Bad bite

di xyourlittlethings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Now I'm alone ***
Capitolo 3: *** Against the life ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO


Non avevo mai pensato seriamente alla morte. Forse perché non avevo mai prestato attenzione ad una cosa così repellente. Ebbene sì, una cosa a me quasi sconosciuta, si fece più vicina, più di quanto si potesse immaginare: la morte si era impossessata dei miei due angeli, e, a quanto pare, anche di me. Con il fiato sospeso, fissai gli occhi scuri del cacciatore che cortesemente mi aiutò; si poggiò sulla soglia della porta e ricambiò con uno sguardo garbato; questa fu una maniera abbastanza avvenente che apprezzai e ammirai, proprio perché mi trovavo sull'orlo di vita. Era una maniera nobile, anche. Alla fine potevo immaginare: se fossi stato lontano da tutta quell'orrenda epidemia insieme ai miei due angeli, avrei potuto vivere serenamente, ma alla fine mi sono ritrovato di fronte alla morte. Per quanto fossi terrorizzato, però, non riuscivo a pentirmi di quella scelta, perché comunque sia saremo stati tutti insieme, in qualsiasi altro modo. Il cacciatore fece un sorriso amichevole e si avvicinò con passo lento e sfrontato verso di me, quasi quasi da far paura. In me tutto cominciò a complicarsi: il mio cuore era oramai spento, spezzato.. ero perso.. invece il mondo esterno era tutto così triste.. incontrollabile.. misterioso, tanto quanto Zayn, il vero cacciatore che si rivelò. Quando lo conobbi ero arrivato ad un punto cruciale della mia vita.

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Capitolo 2
*** Now I'm alone ***


Now I'm alone


Louis' pov
Autunno del 1700, New Orleans.
 
