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A
Eleanor94, per la sua dolcezza e perché’ ama questi due
‘piccoli grandi eroi’ quanto me <3
«Everybody's waiting, Everybody's watching
Even when you're sleeping
Keep your ey-eyes open.»
E. Y. E.S.
O.P.E.N.
[1]
Premessa. Questo primo capitolo èambientato a circa un anno di distanza dalla morte di Mr. Everdeen e Mr. Hawthorne.
«The tricky thing is yesterday we were just
Children playing soldiers, just pretending
Dreaming dreams with happy endings.»*
Un tiepido sole mattutino aveva appena incominciato ad
arrampicarsi nel cielo, rischiarando i volti sporchi di carbone della gente del
Giacimento. Di fronte all’abitazione della famiglia Hawthorne due ragazzini
stavano duellando a colpi di bastone, fingendo di brandire una spada. Uno dei
due, il più piccolo, si chinò appena in tempo per schivare il colpo del
maggiore e toccò l’altro con la punta del suo bastone.
“Bella mossa, soldato Hawthorne!” si complimentò con un
sorriso fiero il più grande, battendo una mano sulla spalla del fratellino.
Vick Hawthorne sorrise e si mise sull’attenti, saltellando poi in avanti per
tendere un agguato con la sua spada improvvisata.
“In guardia, soldato!” esclamò, cercando di imitare il
tono autoritario di Rory. Incespicò nella maglia troppo grande che gli rendeva
difficile muoversi in maniera sciolta, ma il maggiore riuscì ad afferrarlo in
tempo per evitare che ruzzolasse a terra.
“Due parole, Vick,” lo ammonì poi, aiutandolo a rimettersi in piedi. “Occhi aperti!”
Dovevano sempre tenere gli occhi aperti, le persone del
Giacimento. Nelle miniere, nei boschi o barattando la selvaggina al forno. Rory
questo lo sapeva, anche se nel primo posto c’era stato una volta sola, con la
scuola, e negli ultimi due ci andava raramente, in compagnia del fratello
maggiore. Tuttavia ricordava ancora bene quanto spesso suo padre gli ripetesse
quella frase, quando giocavano a scacchi la domenica. “Occhi sempre aperti, ragazzo”
lo avvertiva Joel Hawthorne, ogni volta cheil re di Rory rischiava di venire mangiato da una delle sue pedine. Era
una delle abitudini dell’uomo che al ragazzino mancavano di più, assieme
all’ossessione per il numero quattro che Joel aveva trasmesso al secondogenito.
Il quattro era sempre stato il numero portafortuna del signor Hawthorne: aveva
avuto quattro figli, tutti con nomi da quattro lettere e nulla l’aveva mai reso
più orgoglioso che rincasare la sera e venire accolto dai sorrisi dei suoi tre ragazzi e da Hazelle, che teneva
protettiva una mano sul pancione, mentre l’altra era immersa nel catino dei
panni.
“Sissignore!”
dichiarò in quel momento Vick, prima di tornare all’attacco con la sua spada. Rory schivò il colpo e i due
bastoni cozzarono l’una contro l’altro; quello del maggiore si spezzò in due.
“Ho vinto!” dichiarò Vick orgoglioso, portandosi le mani
sui fianchi.
Rory scosse il capo con aria distratta, notando due
ragazzine che si stavano avvicinando all’ingresso di casa Hawthorne.
“No che non hai vinto” commentò svogliatamente,
sorridendo alle due bambine. “Ehi, Prim!” esclamò poi, rivolgendosi alla
coetanea che si avvicinò per prima. “’Leen” aggiunse, salutando la seconda
ragazzina.
Eileen Ferral ricambiò il sorriso, incastrandosi una
ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio. Era la figlia del lattaio, una
delle migliori amiche di Prim. Aveva lunghi capelli biondi e luminosi occhi
azzurri come la coetanea, ma non era pallida e smagrita quanto lei. Rory ci
aveva parlato qualche volta, a scuola o mentre passava per consegnare la
biancheria pulita ai suoi genitori: non era male, per essere una femmina. Però non era Prim.
“Vi abbiamo portato il latte… ” spiegò in quel momento
Eileen, spostandosi per mostrare ai due fratelli il carretto. Vick e Rory
appoggiarono a terra i bastoni e corsero dentro a prendere le bottiglie vuote
per sostituirle con quelle appena arrivate.
“…E anche un’altra cosa” mormorò Prim con espressione
tutto a un tratto esitante, sollevando un lembo della coperta che nascondeva
una metà buona dell’interno del carretto. Rory tornò fuori e aggrottò le
sopracciglia.
“Che altra cosa?”
Prim ed Eileen si scambiarono un’occhiata apprensiva.
Solo in quel momento Rory notò qualcosa che si muoveva sotto il drappo.
Individuò un musetto nero dal pelo sporco e arruffato e due occhi vispi dello
stesso colore: un cucciolo. Gli avevano
portato un cucciolo.
“Che bello!” esclamò subito Vick, inginocchiandosi a
terra. Incominciò ad accarezzare il cagnolino, sotto lo sguardo contrariato del
fratello maggiore.
“L’abbiamo sentito che piangeva mentre passavamo vicino
al Prato” spiegò Prim, “Al padre di ‘Leen i cani non piacciono, dice che è
allergico, così ho pensato che…”
“Non possiamo tenerlo, Prim” la interruppe subito il
ragazzino, drizzando appena la schiena e mettendosi a braccia conserte. Prim lo
trovava piuttosto buffo quando faceva così, ma non gliel’aveva mai detto. “E
nemmeno voi, avete già Ranuncolo.”
“Ma sta morendo di fame, Rory!” s’impuntò la bambina,
badando bene a non alzare troppo la voce, per non attirare l’attenzione di
Hazelle. “Forse, se prendiamo tutti i giorni qualcosina da mangiare per lui dai nostri piatti possiamo salvarlo:
solo un boccone.”
