SNK: 2000 anni dopo

di smartys ayane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


SNK: 2000 anni dopo
SNK: 2000 anni dopo

Armin guardò fuori dalla finestra, e si rese conto che doveva essere molto tardi. Si diresse quindi verso il letto e, dopo aver alzato le lenzuola, si ci infilò dentro in un soffio. Aveva sonno, ed era molto stanco sia fisicamente che mentalmente. Tuttavia non riusciva a dormire: i suoi pensieri volavano alle ultime spedizioni, alle morti dei suoi compagni e alla minaccia dei giganti. Fin da bambino aveva sempre sognato un mondo libero, un mondo dove gli umani avrebbero potuto vivere senza la paura di essere divorati da un momento all'altro, un mondo dove egli avrebbe potuto viaggiare oltre i confini della Terra, e scoprire tutte le leggi che governano l'Universo e tutte le bellezze che il pianeta nasconde, oltre la minaccia dei giganti. Ahimè, il mondo dove egli viveva era tutt'altro che quello che lui avrebbe voluto: gli uomini erano schiavi, non si poteva andare troppo lontano dalle mura perchè si rischiava di morire in un modo atroce, e lui non avrebbe mai scoperto cosa si nascondeva oltre quei luoghi che aveva già esplorato con il resto della Legione Esplorativa.
Armin sospirò, rigirandosi tra le coperte. Ripensò a come sarebbero state migliori tante cose, se i giganti non fossero mai esistiti.
Si chiese se, da qualche parte nell'Universo, ci fosse un mondo come quello che lui aveva sempre desiderato.

Quando si svegliò, prima ancora di aprire gli occhi, sentì una sensazione di caldo e di umido sulla sua guancia sinistra. Inizialmente non ci fece molto caso, credeva ancora di essere in dormiveglia. Poi, però, la luce cominciò a filtrare oltre le palpebre, e si rese conto che doveva essere già mattino.
Armin, che fino a quel momento era stato sdraiato sul fianco destro, si mise in posizione supina, e aprì gli occhi.
In un primo momento non capì nulla: vedeva solo il sole, e sentiva il terreno sotto la sua schiena.
Poi, quella sensazione di prima cominciò a tornare, e il ragazzo si girò istintivamente per capire cosa fosse.
Un cane. O meglio, la lingua di un cane.
Armin si portò le mani agli occhi, per strizzarli. Cosa ci faceva un cane a casa sua?
Poi riaprì le palpebre, e si rese conto che l'animale non era l'unico elemento anomalo che si prestava alla sua vista. Davanti a lui, infatti, si ergeva una struttura di almeno 30 metri, completamente in rovina, ma notevolmente grandiosa rispetto a tutte le altre abitazioni di Trost.
Armin si girò quindi dall'altra parte, e un'altra struttura, una decina di metri più piccola, sovrastava di fronte a lui, coprendogli interamente la vista.
Il ragazzo si alzò, spaesato. Il cane continuava a scondinzolargli attorno, con la lingua penzoloni e le orecchie tese.
Armin lo ignorò, e si avvicinò al palazzo per scoprire cosa ci fosse oltre.
E, in quel preciso momento, il traffico della città lo stravolse.
Davanti a lui si estendeva una strada abbastanza larga, agli estremi della quale correvano delle strisce bianche, mentre nel bel mezzo di essa continuavano ad avanzare ammassi metallici con le ruote.
Armin sobbalzò, stringendosi il più possibile sul muro alle sue spalle. Dove si trovava? Che ne era di Trost? Cos'erano quegli animali assurdi che si muovevano liberamente davanti a lui?
Il ragazzo decise di raggiungere l'altra parte della strada, per chiedere informazioni a due uomini che discutevano animatamente davanti ai suoi occhi. Ma nonappena mise piede oltre il marciapiede, un automobile lo sfiorò sulla gamba, facendolo cadere a terra.
Il conducente abbassò il finestrino e, prima di passare oltre, gli urlò dietro di tornare a cantare "Tanti auguri" alla Rai.
Armin, non potendo comprendere l'allusione a Raffaella Carrà, continuò ad avanzare, fino a raggiungere i due uomini dall'altro lato della strada. I due erano talmente impegnati nella loro conversazione che in un primo momento il ragazzo non volle interromperli. Restò quindi ad ascoltare i loro discorsi, sperando che intanto passasse qualcun'altro.
"Ti conviene sbrigarti, se vuoi vederlo" disse uno dei due, rivolto all'altro "Prima che arrivi qualcuno a prenderlo e a portarlo in manicomio!"
"Ma è vero che ha cominciato a mordersi il dito fino a farlo sanguinare?" chiese l'altro "E che continuava a farlo mentre la ragazza insieme a lui scazzottava tutti quelli che provavano ad avvicinarsi?"
Armin drizzò le orecchie, fingendo di non ascoltare.
"Proprio così! E continuava a ripetere 'diventerò un gigante, un bestione di 17 metri!' e intanto continuava a torturarsi il dito. Credo siano cannibali, o una cosa del genere. Indossavano degli abiti a dir poco assurdi!"
"Non ci posso credere!" esclamò l'amico "E la ragazza li ha fatti fuori tutti?"
L'uomo scrollò le spalle, alzando le sopracciglia "Tutti quelli che osavano interrompere l'autolesionismo di Hannibal Lecter!"
L'altro sospirò, scuotendo la testa. Poi si voltò e, finalmente, sembrò accorgersi del biondino poggiato al palo della luce alle sue spalle.
"Santo cielo!" esclamò stupito "Non credevo che i cugini di campagna fossero in concerto da noi, questa sera!"
Armin arrossì, staccandosi velocemente dal palo.
"Scusatemi" balbettò alzando le mani all'altezza delle spalle come se volesse proteggersi "Sapete dirmi dove si trovano i due ragazzi di cui stavate parlando? Sono miei fratelli, e non stanno molto bene di cervello, vorrei poterli trovare prima che si facciano del male!"
"Beh, ci credo che non stanno bene di cervello!" esclamò l'uomo che doveva aver visto entrambi "Sono in Via Fiesole, proprio di fronte al magazzino del vecchio Nino. In bocca al lupo!"
Armin non aveva la minima idea di dove si trovasse Via Fiesole e di chi fosse il vecchio Nino. Tuttavia decise che sarebbe stato meglio andarsene via di lì il più in fretta possibile, e così cominciò ad incamminarsi verso il punto che gli aveva indicato l'uomo.
I due rimasero a guardarlo fino a quando non scomparì oltre una palazzina.

