SNK: 2000 anni dopo di smartys ayane (/viewuser.php?uid=97059)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 1 *** 1 ***
SNK: 2000 anni dopo
SNK: 2000 anni
dopo
Armin guardò fuori dalla finestra, e si rese conto che
doveva
essere molto tardi. Si diresse quindi verso il letto e, dopo aver
alzato le lenzuola, si ci infilò dentro in un soffio. Aveva
sonno, ed era molto stanco sia fisicamente che mentalmente. Tuttavia
non riusciva a dormire: i suoi pensieri volavano alle ultime
spedizioni, alle morti dei suoi compagni e alla minaccia dei giganti.
Fin da bambino aveva sempre sognato un mondo libero, un mondo dove gli
umani avrebbero potuto vivere senza la paura di essere divorati da un
momento all'altro, un mondo dove egli avrebbe potuto viaggiare oltre i
confini della Terra, e scoprire tutte le leggi che governano l'Universo
e tutte le bellezze che il pianeta nasconde, oltre la minaccia dei
giganti. Ahimè, il mondo dove egli viveva era tutt'altro che
quello che lui avrebbe voluto: gli uomini erano schiavi, non si poteva
andare troppo lontano dalle mura perchè si rischiava di
morire
in un modo atroce, e lui non avrebbe mai scoperto cosa si nascondeva
oltre quei luoghi che aveva già esplorato con il resto della
Legione Esplorativa.
Armin sospirò, rigirandosi tra le coperte.
Ripensò a come
sarebbero state migliori tante cose, se i giganti non fossero mai
esistiti.
Si chiese se, da qualche parte nell'Universo, ci fosse un mondo come
quello che lui aveva sempre desiderato.
Quando si svegliò, prima ancora di aprire gli occhi,
sentì una sensazione di caldo e di umido sulla sua guancia
sinistra. Inizialmente non ci fece molto caso, credeva ancora di essere
in dormiveglia. Poi, però, la luce cominciò a
filtrare
oltre le palpebre, e si rese conto che doveva essere già
mattino.
Armin, che fino a quel momento era stato sdraiato sul fianco destro, si
mise in posizione supina, e aprì gli occhi.
In un primo momento non capì nulla: vedeva solo il sole, e
sentiva il terreno sotto la sua schiena.
Poi, quella sensazione di prima cominciò a tornare, e il
ragazzo si girò istintivamente per capire cosa fosse.
Un cane. O meglio, la lingua di un cane.
Armin si portò le mani agli occhi, per strizzarli. Cosa ci
faceva un cane a casa sua?
Poi riaprì le palpebre, e si rese conto che l'animale non
era
l'unico elemento anomalo che si prestava alla sua vista. Davanti a lui,
infatti, si ergeva una struttura di almeno 30 metri, completamente in
rovina, ma notevolmente grandiosa rispetto a tutte le altre abitazioni
di Trost.
Armin si girò quindi dall'altra parte, e un'altra struttura,
una
decina di metri più piccola, sovrastava di fronte a lui,
coprendogli interamente la vista.
Il ragazzo si alzò, spaesato. Il cane continuava a
scondinzolargli attorno, con la lingua penzoloni e le orecchie tese.
Armin lo ignorò, e si avvicinò al palazzo per
scoprire cosa ci fosse oltre.
E, in quel preciso momento, il traffico della città lo
stravolse.
Davanti a lui si estendeva una strada abbastanza larga, agli estremi
della quale correvano delle strisce bianche, mentre nel bel mezzo di
essa continuavano ad avanzare ammassi metallici con le ruote.
Armin sobbalzò, stringendosi il più possibile sul
muro
alle sue spalle. Dove si trovava? Che ne era di Trost? Cos'erano quegli
animali assurdi che si muovevano liberamente davanti a lui?
Il ragazzo decise di raggiungere l'altra parte della strada, per
chiedere informazioni a due uomini che discutevano animatamente davanti
ai suoi occhi. Ma nonappena mise piede oltre il marciapiede, un
automobile lo sfiorò sulla gamba, facendolo cadere a terra.
Il conducente abbassò il finestrino e, prima di passare
oltre,
gli urlò dietro di tornare a cantare "Tanti auguri" alla Rai.
Armin, non potendo comprendere l'allusione a Raffaella
Carrà,
continuò ad avanzare, fino a raggiungere i due uomini
dall'altro
lato della strada. I due erano talmente impegnati nella loro
conversazione che in un primo momento il ragazzo non volle
interromperli. Restò quindi ad ascoltare i loro discorsi,
sperando che intanto passasse qualcun'altro.
"Ti conviene sbrigarti, se vuoi vederlo" disse uno dei due, rivolto
all'altro "Prima che arrivi qualcuno a prenderlo e a portarlo in
manicomio!"
"Ma è vero che ha cominciato a mordersi il dito fino a farlo
sanguinare?" chiese l'altro "E che continuava a farlo mentre la ragazza
insieme a lui scazzottava tutti quelli che provavano ad avvicinarsi?"
Armin drizzò le orecchie, fingendo di non ascoltare.
"Proprio così! E continuava a ripetere 'diventerò
un
gigante, un bestione di 17 metri!' e intanto continuava a torturarsi il
dito. Credo siano cannibali, o una cosa del genere. Indossavano degli
abiti a dir poco assurdi!"
"Non ci posso credere!" esclamò l'amico "E la ragazza li ha
fatti fuori tutti?"
L'uomo scrollò le spalle, alzando le sopracciglia "Tutti
quelli
che osavano interrompere l'autolesionismo di Hannibal Lecter!"
L'altro sospirò, scuotendo la testa. Poi si voltò
e,
finalmente, sembrò accorgersi del biondino poggiato al palo
della luce alle sue spalle.
"Santo cielo!" esclamò stupito "Non credevo che i cugini di
campagna fossero in concerto da noi, questa sera!"
Armin arrossì, staccandosi velocemente dal palo.
"Scusatemi" balbettò alzando le mani all'altezza delle
spalle
come se volesse proteggersi "Sapete dirmi dove si trovano i due ragazzi
di cui stavate parlando? Sono miei fratelli, e non stanno molto bene di
cervello, vorrei poterli trovare prima che si facciano del male!"
