Voglio salvarti

di Ortceps
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Cinquant'anni in una settimana ***
Capitolo 2: *** 2 - Antico rispetto ***
Capitolo 3: *** 3 - Incontri e incubi ***
Capitolo 4: *** 4 - Irruzione in camera mia ***
Capitolo 5: *** 5 - Lezione di magia con scommessa ***
Capitolo 6: *** 6 - Poseidone ***
Capitolo 7: *** 7 - Addio al nostro segreto, ma prima il ballo ***
Capitolo 8: *** 8 - Il mio piano lo devo sapere solo io ***
Capitolo 9: *** 9 - Mercenari ***
Capitolo 10: *** 10 - La -Non mi Servi Più di Dieci Minuti- si rompe... ***
Capitolo 11: *** 11- Il sapore freddo e sadico dell'odio ***
Capitolo 12: *** 12 - Lacrime di coccodrillo ***
Capitolo 13: *** 13 - Eragon, Saphira e Orrin ***
Capitolo 14: *** 14 - L'eredità del potere ***
Capitolo 15: *** 15 - Il suo alito puzza di alcol ***
Capitolo 16: *** 16 - Sono un ladro ***
Capitolo 17: *** 17 - Menzogne nell'antica lingua ***
Capitolo 18: *** 18 - Oromis e Glaedr ***
Capitolo 19: *** 19 - Sepoltura e fuga ***
Capitolo 20: *** 20 - Resterò con te questa notte ***
Capitolo 21: *** 21 - Il guerriero dei fulmini ***
Capitolo 22: *** 22 - La fine è l'inizio di una nuova era ***



Capitolo 1
*** 1 - Cinquant'anni in una settimana ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Christopher Paolini; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro

VOGLIO SALVARTI

1 – Cinquant’anni in una settimana

Una settimana di vacanza e torno a quella che ora è la mia vita, ero una ragazza piuttosto ordinaria andavo a scuola, quest’anno dovrei iniziare la seconda superiore. Avevo una vita completamente normale, certo ma poi tre mesi fa è successo l’impensabile; la mia vita ha preso una svolta inaspettata e desiderata. Niente era più come prima, era diventato tutto emozionante, adrenalinico e molto duro; non per vantarmi ma non tutti riuscirebbero a sopportare quello che ho sopportato io, ma avevo un obbiettivo… ho un obbiettivo e farò di tutto per portarlo a termine.
Una settimana lontana dal palazzo reale, lontana da questo mondo e ora torno per assolvere i miei compiti, com’è giusto per un cavaliere nei confronti del suo re.
Guarda lo vedo, siamo vicine” dico alla mia compagna che sbuffa eccitata.
Da lontano il palazzo non sembra quello di sempre, non si vedono i tredici draghi appartenenti ai servi di Galbatorix, c’era sempre movimento in quel palazzo e ora sembra addormentato; poi eccolo un puntino rosso in lontananza.
Dev’essere il drago di Morzan” sento Ignem disgustata, sorrido.
Quel burattino senz’anima” ha perfettamente ragione, tutti i draghi dei tredici rinnegati non hanno anima.
Più ci avviciniamo più noto le dimensioni del drago, è più grande della mia compagna ma più piccolo di quello di Morzan, sembra avere ancora i lineamenti da cucciolo; non sciolgo l’incantesimo che ci rende invisibili e atterriamo con grazia poco lontano dalle mura.
Entro nel castello e mi dirigo verso la sala del trono; una parola e le enormi porte si aprono. Il re è seduto sul suo trono con una coppa di vino in mano e lo sguardo assorto puntato in un angolo indefinito della stanza, Shruikan è sdraiato dietro il trono; mi rendo visibile e continuo fiera la camminata, fermandomi solo a cinque passi dal soppalco in cui è situato il trono.
“Murtagh?” La voce di Galbatorix è assorta come il suo sguardo.
“Aspettavate qualcun altro?” Chiedo; alza lo sguardo e mi osserva stupito, indosso ancora i vestiti che si usano sulla Terra: pantaloncini militari che mi arrivano sopra il ginocchio, delle All Star alte, grigie e nere, una canottiera verde come i pantaloncini, che lascia in mostra le mie braccia snelle ma forti.
“Anna?”
“Non mi aspettavate sire? È passata una settimana, come stabilito”
“Una settimana!” la sua voce è ironica e rabbiosa.
“Sì una settimana” rispondo calma, ride nuovamente.
“Dove sono gli altri cavalieri?” Chiedo, curiosa.
“Morti”
“In così poco tempo sono morti dodici cavalieri”
“Tredici”
“E allora quello fuori non è il drago di Morzan?”
“No, è morto”. Morzan è morto, ma che bella novità; storco il naso.
“Sembri triste, non sarà per lui?” Rido a quella domanda.
“Avrei solo voluto ucciderlo di persona” Rispondo sprezzante, ora è Galbatorix che ride.
“Mi ricordavo il tuo carattere, eri uno dei miei cavalieri preferiti” Si, ero la seconda, dopo Morzan; lo avevo sempre odiato, in tutti quei tre mesi che avevo passato al palazzo reale, dopo essere diventata cavaliere, lui era stato il mio insegnante oltre a tutti gli altri cavalieri; in tre mesi li avevo superati tutti, tutti tranne lui; lui che restava il primo al servizio del re. Volevo batterlo e guadagnarmi così la stima e la fiducia di Galbatorix; era ed è un desiderio incomprensibile, ma volevo essere la migliore, lo voglio ancora!
“Come sono morti? Uccisi da voi, sire, perché volevate rimanere l’unico?” Mentre dico queste parole faccio qualche passo indietro e poso la mano sull’elsa della spada, una delle poche spade bianche esistenti; non me ne separavo mai, rimaneva celata agli occhi degli altri grazie ad un incantesimo, ma restava lì. Sempre.
“Non ucciderei mai i miei cavalieri!” ribatte con tono fermo.
“Allora come sono morti?”
“In guerra”
“Di chi è il drago qui fuori?” Fa un gesto di stizza con la mano.
“Non stavamo parlando di questo, ma della tua assenza prolungata….. potresti aver sbagliato le parole per pronunciare l’incantesimo che ti avrebbe portato qui” Improbabile ma …
“Forse, non so esattamente com’è andata”
“Non ti preoccupare, lo scopriremo…. Capiti a proposito, sai?”
“Veramente no, perché? È successo qualcosa?”
“Si, ne discuteremo più tardi; ma ora che sei qui gli eventi stanno per prendere una piega a nostro favore” risponde con un sorriso soddisfatto “Se vorrai ancora servirmi” continua.
“Naturalmente! La mia lealtà non è da mettere in dubbio” Rispondo prontamente.
“Bene, ora vai pure a riposarti; parleremo più tardi di questi cinquant’anni” non può essere passato così tanto tempo, no niente è impossibile, dovrei averlo imparato; mi avvio verso la porta.
“Ah Anna, ricordi il drago qui fuori? Il suo cavaliere è il figlio di Morzan ….”
“Da quanto è cavaliere?”
“Un mese”
“E il suo drago è così grande?!”
“Ho dovuto accelerare la sua crescita con la magia, i recenti avvenimenti mi hanno costretto; ma ne parleremo più avanti….. Quello che volevo dirti è di non rivelare a nessuno chi sei e che sei un cavaliere di drago, nemmeno da dove vieni, ho intenzione di fare una sorpresa a tutti… Potrai usare la tua vecchia stanza, è rimasto tutto come l’hai lasciato” annuisco ed esco dall’enorme sala.

Note dell’autrice: Salve a tutti, spero vi sia piaciuta… Questo è solo il prologo e non si capisce ancora bene il contesto, ma si capirà presto; lasciatemi i vostri commenti.
Grazie

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Capitolo 2
*** 2 - Antico rispetto ***


VOGLIO SALVARTI

2 – antico rispetto

 “Hai sentito Ignem? Morzan ha avuto un figlio, che bambino fortunato”
Sopprimo a malapena una risata, mentre la mia dragonessa sghignazza mostrandomi tutto il suo disdegno per quello che un tempo era uno dei nostri maestri. Ora nessuno avrebbe potuto fermarci, saremmo cresciute e avremmo dominato sull’impero accanto a Galbatorix, o almeno fino a quando non avremmo sconfitto anche lui.
Cammino veloce per i corridoi fino a quando arrivo alla mia porta, la apro; è tutto in ordine, non c’è nemmeno l’ombra di un grammo di polvere.
Mi siedo sul bordo del letto e mi guardo attorno, forse non ho fatto così male ad arrivare in questo momento, c’è una guerra in corso e a me il sangue piace molto. Troppo.
Cosa credi sia successo?”
“Non ne ho la più pallida idea, comunque non mi piace doverti tenere nascosta; prima ci temevano”
Penso mentre mi stendo sul letto a braccia aperte sul letto a baldacchino e osservo le venature dellegno.
“Lo faranno ancora, sai che Galbatorix ha sempre in mente qualcosa e non sarà niente per deboli di cuore”
“Vero, ma l’attesa mi snerva; io voglio combattere, non ho potuto farlo per una settimana perché altrimenti ai miei genitori sarebbe venuto un colpo; non che mi importi più di tanto, ma non ho intenzione di ascoltare prediche”

Mi rimetto in piedi e apro l’armadio, alcuni vestiti lunghi mai usati, maglie, pantaloni e la mia adorata armatura; passo la mano sul freddo metallo, un brivido mi corre lungo la schiena e un mare di ricordi mi invade.
Qualcuno bussa alla porta interrompendo il flusso dei miei pensieri.
“Chi è?” Chiedo scocciata.
“Sono la sua nuova cameriera” Una vocina esile proviene da dietro la porta.
“Il re mi ha informato della sua situazione”
“Entra” dico seccata, una donna di trent’anni, circa, varca la soglia e richiude la porta dietro di se.
“Esattamente su cosa sei informata?” Quella alza lo sguardo, mi guarda visibilmente stupita e poi torna a fissare il pavimento.
“Che lei è un cavaliere dei draghi” Un sussurro per paura, la fisso un po’ stupita ma poi la mia attenzione si sposta sulla finestra, percorro la stanza e mi affaccio.
“Bene, allora preparami un bagno”
“Sì signora” La donna scompare dietro la porta che cela la stanza da bagno; mi ha chiamato signora, questo mi da piuttosto fastidio, prima tutti mi chiamavano cavaliere.
Lo faranno ancora”
“Sì, lo so, ma mi da fastidio”

Dopo qualche minuto la donna ritorna e mi fa strada, mi spoglio ed entro nella vasca ricolma d’acqua calda, la congedo dicendo che la chiamerò quando avrò bisogno.
Immergo la testa e bagno i capelli corti, resto nell’acqua per un tempo indefinito; esco solo quando questa si raffredda, mi asciugo velocemente e mi vesto con i consueti vestiti di questo mondo; lascio i capelli bagnati e scompigliati sulla testa.
Uno sbadiglio mi interrompe mentre cero di allacciare la cintura con la spada, dopo essermi completamente vestita chiamo la mia cameriera.
“Portami la cena….”
“Miana, signora” Risponde prontamente colmando la mia lacuna.
“Bene, portami la cena Miana”
“Signora, il re ha chiesto la sua presenza alla sua tavola”
“Quando inizierà il banchetto del re?”
“Quando è pronta, ma il re non ha organizzato un banchetto, credo che sarete solamente voi due”
“Cosa aspettavi a dirmelo” Dico acida.
Passandogli a fianco mi dirigo con passo svelto verso la sala che solitamente il re usa, usava, come sala da pranzo; entro senza bussare, Galbatorix non sembra sorpreso di questo mio poco rispetto per l’etichetta.
“Vieni cara, accomodati” con un geto della mano indica la sedia accanto alla sua, l’unico altro posto apparecchiato; mi siedo e appoggio i gomiti sul tavolo intrecciando le dita davanti alla faccia, appoggio il mento sulle mani unite e domando:
“Presumo che mi abbia chiamato per riferirmi gli avvenimenti accaduti nel lasso di tempo in cui sono stata via, o mi sbaglio?”
“No, non ti sbagli; cosa vorresti sapere?”
“Tutto” Rispondo.
“Come ti ho detto prima tutti i cavalieri che mi servivano sono morti, scontrandosi con la poca resistenza ancora rimasta; la buona notizia è che però anche i Varden hanno perso tutti i loro cavalieri…. E così era fino a poco tempo fa; erano rimaste solo tre uova di drago: una verde, una rossa e una blu, l’uovo del colore del cielo è stata rubata e da essa è nata una dragonessa; lei e il suo cavaliere si sono uniti ai ribelli e nella loro prima battaglia hanno riscontrato un grande successo”
“Non potevate mandare il figlio di Morzan a uccidere il ragazzo… o ragazza”
“No, non uccidere, non potrei mai sprecare un così giovane, futuro alleato” Sta già pregustando il momento in cui potrà averlo ai suoi ordini.
“Catturarlo, allora”
“E così ho deciso, il problema con Murtagh è che io e lui non la vediamo allo stesso modo; pochi mesi fa è addirittura scappato per aiutare il nuovo cavaliere, Eragon; ho dovuto persino far saltare la copertura di due mie spie che si erano infiltrate nella resistenza per riportarlo qui. Adesso, però, conosco il suo vero nome e lui mi ha giurato fedeltà; quindi spero che non commetterà più sciocchezze”
“Se ha preso da Morzan, non ne sarei così sicura” penso rivolta a Ignem.
I servi iniziano a portare in tavola il cibo; ceniamo senza più parlare, solo quando la tavola è stata sparecchiata chiedo:
“Quando potrò rivelare la mia presenza?”
“Pazienza, ci sarà tempo per tutto; comunque presto, adesso il ragazzo è ancora inesperto ed è dagli elfi per istruirsi, mentre lui è via i Varden sono senza difese ma si stanno spostando nel Surda e crediamo che da lì vogliano marciare sulle pianure Ardenti; sarà in quelle lande che li affronteremo, ma dobbiamo aspettare il ritorno del ragazzo in modo da catturare lui e annientare la resistenza”   
Quelle parole mi fanno sorridere, presto avrei riprovato l’ebrezza della battaglia e del sangue.
“Quanto manca al ritorno del ragazzo?”
“Una, due settimane”

NOTE DELL’AUTRICE: Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, ringrazio tutti coloro che mi hanno lasciato una recensione e che hanno già messo la storia tra le preferite e le seguite. Spero di sapere cosa ne pensate.
Ciao

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Capitolo 3
*** 3 - Incontri e incubi ***


VOGLIO SALVARTI

3 – incontri e incubi

 “Ora Anna, vai pure, ci siamo dilungati anche troppo” mi alzo, chino la testa in un leggero inchino in segno di rispetto ed esco; il corridoio è buio, poche fiaccole lo illuminano.
Inspiro profondamente e l’odore di granito mi impegna le narici, la pietra lascia filtrare l’aria fredda nel castello ed essa non presenta alcuna traccia d’odore tranne quello freddo e tagliente della pietra.
Poggio una mano su una lastra fredda e liscia; percorro con un dito le venature della pietra, picchiettandone la fine con la punta di un’unghia ; ci sono solo due guardie d’avanti alla porta della sala dove in questo momento si trova il re, entrambi sono immobili e allora perché sento il ticchettio di un paio di stivali con la suola in ferro? Libero la mente e mi predispongo all’ascolto; il ticchettio si fa più nitido, lo sento avvicinarsi da destra, sporgo l’orecchio in quella direzione e cerco di identificare dal passo a chi appartengano quegli stivali.
Un passo svelto e sicuro, da soldato, uno svolazzare di mantello e il tintinnio di una spada.
Il cavaliere” Dice Ignem nella mia mente con tono sospettoso.
Galbatorix ci ha congedate prima del tempo, non voleva che incontrassimo il ragazzo; adesso visto che mi sono trattenuta i suoi piani sono falliti e stiamo per incontrarlo”
“Signorina si sente bene?”  Una guardia mi osserva preoccupato; è giovane ed ha un bel viso, ma in questo momento riesce solo a farmi innervosire; gli stivali si avvicinano ancora e stanno per girare l’angolo.
Cosa facciamo?” Chiedo a Ignem, è indecisa, lo sento; non sa se sarebbe meglio allontanarsi o restare per vedere il cavaliere.
Entrambe le possibilità” Rispondo entusiasta.
“Tutto bene, grazie” Rispondo alla guardia, che ancora mi fissa, con un sorriso invitante ed esso ricambia.
“Arrivederci” Saluto tenendo sul viso quel sorriso innocente che inganna tutte le persone; mentre mi avvio verso l’altro lato del corridoio vicino alle colonne, il buio mi avvolge completamente e così riesco a celarmi agli occhi di tutti quelli che per me sono illuminati dalle fiaccole.
Prima che il cavaliere arrivi vedo la guardia più giovane sbadigliare e grattarsi il mento.
Il castello non è più lo stesso” Commenta Ignem indignata dallo sbadiglio della guardia, non smetto mai di sorprendermi per quanto la mia compagna sia così precisa su queste cose.
Sei troppo rigida non sono micca in guerra”
“Stanno sorvegliando il re, non vorrei nemmeno pensare a cosa potrei fargli se stessero proteggendo te e non Galbatorix; si troverebbero senza braccia e gambe”

Stai calma furia, se è sempre così quando cercheremo di prendere il potere e uccidere il re sarà più facile e noi…”  Qualcosa interrompe il flusso dei nostri pensieri; una coscienza che non ho mai sentito prima, come dei tentacoli neri, cerca di capire chi sta comunicando; appena avverto quel contatto mi ritraggo nei confini sicuri della mia mente; non credo che sia riuscito a capire bene ed a imprimersi nella memoria la conformazione della mia mente.
“Strano” Sento sussurrare da qualcuno poco distante da me; alzo lo sguardo e vedo innanzi alla porta della sala dove mi trovavo poco fa, un ragazzo alto, coi capelli neri e leggermente lunghi, un fisico non esageratamente muscoloso ma atletico e scattante; non riesco a vederlo negli occhi, c’è troppo buio.
Si guarda attorno pochi istanti e poi entra nella stanza, dove presumo che Galbatorix lo attenda; sospiro, che delusione speravo di farmi un’idea più precisa sul cavaliere misterioso; a questo pensiero mi viene da ridere, potrei benissimo essere io il cavaliere misterioso.
Delusa? Come mai?” Mi chiede Ignem curiosa.
Non lo so, assomiglia molto a Morzan, ma è diverso allo stesso tempo”
“In che senso?”
“Nell’atteggiamento, il modo in cui cammina e la voce; la voce è diversa!”
“E questo cosa importa?”
Mi chiede ancora confusa; nemmeno io riesco a capire cosa potrebbe interessarci, ma mi hanno insegnato ha trovare ogni più piccola peculiarità del mio nemico per sapere come distruggerlo; ogni cosa può essere importante.
Ma lui non è nostro nemico” Ribatte Ignem seguendo il flusso dei miei pensieri.
Non ancora”  Sentenzio io mentre riprendo la strada per la mia camera; è sera e ho bisogno di riposarmi, domani riprenderò il mio allenamento.
Chiudo la porta dietro di me, senza ascoltare la cameriera che mi augura buona notte; mi passo una mano tra i capelli trovandoli ancora umidi, sinceramente non mi interessa proprio. Mi butto sul letto senza svestirmi e affondo il viso nel cuscino, chiudo gli occhi e aspetto che il sonno sopraggiunga; al contrario di quello che mi aspettavo non riesco ad addormentarmi, c’è qualcosa che mi tormenta e non capire cosa è ancora peggio.
Mi metto a sedere sul bordo del letto e prendo il libro posato sul comodino, lo apro alla pagina col segnalibro e riprendo la lettura da dove l’avevo lasciata, leggo per una o due ore fino a quando le palpebre iniziano a farsi pesanti, chiudo il libro e cerco nell’armadio la mia camicia da notte, quando la trovo mi spoglio e la indosso; mi arriva al ginocchio e lascia le braccia completamente scoperte, è di un colore bianco sporco e ho sempre odiato metterla perché mi fa sentire vecchia, è passata di moda da un secolo nel mio tempo.
Non riesci a dormire cucciola?”
“No, sto bene; ma c’è qualcosa che mi tiene sveglia, non preoccuparti non è niente di grave”
“Casa c’è che non va?”
“Non lo so, è tutto così… così strano”
  Sospiro affranta.
Cerca di dormire, prova a sdraiarti a letto”
Faccio come dice e spengo la candela sul comodino; il buio mi avvolge ma non abbastanza da farmi addormentare. Ignem  entra nella mia mente e assorbe tutti i miei pensieri lasciandomi la mente vuota e l’unica cosa che mi rimane è la stanchezza; in poco mi addormento cullata dal buio, fitto attorno a me. Sorrido per quanto Ignem sia protettiva nei miei confronti.

***

No! No, dove mi trovo? Non vedo nulla, nulla al di fuori del buio; non sento nulla, nemmeno Ignem.
“Dove sei?!” Grido, la paura si sta facendo più fitta, quasi palpabile.
Aiutami” Dov’è? Ora riesco a sentirla, ma dov’è? È orribile sentirla soffrire ma non poter far niente. Corro nel buio, corro in preda al panico, non so nemmeno dove.
Anna, aiutami!” Ora è vicino, la sento; è qui, è qui; il buio si sfalda e quello che vedo è orribile: un drago del colore del mare azzanna la mia compagna di cuore e di mente; un morso al collo e il sangue sgorga, sento il suo dolore scorrermi per le membra e bloccarmi il respiro.
Un urlo selvaggio prorompe dalla mia bocca, afferro la spada e corro verso Ignem; ormai le sono a fianco ma il drago azzurro non intende fermarsi e si butta su di me con ferocia, ormai è a un soffio da me…
Spalanco gl’occhi e la luce della luna mi riempie lo sguardo, una leggere brezza notturna mi soffia sul viso asciugandomi il sudore, sono sudata! Non sudavo per un incubo da quando… Non ricordo più da quando. Levo le coperte e il freddo mi congela, infilo due dita nel colletto della camicia e lo slaccio per riuscire a respirare meglio, mi affaccio alla finestra, le stelle e la luna illuminano il cielo; ho sempre adorato gli astri, hanno il colore di Ignem, del mio cuore.
Sospiro, non ho paura, non ne ho più da tempo, non per me almeno. I sogni possono deviare dalla realtà, lo so bene e chi manipola meglio i sogni di Galbatorix? Ma forse non è stato lui, forse sì; sicuramente so che non posso permettere a nessuno di fare del male a Ignem, lei è mia e nessuno può toccarla; staremo per sempre insieme, io e lei… Noi.
Brutti sogni cucciola?” Si è svegliata, non volevo svegliarla; ora mi sento tremendamente in colpa, che cosa stupida; ho ucciso molte persone e non mi sento in colpa, ma lei è più importante di qualsiasi altra cosa.
Sì, ma niente di cui tu debba preoccuparti; molto probabilmente sono trucchetti di Galbatorix, devo imparare a mantenere il controllo mentale anche mentre dormo” Dico pensierosa.
Sì, ma pensiamoci domani” Dice assonnata, la lascio scivolare nuovamente nel sonno.
Torno anch’io a letto, chiudo gl’occhi e mi addormento in poco, a differenza di qualche ora prima, il mio sonno non viene disturbato da nessun sogno e riesco a riposare.

NOTE DELL’AUTRICE: Salve a tutti, ringrazio come sempre chi segue e recensisce la storia: GRAZIE. Spero che il capitolo vi sia piaciuto; come avrete notato è un po’ più lungo degli altri, li preferite di questa lunghezza o è meglio più corti?
Ciao e ancora grazie

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Capitolo 4
*** 4 - Irruzione in camera mia ***