Non ci volle molto a capire dove si trovassero Eren e Mikasa. Nonappena svoltò l'angolo, infatti, Armin sentì delle urla e le seguì fino a quando non arrivò a un vicolo in fondo a una stradina. Lì c'erano Eren, accovacciato a terra con le mani sulla testa, e Mikasa, con la fronte poggiata a un muro e i pugni stretti. Al contrario di quel che si aspettava, attorno a loro non c'era nessuno.
Armin corse verso i suoi amici, che non si erano accorti della sua presenza. Mikasa si voltò e si mise in posizione di attacco, ma quando si rese conto che si trattava del suo amico, rilassò i muscoli e disse ad Eren di alzare lo sguardo.
Armin si chinò a terra, trafelato, e prima che Eren potesse dire una sola parola si affrettò ad abbracciarlo.
"Dove siamo?" gridò "Ho paura! Ho visto cose strane nella strada, e la gente mi dice cose che non capisco! Voglio tornarmene a casa!"
Eren sospirò, lanciando uno sguardo a Mikasa. Lei prese Armin per le spalle, allontanandolo dal ragazzo.
"Noi non sappiamo nulla" disse lei "Ci siamo risvegliati qui, sotto lo sguardo di volti che non abbiamo mai visto. E qui siamo rimasti!"
Armin si sfiorò una lacrima con un dito, abbassando lo sguardo.
"Beh, voi allora non avete visto quello che ho visto io!"
Eren e Mikasa si guardarono, preoccupati. Poi si alzarono insieme, aiutando l'amico a fare lo stesso.
"D'accordo, Armin" disse Eren guardando le mura che li circondavano "Mostracelo!"

Quando i ragazzi raggiunsero la strada, Eren e Mikasa capirono immediatamente di cosa Armin stesse parlando.
Notarono subito quegli strani oggetti che si muovevano lungo l'asfalto, e si chiesero come mai ci fossero degli umani dentro di loro.
"Che animali strani!" disse Mikasa aggrottando le sopracciglia "A Trost non ne avevo mai visti!"
"Non sono animali" rispose Armin "Anche io all'inizio credevo che lo fossero. Ma sono semplicemente veicoli: un agglomerato di metallo con le ruote. Ci sarà qualcosa dentro che permetta di pedalare per far muovere il mezzo, o una cosa del genere!"
Eren e Mikasa rimasero in silenzio, incantati da quello che avevano davanti agli occhi. C'erano troppe cose strane: palazzi altissimi, aste attaccate al terreno che si ergevano per almeno dieci metri alla cui sommità c'era un piccolo oggetto che emanava luce, gente che indossava abiti fuori dal comune, ragazzi con la pelle disegnata. Sembrava quasi che si fossero catapultati in un altro mondo.
Poi, all'improvviso, mentre erano tutti incantati dalle stranezze che si estendevano davanti ai loro occhi, un automobile dei carabinieri passò proprio di lì, catturando la loro attenzione.
"Che strano!" esclamò Mikasa "Perchè quel veicolo fa quel suono strano?"
L'automobile si era fermata a causa del traffico, e Armin ebbe modo di vedere ciò che accadeva al suo interno. Rimase paralizzato quando, senza ombra di dubbio, aveva visto i capelli biondi del Capitano Smith e la testa del caporale Levi. Istintivamente si aggrappò al braccio dell'amico, indicandogli l'automobile.
"Ragazzi! Stanno portando via i nostri superiori!"




ANGOLO AUTRICE: Hola! Ecco a voi cosa ho partorito quest'oggi! Dio mio, è completamente senza senso, lo so! Ma alla fine è fatto proprio per questo: io mi diverto a scrivere, e voi, forse, a leggere! Semplicemente, a causa della mia mente non tanto normale, ultimamente pensavo a come sarebbe strano se i personaggi di SNK vivessero ai giorni nostri. E, da questo pensiero, è nata la fan fiction! Spero di aver stuzzicato il vostro interesse almeno un pò :)
AVVISO: Ho bisogno di OC, cioè di personaggi nuovi, che non hanno nulla a che fare con SNK. Perciò, se avete qualche idea, potete mandarmi i vostri personaggi per posta qui su EFP :) Basta che mi specificate nome, età e carattere. Poi vedo io dove infilarli, ma badate bene che poi posso accoppiarli con chi voglio (ma almeno non rischiano di essere divorati dai giganti!). Detto questo, addio u.u Alla prossima :)

