Non avevo mai conosciuto Draco Malfoy, che sarei io

di ToscaSam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** il primo passo ***
Capitolo 2: *** l'immancabile ***
Capitolo 3: *** il prescelto ***
Capitolo 4: *** vecchi amici ***
Capitolo 5: *** l'occasione ***
Capitolo 6: *** in partenza ***
Capitolo 7: *** Astoria ***
Capitolo 8: *** uno strano ragazzo ***
Capitolo 9: *** occhi neri ***
Capitolo 10: *** infamia ***
Capitolo 11: *** il ballo di Natale ***
Capitolo 12: *** il bacio ***
Capitolo 13: *** necessità ***
Capitolo 14: *** preparativi per la festa ***
Capitolo 15: *** spiegazione dell'arcano ***
Capitolo 16: *** Narcissa Malfoy ***
Capitolo 17: *** Lumadance ***
Capitolo 18: *** questioni di famiglia ***
Capitolo 19: *** le scuse ***
Capitolo 20: *** diciotto anni dopo ***



Capitolo 1
*** il primo passo ***


Non era stato facile uscire da quella Sala passando inosservati.
Non era stato facile non sentirsi coinvolti in quanto era accaduto .
Non era stato facile riuscire a guardare in faccia i sorrisi dei vincitori.
Ma quello che era stato più difficile, era ammettere a una piccola ma importante parte di sé, che quello che più desiderava era sorridere con loro, ma non poterlo fare; dover attenersi alla maschera che qualcun altro aveva appiccicato alla sua persona da sempre e alla quale senza indugi aveva aderito. Ma come poteva scegliere, quando era bambino?
Gli avevano detto che cosa era giusto, come ci si comportava, cosa dire e cosa fare. È chiaro che un bambino cresce con i principi che i genitori gli infondono.
Ma lui, si sarebbe mai liberato del plumbeo corredo di educazione che gli avevano fornito quei genitori? Non era più sicuro di voler essere loro parente, non era più sicuro di sentirsi veramente a suo agio fra loro.
Mai gli era passato per la testa che quello che faceva era sbagliato; lui agiva per quello che gli pareva il bene.
Eppure in quel momento, dopo tutto quello che aveva passato, sentiva ribollire il desiderio stranissimo di avere un altro volto e di poter sgattaiolare a sorridere e fare festa a Potter; essere uno di quelli che piangevano di gioia perché era tutto finito. Era una sensazione veramente vergognosa … ma le difficoltà per Draco Malfoy erano appena cominciate.
 
« Tesoro, dovresti mangiare quella minestra …» La voce di sua madre suonò flebile ma supplichevole, come se lo stesse pregando di non infliggerle più un dolore fisico.
Draco alzò gli occhi verso di lei; non si era reso conto che aveva fissato il suo piatto per, quanto tempo? Probabilmente una mezz’ora.
Sospirò.
Non gli andava molto di parlare. Probabilmente l’ultima volta ad averlo fatto era stato prima di quella devastante battaglia a Hogwarts.
Ragionava a sbuffi e monosillabi con i genitori e se proprio doveva rispondere lo faceva con frasi brevi e cenni del capo.
Narcissa aveva un volto scarno e incavato. Era sempre stata magra  e pallida, ma adesso quelle guance infossate e quelle ombre pesanti sotto gli occhi la facevano assomigliare molto alla sua defunta sorella. Sembrava che qualcuno avesse messo a Bellatrix una parrucca bionda e fluente.
Lucius, suo marito, dal canto suo aveva mantenuto maniere altezzose, ma era imbarazzante vederlo borbottare scuse per ogni cosa e cercare di essere gentile. Non faceva parte di lui.
Draco si domandò quanto fosse possibile una sorta di redenzione per sé: per suo padre non era concepibile.
Da un po’ aveva questo bruciore nello stomaco, Draco: si sentiva in dovere di cambiare, di strapparsi via da ciò che era stato per rinascere in qualcosa di diverso. Era una sensazione stranamente orripilante.
Le sue certezze erano crollate negli ultimi anni e il momento di massima devastazione era stata quella maledetta battaglia, quando d’improvviso aveva provato il cocente desiderio di essere partecipe della gioia degli altri.
Senza toccare il cucchiaio, lasciando la pietanza intatta, Draco si alzò e si diresse verso camera sua.
Colse il sospiro della madre, come se un ennesima goccia di essenza vitale le fosse stata spremuta con la forza. Draco la ignorò, aveva fin troppi problemi nella sua testa per pensare a quelli degli altri.
La porta della sua camera si aprì e lui diede un’occhiata al posto, come se fosse la prima volta che lo vedeva: era tutto in uno strano disordine, per lui che era sempre stato piuttosto composto e ordinato; quella che doveva essere la scrivania, bella di legno intarsiato,  era ammassata di scatole e pile di oggetti che avevano ritenuto inutili. Erano in partenza. O almeno era la loro costante idea ma poi non trovavano il coraggio o gli appoggi adeguati per farlo. Non avevano una buona reputazione da nessuna parte, tanto valeva rimanere lì, nel loro maestoso maniero di famiglia, che adesso li metteva ancora di più in imbarazzo. Essere così tanto visibili li turbava molto.
Sul letto a baldacchino, disfatto da giorni, c’erano panni buttati a casaccio, piume, provette vuote, pergamene srotolate e quella lettera di Pansy Parkinson che l’aveva molto turbato e aveva del tutto finto di non aver mai ricevuto.
Draco si fece largo fra i vestiti appallottolati sul letto e prese la lettera, rigirandosela fra le mani. La scorse di nuovo, sperando che a una seconda lettura, quelle ferite che gli erano bruciate se ne rimanessero buone al loro posto. Gli bastò scorgere qualche frase con gli occhi per capire che non era una buona idea leggerla.
            “… Non mi importa niente se Lui è morto, perché io credo in te …”
“ … so che tu non mollerai mai e che gliela farai vedere a quel Potter. Crede di aver guadagnato qualche anno di vita?! …”
“… Se avrai bisogno di aiuto nella tua vendetta io ci sarò sempre …”
“ … non mi dimentico di essere una Serpeverde e lo dimostrerò a tutti insieme a te, perché so che ci tieni come niente al mondo …”
No.
Assolutamente una pessima idea.
Scaraventò la lettera sul pavimento e guardò il soffitto del letto a baldacchino.
Forse doveva rispondere a Pansy un evasivo e freddo “Lasciami in pace”; lei non avrebbe lagnato troppo; di solito era abituata a quel tipo di trattamento da lui.
Decise di ignorarla proprio, perché in fondo, a lui, quella ragazzina non piaceva nemmeno poi così tanto. Era petulante e noiosa.
Sempre le solite storie, gli ripeteva. E solo adesso si rese conto che non glie ne fregava nulla di sapere che Hermione Granger aveva preso un voto basso in Pozioni, o che Harry Potter stava con Ginny Weasley, o che aveva cantato “Perché Weasley è il nostro re” e Ron Weasley si era infuriato.  Non me ne importa un fico secco, smettila e lasciami in pace. Ecco cosa gli veniva in mente e che non gli aveva mai detto. Faceva sempre un sacco di discorsi che potevano essere divertenti la prima volta che li si ascoltavano, ma alla decima ripetizione erano insopportabili. Ciance da ragazzina stupida e civetta.
In quel momento decise che Pansy Parkinson non avrebbe mai più attirato la sua attenzione come amica. Probabilmente era solo il primo dei molti cambiamenti che lo avrebbero portato a diventare la persona che davvero voleva essere.
Non un santo come Harry Potter.
Non uno sfigato babbanofilo come quello stupido Weasley.
Solo sé stesso.

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Capitolo 2
*** l'immancabile ***


Il mattino seguente si accorse di aver dormito esattamente come si era steso la sera precedente: completamente vestito, affiancato da panni e disordine di ogni genere.
Si svegliò di soprassalto, come se una mano invisibile l’avesse scosso. Non si ricordava nessun sogno; era stata una notte di totale isolamento dall’esistenza.
Si stropicciò gli occhi, si alzò e sentì i battiti del cuore accelerati come se avesse bevuto una tanica di caffè. Era una sensazione che da tre anni a quella parte lo accompagnava spesso nella fase di risveglio.
Sempre con quell’alone di iperattività, che gli comportava un forte giramento di testa, si passò velocemente una mano fra i capelli biondi chiarissimi, dandogli una pessima sistemata. Senza cambiarsi attraversò un corridoio, il salotto, aprì la porta di ingresso e in un attimo fu fuori.
Gli parve come una boccata d’aria gelida ma piacevole, come se fosse stato soffocato da un opprimente cuscino finché era in casa.
Non sapeva di preciso perché fosse uscito, era stato più che altro istinto di fuga.
Fu felice di non aver incontrato la madre o tantomeno il padre, così che la strada gli si apriva libera e senza rimorsi.
Camminò nella fresca mattina di settembre senza una meta.
Le poche persone vestite con tuniche e mantelli in cui si imbatté nei pressi della sua villa, fecero finta di non notarlo, ma Draco sentiva benissimo i loro sussurri sommessi alle sue spalle e avrebbe giurato di sentir prudere la nuca a causa dei loro sguardi penetranti.
Ripassò ben bene ogni maledizione magica e non che conosceva e decise che era una sensazione abbastanza gratificante.
Incrociò un babbano, il quale ignorava totalmente chi Draco fosse e per questo non lo guardò storto, né spettegolò al suo passaggio. Un lieve moto di strana gratitudine fu represso all’istante da un furente Draco, che accelerò il passo sperando che in qualche modo potesse distrarsi dagli strani pensieri che ultimamente lo popolavano.
Ma ci mancherebbe altro che provassi pietà per un babbano, si diceva. E non potendo fare a meno di pensarci provò a notare qualunque stupidaggine ci fosse intorno a lui: un lampione col vetro rotto, una siepe ben curata, una donna con delle scarpe celesti, un veicolo babbano, una casa di mattoni rossi, un mattone più scuro, una finestra, una donna che prepara la colazione …
Tutte cose molto più interessanti dei mostri che si facevano largo nella testa e nello stomaco del giovane Malfoy.
Dopo qualche minuto di camminata, si ritrovò seduto sulla panchina di un parco. Tutto era molto verde e umido e in qualche modo riusciva a ricordargli l’atmosfera della Sala Comune dei Serpeverde. La sua mente vagò un po’ su Hogwarts e su che cosa stesse accadendo là in quel momento. Fantasticò abbastanza a lungo e indugiò sull’immagine dello smistamento di tante nuove testoline: l’anno scolastico era appena cominciato, chissà quanti erano i nuovi studenti, chissà chi erano. I figli di babbani erano stati riammessi? Molti genitori, Draco era pronto a scommettere, non avrebbero di sicuro mandato i loro bambini a studiare nel luogo in cui appena pochi mesi prima si era consumata l’ultima ed estenuante battaglia che aveva posto fine alla seconda guerra magica. La scuola per molti era un luogo pericoloso. Aveva sentito certi discorsi sciocchi, in giro, certe voci idiote: “non è mai stato un posto sicuro, ci sono stati feroci lupi mannari ad insegnare sotto il naso di Silente che era il miglior preside di sempre! … Un insegnante di Difesa contro le Arti Oscure è morto e nessuno ha mai voluto far trapelare nulla … Quel Sirius Black era riuscito a entrare nel castello nonostante fosse pieno zeppo di Dissennatori, va bene che era innocente ma se invece non lo fosse stato? … è morto addirittura un ragazzo durante quel Torneo Tremaghi … il preside è stato assassinato per mano di un collega … ” . Quante stupidaggini. La gente va a ripescare le peggiori argomentazioni pur di infamare qualcosa o qualcuno al momento in cui gli torna comodo.
D’un tratto un pensiero gli attraversò la mente: aveva sentito fare dei discorsi da suo padre, di recente, su un qualche diavolo di libro che quella stupida di Rita Skeeter avrebbe scritto a proposito di Severus Piton. C’era qualcosa che gli era sfuggito di quel personaggio … lui lo credeva dalla sua un tempo (sua?) ,ma Harry Potter aveva blaterato qualcosa riguardo al fatto che in realtà stesse dalla parte di Siente, che gli aveva ordinato di assassinarlo.
Non credeva a una singola parola uscita dalla bocca di quel pomposo damerino di Potter, ovviamente, eppure quella pulce nell’orecchio gli dava fastidio.
Se fosse andato a Londra, magari sarebbe riuscito a sgraffignare in qualche modo (o nel peggiore dei casi comprare) una copia di quello stupido libro: avrebbe avuto la mente impegnata, qualcosa da fare, e senza dubbio avrebbe saputo scindere senza difficoltà le menzogne della Skeeter dalla realtà. Era con lui, dopotutto, che aveva confabulato quando durante il torneo Tremaghi voleva diffamare Potter, o la Granger, o chicchessia.
Si guardò se alle spalle ci fosse qualche babbano in vista, ma il parco era deserto; probabilmente era ancora molto presto perché qualcuno fosse a passeggio. In effetti Draco si rese conto di non avere idea di che ore fossero.
Chiuse gli occhi e focalizzò nella mente quelle stramaledette tre D necessarie per la Smaterializzazione. Non gli importava poi più di tanto essere visto da qualche babbano rimbecillito, ma per il momento non voleva avere grane col ministero visto che era già abbastanza inguaiato anche senza far niente.
Ed ecco la nota sensazione di essere compressi da ogni parte del corpo, come se una mandria di elefanti stesse passando sopra il suo corpo: quando riaprì gli occhi, si trovava a Diagon Alley.
Pochi passi più avanti, si pentì abbastanza di quella destinazione: centinaia di occhi consapevoli fingevano di non guardarlo, centinaia di bocche, al suo passaggio, mormoravano. Vide addirittura una strega voltarsi frettolosa dall’altra parte con il figlio in braccio.
Accidenti a voi, pensava Draco a denti stretti. Lui non aveva nessuna stupidissima cicatrice in fronte, eppure si sentiva come una scimmia da esposizione, come un qualcosa che tutti guardano e commentano dall’alto della loro autorità. Come se tutti voi foste dei santi immacolati! Continuava a ripetersi il giovane biondo, cercando di ignorare gli sguardi taglienti e le bocche sussurranti.
Una vetrina lo fece bloccare, tornare indietro e rileggere meglio quel che c’era scritto sul manifesto lì affisso:
Al Ghirigoro, ore 10 a.m.,HARRY POTTER,
concede un’INTERVISTA ESCLUSIVA realizzata da
RITA SKEETER (inviato speciale La Gazzetta del Profeta)
sul seguente tema:
SEVERUS PITON, LA VERITÀ
 
Accorrete ad ascoltare la voce del Prescelto
che ci ha liberati da Vodemort (ora nessuno deve più temere quel nome!)
 
un brivido di disgusto fece sobbalzare Draco, a tal punto che dovette saltellare un po’ sulle punte dei piedi prima di potersi riprendere.
Ma possibile che non ci fosse attimo in cui quel Potter desiderasse rovinare la sua esistenza o intercettare i suoi piani? Possibile che lui volesse tenersi disinteressatamente la mente occupata con il libro della Skeeter e Potter arrivasse a fare il Prescelto proprio a quel riguardo?
Draco cercò frettolosamente un orologio con lo sguardo e in quello a muro appeso in cima alla Gringott erano segnate le nove e trenta del mattino.
Non era così presto come si era immaginato ma questo diminuiva l’attesa. Ci sarebbe andato, oh si, ad ascoltare quei bei discorsini. Almeno una volta tornato a casa avrebbe avuto di nuovo un motivo per odiare Harry Potter e non provare più quegli strani sentimenti che ultimamente lo avevano oppresso.

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Capitolo 3
*** il prescelto ***


Dentro al Ghirigoro, una mezz’ora più tardi, si scoppiava: c’erano tantissime persone, tutte stipate nella saletta della libreria. Un ladro avrebbe potuto approfittare della confusione per portare fuori tutto quel che voleva passando inosservato; ma chi ruberebbe mai libri, si chiese Draco? E anzi, costretti come sardine com’erano, a ripensarci, nessuno avrebbe potuto fare la minima mossa.
Draco si era nascosto su una rampa di scale di legno ed era il più in alto evidentemente perché lui non smaniava per vedere Harry Potter, quella brutta faccia l’aveva già guardata abbastanza in sette anni ad Hogwarts. A lui bastava ascoltare le fesserie che avrebbe con così tanta gloria proclamato.
Vicino a lui c’era un signore barbuto, vestito di tailleur marrone, con una gigantesca macchina fotografica, tutto in fermento e agitazione. Poco più avanti sedevano due ragazze e Draco era certo di conoscere quella che pareva la più grande: gli parve che si chiamasse qualcosa Greengrass ed era una Serpeverde della sua stessa età. L’altra presuppose che fosse la sorella minore, poiché somigliava molto la prima, anche se era un po’ meno bella. Era una figurina curiosa: sembrava non le importasse assolutamente nulla di quello che avrebbe ascoltato, ma anzi, leggeva un libriccino strano con molta animazione. Ora che ci ripensava, probabilmente l’aveva già vista di sfuggita ad Hogwarts. La sorella maggiore, che Draco ricordò chiamarsi Dafne, era invece molto composta e aveva l’aria vagamente nervosa.
Ancora più in basso, si affacciavano dalle scale una strega vestita di fucsia con un tic agli occhi, un ragazzo di Grifondoro e altri maghi adulti che non riuscì a scorgere.
D’un tratto sentì una voce leggermente stridula ma suadente prendere la parola: voleva assumere un tono accattivante ma alle orecchie di Draco parve solo ridicola e imbarazzante. Era la Skeeter.
Draco non si mosse per guardarla, anche se la immaginò vestita con un qualche completo sgargiante e le lunghe unghie colorate per fare pendant.
« Maghi e streghe di tutta Londra e non! Accidenti quanti siete, spero di riuscire a dare un numero approssimativo per l’articolo sulla Gazzetta del Profeta, o non mi crederà nessuno.- qui una risata acuta e forzata- Ma non indugerei oltre sul motivo della nostra piccola riunione. Ho avuto l’onore di poter intervistare in diretta per voi che siete riusciti ad accaparrarvi il posto (e per iscritto a tutti quelli che compreranno il Profeta di domani) con la persona più acclamata dell’ultimo secolo: Harry Potter, il Prescelto, colui che ha sconfitto Voi-Sape… oh insomma, voglio essere coraggiosa, Voldemort, e ci ha donato di nuovo il sorriso per un futuro migliore!»
Dal caloroso applauso, Draco capì che Potter doveva essere entrato o comunque essersi reso visibile al suo pubblico di cialtroni.
Una ventina di secondi di incessante battere di mani, poi la Skeeter continuò: « Harry! Mio caro, senti come il mondo ti adora?  Ti ricordi quando eri solo un piccolo ribelle zimbello del mondo magico? Ricordo ancora come se fosse ieri quando mi pregasti disperato di farti quell’intervista che rendesse giustizia alla tua storia, mentre gli occhi di tutti erano ciechi alla verità!Allora, che ne dici di cominciare subito? Ho domande piuttosto interessanti che sono state selezionate dalla miriade di missive arrivate in redazione e in più qualche piccola ciliegina che desidero porti io personalmente!»
« D’accordo» rispose l’inconfondibile voce di Potter.
D’accordo, si ripeté Draco nella sua testa; “D’accordo” ma sentitelo. Non vede l’ora di sentirsi di nuovo importante.
«Dunque, Harry: al momento dell’epico scontro faccia a faccia con Tu-S… ehm Voldemort, motli dichiarano di averti sentito pronunciare una storia alternativa riguardo alle apparenze di Severus Piton, tuo ex insegnante di Pozioni e Difesa contro le Arti Oscure …»
« è così»
« Bene! E parrebbe proprio che tu abbia testimoniato a favore del suddetto Piton, nonstante sia noto ai più che non era mai scorso buon sangue fra voi!».
La Skeeter probabilmente aveva assunto un’espressione mista a falso stupore e bonario rimprovero. Draco se la poteva benissimo immaginare e ciò gli dette una sottospecie di conato di vomito in miniatura. Si rese conto di essere stato forse troppo vistoso nel suo disgusto quando la ragazzina seduta poco più lontano da lui alzò gli occhi dal giornalino per guardarlo.
Draco assunse un’aria di chi non ha fatto né sentito niente, e rimase impassibile finché quegli occhietti scuri non ritornarono avidi sulle pagine.
« Perdonatemi, vorrei chiarire alcune cose per cominciare » iniziò Harry Potter: « Anzitutto ho accettato di sottopormi a quest’intervista solo perché la verità su Severus Piton non sarebbe giunta alle vostre orecchie in maniera sincera, anzi solo come pettegolezzo. Devo anche sottolineare il fatto che la parola Prescelto non significa che un potere superiore mi abbia designato come l’unica divinità in grado di sconfiggere Voldemort. È stato Vodemort stesso a pre- scegliermi come suo nemico, quindi è stato lui a indicarmi come suo pari e a pormi come unico in grado di ucciderlo. Non sono stato io, in effetti ad ucciderlo, ma l’ha fatto da solo per una serie di complicati passaggi e disarmi di bacchetta …»
Un leggero colpetto di tosse della Skeeter interruppe Harry: « Harry, caro! Non dimentichiamoci che oggi dobbiamo parlare di Severus Piton! Non divaghiamo, tutti qui staranno aspettando con trepidazione la tua versione dei fatti!»
« La gente ha il diritto di sapere che io non sono un eroe! Soltanto un ragazzo sfortunato. Ma lei ha ragione. Non parlerò di me oltre, visto che la Gazzetta del Profeta lo ha fatto abbastanza in questi anni e non con pochi cambiamenti di vedute, devo aggiungere». Un leggero brusio si levò dopo questa affermazione, ma la voce di Harry era comunque ben udibile quando ricominciò a parlare.
« … Severus Piton è stato denigrato, offeso, condannato. Ed è stato lui stesso a decidere di intraprendere questa strada. Come si sia sentito, non oso e non riuscirò mai nemmeno ad immaginarmelo: sapere che ogni persona ti crede un traditore e un assassino mentre tu sei stato un caritatevole amico di Silente deve essere stato un peso inimmaginabile. E oltretutto ha dovuto rendersi credibile a Voldemort e praticare una costante operazione di Occlumanzia per convincerlo della sua fedeltà. Immaginate anche la difficoltà di non manifestare le emozioni esternamente! Lui è stato davvero l’uomo di Silente fino alla fine, con il più gravoso dei compiti a cui nessun altro poteva sopperire.»
« Ma insomma, Harry! Parlaci chiaro! Stiamo tutti pendendo dalle tue labbra e quello che ci offri pare un succulento antipasto che preannuncia un pranzo di notizie oltre ogni aspettative! Che cosa sai dunque? Come fai a dire che Severus Piton era dalla parte di Silente? Non avevi affermato tu stesso che era stato proprio lui ad assassinare il nostro beneamato preside?»
« Beh si. È stato lui. Ma lo ha fatto sotto stretta richiesta di Silente. In punto di morte ho ricevuto i ricordi del professor Piton. Lui voleva che io e che tutti sapessero la verità. Il professor Silente era stato colpito da una tremenda maledizione scaturita da un Horcrux che aveva distrutto. Indipendentemente dai fatti gli sarebbe rimasto un anno o poco più di vita»
« Per la barba di Merlino, Harry! Questo si che è uno scoop! Magari una Squadra di Curatori Speciali potrebbe fare qualche analisi sul cadavere e sono certa che sarebbero davvero delle notizie da prima pagina!»
« NO. Questo no! Non si viola il corpo di un uomo che riposa in pace! Chiedete pure al suo ritratto, che si trova appeso nella stanza del preside di Hogwarts!»
Mormorii più accesi spinsero Draco ad avvicinarsi leggermente al bordo della scala di legno, per sentire il resto della storia.
« Ma perché Silente avrebbe ordinato a Severus Piton di ucciderlo?»
« Perché Silente non voleva che quel compito fosse eseguito dalla persona a cui Voldemort l’aveva chiesto!»
« Beh sono sicura che non ci vorrai dire chi è, immagino»
« Assolutamente no».
Draco si sentì pietrificato. Non mosse un millimetro del suo corpo sperando quasi di far parte della scala su cui sedeva, sperando che nessuno notasse che era una persona viva.
« Oh, Harry, questo ti fa onore. Ma ovviamente io ho le mie fonti e non rinuncerei mai alle tue prossime dichiarazioni, soprattutto se mi si prospettano così interessanti! Harry, ormai lo sappiamo tutti che Vodemort voleva che a uccidere Silente fosse il tuo coetaneo Draco Malfoy».
A Draco si contorsero le budella.
Sentì le guance avvampare, le orecchie fumanti, le mani sudate. Tutto insieme.
Con la coda dell’occhio vide che Dafne Greengrass gli aveva lanciato un’occhiata svelta per poi tornare a guardare Potter. L’uomo col tailleur continuava a scattare foto in direzione della Skeeter. La sorella della Greengrass continuò a leggere ignorando ogni cosa.
Doveva succedere qualcosa. Doveva alzarsi, farsi vedere, dire “come vi permettete”? No, non sarebbe stato il massimo. Doveva fuggire, far finta di non essere mai stato lì? Nemmeno. Non sarebbe scappato.
Per il momento rimase immobile, come incapace di scollarsi, come se fosse stato colpito dal petrificus totalus.
La voce, che ormai gli pareva lontana e pulsante nella sua testa, della Skeeter rimbombò ancora:
« … E Harry, non era forse Draco Malfoy il tuo più acerrimo nemico, ad Hogwarts?».
La ciliegina sulla torta, eh?
Draco ribolliva di rabbia e fu preso dal desiderio di lanciarsi dalla scala e aggredire sia Potter che la Skeeter.
I mormorii si fecero più forti, ma la voce di Harry Potter fece zittire tutti quanti:
« Lei non ha il permesso di accusare le persone, così! E poi “nemico” è una parola che si usa non per un compagno di scuola, ma per quelli come Voldemort e i Mangiamorte!»
« Harry ma tu sai benissimo che la famiglia di Draco Malfoy è stata accusata di atti di Mangiamorte e si vocifera che anche il giovane Draco fosse stato stato Segnato!»
« La smetta! Questi non sono affari suoi»
« Oh, Harry invece credo che siano un vero scoop! Se solo tu potessi dirci che cosa provi per Draco Malfoy …»
« Cosa provo? Cosa provo?! Se proprio vuole saperlo io provo per lui solo pietà e gratitudine! Lui è nato in una famiglia di Mangiamorte e non è affatto colpa sua! E gratitudine perché se non ci avesse fatto guadagnare tempo, fingendo di non  riconoscerci quando i Mangiamorte ci avevano catturati, io sarei morto e Voldemort ancora qui a sconvolgere il vostro “futuro migliore”! Mi scusi ma adesso non ho altro da dire, se è questa la piega che lei vuol far prendere al discorso!».
Si sentì rumore di folla, piedi che scalpitavano e la porta infine sbatté. Tutti si precipitarono subito fuori, forse sperando di ottenere qualche commento aggiuntivo dalle labbra del Prescelto e santo Potter.
Draco non si mosse.
Aveva la vista annebbiata, gli occhi iniettati d’odio e il sangue pulsante nelle tempie.
 
