Voglio salvarti di Ortceps (/viewuser.php?uid=457601)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Cinquant'anni in una settimana ***
Capitolo 2: *** 2 - Antico rispetto ***
Capitolo 3: *** 3 - Incontri e incubi ***
Capitolo 4: *** 4 - Irruzione in camera mia ***
Capitolo 5: *** 5 - Lezione di magia con scommessa ***
Capitolo 6: *** 6 - Poseidone ***
Capitolo 7: *** 7 - Addio al nostro segreto, ma prima il ballo ***
Capitolo 8: *** 8 - Il mio piano lo devo sapere solo io ***
Capitolo 9: *** 9 - Mercenari ***
Capitolo 10: *** 10 - La -Non mi Servi Più di Dieci Minuti- si rompe... ***
Capitolo 11: *** 11- Il sapore freddo e sadico dell'odio ***
Capitolo 12: *** 12 - Lacrime di coccodrillo ***
Capitolo 13: *** 13 - Eragon, Saphira e Orrin ***
Capitolo 14: *** 14 - L'eredità del potere ***
Capitolo 15: *** 15 - Il suo alito puzza di alcol ***
Capitolo 16: *** 16 - Sono un ladro ***
Capitolo 17: *** 17 - Menzogne nell'antica lingua ***
Capitolo 18: *** 18 - Oromis e Glaedr ***
Capitolo 19: *** 19 - Sepoltura e fuga ***
Capitolo 20: *** 20 - Resterò con te questa notte ***
Capitolo 21: *** 21 - Il guerriero dei fulmini ***
Capitolo 22: *** 22 - La fine è l'inizio di una nuova era ***
Capitolo 1 *** 1 - Cinquant'anni in una settimana ***
Questi
personaggi non mi
appartengono, ma sono proprietà di Christopher Paolini;
questa storia è stata
scritta senza alcuno scopo di lucro
VOGLIO
SALVARTI
1
– Cinquant’anni in una settimana
Una
settimana di vacanza e
torno a quella che ora è la mia vita, ero una ragazza
piuttosto ordinaria
andavo a scuola, quest’anno dovrei iniziare la seconda
superiore. Avevo una
vita completamente normale, certo ma poi tre mesi fa è
successo l’impensabile;
la mia vita ha preso una svolta inaspettata e desiderata. Niente era
più come
prima, era diventato tutto emozionante, adrenalinico e molto duro; non
per
vantarmi ma non tutti riuscirebbero a sopportare quello che ho
sopportato io,
ma avevo un obbiettivo… ho un obbiettivo e farò
di tutto per portarlo a
termine.
Una settimana lontana dal
palazzo reale, lontana da questo mondo e ora torno per assolvere i miei
compiti,
com’è giusto per un cavaliere nei confronti del
suo re.
“Guarda lo vedo, siamo
vicine” dico alla mia compagna che sbuffa
eccitata.
Da lontano il palazzo non
sembra quello di sempre, non si vedono i tredici draghi appartenenti ai
servi
di Galbatorix, c’era sempre movimento in quel palazzo e ora
sembra
addormentato; poi eccolo un puntino rosso in lontananza.
“Dev’essere il drago di
Morzan” sento
Ignem disgustata, sorrido.
“Quel burattino senz’anima”
ha perfettamente ragione, tutti i draghi
dei tredici rinnegati non hanno anima.
Più ci avviciniamo più noto le
dimensioni del drago, è più grande della mia
compagna ma più piccolo di quello
di Morzan, sembra avere ancora i lineamenti da cucciolo; non sciolgo
l’incantesimo
che ci rende invisibili e atterriamo con grazia poco lontano dalle
mura.
Entro nel castello e mi dirigo
verso la sala del trono; una parola e le enormi porte si aprono. Il re
è seduto
sul suo trono con una coppa di vino in mano e lo sguardo assorto
puntato in un
angolo indefinito della stanza, Shruikan è sdraiato dietro
il trono; mi rendo
visibile e continuo fiera la camminata, fermandomi solo a cinque passi
dal
soppalco in cui è situato il trono.
“Murtagh?” La voce di
Galbatorix è assorta come il suo sguardo.
“Aspettavate qualcun altro?”
Chiedo; alza lo sguardo e mi osserva stupito, indosso ancora i vestiti
che si
usano sulla Terra: pantaloncini militari che mi arrivano sopra il
ginocchio,
delle All Star alte, grigie e nere, una canottiera verde come i
pantaloncini,
che lascia in mostra le mie braccia snelle ma forti.
“Anna?”
“Non mi aspettavate sire? È
passata una settimana, come stabilito”
“Una settimana!” la sua voce è
ironica e rabbiosa.
“Sì una settimana” rispondo
calma, ride nuovamente.
“Dove sono gli altri
cavalieri?” Chiedo, curiosa.
“Morti”
“In così poco tempo sono morti
dodici cavalieri”
“Tredici”
“E allora quello fuori non è
il drago di Morzan?”
“No, è morto”. Morzan è
morto,
ma che bella novità; storco il naso.
“Sembri triste, non sarà per
lui?” Rido a quella domanda.
“Avrei solo voluto ucciderlo
di persona” Rispondo sprezzante, ora è Galbatorix
che ride.
“Mi ricordavo il tuo
carattere, eri uno dei miei cavalieri preferiti” Si, ero la
seconda, dopo
Morzan; lo avevo sempre odiato, in tutti quei tre mesi che avevo
passato al
palazzo reale, dopo essere diventata cavaliere, lui era stato il mio
insegnante
oltre a tutti gli altri cavalieri; in tre mesi li avevo superati tutti,
tutti
tranne lui; lui che restava il primo al servizio del re. Volevo
batterlo e
guadagnarmi così la stima e la fiducia di Galbatorix; era ed
è un desiderio
incomprensibile, ma volevo essere la migliore, lo voglio ancora!
“Come sono morti? Uccisi da
voi, sire, perché volevate rimanere
l’unico?” Mentre dico queste parole faccio
qualche passo indietro e poso la mano sull’elsa della spada,
una delle poche
spade bianche esistenti; non me ne separavo mai, rimaneva celata agli
occhi
degli altri grazie ad un incantesimo, ma restava lì. Sempre.
“Non ucciderei mai i miei
cavalieri!” ribatte con tono fermo.
“Allora come sono morti?”
“In guerra”
“Di chi è il drago qui fuori?”
Fa un gesto di stizza con la mano.
“Non stavamo parlando di
questo, ma della tua assenza prolungata….. potresti aver
sbagliato le parole
per pronunciare l’incantesimo che ti avrebbe portato
qui” Improbabile ma …
“Forse, non so esattamente
com’è andata”
“Non ti preoccupare, lo
scopriremo…. Capiti a proposito, sai?”
“Veramente no, perché? È
successo qualcosa?”
“Si, ne discuteremo più tardi;
ma ora che sei qui gli eventi stanno per prendere una piega a nostro
favore”
risponde con un sorriso soddisfatto “Se vorrai ancora
servirmi” continua.
“Naturalmente! La mia lealtà
non è da mettere in dubbio” Rispondo prontamente.
“Bene, ora vai pure a
riposarti; parleremo più tardi di questi
cinquant’anni” non può essere passato
così tanto tempo, no niente è impossibile, dovrei
averlo imparato; mi avvio
verso la porta.
“Ah Anna, ricordi il drago qui
fuori? Il suo cavaliere è il figlio di Morzan
….”
“Da quanto è cavaliere?”
“Un mese”
“E il suo drago è così
grande?!”
“Ho
dovuto accelerare la sua crescita con la magia, i recenti avvenimenti
mi hanno
costretto; ma ne parleremo più avanti….. Quello
che volevo dirti è di non
rivelare a nessuno chi sei e che sei un cavaliere di drago, nemmeno da
dove
vieni, ho intenzione di fare una sorpresa a tutti… Potrai
usare la tua vecchia
stanza, è rimasto tutto come l’hai
lasciato” annuisco ed esco dall’enorme sala.
Note
dell’autrice: Salve a tutti, spero vi sia
piaciuta… Questo è solo
il prologo e non si capisce ancora bene il contesto, ma si
capirà presto;
lasciatemi i vostri commenti.
Grazie
|
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Capitolo 2 *** 2 - Antico rispetto ***
VOGLIO
SALVARTI
2
– antico rispetto
“Hai sentito Ignem? Morzan ha avuto un
figlio, che bambino fortunato”
Sopprimo a malapena una
risata, mentre la mia dragonessa sghignazza mostrandomi tutto il suo
disdegno
per quello che un tempo era uno dei nostri maestri. Ora nessuno avrebbe
potuto
fermarci, saremmo cresciute e avremmo dominato sull’impero
accanto a
Galbatorix, o almeno fino a quando non avremmo sconfitto anche lui.
Cammino veloce per i corridoi
fino a quando arrivo alla mia porta, la apro; è tutto in
ordine, non c’è
nemmeno l’ombra di un grammo di polvere.
Mi siedo sul bordo del letto e
mi guardo attorno, forse non ho fatto così male ad arrivare
in questo momento,
c’è una guerra in corso e a me il sangue piace
molto. Troppo.
“Cosa credi sia successo?”
“Non ne ho la più pallida idea, comunque non mi
piace doverti tenere
nascosta; prima ci temevano” Penso mentre mi
stendo sul letto a braccia
aperte sul letto a baldacchino e osservo le venature dellegno.
“Lo faranno ancora, sai che
Galbatorix ha sempre in mente qualcosa e
non sarà niente per deboli di cuore”
“Vero, ma l’attesa mi snerva; io voglio combattere,
non ho potuto farlo
per una settimana perché altrimenti ai miei genitori sarebbe
venuto un colpo;
non che mi importi più di tanto, ma non ho intenzione di
ascoltare prediche”
Mi rimetto in piedi e apro
l’armadio, alcuni vestiti lunghi mai usati, maglie, pantaloni
e la mia adorata
armatura; passo la mano sul freddo metallo, un brivido mi corre lungo
la
schiena e un mare di ricordi mi invade.
Qualcuno bussa alla porta
interrompendo il flusso dei miei pensieri.
“Chi è?” Chiedo scocciata.
“Sono la sua nuova cameriera”
Una vocina esile proviene da dietro la porta.
“Il re mi ha informato della
sua situazione”
“Entra” dico seccata, una
donna di trent’anni, circa, varca la soglia e richiude la
porta dietro di se.
“Esattamente su cosa sei
informata?” Quella alza lo sguardo, mi guarda visibilmente
stupita e poi torna
a fissare il pavimento.
“Che lei è un cavaliere dei
draghi” Un sussurro per paura, la fisso un po’
stupita ma poi la mia attenzione
si sposta sulla finestra, percorro la stanza e mi affaccio.
“Bene, allora preparami un
bagno”
“Sì signora” La donna scompare
dietro la porta che cela la stanza da bagno; mi ha chiamato signora,
questo mi
da piuttosto fastidio, prima tutti mi chiamavano cavaliere.
“Lo faranno ancora”
“Sì, lo so, ma mi da fastidio”
Dopo qualche minuto la donna
ritorna e mi fa strada, mi spoglio ed entro nella vasca ricolma
d’acqua calda,
la congedo dicendo che la chiamerò quando avrò
bisogno.
Immergo la testa e bagno i
capelli corti, resto nell’acqua per un tempo indefinito; esco
solo quando
questa si raffredda, mi asciugo velocemente e mi vesto con i consueti
vestiti
di questo mondo; lascio i capelli bagnati e scompigliati sulla testa.
Uno sbadiglio mi interrompe
mentre cero di allacciare la cintura con la spada, dopo essermi
completamente
vestita chiamo la mia cameriera.
“Portami la cena….”
“Miana, signora” Risponde
prontamente colmando la mia lacuna.
“Bene, portami la cena Miana”
“Signora, il re ha chiesto la
sua presenza alla sua tavola”
“Quando inizierà il banchetto
del re?”
“Quando è pronta, ma il re non
ha organizzato un banchetto, credo che sarete solamente voi
due”
“Cosa aspettavi a dirmelo”
Dico acida.
Passandogli a fianco mi dirigo
con passo svelto verso la sala che solitamente il re usa, usava, come
sala da
pranzo; entro senza bussare, Galbatorix non sembra sorpreso di questo
mio poco
rispetto per l’etichetta.
“Vieni cara, accomodati” con
un geto della mano indica la sedia accanto alla sua, l’unico
altro posto
apparecchiato; mi siedo e appoggio i gomiti sul tavolo intrecciando le
dita
davanti alla faccia, appoggio il mento sulle mani unite e domando:
“Presumo che mi abbia chiamato
per riferirmi gli avvenimenti accaduti nel lasso di tempo in cui sono
stata
via, o mi sbaglio?”
“No, non ti sbagli; cosa
vorresti sapere?”
“Tutto” Rispondo.
“Come ti ho detto prima tutti
i cavalieri che mi servivano sono morti, scontrandosi con la poca
resistenza
ancora rimasta; la buona notizia è che però anche
i Varden hanno perso tutti i
loro cavalieri…. E così era fino a poco tempo fa;
erano rimaste solo tre uova
di drago: una verde, una rossa e una blu, l’uovo del colore
del cielo è stata
rubata e da essa è nata una dragonessa; lei e il suo
cavaliere si sono uniti ai
ribelli e nella loro prima battaglia hanno riscontrato un grande
successo”
“Non potevate mandare il
figlio di Morzan a uccidere il ragazzo… o ragazza”
“No, non uccidere, non potrei
mai sprecare un così giovane, futuro alleato” Sta
già pregustando il momento in
cui potrà averlo ai suoi ordini.
“Catturarlo, allora”
“E così ho deciso, il problema
con Murtagh è che io e lui non la vediamo allo stesso modo;
pochi mesi fa è
addirittura scappato per aiutare il nuovo cavaliere, Eragon; ho dovuto
persino
far saltare la copertura di due mie spie che si erano infiltrate nella
resistenza per riportarlo qui. Adesso, però, conosco il suo
vero nome e lui mi
ha giurato fedeltà; quindi spero che non
commetterà più sciocchezze”
“Se ha preso da Morzan, non ne sarei
così sicura” penso rivolta a
Ignem.
I servi iniziano a portare in
tavola il cibo; ceniamo senza più parlare, solo quando la
tavola è stata
sparecchiata chiedo:
“Quando potrò rivelare la mia
presenza?”
“Pazienza, ci sarà tempo per
tutto; comunque presto, adesso il ragazzo è ancora inesperto
ed è dagli elfi
per istruirsi, mentre lui è via i Varden sono senza difese
ma si stanno
spostando nel Surda e crediamo che da lì vogliano marciare
sulle pianure
Ardenti; sarà in quelle lande che li affronteremo, ma
dobbiamo aspettare il
ritorno del ragazzo in modo da catturare lui e annientare la
resistenza”
Quelle parole mi fanno
sorridere, presto avrei riprovato l’ebrezza della battaglia e
del sangue.
“Quanto manca al ritorno del
ragazzo?”
“Una, due
settimane”
NOTE
DELL’AUTRICE: Spero che anche
questo capitolo vi sia piaciuto, ringrazio tutti coloro che mi hanno
lasciato
una recensione e che hanno già messo la storia tra le
preferite e le seguite.
Spero di sapere cosa ne pensate.
Ciao
|
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Capitolo 3 *** 3 - Incontri e incubi ***
VOGLIO
SALVARTI
3
– incontri e incubi
“Ora
Anna, vai pure, ci siamo
dilungati anche troppo” mi alzo, chino la testa in un leggero
inchino in segno
di rispetto ed esco; il corridoio è buio, poche fiaccole lo
illuminano.
Inspiro profondamente e
l’odore di granito mi impegna le narici, la pietra lascia
filtrare l’aria
fredda nel castello ed essa non presenta alcuna traccia
d’odore tranne quello
freddo e tagliente della pietra.
Poggio una mano su una lastra
fredda e liscia; percorro con un dito le venature della pietra,
picchiettandone
la fine con la punta di un’unghia ; ci sono solo due guardie
d’avanti alla
porta della sala dove in questo momento si trova il re, entrambi sono
immobili
e allora perché sento il ticchettio di un paio di stivali
con la suola in
ferro? Libero la mente e mi predispongo all’ascolto; il
ticchettio si fa più
nitido, lo sento avvicinarsi da destra, sporgo l’orecchio in
quella direzione e
cerco di identificare dal passo a chi appartengano quegli stivali.
Un passo svelto e sicuro, da
soldato, uno svolazzare di mantello e il tintinnio di una spada.
“Il cavaliere”
Dice Ignem nella mia mente con tono sospettoso.
“Galbatorix ci ha congedate prima
del tempo, non voleva che
incontrassimo il ragazzo; adesso visto che mi sono trattenuta i suoi
piani sono
falliti e stiamo per incontrarlo”
“Signorina si sente
bene?” Una
guardia mi osserva
preoccupato; è giovane ed ha un bel viso, ma in questo
momento riesce solo a
farmi innervosire; gli stivali si avvicinano ancora e stanno per girare
l’angolo.
“Cosa facciamo?” Chiedo
a Ignem, è indecisa, lo sento; non sa se
sarebbe meglio allontanarsi o restare per vedere il cavaliere.
“Entrambe le
possibilità” Rispondo entusiasta.
“Tutto bene, grazie” Rispondo
alla guardia, che ancora mi fissa, con un sorriso invitante ed esso
ricambia.
“Arrivederci” Saluto tenendo
sul viso quel sorriso innocente che inganna tutte le persone; mentre mi
avvio
verso l’altro lato del corridoio vicino alle colonne, il buio
mi avvolge
completamente e così riesco a celarmi agli occhi di tutti
quelli che per me
sono illuminati dalle fiaccole.
Prima che il cavaliere arrivi
vedo la guardia più giovane sbadigliare e grattarsi il mento.
“Il castello non è
più lo stesso” Commenta Ignem indignata
dallo
sbadiglio della guardia, non smetto mai di sorprendermi per quanto la
mia
compagna sia così precisa su queste cose.
“Sei troppo rigida non sono micca in
guerra”
“Stanno sorvegliando il re, non vorrei nemmeno pensare a cosa
potrei
fargli se stessero proteggendo te e non Galbatorix; si troverebbero
senza
braccia e gambe”
“Stai calma furia, se è
sempre così quando cercheremo di prendere il
potere e uccidere il re sarà più facile e
noi…”
Qualcosa interrompe il flusso dei nostri
pensieri; una coscienza che
non ho mai sentito prima, come dei tentacoli neri, cerca di capire chi
sta
comunicando; appena avverto quel contatto mi ritraggo nei confini
sicuri della
mia mente; non credo che sia riuscito a capire bene ed a imprimersi
nella
memoria la conformazione della mia mente.
“Strano” Sento sussurrare da
qualcuno poco distante da me; alzo lo sguardo e vedo innanzi alla porta
della
sala dove mi trovavo poco fa, un ragazzo alto, coi capelli neri e
leggermente
lunghi, un fisico non esageratamente muscoloso ma atletico e scattante;
non
riesco a vederlo negli occhi, c’è troppo buio.
Si guarda attorno pochi
istanti e poi entra nella stanza, dove presumo che Galbatorix lo
attenda;
sospiro, che delusione speravo di farmi un’idea
più precisa sul cavaliere
misterioso; a questo pensiero mi viene da ridere, potrei benissimo
essere io il
cavaliere misterioso.
“Delusa? Come mai?” Mi
chiede Ignem curiosa.
“Non lo so, assomiglia molto a
Morzan, ma è diverso allo stesso tempo”
“In che senso?”
“Nell’atteggiamento, il modo in cui cammina e la
voce; la voce è
diversa!”
“E questo cosa importa?” Mi chiede ancora
confusa; nemmeno io
riesco a capire cosa potrebbe interessarci, ma mi hanno insegnato ha
trovare
ogni più piccola peculiarità del mio nemico per
sapere come distruggerlo; ogni
cosa può essere importante.
“Ma lui non è nostro
nemico” Ribatte Ignem seguendo il flusso dei
miei pensieri.
“Non ancora” Sentenzio io
mentre riprendo la strada per la mia camera; è sera e ho
bisogno di riposarmi,
domani riprenderò il mio allenamento.
Chiudo la porta dietro di me,
senza ascoltare la cameriera che mi augura buona notte; mi passo una
mano tra i
capelli trovandoli ancora umidi, sinceramente non mi interessa proprio.
Mi
butto sul letto senza svestirmi e affondo il viso nel cuscino, chiudo
gli occhi
e aspetto che il sonno sopraggiunga; al contrario di quello che mi
aspettavo
non riesco ad addormentarmi, c’è qualcosa che mi
tormenta e non capire cosa è
ancora peggio.
Mi metto a sedere sul bordo
del letto e prendo il libro posato sul comodino, lo apro alla pagina
col
segnalibro e riprendo la lettura da dove l’avevo lasciata,
leggo per una o due
ore fino a quando le palpebre iniziano a farsi pesanti, chiudo il libro
e cerco
nell’armadio la mia camicia da notte, quando la trovo mi
spoglio e la indosso; mi
arriva al ginocchio e lascia le braccia completamente scoperte,
è di un colore
bianco sporco e ho sempre odiato metterla perché mi fa
sentire vecchia, è
passata di moda da un secolo nel mio tempo.
“Non riesci a dormire
cucciola?”
“No, sto bene; ma c’è qualcosa che mi
tiene sveglia, non preoccuparti
non è niente di grave”
“Casa c’è che non va?”
“Non lo so, è tutto così…
così strano”
Sospiro affranta.
“Cerca di dormire, prova a sdraiarti
a letto”
Faccio come dice e spengo la
candela sul comodino; il buio mi avvolge ma non abbastanza da farmi
addormentare. Ignem entra
nella mia
mente e assorbe tutti i miei pensieri lasciandomi la mente vuota e
l’unica cosa
che mi rimane è la stanchezza; in poco mi addormento cullata
dal buio, fitto
attorno a me. Sorrido per quanto Ignem sia protettiva nei miei
confronti.
***
No!
No, dove mi trovo? Non
vedo nulla, nulla al di fuori del buio; non sento nulla, nemmeno Ignem.
“Dove sei?!” Grido, la paura
si sta facendo più fitta, quasi palpabile.
“Aiutami” Dov’è?
Ora riesco a sentirla, ma dov’è? È
orribile
sentirla soffrire ma non poter far niente. Corro nel buio, corro in
preda al
panico, non so nemmeno dove.
“Anna, aiutami!”
Ora è vicino, la sento; è qui, è qui;
il buio si
sfalda e quello che vedo è orribile:
un drago del colore del mare
azzanna la mia compagna di cuore e di mente; un morso al collo e il
sangue
sgorga, sento il suo dolore scorrermi per le membra e bloccarmi il
respiro.
Un urlo selvaggio prorompe
dalla mia bocca, afferro la spada e corro verso Ignem; ormai le sono a
fianco
ma il drago azzurro non intende fermarsi e si butta su di me con
ferocia, ormai
è a un soffio da me…
Spalanco gl’occhi e la luce
della luna mi riempie lo sguardo, una leggere brezza notturna mi soffia
sul
viso asciugandomi il sudore, sono sudata! Non sudavo per un incubo da
quando…
Non ricordo più da quando. Levo le coperte e il freddo mi
congela, infilo due
dita nel colletto della camicia e lo slaccio per riuscire a respirare
meglio,
mi affaccio alla finestra, le stelle e la luna illuminano il cielo; ho
sempre
adorato gli astri, hanno il colore di Ignem, del mio cuore.
Sospiro, non ho paura, non ne
ho più da tempo, non per me almeno. I sogni possono deviare
dalla realtà, lo so
bene e chi manipola meglio i sogni di Galbatorix? Ma forse non
è stato lui,
forse sì; sicuramente so che non posso permettere a nessuno
di fare del male a
Ignem, lei è mia e nessuno può toccarla; staremo
per sempre insieme, io e lei…
Noi.
“Brutti sogni cucciola?”
Si è svegliata, non volevo svegliarla; ora
mi sento tremendamente in colpa, che cosa stupida; ho ucciso molte
persone e non
mi sento in colpa, ma lei è più importante di
qualsiasi altra cosa.
“Sì, ma niente di cui tu
debba preoccuparti; molto probabilmente sono
trucchetti di Galbatorix, devo imparare a mantenere il controllo
mentale anche
mentre dormo” Dico pensierosa.
“Sì, ma pensiamoci
domani” Dice assonnata, la lascio scivolare
nuovamente nel sonno.
Torno anch’io a letto, chiudo
gl’occhi e mi addormento in poco, a differenza di qualche ora
prima, il mio
sonno non viene disturbato da nessun sogno e riesco a riposare.
NOTE
DELL’AUTRICE: Salve a tutti,
ringrazio come sempre chi segue e recensisce la storia: GRAZIE. Spero
che il
capitolo vi sia piaciuto; come avrete notato è un
po’ più lungo degli altri, li
preferite di questa lunghezza o è meglio più
corti?
Ciao e ancora grazie
|
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Capitolo 4 *** 4 - Irruzione in camera mia ***
VOGLIO
SALVARTI
4
– irruzione in camera mia
Toc.
Toc. Toc.
Un leggero bussare mi sveglia
dal mio sonno ristoratore; apro gli occhi per un secondo ma li richiudo
subito,
colpita dalla luce abbagliante del sole, ho dormito fino a tardi,
è quasi metà
mattina?
“Chi è?” Chiedo rimandando
indietro uno sbadiglio, ho gli occhi ancora chiusi ma la voce che sento
mi fa
sobbalzare.
“Credo sia meglio che vi
rivestiate” La voce di Morzan, quasi uguale se non fosse per
quella nota di
tristezza che sostituisce la presunzione del padre. Ed ecco il figlio
di
Morzan, non ricordo come si chiama, Galbatorix me lo aveva detto?
Pazienza lo
scoprirò tra poco. Apro gli occhi senza, però
posare lo sguardo su di lui, è
entrato senza che gli dessi il permesso, guardo in alto pensando a cosa
rispondere al figlioletto di quell’idiota.
“E io credo che voi dovreste
restare fuori dalle stanze delle ragazze” Rispondo ironica,
questa storia
inizia ad incuriosirmi.
“Non è per mia volontà se sono
qui” Risponde leggermente seccato.
“Di chi, allora?” Domando
incuriosita.
“Del re” Risponde sputando
quelle due parole; sospiro ancora.
Alzarsi o non alzarsi? Questo
è il dilemma. Scoppio a ridere, molto probabilmente ora il
ragazzo deve
chiedersi perché questa pazza rida; blocco subito la risata
tornando seria.
Scendo dal letto dando la
schiena al cavaliere misterioso e cerco a terra i vestiti, li raccolgo
chiedendo nel frattempo cosa volesse il re da me.
“Non lo so, vuole solo che vi
accompagni”
Qual è lo scopo di Galbatorix?
Prima mi chiede di non dire niente di me e di non mostrarmi al nuovo
cavaliere,
poi lo manda a farmi da scorta. Che cosa avrà in mente? Ma
il bello sta nel
scoprirlo.
Entro nella stanza da bagno e
mi cambio, non indosso la cintura con la spada per non destare
sospetti; già
vedere una ragazza vestita da uomo può insospettire
chiunque, ma non indosserò
quegli scomodi vestiti. Evito di contattare Ignem, il ragazzo potrebbe
accorgersene e non voglio correre questo rischio.
Quando esco dalla sala da
bagno trovo il cavaliere che curiosa nel mio comodino; è
girato di schiena e
percorre con un dito i bordi della copertina del libro che avevo letto
ieri.
“Cosa fate?” Chiedo
leggermente irritata, lui si blocca
e si
volta verso di me; in quel momento riesco a vedergli gli occhi: neri
come la
notte, neri e profondi. Diversi da quelli del padre, uno azzurro e
l’altro
nero; non li ricordo esattamente, ma l’occhio nero non
è uguale a quello del
figlio, il suo brillava d’odio, odio puro e semplice.
“Scusa” ribatte leggermente
sconcertato dal mio abbigliamento; chi credeva di avere davanti? Una
timida
ragazzina? Se pensava questo si stupirà.
“ Andiamo?!” Domando, seccata
da quello sguardo inquisitore che non vuole spostarsi dal mio viso.
Scosso
dalla mia voce annuisce e si avvia alla porta precedendomi; lo seguo a
qualche
passo di distanza, nel corridoio inondato di luce; le finestre lasciano
entrare
i raggi del sole che mutano completamente l’aspetto del
palazzo, godo nel
sentire il sole scaldarmi il viso e accelero il passo per restare
dietro al
cavaliere misterioso.
“Miei cari” La voce del re prorompe dal trono, vedo
Shruikan alzare una palpebra e scoprire quegli immensi occhi azzurri e
colmi
d’odio.
“Sire; ecco la ragazza, come richiesto” Risponde il
cavaliere rigido e freddo. Soffoco una risata a quel comportamento,
è un
ribelle? Forse, lo scopriremo presto e scopriremo anche in quanto tempo
la sua
ribellione verrà soffocata; devo ricordarmi di dirlo a
Ignem, ci divertiamo
sempre a fare scommesse di questo tipo; peccato che lei non possa
ascoltare in
questo momento, ci troverebbe sicuramente qualcosa di divertente.
