Burattino e burattinaio

di quindici
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Burattino
Capitolo Primo,
dove Hans dimostra di essere nato per il palcoscenico

 

« Anna è morta. » Elsa vide Hans pronunciare quelle parole con gli occhi ricolmi di lacrime, ma la compostezza degna di un sovrano.
Elsa tremava. La Regina era come un iceberg nell'oceano, solido e solitario nelle acque scure; ma ora qualcosa si era rotto e il ghiaccio cristallino oscillava pericolosamente, pronto ad affondare nell'abisso torbido. Doveva essere tutta un'offuscata allucinazione, un incubo durato più del solito.  
Avvertì la mano del Principe cingerle la vita, in una stretta calda e confortante, che la costrinse a solidificare l'incubo in realtà.
« Come vi sentite? » le chiese Hans, scrutandola con gli occhi verdi, ora brutalmente arrossati e rigonfi.
Come vuoi che mi senta?! Avrebbe voluto ringhiargli contro.
Voleva gridare, urlare al cielo e alla terra tutte le sue pene, rinfacciargli ogni cosa, ogni colpa, fino a sentire la gola rovente e a perdere l'uso della parola. Voleva qualcuno da incolpare, voleva un imputato da torturare, voleva e gridava vendetta.
« Come... com'è successo? » Elsa non si riconobbe in quella flebile e tremolante voce. Paradossalmente era la sua voce ad essere calda e profonda, al contrario dei toni frizzantini di Anna.
"Vuoi fare un pupazzo di neve?" riusciva a sentirla la sua sorellina, con la vocina acuta spezzata dalla tristezza.
Perché proprio a lei?
« Vostra Altezza – Hans sospirò ed Elsa non poté fare a meno di voltarsi a guardarlo mentre pronunciava quelle parole – era... era congelata. Come se il ghiaccio l'avesse presa da dentro. Un maleficio. » La dita di Hans si strinsero attorno al fianco della Regina, insinuandosi fra le pieghe del vestito di ghiaccio, sciogliendolo.
Elsa realizzò che un colpevole c'era. Si trovò egoista nel trovare più dolorosa la propria colpevolezza della morte della sorella. Avrebbe voluto piangere, avrebbe voluto congelare tutto e vivere per sempre nel conforto dello stagnare del tempo. Ma la vita andava avanti, la sua e quella dei suoi cittadini.
Si alzò rigidamente, licenziandosi dicendo di voler rimanere sola. Nel lasciare la stanza da letto – dove il Principe l'aveva portata dopo l'incidente del palazzo – vide Hans crollare in uno sconsolato pianto. Il fatto di non essere la sola a soffrire la faceva sentire egoisticamente sollevata.

Hans pianse ogni sua lacrima. Le contò con meticolosa precisione. Infondo, le lacrime non erano così facili da emulare. Al contrario del sorriso che sfoggiò poco dopo che la Regina ebbe lasciato la stanza: tutt'altro che falso. L'aveva in pugno.

 
 

 
Intanto finalmente il fandom inizia a popolarsi di Helsa! Quanto li amo dio solo lo sa.
Sosteniamoci Helsiani, perché loro due sono il meglio!
Intanto questa scena si svolge subito dopo l'assalto al castello di ghiaccio, quando Hans porta Elsa a palazzo.
Solo che qui invece di imprigionarla la porta a riposarsi in una stanza dove annuncia la morte della sorella.
A proposito di questo, ricordate che Hans è un grande attore.
Detto questo miei prodi, inauguro questa fic dicendo che sì, ve ne sareti accorti, è un po' diversa dalle solite Hans / Elsa.
Ci tengo particolarmente all'IC dei personaggi, visto che sono entrambi come un quadro cubista (?),
quindi se notate errori di qualasi tipo in questo campo fatemelo notare.
Ovviamente non mi ricordo più le altre note, quindi modificherò questa pagine una decina di volte per aggiungere altro.