«Credo che sia finito».
Una vocina pacata gli giunse all’orecchio.
Draco si voltò, come se si fosse appena svegliato: la ragazzina che stava leggendo era ancora seduta a mezzo metro da lui, ma aveva il giornalino in mano e guardava dritta verso di lui. La scala era deserta a parte lei.
« Che cosa?»
« Beh la conferenza, o quello che era. Non sembra ti sia piaciuta molto». Disse la ragazzina alzandosi e spolverandosi i pantaloni neri con la mano, temendo che si fossero sporcati a star seduta.
Draco decise che non erano minimamente affari suoi sapere chi lui fosse e perché non avesse apprezzato l’intervista, così decise di essere evasivo e sgarbato il più possibile, sperando di spaventarla e farle chiudere quella boccaccia:
« Se proprio vuoi saperlo nemmeno a te pareva interessare molto. Non hai ascoltato una parola e stavi a leggere quello stupido libricino!»
Si alzò con quanta più dignità gli riuscì e iniziò a scendere i gradini.
« È un manga. Sai, un fumetto Giapponese. si legge al contrario, è divertente»
Draco, esausto, si voltò sperando di incenerirla: invece lei rimase impassibile all’occhiata; la vide sistemarsi una ciocca di capelli neri e lucidissimi dietro l’orecchio, guardarlo con un sorrisetto cordiale e poi lo superò; scese le scale di legno e uscì dalla porta dove fuori si scorgeva il profilo della sorella che la pregava immediatamente di raggiungerla.
Un po’ arrabbiato, un po’ confuso, Draco uscì pure lui, puntando una ragazza dai capelli castani e molto cespugliosi e un ragazzo alto, dinoccolato e rosso di capelli che parevano parlare animatamente al nulla.

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Capitolo 4
*** vecchi amici ***


« Oh Harry, non avresti dovuto lasciarti trasportare»
Diceva Hermione Granger, apparentemente ad un muro. Draco si confuse fra la folla che ancora usciva scontenta dal Ghirigoro in cerca di Harry Potter, poi si avvicinò al trio (si, erano in tre ovviamente) e si nascose poco lontano da loro.
«Non avrei dovuto?! Hermione perché le tue idee finiscono sempre con Rita Skeeter?!»
Rispose la voce di Harry, invisibile agli occhi.
« Ora calmati, amico. La colpa è anche tua che hai accettato …»
« Adesso non fare l’idiota solo perché voi due state insieme»
« Harry questo non c’entra assolutamente niente adesso» ribatté Hermione arrossendo un poco.
Patetici, tutti e tre. Come lo sono sempre stati”, pensava Draco dal suo nascondiglio.
Provava a reprimere la voglia di fare a cazzotti, ma il cervello gli diceva che innanzitutto non era mai stato favorito nello scontro fisico, in quanto gracile e minuto; in secondo luogo loro erano in tre e se anche fosse riuscito a fare abbastanza male a tutti avrebbe creato guai ulteriori alla sua famiglia.
« Ecco, potevi anche evitare di dire quelle cose su Malfoy. Insomma … con tutti i problemi che avranno già! La Skeeter infiocchetterà tutto quel che hai detto!»
« Hermione perché devo sempre ripeterti che è stata una tua idea?»
« Adesso basta tutti e due. Però non voglio immaginarmi la faccia di Malfoy quando leggerà tutte quelle cavolate che usciranno sul Profeta. Prendetela così: un po’ se lo merita e ci sarà da farsi due risate …»
 
« Si, molto divertente» disse Draco ad alta voce.
Ron Weasley ed Hermione Grenger si voltarono di scatto, inorriditi. Sicuramente anche Potter adesso lo guardava da sotto il Mantello.
« Draco … noi … ci dispiace non volevamo …»
« Scusate, devo avere qualcosa in un orecchio. Mi pare che una sudicia nata babbana mi stia rivolgendo parola …» disse con disprezzo.
« Non usare questi termini con lei
« Oh, scusa Weasley. Ti ho offeso la ragazza? Complimenti comunque, ottima scelta. Degna della tua famiglia».
Le parole gli uscivano da sole. Era impossibile controllarsi. Come diavolo poteva aver pensato di essere dalla loro parte?
Ron Weasley si tirò su una manica ed assunse un espressione minacciosa che faceva quasi ridere.
« No, Ron. Ha ragione. Anch’io non perdonerei nessuno che avesse parlato di me in quel modo. E anche se fai finta di non ascoltarmi, ti chiedo scusa, Draco. Sappi che è tutta colpa mia» aggiunse la piccola Sanguemarcio. Che carina, davvero commovente.
La testa di Potter spuntò galleggiando a mezz’aria.
« Davvero, scusami. Andrò a parlare con la Skeeter e la minaccerò così tanto che non oserà scrivere niente su di te o sulla tua famiglia»
« Che dovrei fare? Ringraziarti, o Potter Onnipotente? » disse Draco ricomo di disprezzo. Con la coda dell’occhio vide che una piccola cerchia di persone iniziava a fare capannella attorno a loro.
« No, nemmeno un po’. Anzi sono io che devo ringraziarti per avermi salvato la vita, nella villa»
« Oh non ce n’è bisogno, davvero! Mi accontenterò della tua pietà e gratitudine
Girò i tacchi, ma poi sentì che tutti i rancori che aveva nello stomaco non erano finiti; si voltò di nuovo e urlò contro Harry:
« Ho sentito che sei stato accettato per dare l’esame di Auror al Ministero, Potter. Senza nemmeno essere diplomato. Mi domando se sia davvero per capacità oppure per fama»
« Disse quello che aveva comprato l’intera squadra di Quidditch con i soldi di suo padre»
Aggiunse lo Weasley, sempre minaccioso.
« Weasley stanne fuori. E tu che farai invece? Andrai a lavorare in quel ridicolo negozio di scherzi, ora che …? »
« Non ti conviene finire quella frase, Malfoy». La Granger ora sembrava minacciosa. Stringeva forte le sue piccole dita tanto da farle arrossare. Si ricordò del pugno ricevuto da lei e decise di fare un gambetto:  non finì quello che avrebbe voluto dire; aggiunse qualcos’altro di abbastanza offensivo ma non così troppo da farla attaccare:
« Ed infine tu, piccola Granger. Tu sei tornata a Hogwarts, vero? Ti sei fatta firmare il permesso dalla McGranitt-uccia, oggi, per venire a dare manforte al tuo amico Potterino? ».
Hermione arrossì ma fu abbastanza diplomatica: prese a braccetto entrambi i ragazzi e se ne andò con loro due, sbuffando qualcosa tipo “che spreco di tempo”.
La folla si diradò pian piano: non era stato un grande spettacolo, anche perché si erano detto tutto a denti stretti. Draco dubitava che la gente avesse potuto udire il litigio.
 
« Sei stato un po’ scortese, ma hai fatto bene. Nemmeno a me piace quel Potter, è un po’ montato».
Draco si girò esasperato verso la voce che aveva parlato: di nuovo quella ragazzina coi capelli neri.
« Ma insomma, che vuoi?»
« Oh, niente. Sto aspettando mia sorella che fa shopping con un’amica di scuola …. Anche se ora non va più a scuola. Conosci mia sorella, Dafne Greengrass?»
« Forse» disse Draco sbuffando. La rabbia gli stava sbollendo, e mentre rispondeva a quell’inutile interrogatorio iniziò a pensare a come rendere produttiva quella mattinata a Londra.
« Ti deve stare parecchio simpatico quel Draco Malfoy per difenderlo così» aggiunse la ragazzina.
Draco, punto nel vivo, rispose con un po’ troppa ferocia: « No. Non l’ho mai conosciuto. E ora sparisci, che ho da fare»
« E allora sparisci tu. Io aspetto mia sorella proprio dove mi pare»
« Sei impertinente, sai?»
« E tu sei Draco Malfoy. Prendimi per cretina quanto ti pare»
Aggiunse lei con uno sguardo distratto eppure penetrante.
« Infatti. Io non lo conosco.» disse Draco e con un movimento brusco si allontanò da quell’ odiosa bambinetta dirigendosi a grandi passi verso una vetrina che recitava una scritta invitante.

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Capitolo 5
*** l'occasione ***


Corso per l’ammissione alla
SOCIETÀ dei POZIONISTI TALENUTOSI.
Il Ministero della Magia ha emesso un bando di assunzione per 150 nuovi pozionisti. La Società dei Pozionisti Talentuosi vi aspetta per un colloquio di lavoro serio e competente.
Potrete proporvi come candidati ogni giorno dalle 9:00 a.m. alle 6:00 p.m .a Diagon Alley,
negozio dello Speziale.
 
Come un lampo, qualcosa gli passò per la testa: questa era la prima delle tante risposte che si era proposto di dare a se stesso.
Cosa avrebbe fatto nel suo futuro? Non poteva continuare a lagnarsi. Voldemort ormai era una storia vecchia, col tempo avrebbe potuto persino far scemare i ricordi appartenuti a quel periodo.
Aveva detto addio per sempre a Pansy Parkinson perché era … troppo. Non gli andava né di vederla, né di scriverle, né di pensare che esistesse. Stop. Voleva che fosse un fantasma appartenente al passato, proprio come Voldemort e sua zia Bellatrix.
Provò a scordarsi per un attimo della rabbia che ancora stava sbollendo, causata da Harry Potter e si concentrò sulla vetrina dello Speziale: era stato bravo in Pozioni, a Hogwarts. Perché non diventare un Pozionista? E magari se avesse vinto il posto, lavorando al ministero avrebbe persino potuto riguadagnare l’onore per la sua famiglia. Tempo di un paio di generazioni e nessuno avrebbe mai guardato storto i Malfoy come i più fedeli ex Mangiamorte.
Felice di quel pensiero, che rimise in moto la creatura che risiedeva nelle profondità del suo animo, Draco entrò, facendo suonare il campanellino appeso alla porta.
All’interno sedeva un mago anziano, tutto rugoso , con grandi occhi acquosi e in un certo senso privi di colore ed espressività; aveva la pelle giallastra, chiazzata di marrone sulle mani e sulle guance molli. Ricordava a Draco una vecchia tartaruga.
All’ingresso di un cliente e per giunta così giovane, assunse un’aria di cordialità.
« Buongiorno» disse amichevolmente a Draco. Lui non rispose, ma si guardò intorno in cerca del mago del Ministero addetto ai colloqui.
« Vorrei parlare con l’addetto al colloquio per i Pozionisti, signore» c’era un che di impazienza e anche insolenza in quest’affermazione.
L’anziano commesso sembrò non farci caso e rimase cortese: «Sono io» disse con un gran sorriso: « Vieni, accomodiamoci nel retro per iniziare la chiacchierata, ragazzo. Domythilla! Domythilla per favore, vieni ad occuparti del bancone!».
Una strega di mezz’età comparve dal retro e si sistemò dietro al bancone al posto dove prima sedeva il vecchio.
Draco fu scortato in una stanza che somigliava un po’ a un magazzino travestito da aula di Pozioni: in mezzo al gran numero di scaffali era sistemato un calderone di peltro, una cattedra con un grosso registro adagiato sopra.
Avrebbe dovuto dare una dimostrazione pratica delle sue abilità?
Sentì una piccola scossa sulla punta delle dita, seguita da un formicolio alle gambe: era impaziente di dimostrare il suo valore in qualcosa che gli piaceva davvero.
Si sentì così ben disposto che accennò persino un sorriso al vecchietto, che ricambiò. L’uomo si sedette dietro la cattedra, aprì il registro, intinse una vecchia piuma in una boccia di inchiostro e chiese:
« Allora figliolo, solo qualche domanda prima di iniziare. Scusa, sai, sono grane, sai … siamo obbligati a fare questo piccolo interrogatorio, ma non preoccuparti, figliolo … Dimmi: quanti M.A.G.O. hai preso in Pozioni?»
Draco ricevette il colpo come un pugno nello stomaco: « Ehm, signore … Al mio ultimo anno di Hogwarts non è stato possibile sostenere gli esami … vede, la ehm … battaglia, gli ultimi avvenimenti …»
« Oh, quindi sei un eroe di Hogwarts, èh? Fa niente … fa niente. Vediamo un po’, mi potresti dire come ti chiami?»
« Draco Malfoy, signore ».
Un attimo di silenzio.
Il vecchio mago alzò impercettibilmente gli occhi dal registro, quasi allarmato. Draco se ne accorse. Tornò ad osservare la pagina ancora bianca.
« Mi dispiace, figliolo … Ma senza nemmeno un M.A.G.O. non se ne può fare di nulla, ecco … no, non c’è modo, sai, le regole … il ministero ha i suoi schemi …»
« Signore! Ho preso Eccezionale ai G.U.F.O.! se mi facesse fare una piccola prova!»
« No, via, figliolo … non si può. Niente M.A.G.O. niente da fare. Mi dispiace, ragazzo, mi dispiace …»
« Un corno, le dispiace! Lei ha cambiato idea quando ha saputo il mio cognome! Lei è un falso bugiardo! Mi meraviglio che il Ministero tanga a lavorare gente come lei!»
L’uomo stava per ribattere e Draco per fuggire ricolmo d’odio, quando la donna chiamata Domythilla scese le scale del retro bottega accompagnata da un uomo molto panciuto:
« Papà» iniziò la strega: « … c’è qui il signor Lumacorno che chiede se è arrivata la sua scorta che aveva ordinato per Hogwarts».
Come illuminato da un’aureola luminosa, Draco vide la sua salvezza scendere le scale: goffo, grasso e sorridente da sotto i baffoni da tricheco.
Non appena fu entrato nel retrobottega, prima di dargli il tempo di rendersi conto di chi c’era, Draco gli urlò contro: « Professore! Professore! Ho bisogno di lei, professore!!».
Lumacorno spalancò gli occhietti lattiginosi in segno di sorpresa: « Oho!» annunciò palesemente soddisfatto da quell’inaspettato incontro.
« Oho!» ripeté: « Ragazzo mio! Quanto tempo! Che posso fare per te?».
Il vecchio commesso parve offendersi da quella scarsa considerazione che gli veniva riservata, così tossicchiò un po’ troppo forte.
Riuscì nel suo intento di farsi notare, poiché Lumacorno spostò lo sguardo su di lui e sul bancone dietro il quale sedeva: « Buongiorno vecchio mio. E oh, stavi facendo il test per i pozionisti a questo ragazzo? Lo sai che è stato mio allievo ad Hogwarts?». Disse tutto gongolante.
Il commesso stava per ribattere, ma Draco fu più lesto:
« In effetti, signore, questo inetto si rifiuta di farmi dimostrare il mio valore, signore. Tutto quello che lei mi ha insegnato non posso farglielo vedere, perché quest’uomo ha degli sporchi pregiudizi su di me e sulla mia famiglia!».
Aveva gli occhi iniettati d’odio.
« Oho!» esclamò per la terza volta Lumacorno.
« In verità … » cominciò il commesso tutt’altro che sorridente: « il signorino Malfoy non può sostenere l’esame in quanto privo di M.A.G.O., professore.»
Lumacorno assunse un’espressione accigliata e squadrò Draco e il commesso insieme.
« La prego, professore» adesso la voce di Draco era supplichevole e arrabbiata: « La prego, ci metta una buona parola …»
« Non posso ragazzo mio, non posso!» tossicchiò Lumacorno, sorreggendosi le mani sul suo grosso pancione: « Vedi … se chiedono i M.A.G.O. c’è solo una cosa da fare, figliolo. Si, direi che per te si possa fare, dopotutto sei sempre stato abbastanza bravo al mio corso di Pozioni … anche se non brillante come Potter o la Granger …».
Draco finse di non aver sentito le ultime affermazioni e chiese: «E che cosa devo fare, signore?»
« Segui anche quest’anno il mio corso di Pozioni a Hogwarts, figliolo! Non importa che tu venga sempre, ma almeno potrai sostenere l’esame a giugno!»
« Cosa?! Dovrei tornare a Hogwarts?!»
« Capisco se non vuoi, ragazzo … insomma, dopo tutto quello che è successo … »
« E invece no! Va bene, verrò!» disse Draco che non sopportava essere punto nel vivo quando si faceva riferimento indiretto alla sua famiglia come Mangiamorte.
Lumacorno parve sorpreso.
« Benone! Benone! Ti consiglio di fare i bagagli e arrivare stasera, allora. La scuola è già cominciata una settimanetta fa! E vedrò di discutere con te e la preside per i tuoi orari! A stasera figliolo, a stasera!»
« Come raggiungerò la scuola, signore?»
« Ah, giusto, giusto! L’Espresso di Hogwarts dovrebbe essere a Londra, adesso. Chiederemo una corsa straordinaria. Ti mando un gufo, figliolo, appena posso! A presto!».
Draco si congedò dal professor Lumacorno, senza degnare il commesso di uno sguardo. Fuggì dalla bottega dello speziale con mille pensieri che gli frullavano per la testa.
Perché diavolo ho accettato? Continuava a ripetersi. Inventò mille scuse a sé stesso in cui lui non ne usciva mai il responsabile. Si immaginò la faccia di sua madre (o peggio di suo padre) appena gli avesse raccontato quel che aveva combinato.
No.
Era adulto e prendeva da solo le sue decisioni.
Ritornare a Hogwarts sarebbe sembrato ai più un segno di maturità e desiderio di avere una formazione magica riconosciuta, come un qualsiasi altro mago rispettabile. Se i suoi genitori la reputavano una pessima scelta erano problemi loro: loro erano stati Mangiamorte e non avrebbero mai più avuto occasione di redenzione; lui doveva salvare l’onore della famiglia per il futuro.
Sorridendo senza ricordarsi il percorso mentale che aveva fatto per sentirsi convinto, si smaterializzò e si ritrovò in un nebbioso parco solitario poco distante dalla sua villa.

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Capitolo 6
*** in partenza ***


Draco attraversò il parco di Villa Malfoy con una fretta che voleva essere più tranquilla possibile; si trattenne dal dare un calcio a un pavone che gli attraversò la strada e con mani sudate spinse il grande portone di legno.
Tutto taceva all’interno. Si controllò: decise di assumere un’aria distaccata e decisa, anche se dentro si sentiva molle e spaventato.
I suoi passi rimbombavano nei corridoi silenziosi e si chiese come mai sua madre non fosse ancora accorsa in lacrime a chiedergli dov’era stato, quando …
« Draco!» un grido soffocato giunse alle sue orecchie.
Il volto emaciato di Narcissa comparve da dietro una porta spalancata.
Già si disse Draco: Adesso lei non urla più.
« Non sapevo dove fossi …»
« Fa niente mamma. Prepara pure il pranzo anche per me».
Voleva sentirsi autoritario, ma le sue stesse parole gli si ritorsero contro come se si fosse dato da solo un calcio nel petto. Temette di aver offeso troppo la madre, che era fragile come un fuscello.
Non è ancora il momento di dirglielo, aspetterò che ci sia anche mio padre. Due piccioni con una fava. Non sopporterei di subire due crisi nervose sullo stesso argomento.
Si rinchiuse in camera sua e mise in ordine i vestiti ancora sparsi sul letto: tirò fuori il baule dall’armadio, poi ci ripensò e lo nascose di nuovo, in attesa di aver detto ai genitori la sua decisione.
Iniziò ad impilare gli indumenti che avrebbe portato, poi ripescò qualche boccetta di inchiostro, qualche foglio di pergamena spiegazzato, qualche piuma, la bacchetta, i libri del settimo anno …
Il corso dei pensieri si focalizzò su quel che aveva detto Lumacorno, non importa che tu venga sempre; si, invece. Se doveva frequentare il corso di pozioni lo avrebbe fatto impeccabilmente e non sarebbe rimasto certo a casa sua. Voleva andarsene da lì, andarsene e compiere così un altro passo verso l’annullamento di quel che era stato prima.
Mentre trafficava con gli oggetti in mano, iniziò a pensare di ordinare persino le sue idee: punto primo, si infisse come regola, rompere con quella che è stata la mia vecchia vita. Numero uno, allontanare i vecchi amici. Numero due allontanarsi da casa …
Erano ottimi punti di una lista che aveva come obiettivo finale la scoperta dell’essere originario alla base di se stesso. Chi davvero fosse Draco Malfoy ancora non lo sapeva, ed era sua intenzione scoprirlo in un nuovo anno a Hogwarts.
 
Assorto nei suoi pensieri, un gran tonfo lo fece sobbalzare: un grosso barbagianni aveva sbattuto contro la sua finestra.
Desiderando che nessuno si accorgesse di nulla, Draco aprì in fretta l’ampia finestra dai vetri chiarissimi, strappò la lettera dalla zampina del barbagianni senza nemmeno farlo entrare e lo cacciò via con un gestaccio. Quello, stizzito, si allontanò in un arruffo di penne.
Appena quello fu lontano, Draco sentì di aver fatto male a cacciarlo: e se quella lettera avesse necessitato una risposta? Lui non aveva gufi e sarebbe dovuto uscire di nuovo a cercarne uno.
Scartò la busta ed estrasse la lettera, che portava lo stemma di Hogwarts:
“Caro sig.Malfoy,
in seguito ad un colloquio con il professor H. Lumacorno, ho approvato la Sua richiesta di trasferimento ad Hogwarts per ripetere l’anno scolastico. Dato che Lei è privo dei M.A.G.O., come purtroppo ogni studente che ha frequentato l’ultimo anno di istruzione ad Hogwarts nella scorsa sessione, ho provveduto a organizzare il suo orario il più similmente a quello che aveva già. Le materie sono le stesse, ma se Lei ritiene opportuno annullarne qualcuna, sentendosi in grado di sostenere l’esame soltanto sulla base dei suoi ripassi, può venire a colloquio con me.
Aggiungo una nota di premura: come vedrà Lei stesso, molti studenti del suo stesso anno sono tornati  a Hogwarts per sostenere gli esami esattamente come Lei. Stia dunque tranquillo e se ha una qualsiasi preoccupazione La prego di rivolgersi a me senza indugio.
 
Minerva McGranitt
Preside di Hogwarts
 
p.s.: è stata predisposta la corsa dell’Espresso di Hogwarst per stasera, come mi è stato detto che Lei aveva concordato con il professor Lumacorno. Partirà da King’s Cross, binario 9 ¾, alle sei di questa sera. Confido che arrivi in tempo per il banchetto della cena.
Le sue lezioni riprenderanno regolarmente da domani.”
 
« Draco, ti prego, scendi a mangiare!»
Solo ora si rese conto che la voce di sua madre rimbombava nei corridoi già da un po’. Era troppo assorto dalla lettera per farci caso.
« Si, arrivo» disse a voce alta. Si alzò, lasciando cadere la lettera sulla scrivania; doveva ancora decidere se voler bene o odiare la McGranitt per quel che aveva scritto.
 
La tavolata era silenziosa. Narcissa indossava un vestito scarlatto che un tempo probabilmente era stato brillante; adesso, come ogni suo altro abito, pareva cupo. Forse era solo l’alone di disperazione e sconforto che emanava la portatrice; forse era solo la sua espressione cupa e rinunciataria a conferire oscurità a qualunque cosa le fosse vicino.
Alzava elegantemente il braccio portandosi il cucchiaio alla bocca, ma il suo sguardo non era rigido e fiero come un tempo; pareva ora perso nel vuoto, come intento a ripercorrere gli appunti di un lungo discorso.
Lucius Malfoy era molto sciupato: la galera lo aveva reso molto magro, le sue guance erano incavate e gli occhi infossati. Era molto più spettinato di quanto si sarebbe mai concesso in tutta la sua vita e i suoi capelli biondi apparivano semplicemente bianchi.
Anche lui mangiava in silenzio ma il suo sguardo era in cerca della fierezza perduta, anche se a Draco era sempre sembrato un atteggiamento ridicolo.
 
«Tornerò a Hogwarts. Sosterrò i M.A.G.O. per diventare un Pozionista»
Disse il giovane pallido come i genitori, come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre si avvicinava il calice alle labbra.
Non voleva diventare grigio come tutto in quella casa. Per lui non era ancora suonata l’ora. Non aveva intenzione di trasformarsi in un apatico ectoplasma come avevano deciso di fare i suoi genitori.
Tutto si congelò molto in fretta: Narcissa sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta, come se suo figlio avesse appena bestemmiato clamorosamente. Lanciò uno sguardo al marito, poi ritornò sul figlio, che non aveva abbastanza coraggio da alzare lo sguardo.
Lucius finse un attimo di non aver sentito, sperando che nel suo silenzio Draco parlasse di nuovo. Ma Draco aveva già dato adito a tutto il suo coraggio per parlare poco prima. Stava zitto, con il calice sulle labbra, nonostante l’acqua l’avesse bevuta già da un pezzo.
Pregava che succedesse qualunque cosa.
 
« Draco … parliamone … insieme» fu sua madre a rompere il silenzio.
Lucius approvò e annuì alla moglie per darle manforte.
« D’accordo, ve ne parlo: ho il baule pronto, hanno organizzato una corsa per stasera. Vi farò sapere se torno a casa per le vacanze di Natale».
Si alzò rumorosamente per dirigersi in camera sua, e sentì i respiri affannosi e mozzati della madre, presa dal panico.
« Via, Draco … non è una decisione affrettata?» aggiunse suo padre alzando leggermente la voce.
Draco era ormai alla porta della sala da pranzo: « Si, forse lo è. Ma almeno è una mia decisione».
Sentendo che era stato di nuovo troppo duro con i suoi, ma che non ci sarebbe stato un altro modo per dirglielo, se ne andò in camera sua a riporre tutto nel baule.
Aveva a malapena toccato cibo e il suo stomaco gorgogliava forte, ma non era possibile tornare giù e finire di pranzare. La conversazione era finita e lui doveva solo togliersi di lì il più velocemente possibile.
Anche se era molto presto, chiuse il baule, mise in spalla la Nimbus 2001, e uscì di casa gridando un generico “ciao!”.
Avrebbe aspettato ore e ore sul binario ma non glie ne importava proprio niente.