"Beh, ci credo che non stanno bene di cervello!" esclamò
l'uomo
che doveva aver visto entrambi "Sono in Via Fiesole, proprio di fronte
al magazzino del vecchio Nino. In bocca al lupo!"
Armin non aveva la minima idea di dove si trovasse Via Fiesole e di chi
fosse il vecchio Nino. Tuttavia decise che sarebbe stato meglio
andarsene via di lì il più in fretta possibile, e
così cominciò ad incamminarsi verso il punto che
gli
aveva indicato l'uomo.
I due rimasero a guardarlo fino a quando non scomparì oltre
una palazzina.
Non ci volle molto a capire dove si trovassero Eren e Mikasa. Nonappena
svoltò l'angolo, infatti, Armin sentì delle urla
e le
seguì fino a quando non arrivò a un vicolo in
fondo a una
stradina. Lì c'erano Eren, accovacciato a terra con le mani
sulla testa, e Mikasa, con la fronte poggiata a un muro e i pugni
stretti. Al contrario di quel che si aspettava, attorno a loro non
c'era nessuno.
Armin corse verso i suoi amici, che non si erano accorti della sua
presenza. Mikasa si voltò e si mise in posizione di attacco,
ma
quando si rese conto che si trattava del suo amico, rilassò
i
muscoli e disse ad Eren di alzare lo sguardo.
Armin si chinò a terra, trafelato, e prima che Eren potesse
dire una sola parola si affrettò ad abbracciarlo.
"Dove siamo?" gridò "Ho paura! Ho visto cose strane nella
strada, e la gente mi dice cose che non capisco! Voglio tornarmene a
casa!"
Eren sospirò, lanciando uno sguardo a Mikasa. Lei prese
Armin per le spalle, allontanandolo dal ragazzo.
"Noi non sappiamo nulla" disse lei "Ci siamo risvegliati qui, sotto lo
sguardo di volti che non abbiamo mai visto. E qui siamo rimasti!"
Armin si sfiorò una lacrima con un dito, abbassando lo
sguardo.
"Beh, voi allora non avete visto quello che ho visto io!"
Eren e Mikasa si guardarono, preoccupati. Poi si alzarono insieme,
aiutando l'amico a fare lo stesso.
"D'accordo, Armin" disse Eren guardando le mura che li circondavano
"Mostracelo!"
Quando i ragazzi raggiunsero la strada, Eren e Mikasa capirono
immediatamente di cosa Armin stesse parlando.
Notarono subito quegli strani oggetti che si muovevano lungo l'asfalto,
e si chiesero come mai ci fossero degli umani dentro di loro.
"Che animali strani!" disse Mikasa aggrottando le sopracciglia "A Trost
non ne avevo mai visti!"
"Non sono animali" rispose Armin "Anche io all'inizio credevo che lo
fossero. Ma sono semplicemente veicoli: un agglomerato di metallo con
le ruote. Ci sarà qualcosa dentro che permetta di pedalare
per
far muovere il mezzo, o una cosa del genere!"
Eren e Mikasa rimasero in silenzio, incantati da quello che avevano
davanti agli occhi. C'erano troppe
cose strane: palazzi altissimi, aste attaccate al terreno che si
ergevano per almeno dieci metri alla cui sommità c'era un
piccolo oggetto che emanava luce, gente che indossava abiti fuori dal
comune, ragazzi con la pelle disegnata. Sembrava quasi che si fossero
catapultati in un altro mondo.
Poi, all'improvviso, mentre erano tutti incantati dalle stranezze che
si estendevano davanti ai loro occhi, un automobile dei carabinieri
passò proprio di lì, catturando la loro
attenzione.
"Che strano!" esclamò Mikasa "Perchè quel veicolo
fa quel suono strano?"
L'automobile si era fermata a causa del traffico, e Armin ebbe modo di
vedere ciò che accadeva al suo interno. Rimase paralizzato
quando, senza ombra di dubbio, aveva visto i capelli biondi del
Capitano Smith e la testa del caporale Levi. Istintivamente si
aggrappò al braccio dell'amico, indicandogli l'automobile.
"Ragazzi! Stanno portando via i nostri superiori!"
ANGOLO AUTRICE: Hola! Ecco a voi cosa ho partorito quest'oggi! Dio mio,
è completamente senza senso, lo so! Ma alla fine
è fatto proprio per questo: io mi diverto a scrivere, e voi,
forse, a leggere! Semplicemente, a causa della mia mente non tanto
normale, ultimamente pensavo a come sarebbe strano se i personaggi di
SNK vivessero ai giorni nostri. E, da questo pensiero, è
nata la fan fiction! Spero di aver stuzzicato il vostro interesse
almeno un pò :)
AVVISO:
Ho bisogno di OC, cioè di personaggi nuovi, che non hanno
nulla a che fare con SNK. Perciò, se avete qualche idea,
potete mandarmi i vostri personaggi per posta qui su EFP :) Basta che
mi specificate nome, età e carattere. Poi vedo io dove
infilarli, ma badate bene che poi posso accoppiarli con chi voglio (ma
almeno non rischiano di essere divorati dai giganti!). Detto questo,
addio u.u Alla prossima :)
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Capitolo 2 *** 2 ***
SNK: 2000 anni dopo
SNK: 2000 anni
dopo
Umberto Greco camminava avanti e indietro, le mani strette in un pugno
dietro la sua schiena. Di fronte a lui, i due elementi sospetti che
erano stati fermati mezz'ora prima continuavano a fissarlo senza
pronunciare parola, il che lo rendeva ancora più nervoso.
Non avevano voluto dire i loro nomi, non avevano voluto dire per quale
motivo un'ora fa si trovavano aggrappati ad un balcone del sesto piano
di un palazzo in centro, e il fatto che al tipo biondo mancasse un
braccio lo faceva insospettire ancora di più. Temeva
potessero
appartenere a una specie di setta satanica, e si chiese
perchè
mai una cosa del genere fosse dovuta accadere proprio a Galba, piccola
cittadina siciliana. Quelle erano cose da telefilm, cose che accadevano
al massimo a Roma ma che nella realtà non erano poi
così
diffuse.