“Grazie Murtagh” Ecco il nome del cavaliere
misterioso, devo ricordarmelo; tutti questi nomi strani sono ardui da
ricordare, già non sono brava con quelli consoni del mio
mondo…
“Ora puoi andare” Continua il re, Murtagh esibisce
un inchino rigido e si gira per uscire; mentre cammina verso il portone
mi
lancia un’occhiata che non riesco a interpretare, sembra
diffidente ma al
contempo preoccupato, non ho mai visto quell’espressione sul
volto di Morza. Lo
guardo allontanarsi con un passo svelto e vedo la porta chiudersi
dietro di lui
con un tonfo secco.
“Come hai trovato Murtagh?” Mi domanda Galbatorix
appena i passi fuori dalla porta non sono più udibili,
scuoto la testa
disinteressata.
“Non credo di poter avanzare un giudizio, non
abbiamo praticamente parlato”
“Un’idea dovrai pur essertela fatta”
“Impudente” Rispondo, leggermente seccata
dall’insistenza del re.
“Impudente?” Domanda perplesso, annuisco.
“È entrato nella mia stanza mentre
dormivo”
Galbatorix ride di gusto.
“Questo, penso che sia colpa mia; avevo molta
fretta di farvi incontrare” Lo guardo cercando di decifrare
la sua espressione.
“Non capisco,
prima non volete che si sappia di me e poi siete ansioso
che lo
incontri; quali sono i vostri obbiettivi?” Che
mentalità contorta può essere
questa?
“Certo, devi conoscerlo; sarà tuo compagno di
addestramento, in un futuro… prossimo. Detto questo ti
consiglio di riprendere
al più presto il tuo allenamento; puoi usare
l’arena piccola, non sarai disturbata
da nessuno e lì puoi trovare tutto quello che ti serve. Per
quanto riguarda il
pomeriggio ho altri progetti per te…” Odio quando
lascia le frasi a metà,
facendo in modo che sia io ha chiedere cosa intende.
“Quali, sire?” Domando.
“Andrai con Murtagh, ad una lezione di magia”
“Chi sarà il nostro istruttore? Prima era Morzan,
ma dubito che possa tornare dal regno dei morti” Dico
sprezzante; odiavo e odio
il mio maestro, sapeva sempre come umiliarmi, come farmi sentire
inferiore,
anche quando non lo ero.
“I gemelli” Risponde il re in tono che non ammette
altre domande; con un gesto mi congeda e io eseguo gli ordini.
Mi reco nella minuscola arena che il re ha
appositamente contornato di alte pareti in pietra, per celare il suo
interno
alla vista dei curiosi; come previsto non c’è
nessuno, le uniche cose presenti
sono armi e attrezzi per l’allenamento.
Mi appresto a raggiungere l’armeria, afferro una
spada che non somiglia minimamente alla mia; eseguo qualche affondo ad
un
avversario immaginario.
“Non è la stessa cosa” Sbuffo
spazientita; come
crede che possa allenarmi senza un avversario reale? Lancio la spada da
parte e
la rimpiazzo con arco e frecce; ne incocco una e la punto al bersaglio
dall’altra parte dell’arena, rilascio la corda e
con un sibilo la freccia si
conficca nel centro rosso del bersagli. Con una mossa fulminea prendo
dalla
faretra un’altra freccia e incocco anch’essa, nello
stesso momento in cui
compio quell’azione ruoto sui talloni, trovandomi
d’avanti all’altro bersaglio;
apro leggermente le dita e la freccia parte, alla stessa
velocità della prima;
si conficca leggermente più a destra del centro del
bersaglio.
Pazienza, non sono mai stata bravissima con l’arco;
so quello che mi serve sapere e ho una buona mira, non eccezionale ma
buona.
Rimetto al suo posto l’arco e penso a cosa potrei fare nella
solitudine di
quest’arena.
Mi cimento nel provare a tirare una lancia; cosa
che non mi riesce molto bene, centro un bersaglio su quattro; prima di
lasciare
Alagaesia per una settimana non avevo approfondito molto
l’arte di centrare un
bersaglio con una lancia, così come la frusta; infatti mi
procuro vari tagli,
fortunatamente non gravi, in modo che io non debba usare la magia per
guarirmi:
Un taglietto sul labbro inferiore, uno un po’ più
lungo sulla guancia destra e
un livido che mi circonda tutto il polso destro.
Arrivo in camera mia dolorante e esausta; il pranzo
mi aspetta già servito e fumante sul tavolo. Tolgo i
pantaloni strappati e li
butto a terra, ne indosso un paio puliti e mi siedo a tavola.
Afferro il
cucchiaio e lo immergo nella minestra, lo giro un po’ creando
un piccolo
vortice e lasciando che il vapore caldo mi scaldi il viso, inspiro
l’odore del
formaggio e delle verdure. Non ho fame, ma mi sforzo di mandare
giù qualche
cucchiaiata di quella minestra, è buona ma ho lo stomaco
completamente chiuso;
pazienza mangerò questa sera.
Mi alzo dalla sedia e inizio a fare su e giù nella
stanza, fra poco devo andare alla “lezione di
magia”; fra poco? Ora devo
andare, è già piuttosto tardi, mi avvento sulla
porta e cammino per i corridoi
a passo svelto.
Mi fermo
solo innanzi ad una grande porta di mogano; il legno scuro è
intagliato e
decorato alla perfezione, da draghi immortalati nelle pose
più feroci. Passo la
mano su quei piccoli capolavori, quanto mi ricordano Ignem…
Sospiro e stacco la
mano per bussare.
La porta si spalanca fermando l’ascesa della mia
mano; un umo calvo mi fissa con un sorriso ironico, cosa che non aiuta
a
rendermelo simpatico. Lo guardo curiosa di sapere cos’abbia
quell’uomo di
speciale, curiosa di carpire tutti i suoi segreti; certo, lui mi guarda
alla
stessa maniera.
“Siete in ritardo signorina” La sua voce
è quasi
cordiale ma allo stesso tempo tagliente.
“Sono gli
altri ad essere in anticipo” Dico in
un sibilo arrogante; sono quasi sicura che non mi abbia sentito, ma i
“quasi”
non sono i miei migliori amici.
NOTE
DELL’AUTRICE: Eccomi nuovamente
qui! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto; ditemi se trovate degli
errori
che mi sono scappati, per poterli correggere (non mi piace lasciare i
miei
orrori in giro per il capitolo…). Grazie mille in anticipo e
un altro grazie a
chi segue e recensisce la storia.
Ciao
|
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Capitolo 5 *** 5 - Lezione di magia con scommessa ***
VOGLIO
SALVARTI
5
– lezione di magia con scommessa
“Il
mio nome è…” Inizia a dire
l’umo che mi ha
aperto la porta, ma subito lo fermo con uno sguardo di fuoco negli
occhi, come
può credere che il suo nome possa interessarmi?
“Non dirmi il tuo nome, non può
interessarmi” E poi
i nomi sono pericolosi, sono comunque sicura che il re abbia
già provveduto a
dirgli il mio.
“Interessante; sai, perché io so già il
tuo nome…
Anna, che nome curioso” Ecco
la conferma
ai miei dubbi; l’uomo richiude la porta e torna a voltarsi
verso di me, il mio
sguardo è impassibile.
“Strano, vero? Sai non conosco molte persone con
questo nome”
“Forse, o forse sei solo sordo” Due risate
accompagnano la mia battuta, una è più leggera
quasi sussurrata e l’altra è più
forte; nessuna delle due, però, proviene dall’uomo
di fronte a me. Mi giro e
scorgo un altro uomo in piedi, è uguale a quello che mi ha
aperto la porta poco
fa; capisco che la risata più forte proviene da lui, ora
devo solo trovare di
chi è l’altra.
Murtagh! Mi giro ancora un po’ e lo scorgo seduto a
un tavolo, un libro aperto e lo sguardo fisso su di me; appena poso i
miei
occhi su di lui ritorna a fissare il libro, che comportamento strano;
scuoto la
testa sconsolata, non assomiglia proprio a suo padre.
“Come
potrebbe assomigliare a suo padre? Murtagh non sembra minimamente
selvaggio
quanto lui” Ridacchia Ignem.
“Forse, ma
dobbiamo stare attente; a volte le apparenze ingannano”
Con un sorriso di sfida torno a guardare il primo
dei due gemelli, sto per aggiungere qualche parola per minare ancora di
più la
sua autostima, ma la voce dell’altro gemello mi richiama;
fredda e non più
animata dalla risata, deve essersi ricomposto e aver pensato che se
insulto il
suo gemello allora l’insulto è riferito anche a
lui… E non si sbaglia.
“Ora basta con questi giochetti da bambini; siediti
e inizia a leggere questo” Appoggia con poco garbo un libro
sul tavolo d’avanti
a Murtagh, raggiungo il libro e mi siedo; osservo la copertina e ne
leggo il
titolo: Le basi per la magia elementale; che cosa stupida!
“So già tutto
su questi incantesimi” Penso infuriata “Mi
credono così indifesa?”
“Non lo so,
d’altronde non ci conoscono; comunque non agitarti,
così non risolvi niente.
Ricorda, la vendetta arriva quando meno se lo si aspetta”
“Non credo
che la vendetta sia proprio necessaria, forse l’umiliazione
può bastare; certo
che i draghi hanno il sangue caldo, comunque Morzan non avrebbe dato
questo
libro nemmeno a un neonato” Ignem sbuffa indignata
per la battuta sul
sangue caldo, comunque io e lei lo condividiamo bollente, non siamo
esattamente
pazienti, ma potremmo stupire.
Mi alzo con il libro in mano e lo porgo a uno dei
due gemelli; l’uomo lo prende con fare interrogativo e io lo
guardo con un
sorriso di sfida. Mi giro verso gli scaffali, di cui la stanza
è piena e prendo
un libro in pelle nera borchiata in oro. Il titolo invita molto alla
lettura:
La mangia nera, dalle basi fino agli incantesimi più
complicati. Lo riporto
dove poco prima ero seduta e lo apro alla pagina in cui ero rimasta
prima della
mia piccola vacanza di cinquant’anni; ignorando i bisbigli
dei gemelli mi
immergo nella lettura.
Mi sembra quasi di tornare a una settimana fa, con
Morzan che mi alita sul collo intento a scrutare quello che sto
leggendo e se
sono abbastanza veloce nella lettura; quando mi sussurrava
all’orecchio: “Dove
sei arrivata?” ogni volta che perdeva la pazienza. Lo ricordo
distintamente,
anche perché non è passato molto, soprattutto le
volte che ci trovavamo con i
rispettivi pugnali vicino alla gola dell’altro; alla fine ne
uscivamo
sanguinanti e con i libri riversi sul pavimento, peccato che ero sempre
io a
finire per terra.
Dopo un’ora di intensa lettura inizio a stancarmi,
anche Murtagh sembra essere della mia stessa opinione perché
da cinque minuti
tamburella con le dita sul tavolo.
“La vuoi smettere, non riesco a concentrarmi” Gli
dico sussurrando, lui alza la testa e mi guarda con un viso
inespressivo, piega
la testa di lato e sorride invitante.
“Perché dovrei?” Chiede mantenendo il
sorriso. Sto
per rispondergli ma la voce di uno dei gemelli mi interrompe, prima che
possa
aprire bocca.
“Murtagh vai pure e per domani impara quegli
incantesimi” Lui si alza lanciandomi uno sguardo di sfida ed
esce veloce.
Sospiro nel pensare perché non posso uscire
anch’io; chissà se Galbatorix ha
informato anche loro di me e Ignem; forse.
“Se in questo momento te lo stai chiedendo,
sì…”
“…Sappiamo che sei un cavaliere” Adesso
non riesco
a stupirmi di quello che ho appena sentito, ma riesco solo a trattenere
il
disgusto per il modo in cui l’hanno detto; per favore!
Completare la frase
l’uno dell’altro, l’ho visto solo nei
film e l’ho sempre odiato.
“Bene…
E con
questo? La smetterete di darmi letture per i bambini?” Mi
guardano con l’odio
negli occhi e non posso fare a meno che sorridere a quelle espressioni.
“Posso andare?” Domando impaziente.
“Bada a quello che fai ragazzina” Mi rimprovera uno
di loro.
“Grazie per il consiglio, intanto però
chiederò al
re di trovare un istruttore che sappia più di me e non
meno” Li apostrofo con
tono di sfida, per poi dirigermi alla porta e andarmene
senza tanti complimenti.
Poco lontano dalla porta trovo Murtagh appoggiato
al muro, gli occhi socchiusi e le braccia incrociate; non gli presto
molta
attenzione e mi incammino diretta alle stalle. Quando gli passo
d’avanti si
aggrega, affiancandomi.
“Cos’hai fatto alla guancia e al polso?” Mi chiede quasi
disinteressato.
“Non credo che possa
interessarti” Si ferma di colpo e mi afferra il polso, emetto
un piccolo gemito
nel sentire la sua mano chiudersi intorno al livido lasciato dalla
frusta, ma
nonostante questo non lascia la presa.
“Che cosa fai?” Gli sibilo addosso, lui mi guarda
serio, non ha bisogno della follia di suo padre per fare paura, bastano
quei
due pozzi che ha al posto degli occhi.
“Chi sei?” Mi domanda con voce roca; ecco
perché
non bisogna mai credere alle apparenze.
“Sono io; mi sembra piuttosto ovvio” Gli rispondo
sprezzante, se crede di farmi paura si sbaglia.
“Io ti ho già vista… Non so dove, ma so
che è così.
Se adesso non mi dici chi sei lo scoprirò da solo; ma sappi
che stai rimandando
l’inevitabile” Mi lascia di colpo e se ne va con
paso svelto.
“Terrò il conto di quanto ci metterai”
Gli grido di
rimando; non si gira nemmeno e scompare dietro all’angolo di
un muro.
“Ma che
ragazzo sveglio, vedremo quanto ci impiegherà”
“Io dico tre
settimane; cosa ci giochiamo? Un cervo!” Sogghigna Ignem, eccitata
dal banchetto
succulento di carne di cervo.
“Cosa me ne
dovrei fare di un cervo?” Domando divertita
“Potresti
comunque darlo a me; o posso trovarti un lupo” Sospiro,
è un peccato che
Ignem creda ancora che noi due abbiamo le stesse abitudini culinarie.
“Ti ho già
detto che ho capito che voi due gambe non mangiate come noi draghi! Ma
ti ho
proposto il lupo per la pelliccia!” Esclama
seccata.
“Mi darai una
tua squama se ci mette meno di una settimana”
“Hai perso di
sicuro, ma va bene”
Risponde lei
chiudendo questa conversazione.
NOTA
DELL’AUTRICE: Salve a tutti, so
che questo capitolo è un po’ più corto
perché altrimenti non sapevo dove
terminarlo; vi assicuro che il prossimo tornerà a lunghezza
normale. Ringrazio
tutti quelli che mi seguono e recensiscono.
Ciao.
|
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Capitolo 6 *** 6 - Poseidone ***
VOGLIO
SALVARTI
6
– Poseidone
Arrivo
alle stalle leggermente annoiata; devo
trovare un nuovo cavallo, ormai Pipper sarà morto, un
po’ mi dispiace era un
buon cavallo, niente di speciale, non era più veloce o furbo
di qualsiasi altro
cavallo ma era il mio cavallo e tutto quello che è mio
è sotto la mia
protezione.
“Posso aiutarvi?” Domanda uno stalliere guardandomi
incuriosito; sono sicura che non vede molte donne da queste pari.
“Sì, mi servirebbe un cavallo”
“Mi spiace informarvi che queste sono le scuderie
del re, non vendiamo cavalli”
“Questo lo so, ma re Galbatorix sa di questo;
potete mandarlo a chiedere, ma se fossi in voi non lo farei”
La faccia
dell’uomo si oscura a queste parole, sta per protestare ma lo
fermo con un
gesto della mano e aggiungo:
“Vi darò questi per avere il cavallo subito e
questa sera tornerò con un documento
firmato dal re in persona e voi mi ridarete
metà del denaro contenuto
qui dentro” Gli mostro un piccolo sacchetto tintinnante,
già con metà di quei
soldi potrei comprarmi tre cavalli tra i migliori contenuti in quella
scuderia.
“E sia” Proclama l’uomo, alla vista del
sacchetto,
con la cupidigia negli occhi. Seguo lo stalliere che mi mostra cari
cavalli,
nessuno dei quali può essere definito adatto a me; tutti dei
ronzini.
“Cosa pensa?
Che anche essendo una donna non posso capire quali cavalli possono
superare un
giorno di marcia senza che gli scoppi il cuore?!”
“Per
quello che ti pago non dovresti mostrarmi qualcosa di più di
questi ronzini?!”
Esclamo leggermente scocciata, l’umo annuisce e mi mostra
subito un bello
stallone pezzato.
“Molto bello; quanti anni ha?” Chiedo interessata.
“Sei” Non va bene, è troppo vecchio per
me, me ne
serve uno giovane; faccio qualche passo verso gli altri animali e ne
trovo uno
che oserei definire quasi perfetto.
“Questo?” Domando osservando l’animale;
ha un manto
bianco ma con una grossa chiazza nera in corrispondenza
della zampa destra
anteriore.
“Questo è un bellissimo cavallo; è un
incrocio tra
un cavallo elfico e un andaluso; è molto giovane, ha tre
anni, solo…”
“Solo cosa?” Domando leggermente scocciata che ci
sia un ma in quel cavallo.
“Sono sei mesi che proviamo ad addestrarlo ma non
ne vuole sapere; è un cavallo selvaggio” Sorrido
rincuorata, penso che sia
molto più elfico di quel che da a vedere; bisogna solo
chiedergli il permesso
di poterlo montare.
“Ha un nome?” Lo stalliere scuote la testa e allora
io allargo la mia coscienza verso l’animale, il cavallo mi
guarda stupito ed
emette un nitrito.
“Ciao bello;
non conoscono le buone maniere questi qui” Il
cavallo continua a guardarmi
curioso e scuote la testa in segno di assenso, gli sorrido felice
“Ti va se ti cavalco io?”
“Userai il
frustino?” Sorrido a quella domanda, stupendomi
della perspicacia di quel
cavallo.
“Niente che
tu voglia” Gli prometto io.
“Allora va
bene, basta che mi porti via di qui” Sorrido e do
ordine allo stalliere di
far indossare la sella al mio cavallo, lui mi guarda stupito ma esegue
gl’ordini.
Quando il cavallo è pronto riesco ad osservalo
meglio; vedo che non ha solamente una grossa macchia nera, ma ne ha una
più
piccola a forma di tridente sul collo vicino alla criniera.
“Poseidone”
“Ecco che
nome avrai, mi sembra piuttosto adatto” Sento la
curiosità del cavallo che
però non domanda niente. Pago lo stalliere e porto Poseidone
alle porte della
città; riesco a uscire senza problemi e da lì
cavalco veloce verso la mia
bellissima dragonessa.
Poseidone è piuttosto taciturno a differenza di
quello che mi aspettavo; meglio così ho già Ignem
che mi ronza nel cervello e
un po’ di pace non fa mai male. In poco arriviamo in vista
del laghetto dov’è
accoccolata Ignem, è ancora invisibile perciò non
riesco a distinguerla ma
sento che è vicina perché la sua coscienza entra
prepotente nei mie pensieri
inondandomi di felicità.
Quel laghetto non è cambiato affatto, ci andavo
sempre quando Morzan cominciava ad essere assillante, nessuno mi veniva
a
cercare lì.
“Ciao nuvola,
ci facciamo un volo?”
“Non mi
chiamare nuvola!! Un’altra cosa… Non ti sei fatta
vedere per giorni!!! Mi stai
trascurando!!”
“Non
esagerare è solo un giorno che non ci vediamo”
Lei sbuffa e avvicina la
testa al mio viso, la accarezzo cercando di non tagliarmi.
“Allora va bene, sali; ti
perdono”
Lego Poseidone ad un albero e mi arrampico sul dorso di
Ignem.
Volare è bellissimo, l’aria che ti soffia sul
viso;
lo stomaco in subbuglio e l’emozione che mi frulla nella
testa lasciando
uscire
ogni singolo pensiero. Solo la felicità mi invade come un
onda in piena, mentre
sorvoliamo la città; restare invisibili è la cosa
più brutta, prima tutti
alzavano gli occhi al cielo quando passavamo, ora non possiamo farci
vedere.
Scorgo in basso il drago rosso, lo vedo muoversi
inquieto; non deve essere molto felice di essere cresciuto
così tanto in poco
tempo.
“Guarda bene”
Mi dice
Ignem, io aguzzo la vista ma
non trovo nulla di strano “Non vedi?
Si
sta alzando in volto” Non ci posso credere, in che
guaio ci siamo cacciati?
Ci metterà pochi secondi a raggiungerci.
“Ignem,
veloce; torna in dietro, non ci possiamo permettere che ci
scoprano” lei
vira molto velocemente, schiacciandomi contro la sella. Ormai il drago
rosso è
alla nostra altezza, ora che ci scopra o meno dipende dalla direzione
che
prenderà.
Osservo il cucciolo rosso piegarsi a sinistra e
spostarsi lontano da noi, sospiro sollevata; adoro rischiare, quando
succede
l’adrenalina si fa così forte che mi percorre la
spina dorsale e mi fa sentire
viva, lo stomaco in subbuglio, il cuore che palpita e la mente che
cerca
frenetica di trovare una soluzione, percorrendo anche le strade
più insensate.
Il vento sembra incurate del rischio che io e Ignem
abbiamo appena corso, continua a soffiarmi imperterrito sul viso, ormai
le
orecchie stanno diventando due blocchi di ghiaccio.
“Scendiamo,
sto congelando. Ci siamo divertite abbastanza”
“Va bene,
reggiti” Mi stringo alla sella, mentre la
dragonessa apre le ali
sollevandosi leggermente; restiamo un momento ferme nel cielo, poi
Ignem chiude
di colpo le sue enormi ali e si lancia in picchiata.
Se speravo
di scaldarmi ho sbagliato drago e me ne accorgo in fretta,
l’aria fredda mi
punge il viso e non riesco a tenere gl’occhi aperti. La massa
d’aria mi
colpisce lo stomaco e se non mi tenessi stretta molto probabilmente non
le
sarebbe difficile scaraventarmi lontano.
Sento il fragore delle ali che si spalancano e poi
il peso del cielo che cadeva sulle mie spalle, mentre la
gravità torna a
spingere sul mio corpo; mentre le zampe di Ignem si posano sul terreno
con un
sonoro botto io espiro con il fiato corto, ho trattenuto il fiato per
tutto
l’atterraggio e ora annaspo col battito del cuore accelerato.
Scivolo dal dorso della mia compagna e salto sul
terreno, mi siedo e affondo le mani nella terra aspra e secca, disegno
delle linee
come sulla sabbia e osservo le mie dita tracciare quei piccoli solchi.
Ormai è
ora di andare, saluto Ignem e salgo su Poseidone; in poco mi ritrovo a
galoppare tra campi, boschi e sterpaglie.
Riporto Poseidone alle stalle, accolta dallo stesso
stalliere che mi ha venduto il cavallo, mi guarda con occhio critico e
dice:
“Non ti ridarò i soldi senza la firma del
re”
Sospiro.
“Forse mi avete frainteso, non rivoglio i soldi; ma
il cavallo deve pur avere una stalla”
“Ma figuratevi, qui ci stanno solo i cavalli
dell’esercito e …” Inizia, ma una voce
leggermente acuta lo interrompe, mi
presto all’ascolto a quella voce di fanciullo ansimante.
“Signorina, il re vi manda a dire che questa sera
ci sarà un ballo e voi dovete assolutamente
partecipare” Un ragazzino sui
dodici anni, coi capelli biondi e gli occhi verdi mi riferisce il
messaggio,
sembra leggermente spaventato, lo posso capire.
“Quando avrà luogo questo ballo?”
“Fra un’ora, il re a provveduto a procurarvi un
vestito adeguato” Annuisco e congedo il ragazzino con un
gesto.
Inizio a uscire dalle stalle ma lo stalliere mi
ferma, stringe il mio braccio trattenendomi, mi giro e lo colpisco in
viso con
un pugno; come si è permesso di toccarmi? Fino ad ora sono
stata una brava
bambina, ma questo non poteva durare; neanche fosse il re in persona.
Un rantolo soffocato proviene dall’uomo steso sul
pavimento della stalla, non credo di averlo colpito così
forte, ma quello non
si decide ad alzarsi. Nello spirito di un vero cavaliere oscuro me ne
dovrei
andare senza assicurarmi se sta bene o no, ma visto che deve occuparsi
del mio
cavallo meglio controllare che non abbia danni celebrali permanenti.
Mi avvicino a denti stretti, cercando di non
sputargli addosso; osservo le mani dell’uomo schiacciate
sulla faccia e il
dondolio del suo corpo.
“Sei delicato; sicuro di non essere una donna?”
“Volevo solo fermarti per ridarti i soldi; non cera
bisogno di rompermi il naso” Parla, quindi niente danni
celebrali e avere il
naso rotto non è niente di grave.
“Quindi immagino che tu non abbia bisogno di un
medico”
“Vattene, prenditi i soldi” Risponde adirato, alla
mia piccola battuta.
“Credo che ne avrai più bisogno tu, io ho tutto
quello che mi serve” Dico e me ne vado lasciando Poseidone
alle cure amorevoli
dello stalliere col naso rotto.
NOTE
DELL’AUTRICE: Ciao a tutti; per ora
non c’è ancora moltissima azione, lo so, lo
so… Ancora questo e un altro capitolo
e poi vi stupirò… Spero. Grazie a tutti coloro
che seguono e recensiscono!
Ciao
|
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Capitolo 7 *** 7 - Addio al nostro segreto, ma prima il ballo ***
VOGLIO
SALVARTI
7
– addio al nostro
segreto ma prima il ballo
Entro
nella mia stanza e ci
trovo la mia cameriera, di cui non ricordo più il nome; devo
rivalutare la mia
memoria, pensavo di riuscire a ricordare le cose importanti con
facilità, ma la
mia scusante è che in effetti una cameriera non è
importante.
“Mia signora venite a vedere i
vestiti che vi ha mandato il re” Sul letto sono appoggiati
due vestiti bianchi,
sarebbero due fantastici vestiti se lei fosse completamente allergica
ad
indossare quella specie di rotoli di stoffa con merletti. Una risata
rauca
prorompe dalle mie labbra.
“Non li indosserò; credo che
la mia vecchia tenuta da cavaliere andrà bene”
Rispondo con un luccichio negli
occhi, mi sono mancate le occhiate intimorite e gli ossequi…
e poi eccolo lì,
il mio unico impedimento mi balena nella mente, nessuno sa e deve sapere che sono un cavaliere.
Il ballo è come tutti i balli:
noioso, i colori offuscano la vista e il tavolo con le pietanze viene
riempito
ogni quarto d’ora; l’aria è
così impregnata dei profumi delle nobildonne che
respirare è un’impresa. Alla fine ho dovuto
indossare uno dei due vestiti,
quello che ho scelto è il più semplice, ha il
corpetto decorato con finiture
d’argento, la gonna è poco pomposa e ricade
morbida. Nessun altra decorazione
lo impreziosisce, rendendolo meno disgustoso ai miei occhi.
Evito accuratamente di
spostarmi in mezzo alla sala dove le persone si stanno dilettando a
ballare, ho
sempre ballato solo se obbligata; resto ferma in un angolo a osservare
le
figure muoversi a ritmo con la musica, la mia mente è
sgombra, nessun pensiero
la affolla e così non mi accorgo chi mi si sta avvicinando.
“Balli” Mi giro leggermente a
destra, con la mente nuovamente affollata di pensieri e incontro lo
sguardo
penetrante di Murtagh; scuoto la testa in cenno di diniego.
“Non era una domanda” Dice stingendomi un
braccio e avviandosi nel mezzo della sala, la musica si interrompe a
metà del
pezzo e le persone si spostano per farci arrivare al centro esatto, la
folla
forma un piccolo cerchio intorno a noi e osserva ogni nostra piccola
mossa; la
musica riparte e io e Murtagh iniziamo a ballare, dopo pochi secondi il
piccolo
cerchio che ci contornava si scioglie e le persone riprendono a ballare.
“Forse sono stato troppo…
aggressivo nei tuoi confronti” Dice lui dopo pochi secondi di
pausa, lo osservo
per capire se sta dicendo la verità; davvero è
così stupido?
“Ti stai scusando?” Annuisce e
io trattengo a stento una risata “Non essere stupido,
sappiamo tutti e due che
le scuse non servono a niente; non ho ancora capito bene chi sei e
questo mi
irrita, ma sono sicura che non sei così stupido…
Non è questo che conta; non le
scuse…” Dico in un sussurro quasi sadico.
“Allora cosa conta?” Chiede
lui scrutandomi attentamente; scuoto leggermente la testa, mi avvicino
al suo
orecchi e dico:
“Il potere. Non ci si può
fidare di nessuno e il potere ti da la forza di elevarti sopra gli
altri… E
l’unico modo per ottenerlo è essere più
furbi degli altri, quindi fai bene a
non fidarti”
“Io non voglio il potere”
Ribatte lui “Solo la libertà”
“Nessuno è veramente libero
finche non si eleva sugli altri” Reprimo un’altra
risata; so abbastanza da
capire perché le persone che sono vicine al potere facciano
di tutto per
ottenerne ancora “O così, o morire è
un’altra alternativa” La musica è finita
e
in poco mi allontano da lui, lasciandolo stordito in mezzo alla sala.