Eccomi qui.
Insieme ai miei due angeli caricati su un carro come da me richiesto, diretti dalla nostra dimora a quel posto raccapricciante chiamato "lazzaretto".. Le mie mani sfiorarono le corde che guidavano il cavallo bruno. Mani esili e tremolanti sfiorarono gli zoccoli del mio destriero implorando preghiera, aiuto e compassione. Erano proprio le mani del mio angelo e del frutto del nostro amore contagiati anch'essi sul punto di lasciar codesta vita. Le vie erano deserte a parte i disperati, le botteghe chiuse, fabbriche isolate, patimenti e miserie, cadaveri abbandonati senza ritegno alcuno.
Notai solo le lacrime della gente versate sulle spoglie degli appestati uomini, se così dovremmo considerare costoro. Notai genti che bruciavano al rogo i corpi senza vita dei malati per non rischiare che la malattia si diffondò ancor più rapidamente. Notai corpi che non avranno una degna sepoltura, anime che non potranno raggiungere l'altissimo, anime che non potranno andare nel mondo della pace con serenità. Dio ha punito, ma con potenza.. forse senza badare a chi colpisse... colpisse colui che tutto vede e tutto può, colui che fu punito con lo sterminio, con questa punizione divina chiamata "peste", colui che per Dio nostro era solo un angelo da riavere nuovamente a sé.
Arrivati al lazzaretto, portai lentamente fra le mie braccia il corpo ormai esile e smunto della mia giovane consorte, Elen, senza aver alcuna paura di esser infettato. Era oramai senza più luce negli occhi, spenta, mi venne strappata come polvere nel vento, dalla vita che insieme avremmo dovuto condurre. Qui in questo incubo, detto "lazzaretto", vi si trovano uomini, donne e fanciulli malati di peste. Esso è stato destinato dai governatori per recludere mendicanti e malati, per questa punizione divina... invece causata da carestie, forse anche dall'inquietudine ed dall'ignoranza della gente. Intorno vedo solo tormento, parole di tremenda agonia, lacrime di innocenti che piangono i loro cari. Questo posto è da paragonare all'inferno, o forse lo è realmente: urla strazianti, come se bruciassero dentro, parole ingiuriose di poveri cristi in preda alla sconfitta, starnuti e tosse che diffondono ancora più il morbo, quasi da colpire anche chi è ancora in buona salute. Non avrei mai immaginato che un'infezione così possa decidere il destino di povera gente. Il mio figliuolo nel pieno della giovinezza, non è ancor perso ma a parer di importanti e prestigiosi uomini di medicina, terminerà a breve la sua vita. Giovani infermiere portano i miei due angeli in piccole camere per far riposare, anche se in fin di vita. Rimango solo con Elen, mentre esprimo le mie ultime preghiere stringendo il suo corpo tra le mie braccia.. era tutto ciò che potei sentire. Il suo sguardo perso, non lasciava trasparire nessuna emozione. Le sue ultime emozioni. E il suo viso impallidito solcato da piccole gocce di sudore. Il corpo ormai stremato. La bocca semiaperta. Era sempre lei. Era sempre la mia Elen. L'Elen di cui mi ero innamorato e che adesso vuole lasciarmi qui da solo, ad affrontare tutto quello che è la vita senza lei al mio fianco. La nostra è stata un'unione d'amore, amore puro, nato tra fanciulli e continuato nel tempo. Lacrime scorrono sul mio candido viso per poi evaporare al contatto con la sua pelle che arde di dolore nel sentirmi pronunciare "perdono amor mio ", sul punto che mi lasci per soccombere al destino crudele che Dio ci ha dato. Sento il cuore non battere più. Sento la vita scivolare via lentamente con lei. Non sono pronto a tutto questo. Non sono pronto a dirle addio. Vorrei andare lì con lei, dovunque, ma non voglio lasciarla andare via dalle mie braccia, lasciare la sua mano.
«Ti prego Elen!» piansi distrutto nel vedere l amore della mia vita stare male davanti ai miei occhi senza poterla aiutare, senza poter risolvere i suoi problemi.
«Amore mio» sussurrò a malapena sforzandosi di parlare.
«No ti prego non parlare adesso..» Il tocco morbido della sua mano entrò in contatto con la mia guancia , accarezzandomi. I suoi occhi guardavano fissi i miei con dolore e forse con un minimo di felicità. Ma per cosa?
«Promettimi che non mi dimenticherai mai. Ti prego promettimi che avrò lasciato un impronta indelebile nel tuo cuore e nella tua mente.»
«Non voglio che tu vada via» piansi sulla sua spalla.
«Shh. Ti prego ascoltami.» annuii cercando di essere più forte possibile. Continua ad amarmi ti prego.. anche se non mi vedrai, io sarò sempre con te. Continuerò a sentire la tua voce, forse anche i tuoi pianti... e continuerò a sentire il tuo cuore battere per qualcun altra.»
«Non puoi pensarlo sul serio.» Mi guardò con occhi lucidi, ma neanche una lacrima rigò il suo dolce viso.
«Io amo te. Ti amerò sempre e aspetterò con ansia il giorno in cui potrò stringerti nuovamente al mio corpo. Sentire la tua risata, vedere il tuo sorriso così sincero.»
«So quello che ti sto dicendo. Non dubito di te e non lo farò mai, ma sarà così.. non potrai aspettarmi per sempre.»
Quelle sue parole mi colpirono tutte , una ad una, come delle coltellate una più profonda delle altre. La strinsi con tutte le mie forze. Mi allontanò leggermente da lei per riportare il suo sguardo sul mio viso e avvicinandosi a me.
«Mi mancherai e ti amerò sempre e comunque.» Le sue ultime parole si fanno eco nella mia mente proprio quando chiuse i suoi occhi in definitiva con un leggero sorriso, come se adesso fosse in pace col mondo.. era lì tra le mie braccia. Oh forse no. Non lo era più. Era andata via. L svevo persa per sempre. La strinsi così forte , a quel pensiero cercando di allontanarlo da me ma era tutto inutile. Piansi sul suo corpo minuto incessantemente. Era tutto finito. «Adesso vola in cielo angelo mio.» I lanzichenecchi entrano nella stanza, portandola via, senza che nemmeno possa darle l'ultimo bacio. Inutile opporsi contro un "assedio " di uomini senza compassione. Ho perso l'unica donna che mi avesse fatto provar amore, gioia nel diventar padre. E questo mio figlio che raggiungo, anche lui...unica traccia della nostra unione sta per lasciarmi. Ma lentamente, come se Dio volesse ancor più provocarmi disperazione nel vedere mio figlio agonizzante intento nell'urlare "aiuto" senza poterlo aiutare, o abbracciare dicendo che tutto andrà bene, che è solo un brutto incubo e che tutto finirà appena domattina riaprirà gli occhi. Mio unico figlio, mio tesoro, lacrime di sale inondano nel vedere la sua piccola manina cercare disperatamente la mia, stringere con le sue ultime forze le mie dita. Il suo piccolo cuoricino ha cessato di battere, mentre il morbo divorava il suo ultimo spiraglio di vita, togliendosi il respiro e la forza. Quale disgrazia peggiore può capitare ad un uomo...? Perdere in pochi attimi le uniche due cose che lo tenevano su questa terra. Il Dio che tutti preghiamo forse non esiste, nessun Dio amorevole permetterebbe ciò, nessun padre farebbe soffrir in tal modo le sue creature. Ogni lacrima scendeva lentamente.. le mie ragioni di vita erano oramai pronte per essere polvere, ma comunque sia so che vivranno in eterno: il corpo non è più presente, diverrà cenere, ma l'anima vola, l'anima c'è ancora.. e io, così addolorato da non riuscir a superare queste perdite, avrò il loro sostegno, lo sentirò. Ritorno su quel carro, pronto per guidare il mio destriero e rimanere con il desiderio che il morbo si potesse impossessare anche di me. Se solo non fosse stata una malattia incurabile, se solo tutto questo fosse successo a me, tutto sarebbe stato migliore. Ora rimango qui, solo su questa terra, abbandonato da Dio, è come se fossi stato ripudiato come suo figlio. Continuo la cavalcata con il pensiero, l'unico e il solo, di lasciar codesta terra. L'aria si fa pesante man mano che una nube nera si dirama in cielo, colorandolo di morte, coprendo il sole che scompare, senza più far penetrare raggi di luce. La nube; lassù tra quelle ceneri ci sono anche quelle dei miei angeli che adesso sono finalmente in cielo senza soffrir più di quella maledetta punizione che me li ha portati via.

