Il Rapimento dei Corvi

di AxXx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alex - A Caccia di Corvi ***
Capitolo 2: *** Sadie-Guai, Corvi e Fighi Allucinanti ***
Capitolo 3: *** Alex - Legato come un salame ***
Capitolo 4: *** Sadie-Troppi Infarti per una Notte ***
Capitolo 5: *** Alex-Quasi Morto. Di nuovo! ***



Capitolo 1
*** Alex - A Caccia di Corvi ***


                                              A CACCIA DI CORVI

 

 

 

 

 

Londra.

Molti dicevano che Londra era la città più sacra ad Odino, dato che i corvi, i suoi animali sacri, adoravano vivere lì. Le sue torri erano rifugi naturali per i neri rapaci che mio padre adorava.

Era anche la casa di Hugin e Mugin. Adoravano appollaiarsi sulla cima del Big Ben per cantare la loro versione di God Save the Queen. Il problema era proprio questo: Dove diavolo erano finiti quei due corvacci.

Se non si fossero persi, a quest’ora, sarei potuto rimanere al campo, con Astrid. Invece no! Arriva mio padre e: I Miei corvi sono spariti, tu sei mio figlio, vai a Londra e ritrovali!

Come fai a dire di  No” al Re degli Dei Nordici?

Ovviamente non lo puoi fare nemmeno se sei suo figlio.

Così eccomi a Londra, davanti a Buckingham Palace, alla ricerca di qualsiasi indizio utile: sembrava che fossero passati da lì, ma la mia magia di ricerca non dava risultati.

Quanto avrei voluto che Astrid o Einar fossero con me, almeno mi avrebbero potuto dare una mano. Il problema è che non sapevo dove andarli a cercare: mio padre non mi aveva detto molto: erano i suoi messaggeri, quindi potevano essere ovunque, nel mondo. Avevo scelto Londra perché era un luogo “sacro” per i corvi.

Solo che non avevo ancora trovato nulla: la Runa sembrava ancora dirmi che erano in zona, ma dove? Londra era una città immensa. Sospirai e mi allontanai dal Palazzo Reale. Avrei potuto chiedere ad Elisabetta, figlia di Idunn di darmi una mano, ma non mi pareva giusto scomodare la Regina di Inghilterra per la mia impresa.

Dovevo farcela da solo.

Mi inoltrai in una stradina laterale, cercando di tenermi lontano dai mortale, onde evitare di metterli in pericolo in caso di attacco di mostri. Ce n’erano tanti, nelle città.

Percorsi varie strade, perdendomi nella labirintica metropoli londinese. Usai due volte la metropolitana, viaggiando ai quattro angoli della città. Mentre camminavo dovetti disintegrare un trio di goblin che stavano rovistando in un bidone ed un enorme orco che aveva deciso di usare la mia testa come palla da baseball (Ovviamente con poco successo).

Alla fine della giornata sospirai e mi infilai in un McDonald dove presi un panino. Non che mi piacesse particolarmente il posto, ma era l’unico dove non ti facevano troppe domande: di solito, un ragazzo senza un occhio, in un pub, tende ad attirare troppo l’attenzione e i mostri mi davano già abbastanza problemi. Non volevo trovarmi anche la polizia tra i piedi.

Mentre mangiavo avvicinai lo zaino esteso che avevo poggiato per terra. Aveva l’aria di un normalissimo zaino, ma dentro ci poteva stare davvero di tutto. Dentro c’era Excalibur, la mia felpa-armatura, rune in quantità e tutto l’occorrente per un’impresa con i fiocchi.

Tutto compresso in un normale zaino di scuola.

Da una delle tasche laterali tirai fuori una foto: era una semplice foto, nulla di magico o anormale. Mostrava me ed Astrid abbracciato con, sullo sfondo, il campo Mezzosangue, in America. Era da quando avevamo messo fuori gioco Loki che me la portavo dietro.

Mi ricordava quello che dovevo proteggere e l’amicizia che, ormai, legava i due campi di semidei.

Proprio mentre ero distratto, perso nelle mie elucubrazioni melodrammatiche, degne di una telenovela, ecco che arrivò il Dio che, meno di tutti, mi faceva venire voglia di inchinarmi a lui.

“Bella foto!”

La voce che mi raggiunse mi fece sobbalzare alla grande, tanto che, per poco, non mi andò di traverso il panino.

“Loki! Che diavolo ci fai, qui!?” Domandai, dopo aver tossito a lungo, per liberare le mie vie respiratorie. Avevo imparato a non fidarmi del Dio, da quando aveva cercato di distruggere Asgard e l’Olimpo. Adesso si era rimesso in riga ed indossava una maglietta nera strappata, jeans neri attillati, anch’essi strappati e una bandana che gli copriva i capelli che rivaleggiavano con la notte senza stelle.

“Non lo immagini?” Domandò con un sorrisetto. “Sto cercando di aiutarti.”

“È più facile pensare che l’unico aiuto che mi darai sarà quello di pugnalarmi alle spalle.” Borbottai, sospettoso. Non c’era da fidarsi di uno come lui.

“Oh… non mi dirai che ce l’hai ancora con me, dopo quel piccolo intrigo che ha quasi distrutto Asgard, vero?” Chiese Loki con un tono fintamente innocente.

Battei i pugni sul tavolo e mi alzai, ignorando le occhiate che i mortali mi lanciarono: “Quel tuo ‘piccolo intrigo’, ha ucciso decine dei miei amici e, per poco, non sono morti anche Annabeth, Percy, Frank e Piper! Per quel che mi riguarda, non so cosa mi trattenga da non infilzarti sul momento.”

Il mio sussurro voleva essere minaccioso, ma sapevo che un Dio non poteva essere spaventato da così poco. Infatti lui mi regalò un ghigno freddo e distaccato.

“Puoi credermi o no, ma sappi che ti posso dare un indizio importante.”

“Sai cosa me ne posso fare dei tuoi indizi.” Ed era quello il problema: non potevo sapere se mi stava dicendo la verità o no. Loki è il Dio dell’inganno e solo questo ti mette in guardia. Non sai mai se quello che dice è la verità, o solo un altro modo per fregarti.

“Vedo che sei ostinato, figlio di Odino… allora ti dirò tutto in modo che tu capisca. Devi andare a casa loro… è lì che sono stati imprigionati Hugin e Mugin. Nel vecchio santuario di tuo padre.”

Ero confuso e Loki non mi aiutò di certo mentre spariva con quello stupido ghigno strafottente che non lo abbandonava mai. 

Avrei voluto picchiarlo, ma, ovviamente, avevo altro a cui pensare. Hugin e Mugin avevano una casa? Dove? Non vivevano con mio padre ad Asgard? Più ci pensavo più non capivo cos’avesse voluto dire Loki. Dopo mezz’ora passata a pensare a quel cavolo che Loki aveva detto, decisi che era stato solo uno dei suoi stupidi scherzi e mi rimisi a lavoro.

Richiamai le antiche rune e cercai di nuovo di capire dove si trovassero i corvi di mio padre. Camminai per tutto il pomeriggio, riposandomi solo ogni tanto, sedendomi in alcuni parchi pubblici per mangiare un po’ e riprendermi.

Era una ricerca estenuante, soprattutto perché stava mettendo a dura prova la mia pazienza. I mostri mi ostacolavano solo ogni tanto, ma la cosa non mi sorprendeva: un figlio di Odino tende a farsi sentire e i mostri non vedevano l’ora di mangiarmi, ma distruggerli non mi avvicinava alla soluzione.

L’unica cosa che potevo fare era continuare a camminare.

Era pomeriggio inoltrato, ormai, quando le cose iniziarono a migliorare. Il sole, ormai arancione, si era avvicinato ancora di più all’orizzonte, segno che la Dea Sol non mi avrebbe aiutato ancora a lungo. Stavo per rinunciare per tornare la mattina dopo, quando una delle rune si illuminò, avvertendomi che i corvi di mio padre erano vicini.