Prima di fare quella stupida
vacanza il mio piano per rovesciare Galbatorix era al suo culmine,
avevo
portato dalla mia parte undici dei tredici cavalieri, il re non ne era
al
corrente e di lì a qualche mese sarei riuscita salire al
trono; ora tutto il
mio lavoro è andato perduto e devo ricominciare tutto da
capo. Ma forse è il
momento propizio.
***
“Sono
passati cinque giorni
dalla nostra scommessa, ti stai già procurando un cervo per
me?” Chiede Ignem
dopo il nostro piccolo volo abbituale.
“Secondo i miei calcoli
dovrebbe succedere a momenti; ho programmato tutto” La mia
compagna sbuffa, non
si spiega come io possa essere così calcolatrice, come
riesca a mantenere il
sangue freddo quando lei freme per agire; ma deve capire che per poter
vincere
bisogna sapere quello che si fa e se gli eventi non volgono a tuo
favore
bisogna fare in modo che si allineino senza destare sospetti e poi
muoversi.
“Ora devo andare” Scendo dal
dorso della dragonessa bianca e raggiungo Poseidone, in poco sono
già alle
scuderie; mi sento rinata dopo una bella cavalcata a dorso di drago. Ho
saltato
la lezione di magia, non che mi importi molto, stare vicino a quei due
mi fa
saltare i nervi e sopportare lo sguardo inquisitorio di Murtagh diventa
stressante.
“Dove sei stata?!” La voce del
cavaliere mi raggiunge quando ormai sto per entrare nella mia stanza,
non mi
volto per rispondergli ma lo sento comunque avvicinarsi sempre di
più, il passo
troppo sicuro, quasi furioso; la porta è aperta, sto per
entrare e chiuderlo
fuori quando sento le sue mani attorno al mio collo, mi spinge dentro e
chiude
la porta.
“SEI
UN CAVALIERE!” Ringhia lasciandomi il collo e
nel contempo spingendomi a
terra, cado sul pavimento ma mi rialzo subito; è un peccato
che io non abbia la
mia spada, ma in un secondo le nostre menti iniziano a sondarsi a
vicenda; è
più forte di quel che mi aspettavo.
“Si!” Biascico cercando di
tenergli testa; non risponde, anche lui concentrato. Sento le energie
fluire
dal mio corpo e riversarsi fuori da esso; nessuno dei due utilizza le
energie
immagazzinate nei vari gioielli, lo scontro è tra noi due,
solo tra noi due.
La vista inizia ad appannarsi,
ormai non posso resistere ancora a lungo; in quel momento non sento
più la
pressione della coscienza di Murtagh sulla mia, ma il sollievo dura
poco, il
buio si impadronisce della mia testa e la mia pelli incontra il la
morbidezza
del letto, subito dopo sento un altro corpo raggiungermi con un tonfo.
Torno consapevole di poter
respirare, mentre i miei muscoli rifiutano anche il minimo movimento;
ho la
testa appoggiata contro qualcosa che è molle
ma duro, con un po’ di fatica alzo la mano e la
poso vicino al mio viso,
dove c’è la parte più dura di quella
specie di cuscino, stringo leggermente per
capirne meglio la consistenza.
“Smettila di tastare il mio
ginocchio” Mi dice la voce soffocata di Murtagh e in un
secondo ricordo tutto,
apro gli occhi e attingo all’energia del mio anello per
ridare un po’ di forza
al mio corpo; mi alzo lentamente con un grande sbadiglio. Murtagh
è ancora
sdraiato, il petto che si alza e si abbassa a ritmo con i respiri.
Resta
immobile per un po’, a guardarmi.
“Perché non mi hai detto che
eri un cavaliere?” Chiede; sospiro e torno a sedermi sul
letto di fianco alla
gamba del cavaliere. Poso gli occhi sulle ante dell’armadio e
mi apro in un
immenso sorriso trionfante.
“Ignem, mi devi una
squama” Sento
la dragonessa sbuffare
indignata.
NOTE
DELL’AUTRICE: Salve a tutti; spero
che vi sia piaciuto questo capitolo. Ditemi se trovate errori o altro,
li
correggerò subito, qualcosa può sempre
scappare… Sono umana (molto, troppo
umana e sbaglio fin troppo). Se avete idee per un nome di ragazzo
giovane, sui
diciotto anni, umano ditemelo, perché mi servirà
più avanti e non ho idee…
Ciao e alla prossima.
|
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Capitolo 8 *** 8 - Il mio piano lo devo sapere solo io ***
VOGLIO
SALVARTI
8
– il mio piano lo
devo sapere solo io
“Allora?
Vuoi dirmi che cos’è
successo?!” Chiede riaprendo gli occhi, io lo osservo
attentamente; sospiro e
sto per parlare quando un bussare insistente alla porta mi interrompe.
“Andate via!” Ringhio verso
alla porta, ma essa si apre ignorando i miei ordini; il ragazzo che mi
aveva
avvertito alle scuderie fa spuntare la faccetta paffuta da dietro la
porta, con
un respiro esitante dice:
“Il re vuole vedervi entrambi;
mi spiace aver disturbato” Il viso screziato di un tenue
rossore e lo sguardo
basso; io sbuffo spazientita, l’ha già saputo,
pazienza, tanto non poteva
passare molto tempo prima che lo scoprisse.
“Arriviamo” Sbuffo. Mi alzo e
tendo una mano a Murtagh, che la afferra e si alza anche lui; ci
avviamo verso
la sala del trono e prima che me ne accorga siamo già
entrati. Il re informa
Murtagh della mia storia e il cavaliere rosso ascolta spiazzato; solo
alla fine
del racconto, esitante, chiede:
“Allora hai conosciuto mio
padre?” Lo guardo sconcertata, possibile che dopo tutto
quello che gli ho detto
chieda solo quello? Annuisco.
“Sì, era uno dei miei maestri”
Rispondo disinteressata, lui continua a guardarmi e la cosa inizia ad
irritarmi
così sbuffo: “Che
c’è?!”
“L’hai mai ferito?” Sorrido,
ecco cosa gli interessava.
“Sì, e lui ha ferito me;
molte, molte volte” Sembra soddisfatto della risposta e
annuisce con un mezzo
sorriso. “Non vuoi sapere altro?” Domando, lui fa
cenno di no con la testa.
“Allora tocca a me chiedere:
Come l’hai scoperto?” Chiedo, improvvisamente colta
da questa curiosità. Solo
ora mi viene in mente, perché non prima? La voce di Murtagh
interrompe i miei
pensieri.
“Un quadro, c’eri tu ritratta
con Ignem al fianco; nell’ala ovest del castello”
Non sapevo che ci fosse un
mio ritratto nel castello.
“Mi ero completamente dimenticato;
l’avevo fatto appendere al fianco di quello degli altri miei
cavalieri” Dice
Galbatorix con uno
sguardo quasi
desolato.
“E ora?” Domando, permetterà
che mi riveli al mondo o vorrà ancora che io rimanga
nascosta? Lo osservo
ponderare la questione, gli occhi che si spostano da me a Murtagh e poi
parlare:
“So per certo che tuo fratello
sarà alle Pianure Ardenti fra una settimana esatta, tu
Murtagh partirai due
giorni dopo, credo che la battaglia non inizierà prima e
allora cercherai di
portarmi Eragon”
“Eragon è tuo fratello?”
Interrompo incuriosita da quella novità; Murtagh annuisce
senza guardarmi, non
sembra troppo felice della notizia.
“Come stavo dicendo…” Continua
Galbatorix “Tu proverai a catturare Eragon e lo porterai da
me; nel frattempo
vi allenerete insieme e continuerete a seguire le lezioni di magia. Per
ora,
che tu lo voglia o no, dovrai rimanere nascosta, Anna”
Stringo i pugni, solo un
altro po’, penso irritata. “Andate”
Conclude Galbatorix congedandoci.
***
Nella
settimana seguente gli
allenamenti si intervallano alle lezioni di magia e riesco ad andare da
Ignem
solo due volte; alla mia seconda visita la dragonessa mi da il mio
premio: una
piccola squama bianca, che sfuma in un colore perlaceo, con un
incantesimo la
buco e ci faccio passare una catenina d’oro bianco e la
indosso, sarà un ottimo
contenitore per l’energia.
Poi il settimo giorno di
allenamento Murtagh rompe il silenzio che si era creato tra noi da
quando aveva
scoperto il mio segreto:
“Domani non mi allenerò con
te, Galbatorix vuole che mi riposi prima della partenza di
dopodomani” Dice con
tono atono; mi siedo sulla sabbia dell’arena con la schiena
appoggiata al
legno, goccioline di sudore che mi imperlano in viso e il respiro
pesante per
la fatica; annuisco leggermente e chiudo gli occhi per riprendere
fiato. Sento
Murtagh sedersi e riapro gli occhi, è esattamente di fianco
a me.
“Che c’è di
strano” Chiede Ignem, nella mia testa.
“Non ti hanno insegnato a non
disturbare?!” Chiedo irritata “C’è di strano che è
una settimana che non
apre bocca e ora si siede di fianco a me! Ha mantenuto almeno due metri
di
distanza, se non per affrontarmi con la spada, e ora è
seduto qui accanto a
me!” Ignem sbuffa irritata ma non aggiunge niente.
“Tu…” Inizia Murtagh guardando
altrove “Tu… Ti piace stare qui?”
Chiede; adesso ho capito cosa gli prende, sta
cercando di capire se anche io sono contro Galbatorix o no…
Non si fida.
“E perché dovrebbe?
Farebbe bene a non fidarsi” Ribatte aspa Ignem.
“Sì certo, ma a noi
andrebbe meglio se si fidasse; se fosse nostro
alleato avremmo un nemico in meno… Poi lo sai anche tu che
la cosa migliore per
allearsi è un nemico comune” Rspondo
“Ma noi non dobbiamo far sapere a
Galbatorix che è nostro nemico?!” Chiede
sconcertata.
“No! Certo che no! Ma se troviamo
qualcuno che ci fa da burattino ed
esegue i nostri ordini…”
“Murtagh non prenderà mi ordini da noi” Ribatte
“Non se sa che siamo noi a
darglieli, ma ci sono altri modi per far fare
alla gente quello che vuoi, senza che se ne accorga, basta qualche
parola
sussurrata all’orecchio e… Ma certo! Mi
è venuta un’idea!” Se Murtagh
non
fosse qui di fianco a me scatterei in piedi e mi dirigerei a tutta
velocità nei
quartieri bassi della città.
“Quale idea?” Domanda
Ignem, ma la ignoro e chiudo la mente per
dedicarmi a Murtagh, senza preamboli dico:
“No affatto, Galbatorix per quanta libertà ho
avuto in passato è sempre un
tiranno e non mi piace doverlo servire” Rispondo con
l’aria più indifferente
che riesco a trovare.
“Allora perché ti sei unita a
lui?” Domanda spostando gli occhi su di me e guardandomi di
sottecchi,
sospettoso.
“Uno dei tredici rinnegati mi
ha trovato da sola quand’ero diventata cavaliere da solo una
settimana e mi ha
portato da Galbatorix; ero inesperta e non ho resistito
molto…” Rispondo
inventandomi tutto di sana pianta; in realtà ero cavaliere
da un mese, l’ordine
non se la passava bene e nessuno voleva avvicinarsi a un drago bianco,
girava
voce che fossero maledetti.
Così avevamo imparato tutto da
sole, frequentavo la biblioteca di notte, nel reparto proibito e in
quelle
serate ho capito di avere una predisposizione naturale alla magia nera;
ma fare
progressi senza insegnante era difficile, così un giorno che
l’ordine era quasi
tutto impegnato avevo rubato una spada bianca ed eravamo scappate per
raggiungere Galbatorix, per mera ambizione. Avevo giurato
fedeltà alla
tirannide e da li era iniziato l’addestramento vero e
proprio.
“Capisco…” Conviene Murtagh,
partecipe della mia bugia; trattengo a stento un sorriso mentre cerco
di
annuire sconsolata. “Così anche tu vorresti essere
libera?”
“Certo, è quello che vogliono
tutti…” Ma io voglio di più, voglio il
potere.
“Certo, ma fra due giorni
dovrò catturare mio fratello e ogni speranza sarà
perduta con lui” Dice
sconsolato e con lo sguardo rivolto alla sabbia dell’arena.
“Tu dovrai provare a
catturare Eragon, è così che
ha detto il nostro amato re” Marco bene la parola, mi alzo e
con un sorriso me
ne vado, certa che Murtagh ha afferrato il concetto e in fatti di
rimando mi
grida:
“Grazie” Non mi volto e
continuo a camminare verso i miei alloggi, bisognosa di un bel bagno.
***
Quel
pomeriggio salto per la
seconda volta la lezione di magia e mi reco in città per
definire alcuni
dettagli con alcuni “bravi signori”…
Consegno un piccolo, ingente quantitativo
d’oro e più alleggerita vado a trovare Ignem.
“Perché continui a
tenermi fuori dalla tua mente?! Voglio sapere quello
che hai intenzione di fare” Ruggisce arrabbiata;
non le do torto ma…
“È per il tuo bene e il
mio, avrai la lieta notizia fra uno o due
giorni, è tutto pronto” Sogghigno
soddisfatta.
“Cosa?” Chiede
in una litania sconsolata “Pensavo
che con me saresti stata sincera e mi avresti detto tutto,
sono cinque giorni che macchini il tuo piano e io non ho la minima idea
di cosa
tu stia facendo”
“Ascolta, è pericoloso per te saperlo; ti
dirò tutto quando anche il
resto della popolazione lo saprà” E
chiudo definitivamente la questione.
NOTA
DELL’AITRICE: Salve a tutti, spero
che il capitolo sia bello; se ci sono errori ditemeli, li
correggerò subito. In
questo capitolo troviamo un po’ di mistero, secondo voi cosa
avrà in mente
Anna? Aspetto le vostre ipotesi, che verranno confermate o smentite nel
prossimo capitolo…
Ciao e grazie come sempre a tutti
|
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Capitolo 9 *** 9 - Mercenari ***
VOGLIO
SALVARTI
9
– Mercenari
“Sì,
sire? Mi avete fatto
chiamare?” Domando con falsa curiosità; so
già per che siamo lì, io e Murtagh.
Il cavaliere rosso si agita pensieroso sul posto, molto probabilmente
sospetta
che il re abbia scoperto quello che ha intenzione di fare riguardo a
suo
fratello.
“C’è stata una piega,
inaspettata e malauguratamente incriminante” Murtagh si agita
ancora di più, ma
il re sembra non accorgersene e continua imperterrito “Non
possiamo più
mantenere segreta la tua esistenza, Anna; oggi alcuni gruppi di
mercenari
ribelli si sono presentati alle porte della città di Teirm
che è sotto la
nostra protezione e non possiamo lasciare che facciano razzie,
metterebbe in
pericolo la stabilità dell’impero” Lo
guardo facendo finta di non capire.
“Ma è un esercito così grande
da aver bisogno di mandare un cavaliere dei draghi a ristabilire
l’ordine?” Non
sono mai stata così interprete di una bugia come adesso;
Murtagh non sembra
minimamente preoccupato dell’esercito, solo sollevato che non
sia lui
l’argomento della discussione.
“Sembra che si siano uniti
vari gruppi di mercenari sotto un unico vessillo”
“Un vessillo?” Domando
sconcertata dal pensiero che possano essere stati così
stupidi da marciare
sotto un vessillo.
“No, intendevo dire che sono
stati pagati da un unico benefattore. Sono comparsi esattamente prima
della
battaglia contro i Varden, è stano no? Potrebbero essere
stati loro ad
assoldarli, per dividere le nostre forze, ma non hanno abbastanza
denaro e su
questo fatto li avrebbe potuti aiutare il Surda… Ma non ne
sono convinto…
Comunque, partirai domani come Murtagh e raggiungerai Teirm, poi
marcerai sui
mercenari e non farai prigionieri” Sorrido con
un’aria maligna, ma subito dopo
torno al mio normale viso e annuisco risentita, non devo bruciare la
mia
copertura con Murtagh.
“Sì sire, come ordinate” Sento
già l’odore della battaglia, il sangue che sgorga
dalle ferite, il puzzo di
carne bruciata e le urla dei feriti; l’eccitazione scorre
già copiosa nelle
vene.
***
Il
giorno della partenza io e
Murtagh ci troviamo nel cortile esterno del palazzo; Castigo
è già sellato e pronto
per partire, ma Murtagh mi osserva curioso, io gli rivolgo uno sguardo
sufficiente e chiamo Ignem.
“Non dovresti partire?” Chiedo
indifferente alla risposta, so già quello che
dirà e infatti:
“Sono curioso di vedere che
drago cavalchi”
“È una dragonessa e si chiama
Ignem, come credo avrai notato dal quadro è bianca e poco
più piccola di
Castigo” Indico il drago rosso con un cenno del mento e
riprendo “E dopo questa
scrupolosa descrizione puoi andare” Gli rivolgo un sorriso
invitante e mi giro
a chiudere la bisaccia contenete i viveri indispensabili per il viaggio
di un
giorno e qualche freccia di riserva, le altre sono contenute nella
faretra che
è posata con l’arco di fianco alla bisaccia.
“Non credo che la tua, ottima
e ricolma di particolari, spiegazione possa eguagliare un incontro
faccia a
faccia” Annuisco e torno a sorridere.
“Certo, hai completamente
ragione; le presentazioni sono d’obbligo” Appena
finita la frase sento una
presenza ai bordi della mia coscienza, non è ostile e non
cerca di entrare,
immagino voglia solo parlare; abbasso leggermente le mie difese, il
tanto che
basta per intrattenere una conversazione e sento la voce profonda di
Castigo
rimbombare nella mia testa.
“A questo proposito credo che anche
io debba presentarmi, sono Castigo
ed è per me un piacere conoscerti” In
qualsiasi altra occasione e detta da
qualsiasi altra persona avrei trovato divertente quella frase, forse
esilarante, ma l’immensa tristezza che il drago non
è riuscito a celare, forse
perché troppo giovane per essere così bravo a
mascherare i propri sentimenti e
parlare comunque, mi lascia leggermente interdetta.
“Il piacere è mio; sono
felice di sapere che vi sono più draghi di
quanti ne avrei trovati se fossi tornata un anno prima e soprattutto
è un onore
poterne conoscere di educati come te…” Non
sono mai stata brava con la
gentilezza e mi sento quasi ridicola. Castigo fa un cenno con la testa
e ritira
la propria coscienza; in quell’esatto istante una vampata di
aria mi travolge e
il terreno ha un leggero tremolio, Ignem è arrivata, ancora
celata
dall’incantesimo che la rende invisibile. Vedo lo sguardo di
Murtagh farsi più
curioso e sorrido sotto i baffi a quella visione, non sa
cos’ho in mente.
Conoscendo ogni centimetro
della mia dragonessa attacco la bisaccia ai bordi della sella senza
fatica,
guidata anche dalla sua mente; ad un tratto sento il basso ringhi di
Ignem
verso Castigo, che si era avvicinato troppo col muso e con un
sorrisetto
divertito salgo sulla sella, dopo aver preso arco e faretra. Mi rendo a
mia volta
invisibile e mentre Ignem spicca il volo grido:
“E state attenti!” Non riesco
a sentire la risposta che stiamo già volando verso Teirm.
Il viaggio dura meno di un
giorno, non ci fermiamo nemmeno una volta e al crepuscolo giungiamo in
vista
dell’accampamento dell’esercito, schierato tra la
diramazione del fiume Toark,
che forma una grande Y e le mura della città;
all’altro lato della prima
diramazione del fiume riesco a distinguere l’assortimento
disordinato delle
tende dei mercenari.
Appena arrivata un
uomo di nome Trevor, alto e
di corporazione robusta, a tal punto da diventare tozza, mi informa
della
situazione: il nostro esercito è in svantaggio numerico di
qualche centinaia di
uomini, senza contare le tredici navi stanziate nel fiume vicino al
loro
accampamento che noi non possiamo contare tra le nostre fila. Ma la
notizia
rincuorante è che sono un gruppo di marmaglia mal assortito
e senza un preciso
comandante, sembra che siano due giovani ragazzi a guidare le loro
fila. So già
tutte queste cose ma ascolto comunque, annoiata.
Finito il veloce riassunto
Ignem spicca il volo per andare a caccia e io seguo il soldato che mi
mostra la
mia tenda; non è lussuosa e nemmeno comoda, ma mi stendo
comunque sulla
brandina per dormire un po’, dopo aver detto a Trevor di
avvertire l’esercito
che domani attaccheremo e finiremo questa ridicola storia.
***
Il
sole splende languido nel
cielo estivo, una brezza leggera mi scompiglia i capelli; i corvi
volteggiano leggeri
sopra le teste dei soldati, pronti a banchettare sui corpi freddi ed
esangui
dei prossimi caduti. Un sorriso sadico mi piega le labbra in un ghigno
distorto, cosa c’è di più dolce della
battaglia e del fuoco che brucia?
“Non voglio sentire un grido
levarsi dalle nostre fila!” Dico ai soldati a me
più vicini che riportano ai
compagni “Noi siamo un ombra, fatta di fuoco e della cenere
dei nostri nemici,
che porta morte e distruzione e la polvere che ci alimenta
aumenterà con la
morte di chi abbiamo difronte. E saranno solo le urla di dolore degli
uomini a
noi dinanzi che riempiranno il nostro vittorioso silenzio” Un
onda di
eccitazione percorre gli uomini schierati in ranghi; con poche mosse
fulminee
salgo sul dorso di Ignem, che si raddrizza fiera.
“Prendete quello che è vostro”
L’ultima frase che pronuncio prima che Ignem spicchi il volo;
sorvoliamo il
nostro esercito che inizia a marciare verso il nemico:
un’accozzaglia di armature
che non sono accumunate da uno stesso stemma; i visi arcigni e
sfregiati di
mercenari, che hanno combattuto varie guerre, spuntano dalle fila
dell’esercito
nemico.
In pochi secondi i due
schieramenti si scontrano con un clangore di armi che penetra i
timpani; il
rumore del ferro contro il ferro si fa un basso brusio nella mia mente
e le
immagini della battaglia si fanno mute mentre scorrono davanti alla mia
vista;
butto la testa all’indietro con gli occhi chiusi,
all’improvviso il fruscio del
vento si fa più chiaro e la mia mente è sgombra
da ogni preoccupazione.
In un secondo le urla di
dolore tornano ad affollare la mia mente, con uno scatto
d’ali Ignem si tuffa
nell’onda di soldati ; a una sua vampata il fuoco divampa,
bruciando e
trascinando all’inferno tutti gli uomini che ne vengono
investiti.
Tutte le frecce e le lance che
ci vengono scagliate si fermano a due metri di distanza, tenute lontane
da un
incantesimo. Ignem ruota su se stessa mandandomi a testa in
giù, con la spada
sguainata e le gambe legate alla sella colpisco tre uomini, senza fare
molto in
realtà, devo solo tenere ferma la lama quando incontra la
carne.
“Scendi, divertiamoci a terra”
Le dico mentre un’altra fiammata le
scaturisce dalle fauci, in pochi secondi è a terra,
circondata dalle schiere
nemiche, che però si tengono lontane; scivolo a terra e con
la spada sguainata
mi dirigo verso le mie prede.
Appena fuori dalla protezione
di Ignem gli uomini si fanno avanti per combattere, in poco ne uccido
quattro,
ma altri sopraggiungono velocemente; vengo circondata da altri tre
soldati: uno
armato di due lunghi pugnali, uno di una mazza ferrata e
l’ultimo di una normale
spada.
Roteo la spada e faccio
qualche passo indietro per essere sicura che non mi circondino, osservo
l’uomo
con la mazza ferrata e decido che sarà il primo a cadere,
non mi è mai piaciuta
quell’arma; uno scatto fulmineo e mi abbasso per schivare il
colpo mirato a
colpire la mia testa, tento un affondo alla coscia, ma è
veloce e tira indietro
la gamba e riesco a infierirgli solo un taglietto.
Mi sposto di lato all’affondo
dell’uomo con la spada e subito dopo scatto in avanti per
colpire al cuore il
soldato che brandisce la mazza ferrata, con la sua arma devia il mio
colpo, con
effetti disastrosi per lui, infatti la punta della spada si conficca
nell’occhio sinistro dell’uomo; appena la estraggo
quello urla come un
forsennato e premendosi la mano sullo zampillio di sangue che gli
sgorga dal
viso cade a terra, ancora urlante.
Con un gioco del polso disarmo
il terzo soldato di uno dei suoi coltelli e nel secondo dopo paro la
stoccata
al viso della spada dell’altro; con un incantesimo uccido
l’uomo col coltello e
mi sposto la mia attenzione col soldato con la spada, ma il secondo
dopo è in
fuga e in quello stesso momento mi accorgo che tutti i mercenari stanno
correndo verso le navi.
Non è una ritirata, ma solo
un’imboscata.
Risalgo sul dorso di Ignem e raggruppo
i soldati al mio comando; ho intenzione di seguirli, non me li
lascerò
scappare, non mi importa di quello che hanno in serbo per noi.
“Uomini, ascoltatemi bene;
quando arriveremo alle navi saremo sotto il fuoco nemico, quindi tenete
alti
gli scudi” poi rivolta a Ignem “noi invece andiamo
a dedicarci alle navi” Lei
spicca il volo verso il nostro obbiettivo.
NOTA
DELL’AUTRICE: Scusatemi il
ritardo, le ultime settimane di scuola si stanno rivelando
più dure del
previsto… Spero che il capitolo vi piaccia, lasciatemi una
recensione, mi
farebbe piacere.
Ciao e grazie a tutti; nel prossimo capitolo vedrete i nomi che ho
scelto per dei personaggi, per i quali ringrazio Dragone97 e _Nihal99_
|
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Capitolo 10 *** 10 - La -Non mi Servi Più di Dieci Minuti- si rompe... ***
VOGLIO
SALVARTI
10
– la “non mi
servi più di cinque minuti” si rompe…
Sento
i muscoli di Ignem
flettersi nello sforzo di arrivare il più velocemente
possibile alle navi
stanziate sul fiume; i soldati sotto di noi corrono,
anch’essi, verso i piccoli
vascelli in legno di pioppo. A pochi metri da esse iniziano a piovere
su di noi
frecce infuocate, nessuna ci colpisce, ma i soldati sotto il mio
comando cadono
come birilli e il fuoco si diffonde velocemente, bruciando anche chi
non è
stato colpito.
Avvicinandomi di più e
sorvolando i ponti delle navi vedo file e file di balestre puntate
sull’esercito avanzante; su mio ordine Ignem brucia le vele
di una prima barca,
mandando nel panico i soldati stanziati su di essa, che si buttano nel
fiume
per raggiungere la riva a nuoto. Pochi secondi dopo la dragonessa
abbatte
l’albero maestro del vascello più grande, che cade
spezzando in due la nave, e
altri corpi galleggiano morti in acqua.
Intanto i soldati portanti lo
stemma di Galbatorix hanno raggiunto le restanti barche; sotto il fuoco
di
proiettili arroventati, fermati in piccola parte da deboli incantesimi
difensivi,
riescono ad assaltare le navi e la battaglia dilaga sui ponti di legno.
Altre
due imbarcazioni cadono sotto il nostro controllo.
Dopo aver abbandonato il dorso
di Ignem scendo su una nave dove sono rimasti solo cadaveri e alcuni
soldati
del mio schieramento; velocemente arrivo al timone e dopo aver ordinato
di
tagliare la fune di ancoraggio dirigo la barca verso le poche ancora in
piedi.
La distanza tra l’imbarcazione a cui sto puntando e quella su
cui sono io è
abbastanza grande da prendere velocità.
Il vento gonfia le vele e la
nave sperona l’altra con tale violenza da farmi cadere
all’indietro; il fianco
della nave si frantuma, miriadi di schegge e assi di legno volano a
destra e a
manca. La “Non Mi Servi Più Di Due
Minuti”, come l’ho soprannominata non
conoscendone il nome, rimane quasi totalmente intatta grazie a un mio
incantesimo difensivo e in poco distrugge le ultime tre navi rimaste
davanti a
me, mentre quattro rimangono dietro, intatte.
Non avendo il tempo e lo
spazio necessario per virare richiamo Ignem e insieme sorvoliamo i
sopravvissuti, e con mio grande rammarico al mio passaggio i soldati
sollevano
le armi e gridano di giubileo, acclamando la veloce vittoria.
***
“Perdite?”
Domando ritornando
al campo, seguita da un ragazzo poco più grande di me, con
vari tagli e ferite
su braccia e gambe.
“Poco meno della metà dei
nostri uomini, tra cui i due ufficiali stanziati con
l’armamento” Considerando
le scarse risorse le perdite sono accettabili e rimpiazzare gli
ufficiali è
facile…
“Bene, prenderai tu il comando
della fanteria” Sul viso del giovane compare un sorriso
compiaciuto e biascica
un grazie capitano, con la lingua impastata “Invia due
messaggeri, uno al re e
uno sul campo delle Pianure Ardenti, a Murtagh; coi fatti accaduti
quest’oggi e
digli di aspettare le risposte” Lui annuisce.