“Anche noi moriamo di fame” le ricordò il ragazzino in
tono di voce secco.“Non lo sai che Sae
la Zozza li mette nella zuppa, i cani? Paga anche chi glieli porta.”
Prim sbarrò gli occhi, inorridita. Anche Eileen sembrò
rabbuiarsi, al suono di quelle parole. Rory chinò il capo, in imbarazzo per via
della loro reazione; non intendeva preoccuparle. Non l’avrebbe ammesso ad anima
viva, ma detestava vedere Prim triste o spaventata per qualcosa. Se ne era
accorto la prima volta che l’aveva vista piangere, al funerale dei loro padri.
Erano in classe assieme da quando avevano incominciato la scuola e prima di
allora l’aveva sempre vista allegra: aveva un bel sorriso, di quelli che ti
mettevano di buon umore anche se fuori pioveva, faceva freddo e il tuo unico
paio di scarpe buono si era rotto giocando a calcio nel fango.Per quello trovava così brutto vederla
piangere. Non era giusto, perché Prim sembrava essere nata per sorridere.
Spostò lo sguardo verso il fratellino, che stava ancora
giocando con il cucciolo.
“Forse anche lui ha perso il papà come noi” osservò a
quel punto Vick, sedendosi a gambe incrociate sul terreno e prendendo il cagnolino
in braccio. “Dobbiamo aiutarlo, come Gale aiuta noi quando va a caccia” concluse,
con aria pratica.
“Cane ha quattro lettere” osservò in quel momento Prim,
tornando ad accarezzare il muso del cucciolo, senza distogliere lo sguardo da
Rory: la tristezza se ne era andata dai suoi occhi, per lasciare il posto a
un’espressione speranzosa. “C.A.N.E. A te piacciono le cose con quattro
lettere, lo dici sempre!”
Il ragazzino esitò. Analizzò impensierito i lineamenti
delicati di Prim, le sue labbra screpolate e le trecce bionde un po’ sfatte.
Guardò poi Eileen, che ricambiò lo sguardo con espressione incoraggiante,
mentre con una mano si sistemava la fascetta rossa fra i capelli. Eileen era
molto bella, ma i suoibronci non lo
rendevano triste, facendogli sentire un peso all’altezza del petto.Era
bella, ma era Prim che lui voleva far sorridere.
“E va bene” si arrese infine, scoccando un’occhiata riluttante
al cagnolino. “Magari se dico a Gale che è stato Vick a portarlo in casa, non
si arrabbierà”.
Vick ed Eileen esultarono, stringendosi attorno al
cucciolo per accarezzarlo. Lo sguardo di Prim tornò a farsi luminoso e il
solito sorriso dolce tornò a modellare con grazia le labbra della ragazzina.
“Grazie, Rory!” trillò avvicinandosi a lui per
schioccargli un bacio sulla guancia. Rory fece spallucce. Cercò di mostrarsi
noncurante, nonostante l’imbarazzo per quel gesto fosse evidente dal suo
rossore.
“Sai che roba” minimizzò, mettendosi le mani in tasca.
Quando Prim gli diede le spalle, tuttavia, si passò sdegnato il dorso della
mano sulla guancia.Pensò ad alcuni suoi
compagni di classe che si salutavano con baci appiccicosi sulla bocca e a suo fratello
Gale che aveva sorpreso il giorno prima a sbaciucchiarsi
con una del Giacimento. Gli veniva in mente una sola parola – una parola da
quattro lettere, per la precisione, quando pensava a quelle cose: n.o.i.a.
A lui non interessava avere una ragazza; e non gli
interessavano i baci.
Però Prim sorrideva: sorrideva a lui.
Poteva anche sopportare un po’ di saliva sulla guancia,
se il risultato era quello.
Nota dell’autrice.
Questo capitolo partecipa alla - Un anno colmo di prompt - challenge con il prompt 30. Cagnolino.
*Eyes Open – Taylor
Swift
Questa storia la
incominciai in gennaio, dopo aver ascoltato per l’ennesima volta la canzone da
cui ilracconto prende il titolo. Rory e Prim sono una delle mie OTP,
anche se nella saga vengono approfonditi pochissimo(specialmente Rory), per questo ci tenevo a
provare a scrivere qualcosa incentrata esclusivamente su di loro. Per qualche
strano motivo mi ero fissata con il pensiero di voler terminare la storia entro
l’altro ieri, il giorno del mio compleanno, ma alla fine ce l´ho fatta solo
ieri e, visto che nel frattempo la
storia ha raggiunto le 10 pagine, ho pensato che sarebbe stato meglio
trasformarla in una mini long. I capitoli saranno brevissimi e saranno quattro,
perché il quattro è uno dei due fili conduttori di tutte e cinque le scene
contenute dal racconto.
Su questa prima
scena non c’e molto da dire; è ambientata meno di un anno dopo la morte di Mr.
Everdeen e Mr. Hawthorne, quindi Prim e Rory hanno più o meno otto anni (Vick
ne ha sei). Joel è il nome che ho scelto di dare a Mr. Hawthorne nelle precedenti storie incentrate su di
lui e sulla sua famiglia. Il personaggio di Eileen lo inventai in
gennaio, quando nacque questa storia, per due motivi ben precisi che scriverò
poi nelle note dell’ultimo capitolo. Il nome l’ho scelto perché’ volevo
qualcosa che si rifacesse ai capelli biondi e alla carnagione chiara dei
commercianti del Distretto 12 ed Eileen, oltre ad avere un bel suono,significa luce.