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Capitolo 3
*** Against the life ***


Forse era arrivato il momento che lasciassi tutto... non avevo più motivo di rimanere lì. Dopo aver stretto tra me per l'ultima volta i miei cari, dopo potei anche abbandonare la nostra casa, il rimanere mi avrebbe fatto ritornar nella mia mente tutti i momenti vissuti con loro: I primi passi del nostro bambino, il primo vagito, o il giorno tanto atteso delle nozze con la mia amata. Quanti ricordi, le loro vite e anche la mia, essendo che era legata alla loro, portati via ... andate in fumo così, da un momento all'altro. Senza che Dio ci abbia lasciato il tempo per goderci tutto. Perché forse come dicono le voci degli anziani: "Dio ha chiamato a sè le anime dei più nobili", sarà vero... loro erano le anime più pure, due angeli per l'appunto. Io non ero altro che un misero padre, marito, uomo senza più motivo di vivere, pronto oramai a viaggiare e lasciare questa terra, un uomo di passaggio sulle terre deserte, ma ricolme di disperazione ed odio. Prima di andare, lasciai un fiore per la mia amata sul davanzale della finestra come facevo quand'eravamo giovani amanti, ed uno sul letto del mio bambino. I ritratti di famiglia inneggiarono il corridoio che portava all' uscita. Mentre lo percorrevo era come se qualcosa mi dicesse di non andare, come se il "passato" volesse tenermi ancor legato a quella terra, come se non fosse ancor'ora il momento d'andar via. Uscì con ancor i pensieri e le immagini che il mio cervello mi riportava. Che Dio abbia pietà delle loro anime, e che provveda a punir chi in terra ha avuto animo tormentato dall'odio. Che porti anche me con sé ascoltando le mie preghiere. Presi il necessario, cibo, acqua a non finire, salii sul mio destriero lasciando alle spalle tutto, anche se sapevo che loro sarebbero stati sempre con me, nella medaglia che porto al collo, senza mai lasciarmi. Guardai un'ultima volta la medaglia, facendomi accompagnare dalle lacrime calde che percorrevano velocemente il mio viso freddo, quasi ghiacciato. «Oh!» dissi al mio cavallo, per incitarlo a correre via da qui. Corse veloce, veloce e sempre più veloce entrando nel bosco oscuro. Il bosco di New Orleans. Non avrei mai potuto immaginare di poter andare lì un giorno, invece è successo. Non mi sarei mai immaginato nulla di tutto ciò, eppure è successo. Tutto è successo per una ragione. Oramai ero nelle mani di Dio, e tutto sarebbe potuto accadere solo per una ragione. Ore e ore di viaggio senza sosta. I giorni passavano e io ero sempre più assetato, e debole. Camminavo senza un meta. Quando il tramonto vi si faceva vicino, andavo alla ricerca di un posto abbastanza appartato per poter riposare la notte, ero consapevole dei pericolosi animali che vi era lì.. ma non mi importava. Sentii quella dolce risata. «Papà papà, giochiamo!» «Certamente amor mio.. dov'è mamma?» «Vuole preparare una buona colazione per noi due!» Traballavo.. i ricordi facevano male, i ricordi del mio figlioletto e della mia amata in tutta la sua bellezza, che non scorderò mai. «William?!» «Si, Elen?» «Ti amo!» Ogni giorno un ricordo, un ricordo accompagnato sempre da vari colpi di tosse. Erano passati 7 giorni infernali. Ricordai la prima volta che la mia Elen si dichiarò.. quello fu uno dei giorni più belli di tutta la mia vita. Sentii il pianto di un bambino, mi girai di continuo su me stesso, ma niente! C'erano solo lunghi e oscuri alberi che rendevano il bosco quasi inquietante. «William, amor mio, è nato!» mi avvicinai ad Elen completamente emozionata e sudata che teneva tra le braccia la nostra piccola creatura, il nostro gioiello. «È un maschio!» era così piccolo, fragile e riuscivo a intravedere piccole somiglianze, mi ricordava mio padre, Austin. «Samuel!» dissi quasi sussurrando. «Samuel è un bellissimo nome!» la mia Elen era così entusiasta. «Samuel Tomlinson! Benvenuto in famiglia» dissi prendendolo in braccio. "Samuel Tomlinson!" nella mia testa rimbombava. «Samuel! Elen! Perché mi avete abbandonato? » piansi « perché? » caddi a terra senza forze. Sentivo la febbre, innumerevoli allucinazioni.. avevo talmente il cuore spezzato che mi sembrava d'aver visto un uomo con un fucile. «La peste!» urlò quel cacciatore. Chiusi gli occhi.. e tutto era buio.

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