 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Burattinaio
Capitolo Secondo,
dove Hans scopre che i sogni son desideri

Hans camminava a testa alta per i corridoi del castello. I servi che si affollavano per il corridoio, nonostante corressero da una parte all’altra per portare oggetti e messaggi, si inchinavano rispettosamente al suo passaggio. Lui gli riservava un genuino sorriso, mantenendo però quel distacco che si confaceva alla sua classe.
Le nobildonne giravano nel castello chiacchierando affabilmente con le proprie dame o con altre loro simili. A loro Hans serbava un accenno di riverenza, seguito da un cortese “Buongiorno”.
La categoria che più raramente il Principe incrociava era la nobiltà maschile, troppo impegnata nell’incrementare la propria ricchezza per partecipare alla vita di corte.
Hans era diretto nella parte meridionale del palazzo, dove, ben celata nel livello delle fondamenta, si trovava la “Sala dell’Otto”.
Il Principe era a conoscenza dell’esistenza di quella leggendaria stanza, in cui da secoli si riunivano i membri più illustri e saggi del regno, ma adesso che vi sarebbe entrato come Principe reggente avrebbe scoperto cosa. 
Per accedervi occorreva scendere per molti metri al di sotto del suolo, inoltrandosi negli abissi del castello di Arendelle. A tale scopo c’era una lunga scala di pietra, modellata come un corpo di un sinuoso serpente. Si avviluppava in una spirale concentrica dalla larghezza di alcuni metri, che andava progressivamente stringendosi verso il basso. L’assenza di un corrimano e il vuoto nel centro della circonvoluzione spaventarono Hans, che immaginò di cadere in quel buco nero, precipitando nel vuoto per centinaia di metri. Represse il pensiero, prendendo a scendere prudentemente alla tenue luce delle fiaccole. Ad accompagnarlo c’era il vescovo del palazzo, un uomo alto e ossuto, dai lineamenti duri e gli occhi perennemente cupi.
Procederono per molti minuti prima di raggiungere l’ultimo gradino. Hans represse un sospiro di sollievo.
Erano arrivati in uno spazio circolare, largo un paio di metri. Nella parete opposta alla scala c’erano un paio torce e fra le due una porta di dimensioni modeste.
« Avanti. » lo esortò il vescovo. Hans palpitava nell’aprire la porta, ma si impose di mantenere il contegno che gli si addiceva.
Nonostante tutto, quando spinse l’anta e varcò la soglia della Sala dell’Otto non poté reprimere il suo stupore. La stanza aveva sedici angoli e otto pareti. Il pavimento e il soffitto erano due ottagoni. Hans non aveva mai visto nulla di simile. La semplicità con cui era arredata quella sala così bizzarra era disarmante. Un tavolo circolare occupava la maggior parte dello spazio ed era l’elemento centrale della stanza. Gli altri membri del consiglio avevano già preso posto, rimaneva un'unica sedia. Nell’occuparla Hans incrociò lo sguardo del precedente sovrano, padre delle principesse, che lo fissava austero dal dipinto dalla parete opposta della stanza. Quegli occhi gelidi lo inquietavano, sembravano scrutargli nel profondo dell’anima, scovare ogni sua debolezza e menzogna. Vide il vescovo posizionarsi a guardia della porticina.
« Come sta la nostra regina? » fu un uomo panciuto a prendere parola.
Hans trasse un profondo respiro. Dovevano pendere dalle sue labbra, piegarsi alle sue risposte.
« La regina Elsa riposa nelle sue stanze. »
Tutti lo sapevano, perfino la servitù. Non era certo la risposta che aspettava. L’uomo che aveva parlato piegò quelle sua bocca rosea, in una smorfia contrita. Ad Hans ricordava tremendamente un prosciutto. Continuò a parlare.
« Sebbene la sorte della nostra regnante mi stia a cuore, – osservò i volti dei presenti, giusto per assicurarsi che quella balla avesse minimamente attecchito – ora dobbiamo impegnarci a trovare un giusto rimpiazzo finché ella non si riprenderà. »
Nessuno fiatò, tutti erano consapevoli di chi si sarebbe proposto come “sostituto”, ma non avendo alcuni da eleggere al suo posto non potevano controbattere.
***