Umberto si sedette di fronte ai due uomini, guardando con i suoi occhi
di ghiaccio prima il volto di uno e poi il volto dell'altro. Sembravano
tranquilli, il loro viso non tradiva alcuna emozione ed erano talmente
immobili da sembrare statue.
I tipici criminali
pensò il carabiniere, portandosi una mano alla barba.
In quel momento un agente più giovane, rigorosamente in
divisa,
aprì la porta e si rivolse direttamente al superiore.
"Capitano, tre ragazzi sono arrivati in caserma e hanno chiesto di
loro" disse indicando Erwin e Levi "Li hanno definiti 'comandante
Smith' e 'capitano Levi'. Altro non sappiamo!"
Levi alzò gli occhi al cielo, esasperato. Voglio subito vedere la faccia
di questi mocciosi che non si fanno gli affari loro!
Umberto annuì al ragazzo, alzandosi dalla sedia. Poi fece
cenno
ai due uomini di seguirlo, e loro obbedirono senza fiatare. Tuttavia,
quando raggiunsero il corridoio, si scambiarono un cenno e in un solo
attimo accadde il pandemonio: Erwin, che non era stato ammanettato,
aveva lanciato un vaso sulla testa del carabiniere, facendolo svenire
all'istante. L'agente più giovane stava per raggiungerli, ma
Levi gli bloccò le gambe con un calcio potente quanto
inaspettato, e il povero ragazzo cadde a terra impaurito. Erwin aveva
intanto liberato il compagno dalle catene, e quest'ultimo
staccò
un pezzo di stoffa dalla sua vestaglia da notte e la
utilizzò
per imbavagliare il carabiniere.
Poi si avvicinarono all'ingresso della caserma, sperando che nessuno
avesse sentito il minimo rumore. Quando si accorsero dei tre ragazzi,
si fermarono sull'uscio della porta agitando una mano per farsi notare.
Armin fu il primo a vederli, ma prima di avvisare i suoi compagni
chiese all'agente che li sorvegliava se poteva andare in bagno. L'uomo
acconsentì, e Eren e Mikasa guardarono il loro compagno che
si
allontanava nell'altra stanza insieme al carabinere. Nonappena l'uomo
mise piede nel locale, Armin lo allontanò con un calcio e
subito
dopo serrò la porta utilizzando la chiave che aveva
precedentemente staccato dalla serratura. Mikasa e Eren lo guardarono
confusi, ma in quello stesso momento Erwin e Levi uscirono dal loro
nascondiglio correndo velocemente verso l'ingresso. I tre ragazzini li
seguirono, ma appena raggiunsero la strada dove si era risvegliato
Armin il ragazzo gli ordinò di nascondersi lì
dentro,
dove nessuno li avrebbe cercati.
Inizialmente Levi si oppose, lamentadosi dello spesso strato di polvere
che ricopriva il pavimento della casa in rovina. Poi Erwin lo
trascinò letteralmente fino a che non trovarono ognuno un
nascondiglio: Armin e Levi sotto una scrivania, Mikasa dietro un
divano, Eren all'interno di un enorme vaso di terracotta e Erwin dentro
un armadio. I carabinieri passarono di lì solo una mezz'ora
dopo, ma non si soffermarono più di tanto e corsero via a
cercarli altrove.
Quando Armin fu sicuro che nessuno li avrebbe più cercati in
quel luogo, ordinò ai suoi compagni di uscire dai loro
nascondigli per decidere come procedere.
Levi sbatteva i piedi a terra come un forsennato, mentre con le mani si
spazzolava le spalle e le braccia.
"Dove siamo?" urlarono tutti in coro, in preda al panico. Solo Levi era
rimasto zitto, intento a togliersi la polvere dalla vestaglia.
"Ma, soprattutto, dove andremo adesso?" chiese Armin sconsolato.
"Sicuramente lontano da questa topaia!" esclamò Levi "Non mi
basteranno dieci doccie per sentirmi pulito!"
Mikasa alzò gli occhi al cielo, infastidita dal
comportamento del capitano.
"La cosa più grave" disse Erwin abbassando lo sguardo "E'
che
non c'è nessuna traccia di mura in questa città!
Io e
Levi ci siamo arrampicati su uno di questi palazzi enormi, e abbiamo
visto solo una distesa di costruzioni gigantesche! Cosa faremmo se i
titani dovessero attaccarci? Non abbiamo nemmeno le nostre attrezzature
tridimensionali!"
"E nemmeno una doccia!" continuò Levi, senza smettere di
torturarsi la veste.
"Ho un'idea" disse Mikasa attirando perfino l'attenzione del capitano
"Troviamo qualcuno che possa indossare più o meno la nostra
stessa taglia, ci prendiamo i loro vestiti e fingiamoci cittadini di
questo strano pianeta. Così abbiamo più tempo di
scoprire
dove ci troviamo e non ci inseguiranno più"
"Come te li prendi i vestiti?" chiese Erwin sospirando "E poi ormai
conoscono le nostre facce. Difficilmente riusciremo a scappare"
"Per i vestiti è semplice" intervenne Levi "Li uccideremo"
Armin alzò le braccia al cielo per catturare l'attenzione
"Aspettate, aspettate un momento. Mikasa non ha tutti i torti, per
prima cosa dobbiamo trovare dei vestiti adatti a noi così
almeno
le persone la smetteranno di guardarci in modo strano e di dirmi cose
che non capisco"
"Continuo a non capire come dobbiamo prendere i vestiti"
continuò Erwin.
"Ma non saremmo mai normali!" urlò Levi "Guarda,
c'è
un monco tra di noi! E quella mezza calzetta di Eren si è
quasi
divorato un intero dito!"
Armin ignorò il capitano, e continuò a esporre il
suo
piano "Ho visto che ci sono dei negozi in questa città dove
vendono vestiti. Possiamo prenderli da lì, senza che nessuno
si
faccia del male! Che ne pensate?"
Eren, che fino a quel momento non aveva parlato, disse che gli sembrava
un ottimo piano. Acconsentirono anche Mikasa ed Erwin, ma ancora Levi
si chiedeva come potevano nascondere il braccio non esistente di Erwin.