La fissa per le
parole da “quattro lettere” che per ora è stata appena accennata e il relativo
riferimento a Mr. Hawthorne fanno riferimento al fatto che tutti i
ragazzi Hawthorne portino nomi da quattro lettere: mi è sempre piaciuto
immaginare che questa famiglia avesse una sorta di tradizione in merito. La
frase motto di Rory, invece, (“Occhi sempre aperti”) si riallaccia alla canzone
Eyes Open di Taylor Swift, che ho citato nel testo e che mi ha dato l’ispirazione
in gennaio per scrivere questa stramba storia. Il titolo della storia è
punteggiato proprio perché’ entrambe le parole hanno quattro lettere. Il titolo
originale doveva essere “Four Letters – E.Y.E.S. O.P.E.N.” ma nel
frattempo ho aperto la raccolta sul significato dei nomi dei fratelli Hawthorne,
Four Children.
Four Names. Four Letters, e ho quindi
dovuto cambiare il nome a quest’altra storia xD
Penso di aver
detto tutto! Il secondo e il terzo capitolo di questa mini-long saranno
ambientati durante il periodo che Rory, Prim e famiglie trascorrono al Distretto
13. L’epilogo, invece, sarà ambientato dopo la rivolta. Ho già scritto
tutto, quindi per la prima volta nella mia vita posso dire che non aggiornerò
con millemila mesi di ritardo, pur non avendo un computer su cui fare
affidamento >.< Spero davvero che questa mia piccola impresa folle possa
piacere a qualcuno <3 Intanto ringrazio chi è riuscito a seguirmi fino alla
fine del polpettone e vi abbraccio forte!
«In backyards, winning battles with our wooden swords
But now we've stepped into a cruel world
Where everybody stands and keeps score
Keep your eyes
open.»
“Vieni con me” sussurrò Prim all’orecchio di Rory,
facendolo sorridere. Il ragazzino scoccò un’occhiata cauta alla madre, che
stava sistemando con cura dei vestiti di Gale in un cassetto, e sgusciò fuori
dall’unità, preceduto dall’amica. Le luci erano state spente da una quindicina
di minuti e l’unico rumore che echeggiava per i corridoi era quello dei loro
passi, ma non c’era poi così tanta differenza rispetto al giorno: il Distretto
13 era quasi sempre silenzioso. Rory lo detestava anche per quello.
I due ragazzi attraversarono a passo svelto la stanza
principale dell’ospedale, cercando di non attirare troppo l’attenzione. Prim
guidò l’amico lungo l’atrio, introducendosi poi in uno dei corridoi sulla
destra: sembrava conoscere quel posto a memoria. Si fermò solo quando raggiunsero
la nursery dell’edificio; in quel momento Rory riconobbe un rumore di passi che
si stavano avvicinando e afferrò d’istinto la mano di Prim, attirandola a sé
verso la parete. Un infermiere attraversò rapidamente il corridoio opposto,
senza accorgersi della loro presenza. Una volta soli i due ragazzi si allontanarono
dal muro, visibilmente sollevati.
“Occhi sempre
aperti” ricordò con un sorriso Rory, lasciando andare la mano dell’amica. Prim
ricambiò il sorriso, prima di scuotere il capo con finta rassegnazione.
“Era un po’ che
non te lo sentivo più dire” osservò, prima di avvicinarsi ai vetri della
nursery. “Mi fa pensare a quando eravamo piccoli. Vieni qui” aggiunse poi,
facendo cenno a Rory di seguirla. “Voglio farti conoscere qualcuno.”
Il giovane aggrottò le sopracciglia con aria perplessa,
ma acconsentì comunque. Sbirciò oltre il vetro, analizzando con lo sguardo i
piccoli pazienti che riposavano nei rispettivi lettini: erano tre. Tre neonati
soltanto, in tutto l’ospedale.
“Non sono bellissimi?” mormorò Prim, analizzando
incantata i movimenti di uno dei bambini. Rory si strinse nelle spalle,
esibendo un’espressione poco convinta.
“Mi hai portato qui per vedere dei marmocchi?” chiese poi con un sorriso per mascherare la punta di
delusione nel tono di voce. Aveva sperato in ben altro quando Prim gli aveva
chiesto di seguirla fuori dall’unità. “Ho due fratelli più piccoli, so come sono
fatti i bambini.”
La ragazzina sorrise, alzando gli occhi al cielo.
“Non è solo per questo” rispose, avvicinandosi a Rory.
“Lo vedi quel bimbo lì? Quello al centro” chiese, sorridendo a uno dei tre
neonati. “Viene dal Giacimento come noi: è orfano” aggiunse, con la voce che le
tremava leggermente. “Il papà è morto durante i bombardamenti e la mamma non ce
l’ha fatta a superare il parto. Ci sono stati dei problemi… Era denutrita e
aveva perso molto sangue per via di una ferita alla gamba. Forse te la ricordi,
avevo aiutato mia madre a medicarla, la notte delle esplosioni.”
Rory annuì; istintivamente allungò il braccio per
stringere la mano di Prim. L’amica ricambiò la stretta e premette la fronte
contro il vetro.
“Non ha nemmeno un
nome” mormorò, rivolgendo un sorriso triste al neonato addormentato. “Pensavo
che avresti potuto aiutarmi a sceglierne uno. Può essere di quattro lettere, se
vuoi” aggiunse, voltandosi verso di Rory. Il ragazzino arrossì leggermente,
tornando a osservare i tre bambini nella nursery. Seguendo l’esempio del padre,
Rory aveva sviluppato una fissazione insolita per le parole da quattro lettere,
e si divertiva spesso a inserirne il più possibile in una frase, sfidando Prim
a fare altrettanto.
“Non sono molto bravo con queste cose” ammise infine, dando
una scrollata spalle. Prim gli sorrise.