“C’è un’ultima questione
capitano: due uomini provenienti dalla città vogliono
parlarvi” mi passo la
lingua sui denti prima di rispondere.
“Sì, li riceverò nella mia
tenda; subito” Aggiungo e il ragazzo si congeda per eseguire
i miei ordini.
Poco dopo sto bevendo una
pinta di birra davanti a due ventenni, che costituiscono la coppia
più strana
che io abbia mai visto: il primo, occhi e capelli neri, basso e tozzo
con un
espressione seria e risoluta che non sembra essere mai cambiata; il
secondo,
con un aspetto molto più piacevole, ha un sorriso furbo e
accattivante, un brillio
divertito negli occhi azzurro cielo e i capelli biondi come il grano
scompigliati in modo affascinante.
“Come promesso, metà del
denaro prima e metà ora” Appoggio sulla scrivania
che ci separa un sacchetto
ricolmo d’oro, che viene afferrato dal ragazzo biondo,
rivolgendomi un sorriso
che va oltre la gentilezza.
“Molto riconoscenti. Vi
abbiamo vista combattere dalle mura della città, siete molto
brava” Crede che
non conosca questi trucchetti? Non mi faccio ingannare da poche parole.
Decido,
comunque, di tenere a freno l’irritazione, potrebbero
servirmi in futuro.
“È stato un piacere fare
affari con voi, spero che questo non sia l’ultimo”
Dico alzandomi e tendendo il
braccio in avanti per stringere la mano dei due uomini. Il ragazzo coi
capelli
neri si alza a sua volta, ma non accenna a volermi stringere la mano;
mentre il
biondo rimane seduto.
“Ma… Certo” Dice Wayman, con
voce spiazzata, senza dare segno di volersi alzare “Anche se
in realtà speravo
di potervi mostrare la città; l’avete mai
vista?” Domanda, riprendendosi dallo
stupore iniziale, dovuto al mio poco interessamento; scuoto la testa e
lui
sorride nuovamente.
“Allora lasciate che ve la
mostri; c’è una piazza particolarmente carina, al
tramonto poi è fantastica…
Speravo proprio di godere della vostra compagnia” Il suo
compagno, Laio; ancora
in piedi lo osserva severo, ma Wayman non ci bada.
“Sì, beh… Anche io vorrei
godere della mia compagnia, ma in
questi giorni sono così impegnata che il piacere di
restarmene da sola viene
interrotto da inutili individui che…” Sospiro,
lasciando la frase inconclusa;
il mio tono di falso rammarico colpisce il giovane uomo che si alza
repentinamente e dice:
“Bene, allora non vi disturberò
più” Ed esce accompagnato dalla prima risata
dell’amico, che si congeda con un rigido inchino.
***
Dopo
due giorni di permanenza
all’accampamento è di ritorno il primo messaggero;
mi congeda un foglio di
pergamena arrotolato e si congeda. Il foglietto porta la grafia di
Galbatorix e
reca scritto:
Tu ed Ignem tornate a palazzo, abbiamo
alcune
faccende di cui discutere; Murtagh ha
fallito e
il suo ritorno coinciderà col tuo.
Mi congratulo per il tuo successo.
Galbatorix
Un ora dopo sono già in
viaggio per Urù’baen e all’alba atterro
nel centro del giardino più grande del
castello, con Ignem finalmente visibile.
Ignorando le esclamazioni di
sorpresa degli uomini e di paura delle donne mi dirigo subito nella
sale del
trono; finalmente nel mio elemento, il mantello bianco posato sulle
spalle, i
capelli racchiusi in una corta treccia, l’armatura leggera in
metallo sottile
recante la scritta: “La spada in se non è nulla,
ma nella mente che serve è
vincente”, cosa che all’inizio mi aveva lascito un
po’ perplessa, ma col tempo
mi ci sono abituata.
A qualche metro dal grande
portone a cui sono diretta sento la terra tremare leggermente seguita
da un
tonfo; Murtagh è arrivato, decido di aspettarlo e dopo poco
più di un minuto
appare la figura scarmigliata del cavaliere rosso. Ha la camicia
strappata in
un solo punto e i fili sono incrostati di sangue secco; non ha grandi
ferite,
solo alcuni tagli, ma è il viso a preoccuparmi: ha
un’espressione terrea, è
pallido e gli occhi non hanno la solita luce ribelle.
“Che cosa ti è successo?”
Domando incuriosita; lui sembra accorgersi di me solo ora, alza la
testa, mi
guarda e poco dopo la scuote sconsolato; senza rispondermi avanza ed
entra
nella sala del trono, io lo seguo richiudendomi la porta alle spalle.
Nella sala regna un silenzio
surreale, l’unico rumore è il respiro pesante di
Sruikan, il drago ha gli occhi
bianchi aperti e vigili puntati su Murtagh. Non fa pensare a nulla di
buono per
il cavaliere rosso; ho visto poche volte il re arrabbiato e ne sono
felice. Nei
rari momenti d’ira Galbatorix perde anche il raro e cinico
controllo che si
impone, rimane solo rabbia e dolore. Non è un bello
spettacolo.
“Eccovi” Il tono della voce
che varia dal roco all’acuto, sta cercando di controllarsi,
ma non resisterà
molto; fa un sonoro respiro e fissa gli occhi gelidi su Murtagh
“Vedo che con
te non c’è tuo fratello o mi sbaglio?”
La voce fredda, senza tono,
ancor più paurosa di quegli sbalzi di tonalità;
stringo i pugni e tengo gli
occhi fissi davanti a me, senza guardare Murtagh, anch’esso
immobile.
Silenzio.
“Allora non mi sbaglio!” Il
respiro pesante e gli occhi colmi d’ira; un grido lacera
l’aria, improvviso
quanto un temporale d’estate e altrettanto violento. Rimango
impietrita, non
sono stata io ad urlare, ma non ho intenzione di girarmi per vedere chi
ha
gridato; ma naturalmente è inutile, lo so già.
Murtagh.
NOTE
DELL’AUTRICE: Finalmente
conosciamo i personaggi a cui avete dato il nome; sappiate che ho
grandi
progetti per loro, che ne dite? Come vi sembrano?
Ciao e grazie a tutti coloro che
seguono e recensiscono.
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Capitolo 11 *** 11- Il sapore freddo e sadico dell'odio ***
VOGLIO
SALVARTI
11
– il sapore
freddo e sadico dell’odio
Gli
occhi del re brillano di
rabbia maligna, sfociata in puro divertimento per quella macabra
tortura;
inspiro più aria possibile, ma la gola è serrata
e l’ossigeno mi sembra quasi
tossico. Riscossa da un nuovo urlo mi giro e trovo il cavaliere rosso
disteso a
terra, dalla bocca cola un rivolo di sangue mischiato alla saliva, il
viso
bianco è cosparso da minuscoli puntini rossi, capillari
rotti, e gli occhi
iniettati di sangue violaceo. La gola rossa coperta dalle mani strette
intorno
al collo; un ansito strozzato, nel disperato tentativo di respirare;
non
respira!
“Basta! Basta, vi prego!” Urlo
rivolta a Galbatorix; gli occhi puntati sul corpo che si divincola a
terra.
Ricevo una risata in risposta alla mia supplica.
Allargo la coscienza in un
disperato tentativo di fermare l’orrore a cui sto assistendo;
sento la mente di
Galbatorix inondare la stanza, del puzzo malevolo dello zolfo mischiato
a
quello del sangue secco e della carne bruciata. Non cerco di fermarlo,
so quali
sono i miei limiti e contro quella furia selvaggia non si
può vincere.
“Sire, sire… Lui vi serve
vivo; ha sbagliato, non succederà più”
Lo sguardo di Galbatoix si sposta, colmo
di furia, su di me.
“Sbagliato?” È una domanda,
col tono di un bambino che chiede spiegazioni al padre; intanto il
respiro
affannato di Murtagh torna a riempire la sala. Non lo guardo,
peggiorerei
soltanto la situazione “Non è stato uno sbagli, e
tu lo sai… Ma su una cosa hai
ragione, non succederà più. E ora portalo
via!”
Ubbidisco ed esco dalla sala
del trono, aiutata da due guardie che trascinano Murtagh per le
braccia; ha
ripreso colore, ma si distinguono ancora i capillari rotti e il respiro
sembra
mancare anche a me a quella visione, ho avuto paura.
***
“Non lo so” Soppeso la domanda
che Ignem mi ha appena posto; non so
cosa risponderle.
“Ma dovrai avere un
ipotesi… Il re lo scoprirà o no?”
Ripete;
annuisco sconsolata. Se dovesse succedere non passerei bei momenti,
visto
quello che è capitato a Murtagh.
“Se abbiamo fatto tutto come si deve
non lo scoprirà” Sentenzio
sedendomi con la schiena appoggiata alle zampe anteriori di Ignem. La
dragonessa sbuffa una nuvoletta di fumo, insoddisfatta.
“Ma con quei due… Wayman
e Laio, qui in città le cose non sono state
fatte per bene; hai fatto uccidere tutti i mercenari, avresti dovuto
fare lo
stesso con quei due” Schiocco la lingua irritata;
sono passate due
settimane dallo scontro coi mercenari, due settimane di falsa
serenità, senza
essere turbata dal sospetto che il nostro, mio, piano possa essere
scoperto.
“Andrò a fare una
visitina a quei due” Sentenzio.
***
“Ma
che piacevole sorpresa” Storco
il naso davanti al viso di Wayman; ha un sorriso da orecchio a orecchio
e mi
guarda come se fossi una scatola dei suoi biscotti preferiti. Avanzo e
lui si
sposta per farmi entrare in una piccola casetta ammassata a molte
altre;
l’interno è accogliente, più
dell’esterno almeno, c’è un piccolo
camino spento,
un tavolo e qualche sedia; sul lato destro della stanza
c’è un divanetto e
Wayman si accomoda lì facendomi segno di sedermi, ma io
rimango in piedi.
“Allora, sei così dispiaciuta
per la nostra ultima chiacchierata che sei venuta a
trovarmi?” Faccio una
smorfia e fisso i miei occhi in quelli del giovane, che scoppia a
ridere “Per
quanto ti possa sembrare assurdo non ho paura di morire e quindi tu non
mi fai
nessun effetto, ragazzina”
Non sono affatto
impressionata, almeno in apparenza; torno alla mia espressione normale.
“Dovete andarvene!” Ordino con
poca cortesia; la sua espressione laconica vacilla per un momento, ma
poi
ritorna più impertinente di prima.
“Dobbiamo? Non hai saputo; il
mio compagno è morto, che la sua anima riposi in
pace” Finge un’espressione
sconsolata e io lo osservo senza capire “Mi stava scomodo e
ho provveduto ad
eliminarlo” Sorride con tanta cattiveria che non posso non
notare quanto siamo
simili; scarto il pensiero come farei come con un pugnale non
bilanciato.
“Questo non mi interessa, devi
andartene al più presto” Ringhio rivolta verso di
lui; questo lo fa smettere di
sorridere e i suoi occhi azzurri irradiano un gelo innaturale, si alza
con un
movimento fluido e si avvicina; arretro ma la parete dietro di me mi
blocca.
Odio trovarmi con le spalle al muro.
Adesso che ci rifletto non
sono io a dover avere paura di lui, semai il contrario, eppure ho il
respiro
corto e gli arti bloccati dal terrore; c’è
qualcosa in lui che mi fa rizzare i
capelli, trasuda così tanto potere che mi si insinua nelle
narici e non riesco
a respirare.
“C’è qualcosa che vuoi
aggiungere?” Domanda ad un soffio dal mio viso; per quanta
paura abbia il mio
orgoglio prende il sopravvento ed emetto un verso basso e raggelante,
sembra
più uscito dalla bocca di Ignem che dalla mia; lui ride e
con due dita mi scosta
i capelli dal collo, trattengo il respiro e lo fisso.
Non amo le parole e nemmeno
lui sembra voler ricorrere ad esse per dirmi che non
accetterà mai ordini da
me, invece mi bacia il collo. Sussulto, il cuore che palpita per l’adrenalina che
ho in corpo.
“Credo che io e te andremo
molto d’accordo” Sussurro.
“Sì; tu sei un cavaliere e io
ti aiuterò a raggiungere tutti i tuoi scopi” So
che la frase non è stata
completata, mancano alcune parole, molto importanti: e tu mi
ricompenserai. Ma
sono disposta ad accettare qualunque prezzo per raggiungere il potere e
so che
il suo lo posso pagare, lui vuole essere re quanto lo voglio io.
***
Sono
leggermente spossa, il
mio incontro con Wayman non è stato esattamente come me lo
aspettavo, però ora
ho un alleato in più e un nemico in meno; i corridoi del
palazzo sono
stranamente deserti, forse perché è sera e
staranno servendo la cena al
banchetto del re, che mi sono premurata di dimenticare appositamente.
Ho quasi raggiunto la mia
camera quando una mano mia afferra il braccio e mi trascina in uno dei
tanti e
stretti corridoi usati dalla servitù, mi volto verso il mio
aggressore e vedo
Murtagh con il viso contratto dalla rabbia; divincolo il braccio e lui
lo
lascia andare, ma non smette di osservarmi con rancore.
“Che c’è?!” Gli chiedo
irritata; non mi piace che mi guardi così, è
irritante.
“Che c’è?” Mi fa eco lui
canzonatorio, io lo osservo senza aggiungere niente e lui prosegue:
“Pensavi
che non lo avrei scoperto? Del tuo brillante piano?” Stringo
gli occhi; come lo
sa? Come lo ha scoperto?
“Di cosa parli?” È meglio
fingere di non capire.
“Non fare la stupida; sai
benissimo che ti ho scoperto e non dirmi che non sai di cosa parlo, sei
stata
tu ad assoldare quei mercenari!” Esclama infuriato, ma
mantiene la voce bassa,
quindi forse non ha intenzione di dirlo al re “Ti ho vista
quando sei andata da
quel… Quello” Fa un’altra smorfia ma di
diversa natura da quelle di prima.
“Esattamente cosa hai visto?”
Chiedo e lui accentua la smorfia.
“Abbastanza” Non mi
scandalizzo più di tanto, ma mi da comunque fastidio che mi
spii.
“E allora?” Dico schioccando
la lingua.
“E allora? Stai giocando con
delle vite e non senti un filo di rimorso!” Sputa
afferrandomi un spalla e
sbattendomi contro il muro; gli lancio un’occhiata velenosa,
ma non mi
divincolo.
“Oh, andiamo Murtagh, non fare
il moralista; vuoi essere libero o no?!” Lo osservo
sogghignando, l’ho messo in
difficoltà e ora non sa se continuare a sere il bravo e
leale cavaliere o
assecondarmi e ‘giocare con delle vite’.
“Sì, ma non ha questo prezzo”
Gli rido in faccia.
“A quale prezzo scusa? Non
riesco a seguirti…”
“Di vite inno…”
“Innocenti?” Concludo la frase
per lui “Nessuno degli uomini che sono morti era innocente e
davanti alla
giustizia sarebbero stati affidati al boia. Io gli ho concesso una
morte in
battaglia e così ci hanno aiutati a raggiungere uno scopo
giusto e questo è l’atto
più nobile che abbiano fatto in tutta la loro
vita” Rimane spiazzato per un
attimo.
“Tu cerchi di giustificare un
atto di follia” Mi lascia andare allontanandosi da me
“E non fingere che non ti
sia piaciuto con quel viscido” Mi volta le spalle e si
incammina, ma riesco ad
aggiungere poche parole:
“Vai! Quando capirai che sono la
tua unica possibilità tornerai da me strisciando. E
sì, mi è piaciuto”
Pochi secondi dopo sono più
lucida e a mente fredda rimpiango la mia ultima frase, così
mi sto giocando la
possibilità di tenerlo come alleato; eppure lui mi ha
provocato, perché doveva
insistere sul mio incontro con Wayman, non credo he dovrebbe
interessargli
quello che faccio.
“Sembrava quasi geloso” Dice
Ignem con indifferenza.
“Non credo, sarebbe stupido da parte
sua”
“Eppure…” Insiste la
dragonessa, e il dubbio mi si insinua nella
mente.
“Se è veramente
così è una cosa che possiamo sfruttare a nostro
vantaggio” Questa potrebbe essere una svolta
inaspettata e gradita; ha
tutto il sapore di una vendetta personale, contro un torto non ancora
risanato.
NOTA
DELL’AUTRICE: Salve a tutti; buone
vacanza, per tutti quelli che hanno finito la scuola. Spero che il
capitolo vi
sia piaciuto. Adesso passiamo alle cattive notizie: forse dopo il
prossimo
capitolo non riuscirò più ad aggiornare per dieci
giorni (motivo vacanze),
spero possiate perdonarmi. Intanto vi lascio con una domanda: da 1 a 10
quanto
vi piace la storia? Lo chiedo per potermi calibrare con giudizi
imparziali… Gradirei che mi rispondesse in una recensione o
in un messaggio privato (naturalmente non siete obbligati)
Grazie a tutti quelli che seguono.
|
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Capitolo 12 *** 12 - Lacrime di coccodrillo ***
VOGLIO
SALVARTI
12
– LACRIME DI
COCCODRILLO
“Anna!”
Mi giro, Murtagh è
davanti a me “Ti va di venire con me… in un
posto?” Domanda, sembra sicuro e
insicuro allo stesso tempo, è quasi una visione esilarante;
annuisco, dannata
curiosità…
Il viaggio, in sella ai
cavalli, dura poco e prima del tramonto arriviamo nel centro di una
piccola
ansa creata dal fiume; tutt’intorno c’è
il grano d’orato, nel mezzo del piccolo
spazio di terra c’è un cumolo di fieno, che arriva
quasi al bordo del fiume,
che crea una piccola penisola.
Murtagh scende da cavallo e
oltrepassando la piccola strettoia lasciata dall’acqua si
sdraia a pancia in su
nel fieno, come se fosse la cosa più naturale del mondo; io
lo osservo scettica
e scendo a mia volta dal dorso di Poseidone. Resto al di l’ha
del fiumiciattolo
e non mi muovo; lui mi osserva divertito.
“Che c’è? Hai paura?” Chiede
sorridendo, io continua a osservarlo scuotendo la testa; non ho paura,
semplicemente non mi piace il suo modo di fare, non riesco a
capirlo… Il giorno
prima mi rimprovera e quello dopo mi porta in quel posto; che
cos’ha nel
cervello?
E intanto che questi pensieri
mi invadono la mente il sole tramonta, inondando il grano di un colore
rosso
fuoco, che viene riflesso dalle spighe in un arancione più
tenue; il viso del
cavaliere assume una tonalità rosea e gli occhi sembrano
divenire due specchi
d’oro puro. Forse anche il mio viso deve aver preso quegli
strani colori,
perché Murtagh non distoglie lo sguardo; irritata mi sposto
avvicinandomi al
fieno e sdraiandomi sul lato opposto al suo.
“Perché siamo qui?” Domando
lasciando vagare lo sguardo sul paesaggio.
“Non è evidente?” Dice facendo
un gesto con la mano come ad indicare tutto quello che ci circonda
“Ho sempre
adorato questo posto” Sposta gli occhi e io seguo il suo
sguardo; l’acqua del
ruscello zampilla limpida catturando gli ultimi raggi del sole.
“Raccontami come sei arrivata
qui” Interrompe il silenzio che si era creato alla scomparsa
del sole. Sospiro
“È stato tutto piuttosto
semplice, a dir la verità; una mattina mi sono svegliata con
Spectro
addormentato sulla pancia, minuscolo rispetto ad ora, e il simbolo dei
cavalieri sulla mano” Alzo il palmo senza pensarci e lui lo
osserva, come se
avesse qualcosa di strano; sto per abbassarlo quando mi prende il polso
e apre
la mia mano, fa passare due dita sul bordo del Gedwey Ignasia,
rabbrividisco ma
non scosto la mano.
“Va avanti” Sussurra
continuando la sua ispezione del mio palmo; lo osservo di sottecchi ma
continuo.
“L’ho tenuto nascosto, non mi
era sembrata una buona idea farlo vedere al mondo e in più
ero curiosa… Non è
stato difficile, al cibo pensava da solo; una volta ha ucciso il gatto
della
mia vicina, ma nessuno ci ha incoltati…” Accenno
un sorriso al ricordo “Un mese
dopo era diventato troppo grande per restare in soffitta e un giorno in
cui non
c’erano i miei genitori lo stavo portando fuori,
quando… Non so esattamente
cos’è successo, ma ci ha avvolti una luce e mi
sono svegliata circondata da
molti altri cavalieri. Questo è tutto”
“Che cos’è?” Domanda passando
un dito attorno al mio pollice, avvicino la testa per vedere di cosa
parla poi
vedo il tatuaggio: un piccolo anello disegnato con
l’inchiostro bianco i cui
bordi sono fasciati da un filo doro e sempre con l’oro
c’è una scritta che
recita nell’antica lingua: Padroni dell’essere.
Scuoto la testa, solitamente
non lo nota nessuno.
“Solo un rimasuglio del mio
passato” Rispondo; non chiede altro, ma continua a far vagare
le dita sul mio
palmo, seguendo i percorsi delle vene.
Alzo gli occhi al cielo e vedo
le prime stelle affacciarsi nel cielo blu notte; mi perdo nel cercare
le
costellazioni di questo mondo, solo quando ho trovato tutte quelle che
mi
interessavano torno al presente e mi accorgo di essere scivolata,
involontariamente, più vicino al corpo del cavaliere; piego
la testa per
vederlo e mi trovo l suo viso a pochi centimetri dal mio, posa le sue
labbra
sulle mie.
Scatto in piedi, arretrando.
Come si è permesso di fare una cosa del genere?!
“Che intenzioni hai?!”
Digrigno i denti, sono arrabbiata; non può fare
così, non può!
“Io pensavo…” Inizia, ma
lascia la frase a metà; la luce della luna proietta un
pallore innaturale sul
suo viso.
“Tu non puoi… Io non posso!”
Perché il problema non è lui, sono io.
“Con quell’altro non ti sei
fatta problemi!” Sembra arrabbiato; scuoto la testo, non va
bene, è tutto
diverso.
“Lo faccio per te! Non posso.
Devi capirmi, lo faccio per te. Non vado bene” Detto questo
mi giro, salgo a
cavallo e galoppando più veloce possibile ritorno in
città.
***
“Lui non è come suo padre” Ancora
quella frase.
“Sai quante volte mi sono ripetuta
questa frase nelle ultime due ore?” Domando
ironicamente “Per quante volte la si
ripeta non significa che sia vera”
“Non puoi nemmeno sapere se lo è in questo
modo” Mi fa notare con
aria stanca. È così buio che fatico a distinguere
i particolari di Ignem, ma
vedo solo un contorno sfocato.
“Non capisco come questo possa
interessarmi, lui non mi piace e per me è
solo un mezzo per portare a compimento il mio obbiettivo”
“Se lo dici tu…” Conclude
Ignem sarcastica; crede che mi stia
ingannando con le mie mani e se è così
è per il mio bene.
***
Ho
la spada del cavaliere
rosso puntata alla gola, i suoi occhi sono quasi totalmente
inespressivi se non
si conta quella puntina di rabbia nascosta dietro l’iride
sinistra. Mi ha
battuto di nuovo, per poco, ma il risultato non cambia; entrambi
ansimiamo e il
sudore ci riga la fronte. Eppure lui continua a battermi, è
frustrante.
Sferra un’altra stoccata
rivolta alla mia testa, mi abbasso e la spada sibila colpendo
l’aria poco sopra
di me; non si è fermato, non ho più la mia spada
ma lui non si ferma, cosa
vuole fare?
Arretro mentre ceca ancora di
colpirmi, sono leggermente più veloce di lui, ma senza spada
non posso fare
miracoli; scivolo di lato e mi trovo dietro di lui, approfitto del
leggero
vantaggio per recuperare la mia arma, caduta a poca distanza;
però un dolore lancinante
alla schiena mi blocca, cado in ginocchio con le lacrime agli occhi.
Inspiro,
espiro, inspiro, espiro; non devo piangere, non devo, non davanti a lui.
Murtagh si sposta davanti a
me, ho lo sguardo perso nel vuoto e tutta la mia concentrazione
è impegnata ad
impedirmi di piangere; non mi degna nemmeno di uno sguardo e si siede
ai bordi
dell’arena per curarsi le leggere ferite.
Mi alzo stringendo i denti,
ora il male è sopportabile, ma una lacrima mi cola comunque
su una guancia; mi
avvicino all’uscita, ma prima di andarmene sibilo:
“Sei uno stronzo” E detto
questo corro verso Ignem.
Mentre le mie gambe si muovono
veloci verso le stalle un sorriso mi si disegna sul viso arrossato
dalla
fatica. “Grazie Murtagh, mi hai dato
la
scusa perfetta per allontanarmi dal castello” Ignem
sentendo i miei
pensieri si intromette incuriosita.
“Non ti preoccupare Ignem,
nessuno ci punirà per questo; mi pensano tutti una ragazzina
dai sentimenti
troppo fragili e il nostro caro amico Murtagh li ha appena feriti,
è una scusa
perfetta. Sembra che io scappi perché mi sono offesa e
invece…”
“E invece cosa?” Donada
lei; sorrido.
“Appena saremo fuori da qui ti
spiegherò tutto”
Raggiungo le stalle e senza
nemmeno sellarlo monto su Poseidone, dopo essermi procurata un secondo
cavallo;
parto al galoppo verso la porta della città, con Ignem che
ci segue dall’alto.
Ho una meta precisa e non esattamente fuori pericolo, anzi è
dentro la tana del
lupo.
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Capitolo 13 *** 13 - Eragon, Saphira e Orrin ***
VOGLIO
SALVARTI
13
– Eragon, Saphira
e Orrin
Ormai
i cavalli sono stremati,
li ho fatti correre per due giorni con brevissime pause, ma alla meta
non manca
molto. Li lego ai margini di un boschetto non troppo lontano
dall’accampamento
dei Varden; lascio del fieno che avevo in precedenza preso, non so
quanto starò
via.
Ignem atterra silenziosa
vicino a me, l’ho resa invisibile perché non
è ancora arrivato il momento di
andare in scena.
“Sei pronta?” Lei
annuisce “Sai
cosa fare? Attieniti al piano e andrà tutto bene” Non
sembra sicurissima,
ma decide di fidarsi e mi fa salire sul suo dorso.
Ripercorriamo la strada a
ritroso, fin che l’accampamento nemico è solo un
puntino in lontananza, in quel
momento rendo Ignem visibile ed entrambe siamo pronte per essere
avvistate da
Eragon, il fratellino di Murtagh.
Quando siamo a metà strada
dalle tende si leva una sagoma azzurrina, a occhio e croce sembra
più grande di
Castigo e quindi anche di Ignem; continuiamo a volare per un
po’ poi la
dragonessa scende a terra, per dimostrare che non abbiamo cattive
intenzioni; scendo dal dorso della mia dragonessa e mi siedo a terra.
“Vai, ora” Lei
spicca il volo, non andrà lontano ma non posso
permettere che la catturino. L’altra dragonessa ruggisce, ma
non parte
all’inseguimento, al suo cavaliere interesso più
io. Scende a pochi passi da
me. Ho gli occhi leggermente umidi; mostra le tue debolezze e ti
crederanno più
facilmente, anche se sono finte.
Un ragazzo sui diciassette
anni scende dalla dragonessa blu, ha i capelli castani con alcuni punti
più
chiari, gli occhi nocciola con venature dorate mi osservano indagatori.
Resto
seduta e non alzo gli occhi dal terreno, lui non avanza ne estrae la
spada ma
tiene la mano pronta sull’elsa.
“Non abbiamo niente da dirci”
Biascico nella migliore imitazione di un tono al contemporaneamente
triste e rassegnato.
“Sì invece, visto che sei
venuta qui” Incrocio ancora più le gambe, stringo
le labbra e alzo gli occhi
incatenandoli nei suoi; se è stupito dal mio strano
comportamento non lo da a
vedere.
“Non sono venuta per nuocere a
qualcuno” Lo dico nell’antica lingua in modo che
possa credermi.
“Allora perché sei qui?”
Domanda alzando un sopracciglio e in quel momento assomiglia tantissimo
a
Murtagh; scuoto la testa e mi strofino gli occhi, come a cacciare le
lacrime.
“Perché” Accenno un sorriso
sarcastico “Se tu fossi al mio posto cosa faresti?”
Sembra agitarsi a quelle
parole e salda la presa sulla sua spada.
“Ti ha mandato mio fratello?!”
L’ho fatto arrabbiare, meglio calmare le acque.
“Io… No” Scuoto vigorosamente
la testa “Sono qui perché non voglio
più far male a nessuno” Stringo i denti e
sposto lo sguardo sugli alberi alla mia destra.
“Murtagh non poteva fare
quello che stai facendo tu ora” Osserva con tono neutro, ma i
suoi occhi mi
scrutano per cogliere il minimo segno di esitazione.
“Eppure non ti ha catturato e
inoltre il mio giuramento non è così vincolante
come il suo” Dico tutto nella
lingua degli elfi perché è tutta la
verità.