Tuttavia, alla fine, acconsentì anche lui.
Poco dopo, la squadra entrò nel negozio di vestiario
più
vicino. Nonappena si accorse di loro, la commessa aggrottò
le
sopracciglia, squadrandoli da testa a piedi. Armin si
avvicinò,
tentando di essere il più indifferente possibile.
"Come... come posso servirla?" chiese la donna, sistemandosi gli
occhiali.
Armin si guardò attorno, fingendo che gli interessasse
qualcosa
di ogni singolo abito posato sugli scaffali del negozio. Poi prese
degli indumenti a caso, e li poggiò sul bancone.
"Cosa vuole per questi?"
La donna lo squadrò nuovamente, sempre più
allibita.
"Cosa intende dire?"
"Cosa vuole per questi?" ripetè Armin, alzando la voce "Gli
indumenti che abbiamo ora le vanno bene? Possiamo darle anche le
scarpe, purchè ce ne fornisca nuove. Se vuole posso donarle
anche qualche ciocca dei miei capelli, e credo che lo stesso valga per
gli altri quattro. Insomma, come possiamo barattare affinchè
lei
ci dia qualche indumento decente da indossare?"
La commessa ascoltò incredula ogni singola parola. Poi,
d'improvviso, cadde a terra svenuta.
Levi alzò gli occhi al cielo, rassegnato.
"Approfittiamone prima che si svegli. Cercate di prendere
più indumenti possibili!"
Più tardi, la squadra si trovava all'interno di un parco,
tutta
abbigliata con i vestiti più comodi che erano riusciti a
trovare: Armin una semplice t-shirt bianca e un paio di jeans, Levi una
camicia grigia e jeans, Erwin camicia bianca e pantaloni neri, Eren una
t-shirt bianca con la stampa di un automobile e dei bermuda di jeans e
Mikasa una casacca bianca e dei pantaloni azzurri. Avevano trovato
anche delle scarpe abbastanza comode, ma si sentivano totalmente
ridicoli con quei vestiti addosso.
"Quasi quasi mi sentivo più a mio agio con la vestaglia!"
esclamò Erwin, che doveva anche camminare con il braccio
staccato di un manichino inserito all'interno della manica destra della
camicia per nascondere il suo problema.
"Bene. Adesso dobbiamo cercare di capire dove ci troviamo!" disse Armin
portandosi una mano sul mento "Possiamo fingere di esserci persi!"
Mikasa si passò una mano sui capelli, guardando un passante.
"Ei!" esclamò avvicinandosi e cercando di sfoggiare il suo
migliore sorriso "Non è che potresti per caso dirmi dove ci
troviamo? Stavo cercando mia cugina che abita da queste parti, non l'ho
avvisata per farle una sorpresa, ma non riesco a capire se sono nel
posto giusto"
"Beh, dove abita tua cugina?"
Mikasa cominciò a sudare freddo. Non se l'era aspettato "Non
ricordo il nome della strada. Mi ha solo detto che vicino casa sua
c'è un cimitero!"
"Ma il cimitero di Galba si trova fuori città! Non ci sono
abitazioni da quelle parti!"
Mikasa drizzò le orecchie. Galba. Stava per
chiedere qualcos'altro, quando Armin si avvicinò
stringendosi a un braccio di Mikasa.
"In che anno siamo?" chiese improvvisamente, sotto lo sguardo
sbalordito dell'amica.
"Armin, stai bene?"
In quel momento comparve Erwin, che si era precedentemente organizzato
con il ragazzo.
"Perdonatelo!" esclamò, posando l'unica mano realmente
funzionante su una spalla del giovane "E' un pò malato. Ha
qualche rotella fuori posto. Diciamo che è ritardato.
Dovrebbe
avere quindici anni ma non sa nemmeno soffiarsi il naso! E' totalmente
deficiente. Ho provato più volte a fargli fare un
ragionamento
sensato, ma niente. Per non parlare del fatto che quando va a fare la
pipì devo ancora tene..."
"In che anno siamo?" urlò di nuovo Armin per evitare che
Erwin terminasse la frase.
Lo straniero sorrise, portando una mano sui capelli del ragazzo.
"2014, piccolo!"
Armin avrebbe voluto spaccargli la faccia. Prima a lui e poi ad Erwin,
per avere esagerato a descrivere la sua demenza fittizia.
Solo dopo si rese conto di ciò che gli era appena stato
detto.
Erwin rimase un attimo in silenzio, soppesando quelle ultime parole.
Poi diede una scrollata di spalle ad Armin e sorrise allo straniero.
"Beh, credo che noi dobbiamo andare, adesso. Grazie per il vostro
aiuto, signore, io e mia moglie" indicò Mikasa "Troveremo
subito
casa di sua cugina!"
Il ragazzo sorrise, allungando una mano verso il capitano "Odio chi mi
da del lei, figuriamoci chi mi da del voi. Io sono Luca, piacere!"
Erwin rimase a fissare la mano del ragazzo per qualche minuto. Poi si
voltò bruscamente, allontanandosi con Armin senza dire una
parola.
"Perdonalo!" disse Mikasa senza smettere di sorridere "Ha perso un
braccio. E' capitato due millenni fa, ma ancora non è
riuscito a
passarci su!"
Poi seguì i suoi compagni che si allontanavano, lasciando
Luca perplesso nel bel mezzo del parco.
Più tardi, la squadra era letteralmente tornata sulla
strada:
camminavano nel bel mezzo del traffico, con i clackson che gli
suonavano contro e le urla dei conducenti alle spalle. Purtroppo,
nessuno di loro capiva quanto stava accadendo.
"Dobbiamo capire come andarcene da qui!" esclamò Rivaille
"Qui
la gente è tutta stupida e matta. Ci sono cani vestiti come
loro, uomini con i buchi alle orecchie e donne che non indossano
nè gonne nè pantaloni!"
"Avete sentito lo straniero?" intervenne Eren "Ha detto che siamo nel
2014! Secondo voi stava solo prendendo in giro Armin, dato che Erwin lo
ha presentato come un totale imbecille?"