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Capitolo 2
*** 2 ***


SNK: 2000 anni dopo
SNK: 2000 anni dopo

Umberto Greco camminava avanti e indietro, le mani strette in un pugno dietro la sua schiena. Di fronte a lui, i due elementi sospetti che erano stati fermati mezz'ora prima continuavano a fissarlo senza pronunciare parola, il che lo rendeva ancora più nervoso.
Non avevano voluto dire i loro nomi, non avevano voluto dire per quale motivo un'ora fa si trovavano aggrappati ad un balcone del sesto piano di un palazzo in centro, e il fatto che al tipo biondo mancasse un braccio lo faceva insospettire ancora di più. Temeva potessero appartenere a una specie di setta satanica, e si chiese perchè mai una cosa del genere fosse dovuta accadere proprio a Galba, piccola cittadina siciliana. Quelle erano cose da telefilm, cose che accadevano al massimo a Roma ma che nella realtà non erano poi così diffuse.
Umberto si sedette di fronte ai due uomini, guardando con i suoi occhi di ghiaccio prima il volto di uno e poi il volto dell'altro. Sembravano tranquilli, il loro viso non tradiva alcuna emozione ed erano talmente immobili da sembrare statue.
I tipici criminali pensò il carabiniere, portandosi una mano alla barba.
In quel momento un agente più giovane, rigorosamente in divisa, aprì la porta e si rivolse direttamente al superiore.
"Capitano, tre ragazzi sono arrivati in caserma e hanno chiesto di loro" disse indicando Erwin e Levi "Li hanno definiti 'comandante Smith' e 'capitano Levi'. Altro non sappiamo!"
Levi alzò gli occhi al cielo, esasperato. Voglio subito vedere la faccia di questi mocciosi che non si fanno gli affari loro!
Umberto annuì al ragazzo, alzandosi dalla sedia. Poi fece cenno ai due uomini di seguirlo, e loro obbedirono senza fiatare. Tuttavia, quando raggiunsero il corridoio, si scambiarono un cenno e in un solo attimo accadde il pandemonio: Erwin, che non era stato ammanettato, aveva lanciato un vaso sulla testa del carabiniere, facendolo svenire all'istante. L'agente più giovane stava per raggiungerli, ma Levi gli bloccò le gambe con un calcio potente quanto inaspettato, e il povero ragazzo cadde a terra impaurito. Erwin aveva intanto liberato il compagno dalle catene, e quest'ultimo staccò un pezzo di stoffa dalla sua vestaglia da notte e la utilizzò per imbavagliare il carabiniere.
Poi si avvicinarono all'ingresso della caserma, sperando che nessuno avesse sentito il minimo rumore. Quando si accorsero dei tre ragazzi, si fermarono sull'uscio della porta agitando una mano per farsi notare. Armin fu il primo a vederli, ma prima di avvisare i suoi compagni chiese all'agente che li sorvegliava se poteva andare in bagno. L'uomo acconsentì, e Eren e Mikasa guardarono il loro compagno che si allontanava nell'altra stanza insieme al carabinere. Nonappena l'uomo mise piede nel locale, Armin lo allontanò con un calcio e subito dopo serrò la porta utilizzando la chiave che aveva precedentemente staccato dalla serratura. Mikasa e Eren lo guardarono confusi, ma in quello stesso momento Erwin e Levi uscirono dal loro nascondiglio correndo velocemente verso l'ingresso. I tre ragazzini li seguirono, ma appena raggiunsero la strada dove si era risvegliato Armin il ragazzo gli ordinò di nascondersi lì dentro, dove nessuno li avrebbe cercati.
Inizialmente Levi si oppose, lamentadosi dello spesso strato di polvere che ricopriva il pavimento della casa in rovina. Poi Erwin lo trascinò letteralmente fino a che non trovarono ognuno un nascondiglio: Armin e Levi sotto una scrivania, Mikasa dietro un divano, Eren all'interno di un enorme vaso di terracotta e Erwin dentro un armadio. I carabinieri passarono di lì solo una mezz'ora dopo, ma non si soffermarono più di tanto e corsero via a cercarli altrove.
Quando Armin fu sicuro che nessuno li avrebbe più cercati in quel luogo, ordinò ai suoi compagni di uscire dai loro nascondigli per decidere come procedere.
Levi sbatteva i piedi a terra come un forsennato, mentre con le mani si spazzolava le spalle e le braccia.
"Dove siamo?" urlarono tutti in coro, in preda al panico. Solo Levi era rimasto zitto, intento a togliersi la polvere dalla vestaglia.
"Ma, soprattutto, dove andremo adesso?" chiese Armin sconsolato.
"Sicuramente lontano da questa topaia!" esclamò Levi "Non mi basteranno dieci doccie per sentirmi pulito!"
Mikasa alzò gli occhi al cielo, infastidita dal comportamento del capitano.
"La cosa più grave" disse Erwin abbassando lo sguardo "E' che non c'è nessuna traccia di mura in questa città! Io e Levi ci siamo arrampicati su uno di questi palazzi enormi, e abbiamo visto solo una distesa di costruzioni gigantesche! Cosa faremmo se i titani dovessero attaccarci? Non abbiamo nemmeno le nostre attrezzature tridimensionali!"
"E nemmeno una doccia!" continuò Levi, senza smettere di torturarsi la veste.
"Ho un'idea" disse Mikasa attirando perfino l'attenzione del capitano "Troviamo qualcuno che possa indossare più o meno la nostra stessa taglia, ci prendiamo i loro vestiti e fingiamoci cittadini di questo strano pianeta. Così abbiamo più tempo di scoprire dove ci troviamo e non ci inseguiranno più"
"Come te li prendi i vestiti?" chiese Erwin sospirando "E poi ormai conoscono le nostre facce. Difficilmente riusciremo a scappare"
"Per i vestiti è semplice" intervenne Levi "Li uccideremo"
Armin alzò le braccia al cielo per catturare l'attenzione "Aspettate, aspettate un momento. Mikasa non ha tutti i torti, per prima cosa dobbiamo trovare dei vestiti adatti a noi così almeno le persone la smetteranno di guardarci in modo strano e di dirmi cose che non capisco"
"Continuo a non capire come dobbiamo prendere i vestiti" continuò Erwin.
"Ma non saremmo mai normali!" urlò Levi "Guarda, c'è un monco tra di noi! E quella mezza calzetta di Eren si è quasi divorato un intero dito!"
Armin ignorò il capitano, e continuò a esporre il suo piano "Ho visto che ci sono dei negozi in questa città dove vendono vestiti. Possiamo prenderli da lì, senza che nessuno si faccia del male! Che ne pensate?"
Eren, che fino a quel momento non aveva parlato, disse che gli sembrava un ottimo piano. Acconsentirono anche Mikasa ed Erwin, ma ancora Levi si chiedeva come potevano nascondere il braccio non esistente di Erwin. Tuttavia, alla fine, acconsentì anche lui.
Poco dopo, la squadra entrò nel negozio di vestiario più vicino. Nonappena si accorse di loro, la commessa aggrottò le sopracciglia, squadrandoli da testa a piedi. Armin si avvicinò, tentando di essere il più indifferente possibile.
"Come... come posso servirla?" chiese la donna, sistemandosi gli occhiali.
Armin si guardò attorno, fingendo che gli interessasse qualcosa di ogni singolo abito posato sugli scaffali del negozio. Poi prese degli indumenti a caso, e li poggiò sul bancone.
"Cosa vuole per questi?"
La donna lo squadrò nuovamente, sempre più allibita.
"Cosa intende dire?"
"Cosa vuole per questi?" ripetè Armin, alzando la voce "Gli indumenti che abbiamo ora le vanno bene? Possiamo darle anche le scarpe, purchè ce ne fornisca nuove. Se vuole posso donarle anche qualche ciocca dei miei capelli, e credo che lo stesso valga per gli altri quattro. Insomma, come possiamo barattare affinchè lei ci dia qualche indumento decente da indossare?"
La commessa ascoltò incredula ogni singola parola. Poi, d'improvviso, cadde a terra svenuta.
Levi alzò gli occhi al cielo, rassegnato.
"Approfittiamone prima che si svegli. Cercate di prendere più indumenti possibili!"