“Com’è possibile?” Il suo tono
ora è molto più partecipe, incuriosito
“Voglio dire: com’è possibile che tu
esita? Erano rimaste solo tre uova e nessuna
bianca…” Scuoto la testa e accenno
un sorriso.
“È una lunga storia” Gli
racconto di come sono diventata cavaliere, quando esisteva ancora
l’ordine e di
come poi sono tornata dopo cinquant’anni, sorvolando la parte
in cui ho giurato
fedeltà al re; tutto rigorosamente nell’antica
lingua.
“Quindi tu vuoi tradire
Galbatorix?” Domanda impetuoso.
“Sì” Se lo avessi detto in
lingua umana non mi avrebbe creduto, nemmeno così sembra
esattamente fidarsi.
Voglio entrare nell’accampamento dei Varden, lo voglio
più di qualsiasi altra
cosa.
“Ti porterò nel nostro accampamento,
richiama la tua dragonessa”
“Mi capirai se ti dico che non
posso, non mi fido di te più di quanto tu ti possa fidare di
me. La sua vita è
troppo importante, ma ti giuro che non cercherò di uccidere
nessuno dei tuoi,
di Nausada o di chiunque vi comandi” Sembra abbastanza
soddisfatto delle mie
parole, anche se a un esame più attento troverebbe molte
scappatoie.
“Se giuri di non usare la
magia fin che sarai sotto la nostra tutela e ti atterrai a una condotta
positiva e non violenta noi cercheremo il modo di annullare il tuo
giuramento a
Galbatorix” Annuisco, dopo essermi alzata; tolgo la polvere
dai vestiti e
chiesto il suo permesso salgo su Saphira.
La dragonessa è più sospettosa
del suo cavaliere, cosa che le da merito, ma non fa obbiezioni sul non
incatenarmi
a un palo.
“Ti porteremo subito da Lady
Nasuada, vorrà interrogarti” Mi informa prima di
atterrare tra basse tende in
tessuto; annuisco. Una grande folla si è radunata per vedere
il Cavaliere
Apparso dal Nulla; i miei occhi vagano sui visi sconosciuti, ci sono
alcuni
nani ma tutti gli altri sono umani. Non pensavo di trovare quello che
cercavo e
invece eccolo lì! Un cerchio bianco bordato in oro, sollevo
la mano in modo che
anche il mio anello tatuato sia visibile, anche se forse non ce
n’era bisogno
visto che non sono in molti ad essere una ragazza che cavalca un drago
bianco;
ricevo un cenno d’assenso e mi affretto a seguire Eragon.
Un soldato affianca il
cavaliere e lo saluta come se si conoscessero da tempo, il suo nome
è Balor.
“La regina Nasuada ha detto
che incontrerà la… Prigioniera appena i suoi
impegni glielo concederanno, ha
anche ordinato di farla alloggiare in una tenda sorvegliata”
È un uomo di
mezz’età, occhi marroni e capelli castani striati
di grigio, ha la mascella
squadrata e il naso quasi piatto. Mentre parla il colletto della
casacca si
abbassa, scoprendo il tatuaggio bianco in torno al collo e allora lo
riconosco,
è l’uomo che ho notato appena arrivata.
È uno dei miei.
“Bene, ma non è una
prigioniera… Diciamo ospite sorvegliata” Mi
sorride e svolta a destra, io lo
seguo “Farai tu il primo turno?” Chiede al soldato,
che annuisce. La tenda è un
posto angusto, arredata con una branda, un baule, uno sgabello e un
tavolino;
la guardia entra con me e quando Eragon si congeda si inchina di fronte
a me,
sorrido.
“Alzati” ordino “Non dobbiamo
destare sospetti” Il soldato ubbidisce ma tiene la testa
china. Prima della mia
scomparsa avevo un gruppo abbastanza folto di seguaci, tutti accumunati
dal
tatuaggio dell’anello bianco e come sospettavo chi mi aveva
giurato fedeltà ha
passato il compito hai propri figli.
Mi mordo una guancia,
indecisa. Ora che ho constatato che rimangono ancora miei fedeli vorrei
impartire loro ordini e andarmene, ma la curiosità alla fine
ha la meglio:
voglio conoscere Lady Nasuada, furia nera.
“Ho un compito per te; ora io
andrò a conoscere Nasuada, non dovrete fare nulla in quel
lasso di tempo.
Quando però Eragon tornerà qui voglio che i
soldati che lo accompagneranno
siano composti dalle nostre forze e solo, non prima, che vi
darò un segnale
colpitelo alla nuca e fatelo svenire” Ordino; ilsoldato
annuisce.
In quello stesso momento entra
Eragon e annuncia che la sua regina è pronta per ricevermi.
Entro nella tenda sola, il
cavaliere resta fuori su ordine della regina; la tenda è
grande ma non vi sono
tutti i gingilli che potrebbe desiderare una regina. Una sola figura
siede
dietro ad un tavolo lungo in mogano nero, non occupa il posto
d’onore e quindi
non è colei che aspetto, oltre che è un uomo. Il
giovane si alza e si avvicina;
i suoi occhi brillano di una strana luce, come se avesse fissato per
troppo
tempo il sole.
“Io sono Orrin, re del Surda e
sono qui per servirvi” China la testa e solleva il risvolto
della camicia per
mostrare il cerchio bianco intorno al polso “Come mio padre e
suo padre prima
di lui io sono qui per servirvi. E così come gli Dei
millenni di anni fa hanno
mandato i draghi albini per designare una presono a regnare, io
così rispetto
la loro volontà”
“E io accetto il tuo aiuto,
Orrin re del Surda” Se c’è un'unica cosa
che Galbatorix ignora è il lignaggio
dei draghi albini e dei loro cavalieri. In quasi tutte le epoche un
solo
esemplare di drago bianco ha posto al potere un singolo cavaliere;
tutto è
iniziato con Eragon e Bid’Daum, fino ad arrivare a Vrael,
capo dei cavalieri e
con lui il suo drago Umaroth. Perfino Galbatorix stesso cavalcava un
drago di
colore bianco* e anche se essa è morta ha lasciato un
po’ del suo potere nell’attuale
re, ma ormai il suo tempo è giunto ed è tempo che
io ne prenda il posto.
* Non è detto che la prima
dragonessa di Galbatorix fosse bianca, Paolini non lo specifica; io ho
immaginato di sì per due ragioni:
_ Galbatorix decide di portare
una spada bianca e non nera
_ Viene detto che gli occhi di
Shruikan sono azzurro ghiaccio (quasi bianchi)
Non è detto che le mie
deduzioni siano esatte, ma per una questione di trama ho deciso di fare
così.
NOTE
DELL’AUTRICE: Salve a tutti,
eccomi tornata dalle vacanze; spero che la storia si stia facendo
intrigante
per voi, quanto lo è per me scriverla. In questo capitolo si
accenna solamente
alla teoria di Anna sui draghi bianchi, ma nel prossimo ci
sarà tutta la sua
spiegazione. Si scopre anche che ci sono molti pronti a tradire Nasuada
e il
suo fragile esercito… Ma non vi dico di più.
Spero in tante e belle recensioni (no scherzo, ma mi piacerebbe sentire
il vostro parere sulla storia, critiche costruttive, consigli e anche
complimenti se ne merito...).
Ciao, spero che vi sia piaciuto questo
capitolo.
|
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Capitolo 14 *** 14 - L'eredità del potere ***
VOGLIO
SALVARTI
14
– L’eredità del
potere
“Ditemi
ciò che devo fare e
non esiterò” Si mette meglio di come avevo
premeditato, ora ho un re e la sua
nazione pronta a servirmi; cosa posso chiedere di meglio?
“Dobbiamo procedere con calma,
amico mio” Gli appoggio una mano sulla spalla e sorrido
incoraggiante “Ora
eseguite gli ordini di Nasuada e recitate la vostra parte, io mi
metterò in
contatto con voi quando ne necessiterò”
“Tutto per l’erede del cerchio
degli dei” È stupido come gli uomini associno
sempre la magia agli dei, in
questo sono più simile agli elfi che non credono in nulla.
Non ho ancora
scoperto in cosa consistano tutti i poteri a me conferiti, ma sono
scettica
sull’attribuirgli un origine divina; credo sia solo genetica:
a volte nasce un
individuo di gran lunga più dotato di tutta la sua stirpe,
che eredita insomma
i geni migliori dai genitori; una cosa molto rara che viene evidenziata
dal
colore bianco delle squame e in qualche modo il cavaliere diventa
più potente degli
altri suoi simili.
Ma questa è solo la mia
opinione.
“Ora, re,
torna a sederti al tuo posto, noi
dovremmo essere nemici” Con un rapido inchino esegue i miei
ordini, e poco dopo
entra Lady Nasuada, seguita da una bambina di due anni circa.
Nessuno si inchina, io certo
non ho intenzione di sottomettermi ad un altro sovrano illegittimo e le
mie
ginocchia concordano.
“Lady Anna” Inizia, ma io la
interrompo bruscamente.
“Sono un cavaliere non una
Lady” Lei mi osserva e annuisce, per poi continuare il suo
discorso:
“Cavaliere, siamo onorati di
averti qui; Eragon mi ha raccontato la tua storia, è molto
affascinante, devo
ammetterlo. Sei qui perché vuoi unirti alle mie
truppe…” Sono pronta a
ribattere tutto quello che penso, ma una voce mi precede.
“Non è qui per questo. No, ma
è difficile capire cosa vuole; non mi era mai successo.
Sembra distante, c’è
qualcosa che la protegge” E poi aggiunge sotto voce
“Qualcosa di potente, molto
potente; lo sono entrambe” Nausada guarda la bambina, solo in
quel momento mi
rendo conto che è stata lei a parlare; la sua voce sembra
appartenere a una
persona più vecchia e le sue parole non si addicono certo
alla sua età, rende
tutto più grottesco.
“Lei è Elva e ha lo
straordinario potere di avvertire le emozioni, nel momento presente e
nel
futuro; non aveva mai fallito, ma sembra che tu costituisca
un’eccezione” Mi
spiega “Quello che dice è vero? Non sei qui per
unirti a noi?” Sorrido
malignamente, non è più il momento di fingere.
“No, certo che no” Inizio in
un sibilo “Non sono certo venuta qui per scambiare un re con
un altro… E
soprattutto non sceglierò una regina inesperta, che non sa
dare il giusto
valore al potere. Sei debole Nasuada e lo sarai sempre, anche se fossi
a capo
del più grande esercito che Alagaesia abbia mai
visto”
“Pensavo che volessi tradire
Galbatorix…” Scoppio a ridere. È
ingenua.
“Certo che voglio tradire
Galbatorix, ma non in tuo favore, bensì in mio. La tua vita
non vale nulla, non
sei una brava stratega, ne una combattente, ne una diplomatica e non
saresti certo
una brava regina. Dovresti farti da parte per chi veramente merita di
regnare.
Ancora non sai cosa significa perdere tutto, ma prova ad ostacolarmi e
lo
scoprirai presto”
“Pretendi di essere più forte
di Galbatorix?” Ne lei ne Orrin sembrano più
impressionati dal mio discorso, ma
so che non è così. Sento la loro paura scorrere e
pulsare con il sangue.
“Ma lo è” La voce della
bambina è un sussurro, la sento appena “Lei
conosce qualcosa di importante, su
di lei, o meglio sulla dragonessa che cavalca; qualcosa che Galbatorix
ignora.
A volte il vero potere sta nel sapere e…”
“Sì” la interrompo “La tua
bambina irritante a colto nel segno. Il punto è che se non
ve lo dico io non
scoprirete mai questa informazione, ma immagino che illuminarvi non
cambierà le
sorti della guerra, anche perché questa informazione non
riguarda in nessun
modo voi.
“È un qualcosa che differenza
me e Ignem da qualsiasi altro drago e cavaliere; ho scoperto che quando
Eragon,
il primo cavaliere, trovò l’uovo di drago bianco i
due vissero insieme e in
solitudine; col passare del tempo l’elfo divenne
meno… elfico e il drago meno
drago. Non si possono paragonare i cavalieri che esistono oggi con
loro. Posso
affermare con certezza che costituivano una razza completamente
diversa; l’uno
era più simile al compagno di quanto lo fossero alle
rispettive razze. Quando
poi, riportata la pace, decisero di creare l’ordine dei
cavalieri, in segreto
aggiunsero un ulteriore incantesimo su alcune, poche uova prescelte. Le
uova
albine. Sempre con la magia ne regolarono la nascita: per far si che vi
fosse
un solo drago bianco alla volta, morto quello nasce il successivo. In
un ciclo
continuo, come un cerchio.
“Tutto questo per mantenere la
pace; i cavalieri di drago albino avrebbero dovuto regnare sul mondo,
perché
sappiamo che se le persone non hanno una guida fissa il mondo
può anche andare
a catafascio che loro non se ne accorgerebbero, così presi
da insensate guerre.
È questa la ragione per cui è scoppiata la
guerra, quando l’ultimo drago bianco
è morto io non sono salita al potere, non per mia scelta; ma
non è potuto
nemmeno nascere un successore visto che Ignem è ancora viva.
“Però questo non contava più
al tempo dei tredici rinnegati; i draghi bianchi stavano aumentando di
numero e
il cerchio si stava incrinando; ma l’incantesimo lanciato dal
primo cavaliere
stava già riportando tutto al corso naturale delle cose e
così l’ambizione di
Galbatorix fu solo un pretesto per eliminare molti di quegli individui.
Uccidendoli il nostro amato re ci ha fatto un favore, ora io ed Ignem
siamo
pronte per salire al potere”
“Quindi” Inizia Nasuada; nei
suoi occhi c’è mescolata paura e
curiosità, mentre in quelli di Orrin insieme
alla paura c’è l’ammirazione
“Stai dicendo che un incantesimo di millenni di
anni fa ti garantisce il trono?”
“Il trono lo devi volere, o
l’incantesimo non sortirebbe nessun effetto” Inizio
pacatamente e quasi senza
interesse “Però sì, la costante
è questa; ma non è tutto: prima ho detto che
Eragon era molto simile al drago, bè è
un’approssimazione; io sono il mio
drago. Quando sono diventata cavaliere il mio cuore è
entrato in petto a Ignem
e al posto di questo ho ricevuto il suo l’Eldurnari;
così sei io dovessi morire
vivrei in lei, i nostri corpi si fonderebbero e noi potremmo scegliere
se assumere
forma umana o diventare drago. Io non posso morire”
“E allora come spieghi i la
morte di tutti gli altri cavalieri di drago?” Domanda lei
dubbiosa.
“Come ho detto prima
l’incantesimo doveva riportare il numero di albini a uno, ma
anche impedire che
venissero uccisi tutti e così ha provveduto a garantire la
sopravvivenza a uno
di questi, io” Il volto impassibile di Nasuada ha un fremito.
“Io non ti credo e non intendo
sentire una parola di più” Detto questo chiama
Eragon e gli ordina di
riportarmi alla tenda e di aumentare la sorveglianza.
***
“Posso
chiederti che cosa hai
fatto per fare arrabbiare così Nasuada?” Mi chiede
Eragon. Siamo tornati nella
mia tenda e con noi ci sono due guardie e una di queste è
Balor.
“Nulla di che” Scuoto la testa
“Sembra che non le piacciano le persone che non le portano il
massimo rispetto”
Il ragazzo inarca un sopracciglio, in quel gesto che tanto mi ricorda
suo
fratello; loro due non hanno una somiglianza accentuata, sono quei
piccoli
gesti ad avvicinarli di più; o forse è solo
perché so che sono fratelli che
trovo tutti queste somiglianze, chissà se non lo
sapessi… Forse non mi
ricorderebbe tanto il cavaliere rosso.
“No, non adora essere presa
per una bambina” Rido.
“Ma è quello che è, lo siete
tutti… Tu non hai nemmeno capito quel era il mio vero scopo,
quello che mi ha
portato qui; non che possa fartene una colpa, nemmeno il re in persona
lo ha
capito…” Il viso del cavaliere si deforma per un
secondo.
“E quale sarebbe il tuo
scopo?” Domanda cauto. Sghignazzo ancora un po’.
“Se te lo dico poi dovrei
ucciderti” Ho sempre sognato di dire questa frase, la cosa
però non sembra
divertire altrettanto Eragon. “Vedi cavaliere, qualche tempo
fa ero pronta per
prendere il posto del vecchio caro re; molti lo stavano tradendo
giurando fedeltà
a me. Si può dire che ero il precursore di un culto nuovo, o
meglio… Antico. Antico come l’ordine
dei cavalieri. Ma per la sfortuna di tutti ha perso fedeli, anche se
senza
accorgersene lo praticavano tutti. Io sono entrata in possesso di un
libro che
ne spiega i più piccoli particolari”
“Quale sarebbe questo culto?”
“Lo si chiamava Aruneek, non
ho trovato una traduzione appropriata, forse non
c’è; comunque ha preso il
nuovo nome di Cerchio degli Dei” Evito di mostrargli il mio
piccolo tatuaggio
“Molti di quelli che credi tuoi amici sono miei soldati e te
ne darò una
dimostrazione…”
Faccio un cenno a Balor che
estrae la spada per colpire il cavaliere, Eragon fa per girarsi ma
è troppo
tardi, viene colpito dall’elsa sella spada e cade a terra.
Sorrido
avvicinandomi a lui; mi siedo sui talloni e gli scosto i capelli
castani dalla
fronte. Sembra dormire.
“Vedi cavaliere, dormi anche
come un bambino” Mi rimetto in piedi “Uno di voi
deve rimanere qui per riunire
le truppe; quanti uomini abbiamo?”
“Un quinto dell’intero
esercito di Nasuada, escluso il Surda” Risponde Balor.
“Re Orrin è anch’esso al mio
sevizio… Balor, per te ho un compito diverso. Ora per
sembrare che tu non sia
complice, ragazzo” Scruto l’altro uomo,
è molto giovane, ma già pelato
“Dovrà
sembrare che sia stato aggredito anche tu”
Il ragazzo espone la mascella
e Balor lo colpisce
con l’avambraccio
ferrato e quello cade come una marionetta a cui hanno tagliato i fili.
Torno ad
avvicinarmi ad Eragon; non ho intenzione di lasciargli tutti i ricordi,
eliminerò quando dico che ho degli uomini vicino a lui.
Entrare nella sua coscienza è
facile, ho anche la fortuna che Saphira sia lontana; non mi interessano
le
informazioni sull’esercito, con un re come spia come
potrebbero? Elimino quella
piccola parte di conversazione, voglio che il resto lo ricordi e che
abbia
paura di me.
Dopo di che io e Balor ce ne
andiamo; ho intenzione di tornare presto, mio piccolo cavaliere, questo
te lo
assicuro.
NOTE
DELL’AUTRICE: Salve a tutti,
eccomi qui!!! Spero che il capitolo vi sia piaciuto (come lo spero
sempre, sto
iniziando ad essere ripetitiva); ok è stato un capitolo
quasi interamente
dedito alle spiegazioni, se avete domande sulla teoria di Anna prego,
io son qui.
Ora il fatto è: Voi lei credete?
Bene, dopo questa domanda enigmatica vi
do una piccola anticipazione del prossimo capitolo (solo il titolo, ma
perché sono
buona): 15 – Il suo alito puzza di alcol
Ok, vi intriga? Lo spero; se ne
vedranno delle belle, credo, almeno a me è piaciuto molto
scriverlo.
Ciao e grazie a tutti
|
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Capitolo 15 *** 15 - Il suo alito puzza di alcol ***
VOGLIO
SALVARTI
15
– il suo alito
puzza di alcol
Ho
una mano appoggiata al
petto nudo di Wayman, io sto guardando lui e lui sta guardando il
soffitto; sembra
pensieroso.
“E così hai mandato quel tipo,
Balor… Dove esattamente e perché?”
Domanda lui. Sono tornata da una settimana
ed è da una settimana che sto dando spiegazioni a tutti di
come ho passato quei
due giorni lontana dal castello. Naturalmente ho mentito a tutti,
tranne a
Wayman, anche se anche a lui non ho detto tutto.
“Non ho certo intenzione di
dirtelo. Tu hai i tuoi segreti e io i miei” Lui scuote la
testa.
“Mi hai promesso che diventerò
re e fin che sarò sicuro che manterrai la promessa puoi
avere tutti i segreti
che vuoi…” Ribatte chiudendo il discorso.
Questa frase l’ho già sentita,
parecchie volte anche; sembra il ripetersi di una conversazione che io
e Morzan
avevamo quasi tutti i giorni. Oh sì, il fedele servo del re
lo stava tradendo
per arrivare lui stesso al trono. E io avrei mantenuto la parola, lui
sarebbe
stato re e io regina; non che mi desse fastidio doverlo sposare, tanto
avremmo
fatto quello che ci pareva sempre e comunque.
“Bene” Rispondo. Mi alzo, mi
rivesto ed esco senza salutare.
È già spuntata la luna e la
notte sembra prendere possesso del giorno, ormai è quasi
buio, è meglio che mi
sbrighi. Cammino per le vie tranquille e quasi deserte; incespico in un
sasso e
sto per cadere quando qualcuno mi afferra un braccio; maledetto
equilibrio,
nemmeno avessi bevuto tanto, o forse è così. Non
lo ricordo.
In effetti ora che ci penso
sento caldo, malgrado la brezza serale e mi sembra di voler ridere, non
c’è
niente di buffo. Proprio no.
“Che fai qui di notte? È
tardi” Alza lo sguardo sulla persona che a parlato, e non
riesco più a
trattenermi, inizio a ridere. Sì, sono decisamente ubriaca.
“Proprio tu mi parli di fare
tardi. Se ci sono io qui ci sei anche tu e se io sto facendo tardi vuol
dire…
Che anche tu sei in ritardo” Il mio ragionamento fila, credo,
forse… Non lo so,
mi sembra banale ma ho dovuto concentrarmi per arrivare a questa
conclusione
“Ma per cosa stiamo facendo tardi?” Domando.
Devo avere un’espressione
divertente perché il cavaliere rosso; sì, ecco
chi è, prima non lo ricordavo;
si mette a ridere anche lui. Il suo alito puzza d’alcol o
sono io, ma io non ho
nemmeno aperto la bocca.
“Credo proprio che entrambi
siamo ubriachi” Conferma i miei dubbi “Ma almeno io
riesco a stare in piedi e a
ragionare, anche se mi verrebbe voglia di fare la strada che hai appena
percorso tu e spaccare la faccia a quel biondino, inoltre mi sono
appena
accorto di avere parlato troppo”
La parte di me che non ancora
assopita dall’alcol ha catalogato e inscatolato
quell’informazione, sapendo che
mi servirà; ma ora la parte di me che predomina è
quella quasi completamente
fuori di senno.
“Oh bè… Fai senza, non lo amo
micca; è solo convenienza…. Sai, assomigli a tuo
fratello, ma lui non
assomiglia come a te a Morzan, assomiglia a te ma non a lui,
è strano che non
si assomiglino” Mi sono appena accorta di aver detto qualcosa
che non avrei
dovuto dire, oltre che ad aver commesso alcuni errori grammaticali, e
non so
perché ma mi viene da ridere; quante volte ho detto
assomigliare?
Il viso di Murtagh si scurisce
un po’, sembra riflettere e poco dopo lo sento pronunciare
parole nell’antica
lingua; torna a fissarmi e non vedo più l’ombra di
smarrimento nei suoi occhi,
sembra perfettamente lucido, ma tutto questo mi sembra di poca
importanza in
questo momento; sarà che ho caldo, che non riesco a pensare
o che quegli occhi
mi piacciono tanto che non mi importa del resto.
“I tuoi occhi fanno paura”
Ridacchio “Non ne ho paura come quelli di Galbatorix; no, ho
paura che mi
piacciano troppo, che cosa stupida” Rido scuotendo la testa;
ma lui non sembra
essere divertito, no, sembra triste e tutto a un tratto mi sento triste
anche
io.
“Allora perché?” Lo guardo
interrogativa “Perché vai cono quel…?
No! Dopo” Sembra parlare più a se stesso
che a me; mi afferra un braccio e inizia a trascinarmi. Incespico
dietro di
lui, i miei piedi faticano a trovare il terreno e ad un certo punto mi
sento
sollevare e la mia testa slitta all’indietro e vedo il cielo.
È buio ormai.
“Ci sono le stelle” Esclamo
divertita; c’è un profuma di fiori mischiato a
quello delle stalle; mi rendo
conto che è la che stiamo andando, alle stalle.
“Sì, ci sono le stelle” Sembra
pensieroso, ma non so a cosa stia pensando, io sto pensando solo a
quanto è
forte per potermi portare in braccio; e a quanto mi piacciano i suoi
occhi.
Quando arriviamo in un box
vuoto e con la paglia pulita mi lascia scendere e io scivolo a terra,
sedendomi
su un mucchio di erba secca; sorrido divertita, la paglia non
è esattamente
erba secca. È tutto così soffice che ho voglia di
sdraiarmi e chiudere gli
occhi, ma Murtagh non sembra essere del mio stesso parere, si
inginocchia
davanti a me e mi scuote leggermente.
“Come sei che aspetto a mio
fratello?” Domanda. Rido; perché da ubriachi si
ride?
“Lo capisco ancora quando una
persona cerca di fregarmi” Eppure questo mi avrebbe fatta
arrabbiare o avrei
trovato una risposta intelligente da dare, ora invece me ne sto
lì a dondolare
avanti e in dietro con la schiena; ma almeno, mi consola la mia parte
razionale, non stai dicendo nulla. Non capisco perché sia
così importante
mantenere il segreto, ma lo faccio comunque e tengo la bocca chiusa.
Murtagh sembra sorpreso, ma si
riprende e slacciando qualcosa dalla cintura me lo porge.
“Bevi, è ottimo vino” No, no,
non dovrei; afferro la borraccia, lo guardo un attimo esitante, lui mi
sorride,
ha il sorriso di un angioletto con quei capelli non esattamente ricci,
ma
nemmeno solo mossi. Bevo. Tossisco e bevo nuovamente. È
più forte del vino che
ho bevuto io, mi sorprendo a pensare, non so come facesse ancora a
camminare,
io non capisco più niente e mi sento la bocca impastata.
“Allora Anna, come fai a
sapere che aspetto ha mio fratello”
“Io…” Mi sembra difficile esprimere
il concetto di individualità, come se fosse così
lontano dal mio essere; dovremmo
essere in due, mi rendo conto; eppure la voce di Ignem mi giunge
così lontana
che non riesco quasi a sentirla; credo stia dicendo di non dire niente
“Lei non
vuole” Mi lagno. Si avvicina ancora di più e fissa
i suoi occhi nei miei; ora
non sento più qualcuno che mi dice di tacere.
“Chi? Io non vedo nessuno a
parte noi due” Quanto è scorretto! Ho voglia di
urlaglielo in faccia, ma mi
copro le labbra e ridacchio. Sa benissimo chi e invece di arrabbiarmi
rido,
però è bravo a mentire, devo riconoscerglielo.
“Ero curiosa, sono andata in
quei due giorni… È simpatico tuo fratello, un
po’ ingenuo, ma simpatico; per
uscirne l’ho stordito” Trattengo una risata al
ricordo.
“E non l’hai portato qui?”
Domanda. Scuoto la testa e prendo un’altra sorsata di quel
liquido amaro, sulla
terra credo che lo definirebbero superalcolico; sto per riportarmelo
alla gola
quando Murtagh me lo strappa via.
“Ridammelo” biascico “Ho sete”
“Allora forse vuoi dell’acqua;
per questa sera sei anche abbastanza ubriaca” Cerco di
tiragli un’occhiataccia,
ma devo essere ridicola, perché si mette a ridere.
“Senti chi parla! Eri ubriaco
anche tu e non mi sembra che ti dispiacesse…”
Vorrei aggiungere qualcosa, ma
l’ho dimenticato; in un secondo si scurisce in volto.
“Non mi dispiaceva affatto,
sarei rimasto ubriaco fino ad addormentarmi se non fossi arrivata
tu” Lo dice
come un rimprovero “Credo che tutti faremmo qualsiasi cosa
per sentirci liberi,
anche solo per un po’” Questa seconda frase la dice
a bassa voce, per non
farmela sentire e io fingo di non averla sentita.
Allungo la mano verso i suoi
capelli e li avvolgo tra le dita, sono morbidi e puliti, mi piace la
sensazione
che mi danno; poi come è arrivata quella voglia di
accarezzargli i capelli se
ne va e lascio cadere pesantemente il braccio.
“Ho sonno” Dico appoggiandomi
alla parete della stalla.
***
Quanto
è strano il mondo, un
attimo prima ero tra i cavalli e ora sono i braccio al cavaliere rosso,
che mi
sta facendo scivolare lentamente nel mio letto; sospiro al contatto coi
cuscini
e ci affondo il viso dentro, quando lo rialzo Murtagh se ne sta andando.
“No, aspetta; prima prendi i
brutti sogni” Lo imploro, con la voce impastata. Lui si gira
e mi guarda
stranito; scuote la testa sconsolato.
“Non credo di avere più
spazio; i miei, di incubi, mi riempiono già
abbastanza” Lo guardo ancora un po’
e poi allungo le braccia, voglio un abbraccio. Forse questo mio
comportamento
da bambina è dovuto al fatto che sono cresciuta troppo in
fretta, o forse sto
solo cercando scuse per non ammettere che mi piacerebbe abbracciarlo;
quanto
sono complicata, ho rinunciato da tempo a capirmi.