Armin stava per controbattere, quando il suono che avevano sentito
qualche ora prima cominciò a rimbombare nuovamente nelle
loro
orecchie. I ragazzi si voltarono: dietro di loro, l'automobile dei
carabinieri si dirigeva veloce verso di loro.
"Maledetti! Se avessi avuto la manovra tridimensionale gli avrei
distrutto quella scatoletta metallica in due secondi!" urlò
Rivaille cominciando a correre a gambe levate.
Gli altri lo seguirono, spingendo e buttando a terra tutte le persone
che si piazzavano davanti a loro. Armin guidava il gruppo, portandolo
nelle stradine più strette in cui si imbattevano: riusciva a
capire che l'automobile non sarebbe riuscita a passare in vicoli come
quelli. Poi si ritrovarono in una piazza, al centro del quale c'era un
enorme fontana. Tutti e cinque si voltarono verso di essa, incantati
dall'ennesima meraviglia, ma senza fermarsi. Proprio in quel momento,
però, un automobile colpì le gambe di Eren e
Mikasa, che
comunque riuscirono a non perdere l'equilibrio.
La ragazza all'interno dell'automobile, udendo la sirena dei
carabinieri, guardò cosa stava accadendo dallo specchietto
retrovisore. Comprendendo che quelli davanti a lei dovevano essere i
ricercati, uscì fuori una mano dal finestrino, invitandoli
ad
entrare.
In un primo momento la squadra rimase immobile dov'era, indecisa sul da
farsi. Poi Mikasa aprì lo sportello anteriore, e
salì in
macchina. Gli altri fecero lo stesso, e si posizionarono nei sedili
anteriori. Non c'era abbastanza spazio, perciò Rivaille fu
costretto a sedersi sulle gambe del suo superiore.
"Nessuna domanda!" esclamò freddamente, evitando di
incrociare lo sguardo divertito di Armin e Eren.
La ragazza cominciò quindi ad accelerare, noncurante dei
passanti e delle strade a senso unico, mentre le sirene continuavano a
suonare alle loro spalle.
"Figo! Fighissimo!" ripeteva in continuazione, senza che il resto dei
presenti capisse qualcosa.
L'automobile raggiunse poi una campagna, talmente vasta che da
lì non si poteva vedere la fine. Ai cinque venne una morsa
allo
stomaco alla vista di quello spazio aperto, ma subito dopo la straniera
entrò in un vicolo talmente stretto che Armin si sorprese di
come l'automobile fosse potuta entrarci.
Continuarono quindi ad avanzare, fino a quando la strada non divenne
talmente stretta da non poter più continuare l'avanzata.
Poi, la
ragazza si portò un dito alla bocca, invitando ai presenti
di
fare silenzio.
In quello stesso istante, l'automobile dei carabinieri
passò,
dietro le loro spalle, diritta verso la campagna. Fortunatamente, non
si erano accorti della macchina nascosta nel vicolo.
La ragazza che li aveva salvati tirò un sospiro di sollievo.
Poi si voltò verso i suoi passeggeri, allungando una mano
verso Mikasa, la più vicina a lei.
"Io sono Diletta! Piacere di conoscervi!"
La squadra la guardava senza dire una parola, mentre Mikasa ricambiava
il saluto con una stretta di mano. La ragazza potè sentire
così parte della sua forza.
"Ci porterai da quelli?" chiese Armin indicando il posto dov'era appena
passata la macchina dei carabinieri "E poi cosa ci
succederà?"
Diletta alzò le sopracciglia, sorpresa "Ma no che non vi
porto dai carabinieri! Però è da stamattina che
la gente parla di voi, e appena mi avete attraversato la strada non ho
potuto fare a meno di darvi una mano!" La ragazza guardò il
finto braccio di Erwin, poi fece una smorfia "Figurativamente..."
In quel preciso momento Mikasa si allungò sul sedile,
piegando l'avambraccio e spingendo Diletta verso il finestrino
dell'automobile. Lei deglutì rumorosamente, senza
però tentare di liberarsi.
"Siete terroristi?" balbettò con le lacrime agli occhi "E
perchè attaccate proprio Galba, una stupida cittadina che
non conosce nessuno? E pensare che i miei non volevano mandarmi a
Firenze all'università perchè pensavano sarebbe
stato pericoloso!"
Rivaille ordinò a Mikasa di liberare Diletta, ed ella
obbedì all'istante. Poi si allungò in avanti
verso la ragazza, che tremava ancora.
"Non ti faremo del male se tu non ce ne darai motivo. Ma non sappiamo
nemmeno di cosa tu stia parlando. Quindi, se possiamo discuterne in un
posto più sicuro, ti esporremo tutto ciò che
abbiamo da dirti. Saremo totalmente sinceri, ma se scopriamo che tu
menti..." Rivaille si portò il pollice da una parte
all'altra della gola "Ti uccido!"
Diletta annuì, sospirando. Poi aprì lo sportello
dell'automobile, ma prima che potessero scendere tutti, cadde al suolo
svenuta.
Rivaille alzò gli occhi al cielo, sbruffando "Sarebbe bello
se Eren potesse trasformarsi in un lampo davanti a queste pappemolle.
Sarebbe divertente contare quante volte si sfracellano a terra!"
ANGOLO AUTRICE: Tadà! Ecco a voi un altro inutile capitolo
nonsense! E vabè, questo è lo "scopo" di questa
fan fiction u.u Dato che è vacanza, riesco a scrivere molto
e quindi ad aggiornare presto :) Però il 22 parto per la
gita, e per sei giorni sarete liberi da queste idiozie :') Ma
vabè, vi lascio. Al prossimo cap :)
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Capitolo 3 *** 3 ***
SNK: 2000 anni dopo
SNK: 2000 anni
dopo
Mezz'ora dopo il risveglio di Diletta, la squadra si trovava al centro
di un'enorme stanza in una casa di campagna. Mikasa e Eren bevevano
Coca-cola, Armin si era attaccato a una bottiglia di vino e Erwin e
Levi non bevevano nulla per paura di morire avvelenati. Avevano
raccontato l'intera storia a Diletta, che adesso stava seduta su un
divano con una pezza bagnata sulla fronte.
Dopo aver udito la loro storia, era svenuta nuovamente.