“Finalmente!” Esultai mentalmente, mentre mi mettevo a correre.

Ero vicino a Westmisters e al ponte omonimo, sulla parte occidentale del fiume, ma le rune sembravano dirigermi verso l’altro lato. Così mi accodai ai pedoni e mi misi a correre, cercando di non perdere il contatto.

Avevo una voglia matta di tornare al campo e riposarmi.

Mentre spingevo la gente qualcuno mi guardava male. D’altro canto ero pur sempre un ragazzo diciassettenne senza l’occhio sinistro, non ero una bella vista. Io stesso non ero abituato a camminare senza una parte della mia vista.

Tuttavia, nemmeno io potei non notare quello che accadde poco dopo. In cielo, alla mia destra, Hugin e Mugin stavano volando (Ma dai, sono corvi, chi l’avrebbe mai detto!?), tenendo tra gli artigli due persone.

Che ci facevano lì!? E perché avevano rapito due persone?

La foschia li stava sicuramente coprendo le loro azioni, ma anche quella aveva dei limiti e non poteva certo mascherare un rapimento. Inoltre c’era qualcosa di strano. Le loro strida mi arrivavano appena, ma mi sembrò di intendere dei lamenti, come se loro stessero cercando di ribellarsi a qualcosa (O qualcuno).

“Sta succedendo qualcosa di grosso.” Pensai, mettendomi a correre più veloce che potevo. 

Gli inseguii con lo sguardo fino a che non li vidi abbassarsi sulla Torre di Londra.

Dovevo immaginarlo: ecco cosa aveva voluto dire Loki! La Torre di Londra era una sorta di tempio di Odino. Era il luogo dove si riunivano i suoi animali sacri, i corvi neri, doveva essere quella la casa di Hugin e Mugin. dopotutto non avevano più volte mostrato il loro accento anglofono? Era ovvio che dovessero trovarsi lì, ma come mai si portavano dietro due persone? E perché non tornavano a fare rapporto ad Odino.

Mentre attraversavo il centro di Londra, le speculazione mi frullavano in testa come un uragano al pieno della sua potenza, tanto che, quando un troll mi incrociò per strada, lo infilzai con Excalibur senza nemmeno fermarmi.

Troppi interrogativi mi assalivano, mentre correvo verso il London Bridge.

Ero a metà ponte quando una sirena iniziò a squillare e la gente iniziò a correre in tutte le direzioni.

Non avevo idea di cosa vedessero, ma io vedevo molto bene un enorme serpente marino che mi attaccava.

“Wow… che fai, non sai che questa zona è troppo abitata!?” Chiesi, mentre il suo corpo si abbatteva sul ponte.

Non era proprio un commento fuori luogo. I serpenti marini, di solito, non si avventuravano nei fiumi così spesso, anzi, nelle città avevano molte difficoltà e di solito attaccavano i semidei sulla costa. Quello si era spinto addirittura nel Tamigi, per mangiarmi?

Non ebbi tempo di darmi una risposta, perché quello tornò ad attaccarmi, cercando di usarmi come pranzo. Fortuna che io ero tutt’altro che commestibile.

Mentre evitavo il suo attacco notai qualcosa, sulla fronte: un segno. Ad una prima vista mi sembrò una runa ma poi, controllando meglio, mi resi conto che era qualcosa di completamente diverso.

Un geroglifico.

Non avevo tempo di pensare cosa ci facesse un geroglifico egizio sulla fronte di un gigantesco mostro nordico, quando il gigantesco mostro nordico in questione, era deciso a trasformarmi nel suo prossimo spuntino.

Superai il parapetto del ponte, mentre le sue fauci sradicavano un lampione e mi aggrappai ad una delle sue punte dorsali. Con una gran fatica, mi arrampicai lungo la sua schiena.

A quanto pare, alla vista dei mortali doveva sembrare una sorta di piena improvvisa del fiume e non un mostro di un film d’azione di serie B perché nessuno faceva caso al nostro scontro. Arrivato a pochi metri dalla testa, però, il serpente dovette essersi reso conto che ero sulla sua schiena, perché si immerse, cercando di scrollarmi di dosso.

Mi venne la nausea.

Una volta Percy mi disse di essersi immerso nel Hudson e mi aveva anche raccontato di quanto inquinata fosse l’acqua di quel posto. Ora potevo dire che, però, anche il Tamigi aveva la sua lunga serie di inquinanti.

Melme, alghe marce e altra roba che non avevo per nulla voglia di identificare, mi sfrecciarono accanto, mentre mi arrampicavo, secondo, dopo secondo, lungo la schiena del serpente immerso, mentre i miei polmoni bruciavano, reclamando aria.

Ma dopo essermi immerso nel Polo Nord, ormai, l’acqua aveva smesso di farmi paura. Lo zaino era ancora in spalla, così lo aprii appena e misi la mano all’interno. Ovviamente, ogni cosa finì in acqua e fui certo che un paio di pietre magiche fossero galleggiate via. Fortunatamente, la mia mano si strinse intorno all’elsa di Excalibur.

Con un secco movimento la estrassi totalmente e, prima che il mostro potesse rendersi lo infilzai alla testa, proprio dove c’era il segno, riducendolo ad un cumulo di neve che si disperse nelle correnti del fiume.

Con le mie ultime forze nuotai in superficie, lasciando che i miei polmoni brucianti ispirassero l’aria.

Non mi sarei mai abituato a tutti i mostri che dovevo affrontare per potermi fare una tranquilla passeggiata, ma almeno mi aveva portato vicino al mio obbiettivo: il castello che era noto come Torre di Londra si ergeva davanti a me.

Sapevo che, come ogni castello, aveva un fossato, quindi non mi fu difficile entrarvi, passando da esso. Ormai era solo un’attrazione turistica, anche se, in passato, era stato una prigione, ma anche una fortezza e una residenza reale.

Non ebbi problemi ad entrare. La saracinesca era chiusa e sorvegliata da due guardie mortali, ma non il perimetro, così approfittai di trovarmi in un punto lontano dagli occhi indiscreti della gente per evocare i venti governati da mio padre e mi feci sollevare oltre le mura di cinta e mi ritrovai nel cortile interno. Era una zona vuota, calma e piena di bancarelle ed espositori chiusi. Non c’era traccia di telecamere o altro, quindi non ebbi molti ostacoli.

La torre era già stata chiusa, quindi non ebbi mortali tra i piedi. Fu un po’ più difficile, però, entrare nella parte più ‘interna’. Infatti, come sospettavo, c’era un incantesimo sui muri della fortezza che impediva a chiunque di passare. Non osai volare di nuovo: ero già stanco e poi non avevo idea se c’erano altre magie progettate a posta per evitare attacchi aerei, ma ipotizzai di sì, cos’ feci l’unica cosa che mi era rimasta: aprire la porta principale.

Incredibilmente la trovai aperta.

Mi insospettì non poco la cosa, dato che, quando la guardai, vidi che la serratura era stata sciolta.

Ero in un ampio salone in pietra, spoglio e spartano. Anche questo, però, era arricchito da espositori e armature che servivano ad intrattenere i turisti. L’oscurità era quasi completa, se non fosse stato per i pochi raggi del sole che filtravano dalle finestra anche se, ormai, era sul punto di tramontare.

Fu allora che l’eco di una corsa attirò la mia attenzione.

Vidi una porta laterale aperta, oltre la quale si intravedeva una rampa di scale a chiocciola.

Chiunque fosse, mi aveva preceduto e, a giudicare dalle capacità, non poteva essere un semplice mortale.

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo dell’autore sclerato e dell’autrice normale]

Salve gente!