Più tardi, la squadra si trovava all'interno di un parco, tutta abbigliata con i vestiti più comodi che erano riusciti a trovare: Armin una semplice t-shirt bianca e un paio di jeans, Levi una camicia grigia e jeans, Erwin camicia bianca e pantaloni neri, Eren una t-shirt bianca con la stampa di un automobile e dei bermuda di jeans e Mikasa una casacca bianca e dei pantaloni azzurri. Avevano trovato anche delle scarpe abbastanza comode, ma si sentivano totalmente ridicoli con quei vestiti addosso.
"Quasi quasi mi sentivo più a mio agio con la vestaglia!" esclamò Erwin, che doveva anche camminare con il braccio staccato di un manichino inserito all'interno della manica destra della camicia per nascondere il suo problema.
"Bene. Adesso dobbiamo cercare di capire dove ci troviamo!" disse Armin portandosi una mano sul mento "Possiamo fingere di esserci persi!"
Mikasa si passò una mano sui capelli, guardando un passante.
"Ei!" esclamò avvicinandosi e cercando di sfoggiare il suo migliore sorriso "Non è che potresti per caso dirmi dove ci troviamo? Stavo cercando mia cugina che abita da queste parti, non l'ho avvisata per farle una sorpresa, ma non riesco a capire se sono nel posto giusto"
"Beh, dove abita tua cugina?"
Mikasa cominciò a sudare freddo. Non se l'era aspettato "Non ricordo il nome della strada. Mi ha solo detto che vicino casa sua c'è un cimitero!"
"Ma il cimitero di Galba si trova fuori città! Non ci sono abitazioni da quelle parti!"
Mikasa drizzò le orecchie. Galba. Stava per chiedere qualcos'altro, quando Armin si avvicinò stringendosi a un braccio di Mikasa.
"In che anno siamo?" chiese improvvisamente, sotto lo sguardo sbalordito dell'amica.
"Armin, stai bene?"
In quel momento comparve Erwin, che si era precedentemente organizzato con il ragazzo.
"Perdonatelo!" esclamò, posando l'unica mano realmente funzionante su una spalla del giovane "E' un pò malato. Ha qualche rotella fuori posto. Diciamo che è ritardato. Dovrebbe avere quindici anni ma non sa nemmeno soffiarsi il naso! E' totalmente deficiente. Ho provato più volte a fargli fare un ragionamento sensato, ma niente. Per non parlare del fatto che quando va a fare la pipì devo ancora tene..."
"In che anno siamo?" urlò di nuovo Armin per evitare che Erwin terminasse la frase.
Lo straniero sorrise, portando una mano sui capelli del ragazzo.
"2014, piccolo!"
Armin avrebbe voluto spaccargli la faccia. Prima a lui e poi ad Erwin, per avere esagerato a descrivere la sua demenza fittizia.
Solo dopo si rese conto di ciò che gli era appena stato detto.
Erwin rimase un attimo in silenzio, soppesando quelle ultime parole. Poi diede una scrollata di spalle ad Armin e sorrise allo straniero.
"Beh, credo che noi dobbiamo andare, adesso. Grazie per il vostro aiuto, signore, io e mia moglie" indicò Mikasa "Troveremo subito casa di sua cugina!"
Il ragazzo sorrise, allungando una mano verso il capitano "Odio chi mi da del lei, figuriamoci chi mi da del voi. Io sono Luca, piacere!"
Erwin rimase a fissare la mano del ragazzo per qualche minuto. Poi si voltò bruscamente, allontanandosi con Armin senza dire una parola.
"Perdonalo!" disse Mikasa senza smettere di sorridere "Ha perso un braccio. E' capitato due millenni fa, ma ancora non è riuscito a passarci su!"
Poi seguì i suoi compagni che si allontanavano, lasciando Luca perplesso nel bel mezzo del parco.