"Voi credete davvero che io possa credervi come se fossi una credulona?"
"Eh?" esclamò Armin singhiozzando "Non ho capito nulla!"
"Siate sinceri con me, non lo dico nè alla polizia
nè ai
carabinieri" continuò Diletta guardando Erwin e Rivaille
"Vorrei
viaggiare come fate voi. Quindi, ammettetelo: vi basta la marijuana o a
volte andate giù anche pesante? Tipo crack, coca..."
"Questa cosa dovrebbe farli viaggiare?"
disse Armin indicando Mikasa e Eren, dopo aver sentito la parola 'coca'
"Guarda! Mikasa sta volando! Anche Eren sta volando!"
Diletta scosse la testa, cominciando a piangere e a urlare
'Perchè proprio a me?' Intanto Erwin si era unito ad Armin,
e
aveva cominciato a bere qualche bicchiere di vino.
"Se fa questo effetto, voglio provarlo anche io!"
Diletta si alzò di scatto dal divano, e cominciò
a
camminare avanti e indietro per la stanza, mentre torturava con le mani
i suoi capelli castani.
"Allora" disse "Mio padre torna fra un'ora. Se vi vede vi chiude in
cella, parola mia! Però, dopo pranzo devo prendere l'aereo
per
tornare all'università. E voi potrete venire con me!"
Rivaille alzò un sopracciglio, poggiandosi sul tavolo.
"Cos'è un aereo? Che vuol dire università?"
Diletta sospirò, stanca di quella situazione.
Iniziò a
comprendere che non sarebbe stata facile la sua convivenza con quegli
squilibrati.
Un'ora dopo, la squadra era stata rinchiusa da Diletta nella sua
camera. La ragazza aveva promesso che sarebbe tornata a prenderli prima
di partire, aggiungendo poi che era di massima importanza che suo padre
non si accorgesse di loro. Anche perchè l'uomo in questione
era
Umberto Greco, il carabiniere che era stato assalito da Erwin e
Rivaille.
Durante il pranzo, il padre raccontò la sua disavventura
alla
figlia. Lei chiese per quale motivo cercassero quei tipi e Umberto
rispose che due di loro erano stati avvistati su un balcone al sesto
piano. Credeva si volessero suicidare, o qualcosa del genere. Oppure
che fossero dei ladri. Ma si stava ancora scervellando per capire come
fossero arrivati al sesto piano dall'esterno, considerando anche che
uno di loro non aveva nemmeno un braccio.
Un paio d'ore dopo il pranzo, Diletta corse a prendere la squadra.
Umberto era tornato a lavoro, quindi potevano muoversi in tutta
tranquillità.
La ragazza aveva già sistemato le valigie nel cofano, ed
erano
tutti pronti per partire. Questa volta, però, Rivaille non
poteva restare seduto sulle gambe di Erwin, perchè la
polizia
avrebbe potuto fermarli e quindi riconoscerli e portarli nuovamente in
prigione.
Decisero quindi di rinchiuderlo nel cofano, date le sue minute
dimensioni.
"Quindi adesso andiamo a volare?" chiese Eren dopo che Diletta
spiegò per l'ennesima volta cos'era un aereo "Ma non
c'è
il rischio che ci sfracelliamo al suolo?"
"Toccati le palle!" urlò Diletta.
"Come sei volgare!" strillò Rivaille dal cofano.
In un'ora il gruppo raggiunse l'aeroporto, ma dovettero aspettarne
un'altra prima di poter prendere l'aereo. Armin, che si era ripreso
dalla sbronza, era super-eccitato: non riusciva a credere come il
progresso aveva permesso all'uomo di volare. Era come un sogno che
diventava realtà, per tutti loro.
Inoltre, appena aveva sentito la parola giganti,
Diletta li aveva presi per matti e quindi erano tutti tranquilli
perchè in quello strano mondo non ne era stato avvistato
ancora
nemmeno uno.
Fu mentre aspettavano l'aereo che accadde. Erwin stava sfogliando il
libro di scienze che Diletta aveva nella borsa, mentre la ragazza era
andata a comprare altra Coca-cola per Mikasa ed Eren. Girava pagine a
caso, cercando di capire perchè riusciva a parlare la lingua
di
quel paese ma non a comprenderne la scrittura.
Poi raggiunse l'apparato muscolare umano, e sussultò.
Lanciò in aria il libro, e corse a gambe levate verso il bar
dove si trovava Diletta. Gli si leggeva il terrore negli occhi.
"Berthold!" urlò "Il titano colossale! E' nel tuo libro! Ci
ucciderà tutti!"
La barista lanciò uno sguardo interrogativo alla ragazza,
che prese le bibite fingendo di non conoscere Erwin.
Poi raggiunse il prima possibile il resto del gruppo, ma appena
arrivò si accorse che Eren aveva ripreso a mordersi il dito.
"Ci hai traditi! Hai chiuso Berthold nel tuo libro e stai aspettando di
portarci in cielo per poterlo liberare! Ma io mi
trasformerò, e
te la farò pagare!"
Diletta sbruffò, spazientita. Cominciò a
chiedersi
perchè avesse deciso di portare quei dementi con
sè.
Quando arrivò finalmente il momento di salire sull'aereo,
Diletta ringraziò il cielo per il fatto che
riuscì a
prendere dei posti vicini per tutti loro. Lei sedette accanto a Eren e
Mikasa, mentre Armin, Erwin e Rivaille avevano preso i sedili davanti.
Quando l'aereo cominciò a decollare, Armin si
girò
dall'altra parte: aveva paura di quello che stava per succedere, e non
aveva nessuna intenzione di guardare. Gli altri, invece, ammirarono
stupiti l'aereo che si staccava dal suolo e che si librava nell'aria,
mentre la città sotto di loro diventava sempre
più
piccola.
Eren e Mikasa sorridevano contenti, e Armin cercava di nascondere le
lacrime. Gli occhi di Rivaille invece si facevano sempre più
grandi, fino a quando poi, in preda alla disperazione, non
cominciò ad alzare le braccia al cielo gridando disperato.
"Non ci sono mura! Non c'è nessuna traccia di mura in questo
paese! Aiuto! Moriremo tutti!"