VOGLIO SALVARTI

4 – irruzione in camera mia

 Toc. Toc. Toc.
Un leggero bussare mi sveglia dal mio sonno ristoratore; apro gli occhi per un secondo ma li richiudo subito, colpita dalla luce abbagliante del sole, ho dormito fino a tardi, è quasi metà mattina?
“Chi è?” Chiedo rimandando indietro uno sbadiglio, ho gli occhi ancora chiusi ma la voce che sento mi fa sobbalzare.
“Credo sia meglio che vi rivestiate” La voce di Morzan, quasi uguale se non fosse per quella nota di tristezza che sostituisce la presunzione del padre. Ed ecco il figlio di Morzan, non ricordo come si chiama, Galbatorix me lo aveva detto? Pazienza lo scoprirò tra poco. Apro gli occhi senza, però posare lo sguardo su di lui, è entrato senza che gli dessi il permesso, guardo in alto pensando a cosa rispondere al figlioletto di quell’idiota.
“E io credo che voi dovreste restare fuori dalle stanze delle ragazze” Rispondo ironica, questa storia inizia ad incuriosirmi.
“Non è per mia volontà se sono qui” Risponde leggermente seccato.
“Di chi, allora?” Domando incuriosita.
“Del re” Risponde sputando quelle due parole; sospiro ancora.
Alzarsi o non alzarsi? Questo è il dilemma. Scoppio a ridere, molto probabilmente ora il ragazzo deve chiedersi perché questa pazza rida; blocco subito la risata tornando seria.
Scendo dal letto dando la schiena al cavaliere misterioso e cerco a terra i vestiti, li raccolgo chiedendo nel frattempo cosa volesse il re da me.
“Non lo so, vuole solo che vi accompagni”
Qual è lo scopo di Galbatorix? Prima mi chiede di non dire niente di me e di non mostrarmi al nuovo cavaliere, poi lo manda a farmi da scorta. Che cosa avrà in mente? Ma il bello sta nel scoprirlo.
Entro nella stanza da bagno e mi cambio, non indosso la cintura con la spada per non destare sospetti; già vedere una ragazza vestita da uomo può insospettire chiunque, ma non indosserò quegli scomodi vestiti. Evito di contattare Ignem, il ragazzo potrebbe accorgersene e non voglio correre questo rischio.
Quando esco dalla sala da bagno trovo il cavaliere che curiosa nel mio comodino; è girato di schiena e percorre con un dito i bordi della copertina del libro che avevo letto ieri.
“Cosa fate?” Chiedo leggermente irritata, lui si blocca  e si volta verso di me; in quel momento riesco a vedergli gli occhi: neri come la notte, neri e profondi. Diversi da quelli del padre, uno azzurro e l’altro nero; non li ricordo esattamente, ma l’occhio nero non è uguale a quello del figlio, il suo brillava d’odio, odio puro e semplice.
“Scusa” ribatte leggermente sconcertato dal mio abbigliamento; chi credeva di avere davanti? Una timida ragazzina? Se pensava questo si stupirà.
“ Andiamo?!” Domando, seccata da quello sguardo inquisitore che non vuole spostarsi dal mio viso. Scosso dalla mia voce annuisce e si avvia alla porta precedendomi; lo seguo a qualche passo di distanza, nel corridoio inondato di luce; le finestre lasciano entrare i raggi del sole che mutano completamente l’aspetto del palazzo, godo nel sentire il sole scaldarmi il viso e accelero il passo per restare dietro al cavaliere misterioso.
“Miei cari” La voce del re prorompe dal trono, vedo Shruikan alzare una palpebra e scoprire quegli immensi occhi azzurri e colmi d’odio.
“Sire; ecco la ragazza, come richiesto” Risponde il cavaliere rigido e freddo. Soffoco una risata a quel comportamento, è un ribelle? Forse, lo scopriremo presto e scopriremo anche in quanto tempo la sua ribellione verrà soffocata; devo ricordarmi di dirlo a Ignem, ci divertiamo sempre a fare scommesse di questo tipo; peccato che lei non possa ascoltare in questo momento, ci troverebbe sicuramente qualcosa di divertente.
“Grazie Murtagh” Ecco il nome del cavaliere misterioso, devo ricordarmelo; tutti questi nomi strani sono ardui da ricordare, già non sono brava con quelli consoni del mio mondo…
“Ora puoi andare” Continua il re, Murtagh esibisce un inchino rigido e si gira per uscire; mentre cammina verso il portone mi lancia un’occhiata che non riesco a interpretare, sembra diffidente ma al contempo preoccupato, non ho mai visto quell’espressione sul volto di Morza. Lo guardo allontanarsi con un passo svelto e vedo la porta chiudersi dietro di lui con un tonfo secco.
“Come hai trovato Murtagh?” Mi domanda Galbatorix appena i passi fuori dalla porta non sono più udibili, scuoto la testa disinteressata.
“Non credo di poter avanzare un giudizio, non abbiamo praticamente parlato”
“Un’idea dovrai pur essertela fatta”
“Impudente” Rispondo, leggermente seccata dall’insistenza del re.
“Impudente?” Domanda perplesso, annuisco.
“È entrato nella mia stanza mentre dormivo” Galbatorix ride di gusto.
“Questo, penso che sia colpa mia; avevo molta fretta di farvi incontrare” Lo guardo cercando di decifrare la sua espressione.
“Non capisco,  prima non volete che si sappia di me e poi siete ansioso che lo incontri; quali sono i vostri obbiettivi?” Che mentalità contorta può essere questa?
“Certo, devi conoscerlo; sarà tuo compagno di addestramento, in un futuro… prossimo. Detto questo ti consiglio di riprendere al più presto il tuo allenamento; puoi usare l’arena piccola, non sarai disturbata da nessuno e lì puoi trovare tutto quello che ti serve. Per quanto riguarda il pomeriggio ho altri progetti per te…” Odio quando lascia le frasi a metà, facendo in modo che sia io ha chiedere cosa intende.
“Quali, sire?” Domando.
“Andrai con Murtagh, ad una lezione di magia”
“Chi sarà il nostro istruttore? Prima era Morzan, ma dubito che possa tornare dal regno dei morti” Dico sprezzante; odiavo e odio il mio maestro, sapeva sempre come umiliarmi, come farmi sentire inferiore, anche quando non lo ero.
“I gemelli” Risponde il re in tono che non ammette altre domande; con un gesto mi congeda e io eseguo gli ordini.
Mi reco nella minuscola arena che il re ha appositamente contornato di alte pareti in pietra, per celare il suo interno alla vista dei curiosi; come previsto non c’è nessuno, le uniche cose presenti sono armi e attrezzi per l’allenamento.
Mi appresto a raggiungere l’armeria, afferro una spada che non somiglia minimamente alla mia; eseguo qualche affondo ad un avversario immaginario.
“Non è la stessa cosa” Sbuffo spazientita; come crede che possa allenarmi senza un avversario reale? Lancio la spada da parte e la rimpiazzo con arco e frecce; ne incocco una e la punto al bersaglio dall’altra parte dell’arena, rilascio la corda e con un sibilo la freccia si conficca nel centro rosso del bersagli. Con una mossa fulminea prendo dalla faretra un’altra freccia e incocco anch’essa, nello stesso momento in cui compio quell’azione ruoto sui talloni, trovandomi d’avanti all’altro bersaglio; apro leggermente le dita e la freccia parte, alla stessa velocità della prima; si conficca leggermente più a destra del centro del bersaglio.
Pazienza, non sono mai stata bravissima con l’arco; so quello che mi serve sapere e ho una buona mira, non eccezionale ma buona. Rimetto al suo posto l’arco e penso a cosa potrei fare nella solitudine di quest’arena.
Mi cimento nel provare a tirare una lancia; cosa che non mi riesce molto bene, centro un bersaglio su quattro; prima di lasciare Alagaesia per una settimana non avevo approfondito molto l’arte di centrare un bersaglio con una lancia, così come la frusta; infatti mi procuro vari tagli, fortunatamente non gravi, in modo che io non debba usare la magia per guarirmi: Un taglietto sul labbro inferiore, uno un po’ più lungo sulla guancia destra e un livido che mi circonda tutto il polso destro.
Arrivo in camera mia dolorante e esausta; il pranzo mi aspetta già servito e fumante sul tavolo. Tolgo i pantaloni strappati e li butto a terra, ne indosso un paio puliti e mi siedo a tavola.
 Afferro il cucchiaio e lo immergo nella minestra, lo giro un po’ creando un piccolo vortice e lasciando che il vapore caldo mi scaldi il viso, inspiro l’odore del formaggio e delle verdure. Non ho fame, ma mi sforzo di mandare giù qualche cucchiaiata di quella minestra, è buona ma ho lo stomaco completamente chiuso; pazienza mangerò questa sera.
Mi alzo dalla sedia e inizio a fare su e giù nella stanza, fra poco devo andare alla “lezione di magia”; fra poco? Ora devo andare, è già piuttosto tardi, mi avvento sulla porta e cammino per i corridoi a passo svelto.
 Mi fermo solo innanzi ad una grande porta di mogano; il legno scuro è intagliato e decorato alla perfezione, da draghi immortalati nelle pose più feroci. Passo la mano su quei piccoli capolavori, quanto mi ricordano Ignem… Sospiro e stacco la mano per bussare.
La porta si spalanca fermando l’ascesa della mia mano; un umo calvo mi fissa con un sorriso ironico, cosa che non aiuta a rendermelo simpatico. Lo guardo curiosa di sapere cos’abbia quell’uomo di speciale, curiosa di carpire tutti i suoi segreti; certo, lui mi guarda alla stessa maniera.
“Siete in ritardo signorina” La sua voce è quasi cordiale ma allo stesso tempo tagliente.
 “Sono gli altri ad essere in anticipo” Dico in un sibilo arrogante; sono quasi sicura che non mi abbia sentito, ma i “quasi” non sono i miei migliori amici.


NOTE DELL’AUTRICE: Eccomi nuovamente qui! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto; ditemi se trovate degli errori che mi sono scappati, per poterli correggere (non mi piace lasciare i miei orrori in giro per il capitolo…). Grazie mille in anticipo e un altro grazie a chi segue e recensisce la storia.
Ciao

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Capitolo 5
*** 5 - Lezione di magia con scommessa ***


VOGLIO SALVARTI

5 – lezione di magia con scommessa  

 “Il mio nome è…” Inizia a dire l’umo che mi ha aperto la porta, ma subito lo fermo con uno sguardo di fuoco negli occhi, come può credere che il suo nome possa interessarmi?
“Non dirmi il tuo nome, non può interessarmi” E poi i nomi sono pericolosi, sono comunque sicura che il re abbia già provveduto a dirgli il mio.
“Interessante; sai, perché io so già il tuo nome… Anna, che nome curioso” Ecco  la conferma ai miei dubbi; l’uomo richiude la porta e torna a voltarsi verso di me, il mio sguardo è impassibile.
“Strano, vero? Sai non conosco molte persone con questo nome”
“Forse, o forse sei solo sordo” Due risate accompagnano la mia battuta, una è più leggera quasi sussurrata e l’altra è più forte; nessuna delle due, però, proviene dall’uomo di fronte a me. Mi giro e scorgo un altro uomo in piedi, è uguale a quello che mi ha aperto la porta poco fa; capisco che la risata più forte proviene da lui, ora devo solo trovare di chi è l’altra.
Murtagh! Mi giro ancora un po’ e lo scorgo seduto a un tavolo, un libro aperto e lo sguardo fisso su di me; appena poso i miei occhi su di lui ritorna a fissare il libro, che comportamento strano; scuoto la testa sconsolata, non assomiglia proprio a suo padre.
Come potrebbe assomigliare a suo padre? Murtagh non sembra minimamente selvaggio quanto lui” Ridacchia Ignem.
Forse, ma dobbiamo stare attente; a volte le apparenze ingannano”
Con un sorriso di sfida torno a guardare il primo dei due gemelli, sto per aggiungere qualche parola per minare ancora di più la sua autostima, ma la voce dell’altro gemello mi richiama; fredda e non più animata dalla risata, deve essersi ricomposto e aver pensato che se insulto il suo gemello allora l’insulto è riferito anche a lui… E non si sbaglia.
“Ora basta con questi giochetti da bambini; siediti e inizia a leggere questo” Appoggia con poco garbo un libro sul tavolo d’avanti a Murtagh, raggiungo il libro e mi siedo; osservo la copertina e ne leggo il titolo: Le basi per la magia elementale; che cosa stupida!
So già tutto su questi incantesimi” Penso infuriata “Mi credono così indifesa?”
“Non lo so, d’altronde non ci conoscono; comunque non agitarti, così non risolvi niente. Ricorda, la vendetta arriva quando meno se lo si aspetta”
“Non credo che la vendetta sia proprio necessaria, forse l’umiliazione può bastare; certo che i draghi hanno il sangue caldo, comunque Morzan non avrebbe dato questo libro nemmeno a un neonato”
Ignem sbuffa indignata per la battuta sul sangue caldo, comunque io e lei lo condividiamo bollente, non siamo esattamente pazienti, ma potremmo stupire.
Mi alzo con il libro in mano e lo porgo a uno dei due gemelli; l’uomo lo prende con fare interrogativo e io lo guardo con un sorriso di sfida. Mi giro verso gli scaffali, di cui la stanza è piena e prendo un libro in pelle nera borchiata in oro. Il titolo invita molto alla lettura: La mangia nera, dalle basi fino agli incantesimi più complicati. Lo riporto dove poco prima ero seduta e lo apro alla pagina in cui ero rimasta prima della mia piccola vacanza di cinquant’anni; ignorando i bisbigli dei gemelli mi immergo nella lettura.
Mi sembra quasi di tornare a una settimana fa, con Morzan che mi alita sul collo intento a scrutare quello che sto leggendo e se sono abbastanza veloce nella lettura; quando mi sussurrava all’orecchio: “Dove sei arrivata?” ogni volta che perdeva la pazienza. Lo ricordo distintamente, anche perché non è passato molto, soprattutto le volte che ci trovavamo con i rispettivi pugnali vicino alla gola dell’altro; alla fine ne uscivamo sanguinanti e con i libri riversi sul pavimento, peccato che ero sempre io a finire per terra.
Dopo un’ora di intensa lettura inizio a stancarmi, anche Murtagh sembra essere della mia stessa opinione perché da cinque minuti tamburella con le dita sul tavolo.
“La vuoi smettere, non riesco a concentrarmi” Gli dico sussurrando, lui alza la testa e mi guarda con un viso inespressivo, piega la testa di lato e sorride invitante.
“Perché dovrei?” Chiede mantenendo il sorriso. Sto per rispondergli ma la voce di uno dei gemelli mi interrompe, prima che possa aprire bocca.
“Murtagh vai pure e per domani impara quegli incantesimi” Lui si alza lanciandomi uno sguardo di sfida ed esce veloce. Sospiro nel pensare perché non posso uscire anch’io; chissà se Galbatorix ha informato anche loro di me e Ignem; forse.
“Se in questo momento te lo stai chiedendo, sì…”
“…Sappiamo che sei un cavaliere” Adesso non riesco a stupirmi di quello che ho appena sentito, ma riesco solo a trattenere il disgusto per il modo in cui l’hanno detto; per favore! Completare la frase l’uno dell’altro, l’ho visto solo nei film e l’ho sempre odiato.
 “Bene… E con questo? La smetterete di darmi letture per i bambini?” Mi guardano con l’odio negli occhi e non posso fare a meno che sorridere a quelle espressioni.
“Posso andare?” Domando impaziente.
“Bada a quello che fai ragazzina” Mi rimprovera uno di loro.
“Grazie per il consiglio, intanto però chiederò al re di trovare un istruttore che sappia più di me e non meno” Li apostrofo con tono di sfida, per poi dirigermi alla porta e andarmene  senza tanti complimenti.
Poco lontano dalla porta trovo Murtagh appoggiato al muro, gli occhi socchiusi e le braccia incrociate; non gli presto molta attenzione e mi incammino diretta alle stalle. Quando gli passo d’avanti si aggrega, affiancandomi.
“Cos’hai fatto alla guancia e al polso?”  Mi chiede quasi disinteressato.
“Non credo che possa interessarti” Si ferma di colpo e mi afferra il polso, emetto un piccolo gemito nel sentire la sua mano chiudersi intorno al livido lasciato dalla frusta, ma nonostante questo non lascia la presa.
“Che cosa fai?” Gli sibilo addosso, lui mi guarda serio, non ha bisogno della follia di suo padre per fare paura, bastano quei due pozzi che ha al posto degli occhi.
“Chi sei?” Mi domanda con voce roca; ecco perché non bisogna mai credere alle apparenze.
“Sono io; mi sembra piuttosto ovvio” Gli rispondo sprezzante, se crede di farmi paura si sbaglia.
“Io ti ho già vista… Non so dove, ma so che è così. Se adesso non mi dici chi sei lo scoprirò da solo; ma sappi che stai rimandando l’inevitabile” Mi lascia di colpo e se ne va con paso svelto.
“Terrò il conto di quanto ci metterai” Gli grido di rimando; non si gira nemmeno e scompare dietro all’angolo di un muro.
Ma che ragazzo sveglio, vedremo quanto ci impiegherà”
“Io dico tre settimane; cosa ci giochiamo? Un cervo!”
 Sogghigna Ignem, eccitata dal banchetto succulento di carne di cervo.
Cosa me ne dovrei fare di un cervo?” Domando divertita
Potresti comunque darlo a me; o posso trovarti un lupo” Sospiro, è un peccato che Ignem creda ancora che noi due abbiamo le stesse abitudini culinarie.
Ti ho già detto che ho capito che voi due gambe non mangiate come noi draghi! Ma ti ho proposto il lupo per la pelliccia!” Esclama seccata.
Mi darai una tua squama se ci mette meno di una settimana”
“Hai perso di sicuro, ma va bene”
  Risponde lei chiudendo questa conversazione.

NOTA DELL’AUTRICE: Salve a tutti, so che questo capitolo è un po’ più corto perché altrimenti non sapevo dove terminarlo; vi assicuro che il prossimo tornerà a lunghezza normale. Ringrazio tutti quelli che mi seguono e recensiscono.
Ciao.

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Capitolo 6
*** 6 - Poseidone ***


VOGLIO SALVARTI

6 – Poseidone

Arrivo alle stalle leggermente annoiata; devo trovare un nuovo cavallo, ormai Pipper sarà morto, un po’ mi dispiace era un buon cavallo, niente di speciale, non era più veloce o furbo di qualsiasi altro cavallo ma era il mio cavallo e tutto quello che è mio è sotto la mia protezione.
“Posso aiutarvi?” Domanda uno stalliere guardandomi incuriosito; sono sicura che non vede molte donne da queste pari.
“Sì, mi servirebbe un cavallo”
“Mi spiace informarvi che queste sono le scuderie del re, non vendiamo cavalli”
“Questo lo so, ma re Galbatorix sa di questo; potete mandarlo a chiedere, ma se fossi in voi non lo farei” La faccia dell’uomo si oscura a queste parole, sta per protestare ma lo fermo con un gesto della mano e aggiungo:
“Vi darò questi per avere il cavallo subito e questa sera tornerò con un documento firmato dal re in persona e voi mi ridarete metà del denaro contenuto qui dentro” Gli mostro un piccolo sacchetto tintinnante, già con metà di quei soldi potrei comprarmi tre cavalli tra i migliori contenuti in quella scuderia.
“E sia” Proclama l’uomo, alla vista del sacchetto, con la cupidigia negli occhi. Seguo lo stalliere che mi mostra cari cavalli, nessuno dei quali può essere definito adatto a me; tutti dei ronzini.
Cosa pensa? Che anche essendo una donna non posso capire quali cavalli possono superare un giorno di marcia senza che gli scoppi il cuore?!”
Per quello che ti pago non dovresti mostrarmi qualcosa di più di questi ronzini?!” Esclamo leggermente scocciata, l’umo annuisce e mi mostra subito un bello stallone pezzato.
“Molto bello; quanti anni ha?” Chiedo interessata.
“Sei” Non va bene, è troppo vecchio per me, me ne serve uno giovane; faccio qualche passo verso gli altri animali e ne trovo uno che oserei definire quasi perfetto.
“Questo?” Domando osservando l’animale; ha un manto bianco ma con una grossa chiazza nera in corrispondenza
della zampa destra anteriore.
“Questo è un bellissimo cavallo; è un incrocio tra un cavallo elfico e un andaluso; è molto giovane, ha tre anni, solo…”
“Solo cosa?” Domando leggermente scocciata che ci sia un ma in quel cavallo.
“Sono sei mesi che proviamo ad addestrarlo ma non ne vuole sapere; è un cavallo selvaggio” Sorrido rincuorata, penso che sia molto più elfico di quel che da a vedere; bisogna solo chiedergli il permesso di poterlo montare.
“Ha un nome?” Lo stalliere scuote la testa e allora io allargo la mia coscienza verso l’animale, il cavallo mi guarda stupito ed emette un nitrito.
Ciao bello; non conoscono le buone maniere questi qui” Il cavallo continua a guardarmi curioso e scuote la testa in segno di assenso, gli sorrido felice “Ti va se ti cavalco io?”
“Userai il frustino?” Sorrido a quella domanda, stupendomi della perspicacia di quel cavallo.
Niente che tu voglia” Gli prometto io.
Allora va bene, basta che mi porti via di qui” Sorrido e do ordine allo stalliere di far indossare la sella al mio cavallo, lui mi guarda stupito ma esegue gl’ordini.
Quando il cavallo è pronto riesco ad osservalo meglio; vedo che non ha solamente una grossa macchia nera, ma ne ha una più piccola a forma di tridente sul collo vicino alla criniera.
“Poseidone”
Ecco che nome avrai, mi sembra piuttosto adatto” Sento la curiosità del cavallo che però non domanda niente. Pago lo stalliere e porto Poseidone alle porte della città; riesco a uscire senza problemi e da lì cavalco veloce verso la mia bellissima dragonessa.
Poseidone è piuttosto taciturno a differenza di quello che mi aspettavo; meglio così ho già Ignem che mi ronza nel cervello e un po’ di pace non fa mai male. In poco arriviamo in vista del laghetto dov’è accoccolata Ignem, è ancora invisibile perciò non riesco a distinguerla ma sento che è vicina perché la sua coscienza entra prepotente nei mie pensieri inondandomi di felicità.
Quel laghetto non è cambiato affatto, ci andavo sempre quando Morzan cominciava ad essere assillante, nessuno mi veniva a cercare lì.
Ciao nuvola, ci facciamo un volo?”
“Non mi chiamare nuvola!! Un’altra cosa… Non ti sei fatta vedere per giorni!!! Mi stai trascurando!!”
“Non esagerare è solo un giorno che non ci vediamo”
Lei sbuffa e avvicina la testa al mio viso, la accarezzo cercando di non tagliarmi.
Allora va bene, sali; ti perdono” Lego Poseidone ad un albero e mi arrampico sul dorso di Ignem.
Volare è bellissimo, l’aria che ti soffia sul viso; lo stomaco in subbuglio e l’emozione che mi frulla nella testa lasciando
uscire ogni singolo pensiero. Solo la felicità mi invade come un onda in piena, mentre sorvoliamo la città; restare invisibili è la cosa più brutta, prima tutti alzavano gli occhi al cielo quando passavamo, ora non possiamo farci vedere.
Scorgo in basso il drago rosso, lo vedo muoversi inquieto; non deve essere molto felice di essere cresciuto così tanto in poco tempo.
Guarda bene” Mi dice Ignem, io aguzzo la vista ma non trovo nulla di strano “Non vedi? Si sta alzando in volto” Non ci posso credere, in che guaio ci siamo cacciati? Ci metterà pochi secondi a raggiungerci.
Ignem, veloce; torna in dietro, non ci possiamo permettere che ci scoprano” lei vira molto velocemente, schiacciandomi contro la sella. Ormai il drago rosso è alla nostra altezza, ora che ci scopra o meno dipende dalla direzione che prenderà.
Osservo il cucciolo rosso piegarsi a sinistra e spostarsi lontano da noi, sospiro sollevata; adoro rischiare, quando succede l’adrenalina si fa così forte che mi percorre la spina dorsale e mi fa sentire viva, lo stomaco in subbuglio, il cuore che palpita e la mente che cerca frenetica di trovare una soluzione, percorrendo anche le strade più insensate.
Il vento sembra incurate del rischio che io e Ignem abbiamo appena corso, continua a soffiarmi imperterrito sul viso, ormai le orecchie stanno diventando due blocchi di ghiaccio.
Scendiamo, sto congelando. Ci siamo divertite abbastanza”
Va bene, reggiti” Mi stringo alla sella, mentre la dragonessa apre le ali sollevandosi leggermente; restiamo un momento ferme nel cielo, poi Ignem chiude di colpo le sue enormi ali e si lancia in picchiata.
Se speravo di scaldarmi ho sbagliato drago e me ne accorgo in fretta, l’aria fredda mi punge il viso e non riesco a tenere gl’occhi aperti. La massa d’aria mi colpisce lo stomaco e se non mi tenessi stretta molto probabilmente non le sarebbe difficile scaraventarmi lontano.
Sento il fragore delle ali che si spalancano e poi il peso del cielo che cadeva sulle mie spalle, mentre la gravità torna a spingere sul mio corpo; mentre le zampe di Ignem si posano sul terreno con un sonoro botto io espiro con il fiato corto, ho trattenuto il fiato per tutto l’atterraggio e ora annaspo col battito del cuore accelerato.
Scivolo dal dorso della mia compagna e salto sul terreno, mi siedo e affondo le mani nella terra aspra e secca, disegno delle linee come sulla sabbia e osservo le mie dita tracciare quei piccoli solchi. Ormai è ora di andare, saluto Ignem e salgo su Poseidone; in poco mi ritrovo a galoppare tra campi, boschi e sterpaglie.
Riporto Poseidone alle stalle, accolta dallo stesso stalliere che mi ha venduto il cavallo, mi guarda con occhio critico e dice:
“Non ti ridarò i soldi senza la firma del re” Sospiro.
“Forse mi avete frainteso, non rivoglio i soldi; ma il cavallo deve pur avere una stalla”
“Ma figuratevi, qui ci stanno solo i cavalli dell’esercito e …” Inizia, ma una voce leggermente acuta lo interrompe, mi presto all’ascolto a quella voce di fanciullo ansimante.
“Signorina, il re vi manda a dire che questa sera ci sarà un ballo e voi dovete assolutamente partecipare” Un ragazzino sui dodici anni, coi capelli biondi e gli occhi verdi mi riferisce il messaggio, sembra leggermente spaventato, lo posso capire.
“Quando avrà luogo questo ballo?”
“Fra un’ora, il re a provveduto a procurarvi un vestito adeguato” Annuisco e congedo il ragazzino con un gesto.
Inizio a uscire dalle stalle ma lo stalliere mi ferma, stringe il mio braccio trattenendomi, mi giro e lo colpisco in viso con un pugno; come si è permesso di toccarmi? Fino ad ora sono stata una brava bambina, ma questo non poteva durare; neanche fosse il re in persona.
Un rantolo soffocato proviene dall’uomo steso sul pavimento della stalla, non credo di averlo colpito così forte, ma quello non si decide ad alzarsi. Nello spirito di un vero cavaliere oscuro me ne dovrei andare senza assicurarmi se sta bene o no, ma visto che deve occuparsi del mio cavallo meglio controllare che non abbia danni celebrali permanenti.
Mi avvicino a denti stretti, cercando di non sputargli addosso; osservo le mani dell’uomo schiacciate sulla faccia e il dondolio del suo corpo.
“Sei delicato; sicuro di non essere una donna?”
“Volevo solo fermarti per ridarti i soldi; non cera bisogno di rompermi il naso” Parla, quindi niente danni celebrali e avere il naso rotto non è niente di grave.
“Quindi immagino che tu non abbia bisogno di un medico”
“Vattene, prenditi i soldi” Risponde adirato, alla mia piccola battuta.
“Credo che ne avrai più bisogno tu, io ho tutto quello che mi serve” Dico e me ne vado lasciando Poseidone alle cure amorevoli dello stalliere col naso rotto.

NOTE DELL’AUTRICE: Ciao a tutti; per ora non c’è ancora moltissima azione, lo so, lo so… Ancora questo e un altro capitolo e poi vi stupirò… Spero. Grazie a tutti coloro che seguono e recensiscono!
Ciao

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Capitolo 7
*** 7 - Addio al nostro segreto, ma prima il ballo ***


VOGLIO SALVARTI

7 – addio al nostro segreto ma prima il ballo

 Entro nella mia stanza e ci trovo la mia cameriera, di cui non ricordo più il nome; devo rivalutare la mia memoria, pensavo di riuscire a ricordare le cose importanti con facilità, ma la mia scusante è che in effetti una cameriera non è importante.
“Mia signora venite a vedere i vestiti che vi ha mandato il re” Sul letto sono appoggiati due vestiti bianchi, sarebbero due fantastici vestiti se lei fosse completamente allergica ad indossare quella specie di rotoli di stoffa con merletti. Una risata rauca prorompe dalle mie labbra.
“Non li indosserò; credo che la mia vecchia tenuta da cavaliere andrà bene” Rispondo con un luccichio negli occhi, mi sono mancate le occhiate intimorite e gli ossequi… e poi eccolo lì, il mio unico impedimento mi balena nella mente, nessuno sa e deve sapere  che sono un cavaliere.
Il ballo è come tutti i balli: noioso, i colori offuscano la vista e il tavolo con le pietanze viene riempito ogni quarto d’ora; l’aria è così impregnata dei profumi delle nobildonne che respirare è un’impresa. Alla fine ho dovuto indossare uno dei due vestiti, quello che ho scelto è il più semplice, ha il corpetto decorato con finiture d’argento, la gonna è poco pomposa e ricade morbida. Nessun altra decorazione lo impreziosisce, rendendolo meno disgustoso ai miei occhi.
Evito accuratamente di spostarmi in mezzo alla sala dove le persone si stanno dilettando a ballare, ho sempre ballato solo se obbligata; resto ferma in un angolo a osservare le figure muoversi a ritmo con la musica, la mia mente è sgombra, nessun pensiero la affolla e così non mi accorgo chi mi si sta avvicinando.
“Balli” Mi giro leggermente a destra, con la mente nuovamente affollata di pensieri e incontro lo sguardo penetrante di Murtagh; scuoto la testa in cenno di diniego.
“Non era una domanda” Dice stingendomi un braccio e avviandosi nel mezzo della sala, la musica si interrompe a metà del pezzo e le persone si spostano per farci arrivare al centro esatto, la folla forma un piccolo cerchio intorno a noi e osserva ogni nostra piccola mossa; la musica riparte e io e Murtagh iniziamo a ballare, dopo pochi secondi il piccolo cerchio che ci contornava si scioglie e le persone riprendono a ballare.
“Forse sono stato troppo… aggressivo nei tuoi confronti” Dice lui dopo pochi secondi di pausa, lo osservo per capire se sta dicendo la verità; davvero è così stupido?
“Ti stai scusando?” Annuisce e io trattengo a stento una risata “Non essere stupido, sappiamo tutti e due che le scuse non servono a niente; non ho ancora capito bene chi sei e questo mi irrita, ma sono sicura che non sei così stupido… Non è questo che conta; non le scuse…” Dico in un sussurro quasi sadico.
“Allora cosa conta?” Chiede lui scrutandomi attentamente; scuoto leggermente la testa, mi avvicino al suo orecchi e dico:
“Il potere. Non ci si può fidare di nessuno e il potere ti da la forza di elevarti sopra gli altri… E l’unico modo per ottenerlo è essere più furbi degli altri, quindi fai bene a non fidarti”
“Io non voglio il potere” Ribatte lui “Solo la libertà”
“Nessuno è veramente libero finche non si eleva sugli altri” Reprimo un’altra risata; so abbastanza da capire perché le persone che sono vicine al potere facciano di tutto per ottenerne ancora “O così, o morire è un’altra alternativa” La musica è finita e in poco mi allontano da lui, lasciandolo stordito in mezzo alla sala.
Prima di fare quella stupida vacanza il mio piano per rovesciare Galbatorix era al suo culmine, avevo portato dalla mia parte undici dei tredici cavalieri, il re non ne era al corrente e di lì a qualche mese sarei riuscita salire al trono; ora tutto il mio lavoro è andato perduto e devo ricominciare tutto da capo. Ma forse è il momento propizio.