“Sei ubriaca” Constata lui,
come se questo dovesse essere abbastanza per farmi abbassare le braccia.
“Sì, bè grazie, riesco ancora
a vedere l’ovvio” Mi difendo; lui sospira e torna
verso di me. Lo abbraccio, è
strano; puzza ancora di alcol, ma il suo odore è
più di fogli e erba tagliata,
poi di vento e di bruciato.
“Domani mattina ti maledirai
per questo” Mi avverte; ha ragione, eppure non mi interessa,
non ora. Sento il
suo respiro contro la spalla, è caldo e regolare.
“Se io prendo i tuoi brutti
sogni tu prendi i miei? Magari i tuoi non mi fanno così
paura e miei non fanno
paura a te”
“Sì” Ammette pensieroso “Forse
hai ragione”
***
Mi
sveglio con un mal di testa
tremendo, ho la gola secca e
ho sente,
ma sento che se anche una goccia d’acqua mi sfiora vomito
l’anima. La luce che
filtra nella stanza semibuia è abbastanza da farmi lacrimare
gli occhi. Sento
una risata provenire da di fianco a me e ricordo tutto, sono
schiacciata contro
il torace del cavaliere rosso.
“Ti avevo avvertito” Sussurra
lui, scostandomi i capelli dal collo, sento un brivido freddo che mi fa
quasi
dimenticare il dolore martellante appena provato mentre parlava.
Murtagh mi
appoggia una mano sulla fronte e sussurra qualcosa, il dolore si
attenua ma ho
ancora una sete madornale. Mi alzo e mi verso dell’acqua bevo
e solo dopo
parlo.
“Sei uno stronzo” Ho la voce
arrochita e un gran male alle articolazioni, mi risiedo sul letto e
continuo
“Mi hai fatto bere per farti dire quello che volevi; sei
proprio uno stronzo”
Eppure non mi sento così arrabbiata, sarà
perché non ho detto tutto resistendo,
o perché tutto sommato ho dormito ben; in ogni caso non mi
sento arrabbiata.
“Sì, ognuno usa i mezzi a
propria disposizione; tu mi hai fatto sentire in colpa per due giorni e
io ho voluto
sapere per cosa… Comunque, ieri non hai risposto ad una mia
domanda: Perché non
lo hai portato qui” Lo guardo mentre si puntella sui gomiti,
ha la casacca
tutta stropicciata e la mia non deve essere in condizioni migliori,
però sembra
soddisfatto, forse nemmeno lui ha avuto brutti sogni.
“Per la tua stessa ragione” Mi
limito a rispondere, e in effetti è così, tutti e
due vogliamo indebolire
Galbatorix, anche se per motivi diversi.
“Bè, credo di dover andare”
Scosta il lenzuolo ed esce “Comunque avevi ragione, sugli
incubi” Sta per
chiudere la porta quando aggiunge: “Sono stato bene,
rifacciamolo” Aggiunge un
sorriso sghembo e la rabbia che non avevo torna a fluire, ho voglia di
tirargli
addosso il bicchiere che ho in mano, ma è troppo veloce e
chiude la porta.
Sospiro; sono pronta per un
nuovo giorno di allenamento.
NOTE
DELL’AUTRICE: Salve a tutti;
eccomi con un nuovo capitolo che spero sia stato di vostro gradimento.
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, mi fa molto piacere
sapere
di non essere ignorata.
Ciao e ancora grazie
|
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Capitolo 16 *** 16 - Sono un ladro ***
VOGLIO
SALVARTI
16
– Sono un ladro
Il vento entrava lieve a
scompigliarci i capelli, “È strano”
Constato guardandomi intorno.
“Cosa?” Domanda Murtagh
affiancandomi; la sabbia della piccola arena gli sporca i vestiti, non
so cosa
stesse facendo ma quando sono entrata era già qui, seduto a
terra.
“Il re” Sapendo che quelle due
parole possono spiegare tutto; lui mi guarda come se fossi stupida.
“Non c’è, e allora?”
“È strano” Insisto; tutti i
giorni dopo il mio ritorno ha supervisionato i nostri allenamenti di
scherma e
ha sostituito i gemelli come insegnante di magia, un vero
professionista al
confronto di quei due.
“Bè, allora forse avrò il
tempo di parlare con te” è una settimana che lo
evito, non mi va di parlare
della sera in cui eravamo ubriachi; ha dormito con me e allora?! Sembra
che non
gli sia mai successo e sono sicura che ha fatto di peggio. Ma non credo
che
potrò evitarlo adesso.
“Non abbiamo niente di cui
parlare” Uffa, ma perché deve rendere le cose
più difficili.
“Dai, non ti piacciono più i
miei occhi?” Sbatte le palpebre con fare ironico; sbuffo, ma
decido di
reggergli il gioco.
“Sì, da morire; quasi quasi
prendo un coltello e ti cavo i bulbi oculari per conservarli in un
barattolo,
ma per consolarti dal dolore ti prometto che li terrò sul
comodino” Lui ride di
gusto.
“Questo mi consola veramente;
ma credo che ci sarebbero metodi migliori per ammirarli prima di andare
a
letto” Sogghigna.
“Ah sì? E quali sarebbero?” Mi
avvento su di lui con la spada ed iniziamo il nostro allenamento.
Dopo due ore di allenamento ci
fermiamo col fiatone, sono riuscita a batterlo una volta ma le altre
tre ha
vinto lui; fuori il sole sta tramontando e io ho una fame pazzesca.
“Io questa sera ho intenzione
di bere, vuoi farmi compagnia?” Domanda; lo squadro, che
intenzioni ha? Vuole
chiedermi qualcos’altro?
“Non ci casco una seconda
volta cavaliere” Lo ammonisco avviandomi verso
l’uscita, lui mi segue.
“Non ho intenzione di
chiederti nulla, pensavo solo che se vuoi bere è meglio che
non incorri in
qualche rissa da osteria contro qualcuno che non puoi battere e senza
finire in
un fossato mentre torni al castello” Ridacchia, probabilmente
pensando al mio
comportamento di dieci giorni fa.
“So badare a me stessa,
cavaliere”
“A me non sembrava e il mio
nome è Murtagh” Sospira “E comunque
potresti incontrare dei ladri” Ridacchia
ancora, come se avesse appena fatto una battuta.
“Tipo chi?” Domando annoiata.
“Tipo me” Risponde sicuro.
“Tu?!” La mia voce alle mie
orecchie suona sconcertata, che bisogno ha di rubare lui? “E
cosa avresti
rubato?” Chiedo curiosa.
“Ancora niente, ma ruberò il
tuo cuore” Accarezzo l’idea di girarmi e dargli uno
schiaffo, ma mentre ci
penso lo schiaffo si trasforma in un bacio e così decido di
lasciar perdere e
di ribattere con l’ironia.
“Le cose preziose le proteggo
bene e non bastano semplici ladruncoli per rubarle” Lui
sorride sbarrandomi la
strada, lo osservo fintamente annoiata.
“Dammi una sera” Rido “Se
credi che non ci riuscirò cosa ti costa?” Scuoto
la testa; il problema non è
che penso che non ci riuscirà, ma l’esatto
contrario, ho paura che ci riesca.
Voglio che ci riesca.
“Accetto” Ma quanto sono
stupida? Che cosa vuole da me? Perché mi devo innamorare
proprio ora? No! Non
sono innamorata! È solo che lui mi incuriosisce, non
centrano questioni di
cuore; non me lo posso permettere. Dovrei togliermi lo sfizio e basta!
Eppure sto
sognando baci sotto un albero all’alba, il suo respiro sul
collo, la sua risata
nell’orecchio, carezze…
“Sant’iddio mi sto
innamorando” Ma perché?!
“Anna, forse potresti lasciar
perdere il tuo piano di conquista e
goderti un po’ di felicità, la meritiamo
entrambe”
“No! Ci godremo la felicità quando sarò
regina”
“Fai come ti pare, ma se le cose stanno così non
baciarlo” Detto
questo esce dalla mia mente. E solo in questo momento mi accorgo che
Murtagh mi
sta trascinando per le vie della capitale; ha la mano stretta nella
mia, mi
rendo conto, stringo la presa e mi affretto a seguirlo. Sì,
un po’ di felicità
per una sera che male vuoi che faccia?
Entriamo in una taverna,
Murtagh mi lascia la mano per andare a chiedere qualcosa al
proprietario e io
me ne dispiaccio un po’; poco dopo torna con due borracce
simili a quelle della
sera di dieci giorni fa, lo guardo un po’ scettica mentre le
infila in una
bisaccia.
“Solo due” Lui sogghigna.
“Fidati, bastano e avanzano”
Sta per dirigersi fuori quando io lo fermo per un braccio.
“Non stiamo qui?” Domano
interdetta; lui fa una faccia stranita.
“Certo che no!” Esclama quasi
indignato; in effetti la locanda non mi sembra molto accogliente e
puzza.
Annuisco e lui torna a dirigersi in strada, lascio la presa sul suo
braccio ma
gli afferro la mano; lui si volta stranito e poi abbozza un sorriso.
“Volevo dire meno di una sera”
“Oh stai zitto” Gli intimo con
la faccia scura; ride e inizia a guidarmi per i vicoli della
città.
Ci troviamo fuori dalle mura,
percorriamo il muro perimetrale fino ad a raggiungere una piccola
insenatura
tra i mattoni; Murtagh vi si accoccola e mi tira dentro, mi siedo di
fianco a
lui e prendo la borraccia che mi porge, la stappo e bevo un sorso; il
liquido
inizia a bruciare subito e mi viene da tossire, ma cerco di resistere
con un
risultato piuttosto ridicolo; Murtagh ride.
“Smettila, non è divertente!”
Protesto sorridendo a mia volta; lui scuote la testa e prende un sorso
dalla
mia borraccia, ingoia e non sembra affatto risentirne.
“È solo questione di
abitudine”
“Vedo che sei molto esperto di
queste cose” Lo punzecchio, scuote nuovamente la testa
sfiorandomi con in
capelli le guance;
prende un altro sorso
prima di parlare.
“Tu non capisci… Farei di
tutto per dimenticarmi di tutti, anche solo per un
po’” Effettivamente non
capisco cosa intende, deve averne passate molte più di me,
già solo provare a
resistere a Galbatorix deve essere molto doloroso, per mente e corpo.
“Vuoi dimenticarti anche di
me?” Cerco di sdrammatizzare, lui sorride.
“No, non voglio dimenticarmi
le poche cose buone che ho” Sorrido, ma dentro mi sento
morire; sto facendo
tutti gli sbagli che mi ero ripromessa di non fare… E mi
piace
sbagliare, mi fa
sentire viva; quel dolore intenso e quel sentimento che provo per lui
che mi
dilaniano mi fanno sentire tremendamente viva.
“Hmmm, non credi di dover
essere lucido per cercare di trovare un modo… per
andarsene” E è la prima volta
che desidero veramente andarmene; lui ride, una risata piena di
amarezza e
triste.
“Tu non hai la più pallida
idea di quello che voglio dimenticare” Si ferma per bere e
continua “ Con te il
re è completamente diverso, forse perché non
gli hai aperto ufficialmente le ostilità, non
so… Comunque non hai
ancora avuto il piacere di vederlo realmente arrabbiato; quando mi hai
trascinato via dopo che non avevo catturato Eragon, quello è
stato niente; mi
ha richiamato ed è stato peggio, molto peggio. Ho saputo che
ha ucciso cinque
servi prima che arrivassimo noi; quando ci sei tu si comporta con i
guanti,
forse non ti vuole spaventare…” Piega la testa di
lato e non riesco a reggere
il suo sguardo, gli sottraggo la borraccia e bevo, questa volta non
tossisco.
“Hei, non ci pensare ora; non
conta” Mi dice, mentre mi sfiora una guancia con due dita;
devo avere gli occhi
lucidi, ma è colpa dell’alcol.
“Assolutamente” Mi
deride Ignem.
Beviamo ancora un po’
entrambi, non mi sento così brilla come l’altro
giorno, ma anche se ha bevuto
di più Murtagh è meno ubriaco di me; sto per
portare la borraccia alla bocca
quando lui me la toglie di mano e la chiude.
“Credo possa bastare per oggi”
Sospiro, non ha tutti i torti; chiacchieriamo ancora un po’
di com’è il mio
mondo e quando ha finito le domande restiamo per qualche secondo in
silenzio,
io non voglio chiedergli nulla del suo passato, è una ferita
non ancora chiusa
e non voglio farla sanguinare, in più non voglio essere
coinvolta più di quanto
non sono già.
“Anna, vorrei fare una cosa…”
Inizia; io sogghigno.
“Fammi indovinare, un bacio”
Quanto è ben educato e timido; mi giro e lo bacio, la prima
cosa che sento è la
risata di Ignem, poi esce un attimo dalla mia testa e allora avverto le
labbra
di Murtagh, schiudo le mie e il sapore dell’alcol mi invade,
non avevo sperato
di meglio; mi lascio andare e avvicino il mio corpo al suo, lui mi
passa le
braccia sui fianchi e mi abbraccia.
Quando ci stacchiamo è solo
per respirare, lui appoggia la fronte sul mio collo e io la guancia
sulla sua
testa.
“Meno male che non avresti dovuto
baciarlo” Ridacchia Ignem, io
sbuffo e Murtagh ha un fremito, alza le testa e mi guarda, sembra
imbarazzato.
“Non è per te!” Esclamo
capendo quello che lo ha turbato “È Ignem
che… Fa battute” Mi sembra stupido
dirlo, ma il viso del cavaliere rosso si distende in un sorriso.
“Anche Castigo non è da meno”
Mi trascina più vicino, appoggio la schiena al suo petto e
lui mi passa un
braccio sulla pancia; uso la sua spalla come poggia testa e mi giro per
guardarlo, anche lui si gira ma l’oscurità non mi
permette di distinguere i
suoi lineamenti. Come se mi avesse letto nel pensiero accende un globo
di luce
che si alza fino ad
arrivare a toccare
il basso soffitto della piccola insenatura.
Sul viso di Murtagh si
disegnano ombre altalenanti e mentre le osservo le palpebre si fanno
pesanti,
alla fine mi addormento tra le sue braccia.
NOTE
DELL’AUTRICE: Ciao a tutti;
ringrazio come sempre coloro che leggono, recensiscono, seguono,
ricordano e
preferiscono la mia storia.
Ciao e grazie ancora
|
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Capitolo 17 *** 17 - Menzogne nell'antica lingua ***
VOGLIO
SALVARTI
17
– Menzogne nell’antica lingua
Graw
Il ruggito mi paralizza sul posto; apro gli occhi così di
scatto da accecarmi con la luce del giorno, il cuore palpita impazzito.
Quando torno a vedere trovo il grande muso rosso di Castigo davanti al
viso, prendo un sospiro di sollievo e chino la testa di lato; mi
sciolgo dall’abbraccio di Murtagh, che non sembra
intenzionato ad alzarsi.
“Il re vi sta facendo cercare ovunque”
Mi avverte la voce di Ignem; scuoto ancora un po’ il
cavaliere rosso che mi guarda con gli occhi appannati dal sonno, gli
riferisco ciò che mi ha detto Ignem e lui scatta in piedi.
Percorriamo le vie della capitale mano nella mano e in poco
raggiungiamo la sala del trono; Galbatorix ci guarda fisso, con un
espressione di rimprovero ma non dice nulla.
“Sire, voleva vederci?” Domando; il re annuisce
senza toglierci gli occhi di dosso.
“Sì, è così. Ho un compito
per te, Murtagh, e stavolta mi aspetto di vederlo portato a
termine” Scocca un’occhiata velenifera al cavaliere
e continua “Con te ci saranno trecento soldati,
l’unico obbiettivo della missione è catturare
Eragon, devo avere il ragazzo vivo” Corrugo la fronte.
“Sire, trecento soldati sono pochi… Come credete
di tenere occupato l’esercito nemico con un così
esiguo numero di soldati?” il sorriso che appare sul viso del
re farebbe ghiacciare il sangue a chiunque, ma io so che quel sorriso
porta novità interessanti.
“Ma non sono soldati qualunque. Vedete li ho resi immuni al
dolore, continueranno a combattere anche con una ferita che avrebbe
fermato qualsiasi uomo, o elfo”
“Sire” Chiedo ancora “Io che ruolo
avrò?” Lui mi osserva, capisco che sta soppesando
i rischi.
“Ignem è molto preziosa, sarebbe
l’ultima dragonessa se non dovessimo catturare Eragon e
Saphira” Constata “Ma immagino che se non
parteciperai allo scontro e resterai nascosa da un incantesimo
dell’invisibilità potrai andare anche
tu” Meglio di rimanere al castello.
***
Eragon
e Murtagh si fronteggiano, io e Ignem siamo poco lontane, nascoste agli
occhi di tutti. Osservo i due ragazzi, sono così diversi che
sarebbe impossibile riconoscerli, se non fosse per quei piccoli gesti
caratteristici che hanno in comune.
“Tu e Saphira ci avete provocato molto dolore, Eragon.
Galbatorix era furioso con noi perché vi abbiamo lasciato
andare. E dopo che avete ucciso i Ra’zac era così
arrabbiato che ha fatto a pezzi cinque servitori e dopo ha rivolto la
sua rabbia contro me e Castigo. Abbiamo sofferto orribilmente a causa
vostra. Non accadrà più” Vedere il
volto contorto dalla rabbia e dal dolore di Murtagh e sentirgli dire
quelle parole mi fa capovolgere lo stomaco.
Il cavaliere si protende in avanti per colpire ma Eragon grida:
“Aspetta! Conosco un modo per liberarvi entrambi dal
giuramento fatto a Galbatorix” Lo fisso per cercare un segno
che indichi la menzogna sui lineamenti sottili, ma non ve ne trovo.
Guardo Murtagh, il viso del ragazzo assume un’espressione di
disperato desiderio; guardando entrambi preda delle loro emozioni mi
viene da chiedermi che cosa sto provando io nel sapere che potrei anche
andarmene senza diventare regina. Niente, assolutamente niente. Io
voglio governare.
Murtagh sputa a terra e grida, ancor più arrabbiato di
prima: “Non ti credo è Impossibile!”
“Invece sì! Lascia che ti spieghi” Dai
Murtagh, lascialo spiegare, se c’è un modo
più facile per liberarmi da quella palla al piede di
Galbatorix voglio saperlo. Solo con questa riflessione mando
all’aria il mio niente; stupida me, provo qualcosa, stupido
te Murtagh, è tutta colpa tua!
“Accidenti a te, Eragon, ti sei servito di questa proposta
come esca. Ci eravamo già rassegnati al nostro
destino” Per una frazione di secondo si volta verso di me
“Invece tu ci vuoi tormentare con lo spettro di una speranza
che ormai avevamo abbandonato da tempo. Se questa speranza si
dimostrerà vana, fratello, giuro che prima di portarti da
Galbatorix fratello ti taglierò la mano destra…
Tanto, per cisò che dovrai fare a
Urû’baen non ti servirà”
Eragon sembra accigliarsi, effettivamente la minaccia del cavaliere
rosso non è una delle migliori.
“Galbatorix non avrebbe voluto che te lo dicessi, ma quando
ero dagli elfi ho appreso che se si modifica il carattere cambia anche
il nome nell’antica lingua. La tua identità non
è scolpita nella pietra, Murtagh! Se tu e Castigo riuscirete
a cambiare qualcosa in voi il vostro giuramento non sarà
più vincolante e Galbatorix vi lascerà
andare” Sul momento mi vengono mille obbiezioni da fare, ma
nel complesso l’idea non è troppo male. Mi perdo
nei miei pensieri mentre i due fratelli continuano la loro
chiacchierata; solo quando sento Murtagh ridere ritorno con la mente al
momento presente.
“Liberarmi della mia rabbia?” Sta dicendo il
cavaliere rosso “Solo quando tu ti libererai della tua per
ciò che ha fatto l’impero a tuo zio e alla tua
fattoria. È la rabbia a definirci, Eragon. Senza di essa io
e te saremmo cibo per vermi. Tuttavia, devo ammetterlo,
l’idea mi intriga. Forse ci potremmo lavorare insieme a
Urû’baen. Sempre che il re ci consenta di restare
uniti. Naturalmente potrebbe anche decidere di tenerci separati per
sempre. Fossi in lui, non avrei dubbi a scegliere questa seconda
possibilità” Ascolto i due ragazzi parlare e
mentre Murtagh dice che Galbatorix sa sicuramente che il vero nome di
una persona può cambiare mi viene da ridere.
“Non immagini nemmeno cosa ignora il nostro amato
re, caro Murtagh”
“Certo, mentre tu sai tutto, vero Anna?” Mi
rimbecca Ignem, sbuffo e torno a seguire la conversazione, di cui mi
sono persa altri pezzi.
“Piuttosto mi strappo il cuore con le mie stesse
mani!” Esclama Eragon.
“Meglio che strappi i miei, di cuori!” Replica
Murtagh con evidente riferimento agli Eldurnari fornitigli da
Galbatorix. Il cavaliere brandisce la spada sopra la testa e castigo
ruggendo da due battiti d’ala per superare Saphira.
Osservare il combattimento tra due draghi mi aveva sempre estasiata, ma
vedere Castigo e Murtagh essere feriti dai loro avversari mi fa sentire
impotente; più volte Ignem scatta avanti quando il
combattimento prende una piega critica, ma poi torna la suo posto
frustrata.
Alla fine Eragon, con mia grande sorpresa, scaglia un incantesimo che
Murtagh non è in grado di respingere e così
Castigo, appena libero dalle fauci della dragonessa azzurra fugge
lontano. Se potessimo intervenire io e Ignem ora avremmo vita facile,
Eragon per lo sforzo è svenuto e Saphira non sembra in grado
di combattere nuovamente. Rimango ancora un po’ a osservare
drago e cavaliere e poi, con tranquillità io e Ignem
seguiamo Murtagh e Castigo; lasciando ancora una volta il piccolo
cavaliere svenuto ed esausto.
***
“Murtagh,
stai bene?” Mi siedo sui talloni esaminando il viso contratto
del cavaliere; annuisce, ma non mi sembra comunque in forma.
“Sicuro?” Insisto.
“Non era da solo, lo hanno aiutato degli elfi; con solo tre
Eldurnari non avrei potuto fare niente…”
“Non ti preoccupare, non è stata colpa tua;
però quello che ha detto tuo fratello può esserci
d’aiuto” scuote la testa sconsolato.
“Se non sa quello che ci ha detto Eragon lo
scoprirà guardando nella mia memoria e allora qualunque
possibilità di riuscire a cambiare i nostri veri nomi
sarà vana” Non insisto, ma non ho certo intenzione
di arrendermi.
***
“Com’è
stato possibile un’altra volta? Dici che aveva delle
coscienze unite con la sua, questo non lo avevo previsto; fammi vedere
i tuoi ricordi Murtagh” Ordina Galbatorix con tono perentorio.
“Sire” mi intrometto io “non è
stata colpa di Murtagh, ma è stata mia; lui… Io
volevo intervenire e lui ha cercato di fermarmi, per far in modo che
rispettassi i vostri ordini; si è distratto e Eragon ne ha
approfittato” lo dico senza nemmeno accorgermene, mento
nell’antica lingua, com’è possibile?
“Dici che è colpa tua… Non voglio che
ricapiti mai più, sono stato chiaro?” Annuisco
“Bene, andate” Mi catapulto fuori dalla sala del
trono, non posso aver mentito nell’antica lingua; non
è possibile!
Nessuno ci è mai riuscito; ma d’altronde nessuno
ha mai scambiato il suo cuore con il cuore dei cuori di un drago.
Sì, deve essere merito dei draghi albini, non
c’è altra spiegazione. Sento gli stivali di
Murtagh a poca distanza da me e poi la sua mano stingersi attorno al
mio braccio, mi volto.
“Che c’è?!” Rispondo adirata;
ho bisogno di avere risposte subito e lui sta portando via il mio tempo.
“Come hai fatto?” Domanda a voce alta; gli scocco
un’occhiata.
“Abbassa quella maledetta voce; nemmeno io so come ho fatto e
ora se vuoi scusarmi” scuoto il braccio per liberarmi
“devo andare a cercare delle risposte” e mi
allontano di buon passo, lasciandolo lì impalato. Forse sono
stata un po’ scortese, ma…
“Devi capire”
“Sì, devo capire come sfruttare questo a mio
vantaggio”
NOTE DELL’AUTRICE: Salve a tutti; in questo capitolo (che
spero sia piaciuto a tutti) si hanno delle novità, Anna
scopre nuovi poteri e il suo primo pensiero è come usarli e
Murtagh? Come prenderà la cosa?
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, mi fa molto piacere
sapere che vi piace; i dialoghi nella parte centrale sono presi da Brisingr.
Ciao e grazie di tutto
|
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Capitolo 18 *** 18 - Oromis e Glaedr ***
VOGLIO
SALVARTI
18
– Oromis e Glaedr
Da
quel giorno i miei rapporti
con Murtagh si fecero radi e quasi mai voluti; avevo iniziato ad
allenarmi da
sola, dando il meglio di me e iniziavo a coglierne i risultati, il mio
corpo si
stava lentamente trasformando, diventando più agile e
veloce. Padroneggiavo la
magia come se fosse stata un terzo braccio, un’altra
parte del mio
corpo; divenni in grado di evocarla senza nemmeno parlare, anche nel
sono, a
volte.
Mentre l’impero continuava la
sua battaglia contro i ribelli io non dormivo le notti per studiare e
non
mangiavo il giorno per allenarmi.
E ora tutto questo
sta per dare i suoi frutti.
***
La
sala del trono è più piena
del solito, quattro generali sono attorniati a un tavolo mentre
discutono di un
prossimo attacco agli elfi; il re è pensieroso e Murtagh si
tiene da parte. Io
ascolto in silenzio, è da molto che non combatto, ma non
trovo l’insistente
bisogno che avevo prima di uccidere, ora ho più sete di
conoscenza che di
sangue.
“Questo attacco lo guiderà un
cavaliere” Sentenzia il re, prendendo la parola e sovrastando
i battibecchi dei
suoi generali.
“Credo che Murtagh sia la
scelta più adatta” Azzarda uno di loro; il re lo
folgora con lo sguardo.
“Non spetta a te decidere”
Sentenzia “Credo invece, che Anna assolverà il
compito molto bene, ormai è padrona
della spada e della magia; è giunto il momento di metterla
alla prova” Mi fissa
con insistenza.
Mi inchino “Come il mio re
comanda, qual è il mio compito?” Domando.
“Semplice… Uccidere più elfi
possibile e cercare di prendere la foresta” Annuisco.
“Quando partirò?”
“Il prima possibile, diciamo
all’alba…”
“Come il mio re comanda, ora
se volete scusarmi vado a preparare il necessario per la
partenza” Mi volto
senza aspettare una risposta ma il re mi ferma.
“Voi andate. Anna, tu rimani”
Torno a girarmi e aspetto che tutti mi passino accanto ed escano dalla
porta,
per chiedere il motivo per cui mi vuole parlare.
“È semplice, mi stavo
chiedendo da quando controlli così bene le tue emozioni;
prima quando ti
affidavo un incarico sul tuo volto appariva il compiacimento misto a
una
felicità selvatica, assomigliavi molto a Morzan in questo,
ma… Ora ti vedo
completamente padrona di te stessa e; non mi fraintendere questa
è una buona
cosa, significa che ora non ti lasci trasportare. Ma, mi
chiedo… Come mai
questa maturazione?” Mentre
parlava si è
avvicinato; è a pochi passi da me, tanto che riesco a
sentirne l’alito
sfiorarmi la fronte.
Se dovessi piegarmi, prendere
il pugnale che ho nello stivale, gettarmi su di lui e pugnalarmi
niente mi
fermerebbe ora; ho il controllo totale sulla magia, potrei annullare i
suoi
incantesimi di protezione e ucciderlo seduta stante. Mi trattengo, non
è ancora
il momento.
“L’addestramento mi ha
cambiata” rispondo invece. Lui annuisce.
“Bene, molto bene… Murtagh
dovrebbe prendere esempio da te; ora vai” Faccio un leggero
inchino e me ne
vado; non sa affatto quanto è difficile per me trattenermi
dal seguire
l’istinto e non sgozzarlo come un maiale. Ormai nemmeno i
suoi più potenti
incantesimi potrebbero fermarmi. Il trucco è allenare la
capacità che ti da la
natura, prima mi era solamente premesso mentire nell’antica
lingua, ora… Ora la
magia è al mio comando.
Se la magia proviene dai
draghi, in modo più specifico dal loro cuore dei cuori, io
che sono sangue e
cuore di drago, cosa sono capace di fare? La risposta è
semplice.
Tutto.
***
L’aria
di Gli’ead è fresca e
ricca d’ossigeno, così ad ogni vampata di fuoco
scoppietta e sfrigola; le
frecce elfiche nulla possono contro la densa corazza di magia a
protezione di
Ignem; l’odore di carne bruciata sale alle mie narici, fetido.