Diletta sperò che si aprisse una voragine sotto i suoi piedi
per
poter scomparire per sempre "Ma siamo in cielo, che ti importa delle
mura! Qui i titani non possono attaccarci!"
Erwin continuava a guardare meravigliato il paesaggio sotto i suoi
occhi, fin quando non scomparì oltre le nuvole.
"Magnifico!" ripete tra sè e sè "L'uomo
può volare! Magnifico!"
Rivaille intanto sembrava essersi calmato, e quindi Diletta si
lasciò andare ad un sonno più o meno tranquillo.
Armin, invece, continuava a pregare gli dei che qualcuno venisse a
salvarlo.
ANGOLO AUTRICE: Holà! In questi giorni mi diverto a
pubblicare perchè la prossima settimana sarò
assente per un bel pò! Spero di non annoiarvi con questi
aggiornamenti continui! A presto :)
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Capitolo 4 *** 4 ***
SNK: 2000 anni dopo
SNK: 2000 anni
dopo
A parte il terrore di Armin e le inutili preoccupazioni di Rivaille, il
viaggio era andato bene. Quando il gruppo raggiunse Pisa, dovendo
aspettare un paio d'ore per prendere l'autobus, Diletta decise di
andare tutti a vedere la torre. Eren, Mikasa, Erwin, Armin e Rivaille
rimasero incantati dal fascino della città. La ragazza
cominciò a raccontare loro la storia d'Italia, dai romani al
presente. Intanto Armin continuava a chiedersi come fosse possibile che
lui e i suoi compagni siano stati trasportati così in avanti
nel
tempo, e pensò a quella notte quando aveva desiderato tanto
poter vivere in un mondo diverso.
Quando, dopo aver preso l'autobus, il gruppo raggiunse Firenze, Diletta
li portò subito nel suo appartamento. Prima di far vedere
loro
la città aveva bisogno di lavarsi, cambiarsi e chiamare la
sua
coinquilina: sperava che avrebbe prolungato le vacanze,
perchè
non aveva la minima idea di come avrebbe potuto risolvere altrimenti il
problema dei suoi nuovi ospiti.
Nonappena Diletta uscì dalla sua camera si
meravigliò che
la squadra era rimasta lì dove l'aveva lasciata, senza aver
combinato alcun danno. Poi Rivaille si alzò, chiedendo se
poteva
usare la doccia anche lui. La ragazza gli preparò un bagno,
poi
tornò in cucina dove Mikasa guardava sbalordita qualcosa
alla
televisione. Diletta aggrottò le sopracciglia, avvicinandosi
per
guardare meglio: il canale era Mtv, che trasmetteva Wrecking Ball di
Miley Cyrus.
"Che troia!" urlò Mikasa spalancando la bocca.
"Come sei volgare!" esclamò Rivaille dal bagno.
Diletta alzò le spalle, mentre prendeva dei bicchieri e
altra
Coca-cola per i suoi ospiti "Mi sembra il caso di dirlo. Non siamo
più nel Medioevo! Non c'è nulla di male a
svestirsi
davanti alle telecamere"
"Anche tu lo fai?" chiese Eren, che come risposta ottenne un sonoro
ceffone.
"Ma come ti permetti? Ti pare che sono una sgualdrina da quattro soldi
come quella lì?"
Mikasa la guardò un attimo confusa. Poi cambiò
canale, e
si ritrovò a guardare King Kong. In un primo momento non
disse
nulla, in quanto sulla scena c'era solo un gruppo di umani. Poi
inquadrarono la scimmia, e Mikasa saltò in aria lanciando il
telecomando contro la televisione.
"Il titano bestia! Oh, santo cielo! Lo sapevo, lo sapevo!"
Diletta si affrettò a spegnere la televisione, mentre
Rivaille
usciva dal bagno con l'accappatoio addosso. La ragazza
ringraziò
il cielo che si fosse preoccupato di indossarlo.
"Ma perchè l'acqua fa le bollicine?" chiese Rivaille confuso
"Non ci avrai messo Coca-cola?"
Diletta sospirò, pronta a cominciare una lezione sulle
vasche
idromassaggio. Poi, però, bussarono alla porta. Prima di
aprire,
la ragazza chiese ai suoi ospiti di nascondersi tutti in bagno.
Poi corse alla porta, dove trovò una donna con i capelli
castani
stretti in una coda dietro alla quale si nascondeva una ragazzina
bionda dagli occhi azzurri. Dagli indumenti che indossavano, Diletta
capì che doveva trattarsi di altra gente stramba.
"Chi siete?" chiese prima di farle entrare "Sparite, ho già
troppi problemi a cui pensare!"
La donna più grande fermò la porta prima che
Diletta
potesse chiuderla, e spinse violentemente la ragazza per poter entrare
all'interno della casa.
"Dove li hai nascosti?" urlò "Ho visto che li hai portati
qui? Dove sono?"
Diletta alzò un sopracciglio, chiedendosi perchè
quei
guai doveva accollarseli tutti lei. Poi, dal bagno, uscì
Rivaille con un asciugamano legato ai fianchi.
"Hanji, Historia, come ci avete trovati?"
Alla vista del Capitano mezzo nudo la donna sobbalzò,
coprendosi il volto con le mani.
"Rivaille! Ti hanno violentato! Ti hanno stuprato! Come hai potuto
permetterlo?"
Diletta si posizionò tra i due, le mani sui fianchi.
"Posso sapere chi siete?" urlò a entrambe.
"Che ci fate voi qua?" chiese Armin uscendo dal bagno "Spero che non
saltino fuori da un momento all'altro Annie, Berthold, Reiner e Ymir!"
"Ymir!" strillò Historia scoppiando a piangere "Mi manca
così tanto!"
Diletta intanto aveva raggiunto il bagno, dove Eren si era messo a
giocare con lo sciacquone del wc.
"L'acqua si paga, pivello!" esclamò prendendolo per un
orecchio
"Adesso vieni in cucina e insieme a quegli altri decerebrati mi spieghi
cosa sta succedendo!"