Hans entrò nella stanza di Elsa senza farsi annunciare né bussare.
La donna era seduta sul ciglio del letto, rivolta verso la fioca luce mattutina, dando le spalle al Principe. Si girò appena alla sua entrata, guardandolo seria.
« Principe Hans. » aveva un tono freddo, distante. “Non più” avrebbe voluto ribattere il nuovo sovrano di Arendelle, ma si trattenne di fronte al dolore dell’ex-regina.
« Siete forse in cerca la mia benedizione? »
Hans si stupì. Erano passate poche ore dalla segreta decisione della sua (temporanea) incoronazione, come poteva essere la reclusa già a conoscenza della notizia?
Elsa dovette intuire la sua sorpresa, perché disse: « Kai mi ha detto che sarete il nuovo re. Congratulazioni. » pronunciò quell’ultima parola in una sorta di freddo sarcasmo, che Hans non si lasciò sfuggire.
« Finché voi non sarete disposta a diventarlo, vostra Maestà. » le ricordò subdolamente, tentando di colpevolizzarla. Non voleva essere lui l’obiettivo di quella conversazione. Doveva rigirare la frittata.
« O finché voi non ci lascerete, vostra Altezza. » disse Elsa neutramente. Hans la accolse come una minaccia di morte.
Dov’era finita l’indifesa Elsa, tormentata dai suoi dubbi e dai suoi poteri? Chi era la donna decisa che si ritrovava davanti?
« Io non ho alcuna intenzioni di sottrarvi Arendelle, Elsa. » La donna si voltò nel sentire il suo nome. Evidentemente erano pochi quelli che osavano appellarsi a lei così. Ci si dovrà abituare, pensò sogghignante Hans.
« Ho già un regno, perché mai dovrei impegnarmi a rubarne un altro? » I loro sguardi si incontrarono in un duello di gelide occhiate, che esprimeva ben più delle languide linque.
« Vorrete dire che i vostri fratelli hanno un regno, principe Hans. » calcò quella parola, principe, ed Hans prese la fastidiosa consapevolezza che Elsa non avrebbe abbondonato il suo diritto al trono così facilmente.
« Sarò ben felice di ristabilire ordine nel Regno finché voi non sarete in grado di farlo. » si congedò con queste parole, augurandosi di aver rimandato il colpo alla Regina. Ex-Regina.
 ***

Passarono alcuni giorni concitati, in cui Hans dava ordini a destra e a manca, nel tentativo di stabilire ordine e consenso per la sua incoronazione. Ancora non ci credeva, sarebbe diventato re.
L’agognato desiderio di una vita guadagnato con la fiducia e il rispetto di un popolo. Ciò che l’aveva portato a compiere tanti atti meschini era ora a portata di mano, anzi, di una settimana.
Si era coricato sereno quella sera e non aveva faticato a prendere sonno. Per questo, quando fu svegliato nel mezzo della notte da un servo, protestò furiosamente promettendogli mille torture. Troppo irritato non si cambiò, rimanendo in camicia da notte. Il servo gli disse che un ospite lo aspettava. Doveva essere qualcuno di importante per interrompere il sonno del futuro del re. O quantomeno gli sarebbe convenuto esserlo.
Il giovanotto lo accompagnò tremante nei corridoi ora bui del palazzo fino a una sala pubblica, dove attendeva chi desiderava parlare al re.
Alcune candele erano state accese, ma l’ampia stanza rimaneva lugubre e fredda nell’oscurità priva di luna di quella notte.
Seduto su una panca c’era un uomo infagottato in abiti fradici.
Hans lo riconobbe all’istante. Come poteva non riconoscere chi l’aveva ignorato per tanti anni e l’aveva sommerso di angherie per altrettanti?
« Oh, Hans. » disse l’uomo dai fulvi capelli notandolo. Lo squadrò con gli occhi chiari, con un ghignò divertito stampato in volto.
«Vedo che non fai più la pipì a letto. »
 

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