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Capitolo 7
*** Astoria ***


Materializzarsi di nuovo a Londra fu fastidioso: non si era concentrato abbastanza bene e quando comparve (fortunatamente tutto intero) all’ombra dell’insegna del Paiolo Magico, aveva una odiosissima sensazione di nausea. Respirò un paio di boccate d’aria fresca, prima di incamminarsi.
Si sentiva ingombrante e dannatamente in vista: con un baule e una scopa sicuramente tutta quella gentaglia babbana lo stava scrutando e rideva di lui.
Sapeva che Potter aveva un mantello dell’Invisibilità. Cosa avrebbe dato per averlo.
Si vergognò subito di quel pensiero.
Un assioma del suo nuovo io per quanto diverso dal precedente, sicuramente recitava: “mai desiderare di essere Harry Potter”. Quello no, non l’avrebbe mai voluto.
In fondo, chi era per lui Harry Potter? Gli aveva praticamente salvato la vita, l’estate scorsa, quando si era presentato tutto gonfio in casa sua assieme ai suoi due stupidi amichetti.
Agli occhi del mondo Potter era il sostituto di dio in terra. Qualunque parola uscisse dalle sue labbra, tutti l’accoglievano come una legge sacra.
E poi, ora che era riuscito a guadagnarsi l’amore della “ragazza più carina del ventunesimo secolo” (diceva Il Profeta di Rita Skeeter), aveva a disposizione ogni sorta di ammirazione, sia dai personaggi seri e colti, sia dalle teenager in crisi ormonale.
Sghignazzò un poco sul pensiero che aveva appena fatto, poi si decise ad azzardare qualcosa che non aveva mai fatto, che non aveva mai avuto intenzione di fare, e che se suo padre l’avesse mai scoperto, l’avrebbe diseredato e disconosciuto: prese a scendere le scale della metropolitana babbana.
Come sarebbe riuscito nell’impresa era un mistero, eppure non pretendeva certo di camminare fino a King’s Cross e non poteva neppure materializzarsi in un luogo babbano così affollato.
L’entrata fu già molto traumatica. C’erano due scelte, per scendere: una scalinata apparentemente normale, tuttavia meno frequentata, e un’altra più stretta che si muoveva da sola, dove l’affluenza era maggiore. Portavano a luoghi diversi? E che diavolo di trucco babbano era una scala che si muoveva da sola? Perché c’erano più scelte? Non poteva esserci un’entrata per la metropolitana e basta?
Stare lì fermo con un baule e una scopa sottobraccio lo avrebbe posto sempre più al centro dell’attenzione e poiché non sapeva che pesci prendere, si aggiunse alla massa in fila per le scale che scendevano da sole. Dopotutto erano la cosa meno babbana che ci potesse essere e, visto che proprio doveva scegliere …
Fu un po’ difficile incastrarsi nella scala, che era più stretta di quella che stava ferma. Il suo baule occupava tutta la larghezza e sentì una signora piuttosto anziana, davanti a lui, borbottare che non c’era più educazione al giorno d’oggi. Draco si chiese se fosse vietato viaggiare con bauli nella metropolitana, ma un paio di gradini più giù, vide un uomo con un trolley da viaggio. E allora che c’era di maleducato? Poi sentì tossicchiare dietro di sé e notò il disappunto negli occhi di un uomo che pareva voler passare avanti. Draco capì che evidentemente era buona educazione allinearsi sulla destra per far passare chi aveva fretta. Ma allora che diavolo se le fanno a fare, i babbani, le scale che scendono da sole, se poi la gente vuol muovere i piedi?
Irritato più che mai, giunse alla fine della scala mobile e si guardò intorno in cerca di aiuto.
Iniziò a dare un’occhiata a tutti i cartelloni che vedeva e poi l’illuminazione lo colse: “King’s Cross”. Era scritto in un cartellone dove era disegnata una specie di mappa fatta di linee colorate tutte diverse. Capì che era davvero la mappa della metropolitana quando lesse la scritta “voi siete qui”. Ci impiegò un po’, ma poi capì che quelle erano le fermate che la metropolitana avrebbe fatto; contò quante lo distanziavano da King’s Cross e poi si avviò verso un corridoio buio.
I guai non erano finiti: una lunga fila di strani oggetti metallici gli impedivano il passaggio.
“Ma che diavolo?!” Draco non si capacitava del perché ci dovessero essere tutti quegli intoppi; per un babbano che rischi ci sono? E davvero una sbarra di metallo può tenerli al sicuro da qualunque cosa temano?
Si nascose in un angolo buio e osservò cosa si doveva fare per poter procedere: tutti tenevano in mano un pezzo di carta, lo infilavano in un’apertura delle sbarre di ferro, poi quelle si aprivano e li lasciavano passare.
Perfetto. Gli occorreva un biglietto.
Lui non aveva soldi babbani e non aveva idea di quale potesse essere il valore di uno di quei maledettissimi biglietti.
Poi successe qualcosa che gli spianò la via: una ragazza lanciò un’imprecazione, mentre cercava di passare oltre la sbarra metallica. Uno della sicurezza le si avvicinò:
« C’è qualche problema?»
« Mi ha mangiato il biglietto, maledizione! Non ho soldi per farne un altro, adesso. Ma proprio ora doveva succedere?»
« Stia tranquilla, quella colonna ha dato problemi ultimamente. Stiamo aspettando il meccanico. Prego passi di qua» e la fece passare da un piccolo corridoio senza colonna metallica.
Mentre la ragazza ringraziava, l’uomo della sicurezza era andato a prendere un cartello con scritto “GUASTO”.
Draco aspettò una manciata di minuti, tanto per non far capire che aveva assistito a quella scena, poi provò a oltrepassare un’altra barriera. Non inserì niente al suo interno, ovviamente, ma Draco iniziò a dare degli scossoni e a imprecare sottovoce.
« Tutto bene, figliolo?» disse una vecchia signora che aspettava in fila dietro di lui. A Draco dette l’impressione di averla già vista chissà dove.
« No, accidenti! Mi ha mangiato il biglietto! Ora non ho denaro per comperarne un altro!»
Provò di nuovo a passare, ma ovviamente l’accesso gli fu negato.
« Tieni, dai. Ne ho uno in più. Se mangia anche quello andiamo dalla sicurezza; ho sentito dire che è da ieri che questa stazione dà problemi»
« La ringrazio, signora. Davvero»
Draco provò persino a sorridere, ma gli veniva da ridere per la stupidità dei babbani. Se la bevevano così facilmente?
Passò il biglietto e la sbarra metallica si aprì.
« Oh, finalmente! Grazie acnora»
« Figurati, caro. Stai andando a Hogwarts?».
A Draco si gelò il sangue.
La signora gli sorrise, in attesa di una risposta, e lui si ricordò dove l’aveva vista: era la signora che passava col carrello sull’espresso di Hogwarts.
« Sai, anche a me piacciono molto i mezzi di trasporto babbani. Non capisco come mai noi maghi dobbiamo farci tanti problemi. Amo i treni e credo che le metropolitane siano l’invenzione più brillante dopo le Gelatine Tutti i Gusti+1»
Continuò a sorridere bonaria.
Draco sorrise debolmente, sentendosi un imbecille.
Almeno, nella sua disperazione, adesso sapeva cosa fare: seguire quella donna qualunque mossa avrebbe fatto.
 
Una volta sceso alla fermata giusta, trovò in un baleno la stazione e per una strana casualità, si sentì a casa. Quei mattoni rossi gli fecero sentire che aveva fatto la scelta giusta.
La vecchia del carrello era scesa velocemente e aveva preso la sua strada senza aspettare Draco, certa che lui sapesse perfettamente cosa fare e dove andare. Lui l’aveva seguita di soppiatto fino alla stazione e poi si era sentito avvolto da un cordiale abbraccio fatto di mattoni rossi.
Non si sentiva più in imbarazzo per i baule e la scopa, anche se prima quello era stato il posto in cui si sentiva più impacciato. Adesso che aveva affrontato la metropolitana babbana, niente gli faceva più paura.
Gongolante si avviò alla colonna di mattoni che divideva i binari nove e dieci e vi scivolò con naturalezza.
Avrebbe preferito rimanere fra i babbani per tutta la vita.
Sedute sulla pensilina di attesa c’erano Hermione Granger e la ragazzina dai capelli scuri che leggeva i manga al Ghirigoro.
Voleva scomparire.
 
« Ciao Draco Malfoy»
Lo salutò la sorella di Dafne Greengrass, impedendo ogni suo tentativo di fuga (che sarebbe stato inutile, vista la totale assenza di affollamento).
Lui fece un cenno del capo. Hermione Granger sorrise appena, imbarazzata.
Ora che ci pensava, quella mattina l’aveva presa in giro per il fatto che tornava a Hogwarts. Che figuraccia …
« Wow! Ma quella è una Nimbus dumeilauno? È un reperto storico davvero aggraziato»
La ragazzina pareva sinceramente eccitata.
« Non è un reperto storico»
« Oh, via. Lo sai che è uscita una vita fa. Però mi è sempre piaciuta: è così elegante, e poi è verde
« Ah-a» fu la risposta disinteressata di Draco. Le persone troppo appiccicose gli davano ai nervi.
Fuggì da quella conversazione fingendo di cercare il bagno. Fu una ricerca molto lunga e quando si ripresentò le ragazze erano salite sul treno.
Salì anche lui, cercando una carrozza il più lontano possibile da quelle due.
« Oh eccoti! Credevamo che avresti perso il treno».
La Greengrass lo stava aspettando nel corridoio.
Draco si stufò:
« Ascoltami. Non ho nessuna intenzione di stare in uno scompartimento con te e la Granger. Chiaro?»
« Questo è scortese da dire»
« Non me ne importa un accidente. Io non passo il mio tempo con i luridi Sanguemarcio»
La ragazzina spalancò la bocca. Draco si aspettò la solita scenata … invece quella scoppiò a ridere. Letteralmente. A crepapelle.
« Oh, andiamo. Davvero credi ancora a quelle scemenze? “Sanguemarcio”mi sembri mia madre. E pensare che mi eri sembrato uno intelligente!»
Draco si sentì molto offeso e stava per ribattere, quando la testa cespugliosa della Granger sbucò dallo scompartimento.
« Astoria, davvero, non importa. Vieni dentro»
« Io stavo parlando con lui, scusa» le rispose Astoria Greengrass evidentemente stizzita: « Non mi piace che la gente giudichi una “causa persa” un’altra persona.».
La Granger rimase di stucco. Poi si ritirò.
Draco era soddisfatto, ma poi …
« E tu non ridere. Non sei da meno. E ora smettila di fare lo stupido e siediti con noi».

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Capitolo 8
*** uno strano ragazzo ***


Il mostro che abitava lo spirito di Draco si impossessò delle sue gambe e lo fece avanzare all’interno dello scompartimento del treno.
Astoria Greengrass si era seduta e aveva iniziato a ciarlare di qualcosa come “mi ero dimenticata totalmente di ripassare quella pozione …”, come se non avessero quasi discusso appena un attimo prima.
La Granger sedeva sulla poltroncina di fronte alla Greengrass e aveva aperto le orecchie non appena le era giunta la parola “ripassare”.
Fra le due, si disse Draco, sicuramente avrebbe preferito sedersi accanto ad Astoria, che almeno era una Serpeverde e purosangue, anche se pareva non glie ne importasse molto.
« … Si perché quando sono stata dallo speziale, oggi, mi ha detto che per scuola non poteva vendermi i pungiglioni di celestino essiccati e che se verserò nella pozione Occhiopallato il doppio di Api Frizzole otterrò lo stesso risultato! Ma non posso andare a scuola dal professor Lumacorno con una scorta di Api Frizzole! Ma che figura ci faccio?»
« Se lo speziale ha detto che funziona … Insomma, a pensarci non credo proprio che possa andare bene, dai. Avevo sentito dire che i pungiglioni di celestino venivano usati per fare le Api Frizzole, ma … oh, via … è ridicolo!»
« Ridicolo, infatti! Però me l’aveva detto, quella mia amica, che se mi servivano i pungiglioni essiccati, di certo non me li avrebbero venduti se avevo meno di diciassette anni. Secondo lei però, si ottiene una pozione simile alla Occhiopallato se utilizzano corni di Nargillo. Eppure non ne ho trovati a vendere, e lo speziale quando glieli ho chiesti, mi ha guardata male …»
« Chi hai detto che … ehm … è questa tua amica?»
« Beh non è proprio amica, ci ho chiacchierato qualche volta: ha due anni più di me, è al settimo adesso. Si chiama Luna Lovegood, ma non la conosci? Non era anche lei una del Giro-Potter?»
Quel nomignolo, pensò Draco che era stato forzato a seguire vagamente la conversazione a causa del tono alto con cui ne discutevano, era divertente. Sperò che la Granger si offendesse e cambiasse scompartimento. Quando la guardò di soppiatto si accorse che aveva assunto un’aria leggermente imbarazzata.
« Ehm … si, Luna è una mia cara amica. Draco, tu che ne pensi?»
Draco fu colto alla sprovvista:
« Del Giro-Potter?»
Astoria rise, poi lo aiutò a rispondere alla domanda postagli da Hermione:
« Credo che Hermione volesse sapere se mi eri d’aiuto con la questione dei pungiglioni di Celestino».
Draco sbuffò: « Non me ne importa un accidente, se lo vuoi sapere. E vedi di fare meno chiasso!».
La Granger distolse lo sguardo, imbarazzata più che mai per averlo coinvolto, mentre la ragazzina coi capelli neri assunse un’espressione stranissima: arricciò il nasino fine come uno spaghetto e spalancò gli occhioni scuri, alzando un sopracciglio tutto insieme. Draco non poté fare a meno di notare che era un’espressione che la faceva sembrare molto carina, come un folletto arrabbiato.
La sua faccia si addolcì di fronte a quello spettacolo, ma se ne vergognò appena si rese conto di averlo fatto.
« Ascoltami bene, Draco Malfoy. Non si risponde “non me ne importa un accidente” quando io ero stata così gentile da illuminarti su una questione palesemente ovvia. Se ti avessi detto “sei una stupida testa di capra” allora potevi anche rispondermi che non te ne importava “un accidente”. Prima fai discorsi sui Sanguemarcio come se fosse una cosa intelligente da dire, ora rispondi male a una ragazzina che ha tre anni meno di te e ti chiede un consiglio. Sei veramente ripugnante!»
Draco la fissò ancora imbambolato e divertito, suo malgrado: era uno spettacolo troppo simpatico anche per lui. Sembrava un cartone animato per bambini.
« E smettila di guardarmi in quel modo! Ti sto sgridando, non ti sto invitando a una festa per le vacanze di Natale».
Le sue offese continuavano a divertire Draco, ma il contegno, adesso, era più importante.
Si ricompose, tossicchiò un: “ va bene, va bene, scusa”, poi si alzò e uscì con la scusa di cercare la signora col carrello.
 
Si rifugiò in un bagno del treno, chiudendo a chiave. Sentiva un’impellente bisogno di guardarsi allo specchio e sorridere. Alzò gli occhi su se stesso e vide qualcuno che non conosceva: un ragazzo pallido e biondo, lo stava fissando. Aveva un’espressione serena in volto. Due occhi grigi chiarissimi molto belli che parevano illuminati di tranquillità. La bocca era curvata in una maniera molto strana: gli angoli erano leggermente più alti del centro. La forma appuntita del mento era molto coerente col naso fine e anch’esso appuntito, gli zigomi leggermente spigolosi mettevano in risalto la figura degli occhi.
Draco non aveva mai visto quel ragazzo sereno, ne era certo.
Non  era sicuro nemmeno se gli piacesse o se dovesse vergognarsene.
Stampò quell’immagine nella sua mente e proseguì con la sua lista, ancora aperta.
Numero tre: sorridere sia con le labbra che con lo spirito.
Era un bell’assioma, si disse. Molto difficile da accettare.
 
Uscì dal bagno con uno strano sorrisetto ancora stampato in faccia. Non gli importava se in quello scompartimento c’era la Granger, dopotutto … senza il divo-Potter e il suo nuovo emozionante fidanzato Weasley, si poteva anche ignorare.
Mentre si dirigeva verso la poltroncina accogliente che aveva abbandonato diversi minuti prima (si, ci stava proprio ritornando e non aveva voglia di chiedersi il perché), ebbe la fortuna di imbattersi nella signora col carrello. Almeno la sua bugia non lo sarebbe stata proprio del tutto.
« Caro! È andato tutto bene il viaggio finora? Non manca tantissimo, eh! Un’altra oretta e ci siamo. So che non è divertente come la metropolitana» e con un eccesso di cordialità, strizzò l’occhio.
Draco stava quasi per perdere la sua ritrovata allegria, quando notò una manciata di Api Frizzole sul carrello della vecchia signora.
 
La maniglia dello scompartimento si aprì con un clack e Draco entrò frettolosamente.
C’era una conversazione nuova in corso:
« … Io però non ti ho vista prendere parte alla battaglia, l’anno passato. Hai seguito i Serpeverde nella loro lealtà a Voldemort?»
« Potrei quasi offendermi se non sapessi che tutto quel che fai è per il bene superiore del mondo magico affinché tutti possano avere un futuro candido e felice»
Di nuovo, a Draco scappò una risatina. Il modo in cui Astoria Greengrass prendeva le proprie difese era troppo adorabile. Aveva pronunciato l’ultima frase con toni altisonanti e volutamente sarcastici, senza però scomporsi minimamente.
Draco riprese il posto accanto a lei, sperando di sembrare disinteressato, ma stavolta ascoltava benissimo.
« Non ero a Hogwarts, l’ultimo semestre, perché avevo fatto uno scambio culturale per Babbanologia. Si, lo so che la materia era stata sospesa lo scorso anno, ma l’avevo già programmato l’anno precedente. Avevo trovato uno di questi depliant, hai presente? Quelli dove ti offrono vacanze-studio e altre cose …»
« Oh, si! Ho sempre desiderato fare una vacanza studio in Francia o magari in Egitto! Dove sei stata?»
« In Italia. È molto più ricca di magia di quanto molti credano. Là non hanno una scuola come Hogwarts, si chiama Liceo Magico Bonanno Pisano e poi uno può procedere gli studi all’Università della Magia. è a Pisa, hai presente? La cosa più divertente è che Bonanno Pisano non è uno scultore come i babbani pensano, ma è quello che inizialmente guidò la resistenza magica all’attacco di Giganti che erano scesi dagli Appennini nel XIII secolo. Ha costruito una cinta muraria che i Giganti hanno spazzato via in meno di dieci minuti. L’unica cosa che è rimasta in piedi è la torre di vedetta, mascherata da Campanile per i babbani dell’epoca. Sai che oggi è ancora inclinata da quando i Giganti hanno devastato la muraglia? è incredibile pensare che i babbani siano riusciti ad auto convincersi che quella pende per motivi scientifici. Ma sapessi che spiegazioni accurate che danno! Non riuscivo a smettere di ridere vedendo tutti quei babbani che si facevano le foto fingendo di reggere la torre! È stato così divertente! Insomma, volevo tornare a casa quando ho saputo di quel che stava succedendo: mia sorella era a Hogwarts, mia mamma era preoccupatissima. Ma ogni mezzo di comunicazione e trasporto era impraticabile. Sono rientrata in Inghilterra due settimane dopo il previsto».
« Accidenti, immagino che non debba essere stato proprio emozionante, rimanere bloccata in un altro Paese»
« Non so, è stato solo strano sapere che alla fine Voldemort aveva perso e non esisteva più. E tu che hai fatto, Draco Malfoy? Hai combattuto o no, alla fine? Da quel che ho capito hai tipo aiutato Harry Potter, una volta …»
Tutto quello che Draco desiderava meno era dover rispondere a quella domanda.
Il sorriso si tramutò in una linea retta e le sue labbra divennero serrate.
Hermione Granger guardò fuori dal finestrino, sperando di non doversi immischiare. Lurida Sanguemarcio, codarda e ipocrita!
Poi una vocina squillante lo salvò, scendendo dall’alto come un angelo di salvezza:
« Oh non devi preoccuparti, se eri dalla parte di Voldemort. Anche mia sorella è rimasta con tutti gli altri Serpeverde. Sai, noi non ci vantiamo con boria del nostro coraggio, dopotutto. Noi siamo quelli che ragionano e desiderano. Il tuo era un desiderio silenzioso di ribellione, probabilmente. Dopotutto non si può tutti nascere con una cicatrice sulla fronte. Io sono nata con una cicatrice nel sangue, per esempio … perché alla mia famiglia certe cose di Voldemort piacevano e a me invece no. Quindi lascia perdere, e cambiamo argomento. Anzi. Vatti a cambiare, che vedo le luci di Hogwarts in lontananza». 

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Capitolo 9
*** occhi neri ***


C’era una sola carrozza ad attenderli: Draco vedeva il grottesco cavallo in attesa che i passeggeri salissero a bordo. Decise di tenere per se il fatto che lui, adesso, poteva vedere i Thestal e si domandò se le ragazze in sua compagnia fossero in grado di fare altrettanto. Sicuramente la Granger aveva visto qualcuno morire, lo scorso giugno, a Hogwarts. Ma Astoria?
Draco era sceso per primo dal treno e ora si era fermato lì a riflettere sui Threstal, senza accorgersi di intralciare l’entrata a tutti.
« Allora?» sbuffò Astoria, dando segno di impazienza.
 « Forse è più consono … uhm … che tu,… che voi saliate prima» quella voce stranamente premurosa era davvero disgustosa. Questa non faceva parte di lui e mai l’avrebbe accettata. Tentativo fallito. Ora doveva solo ritrovare il tono autoritario e sprezzante di sempre.
« C’è qualcosa che non va?» Hermione Granger sbirciò dentro l’abitacolo della carrozza, come per trovare l’oggetto che aveva turbato Draco. Lei credeva che se ci fosse stato un pericolo lui avrebbe mandato le ragazze prima per testare le conseguenze? Lui non usava le persone così! Poi però la sua mente scivolò su Tiger e Goyle …
Si accorse che gli occhi neri di Astoria lo stavano fissando. Si sentì nudo, privo di ogni protezione. Tutto in una piccolissima frazione di secondo.
« Oh. Grazie Draco Malfoy. Questo è molto gentile da parte tua» poi si rivolse a Hermione, con un sorriso pacifico stampato sulle labbra sottili: « intendeva dire “prima le signore”» e allegramente salì i gradini per mettersi seduta.
Hermione accennò un sorriso a Draco, ma la sua espressione furente la scoraggiò e si ritrasse subito.
Come diavolo aveva fatto quella mocciosa a fare quella cosa? Aveva letto chiaro e tondo nei suoi occhi. Era una Legilimens così capace? Eppure era certo di cavarsela in Occlumanzia.
Saettò un’occhiata di sbieco alla sua compagna di seggiolino, spaventato: il profilo affilato, le labbra fini e leggermente asimmetriche, gli occhi rivolti altrove. Astoria chiacchierava con Hermione del tempo sempre più freddo. Non pareva impegnata in un’estenuante lettura della mente.
Decise di ricordarsi di stare in guardia da lei.
Quando la carrozza attraversò il cancello con le statue di cinghiali alati, un’improvvisa certezza lo fece sgomentare: ad Hogwarts sarebbe stato solo.
Solo come un cane. Solo e deriso come se fosse una scimmia del circo.
Chi avrebbe frequentato? Dove si sarebbe rifugiato? La casa di Serpeverde pullulava di figli di ex Mangiamorte. Certi lo avrebbero evitato, temendo che la vicinanza con lui avrebbe intaccato la loro nuova reputazione; ci sarebbe stato anche chi gli si sarebbe avvicinato chiedendogli pareri, notizie, informazioni su Voldemort? Pregò che nessuno lo facesse davvero.
La carrozza si fermò e lui si preparò a scendere.
 
Lasciò il suo baule sulla carrozza, come aveva sempre fatto, lasciando che fossero gli Elfi Domestici ad occuparsene. Mentre scendeva le scale, sgombro, notò un’occhiataccia molto furtiva da parte della Granger. Che? Ce l’aveva con lui perché non aveva risposto al suo cordiale sorriso? Non se ne curò minimamente e distolse lo sguardo.
« Tu non hai il bagaglio?» fu la prima domanda che gli venne in mente, ma si accorse ben presto di quanto fosse stupida. Astoria si voltò, come per chiedersi se davvero Draco stesse parlando con lei.
« Oh, no. Io sono qui da quando la scuola è iniziata, avevo ricevuto il permesso speciale per andare a Diagon Alley. Ho detto che volevo a tutti i costi assistere a quella Potter-Conferenza ma in realtà speravo di comprare i pungiglioni di celestino essiccati. Che delusione.»
« Magari potresti provare con le Api Frizzole».
Astoria lo fece di nuovo: si fermò e lo fissò dritto negli occhi. Due globi di nero catrame inquinavano il cielo limpido che aveva per occhi. Si sentì svuotato, svestito, incapace.
Un attimo dopo, lei gli fece un sorrisetto sghembo, forse per scusarsi dell’impressione che (probabilmente se n’era accorta) aveva scatenato in Draco.
 « Per te è una buona idea?»
« Cosa?» Draco si accorse suo malgrado di essere imbarazzato.
« Come ‘cosa’? Usare le Api Frizzole invece dei pungiglioni di celestino!»
Non tollerando l’effetto che quella ragazzina gli causava, si schiarì la voce e ricercò un tono freddo. Frugò con una mano in una tasca interna della casacca di Hogwarts, poi ne estrasse un sacchettino di cartone, gonfio.
« Tieni. Non me ne faccio di niente».
Disse sperando di essere suonato sprezzante.
Astoria lo stava ancora fissando con intensità e lo osservò accelerare il passo fino a raggiungere da solo il portone di ingresso.
Draco sentiva quel paio di occhi neri bruciargli sulla nuca, ma non le avrebbe permesso mai più di guardarlo in quel modo.
Lui era Draco Malfoy, e non ci si poteva prendere gioco di lui come se niente fosse. Odiò la ragazzina dai capelli lunghi e corvini e si decise a odiarla per tutto il tempo in cui avesse dovuto soggiornare a Hogwarts.
Si sedette molto distante da lei, al banchetto della cena. Finse a se stesso di non aver cercato con lo sguardo dove lei si trovasse e quando l’aveva trovata decise che l’occhio gli ci era caduto per caso. “Non c’era nemmeno posto a sedere vicino a lei” si disse come scusa di conferma.
Meramente orgoglioso di quel che aveva fatto e fiero di sentirsi nuovamente se stesso, si mise a mangiare e poi corse a letto.
Il suo baule era stato sistemato nel solito letto a baldacchino anche se in quella stanza non c’erano più i suoi vecchi compagni. Non vide di chi si trattava perché fu il primo probabilmente in tutto il castello a coricarsi.
Pensò che il giorno dopo avrebbe ricominciato le lezioni, che avrebbe incontrato molta gente nuova volente o nolente. Pensò che il soffitto era molto sporco, c’era una ragnatela nell’angolo sinistro del suo baldacchino. Era diventato tutto nero, come quegli occhi e quei capelli. Quei capelli così particolari, lunghi e liscissimi fino alla vita e con due stranissimi ciuffetti ribelli, corti, all’altezza degli zigomi. Incorniciavano gli occhi, neri, allungati, molto eleganti, con folte ciglia e sopracciglia. Aveva due nei piccolini sotto l’occhio sinistro e uno ancora più piccolo sul naso, quasi come minuscole lentiggini. Il naso lungo e fine, che terminava con una curva all’insù, graziosa come lo stelo di un fiore. Le labbra sottili e leggermente sbilenche, simpatiche e molto carine. Tutta insieme era graziosa. Molto graziosa.
E poi tutto fu nero come la notte e come gli occhi di Astoria. Finché al mattino Draco non fu svegliato dalle luci dell’alba. 

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Capitolo 10
*** infamia ***


 
Il risveglio particolarmente dolce fu guastato, come il resto della giornata, dal brusio costante che lo seguiva ovunque andasse.
I suoi compagni di dormitorio stavano parlottando fra se così rumorosamente che una volta zittiti dal risveglio di Draco parve che tutta la stanza fosse stata inghiottita da un’enorme bolla.
Gli occhi furtivi si posavano sul sonnolento ragazzo biondo che si destava e il cui sorriso leggero svaniva mano a mano che prendeva conoscenza.
Appena si tirò a sedere, Draco vide che tutti si voltarono a dargli le spalle, come se non avessero fatto caso a lui. Questo gli fece montare un forte prurito alle mani.
Non era bravo a fare a pugni, lo sapeva, eppure ogni tanto uno spirito manesco si impossessava di lui.
Stai calmo.
Si disse, anche se sapeva che alla lunga qualcuno o qualcosa l’avrebbero fatto scoppiare.
Nella sua stanza c’erano otto persone, nonostante i letti a baldacchino fossero cinque. Questo aumentò il suo desiderio di suonarle di santa ragione a ognuno di quegli impertinenti: qualcuno era andato a chiamare gli amici per fargli vedere “Draco Malfoy, il figlio dei Mangiamorte”.
Cercò di calmarsi e dette molta importanza al laccio delle scarpe che si stava legando.
Sul suo comodino era stato portato l’orario delle lezioni. Lo prese fra le mani e lo lesse.
Avrebbe affrontato due ore di trasfigurazione con la McGranitt e la cosa lo rassicurò: era stata moto cordiale nella lettera del giorno precedente.
Vestito propriamente, Draco si alzò e ignorando i sussurri immancabilmente accompagnati da occhiate, se ne andò a testa alta. Fingere sicurezza era sempre stata un’arma a suo favore.
Scese nella sala grande per la colazione e credeva che il suo umore, leggermente turbato, non potesse peggiorare più di così: ogni singola testa si girò e calò il silenzio.
 