Più tardi, la squadra era letteralmente tornata sulla strada: camminavano nel bel mezzo del traffico, con i clackson che gli suonavano contro e le urla dei conducenti alle spalle. Purtroppo, nessuno di loro capiva quanto stava accadendo.
"Dobbiamo capire come andarcene da qui!" esclamò Rivaille "Qui la gente è tutta stupida e matta. Ci sono cani vestiti come loro, uomini con i buchi alle orecchie e donne che non indossano nè gonne nè pantaloni!"
"Avete sentito lo straniero?" intervenne Eren "Ha detto che siamo nel 2014! Secondo voi stava solo prendendo in giro Armin, dato che Erwin lo ha presentato come un totale imbecille?"
Armin stava per controbattere, quando il suono che avevano sentito qualche ora prima cominciò a rimbombare nuovamente nelle loro orecchie. I ragazzi si voltarono: dietro di loro, l'automobile dei carabinieri si dirigeva veloce verso di loro.
"Maledetti! Se avessi avuto la manovra tridimensionale gli avrei distrutto quella scatoletta metallica in due secondi!" urlò Rivaille cominciando a correre a gambe levate.
Gli altri lo seguirono, spingendo e buttando a terra tutte le persone che si piazzavano davanti a loro. Armin guidava il gruppo, portandolo nelle stradine più strette in cui si imbattevano: riusciva a capire che l'automobile non sarebbe riuscita a passare in vicoli come quelli. Poi si ritrovarono in una piazza, al centro del quale c'era un enorme fontana. Tutti e cinque si voltarono verso di essa, incantati dall'ennesima meraviglia, ma senza fermarsi. Proprio in quel momento, però, un automobile colpì le gambe di Eren e Mikasa, che comunque riuscirono a non perdere l'equilibrio.
La ragazza all'interno dell'automobile, udendo la sirena dei carabinieri, guardò cosa stava accadendo dallo specchietto retrovisore. Comprendendo che quelli davanti a lei dovevano essere i ricercati, uscì fuori una mano dal finestrino, invitandoli ad entrare.
In un primo momento la squadra rimase immobile dov'era, indecisa sul da farsi. Poi Mikasa aprì lo sportello anteriore, e salì in macchina. Gli altri fecero lo stesso, e si posizionarono nei sedili anteriori. Non c'era abbastanza spazio, perciò Rivaille fu costretto a sedersi sulle gambe del suo superiore.
"Nessuna domanda!" esclamò freddamente, evitando di incrociare lo sguardo divertito di Armin e Eren.
La ragazza cominciò quindi ad accelerare, noncurante dei passanti e delle strade a senso unico, mentre le sirene continuavano a suonare alle loro spalle.
"Figo! Fighissimo!" ripeteva in continuazione, senza che il resto dei presenti capisse qualcosa.
L'automobile raggiunse poi una campagna, talmente vasta che da lì non si poteva vedere la fine. Ai cinque venne una morsa allo stomaco alla vista di quello spazio aperto, ma subito dopo la straniera entrò in un vicolo talmente stretto che Armin si sorprese di come l'automobile fosse potuta entrarci.
Continuarono quindi ad avanzare, fino a quando la strada non divenne talmente stretta da non poter più continuare l'avanzata. Poi, la ragazza si portò un dito alla bocca, invitando ai presenti di fare silenzio.
In quello stesso istante, l'automobile dei carabinieri passò, dietro le loro spalle, diritta verso la campagna. Fortunatamente, non si erano accorti della macchina nascosta nel vicolo.
La ragazza che li aveva salvati tirò un sospiro di sollievo. Poi si voltò verso i suoi passeggeri, allungando una mano verso Mikasa, la più vicina a lei.
"Io sono Diletta! Piacere di conoscervi!"
La squadra la guardava senza dire una parola, mentre Mikasa ricambiava il saluto con una stretta di mano. La ragazza potè sentire così parte della sua forza.
"Ci porterai da quelli?" chiese Armin indicando il posto dov'era appena passata la macchina dei carabinieri "E poi cosa ci succederà?"
Diletta alzò le sopracciglia, sorpresa "Ma no che non vi porto dai carabinieri! Però è da stamattina che la gente parla di voi, e appena mi avete attraversato la strada non ho potuto fare a meno di darvi una mano!" La ragazza guardò il finto braccio di Erwin, poi fece una smorfia "Figurativamente..."
In quel preciso momento Mikasa si allungò sul sedile, piegando l'avambraccio e spingendo Diletta verso il finestrino dell'automobile. Lei deglutì rumorosamente, senza però tentare di liberarsi.
"Siete terroristi?" balbettò con le lacrime agli occhi "E perchè attaccate proprio Galba, una stupida cittadina che non conosce nessuno? E pensare che i miei non volevano mandarmi a Firenze all'università perchè pensavano sarebbe stato pericoloso!"
Rivaille ordinò a Mikasa di liberare Diletta, ed ella obbedì all'istante. Poi si allungò in avanti verso la ragazza, che tremava ancora.
"Non ti faremo del male se tu non ce ne darai motivo. Ma non sappiamo nemmeno di cosa tu stia parlando. Quindi, se possiamo discuterne in un posto più sicuro, ti esporremo tutto ciò che abbiamo da dirti. Saremo totalmente sinceri, ma se scopriamo che tu menti..." Rivaille si portò il pollice da una parte all'altra della gola "Ti uccido!"
Diletta annuì, sospirando. Poi aprì lo sportello dell'automobile, ma prima che potessero scendere tutti, cadde al suolo svenuta.
Rivaille alzò gli occhi al cielo, sbruffando "Sarebbe bello se Eren potesse trasformarsi in un lampo davanti a queste pappemolle. Sarebbe divertente contare quante volte si sfracellano a terra!"

 



ANGOLO AUTRICE: Tadà! Ecco a voi un altro inutile capitolo nonsense! E vabè, questo è lo "scopo" di questa fan fiction u.u Dato che è vacanza, riesco a scrivere molto e quindi ad aggiornare presto :) Però il 22 parto per la gita, e per sei giorni sarete liberi da queste idiozie :') Ma vabè, vi lascio. Al prossimo cap :)