“Avrei voluto far venire anche ‘Leen, ma quando sono
passata da lei sua madre mi ha detto che stava dormendo” spiegò poi la
ragazzina, senza distogliere lo sguardo dal neonato. “Sarà dispiaciuta quando
glielo racconterò: tu le piaci, Rory” rivelò infine, guardando l’amico di
sottecchi; il solito sorriso dolce era arricchito da una lieve punta di
malizia. “Le piaci praticamente da sempre”.
Rory distolse lo sguardo, fingendosi noncurante.
“Non mi interessa avere la ragazza” rispose in tono di
voce asciutto, stringendosi nelle spalle. Non era vero, e si dava mentalmente
dello stupido ogni volta che pronunciava frasi simili di fronte a Prim. La
verità era che Eileen, tutto sommato, gli piaceva: era bella, spiritosa e
sempre gentile con i suoi fratelli più piccoli, ma non ne era innamorato. Non
si era mai interessato a nessuna in quel senso, al di fuori di Prim, e non
credeva che l’avrebbe mai fatto. Anche se ormai stava crescendo. Anche se non
era più il ragazzino di otto anni che si era preso una strigliata dalla madre,
pur di far sorridere la sua migliore amica. Perché era quello che piaceva al
Rory di otto anni: vedere Prim felice. Aiutarla a sminuzzare le erbe per le
medicine della signora Everdeen e tenerle la mano durante i pomeriggi di
Mietitura, mentre attendevano il ritorno dei fratelli maggiori dalla piazza.
Adesso che di anni ne aveva tredici, Rory l’avrebbe portata volentieri su un
cumulo di scorie della miniera per baciarla, come faceva Gale con le ragazze
quando aveva più o meno la sua età: ma i cumuli non c’erano più e nemmeno le
miniere. Il Distretto 12 era più vuoto dei loro stomaci durante gli inverni
rigidi al Giacimento e lui e Prim non avevano più un posto da chiamare casa. Gli mancava la sua vecchia vita.
Al 13 lui e la sua famiglia non dovevano più lottare per procurarsi due pasti
scarsi al giorno e ricevevano vestiti puliti e in buono stato ogni qualvolta ne
avessero bisogno, ma erano controllati dal mattino alla sera. Non potevano
uscire all’aperto e non c’era nemmeno un filo di verde a ravvivare il grigio
delle loro uniformi. Non c’era la sensazione rassicurante che Rory aveva
provato in passato nel rientrare ogni sera, dopo aver consegnato il bucato alle
famiglie dei commercianti, al pensiero di esserefinalmente a casa. Non c’era il nero del
carbone, ma nemmeno il bianco della neve invernale o la luce tiepida del sole
d’estate.
“Che ne dici di Coal?” azzardò infine arrossendo, consapevole
dell’assurdità della sua proposta. Indicò il bambino con un cenno del capo,
sotto lo sguardo sorpreso di Prim. Coal, carbone. Quattro lettere per un nome
che avrebbe sempre ricordato al neonato il suo luogo di provenienza. Anche se
lui, a differenza dei due ragazzi, non avrebbe mai corso per il Prato, né atteso
con impazienza il ritorno del padre dalle miniere. Prim soppesò le sue parole
con aria d’un tratto ravvivata.
“Penso che sia perfetto” concordò infine, sorridendo al
neonato. “Piacere di conoscerti, Coal” mormorò con dolcezza, prima di
appoggiare il capo sulla spalla di Rory; l’amico le cinse i fianchi con un
braccio, adagiando poi il mento sui suoi capelli. Rimasero in silenzio per
qualche minuto, intenti ad osservare i volti addormentati dei tre bambini.
Fu in quel momento, con Prim stretta a lui e il suo
profumo a stuzzicargli delicatamente le narici, che Rory l’avvertì di nuovo: la
sensazione che aveva perso con l’arrivo delle bombe e che temeva non avrebbe
mai più ritrovato. Era qualcosa che si poteva riassumere in una sola parola,
una parola composta da quattro lettere:c.a.s.a.
Nota dell’autrice.
Questocapitolopartecipaalla -Un
anno colmo di prompt - challengecon il
prompt Bambini.
Buonasera! Ecco qui il secondo capitolo
di questa mini-long. Il passaggiodella canzone cheaprequesta parte in teoriadovevafungere
da transizionefra la scena del primo capitolosull’infanzia di Rory e questa
prima scenaambientata al Distretto 13, per questo ci sonogliaccenniallespade di legno, cherimandano al prologo. Questo capitol purtroppo mi convince decisamentemenodelprecedente
>.< Ma fannocomparsadiversielementiche ci tenevo ad evidenziare! L’ideadella
nursery e del bambino orfano, così
come la questione del nome
mi servivano a rinforzareilconcettodelle
“quattrolettere”, ma anche a sottolineareilcambiamentochestannovivendo
Rory e Prim in seguitoaibombardamenti e al trasferimento.
Ilriferimento al cumulo di scoriedellaminieraproviene da un passaggio
del terzolibro in cui Gale
raccontatuttotranquillo a Katniss di quanteragazzeabbiabaciato al Distretto 12, dietro la scuola e sulfamosocumuloche era statomenzionatoanchenelcapitoloprecedente. Chiedoscusa in anticipo se troveretequalcheparolasenzaaccento
e magari con l’apostrofo,
ma stocambiando computer
in continuazione e quest’ultimochehopreso
in prestitodallabiblioteca non riconoscel’italiano come lingua su word
(la miabattagliacontro la tecnologiaprosegue). Dovreicomunque aver correttotuttigliapostrofi
e gliaccentimancati, spero di non avernedimenticatonessuno. Ilprossimocapitolosaráambientatonuovamente al Distretto 13 e a quelloseguirál’epilogo. In seratacercherò di finire di rispondereallerecensioni <3 Un grazie infinite a chiunquestiacontinuando a leggerequestastoria!
Rory si chiuse con forza la
porta alle spalle, senza preoccuparsi del fatto che qualcuno potesse sentirlo;
le idiozie della gente del Tredici stavano incominciando a dargli noia.