No, in questa serie, niente Koala e niente Water, solo io e voi, in questo caso, più precisamente, Lilium che mi ha aiutato tantissimo e a cui mando un bacio (Anche se non la amo quanto la mia amatissima Water_Wolf).

Ad ogni modo, lei mi ha dato una mano a stendere questa storia. Senza il suo aiuto non sarei MAI riuscito a scrivere nulla, nemmeno l’inizio. Quindi, faccio io le presentazione: la storia sarà composta da quelli che speriamo siano solo sei (Massimo otto capitoli) metà dal POV di Alex Dhal e l’altra metà dal POV di Sadie Kane.

La storia ha vari spoilers (mooooooolto velati) sulle future storie e su ciò che abbiamo in mente. Tuttavia non è detto che rimanga tutto così.

Come avete potuto notare dalla citazione di Frank e Piper, Alex avrà modo di conoscere anche loro (Questo non era uno spoiler, l’avevamo già detto) e come potete desumere già da questo capitolo, il nostro figlio di Odino incontrerà qualcuno di moooooolto importante :3

A presto, ragazzi, e recensite!

AxXx  

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Capitolo 2
*** Sadie-Guai, Corvi e Fighi Allucinanti ***


                               Guai, Corvi e Fighi allucinanti

 

 

 

 

 

Ero a andata a Londra per vedere come stavano i miei nonni – e controllare che non avessero avuto un qualche trauma post trasformazione in divinità – e per spigare a Liz ed Emma quello che era successo un anno prima. Niente di più, anche se avrei volentieri fatto una capatina al cimitero in cui Anubi mi aveva baciata, e niente di meno.

Una settimana di riposo, mi ero detta.

Niente serpentoni che cercano di distruggere la terra, niente divinità schizofreniche o pinguini in giro per casa.
In fondo me lo meritavo, no?

Mi ero dimenticata solo un microscopico dettaglio: Sadie Kane non può essere normale.

È matematico.

Ecco perché in quel momento correvo come una folle fra le strade piene di vita notturna del centro di Londra con la borsa in pelle che, stupidamente, avevo deciso di portare e che ospitava solo una bacchetta e qualche Shabti da combattimento seppelliti sotto cianfrusaglie da ragazza di ogni genere, inseguendo due corvi che, guarda caso, con tutti gli abitanti di Londra, avevano deciso di rapire le mie due migliori amiche.
Cercavo di non perdere quei due stupidi rapaci, ma al contrario di loro non volavo e le strade erano affollate di turisti che si lamentavano delle gomitate che gli rifilavo per farli spostare.
Poco educato, molto efficace.

Afferrai la mia bacchetta maledicendomi mentalmente per non aver messo i vestiti di lino che aiutavano la magia e cercai di ripescare dalla Duat il mio Bastone.

Entrai nella struttura con meno difficoltà di quante me ne sarei aspettata, ma non me ne curai e proseguii.

Avevo già visto La Torre di Londra - insomma, io in quella città ci avevo vissuto fino a un paio di anni prima! – ma di notte era decisamente tutta un’altra storia, e supponevo che non fosse solo colpa del buio.
Il giardino intorno all’edificio medievale era inquietante, con l’erba falciata di fresco illuminata dalla luna e con gli espositori di souvenir chiusi che occupavano gli angoli.
Mi sembrò quasi di vedere il fantasma di Anna Bolena andarsene in giro con la sua testa sotto baraccio, come nell’antica leggenda. Mi fece “ciao ciao” con la mano che non teneva la testa mozzata e io risposi distrattamente senza fermarmi.

Intanto i corvi avanzavano velocemente con Liz che si dimenava come una pazza ed Emma che sembrava essere svenuta, e uggiolavano come se stessero provando un insostenibile dolore.
Non avevo dubbi che avessero qualcosa di magico: potevo sentirne il potere a chilometri di distanza e sicuramente due corvi normali non sarebbero riusciti a viaggiare per tutto quel tempo tenendo il peso delle mie amiche fra le zampe.

Ero certa che se ci fosse stato Carter avrebbe saputo dirmi chi fossero, ma non ero io quella specializzata in miti. Io preferivo fare a pezzettini e poi eventualmente indagare su quale fosse l’essere divino che aveva cercato di uccidermi.
I pennuti scomparvero battendo le ali nella Torre Bianca e io mi ci diressi cercando di rimanere in piedi e non rallentare il passo.
Dovevo continuare, non potevo certo mettermi a riposare sulle scale, le mie amiche avevano bisogno d’aiuto e chissà cosa stava succedendo sulla cima della struttura.

Ero talmente concentrata ad andare più veloce, due gradini alla volta, che quasi non mi accorsi del trambusto che veniva da sotto di me.
Poteva essere un nemico, non ne dubitavo considerando la sfiga che sembrava essersi affezionata ai Kane, ma in quel momento la priorità andava a quei corvi cleptomani.

Arrivai alla cima della torre sfinita e con il bastone che finalmente ero riuscita ad evocare dalla Duat in mano, attraversando la scala chiocciola che di tanto in tanto si diramava in corridoi stretti e bui.
Dava i brividi, soprattutto sapendo che lì dentro c’erano state prigioni e che quelle mura avevano assistito a crudeli torture.
Mi accorsi nell’istante stesso in cui posai il piede sull’ultimo gradino che era una trappola, nemmeno troppo nascosta, e che io mi ero fatta mettere nel sacco con una semplicità spaventosa.
Forse fu l’uomo piccoletto e scheletrico con delle rune fluttuanti attorno che guardava la scala come se mi stesse aspettando a farmelo capire, o magari il fatto che io quell’uomo lo conoscevo e che i trascorsi con lui non erano stati esattamente piacevoli.

Setne.

O, come preferivo io, il caro Zio Winnie.

“Salve Sadie Kane, è un piacere rincontrarti” un ghigno serafico da venditore di automobili gli si dipinse sulle labbra sottili da serpente.

Rabbrividii. Parlare con un fantasma e che ne ha anche tutto l’aspetto non è piacevole, ve l’assicuro.

“Mi dispiace di non poter dire lo stesso. Vedo che ancora non hai scoperto il magico mondo dello shampoo” dissi alludendo a quei capelli decisamente oleosi, ma il suo sorriso pacato rimaneva imperturbabile, quasi canzonatorio.

“Faresti meglio a tacere, maghetta arrogante.” Esalò piano, senza intonazione. Gli angoli della sua bocca si alzarono ancora un po’, mentre gli occhi dalle palpebre pesanti saettarono per un attimo alla sua destra.

In un angolo, entrambe svenute, c’erano le mie migliori amiche. Emma aveva quei suoi ridicoli occhiali glitterati storti sul naso e aveva perso una delle due scarpe dalla zeppa vertiginosa, mentre la chioma rossa di Liz era più in disordine di quanto non lo fosse di solito.
I corvi – quei due demoni! – erano appollaiati rispettivamente su due delle piccole finestrelle dell’osservatorio.

“Lasciale in pace, loro non centrano” mi sorpresi a non ringhiare o a urlargli contro. O a saltargli addosso, ne sarei stata perfettamente capace. Invece gli parlai con il suo stesso tono tranquillo.
Ero arrabbiata, molto.
“Oh, sì le libererò, non preoccuparti. Quando avremo finito di pronunciare l’incantesimo saranno libere di andarsene. Purtroppo questa spiacevole condizione non mi permette di essere abbastanza in forma da farlo da solo, ma tu sei potente, Sadie Kane, e mi aiuterai.” Per un attimo quegli strani poteri di persuasione di Setne quasi funzionarono. Fu meno di un secondo, in cui pensai che forse non era un’idea così cattiva, poi l’istinto di prenderlo a manganellate in testa tornò più forte di prima.

“Preferisco di no.”strinsi le dita attorno al bastone.