***

“Sono passati cinque giorni dalla nostra scommessa, ti stai già procurando un cervo per me?” Chiede Ignem dopo il nostro piccolo volo abbituale.
“Secondo i miei calcoli dovrebbe succedere a momenti; ho programmato tutto” La mia compagna sbuffa, non si spiega come io possa essere così calcolatrice, come riesca a mantenere il sangue freddo quando lei freme per agire; ma deve capire che per poter vincere bisogna sapere quello che si fa e se gli eventi non volgono a tuo favore bisogna fare in modo che si allineino senza destare sospetti e poi muoversi.
“Ora devo andare” Scendo dal dorso della dragonessa bianca e raggiungo Poseidone, in poco sono già alle scuderie; mi sento rinata dopo una bella cavalcata a dorso di drago. Ho saltato la lezione di magia, non che mi importi molto, stare vicino a quei due mi fa saltare i nervi e sopportare lo sguardo inquisitorio di Murtagh diventa stressante.
“Dove sei stata?!” La voce del cavaliere mi raggiunge quando ormai sto per entrare nella mia stanza, non mi volto per rispondergli ma lo sento comunque avvicinarsi sempre di più, il passo troppo sicuro, quasi furioso; la porta è aperta, sto per entrare e chiuderlo fuori quando sento le sue mani attorno al mio collo, mi spinge dentro e chiude la porta.
SEI UN CAVALIERE!” Ringhia lasciandomi il collo e nel contempo spingendomi a terra, cado sul pavimento ma mi rialzo subito; è un peccato che io non abbia la mia spada, ma in un secondo le nostre menti iniziano a sondarsi a vicenda; è più forte di quel che mi aspettavo.
“Si!” Biascico cercando di tenergli testa; non risponde, anche lui concentrato. Sento le energie fluire dal mio corpo e riversarsi fuori da esso; nessuno dei due utilizza le energie immagazzinate nei vari gioielli, lo scontro è tra noi due, solo tra noi due.
La vista inizia ad appannarsi, ormai non posso resistere ancora a lungo; in quel momento non sento più la pressione della coscienza di Murtagh sulla mia, ma il sollievo dura poco, il buio si impadronisce della mia testa e la mia pelli incontra il la morbidezza del letto, subito dopo sento un altro corpo raggiungermi con un tonfo.
Torno consapevole di poter respirare, mentre i miei muscoli rifiutano anche il minimo movimento; ho la testa appoggiata contro qualcosa che è molle  ma duro, con un po’ di fatica alzo la mano e la poso vicino al mio viso, dove c’è la parte più dura di quella specie di cuscino, stringo leggermente per capirne meglio la consistenza.
“Smettila di tastare il mio ginocchio” Mi dice la voce soffocata di Murtagh e in un secondo ricordo tutto, apro gli occhi e attingo all’energia del mio anello per ridare un po’ di forza al mio corpo; mi alzo lentamente con un grande sbadiglio. Murtagh è ancora sdraiato, il petto che si alza e si abbassa a ritmo con i respiri. Resta immobile per un po’, a guardarmi.
“Perché non mi hai detto che eri un cavaliere?” Chiede; sospiro e torno a sedermi sul letto di fianco alla gamba del cavaliere. Poso gli occhi sulle ante dell’armadio e mi apro in un immenso sorriso trionfante.

“Ignem, mi devi una squama”  Sento la dragonessa sbuffare indignata.

NOTE DELL’AUTRICE: Salve a tutti; spero che vi sia piaciuto questo capitolo. Ditemi se trovate errori o altro, li correggerò subito, qualcosa può sempre scappare… Sono umana (molto, troppo umana e sbaglio fin troppo). Se avete idee per un nome di ragazzo giovane, sui diciotto anni, umano ditemelo, perché mi servirà più avanti e non ho idee…
Ciao e alla prossima.

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Capitolo 8
*** 8 - Il mio piano lo devo sapere solo io ***


VOGLIO SALVARTI

8 – il mio piano lo devo sapere solo io

 “Allora? Vuoi dirmi che cos’è successo?!” Chiede riaprendo gli occhi, io lo osservo attentamente; sospiro e sto per parlare quando un bussare insistente alla porta mi interrompe.
“Andate via!” Ringhio verso alla porta, ma essa si apre ignorando i miei ordini; il ragazzo che mi aveva avvertito alle scuderie fa spuntare la faccetta paffuta da dietro la porta, con un respiro esitante dice:
“Il re vuole vedervi entrambi; mi spiace aver disturbato” Il viso screziato di un tenue rossore e lo sguardo basso; io sbuffo spazientita, l’ha già saputo, pazienza, tanto non poteva passare molto tempo prima che lo scoprisse.
“Arriviamo” Sbuffo. Mi alzo e tendo una mano a Murtagh, che la afferra e si alza anche lui; ci avviamo verso la sala del trono e prima che me ne accorga siamo già entrati. Il re informa Murtagh della mia storia e il cavaliere rosso ascolta spiazzato; solo alla fine del racconto, esitante, chiede:
“Allora hai conosciuto mio padre?” Lo guardo sconcertata, possibile che dopo tutto quello che gli ho detto chieda solo quello? Annuisco.
“Sì, era uno dei miei maestri” Rispondo disinteressata, lui continua a guardarmi e la cosa inizia ad irritarmi così sbuffo: “Che c’è?!”
“L’hai mai ferito?” Sorrido, ecco cosa gli interessava.
“Sì, e lui ha ferito me; molte, molte volte” Sembra soddisfatto della risposta e annuisce con un mezzo sorriso. “Non vuoi sapere altro?” Domando, lui fa cenno di no con la testa.
“Allora tocca a me chiedere: Come l’hai scoperto?” Chiedo, improvvisamente colta da questa curiosità. Solo ora mi viene in mente, perché non prima? La voce di Murtagh interrompe i miei pensieri.
“Un quadro, c’eri tu ritratta con Ignem al fianco; nell’ala ovest del castello” Non sapevo che ci fosse un mio ritratto nel castello.
“Mi ero completamente dimenticato; l’avevo fatto appendere al fianco di quello degli altri miei cavalieri” Dice Galbatorix  con uno sguardo quasi desolato.
“E ora?” Domando, permetterà che mi riveli al mondo o vorrà ancora che io rimanga nascosta? Lo osservo ponderare la questione, gli occhi che si spostano da me a Murtagh e poi parlare:
“So per certo che tuo fratello sarà alle Pianure Ardenti fra una settimana esatta, tu Murtagh partirai due giorni dopo, credo che la battaglia non inizierà prima e allora cercherai di portarmi Eragon”
“Eragon è tuo fratello?” Interrompo incuriosita da quella novità; Murtagh annuisce senza guardarmi, non sembra troppo felice della notizia.
“Come stavo dicendo…” Continua Galbatorix “Tu proverai a catturare Eragon e lo porterai da me; nel frattempo vi allenerete insieme e continuerete a seguire le lezioni di magia. Per ora, che tu lo voglia o no, dovrai rimanere nascosta, Anna” Stringo i pugni, solo un altro po’, penso irritata. “Andate” Conclude Galbatorix congedandoci.

***

Nella settimana seguente gli allenamenti si intervallano alle lezioni di magia e riesco ad andare da Ignem solo due volte; alla mia seconda visita la dragonessa mi da il mio premio: una piccola squama bianca, che sfuma in un colore perlaceo, con un incantesimo la buco e ci faccio passare una catenina d’oro bianco e la indosso, sarà un ottimo contenitore per l’energia.
Poi il settimo giorno di allenamento Murtagh rompe il silenzio che si era creato tra noi da quando aveva scoperto il mio segreto:
“Domani non mi allenerò con te, Galbatorix vuole che mi riposi prima della partenza di dopodomani” Dice con tono atono; mi siedo sulla sabbia dell’arena con la schiena appoggiata al legno, goccioline di sudore che mi imperlano in viso e il respiro pesante per la fatica; annuisco leggermente e chiudo gli occhi per riprendere fiato. Sento Murtagh sedersi e riapro gli occhi, è esattamente di fianco a me.
Che c’è di strano” Chiede Ignem, nella mia testa.
Non ti hanno insegnato a non disturbare?!” Chiedo irritata “C’è di strano che è una settimana che non apre bocca e ora si siede di fianco a me! Ha mantenuto almeno due metri di distanza, se non per affrontarmi con la spada, e ora è seduto qui accanto a me!” Ignem sbuffa irritata ma non aggiunge niente.
“Tu…” Inizia Murtagh guardando altrove “Tu… Ti piace stare qui?” Chiede; adesso ho capito cosa gli prende, sta cercando di capire se anche io sono contro Galbatorix o no… Non si fida.
E perché dovrebbe? Farebbe bene a non fidarsi” Ribatte aspa Ignem.
Sì certo, ma a noi andrebbe meglio se si fidasse; se fosse nostro alleato avremmo un nemico in meno… Poi lo sai anche tu che la cosa migliore per allearsi è un nemico comune” Rspondo
Ma noi non dobbiamo far sapere a Galbatorix che è nostro nemico?!” Chiede sconcertata.
No! Certo che no! Ma se troviamo qualcuno che ci fa da burattino ed esegue i nostri ordini…”
“Murtagh non prenderà mi ordini da noi”
Ribatte
Non se sa che siamo noi a darglieli, ma ci sono altri modi per far fare alla gente quello che vuoi, senza che se ne accorga, basta qualche parola sussurrata all’orecchio e… Ma certo! Mi è venuta un’idea!” Se Murtagh non fosse qui di fianco a me scatterei in piedi e mi dirigerei a tutta velocità nei quartieri bassi della città.
Quale idea?” Domanda Ignem, ma la ignoro e chiudo la mente per dedicarmi a Murtagh, senza preamboli dico:
“No affatto, Galbatorix per quanta libertà ho avuto in passato è sempre un tiranno e non mi piace doverlo servire” Rispondo con l’aria più indifferente che riesco a trovare.
“Allora perché ti sei unita a lui?” Domanda spostando gli occhi su di me e guardandomi di sottecchi, sospettoso.
“Uno dei tredici rinnegati mi ha trovato da sola quand’ero diventata cavaliere da solo una settimana e mi ha portato da Galbatorix; ero inesperta e non ho resistito molto…” Rispondo inventandomi tutto di sana pianta; in realtà ero cavaliere da un mese, l’ordine non se la passava bene e nessuno voleva avvicinarsi a un drago bianco, girava voce che fossero maledetti.
Così avevamo imparato tutto da sole, frequentavo la biblioteca di notte, nel reparto proibito e in quelle serate ho capito di avere una predisposizione naturale alla magia nera; ma fare progressi senza insegnante era difficile, così un giorno che l’ordine era quasi tutto impegnato avevo rubato una spada bianca ed eravamo scappate per raggiungere Galbatorix, per mera ambizione. Avevo giurato fedeltà alla tirannide e da li era iniziato l’addestramento vero e proprio.
“Capisco…” Conviene Murtagh, partecipe della mia bugia; trattengo a stento un sorriso mentre cerco di annuire sconsolata. “Così anche tu vorresti essere libera?”
“Certo, è quello che vogliono tutti…” Ma io voglio di più, voglio il potere.
“Certo, ma fra due giorni dovrò catturare mio fratello e ogni speranza sarà perduta con lui” Dice sconsolato e con lo sguardo rivolto alla sabbia dell’arena.
“Tu dovrai provare a catturare Eragon, è così che ha detto il nostro amato re” Marco bene la parola, mi alzo e con un sorriso me ne vado, certa che Murtagh ha afferrato il concetto e in fatti di rimando mi grida:
“Grazie” Non mi volto e continuo a camminare verso i miei alloggi, bisognosa di un bel bagno.

***

Quel pomeriggio salto per la seconda volta la lezione di magia e mi reco in città per definire alcuni dettagli con alcuni “bravi signori”… Consegno un piccolo, ingente quantitativo d’oro e più alleggerita vado a trovare Ignem.
Perché continui a tenermi fuori dalla tua mente?! Voglio sapere quello che hai intenzione di fare” Ruggisce arrabbiata; non le do torto ma…
È per il tuo bene e il mio, avrai la lieta notizia fra uno o due giorni, è tutto pronto” Sogghigno soddisfatta.
Cosa?” Chiede in una litania sconsolata “Pensavo che con me saresti stata sincera e mi avresti detto tutto, sono cinque giorni che macchini il tuo piano e io non ho la minima idea di cosa tu stia facendo”
“Ascolta, è pericoloso per te saperlo; ti dirò tutto quando anche il resto della popolazione lo saprà”
E chiudo definitivamente la questione.

NOTA DELL’AITRICE: Salve a tutti, spero che il capitolo sia bello; se ci sono errori ditemeli, li correggerò subito. In questo capitolo troviamo un po’ di mistero, secondo voi cosa avrà in mente Anna? Aspetto le vostre ipotesi, che verranno confermate o smentite nel prossimo capitolo…
Ciao e grazie come sempre a tutti

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Capitolo 9
*** 9 - Mercenari ***


VOGLIO SALVARTI

9 – Mercenari

 “Sì, sire? Mi avete fatto chiamare?” Domando con falsa curiosità; so già per che siamo lì, io e Murtagh. Il cavaliere rosso si agita pensieroso sul posto, molto probabilmente sospetta che il re abbia scoperto quello che ha intenzione di fare riguardo a suo fratello.
“C’è stata una piega, inaspettata e malauguratamente incriminante” Murtagh si agita ancora di più, ma il re sembra non accorgersene e continua imperterrito “Non possiamo più mantenere segreta la tua esistenza, Anna; oggi alcuni gruppi di mercenari ribelli si sono presentati alle porte della città di Teirm che è sotto la nostra protezione e non possiamo lasciare che facciano razzie, metterebbe in pericolo la stabilità dell’impero”  Lo guardo facendo finta di non capire.
“Ma è un esercito così grande da aver bisogno di mandare un cavaliere dei draghi a ristabilire l’ordine?” Non sono mai stata così interprete di una bugia come adesso; Murtagh non sembra minimamente preoccupato dell’esercito, solo sollevato che non sia lui l’argomento della discussione.
“Sembra che si siano uniti vari gruppi di mercenari sotto un unico vessillo”
“Un vessillo?” Domando sconcertata dal pensiero che possano essere stati così stupidi da marciare sotto un vessillo.
“No, intendevo dire che sono stati pagati da un unico benefattore. Sono comparsi esattamente prima della battaglia contro i Varden, è stano no? Potrebbero essere stati loro ad assoldarli, per dividere le nostre forze, ma non hanno abbastanza denaro e su questo fatto li avrebbe potuti aiutare il Surda… Ma non ne sono convinto… Comunque, partirai domani come Murtagh e raggiungerai Teirm, poi marcerai sui mercenari e non farai prigionieri” Sorrido con un’aria maligna, ma subito dopo torno al mio normale viso e annuisco risentita, non devo bruciare la mia copertura con Murtagh.
“Sì sire, come ordinate” Sento già l’odore della battaglia, il sangue che sgorga dalle ferite, il puzzo di carne bruciata e le urla dei feriti; l’eccitazione scorre già copiosa nelle vene.

***

Il giorno della partenza io e Murtagh ci troviamo nel cortile esterno del palazzo; Castigo è già sellato e pronto per partire, ma Murtagh mi osserva curioso, io gli rivolgo uno sguardo sufficiente e chiamo Ignem.
“Non dovresti partire?” Chiedo indifferente alla risposta, so già quello che dirà e infatti:
“Sono curioso di vedere che drago cavalchi”
“È una dragonessa e si chiama Ignem, come credo avrai notato dal quadro è bianca e poco più piccola di Castigo” Indico il drago rosso con un cenno del mento e riprendo “E dopo questa scrupolosa descrizione puoi andare” Gli rivolgo un sorriso invitante e mi giro a chiudere la bisaccia contenete i viveri indispensabili per il viaggio di un giorno e qualche freccia di riserva, le altre sono contenute nella faretra che è posata con l’arco di fianco alla bisaccia.
“Non credo che la tua, ottima e ricolma di particolari, spiegazione possa eguagliare un incontro faccia a faccia” Annuisco e torno a sorridere.
“Certo, hai completamente ragione; le presentazioni sono d’obbligo” Appena finita la frase sento una presenza ai bordi della mia coscienza, non è ostile e non cerca di entrare, immagino voglia solo parlare; abbasso leggermente le mie difese, il tanto che basta per intrattenere una conversazione e sento la voce profonda di Castigo rimbombare nella mia testa.
A questo proposito credo che anche io debba presentarmi, sono Castigo ed è per me un piacere conoscerti” In qualsiasi altra occasione e detta da qualsiasi altra persona avrei trovato divertente quella frase, forse esilarante, ma l’immensa tristezza che il drago non è riuscito a celare, forse perché troppo giovane per essere così bravo a mascherare i propri sentimenti e parlare comunque, mi lascia leggermente interdetta.
Il piacere è mio; sono felice di sapere che vi sono più draghi di quanti ne avrei trovati se fossi tornata un anno prima e soprattutto è un onore poterne conoscere di educati come te…” Non sono mai stata brava con la gentilezza e mi sento quasi ridicola. Castigo fa un cenno con la testa e ritira la propria coscienza; in quell’esatto istante una vampata di aria mi travolge e il terreno ha un leggero tremolio, Ignem è arrivata, ancora celata dall’incantesimo che la rende invisibile. Vedo lo sguardo di Murtagh farsi più curioso e sorrido sotto i baffi a quella visione, non sa cos’ho in mente.
Conoscendo ogni centimetro della mia dragonessa attacco la bisaccia ai bordi della sella senza fatica, guidata anche dalla sua mente; ad un tratto sento il basso ringhi di Ignem verso Castigo, che si era avvicinato troppo col muso e con un sorrisetto divertito salgo sulla sella, dopo aver preso arco e faretra. Mi rendo a mia volta invisibile e mentre Ignem spicca il volo grido:
“E state attenti!” Non riesco a sentire la risposta che stiamo già volando verso Teirm.
Il viaggio dura meno di un giorno, non ci fermiamo nemmeno una volta e al crepuscolo giungiamo in vista dell’accampamento dell’esercito, schierato tra la diramazione del fiume Toark, che forma una grande Y e le mura della città; all’altro lato della prima diramazione del fiume riesco a distinguere l’assortimento disordinato delle tende dei mercenari.
 Appena arrivata un uomo di nome Trevor, alto e di corporazione robusta, a tal punto da diventare tozza, mi informa della situazione: il nostro esercito è in svantaggio numerico di qualche centinaia di uomini, senza contare le tredici navi stanziate nel fiume vicino al loro accampamento che noi non possiamo contare tra le nostre fila. Ma la notizia rincuorante è che sono un gruppo di marmaglia mal assortito e senza un preciso comandante, sembra che siano due giovani ragazzi a guidare le loro fila. So già tutte queste cose ma ascolto comunque, annoiata.
Finito il veloce riassunto Ignem spicca il volo per andare a caccia e io seguo il soldato che mi mostra la mia tenda; non è lussuosa e nemmeno comoda, ma mi stendo comunque sulla brandina per dormire un po’, dopo aver detto a Trevor di avvertire l’esercito che domani attaccheremo e finiremo questa ridicola storia.

***

Il sole splende languido nel cielo estivo, una brezza leggera mi scompiglia i capelli; i corvi volteggiano leggeri sopra le teste dei soldati, pronti a banchettare sui corpi freddi ed esangui dei prossimi caduti. Un sorriso sadico mi piega le labbra in un ghigno distorto, cosa c’è di più dolce della battaglia e del fuoco che brucia?
“Non voglio sentire un grido levarsi dalle nostre fila!” Dico ai soldati a me più vicini che riportano ai compagni “Noi siamo un ombra, fatta di fuoco e della cenere dei nostri nemici, che porta morte e distruzione e la polvere che ci alimenta aumenterà con la morte di chi abbiamo difronte. E saranno solo le urla di dolore degli uomini a noi dinanzi che riempiranno il nostro vittorioso silenzio” Un onda di eccitazione percorre gli uomini schierati in ranghi; con poche mosse fulminee salgo sul dorso di Ignem, che si raddrizza fiera.
“Prendete quello che è vostro” L’ultima frase che pronuncio prima che Ignem spicchi il volo; sorvoliamo il nostro esercito che inizia a marciare verso il nemico: un’accozzaglia di armature che non sono accumunate da uno stesso stemma; i visi arcigni e sfregiati di mercenari, che hanno combattuto varie guerre, spuntano dalle fila dell’esercito nemico.
In pochi secondi i due schieramenti si scontrano con un clangore di armi che penetra i timpani; il rumore del ferro contro il ferro si fa un basso brusio nella mia mente e le immagini della battaglia si fanno mute mentre scorrono davanti alla mia vista; butto la testa all’indietro con gli occhi chiusi, all’improvviso il fruscio del vento si fa più chiaro e la mia mente è sgombra da ogni preoccupazione.
In un secondo le urla di dolore tornano ad affollare la mia mente, con uno scatto d’ali Ignem si tuffa nell’onda di soldati ; a una sua vampata il fuoco divampa, bruciando e trascinando all’inferno tutti gli uomini che ne vengono investiti.
Tutte le frecce e le lance che ci vengono scagliate si fermano a due metri di distanza, tenute lontane da un incantesimo. Ignem ruota su se stessa mandandomi a testa in giù, con la spada sguainata e le gambe legate alla sella colpisco tre uomini, senza fare molto in realtà, devo solo tenere ferma la lama quando incontra la carne.
Scendi, divertiamoci a terra” Le dico mentre un’altra fiammata le scaturisce dalle fauci, in pochi secondi è a terra, circondata dalle schiere nemiche, che però si tengono lontane; scivolo a terra e con la spada sguainata mi dirigo verso le mie prede.
Appena fuori dalla protezione di Ignem gli uomini si fanno avanti per combattere, in poco ne uccido quattro, ma altri sopraggiungono velocemente; vengo circondata da altri tre soldati: uno armato di due lunghi pugnali, uno di una mazza ferrata e l’ultimo di una normale spada.
Roteo la spada e faccio qualche passo indietro per essere sicura che non mi circondino, osservo l’uomo con la mazza ferrata e decido che sarà il primo a cadere, non mi è mai piaciuta quell’arma; uno scatto fulmineo e mi abbasso per schivare il colpo mirato a colpire la mia testa, tento un affondo alla coscia, ma è veloce e tira indietro la gamba e riesco a infierirgli solo un taglietto.
Mi sposto di lato all’affondo dell’uomo con la spada e subito dopo scatto in avanti per colpire al cuore il soldato che brandisce la mazza ferrata, con la sua arma devia il mio colpo, con effetti disastrosi per lui, infatti la punta della spada si conficca nell’occhio sinistro dell’uomo; appena la estraggo quello urla come un forsennato e premendosi la mano sullo zampillio di sangue che gli sgorga dal viso cade a terra, ancora urlante.
Con un gioco del polso disarmo il terzo soldato di uno dei suoi coltelli e nel secondo dopo paro la stoccata al viso della spada dell’altro; con un incantesimo uccido l’uomo col coltello e mi sposto la mia attenzione col soldato con la spada, ma il secondo dopo è in fuga e in quello stesso momento mi accorgo che tutti i mercenari stanno correndo verso le navi.
Non è una ritirata, ma solo un’imboscata.
Risalgo sul dorso di Ignem e raggruppo i soldati al mio comando; ho intenzione di seguirli, non me li lascerò scappare, non mi importa di quello che hanno in serbo per noi.
“Uomini, ascoltatemi bene; quando arriveremo alle navi saremo sotto il fuoco nemico, quindi tenete alti gli scudi” poi rivolta a Ignem “noi invece andiamo a dedicarci alle navi” Lei spicca il volo verso il nostro obbiettivo.

NOTA DELL’AUTRICE: Scusatemi il ritardo, le ultime settimane di scuola si stanno rivelando più dure del previsto… Spero che il capitolo vi piaccia, lasciatemi una recensione, mi farebbe piacere.
Ciao e grazie a tutti; nel prossimo capitolo vedrete i nomi che ho scelto per dei personaggi, per i quali ringrazio Dragone97 e _Nihal99_

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Capitolo 10
*** 10 - La -Non mi Servi Più di Dieci Minuti- si rompe... ***


VOGLIO SALVARTI

10 – la “non mi servi più di cinque minuti” si rompe…

Sento i muscoli di Ignem flettersi nello sforzo di arrivare il più velocemente possibile alle navi stanziate sul fiume; i soldati sotto di noi corrono, anch’essi, verso i piccoli vascelli in legno di pioppo. A pochi metri da esse iniziano a piovere su di noi frecce infuocate, nessuna ci colpisce, ma i soldati sotto il mio comando cadono come birilli e il fuoco si diffonde velocemente, bruciando anche chi non è stato colpito.
Avvicinandomi di più e sorvolando i ponti delle navi vedo file e file di balestre puntate sull’esercito avanzante; su mio ordine Ignem brucia le vele di una prima barca, mandando nel panico i soldati stanziati su di essa, che si buttano nel fiume per raggiungere la riva a nuoto. Pochi secondi dopo la dragonessa abbatte l’albero maestro del vascello più grande, che cade spezzando in due la nave, e altri corpi galleggiano morti in acqua.
Intanto i soldati portanti lo stemma di Galbatorix hanno raggiunto le restanti barche; sotto il fuoco di proiettili arroventati, fermati in piccola parte da deboli incantesimi difensivi, riescono ad assaltare le navi e la battaglia dilaga sui ponti di legno. Altre due imbarcazioni cadono sotto il nostro controllo.
Dopo aver abbandonato il dorso di Ignem scendo su una nave dove sono rimasti solo cadaveri e alcuni soldati del mio schieramento; velocemente arrivo al timone e dopo aver ordinato di tagliare la fune di ancoraggio dirigo la barca verso le poche ancora in piedi. La distanza tra l’imbarcazione a cui sto puntando e quella su cui sono io è abbastanza grande da prendere velocità.
Il vento gonfia le vele e la nave sperona l’altra con tale violenza da farmi cadere all’indietro; il fianco della nave si frantuma, miriadi di schegge e assi di legno volano a destra e a manca. La “Non Mi Servi Più Di Due Minuti”, come l’ho soprannominata non conoscendone il nome, rimane quasi totalmente intatta grazie a un mio incantesimo difensivo e in poco distrugge le ultime tre navi rimaste davanti a me, mentre quattro rimangono dietro, intatte.
Non avendo il tempo e lo spazio necessario per virare richiamo Ignem e insieme sorvoliamo i sopravvissuti, e con mio grande rammarico al mio passaggio i soldati sollevano le armi e gridano di giubileo, acclamando la veloce vittoria.