Attraversò a passo svelto la stanza che, fino a qualche giorno prima, era
appartenuta a Katniss e a Johanna Mason. Individuò subito Prim, rannicchiata
sul letto della sorella: aveva le ginocchia strette al petto e lo sguardo
assorto, concentrato sul gioco di luci che la lampada proiettava sulla parete.
Sul suo viso erano ancora evidenti i segni dell’ansia e della paura che
l’avevano sorpresa il pomeriggio precedente, nel momento in cui avevano
assistito assieme alle immagini trasmesse dal notiziario di Capitol City. Rory
aveva serrato i pugni per la rabbia, osservando il gruppo di pacificatori
appostati sul tetto, per poi inorridire, quando le esplosioni e la pioggia di
fiamme e detriti avevano catturato lo schermo, disintegrando la zona in cui,
poco prima, aveva visto suo fratello combattere. Le rassicurazioni di Haymitch
erano arrivate qualche ora più tardi, ma lui e Prim avevano comunque vissuto
momenti di paura e sgomento, circondati dalle espressioni assenti dei
rispettivi familiari.
“Sei in ritardo, mr. Occhi
Sempre Aperti” lo informò la ragazza con un sorriso, mentre Rory prendeva posto sul
letto di fianco a lei.Il coetaneo roteò
gli occhi.
“Ero sceso a origliare i discorsi dei tizi
appena usciti dal Comando” rivelò, appoggiando la schiena contro il muro. Cinse
poi le spalle di Prim con un braccio e sorrise, quando la ragazza si coprì la
bocca con una mano per cercare di mascherare uno sbadiglio, “Ho sentito che
domani manderanno una truppa di volontari a Capitol City” aggiunse poi con
noncuranza, distogliendo lo sguardo da Prim. L’amica gli rivolse un’occhiata
penetrante, alla quale Rory rispose con un sopracciglio inarcato.
“Volontari dai sedici in su”
specificò in quel momento il ragazzo, appoggiando abbattuto la nuca contro il
muro. “Avere tredici anni fa schifo.”
Durante il primo mese
trascorso al Distretto 13 aveva trovato la scuola del posto e le varie
esercitazioni militari stancanti e ridicole: non era interessato a combattere.
Voleva solo che la sua famiglia e Prim avessero tre pasti caldi al giorno e un
posto decente in cui vivere. Nel corso delle ultime settimane, tuttavia, il suo
modo di pensare era cambiato. La guerra non era più solo il gioco di due
ragazzini che combattevano con i bastoni di fronte all’ingresso di casa
Hawthorne. Era diventata reale e coinvolgeva tutti – adulti, bambini e chi
stava nel mezzo, come lui e Prim. Ne erano parte anche loro, Rory se lo sentiva
nelle ossa ogni volta che le sue orecchie registravano qualche brandello di
conversazione fra due soldati e il suo cuore accelerava i battiti.
Prim sorrise debolmente,
osservandolo con espressione insolitamente addolcita.
“Sei troppo giovane per
arruolarti” mormorò, appoggiando il capo sulla sua spalla. “Uno o due
allenamenti di straforo con i ragazzi più grandi non fanno di te un soldato
vero.”
L’amico le scoccò
un’occhiataccia, prima di sospirare: in fondo Prim aveva ragione. Sentiva di
voler fare qualcosa per la sua gente, contribuire per portare a casa una
dignità che allasua famiglia spettava
di diritto, ma che non si era mai potuta permettere; tuttavia non pensava
davvero di volersi arruolare: immaginarsi nei panni dell’ e.r.o.e.
di
turnoera appagante, ma la paura era tanta e aveva buon
senso a sufficienza da sapere che a tredici anni non si è ancora fatti per la
guerra. A stento si incomincia a capire come funzioni vivere.
“Non sarei comunque potuto
andare nemmeno se fossi stato più grande” obiettò infine, dando una scrollata
di spalle. “Con Gale a Capitol City devo restare qui per prendermi cura della
mamma e dei miei fratelli. E di te.”
Prim smise di sorridere e
distolse lo sguardo, tornando ad appoggiare la nuca contro il muro.
“Non ho più bisogno di persone
che si prendano cura di me” dichiarò a bassa voce, seppur mantenendo un tono di
voce esitante. Si strinse nella vecchia giacca da caccia di Mr. Everdeen che da
anni era passata in eredità a Katniss. “Posso farlo da sola e credo che potrei anche
dare una mano a chi ha più bisogno d’aiuto di me. Ci penso da un po’.”
Rory la fissò deluso per
qualche istante, prima di assumere un’espressione insospettita. Prim incominciò
a mordicchiarsi il labbro, continuando a eludere il suo sguardo.
“A Capitol City assieme alla
truppa, domani, invieranno anche dei medici” esordì infine, voltandosi
finalmente verso l’amico. “Anche per quello c’è un limite d’età, ma hanno un
disperato bisogno di persone e mi hanno chiesto… Mi hanno chiesto se volessi
andare con loro” concluse con un filo di voce: parlava con esitazione e le
guance le erano diventate rosse, come se temesse la reazione di Rory, ma nel
suo sguardo il ragazzo riuscì a scorgere una sottile punta di determinazione.
Rory la fissò a bocca aperta per qualche istante, cercando di registrare il
significato di quelle parole. Scosse poi il capo con vigore, rifiutandosi di
accettarle.
“Non l’ho detto a nessuno”
aggiunse Prim in fretta, mentre l’amico ritirava il braccio, allentando la
presa sulle sue spalle, “Nemmeno a mia
madre.Lo sai solo tu.”
“Ma tu non ci andrai” ribattè
secco il ragazzo, alzandosi in piedi. “Non ci andrai: sei troppo giovane, no?