Avanziamo ancora un po’, vorrei
scendere e combattere da terra, ma
questi non sono mercenari da due soldi; potrei ucciderli da soli, ma se
mi
dovessero accerchiare, cosa che faranno sicuramente visto che sono io
il loro
più grande pericolo, non riuscirei a combatterli.
Così mi tengo saldamente sul
dorso di Ignem.
Senza parlare faccio fluire la
magia alle radici degli alberi, le sgretolo, in modo che quei giganti
si
abbattano sugli elfi.
“Guarda, quella è la loro
regina” Aguzzo la vista e nel punto che mi
indica Ignem vedo un’elfa vestita di un’armatura un
po’ più brillante delle
altre.
“Bene, verrà anche il suo
turno; prima accorciamo le sue file, voglio
che veda di cosa siamo capaci” Con un ruggito di
assenso la dragonessa si
butta in picchiata e scarica un’enorme quantità di
fuoco sulle file nemiche; il
più delle fiamme viene fermato, ma qua e là
piccoli getti di fuoco
attecchiscono sulla carne e le urla dilagano.
L’aria trema per un secondo e
poi un ritmico tum-tum-tum si fa
strada nel vento, come
un
tamburo gigante; il suono si fa incalzante e quando alzo lo sguardo
dalla
distesa di nemici, anche a una distanza così elevata, vedo
un drago dorato che
si sta avvicinando.
“Quello è il rumore delle
sue ali” Penso sgomentata.
“Se è così
deve essere davvero enorme”
“Non più del drago nero” Commento;
non ho paura, sono solo stupita
dalla presenza di un altro drago, nessuno lo sapeva. “Meglio mandare un messaggio al re. Sali” Ignem
fa come le viene
detto e si porta a distanza dalla gittata delle frecce.
Prendo una scodella e con la
magia la riempio d’acqua, divino Galbatorix e il suo volto
cruciato appare
nello specchio d’acqua increspata dal vento.
“Che cosa succede? Sei
ferita?” Scuoto la testa “Allora cosa?”
Con una magia difficoltosa proietto
l’immagine del drago nell’acqua. Il re corruga la
fronte.
“Cosa devo fare?” Domando con
tono piatto; passa qualche secondo prima che io riceva una risposta.
“Se si arrende portalo qui, in
caso contrario uccidilo; non me ne faccio nulla di un vecchio
storpio” Detto
questo la sua immagine scompare. Vuoto la ciotola e la rimetto via.
“Bene scendiamo, abbiamo un nemico
da affrontare”
“Sai che Galbatorix ci sta guardando, vero?” Mi
domanda lei.
“Lo sospettavo, ma ora lo sento
anche; meglio non dare troppo spettacolo”
Detto questo si porta all’altezza del drago dorato
e lì, ferme ed immobili
lo aspettiamo.
***
“Allora
è vero” La voce, resa
più forte dalla magia, dell’anziano elfo mi giunge
alle orecchie piatta e quasi
gentile “Eragon mi ha raccontato di te, ragazzina
umana”
“Non sono una ragazzina” Lo
apostrofo con voce spenta; non mi importa più di tanto il
dover combattere
contro un drago menomato e il suo vecchio cavaliere.
“Perdonami, per me anche
Galbatorix è un ragazzino” sorrido, non che la
cosa mi stupisca.
“Non sto negando di essere
giovane” rispondo “solo che per essere dei
ragazzini bisogna essere boriosi e
stupidi e credere di poter vincere quando invece non si hanno
speranze” l’elfo
annuisce.
“Molto saggio da parte tua,
allora sai di non poter vincere” Rido, rido di guasto; non ha
la minima idea di
chi ha davanti.
“No, io so di poter vincere e
non è un pensiero da ragazzini; tu sei solo cibo per vermi,
tranne i tuoi
occhi, a quelli penseranno i corvi” Lo sguardo del vecchio
elfo si indurisce e
assottiglia gli occhi “A meno che tu non voglia giurare
fedeltà a Galbatorix,
in questo caso verrai risparmiato” Aggiungo.
“Mi spiace doverti informare
che non lo farò, mai” Alzo le spalle.
“Non che mi dolga molto, ma… Iin questo caso
dovrò ucciderti” Ignem
scatta e si porta in alto,
subito seguita dal grande drago. Il drago dorato è
più forte di Ignem, ma lei è
più veloce e ogni tre battiti ne recupera uno.
Arriviamo ad un’altezza
vertiginosa e la distanza tra lei e il suo simile è
abbastanza per attaccarlo
prendendo velocità; Ignem si tuffa in picchiata e dopo pochi
secondi raggiunge
il drago dorato, la forza dell’impatto è tale che
se non avessi le gambe legate
alla sella mi scaraventerebbe per aria. La dragonessa azzanna il
moncherino del
drago più anziano, che ruggisce e scuote l’altra
zampa ferendo Ignem, che è
costretta a staccarsi.
Con due rapidi battiti di ali
si porta a distanza di sicurezza; il drago dorato ruggisce una
vampata di
fuoco, ma quella si biforca senza nemmeno sfiorarci, merito degli
incantesimi.
“Ignem?” Chiedo
pervasa da un dubbio “Lui non
avrebbe dovuto toccarti con i miei incantesimi,
com’è possibile
che ti abbia colpita?”
“Non mi ha colpita, ma la forza dell’impatto sulla
barriera mi a
scaraventato di lato” Mi spiega lei, per poi
aggiungere: “Nemmeno io sono
riuscita a morderlo, è
protetto bene” Dovevo immaginare che avrebbe
avuto degli incantesimi a sua
protezione, ma questo non è un problema.
Ignem riparte all’attacco, si
abbassa e vola sotto il ventre del drago dorato, una mossa rischiosa;
con una
veloce virata punta una zampa posteriore del nemico, senza dargli
abbastanza
tempo per spostarsi azzanna la carne, della coda però. Mi
concentro sulla
barriera di energia che protegge il vecchio drago, ne sento il potere
fluire ritmico,
come il battito di un cuore; immagino di fermare quel cuore, di
stritolarlo tra
le mie mani e l’energia si blocca, poi da forma fluida si
secca come una
crosta. La mascella della dragonessa si serra ancora di più
e la crosta va in
frantumi, miriadi di piccole schegge di energia solida esplodono
attorno al
corpo dorato.
I denti di Ignem squarciano la
carne della coda e il ruggito tonante del drago mi riempie le orecchie;
una
vampata di fuoco mi acceca, sembra durare
un’eternità e il calore si fa così
intenso che Ignem è costretta a lasciare la presa e ad
allontanarsi.
“Non avresti dovuto farlo”
mi rimprovera “Galbatorix
sta guardando” Impreco sottovoce; me ne ero
completamente dimenticata.
“Penserà solo che le
difese del vecchio non erano abbastanza forti” Come
scusa è abbastanza credibile e per giustificare le schegge
di energia potrei
dire che era una magia elfica che non conosco; sì, ci
crederà.
Ignem torna all’attacco e
anche il drago dorato, entrambe le cavalcature si scambiano graffi e
morsi, gli
ululati di dolore si susseguono da ambe le parti; io incrocio poche
volte la
spada con l’elfo, solo quando siamo abbastanza vicini. Il
cavaliere mio rivale
è vecchio, ma abbastanza in forze da poter contrattaccarmi e
i pochi minuti in
cui stiamo l’una contro l’altro non riesco a
sopraffarlo.
Mentre un altro assalto di
Ignem mi trascina nell’aria densa sento una forza enorme
all’estremità della
mia mente; cerco di resistere, ma sento il cranio pulsare ed
è come se le ossa
esplodessero. Anche la dragonessa sembra avvertirla e indietreggia
guaendo di
dolore.
Non posso resistere.
La consapevolezza è una doccia
fredda, ma necessaria, non posso resistere; mi ritiro in un angolino
della mia mente,
nascondendo
pensieri e ricordi e lascio che Galbatorix prenda il possesso del mio
corpo per
i suoi scopi. Osservo la mia bocca parlare con voce non mia e
l’elfo
rispondere; sento il dolore di Ignem e vedo la mia lama disarmare
Ormis, così
si chiamo l’elfo e Glaedr il drago. Vedo il sangue del nemico
scorrermi sul
braccio, ma non ne sento il calore e alla fine osservo il possente
corpo del
drago dorato cadere a terra con un tonfo sordo.
NOTE
DELL’AUTRICE: Salve a tutti,
eccomi nuovamente qui! Lo scontro con Oromis e Gladr si rifà
a quello contro
Castigo e Murtagh (verso la fine di Brisngr); naturalmente è
in molte cose
diverso, partendo da Anna e Ignem, ma l’idea che Galbatorix
prenda possesso
delle loro menti è dell’autore originale.
Spero vi sia piaciuto, ciao e grazie a
tutti.
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Capitolo 19 *** 19 - Sepoltura e fuga ***
VOGLIO
SALVARTI
19
– Sepoltura e
fuga
Il
respiro mi torna
prepotente, invadendomi e ardendomi i polmoni; anche Ignem è
esausta e ferita,
fatica a restare sollevata in aria. La guarisco e le dono un
po’ di energia che
è racchiusa nella squama che mi aveva dato. Sono ancora un
po’ intorpidita, è
come se non usassi il mio corpo da anni e dovessi farci
l’abitudine; guardo in
basso e quello che vedo non mi sorprende, gli elfi si stanno ritirando
e
scappano nei boschi.
Planiamo verso il basso e con
la voce amplificata dalla magia ordino di fermarsi e non inseguirli, i
soldati
ubbidienti si schierano e aspettano miei ordini. Li osservo, le perdite
sono
ingenti e l’esercito esausto; gli elfi erano meno e minori
sono le loro
perdite, ma loro sono elfi. Se li inseguissi ora sarei una stupida, gli
uomini
devono riposare, ma non le creature con le orecchie a punta.
“Tornate all’accampamento,
mangiate e riposatevi. Domani marcerete sulla città e
prenderete quello che ha
da offrire” grido, mi rispondono acclamazioni di gioia, tra
me e me aggiungo
“ormai devono essere rimasti in pochi là dentro e
saranno vostri anche loro, a
me non servono”
Scendo dalla mia dragonessa e
con lei mi dirigo nel mezzo del campo di battaglia, un ufficiale mi
affianca
“Mio cavaliere, c’è una tenda che vi
aspetta e un pasto caldo, ai feriti
penseremo noi” sorrido cupamente.
“Non voglio occuparmi dei
feriti, capitano; è dei morti che ho intenzione di
occuparmi. Ora vai e fa il
tuo dovere, non risparmiate i feriti nemici”
“Nemmeno le donne?” Domanda
quello.
“Nemmeno le donne, nessuno”
Proseguo mentre quello resta fermo e dopo una piccola riverenza
raggiunge il
suo gruppo di stregoni.
Il cadavere di Oromis giace
nel sangue suo e di altri, con una gamba schiacciata sotto il suo
potente, e
pesante, drago; con la magia che mi rimane scosto la massa enorme e
dorata di
Glaedr, taglio le funi della sella che sono avvolte intorno ai polpacci
dell’elfo e ne sposto il cadavere in uno sprazzo di terra
libera. Osservo la
sua ferita che va dalla spalla al fianco e la guarisco, la carne si
rimargina
velocemente e il sangue secco scompare; impongo su entrambi i cadaveri
un incantesimo
di conservazione.
“Ignem saresti in grado di
trasportare Glaedr con il mio aiuto?” Domando;
lei mi osserva dubbiosa, ma poi annuisce. La dragonessa afferra con gli
artigli
l’enorme massa dorata di Glaedr e scuotendo convulsivamente
le ali si solleva
di poco, la iuto con la magia e, sempre con la magia, sollevo anche
Oromis;
insieme ci dirigiamo verso la foresta.
Quando i due corpi vengono
accasciati a terra sono stanca, ma mi riprendo velocemente; mentre
camminavamo
ho trovato la spada del cavaliere, per quanto mi dispiaccia non gliela
posso
lasciare e trasferisco la sua energia nella squama di Ignem, un vero
arsenale.
Osservando la corazza dorata di Glaedr provo l’innato
sentimento di sottrargli
una squama, non se ne accorgerà nessuno e a lui non servono
più.
Mi avvicino ad una squama
della zampa mutilata, sembra essere già quasi del tutto
staccata e con un
piccolo tiro la prelevo, la rigiro tra le mani e poi la attacco alla
collana
con quella di Ignem.
“Cosa vuoi farne?” Chiede
Ignem, riferendosi ai due cadaveri; scuoto
la testa “Hai intenzione di darli
agli
elfi?”
“No, non sono degni di seppellire un
drago, solo un cavaliere può farlo
e visto che sono l’unico cavaliere lo farò
io” Uso l’energia che era
conservata nella spada e pronuncio poche parole.
Gli alberi si chiudono come a
cupola su di noi, i rami e le radici avvolgono i due corpi, li
trascinano e li
posizionano; i rami si irrigidiscono e si fermano. I due sembrano drago
e
cavaliere fatti di intrichi di rami, non si vedono i lineamenti del
viso, ma la
forma dei corpi è ben delineata e l’arto mancante
di Glaedr è stato sostituito
dai rami.
La testa del drago è puntata
verso l’alto, nell’atto di ruggire, con una zampa
sollevata; il cavaliere si
regge alla sella con una mano e l’altra è protesa
verso l’alto, la mano chiusa
intorno a un’elsa di spada inesistente. Guardo la lama dorata
che pende al mio
fianco; non è mia e non mi serve, ma…
“Puoi dire al re che è
andata perduta” Suggerisce Ignem, annuisco e
posiziono la spada dorata nel suo legittimo posto “Dovremmo dire qualcosa?” Domanda
ancora lei.
“Bè, polvere alla polvere,
immagino. E tu, elfo, diventerai il cibo per le piante che il tuo
popolo ama
tanto; non credo che il tuo riposo sarà eterno, presto anche
da qui vedrai la
tua foresta bruciare del fuoco della mia compagna di mente e di
cuore”
Un’ultima minaccia detta a un morto e il fruscio del mantello
stracciato,
mentre esco dalla cupola di alberi.
La città è stata conquistata,
gli abitanti sono morti tra atroci torture e le ricchezze sono finite
nelle
case dei sodati; dal re ho ricevuto l’ordine di tornare a
casa e un comandante,
vecchio e rugoso, ha preso il mio posto, per continuare la conquista
della
foresta. Ora torno a “casa”.
***
I
mesi passano mesti nella
grande città di Urû’baen, il re
è sempre più preso dalla scoperta che sta per
fare: il vero nome dell’antica lingua, cosa che mi lascia
completamente
indifferente, ho già il controllo sulla magia, tutta la
magia e non solo la
lingua con cui è amministrata. Non ho più
ricevuto incarichi dopo Oromis e
Glaedr, a quanto pare Ignem è troppo preziosa, ma io non
metterei mai in
pericolo la sua vita.
Alla fine trovo il mio talento
in guerra recesso a “consigliere” della corona,
posso seguire passo a passo gli
eserciti e formulare strategie, ma non amministrare i soldati sul
campo. I
Varden accumulano successi su successi e tutti i tentativi di catturare
Eragon
falliscono. Dopo un’altra sconfitta di Murtagh a Dars-Leona
l’ira del re era
alle stelle.
“Sire, lui vuole ucciderti,
no?” Attiro su di me gli sguardi truci di tutti i generali,
compreso il re, che
annuisce “Per fare questo dovrà venire qui, un
topo che cerca il formaggio e
cade in trappola; è tutto così semplice. Sire,
sposta gli eserciti qui e
aspetta che arrivi; lo farai entrare nel palazzo, lui e pochi altri e
pian
piano potrai sfoltire le sue fila. Metti delle trappole, altri andranno
avanti
per testare la sicurezza del terreno e quando saranno morti quelli che
non ti
servono lui sarà esattamente dove vuoi che sia” Lo
sguardo di Galbatorix si
illumina.
“Questa è l’idea che mi
serviva” Annuisce e poi indurendo lo sguardo si volta verso i
suoi generali
“Voi siete inutili, questa ragazza capisce la guerra
più di voi, ed è molto più
giovane; fate come ha suggerito, ma lasciate qualche sostanzioso gruppo
di
soldati, per provocargli più perdite possibili" Appena
ricevuti gli ordini
i generali si dileguano con un lungo e spaventato inchino.
“Anna, veniamo a noi, io
penso…” Mentre le parole gli escono di bocca sullo
specchio posato accanto al
tavolo appare l’immagine tremolante di Murtagh.
“Sire, come avete saputo
abbiamo perso la città; sarebbe opportuno attaccarli subito,
questa notte,
mentre festeggiano” Il re sorride.
“Voglio che la regina dei
Varden venga uccisa, senza una guida sono un toro senza gli occhi,
colpiscono
alla cieca” Lo sguardo del cavaliere rosso sembra rabbuiarsi,
che si sia preso
una cotta per quella… smidollata?
“Sire, posso parlare
liberamente?” Galbatorix annuisce, è curioso
“Credo che Nasuada possa essere il
cavaliere dell’ultimo uovo, se dovesse morire potremmo
cercare un giusto
compagno per anni e ora, forse, lo abbiamo a portata di mano”
Il re si gratta
il mento e poi lascia ricadere mollemente il braccio lungo il fianco,
si gira
verso di me.
“Tu, Anna, cosa ne pensi?”
Inclino la testa; sono certa che Nasuada non potrà mai
diventare un cavaliere
di drago, ma se dovesse morire mi mancherebbe un aiuto inaspettato.
“Credo…” lancio un’occhiata a
Murtagh, che mi osserva silenzioso “… sia
difficile che questa eventualità possa
diventare reale, ma potrei sbagliarmi e non varrebbe la pena perdere
questa
opportunità”
“Bene, allora vedi di
catturarla!” La figura di Murtagh scompare e lo specchio
torna a riflettere la
sala poco illuminata. “C’è qualcosa che
non hai detto cara, fammi diventare
partecipe dei tuoi pensieri” Mi stupisco sempre di come
Galbatorix sappia
interpretare le mie parole e, ancora meglio, i miei silenzi. Valuto la
possibilità di mentirgli, ma è troppo rischioso e
non mi voglio espormi troppo,
così gli dico la verità.
“Sembra che Murtagh abbia un
attaccamento particolare a questa… donna; credo che lei sia
il modo per
controllarlo meglio” Il sorriso sul viso del re si accentua.
“All’inizio credevo che tu
fossi come Morzan, ma adesso vedo che sei esattamente come
me” Rispondo al
sorriso.
“Non sai quanto” Mi
inchino e raggiungo l’uscita.
“Cosa te ne fai di
Nasuada?” Chiede Ignem curiosa.
“Quello che ho detto a Galbatorix,
Murtagh è diffidente e cercherà di
mettermi i bastoni tra le ruote; se ho qualcosa con cui controllarlo
ben venga”
“Dubito che quella duegambe cambi
qualcosa; esprimo
il concetto usando una tua
espressione: hai gli occhi foderati di pancetta?!” Corrugo
la fronte, non
riesco a capire cosa vuole dire.
“Non capisco, spiegati
meglio” L’unica spiegazione che mi
arriva è
la fragorosa risata della dragonessa e poi più niente. Che
comportamento
bizzarro.
***
Il
giorno seguente Murtagh
arriva con la prigioniera svenuta; Nasuada viene portata nei
sotterranei, ma
invece di essere rinchiusa nelle segrete viene legata nella Stanza
dell’Oracolo. Per disposizione del re nessuno
dovrà farle visita senza un suo
preciso ordine, tranne il carceriere; due guardie vengono stazionate
davanti
alla porta, per prevenire qualsiasi minaccia e con esse vengono imposti
anche
vari incantesimi di allarme, di cui uno allerta me.
Passano tre giorni in
tranquillità; il re sembra persino essersi dimenticato della
sua “ospite”; ma
verso mezzanotte del terzo giorno mi sveglio di soprassalto, il braccio
destro
mi brucia terribilmente. Accendo una candela e lo osservo, a lettere
scarlatte,
scavate nella pelle arrossata vi è scritto una sola parola: fuga.
Mi alzo di scatto, indosso un
paio di brache sopra la camicia leggermente lunga e prendo la spada;
quando
riguardo il braccio la scritta è scomparsa e senza farmi
altre domande mi
precipito nei sotterranei. Non mi scapperai reginetta; non oggi.
Nelle scale sono già affollati
una ventina di soldati “FATEMI LARGO IDIOTI!” Urlo
e questi si spostano di lato
lasciandomi passare; scendo le scale come una furia e dopo due svolte
mi trovo
davanti la reginetta.
“Ma guarda chi si vede” la
schernisco “Bella camicia da notte” forse un
po’ di tempo fa doveva essere
bella veramente, ma ora stracciata e sporca sembra solo uno straccio.
Nasuada
brandisce una spada, ma non sembra essere in forma, anche se alle sue
spalle ci
sono due soldati morti.
Getto il fodero della spada di
lato, non avendo avuto il tempo di legarmi il cinturone alla vita;
avanzo e
tento un fendente, che viene prontamente parato dall’altra
spada, sorrido. Ho
appena iniziato.
Faccio un passo indietro e
inizio la mia danza; le infliggo piccoli tagli su tutto il corpo, vado
troppo
veloce perché possa tenermi dietro, sarebbe impossibile
anche per un soldato
nel pieno delle sue capacità. Poco dopo, ferita e stanca,
lascia cadere la
spada e si accascia a terra; calcio l’arma, che roteando sul
pavimento si
allontana da lei.
Mi giro verso le guardie che,
arrivate, stavano osservando il mio balletto “Riportatela in
cella, legatela bene
e sgombrate i cadaveri” Chiudo il colletto della camicia, che
nello scontro si
era leggermente aperto, recupero il fodero della spada e me ne torno a
letto.
NOTE
DELL’AUTRICE: Salve a tutti; anche
in questo capitolo c’è solamente una piccola
apparizione di Murtagh, ma non
preoccupatevi nel prossimo capitolo avrà un ruolo
fondamentale… Vi annuncio che
non manca ancora molto alla fine della storia: tre o quattro capitoli,
non ho
ancora deciso.
Sto già scrivendo una nuova storia e vi
chiedo un consiglio: come dovrei intitolarla?
-
La storia dietro il tiranno
-
Danzare con i propri demoni
Parlerà,
come forse avrete già capito
di Galbatorix, ma anche di Morzan e Brom. Credo che arriverà
fino alla morte
del primo cavaliere rosso, ma non ne sono ancora sicura.
Fatemi sapere quello che pensate. Ciao
e alla prossima.
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Capitolo 20 *** 20 - Resterò con te questa notte ***
VOGLIO
SALVARTI
20
– Resterò con te
questa notte
“Non
è più tempo di aspettare,
è giunta l’ora che la ragazza mi giuri
fedeltà” Il re si gratta il mento,
facendo ondeggiare leggermente l’ispida barbetta bianca.
Murtagh sposta il peso
da una gamba all’altra; poverino, non sa cosa lo aspetta, ma
io sì: il re vuole
mettere alla prova la sua presunta fedeltà, e lo
farà facendolo partecipare
alla tortura.
“Sire, se potessi esentarmi da
questo compito… Non nutro il minimo interesse per quella che
si è definita una
regina e ho compiti che mi premono di più da
svolgere” E in più non ho
intenzione che il re scopra che ho già incontrato Nasuada.
Storce il naso e mi osserva;
forse pensa che mi faccia impressione la tortura, ma sembra scartare
quell’idea
“Immagino che non ci sia bisogno del tuo aiuto, hai
già dimostrato il tuo
valore. Mentre di te, Murtagh, avrò bisogno”
Murtagh si blocca, sembra non
riuscire a respirare, ma alla fine annuisce.
“Bene, allora procederemo
subito” Il re si avvia verso la porta di servizio, seguito
poco lontano dal
cavaliere rosso.
“Divertiti” penso
mentre la porta si chiude; sospiro, penso che farò
una passeggiata, è una così bella giornata e
voglio godere del sole.
***
“Pensi che Nasuada costituisca un
pericolo?” Domanda Ignem, mentre
rosicchia il suo pranzo.
“Al comando dei Varden, forse; ma
così è solo una seccatura, una spina
nel fianco”
“Allora sbarazzatene”
“No!” Rispondo perentoria “Lei
mi serve, mi serve per Murtagh; anche se fosse come dici tu e a lui non
interessa in quel senso non credo la lascerebbe morire, la sta aiutando
anche
ora”
“Come fai a saperlo?!” La sua voce
è allarmata; ha paura che se
scopro troppo le mie carte il re scoprirà il nostro segreto.
“Non ti preoccupare, è
Galbatorix a mostrarmi tutto quello che fa
Murtagh” Mi sento scoppiare dalla gioia; il re si
fida così tanto di me da
espormi i suoi piani, quanto è ingenuo.
“Perché non mi dici
queste cose?!” Sbotta Ignem.
Rido “Nemmeno tu mi confidi tutto,
cara; che cosa mi dici del tuo piccolo
amico Castigo, eh?” Sogghigno e lei sbuffa, ma
evita di rispondere, segno
che ho colpito sul vivo.
“Comunque il re ha intenzione di
sfruttare la cosa, come noi del resto;
anche se ora gli sta creando parecchi intralci, perché
Nasuada si ostina a non
giurargli fedeltà. Credo che stia per decidere di aspettare
che ci sia anche
Eragon, ma non ha ancora gettato la spugna” Sospiro
assorta nei miei
pensieri
“E comunque da
Castigo…” Sbotta Ignem, ancora alterata
dalla mia
piccola insinuazione di prima “…
ho
scoperto un paio di cosette che potrebbero esserti utili”
“Cosa?” Chiedo presa
dall’interesse.
“Al ragazzo, il duegambe si intende,
non interessa Nasuada; sta fingendo
per attirare l’attenzione su di lui e lasciare te fuori
dall’occhio del re” Sbuffo.
“Devo dir la verità,
speravo in qualcosa di più sostanzioso. E poi come
dovrebbe interessarmi quello che fa lui” Eppure un
sorriso mi appare,
involontariamente, sulle labbra.
***
La
sala dell’oracolo è immersa
nel buio, so per certo che il re in questo momento non sta osservando
Murtagh,
è sicuro che non farà niente di considerevole.
Lui no, ma io sì.
Apro la porta con poca delicatezza,
sorpassando le due guardi in stato di catalessi. Appena sente il rumore
Murtagh
balza in piedi; erano seduti fianco a fianco appoggiati contro una
parete, per
qualche oscura ragione la cosa mi da sui nervi. Sorrido al cavaliere
che sta
bofonchiando qualcosa.
“Ho interrotto qualcosa?” Dico
con voce malignamente divertita; il volto di Murtagh si scurisce
“Oh, non ti
preoccupare, il vostro segreto con me è al sicuro”
Non vorrei essere così
dolcemente acida, ma è più forte di me. Scuoto la
testa, devo restare lucida e
non accecata dall’invidia.
“Vattene cavaliere, prima che
cambi idea; ho bisogno di parlare con la nostra reginetta”
Murtag si avvia alla
porta, con passo rigido “Non dimenticare il mantello, non
vorrei che prendessi
freddo” Riferendomi
al quello indossato
da Nasuada; ripreso si avvia all’uscita, ma quando
è vicino a me mi afferra un
braccio.
“Che intenzioni hai?” Domanda
sibilando; se sta fingendo è molto bravo. Resisto
all’impulso di strattonare il
braccio, dargli uno schiaffo e scappare via; invece sorrido, il
più
innocentemente possibile.
“Non ho cattive intenzioni,
non le farò alcun male” Dico nell’antica
lingua; lui indurisce lo sguardo.
“So quello che puoi fare, non
prendermi in giro” Dice in un sibilo.
“Sì, lo sai, ma questo cosa
cambia? Non ti fidi di me?” Lui scuote la testa, io sorrido
“Bè, comunque
perché dovrei farle del male? Ci sei già tu per
questo. O non sei stato tu a
infliggerle quelle ferite?” Gli rivolgo uno sguardo perplesso
e lui molla il
mio braccio come se scottasse.
Prima di uscire dice: “Noi
dobbiamo parlare. E non potrai evitarmi questa volta”
Sospiro, con un tocco di
malinconia.
“Cosa volevi da me?” Domanda
Nasuada, ha la voce flebile, ma mantiene quello sguardo orgoglioso
negli occhi.
Un po’ mi assomiglia; solo che io ho imparato che se voglio
qualcosa
l’orgoglio, a volte, può essere
l’ostacolo più grande; bisogna avere
equilibrio.
“Niente di troppo importante,
volevo solo assicurarmi che tu non giurassi fedeltà a
Galbatorix” e per
torturarmi nel vedere te e Murtagh insieme, per rendermi conto che la
mia
scelta di tenerlo a distanza sia giusta; perché ho bisogno
di sapere che
nemmeno tu sei felice con quello che avrei potuto avere io.
“Hai paura che dica qualcosa
di ciò che mi hai rivelato a Galbatorix?” Sollevo
le spalle e le riabbasso, non
avevo nemmeno pensato a questa eventualità
“Bè non preoccuparti inutilmente,
non lo farò”
“Anche se dovessi farlo non ti
crederebbe, sono la sua pupilla” Sono sicura di quello che
dico, l’unico
problema sarebbe se dovesse guardare i suoi ricordi.
“La sua pupilla? Ti punirebbe
comunque…” Sul suo volto c’è
l’ombra di un sorriso.