A Draco sembrò tutto molto esagerato: come poteva aver scatenato tutto quell’interesse? Come facevano a sapere tutti che lui fosse lì? E, per l’amor del Cielo … era davvero così interessante?
Imbarazzato e inorridito, avanzò verso il tavolo dei Serpeverde sentendo rimbombare i suoi passi. La testa iniziò a ronzargli. Vide che molti si allungavano sulle panche per non farlo sedere nei posti vuoti vicino a loro, altri che nascondevano qualcosa al suo passaggio. In effetti sembrava che tutti avessero qualcosa da nascondere: c’erano centinaia di tasche rigonfie e carte sparse sotto il tavolo.
Il silenzio era veramente insopportabile.
 
« Siete tutti un branco di imbecilli»
Una voce lievemente squillante, il cui tono era udibilissimo anche solo per il contrasto con il silenzio tombale, si fece largo da una panca.
Daco, con gli occhi offuscati, vide una figurina nera alzarsi, avvicinarsi, prenderlo sottobraccio e trascinarlo verso un posto a sedere ai margini del tavolo di Serpeverde: era Astoria Greengrass.
«Signorina Greengrass! Questi termini non sono ammessi. Cinque punti meno a Serpeverde!»
La voce tonante della McGranitt troneggiò dal tavolo degli insegnanti
Draco perse subito la poca stima di lei che gli era cresciuta quella mattina.
Un brusio piacevole riprese a circolare e lentamente, la mente di Draco si rischiarò: si trovava nell’angolo del tavolo di Serpeverde, accanto ad Astoria Greengrass. Lei sedeva nell’ultimo spazio della panca, lui aveva un vuoto che avrebbe potuto contenere tre persone a separarlo da un ragazzo robusto, che gli lanciava sguardi di sbieco.
« Buongiorno Draco Malfoy»
« Che diamine hanno tutti?»
« Oh, sono soltanto degli idioti. Credono a quello che dice Rita Skeeter»
A Draco si gelò il sangue nelle vene: Rita Skeeter?
Decise che il piano di odiare Astoria Greengrass fosse momentaneamente sospeso e cercò di godere del piacevole senso di beatitudine che lo attanagliava. Se non altro compensava il dolore provocato dagli sguardi infuocati e le lingue affilate.
« E che dice Rita Skeeter?» chiese in un soffio.
Astoria si voltò a guardarlo, e la potenza dei suoi occhi neri fece nuovamente il suo effetto. Daco perse la pazienza:
« Vuoi smetterla di fare quella cosa?»
Astoria aggrottò le sopracciglia e storse un pochino il labbro superiore. Daco ignorò il cervello che apprezzava vivamente quell’immagine.
« Cosa dovrei smettere di fare, esattamente?»
« Quello che fai ogni volta che mi fissi in quel modo!»
Astoria apparve confusa.
« Forse sei pazzo …»
« Pazza sarai tu! Lo so che sei una Legilimens!»
Astoria lo guardò con pietà, come se fosse davanti a un animale ferito per cui non si può più fare niente; raccolse le sue cose e si alzò.
« No, aspetta, dai! Stavo scherzando!» “Ma l’ho detto davvero io?” disse una vocina solitaria all’interno della testa di Draco.
Lei continuò a fissarlo, penetrante. Si rimise a sedere, impercettibilmente più distante.
« Che cosa vuoi?»
« Ehm … cosa dice Rita Skeeter?»
Lei sbuffò e trasse dalla borsa una copia del Profeta, molto ben ripiegata. Gliela porse. In copertina c’era una sua foto, furioso, che litigava con Harry Potter, Ron Weasley e Hermione Granger. Era del giorno prima, scattata a Diagon Alley, appena fuori dal Ghirigoro.
 
EX MANGIAMORTE TENTA L’ULTIMO ATTACCO:
Draco Malfoy, figlio dei noti Mangiamorte più vicini a Voldemort, attacca Harry Potter dopo aver sentito la conferenza sulla sconfitta del suo ex Signore
 
Nella giornata di ieri, il famoso e amato Harry Potter aveva accettato di tenere una conferenza al Ghirigoro, ed essere intervistato da Rita Skeeter (inviato speciale della Gazzetta del Profeta da più di 20 anni, intima amica di Potter). Durante la suddetta conferenza, alla quale maghi e streghe di tutto il Regno Unito sono accorsi in un numero che sfiorava i duecento, sono stati toccati temi caldi: Harry Potter ha fatto menzione del suo acerrimo nemico di scuola, Draco Malfoy (nonostante abbia avuto il buon cuore di dire che gli perdonava tutti gli atti di violento bullismo da lui subiti, «[…] perché quando si parla di scuola siamo sempre dei ragazzi» dice Potter «e non voglio parlare male di lui in quel senso; lo posso fare solo per l’attività di Mangiamorte») il quale, chissà perché, era presente, cautamente nascosto fra gli ascoltatori. Appena finito il programma dell’intervista, Malfoy ha atteso Potter fuori dalla libreria del Ghirigoro, pronto ad un attacco anche fisico. Gli amici di Potter, H.Granger e R.Weasley, sono riusciti a incutere in Malfoy il giusto timore per impedirgli di fare il peggio.
Durante la conferenza, Harry ci ha informati che Malfoy era uno dei Mangiamorte più vicini a Voldemort, tanto che l’Oscuro Signore gli aveva affidato il compito di uccidere Albus Silente. Il  giovane  seguace delle Arti Oscure, però non ha avuto l’occasione di compiere il suddetto crimine, poiché S.Piton (ex insegnante di Pozioni e Difesa contro le Arti Oscure, poi Preside di Hogwarst) era stato incaricato da A. Silente stesso di ucciderlo. Questo perché, a detta di Potter, Silente non voleva che un ragazzo così giovane diventasse un assassino ed ha preferito condannare all’odio e al discredito un suo fedele collega.
La famiglia dei Malfoy è da considerarsi un pericolo? Dovrebbero essere prese delle precauzioni contro di loro? C’è chi dice che potrebbero tramare addirittura una sostituzione del Signore Oscuro. Intanto la preside Minerva McGranitt ha acconsentito perché il giovane Draco fosse riammesso alla scuola di Hogwarts per sostenere gli esami M.A.G.O., nonostante ne fosse stato bandito l’anno scorso.
Si invitano dunque tutti gli studenti e i genitori a stare all’erta. Per concludere con una battuta, non abbiate nulla a temere se siete Purosangue!  Pare che quella gente creda ancora nei pregiudizi ormai superati da secoli.
In ogni caso, non date mai troppa confidenza agli sconosciuti, soprattutto se sono violenti ed (ex?) Mangiamorte.
R.S.
 
Draco impallidì. Sentì ogni cellula del suo corpo staccarsi e riattaccarsi nel punto sbagliato.
Improvvisamente le cialde fumanti e le marmellate colorate davanti a lui parvero diventare polvere e fango.
« Gliela farò pagare» mormorò a denti stretti.
Astoria lo fissò, socchiudendo le palpebre, poi sospirò: « Nemmeno per sogno».
Draco la fulminò, sperando di riuscire a sconfiggere la potenza dei suoi occhi neri. Lei resse lo sguardo, agilmente. Tutto l’odio per lei tornò nel corpo di Draco.
« Che diavolo vuoi dire?»
« Che saresti davvero uno stupido. Lei ha detto cose cattive su di te, ma se tu reagisci con violenza direi che è peggio. Sarebbe altro pane per i suoi denti. Ora ti saluto che devo andare a lezione».
In uno svolazzo di capelli lisci e fluenti, che la seguirono come un’onda, Astoria Greengrass se ne andò,  lasciandolo solo al tavolo dei Serpeverde.
 
Non aveva la minima voglia di alzarsi, andare a vedere la McGranitt con gente che la pensava così su di lui. Ma Harry Potter, il santo dei “buoni” poteva permettere che quest’onta al suo onore venisse così intaccata? Per salvarsi l’impeccabilità, Harry Potter avrebbe sicuramente smentito quelle voci. Il Cavillo era la sua rivista preferita quando il Profeta mentiva.
Eppure Draco si immaginò la faccia di suo padre e sua madre. Se li immaginò che leggevano la Gazzetta del Profeta.
Il pensiero fu troppo doloroso. Si alzò senza aver mangiato niente e barcollando si diresse alla sua prima lezione.
Era davvero valsa la pena di tornare a Hogwarts? C’era un singolo buon motivo per rimanere lì?
 
 
 
 
------------- l’angolo dell’autrice! ---------------
Ciao lettori adorati! :D spero che questa storia vi stia piacendo. Vi ringrazio infinitamente per essere giunti fin qui. Non vedendo che poche (e gratissime) recensioni, debbo dire che sono un po’ scoraggiata. C’è qualcosa che non vi piace e che dovrei cambiare? Dovrei smettere di aggiornare questa storia? È brutta?
Vi chiedo questi pareri perché non so cosa ne pensate ed io scrivo perché voi possiate apprezzare. Vi voglio bene! ^3^
 
Nerina

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Capitolo 11
*** il ballo di Natale ***


Passavano i giorni a Hogwarts. Tutti sempre molto uguali: iniziavano con un brusio interrotto, con facce curiose che si facevano schive, con posti vuoti e sguardi taglienti. Draco si sentiva veramente male se non per il piacevole formicolio dettato dalla presenza di Astoria Greengrass. Ogni tanto lo faceva sedere accanto a lei, ma il più delle volte avevano orari diversi oppure lei rimaneva in Sala Comune o in biblioteca a studiare per i G.U.F.O. .
La scena che turbò Draco più di ogni altra, fu la sua prima lezione di Pozioni: il professor Lumacorno lo salutò piuttosto festoso (e ovviamente, curioso), ma ciò che fu irritante fu la fidanzata di Harry Potter. Ginny Weasley, una ragazza piuttosto piacente con capelli rosso fiamma e lentiggini spiritose, frequentava ora il settimo e ultimo anno di Hogwarts. Era una Grifondoro e condivideva con i Serpeverde le ore di Pozioni. Essendo Draco un ripetente, era in classe con lei.
Una mattina l’aveva fermato all’ingresso dicendogli con aria brusca: « Draco. Mi dipiace per quello che ha detto il Profeta. So che non è così. Harry sta facendo di tutto perché vengano smentite quelle cose orribili».
Draco aveva alzato appena lo sguardo, l’aveva osservata con sufficienza e risposto distrattamente: « Davvero carino, da parte sua».
Poi aveva continuato per la sua strada, sistemandosi ad un banco che era rimasto poi vuoto per tutta la lezione.
Non gli importava più che Potter facesse qualcosa per cambiare la situazione, perché ormai era scoppiato l’incendio. Si poteva provare a spegnerlo, ma le bruciature sarebbero comunque rimaste nere.
 
La professoressa McGranitt manifestava la sua solidarietà ignorando Draco, trattandolo come un qualsiasi studente. Draco aveva deciso che non la tollerava granché, quindi le lezioni di Trasfigurazione erano molto noiose.
Pozioni era vagamente interessante, se non che il programma era identico a quello dell’anno precedente. Sapeva già fare tutto o quasi e questo lo irritava: perché quella seccatura di tornare a Hogwarts? Quello stupido vecchietto dello speziale avrebbe potuto benissimo fargli fare una prova pratica e ora si sarebbe trovato a lavorare sodo per il Ministero. Non era nemmeno detto che una volta eseguiti i M.A.G.O. il Ministero cercasse ancora dei Pozionisti. E allora che avrebbe fatto?
Comunque, alla seconda settimana di lezione, il professor Lumacorno chiese loro di gareggiare per una boccetta di Amorfilia Temporalis, una pozioncina violetta e lucida che permetteva a chi la beveva che la persona da lui amata l’avrebbe reso felice per un giorno intero.
« Badate che non funziona come credete voi signorine» aveva detto Lumacorno in risposta ai risolini nauseanti delle ragazze presenti in classe: « La persona più amata può essere il vostro migliore amico, la vostra mamma, o chiunque altro si trovi nei paraggi. L’Amorfilia reagisce con le emanazioni emozionali, quindi deve essere qualcuno in un raggio piuttosto vicino. Se voi bevete l’Amorfilia …» e qui fece il gesto di bere da una boccetta invisibile:« … in un’isola deserta dove con voi ci sono solo due persone, quella reagirà soltanto con la persona che più amate fra loro. Quindi signorine, se il vostro fidanzato non è a Hogwarts, non crediate che vi si presenti alle porte con un mazzo di rose in sella ad un ippogrifo bianco!».
La pozione da preparare era talmente facile (fatta e rifatta l’anno precedente), che Draco vinse la boccetta. Questo anche perché Hermione Granger non era venuta a lezione e aveva lasciato la sua compagna di banco Ginny Weasley a cavarsela da sola.
Fu abbastanza ridicolo, ma almeno per un nanosecondo ogni ragazza presente nella stanza lo guardò con brama, pensando a cosa avrebbero potuto offrirgli in cambio dell’appena vinto trofeo. A Draco non interessava nulla né della stupida pozione vinta, né delle ragazzine che lo aspettarono fuori dall’aula cercando di attaccare bottone.
Sembrava che improvvisamente Draco Malfoy fosse per loro la persona ideale con cui stringere nuova amicizia.
Con quello sciame di cinguettanti donzelle al seguito, Draco si diresse in Sala Grande per la cena.
« Oh Draco, sai che credo di frequentare con te anche il corso di Antiche Rune? Tu frequenti Antiche Rune, vero?»
« No» rispose Draco stizzito: « E ora lasciatemi in pa…»
« Credi che userai quella bottiglia di Amorfilia? Perché guarda, io sto passando un periodo davvero pessimo, un po’ di amore mi farebbe proprio bene. Se vuoi ti posso dare una mano in qualsiasi altra lezione, in cambio …»
« I miei genitori non credono a quel che dice il Profeta. Dovrebbero vergognarsi. Ti andrebbe di vendermi l’Amorfilia? Ti do anche tre galeoni, davvero … ».
Senza riuscire a liberarsi delle petulanti ragazze in crisi ormonale, Draco si avvicinò di corsa alla porta della Sala Grande, sperando che tutte si sarebbero ritirate, temendo di farsi vedere sotto gli occhi di tutti insieme al tanto temuto figlio dei Mangiamorte.
Le ciance delle galline erano davvero irritanti, ma non si aspettava certo che una di loro tentasse un Incantesimo Rallegrante su di lui per metterlo di buon umore, allo scopo di fargli cedere la pozione vinta.
Sentì l’incantesimo colpirlo in pieno torace e dallo stomaco iniziarono a levarsi certe risatine incontrollabili. Sghignazzò entrando in Sala Grande e lo sciame di ragazzine gli sorrideva benevolmente, sperando di sottrargli il suo tesoro.
Un paio di occhi neri, seri, raggiunsero lo sguardo di Draco. Astoria stava in piedi, apparentemente in cerca di qualcosa che doveva arrivare dalla porta, vicina a due posti vuoti sulla panca dei Serpeverde. In un attimo lo sguardo di brace si abbassò, poi sparì uscendo a gran passi.
L’Incantesimo Rallegrante svanì tutto d’un colpo. L’umore nero di Draco si fece ancora più plumbeo.
Scacciò le ragazzine con un’espressione che avrebbe fatto paura anche a Voldemort e si sedette da solo in un angolo del lungo tavolo.
Hogwarts era davvero un luogo terribile.
 
Astoria pareva non avere mai più un momento con cui condividere la panca con lui. Era più scontrosa e quando una volta Draco la trovò in Sala Comune, illuminata dalla luce verde mentre ripassava Artimanzia, evitò persino di guardarlo.
A Draco non interessava: aveva ripreso il programma di odio nei confronti dell’impertinenza di Astoria. Che gli importava a lui se quella bambinetta esile lo guardava di sbieco, facendo fluttuare i suoi capelli in un’onda che annunciava il suo cambio di percorso? Che gli  importava se alla tavolata ogni tanto incrociava due carboni ardenti, molto lontani, che lo scrutavano?
Decisamente niente.
 
Molte cose cambiarono quando, a Dicembre, la preside McGranitt (che continuava ad insegnare Trasfigurazione ed era rimasta anche il responsabile della Casa di Grifondoro) chiese agli studenti di comunicare ai loro responsabili se avrebbero trascorso o meno le vacanze a Hogwarts.
Draco decise di dire a Lumacorno che se ne sarebbe tornato a casa. I suoi genitori non gli avevano mai mandato lettere e lui era preoccupato che sua madre soffrisse per quell’articolo di Rita Skeeter.
In tre mesi di silenzio, quella storia si era un poco affievolita, eppure era sempre un boccone succoso per chi non avesse nuovi pettegolezzi. Le occhiate furtive erano sempre lì, nascoste dietro gli angoli dei corridoi o nelle panchine del parco.
Draco ignorava chiunque non fosse lui medesimo, quindi non ne soffriva poi più di tanto. Eppure uno strano vuoto dentro di se gli diceva che era ancora alla ricerca di qualcosa, che stava sprecando le sue giornate a Hogwarts.
 
Un giorno, a lezione di Pozioni, il professor Lumacorno entrò con il suo gran pancione e la sua vestaglia scintillante:
« Buongiorno, buongiorno! Oggi preparerete per me un antidoto a questa pozione … andate a pagina quarantanove di Pozioni Avanzate, per cortesia! Oh e mi ero scordato di dirvi che lavorerete a coppie. Signor Malfoy, spostati qua vicino alla signorina Weasley, che siete gli unici due senza compagno. La signorina Granger ci ha purtroppo mollati. Troppe altre materie! Che peccato, che peccato …».
L’ordine arrivò dritto nello stomaco di Draco, che assunse l’aria di una statua di marmo. Come un automa raccolse le sue cose e si spostò di malavoglia nel posto vuoto della Granger. Odiò tutto di quel posto: primo,lì si era seduta Hermione Granger; secondo, doveva fare coppia con la fidanzata di Harry Potter; terzo, anche la vista della cattedra era peggiore.
Quando Lumaorno dette il via, la collaborazione con la Weasley fu molto diplomatica e formale. Parlavano come se fossero estranei. Lei aveva assunto un’aria dura e fiera. Lui non era da meno.
Alla fine la loro Pozione, agli occhi del professore, risultò essere solo l’unione dei componenti, molto disassemblata. Silenziosamente entrambi accettarono la versione come verità, perché altrettanto distaccato era stato il loro lavoro di squadra.
« Bene, ora vi saluto! Alla prossima lezione. Ah, signor Malfoy, signorina Weasley, vi potrei parlare un momento?»
Draco e Ginny si scambiarono un’occhiata furtiva.
E ora che altro doveva sorbirsi? Una ramanzina sul “devi collaborare con tutti” e “i pregiudizi sul disonore del sangue sono superati” e “Harry Potter è il salvatore dell’universo abbi rispetto per la sua dolce metà”?
Sentì le occhiaie farsi pesanti e il suo sguardo incupirsi. Non aveva granché voglia di una tale solfa.
La classe era ormai vuota.
Draco tentò il tutto per tutto, cercando di sviare discorso:
« Professor Lumacorno, signore … Volevo informarla che per le vacanze di Natale tornerò dalla mia famiglia».
Lumacorno assunse un’espressione accigliata, delusa: «Oh, no, ragazzo mio, no! Che peccato! Ma sei sicuro? Ripensaci! Vedi volevo proprio chiedere ad entrambi se avevate voglia di prendere parte alla mia Festa di Natale. Sinceramente avevo pensato a un ballo, un Lumadance. Volevo invitare gli eroi di Hogwarts che hanno partecipato alla battaglia dell’anno scorso. Intendo quelli che sono ancora studenti. Ho preso accordi con la Preside per organizzare una meravigliosa pista da ballo nella Sala Grande. Ovviamente ognuno di voi potrà portare una persona con cui ballare!».
Ginny Weasley cercò di guardare di sottecchi Draco senza farsi accorgere. Ovviamente lei pensava che Draco non fosse un eroe di Hogwarts.
“Non lo sono infatti”, disse la voce assopita nello spirito di Draco. Un moto di presa di coscienza della sua posizione gli fece accettare l’invito:
« Ne sarò onorato, allora, professore»
« Oho! Benone! E tu signorina Weasley? Tu ci delizierai della tua presenza? E, sottinteso, ci farai l’onore di riportare qui il nostro eroe Harry?». Lumacorno aveva la faccia arrossata dall’emozione.
Ginny Weasley borbottò qualcosa che somigliava a un si.
Congedati dal professore, entrambi uscirono dall’aula e senza salutarsi si separarono. Draco raggiunse la scala che conduceva al verde sotterraneo e quando aprì la porta del suo dormitorio non si aspettava certo di trovare i suoi vestiti buttati all’aria e i suoi cassetti aperti.
Nessuno dei suoi compagni di camerata era nei paraggi.
Non avevano rubato i suoi soldi, che erano rimasti ordinati ed intatti nel borsello chiuso in un cassetto. Non aveva altro a cui tenesse particolarmente o che fosse di particolare valore.
Poi un pensiero gli scintillò in testa.
Frugò nell’angolo di un cassetto dentro cui di solito teneva le cianfrusaglie e una mancanza consistente gli fece capire cosa era stato trafugato.
La Amorfilia Temporalis era sparita.
 
----- l’angolo dell’autrice--------
Ed eccomi di nuovo qui, cari e adorati lettori.
Come sempre mi trovo a chiedervi se questa storia manchi di qualcosa o se io stia scrivendo male. Mi piacerebbe avere una vostra conferma che quello che leggete vi piace. Spero di essere alla vostra altezza, perché quel che più desidero è regalarvi qualche minuto di piacevole lettura.
Spero dunque in una qualche recensione (ok, vi sto letteralmente implorando XD).
 
… Chi ha rubato l’Amorfilia? Chi inviterà Draco al Lumadance????
Spero di avervi incuriositi *O*

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Capitolo 12
*** il bacio ***


Quando il mattino seguente si ritrovò sveglio nel suo letto, si ricordò tutto insieme di molte cose: era l’ultimo giorno di lezione prima delle vacanze di Natale, era irritato perché la sera prima aveva dovuto ripiegare tutti i suoi panni, l’Amorfilia gli era stata rubata.
Ora, non glie ne importava un fico secco della pozione, il fatto era che non tollerava che qualcuno fosse entrato in camera sua a frugargli nelle sue cose.
Per l’irritazione, ormai, poteva anche chiudere un occhio. Dopotutto era una cosa avvenuta la sera prima e una notte di riposo valeva abbastanza come scusa per dimenticare.
Era l’ultimo giorno di lezione e questo significava che dal domani non avrebbe più dovuto temere gli sguardi indiscreti dei compagni di classe.
Decise dunque di essere di buon umore e di sorridere.
Sorridere sia con le labbra che con lo spirito, recitava la sua terza clausola personale. Si ricordò le circostanze in cui l’aveva pronunciata a se stesso: mesi prima, in treno, dopo aver fatto la conoscenza di Astoria Greengrass.
Era ormai un po’ di tempo che si evitavano e quella mattina decise che era ora di farla finita: era davvero stupido fuggire da quella piccola macchiolina nera, perché le uniche volte che si era rivolta a lui, era stato per calore e per difenderlo.
Quel giorno cominciato così bene non poteva prevedere un broncio.
Si vestì con cura, si pettinò e si diresse al tavolo della Sala Grande per la colazione.
Dopo una breve ricerca, la scorse: seduta in mezzo a ragazzi e ragazze che parlottavano gli uni con gli altri, c’era Astoria. Lei non faceva parte di quelle conversazioni e leggeva un manga con aria distratta.
Draco sentì uno strano moto di gioia nell’avvicinarsi a lei senza che lei lo sapesse.
Sorridendo, fece cenno alla ragazza che sedeva accanto ad Astoria di fargli spazio. Lui vi si infilò con agilità e poi si schiarì la voce:
« Posso?»
Astoria alzò velocemente gli occhi dal fumetto e, colta di sorpresa, fissò i suoi penetranti occhi scuri contro quelli chiari di lui.
Un lieve rossore comparve sulle guance pallide, ma svanì dopo pochi attimi.
« Oh, sei tu»
« Non sembri così contenta»
« Dovrei?»
« Ma come? Io credevo fossimo amici»
« È un mese che non mi parli!»
« Hai cominciato tu»
Astoria fissò il suo piatto. Pensò alla risposta con molta accuratezza.
« E va bene. Mettiamo una pietra sopra a tutta quella pazzia di non parlarci, che non so nemmeno da cosa è iniziata» ma mentiva, molto spudoratamente.
« Come vanno le lezioni?»
 « Sono indietrissimo con lo studio. I G.U.F.O. sembrano sciocchezze a voi che preparate i M.A.G.O., ma non è così! Alla fine ho preparato la pozione Occhiopallato con le Api Frizzole, sai? E non è venuta così male. Per ricompensarmi il professor Lumacorno mi ha regalato un barattolino di veri pungiglioni di Celestino essiccati. Poi sono anche una frana in Difesa contro le Arti Oscure. Ci chiedono i Patroni, ma ti rendi conto? I Patroni! Hanno detto che Harry Potter è riuscito a evocare Patroni quando stava al terzo anno, e che un Patronus evocato senza pericoli è molto facile da creare. Un corno! Io non ci riesco».
E così dicendo mise un broncio molto carino. Sembrava una bambolina di porcellana cui il pittore che colora i dettagli, aveva sbaffato mentre dipingeva le labbra.
Draco si perse un istante a scrutare ogni centimetro della sua figura; era tanto che non le stava vicino e sentì un’irrefrenabile desiderio di guardarla: i capelli neri e lisci come l’olio le scendevano fino a metà schiena. Due ciuffetti ribelli le circondavano gli zigomi, tanto che gli occhi dall’elegante forma allungata sembravano quadri incorniciati. Il naso era fine e terminava con una leggera piega all’insù, appuntita come un piccolo chiodo. I nei minuscoli che sembravano lentiggini erano sempre molto carini e davano un che di grazioso e particolare a tutta la faccia. C’era qualcosa in lei che la faceva essere inimitabile, unica e inconfondibile con qualsiasi altra ragazza. Era come se tutte le ragazze di Hogwarts fossero dei fantasmi e magicamente lei fosse l’unica viva e corporea.
Fu molto strano da pensare, eppure Draco realizzò che questo era dovuto al fatto che tutti lo avevano sempre ignorato e trattato come se fosse invisibile, mentre lei no.
Come poteva aver deciso di odiarla?
Si domandò come si sarebbe comportato se l’avesse conosciuta gli anni precedenti: al cospetto di Tiger e Goyle avrebbe avuto il coraggio di addolcirsi?
 