***

“Perdite?” Domando ritornando al campo, seguita da un ragazzo poco più grande di me, con vari tagli e ferite su braccia e gambe.
“Poco meno della metà dei nostri uomini, tra cui i due ufficiali stanziati con l’armamento” Considerando le scarse risorse le perdite sono accettabili e rimpiazzare gli ufficiali è facile…
“Bene, prenderai tu il comando della fanteria” Sul viso del giovane compare un sorriso compiaciuto e biascica un grazie capitano, con la lingua impastata “Invia due messaggeri, uno al re e uno sul campo delle Pianure Ardenti, a Murtagh; coi fatti accaduti quest’oggi e digli di aspettare le risposte” Lui annuisce.
“C’è un’ultima questione capitano: due uomini provenienti dalla città vogliono parlarvi” mi passo la lingua sui denti prima di rispondere.
“Sì, li riceverò nella mia tenda; subito” Aggiungo e il ragazzo si congeda per eseguire i miei ordini.
Poco dopo sto bevendo una pinta di birra davanti a due ventenni, che costituiscono la coppia più strana che io abbia mai visto: il primo, occhi e capelli neri, basso e tozzo con un espressione seria e risoluta che non sembra essere mai cambiata; il secondo, con un aspetto molto più piacevole, ha un sorriso furbo e accattivante, un brillio divertito negli occhi azzurro cielo e i capelli biondi come il grano scompigliati in modo affascinante.
“Come promesso, metà del denaro prima e metà ora” Appoggio sulla scrivania che ci separa un sacchetto ricolmo d’oro, che viene afferrato dal ragazzo biondo, rivolgendomi un sorriso che va oltre la gentilezza.
“Molto riconoscenti. Vi abbiamo vista combattere dalle mura della città, siete molto brava” Crede che non conosca questi trucchetti? Non mi faccio ingannare da poche parole. Decido, comunque, di tenere a freno l’irritazione, potrebbero servirmi in futuro.
“È stato un piacere fare affari con voi, spero che questo non sia l’ultimo” Dico alzandomi e tendendo il braccio in avanti per stringere la mano dei due uomini. Il ragazzo coi capelli neri si alza a sua volta, ma non accenna a volermi stringere la mano; mentre il biondo rimane seduto.
“Ma… Certo” Dice Wayman, con voce spiazzata, senza dare segno di volersi alzare “Anche se in realtà speravo di potervi mostrare la città; l’avete mai vista?” Domanda, riprendendosi dallo stupore iniziale, dovuto al mio poco interessamento; scuoto la testa e lui sorride nuovamente.
“Allora lasciate che ve la mostri; c’è una piazza particolarmente carina, al tramonto poi è fantastica… Speravo proprio di godere della vostra compagnia” Il suo compagno, Laio; ancora in piedi lo osserva severo, ma Wayman non ci bada.
“Sì, beh… Anche io vorrei godere della mia compagnia, ma in questi giorni sono così impegnata che il piacere di restarmene da sola viene interrotto da inutili individui che…” Sospiro, lasciando la frase inconclusa; il mio tono di falso rammarico colpisce il giovane uomo che si alza repentinamente e dice:
“Bene, allora non vi disturberò più” Ed esce accompagnato dalla prima risata dell’amico, che si congeda con un rigido inchino.

***

Dopo due giorni di permanenza all’accampamento è di ritorno il primo messaggero; mi congeda un foglio di pergamena arrotolato e si congeda. Il foglietto porta la grafia di Galbatorix e reca scritto:

 
Tu ed Ignem tornate a palazzo, abbiamo alcune
faccende di cui discutere; Murtagh ha fallito e
il suo ritorno coinciderà col tuo.
Mi congratulo per il tuo successo.

                                                           Galbatorix

 
Un ora dopo sono già in viaggio per Urù’baen e all’alba atterro nel centro del giardino più grande del castello, con Ignem finalmente visibile.
Ignorando le esclamazioni di sorpresa degli uomini e di paura delle donne mi dirigo subito nella sale del trono; finalmente nel mio elemento, il mantello bianco posato sulle spalle, i capelli racchiusi in una corta treccia, l’armatura leggera in metallo sottile recante la scritta: “La spada in se non è nulla, ma nella mente che serve è vincente”, cosa che all’inizio mi aveva lascito un po’ perplessa, ma col tempo mi ci sono abituata.
A qualche metro dal grande portone a cui sono diretta sento la terra tremare leggermente seguita da un tonfo; Murtagh è arrivato, decido di aspettarlo e dopo poco più di un minuto appare la figura scarmigliata del cavaliere rosso. Ha la camicia strappata in un solo punto e i fili sono incrostati di sangue secco; non ha grandi ferite, solo alcuni tagli, ma è il viso a preoccuparmi: ha un’espressione terrea, è pallido e gli occhi non hanno la solita luce ribelle.
“Che cosa ti è successo?” Domando incuriosita; lui sembra accorgersi di me solo ora, alza la testa, mi guarda e poco dopo la scuote sconsolato; senza rispondermi avanza ed entra nella sala del trono, io lo seguo richiudendomi la porta alle spalle.
Nella sala regna un silenzio surreale, l’unico rumore è il respiro pesante di Sruikan, il drago ha gli occhi bianchi aperti e vigili puntati su Murtagh. Non fa pensare a nulla di buono per il cavaliere rosso; ho visto poche volte il re arrabbiato e ne sono felice. Nei rari momenti d’ira Galbatorix perde anche il raro e cinico controllo che si impone, rimane solo rabbia e dolore. Non è un bello spettacolo.
“Eccovi” Il tono della voce che varia dal roco all’acuto, sta cercando di controllarsi, ma non resisterà molto; fa un sonoro respiro e fissa gli occhi gelidi su Murtagh “Vedo che con te non c’è tuo fratello o mi sbaglio?”
La voce fredda, senza tono, ancor più paurosa di quegli sbalzi di tonalità; stringo i pugni e tengo gli occhi fissi davanti a me, senza guardare Murtagh, anch’esso immobile.
Silenzio.
“Allora non mi sbaglio!” Il respiro pesante e gli occhi colmi d’ira; un grido lacera l’aria, improvviso quanto un temporale d’estate e altrettanto violento. Rimango impietrita, non sono stata io ad urlare, ma non ho intenzione di girarmi per vedere chi ha gridato; ma naturalmente è inutile, lo so già. Murtagh.

NOTE DELL’AUTRICE: Finalmente conosciamo i personaggi a cui avete dato il nome; sappiate che ho grandi progetti per loro, che ne dite? Come vi sembrano?
Ciao e grazie a tutti coloro che seguono e recensiscono.

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Capitolo 11
*** 11- Il sapore freddo e sadico dell'odio ***


VOGLIO SALVARTI

11 – il sapore freddo e sadico dell’odio

Gli occhi del re brillano di rabbia maligna, sfociata in puro divertimento per quella macabra tortura; inspiro più aria possibile, ma la gola è serrata e l’ossigeno mi sembra quasi tossico. Riscossa da un nuovo urlo mi giro e trovo il cavaliere rosso disteso a terra, dalla bocca cola un rivolo di sangue mischiato alla saliva, il viso bianco è cosparso da minuscoli puntini rossi, capillari rotti, e gli occhi iniettati di sangue violaceo. La gola rossa coperta dalle mani strette intorno al collo; un ansito strozzato, nel disperato tentativo di respirare; non respira!
“Basta! Basta, vi prego!” Urlo rivolta a Galbatorix; gli occhi puntati sul corpo che si divincola a terra. Ricevo una risata in risposta alla mia supplica.
Allargo la coscienza in un disperato tentativo di fermare l’orrore a cui sto assistendo; sento la mente di Galbatorix inondare la stanza, del puzzo malevolo dello zolfo mischiato a quello del sangue secco e della carne bruciata. Non cerco di fermarlo, so quali sono i miei limiti e contro quella furia selvaggia non si può vincere.
“Sire, sire… Lui vi serve vivo; ha sbagliato, non succederà più” Lo sguardo di Galbatoix si sposta, colmo di furia, su di me.
“Sbagliato?” È una domanda, col tono di un bambino che chiede spiegazioni al padre; intanto il respiro affannato di Murtagh torna a riempire la sala. Non lo guardo, peggiorerei soltanto la situazione “Non è stato uno sbagli, e tu lo sai… Ma su una cosa hai ragione, non succederà più. E ora portalo via!”
Ubbidisco ed esco dalla sala del trono, aiutata da due guardie che trascinano Murtagh per le braccia; ha ripreso colore, ma si distinguono ancora i capillari rotti e il respiro sembra mancare anche a me a quella visione, ho avuto paura.

***

Non lo so” Soppeso la domanda che Ignem mi ha appena posto; non so cosa risponderle.
Ma dovrai avere un ipotesi… Il re lo scoprirà o no?” Ripete; annuisco sconsolata. Se dovesse succedere non passerei bei momenti, visto quello che è capitato a Murtagh.
Se abbiamo fatto tutto come si deve non lo scoprirà” Sentenzio sedendomi con la schiena appoggiata alle zampe anteriori di Ignem. La dragonessa sbuffa una nuvoletta di fumo, insoddisfatta.
Ma con quei due… Wayman e Laio, qui in città le cose non sono state fatte per bene; hai fatto uccidere tutti i mercenari, avresti dovuto fare lo stesso con quei due” Schiocco la lingua irritata; sono passate due settimane dallo scontro coi mercenari, due settimane di falsa serenità, senza essere turbata dal sospetto che il nostro, mio, piano possa essere scoperto.
Andrò a fare una visitina a quei due” Sentenzio.

***

“Ma che piacevole sorpresa” Storco il naso davanti al viso di Wayman; ha un sorriso da orecchio a orecchio e mi guarda come se fossi una scatola dei suoi biscotti preferiti. Avanzo e lui si sposta per farmi entrare in una piccola casetta ammassata a molte altre; l’interno è accogliente, più dell’esterno almeno, c’è un piccolo camino spento, un tavolo e qualche sedia; sul lato destro della stanza c’è un divanetto e Wayman si accomoda lì facendomi segno di sedermi, ma io rimango in piedi.
“Allora, sei così dispiaciuta per la nostra ultima chiacchierata che sei venuta a trovarmi?” Faccio una smorfia e fisso i miei occhi in quelli del giovane, che scoppia a ridere “Per quanto ti possa sembrare assurdo non ho paura di morire e quindi tu non mi fai nessun effetto, ragazzina”
Non sono affatto impressionata, almeno in apparenza; torno alla mia espressione normale.
“Dovete andarvene!” Ordino con poca cortesia; la sua espressione laconica vacilla per un momento, ma poi ritorna più impertinente di prima.
“Dobbiamo? Non hai saputo; il mio compagno è morto, che la sua anima riposi in pace” Finge un’espressione sconsolata e io lo osservo senza capire “Mi stava scomodo e ho provveduto ad eliminarlo” Sorride con tanta cattiveria che non posso non notare quanto siamo simili; scarto il pensiero come farei come con un pugnale non bilanciato.
“Questo non mi interessa, devi andartene al più presto” Ringhio rivolta verso di lui; questo lo fa smettere di sorridere e i suoi occhi azzurri irradiano un gelo innaturale, si alza con un movimento fluido e si avvicina; arretro ma la parete dietro di me mi blocca. Odio trovarmi con le spalle al muro.
Adesso che ci rifletto non sono io a dover avere paura di lui, semai il contrario, eppure ho il respiro corto e gli arti bloccati dal terrore; c’è qualcosa in lui che mi fa rizzare i capelli, trasuda così tanto potere che mi si insinua nelle narici e non riesco a respirare.
“C’è qualcosa che vuoi aggiungere?” Domanda ad un soffio dal mio viso; per quanta paura abbia il mio orgoglio prende il sopravvento ed emetto un verso basso e raggelante, sembra più uscito dalla bocca di Ignem che dalla mia; lui ride e con due dita mi scosta i capelli dal collo, trattengo il respiro e lo fisso.
Non amo le parole e nemmeno lui sembra voler ricorrere ad esse per dirmi che non accetterà mai ordini da me, invece mi bacia il collo. Sussulto, il cuore che palpita per  l’adrenalina che ho in corpo.
“Credo che io e te andremo molto d’accordo” Sussurro.
“Sì; tu sei un cavaliere e io ti aiuterò a raggiungere tutti i tuoi scopi” So che la frase non è stata completata, mancano alcune parole, molto importanti: e tu mi ricompenserai. Ma sono disposta ad accettare qualunque prezzo per raggiungere il potere e so che il suo lo posso pagare, lui vuole essere re quanto lo voglio io.

***

 

Sono leggermente spossa, il mio incontro con Wayman non è stato esattamente come me lo aspettavo, però ora ho un alleato in più e un nemico in meno; i corridoi del palazzo sono stranamente deserti, forse perché è sera e staranno servendo la cena al banchetto del re, che mi sono premurata di dimenticare appositamente.
Ho quasi raggiunto la mia camera quando una mano mia afferra il braccio e mi trascina in uno dei tanti e stretti corridoi usati dalla servitù, mi volto verso il mio aggressore e vedo Murtagh con il viso contratto dalla rabbia; divincolo il braccio e lui lo lascia andare, ma non smette di osservarmi con rancore.
“Che c’è?!” Gli chiedo irritata; non mi piace che mi guardi così, è irritante.
“Che c’è?” Mi fa eco lui canzonatorio, io lo osservo senza aggiungere niente e lui prosegue: “Pensavi che non lo avrei scoperto? Del tuo brillante piano?” Stringo gli occhi; come lo sa? Come lo ha scoperto?
“Di cosa parli?” È meglio fingere di non capire.
“Non fare la stupida; sai benissimo che ti ho scoperto e non dirmi che non sai di cosa parlo, sei stata tu ad assoldare quei mercenari!” Esclama infuriato, ma mantiene la voce bassa, quindi forse non ha intenzione di dirlo al re “Ti ho vista quando sei andata da quel… Quello” Fa un’altra smorfia ma di diversa natura da quelle di prima.
“Esattamente cosa hai visto?” Chiedo e lui accentua la smorfia.
“Abbastanza” Non mi scandalizzo più di tanto, ma mi da comunque fastidio che mi spii.
“E allora?” Dico schioccando la lingua.
“E allora? Stai giocando con delle vite e non senti un filo di rimorso!” Sputa afferrandomi un spalla e sbattendomi contro il muro; gli lancio un’occhiata velenosa, ma non mi divincolo.
“Oh, andiamo Murtagh, non fare il moralista; vuoi essere libero o no?!” Lo osservo sogghignando, l’ho messo in difficoltà e ora non sa se continuare a sere il bravo e leale cavaliere o assecondarmi e ‘giocare con delle vite’.
“Sì, ma non ha questo prezzo” Gli rido in faccia.
“A quale prezzo scusa? Non riesco a seguirti…”
“Di vite inno…”
“Innocenti?” Concludo la frase per lui “Nessuno degli uomini che sono morti era innocente e davanti alla giustizia sarebbero stati affidati al boia. Io gli ho concesso una morte in battaglia e così ci hanno aiutati a raggiungere uno scopo giusto e questo è l’atto più nobile che abbiano fatto in tutta la loro vita” Rimane spiazzato per un attimo.
“Tu cerchi di giustificare un atto di follia” Mi lascia andare allontanandosi da me “E non fingere che non ti sia piaciuto con quel viscido” Mi volta le spalle e si incammina, ma riesco ad aggiungere poche parole:
“Vai! Quando capirai che sono la tua unica possibilità tornerai da me strisciando. E sì, mi è piaciuto”
Pochi secondi dopo sono più lucida e a mente fredda rimpiango la mia ultima frase, così mi sto giocando la possibilità di tenerlo come alleato; eppure lui mi ha provocato, perché doveva insistere sul mio incontro con Wayman, non credo he dovrebbe interessargli quello che faccio.
Sembrava quasi geloso” Dice Ignem con indifferenza.
Non credo, sarebbe stupido da parte sua”
“Eppure…”
Insiste la dragonessa, e il dubbio mi si insinua nella mente.
Se è veramente così è una cosa che possiamo sfruttare a nostro vantaggio” Questa potrebbe essere una svolta inaspettata e gradita; ha tutto il sapore di una vendetta personale, contro un torto non ancora risanato.

NOTA DELL’AUTRICE: Salve a tutti; buone vacanza, per tutti quelli che hanno finito la scuola. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Adesso passiamo alle cattive notizie: forse dopo il prossimo capitolo non riuscirò più ad aggiornare per dieci giorni (motivo vacanze), spero possiate perdonarmi. Intanto vi lascio con una domanda: da 1 a 10 quanto vi piace la storia? Lo chiedo per potermi calibrare con giudizi imparziali… Gradirei che mi rispondesse in una recensione o in un messaggio privato (naturalmente non siete obbligati)
Grazie a tutti quelli che seguono.

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Capitolo 12
*** 12 - Lacrime di coccodrillo ***


VOGLIO SALVARTI

12 – LACRIME DI COCCODRILLO

“Anna!” Mi giro, Murtagh è davanti a me “Ti va di venire con me… in un posto?” Domanda, sembra sicuro e insicuro allo stesso tempo, è quasi una visione esilarante; annuisco, dannata curiosità…
Il viaggio, in sella ai cavalli, dura poco e prima del tramonto arriviamo nel centro di una piccola ansa creata dal fiume; tutt’intorno c’è il grano d’orato, nel mezzo del piccolo spazio di terra c’è un cumolo di fieno, che arriva quasi al bordo del fiume, che crea una piccola penisola.
Murtagh scende da cavallo e oltrepassando la piccola strettoia lasciata dall’acqua si sdraia a pancia in su nel fieno, come se fosse la cosa più naturale del mondo; io lo osservo scettica e scendo a mia volta dal dorso di Poseidone. Resto al di l’ha del fiumiciattolo e non mi muovo; lui mi osserva divertito.
“Che c’è? Hai paura?” Chiede sorridendo, io continua a osservarlo scuotendo la testa; non ho paura, semplicemente non mi piace il suo modo di fare, non riesco a capirlo… Il giorno prima mi rimprovera e quello dopo mi porta in quel posto; che cos’ha nel cervello?
E intanto che questi pensieri mi invadono la mente il sole tramonta, inondando il grano di un colore rosso fuoco, che viene riflesso dalle spighe in un arancione più tenue; il viso del cavaliere assume una tonalità rosea e gli occhi sembrano divenire due specchi d’oro puro. Forse anche il mio viso deve aver preso quegli strani colori, perché Murtagh non distoglie lo sguardo; irritata mi sposto avvicinandomi al fieno e sdraiandomi sul lato opposto al suo.
“Perché siamo qui?” Domando lasciando vagare lo sguardo sul paesaggio.
“Non è evidente?” Dice facendo un gesto con la mano come ad indicare tutto quello che ci circonda “Ho sempre adorato questo posto” Sposta gli occhi e io seguo il suo sguardo; l’acqua del ruscello zampilla limpida catturando gli ultimi raggi del sole.
“Raccontami come sei arrivata qui” Interrompe il silenzio che si era creato alla scomparsa del sole. Sospiro
“È stato tutto piuttosto semplice, a dir la verità; una mattina mi sono svegliata con Spectro addormentato sulla pancia, minuscolo rispetto ad ora, e il simbolo dei cavalieri sulla mano” Alzo il palmo senza pensarci e lui lo osserva, come se avesse qualcosa di strano; sto per abbassarlo quando mi prende il polso e apre la mia mano, fa passare due dita sul bordo del Gedwey Ignasia, rabbrividisco ma non scosto la mano.
“Va avanti” Sussurra continuando la sua ispezione del mio palmo; lo osservo di sottecchi ma continuo.
“L’ho tenuto nascosto, non mi era sembrata una buona idea farlo vedere al mondo e in più ero curiosa… Non è stato difficile, al cibo pensava da solo; una volta ha ucciso il gatto della mia vicina, ma nessuno ci ha incoltati…” Accenno un sorriso al ricordo “Un mese dopo era diventato troppo grande per restare in soffitta e un giorno in cui non c’erano i miei genitori lo stavo portando fuori, quando… Non so esattamente cos’è successo, ma ci ha avvolti una luce e mi sono svegliata circondata da molti altri cavalieri. Questo è tutto”
“Che cos’è?” Domanda passando un dito attorno al mio pollice, avvicino la testa per vedere di cosa parla poi vedo il tatuaggio: un piccolo anello disegnato con l’inchiostro bianco i cui bordi sono fasciati da un filo doro e sempre con l’oro c’è una scritta che recita nell’antica lingua: Padroni dell’essere.
Scuoto la testa, solitamente non lo nota nessuno.
“Solo un rimasuglio del mio passato” Rispondo; non chiede altro, ma continua a far vagare le dita sul mio palmo, seguendo i percorsi delle vene.
Alzo gli occhi al cielo e vedo le prime stelle affacciarsi nel cielo blu notte; mi perdo nel cercare le costellazioni di questo mondo, solo quando ho trovato tutte quelle che mi interessavano torno al presente e mi accorgo di essere scivolata, involontariamente, più vicino al corpo del cavaliere; piego la testa per vederlo e mi trovo l suo viso a pochi centimetri dal mio, posa le sue labbra sulle mie.
Scatto in piedi, arretrando. Come si è permesso di fare una cosa del genere?!
“Che intenzioni hai?!” Digrigno i denti, sono arrabbiata; non può fare così, non può!
“Io pensavo…” Inizia, ma lascia la frase a metà; la luce della luna proietta un pallore innaturale sul suo viso.
“Tu non puoi… Io non posso!” Perché il problema non è lui, sono io.
“Con quell’altro non ti sei fatta problemi!” Sembra arrabbiato; scuoto la testo, non va bene, è tutto diverso.
“Lo faccio per te! Non posso. Devi capirmi, lo faccio per te. Non vado bene” Detto questo mi giro, salgo a cavallo e galoppando più veloce possibile ritorno in città.

***

Lui non è come suo padre” Ancora quella frase.
Sai quante volte mi sono ripetuta questa frase nelle ultime due ore?” Domando ironicamente “Per quante volte la si ripeta non significa che sia vera”
“Non puoi nemmeno sapere se lo è in questo modo”
Mi fa notare con aria stanca. È così buio che fatico a distinguere i particolari di Ignem, ma vedo solo un contorno sfocato.
Non capisco come questo possa interessarmi, lui non mi piace e per me è solo un mezzo per portare a compimento il mio obbiettivo”
“Se lo dici tu…”
Conclude Ignem sarcastica; crede che mi stia ingannando con le mie mani e se è così è per il mio bene.

***

Ho la spada del cavaliere rosso puntata alla gola, i suoi occhi sono quasi totalmente inespressivi se non si conta quella puntina di rabbia nascosta dietro l’iride sinistra. Mi ha battuto di nuovo, per poco, ma il risultato non cambia; entrambi ansimiamo e il sudore ci riga la fronte. Eppure lui continua a battermi, è frustrante.
Sferra un’altra stoccata rivolta alla mia testa, mi abbasso e la spada sibila colpendo l’aria poco sopra di me; non si è fermato, non ho più la mia spada ma lui non si ferma, cosa vuole fare?
Arretro mentre ceca ancora di colpirmi, sono leggermente più veloce di lui, ma senza spada non posso fare miracoli; scivolo di lato e mi trovo dietro di lui, approfitto del leggero vantaggio per recuperare la mia arma, caduta a poca distanza; però un dolore lancinante alla schiena mi blocca, cado in ginocchio con le lacrime agli occhi. Inspiro, espiro, inspiro, espiro; non devo piangere, non devo, non davanti a lui.
Murtagh si sposta davanti a me, ho lo sguardo perso nel vuoto e tutta la mia concentrazione è impegnata ad impedirmi di piangere; non mi degna nemmeno di uno sguardo e si siede ai bordi dell’arena per curarsi le leggere ferite.
Mi alzo stringendo i denti, ora il male è sopportabile, ma una lacrima mi cola comunque su una guancia; mi avvicino all’uscita, ma prima di andarmene sibilo:
“Sei uno stronzo” E detto questo corro verso Ignem.
Mentre le mie gambe si muovono veloci verso le stalle un sorriso mi si disegna sul viso arrossato dalla fatica. “Grazie Murtagh, mi hai dato la scusa perfetta per allontanarmi dal castello” Ignem sentendo i miei pensieri si intromette incuriosita.
“Non ti preoccupare Ignem, nessuno ci punirà per questo; mi pensano tutti una ragazzina dai sentimenti troppo fragili e il nostro caro amico Murtagh li ha appena feriti, è una scusa perfetta. Sembra che io scappi perché mi sono offesa e invece…”
E invece cosa?” Donada lei; sorrido.
Appena saremo fuori da qui ti spiegherò tutto”
Raggiungo le stalle e senza nemmeno sellarlo monto su Poseidone, dopo essermi procurata un secondo cavallo; parto al galoppo verso la porta della città, con Ignem che ci segue dall’alto. Ho una meta precisa e non esattamente fuori pericolo, anzi è dentro la tana del lupo.