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Capitolo 3
*** 3 ***


SNK: 2000 anni dopo
SNK: 2000 anni dopo

Mezz'ora dopo il risveglio di Diletta, la squadra si trovava al centro di un'enorme stanza in una casa di campagna. Mikasa e Eren bevevano Coca-cola, Armin si era attaccato a una bottiglia di vino e Erwin e Levi non bevevano nulla per paura di morire avvelenati. Avevano raccontato l'intera storia a Diletta, che adesso stava seduta su un divano con una pezza bagnata sulla fronte.
Dopo aver udito la loro storia, era svenuta nuovamente.
"Voi credete davvero che io possa credervi come se fossi una credulona?"
"Eh?" esclamò Armin singhiozzando "Non ho capito nulla!"
"Siate sinceri con me, non lo dico nè alla polizia nè ai carabinieri" continuò Diletta guardando Erwin e Rivaille "Vorrei viaggiare come fate voi. Quindi, ammettetelo: vi basta la marijuana o a volte andate giù anche pesante? Tipo crack, coca..."
"Questa cosa dovrebbe farli viaggiare?" disse Armin indicando Mikasa e Eren, dopo aver sentito la parola 'coca' "Guarda! Mikasa sta volando! Anche Eren sta volando!"
Diletta scosse la testa, cominciando a piangere e a urlare 'Perchè proprio a me?' Intanto Erwin si era unito ad Armin, e aveva cominciato a bere qualche bicchiere di vino.
"Se fa questo effetto, voglio provarlo anche io!"
Diletta si alzò di scatto dal divano, e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, mentre torturava con le mani i suoi capelli castani.
"Allora" disse "Mio padre torna fra un'ora. Se vi vede vi chiude in cella, parola mia! Però, dopo pranzo devo prendere l'aereo per tornare all'università. E voi potrete venire con me!"
Rivaille alzò un sopracciglio, poggiandosi sul tavolo.
"Cos'è un aereo? Che vuol dire università?"
Diletta sospirò, stanca di quella situazione. Iniziò a comprendere che non sarebbe stata facile la sua convivenza con quegli squilibrati.

Un'ora dopo, la squadra era stata rinchiusa da Diletta nella sua camera. La ragazza aveva promesso che sarebbe tornata a prenderli prima di partire, aggiungendo poi che era di massima importanza che suo padre non si accorgesse di loro. Anche perchè l'uomo in questione era Umberto Greco, il carabiniere che era stato assalito da Erwin e Rivaille.
Durante il pranzo, il padre raccontò la sua disavventura alla figlia. Lei chiese per quale motivo cercassero quei tipi e Umberto rispose che due di loro erano stati avvistati su un balcone al sesto piano. Credeva si volessero suicidare, o qualcosa del genere. Oppure che fossero dei ladri. Ma si stava ancora scervellando per capire come fossero arrivati al sesto piano dall'esterno, considerando anche che uno di loro non aveva nemmeno un braccio.
Un paio d'ore dopo il pranzo, Diletta corse a prendere la squadra. Umberto era tornato a lavoro, quindi potevano muoversi in tutta tranquillità.
La ragazza aveva già sistemato le valigie nel cofano, ed erano tutti pronti per partire. Questa volta, però, Rivaille non poteva restare seduto sulle gambe di Erwin, perchè la polizia avrebbe potuto fermarli e quindi riconoscerli e portarli nuovamente in prigione.
Decisero quindi di rinchiuderlo nel cofano, date le sue minute dimensioni.
"Quindi adesso andiamo a volare?" chiese Eren dopo che Diletta spiegò per l'ennesima volta cos'era un aereo "Ma non c'è il rischio che ci sfracelliamo al suolo?"
"Toccati le palle!" urlò Diletta.
"Come sei volgare!" strillò Rivaille dal cofano.
In un'ora il gruppo raggiunse l'aeroporto, ma dovettero aspettarne un'altra prima di poter prendere l'aereo. Armin, che si era ripreso dalla sbronza, era super-eccitato: non riusciva a credere come il progresso aveva permesso all'uomo di volare. Era come un sogno che diventava realtà, per tutti loro.
Inoltre, appena aveva sentito la parola giganti, Diletta li aveva presi per matti e quindi erano tutti tranquilli perchè in quello strano mondo non ne era stato avvistato ancora nemmeno uno.
Fu mentre aspettavano l'aereo che accadde. Erwin stava sfogliando il libro di scienze che Diletta aveva nella borsa, mentre la ragazza era andata a comprare altra Coca-cola per Mikasa ed Eren. Girava pagine a caso, cercando di capire perchè riusciva a parlare la lingua di quel paese ma non a comprenderne la scrittura.
Poi raggiunse l'apparato muscolare umano, e sussultò.
Lanciò in aria il libro, e corse a gambe levate verso il bar dove si trovava Diletta. Gli si leggeva il terrore negli occhi.
"Berthold!" urlò "Il titano colossale! E' nel tuo libro! Ci ucciderà tutti!"
La barista lanciò uno sguardo interrogativo alla ragazza, che prese le bibite fingendo di non conoscere Erwin.
Poi raggiunse il prima possibile il resto del gruppo, ma appena arrivò si accorse che Eren aveva ripreso a mordersi il dito.
"Ci hai traditi! Hai chiuso Berthold nel tuo libro e stai aspettando di portarci in cielo per poterlo liberare! Ma io mi trasformerò, e te la farò pagare!"
Diletta sbruffò, spazientita. Cominciò a chiedersi perchè avesse deciso di portare quei dementi con sè.

Quando arrivò finalmente il momento di salire sull'aereo, Diletta ringraziò il cielo per il fatto che riuscì a prendere dei posti vicini per tutti loro. Lei sedette accanto a Eren e Mikasa, mentre Armin, Erwin e Rivaille avevano preso i sedili davanti.
Quando l'aereo cominciò a decollare, Armin si girò dall'altra parte: aveva paura di quello che stava per succedere, e non aveva nessuna intenzione di guardare. Gli altri, invece, ammirarono stupiti l'aereo che si staccava dal suolo e che si librava nell'aria, mentre la città sotto di loro diventava sempre più piccola.
Eren e Mikasa sorridevano contenti, e Armin cercava di nascondere le lacrime. Gli occhi di Rivaille invece si facevano sempre più grandi, fino a quando poi, in preda alla disperazione, non cominciò ad alzare le braccia al cielo gridando disperato.
"Non ci sono mura! Non c'è nessuna traccia di mura in questo paese! Aiuto! Moriremo tutti!"
Diletta sperò che si aprisse una voragine sotto i suoi piedi per poter scomparire per sempre "Ma siamo in cielo, che ti importa delle mura! Qui i titani non possono attaccarci!"
Erwin continuava a guardare meravigliato il paesaggio sotto i suoi occhi, fin quando non scomparì oltre le nuvole.
"Magnifico!" ripete tra sè e sè "L'uomo può volare! Magnifico!"
Rivaille intanto sembrava essersi calmato, e quindi Diletta si lasciò andare ad un sonno più o meno tranquillo.
Armin, invece, continuava a pregare gli dei che qualcuno venisse a salvarlo.