« Draco Malfoy? Che è successo alla tua faccia?»
« Oh, vuoi piantarla di chiamarmi “Draco Malfoy”?»
« Ma non è il tuo nome?»
« Si, ma non ti piace proprio chiamarmi “Draco” e basta?»
« Non stai rispondendo alla mia domanda, Draco e basta»
« Che domanda?»
« La tua faccia … »
« Che cos’ha che non va?»
« Ti eri incantato su qualcosa che doveva essere molto vicino al mio naso. Tipo una mosca».
Sorrise in modo sghembo, mostrando un’arcata di denti perlacei e curatissimi.
 Draco stava cercando una scusa qualsiasi per rispondere quando qualcosa di pesante gli piombò in braccio.
Con uno schizzo, si voltò in tempo per vedere un grosso barbagianni volare via, poi si ritrovò in mano un pacco di due lettere voluminose.
La prima era di sua madre, ma la seconda?
Scostò l’elastico appena per vedere il nome del mittente, poi si alzò con foga e fece per scappare.
Sentì una manina trattenergli la manica:
« Ma che fai?»
« Lasciami in pace».
Si scrollò la mano di Astoria e fuggì verso il suo dormitorio. Avrebbe saltato la lezione cui doveva partecipare, ma non importava molto: era l’ultimo giorno e darsi malato poteva suonare convincente.
Buttò le due lettere sul letto, si avvicinò al lungo specchio del dormitorio e si guardò negli occhi: era teso. Un velo di freddo sudore gli stava imperlando la fronte.
“Hai paura di una lettera?” si chiese, fissandosi con sguardo severo.
Quando ebbe trovato in se la forza di muoversi, si accovacciò sul materasso morbido, evitò la busta della madre e scartò dall’involucro la seconda lettera:
 
“ Caro Draco,
Mi rincresce che tu non abbia risposto alla mia lettera che ti spedii d’estate. Ammetto che ero rimasta delusa, ma sapevo che per te era un momento difficile. Lo è stato per tutti noi. Pensandoci, ho capito che ero stata come al solito una sciocca a mandarti una lettera che diceva tutte quelle cose. Se l’avessero intercettata avrei messo nei guai la mia famiglia e soprattutto, forzandoti a rispondere avrei messo alle strette te. E anche i tuoi.
Ho cercato di non pensare più a quella lettera e speravo in una tua visita. Io non mi sono arresa, Draco, come anche tu di certo non hai fatto. Eppure non avere nemmeno una tua notizia mi fa star male.
Ci credi che ho radunato dei vecchi compagni di scuola e anche un paio di adulti, per non far morire quello che il Nostro Signore aveva messo in atto? Ti sorprenderai nello scoprire con quanto ardore ancora sperano che l’Oscuro Signore risorga. Abbiamo una lista di obblighi e scopi. Il primo è l’uccisione di Harry Potter, ma ovviamente non possiamo farlo senza prima esserci accertati di determinate cose. Uno degli adulti (non ti dico il nome in caso intercettino la lettera) ha supposto che se c’è un modo di far rinascere il Nostro Signore, quello risiede in Harry Potter. Lui contiene in se un’impressione del potere di Colui che Non Deve Essere Nominato. Stiamo studiando su qualsiasi libro possibile se ci sia un modo di estrarre quell’impressione e reificarla, ossia renderla corporea. Non spiego altri dettagli, ma sappi che siamo molto convinti di quel che facciamo.
Io ho messo tutto in atto in tuo nome, perché io credo in te e in tutto il lavoro che abbiamo portato avanti in questi anni di amicizia profonda. Sai bene che non è andato tutto al vento, te l’ho appena detto.
Durante le nostre riunioni spesso ho detto che io non dovrei stare a capo di un’organizzazione così importante perché io non sono nessuno. Ti ho sempre detto quello più adatto, perché, inutile ripeterlo, tu e la tua famiglia occupavate un gradino importante nella scala dei devoti a Tu Sai Chi. Non lo sto nominando innanzitutto per rispetto, e in secondo luogo perché ho sentito dire che ogni lettera che contiene il Suo nome immediatamente viene portata ai controlli postali. C’è qualche incantesimo dietro, che non conosco e non posso infrangere.
Fatto sta che ho deciso di scriverti per alcuni motivi importanti.
Sto mettendo a repentaglio me e la mia famiglia perché devo a tutti i costi parlare con te.
Quello che sto cercando di dirti è che sono molto preoccupata.
Ho letto l’articolo che ha scritto mesi fa la Skeeter sul Profeta e temevo che potesse essere successo qualcosa di manifesto. Volevo informarti di persona del programma che avevamo io e il mio gruppo su Harry Potter. Temevo che tu volessi ucciderlo da solo e così avresti rovinato tutto. Mi sono recata a casa tua, in Ottobre, e ho trovato tua madre sconvolta. Dice che sei ripartito per Hogwarts senza nemmeno dire niente e che sembravi strano.
Draco, non so perché tu stia facendo questo. Immagino ci sia un piano, immagino che tu abbia qualcosa in mente.
Tuo padre mi ha impedito di scriverti perché come me teme che possa succedere qualcosa. Dopo l’articolo della Skeeter era distrutto. Ha avuto difficoltà a vendere qualche vecchio cimelio di famiglia, nessuno voleva toccare roba appartenuta ai Malfoy. Ma infondo doveva pur mangiare, pover’uomo. Alla fine è riuscito a vendere a qualche collezionista.
Sta risparmiando i soldi che ha sul conto alla Gringott perché li serba per te, per darti un futuro migliore. Ha detto che te li donerà totalmente quando, un giorno, ti sposerai con una strega di buona famiglia, così che potrete vivere lontani da qui.
Draco ho trovato tuo padre davvero confuso e terrorizzato. Diceva molte cose senza senso.
Sono uscita con una ragazza (non faccio il nome) del mio gruppo di neo-Mangiamorte, che ha una sorella minore a Hogwarts: dice che quel vecchio pazzo di Lumacorno darà per Natale una festa per gli “eroi” che hanno combattuto l’anno scorso.
Draco, dobbiamo discutere assieme di come agire. Sicuramente ci sarà Harry Potter perché la sua fidanzata sarà presente al ballo. Ho avvertito il gruppo che mi metterò in contatto con te e che non ci lasceremo sfuggire quest’occasione d’oro. Potter è introvabile, ultimamente. Non lo sa nessuno dove stia. Averlo a portata di mano è un’occasione troppo ghiotta per sprecarla così.
Devi trovare un modo per farti invitare a quel ballo. Fingiti offeso perché non rientri nella lista degli “eroi”, dì che ,dopotutto,  anche tu eri lì a combattere l’anno scorso!
Ti mando questa lettera adesso che sono a Londra a King’s Cross. Sto salendo sull’Espresso di Hogwarts e sto venendo a trovarti e a parlare con te.
Il treno parte perché deve venire a prendere quelli che passeranno le vacanze a casa, e io ho racimolato un biglietto.
Arriverò all’ora di pranzo. Ci vediamo nella Sala Comune di Serpeverde.
 
p.s.
mi sei mancato molto e spero che ci sia modo anche di parlare un po’ di cose piacevoli. Non mi sento più me stessa da quando non sono con te tutti i giorni. È estenuante sentirsi così soli, lontani dal castello che ci ha ospitati per così tanti anni.
 
Pansy”
 
L’effetto devastante che Draco sentì colpirgli lo stomaco con veemenza, non si avvicinava minimamente a quello che si era immaginato. Era mille volte superiore.
Non ebbe la forza di aprire la lettera di sua madre e la nascose nel suo armadio sotto una pila di maglioni. Afferrò con mani tremanti la lettera di Pansy e la strappò. Era agitatissimo, le sue mani tremavano a tal punto che strappare la carta divenne un’impresa impossibile: sembrava che i fogli non volessero essere distrutti e glie lo facevano apposta di rimanere grandi e leggibili.
Dopo aver ridotto il tutto in una poltiglia informe, Draco la buttò in un cestino e gli dette fuoco.
Che doveva fare? Che poteva fare?
Sentì bussare alla porta e il cuore gli salì dritto in gola.
 
«Signor Malfoy, sei là dentro? È tutto a posto?»
La voce della McGranitt risuonò da fuori la porta del dormitorio.
Draco si impose di sembrare normale, ma ogni suo atteggiamento aveva un’aria maniacale.
Andò ad aprire la porta e si ritrovò davanti una dura espressione della preside.
« Signor Malfoy potrei sapere esattamente perché … oh, ma ti senti bene? Sembri sconvolto!»
« Credo di essere malato. Stamani mi sono svegliato febbricitante»
« Lo vedo Signor Malfoy, lo vedo. Beh ero venuta ad informarmi sul perché tu non fossi presente alla lezione di Trasfigurazione, ma creo che la risposta sia piuttosto chiara. Perché non vai a farti dare qualcosa da Madama Chips? Coraggio, ragazzo. Signorina Greengrass, che fai lì dietro? Vieni, accompagna il Signor Malfoy in infermeria».
Un altro colpo allo stomaco trafisse Draco.
Una figurina nera era appollaiata dietro una colonna del corridoio.
Draco lanciò uno sguardo infiammato e maledicente verso Astoria, il cui volto si era dipinto di un rosso porpora per essere stata scoperta ad origliare.
La McGranitt se ne andò, occupata dai suoi mille impegni.
Astoria si avvicinò a Draco per adempiere al suo compito, ma lui le urlò contro:
«Vattene. Non ho intenzione di andare da Madama Chips»
« Ero preoccupata. Mi dispiace …»
« Ho detto vattene»
Lei agganciò il suo solito sguardo nero dentro gli occhi di lui. Eppure stavolta era come vitreo e privo della sua abituale penetrazione. Come un cane bastonato se ne andò, lanciandogli un’ultima occhiata schiva prima di sparire.
Ma perché quella ragazzina era così importante per lui? No, non lo era e non doveva esserlo. C’era un buon motivo se aveva deciso di odiarla. In barba ai buoni propositi della giornata. In barba al buonumore e a tutto.
Non poteva scappare. Gli effetti collaterali della sua vecchia vita stavano venendo ad attanagliarlo. Non c’era scampo.
Si ributtò sul letto in attesa che il destino si compisse.
 
Visse in uno stato di catalessi  finché non sentì il rumore dei passi degli studenti che si dirigevano al pranzo e poi, inevitabili, un paio di piedi che si muovevano in direzione della sua stanza.
Toc. Toc.
Quel che rimaneva del cuore di Draco si fece ancora più piccolo.
« Draco?»
Ancora non trovava la forza di alzarsi e rispondere.
« Draco. Sono Pansy. Ti aspetto qui fuori … è abbastanza nascosto per parlare in pace».
Qualcosa di vitale riuscì a smuovere il corpo inerte in cui Draco si trovava intrappolato. Senza sapere dove avesse trovato quel briciolo di vitalità, uscì traballando dalla porta.
Era sconvolto, distrutto, spettinato, con i vestiti disordinati e lo sguardo offuscato.
Vide indefinitamente i contorni del corridoio e di una ragazza che lo guardava: magrolina, poco più bassa di lui, faccia tonda e grandi occhi marroni da farla assomigliare a un carlino. Qualcuno dei Serpeverde l’aveva trovata abbastanza carina, un tempo. Lui non ci aveva mai effettivamente pensato, ma il primo impatto che gli dette non fu certo quello di trovarsi di fronte a una bellezza. I suoi occhi da un po’ si erano abituati ad altre fattezze …
 
«Oh Draco! Come sono contenta di rivederti!»
Sentì una leggera pressione attorno alle braccia e scoprì che quelle di Pansy l’avevano stretto in un abbraccio. La voce di lei era rotta da singhiozzi e Daco non poté fare a meno di sentire un moto di ribrezzo provenirgli da dentro, suggerendogli che quello era un comportamento imbarazzante ed esagerato.
Rimase una statua di gesso per tutto il tempo in cui Pansy gli singhiozzava sul petto, poi evidentemente lei si rese conto che quell’atteggiamento non era gradito.
Si asciugò gli occhi con il dorso della mano che le lasciò una scia di trucco nero fino alle tempie.
« Draco, come stai? Che cosa ti succede?»
« Io sto bene. Sei tu quella che piange»
« Smettila! Io piango perché sono contenta di rivederti. Hai ricevuto la mia lettera?»
« Si». Voleva essere freddo. Voleva parlare con qualcosa di inesistente. Infondo era stato chiaro con se stesso: Pansy Parkinson apparteneva al suo passato ed altro non era che un fantasma.
« Hai pensato a un modo per andare a quel ballo?». La voce della giovane che gli stava dinnanzi era concitata ma emozionata allo stesso tempo. Sembrava tremolante, come la fiamma di una candela.
« Sono già stato invitato da Lumacorno».
Gli occhi di Pansy si illuminarono e nuove lacrime affiorarono sulle sue ciglia:
« Oh Draco! Ma allora è perfetto! È tutto pronto! È tutto facile! Basterà che tu mi inviti al ballo e sapremo cosa fare! Creerò un piano per catturare Potter! Ce la possiamo fare!».
Era giunto il momento, ma Draco non ne aveva le forze. Chiuse gli occhi e si sentì un codardo, ma non ce la faceva a sputare la verità così vergognosa e difficile:
« Smettila. Io non ho intenzione di catturare Potter. Io non voglio far parte dei tuoi Mangiamorte. Ho chiuso, Pansy, ho chiuso con tutto».
Era fatta.
L’aveva detto. Eppure nessun macigno si spostò dal suo stomaco.
Riaprì gli occhi e la guardò: aveva un’aria incomprensibile. Non sembrava turbata. Era … soddisfatta?
« Draco …» disse piano, con voce morbida. Si avvicinò a lui senza staccare lo sguardo: « avevo capito fin da subito cos’era successo e non devi vergognartene»
« Davvero?» Draco provò un moto di improvvisa gratitudine, anche se non era affatto sicuro che stessero parlando della stessa cosa. C’era qualcosa di strano nell’aria.
« Per tutti questi anni credevo che non saresti riuscito a tenerlo sempre nascosto. E infatti adesso è arrivato il momento. Se non hai il coraggio di dirlo, farò io il primo passo».
Senza dare tempo a Draco di capire o perlomeno di ribattere, Pansy Parkinson lo afferrò per le maniche trascinandolo a se e lo baciò.
Un rumore di passi si allontanò correndo da un punto indistinto dietro una colonna del corridoio.
Draco afferrò con forza le spalle di Pansy e la allontanò infuriato:
« Che diavolo vuoi da me? Che diavolo vuoi?!»
« Ma come? Draco! Io… io credevo che tu mi amassi. Io ti amo! Non è per questo che stavi lontano da me? Perché ti vergognavi? Draco! Mi fai male!»
« Quando dicevo che ho chiuso con tutto, in primis intendevo che ho chiuso con te! Non sei mai stata parte della mia vita, non lo sarai mai! Sguinzagliami addosso tutti i Mangiamorte che ti pare, io non voglio far rinascere Voldemort! Io voglio essere una persona per bene, una persona normale! Vattene via da me! Non ti voglio più vedere e mai più ti permetterò di cercarmi!»
« Ma tuo padre mi ha detto che voleva che ti fidanzassi con me! Per noi stava tenendo i soldi alla Gringott, perché sa che la pensiamo uguale su tutto!»
« Io non la penso uguale a te su niente! E se permetti decido io cosa fare della mia vita. Non osare più … »
Poi qualcosa accadde nella mente di Draco.
Era tutto così chiaro.
Perché non ci era arrivato prima?
Gli balzò alla mente Astoria Greengrass. Si domandò come avesse potuto dimenticarsi anche solo un istante della sua esistenza.
Il cuore gli batté all’impazzata come mai aveva fatto prima d’ora.
Era da lei che doveva andare, con lei che doveva trovarsi in quel momento. Perché era lì? Perché non era in sua compagnia?
Si allontanò a grandi passi con aria confusa.
« Dove … dove vai?»
Sentì un grido strozzato seguito da singhiozzi pesanti.
« Da Astoria Greengrass, ovviamente. E tu non so neanche chi sei».
Sentì che erano state parole offensive ed era felice di averle dette.
Pansy se ne andò di corsa, con il volto deformato dal pianto.
Che sciocco. Perché non passava ogni singolo momento della sua vita con Astoria Greengrass? Che stava facendo senza di lei?
Sentì dei passi nel corridoio e una fluttuante ciocca di capelli scuri sparì dietro un angolo.
« Astoria! Aspetta!».
Seguì lo svolazzo di capelli.
 Il corridoio in cui si erano infilati pareva deserto. Eppure era certo che lei fosse lì.
Il rumore che la tradì fu un sospiro leggero, che proveniva dalla destra di Draco: se ne stava rintanata all’ombra di una colonna. I capelli neri le facevano da ottimo mantello per nascondersi nell’oscurità. Eppure la sua carnagione pallida fu inconfondibile e anche il suo adorabile viso.
Appena vide che era stata scoperta e che non c’erano vie di scampo, assunse un’espressione di dolore e vergogna.
« Astoria, che c’è che non va?»
« Ti prego, Draco, vai via!»
« No, stavo proprio cercando te. Io voglio invitarti al Ballo di Natale del professor Lumacorno. Sono stato uno sciocco a non pensarci prima. Ti prego, vieni con me al ballo.»
Il dolore sulla faccia di Astoria si fece più marcato.
« Ti prego. Chiedimelo domani. Ti prego, vai via»
« Io voglio stare qui con te. Ti prego, fammi felice. Vorresti venire al ballo con me?»
« Ti prego» ripeté con la faccia rossa di vergogna e dolore: « Chiedimelo domani. Se domani lo vorrai sempre, allora accetterò. Per favore, vai via.»
« Ma te lo sto chiedendo adesso!»
« E invece devi chiedermelo domani. Ti scongiuro. Domani»
« Se questo è il tuo desiderio così sia. La mia domanda non cambierà»
« Ne dubito. Vai via, per favore. Fammi questo favore. Vai via.»
« Io voglio stare con te»
« Io desidero che tu vada a riposarti. Mi dispiace. Sono una stupida. Vai in camera tua. Draco, me lo chiederai domani, solo domani. Ora vai, ti prego, ti scongiuro ».
E malvolentieri Draco si allontanò. Ma dopotutto era il più grande desiderio di Astoria e lui voleva solo che fosse felice.
Mentre tornava verso la porta del suo dormitorio, notò per terra una piccola boccetta vuota con piccoli rimasugli di un liquido violetto e scintillante sul fondo. 

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Capitolo 13
*** necessità ***


Il pensiero di Astoria Greengrass gli ronzò in testa per tutto il pomeriggio. Lei desiderava che lui se ne stesse in camera, quindi così doveva fare.
Sospirò pensando alle sue belle ciglia nere, a tutta la sua dolce figura, all’eleganza che emanava e alla luce splendente della sua pelle.
Un po’ per la stanchezza di quella giornata stressante, un po’ per la consapevolezza del fatto che non c’erano lezioni, Draco quella notte sprofondò in un lungo sonno, da cui si svegliò solo verso l’ora di pranzo.
Si svegliò con una strana sensazione addosso: gli pareva di aver commesso qualcosa di terribile durante il sonno. Aprì gli occhi in preda al panico e rimase immobile; non c’erano grida di terrore intorno a lui, ma un quieto silenzio. Si tranquillizzò un poco, certo quindi di non aver combinato qualcosa di grave e distruttivo.
Gli ronzava la testa, gli pareva di aver fatto un sogno di cui non ricordava niente se non che il suo risvolto era qualcosa di inquietante.
Ma se era solo un sogno, che male ci poteva essere? Cercò di alleviare il formicolio nello stomaco, dicendosi che qualunque cosa fosse successa, era solo uno stupido sogno.
Mentre con aria tranquilla richiudeva dolcemente le palpebre, gli balenò il ricordo di Pansy e della loro conversazione avvenuta ventiquattr’ore prima. Il formicolio affiorò nuovamente, ma leggero e controllabile: era comunque tutto finito, anche se si trattava di una cosa vera e non un sogno.
Si, era per forza questo che aveva scatenato quella strana sensazione di cui ancora non riusciva a liberarsi.
Tirò le braccia fuori dalle coperte e le incrociò sul petto, supino.
C’era qualcosa che gli sfuggiva.
Con le palpebre chiuse e il respiro profondo iniziò a pensare.
E poi capì.
Come trafitto da una spada, Draco sentì improvvisamente il formicolio assediargli lo stomaco tutto d’un botto e la consapevolezza di quello che lo turbava gli piombò alla mente.
Astoria Greengrass.
Quella piccola ladra ipocrita.
Aveva rubato la sua pozione e l’aveva usata.
Lo stomaco di Draco continuò a bruciare intensamente per molti motivi che lo turbavano: primo, aveva chiesto a quella ragazzina di andare al ballo di Natale con lui; cosa imbarazzante che comprometteva la sua futura relazione con lei. Non era da lui comportarsi in quel modo. Ed era successo veramente. Secondo, Astoria si vergognava di quel che aveva fatto ma peggio ancora, aveva ascoltato la conversazione fra lui e Pansy. Sapeva cose che era meglio non sapesse. Ultimo e più importante, se lui aveva fatto reazione con l’Amorfilia Temporalis significava che lui era la persona che Astoria Greengrass amava più di ogni altra in quel luogo. Significava che Astoria Greengrass era innamorata di lui.
Questo era davvero imbarazzante.
Questo gli faceva ballare lo stomaco più di qualunque altra motivazione esistente.
L’unica preoccupazione che lo turbava alla pari della precedente, era che una voce lontana e sommessa, dalle profondità del suo stomaco assediato, sussurrava che era una cosa piacevole.
 
Si alzò dal letto compostamente, ripiegò le coperte con cura, come se volesse prolungare il tempo in cui poteva sfuggire al lungo pensiero che avrebbe fatto fra poco.  Sentiva le palpitazioni pulsargli nelle pieghe dei polsi e nel profondo del petto.
Quando fu completamente vestito (e l’operazione richiese molto più del consueto), si diresse verso la porta a controllare che nessuno potesse spiarlo.
La chiuse a chiave: erano tutti a pranzo e nessuno dei suoi compagni di camerata trascorreva le vacanze a Hogwarts.
Era solo e poteva concedersi uno sfogo di pensieri davanti a uno specchio.
Si sistemò davanti allo specchio lungo, che lo rifletteva fino alle caviglie. Gli era sempre piaciuto guardarsi allo specchio mentre pensava a qualcosa di importante. Era una sensazione rilassante. Non sapeva bene da cosa derivasse, forse gli faceva percepire la concretezza della sua persona. Oltre che a quel turbine confuso e spaventato di pensieri, esisteva anche un Draco vivo e vero.
Quello stesso Draco si stava adesso fissando negli occhi. Era come parlare a quattr’occhi con se stesso.
Astoria Greengrass.
Chi era? Una ragazzina di tre anni più piccola di lui. Serpeverde e purosangue. La prima Serpeverde che se ne infischiava del suo sangue e che era stata ammessa in quella casa evidentemente per la sua ambizione e desiderio di mettersi alla prova.
Voleva essere diversa da tutti e superare i pregiudizi della sua famiglia. Lei era riuscita a farlo.
Lo aveva difeso davanti a tutta la scuola quando tutti lo guardavano storto. Gli aveva fatto quel bellissimo discorso sul treno, riguardo al suo desiderio silenzioso … al fatto che i Serpeverde non si vantano del coraggio  ma della capacità di pensare e desiderare ardentemente.
Lui di sicuro pensava molto.
E desiderava diverse cose.
C’era un processo in atto dentro di lui.
Fu forse quest’ultimo pensiero a fargli decidere quello che avrebbe fatto.
Era ora di essere il Draco Malfoy che gli urlava di poter uscire, era ora di prendere le sembianze dell’essere che abitava il suo spirito e mettere quello che era sempre stato al posto del fantasma rinchiuso nei meandri della sua anima.
 
 
La Sala Grande non era gremita come sempre. Gli studenti rimasti erano perlopiù gli invitati al ballo di Lumacorno. Riconobbe Hermione Granger seduta al tavolo di Grifondoro con Ginny Weasley. Con loro un ragazzo che gli pareva si chiamasse Finnegan e quel ciccione di Neville Paciock. Gli altri non li conosceva.
Il tavolo dei Corvonero era occupato solo dalla prima fidanzata di Potter, quella orientale di cui non aveva probabilmente mai saputo il nome, e quella svitata di Luna Lovegood.
Quello di Tassorosso era deserto.
Al tavolo di Serpeverde sedeva solitaria e spaventata una creatura rannicchiata all’estremità del tavolo.
Draco camminò con espressione impassibile, ignorando gli sguardi eloquenti che provenivano dai Grifondoro. Era cambiato si, ma non abbastanza da sedersi accanto alla Granger e mangiare allegramente porridge dolce con lei.
Lui li aveva sempre guardati con disprezzo e questo, per il momento, non sarebbe cambiato.
 