 

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Capitolo 13
*** 13 - Eragon, Saphira e Orrin ***


VOGLIO SALVARTI

13 – Eragon, Saphira e Orrin

Ormai i cavalli sono stremati, li ho fatti correre per due giorni con brevissime pause, ma alla meta non manca molto. Li lego ai margini di un boschetto non troppo lontano dall’accampamento dei Varden; lascio del fieno che avevo in precedenza preso, non so quanto starò via.
Ignem atterra silenziosa vicino a me, l’ho resa invisibile perché non è ancora arrivato il momento di andare in scena.
Sei pronta?” Lei annuisce “Sai cosa fare? Attieniti al piano e andrà tutto bene” Non sembra sicurissima, ma decide di fidarsi e mi fa salire sul suo dorso.
Ripercorriamo la strada a ritroso, fin che l’accampamento nemico è solo un puntino in lontananza, in quel momento rendo Ignem visibile ed entrambe siamo pronte per essere avvistate da Eragon, il fratellino di Murtagh.
Quando siamo a metà strada dalle tende si leva una sagoma azzurrina, a occhio e croce sembra più grande di Castigo e quindi anche di Ignem; continuiamo a volare per un po’ poi la dragonessa scende a terra, per dimostrare che non abbiamo cattive intenzioni; scendo dal dorso della mia dragonessa e mi siedo a terra.
Vai, ora” Lei spicca il volo, non andrà lontano ma non posso permettere che la catturino. L’altra dragonessa ruggisce, ma non parte all’inseguimento, al suo cavaliere interesso più io. Scende a pochi passi da me. Ho gli occhi leggermente umidi; mostra le tue debolezze e ti crederanno più facilmente, anche se sono finte.
Un ragazzo sui diciassette anni scende dalla dragonessa blu, ha i capelli castani con alcuni punti più chiari, gli occhi nocciola con venature dorate mi osservano indagatori. Resto seduta e non alzo gli occhi dal terreno, lui non avanza ne estrae la spada ma tiene la mano pronta sull’elsa.
“Non abbiamo niente da dirci” Biascico nella migliore imitazione di un tono al contemporaneamente triste e rassegnato.
“Sì invece, visto che sei venuta qui” Incrocio ancora più le gambe, stringo le labbra e alzo gli occhi incatenandoli nei suoi; se è stupito dal mio strano comportamento non lo da a vedere.
“Non sono venuta per nuocere a qualcuno” Lo dico nell’antica lingua in modo che possa credermi.
“Allora perché sei qui?” Domanda alzando un sopracciglio e in quel momento assomiglia tantissimo a Murtagh; scuoto la testa e mi strofino gli occhi, come a cacciare le lacrime.
“Perché” Accenno un sorriso sarcastico “Se tu fossi al mio posto cosa faresti?” Sembra agitarsi a quelle parole e salda la presa sulla sua spada.
“Ti ha mandato mio fratello?!” L’ho fatto arrabbiare, meglio calmare le acque.
“Io… No” Scuoto vigorosamente la testa “Sono qui perché non voglio più far male a nessuno” Stringo i denti e sposto lo sguardo sugli alberi alla mia destra.
“Murtagh non poteva fare quello che stai facendo tu ora” Osserva con tono neutro, ma i suoi occhi mi scrutano per cogliere il minimo segno di esitazione.
“Eppure non ti ha catturato e inoltre il mio giuramento non è così vincolante come il suo” Dico tutto nella lingua degli elfi perché è tutta la verità.
“Com’è possibile?” Il suo tono ora è molto più partecipe, incuriosito “Voglio dire: com’è possibile che tu esita? Erano rimaste solo tre uova e nessuna bianca…” Scuoto la testa e accenno un sorriso.
“È una lunga storia” Gli racconto di come sono diventata cavaliere, quando esisteva ancora l’ordine e di come poi sono tornata dopo cinquant’anni, sorvolando la parte in cui ho giurato fedeltà al re; tutto rigorosamente nell’antica lingua.
“Quindi tu vuoi tradire Galbatorix?” Domanda impetuoso.
“Sì” Se lo avessi detto in lingua umana non mi avrebbe creduto, nemmeno così sembra esattamente fidarsi. Voglio entrare nell’accampamento dei Varden, lo voglio più di qualsiasi altra cosa.
“Ti porterò nel nostro accampamento, richiama la tua dragonessa”
“Mi capirai se ti dico che non posso, non mi fido di te più di quanto tu ti possa fidare di me. La sua vita è troppo importante, ma ti giuro che non cercherò di uccidere nessuno dei tuoi, di Nausada o di chiunque vi comandi” Sembra abbastanza soddisfatto delle mie parole, anche se a un esame più attento troverebbe molte scappatoie.
“Se giuri di non usare la magia fin che sarai sotto la nostra tutela e ti atterrai a una condotta positiva e non violenta noi cercheremo il modo di annullare il tuo giuramento a Galbatorix” Annuisco, dopo essermi alzata; tolgo la polvere dai vestiti e chiesto il suo permesso salgo su Saphira.
La dragonessa è più sospettosa del suo cavaliere, cosa che le da merito, ma non fa obbiezioni sul non incatenarmi a un palo.
“Ti porteremo subito da Lady Nasuada, vorrà interrogarti” Mi informa prima di atterrare tra basse tende in tessuto; annuisco. Una grande folla si è radunata per vedere il Cavaliere Apparso dal Nulla; i miei occhi vagano sui visi sconosciuti, ci sono alcuni nani ma tutti gli altri sono umani. Non pensavo di trovare quello che cercavo e invece eccolo lì! Un cerchio bianco bordato in oro, sollevo la mano in modo che anche il mio anello tatuato sia visibile, anche se forse non ce n’era bisogno visto che non sono in molti ad essere una ragazza che cavalca un drago bianco; ricevo un cenno d’assenso e mi affretto a seguire Eragon.
Un soldato affianca il cavaliere e lo saluta come se si conoscessero da tempo, il suo nome è Balor.
“La regina Nasuada ha detto che incontrerà la… Prigioniera appena i suoi impegni glielo concederanno, ha anche ordinato di farla alloggiare in una tenda sorvegliata” È un uomo di mezz’età, occhi marroni e capelli castani striati di grigio, ha la mascella squadrata e il naso quasi piatto. Mentre parla il colletto della casacca si abbassa, scoprendo il tatuaggio bianco in torno al collo e allora lo riconosco, è l’uomo che ho notato appena arrivata.
È uno dei miei.
“Bene, ma non è una prigioniera… Diciamo ospite sorvegliata” Mi sorride e svolta a destra, io lo seguo “Farai tu il primo turno?” Chiede al soldato, che annuisce. La tenda è un posto angusto, arredata con una branda, un baule, uno sgabello e un tavolino; la guardia entra con me e quando Eragon si congeda si inchina di fronte a me, sorrido.
“Alzati” ordino “Non dobbiamo destare sospetti” Il soldato ubbidisce ma tiene la testa china. Prima della mia scomparsa avevo un gruppo abbastanza folto di seguaci, tutti accumunati dal tatuaggio dell’anello bianco e come sospettavo chi mi aveva giurato fedeltà ha passato il compito hai propri figli.
Mi mordo una guancia, indecisa. Ora che ho constatato che rimangono ancora miei fedeli vorrei impartire loro ordini e andarmene, ma la curiosità alla fine ha la meglio: voglio conoscere Lady Nasuada, furia nera.
“Ho un compito per te; ora io andrò a conoscere Nasuada, non dovrete fare nulla in quel lasso di tempo. Quando però Eragon tornerà qui voglio che i soldati che lo accompagneranno siano composti dalle nostre forze e solo, non prima, che vi darò un segnale colpitelo alla nuca e fatelo svenire” Ordino; ilsoldato annuisce.
In quello stesso momento entra Eragon e annuncia che la sua regina è pronta per ricevermi.    
Entro nella tenda sola, il cavaliere resta fuori su ordine della regina; la tenda è grande ma non vi sono tutti i gingilli che potrebbe desiderare una regina. Una sola figura siede dietro ad un tavolo lungo in mogano nero, non occupa il posto d’onore e quindi non è colei che aspetto, oltre che è un uomo. Il giovane si alza e si avvicina; i suoi occhi brillano di una strana luce, come se avesse fissato per troppo tempo il sole.
“Io sono Orrin, re del Surda e sono qui per servirvi” China la testa e solleva il risvolto della camicia per mostrare il cerchio bianco intorno al polso “Come mio padre e suo padre prima di lui io sono qui per servirvi. E così come gli Dei millenni di anni fa hanno mandato i draghi albini per designare una presono a regnare, io così rispetto la loro volontà”
“E io accetto il tuo aiuto, Orrin re del Surda” Se c’è un'unica cosa che Galbatorix ignora è il lignaggio dei draghi albini e dei loro cavalieri. In quasi tutte le epoche un solo esemplare di drago bianco ha posto al potere un singolo cavaliere; tutto è iniziato con Eragon e Bid’Daum, fino ad arrivare a Vrael, capo dei cavalieri e con lui il suo drago Umaroth. Perfino Galbatorix stesso cavalcava un drago di colore bianco* e anche se essa è morta ha lasciato un po’ del suo potere nell’attuale re, ma ormai il suo tempo è giunto ed è tempo che io ne prenda il posto.

 
* Non è detto che la prima dragonessa di Galbatorix fosse bianca, Paolini non lo specifica; io ho immaginato di sì per due ragioni:
_ Galbatorix decide di portare una spada bianca e non nera
_ Viene detto che gli occhi di Shruikan sono azzurro ghiaccio (quasi bianchi)
Non è detto che le mie deduzioni siano esatte, ma per una questione di trama ho deciso di fare così.

 NOTE DELL’AUTRICE: Salve a tutti, eccomi tornata dalle vacanze; spero che la storia si stia facendo intrigante per voi, quanto lo è per me scriverla. In questo capitolo si accenna solamente alla teoria di Anna sui draghi bianchi, ma nel prossimo ci sarà tutta la sua spiegazione. Si scopre anche che ci sono molti pronti a tradire Nasuada e il suo fragile esercito… Ma non vi dico di più. Spero in tante e belle recensioni (no scherzo, ma mi piacerebbe sentire il vostro parere sulla storia, critiche costruttive, consigli e anche complimenti se ne merito...).
Ciao, spero che vi sia piaciuto questo capitolo.

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Capitolo 14
*** 14 - L'eredità del potere ***


VOGLIO SALVARTI

14 – L’eredità del potere

“Ditemi ciò che devo fare e non esiterò” Si mette meglio di come avevo premeditato, ora ho un re e la sua nazione pronta a servirmi; cosa posso chiedere di meglio?
“Dobbiamo procedere con calma, amico mio” Gli appoggio una mano sulla spalla e sorrido incoraggiante “Ora eseguite gli ordini di Nasuada e recitate la vostra parte, io mi metterò in contatto con voi quando ne necessiterò”
“Tutto per l’erede del cerchio degli dei” È stupido come gli uomini associno sempre la magia agli dei, in questo sono più simile agli elfi che non credono in nulla. Non ho ancora scoperto in cosa consistano tutti i poteri a me conferiti, ma sono scettica sull’attribuirgli un origine divina; credo sia solo genetica: a volte nasce un individuo di gran lunga più dotato di tutta la sua stirpe, che eredita insomma i geni migliori dai genitori; una cosa molto rara che viene evidenziata dal colore bianco delle squame e in qualche modo il cavaliere diventa più potente degli altri suoi simili.
Ma questa è solo la mia opinione.
“Ora, re, torna a sederti al tuo posto, noi dovremmo essere nemici” Con un rapido inchino esegue i miei ordini, e poco dopo entra Lady Nasuada, seguita da una bambina di due anni circa.
Nessuno si inchina, io certo non ho intenzione di sottomettermi ad un altro sovrano illegittimo e le mie ginocchia concordano.
“Lady Anna” Inizia, ma io la interrompo bruscamente.
“Sono un cavaliere non una Lady” Lei mi osserva e annuisce, per poi continuare il suo discorso:
“Cavaliere, siamo onorati di averti qui; Eragon mi ha raccontato la tua storia, è molto affascinante, devo ammetterlo. Sei qui perché vuoi unirti alle mie truppe…” Sono pronta a ribattere tutto quello che penso, ma una voce mi precede.
“Non è qui per questo. No, ma è difficile capire cosa vuole; non mi era mai successo. Sembra distante, c’è qualcosa che la protegge” E poi aggiunge sotto voce “Qualcosa di potente, molto potente; lo sono entrambe” Nausada guarda la bambina, solo in quel momento mi rendo conto che è stata lei a parlare; la sua voce sembra appartenere a una persona più vecchia e le sue parole non si addicono certo alla sua età, rende tutto più grottesco.
“Lei è Elva e ha lo straordinario potere di avvertire le emozioni, nel momento presente e nel futuro; non aveva mai fallito, ma sembra che tu costituisca un’eccezione” Mi spiega “Quello che dice è vero? Non sei qui per unirti a noi?” Sorrido malignamente, non è più il momento di fingere.
“No, certo che no” Inizio in un sibilo “Non sono certo venuta qui per scambiare un re con un altro… E soprattutto non sceglierò una regina inesperta, che non sa dare il giusto valore al potere. Sei debole Nasuada e lo sarai sempre, anche se fossi a capo del più grande esercito che Alagaesia abbia mai visto”
“Pensavo che volessi tradire Galbatorix…” Scoppio a ridere. È ingenua.
“Certo che voglio tradire Galbatorix, ma non in tuo favore, bensì in mio. La tua vita non vale nulla, non sei una brava stratega, ne una combattente, ne una diplomatica e non saresti certo una brava regina. Dovresti farti da parte per chi veramente merita di regnare. Ancora non sai cosa significa perdere tutto, ma prova ad ostacolarmi e lo scoprirai presto”
“Pretendi di essere più forte di Galbatorix?” Ne lei ne Orrin sembrano più impressionati dal mio discorso, ma so che non è così. Sento la loro paura scorrere e pulsare con il sangue.
“Ma lo è” La voce della bambina è un sussurro, la sento appena “Lei conosce qualcosa di importante, su di lei, o meglio sulla dragonessa che cavalca; qualcosa che Galbatorix ignora. A volte il vero potere sta nel sapere e…”
“Sì” la interrompo “La tua bambina irritante a colto nel segno. Il punto è che se non ve lo dico io non scoprirete mai questa informazione, ma immagino che illuminarvi non cambierà le sorti della guerra, anche perché questa informazione non riguarda in nessun modo voi.
“È un qualcosa che differenza me e Ignem da qualsiasi altro drago e cavaliere; ho scoperto che quando Eragon, il primo cavaliere, trovò l’uovo di drago bianco i due vissero insieme e in solitudine; col passare del tempo l’elfo divenne meno… elfico e il drago meno drago. Non si possono paragonare i cavalieri che esistono oggi con loro. Posso affermare con certezza che costituivano una razza completamente diversa; l’uno era più simile al compagno di quanto lo fossero alle rispettive razze. Quando poi, riportata la pace, decisero di creare l’ordine dei cavalieri, in segreto aggiunsero un ulteriore incantesimo su alcune, poche uova prescelte. Le uova albine. Sempre con la magia ne regolarono la nascita: per far si che vi fosse un solo drago bianco alla volta, morto quello nasce il successivo. In un ciclo continuo, come un cerchio.
“Tutto questo per mantenere la pace; i cavalieri di drago albino avrebbero dovuto regnare sul mondo, perché sappiamo che se le persone non hanno una guida fissa il mondo può anche andare a catafascio che loro non se ne accorgerebbero, così presi da insensate guerre. È questa la ragione per cui è scoppiata la guerra, quando l’ultimo drago bianco è morto io non sono salita al potere, non per mia scelta; ma non è potuto nemmeno nascere un successore visto che Ignem è ancora viva.
“Però questo non contava più al tempo dei tredici rinnegati; i draghi bianchi stavano aumentando di numero e il cerchio si stava incrinando; ma l’incantesimo lanciato dal primo cavaliere stava già riportando tutto al corso naturale delle cose e così l’ambizione di Galbatorix fu solo un pretesto per eliminare molti di quegli individui. Uccidendoli il nostro amato re ci ha fatto un favore, ora io ed Ignem siamo pronte per salire al potere”
“Quindi” Inizia Nasuada; nei suoi occhi c’è mescolata paura e curiosità, mentre in quelli di Orrin insieme alla paura c’è l’ammirazione “Stai dicendo che un incantesimo di millenni di anni fa ti garantisce il trono?”
“Il trono lo devi volere, o l’incantesimo non sortirebbe nessun effetto” Inizio pacatamente e quasi senza interesse “Però sì, la costante è questa; ma non è tutto: prima ho detto che Eragon era molto simile al drago, bè è un’approssimazione; io sono il mio drago. Quando sono diventata cavaliere il mio cuore è entrato in petto a Ignem e al posto di questo ho ricevuto il suo l’Eldurnari; così sei io dovessi morire vivrei in lei, i nostri corpi si fonderebbero e noi potremmo scegliere se assumere forma umana o diventare drago. Io non posso morire”
“E allora come spieghi i la morte di tutti gli altri cavalieri di drago?” Domanda lei dubbiosa.
“Come ho detto prima l’incantesimo doveva riportare il numero di albini a uno, ma anche impedire che venissero uccisi tutti e così ha provveduto a garantire la sopravvivenza a uno di questi, io” Il volto impassibile di Nasuada ha un fremito.
“Io non ti credo e non intendo sentire una parola di più” Detto questo chiama Eragon e gli ordina di riportarmi alla tenda e di aumentare la sorveglianza.

***

“Posso chiederti che cosa hai fatto per fare arrabbiare così Nasuada?” Mi chiede Eragon. Siamo tornati nella mia tenda e con noi ci sono due guardie e una di queste è Balor.
“Nulla di che” Scuoto la testa “Sembra che non le piacciano le persone che non le portano il massimo rispetto” Il ragazzo inarca un sopracciglio, in quel gesto che tanto mi ricorda suo fratello; loro due non hanno una somiglianza accentuata, sono quei piccoli gesti ad avvicinarli di più; o forse è solo perché so che sono fratelli che trovo tutti queste somiglianze, chissà se non lo sapessi… Forse non mi ricorderebbe tanto il cavaliere rosso.
“No, non adora essere presa per una bambina” Rido.
“Ma è quello che è, lo siete tutti… Tu non hai nemmeno capito quel era il mio vero scopo, quello che mi ha portato qui; non che possa fartene una colpa, nemmeno il re in persona lo ha capito…” Il viso del cavaliere si deforma per un secondo.
“E quale sarebbe il tuo scopo?” Domanda cauto. Sghignazzo ancora un po’.
“Se te lo dico poi dovrei ucciderti” Ho sempre sognato di dire questa frase, la cosa però non sembra divertire altrettanto Eragon. “Vedi cavaliere, qualche tempo fa ero pronta per prendere il posto del vecchio caro re; molti lo stavano tradendo giurando fedeltà a me. Si può dire che ero il precursore di un culto nuovo, o meglio… Antico. Antico come l’ordine dei cavalieri. Ma per la sfortuna di tutti ha perso fedeli, anche se senza accorgersene lo praticavano tutti. Io sono entrata in possesso di un libro che ne spiega i più piccoli particolari”
“Quale sarebbe questo culto?”
“Lo si chiamava Aruneek, non ho trovato una traduzione appropriata, forse non c’è; comunque ha preso il nuovo nome di Cerchio degli Dei” Evito di mostrargli il mio piccolo tatuaggio “Molti di quelli che credi tuoi amici sono miei soldati e te ne darò una dimostrazione…”
Faccio un cenno a Balor che estrae la spada per colpire il cavaliere, Eragon fa per girarsi ma è troppo tardi, viene colpito dall’elsa sella spada e cade a terra. Sorrido avvicinandomi a lui; mi siedo sui talloni e gli scosto i capelli castani dalla fronte. Sembra dormire.
“Vedi cavaliere, dormi anche come un bambino” Mi rimetto in piedi “Uno di voi deve rimanere qui per riunire le truppe; quanti uomini abbiamo?”
“Un quinto dell’intero esercito di Nasuada, escluso il Surda” Risponde Balor.
“Re Orrin è anch’esso al mio sevizio… Balor, per te ho un compito diverso. Ora per sembrare che tu non sia complice, ragazzo” Scruto l’altro uomo, è molto giovane, ma già pelato “Dovrà sembrare che sia stato aggredito anche tu”
Il ragazzo espone la mascella e Balor lo colpisce con l’avambraccio ferrato e quello cade come una marionetta a cui hanno tagliato i fili. Torno ad avvicinarmi ad Eragon; non ho intenzione di lasciargli tutti i ricordi, eliminerò quando dico che ho degli uomini vicino a lui.
Entrare nella sua coscienza è facile, ho anche la fortuna che Saphira sia lontana; non mi interessano le informazioni sull’esercito, con un re come spia come potrebbero? Elimino quella piccola parte di conversazione, voglio che il resto lo ricordi e che abbia paura di me.
Dopo di che io e Balor ce ne andiamo; ho intenzione di tornare presto, mio piccolo cavaliere, questo te lo assicuro.

NOTE DELL’AUTRICE: Salve a tutti, eccomi qui!!! Spero che il capitolo vi sia piaciuto (come lo spero sempre, sto iniziando ad essere ripetitiva); ok è stato un capitolo quasi interamente dedito alle spiegazioni, se avete domande sulla teoria di Anna prego, io son qui.
Ora il fatto è: Voi lei credete?
Bene, dopo questa domanda enigmatica vi do una piccola anticipazione del prossimo capitolo (solo il titolo, ma perché sono buona): 15 – Il suo alito puzza di alcol
Ok, vi intriga? Lo spero; se ne vedranno delle belle, credo, almeno a me è piaciuto molto scriverlo.
Ciao e grazie a tutti

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Capitolo 15
*** 15 - Il suo alito puzza di alcol ***


VOGLIO SALVARTI

15 – il suo alito puzza di alcol

Ho una mano appoggiata al petto nudo di Wayman, io sto guardando lui e lui sta guardando il soffitto; sembra pensieroso.
“E così hai mandato quel tipo, Balor… Dove esattamente e perché?” Domanda lui. Sono tornata da una settimana ed è da una settimana che sto dando spiegazioni a tutti di come ho passato quei due giorni lontana dal castello. Naturalmente ho mentito a tutti, tranne a Wayman, anche se anche a lui non ho detto tutto.
“Non ho certo intenzione di dirtelo. Tu hai i tuoi segreti e io i miei” Lui scuote la testa.
“Mi hai promesso che diventerò re e fin che sarò sicuro che manterrai la promessa puoi avere tutti i segreti che vuoi…” Ribatte chiudendo il discorso.
Questa frase l’ho già sentita, parecchie volte anche; sembra il ripetersi di una conversazione che io e Morzan avevamo quasi tutti i giorni. Oh sì, il fedele servo del re lo stava tradendo per arrivare lui stesso al trono. E io avrei mantenuto la parola, lui sarebbe stato re e io regina; non che mi desse fastidio doverlo sposare, tanto avremmo fatto quello che ci pareva sempre e comunque.
“Bene” Rispondo. Mi alzo, mi rivesto ed esco senza salutare.
È già spuntata la luna e la notte sembra prendere possesso del giorno, ormai è quasi buio, è meglio che mi sbrighi. Cammino per le vie tranquille e quasi deserte; incespico in un sasso e sto per cadere quando qualcuno mi afferra un braccio; maledetto equilibrio, nemmeno avessi bevuto tanto, o forse è così. Non lo ricordo.
In effetti ora che ci penso sento caldo, malgrado la brezza serale e mi sembra di voler ridere, non c’è niente di buffo. Proprio no.
“Che fai qui di notte? È tardi” Alza lo sguardo sulla persona che a parlato, e non riesco più a trattenermi, inizio a ridere. Sì, sono decisamente ubriaca.
“Proprio tu mi parli di fare tardi. Se ci sono io qui ci sei anche tu e se io sto facendo tardi vuol dire… Che anche tu sei in ritardo” Il mio ragionamento fila, credo, forse… Non lo so, mi sembra banale ma ho dovuto concentrarmi per arrivare a questa conclusione “Ma per cosa stiamo facendo tardi?” Domando.
Devo avere un’espressione divertente perché il cavaliere rosso; sì, ecco chi è, prima non lo ricordavo; si mette a ridere anche lui. Il suo alito puzza d’alcol o sono io, ma io non ho nemmeno aperto la bocca.
“Credo proprio che entrambi siamo ubriachi” Conferma i miei dubbi “Ma almeno io riesco a stare in piedi e a ragionare, anche se mi verrebbe voglia di fare la strada che hai appena percorso tu e spaccare la faccia a quel biondino, inoltre mi sono appena accorto di avere parlato troppo”
La parte di me che non ancora assopita dall’alcol ha catalogato e inscatolato quell’informazione, sapendo che mi servirà; ma ora la parte di me che predomina è quella quasi completamente fuori di senno.
“Oh bè… Fai senza, non lo amo micca; è solo convenienza…. Sai, assomigli a tuo fratello, ma lui non assomiglia come a te a Morzan, assomiglia a te ma non a lui, è strano che non si assomiglino” Mi sono appena accorta di aver detto qualcosa che non avrei dovuto dire, oltre che ad aver commesso alcuni errori grammaticali, e non so perché ma mi viene da ridere; quante volte ho detto assomigliare?
Il viso di Murtagh si scurisce un po’, sembra riflettere e poco dopo lo sento pronunciare parole nell’antica lingua; torna a fissarmi e non vedo più l’ombra di smarrimento nei suoi occhi, sembra perfettamente lucido, ma tutto questo mi sembra di poca importanza in questo momento; sarà che ho caldo, che non riesco a pensare o che quegli occhi mi piacciono tanto che non mi importa del resto.
“I tuoi occhi fanno paura” Ridacchio “Non ne ho paura come quelli di Galbatorix; no, ho paura che mi piacciano troppo, che cosa stupida” Rido scuotendo la testa; ma lui non sembra essere divertito, no, sembra triste e tutto a un tratto mi sento triste anche io.
“Allora perché?” Lo guardo interrogativa “Perché vai cono quel…? No! Dopo” Sembra parlare più a se stesso che a me; mi afferra un braccio e inizia a trascinarmi. Incespico dietro di lui, i miei piedi faticano a trovare il terreno e ad un certo punto mi sento sollevare e la mia testa slitta all’indietro e vedo il cielo. È buio ormai.
“Ci sono le stelle” Esclamo divertita; c’è un profuma di fiori mischiato a quello delle stalle; mi rendo conto che è la che stiamo andando, alle stalle.
“Sì, ci sono le stelle” Sembra pensieroso, ma non so a cosa stia pensando, io sto pensando solo a quanto è forte per potermi portare in braccio; e a quanto mi piacciano i suoi occhi.
Quando arriviamo in un box vuoto e con la paglia pulita mi lascia scendere e io scivolo a terra, sedendomi su un mucchio di erba secca; sorrido divertita, la paglia non è esattamente erba secca. È tutto così soffice che ho voglia di sdraiarmi e chiudere gli occhi, ma Murtagh non sembra essere del mio stesso parere, si inginocchia davanti a me e mi scuote leggermente.
“Come sei che aspetto a mio fratello?” Domanda. Rido; perché da ubriachi si ride?
“Lo capisco ancora quando una persona cerca di fregarmi” Eppure questo mi avrebbe fatta arrabbiare o avrei trovato una risposta intelligente da dare, ora invece me ne sto lì a dondolare avanti e in dietro con la schiena; ma almeno, mi consola la mia parte razionale, non stai dicendo nulla. Non capisco perché sia così importante mantenere il segreto, ma lo faccio comunque e tengo la bocca chiusa.
Murtagh sembra sorpreso, ma si riprende e slacciando qualcosa dalla cintura me lo porge.
“Bevi, è ottimo vino” No, no, non dovrei; afferro la borraccia, lo guardo un attimo esitante, lui mi sorride, ha il sorriso di un angioletto con quei capelli non esattamente ricci, ma nemmeno solo mossi. Bevo. Tossisco e bevo nuovamente. È più forte del vino che ho bevuto io, mi sorprendo a pensare, non so come facesse ancora a camminare, io non capisco più niente e mi sento la bocca impastata.
“Allora Anna, come fai a sapere che aspetto ha mio fratello”
“Io…” Mi sembra difficile esprimere il concetto di individualità, come se fosse così lontano dal mio essere; dovremmo essere in due, mi rendo conto; eppure la voce di Ignem mi giunge così lontana che non riesco quasi a sentirla; credo stia dicendo di non dire niente “Lei non vuole” Mi lagno. Si avvicina ancora di più e fissa i suoi occhi nei miei; ora non sento più qualcuno che mi dice di tacere.
“Chi? Io non vedo nessuno a parte noi due” Quanto è scorretto! Ho voglia di urlaglielo in faccia, ma mi copro le labbra e ridacchio. Sa benissimo chi e invece di arrabbiarmi rido, però è bravo a mentire, devo riconoscerglielo.
“Ero curiosa, sono andata in quei due giorni… È simpatico tuo fratello, un po’ ingenuo, ma simpatico; per uscirne l’ho stordito” Trattengo una risata al ricordo.
“E non l’hai portato qui?” Domanda. Scuoto la testa e prendo un’altra sorsata di quel liquido amaro, sulla terra credo che lo definirebbero superalcolico; sto per riportarmelo alla gola quando Murtagh me lo strappa via.
“Ridammelo” biascico “Ho sete”
“Allora forse vuoi dell’acqua; per questa sera sei anche abbastanza ubriaca” Cerco di tiragli un’occhiataccia, ma devo essere ridicola, perché si mette a ridere.
“Senti chi parla! Eri ubriaco anche tu e non mi sembra che ti dispiacesse…” Vorrei aggiungere qualcosa, ma l’ho dimenticato; in un secondo si scurisce in volto.
“Non mi dispiaceva affatto, sarei rimasto ubriaco fino ad addormentarmi se non fossi arrivata tu” Lo dice come un rimprovero “Credo che tutti faremmo qualsiasi cosa per sentirci liberi, anche solo per un po’” Questa seconda frase la dice a bassa voce, per non farmela sentire e io fingo di non averla sentita.
Allungo la mano verso i suoi capelli e li avvolgo tra le dita, sono morbidi e puliti, mi piace la sensazione che mi danno; poi come è arrivata quella voglia di accarezzargli i capelli se ne va e lascio cadere pesantemente il braccio.
“Ho sonno” Dico appoggiandomi alla parete della stalla.