“Prima lo ucciderei” Rido, è
divertente vedere come continui a sottovalutarmi “Se tu non
mi servissi
ucciderei anche te”
“Cosa potrei fare io per te?” La
osservo attentamente e poi scuoto la testa.
“Non te lo posso dire,
comunque tu non puoi fare niente; ma quanto vorrei che lui ti amasse
veramente”
Sarebbe tutto più semplice, estremamente semplice.
“Ma non ti preoccupare,
presto non avrai alcun motivo per essere gelosa” Lei si
irrigidisce ancor di
più.
“Non puoi uccidermi,
Galbatorix mi vuole viva”
“Oh, se fosse così semplice…”
Le sorrido tristemente “Alzati, devi tornare al tuo
posto” Fa come gli ho detto
e la lego.
“Lui… lui mi ama” Dice; non ne
è più sicura.
“Sì certo” Il mio tono è
scettico “Ti do un consiglio: non amarlo” Me ne
vado; per quanto ci provo non
riesco ad odiarla, se non mi ascolta lei sarà più
morta di coloro che ama.
***
“Eragon,
Eragon arriverà
domani. Dimmi cos’hai in mente, Anna” Gli sorrido.
“Ho in mente di aiutare
Eragon, quello che vuoi fare anche tu” Fino a un certo punto,
naturalmente
“Abbiamo un obbiettivo in comune” Lui mi folgora
con lo sguardo e in pochi
secondi mi afferra per le spalle.
“No! No, non è affatto così;
io non voglio quello che vuoi tu”
“Non hai la più pallida idea
di quello che voglio, Murtagh”
“Hai ragione; io voglio
andarmene e tu no” annuisco “Vedi? E questo rende
impossibile avverare il mio
desiderio”
Corrugo la fronte “Non
capisco…” Lui scuote la testa, è triste.
“Io voglio anche te e, puoi
credermi quando te lo dico, non me ne andrò senza
averti” Vorrei urlargli
contro dicendogli che è uno stupido, che non avrà
mia quello che vuole.
“No, lo sai che questo non
accadrà; vattene, vattene via, Murtagh. Fai come ti
dico” Lui scuote la testa e
ripete:
“Io voglio te e non me ne
andrò senza averti” Questa volta però
lo dice nell’antica lingua. Una lacrima
mi solca la guancia e lui la asciuga con il pollice; quanto vorrei che
non lo
avessi detto.
“Mi odi così tanto?” Domando.
“No, ti amo così tanto da
essere egoista e impedirti di commettere uno sbaglio. Se non mi ami
uccidimi,
uccidimi adesso; non te lo impedirò” Se lo facessi
sarei sicura di avere quello
che voglio, eppure lo amo e mi odio per questo. Perché amore
e odio sono così
inevitabilmente legati?
Lo bacio e lui ricambia; un
bacio rude, come se fosse l’ultimo, come se non ci fosse un
domani. Mi stacco e
sospiro, lo guardo negli occhi fondi come l’oblio; quanto
vorrei andare via con
lui, restare con lui, ma voglio di più il regno.
È tempo di scegliere, Anna.
“Io ti amo; ma, ti prego, non
rendere le cose più difficili” Lui accenna ad un
sorriso.
“Tu mi conosci, ti renderò le
cose impossibili fin che non resterai con me” Scuoto la testa.
“Resterò con te questa notte”
***
“Murtagh
svegliati, ormai sarà
ora” Le braccia del cavaliere, strette alla mia vita, hanno
un fremito e poi
allentano la presa; sento il respiro di Murtagh sul collo e poi le sue
labbra
sull’orecchio, mi da un piccolo bacio e poi si alza.
Io lo seguo e mi vesto; quando
entrambi indossiamo l’armatura e le armi mi abbraccia
nuovamente, lo bacio
assaporando le sue labbra; quanto vorrei poter perdermi in
quell’abbraccio
protettivo.
“Dobbiamo andare” Dice lui,
con un tocco di tristezza.
“Sì” Concordo io.
“Non mi dici di stare
attento?”
“No” Fatti pure ammazzare, mi
semplificheresti il lavoro.
“Eppure tu non vuoi che
muoia” Puntualizza Ignem, mi sembra quasi
che lei sia l’angioletto su una mia spalla e io il
diavoletto, però poi le
decisioni le prendo io, andando contro a tutte le regole del buon
senso. La
scaccio dalla mia testa, voglio godermi a pieno Murtagh.
“No? Ma tanto tornerò da te,
che tu lo voglia o meno. E comunque non mi sembra molto gentile da
parte tua…”
Sogghigno.
“Io non sono gentile” Gli
scocco un bacio sulle labbra e mi libero dalla sua presa
“Andiamo, o il re non
sarà gentile” Entrambi ci avviamo verso la sala
del trono.
|
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Capitolo 21 *** 21 - Il guerriero dei fulmini ***
VOGLIO
SALVARTI
21
– Il guerriero
dei fulmini
“Murtagh
vai ora, i Varden
stanno attaccando e dobbiamo mettere in atto il nostro piano”
Murtagh annuisce
e lanciandomi un’occhiata sparisce, io non lo seguo, come mi
è stato detto
mille volte Ignem è preziosa e oltre a non lasciarmi andare
a combattere il re
ha ordinato di farla venire nella sala del trono, che è
decisamente abbastanza
grande.
“Anna, il tuo piano sta per
entrare nel vivo e vedremo cosa produrrà” Il re
è visibilmente eccitato, sta
per avere quello che vuole.
“Non dovrete preoccuparvi,
sire” Lui piega la testa da un lato e poi
dall’altro.
“Prendi una sedia e una coppa
di vino, se vuoi; ci aspetta una lunga attesa” Faccio come
dice, ma lascio
perdere la coppa di vino, ho bisogno di lucidità. Sento
tutto il peso che grava
sulle mie spalle, sta per arrivare il momento in cui i nodi arriveranno
al
pettine. Il cuore batte regolare, ma se non lo tenessi così
faticosamente sotto
controllo penso che mi scoppierebbe.
***
“Sono
qui” Le parole del re
sono seguite dal rumore delle grandi porte che si aprono, la prima
figura che
si nota è Saphira, seguita da Eragon, Arya ed Elva;
guardando la bambina mi
ricordo che Nasuada è legata da qualche parte nel buio.
Tutti e quattro sono controllati
da un incantesimo di Galbatorix; avanzano tra le due file di lanterne,
unica
fonte di illuminazione.
“Ah, vi stavamo aspettando.
Benvenuti nella mia dimora. Un particolare benvenuto a te, Eragon
Ammazzaspettri, e a te, Saphira Squamediluce. Desideravo tanto
incontrarvi. Ma
sono lieto di vedere anche te, Arya, figlia di Islanzadi e tu stessa
degna Ammazzaspettri,
e te, Elva dalla Fronte Lucente. E naturalmente anche voi, Glaedr,
Umaroth,
Valdr e tutti coloro che viaggiano con voi non visti. A lungo li ho
creduti
morti, e sono felice di sapere che così non è.
Benvenuti tutti! Sono molte le
cose di cui dobbiamo parlare” La voce del re è
calma e temperata.
I quattro avanzano affiancati,
gli occhi di tutti saettano per la sala e quelli di Eragon si fermano
più volte
su di me; sembra che non abbia scordato tutto il nostro incontro, ma
ora non ha
più importanza. “Forse non conoscete
Anna… Sarà un’ottima maestra per
voi” Lo
stupore sul viso di Eragon si fa palese; forse sta pensando che se sono
riuscita a nascondere una tale informazione al re sono più
potente di quanto
sembro, o forse mi sto illudendo.
“Ho già avuto questo piacere”
Risponde con voce arrochita dall’emozione; lo sguardo del re
si sposta su di
me, indagatore; alzo le spalle.
“Ah Sì? Bè, ci penseremo più
tardi. E Così siete venuti a uccidermi. D’accordo,
cominciamo?” Si alza dal
trono e apre le braccia, in un gesto di scherno; la lama bianca
scintilla nella
sua mano destra, tempestivo come si era alzato si risiede. La bambina
fa un
passo avanti, fa per parlare, ma la sua bocca si muove senza produrre
alcun
suono, suscitando l’ilarità del re.
“Credevi d’avvero che
ignorassi le tue doti, bambina? Pensavi sul serio di potermi rendere
inoffensivo con un trucchetto tanto prevedibile? Oh, non dubito che le
tue
parole possano farmi del male, ma solo se le ascolto” Sposto
il peso sulla
gamba destra, soppesando il volto di quelli che dovrebbero essere miei
nemici
“Che follia. Tutto qui, il vostro piano? Una streghetta che
non può parlare se
io non glielo permetto, una lancia più adatta a fare bella
mostra su una parete
che non in battaglia, e una schiera di Eldunarì ormai mezzi
rintontiti
dall’età? Mi sarei aspettato di meglio da te,
Arya. E da te, Glaedr, ma
suppongo che i vostri sciocchi sentimentalismi vi abbiano annebbiato il
cervello da quando
ho usato Anna per sbarazzarmi
di Oromis”
Dopo un attimo di esitazione i
due guerrieri e la dragonessa scattano contro Galbatorix, estraggo la spada dal
fodero e anche Ignem
carica, ma Galbatorix si alza e pronuncia alcune frasi
nell’antica lingua.
L’assalto del cavaliere e dell’elfa si blocca in un
secondo, così anche la
dragonessa viene fermata.
Nello stesso momento anche gli
Eldunarì sferrano un attacco mentale, alla mia e alla
coscienza del re; un
attacco che è più difficile da fermare, ma
comunque sopportabile, vista la
presenza di centinaia di Eldunarì schiarati dalla parte del
re.
Galbatorix dice qualcosa ai
suoi servitori e tre figure avanzano
nell’oscurità, venuti alla luce si possono
distinguere i volti di due bambini, fratello e sorella. Il terzo ha con
loro
una certa somiglianza, ma io so che non è loro parente;
Wayman è l’unico dei
tre ad essere vestito, mentre i due bambini indossano la camicia da
notte. Il
re li osserva per un secondo, aveva chiesto due bambini, ma quello
può essere
scambiato per il fratello più grande e non presta molta
attenzione alla cosa.
“So che voi Varden vi vantate
della vostra virtù. Vi considerate paladini della giustizia,
difensori degli
innocenti, come se esistesse qualcuno che davvero lo è, e
nobili guerrieri che
combattono per riparare ad un antico torto. Molto bene, dunque.
Mettiamo alla
prova le vostre convinzioni e vediamo se siete ciò che
sostenete di essere. Se
non cessate subito l’attacco ucciderò questi
tre… e non esiterò ad ammazzarli
se oserete attaccarmi di nuovo” Dopo poco più di
un minuto l’attacco cessa.
“Bene, così va meglio. Ora
parliamo da creature civili, senza preoccuparci di chi cerca di
uccidere chi”
Fa avanzare con la magia i suoi nemici. Si rivolge ad Eragon per primo,
dopo
alcune parole di buoni convenevoli chiede al ragazzo di giurargli
fedeltà, e
riceve un'unica parola in risposta.
“Mai” Dichiara Eragon a denti
stretti, ma questo non scoraggia il re.
“Mai? Lo vedremo” Ribatte
Galbatorix, per poi rivolgersi a Saphira; le pone qualche domanda ed
Eragon gli
riferisce le risposte della dragonessa. Quando anche il dialogo con
Saphira
finisce, da buon sovrano, il re si rivolge anche agli altri due suoi
ospiti.
Prima Arya e poi Elva, che come l’elfa non risponde a nessuna
provocazione.
Altre conversazioni galleggiano nell’aria per un
po’, fino a giungere alla
domanda che tutti e quattro si stavano facendo da un po’.
“Come ci riesci?” Grida
Eragon, subito supportato dalla curiosità di Arya.
“Non lo indovini, giovane
elfa?”
“Preferirei saperlo da te,
anziché tirare a indovinare” Sogghigno a quella
risposta, gli elfi se non sono
sicuri di vincere non tentano nemmeno.
“D’accordo. Ma prima dovete
fare qualcosa per avere la certezza che quello che vi dirò
è vero. Provate a
lanciare un incantesimo, tutti e due; poi ve lo
rivelerò” Entrambi, uno dopo
l’altro, provano con dei semplici incantesimi, ma falliscono
miseramente. E
allora, per aver dato la sua parola il re da la sua spiegazione: il
Nome dei
Nomi, il Vero Nome dell’antica lingua. Le uniche reazioni
visibili, soprattutto
perché i quattro sono bloccati con la magia, sono le
maschere di furore sui
volti e le poco gentili imprecazioni.
“Vi voglio dare una
dimostrazione in più: Anna, cerca di usare la magia in tutti
i modi che conosci
e non ti risparmiare. Vedete, a lei non ho ancora dato la
Parola” Inclino la
testa di lato.
“In tutti i modi che conosco?”
Domando; Galbatorix annuisce. Errore, mio caro re; hai fatto un grosso
errore e
lo vedrai presto. Prendo un respiro profondo e chiudo gli occhi,
espando la
mente in maniera da sentire i flussi di magia. Un punto poco lontano da
Eragon
sprizza di energia, molto probabilmente gli Eldunarì; anche
tra Eragon, Saphira
e Arya si dirama un flusso di energia che li unisce. Ma è
dal re che ne
proviene il maggior quantitativo, quindi non è lui che devo
colpire, almeno per
ora.
Sento che la magia ha un peso
maggiore, non so esattamente come spiegare questa sensazione, ma sembra
che sia
aumentata di peso e faccia più fatica ad uscire dal mio
corpo; prendo un
respiro e allontano quel peso, ogni secondo che passa mi sento
più leggera e
alla fine la magia torna e percorrere il mio corpo. Individuo
velocemente il
filo di energia che blocca Saphira e lo taglio.
La dragonessa emette un
ruggito sonoro e scuote le ali, poco dopo anche Eragon ed Arya si
liberano;
lascio solamente Elva zitta, non ho intenzione di sentire le sue parole.
“Come è possibile?” Il sibilo
sgomentato del re mi giunge come una pugnalata e mi riporta alla
realtà, riapro
gli occhi e lo fisso con un sorriso lugubre.
“La cosa è alquanto semplice”
Mentre l’attenzione di Galbatorix è tutta su di me
i bambini scappano verso
Saphira, e Wayman mi raggiunge senza dare nell’occhio
“Io voglio quel trono e
presto lo avrò”
“Non dire sciocchezze; sei
sempre stata così fedele, perché buttare tutto al
vento proprio ora? Tanto lo
sai di non potermi battere, mi hai giurato fedeltà e io
controllo la magia”
Rido di cuore.
“Non hai nessun controllo
sulla MIA magia! E credo sia meglio per te cedere il trono con le
buone, oh, bè
sì, userò le cattive” Sorrido
malignamente.
“Tu non puoi niente contro di
me, ragazzina” Rido nuovamente.
“Vedremo” In quello stesso
istante tutti gli attacchi mentali ripartono, io raggiungo Wayman
“Sei pronto,
guerriero dei fulmini?” Domando, lui annuisce e mi sorride.
“Ma con la magia bloccata in
questo modo…”
“Stammi vicino, ci penso io.
Adesso fa quello che devi” Lui annuisce e storcendo il collo
lo fa
scricchiolare con un rumore sinistro; allarga leggermente le mani e
apre bene
le dita, sottili filamenti di elettricità iniziano ad
attorcigliarsi intorno
alle sue falangi, poi anche il corpo viene invaso da una luce blu,
elettrica. A
scatti i fulmini scaturiscono dalle sue mani e vanno a frapporre una
barriera
per dividere il re e Shruikan dagli altri.
“Fai quello che devi fare, ma
sbrigati. Non so quanto potrò resistere” Che
benedizione Wayman; avevo scoperto
qualche tempo prima quel era il suo potenziale, lo avevo visto
arrabbiarsi e
sprizzare scintille dagli occhi e lui mi aveva raccontato che da
piccolo era
stato colpito da un fulmine e questi non gli aveva fato alcun danno.
Solo in
seguito si era reso conto di possedere questa particolare capacita,
quando
aveva folgorato suo padre mentre questi lo picchiava. Se ne era andato
di casa
e nel tempo aveva fondato la sua piccola brigata.
NOTE
DELL’AUTRICE: Salve a tutti,
felice di risentirvi; ho da darvi qualche notizia:
Siamo giunti al penultimo capitolo, che
spero vi sia piaciuto
La mia prossima storia, di cui ho
scritto solamente due capitoli, si intitolerà
“Danzare coi propri demoni”
Detto questo vi saluto, a presto.
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Capitolo 22 *** 22 - La fine è l'inizio di una nuova era ***
NOTE
DELL’AUTRICE (pre-capitolo):
Allora, che dire? Siamo giunti alla fine e non vi ringrazio
perché i
ringraziamenti saranno in fondo. Buona lettura.
VOGLIO
SALVARTI
22
– La fine è
l’inizio di una nuova era
La
mia teoria su Wayman è che
abbia del sangue di elfo nelle vene, lo vedo anche nelle sue orecchie,
un po’
più allungate della media; credo che quel pizzico di magia
che gli scorreva
nelle vene stesse cercando di proteggerlo, ma tutta l’energia
che gli
prosciugava dal corpo lo avrebbe comunque ucciso e così la
magia, cosa che non
riuscirò mai a capire fino in fondo, usò
l’energia sprigionata del fulmine per
alimentarsi; penso che qualcosa di quell’improbabile miscela
sia restato nel
corpo di Wayman e lui, col tempo, abbia imparato a controllarlo.
Ma non è questo il momento di
pensare.
Mi sento svuotata, la testa
fatica a connettere; gli arti sono pesanti e ingombranti. Le squame di
Ignem e
Glaedr si attaccano al mio collo, incidono la pelle fino a diventare
parte di
essa e pian piano si moltiplicano. Cado in ginocchio, per sostenere il
peso
eccessivo che sento al petto; lo stomaco mi brucia in maniera
inspiegabile e la
gola ancora di più.
Urlo.
Sento il mio urlo propagarsi e
echeggiare nella sala, non ha più niente di umano;
è roco e raschiante, troppo
forte per una gola piccola come quella umana. Sento gli artigli
graffiare il
pavimento a scacchiera e i muscoli tendersi sotto le squame, le ali
vibrare
nell’aria. Anche l’ossigeno sembra arrivare in
quantità esponenziali, i draghi
per volare ad alta quota hanno bisogno di respirare anche quando
l’aria è
rarefatta e a terra assimilano molto più ossigeno. Ora anche
io ho le sembianze
di un drago.
“Guardati” Ignem
mi manda la mia immagine, vista coi suoi occhi.
Sarei esattamente uguale a lei, se non fosse per la metà
dorata del mio corpo;
deve essere stata la squama di Glaedr, ma non credo che cambi
più di tanto.
Ruggisco e il fuoco divampa;
la barriera di elettricità si esaurisce e Wayman fa qualche
passo indietro,
esausto. In quello stesso istante Murtagh entra nella sala del trono,
ruggisco
contro Castigo e mi lancio verso Shruikan; tutti gli altri draghi mi
seguono.
Quello che segue sono artigli,
sangue, fuoco e i colori dell’arcobaleno che si mischiano e
cercando di vincere
l’uno sull’altro; alla fine del drago nero
rimangono solo poche membra
sanguinanti. Zoppico verso il centro della sala; non credo di poter
rimanere
drago ancora a lungo e Galbatorix non è ancora morto.
Mi sembra di abbassarmi, i
capelli tornano a solleticarmi il viso e il pavimento mi viene in
contro a
velocità innaturale. Sento il freddo marmo contro la pelle
nuda e un secondo dopo
il tessuto di un mantello mi si posa sulla schiena, cerco di tirarmi su
e dopo
pochi secondi ci riesco; prendo una boccata d’aria con i miei
polmoni e
finalmente la testa smette di girare.
Mi stringo nel mantello di
Wayman, per non dare spettacolo, non so nemmeno dove siano finiti i
miei
vestiti; cerco con la mente Ignem e, con mio grande sollievo, constato
che sta
bene e non è ferita. Abbasso gli occhi sul mio braccio
sinistro, che sanguina
copiosamente, lo guarisco e ora sono pronta per affrontare quello che
ho
davanti.
La porta si è aperta e molti
nobili si stanno riversando nella sala del trono; gentile opera di
Balor, il
soldato che seguiva i Varden, che si è recato nelle
città più importanti e non
devastate dalla guerra per riunire i nobili, per farli presenziare al
colpo di
stato. Faccio vagare gli occhi per la sala; le nobili figure si
assiepano
contro i muri, il più lontano possibile dalla battaglia.
Galbatorix è davanti al
soppalco, su cui è sistemato il trono, che si è
rovesciato; brandisce la spada
e fronteggia Eragon, gli occhi fuori dalle orbite e il volto distorto
in una
maschera di rabbia e dolore; anche in quelle condizioni Eragon non
potrebbe mai
vincere, ma io continuo a spostare lo sguardo.
La stanza ora è completamente
illuminata e Nasuada è diventata visibile, Arya è
al suo fianco e le sta
curando le ferite. Il mio sguardo continua a vagare; Murtagh
è di fianco a
Castigo, il drago rosso non è messo bene e il suo cavaliere
si sta occupando di
lui, lo guardo per un secondo e poi mi costringo a spostare lo sguardo
su
Wayman. Il volto del giovane uomo è imperlato di sudore, ma
è sorridente,
quindi sta bene.
“Hai portato i vestiti?”
Domando; lui annuisce e da una bisaccia, che in precedenza non avevo
notato,
tira fuori un paio di brache e una camicia, di una misura in
più. Prendo i
pantaloni e li indosso tenendo il mantello, sono costretta a toglierlo
per
indossare la camicia, ma do le spalle a tutti, tranne che a Wayman.
“Ora, per favore, prendi la
mia spada” Lui annuisce e fa come gli ho detto; lego il
cinturone alla vita e
mi preparo a compiere il mio destino.
“Eragon!” Chiamo,
avvicinandomi ai due duellanti; entrambi si fermano, ma non abbassano
la
guardia. “Eragon fatti indietro, ora tocca a me; se non farai
come ti dico
dovrò uccidere anche te” Saphira ringhia e si
avvicina minacciosa, ma Ignem è
subito al mio fianco e la respinge con la sua mole, senza farle del
male. Il
cavaliere ascolta le mie parole e si fa indietro, senza togliere gli
occhi da
Galbatorix.
“Sire, avete ancora intenzione
di resistermi? Avete perso il vostro drago, nuovamente” Urla,
un urlo rabbioso
e carico di dolore “Sarò buona con voi, siete
stato il mio maestro d’altronde,
vi risparmierò la vita e potrete vivere in questo palazzo e
non vi saranno
privati gli agi”
“No! Deve morire” Grida Arya,
da qualche parte dietro di me.
“Tu parli a me di
arrendersi?!” Gli occhi trasudano pazzia, e non la pazzia
razionale del re, ma la
pazzia che rende folli, la pazzia del dolore. “Io ti
ucciderò! Vi ucciderò
tutti! Come hai osato? COME HAI OSATO?!” Si scaglia su di me
brandendo la spada
a due mani; mi metto velocemente in guardia e paro il fendente che
arriva
dall’alto, schivo un affondo allo stomaco e ne tento uno alla
spalla di Galbatorix,
che viene intercettato.
Arretro di qualche passo, prendo
una boccata d’aria e torno ad attaccare, parata, affondo,
stoccata e nuovamente
parata; in una danza veloce e mortale. So benissimo che se dovessi
perdere non
resterei in vita abbastanza per rammaricarmene. Altro affondo e sento
che la
spada taglia la carne, l’urlo del re mina la mia
concentrazione e ritraggo la
spada, cosa che non avrei dovuto fare. Mi riprendo velocemente, paro
una
stoccata alla spalla destra e la spada bianca di Galbatorix vola in
aria; un
secondo e la mia è penetrata nel petto, vicino al cuore;
affondo fino all’elsa
e il sangue caldo mi bagna le mani.
Accompagno il suo accasciarsi
piegando le ginocchia “È questa la mia
eredità? Tutte le mie buone intenzioni
finiscono con due compagni morti e una spada piantata nel petto dalla
mia più
fedele accolita?” Tossisce e un rivolo di sangue gli scorre
da un angolo della
bocca “Io volevo farlo per lei…” Un
altro colpo di tosse.
“Lo so” e con queste parole
giro la lama nella ferita, con un gemito di dolore se ne va Galbatorix,
il
tiranno di Alagaesia. Estraggo la spada dal cadavere e questi si
accascia, gli
occhi annebbiati e la bocca aperta in un urlo muto. È stato
tutto troppo
semplice, quasi sbagliato; non dico che lui non fosse alla mia altezza
nella
scherma, ma avrei voluto ferirmi e urlare di dolore, forse persino
morire.
Mi giro verso la folla che ha
assistito allo scontro “Ecco a voi la vostra nuova
regina” dai nobili partono
degli applausi, molto probabilmente i discendenti di coloro che mi
avevano
giurato fedeltà, seguiti da tutti gli altri. Avanzo verso il
soppalco e, con la
magia, rialzo il trono e mi ci siedo; è sorprendentemente
scomodo.
“Anna” la voce di Murtagh
sovrasta gli applausi “Anna, vieni con me; lascia che ti
salvi da questo
destino orribile” la rabbia mi fulmina la mente;
perché non te ne sei già
andato?! Perché vuoi farmi questo?! Ho ucciso il mio maestro
per questo, non
posso infangare ancora di più la sua memoria e lasciare che
tutto quello che ha
costruito diventi solo polvere.
“Tu mi
vuoi salvare perché è la tua natura,
aiutare principesse indifese” Nella grande sala cade il
silenzio “Ma ti sei mai
chiesto, almeno per un secondo, se voglio essere salvata?”
Lui non risponde ma
continua a guardarmi fisso. Si inginocchia, senza staccare quegli occhi
profondi dai miei.
“Io voglio che tu sia felice,
ma non così” Mi alzo, è giunta
l’ora di fare la mia scelta, ho ritardato fin
troppo. Mi inginocchi davanti a lui; viso contro viso, occhi negli
occhi. Mi
prende il volto tra le mani e mi bacia; un bacio a fior di labbra,
leggero.
Resto immobile.
Una mano mi scivola agli
stivali, che avevo indossato poco prima del duello. Un sussulto di
sorpresa,
gli occhi spalancati e un ruggito di dolore; i draghi si agitano mentre
Castigo
si accascia a terra. Lascio la presa sull’elsa del pugnale,
come se il cuoio
fosse arroventato.
“Mi dispiace” una lacrima “Mi
dispiace” una seconda lacrima “Mi
dispiace” altre lacrime seguono i miei
sussurri. Mi stacco da lui; mi rivolge un ultimo sguardo, non vedo odio
nei
suoi occhi e questo mi ferisce ancora di più. Se tu mi
odiassi almeno potrei
dire che siamo pari; che non sono un mostro, ma ti prometto, ti giuro
che il
mio mostro sarà la parte migliore di te. Perché
ho imparato così tanto dal tuo
modo di vivere, dal tuo velato ottimismo e da quello che avresti voluto
per
noi; ma il problema è che un noi non ci può
essere. Io ho un popolo, mi è stato
assegnato quando si è schiuso l’uovo di Ignem e
quel popolo è un mio fardello,
non voglio condividerlo con te. Un giorno ti raggiungerò,
promesso e ti
restituirò la tua parte migliore; lo sai che pago sempre i
miei debiti.
“NO!” Il grido di Eragon e la
sua corsa verso di me non fanno altro che irritarmi, senza parlare lo
fermo e
con lui Saphira; continua a divincolarsi, ma non può
sciogliere la mia magia.
Wayman si avvicina, ha
intenzione di ricevere la sua ricompensa. Posa un ginocchio a terra,
nel sangue
ancora fresco e caldo; alza gli occhi su di me e con la sua voce
profonda, ma
al contempo estremamente divertita chiede: “Vuoi
sposarmi?”
Annuisco con le lacrime agli
occhi, non sono felice “Io sarò la regina e tu il
mio re” Perché in fono so che
non avevo bisogno di lui, del Cavaliere Rosso; è
dell’uomo che ora mi bacia di
cui ho bisogno.
E ora governerò in tua memoria,
Murtagh, e nella tua, Galbatorix; perché siete stati voi due
ad avermi mostrato
la strada e voi due avete versato il sangue per una nuova era.
FINE
NOTE
DELL’AUTRICE: Ciao a tutti; forse
in questo momento starete affilando i pugnali e vi capisco, lo farei
anche io… Ma mi dispiace molto per Murtagh
Ok, dopo questa premessa passo ai ringraziamenti:
Ringrazio una mia amica che ha prestato
il suo nome ad Anna, ringrazio tutti coloro che hanno recensito, chi a
messo la
storia tra seguite, ricordate e preferite; chi non ha abbandonato Anna
dopo
tutte le cose cattive che ha fatto e chi crede che ci sia ancora del
buono in
lei (perché in fondo, in fondo è la persona
migliore che Murtagh potesse
trovare… Nonostante tutto. Almeno per me). Grazie a tutti i
lettori silenziosi,
che senza parlare hanno mantenuto viva la fiamma di Anna e di Ignem.
Ciao e spero che continuerete a
seguirmi, nonostante io maltratti così tanto i nostri
personaggi preferiti.
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