Come lo sono io.”
“Non ho ancora deciso se ci
andrò” ammise in quel momento Prim, tornando a stringersi le ginocchia al
petto, “So solo che…”
“Non c’è niente da decidere”
la interruppe Rory alzando il tono di voce e serrando le mani; nei suoi occhi
grigi la rabbia stava facendo a pugni con la paura “Tu devi restare qui. Con
me.”
Le parole gli uscirono di
getto prima che avesse il tempo di rifletterci su a dovere. Si accorse di avere
le guance bollenti per la collera e per l’imbarazzo, ma non distolse lo
sguardo. Anche Prim arrossì. Tese esitante una mano verso di Rory, come se
volesse accarezzargli il viso, ma cambiò idea quasi subito. Si fermò, alzandosi
dal letto e fece un passo in avanti per abbracciarlo. Rory la strinse a se’ con
più vigore del solito, mentre i suoi capelli gli solleticavano il viso. Sapeva
di buono, Prim. Gli piaceva averla così vicina al punto tale da poterle sfiorare la
pelle con la punta del naso. Gli piaceva attirarla a sè per la vita mentre lei
gli allacciava le braccia attorno al collo, con la naturalezza tipica dei
migliori amici. In quel momento, tuttavia, i suoi pensieri erano annebbiati
dalla paura. Aveva perso un padre e rischiava di perdere un fratello ogni
giorno: non poteva vivere nel terrore di dover dire addio anche a lei.
“Non partirai” le mormorò in
un orecchio con esitazione, prima di scostarsi appena, per poterla guardare
negli occhi. “Vero?”
Sentì la stretta di Prim farsi
più forte per qualche istante. Quando tornò a incrociare il suo sguardo si
accorse che aveva le guance rigate dalle lacrime.
“Quando Katniss si è offerta
volontaria per salvarmi, mi ha dato la possibilità di poter far qualcosa di
importante” mormorò la ragazza; sembrava spaventata, ma nei suoi occhi brillava
ancora la traccia di risolutezza che Rory aveva notato poco prima. “Qualcosa di
importante per gli altri.”
Il ragazzo scosse il capo,
scostandosi da lei.
“L’ha fatto perché sei sua
sorella e non ti voleva perdere” sbottò risentito, fissandola con insistenza,
“L’ha fatto perché potessi crescere e avere una famiglia; cose così. Non perchè
tu andassi in guerra.”
“E lo farò” rispose con
decisione la ragazza, “Un giorno lo farò. Ma adesso…” si interruppe, non
sapendo come proseguire. “Vorrei solo poter proteggere chi ne ha bisogno, così
come lei ha fatto con me” mormorò infine, arrossendo lievemente. La sicurezza di
poco prima sembrava essere svanita. “Forse hai ragione tu” ammise infine,
tornando a incrociare il suo sguardo. “Forse siamo davvero troppo piccoli per
pensare a queste cose, ma non riesco a farne a meno.”
Rory la guardò di traverso per
un po’ prima di lasciarsi sfuggire un sospiro. Si sentiva incredibilmente
stanco, come se avesse appena terminato il giro di consegne del bucato, dopo
aver percorso in lungo e in largo la zona in cui vivevano i commercianti del
Dodici. Si lasciò cadere sul letto e fece cenno a Prim di imitarlo, sdraiandosi
sul lato destro del materasso. Prim si rannicchiò di fianco a lui e si lasciò
stringere, appoggiando la fronte contro il suo petto. Rory incominciò ad
accarezzarle i capelli con gesti impacciati, sperando ingenuamente di riuscire
in qualche modo a cancellarle quell’assurda idea dalla testa, facendole sentire
la propria presenza.
“Non ti lascerò partire”
mormorò infine, prima di posarle le labbra sui capelli. “Questa sera dormirò
con te: e terrò gli occhi bene aperti, per essere sicuro che tu non vada via.”
Prim sorrise contro il suo
petto; sollevò poiappena il capo per
poterlo guardare negli occhi.
“Stavo pensando…” ammise, tornando
ad arrossire, “…Stavo pensando che, quando un giorno avrò dei bambini, potrei
dare loro dei nomi da quattro lettere. Sarebbe carino. V.E.R.O.?” chiese
conferma con un sorriso, scandendo l’ultima parola per evidenziare il numero di
lettere. Rory le rivolse un’occhiata sorpresa, avvertendo un’insolita stretta
dalle parti dello stomaco. Accostò la fronte alla sua, sorridendo malandrino.
“Vero, ma per avere dei nomi
di quattro lettere dovrebbero essere degli Hawthorne…” le fece notare
avvicinandosi ancora, avvertendo il cuore accelerare i propri battiti. Poteva
distinguere chiaramente il rossore sulle guance di Prim, generalmente così
pallide. “… V.E.R.O. ?”
La ragazza ridacchiò e annuì,
spingendo il cuore di Rory a fare una mezza capriola. Riusciva
ancora a farla sorridere. Fu grazie all’espressione allegra di Prim che
riuscì a trovare il coraggio di chinarsi in avanti per eliminare la distanza fra
le loro labbra. Si scambiarono un bacio timido, di quelli che arrivano quasi
per gioco, ma che al loro interno nascondono il desiderio di averne subito un
altro. Si separarono sorridendosi, le fronti ancora unite e le guance arrossate
per l’imbarazzo e la contentezza. Prim si mosse in avanti per baciarlo un’altra
volta, distogliendo poi lo sguardo, intimidita. “V.E.R.O.” concluse poi in un
sussurro, tornando a sorridergli. Risero entrambi, tornando a stringersi l’uno
all’altra e Prim chiuse gli occhi, abbandonando la fronte contro il petto di
Rory. Finì presto per addormentarsi, cullata dal tocco leggero della mano del
ragazzo sui suoi capelli. Rory invece rimase sveglio. Tenne gli occhi bene
aperti, per essere sicuro che Prim rimanesse al suo fianco. Li tenne aperti
come gli aveva insegnato suo padre e come aveva sempre cercato di fare, sin da
quando era bambino. Rimase a lungo in silenzio a contemplare l’espressione
rilassata di Prim, sorridendo dell’abbraccio che ancora li manteneva vicini. Di
tanto in tanto uno sbadiglio di troppo sfuggiva al suo controllo, ma non mollò
la presa fino alle prime luci del mattino quando il sonno riuscì finalmente a
ingannarlo e a chiudergli le palpebre, addormentandolo con il sorriso sulle
labbra.