***

Quanto è strano il mondo, un attimo prima ero tra i cavalli e ora sono i braccio al cavaliere rosso, che mi sta facendo scivolare lentamente nel mio letto; sospiro al contatto coi cuscini e ci affondo il viso dentro, quando lo rialzo Murtagh se ne sta andando.
“No, aspetta; prima prendi i brutti sogni” Lo imploro, con la voce impastata. Lui si gira e mi guarda stranito; scuote la testa sconsolato.
“Non credo di avere più spazio; i miei, di incubi, mi riempiono già abbastanza” Lo guardo ancora un po’ e poi allungo le braccia, voglio un abbraccio. Forse questo mio comportamento da bambina è dovuto al fatto che sono cresciuta troppo in fretta, o forse sto solo cercando scuse per non ammettere che mi piacerebbe abbracciarlo; quanto sono complicata, ho rinunciato da tempo a capirmi.
“Sei ubriaca” Constata lui, come se questo dovesse essere abbastanza per farmi abbassare le braccia.
“Sì, bè grazie, riesco ancora a vedere l’ovvio” Mi difendo; lui sospira e torna verso di me. Lo abbraccio, è strano; puzza ancora di alcol, ma il suo odore è più di fogli e erba tagliata, poi di vento e di bruciato.
“Domani mattina ti maledirai per questo” Mi avverte; ha ragione, eppure non mi interessa, non ora. Sento il suo respiro contro la spalla, è caldo e regolare.
“Se io prendo i tuoi brutti sogni tu prendi i miei? Magari i tuoi non mi fanno così paura e miei non fanno paura a te”
“Sì” Ammette pensieroso “Forse hai ragione”

***

Mi sveglio con un mal di testa tremendo, ho la gola secca e ho sente, ma sento che se anche una goccia d’acqua mi sfiora vomito l’anima. La luce che filtra nella stanza semibuia è abbastanza da farmi lacrimare gli occhi. Sento una risata provenire da di fianco a me e ricordo tutto, sono schiacciata contro il torace del cavaliere rosso.
“Ti avevo avvertito” Sussurra lui, scostandomi i capelli dal collo, sento un brivido freddo che mi fa quasi dimenticare il dolore martellante appena provato mentre parlava. Murtagh mi appoggia una mano sulla fronte e sussurra qualcosa, il dolore si attenua ma ho ancora una sete madornale. Mi alzo e mi verso dell’acqua bevo e solo dopo parlo.
“Sei uno stronzo” Ho la voce arrochita e un gran male alle articolazioni, mi risiedo sul letto e continuo “Mi hai fatto bere per farti dire quello che volevi; sei proprio uno stronzo” Eppure non mi sento così arrabbiata, sarà perché non ho detto tutto resistendo, o perché tutto sommato ho dormito ben; in ogni caso non mi sento arrabbiata.
“Sì, ognuno usa i mezzi a propria disposizione; tu mi hai fatto sentire in colpa per due giorni e io ho voluto sapere per cosa… Comunque, ieri non hai risposto ad una mia domanda: Perché non lo hai portato qui” Lo guardo mentre si puntella sui gomiti, ha la casacca tutta stropicciata e la mia non deve essere in condizioni migliori, però sembra soddisfatto, forse nemmeno lui ha avuto brutti sogni.
“Per la tua stessa ragione” Mi limito a rispondere, e in effetti è così, tutti e due vogliamo indebolire Galbatorix, anche se per motivi diversi.
“Bè, credo di dover andare” Scosta il lenzuolo ed esce “Comunque avevi ragione, sugli incubi” Sta per chiudere la porta quando aggiunge: “Sono stato bene, rifacciamolo” Aggiunge un sorriso sghembo e la rabbia che non avevo torna a fluire, ho voglia di tirargli addosso il bicchiere che ho in mano, ma è troppo veloce e chiude la porta.
Sospiro; sono pronta per un nuovo giorno di allenamento.

NOTE DELL’AUTRICE: Salve a tutti; eccomi con un nuovo capitolo che spero sia stato di vostro gradimento. Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, mi fa molto piacere sapere di non essere ignorata.
Ciao e ancora grazie

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Capitolo 16
*** 16 - Sono un ladro ***


VOGLIO SALVARTI

16 – Sono un ladro
Il vento entrava lieve a scompigliarci i capelli, “È strano” Constato guardandomi intorno.
“Cosa?” Domanda Murtagh affiancandomi; la sabbia della piccola arena gli sporca i vestiti, non so cosa stesse facendo ma quando sono entrata era già qui, seduto a terra.
“Il re” Sapendo che quelle due parole possono spiegare tutto; lui mi guarda come se fossi stupida.
“Non c’è, e allora?”
“È strano” Insisto; tutti i giorni dopo il mio ritorno ha supervisionato i nostri allenamenti di scherma e ha sostituito i gemelli come insegnante di magia, un vero professionista al confronto di quei due.
“Bè, allora forse avrò il tempo di parlare con te” è una settimana che lo evito, non mi va di parlare della sera in cui eravamo ubriachi; ha dormito con me e allora?! Sembra che non gli sia mai successo e sono sicura che ha fatto di peggio. Ma non credo che potrò evitarlo adesso.
“Non abbiamo niente di cui parlare” Uffa, ma perché deve rendere le cose più difficili.
“Dai, non ti piacciono più i miei occhi?” Sbatte le palpebre con fare ironico; sbuffo, ma decido di reggergli il gioco.
“Sì, da morire; quasi quasi prendo un coltello e ti cavo i bulbi oculari per conservarli in un barattolo, ma per consolarti dal dolore ti prometto che li terrò sul comodino” Lui ride di gusto.
“Questo mi consola veramente; ma credo che ci sarebbero metodi migliori per ammirarli prima di andare a letto” Sogghigna.
“Ah sì? E quali sarebbero?” Mi avvento su di lui con la spada ed iniziamo il nostro allenamento.
Dopo due ore di allenamento ci fermiamo col fiatone, sono riuscita a batterlo una volta ma le altre tre ha vinto lui; fuori il sole sta tramontando e io ho una fame pazzesca.
“Io questa sera ho intenzione di bere, vuoi farmi compagnia?” Domanda; lo squadro, che intenzioni ha? Vuole chiedermi qualcos’altro?
“Non ci casco una seconda volta cavaliere” Lo ammonisco avviandomi verso l’uscita, lui mi segue.
“Non ho intenzione di chiederti nulla, pensavo solo che se vuoi bere è meglio che non incorri in qualche rissa da osteria contro qualcuno che non puoi battere e senza finire in un fossato mentre torni al castello” Ridacchia, probabilmente pensando al mio comportamento di dieci giorni fa.
“So badare a me stessa, cavaliere”
“A me non sembrava e il mio nome è Murtagh” Sospira “E comunque potresti incontrare dei ladri” Ridacchia ancora, come se avesse appena fatto una battuta.
“Tipo chi?” Domando annoiata.
“Tipo me” Risponde sicuro.
“Tu?!” La mia voce alle mie orecchie suona sconcertata, che bisogno ha di rubare lui? “E cosa avresti rubato?” Chiedo curiosa.
“Ancora niente, ma ruberò il tuo cuore” Accarezzo l’idea di girarmi e dargli uno schiaffo, ma mentre ci penso lo schiaffo si trasforma in un bacio e così decido di lasciar perdere e di ribattere con l’ironia.
“Le cose preziose le proteggo bene e non bastano semplici ladruncoli per rubarle” Lui sorride sbarrandomi la strada, lo osservo fintamente annoiata.
“Dammi una sera” Rido “Se credi che non ci riuscirò cosa ti costa?” Scuoto la testa; il problema non è che penso che non ci riuscirà, ma l’esatto contrario, ho paura che ci riesca.
Voglio che ci riesca.
“Accetto” Ma quanto sono stupida? Che cosa vuole da me? Perché mi devo innamorare proprio ora? No! Non sono innamorata! È solo che lui mi incuriosisce, non centrano questioni di cuore; non me lo posso permettere. Dovrei togliermi lo sfizio e basta! Eppure sto sognando baci sotto un albero all’alba, il suo respiro sul collo, la sua risata nell’orecchio, carezze…
Sant’iddio mi sto innamorando” Ma perché?!
Anna, forse potresti lasciar perdere il tuo piano di conquista e goderti un po’ di felicità, la meritiamo entrambe”
“No! Ci godremo la felicità quando sarò regina”
“Fai come ti pare, ma se le cose stanno così non baciarlo”
Detto questo esce dalla mia mente. E solo in questo momento mi accorgo che Murtagh mi sta trascinando per le vie della capitale; ha la mano stretta nella mia, mi rendo conto, stringo la presa e mi affretto a seguirlo. Sì, un po’ di felicità per una sera che male vuoi che faccia?
Entriamo in una taverna, Murtagh mi lascia la mano per andare a chiedere qualcosa al proprietario e io me ne dispiaccio un po’; poco dopo torna con due borracce simili a quelle della sera di dieci giorni fa, lo guardo un po’ scettica mentre le infila in una bisaccia.
“Solo due” Lui sogghigna.
“Fidati, bastano e avanzano” Sta per dirigersi fuori quando io lo fermo per un braccio.
“Non stiamo qui?” Domano interdetta; lui fa una faccia stranita.
“Certo che no!” Esclama quasi indignato; in effetti la locanda non mi sembra molto accogliente e puzza. Annuisco e lui torna a dirigersi in strada, lascio la presa sul suo braccio ma gli afferro la mano; lui si volta stranito e poi abbozza un sorriso.
“Volevo dire meno di una sera”
“Oh stai zitto” Gli intimo con la faccia scura; ride e inizia a guidarmi per i vicoli della città.
Ci troviamo fuori dalle mura, percorriamo il muro perimetrale fino ad a raggiungere una piccola insenatura tra i mattoni; Murtagh vi si accoccola e mi tira dentro, mi siedo di fianco a lui e prendo la borraccia che mi porge, la stappo e bevo un sorso; il liquido inizia a bruciare subito e mi viene da tossire, ma cerco di resistere con un risultato piuttosto ridicolo; Murtagh ride.
“Smettila, non è divertente!” Protesto sorridendo a mia volta; lui scuote la testa e prende un sorso dalla mia borraccia, ingoia e non sembra affatto risentirne.
“È solo questione di abitudine”
“Vedo che sei molto esperto di queste cose” Lo punzecchio, scuote nuovamente la testa sfiorandomi con in capelli  le guance; prende un altro sorso prima di parlare.
“Tu non capisci… Farei di tutto per dimenticarmi di tutti, anche solo per un po’” Effettivamente non capisco cosa intende, deve averne passate molte più di me, già solo provare a resistere a Galbatorix deve essere molto doloroso, per mente e corpo.
“Vuoi dimenticarti anche di me?” Cerco di sdrammatizzare, lui sorride.
“No, non voglio dimenticarmi le poche cose buone che ho” Sorrido, ma dentro mi sento morire; sto facendo tutti gli sbagli che mi ero ripromessa di non fare… E mi piace
sbagliare, mi fa sentire viva; quel dolore intenso e quel sentimento che provo per lui che mi dilaniano mi fanno sentire tremendamente viva.
“Hmmm, non credi di dover essere lucido per cercare di trovare un modo… per andarsene” E è la prima volta che desidero veramente andarmene; lui ride, una risata piena di amarezza e triste.
“Tu non hai la più pallida idea di quello che voglio dimenticare” Si ferma per bere e continua “ Con te il re è completamente diverso, forse perché non  gli hai aperto ufficialmente le ostilità, non so… Comunque non hai ancora avuto il piacere di vederlo realmente arrabbiato; quando mi hai trascinato via dopo che non avevo catturato Eragon, quello è stato niente; mi ha richiamato ed è stato peggio, molto peggio. Ho saputo che ha ucciso cinque servi prima che arrivassimo noi; quando ci sei tu si comporta con i guanti, forse non ti vuole spaventare…” Piega la testa di lato e non riesco a reggere il suo sguardo, gli sottraggo la borraccia e bevo, questa volta non tossisco.
“Hei, non ci pensare ora; non conta” Mi dice, mentre mi sfiora una guancia con due dita; devo avere gli occhi lucidi, ma è colpa dell’alcol.
Assolutamente” Mi deride Ignem.
Beviamo ancora un po’ entrambi, non mi sento così brilla come l’altro giorno, ma anche se ha bevuto di più Murtagh è meno ubriaco di me; sto per portare la borraccia alla bocca quando lui me la toglie di mano e la chiude.
“Credo possa bastare per oggi” Sospiro, non ha tutti i torti; chiacchieriamo ancora un po’ di com’è il mio mondo e quando ha finito le domande restiamo per qualche secondo in silenzio, io non voglio chiedergli nulla del suo passato, è una ferita non ancora chiusa e non voglio farla sanguinare, in più non voglio essere coinvolta più di quanto non sono già.
“Anna, vorrei fare una cosa…” Inizia; io sogghigno.
“Fammi indovinare, un bacio” Quanto è ben educato e timido; mi giro e lo bacio, la prima cosa che sento è la risata di Ignem, poi esce un attimo dalla mia testa e allora avverto le labbra di Murtagh, schiudo le mie e il sapore dell’alcol mi invade, non avevo sperato di meglio; mi lascio andare e avvicino il mio corpo al suo, lui mi passa le braccia sui fianchi e mi abbraccia.
Quando ci stacchiamo è solo per respirare, lui appoggia la fronte sul mio collo e io la guancia sulla sua testa.
Meno male che non avresti dovuto baciarlo” Ridacchia Ignem, io sbuffo e Murtagh ha un fremito, alza le testa e mi guarda, sembra imbarazzato.
“Non è per te!” Esclamo capendo quello che lo ha turbato “È Ignem che… Fa battute” Mi sembra stupido dirlo, ma il viso del cavaliere rosso si distende in un sorriso.
“Anche Castigo non è da meno” Mi trascina più vicino, appoggio la schiena al suo petto e lui mi passa un braccio sulla pancia; uso la sua spalla come poggia testa e mi giro per guardarlo, anche lui si gira ma l’oscurità non mi permette di distinguere i suoi lineamenti. Come se mi avesse letto nel pensiero accende un globo di luce che si  alza fino ad arrivare a toccare il basso soffitto della piccola insenatura.
Sul viso di Murtagh si disegnano ombre altalenanti e mentre le osservo le palpebre si fanno pesanti, alla fine mi addormento tra le sue braccia.

 
NOTE DELL’AUTRICE: Ciao a tutti; ringrazio come sempre coloro che leggono, recensiscono, seguono, ricordano e preferiscono la mia storia.
Ciao e grazie ancora

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Capitolo 17
*** 17 - Menzogne nell'antica lingua ***


VOGLIO SALVARTI

17 – Menzogne nell’antica lingua

Graw
Il ruggito mi paralizza sul posto; apro gli occhi così di scatto da accecarmi con la luce del giorno, il cuore palpita impazzito. Quando torno a vedere trovo il grande muso rosso di Castigo davanti al viso, prendo un sospiro di sollievo e chino la testa di lato; mi sciolgo dall’abbraccio di Murtagh, che non sembra intenzionato ad alzarsi.
Il re vi sta facendo cercare ovunque” Mi avverte la voce di Ignem; scuoto ancora un po’ il cavaliere rosso che mi guarda con gli occhi appannati dal sonno, gli riferisco ciò che mi ha detto Ignem e lui scatta in piedi.
Percorriamo le vie della capitale mano nella mano e in poco raggiungiamo la sala del trono; Galbatorix ci guarda fisso, con un espressione di rimprovero ma non dice nulla.
“Sire, voleva vederci?” Domando; il re annuisce senza toglierci gli occhi di dosso.
“Sì, è così. Ho un compito per te, Murtagh, e stavolta mi aspetto di vederlo portato a termine” Scocca un’occhiata velenifera al cavaliere e continua “Con te ci saranno trecento soldati, l’unico obbiettivo della missione è catturare Eragon, devo avere il ragazzo vivo” Corrugo la fronte.
“Sire, trecento soldati sono pochi… Come credete di tenere occupato l’esercito nemico con un così esiguo numero di soldati?” il sorriso che appare sul viso del re farebbe ghiacciare il sangue a chiunque, ma io so che quel sorriso porta novità interessanti.
“Ma non sono soldati qualunque. Vedete li ho resi immuni al dolore, continueranno a combattere anche con una ferita che avrebbe fermato qualsiasi uomo, o elfo”
“Sire” Chiedo ancora “Io che ruolo avrò?” Lui mi osserva, capisco che sta soppesando i rischi.
“Ignem è molto preziosa, sarebbe l’ultima dragonessa se non dovessimo catturare Eragon e Saphira” Constata “Ma immagino che se non parteciperai allo scontro e resterai nascosa da un incantesimo dell’invisibilità potrai andare anche tu” Meglio di rimanere al castello.

***

Eragon e Murtagh si fronteggiano, io e Ignem siamo poco lontane, nascoste agli occhi di tutti. Osservo i due ragazzi, sono così diversi che sarebbe impossibile riconoscerli, se non fosse per quei piccoli gesti caratteristici che hanno in comune.
“Tu e Saphira ci avete provocato molto dolore, Eragon. Galbatorix era furioso con noi perché vi abbiamo lasciato andare. E dopo che avete ucciso i Ra’zac era così arrabbiato che ha fatto a pezzi cinque servitori e dopo ha rivolto la sua rabbia contro me e Castigo. Abbiamo sofferto orribilmente a causa vostra. Non accadrà più” Vedere il volto contorto dalla rabbia e dal dolore di Murtagh e sentirgli dire quelle parole mi fa capovolgere lo stomaco.
Il cavaliere si protende in avanti per colpire ma Eragon grida: “Aspetta! Conosco un modo per liberarvi entrambi dal giuramento fatto a Galbatorix” Lo fisso per cercare un segno che indichi la menzogna sui lineamenti sottili, ma non ve ne trovo. Guardo Murtagh, il viso del ragazzo assume un’espressione di disperato desiderio; guardando entrambi preda delle loro emozioni mi viene da chiedermi che cosa sto provando io nel sapere che potrei anche andarmene senza diventare regina. Niente, assolutamente niente. Io voglio governare.
Murtagh sputa a terra e grida, ancor più arrabbiato di prima: “Non ti credo è Impossibile!”
“Invece sì! Lascia che ti spieghi” Dai Murtagh, lascialo spiegare, se c’è un modo più facile per liberarmi da quella palla al piede di Galbatorix voglio saperlo. Solo con questa riflessione mando all’aria il mio niente; stupida me, provo qualcosa, stupido te Murtagh, è tutta colpa tua!
“Accidenti a te, Eragon, ti sei servito di questa proposta come esca. Ci eravamo già rassegnati al nostro destino” Per una frazione di secondo si volta verso di me “Invece tu ci vuoi tormentare con lo spettro di una speranza che ormai avevamo abbandonato da tempo. Se questa speranza si dimostrerà vana, fratello, giuro che prima di portarti da Galbatorix fratello ti taglierò la mano destra… Tanto, per cisò che dovrai fare a Urû’baen non ti servirà” Eragon sembra accigliarsi, effettivamente la minaccia del cavaliere rosso non è una delle migliori.
“Galbatorix non avrebbe voluto che te lo dicessi, ma quando ero dagli elfi ho appreso che se si modifica il carattere cambia anche il nome nell’antica lingua. La tua identità non è scolpita nella pietra, Murtagh! Se tu e Castigo riuscirete a cambiare qualcosa in voi il vostro giuramento non sarà più vincolante e Galbatorix vi lascerà andare” Sul momento mi vengono mille obbiezioni da fare, ma nel complesso l’idea non è troppo male. Mi perdo nei miei pensieri mentre i due fratelli continuano la loro chiacchierata; solo quando sento Murtagh ridere ritorno con la mente al momento presente.
“Liberarmi della mia rabbia?” Sta dicendo il cavaliere rosso “Solo quando tu ti libererai della tua per ciò che ha fatto l’impero a tuo zio e alla tua fattoria. È la rabbia a definirci, Eragon. Senza di essa io e te saremmo cibo per vermi. Tuttavia, devo ammetterlo, l’idea mi intriga. Forse ci potremmo lavorare insieme a Urû’baen. Sempre che il re ci consenta di restare uniti. Naturalmente potrebbe anche decidere di tenerci separati per sempre. Fossi in lui, non avrei dubbi a scegliere questa seconda possibilità” Ascolto i due ragazzi parlare e mentre Murtagh dice che Galbatorix sa sicuramente che il vero nome di una persona può cambiare mi viene da ridere.
Non immagini nemmeno cosa ignora il nostro amato re, caro Murtagh”
Certo, mentre tu sai tutto, vero Anna?” Mi rimbecca Ignem, sbuffo e torno a seguire la conversazione, di cui mi sono persa altri pezzi.
“Piuttosto mi strappo il cuore con le mie stesse mani!” Esclama Eragon.
“Meglio che strappi i miei, di cuori!” Replica Murtagh con evidente riferimento agli Eldurnari fornitigli da Galbatorix. Il cavaliere brandisce la spada sopra la testa e castigo ruggendo da due battiti d’ala per superare Saphira.
Osservare il combattimento tra due draghi mi aveva sempre estasiata, ma vedere Castigo e Murtagh essere feriti dai loro avversari mi fa sentire impotente; più volte Ignem scatta avanti quando il combattimento prende una piega critica, ma poi torna la suo posto frustrata.
Alla fine Eragon, con mia grande sorpresa, scaglia un incantesimo che Murtagh non è in grado di respingere e così Castigo, appena libero dalle fauci della dragonessa azzurra fugge lontano. Se potessimo intervenire io e Ignem ora avremmo vita facile, Eragon per lo sforzo è svenuto e Saphira non sembra in grado di combattere nuovamente. Rimango ancora un po’ a osservare drago e cavaliere e poi, con tranquillità io e Ignem seguiamo Murtagh e Castigo; lasciando ancora una volta il piccolo cavaliere svenuto ed esausto.

***

“Murtagh, stai bene?” Mi siedo sui talloni esaminando il viso contratto del cavaliere; annuisce, ma non mi sembra comunque in forma. “Sicuro?” Insisto.
“Non era da solo, lo hanno aiutato degli elfi; con solo tre Eldurnari non avrei potuto fare niente…”
“Non ti preoccupare, non è stata colpa tua; però quello che ha detto tuo fratello può esserci d’aiuto” scuote la testa sconsolato.
“Se non sa quello che ci ha detto Eragon lo scoprirà guardando nella mia memoria e allora qualunque possibilità di riuscire a cambiare i nostri veri nomi sarà vana” Non insisto, ma non ho certo intenzione di arrendermi.

***

“Com’è stato possibile un’altra volta? Dici che aveva delle coscienze unite con la sua, questo non lo avevo previsto; fammi vedere i tuoi ricordi Murtagh” Ordina Galbatorix con tono perentorio.
“Sire” mi intrometto io “non è stata colpa di Murtagh, ma è stata mia; lui… Io volevo intervenire e lui ha cercato di fermarmi, per far in modo che rispettassi i vostri ordini; si è distratto e Eragon ne ha approfittato” lo dico senza nemmeno accorgermene, mento nell’antica lingua, com’è possibile?
“Dici che è colpa tua… Non voglio che ricapiti mai più, sono stato chiaro?” Annuisco “Bene, andate” Mi catapulto fuori dalla sala del trono, non posso aver mentito nell’antica lingua; non è possibile!
Nessuno ci è mai riuscito; ma d’altronde nessuno ha mai scambiato il suo cuore con il cuore dei cuori di un drago. Sì, deve essere merito dei draghi albini, non c’è altra spiegazione. Sento gli stivali di Murtagh a poca distanza da me e poi la sua mano stingersi attorno al mio braccio, mi volto.
“Che c’è?!” Rispondo adirata; ho bisogno di avere risposte subito e lui sta portando via il mio tempo.
“Come hai fatto?” Domanda a voce alta; gli scocco un’occhiata.
“Abbassa quella maledetta voce; nemmeno io so come ho fatto e ora se vuoi scusarmi” scuoto il braccio per liberarmi “devo andare a cercare delle risposte” e mi allontano di buon passo, lasciandolo lì impalato. Forse sono stata un po’ scortese, ma…
Devi capire”
“Sì, devo capire come sfruttare questo a mio vantaggio”


NOTE DELL’AUTRICE: Salve a tutti; in questo capitolo (che spero sia piaciuto a tutti) si hanno delle novità, Anna scopre nuovi poteri e il suo primo pensiero è come usarli e Murtagh? Come prenderà la cosa?
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono, mi fa molto piacere sapere che vi piace; i dialoghi nella parte centrale sono presi da Brisingr.
Ciao e grazie di tutto

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Capitolo 18
*** 18 - Oromis e Glaedr ***


VOGLIO SALVARTI

18 – Oromis e Glaedr

Da quel giorno i miei rapporti con Murtagh si fecero radi e quasi mai voluti; avevo iniziato ad allenarmi da sola, dando il meglio di me e iniziavo a coglierne i risultati, il mio corpo si stava lentamente trasformando, diventando più agile e veloce. Padroneggiavo la magia come se fosse stata un terzo braccio, un’altra parte del mio corpo; divenni in grado di evocarla senza nemmeno parlare, anche nel sono, a volte.
Mentre l’impero continuava la sua battaglia contro i ribelli io non dormivo le notti per studiare e non mangiavo il giorno per allenarmi.
E ora tutto questo sta per dare i suoi frutti.

***

La sala del trono è più piena del solito, quattro generali sono attorniati a un tavolo mentre discutono di un prossimo attacco agli elfi; il re è pensieroso e Murtagh si tiene da parte. Io ascolto in silenzio, è da molto che non combatto, ma non trovo l’insistente bisogno che avevo prima di uccidere, ora ho più sete di conoscenza che di sangue.
“Questo attacco lo guiderà un cavaliere” Sentenzia il re, prendendo la parola e sovrastando i battibecchi dei suoi generali.
“Credo che Murtagh sia la scelta più adatta” Azzarda uno di loro; il re lo folgora con lo sguardo.
“Non spetta a te decidere” Sentenzia “Credo invece, che Anna assolverà il compito molto bene, ormai è padrona della spada e della magia; è giunto il momento di metterla alla prova” Mi fissa con insistenza.
Mi inchino “Come il mio re comanda, qual è il mio compito?” Domando.
“Semplice… Uccidere più elfi possibile e cercare di prendere la foresta” Annuisco.
“Quando partirò?”
“Il prima possibile, diciamo all’alba…”
“Come il mio re comanda, ora se volete scusarmi vado a preparare il necessario per la partenza” Mi volto senza aspettare una risposta ma il re mi ferma.
“Voi andate. Anna, tu rimani” Torno a girarmi e aspetto che tutti mi passino accanto ed escano dalla porta, per chiedere il motivo per cui mi vuole parlare.
“È semplice, mi stavo chiedendo da quando controlli così bene le tue emozioni; prima quando ti affidavo un incarico sul tuo volto appariva il compiacimento misto a una felicità selvatica, assomigliavi molto a Morzan in questo, ma… Ora ti vedo completamente padrona di te stessa e; non mi fraintendere questa è una buona cosa, significa che ora non ti lasci trasportare. Ma, mi chiedo… Come mai questa maturazione?” Mentre parlava si è avvicinato; è a pochi passi da me, tanto che riesco a sentirne l’alito sfiorarmi la fronte.
Se dovessi piegarmi, prendere il pugnale che ho nello stivale, gettarmi su di lui e pugnalarmi niente mi fermerebbe ora; ho il controllo totale sulla magia, potrei annullare i suoi incantesimi di protezione e ucciderlo seduta stante. Mi trattengo, non è ancora il momento.
“L’addestramento mi ha cambiata” rispondo invece. Lui annuisce.
“Bene, molto bene… Murtagh dovrebbe prendere esempio da te; ora vai” Faccio un leggero inchino e me ne vado; non sa affatto quanto è difficile per me trattenermi dal seguire l’istinto e non sgozzarlo come un maiale. Ormai nemmeno i suoi più potenti incantesimi potrebbero fermarmi. Il trucco è allenare la capacità che ti da la natura, prima mi era solamente premesso mentire nell’antica lingua, ora… Ora la magia è al mio comando.
Se la magia proviene dai draghi, in modo più specifico dal loro cuore dei cuori, io che sono sangue e cuore di drago, cosa sono capace di fare? La risposta è semplice.
Tutto.