 



ANGOLO AUTRICE: Holà! In questi giorni mi diverto a pubblicare perchè la prossima settimana sarò assente per un bel pò! Spero di non annoiarvi con questi aggiornamenti continui! A presto :)

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Capitolo 4
*** 4 ***


SNK: 2000 anni dopo
SNK: 2000 anni dopo

A parte il terrore di Armin e le inutili preoccupazioni di Rivaille, il viaggio era andato bene. Quando il gruppo raggiunse Pisa, dovendo aspettare un paio d'ore per prendere l'autobus, Diletta decise di andare tutti a vedere la torre. Eren, Mikasa, Erwin, Armin e Rivaille rimasero incantati dal fascino della città. La ragazza cominciò a raccontare loro la storia d'Italia, dai romani al presente. Intanto Armin continuava a chiedersi come fosse possibile che lui e i suoi compagni siano stati trasportati così in avanti nel tempo, e pensò a quella notte quando aveva desiderato tanto poter vivere in un mondo diverso.
Quando, dopo aver preso l'autobus, il gruppo raggiunse Firenze, Diletta li portò subito nel suo appartamento. Prima di far vedere loro la città aveva bisogno di lavarsi, cambiarsi e chiamare la sua coinquilina: sperava che avrebbe prolungato le vacanze, perchè non aveva la minima idea di come avrebbe potuto risolvere altrimenti il problema dei suoi nuovi ospiti.
Nonappena Diletta uscì dalla sua camera si meravigliò che la squadra era rimasta lì dove l'aveva lasciata, senza aver combinato alcun danno. Poi Rivaille si alzò, chiedendo se poteva usare la doccia anche lui. La ragazza gli preparò un bagno, poi tornò in cucina dove Mikasa guardava sbalordita qualcosa alla televisione. Diletta aggrottò le sopracciglia, avvicinandosi per guardare meglio: il canale era Mtv, che trasmetteva Wrecking Ball di Miley Cyrus.
"Che troia!" urlò Mikasa spalancando la bocca.
"Come sei volgare!" esclamò Rivaille dal bagno.
Diletta alzò le spalle, mentre prendeva dei bicchieri e altra Coca-cola per i suoi ospiti "Mi sembra il caso di dirlo. Non siamo più nel Medioevo! Non c'è nulla di male a svestirsi davanti alle telecamere"
"Anche tu lo fai?" chiese Eren, che come risposta ottenne un sonoro ceffone.
"Ma come ti permetti? Ti pare che sono una sgualdrina da quattro soldi come quella lì?"
Mikasa la guardò un attimo confusa. Poi cambiò canale, e si ritrovò a guardare King Kong. In un primo momento non disse nulla, in quanto sulla scena c'era solo un gruppo di umani. Poi inquadrarono la scimmia, e Mikasa saltò in aria lanciando il telecomando contro la televisione.
"Il titano bestia! Oh, santo cielo! Lo sapevo, lo sapevo!"
Diletta si affrettò a spegnere la televisione, mentre Rivaille usciva dal bagno con l'accappatoio addosso. La ragazza ringraziò il cielo che si fosse preoccupato di indossarlo.
"Ma perchè l'acqua fa le bollicine?" chiese Rivaille confuso "Non ci avrai messo Coca-cola?"
Diletta sospirò, pronta a cominciare una lezione sulle vasche idromassaggio. Poi, però, bussarono alla porta. Prima di aprire, la ragazza chiese ai suoi ospiti di nascondersi tutti in bagno.
Poi corse alla porta, dove trovò una donna con i capelli castani stretti in una coda dietro alla quale si nascondeva una ragazzina bionda dagli occhi azzurri. Dagli indumenti che indossavano, Diletta capì che doveva trattarsi di altra gente stramba.
"Chi siete?" chiese prima di farle entrare "Sparite, ho già troppi problemi a cui pensare!"
La donna più grande fermò la porta prima che Diletta potesse chiuderla, e spinse violentemente la ragazza per poter entrare all'interno della casa.
"Dove li hai nascosti?" urlò "Ho visto che li hai portati qui? Dove sono?"
Diletta alzò un sopracciglio, chiedendosi perchè quei guai doveva accollarseli tutti lei. Poi, dal bagno, uscì Rivaille con un asciugamano legato ai fianchi.
"Hanji, Historia, come ci avete trovati?"
Alla vista del Capitano mezzo nudo la donna sobbalzò, coprendosi il volto con le mani.
"Rivaille! Ti hanno violentato! Ti hanno stuprato! Come hai potuto permetterlo?"
Diletta si posizionò tra i due, le mani sui fianchi.
"Posso sapere chi siete?" urlò a entrambe.
"Che ci fate voi qua?" chiese Armin uscendo dal bagno "Spero che non saltino fuori da un momento all'altro Annie, Berthold, Reiner e Ymir!"
"Ymir!" strillò Historia scoppiando a piangere "Mi manca così tanto!"
Diletta intanto aveva raggiunto il bagno, dove Eren si era messo a giocare con lo sciacquone del wc.
"L'acqua si paga, pivello!" esclamò prendendolo per un orecchio "Adesso vieni in cucina e insieme a quegli altri decerebrati mi spieghi cosa sta succedendo!"