“Non capisci quanto vantaggio potresti trarre se due delle civiltà più grandi della storia si unissero? La scelta è tua, Sadie. Ti do la possibilità di decidere, e, dimmi, chi te l’ha mai data prima? Sarebbe un così grande peccato se morissi.
Sei potente, potresti fare grandi cose.”

Quella volta non c’erano Annabeth o Carter con me, non avrei avuto scampo.

Forse avrei dovuto accettare.

Forse.
No.
Assolutamente no.

Faticavo perfino a riconoscere quali fossero i pensieri influenzati da Setne e quali fossero i miei.

“Sembra una frase da filmetto di serie B, dovresti guardare qualcosa di più educativo. E, per la cronaca, queste si chiamano minacce”

“Lo prendo per un no?”

Sorrisi.
Mi lanciai contro di lui con il bastone pronto a lanciare incantesimi o, all’occorrenza, essere sbattuto in testa al caro zio Winnie.
Setne sospirò rassegnato e schioccò le dita.
E io capii che cosa ci facessero quei due corvi lì.
Si lanciarono contro di me e iniziarono a beccarmi e a graffiarmi. Mentre agitavo il bastone ne colpii uno, ma sembrava non gli importasse del dolore.

Nemmeno tre secondi dopo la stanza fu invasa da rapaci famelici che ce l’avevano con me. Non vedevo niente al di là delle piume nere e dei bacchi affilati.
Creavo scudi in continuazione, ma i corvi li distruggevano ogni volta con una facilità disarmante. Lanciavo qualsiasi comando mi venisse in mente, ma i rapaci sembravano moltiplicarsi di secondo in secondo.

Mentre un Ha-di faceva esplodere un pennuto sfortunato, feci una delle cose più stupide di sempre.
E, credetemi, di cose stupide ne ho fatte in abbondanza.

Mi trasformai in un nibbio.

Se ci fu un lato positivo fu che i corvi parvero piuttosto confusi e non pensarono che quel grazioso uccellino potessi essere io.
La parte negativa che il mio istinto da animale non molto ben allenato si diresse direttamente verso Setne, forse nel tentativo di rimandarlo nell’aldilà a forza di beccate.
Il mago mi prese prontamente al volo stringendo fra le mani le mie ali.

Ecco, probabilmente in quel momento sarebbe stato meglio ritrasformarmi, ma non è così semplice.

Mentre mi dimenavo fra le mani di un Setne che sorrideva deliziato esultando con un “Ah, ah, Sadie Kane, te l’avevo detto che alla fine avresti dovuto aiutarmi un modo o nell’altro” piuttosto irritante, un ragazzo salì le scale.

E, scusate ma devo ammetterlo, era senz’altro un bel pezzo di ragazzo.

Ok, ok. Non è che di solito appena vedo un individuo di sesso maschile oggettivamente attraente dimentico che ho una relazione stupenda seppur complicata con due fantastici e dolcissimi ragazzi che hanno giurato di amarmi per l’eternità.

No, di certo. Ma sono pur sempre una ragazza.

E quello, anche con la benda sull’occhio che gli dava un’aria vagamente minacciosa se corredata dai muscoli contro cui non mi sarei mai voluta trovare, non si poteva non notare.
E poi, in mia difesa, è tutta colpa degli ormoni.

Il ragazzo, passandosi una mano fra i ricci scuri (quanto avrei voluto farlo anch’io!) guardò spaesato Setne che mi teneva in mano, io che lo guardavo sognante per quanto potessi farlo con gli occhi di un uccello e i corvi, cominciavo ad avere dubbi sull’intelletto di quegli animali, che si accapigliavano nel tentativo di beccare il pavimento nel punto in cui prima mi ero trasformata.

Setne mi rivolse un ghigno malefico degno di un cattivo dei fumetti e poi si girò con la stessa espressione verso l’affascinante sventurato.
Quello stringeva fra le mani una spada lunga a doppia filo dall’aria decisamente letale su cui erano incisi strani simboli.

“Finalmente è arrivato anche il nostro semidio Nordico. Figlio di Odino, se volessi cortesemente versare il tuo sangue da qualche parte, ti restituirò i reali corvi. Oppure potrei ucciderti e prelevare il tuo sangue dal tuo cadavere. Come più ti fa piacere”

Il ragazzo rabbrividì impercettibilmente, ma non si lasciò intimorire.
Qualcosa non tornava.

Semidio. Nordico. Odino.
… Accidenti!

Io di mitologia Norrena proprio non me ne intendevo, ma avevo visto il film Thor e sapevo per esperienza personale quanto ci tenesse ogni divinità esistente a complicarci la vita, quindi il risultato era piuttosto ovvio.

Setne aveva bisogno di farsi una vita, o un forse di trovarsi un hobby da fantasma, che non fosse cercare di riunire civiltà, perché io mi stavo proprio stancando di conoscere Dei, per quanto i loro figli potessero essere ben disposti.

Beh, a quanto pare non sarei dovuta essere sola a combattere quel mago psicopatico.
E non potevo certo lamentarmi della compagnia.

Ora dovevo solo trovare un modo per liberarmi dalla presa di Setne, ritrasformarmi in umana e rispedirlo nell’aldilà.

Un programma all’ordine del giorno, praticamente.

“Non ho idea di chi tu sia, ma il mio sangue rimarrà dov’è” affermò il ragazzo. Aveva una bella voce.

Beccai il pollice di Setne mentre era distratto e mi godetti la sua espressione mentre si succhiava il dito malmesso.

Passo uno: fatto.

Ottimo.

“Sadie Kane, non obbligarmi a uccidere le tue amiche” il tono del mago era dei più adirati da quando l’avevo conosciuto.

Quasi ne provai compassione, poi però ricordai che era una canaglia schifosa decisa a rovinarmi la vita. Probabilmente se fossi stata umana avrei fatto qualcosa di intelligente come fargli la linguaccia, ma nella mia irritante condizione di uccellino era piuttosto difficile.

Dovevo trasformarmi in fretta.

Visualizzai bene nella mia mente me stessa.
Sentivo le piume del collo arruffarsi e probabilmente dovevo sembrare un piccolo volatile in procinto di esplodere.
Quando stavo per decidere di sbarazzarmi di Setne a suon di beccate, finalmente tornai me stessa, con gli anfibi ai piedi e le ciocche bordeaux fra i capelli.

Intanto il ragazzo si era lanciato in un combattimento con Setne.
Non ero un’esperta in scontri con la spada, ma in quel momento mi parvero evidenti tre cose: quando quel tizio combatteva c’era serio rischio di mettersi a sbavare, con la spada ci sapeva proprio fare e stava velocemente cadendo in svantaggio.
Setne deviava i suoi colpi con facilità ed era bravo a metterlo in difficoltà, soprattutto perché, essendo un fantasma, aveva molte difficoltà a farsi ferire, dato che la spada continuava a passargli attraverso.
Impugnava due Kopesh, la tipica spada egizia, e nelle sue mani sembravano davvero letali.

Nel frattempo, io ero rimasta ferma in un angolo a guardare la scena.
Mi mossi solo quando un A’max ben assestato rischiò di dare fuoco a quei suoi stupendi riccioli neri. Sarebbe stato un vero peccato bruciare dei capelli così belli. E poi dovevo assolutamente toccarli.
Presi la mia bacchetta e feci la prima cosa che mi passò per la testa: la lanciai.

L’intenzione era che beccasse Setne in testa, che gli facesse molto ma molto male e che poi mi tornasse in mano come nei film. A quel punto avrei detto una frase ad effetto, mi sarei lanciata nella lotta e avrei vinto.
Peccato che la bacchetta prese in pieno quel gran pezzo di fusto.

“Ahi!” Sbuffò il ragazzo, rischiando di farsi decapitare, se non fosse stato per i suoi riflessi che mi deviarono il fendente del mago egizio.
Ops.
Mi lanciai comunque contro di lui affiancando il ragazzo e creai uno schermo protettivo.