***

L’aria di Gli’ead è fresca e ricca d’ossigeno, così ad ogni vampata di fuoco scoppietta e sfrigola; le frecce elfiche nulla possono contro la densa corazza di magia a protezione di Ignem; l’odore di carne bruciata sale alle mie narici, fetido.
Avanziamo ancora un po’, vorrei scendere e combattere da terra, ma questi non sono mercenari da due soldi; potrei ucciderli da soli, ma se mi dovessero accerchiare, cosa che faranno sicuramente visto che sono io il loro più grande pericolo, non riuscirei a combatterli. Così mi tengo saldamente sul dorso di Ignem.
Senza parlare faccio fluire la magia alle radici degli alberi, le sgretolo, in modo che quei giganti si abbattano sugli elfi.
Guarda, quella è la loro regina” Aguzzo la vista e nel punto che mi indica Ignem vedo un’elfa vestita di un’armatura un po’ più brillante delle altre.
Bene, verrà anche il suo turno; prima accorciamo le sue file, voglio che veda di cosa siamo capaci” Con un ruggito di assenso la dragonessa si butta in picchiata e scarica un’enorme quantità di fuoco sulle file nemiche; il più delle fiamme viene fermato, ma qua e là piccoli getti di fuoco attecchiscono sulla carne e le urla dilagano.
L’aria trema per un secondo e poi un ritmico tum-tum-tum si fa strada nel vento, come un tamburo gigante; il suono si fa incalzante e quando alzo lo sguardo dalla distesa di nemici, anche a una distanza così elevata, vedo un drago dorato che si sta avvicinando.
Quello è il rumore delle sue ali” Penso sgomentata.
Se è così deve essere davvero enorme”
“Non più del drago nero”
Commento; non ho paura, sono solo stupita dalla presenza di un altro drago, nessuno lo sapeva. “Meglio mandare un messaggio al re. Sali” Ignem fa come le viene detto e si porta a distanza dalla gittata delle frecce.
Prendo una scodella e con la magia la riempio d’acqua, divino Galbatorix e il suo volto cruciato appare nello specchio d’acqua increspata dal vento.
“Che cosa succede? Sei ferita?” Scuoto la testa “Allora cosa?” Con una magia difficoltosa proietto l’immagine del drago nell’acqua. Il re corruga la fronte.
“Cosa devo fare?” Domando con tono piatto; passa qualche secondo prima che io riceva una risposta.
“Se si arrende portalo qui, in caso contrario uccidilo; non me ne faccio nulla di un vecchio storpio” Detto questo la sua immagine scompare. Vuoto la ciotola e la rimetto via.
Bene scendiamo, abbiamo un nemico da affrontare”
“Sai che Galbatorix ci sta guardando, vero?”
Mi domanda lei.
Lo sospettavo, ma ora lo sento anche; meglio non dare troppo spettacolo” Detto questo si porta all’altezza del drago dorato e lì, ferme ed immobili lo aspettiamo.

***

“Allora è vero” La voce, resa più forte dalla magia, dell’anziano elfo mi giunge alle orecchie piatta e quasi gentile “Eragon mi ha raccontato di te, ragazzina umana”
“Non sono una ragazzina” Lo apostrofo con voce spenta; non mi importa più di tanto il dover combattere contro un drago menomato e il suo vecchio cavaliere.
“Perdonami, per me anche Galbatorix è un ragazzino” sorrido, non che la cosa mi stupisca.
“Non sto negando di essere giovane” rispondo “solo che per essere dei ragazzini bisogna essere boriosi e stupidi e credere di poter vincere quando invece non si hanno speranze” l’elfo annuisce.
“Molto saggio da parte tua, allora sai di non poter vincere” Rido, rido di guasto; non ha la minima idea di chi ha davanti.
“No, io so di poter vincere e non è un pensiero da ragazzini; tu sei solo cibo per vermi, tranne i tuoi occhi, a quelli penseranno i corvi” Lo sguardo del vecchio elfo si indurisce e assottiglia gli occhi “A meno che tu non voglia giurare fedeltà a Galbatorix, in questo caso verrai risparmiato” Aggiungo.
“Mi spiace doverti informare che non lo farò, mai” Alzo le spalle.
“Non che mi dolga molto, ma… Iin questo caso dovrò ucciderti” Ignem scatta e si porta in alto, subito seguita dal grande drago. Il drago dorato è più forte di Ignem, ma lei è più veloce e ogni tre battiti ne recupera uno.
Arriviamo ad un’altezza vertiginosa e la distanza tra lei e il suo simile è abbastanza per attaccarlo prendendo velocità; Ignem si tuffa in picchiata e dopo pochi secondi raggiunge il drago dorato, la forza dell’impatto è tale che se non avessi le gambe legate alla sella mi scaraventerebbe per aria. La dragonessa azzanna il moncherino del drago più anziano, che ruggisce e scuote l’altra zampa ferendo Ignem, che è costretta a staccarsi.
Con due rapidi battiti di ali si porta a distanza di sicurezza; il drago dorato ruggisce una vampata di fuoco, ma quella si biforca senza nemmeno sfiorarci, merito degli incantesimi.
Ignem?” Chiedo pervasa da un dubbio “Lui non avrebbe dovuto toccarti con i miei incantesimi, com’è possibile che ti abbia colpita?”
“Non mi ha colpita, ma la forza dell’impatto sulla barriera mi a scaraventato di lato”
Mi spiega lei, per poi aggiungere: “Nemmeno io sono riuscita a morderlo, è protetto bene” Dovevo immaginare che avrebbe avuto degli incantesimi a sua protezione, ma questo non è un problema.
Ignem riparte all’attacco, si abbassa e vola sotto il ventre del drago dorato, una mossa rischiosa; con una veloce virata punta una zampa posteriore del nemico, senza dargli abbastanza tempo per spostarsi azzanna la carne, della coda però. Mi concentro sulla barriera di energia che protegge il vecchio drago, ne sento il potere fluire ritmico, come il battito di un cuore; immagino di fermare quel cuore, di stritolarlo tra le mie mani e l’energia si blocca, poi da forma fluida si secca come una crosta. La mascella della dragonessa si serra ancora di più e la crosta va in frantumi, miriadi di piccole schegge di energia solida esplodono attorno al corpo dorato.
I denti di Ignem squarciano la carne della coda e il ruggito tonante del drago mi riempie le orecchie; una vampata di fuoco mi acceca, sembra durare un’eternità e il calore si fa così intenso che Ignem è costretta a lasciare la presa e ad allontanarsi.
Non avresti dovuto farlo” mi rimprovera “Galbatorix sta guardando” Impreco sottovoce; me ne ero completamente dimenticata.
Penserà solo che le difese del vecchio non erano abbastanza forti” Come scusa è abbastanza credibile e per giustificare le schegge di energia potrei dire che era una magia elfica che non conosco; sì, ci crederà.
Ignem torna all’attacco e anche il drago dorato, entrambe le cavalcature si scambiano graffi e morsi, gli ululati di dolore si susseguono da ambe le parti; io incrocio poche volte la spada con l’elfo, solo quando siamo abbastanza vicini. Il cavaliere mio rivale è vecchio, ma abbastanza in forze da poter contrattaccarmi e i pochi minuti in cui stiamo l’una contro l’altro non riesco a sopraffarlo.
Mentre un altro assalto di Ignem mi trascina nell’aria densa sento una forza enorme all’estremità della mia mente; cerco di resistere, ma sento il cranio pulsare ed è come se le ossa esplodessero. Anche la dragonessa sembra avvertirla e indietreggia guaendo di dolore.
Non posso resistere.
La consapevolezza è una doccia fredda, ma necessaria, non posso resistere; mi ritiro in un angolino della mia mente, nascondendo pensieri e ricordi e lascio che Galbatorix prenda il possesso del mio corpo per i suoi scopi. Osservo la mia bocca parlare con voce non mia e l’elfo rispondere; sento il dolore di Ignem e vedo la mia lama disarmare Ormis, così si chiamo l’elfo e Glaedr il drago. Vedo il sangue del nemico scorrermi sul braccio, ma non ne sento il calore e alla fine osservo il possente corpo del drago dorato cadere a terra con un tonfo sordo.

NOTE DELL’AUTRICE: Salve a tutti, eccomi nuovamente qui! Lo scontro con Oromis e Gladr si rifà a quello contro Castigo e Murtagh (verso la fine di Brisngr); naturalmente è in molte cose diverso, partendo da Anna e Ignem, ma l’idea che Galbatorix prenda possesso delle loro menti è dell’autore originale.
Spero vi sia piaciuto, ciao e grazie a tutti.

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Capitolo 19
*** 19 - Sepoltura e fuga ***


VOGLIO SALVARTI

19 – Sepoltura e fuga

Il respiro mi torna prepotente, invadendomi e ardendomi i polmoni; anche Ignem è esausta e ferita, fatica a restare sollevata in aria. La guarisco e le dono un po’ di energia che è racchiusa nella squama che mi aveva dato. Sono ancora un po’ intorpidita, è come se non usassi il mio corpo da anni e dovessi farci l’abitudine; guardo in basso e quello che vedo non mi sorprende, gli elfi si stanno ritirando e scappano nei boschi.
Planiamo verso il basso e con la voce amplificata dalla magia ordino di fermarsi e non inseguirli, i soldati ubbidienti si schierano e aspettano miei ordini. Li osservo, le perdite sono ingenti e l’esercito esausto; gli elfi erano meno e minori sono le loro perdite, ma loro sono elfi. Se li inseguissi ora sarei una stupida, gli uomini devono riposare, ma non le creature con le orecchie a punta.
“Tornate all’accampamento, mangiate e riposatevi. Domani marcerete sulla città e prenderete quello che ha da offrire” grido, mi rispondono acclamazioni di gioia, tra me e me aggiungo “ormai devono essere rimasti in pochi là dentro e saranno vostri anche loro, a me non servono”
Scendo dalla mia dragonessa e con lei mi dirigo nel mezzo del campo di battaglia, un ufficiale mi affianca “Mio cavaliere, c’è una tenda che vi aspetta e un pasto caldo, ai feriti penseremo noi” sorrido cupamente.
“Non voglio occuparmi dei feriti, capitano; è dei morti che ho intenzione di occuparmi. Ora vai e fa il tuo dovere, non risparmiate i feriti nemici”
“Nemmeno le donne?” Domanda quello.
“Nemmeno le donne, nessuno” Proseguo mentre quello resta fermo e dopo una piccola riverenza raggiunge il suo gruppo di stregoni.
Il cadavere di Oromis giace nel sangue suo e di altri, con una gamba schiacciata sotto il suo potente, e pesante, drago; con la magia che mi rimane scosto la massa enorme e dorata di Glaedr, taglio le funi della sella che sono avvolte intorno ai polpacci dell’elfo e ne sposto il cadavere in uno sprazzo di terra libera. Osservo la sua ferita che va dalla spalla al fianco e la guarisco, la carne si rimargina velocemente e il sangue secco scompare; impongo su entrambi i cadaveri un incantesimo di conservazione.
Ignem saresti in grado di trasportare Glaedr con il mio aiuto?” Domando; lei mi osserva dubbiosa, ma poi annuisce. La dragonessa afferra con gli artigli l’enorme massa dorata di Glaedr e scuotendo convulsivamente le ali si solleva di poco, la iuto con la magia e, sempre con la magia, sollevo anche Oromis; insieme ci dirigiamo verso la foresta.
Quando i due corpi vengono accasciati a terra sono stanca, ma mi riprendo velocemente; mentre camminavamo ho trovato la spada del cavaliere, per quanto mi dispiaccia non gliela posso lasciare e trasferisco la sua energia nella squama di Ignem, un vero arsenale. Osservando la corazza dorata di Glaedr provo l’innato sentimento di sottrargli una squama, non se ne accorgerà nessuno e a lui non servono più.
Mi avvicino ad una squama della zampa mutilata, sembra essere già quasi del tutto staccata e con un piccolo tiro la prelevo, la rigiro tra le mani e poi la attacco alla collana con quella di Ignem.
Cosa vuoi farne?” Chiede Ignem, riferendosi ai due cadaveri; scuoto la testa “Hai intenzione di darli agli elfi?”
No, non sono degni di seppellire un drago, solo un cavaliere può farlo e visto che sono l’unico cavaliere lo farò io” Uso l’energia che era conservata nella spada e pronuncio poche parole.
Gli alberi si chiudono come a cupola su di noi, i rami e le radici avvolgono i due corpi, li trascinano e li posizionano; i rami si irrigidiscono e si fermano. I due sembrano drago e cavaliere fatti di intrichi di rami, non si vedono i lineamenti del viso, ma la forma dei corpi è ben delineata e l’arto mancante di Glaedr è stato sostituito dai rami.
La testa del drago è puntata verso l’alto, nell’atto di ruggire, con una zampa sollevata; il cavaliere si regge alla sella con una mano e l’altra è protesa verso l’alto, la mano chiusa intorno a un’elsa di spada inesistente. Guardo la lama dorata che pende al mio fianco; non è mia e non mi serve, ma… 
Puoi dire al re che è andata perduta” Suggerisce Ignem, annuisco e posiziono la spada dorata nel suo legittimo posto “Dovremmo dire qualcosa?” Domanda ancora lei.
“Bè, polvere alla polvere, immagino. E tu, elfo, diventerai il cibo per le piante che il tuo popolo ama tanto; non credo che il tuo riposo sarà eterno, presto anche da qui vedrai la tua foresta bruciare del fuoco della mia compagna di mente e di cuore” Un’ultima minaccia detta a un morto e il fruscio del mantello stracciato, mentre esco dalla cupola di alberi.
La città è stata conquistata, gli abitanti sono morti tra atroci torture e le ricchezze sono finite nelle case dei sodati; dal re ho ricevuto l’ordine di tornare a casa e un comandante, vecchio e rugoso, ha preso il mio posto, per continuare la conquista della foresta. Ora torno a “casa”.

***

I mesi passano mesti nella grande città di Urû’baen, il re è sempre più preso dalla scoperta che sta per fare: il vero nome dell’antica lingua, cosa che mi lascia completamente indifferente, ho già il controllo sulla magia, tutta la magia e non solo la lingua con cui è amministrata. Non ho più ricevuto incarichi dopo Oromis e Glaedr, a quanto pare Ignem è troppo preziosa, ma io non metterei mai in pericolo la sua vita.
Alla fine trovo il mio talento in guerra recesso a “consigliere” della corona, posso seguire passo a passo gli eserciti e formulare strategie, ma non amministrare i soldati sul campo. I Varden accumulano successi su successi e tutti i tentativi di catturare Eragon falliscono. Dopo un’altra sconfitta di Murtagh a Dars-Leona l’ira del re era alle stelle.
“Sire, lui vuole ucciderti, no?” Attiro su di me gli sguardi truci di tutti i generali, compreso il re, che annuisce “Per fare questo dovrà venire qui, un topo che cerca il formaggio e cade in trappola; è tutto così semplice. Sire, sposta gli eserciti qui e aspetta che arrivi; lo farai entrare nel palazzo, lui e pochi altri e pian piano potrai sfoltire le sue fila. Metti delle trappole, altri andranno avanti per testare la sicurezza del terreno e quando saranno morti quelli che non ti servono lui sarà esattamente dove vuoi che sia” Lo sguardo di Galbatorix si illumina.
“Questa è l’idea che mi serviva” Annuisce e poi indurendo lo sguardo si volta verso i suoi generali “Voi siete inutili, questa ragazza capisce la guerra più di voi, ed è molto più giovane; fate come ha suggerito, ma lasciate qualche sostanzioso gruppo di soldati, per provocargli più perdite possibili" Appena ricevuti gli ordini i generali si dileguano con un lungo e spaventato inchino.
“Anna, veniamo a noi, io penso…” Mentre le parole gli escono di bocca sullo specchio posato accanto al tavolo appare l’immagine tremolante di Murtagh.
“Sire, come avete saputo abbiamo perso la città; sarebbe opportuno attaccarli subito, questa notte, mentre festeggiano” Il re sorride.
“Voglio che la regina dei Varden venga uccisa, senza una guida sono un toro senza gli occhi, colpiscono alla cieca” Lo sguardo del cavaliere rosso sembra rabbuiarsi, che si sia preso una cotta per quella… smidollata?
“Sire, posso parlare liberamente?” Galbatorix annuisce, è curioso “Credo che Nasuada possa essere il cavaliere dell’ultimo uovo, se dovesse morire potremmo cercare un giusto compagno per anni e ora, forse, lo abbiamo a portata di mano” Il re si gratta il mento e poi lascia ricadere mollemente il braccio lungo il fianco, si gira verso di me.
“Tu, Anna, cosa ne pensi?” Inclino la testa; sono certa che Nasuada non potrà mai diventare un cavaliere di drago, ma se dovesse morire mi mancherebbe un aiuto inaspettato.
“Credo…” lancio un’occhiata a Murtagh, che mi osserva silenzioso “… sia difficile che questa eventualità possa diventare reale, ma potrei sbagliarmi e non varrebbe la pena perdere questa opportunità”
“Bene, allora vedi di catturarla!” La figura di Murtagh scompare e lo specchio torna a riflettere la sala poco illuminata. “C’è qualcosa che non hai detto cara, fammi diventare partecipe dei tuoi pensieri” Mi stupisco sempre di come Galbatorix sappia interpretare le mie parole e, ancora meglio, i miei silenzi. Valuto la possibilità di mentirgli, ma è troppo rischioso e non mi voglio espormi troppo, così gli dico la verità.
“Sembra che Murtagh abbia un attaccamento particolare a questa… donna; credo che lei sia il modo per controllarlo meglio” Il sorriso sul viso del re si accentua.
“All’inizio credevo che tu fossi come Morzan, ma adesso vedo che sei esattamente come me” Rispondo al sorriso.
Non sai quanto” Mi inchino e raggiungo l’uscita.
Cosa te ne fai di Nasuada?” Chiede Ignem curiosa.
Quello che ho detto a Galbatorix, Murtagh è diffidente e cercherà di mettermi i bastoni tra le ruote; se ho qualcosa con cui controllarlo ben venga”
Dubito che quella duegambe cambi qualcosa;  esprimo il concetto usando una tua espressione: hai gli occhi foderati di pancetta?!” Corrugo la fronte, non riesco a capire cosa vuole dire.
Non capisco, spiegati meglio” L’unica spiegazione che mi arriva è la fragorosa risata della dragonessa e poi più niente. Che comportamento bizzarro.

***

Il giorno seguente Murtagh arriva con la prigioniera svenuta; Nasuada viene portata nei sotterranei, ma invece di essere rinchiusa nelle segrete viene legata nella Stanza dell’Oracolo. Per disposizione del re nessuno dovrà farle visita senza un suo preciso ordine, tranne il carceriere; due guardie vengono stazionate davanti alla porta, per prevenire qualsiasi minaccia e con esse vengono imposti anche vari incantesimi di allarme, di cui uno allerta me.
Passano tre giorni in tranquillità; il re sembra persino essersi dimenticato della sua “ospite”; ma verso mezzanotte del terzo giorno mi sveglio di soprassalto, il braccio destro mi brucia terribilmente. Accendo una candela e lo osservo, a lettere scarlatte, scavate nella pelle arrossata vi è scritto una sola parola: fuga.
Mi alzo di scatto, indosso un paio di brache sopra la camicia leggermente lunga e prendo la spada; quando riguardo il braccio la scritta è scomparsa e senza farmi altre domande mi precipito nei sotterranei. Non mi scapperai reginetta; non oggi.
Nelle scale sono già affollati una ventina di soldati “FATEMI LARGO IDIOTI!” Urlo e questi si spostano di lato lasciandomi passare; scendo le scale come una furia e dopo due svolte mi trovo davanti la reginetta.
“Ma guarda chi si vede” la schernisco “Bella camicia da notte” forse un po’ di tempo fa doveva essere bella veramente, ma ora stracciata e sporca sembra solo uno straccio. Nasuada brandisce una spada, ma non sembra essere in forma, anche se alle sue spalle ci sono due soldati morti.
Getto il fodero della spada di lato, non avendo avuto il tempo di legarmi il cinturone alla vita; avanzo e tento un fendente, che viene prontamente parato dall’altra spada, sorrido. Ho appena iniziato.
Faccio un passo indietro e inizio la mia danza; le infliggo piccoli tagli su tutto il corpo, vado troppo veloce perché possa tenermi dietro, sarebbe impossibile anche per un soldato nel pieno delle sue capacità. Poco dopo, ferita e stanca, lascia cadere la spada e si accascia a terra; calcio l’arma, che roteando sul pavimento si allontana da lei.
Mi giro verso le guardie che, arrivate, stavano osservando il mio balletto “Riportatela in cella, legatela bene e sgombrate i cadaveri” Chiudo il colletto della camicia, che nello scontro si era leggermente aperto, recupero il fodero della spada e me ne torno a letto.

NOTE DELL’AUTRICE: Salve a tutti; anche in questo capitolo c’è solamente una piccola apparizione di Murtagh, ma non preoccupatevi nel prossimo capitolo avrà un ruolo fondamentale… Vi annuncio che non manca ancora molto alla fine della storia: tre o quattro capitoli, non ho ancora deciso.
Sto già scrivendo una nuova storia e vi chiedo un consiglio: come dovrei intitolarla?

- La storia dietro il tiranno

- Danzare con i propri demoni

Parlerà, come forse avrete già capito di Galbatorix, ma anche di Morzan e Brom. Credo che arriverà fino alla morte del primo cavaliere rosso, ma non ne sono ancora sicura.
Fatemi sapere quello che pensate. Ciao e alla prossima.

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Capitolo 20
*** 20 - Resterò con te questa notte ***


VOGLIO SALVARTI

20 – Resterò con te questa notte

“Non è più tempo di aspettare, è giunta l’ora che la ragazza mi giuri fedeltà” Il re si gratta il mento, facendo ondeggiare leggermente l’ispida barbetta bianca. Murtagh sposta il peso da una gamba all’altra; poverino, non sa cosa lo aspetta, ma io sì: il re vuole mettere alla prova la sua presunta fedeltà, e lo farà facendolo partecipare alla tortura.
“Sire, se potessi esentarmi da questo compito… Non nutro il minimo interesse per quella che si è definita una regina e ho compiti che mi premono di più da svolgere” E in più non ho intenzione che il re scopra che ho già incontrato Nasuada.
Storce il naso e mi osserva; forse pensa che mi faccia impressione la tortura, ma sembra scartare quell’idea “Immagino che non ci sia bisogno del tuo aiuto, hai già dimostrato il tuo valore. Mentre di te, Murtagh, avrò bisogno” Murtagh si blocca, sembra non riuscire a respirare, ma alla fine annuisce.
“Bene, allora procederemo subito” Il re si avvia verso la porta di servizio, seguito poco lontano dal cavaliere rosso.
Divertiti” penso mentre la porta si chiude; sospiro, penso che farò una passeggiata, è una così bella giornata e voglio godere del sole.

***

Pensi che Nasuada costituisca un pericolo?” Domanda Ignem, mentre rosicchia il suo pranzo.
Al comando dei Varden, forse; ma così è solo una seccatura, una spina nel fianco”
Allora sbarazzatene”
“No!”
Rispondo perentoria “Lei mi serve, mi serve per Murtagh; anche se fosse come dici tu e a lui non interessa in quel senso non credo la lascerebbe morire, la sta aiutando anche ora”
“Come fai a saperlo?!”
La sua voce è allarmata; ha paura che se scopro troppo le mie carte il re scoprirà il nostro segreto.
Non ti preoccupare, è Galbatorix a mostrarmi tutto quello che fa Murtagh” Mi sento scoppiare dalla gioia; il re si fida così tanto di me da espormi i suoi piani, quanto è ingenuo.
Perché non mi dici queste cose?!” Sbotta Ignem.
Rido “Nemmeno tu mi confidi tutto, cara; che cosa mi dici del tuo piccolo amico Castigo, eh?” Sogghigno e lei sbuffa, ma evita di rispondere, segno che ho colpito sul vivo.
Comunque il re ha intenzione di sfruttare la cosa, come noi del resto; anche se ora gli sta creando parecchi intralci, perché Nasuada si ostina a non giurargli fedeltà. Credo che stia per decidere di aspettare che ci sia anche Eragon, ma non ha ancora gettato la spugna” Sospiro assorta nei miei pensieri
E comunque da Castigo…” Sbotta Ignem, ancora alterata dalla mia piccola insinuazione di prima “… ho scoperto un paio di cosette che potrebbero esserti utili”
“Cosa?”
Chiedo presa dall’interesse.
Al ragazzo, il duegambe si intende, non interessa Nasuada; sta fingendo per attirare l’attenzione su di lui e lasciare te fuori dall’occhio del re” Sbuffo.
Devo dir la verità, speravo in qualcosa di più sostanzioso. E poi come dovrebbe interessarmi quello che fa lui” Eppure un sorriso mi appare, involontariamente, sulle labbra.

***

La sala dell’oracolo è immersa nel buio, so per certo che il re in questo momento non sta osservando Murtagh, è sicuro che non farà niente di considerevole. Lui no, ma io sì.
Apro la porta con poca delicatezza, sorpassando le due guardi in stato di catalessi. Appena sente il rumore Murtagh balza in piedi; erano seduti fianco a fianco appoggiati contro una parete, per qualche oscura ragione la cosa mi da sui nervi. Sorrido al cavaliere che sta bofonchiando qualcosa.
“Ho interrotto qualcosa?” Dico con voce malignamente divertita; il volto di Murtagh si scurisce “Oh, non ti preoccupare, il vostro segreto con me è al sicuro” Non vorrei essere così dolcemente acida, ma è più forte di me. Scuoto la testa, devo restare lucida e non accecata dall’invidia.
“Vattene cavaliere, prima che cambi idea; ho bisogno di parlare con la nostra reginetta” Murtag si avvia alla porta, con passo rigido “Non dimenticare il mantello, non vorrei che prendessi freddo”  Riferendomi al quello indossato da Nasuada; ripreso si avvia all’uscita, ma quando è vicino a me mi afferra un braccio.
“Che intenzioni hai?” Domanda sibilando; se sta fingendo è molto bravo. Resisto all’impulso di strattonare il braccio, dargli uno schiaffo e scappare via; invece sorrido, il più innocentemente possibile.
“Non ho cattive intenzioni, non le farò alcun male” Dico nell’antica lingua; lui indurisce lo sguardo.
“So quello che puoi fare, non prendermi in giro” Dice in un sibilo.
“Sì, lo sai, ma questo cosa cambia? Non ti fidi di me?” Lui scuote la testa, io sorrido “Bè, comunque perché dovrei farle del male? Ci sei già tu per questo. O non sei stato tu a infliggerle quelle ferite?” Gli rivolgo uno sguardo perplesso e lui molla il mio braccio come se scottasse.
Prima di uscire dice: “Noi dobbiamo parlare. E non potrai evitarmi questa volta” Sospiro, con un tocco di malinconia.
“Cosa volevi da me?” Domanda Nasuada, ha la voce flebile, ma mantiene quello sguardo orgoglioso negli occhi. Un po’ mi assomiglia; solo che io ho imparato che se voglio qualcosa l’orgoglio, a volte, può essere l’ostacolo più grande; bisogna avere equilibrio.
“Niente di troppo importante, volevo solo assicurarmi che tu non giurassi fedeltà a Galbatorix” e per torturarmi nel vedere te e Murtagh insieme, per rendermi conto che la mia scelta di tenerlo a distanza sia giusta; perché ho bisogno di sapere che nemmeno tu sei felice con quello che avrei potuto avere io.
“Hai paura che dica qualcosa di ciò che mi hai rivelato a Galbatorix?” Sollevo le spalle e le riabbasso, non avevo nemmeno pensato a questa eventualità “Bè non preoccuparti inutilmente, non lo farò”
“Anche se dovessi farlo non ti crederebbe, sono la sua pupilla” Sono sicura di quello che dico, l’unico problema sarebbe se dovesse guardare i suoi ricordi.
“La sua pupilla? Ti punirebbe comunque…” Sul suo volto c’è l’ombra di un sorriso.
“Prima lo ucciderei” Rido, è divertente vedere come continui a sottovalutarmi “Se tu non mi servissi ucciderei anche te”
“Cosa potrei fare io per te?” La osservo attentamente e poi scuoto la testa.
“Non te lo posso dire, comunque tu non puoi fare niente; ma quanto vorrei che lui ti amasse veramente” Sarebbe tutto più semplice, estremamente semplice. “Ma non ti preoccupare, presto non avrai alcun motivo per essere gelosa” Lei si irrigidisce ancor di più.
“Non puoi uccidermi, Galbatorix mi vuole viva”
“Oh, se fosse così semplice…” Le sorrido tristemente “Alzati, devi tornare al tuo posto” Fa come gli ho detto e la lego.
“Lui… lui mi ama” Dice; non ne è più sicura.
“Sì certo” Il mio tono è scettico “Ti do un consiglio: non amarlo” Me ne vado; per quanto ci provo non riesco ad odiarla, se non mi ascolta lei sarà più morta di coloro che ama.