Più tardi, Hanji e Historia avevano finito di raccontare di
come
si erano svegliate sotto una statua gigantesca completamente nuda -il
David- e di come si erano messe a girovagare per la città
fin
quando non si erano imbattute in Diletta. La ragazza non sapeva
più cosa fare: li aveva portati con sè
perchè
pensava fossero tipi interessanti per il racconto che stava scrivendo.
Ma, conoscendoli meglio, si era ricreduta.
"Come possiamo tornare a Trost?" piagnucolava Historia "Ho bisogno di
Ymir!"
Armin si alzò dalla sedia, camminando attorno al tavolo "Ma
perchè volete tornare a Trost? Qui non è meglio?
Non ci
sono giganti!"
A quell'ultima parola Diletta alzò gli occhi al cielo, poi
prese
una mano di Historia, l'unica che compativa realmente "Chi è
Ymir? Il tuo ragazzo?"
Historia arrossì, portandosi le mani al volto "Ma che dici!
E' una donna! E' la mia migliore amica!"
"Dobbiamo
tornare a Trost" le
interruppe Rivaille "Non possiamo lasciare che la città cada
sotto gli attacchi dei giganti! Dobbiamo salvare l'umanità!"
"Che ci fa se è una donna?" continuò Diletta,
ignorando
il Capitano "Ancora nel 2014 vi fate problemi
sull'omosessualità?"
"Dov'è finito il mio braccio?" esclamò Erwin, che
non
riusciva più a trovare l'arto del manichino "Mi ci ero
affezionato!"
"Cos'è l'omosessualità?" chiese Historia confusa
"E' una brutta parola. Mi sa di malattia!"
"Ma no che non lo è! Tu ami Ymir, vero?"
"Lasciala in pace a quella squinternata" continuò Rivaille
"Piuttosto, Erwin, col tuo braccio mi ci sono pulito il culo poco fa"
Mikasa si alzò di scatto dalla sedia, facendola finire a
terra.
Con una mano afferrò il colletto della maglietta di Armin,
portandolo al muro.
"Smettila di gironzolare per la stanza, sto provando a concentrarmi!"
urlò disperata, mentre tutti terminavano i loro discorsi
cercando di capire cosa stesse accadendo.
Poi, Mikasa tornò al suo cubo di Rubik, mentre Armin si
sedeva sconsolato sul divano della cucina.
"Lasciando perdere braccia, omosessualità e malattie"
esclamò Diletta andando a prendere la borsa "Dato che non
sappiamo come farvi tornare dai vostri compari giganti possiamo fare un
giro per la città, che ne pensate?"
Eren annuì, gli occhi pieni di gioia. Armin si
alzò
cercando di stare il più lontano possibile da Mikasa, e gli
altri acconsentirono. Poi si incamminarono fuori dalla porta, sperando
di non incontrare più carabinieri.
Mezz'ora dopo, il gruppo aveva raggiunto Ponte Vecchio, fortunatamente
senza mettersi a urlare o a fare domande strane. Nonappena raggiunsero
il ponte, però, Diletta prese dalla borsa la sua macchina
fotografica per immortalare la bellezza del paesaggio, e a quel punto
Armin ricominciò con le domande.
"Cos'è questa cosa?" disse spaventato appena
scattò il flash "A che serve?"
Diletta mostrò alcune delle foto al ragazzo, mentre gli
altri si riunivano alle sue spalle per ascoltare la spiegazione.
"E' una macchina fotografica. Serve per ritrarre un'immagine reale. In
realtà è difficile da spiegare. Guarda, ti faccio
capire
meglio!"
Diletta puntò la macchina fotografica verso Armin, e
scattò una foto. Il ragazzo venne accecato per un attimo dal
flash, ma poi si ricompose e guardò la foto che la ragazza
gli
aveva scattato.
"Wow!" esclamò il biondo incredulo "Ma come è
possibile una cosa del genere?"
"Eccellente!" disse Erwin "Gli uomini hanno imparato a volare e a
fermare il tempo! Eccellente!"
"Aspettate, facciamoci un selfie!" urlò Diletta puntando
l'obiettivo verso di lei mentre cercava di avvicinare a sè
il
più possibile i suoi compagni.
Poi sorrise, conservando la sua macchina fotografica nella borsa.
"Cos'è un selfie?" chiese ancora Armin, confuso.
"Niente. E comunque, verresti meglio in foto se non avessi quei capelli
in stile Nino D'Angelo negli anni 80!"
Poi proseguì, annunciando ai compagni che adesso si
sarebbero diretti in Piazza della Signoria.
Il resto della giornata passò con quella piccola gita
fiorentina, tra bar, gelaterie e negozi di giocattoli. Armin era
affascinato da tutto ciò che aveva visto, e quella sera,
quando
si riunirono tutti al tavolo per mangiare, decise di porre a Diletta
quella domanda a cui pensava da tutto il giorno.
"Ci porti a mare?" chiese all'improvviso, mentre morsicava un pezzo di
pizza.
Diletta si versò del vino nel bicchiere, allontanando poi la
bottiglia dal biondo.
"Adesso non posso. Quando ho più tempo prendiamo l'autobus e
andiamo a mare!"
"Vorrei andarci con Ymir!" esclamò Historia con gli occhi
luccicanti "Sarebbe bellissimo! La mia Ymir!"
Poi scoppiò a piangere, sotto lo sguardo seccato di Rivaille.
"Ho un'idea!" disse poi Diletta, prima di addentare un pezzo di pizza
"Vi porto in discoteca!"
"Cos'è una discoteca?" chiese Hanji, perplessa.
"Vedrai, Hanji. Prima però dobbiamo trovare qualcosa da
metterti addosso!"
Diletta prese Hanji per il braccio, spingendola verso la sua stanza.
Poi tornò in cucina, e fece lo stesso con Historia e Mikasa.
Rivaille, Erwin, Eren e Armin rimasero a fissarle, mentre a poco a poco
finivano anche quella bottiglia di vino.
ANGOLO AUTRICE: Ecco l'ultimo capitolo fino alla prossima settimana e
il penultimo in assoluto! Non ho molto da dire, e sono anche di fretta
perchè devo uscire, quindi oggi non vi annoio più
di tanto! Alla prossima :)
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