Credo che quel delizioso moretto fosse piuttosto confuso. Insomma, mi trasformavo da nibbio a umana, o circa, gli lanciavo un boomerang in testa e poi lo aiutavo.

Ad ogni modo, non fece domande e continuò ad agitare la spada– dovevo assolutamente averne una! – con colpi precisi e micidiali, se non fosse stato che Setne li schivava tutti, mentre io pronunciavo ogni incantesimo che mi passasse per la testa.

Ci impegnavamo, ma mentre noi ci stancavamo sempre più rapidamente e la mia energia stava per finire, Setne era fresco come un fiore. O meglio, come il fantasma di un mago morto molto riposato.

Capii quando, dopo aver fatto cadere a terra il ragazzo con un colpo decisamente scorretto (lo so, neanche io sono correttissima negli scontri contro i nemici, ma io lo faccio per una buona causa!) evocò due corde cosa avesse intenzione di fare.
Il geroglifico Tas, lega, brillò nell’aria davanti a noi e le corde ci avvolsero stretti.
Il sorriso trionfante di Setne era piuttosto chiaro: ora sì che eravamo nei guai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo dell’autore]

Io adoro Lilium per essere riuscita a scrivere questo bellissimo capitolo :3
Ma non la adorerò mai quanto la mia Water. Per sicurezza, vi assicuro che non ho messo Lilium al posto di Water, ma lei mi da una mano perché la mia compagna… non è molto esperta di Kane Chornicles, quindi, diciamo che Lilium è stata gentilissima a darmi una mano.
Cavolo, questo capitolo, non ce l’avrei mai fatta a scriverlo. Quindi, grazie tantissime, Lilium.
E grazie a Poseidonson97 e Ema_Joey che hanno recensito. Vi chiedo, quindi, di lasciare una recensione per me e Lilium.

AxXx

 

 

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Capitolo 3
*** Alex - Legato come un salame ***


                                         Legato Come un Salame

 

 

 

Ero nella merda.

Si, direi che è il modo migliore per definire la situazione in cui mi trovavo.

Un tizio pazzo, armato di una spada che ricordava le mezzelune di Astrid era riuscito, in qualche modo a controllare, i corvi di Odino. Come se non bastasse era un esperto combattente e mi aveva legato come un salame insieme ad una ragazza bionda, con una ciocca viola che, per qualche ragione, aveva la mania di lanciarmi addosso strane bacchette di forma impossibile.

“Ehi, vecchio dai capelli orripilanti… mi dici chi sei!? Sei un servo di Hell!?” Feci, cercando di liberarmi dalle corde che mi imprigionavano. Inutile dire che fu tutto inutile: quelle corde mi tenevano stretto.

“Ah! Hell? Quella sciocca Dea? Mi occuperò di lei al momento opportuno, ora, se non vi dispiace, devo dare inizio all’incantesimo.” Rispose il fantasma, ghignando in modo orribile. Se fosse stato consistente, gli avrei tirato un bel calcione in faccia. “Voi due, uccellaccio del malaugurio… teneteli d’occhio.” Aggiunse, rivolto ad Hugin e Mugin.

I due corvi, per tutta risposta, iniziarono ad insultarlo con parole che non è il caso di ripetere qui, ma, per qualche ragione, non erano in grado di ribellarsi. Avrei voluto tentare di comunicare con loro, ma in questo momento avevo due mortali da tenere in vita e me stesso ed una strana tipa lancia-geroglifici da liberare.

Una cosa all’ordine del giorno.

“Ehi, ragazzina… sei ancora viva?” Chiesi, sottovoce, mentre il mago pazzo iniziava a disegnare con uno strano tipo di inchiostro, segni sul pavimento. Alcuni erano geroglifici, altri rune.

“Non chiamarmi ragazzina!” Sbottò subito, lei, indispettita (Mamma mia che caratterino). “Io ho un nome, Sadie Kane!”

“D’accordo, Sadie… ascolta, mi spieghi cosa sta succedendo?”

“Se non lo sai tu!? Due corvi hanno rapito le mie amiche e portata in questa trappola.” Sbuffò, cercando di liberarsi. Inutile dire che anche il suo tentativo si rivelò inutile.

“Senti, io sono qui solo per recuperare i corvi di mio padre, gli servono, non sono qui per affrontare fantomatici maghi non morti da strapazzo… ho già affrontato abbastanza non morti nella mia vita.” Borbottai, mentre cercavo di arrovellarmi in una soluzione: le corde erano strette. Se solo fossi riuscito a raggiungere Excalibur, lei avrebbe tagliato qualsiasi cosa. Peccato che mi era caduta a poca distanza.

“Assurdo… prima greci, mancavano solo questi surrogati di un fumetto della Marvel.” Ringhiò la bionda, contorcendosi come una pazza, tanto che per un attimo, pensai che le corde avrebbero ceduto.

“Aspetta… greci!?”

“Ah, a quanto pare non vi siete ancora incontrati, vero?” Domandò lei calmandosi, mentre il tipo che si chiamava Setne continuava a tracciare rune e geroglifici in fila, quasi seguendo uno schema geometrico (Cosa più che probabile, dato che voleva usare un incantesimo, anche se non capivo quale.)

“Incontrati, dici? Cavolo, se li ho incontrati. Diciamo solo che abbiamo più volte rischiato la vita, io, Annabeth, Percy, Nico.” Risposi, mentre una strana idea iniziava a frullarmi in testa, mentre osservavo i geroglifici che brillavano di rosso, sul petto di Hugin e Mugin.

“Tu conosci Annabeth?” Chiese, all’improvviso, dimenticandosi di essere legata.

“Sì, perché?”

“È una mia amica… mi ha aiutata con la faccenda di Serpide.” Spiegò velocemente, tornando a concentrarsi sulle corde.

“Ah…” Fu la mia intelligentissima risposta. “Dovrebbero smetterla di ritrovarsi in mitologie diverse dalle loro.”

“Senti, possiamo parlarne dopo?” sbottò irritata, dandomi un pizzicotto parecchio doloroso.

“Oh sì, giusto… ehm… hai un piano?” Chiesi, mentre ancora elaboravo il mio.

Per tutta risposta lei sbuffò esasperata, fissando la sua borsa poco distante.

“No e non ho mezzi per liberarmi.”

“Non potresti trasformarti di nuovo in un… un… in cosa ti eri trasformata, prima?” Proposi, dimostrando, di nuovo, la mia grande intelligenza in ogni campo.

“Un Nibbio e no, non posso. Non è mica facile trasformarsi in qualcosa!” Disse, alzando gli occhi al cielo. A quanto pare non le piaceva la mia ignoranza.

Certo, lo sospettavo, ma mica potevo saperlo. Se ci fosse stato Frank avrebbe sicuramente potuto trasformarsi in un drago o qualcos’altro, in modo da schiacciare quell’idiota che stava borbottando qualcosa sulla serie di Rune che aveva tracciato male.

“D’accordo… ascolta, Sadie, forse ho un piano.” Dissi piano, mentre l’idea prendeva nuovamente forma nella mia testa.

“Davvero? Posso sapere quanto è pericoloso?” Chiese, con un misto di speranza e… ammirazione? Forse, ma non c’era tempo di sentirsi fieri.

“Be’… per la pericolosità… direi che se non funziona rischiamo di far saltare in aria l’intera torre.” Risposi, semplicemente, iniziando a concentrarmi su Hugin e Mugin.

“Oh, bene. Tipico di me, fai pure, tanto rischio di finire disintegrata un giorno sì l’altro pure.” Borbottò Sadie, dandomi una leggera pacca sulla mano come per dire: “vai pure e spacca.”