Al suo risveglio, Rory scoprì
quanta verità contenesse il vecchio consiglio che gli aveva dato suo padre da
bambino. Joel Hawthorne aveva avuto ragione: la gente del Giacimentodoveva sempre tenere gli occhi aperti.
Lui i suoi, però, li aveva
chiusi.
E quando li aveva riaperti Prim
non c’era più.
Nota dell’autrice.
Eccomi di nuovo
qui! Questa scena è stata quella che mi ha dato piu’ problemi durante la
stesura e tutt’ora non mi convince pienamente, specialmente la parte in cui si
parla della decisione di Prim. Il punto è che continuo a trovare assurdo che
una ragazzina di tredici anni venga inviata come medico in guerra. Trovo
assurdo che qualcuno ce la mandi e che nessuno sollevi obiezioni a riguardo e
trovo anche un po’ forzato il fatto che una
ragazza così giovane come Prim scelga di
andarci, quindi ho faticato veramente molto a scrivere le motivazioni che la
spingono a fare quella scelta, perché continuo a trovare quella della decisione
poco convincente. Ho scelto di fare in modo che sua madre non sapesse della
decisione presa, perchè onestamente dubito che Mrs. Everdeen l’avrebbe lasciata
partire. Spero di non aver scritto castronerie, in tal caso vi chiedo scusa, ma
ho fatto del mio meglio per cercare di giustificare la scelta di Prim e il
punto di vista suo e di Rory nei confronti della guerra che, in un modo o nell’altro,
sta comunque coinvolgendo loro e le loro famiglie. Il bacio non era
inizialmente previsto, ma poi ho pensato che era giusto che questi due pupattoli avessero un momento tutto per
loro, visto dopo quella sera non si sarebbero più rivisti. Il V.E.R.O. di Rory e Prim non vuole
ricalcare in alcun modo il Vero/Falso dell’Everlark, ma ho pensato che fosse
carino il fatto che si rispondessero enfatizzando le quattro lettere della
parola, visto il discorso e vista anche la mania di Rory. Il prossimo capitolo,
l’epilogo, sarà molto breve ed è suddiviso in due piccoli frammenti; credo che
aiuterà ad unire insieme i vari elementi
accennati nel corso della storia. Ringriazio infinitamente le cinque persone
che hanno recensito lo scorso capitolo, cercheró di rispondere a tutti in
serata, chiedo scusa anzi per il ritardo! Grazie anche a chi ha inserito la
storia nei preferiti/seguiti, spero davvero che la storia vi stia piacendo!
So here you
are, two steps ahead and staying on guard
Every lesson
forms a new scar
They never
thought you'd make it this far
Rory si passò una mano fra i capelli
arruffati e aprì gli occhi, trovando solo la notte a restituirgli lo sguardo.
Si alzò a sedere, scoccando una rapida occhiata alla moglie addormentata di
fianco a lui: Eileen riposava tranquilla con le lenzuola che la avvolgevano
fino al mento, il volto semi-nascosto dai lunghi capelli biondi. Rory si liberò delle coperte e
attraversò la stanza, per raggiungere il lettino posizionato ai piedi del
matrimoniale. Lo faceva ogni notte, da quando Eileen era tornata a casa dall’ospedale,
con lei fra le braccia. Si alzava anche quando non la sentiva piangere,
o quando la moglie l’aveva riaddormentata da poco, dopo averla allattata. Ci
aveva provato a restare a letto, ma alla fine il bisogno di controllare che
stesse bene, che il silenzio fosse dovuto solo al fatto che stesse dormendo,
aveva sempre la meglio: doveva tenere gli
occhi sempre aperti, la gente del Giacimento, anche adesso che il
Giacimento non esisteva più. E non era stato suo padre a insegnarglielo: era
stata Prim.
Si sporse di poco sul lettino,
allungando una mano per accarezzare con tenerezza una guancia della neonata
addormentata. La prese in braccio e si assicurò che respirasse bene,
rilassandosi nell’avvertire quel suono regolare. Ripensò alle notti in cui, da
bambino, era stato svegliato dal pianto
affamato della piccola Posy mentre a turno sua madre
e suo fratello provavano a calmarla. Gli venne inspiegabilmente da sorridere a
quel ricordo. I suoi pensieri si focalizzarono su poi Gale e quel sorriso si
smorzò leggermente: erano mesi che non lo vedeva. Ed erano anni che lui non
tornava al distretto 12. Aveva nostalgia di suo fratello, dei pomeriggi
trascorsi a punzecchiarsi, schernendosi a vicenda per i sentimenti che covavano
entrambi verso la propria migliore amica. Allora nessuno dei due sapeva che le
avrebbero perse entrambe e che si sarebbero persi anche loro, aggrappandosi a
un filo fatto di telefonate a sera inoltrata, qualche messaggio frettoloso
d’auguri scritto su un biglietto comprato all’ultimo momento e silenzi, silenzi
che si allargavano puntualmente tra di loro ogni volta che la conversazione
andava a spostarsi su qualche parola dolorosa. Parole come Katniss
e Prim. Parole come bombe o morte.