Più tardi, Hanji e Historia avevano finito di raccontare di come si erano svegliate sotto una statua gigantesca completamente nuda -il David- e di come si erano messe a girovagare per la città fin quando non si erano imbattute in Diletta. La ragazza non sapeva più cosa fare: li aveva portati con sè perchè pensava fossero tipi interessanti per il racconto che stava scrivendo. Ma, conoscendoli meglio, si era ricreduta.
"Come possiamo tornare a Trost?" piagnucolava Historia "Ho bisogno di Ymir!"
Armin si alzò dalla sedia, camminando attorno al tavolo "Ma perchè volete tornare a Trost? Qui non è meglio? Non ci sono giganti!"
A quell'ultima parola Diletta alzò gli occhi al cielo, poi prese una mano di Historia, l'unica che compativa realmente "Chi è Ymir? Il tuo ragazzo?"
Historia arrossì, portandosi le mani al volto "Ma che dici! E' una donna! E' la mia migliore amica!"
"Dobbiamo tornare a Trost" le interruppe Rivaille "Non possiamo lasciare che la città cada sotto gli attacchi dei giganti! Dobbiamo salvare l'umanità!"
"Che ci fa se è una donna?" continuò Diletta, ignorando il Capitano "Ancora nel 2014 vi fate problemi sull'omosessualità?"
"Dov'è finito il mio braccio?" esclamò Erwin, che non riusciva più a trovare l'arto del manichino "Mi ci ero affezionato!"
"Cos'è l'omosessualità?" chiese Historia confusa "E' una brutta parola. Mi sa di malattia!"
"Ma no che non lo è! Tu ami Ymir, vero?"
"Lasciala in pace a quella squinternata" continuò Rivaille "Piuttosto, Erwin, col tuo braccio mi ci sono pulito il culo poco fa"
Mikasa si alzò di scatto dalla sedia, facendola finire a terra. Con una mano afferrò il colletto della maglietta di Armin, portandolo al muro.
"Smettila di gironzolare per la stanza, sto provando a concentrarmi!" urlò disperata, mentre tutti terminavano i loro discorsi cercando di capire cosa stesse accadendo.
Poi, Mikasa tornò al suo cubo di Rubik, mentre Armin si sedeva sconsolato sul divano della cucina.
"Lasciando perdere braccia, omosessualità e malattie" esclamò Diletta andando a prendere la borsa "Dato che non sappiamo come farvi tornare dai vostri compari giganti possiamo fare un giro per la città, che ne pensate?"
Eren annuì, gli occhi pieni di gioia. Armin si alzò cercando di stare il più lontano possibile da Mikasa, e gli altri acconsentirono. Poi si incamminarono fuori dalla porta, sperando di non incontrare più carabinieri.

Mezz'ora dopo, il gruppo aveva raggiunto Ponte Vecchio, fortunatamente senza mettersi a urlare o a fare domande strane. Nonappena raggiunsero il ponte, però, Diletta prese dalla borsa la sua macchina fotografica per immortalare la bellezza del paesaggio, e a quel punto Armin ricominciò con le domande.
"Cos'è questa cosa?" disse spaventato appena scattò il flash "A che serve?"
Diletta mostrò alcune delle foto al ragazzo, mentre gli altri si riunivano alle sue spalle per ascoltare la spiegazione.
"E' una macchina fotografica. Serve per ritrarre un'immagine reale. In realtà è difficile da spiegare. Guarda, ti faccio capire meglio!"
Diletta puntò la macchina fotografica verso Armin, e scattò una foto. Il ragazzo venne accecato per un attimo dal flash, ma poi si ricompose e guardò la foto che la ragazza gli aveva scattato.
"Wow!" esclamò il biondo incredulo "Ma come è possibile una cosa del genere?"
"Eccellente!" disse Erwin "Gli uomini hanno imparato a volare e a fermare il tempo! Eccellente!"
"Aspettate, facciamoci un selfie!" urlò Diletta puntando l'obiettivo verso di lei mentre cercava di avvicinare a sè il più possibile i suoi compagni.
Poi sorrise, conservando la sua macchina fotografica nella borsa.
"Cos'è un selfie?" chiese ancora Armin, confuso.
"Niente. E comunque, verresti meglio in foto se non avessi quei capelli in stile Nino D'Angelo negli anni 80!"
Poi proseguì, annunciando ai compagni che adesso si sarebbero diretti in Piazza della Signoria.

Il resto della giornata passò con quella piccola gita fiorentina, tra bar, gelaterie e negozi di giocattoli. Armin era affascinato da tutto ciò che aveva visto, e quella sera, quando si riunirono tutti al tavolo per mangiare, decise di porre a Diletta quella domanda a cui pensava da tutto il giorno.
"Ci porti a mare?" chiese all'improvviso, mentre morsicava un pezzo di pizza.
Diletta si versò del vino nel bicchiere, allontanando poi la bottiglia dal biondo.
"Adesso non posso. Quando ho più tempo prendiamo l'autobus e andiamo a mare!"
"Vorrei andarci con Ymir!" esclamò Historia con gli occhi luccicanti "Sarebbe bellissimo! La mia Ymir!"
Poi scoppiò a piangere, sotto lo sguardo seccato di Rivaille.
"Ho un'idea!" disse poi Diletta, prima di addentare un pezzo di pizza "Vi porto in discoteca!"
"Cos'è una discoteca?" chiese Hanji, perplessa.
"Vedrai, Hanji. Prima però dobbiamo trovare qualcosa da metterti addosso!"
Diletta prese Hanji per il braccio, spingendola verso la sua stanza. Poi tornò in cucina, e fece lo stesso con Historia e Mikasa.
Rivaille, Erwin, Eren e Armin rimasero a fissarle, mentre a poco a poco finivano anche quella bottiglia di vino.



 



ANGOLO AUTRICE: Ecco l'ultimo capitolo fino alla prossima settimana e il penultimo in assoluto! Non ho molto da dire, e sono anche di fretta perchè devo uscire, quindi oggi non vi annoio più di tanto! Alla prossima :)

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