Sperai che volesse dirmi proprio quello e non qualcosa tipo: se sbagli qualcosa ti uccido. Ormai, però, avevo una sola possibilità di successo, così mi concentrai al massimo, cercando di attirare l’attenzione di Hugin e Mugin, che gracchiavano rumorosamente, appollaiati su due finestre, una a destra, una a sinistra della porta che dava sul tetto. Sotto di loro due ragazze stranissime svenute. Una scena che aveva del surreale, a mio parere.

Forse potevano essere loro la nostra via di fuga.

Fu parecchio difficile concentrarsi, data la pressione che le corde esercitavano sulle mie braccia, inviandomi continue fitte al cervello, ma alla fine ci riuscii a mettermi in contatto con loro.

“MALE! MALE! LIBERACI! AIUTO! SOCCORSO! AIUTACI! DOLORE! GRAVE! MALE! LIBERACI!”

L’ondata di pensieri dolorosi che mi avvolse fu tale che per poco non persi il collegamento con le loro menti. Ma non avevo altra scelto: dovevo assolutamente mettermi in contatto con loro.

“Hugin! Mugin! Sono io, Alex… calmatevi.” Provai a dire, riuscendo a ricevere, in risposta, solo qualche gemito confuso.

Ci vollero un paio di minuti prima che i due corvi fossero abbastanza calmi da permettermi di comunicare in modo corretto. Per fortuna, oserei dire, dato che iniziavo a dubitare della loro sanità mentale già prima che venissero sottomessi da quel mago pazzo.

“Alex! Devi fermarlo! Quel mago vuole tornare in vita, userà il tuo sangue come sacrificio vitale per rianimare il suo nuovo corpo. Appena avrà da voi ciò che vuole, ci costringerà ad eliminarvi!” Mi avvisò Hugin, arruffando le piume.

“Ma va’!? Non l’avrei mai detto.” Ironizzai. “Voi due come state?”

“Per essere due corvi che sono stati catturati, sballottati e costretti a rapire due ragazzine mortali, direi che stiamo bene… ma mi piacerebbe che ci liberassi.” Grugni Mugin indispettito. A quanto pare non gli piaceva il fatto che temporeggiassi.

“D’accordo, d’accordo… però devo chiedervelo: Sapete come funziona l’incantesimo che vi lega al suo volere?”

“È un antico incantesimo Egizio. Veniva usato dagli stregoni per trattenere per poco tempo gli Dei minori.” Spiegò Mugin, alzando un po’ il petto per mostrare il geroglifico. Rappresentava un… uccello? Con un leone accanto… o era una sfinge? Ad ogni modo, non avevo idea di cosa potesse essere.

“Come fate a sapere tutto questo? Non mi direte che mio padre sapeva degli Dei Egizi!?” Esclamai nella mente, furibondo. Mio padre mi aveva nascosto troppe cose, nella vita. Certo, lo diceva per mettermi al sicuro, ma, guarda caso, ogni volta, finivo nei guai, a causa dei suoi segreti.

“Certo che lo sapeva!”Mi rimbrottò Mugin. “Altrimenti noi a che serviremmo? Siamo stati mandati spesso in Egitto a monitorare le attività di questi maghi.”

“Avete finito con le lezioni di storia!?” Ci richiamò il fratello, furioso. “Liberaci!”

“Molto volentieri, ma come funziona!?” Sbottai, anche io arrabbiato, cercando di rimanere fisicamente calmo. Dovevo, assolutamente evitare che il mago pazzo mi beccasse.

“L’incantesimo è piuttosto semplice… non può trattenerci a lungo, ma fino a domani mattina non possiamo metterci contro questo mago da strapazzo. Lui ci ha incatenati alla sua volontà usando un legame invisibile, che ci impone di rimanere legati fisicamente ad una creatura vivente tramite questi geroglifici.” Spiegarono, mostrando, ancora una volta, il petto illuminato di rosso.

“Quindi… lui ha addosso un altro geroglifico uguale al vostro che vi lega a lui?”

“Non esattamente… essendo un fantasma non può legarci a lui. Per bloccarci ha dovuto usare un altro essere vivente.” Chiarì subito Hugin, sbattendo le ali. “Noi siamo legati alla sua volontà, ma il legame fisico di vicinanza ce l’abbiamo con un essere vivente di questa torre, dato che non possiamo allontanarci da essa.”

Tornai in me, notando che, ormai, metà del cerchio magico era stato completato. Avevo perso tempo, ma ne era valsa la pena. A faticai mi voltai verso Sadie che si stava ancora dimenando nelle corde. Ora che la vedevo bene era carina. Aveva i capelli biondi, con una ciocca bordeaux sul davanti. Gli occhi erano azzurri, luminosi come quelli di Talia o Jason e aveva i lineamenti delicati. Indossava solo un paio di jeans una camicia bianca ed un giacchetto marrone. Doveva avere sui quattordici anni, non di più.

“Ok, credo di avere un piano.” Sussurrai, concentrandomi sul suo viso.

Lei, stranamente, quando vide che la stavi guardando, ammutolì e mi squadrò, forse un po’ scettica, ma alla fine, annuì. “Dimmi.”

Mi ci volle poco per spiegare a lei, e allo stesso tempo, ai corvi, cos’avevo in mente, ma fondamentalmente, giocavo molto sulla sorte: Hugin e Mugin avrebbero fatto alzare in volo tutti i corvi della torre, in modo casuale. Io e Sadie saremmo stati buoni, così Setne non ci avrebbe disturbato, ma in realtà, saremmo stati attenti a cercare qualsiasi segno di rosso in quella miriade nera. A quel che avevo visto, il geroglifico rosso era parecchio visibile.

Certo, forse Setne si sarebbe insospettito nel vedere i corvi alzarsi in volo, ma, considerata la facoltà mentale di Hugin e Mugin, sperai pensasse fosse un effetto collaterale del suo stesso incantesimo.

“Una volta liberi, Hugin e Mugin ci aiuteranno, ma avrò bisogno di tempo per riuscire ad imprigionarlo.” Conclusi, alla fine, mentre, ormai, notavo che il cerchio di rune e geroglifici era quasi completato.

“Imprigionarlo? E come? Non sei un mago, o no?” Chiese la bionda, squadrandomi con aria critica.

“Non proprio… ma nel mio zaino c’è un pezzo di Gleipnir, è una corda potentissima. Ha tenuto imprigionato un Dio, per tre millenni, riuscirà a trattenere un spirito idiota per qualche ora, no?” Feci notare. Il problema era arrivare al mio zaino, caduto pochi metri a destra, eppure così lontano.

“D’accordo… solo una cosa? Quale sarebbe la parte ‘Far saltare in aria la torre’?” Domandò, di nuovo Sadie.

“La gleipnir è un manufatto potentissimo… se venisse in qualche modo danneggiata mentre ce l’ho in mano, rischiamo di far saltare tutta la torre, con noi sopra, ovviamente.

“Fantastico, mi piacciono i pieni esplosivi, anche se il tuo è un po’… come dire, fragile.” Mi fece notare.

“Hai un’idea migliore!?”

“No… quindi, credo tocchi a te, appena sarò libera ti fornirò la distrazione necessaria.” Mi assicurò, già pronta, osservando il bastone che era caduto a terra, a meno di un metro.

Appena detti il via, i corvi intorno a noi, iniziarono ad alzarsi in volo, librandosi in aria, intorno a noi, creando una cupola nera anche abbastanza inquietante, ma anche suggestiva. Come previsto Setne non badò agli uccellacci, tanto era concentrato sul cerchio magico che stava tracciando, anche se, ormai, mancavano solo le ultime parti, pochi attimi e avrebbe finito.