Rory baciò sulla fronte la neonata e la
coprì meglio con la coperta, prima di spostarsi in cucina. Frugò in un cassetto
per qualche istante e ne tirò fuori dei fogli, una busta e una penna, con i
quali prese posto al tavolo. Scrisse qualche riga sul foglio e intestò la busta
a nome di suo fratello, prima di tornare in camera e infilarsi sotto le coperte.
Chiuse gli occhi e una sequela di vecchie immagini impolverate gli attraversò
la mente: vide una bambina che piangeva con il capo affondato nel cappotto
della madre e un cagnolino dal pelo nero e arruffato. Vide un neonato orfano
addormentato in una culla e il bacio impacciato di due tredicenni.
Quando finalmente riuscì ad addormentarsi, la voce allegra della tredicenne
risuonava ancora nella sua testa, scandendo parole da quattro lettere.
It's a showdown and nobody comes to save you now
But you've got something they don't
You've just gotta keep your
eyes open
*
Gale si rigirò la busta fra le mani, abbozzando un lieve
sorriso. Aprì l’involucro e lesse la lettera, avvertendo la solitudine del suo
distretto farsi meno pungente, man mano che le parole di suo fratello
scorrevano sotto il suo sguardo. Sorrise quando, spiegando la pagina, una
fotografia gli scivolò sulle ginocchia. La analizzò con attenzione per qualche
istante: la neonata nella foto era sua nipote, la sua prima nipote. Era una bella bambina, con qualche
ciuffo di capello biondo già a incorniciarle il visetto arrossato. Gli occhi
sembravano essere quelli di Rory, ma avrebbero potuto
ancora cambiare colore. Gale analizzò con attenzione la figura paffuta avvolta
dalle braccia protettive della madre, Eileen, annotandosi mentalmente di
telefonare a casa di suo fratello in serata. Quando si decise finalmente a
distogliere lo sguardo dalla nipote, lesse le quattro parole scribacchiate al
fondo della fotografia, soffermandosi con una stretta allo stomaco sul nome
della bambina. Qualcosa dentro di lui cedette; distolse bruscamente lo sguardo
dalla foto, avvertendo un tremore improvviso alle mani. Il tormento tornò ad
annidarsi nella sua testa, mescolandosi a comporre un unico pensiero. In fondo
quel dolore avrebbe dovuto aspettarselo: Prim aveva
quattro lettere.
Nota dell’autrice.
Ed eccoci finalmente giunti
alla conclusione di questa mini long. Questi ultimi due frammenti sono
ovviamente ambientati a diversi anni di distanza dalla rivolta. Rory è ormai adulto e sposato e ha da poco avuto una
bambina. Gale, invece, si è trasferito al Distretto 2… Lo so, lo so, se non ci
metto in mezzo Gale non sono contenta >.< In questo caso, tuttavia, la
sua comparsa era indispensabile,perché l’ultima scena è stata in assoluto la
prima cosa che scrissi e l’ispirazione per la storia mi è venuta proprio
riflettendo sul fatto che “Prim” avesse quattro
lettere. La mini-long si è poi sviluppata di conseguenza. Il personaggio Eileen è nato
principalmente perché ci tenevo a giustificare bene la scelta del nome della
piccola Hawthorne. Volevo che il nome “Prim” (solo Prim e non Primrose, appunto per via delle quattro lettere) assumesse
un significato particolare per entrambi i genitori e non solo per Rory e così ho scelto di affiancare al giovane Hawthorne una cara amica sia sua, che di Primrose. Rory ed Eileen si avvicineranno
molto dopo la morte di Prim in termini di amicizia,
ma Rory non incomincerà a provare qualcosa di più
forte per Eileen fino ai 18, 19 anni. PrimHawthorne (questo
è il presta volto) dovrebbe fare una piccola comparsa nella one-shot
conclusiva per la
serie della cometa di Halley, per questo ci
tenevo a concludere questa storia, prima di potermi dedicare all’altra – che non
penso verrà alla luce prima di fine maggio, conoscendomi xD Prim avrà ache un fratellino di nome Evan a distanza di tre o quattro anni.
Prima di salutarvi e ringraziarvi ci tenevo ad aggiungere un paio di note
conclusive legate alle piccole comparse di questa storia. Una è il cagnolino
introdotto mel prologo. Hazelle
e Gale non permetteranno a Rory e Vick
di tenerlo, ma i due bambini, assieme a Prim ed Eileen continueranno a prendersene cura e a nutrirlo di
nascosto fino a quando il cagnolino non sarà cresciuto e in grado di badare a
se stesso. Rory l’ha battezzato … Four,
per amor di coerenza xD è addirittura una parola da
quattro lettere e qualcosa mi dice che questo cagnolino sarà un vero…intrepido (non potevo trattenermi dal fare
questo commento idiota, pardon fan di Divergent XD). Per quanto riguarda Coal,
invece, sono piuttosto convinta che la sua strada e quella di Rory si incroceranno ancora, quando il bambino sarà
cresciuto, poiché la sua famiglia adottiva, la famiglia Callister,
si trasferirà al Distretto 12. Uno dei figli dei Callister,
un ragazzino dai capelli rossi di nome Dru, è infatti
il famoso bimbo pel di carota che piace a Posy, nonché
il protagonista di “Raccontami
il verde”. Visto che Posy e Dru
trascorreranno parecchio tempo assieme sono sicura che Rory
avrà molte occasioni di interagire con Coal. Bene,
credo di aver detto tutto! Ringrazio di cuore tutte le persone che mi hanno
seguita fin qui, in particolarechi è
riuscito a ritagliarsi un po’ di tempo per recensire gli scorsi capitoli,
grazie davvero <3 Grazie anche a tutte le persone che hanno inserito E.Y.E.S.O.P.E.N. tra i preferiti
e le seguite, spero tanto che questo epilogo non vi abbia deluso!