« Ci si può sedere accanto a te o tutto questo significa che la tua borsa, il tuo mantello, i tuoi libri e uhm una tazza, vogliono occupare ognuno un posto a sedere?».
Astoria alzò lo sguardo e parve un uccellino spaventato: aveva gli occhi disperati e selvaggi, cerchiati di rosso come se non avesse chiuso occhio tutta la notte; sembrava che temesse una lotta fisica. Quando allungò la mano per ritirare quella che era stata una pessima barriera, Draco notò che tremava.
Si sedette in silenzio accanto a lei.
Riempì il suo piatto con qualcosa a caso, poi inspirò per iniziare a parlare.
« Astoria, senti … »
« Si, va bene. Sono una schifosa bugiarda e sono ridicola. Lo so già, grazie. Addio»
Raccolse le sue cose e iniziò a scappare.
« Voglio parlare!» la fermò Draco. Il suo tono era imperioso.
« Io no. Ciao»  
Quella chioma nera svanì come una cascata in mezzo alla Sala Grande.
 Non poteva seguirla. Sarebbe sembrato molto strano agli occhi dei pochi commensali, se non addirittura ridicolo.
Assunse un’aria austera e grave, mangiando a fatica qualche fetta di tacchino arrosto. La crosta dura e croccante nascondeva un ripieno morbido e saporito.
Evitò di fare similitudini imbarazzanti con se stesso. Insomma, non era il caso di paragonarsi a un tacchino.
Cacciò via ogni sorta di pensiero e, finito di mangiare, si alzò. Sapeva cosa fare e cosa dire. Era solo una spinosissima questione da risolvere.
Uscì dalla Sala Grande con aria consapevole, anche se  non aveva la minima idea di dove stesse andando. Pensa,si disse; se tu fossi Astoria Greengrass dove ti saresti rifugiato? Di certo non era una ragazza abbastanza comune da nascondersi nel suo dormitorio. Pansy l’avrebbe fatto, probabilmente. Già se la immaginava, nel letto di casa sua, abbracciata a un pupazzo, che singhiozzava come una fontana.
I piedi, guidati da un vago ideale della mente, lo condussero verso un corridoio isolato che terminava in una scala a chiocciola. Si sedette su un gradino freddo e si mise a guardare fuori dalla grande vetrata: il cielo era bianco e minacciava neve. Il vetro si appannava ad ogni suo respiro. Tutto sembrava arido e desolato se non per qualcosa che rendeva l’atmosfera calda e piacevole.
Ci mise un po’ a capire cosa fosse; provò a squadrare ogni singolo dettaglio che scorgeva, ma era tutto secco e frigido. Affinò gli occhi il più lontano possibile eppure ancora gli sfuggiva cosa ci fosse di confortante in quella desolazione.
Quando chi suonava sbagliò un accordo, Draco si rese conto che c’era una musica. Un pianoforte stava suonando da molto lontano.
Chiudendo gli occhi seguì il suono della melodia: era dolce ma per ossimoro anche malinconica. Quel genere di musica che fa da sottofondo a uno scenario tristo e fa appello alle corde più sentimentali ed emotive del cuore.
Sempre con gli occhi socchiusi, Draco si ritrovò nel punto esatto in cui la musica non diventava più forte, ma invece decresceva di intensità. Significava che stava passando oltre il nascondiglio del suonatore (o suonatrice, perché Draco già sapeva chi potesse essere la mano delicata che tirava le corde del pianoforte).
Aprì gli occhi.
Ma certo. Cosa c’era di più sensato per Astoria se non il rifugiarsi nella Stanza delle Necessità? Introvabile, inaccessibile e con tutto quello di cui aveva bisogno.
Draco sfiorò la parete liscia che lo divideva dalla gazza ladra nascosta nel suo nido  e al suo tocco, una maniglia cominciò a formarsi sotto le sue dita.
Che inganno era quello?
La porta si formò completamente e senza indugiare oltre, Draco la spinse.
La musica cessò violentemente e fu come se un fulmine squarciasse in due un cielo azzurro all’improvviso.
Astoria Greengrass sedeva sullo sgabello di un maestoso pianoforte nero lucidissimo.
Per un attimo fissò impaurita Draco che, evidentemente, aveva profanato quello che credeva un nascondiglio infallibile.
Dopo, fece una cosa che Draco non si aspettava, una cosa che non aveva mai fatto: assunse un’aria maestosa e severa, poi tolse da lui lo sguardo e riprese a suonare.
Si era trasformata in una statua, scolpita nel marmo più bianco e più duro. E suonava con le sue dita fini e bianchissime, assumendo sempre più movenze regali e distaccate.
Draco si richiuse la porta alle spalle, sempre chiedendosi come avesse potuto entrare.
Con la sua vecchia maschera stizzosa e con la puzza sotto il naso, si sedette accanto ad Astoria sul panchetto ed iniziò a suonare con lei.
Erano molto bravi ed in sintonia, solo che la freddezza con cui avevano deciso di collaborare impediva alla melodia che legava i loro spiriti di uscire in tutta la sua magnificenza.
Non era una collaborazione fredda come lo era stata con Ginny Weasley: se avesse suonato con lei (ammesso che quell’inetta sapesse suonare il pianoforte), il risultato sarebbe stato di nuovo solo l’unione di alcune note e niente a fare da base.
Suonando con Astoria c’era un filo, qualcosa che legava le loro dita e le loro anime e chiedeva solo di essere reso concreto. Purtroppo nessuno dei due, sebbene lo sentisse, voleva esplicitarlo o dargli adito.
La melodia era dunque fredda ma maestosa, come una cattedrale, come una grotta piena di stalattiti di ghiaccio.
Dopo che alcuni minuti interminabili furono trascorsi, Astoria pose fine alla musica con un sonoro pigiare di bassi; questi echeggiarono cupi come una minaccia.
Incenerì Draco con un’occhiata furiosa ma sempre ricolma di quel nobile contegno che aveva assunto dal suo arrivo.
« Che cosa vuoi?» esordì con la sua vocina squillante ma regolata.
Draco era sempre nei suoi vecchi panni e sentì che non gli erano mai stati a pennello come in quel momento.
« Dirti che ho capito il malinteso di ieri. Sappi che ho già invitato una persona al ballo di Lumacorno, se questo è il tuo interesse»
« La simpaticona di ieri?»
« Non sono affari tuoi»
« Bene. Non temere, non ti tormenterò oltre. E non mi farò vedere a quello stupido ballo, visto che non sono un’invitata del professore. Non posso nemmeno andarmene a casa, quindi suppongo che la nostra convivenza sia press’a poco obbligatoria nell’ora dei pasti»
« Vedrò di resistere alla tentazione di banchettare con i Grifondoro, allora» .
Con quest’ultima affermazione Draco vacillò: temette di essere stato troppo sarcastico per il personaggio che stava rappresentando. Sperò che Astoria non cogliesse l’umorismo. Vide che lei lo prese sul serio e la percepì dunque come una grandissima offesa. Preferire i Grifondoro, per lui pomposi e antipatici, a lei, unica Serpeverde, era un vero colpo basso.
Si alzò cercando di ergersi con ritegno, ma pareva solo un uccellino impaurito.
Con un lieve segno del capo si congedò dalla presenza di Draco e uscì sbattendo la porta della Stanza delle Necessità.

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Capitolo 14
*** preparativi per la festa ***


La punizione per averlo spiato avrebbe fatto il suo corso ancora per un po’, pensò Draco; ma ora c’era una questione importante da risolvere.
Rimase nelle vesti del suo vecchio io ed uscì dalla stanza delle necessità, salutando quel meraviglioso quanto cupo pianoforte nero.
Scese la scala a chiocciola che l’aveva portato fin lassù, notando che uno strato bianco come zucchero a velo adesso ricopriva tutto quello che l’occhio riuscisse ad abbracciare.
Tornò nella Sala Grande: era deserta. Evidentemente i pochi ospiti del castello avevano già finito di pranzare e si erano spostati in un’aula che era stata allestita come “Sala Comune” per tutte le case. Visto che gli studenti erano così pochi, nelle settimane di festività, qualcuno aveva pensato che magari stare tutti insieme fosse preferibile allo stare divisi a gruppetti di due o tre persone. 
Con aria noncurante, Draco si diresse verso l’unico portone che emanava un calore e una luce maggiore e vi entrò: come previsto, tutti quelli che avevano mangiato assieme nella Sala Grande, ora sedevano su comode poltrone sfogliando romanzi, scaldandosi le mani al fuoco scoppiettante del camino o chiacchierando in pace.
Una coppia di poltrone attirò la sua attenzione. Una ragazza con folti e irsuti capelli castani stava bevendo cioccolata calda in compagnia di un’altra, rossa di capelli e coperta di lentiggini.
Odiava se stesso per quel che sapeva di dover fare, ma era necessario e il suo vero io gli suggeriva che era la cosa migliore.
Si avvicinò alla coppia di amiche e tossicchiò per richiamare la loro attenzione. Gli occhi che si posarono successivamente su di lui furono sgranati e curiosi. Ginny Weasley puntò il suo sguardo in modo così velenoso e altero che, stentò poi a crederci di averlo fatto, Draco si rivolse all’altra ragazza, i cui occhi castani non parevano giudicatori ma solo sinceramente curiosi.
« Devo parlare di una questione importante …. Granger»
« Ma certo. Ehm … dimmi pure, Draco».
Odiava sentir pronunciato il suo nome in quel modo.
« Si tratta di una cosa piuttosto importante, come puoi ben capire». Il suo tono sottolineava l’impazienza e il disagio. Guardò fisso Ginny Weasley, ricambiando le scintille di puro veleno che fuoriuscivano dai suoi occhi. Non avrebbe cantato davanti a lei. Le stava più antipatica forse persino di Potter. Non l’avrebbe aiutata per nulla al mondo.
Hermione evidentemente capì che non era intenzionato a parlare in mezzo a tutta quella gente e scusandosi da Ginny seguì Draco fuori dalla piccola sala calda.
Prima di qualsiasi confessione, Draco scrutò bene anche le più profonde oscurità degli angoli del corridoio.
Per qualche strano motivo era più imbarazzato dall’idea che il suo vecchio carattere si auto-scoprisse in compagnia di Hermione Granger, che dal fatto di essere veramente insieme a lei.
« C’è un complotto» disse senza guardarla  negli occhi.
Lei rimase in silenzio, incerta se essere ammutolita o incredula.
« Si, Granger, hai capito bene come sempre. Vuoi dieci punti per Grifondoro? Ci sono delle persone che intendono rapire Potter al ballo di Natale. Non so più per certo quando e come agiranno, ma sono comunque un gruppo consistente che desidera catturarlo. A capo c’è Pansy Parkinson.  Probabilmente il tutto è supportato anche da mio padre e tutti gli ex … ehm … tutti quelli che non sono stati arrestati o non sono morti. Agisci come preferisci.»
Azzardò un’occhiata agli occhi della Granger, ma fu una semplice passeggiata: non avevano il minimo magnetismo a cui ormai lui era abituato. Erano solo due nocciole rotonde e luminose, ma senza una mera scintilla dietro a brillare.
« Perché mi stai dicendo questo?»
« Questi sono affari miei.»
E così dicendo se ne andò.
Non era necessario fare l’amicone e non l’avrebbe mai fatto per tutti i galeoni del mondo.
Se avessero arrestato Pansy? Non gliene importava più di tanto, ma era certo che la Granger non avrebbe mai permesso che arrestassero una sua coetanea.
 
« Sei uno strano ragazzo, sai?».
Una voce trasognata gli fece salire un brivido lungo la schiena.
La ragazza di Corvonero, bionda e con gli occhi sporgenti più strana del pianeta, stava lì ritta alle sue spalle. Teneva un paio di occhiali ridicoli in mano e proveniva dai meandri di chissà quale corridoio.
« … Non avrei mai giurato di vederti assieme a Hermione Granger. E comunque la ragazza di Serpeverde che è tua amica se ne sta piangendo rintanata in un angolo dell’aula di Incantesimi. Ho creduto che volessi saperlo»
« E cosa te lo ha fatto credere?»
Luna Lovegood fece una scrollata di spalle, poi lasciò il posto, avviandosi verso la sala con il caminetto.
Quella era una ragazza davvero strana e Draco sperò vivamente che fosse la prima e l’ultima volta che doveva rivolgergli la parola.
La vocina che si nascondeva dentro di lui gli pungolò che Astoria stava piangendo e che lui era lì a progettarsi impassibile una fredda vendetta.
Doveva mettere il dito nella piaga. Doveva essere certo di ogni passo che compiva.
Continuò ad indossare la sua vecchia pelle e a grandi passi giunse all’aula di Incantesimi.
Voleva entrare e continuare a discutere con Astoria, ma quando l’eco dei singhiozzi raggiunse il suo orecchio, il coraggio gli venne meno. Era un rumore che avrebbe impietosito una statua di gesso. Un tintinno aggraziato ma straziato. Un cigno che cantava l’ultimo canto.
Forzando se stesso con difficoltà a non provare alcuna emozione, si allontanò dall’aula.
 
«Oh eccoti qui, ragazzo mio!»
« Professore …»
Il professor Lumacorno stava gironzolando per il corridoio sorseggiando un drink giallognolo che emanava un forte odore di ananas candito.
« Allora! Come te la stai passando a Hogwarts? È stata una bella trovata, la mia?»
Lo guardava con le guance rosse e gli occhietti minuscoli vispi, certo di essersi meritato anche questa gloria.
« Uhm … si, signore. Davvero ottima»
« Lo sapevo! Allora, tutto pronto per dopodomani?»
« Dopodomani, signore?»
« Che storia è questa? Il Lumadance, per la barba di Merlino, te n’eri scordato?»
« Nossignore … è che non credevo che dopodomani fosse così presto, signore»
« Di che hai paura? Che il cappone ti morsichi? Coraggio, stiamo tutti aspettando le star più succulente» e aggiunse una strizzatina d’occhio.
« Di cosa stiamo parlando, professore?»
« Ma come? Non crederai di avere un ruolo in secondo piano»
« Non capisco, signore»
« Ci sono tre cose di cui tutti (io in particolare) non vedono l’ora: primo, il ritorno del nostro caro eroe Harry Potter, accompagnato dall’affascinante signorina Weasley. Secondo, scoprire se la brillante signorina Granger, stupefacente amica di Harry e tassello importante nella sconfitta di Tu-Sai-Chi, ha davvero aperto il suo generoso cuore al signor Weasley, altra pedina necessaria alla grande sconfitta. E infine, avere l’onore di fare la conoscenza della damigella del signor Malfoy, il ragazzo più coraggioso che io conosca, tanto da girare le spalle alle idee della sua famiglia».
La faccia di Lumacorno era gonfia di impaziente felicità e sorrideva in ogni modo possibile.
Qualcosa di imprecisato e caldissimo raggiunse la faccia e le orecchie di Draco. Provò un misto di furia e indicibile iperattività. E non era per l’accenno alla sua famiglia.
« Oho! Allora è proprio un segreto importante! Tranquillo figliolo, tranquillo. Aspetterò fino a dopodomani» disse allegro, poi se ne andò canticchiando una carola.
 
 
--l’angolo dell’autrice--
Non ce la faccio piùùù!
Ora: o le cose si mettono bene per sti due, o smetto di scrivere la storia.
*alter ego mode on* guarda che sei te che combini questi macelli e_e falli stare insieme o ti uccido
Ma … ma … non è colpa mia! È la storia che mi porta a compiere certe scelte ;_;
tanto ormai hai annoiato tutti. A nessuno interessa più questa lagna
T_T io vi voglio bene comunque, lettori
 
Un’esaurita Nerina

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Capitolo 15
*** spiegazione dell'arcano ***


 
Se quei due giorni furono lenti, non si può nemmeno immaginare.
Ogni volta che il pranzo o la cena obbligava gli studenti a sedersi nei tavoli delle rispettive case, Astoria metteva sempre la sua aria altezzosa e mangiava con una velocità indicibile, per poi ritirarsi. Attorno agli occhi le si stavano creando delle ombre violacee che cozzavano con la sua carnagione pallida e giallognola, facendola sembrare malaticcia. La sua finta muraglia si stava sgretolando e sarebbe arrivata a distruggersi in breve tempo.
Quando finalmente arrivò la vigilia di Natale, Draco sentì dentro di sé un moto di liberazione; un sospiro di sollievo che si tirò da solo: quella sera alle nove sarebbe iniziato il Ballo.
Era lui che si era cacciato in quella situazione, e lo sapeva, eppure tra non molto ci sarebbe stato solo da sorridere su tutta la questione.
Almeno era quello che sperava.
Era l’ora di pranzo e Astoria era appena fuggita con elegante calma dal suo tavolo per andare a rinchiudersi nel dormitorio femminile.
Con indifferenza, anche Draco si alzò e seguì con l’orecchio il rumore dei passi che scendevano nella Sala Comune, ed infine il clangore della serratura.
Nello stomaco di Draco c’era un formicolio odiosissimo, che rischiava di mandare all’aria il piano che aveva in mente, facendogli emettere risolini sgraditi.
Toc . Toc.
La porta si aprì in fretta, lei era sempre lì vicina.
Quando vide chi le stava di fronte parve colta alla sprovvista e non fece in tempo ad indossare la faccia austera, quindi rimase semplicemente impietrita.
« Che cosa vuoi?»
La sua voce tradiva una certa emozione.
« Il professor Lumacorno ha detto che avrebbe piacere di vederti al Ballo»
« Ma davvero?» sembrava ironica e quasi disgustata.
« Si, me l’ha detto un paio di giorni fa»
« E lo dici adesso?»
« Si».
C’erano delle fiamme nei rispettivi occhi, che non prevedevano spiegazioni o richieste. L’importante era che quella conversazione finisse subito.
« Digli che io invece non ne ho piacere»
Disse infine Astoria, chiudendo nuovamente la porta, dando addirittura una mano di serratura.
 
Il pomeriggio al castello si rivelò noioso e snervante.
C’erano porte chiuse e schiamazzi femminili da dietro di esse.
Le femmine. Che strane creature. Come tante allodole se ne stavano nei loro nidi a farsi belle per i piccioni che le avrebbero strette a sé quella sera.
Eppure in un nido lontano e sotterraneo, una gazza se ne stava inquieta e silenziosa. Draco poteva immaginarsela nitidamente.
L’orologio pareva pietrificato. Le lancette scivolavano lente e svogliate. Non coglievano la trepidazione delle giovani studentesse, né l’impazienza di uno spirito pensieroso.
 In un qualche modo, arrivò l’ora che Draco stava aspettando. Si chiese se avesse l’aria ridicola, uno che aveva passato tutto il pomeriggio nella nuova Sala Comune di tutte le Case a fissare l’orologio a pendolo.
Sentendo tuttavia una specie di scossa elettrica percorrergli la schiena e le articolazioni, riuscì ad alzarsi e a dirigersi a quella porta che poche ore prima si era visto sbattere in faccia.
Cercò di cambiare lo stile di bussare, tanto per evitare che una imbronciata e vendicativa Astoria decidesse di non aprirgli. Evidentemente riuscì nel suo intento, o la diretta interessata non fece caso allo strategico cambiamento di battiti.
Quel che ne uscì fu il solito uccellino spaurito, che parve accorgersi di essere piombato dritto in una tela di un gigantesco ragno.
« Che cosa vuoi?»
Stavolta il tono era esasperato.
Lo fissò esercitando tutto il potere dei suoi occhi neri.
Poi notò lo sguardo concentrato e sprezzante di colui che aveva disturbato la sua quiete, così aggiunse:
« Cosa stai guardando in quel modo?»
« Il tuo abbigliamento, ovviamente»
« Che vorresti dire?»
Era sulla difensiva, ma se lui l’avesse costretta sarebbe stata pronta a colpire. Lo si vedeva dallo sguardo selvaggio e dalla lingua affilata.
« Sono le otto. Hai un’ora esatta per prepararti. Vedi di non fare tardi»
Gli occhi di lei si inselvatichirono e divennero due fessure taglienti:
« Ti ho detto che non ci vengo»
« Non esigo intransigenze. Non andrò al ballo senza una compagna».
Lo sguardo di Astoria cambiò: come una lastra ghiacciata che si fosse rotta d’un pezzo, rivelando le acque lucenti e morbide sotto di sé.
Era ancora molto guardinga, ad un certo punto i suoi occhi vivi si fecero di nuovo apatici:
« Pansy Parkinson ti ha dato buca?» disse aspramente.
« Che diavolo c’entra Pansy Parkinson?»
« È quella che hai invitato»
« Questo l’hai detto tu»
Ancora non si piegava:
« E allora, quella che avevi invitato ti ha dato buca?»
« La sto pregando di non farlo, proprio in questo momento»
« Ma tu … io …»
« La mia proposta non è cambiata a quanto mi risulta. E ora ripeto. Hai un’ora esatta. Non fare tardi o potrei irritarmi».
Il viso di Astoria si illuminò di una luce perlacea come una pietra preziosa.
« Oh, non sia mai, per carità!»

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Capitolo 16
*** Narcissa Malfoy ***


Draco corse in fretta al suo dormitorio, chiedendosi come mai in tutte quelle ore di inutile attesa non gli fosse venuto in mente che anche lui doveva prepararsi.
Aveva un solo vestito da cerimonia e ringraziò il confuso e frettoloso se stesso che aveva preparato la valigia diversi mesi prima. Se non ce l’avesse infilato così, tanto per fare, probabilmente sarebbe dovuto andare al ballo con l’uniforme scolastica. Anzi, non si sarebbe presentato.
Smise di pensare alle conseguenze di un ipotetico e catastrofico universo parallelo, abbottonandosi il gilè del completo Tight, nero.
Non era mai stato granché vanesio né gli importava molto del suo aspetto fisico, eppure sapeva che certe cose su di lui facevano un effetto particolare. Si specchiò, passandosi un pettine fine fra i lisci capelli biondi.
A sua madre piaceva vederlo sistemato, e il suo pensiero scivolò alla sua casa, alla sua mamma che non vedeva da mesi e alla quale non aveva mai dato notizie.
Con un tuffo al cuore si ricordò della lettera di sua madre che aveva nascosto nell’armadio, vi si precipitò e la trovò sempre lì, fra i maglioni ripiegati.
Era sempre abbastanza presto e, si sa, alle donne serve più tempo degli uomini per prepararsi; Draco si concesse dunque quelle righe scritte dalla mano della sua preoccupata mamma:
 
“ Caro Draco,
in tutto questo tempo sono stata qui ad aspettare notizie da te, ma solo ora capisco che quella che aveva bisogno di parlarti sono io, non tu. Ti devo tante scuse, amore mio, perché negli ultimi tempi tante cose che credevo giuste mi sono crollate innanzi. Non ho reagito al meglio nei confronti della nostra famiglia e soprattutto di te, che sei giovane e avresti avuto bisogno di delucidazioni e di parole.
Spero che un giorno potrai perdonarmi per aver incassato il colpo della sconfitta di Voldemort come una ragazzina sciocca. Non avrei dovuto, forse, lasciarmi cadere in quel baratro di vergogna, oppressione, sconforto e paura.
Di cosa avevo paura, poi? Del mondo. Il mondo che tuttora mi guarda storto e mi giudica. Tu, tesoro, sei riuscito a reagire come né io né tuo padre siamo stati in grado di fare. Ti sei rimboccato le maniche e hai cercato di dare una svolta alla tua vita.
Ho molto più di quello che credi da imparare da te. Tu non hai colpe e stai subendo quelle che io e tuo padre giustamente ci siamo meritati.
Siamo caduti nella tela di Voldemort, che prometteva un mondo migliore di maghi veri e debellare quelli che erano i germi della società magica. Noi eravamo giovani e cresciuti in famiglie di Purosangue, dove ci hanno sempre insegnato che il sangue puro è un vanto di cui fare sfoggio. Siamo entrati nel giro di Voldemort entusiasti e convinti, accrescendo tutti i pregiudizi, che abbiamo poi riversato anche nella tua educazione.
So che non meritiamo compassione, perché se Voldemort avesse vinto e adesso fosse a capo della società magica, probabilmente non ti scriverei queste righe. Forse tuo padre sarebbe stato nuovamente sollevato. Lui non lo capisce, ma sono sicura che prima o poi capirà che Voldemort sia stato il nostro più grande errore.
Vorrei solo poter trovare un modo per farti capire quanto mi dispiaccia averti fatto crescere in un ambiente così malsano. Quando giunse l’ordine dal Signore Oscuro che tu dovevi essere la persona ad uccidere Silente, Draco, ti giuro che ho sentito una voragine immensa dentro di me. Vi sono catapultata dentro e ne sono riemersa solo oggi, capendo che tutta quella situazione era detestabile e insopportabile per me e soprattutto per te.
Vorrei non aver mai avuto niente a che fare con Voldemort. Vorrei che tu adesso potessi essere un ragazzo sereno e felice come lo sono tutti gli altri.
È un peso insopportabile per me, sapere che la tua felicità è stata compromessa dalle scelte che io e tuo padre abbiamo a nostro tempo compiuto.
È venuta qui una ragazza. Non posso dire il suo nome, perché ho volutamente fatto il nome di Voldemort e probabilmente questa lettera verrà controllata, prima di poter entrare a Hogwarts.
Ha chiesto di poter parlare con tuo padre e mi ha accennato l’argomento di cui voleva discutere. Parlava di un gruppo di neo Mangiamorte, parlava della rinascita del Signore Oscuro. Era molto fiera e convinta di quel che diceva. Pareva volesse che tu ne prendessi le redini.
Draco, io ti scongiuro. Non commettere errori di cui poi ti pentirai. Stai lontano da quella ragazza, per quanto io sappia che era tua amica a scuola.
Non sono la persona migliore per darti questo consiglio, è vero. Io sono stata coinvolta in cose ben peggiori di questo e lo sappiamo. Sono stata una vera Mangiamorte e ho avuto contatti molto stretti con Voldemort.
È il marchio che sarò costretta a portare a vita.
Ma tu, amore mio, figlio mio, tu sei ancora incontaminato. Il tuo marchio non è nero e pesante quanto il mio. Tu puoi essere perdonato, puoi avere una vita felice senza questi pensieri.
Spero che le tue scelte siano ponderate e che la tua serenità non sia messa a repentaglio da oscuri progetti. Non pensare che noi saremmo felici che tu accettassi quelle proposte. O almeno, non pensare che io lo sarei.
Ti voglio tanto bene e spero che potrai perdonarmi.
Spero che la scuola stia andando bene e che tu abbia compagni piacevoli.
Un bacio
Mamma
 
p.s.
passa buone vacanze e tanti tantissimi auguri di buon Natale”
 
 
Se la pendola non avesse suonato la mezza, Draco se ne sarebbe rimasto per ore a fissare quelle pagine. Sentiva un forte bruciore agli occhi e il naso gli si era tappato. Tirò su e sentì che anche la gola gli pizzicava moltissimo.
Appoggiò con estrema delicatezza i fogli sulle coperte del letto a baldacchino, poi si alzò a riempire un bicchiere con l’acqua della brocca.
Se avesse arrischiato a compiere movimenti bruschi, sentiva che qualcosa gli sarebbe esploso negli occhi. Deglutire fu un sollievo, eppure questo non impedì a due calde lacrime di liberarsi e correre giù per le guance pallide.
Draco le asciugò in fretta e tornò alla lettera. La ripiegò con cura e la ripose fra i maglioni, dove era rimasta fino a pochi minuti prima.
Era stato davvero un mostro a non far sapere niente ai suoi genitori. Specie a sua madre.
C’era come una liberazione in lui, come un peso che si scioglieva. Lui era la sua vita e sapere che sua madre lo avrebbe sempre appoggiato gli dava un’enorme forza.
Lanciò un’ultima occhiata alla sua immagine nello specchio e vi lesse la realizzazione di tutte le clausole del primo grande capitolo che aveva aperto quattro mesi prima:
Allontanare i vecchi amici. Allontanarsi dall’aria malsana di casa. Sorridere sia con le labbra che con lo spirito.
Questa consapevolezza gli dette una gioia indescrivibilmente strana e guardandosi negli occhi chiuse il capitolo.
Tu sai cosa contiene il secondo capitolo. Disse al se stesso nello specchio.
Lo sai anche tu, gli suggerì quello.
Per il momento decise di non pensarci oltre. Il primo passo per scrivere quella nuova parte della sua vita lo stava per raggiungere per accompagnarlo al ballo.
Uscì dal dormitorio impeccabile e con un certo atteggiamento altezzoso che non aveva nulla a che fare con i suoi pregiudizi, ma con il suo incorreggibile caratteraccio.
Stava per accomodarsi su una poltrona imbottita della Sala Comune di Serpeverde, quando un tintinnio di voce alle sue spalle attirò la sua attenzione.
Si voltò appena in tempo per scorgere qualcosa di nero e fluttuante nascosto dietro la porta d’accesso al dormitorio femminile.
Sfoggiò un sorriso beffardo:
« Qual è il problema, adesso?»
« Direi che è l’imbarazzo»
Rispose la vocina di Astoria.
« Mhm. Può andare come risposta. Ok, allora non venire»
« Come osi?»
La sua faccia sbucò da dietro la porta: la fugace apparizione rivelò un trucco verde che sfumava sopra gli occhi e qualcosa di molto brillante che illuminava tutto il viso.
Il sorrisetto perfido di Draco rimase al suo posto.
« Vedi? Non fare la sciocca. Vuoi venire. E sappi che ti aspetterò esattamente in questa posizione anche per tutta la notte»
« Allora il ballo sarebbe finito»
« Vorrà dire che avrei dato buca a quell’idiota di Lumacorno»
« Non ti stancheresti a startene lì in piedi tutto il tempo?»
« Mm ..diciamo che posso usufruire di queste belle poltrone»
« D’accordo, ti risparmierò la fatica. Ma non dire assolutamente niente.»
« Ci proverò».
Una creatura silvana uscì dal corridoio femminile.
Cosa fosse, Draco giurò che non lo sapeva.
Era un essere sinuoso, con lunghi capelli neri, lisci e lucenti. L’illuminazione della Sala Comune dei Serpeverde donava una luce pallida e smeraldina a quelle cascate corvine.
Il volto scintillava come fosse un diamante, come se vi avessero incastonato migliaia di piccolissime stelle. La carnagione era perlacea e lunare, ma anch’essa subiva il verde dei riflessi del lago soprastante. Gli occhi erano incorniciati in una sfumatura verde scura, che ne seguiva il contorno allungato ed elegante. Lunghe ciglia nere adornavano quelle perle scurissime che stavano bruciando come carboni incandescenti.
Quelle che di solito erano labbra di un pallido rosa pastello, adesso vibravano di un rosso scurissimo. Il rossetto metteva in evidenza la simpatica asimmetria a cui Draco aveva più volte fatto caso.
L’abito pareva uscito da un portale del tempo: se Astoria aveva uno stile molto ricercato nei modi di vestire, sempre impeccabile e formale, da vera discendente di una famiglia di Serpeverde, qui si era trasformata in una dama settecentesca. Un lungo bavero di pizzo decorava la scollatura, il corpetto cucito era ornato di una fantasia damascata. La genialità dell’intero vestito stava nell’evidente modernizzazione del modello antico: la gonna, abbondante e gonfia sui fianchi, rimaneva corta appena sopra il ginocchio. Le trine pendevano e mostravano un paio di gambe magre ma ben fatte, coperte in una calza nera ricamata.
Le scarpe all’antica, con la fibbia e il tacco medio, davano lo slancio finale a tutta la figura.
 