Con lui che tracciava i magici segni, noi legati e i corvi che volavano intorno a noi sembrava la scena di un film horror con contorno di negromanzia che Einar amava vedere. Peccato che in quel momento non avevo tempo per godermi lo spettacolino ed iniziai a setacciare la massa nera in cerca del simbolo rosso che indicava il corvo aguzzino.

Nulla…

Mi voltai di nuovo a guardare Setne: il cerchio era quasi completo.

Sedie cercava ed io con lei, ma ancora nulla.

Mancava poco…

“Forza, fatti vedere, corvo…” Pregai, mentre seguivo con gli occhi la massa di alcuni corvi.

Ancora nulla…

Due soli simboli e quello stregone da strapazzo avrebbe usato il mio sangue per tornare in vita.

Una botta alla spalla attirò la mia attenzione e la ragazza accanto a me iniziò ad agitarsi, guardando in alto.

Seguii il suo sguardo…

“Eccolo…” Sussurrai, individuando il corvo con il simbolo rosso sul petto.

“Ottimo! Noi non possiamo ordinargli di avvicinarsi ai prigionieri… ma tu puoi, Alex! Portalo qui! Cancellate il geroglifico!” Ci incitò Mugin, agitando le ali nervosamente. Probabilmente sentiva vicina la libertà.

 Annuii.

“Preparati Sadie… appena saremo liberi, ho la sensazione che avremo poco tempo per agire.” Le ricordai, iniziando ad espandere un filamento di pensiero verso il corvo prescelto.

“Oh, grazie, come se non lo sapessi…” Borbottò la ragazza, pensierosa.

Appena riuscii a mettermi in contatto mentale con il corvo lui mi riconobbe e gracchiò una risposta educata. Iniziò a scendere veloce, avvicinandosi a noi, mentre il resto dei suo compagni se ne ritornava nei nidi.

Fu allora che il piano prese una brutta piega.

“Perfetto… ho finito.” Sentenziò Setne, alzandosi.

Si voltò appena in tempo per vedere il corvo che teneva incatenati Hugin e Mugin atterrare davanti a Sadie.

Fu un secondo in cui tutto si fermò, quasi il tempo si fosse fermato per enfatizzare l’importanza del momento.

Poi il tempo tornò a scorrere.

“Cancello il geroglifico!” Urlai, sgranando gli occhi.  

Sadie non se lo fece ripetere e, nonostante le sue mani fossero bloccate, riuscì, con un solo movimento, a cancellare una parte del simbolo magico, annullandone gli effetti proprio nell’istante in cui dalla mano del mago non morto usciva una fiammata diretta contro di noi.

Rotolai, evitando il fuoco, ma la mia nuova amica non fu abbastanza veloce e venne sbalzata dall’esplosione, sbattendo contro i merli della torre.

Hugin e Mugin si gettarono uno su Setne uno su di me, così da liberarmi e fu un sollievo quando, finalmente, il sangue tornò a scorrermi nelle braccia e nelle gambe. Intanto, i due servi di Odino si avventavano sul fantasma che, pur essendo già morto, sembrava risentire parecchio delle artigliate.

“Sedie!” La chiamai, avvicinandomi a lei, notando il fianco della maglietta bruciato. Sotto la carne era nera e assumeva una colorazione violacea, mano mano che ci si allontanava dal centro d’impatto.  Si era presa una bella botta e rischiava, se non la curavo subito. Teneva gli occhi serrati e aveva un espressione dolorante e, non appena sfiorai la bruciatura, cacciò un grido agonizzante.

“Aspetta… ho quello che ci vuole.”

Non persi tempo.

Gettai un occhio verso Hugin e Mugin che stavano ancora graffiando e beccando, furiosi il volto del mago che si ritrovò attaccato dai suoi stessi alleati. Ne approfittai e mi lanciai verso il mio zaino, ringraziando di essermi portato dietro il mio equipaggiamento, in caso di attacco.

Presi una boccetta contenente un liquido violaceo e lo spalmai con cura sulla bruciatura.

“Ahi! Ahi, fa male!” Si lamentò Sadie, cercando di fermarmi.

“Come tutte le medicine… stai calma e il dolore passerà… insieme alla bruciatura.” La rassicurai, mentre ricoprivo tutta la ferita, notando subito i bordi risanarsi.

Dopo un attimo gli occhi luminosi della ragazza si aprirono e sospirò.

“Cavolo… grazie, credo che mi hai appena salvato.” Disse, toccandosi ciò che rimaneva della lesione subita.

Stavo per aggiungere qualcosa di intelligentissimo, quando un urlo agonizzante attirò la mia attenzione e mi voltai. Il mago egiziano si era liberato, finalmente di Hugin e Mugin che si erano ritirati sul tetto della torre, con le ali ferite che colavano icore divino. Il nostro avversario aveva impugnato nuovamente quelle strane lame ricurve simili a falcetti.

“Estrarrò il tuo sangue dal tuo cadavere!” Minacciò furioso, squadrandomi con rabbia.

“Lo vedremo.” Minacciai, mentre alzavo una barriera magica contro il fulmine che mi scagliò contro.

“Prepariamoci, questa volta non sarà così facile.” Sbuffò Sadie, afferrando il suo bastone e la bacchetta.

Sapevo che avrei avuto bisogno della Gleipnir per legarlo, dato che era un morto, ma in quel momento, mi resi stupidamente conto che non l’avevo presa dallo zaino e che avevo pensato solo a curare la mia compagna.

Dovevo rimediare.

“Trova la gleipnir nel mio zaino… e usala.” Dissi a Sadie, mentre le rune iniziavano a circondare il mio corpo, elevando una barriera di fuoco ed energia magica. “Io lo trattengo.”

Lei sembrò volermi dire qualcosa (Forse augurarmi buona fortuna), ma non ne ebbe il tempo, perché, senza esitazione, mi lanciai contro il Mago egizio, deciso a fargli assaggiare l’acciaio Asgardiano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo dell’autore pazzo e dell’autrice sclerata]

Hola ragazzi, ci siamo ancora, e so che non ci sopportate, ma intendo andare in fondo. Come cavolo fa a non piacervi, questa storia? (Come se non lo sapessi.)
A me piace e poi, cavolo, Odino è un gran bel figo di Odino. :3
Nessuno, nemmeno Walt, può competere con un figo, nordico, mago, guerriero, veterano, sfregiato e che sa cucinare.
Ma nooooooooon preoccupatevi, Alrid forever ;)
Quindi… vi orego, lasciate una piccolissima recensione.
Ringrazio Poseidonson e Ema_Joey che, ancora, hanno recensito.

Spero rimaniate con noi fino alla fine.

Saluti da Lilium, che ringrazia e chiede recensioni, fatela felice :)

AxXx

 

 

 

        

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Capitolo 4
*** Sadie-Troppi Infarti per una Notte ***


                                     Troppi Infarti per una Notte sola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non era la prima volta che mi ritrovavo a un passo dalla morte, e vi posso assicurare che non fu nemmeno l’ultima.
È decisamente una situazione piuttosto comune per un mago della Casa della Vita, ma ogni volta mi stupisco di quanto sia difficile abituarsi al dolore.
Ogni volta è nuovo, più intenso, diverso dal precedente. Non si ci può abituare a qualcosa del genere.
E quando l’incantesimo scagliato da Setne mi colpì in pieno, qualsiasi altra futile riflessione che fino a quel momento occupasse la mia mente venne scacciata.

Brucia.

Dolore.

Fuoco.

Sensazioni che penetravano in ogni angolo del mio corpo non lasciando spazio a nient’altro.
Sentii una voce familiare che chiamava il mio nome, distorta e ovattata, distante come se mi stessi trovando sott’acqua.
Poi dei coltelli che mi trafiggevano ancora più violentemente il fianco, nel punto in cui qualcuno mi stava toccando, facendomi scoprire una soglia di dolore ancora più spaventosa. Urlai con tutto il fiato che avevo in gola, mio malgrado.