***

“Eragon, Eragon arriverà domani. Dimmi cos’hai in mente, Anna” Gli sorrido.
“Ho in mente di aiutare Eragon, quello che vuoi fare anche tu” Fino a un certo punto, naturalmente “Abbiamo un obbiettivo in comune” Lui mi folgora con lo sguardo e in pochi secondi mi afferra per le spalle.
“No! No, non è affatto così; io non voglio quello che vuoi tu”
“Non hai la più pallida idea di quello che voglio, Murtagh”
“Hai ragione; io voglio andarmene e tu no” annuisco “Vedi? E questo rende impossibile avverare il mio desiderio”
Corrugo la fronte “Non capisco…” Lui scuote la testa, è triste.
“Io voglio anche te e, puoi credermi quando te lo dico, non me ne andrò senza averti” Vorrei urlargli contro dicendogli che è uno stupido, che non avrà mia quello che vuole.
“No, lo sai che questo non accadrà; vattene, vattene via, Murtagh. Fai come ti dico” Lui scuote la testa e ripete:
“Io voglio te e non me ne andrò senza averti” Questa volta però lo dice nell’antica lingua. Una lacrima mi solca la guancia e lui la asciuga con il pollice; quanto vorrei che non lo avessi detto.
“Mi odi così tanto?” Domando.
“No, ti amo così tanto da essere egoista e impedirti di commettere uno sbaglio. Se non mi ami uccidimi, uccidimi adesso; non te lo impedirò” Se lo facessi sarei sicura di avere quello che voglio, eppure lo amo e mi odio per questo. Perché amore e odio sono così inevitabilmente legati?
Lo bacio e lui ricambia; un bacio rude, come se fosse l’ultimo, come se non ci fosse un domani. Mi stacco e sospiro, lo guardo negli occhi fondi come l’oblio; quanto vorrei andare via con lui, restare con lui, ma voglio di più il regno. È tempo di scegliere, Anna.
“Io ti amo; ma, ti prego, non rendere le cose più difficili” Lui accenna ad un sorriso.
“Tu mi conosci, ti renderò le cose impossibili fin che non resterai con me” Scuoto la testa.
“Resterò con te questa notte”

***

“Murtagh svegliati, ormai sarà ora” Le braccia del cavaliere, strette alla mia vita, hanno un fremito e poi allentano la presa; sento il respiro di Murtagh sul collo e poi le sue labbra sull’orecchio, mi da un piccolo bacio e poi si alza.
Io lo seguo e mi vesto; quando entrambi indossiamo l’armatura e le armi mi abbraccia nuovamente, lo bacio assaporando le sue labbra; quanto vorrei poter perdermi in quell’abbraccio protettivo.
“Dobbiamo andare” Dice lui, con un tocco di tristezza.
“Sì” Concordo io.
“Non mi dici di stare attento?”
“No” Fatti pure ammazzare, mi semplificheresti il lavoro.
Eppure tu non vuoi che muoia” Puntualizza Ignem, mi sembra quasi che lei sia l’angioletto su una mia spalla e io il diavoletto, però poi le decisioni le prendo io, andando contro a tutte le regole del buon senso. La scaccio dalla mia testa, voglio godermi a pieno Murtagh.
“No? Ma tanto tornerò da te, che tu lo voglia o meno. E comunque non mi sembra molto gentile da parte tua…” Sogghigno.
“Io non sono gentile” Gli scocco un bacio sulle labbra e mi libero dalla sua presa “Andiamo, o il re non sarà gentile” Entrambi ci avviamo verso la sala del trono.

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Capitolo 21
*** 21 - Il guerriero dei fulmini ***


VOGLIO SALVARTI

21 – Il guerriero dei fulmini

“Murtagh vai ora, i Varden stanno attaccando e dobbiamo mettere in atto il nostro piano” Murtagh annuisce e lanciandomi un’occhiata sparisce, io non lo seguo, come mi è stato detto mille volte Ignem è preziosa e oltre a non lasciarmi andare a combattere il re ha ordinato di farla venire nella sala del trono, che è decisamente abbastanza grande.
“Anna, il tuo piano sta per entrare nel vivo e vedremo cosa produrrà” Il re è visibilmente eccitato, sta per avere quello che vuole.
“Non dovrete preoccuparvi, sire” Lui piega la testa da un lato e poi dall’altro.
“Prendi una sedia e una coppa di vino, se vuoi; ci aspetta una lunga attesa” Faccio come dice, ma lascio perdere la coppa di vino, ho bisogno di lucidità. Sento tutto il peso che grava sulle mie spalle, sta per arrivare il momento in cui i nodi arriveranno al pettine. Il cuore batte regolare, ma se non lo tenessi così faticosamente sotto controllo penso che mi scoppierebbe.

***

“Sono qui” Le parole del re sono seguite dal rumore delle grandi porte che si aprono, la prima figura che si nota è Saphira, seguita da Eragon, Arya ed Elva; guardando la bambina mi ricordo che Nasuada è legata da qualche parte nel buio. Tutti e quattro sono controllati da un incantesimo di Galbatorix; avanzano tra le due file di lanterne, unica fonte di illuminazione.
“Ah, vi stavamo aspettando. Benvenuti nella mia dimora. Un particolare benvenuto a te, Eragon Ammazzaspettri, e a te, Saphira Squamediluce. Desideravo tanto incontrarvi. Ma sono lieto di vedere anche te, Arya, figlia di Islanzadi e tu stessa degna Ammazzaspettri, e te, Elva dalla Fronte Lucente. E naturalmente anche voi, Glaedr, Umaroth, Valdr e tutti coloro che viaggiano con voi non visti. A lungo li ho creduti morti, e sono felice di sapere che così non è. Benvenuti tutti! Sono molte le cose di cui dobbiamo parlare” La voce del re è calma e temperata.
I quattro avanzano affiancati, gli occhi di tutti saettano per la sala e quelli di Eragon si fermano più volte su di me; sembra che non abbia scordato tutto il nostro incontro, ma ora non ha più importanza. “Forse non conoscete Anna… Sarà un’ottima maestra per voi” Lo stupore sul viso di Eragon si fa palese; forse sta pensando che se sono riuscita a nascondere una tale informazione al re sono più potente di quanto sembro, o forse mi sto illudendo.
“Ho già avuto questo piacere” Risponde con voce arrochita dall’emozione; lo sguardo del re si sposta su di me, indagatore; alzo le spalle.
“Ah Sì? Bè, ci penseremo più tardi. E Così siete venuti a uccidermi. D’accordo, cominciamo?” Si alza dal trono e apre le braccia, in un gesto di scherno; la lama bianca scintilla nella sua mano destra, tempestivo come si era alzato si risiede. La bambina fa un passo avanti, fa per parlare, ma la sua bocca si muove senza produrre alcun suono, suscitando l’ilarità del re.
“Credevi d’avvero che ignorassi le tue doti, bambina? Pensavi sul serio di potermi rendere inoffensivo con un trucchetto tanto prevedibile? Oh, non dubito che le tue parole possano farmi del male, ma solo se le ascolto” Sposto il peso sulla gamba destra, soppesando il volto di quelli che dovrebbero essere miei nemici “Che follia. Tutto qui, il vostro piano? Una streghetta che non può parlare se io non glielo permetto, una lancia più adatta a fare bella mostra su una parete che non in battaglia, e una schiera di Eldunarì ormai mezzi rintontiti dall’età? Mi sarei aspettato di meglio da te, Arya. E da te, Glaedr, ma suppongo che i vostri sciocchi sentimentalismi vi abbiano annebbiato il cervello  da quando ho usato Anna per sbarazzarmi di Oromis”
Dopo un attimo di esitazione i due guerrieri e la dragonessa scattano contro Galbatorix,  estraggo la spada dal fodero e anche Ignem carica, ma Galbatorix si alza e pronuncia alcune frasi nell’antica lingua. L’assalto del cavaliere e dell’elfa si blocca in un secondo, così anche la dragonessa viene fermata.
Nello stesso momento anche gli Eldunarì sferrano un attacco mentale, alla mia e alla coscienza del re; un attacco che è più difficile da fermare, ma comunque sopportabile, vista la presenza di centinaia di Eldunarì schiarati dalla parte del re.
Galbatorix dice qualcosa ai suoi servitori e tre figure avanzano nell’oscurità, venuti alla luce si possono distinguere i volti di due bambini, fratello e sorella. Il terzo ha con loro una certa somiglianza, ma io so che non è loro parente; Wayman è l’unico dei tre ad essere vestito, mentre i due bambini indossano la camicia da notte. Il re li osserva per un secondo, aveva chiesto due bambini, ma quello può essere scambiato per il fratello più grande e non presta molta attenzione alla cosa.
“So che voi Varden vi vantate della vostra virtù. Vi considerate paladini della giustizia, difensori degli innocenti, come se esistesse qualcuno che davvero lo è, e nobili guerrieri che combattono per riparare ad un antico torto. Molto bene, dunque. Mettiamo alla prova le vostre convinzioni e vediamo se siete ciò che sostenete di essere. Se non cessate subito l’attacco ucciderò questi tre… e non esiterò ad ammazzarli se oserete attaccarmi di nuovo” Dopo poco più di un minuto l’attacco cessa.
“Bene, così va meglio. Ora parliamo da creature civili, senza preoccuparci di chi cerca di uccidere chi” Fa avanzare con la magia i suoi nemici. Si rivolge ad Eragon per primo, dopo alcune parole di buoni convenevoli chiede al ragazzo di giurargli fedeltà, e riceve un'unica parola in risposta.
“Mai” Dichiara Eragon a denti stretti, ma questo non scoraggia il re.
“Mai? Lo vedremo” Ribatte Galbatorix, per poi rivolgersi a Saphira; le pone qualche domanda ed Eragon gli riferisce le risposte della dragonessa. Quando anche il dialogo con Saphira finisce, da buon sovrano, il re si rivolge anche agli altri due suoi ospiti. Prima Arya e poi Elva, che come l’elfa non risponde a nessuna provocazione. Altre conversazioni galleggiano nell’aria per un po’, fino a giungere alla domanda che tutti e quattro si stavano facendo da un po’.
“Come ci riesci?” Grida Eragon, subito supportato dalla curiosità di Arya.
“Non lo indovini, giovane elfa?”
“Preferirei saperlo da te, anziché tirare a indovinare” Sogghigno a quella risposta, gli elfi se non sono sicuri di vincere non tentano nemmeno.
“D’accordo. Ma prima dovete fare qualcosa per avere la certezza che quello che vi dirò è vero. Provate a lanciare un incantesimo, tutti e due; poi ve lo rivelerò” Entrambi, uno dopo l’altro, provano con dei semplici incantesimi, ma falliscono miseramente. E allora, per aver dato la sua parola il re da la sua spiegazione: il Nome dei Nomi, il Vero Nome dell’antica lingua. Le uniche reazioni visibili, soprattutto perché i quattro sono bloccati con la magia, sono le maschere di furore sui volti e le poco gentili imprecazioni.
“Vi voglio dare una dimostrazione in più: Anna, cerca di usare la magia in tutti i modi che conosci e non ti risparmiare. Vedete, a lei non ho ancora dato la Parola” Inclino la testa di lato.
“In tutti i modi che conosco?” Domando; Galbatorix annuisce. Errore, mio caro re; hai fatto un grosso errore e lo vedrai presto. Prendo un respiro profondo e chiudo gli occhi, espando la mente in maniera da sentire i flussi di magia. Un punto poco lontano da Eragon sprizza di energia, molto probabilmente gli Eldunarì; anche tra Eragon, Saphira e Arya si dirama un flusso di energia che li unisce. Ma è dal re che ne proviene il maggior quantitativo, quindi non è lui che devo colpire, almeno per ora.
Sento che la magia ha un peso maggiore, non so esattamente come spiegare questa sensazione, ma sembra che sia aumentata di peso e faccia più fatica ad uscire dal mio corpo; prendo un respiro e allontano quel peso, ogni secondo che passa mi sento più leggera e alla fine la magia torna e percorrere il mio corpo. Individuo velocemente il filo di energia che blocca Saphira e lo taglio.
La dragonessa emette un ruggito sonoro e scuote le ali, poco dopo anche Eragon ed Arya si liberano; lascio solamente Elva zitta, non ho intenzione di sentire le sue parole.
“Come è possibile?” Il sibilo sgomentato del re mi giunge come una pugnalata e mi riporta alla realtà, riapro gli occhi e lo fisso con un sorriso lugubre.
“La cosa è alquanto semplice” Mentre l’attenzione di Galbatorix è tutta su di me i bambini scappano verso Saphira, e Wayman mi raggiunge senza dare nell’occhio “Io voglio quel trono e presto lo avrò”
“Non dire sciocchezze; sei sempre stata così fedele, perché buttare tutto al vento proprio ora? Tanto lo sai di non potermi battere, mi hai giurato fedeltà e io controllo la magia” Rido di cuore.
“Non hai nessun controllo sulla MIA magia! E credo sia meglio per te cedere il trono con le buone, oh, bè sì, userò le cattive” Sorrido malignamente.
“Tu non puoi niente contro di me, ragazzina” Rido nuovamente.
“Vedremo” In quello stesso istante tutti gli attacchi mentali ripartono, io raggiungo Wayman “Sei pronto, guerriero dei fulmini?” Domando, lui annuisce e mi sorride.
“Ma con la magia bloccata in questo modo…”
“Stammi vicino, ci penso io. Adesso fa quello che devi” Lui annuisce e storcendo il collo lo fa scricchiolare con un rumore sinistro; allarga leggermente le mani e apre bene le dita, sottili filamenti di elettricità iniziano ad attorcigliarsi intorno alle sue falangi, poi anche il corpo viene invaso da una luce blu, elettrica. A scatti i fulmini scaturiscono dalle sue mani e vanno a frapporre una barriera per dividere il re e Shruikan dagli altri.
“Fai quello che devi fare, ma sbrigati. Non so quanto potrò resistere” Che benedizione Wayman; avevo scoperto qualche tempo prima quel era il suo potenziale, lo avevo visto arrabbiarsi e sprizzare scintille dagli occhi e lui mi aveva raccontato che da piccolo era stato colpito da un fulmine e questi non gli aveva fato alcun danno. Solo in seguito si era reso conto di possedere questa particolare capacita, quando aveva folgorato suo padre mentre questi lo picchiava. Se ne era andato di casa e nel tempo aveva fondato la sua piccola brigata.

NOTE DELL’AUTRICE: Salve a tutti, felice di risentirvi; ho da darvi qualche notizia:
Siamo giunti al penultimo capitolo, che spero vi sia piaciuto
La mia prossima storia, di cui ho scritto solamente due capitoli, si intitolerà “Danzare coi propri demoni”
Detto questo vi saluto, a presto.

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Capitolo 22
*** 22 - La fine è l'inizio di una nuova era ***


NOTE DELL’AUTRICE (pre-capitolo): Allora, che dire? Siamo giunti alla fine e non vi ringrazio perché i ringraziamenti saranno in fondo. Buona lettura. 

VOGLIO SALVARTI

22 – La fine è l’inizio di una nuova era

La mia teoria su Wayman è che abbia del sangue di elfo nelle vene, lo vedo anche nelle sue orecchie, un po’ più allungate della media; credo che quel pizzico di magia che gli scorreva nelle vene stesse cercando di proteggerlo, ma tutta l’energia che gli prosciugava dal corpo lo avrebbe comunque ucciso e così la magia, cosa che non riuscirò mai a capire fino in fondo, usò l’energia sprigionata del fulmine per alimentarsi; penso che qualcosa di quell’improbabile miscela sia restato nel corpo di Wayman e lui, col tempo, abbia imparato a controllarlo.
Ma non è questo il momento di pensare.
Mi sento svuotata, la testa fatica a connettere; gli arti sono pesanti e ingombranti. Le squame di Ignem e Glaedr si attaccano al mio collo, incidono la pelle fino a diventare parte di essa e pian piano si moltiplicano. Cado in ginocchio, per sostenere il peso eccessivo che sento al petto; lo stomaco mi brucia in maniera inspiegabile e la gola ancora di più.
Urlo.
Sento il mio urlo propagarsi e echeggiare nella sala, non ha più niente di umano; è roco e raschiante, troppo forte per una gola piccola come quella umana. Sento gli artigli graffiare il pavimento a scacchiera e i muscoli tendersi sotto le squame, le ali vibrare nell’aria. Anche l’ossigeno sembra arrivare in quantità esponenziali, i draghi per volare ad alta quota hanno bisogno di respirare anche quando l’aria è rarefatta e a terra assimilano molto più ossigeno. Ora anche io ho le sembianze di un drago.
Guardati” Ignem mi manda la mia immagine, vista coi suoi occhi. Sarei esattamente uguale a lei, se non fosse per la metà dorata del mio corpo; deve essere stata la squama di Glaedr, ma non credo che cambi più di tanto.
Ruggisco e il fuoco divampa; la barriera di elettricità si esaurisce e Wayman fa qualche passo indietro, esausto. In quello stesso istante Murtagh entra nella sala del trono, ruggisco contro Castigo e mi lancio verso Shruikan; tutti gli altri draghi mi seguono.
Quello che segue sono artigli, sangue, fuoco e i colori dell’arcobaleno che si mischiano e cercando di vincere l’uno sull’altro; alla fine del drago nero rimangono solo poche membra sanguinanti. Zoppico verso il centro della sala; non credo di poter rimanere drago ancora a lungo e Galbatorix non è ancora morto.
Mi sembra di abbassarmi, i capelli tornano a solleticarmi il viso e il pavimento mi viene in contro a velocità innaturale. Sento il freddo marmo contro la pelle nuda e un secondo dopo il tessuto di un mantello mi si posa sulla schiena, cerco di tirarmi su e dopo pochi secondi ci riesco; prendo una boccata d’aria con i miei polmoni e finalmente la testa smette di girare.
Mi stringo nel mantello di Wayman, per non dare spettacolo, non so nemmeno dove siano finiti i miei vestiti; cerco con la mente Ignem e, con mio grande sollievo, constato che sta bene e non è ferita. Abbasso gli occhi sul mio braccio sinistro, che sanguina copiosamente, lo guarisco e ora sono pronta per affrontare quello che ho davanti.
La porta si è aperta e molti nobili si stanno riversando nella sala del trono; gentile opera di Balor, il soldato che seguiva i Varden, che si è recato nelle città più importanti e non devastate dalla guerra per riunire i nobili, per farli presenziare al colpo di stato. Faccio vagare gli occhi per la sala; le nobili figure si assiepano contro i muri, il più lontano possibile dalla battaglia.
Galbatorix è davanti al soppalco, su cui è sistemato il trono, che si è rovesciato; brandisce la spada e fronteggia Eragon, gli occhi fuori dalle orbite e il volto distorto in una maschera di rabbia e dolore; anche in quelle condizioni Eragon non potrebbe mai vincere, ma io continuo a spostare lo sguardo.
La stanza ora è completamente illuminata e Nasuada è diventata visibile, Arya è al suo fianco e le sta curando le ferite. Il mio sguardo continua a vagare; Murtagh è di fianco a Castigo, il drago rosso non è messo bene e il suo cavaliere si sta occupando di lui, lo guardo per un secondo e poi mi costringo a spostare lo sguardo su Wayman. Il volto del giovane uomo è imperlato di sudore, ma è sorridente, quindi sta bene.
“Hai portato i vestiti?” Domando; lui annuisce e da una bisaccia, che in precedenza non avevo notato, tira fuori un paio di brache e una camicia, di una misura in più. Prendo i pantaloni e li indosso tenendo il mantello, sono costretta a toglierlo per indossare la camicia, ma do le spalle a tutti, tranne che a Wayman.
“Ora, per favore, prendi la mia spada” Lui annuisce e fa come gli ho detto; lego il cinturone alla vita e mi preparo a compiere il mio destino.
“Eragon!” Chiamo, avvicinandomi ai due duellanti; entrambi si fermano, ma non abbassano la guardia. “Eragon fatti indietro, ora tocca a me; se non farai come ti dico dovrò uccidere anche te” Saphira ringhia e si avvicina minacciosa, ma Ignem è subito al mio fianco e la respinge con la sua mole, senza farle del male. Il cavaliere ascolta le mie parole e si fa indietro, senza togliere gli occhi da Galbatorix.
“Sire, avete ancora intenzione di resistermi? Avete perso il vostro drago, nuovamente” Urla, un urlo rabbioso e carico di dolore “Sarò buona con voi, siete stato il mio maestro d’altronde, vi risparmierò la vita e potrete vivere in questo palazzo e non vi saranno privati gli agi”
“No! Deve morire” Grida Arya, da qualche parte dietro di me.
“Tu parli a me di arrendersi?!” Gli occhi trasudano pazzia, e non la pazzia razionale del re, ma la pazzia che rende folli, la pazzia del dolore. “Io ti ucciderò! Vi ucciderò tutti! Come hai osato? COME HAI OSATO?!” Si scaglia su di me brandendo la spada a due mani; mi metto velocemente in guardia e paro il fendente che arriva dall’alto, schivo un affondo allo stomaco e ne tento uno alla spalla di Galbatorix, che viene intercettato.
Arretro di qualche passo, prendo una boccata d’aria e torno ad attaccare, parata, affondo, stoccata e nuovamente parata; in una danza veloce e mortale. So benissimo che se dovessi perdere non resterei in vita abbastanza per rammaricarmene. Altro affondo e sento che la spada taglia la carne, l’urlo del re mina la mia concentrazione e ritraggo la spada, cosa che non avrei dovuto fare. Mi riprendo velocemente, paro una stoccata alla spalla destra e la spada bianca di Galbatorix vola in aria; un secondo e la mia è penetrata nel petto, vicino al cuore; affondo fino all’elsa e il sangue caldo mi bagna le mani.
Accompagno il suo accasciarsi piegando le ginocchia “È questa la mia eredità? Tutte le mie buone intenzioni finiscono con due compagni morti e una spada piantata nel petto dalla mia più fedele accolita?” Tossisce e un rivolo di sangue gli scorre da un angolo della bocca “Io volevo farlo per lei…” Un altro colpo di tosse.
“Lo so” e con queste parole giro la lama nella ferita, con un gemito di dolore se ne va Galbatorix, il tiranno di Alagaesia. Estraggo la spada dal cadavere e questi si accascia, gli occhi annebbiati e la bocca aperta in un urlo muto. È stato tutto troppo semplice, quasi sbagliato; non dico che lui non fosse alla mia altezza nella scherma, ma avrei voluto ferirmi e urlare di dolore, forse persino morire.
Mi giro verso la folla che ha assistito allo scontro “Ecco a voi la vostra nuova regina” dai nobili partono degli applausi, molto probabilmente i discendenti di coloro che mi avevano giurato fedeltà, seguiti da tutti gli altri. Avanzo verso il soppalco e, con la magia, rialzo il trono e mi ci siedo; è sorprendentemente scomodo.
“Anna” la voce di Murtagh sovrasta gli applausi “Anna, vieni con me; lascia che ti salvi da questo destino orribile” la rabbia mi fulmina la mente; perché non te ne sei già andato?! Perché vuoi farmi questo?! Ho ucciso il mio maestro per questo, non posso infangare ancora di più la sua memoria e lasciare che tutto quello che ha costruito diventi solo polvere.
“Tu mi vuoi salvare perché è la tua natura, aiutare principesse indifese” Nella grande sala cade il silenzio “Ma ti sei mai chiesto, almeno per un secondo, se voglio essere salvata?” Lui non risponde ma continua a guardarmi fisso. Si inginocchia, senza staccare quegli occhi profondi dai miei.
“Io voglio che tu sia felice, ma non così” Mi alzo, è giunta l’ora di fare la mia scelta, ho ritardato fin troppo. Mi inginocchi davanti a lui; viso contro viso, occhi negli occhi. Mi prende il volto tra le mani e mi bacia; un bacio a fior di labbra, leggero. Resto immobile.
Una mano mi scivola agli stivali, che avevo indossato poco prima del duello. Un sussulto di sorpresa, gli occhi spalancati e un ruggito di dolore; i draghi si agitano mentre Castigo si accascia a terra. Lascio la presa sull’elsa del pugnale, come se il cuoio fosse arroventato.
“Mi dispiace” una lacrima “Mi dispiace” una seconda lacrima “Mi dispiace” altre lacrime seguono i miei sussurri. Mi stacco da lui; mi rivolge un ultimo sguardo, non vedo odio nei suoi occhi e questo mi ferisce ancora di più. Se tu mi odiassi almeno potrei dire che siamo pari; che non sono un mostro, ma ti prometto, ti giuro che il mio mostro sarà la parte migliore di te. Perché ho imparato così tanto dal tuo modo di vivere, dal tuo velato ottimismo e da quello che avresti voluto per noi; ma il problema è che un noi non ci può essere. Io ho un popolo, mi è stato assegnato quando si è schiuso l’uovo di Ignem e quel popolo è un mio fardello, non voglio condividerlo con te. Un giorno ti raggiungerò, promesso e ti restituirò la tua parte migliore; lo sai che pago sempre i miei debiti.
“NO!” Il grido di Eragon e la sua corsa verso di me non fanno altro che irritarmi, senza parlare lo fermo e con lui Saphira; continua a divincolarsi, ma non può sciogliere la mia magia.
Wayman si avvicina, ha intenzione di ricevere la sua ricompensa. Posa un ginocchio a terra, nel sangue ancora fresco e caldo; alza gli occhi su di me e con la sua voce profonda, ma al contempo estremamente divertita chiede: “Vuoi sposarmi?”
Annuisco con le lacrime agli occhi, non sono felice “Io sarò la regina e tu il mio re” Perché in fono so che non avevo bisogno di lui, del Cavaliere Rosso; è dell’uomo che ora mi bacia di cui ho bisogno.
E ora governerò in tua memoria, Murtagh, e nella tua, Galbatorix; perché siete stati voi due ad avermi mostrato la strada e voi due avete versato il sangue per una nuova era.

FINE

NOTE DELL’AUTRICE: Ciao a tutti; forse in questo momento starete affilando i pugnali e vi capisco, lo farei anche io… Ma mi dispiace molto per Murtagh
Ok, dopo questa premessa passo ai ringraziamenti:
Ringrazio una mia amica che ha prestato il suo nome ad Anna, ringrazio tutti coloro che hanno recensito, chi a messo la storia tra seguite, ricordate e preferite; chi non ha abbandonato Anna dopo tutte le cose cattive che ha fatto e chi crede che ci sia ancora del buono in lei (perché in fondo, in fondo è la persona migliore che Murtagh potesse trovare… Nonostante tutto. Almeno per me). Grazie a tutti i lettori silenziosi, che senza parlare hanno mantenuto viva la fiamma di Anna e di Ignem.
Ciao e spero che continuerete a seguirmi, nonostante io maltratti così tanto i nostri personaggi preferiti.

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