« Ecco, lo sapevo. È successa di nuovo quella cosa alla tua faccia»
Disse Astoria tingendosi di rosso.
« Di cosa stai parlando?»
Rispose un distratto Draco.
« Del fatto che è piuttosto tardi, non credi? Stanno per suonare le nove»
Con una scrollata di testa, Draco ritornò in sé. Si affrettò a raggiungere Astoria e le offrì il braccio.
Quando stava raggiungendo la grande Sala illuminata, Draco si ricordò che allo stesso modo, quattro anni prima, Pansy Parkinson si era aggrappata a lui in una situazione simile.
Ricacciò quella figura rosa elettrica da dove se ne era venuta, nei meandri del suo cervello, e si accinse a passare oltre il portone con quella creatura verde smeraldo.
 
----l’angolo dell’autrice---
Ci siamo, figlioli, ci siamo!
Vi ho fatto soffrire abbastanza, vi prometto che nel prossimo capitolo avrete il Ballo e tutto quello che ne conseguirà.
Spero che la storia stia continuando a piacervi ç_ç
Qualcuno ha voglia di manifestarmi il suo affetto con una recensioncina ina ina ina?
(ok, basta , addio. Mi ritiro nelle mie stanze *uscita di scena regale*)
 
Nerina 

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Capitolo 17
*** Lumadance ***


Niente sembrava più adatto ad Astoria quanto la musica che si irradiava nell’immensa Sala Grande. Era un minuetto molto fantasioso. Astoria era l’unica dama adatta a quell’ambiente e il suo abito quello più consono. Sembrava fosse stato cucito con quella musica, come se le note più sofisticate avessero creato il damasco che decorava il corpetto e la gonna del vestito, mentre quelle più capricciose e squillanti fossero nate insieme alle trine e ai pizzi.
La luce qui era azzurra, tema molto Natalizio. Non stonava sul completo che Astoria sfoggiava, ma Draco preferiva il magico effetto della luce della Sala dei Sepreverde.
Non c’era molta gente, per quanto grande fosse la Sala: gli insegnanti facevano la loro elegante figura, parlottando al centro. Vicine alla lunga e scintillante pista da ballo, alcune sedute ai lussuosi tavoli, altre in piedi a chiacchierare, stavano le coppie degli invitati.
La più vistosa e accerchiata era ovviamente quella in cui figuravano Harry Potter e Ginny Weasley: lui sorridente, smagliante, impeccabile, affiancato dalla prosperosa Weasley, in abito bianco lucente che metteva in risalto la complicata acconciatura con cui aveva sistemato il tripudio di capelli rossi. Sembrava quasi una ragazza tranquilla, in quel momento; niente a che vedere con la gatta graffiante e diffidente a cui Draco si era abituato. Forse la presenza del fidanzato la ammansiva, mentre in sua assenza era pronta a considerare tutto e tutti una minaccia.
Sperò vivamente che Potter non facesse caso a lui, quella era una bellissima festa e lui avrebbe ballato con Astoria Greengrass, l’unica ragazza con cui voleva passare la serata.
Di fianco ai primi, stava la coppia di cui Draco avrebbe riso molto volentieri (se solo non fosse stato in compagnia di una persona così importante): Hermione Granger, in abito blu scuro, con i capelli domati e lisci, si stringeva a Ron Weasley, quell’imbarazzante ammasso di ossa conficcato in un Frac vecchio e rattoppato.
Molte delle altre coppie parlavano a loro e, Draco ne era certo, chiedevano dettagli sulla vita da eroe che Potter stava conducendo.
In una piccola frazione di secondo, quella piccola insolente della Granger lanciò un’occhiata verso l’ingresso e il suo sguardo si posò su Astoria, poi su Draco. Ritrasse subito gli occhi e dette una gomitata a Potter, che le era vicino. Subito anche lui si interessò alla direzione che gli era stata indicata e, purtroppo per Draco, si fece largo fra gli ammiratori per raggiungerlo.
Quello era un pessimo inizio, accidenti. Nemmeno una decina di secondi nella Sala Grande e già Harry Potter veniva a guastare la festa. Era un record, forse. Magari avrebbe dovuto tenere il conto, le prossime volte.
Fortuna (o sfortuna) fu che anche il professor Lumacorno guardò in direzione degli ultimi arrivati e la sua faccia rossa si illuminò e un gran sorriso comparve sotto i baffoni da tricheco.
Le due seccature si avvicinavano contemporaneamente e, alle strette, Draco pensò che era meglio affrontarle tutte insieme in una volta piuttosto che stare con i pensieri per tutta la serata.
« Figliolo! Ma che sorpresa! Ma guarda un po’! La signorina Greengrass.»
« Buonasera professore» disse cinguettante Astoria. Chissà perché, Lumacorno era il suo insegnante preferito e si impegnava sempre moltissimo per riuscire bene in Pozioni.
Draco se la segnò come domanda di riserva nel caso, in tutta la serata, ci fosse stato del silenzio imbarazzante.
« È un invito di cortesia o dobbiamo ufficializzare la cosa?»
Gli occhietti avidi del professore passavano dal volto di Astoria a quello di Draco e viceversa.
Draco si sentì nuovamente avvampare e prima che potesse arrabbiarsi con se stesso, la vocina squillante della sua dama parlò gaia:
« Potremmo ufficializzare che è stato un invito molto cortese, professore» disse aggiungendo un gran sorriso.
« Oho! Questa sì che è una risposta, signorina Greengrass! Ricordami di assegnarti dieci punti quando ricomincia il semestre!»
Astoria pareva sprizzare gioia da tutte le parti. E pensare che era così scontrosa solo poche ore prima. A Draco parevano passati giorni interi da quel pomeriggio consumato davanti alla pendola.
 
« Ciao Draco. Permetti una parola?».
E chi poteva essere se non Harry Potter, che aveva pazientemente atteso l’allontanamento di Lumacorno?
Draco fece la faccia più scontrosa che gli riuscì, nel suo tiepido stato d’animo.
« Se vuoi parlare, lasciane fuori la consorte»
Ginny Weasley assunse la sua solita faccia di sfida, feroce come una lince.
« Va bene. Però, allora, lasci anche tu qui la tua consorte»
E lanciò un’occhiata ad Astoria da dietro i suoi occhiali rotondi.
« Ooh, Harry Potter che fa il duro. Mi piaci sempre un sacco quando fai così»
« Senti, Draco. So quello che hai detto a Hermione e vorrei discuterne»
« Io invece dico che questa sera voglio fare tutt’altro. Goditi la festa, Potter».
Solo quando si fu allontanato, trascinandosi dietro Astoria, capì che suonava come una minaccia.
Se Pansy Parkinson avesse fatto irruzione con la sua banda di decerebrati, dando a lui la colpa dell’azione, di certo Potter non avrebbe avuto dubbi al riguardo. Se succedeva qualcosa, i primi indiziati per il damerino con la cicatrice erano sempre stati lui e il professor Piton.
«  … Potter!»
Richiamarlo fu una sofferenza per il suo orgoglio e le sue corde vocali, che si soffocarono sentendosi pronunciare quel nome in tono così supplichevole.
Harry si fermò e si voltò, accompagnato nello sguardo da una letale Ginny Weasley.
« Dopo le danze ne riparliamo. Non … è una minaccia»
Un poco di silenzio e di tensione, poi Potter sorrise, anche se i suoi occhi restarono seri.
« D’accordo».
Mentre si entrambi si dirigevano ai lati opposti della Sala, Draco si imbatté in un paio di occhi penetranti e indagatori che appiccarono il fuoco e assediarono i suoi, indifesi.
Astoria lo stava guardando. E a giudicare dallo sguardo sembrava piuttosto indignata.
« Che c’è, ora?»
« Come sarebbe a dire?»
« Te lo ripeto più gentilmente, se non comprendi: “che cosa ti turba a tal punto da guardarmi così?”»
« Ovviamente quello che mi stai nascondendo»
« E cosa sarebbe di preciso?»
« Mi pare scontato che io non lo sappia, se te lo sto chiedendo»
« Senti. Facciamo così. Possiamo, solo per un momento, pensare al Natale e alla festa? Senza altre grane? Ti giuro che anche io non avrò altro a distrarmi. E ti giuro che parlerò a te prima che a Potter»
Astoria lo fissò intensamente ancora per un po’, poi aggiunse:
« Accetto solo se mi prometti che, oltre alle dovute spiegazioni, mi fornirai le tue scuse per come ti sei comportato negli ultimi giorni»
« È un prezzo accettabile, devo ammetterlo»
« Allora invitami a ballare e non pensiamo ad altro»
« Astoria »
« Che c’è?»
« Vuoi ballare?»
Sperava di aver fatto un’espressione melodrammaticamente affascinante, ma temette che il risultato fosse soltanto una faccia idiota. Si ricompose goffamente i connotati, tornando serio e stizzoso, pronto a rispondere “che diavolo hai da guardare?” se ce ne fosse stata l’occasione.
Lei lo guardò un po’ storto, ma con gentilezza assumendo la sua faccia da folletto, poi si alzò sulle punte e si avvicinò al suo orecchio, sussurrando: « È più carino dire “mi concedi questo ballo?”»
Anche Draco la guardò male, ma pure lui era scherzoso, contento di non aver fatto la figura dell’imbecille:
« Per stavolta dovrai accontentarti di come l’ho detto perché non ho intenzione di ripeterlo»
« Uff, e va bene, allora».
 
Sulla pista lucida come ghiaccio stava già un imbarazzato Neville Paciock che si guardava intorno sperando che qualcun altro si accingesse a ballare. La sua dama era una ragazza pienotta vestita di grigio, che Draco giurava di aver rivisto con la divisa di Tassorosso.
Quando anche Draco e Astoria raggiunsero il luogo delle danze, molti altri si avvicinarono (classico effetto domino, per cui quando tutti si vergognano basta il primo impulso a far cominciare l’azione).
Il professor Lumacorno parve sovreccitato all’idea di cominciare a ballare e si infilò nella pista assieme a una esile e piena di lustrini Sibilla Cooman, che tantava di liberarsi dalla presa blaterando qualcosa su un imminente sciagura mondiale.
Il fantasma del professor Rüf , che indossava un papillon trasparente, chiese l’onore alla professoressa McGranitt, che accettò malgrado fosse impossibile stringerlo in una vera presa.
Vicino alla pista era stato sistemato un piccolo palco, dove un’orchestra elegantissima , vedendo i ballerini in posizione, attaccò un liscio molto dolce in tema con la serata.
Draco si sentiva strano: il corpo di Astoria era come incandescente; dovunque la sua mano si posasse per sostenerla, pareva avessero appiccato un fuoco.
Avere quella gazza fra le braccia era una sensazione fuori dal comune: non gli pareva una gazza imprigionata, per una volta. Sembrava che stesse volando e che lui fosse soltanto un alito di vento che la sorreggeva.
Si rese conto che la stava osservando quando anche lei alzò gli occhi su di lui.
La solita odiosa sensazione di fuoco nella sua faccia esplose tutta d’un colpo.
« Che c’è? » disse lei sorridendo, ma era molto imbarazzata.
« Nulla, uhm pensavo …»
« Mi è concesso sapere a cosa, vostra signoria?»
Il suo sguardo era sì supplichevole e soprattutto ardente che Draco farfugliò una risposta quasi sincera:
« Al fatto che scotti. Cioè, il fuoco, uhm … il sole, ecco. Quei brillantini sulla tua faccia mi stanno accecando»
Astoria sbatté le palpebre e chiuse la sua bocca fine ed imperfetta in un’espressione di riflessione.
« Allora dovresti guardare da un’altra parte invece di fissarli»
« Oh, sta zitta. Lo so cosa devo fare»
Lei non parve offendersi, ma sghignazzò, poi appoggiò il capo sulla sua spalla e si dondolò come la danza richiedeva.
Draco pregò che non si percepisse il martellante suono di qualcosa che stava duramente lottando nella parte sinistra del suo torace.
Passò così il primo ballo e il secondo.
La dignità era un concetto che aveva salutato nel momento in cui Astoria era diventata la sua dama nel ballo. Non era possibile mantenere contegno o distanza emotiva.
Adesso alcune coppie si erano ritirate e le ragazze sedevano massaggiandosi i piedi per aver indossato scarpe scomode.
Loro erano rimasti lì, che ondeggiavano senza dire niente e fingendo di non accorgersi che esisteva il mondo tutt’intorno.
Quando attaccò il terzo valzer, Astoria alzò il capino e guardò Draco.
« Dimmi tutto» le disse Draco, sospirando, chiedendosi il perché di quella nuova indagine.
« Io non ho detto niente»
« Hai alzato lo sguardo, quando fai così sei lì che rimugini su qualcosa»
Parve lusingata da questo commento.
« Mi chiedevo solo uhm … da chi hai preso? I tuoi genitori sono entrambi così biondi?»
Draco si accigliò, stupito. Poi però pensò che era una domanda normale, alla quale si poteva benissimo rispondere.
« Uhm … si, sono entrambi così biondi.»
« E gli occhi?»
« Come mio padre, mia madre li ha molto più azzurri»
« Dev’essere una donna molto bella»
« Credo … ehm, di si. Invece tu … da chi?»
« I capelli neri sono parte della mia famiglia da tantissime generazioni. Probabilmente centinaia di anni fa qualche Greengrass si è imparentato con i Black. Mia mamma ha gli occhi azzurri e li ha regalati a Dafne. Io sono tutta nera.»
« Come tuo padre?»
« Direi di si, però non l’ho mai conosciuto perché è morto quando avevo sei mesi»
« Mi dispiace»
« Non preoccuparti. Non mi è mai mancato troppo perché non ho mai avuto l’occasione di starci insieme granché»
« E chi ha scelto il tuo nome?»
« In realtà dovrei chiamarmi Asteria, la ninfa greca, sai? Mia sorella Dafne e io Asteria. Tipo l’anagrafe si è confuso oppure mio padre dall’emozione gliel’ha detto sbagliato. Non si sa. Fatto sta che solo mia madre si ostinava a chiamarmi Asteria, ma poi le hanno fatto notare che era più carino Astoria»
« Penso che sia bello in ogni modo, ma Astoria lo preferisco»
« Che mi dici invece della Casa? Sapevi che saresti andato in Serpeverde?»
Draco sospirò e si imbronciò un poco. Quello che gli dette la forza di rispondere fu ripensare alla lettera di sua madre, dove si scusava per tutti i pregiudizi in cui l’avevano cresciuto.
« In pratica si. Non c’era nemmeno da ragionarci sopra. Tutti nella mia famiglia erano dei Serpeverde di tradizione, mi avevano detto che era la casa migliore e che ero destinato ad andare là, quindi non ci ho nemmeno mai pensato ad un eventuale altra collocazione. A dire il vero non so perché sono in Serpeverde. Solo per il fatto della purezza di sangue, immagino»
Astoria spalancò gli occhietti in un’espressione di furbizia:
« Io credo che tu sia ambizioso. Molto. È una cosa impensabile quella che stai facendo»
« E cosa sto facendo?»
Astoria scosse la testa e sorrise, alludendo a qualcosa che doveva essere evidente. Draco non capì ma lasciò correre:
« Tu invece? Non sembri per niente la ragazza Serpeverde standard»
Di nuovo, parve lusingata dalle sue parole.
« E come sarebbe la ragazza Serpeverde standard?»
Sulle sue labbra imperfette comparve un sorrisetto malizioso.
Draco sbuffò, poi rispose: « Ma dai, come vuoi che sia? Altezzosa,con la puzza sotto il naso, sempre pronta a parlare male di qualcuno. E ovviamente, maledettamente attratta da me».
Qui quello col sorriso beffardo divenne lui e aggiunse anche il più seducente sopracciglio alzato, per coronare la scherzosa espressione.
Astoria rise come uno squillo di campanellini.
« Sei uno sciocco, Draco Malfoy»
« Ehi avevamo abolito questa sigla. E comunque mi devi ancora spiegare come sei finita in questa Casa».
Astoria continuò a fissarlo con gli occhi neri pieni di gaiezza.
« Credevo che non ci sarei finita a dirla tutta. Sarebbe stato divertente. Tutti a dirmi che dovevo impegnarmi per convincere il cappello a mettermi lì. Io speravo quasi che mi sorteggiasse da un’altra parte. Il mio desiderio era essere diversa. Diversa dallo stile della mia famiglia. Volevo a tutti i costi distinguermi, dare tutto quello che potevo per essere migliore, per essere ricordata. Siamo destinati a scomparire, noi Greengrass. Le ultime siamo io e mia sorella, quindi nessun bambino porterà mai più il nostro cognome. Mia madre è una fissata con il sangue puro e tutte quelle sciocchezze. Quando Dafne fu piazzata in Serpeverde la trattò come se fosse una regina appena incoronata. Mi diceva che dovevo impegnarmi per essere come lei. Quando arrivai io, su quello sgabello, sperai con ogni sostanza di diventare meglio di lei, di poter compiere prodezze ed essere ricordata da tutti. Si, lo so, è stupido. Ma ero una ragazzina! Comunque, essere una Serpeverde credo voglia dire, per me, che sono veramente molto ambiziosa, certe volte anche troppo». Tagliò corto con un sorriso lieve.
Continuarono ad ondeggiare e a guardarsi, lieti che quella vigilia di Natale fosse giunta con così tanta felicità.
Ma come nell’impasto per i dolci più buoni occorre un pizzico di sale, così il guasto raggiunse ben presto la gioia che pervadeva Draco e Astoria.
Un paio di occhi celesti, affilati e indagatori, stavano puntando dritti la coppia più vistosa che ancora ballava.
Quando Astoria la vide, si fermò, come pietrificata.
Sulla porta della Sala Grande stava un’elegante figura, dalla folta chioma nera che terminava in boccoli naturali, slanciata e formosa, in un abito attillato, verde scuro.
Per quanto bella potesse essere, l’espressione severa sul suo volto, soprattutto impressa nelle sue labbra carnose e perfette, lasciava intendere che non era una visita di cortesia.
Dafne Greengrass aveva qualcosa da dire alla sua sorellina.
 
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--- l’angolo dell’autrice---
Gente, io sto impazzendo! Non riesco a smettere di scrivere. Lo giuro non è colpa mia.
Prima o poi questa storia finirà, lo prometto xD. Stavo pensando a un sequel dove comparirà anche il piccolo Scorpius, il bambino con il nome più allegro del mondo.
Ma che vado blaterando, sti due manco stanno insieme e già li faccio figliare? Oh, slow down …
(Ah, cosa importantissima xD:
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit: 
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni. Farai felice milioni di scrittori. )

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

aggiornerò la storia quando arriverò a +13 recensioni.
Chi mi recensisce questo capitolo farà avanzare la narrazione ^O^
coraggio! :D

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Capitolo 18
*** questioni di famiglia ***


Draco si accorse che alla gazza libera e felice d’un tratto avevano come sparato. Se la ritrovò fra le braccia, spaventata e tremante, a fissare un punto alle sue spalle.
Voltò immediatamente lo sguardo, per vedere a chi doveva spaccare la faccia.
« Draco»
Disse la vocina di lei, soffocata: « Qualsiasi cosa lei dirà sappi che non è vera. O comunque io ho spiegazioni. Tu … ti fidi di me?».
Draco la guardò: un volto sbiancato con due occhi neri brucianti di implorazione.
« Certo, si. Ma che sta succedendo? Quella laggiù non è tua sorella?».
Dafne Greengrass si avviò sinuosa e letale in direzione di sua sorella e il ragazzo con cui stava ballando, con un’espressione di determinazione molto temibile.
Draco innalzò a palizzata il suo orgoglio e la sua faccia autoritaria. Non sarebbe stata una sua vecchia compagna di classe a fargli paura.
« Ciao Draco»
« Dafne» rispose a mo’ di saluto. « Che ti riporta a scuola?»
« Non lo immagini?»
I suoi occhi celesti, penetranti come quelli di Astoria sebbene di una consistenza più liquida, vagarono alla ricerca della verità in quelli di Draco.
« Nemmeno un po’»
Dafne si spostò di lato, facendo ondeggiare i poderosi boccoli neri. Fissò sua sorella.
« Astoria, sai chi è questo ragazzo?»
La sorellina assunse il suo tono altezzoso pari a quello della maggiore. Parevano un essenza glaciale contro una solida roccia vulcanica.
« Si» disse, dura.
« Dunque mi hai mentito per molto tempo?»
« Si»
« Sai anche che cosa mi ha raccontato Pansy? Che invece di ascoltare lei, lui è venuto a cercare te. Devo dedurre che tu lo stavi illuminando di tutti i segreti, votando le spalle a tua sorella e a tua madre?»
« No»
« Non fare l’insolente, Astoria. Sei sull’orlo di venir cacciata dalla famiglia e ti prendi gioco di me?»
« L’ho sempre fatto, ma non in quest’occasione. E poi, Dafne cara, credo che tu stia attirando l’attenzione, qui in mezzo alla pista, tutta sexy come sei. Se vuoi ballare scegliti un cavaliere, guarda, il professor Vitous è libero. Non dirà di no dinnanzi a tanta beltade. Ora se vuoi scusarmi».
E fece atto di ritornare fra le braccia di Draco nella presa per danzare. Draco, dal canto suo, percepiva di essere coinvolto in quella storia senza ben capire il come e il perché. Sentiva solo vaghi indizi che gli suggerivano di trovarsi davanti a un grande problema.
Dafne si mosse molto velocemente e così discretamente che nessuno notò quel che fece: si avventò sulla sorella, la trascinò per un orecchio fin fuori dalla Sala Grande, attraverso una porta che dava sul corridoio esterno.
Draco la inseguì pentendosi di non aver avuto i riflessi più pronti.
 
Il corridoio dove Dafne aveva trascinato la sorella, era il più esterno prima della porta di accesso. Era freddo e dalle finestre appannate si scorgeva nel buio spettrale qualche fiocco di neve della tormenta che infuriava fuori.
Le due sorelle simili e diversissime allo stesso tempo, erano impegnate in un faccia a faccia molto minaccioso: Astoria appoggiata contro il muro del corridoio, Dafne le impediva qualunque fuga standole davanti.
« … la minima idea di quello che c’è dietro a tutto questo? » il tono soffocato ma minaccioso con cui queste parole venivano pronunciate dava a tutto l’ambiente un che di cospiratorio.
« Veramente ho bruciato tutte le tue lettere»
« Sei un’infame e bugiarda! Lo capisci o no che adesso si è messo contro di noi? Che cosa gli hai detto?»
Draco si schiarì la voce per far notare la sua presenza. Se Dafne era così stupida da pensare che lui non le avrebbe seguite, era veramente una sciocca.
La bella bruna si voltò, ma Astoria non fuggì. Invece di essere spaventata o infuriata, i suoi occhietti eloquenti tradivano una certa curiosità.
 Incastonò il suo sguardo fiero in quello di Draco. Sembrava una stretta di mano piena di solidarietà. Avrebbe difeso quella creaturina verde e nera a ogni costo, anche se stava dalla parte del torto.
« Parrebbe che qui si parli di me». Disse inacidendo la sua voce stizzosa.
Dafne sospirò: « Hai scelto tu di essere nostro nemico. Dopo tutto il tempo che Pansy aveva speso a parlare così bene di te»
« Oh, capisco. Sei coinvolta nell’affare dei Mangiamorte. Ho già puntualmente espresso a Pansy che non sono interessato»
« È stata Astoria a dirti di farlo? Ti ha dato qualche pozione? Questa piccola bugiarda si diletta in filtri»
« Ho preso con la mia testa ogni singola decisione»
« Ma che bravo. Sei cambiato? » lo pronunciò come se fosse una parola per bambini. Era incredibile come quella bellezza riuscisse tanto sgradita agli occhi di Draco: in quel volto ovale, fresco, senza imperfezioni se non per un piccolo neo sotto l’occhio sinistro, non vedeva fascino. Quelle labbra perfette quanto velenose non suscitavano in lui nessuna simpatia. Quegli occhi azzurri erano freddi.
Era la versione perfezionata di Astoria, ma non aveva nemmeno lontanamente quei tratti singolari e irripetibili che erano stati donati alla sorella.
Quello che frenò Draco dal saltarle addosso e fare a cazzotti fu il pensiero che era comunque la sorella di Astoria, che era Natale e che sua mamma gli aveva scritto di ponderare le sue scelte.
Il prurito alle mani e alle nocche fu però inevitabile.
« Si» rispose a denti stretti, sfidandola con lo sguardo. Provò a imitare l’effetto dei magici occhi di Astoria, ma probabilmente si era solo reso ridicolo. Assottigliò le palpebre, sperando in un effetto tagliente e crudele.
« Sei proprio un bravo bambino, allora? Come Harry Potter? Sei suo amico, ora?»
« Sicuro, lo invito a cena ogni sera. Chiedilo a Astoria. Ci divertiamo un mondo a stare con lui, i simpatici Weasley e la Granger».
Dafne sembrò veramente riflettere se fosse un bluff oppure la verità, fatto sta che si voltò a ghiacciare la sorella con un’occhiataccia.
Astoria, in tutta risposta, scoppiò a ridere. La stessa risata che Draco le aveva sentito fare sull’Espresso di Hogwarts quando si era rifiutato di stare nello stesso scompartimento con una nata Babbana.
« Si, spiritosi da morire» riprese Dafne, sentendosi forse molto furba: « se ti fidi di questa piccola bugiarda, Malfoy, sappi che lei ci sta dando informazioni su di te da molto tempo. Ti ricorderai che al Ghirigoro ti ha attaccato bottone, a settembre. Ecco, lì è partita la sua missione. Io le ho detto di tenerti d’occhio e di scrivere a me e a Pansy ogni cosa riguardo a te. C’era anche lei quel giorno a Diagon Alley, ma sfortunatamente non ti ha incontrato. Quando ti ho visto a quella conferenza credevo di avere le allucinazioni. Sono corsa a cercare Pansy ma quando l’ho trovata tu te ne eri andato chissà dove»
In tutto questo Astoria aveva assunto un’aria grave e pareva avesse molte cose da dire. Lasciò finire la sorella che, a quanto Draco aveva capito, non aveva un gran cervello.
« Pansy non ci poteva credere che eri andato a Diagon Alley senza averla avvertita, senza aver dato tue notizie a qualcuno dei nostri. Il fatto che tu fossi ad una conferenza di Harry Potter ci lasciava sperare che anche tu non ti fossi arreso. Quando ho saputo, da Astoria ovviamente, che anche tu ti trovavi a Hogwarts, le ho detto di diventarti amica e di mandarmi tutte le informazioni su di te. Pansy sperava che tu dessi segni di volerti ricongiungere a noi, ma è stata costretta a venire di persona. E tu le hai detto che non volevi stare a sentire lei perché volevi parlare con “Astoria Greengrass, e chi altri sennò?”. Da lì ho capito che probabilmente Astoria mi aveva tradita e che stesse tramando qualcosa con te, tipo farci arrestare tutti, passandoti le mie lettere».
Conclusa l’orazione, Dafne si sentiva molto eroica, tale fu l’espressione che fece.
Draco aveva lo sguardo accigliato. Non si era mai accorto di quanto fossero stupide le sue vecchie compagne di classe. Non sapeva che rispondere dinnanzi a una tale idiozia, ma per fortuna fu la sorellina a rompere il silenzio.
« È incredibile come i cattivi alla fine del film ciarlino spiegando tutto. Credevo fosse una cosa da cinema invece succede davvero, hai visto Draco?»
E ridacchiò. Dafne non capì e si limitò a guardare male sua sorella. Probabilmente non aveva capito la battuta.
« Comunque, è il mio turno, ora? Allora, sappi che io faccio parte di quella storia solo per metà: al Ghirigoro mi forzò a rimanere dentro finché non uscivi anche tu e mi disse di attaccare bottone. Io lo feci soltanto perché mi andava e lo avrei fatto senza che mi fosse stato chiesto. Ho smesso di obbedire a mia sorella da quando avevo tre anni» e rise di nuovo, a colpi di tosse: « Poi mi mandò un gufo, chiedendomi chi avevo come compagni di viaggio per il ritorno a Hogwarts, temendo credo che la presenza di una “sudicia Sanguemarcio” potesse in qualche modo turbarmi. Le dissi che c’eri anche tu e da quando mi mandò la seconda lettera con su scritto che il mio compito era quello di spiarti per suo espresso ordine e di mia madre e del gruppo di neo-Digeriscimorte, ho bruciato tutte quelle che ho ricevuto in seguito, le ho detto che non sapevo nulla di te e che non mi era possibile parlarti. Mi sono comportata solo come avrei fatto di normale. Sono diventata ehm … tua amica senza quasi ricordarmi più di questa fantomatica missione di cui me ne fregavo altamente. Ricordi? Hai le prove del mio affetto sincero.» diventò rossa come un pomodoro e mimò il gesto di bere da una fialetta.
« Per non avere a che fare con questa gente non sono tornata a casa, per le vacanze. Spero che tu mi creda. Oh guarda! A pennello! Harry Potter!».
Draco e Dafne, che davano le spalle alla Sala Grande, si voltarono di scatto: il team-Potter al gran completo stava facendo irruzione sulla zona del delitto.
 
