Astoria era nelle vicinanze, parlò con voce più alta.

«Ci è sfuggito» disse.

«E non avete visto chi è?» chiese Ginny. Harry si avvicinò all’orecchio di sua moglie e le bisbigliò:

«Te lo dico più tardi». Ginny lo guardò incuriosita, ma non fece domande. Draco si avvicinò all’improvviso a sua moglie.

«Dov’eri?» disse lei a lui. Draco intercettò lo sguardo di Harry.

«Ehm… Avevo visto un amico… ero andato a salutarlo – disse lui evasivo – mi sono perso qualcosa?».

«È apparso Wonder Magic!» disse lei entusiasta.

«Ah, lui.» fece Draco imbronciato. Harry si chiese per quanto tempo Draco sarebbe riuscito a mantenere quel segreto.

«Be’, forse faremmo meglio ad andare.» disse ginny dopo un po’.

«Già – fece Harry – tu che cosa fai torni da nonna Andromeda o vieni da noi?» disse poi rivolto al giovane Lupin.

«Avevo già promesso di rimanere da lei oggi, quindi devo andare.» fece lui.

«Allora ci vediamo.» fece Ron. Ted fece un breve cenno con la mano e si Smaterializzò.

«Andiamo anche noi?» fece Hermione a Ron.

«Si, certo – fece il rosso – ti ricordi dove ho messo le chiavi della macchina?» disse muovendo le mani nelle tasche.

«Le hai date a me!» disse lei con gli occhi al cielo. Harry rise avviandosi con Ginny. Harry guardò Ginny e, mentre la guardava, abbassò la mano distrattamente e toccò la cicatrice luminosa nella sua fronte.

 La cicatrice non gli faceva più male da diciannove anni. Ora tutto andava bene.

 

 

 

 

Finita! Spero che vi sia piaciuta, visto che era la mia prima Fanfic così lunga! Ci vediamo alla prossima fic!

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