« Che sta succedendo qui?» disse Potter con voce curiosa ma autoritaria. Draco ricacciò indietro una risatina che gli chiedeva di poter esplodere.
« Ciao Harry Potter. Io sono Astoria Greengrass e questa è mia sorella Dafne. Sta organizzando, assieme a delle ex studentesse, un gruppo di cerebrolesi che crede di poter tornare a fare i furbi come ai tempi del loro Signore. Credo che la mia famiglia ne sia al corrente e che supporti il tutto. Ora puoi arrestarmi, o insomma, fare quello che fai di solito alla gente di cattiva famiglia come me».
Dafne aveva spalancato la bocca, offesa e terrorizzata.
Draco esplose: « Ma che dici, sei impazzita? Tu non c’entri niente con questa storia!» .
Ginny Weasley si fece scappare un: « E tu invece c’entri qualcosa, vero Malfoy?».
Se tutto era stato detto senza urli o alzate di voce, quell’ultima frase fece calare un gelo profondo nel corridoio spoglio.
Persino Harry Potter aveva l’aria stupita, di uno che si domanda se davvero ha sentito bene.
Ma possibile che quella morta di fame fosse così cattiva? Tutto l’odio che Draco poteva provare si riversò in quel paio di occhi castani costellati da lentiggini.
Perché, se c’era qualcosa di losco, tutti dovevano pensare che ne fosse lui la causa? Perché non riusciva ancora a scrollarsi di dosso il peso delle colpe dei suoi genitori?
 
« No, adesso stiamo tutti calmi». Fu Harry Potter a rompere il silenzio, frapponendosi tra il gelo che si ricambiavano gli occhi di Ginny e Draco. Afferrò il polso della ragazza rossa, con delicata fermezza, come per avvertirla che in ogni caso l’avrebbe trattenuta.
Lei si affievolì e si lasciò un poco ammansire, ma continuò a fissare nella direzione di Draco.
« Harry, te l’ho già spiegato. E anche a te Ginny. Draco non c’entra niente»
Hermione Granger, nel suo abito blu, si pose in prima fila.
Draco la guardò di sottecchi, evitando di risponderle male (il che poteva benissimo equivalere a un sentito ringraziamento).
Il gioco era veramente sottile e le molte parti che vi figuravano sembravano non capire niente l’una delle altre.
C’era Draco, che sapeva di fidarsi di Astoria. Quello che aveva detto era verità e non ci pioveva. Sapeva che avrebbe dato tutta la sua fiducia a lei e a nessun altro presente in quella stanza.
C’era poi Astoria, che sebbene non avesse fatto nulla di male, non aveva mai denunciato la sorella a qualcuno che potesse fermarla. Adesso che la situazione era giunta alle strette, aveva vuotato il sacco e, Draco credette che probabilmente per il rimorso, si fosse auto-dichiarata una complice di quegli stupidi farneticamenti.
Dafne non aveva idea di quel che stesse succedendo, né ne aveva una precisa di quanto fosse accaduto in precedenza. Sapeva di appartenere a un gruppo illegale e credeva di essere dalla parte dei forti e che gli altri dovessero temerla. Non aveva idea di cosa ci fosse in gioco fra le persone circostanti.
Hermione Granger a quanto pareva, si fidava della sincerità di Draco. La Weasley, ovviamente, riteneva che lui avesse cantato solo per salvarsi la pelle.
Harry Potter pareva indeciso.
 
« Astoria» Dafne Greengrass risolse la questione con la mossa più stupida di cui fosse capace: « Se vuoi appartenere ancora alla nostra famiglia e all’onore dei Purosangue, sfila la tua bacchetta e aiutami a catturare Harry Potter».
Come uno scudo, Hermione Granger, Ron e Ginny Weasley sfilarono prontamente le loro bacchette e si accerchiarono a Harry, che invece rimase immobile, quasi fiducioso.
Draco si gelò. Non tanto perché l’incolumità del sacro Harry Potter era messa a repentaglio, quanto perché vide Astoria impugnare la bacchetta.
 
--- L’angolo dell’autrice---
Ho odiato scrivere questo capitolo dai più reconditi angoli del mio spirito.
Mi bloccava la narrativa, mi bloccava l’azione, la storia, il phatos … eppure era necessario.
Ho cercato di rimediare con un colpo di scena alla fine.
Che ne pensate?  >:D
Vi prego, vi supplico T3T ho bisogno di recensioni ….
Credevo che il capitolo preceente vi sarebbe piaciuto e invece ha riscosso solo una recensione.
VI preeeeego T3T
Ai lov iu oll!

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Capitolo 19
*** le scuse ***


Buonasera cari lettori. Pubblico insieme gli  ultimi due capitoli della storia. Spero vi sia piaciuta. Grazie per essere arrivati fino a qui. È stato bellissimo!
 
 
Draco non perse la fiducia, non smise di credere in lei nemmeno un secondo. In quel minuscolo attimo in cui le dita lunghe e fini di Astoria si posarono sulla bacchetta di legno lucido e scuro, il suo cervello disse che se lei avesse disarmato Potter,  lui l’avrebbe aiutata e avrebbe passato la sua vita in prigione per lei. Gli era bastato un infinito e minuscolo momento per capire che dipendeva dalla decisione di Astoria quali, là dentro, erano i suoi nemici e quali gli amici.
Con molta calma, Astoria levò la bacchetta dalla tasca del vestito. Fissava Harry Potter e l’eloquenza dei suoi occhi neri comunicava fortemente qualcosa a quelli di Potter.
Lui non si muoveva e fissava lo sguardo della giovane.
Nessuna delle guardie del corpo di Harry voleva iniziare uno scontro per primo, quindi spettava ad Astoria la prima mossa.
 
« Expelliarmus»
La candida vocina di Astoria vibrò nel tetro corridoio.
Aveva eseguito l’incantesimo di disarmo.
La luce rossa era schizzata fuori dalla sua bacchetta.
Solo che era stata puntata verso Dafne Greengrass.
« Cosa?!»
« Oh, andiamo Dafne. Davvero credevi che avrei fatto una cosa così stupida?»
Dafne Greengrass aveva perduto la sua bacchetta a un mezzo metro da lei e Ron Weasley fu abbastanza svelto da raccoglierla.
La stupidità della bellissima ragazza fu palesemente chiara a tutti, quando, invece di fingere che Draco fosse suo complice (cosa che lui stava per iniziare a temere), gridò:
« E ora che mi farete, eh? Ora che anche Draco è un bravo bambino. Sarai  proprio tu, Draco, a portarmi in prigione? O sarà il tuo nuovo migliore amico Harry Potter?».
Draco la degnò di un misero sguardo di pietà, poi si avvicinò ad Astoria e la trasse lontano dalla presa della sorella, facendosi scudo con la bacchetta alzata.
Astoria batté le mani, deliziata:
« Questo è stato molto pittoresco, Draco Malfoy!». La sua voce eccitata era pressoché fuori luogo.
Draco si decise ad ignorare il solito avvampo alla faccia e continuò a cercare di fare il serio.
« Smettila di chiamarmi così» disse a denti stretti, sussurrando in modo che Harry Potter non potesse sentirlo in certe frivole conversazioni.
Astoria gli donò un sorrisetto sghembo così grazioso che Draco sentì uno strano impulso provenirgli dal cervello.
Spaventato da se stesso, si irrigidì e si promise che avrebbe rimuginato a lungo sul pensiero che gli era venuto.
Fissò dritto la scena che gli si parava dinnanzi gli occhi, rendendosi conto che era piuttosto divertente:
 
« Mi arresterete?» l’aria spavalda di Dafne era quasi comica.
« No, se ci dirai esattamente chi è coinvolto nella faccenda di questi nuovi Mangiamorte e che piani avete. Se però ti troveremo di nuovo in loro compagnia, lo faremo» diceva una minacciosa Hermione Granger.
Dafne Greengrass, sentendosi alle strette, scese dal piedistallo morale che l’aveva sostenuta dentro di se fino a quel momento. Il suo viso divenne smunto e terrorizzato.
« Non c’è nessun gruppo di Mangiamorte»
« Che vorresti dire?»
« Abbiamo tentato di radunare qualcuno ma tutti sembrano felici della caduta del Signore Oscuro. Stupidi traditori. Siamo solo … ehm … Pansy Parkinson e io. Non abbiamo piani. Magari catturare Harry Potter per vedere se in lui c’è ancora traccia del Signore Oscuro …»
Di nuovo Astoria scoppiò in un risolino, che tuttavia rese udibile solo a Draco: « scommetto che anche se lo avessero catturato, non sarebbero state in grado di fare nulla. Mia sorella è intelligente come il fazzoletto che è nel tuo panciotto».
Draco la guardò male.
« Chi ti ha detto che puoi offendere il mio fazzoletto? Ha una coscienza. Ora non ti rivolgerà più la parola»
« Credo che vivrò anche senza chiacchierare con il tuo fazzoletto».
Di nuovo il luminoso sorriso imperfetto, che fece saltare alla mente di Draco quello strano pensiero di prima.
 
Dalla porta della Sala Grande spuntò un affannatissimo Lumacorno, che reggeva in mano uno stuzzicadenti dove probabilmente un tempo risiedeva una fetta di ananas candito.
« Buon cielo, ragazzi! Che ci fate tutti qua nascosti? Harry, ragazzo mio, non ti vedevo più, credevo che avessi abbandonato la festa senza nemmeno salutare! Via, venite dentro che sta per suonare la mezzanotte. L’ultimo ballo. È Natale, stiamo tutti assieme e  … oh, ma … signorina Greengrass! Che piacere! Sei un incanto! Ti mancava un po’ la tua affascinante sorellina? Unisciti a noi per le danze. Sarà un piacere, cara, un vero piacere!».
Sorrise allegramente sotto i baffoni a spazzola, invitando solertemente ognuno ad entrare.
Come Dafne riuscì a liberarsi da Lumacorno e a giustificare la sua immediata partenza, Draco non lo seppe mai, né mai se ne interessò.
La pista da ballo gli pareva ora più affollata e scintillante di prima. Tutti gli invitati erano in piedi, pronti a concedersi quell’ultimo volteggio cullati dalle note dell’orchestra.
Harry Potter si sistemò, con Ginny Weasley, nell’angolo della pista e risultò molto lontano da Draco; si concessero tuttavia un cenno del capo, con il quale si salutavano e si dichiaravano per sempre in tregua. Draco sentì che quel cenno sarebbe diventato come un’abitudine.
Quando la musica attaccò, Draco sentì le sue mani tremanti e tutto il suo corpo affetto da una strana frenesia che lo faceva sentire frettoloso da un lato e molto spaventato dall’altro.
Fra le braccia gli si era sistemato un uccellino non più indifeso o esile, ma gioioso e consapevole.
C’era qualcosa negli occhi di Astoria, che Draco non riusciva a capire e probabilmente, si disse,  non l’avrebbe capito mai.
Era una profondità inaudita, un livello così immenso dell’animo umano, che si sarebbe potuto comprendere solo in dieci vite passate ad immergercisi dentro con lo sguardo, perennemente.
Le note musicali vibravano e rendevano l’atmosfera ovattata.
D’un tratto non c’era più il Natale, la festa di Lumacorno, Dafne e Pansy e tutto il resto.
C’era solo la musica; la musica e quegli infiniti occhi neri. E poi i volteggi e le prese e i rispettivi corpi che si accudivano e si sostenevano a vicenda.
Il nastro invisibile che li legava attraverso la musica, li teneva ora stretti e indivisibili.
Qualcosa in quella piccola gazza ladra, l’aveva reso più forte, più consapevole delle sue capacità.
E mentre la guardava, Draco, si rese conto che non avrebbe avuto senso vivere la sua nuova vita con il suo nuovo io e senza Astoria Greengrass a sorreggerlo.
Non c’era più Harry Potter da denigrare, da sconfiggere, da battere.
Non c’era più suo padre da compiacere, sua madre da rendere orgogliosa.
Non c’era più Voldemort, né Bellatrix, né Tiger, né Goyle.
Niente di tutto questo valeva al confronto con quegli occhi dalla forma allungata, che nascondevano un antico e segreto modo di comunicare.
Niente era più prezioso di quelle esili braccia che si sostenevano a lui, volteggiando in quell’ambiente luminoso e scintillante.
E senza più curarsi delle buone maniere, di quello che era costume fare o di quello che gli altri si aspettavano da lui, quando il nastro di musica li rese più vicini, Draco la baciò.
Obbedendo al suo strano pensiero.
Fermi, in mezzo ai ballerini, le note erano ora le labbra, che si tenevano strette e danzavano la melodia più bella che Draco o Astoria avessero mai udito con le orecchie o con lo spirito.
Chi soavemente riportò quel dolce ballo alla realtà, furono i rintocchi cupi dell’orologio che batté la mezzanotte.
Mentre ogni coppia continuava a volteggiare sorridendo, Draco udì solo il dolce rumore delle sue labbra che si separavano da quelle soffici, storte e sottili di Astoria.
Usufruì per l’ultima volta della sua voce stizzosa e arrogante.
« Dici che vale come scusa per il mio comportamento increscioso, Astoria Greengrass?»
Astoria ci pensò su,increspando quelle piccole labbra che fino a un secondo fa le erano state rubate dal suo cavaliere.
Con un’espressione da folletto, mostrando i candidi denti, rispose: « Credo che possa bastare, Draco Malfoy»
 
 
 
--- l’angolo dell’autrice----
Ecco, posso piangere ora T3T
Ce l’abbiamo fatta, finalmente. Oooh Astoria quanto mi sono divertita con te, piccolo mio nuovo personaggio. Mi sono affezionata così tanto a lei che credo continuerò a scrivere qualcosa su loro due.
Ps
Risolvo un quesito che mi ero proposta di affrontare durante la storia ma che poi non ho avuto modo di spiegare: nel capitolo 13 “Necessità” Draco riesce ad entrare nella Stanza delle Necessità dove Astoria si stava sfogando con il pianoforte.
Questa voleva essere una riprova del fatto che Astoria in quel momento avesse bisogno della presenza di Draco e che la Stanza si fosse comportata di conseguenza.
 
Pps
Vi voglio bene çAç
 
Ppps: IMMENSO SPOILER: Draco e Astoria si sposeranno e avranno un figlio :°D

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Capitolo 20
*** diciotto anni dopo ***


(ATTENZIONE: ho pubblicato insieme gli ultimi due capitoli della storia. Fila a leggere il capitolo precedente a questo o ti perderai il finale. ^_^ questo è un capitoletto “bonus”)
 
Diciotto anni dopo
 
Se quella mattina di settembre fosse stata meno umida e freddina, probabilmente Draco non si sarebbe destato così presto, ma se ne sarebbe rimasto volentieri nella sua coltre comodamente imbottita.
Invece il freddo pungente dell’imminente autunno, gli soffiò nelle articolazioni verso le sette del mattino, appena in tempo per disattivare l’allarme della sveglia che avrebbe suonato di lì a pochi secondi.
Si rigirò nelle coperte, stiracchiandosi sperando di provare sollievo. Non fu granché: le coperte si erano impregnate dell’arietta mattutina. Anche una mancata presenza al suo fianco fece calare il suo umore appena consapevole. Aprendo gli occhi, Draco si accorse che il posto accanto al suo era vuoto.
Astoria era già in piedi.
Ovviamente.
Se lo aspettava che avrebbe reagito così.
Si alzò, provando a sgranchirsi anche in piedi. Si stropicciò gli occhi e quando si passò le dita sul mento, si accorse che la barba gli stava crescendo un po’ troppo. Si mise come promemoria il sistemarsi il pizzetto prima di uscire. Ora aveva un compito più importane da svolgere.
Scese le scale di legno facendo il meno rumore possibile per non svegliare chi probabilmente era ancora assorto nei suoi sogni.
Una figura longilinea con lisci capelli neri eccetto per due ciuffetti ribelli all’altezza degli zigomi, sedeva su un elegante sgabello di mogano, impeccabile e composta, dando le spalle a tutto il resto, se non a una finestra che si apriva sulla campagna, ancora poco illuminata.
 
« Preoccupata?»
Sentendo la voce di Draco, Astoria sobbalzò. Si voltò di scatto e subito i suoi occhi scuri approdarono nel porto sicuro che erano quelli grigi di Draco.
« Come facevi a sapere che ero qui?»
Draco sospirò.
« Beh, non è che tu sia poi così nascosta. E comunque, se non sbaglio, credo che siamo sposati da abbastanza tempo per dire di poter conoscere le tue abitudini. E il mio intuito da miglior marito del mondo, mi dice che qualcosa ti turba».
Astoria si abbandonò ad un sospiro, facendosi triste.
« Lo sai che cos’è»
« Certo che lo so»
« E allora … ?»
« Allora cosa?»
« Oh, Draco. Ha solo undici anni …». Gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime e anche la sua voce si era fatta roca.
Draco si chinò per raggiungere una mano della moglie, la prese, la fece alzare e insieme si sedettero sul divano color smeraldo del cucinotto, che li accolse morbidamente.
« Hai paura che non se la saprà cavare? Guarda che è un tipetto in gamba!»
« Oh, tesoro, lo so che lo è» poi, cercando di ricacciare il magone con un sorrisetto disse: « tutto suo padre».
« Oh si certo. Tranne quando fa le sue acide battutine».
Astoria rise, ma una piccola lacrima sfuggì al suo controllo.
« Mi mancherà tantissimo»
« Lo obbligherò a passare tutte le vacanze a casa»
« Draco! Non devi obbligarlo a fare niente»
Però la prospettiva la rassicurò un poco e si abbandonò alla morbidezza del divano, appoggiando la testa sul torace di suo marito.
 
Uno scalpiccio simile al galoppo di un cavallo fece la sua discesa per le scale di legno.
Nella cucina comparve sfrecciando un bimbo biondo, sempre in pigiama, che pareva impaziente di fare qualcosa.
« Scorpius Hyperion Malfoy!» la voce tuonante di sua madre sbucò da dietro il divano. « Si può sapere che cosa ci fai già alzato?»
Il ragazzino fissò i suoi vispi occhietti neri verso il punto da cui la voce si era dispersa.
« Non ho più sonno. E poi voglio arrivare presto al binario!»
« L’auto del ministero ci viene a prendere soltanto alle undici e il tuo treno è alle dodici. Quindi rilassati e vai a dormire», rispose la voce di suo padre.
« Va bene, allora vado a dare da mangiare ai piccioni»
« Sono pavoni, tesoro e per l’amor del cielo, Draco, ma tuo padre proprio non se li poteva tenere?»
« Credo che fossero un regalo, se non ti ricordi che l’ultima volta che siamo andati a trovarli hai dovuto usare l’incantesimo di appello su tuo figlio che non si voleva staccare da quelle bestie»
A Scorpius spuntò un sorriso furbetto da un angolo all’altro della bocca. Interpretò come un “si” tutto quel discorso e si precipitò a infilarsi un giacchetto per poter uscire a nutrire i suoi pavoni.
 
Quando inaspettatamente furono arrivate le undici, nonostante i bagagli di Scorpius fossero pronti dalla sera prima (e fossero stati accuratamente preparati con un minuzioso piano di giorni e giorni), Astoria sentì l’irrefrenabile bisogno di ricontrollare che ci fosse tutto.
Scorpius si era affrettato a salire sull’auto del ministero, mentre Draco si soffermò sulla soglia ad osservare Astoria che trafficava con il baule aperto.
« Non potevi compiere quest’estenuante operazione nel tempo che hai avuto dalle sette fino ad ora?»
« No. Mi pare ovvio che prima ci fosse tutto. Adesso invece non c’è niente!»
« D’accordo. Lo vedo fin da qui che è vuota. Oh, tesoro, ti è caduto un nessun-maglione. Vieni ti aiuto a ripiegarlo e metterlo in questa valigia senza niente dentro».
Così dicendo si avvicinò con aria seria ad Astoria e si mise a ripiegare il maglione caduto.
Astoria lo guardò intensamente con un sopracciglio alzato e uno strano sorrisetto sghembo dipinto in volto.
Caricarono dunque il bagaglio nell’auto e riuscirono ad arrivare sani e salvi alla stazione di King’s Cross.
Come sempre era pieno zeppo di Babbani ma anche una volta attraversata la barriera del binario 9 ¾  l’affollamento di maghi e streghe era notevole.
La famiglia si sistemò attorno ad una panchina miracolosamente ancora libera.
« E mi raccomando di non dare troppa confidenza al professore di Erbologia, eh Scorpius»
« Oh, papà, me l’hai detto così tante volte che finirà per starmi simpatico»
Draco si rabbuiò un istante. Astoria lo notò e cercò di vedere anche lei che cosa, fra la folla, lo avesse turbato.
« Qualunque cosa» continuò Draco, fissando un punto preciso « ma non fare amicizia con quella bambinetta là con i capelli rossi. E vedi di essere più bravo di lei almeno a Pozioni …»
Astoria rise di gusto, dinnanzi all’espressione corrucciata del marito.
« Oh andiamo Draco. Smettila di dire scemenze. Scorpius non ascoltare tuo padre quando dice fesserie»
« Quindi in conclusione devo evitare il professore, la ragazzina che non ho nemmeno visto, tutti e due o nessuno dei due?»
« Esattamente quello che vuoi, tesoro»
Disse Astoria dando un notevole pizzicotto sul braccio di Draco, che la guardò di sottecchi.
Draco fissò nuovamente in direzione della famiglia dei Weasley, Ron e Hermione, che aveva scorto un attimo prima ma si ritrovò nell’esatta traiettoria dello sguardo di Harry Potter.
Era passato molto tempo dall’ultima volta che lo aveva visto. La sua mente si impigliò in un ricordo che concerneva una strana musica e il Natale.
Come trasportato da un legame invisibile, il suo capo si abbassò in un brusco cenno di saluto, che Potter ricambiò.
 
« Papà, non è vero che il nonno mi disconoscerà se non mi mettono in Serpeverde, vero?»
« Tuo nonno è solo rincitrullito. Basterà che tu non finisca in Grifondoro e poi per me è a posto»
« Draco!»
« Che ho detto?!»
E poi il capostazione iniziò a fischiare e tutti dovettero sbrigarsi a salutare i genitori e a salire con il bagaglio sul treno.
L’Espresso di Hogwarts si preparava a partire di nuovo, carico di nuove storie e nuovi intrecci che nel magico castello e nel corso degli anni, si sarebbero tessuti.
Draco Malfoy e Astoria Greengrass salutarono il frutto del loro amore dirigersi nel nido dove questo era sbocciato.
Sarebbe stato bene, su questo non c’erano dubbi.
 
 
--- L’angolo dell’autrice-----
Yeeeee un cucciolino! Un cucciolino!
Visto che ormai non avrò più occasione di farlo, scriverò qui quel che è successo in quei diciotto anni: alla fine dell’anno scolastico Draco sostenne i suoi M.A.G.O. e ovviamente il suo voto a Pozioni fu ottimo. Non credo che alla fine Draco sia diventato un Pozionista, credo invece che possa essere un ottimo ispettore per un ufficio del Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici. Se scriverò mai un sequel, probabilmente sarà lì che lavorerà.
Astoria non lo so, ma vedrò di inventarmi qualcosa (e di idee me ne frullano parecchie in testa ;D)
Che dire. È stato un vero piacere intraprendere questo viaggio.
Non avevo mai scritto fan fiction su Harry Potter per timore di ingarbugliarmi con la trama dei libri, che ammettiamolo, è abbastanza complicata. Temevo che qualcuno mi avrebbe denigrata per il mio stile banale e la mia storiellina rose e fiori. Invece quelli che hanno recensito sono stati tutti gentilissimi e buonissimi con me.
Spero che questa piccola storiella vi sia piaciuta e spero di avervi un pochino coinvolti nella lettura (sai che p*lle sennò, a leggere una cosa noiosa!).
Vi saluto con tutto il cuore e spero di potervi ringraziare uno per uno nelle recensioni!
<3
Vi voglio bene!
 
Nerina
(o Mortino il lemure, per gli amici xD… scherzo, non prendetemi sul serio)
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