Attraverso le palpebre socchiuse intravedevo una sagoma dai contorni confusi, a tratti ombrosa e a tratti troppo luminosa per poterla cogliere realmente.
Era Alex, ed era preoccupato.
Per me.
Forse avrei dovuto esserne lusingata, ma in quel momento decisamente non era a quello che pensavo.

“Aspetta… ho quello che ci vuole” disse cercando di essere rassicurante.
Guardò il mio fianco, il punto in cui l’incantesimo aveva bruciato brutalmente la mia pelle (e la mia giacca nuova!), poi ripescò dal suo zaino una boccetta piena di liquido violaceo.
Se fossi stata sicura che dischiudendo le labbra non avrei cacciato un altro urlo l’avrei ringraziato, o più probabilmente (e in modo decisamente imbarazzante) avrei iniziato a sproloquiare in preda ai deliri su quale fosse il prodotto per capelli che usava per averli così ricci e luminosi e a lamentarmi dei fastidiosi maghi morti che si ostinavano a tornare dall’Oltretomba.
Quando il fluido toccò la mia ferita quella tornò a bruciare.

“Ahi! Ahi, fa male!” mi lamentai cercando di allontanare la sua mano dal mio fianco come meglio potevo, ammaccata com’ero.

“Come tutte le medicine… stai calma e il dolore passerà… insieme alla bruciatura.”

Serrai gli occhi e mi irrigidì, ma dopo appena qualche attimo non potei che riconoscere che aveva ragione.
Pian piano mi rilassai, notando finalmente e con piacere che nell’altra parte della stanza c’era Setne che lottava decisamente arrabbiato contro i corvi. Gli davano filo da torcere, anche se non dubitavo che se ne sarebbe liberato presto.

“Cavolo… grazie, credo che mi hai appena salvato.” Dissi riconoscente ad Alex, cercando di non arrossire a vederlo così vicino.
Gli sorrisi grata, anche se un po’ confusa, e lui rispose, felice di costatarmi viva.

“Estrarrò il tuo sangue dal tuo cadavere!” ed ecco che Setne rovinava un bel momento!

Questa capacità dei cattivi è una di quelle che ho sempre detestato di più, oltre al fatto che sono cattivi e che hanno la propensione a distruggere il mondo.
Alex lo guardò e il sorriso che mi aveva rivolto sfumò per trasformarsi in un linea dura.

Il mago lanciò un fulmine, ma Alex non si fece prendere di sorpresa.

“Lo vedremo.” Disse sicuro di sé mettendosi in piedi e creando uno scudo magico.
Sarei volentieri rimasta sul pavimento, per quanto non fosse esattamente definibile come comodo, ma c’era il fantasma di un mago morto deciso a rovinarmi la vita che non era della mia stessa opinione, quindi mi tirai su e mi rassegnai all’idea di dover rendermi utile per quanto mi fosse possibile.

“Prepariamoci, questa volta non sarà così facile.” Sbuffai afferrando il bastone e la bacchetta che erano scivolate poco lontane dal luogo della mia caduta.

“Trova la gleipnir nel mio zaino… e usala.” Disse Alex rivolgendosi nuovamente a me mentre intorno alla sua figura iniziavano a formarsi rune a me incomprensibili “Io lo trattengo.”

Annuii per fargli capire che avevo capito. Stavo per augurargli buona fortuna, ma prima che potessi pronunciare una sola parola lui si lanciò contro Setne impugnando saldamente la spada e voltandomi le spalle.
Feci come mi aveva detto.
Il suo zaino era a nemmeno un metro da me, ma io mi avvicinai, portandolo con me, nell’angolo in cui erano svenute le mie due migliori amiche, con l’intenzione di proteggerle se fosse partito un incantesimo sfuggito al controllo dei due combattenti.
Frugai nello zaino alla ricerca di gleipnir . Non sapevo nemmeno com’era fatta, ma dubitavo che Alex si portasse dietro più di una corda magica.
Era pieno di ogni stravaganza che potesse essere utile in battaglia, ma non trovavo l’unica che in quel momento mi sarebbe potuta essere davvero di aiuto.

Quando aprii una delle tasche laterali, finalmente trovai qualcosa. E, no, non si trattava della corda, ma la mia curiosità ebbe la meglio, come sempre.

Era un foto.
C’era Alex.
 E c’era anche una morettina che gli stava avvinghiata addosso.
Beh, forse avrei dovuto aspettarmelo, in fondo non potevo certo pensare che uno come lui se ne andasse in giro aspettando la prima quindicenne (ok, quattordicenne, ma c’ero quasi!) che sbavava per lui anche essendo felicemente fidanzata.
Non fraintendete, nella mia testa stavo insultando con tutti gli epiteti che avevo imparato nella mia breve quanto colorita vita quella tizia, ma non credo sia il momento giusto per ripeterli (né tantomeno il posto più adatto).
Così, lanciando l’ultima maledizione a quella vacca di Hathor (non in senso figurato, ma questa è un’altra storia) ad Afrodite, Cupido e a chiunque fosse la divinità dell’amore norrena, ripresi a cercare gleipnir nello zaino magico di Alex.

E la trovai. Forse perché quel deficiente del destino aveva deciso di aver già dato troppo fastidio, e per un attimo credetti di essermi sbagliata, ma non poteva che essere quella la famosa corda.

Era sottilissima, dall’aria tanto fragile che sembrava mi si potesse spezzare fra le dita al minimo sforzo, ma se Alex aveva detto che poteva imprigionare anche le divinità più forti, io gli credevo. Di stranezze nella mia vita ne avevo viste tante, e quella non era la più particolare o la più incredibile.

Mi voltai giusto in tempo per vedere il ragazzo che cadeva a terra disarmato. Aveva gli occhi chiusi, ma non era morto. Non ancora, perlomeno.
La spada scivolò con un clangore metallico troppo lontano perché potesse recuperarla, mentre Setne gli puntava una delle sue falcette alla gola, tanto vicina che avevo paura che se Alex avesse deglutito l’avrebbe trapassato, l’altra sguainata verso di me.

Un avviso.

“Eh, Sadie? Siamo al capolinea. Dammi quella corda, aiutami a fare l’incantesimo” il suo tono accondiscendente, magnetico, e soprattutto la lama puntata alla gola del mio amico, mi fecero desistere dall’essere troppo arrogante.

“Altrimenti?” beh, sapevo cosa c’era altrimenti, non mi piaceva e sicuramente non l’avrei voluto prima dei miei quindici anni (o degli ottanta) ma dovevo guadagnare tempo. E farlo parlare era il metodo migliore, collaudato anche nei cartoni animati.

Il ghigno di Setne mi fece capire che, sì, spiegarmi il suo piano malvagio lo riempiva di orgoglio.
“Altrimenti? Altrimenti potrei spingere, solo un pochino, e far morire questo bell’imbusto in pochi attimi.
Poi potrei uccidere le tue amiche. Sai, non ci metterei più di due secondi. E morirebbero sul colpo. E a quel punto, tu, che cosa potresti fare da sola? Leggeresti per me, alla fine, o, nella peggiore delle ipotesi, dovrei attirare un altro mago particolarmente potente. Come il tuo fratellino, oppure quel bel ragazzone, come si chiamava… Walt, si lui. Funzioneresti a meraviglia come ricatto, credimi” il suo detestabile sorrisetto rimaneva lì, arrogante e spavaldo. Aveva vinto, mio malgrado dovevo ammettere che le possibilità di salvezza mia o degli altri erano spaventosamente basse.

Lui dovette aver intuito dalla mia espressione che ero indecisa, superò il corpo riverso a terra di Alex, spostandolo indietro con un calcio e allungò una mano verso di me.

“Dammi la corda, Sadie. Puoi salvare la tua vita e quella delle tue amiche, non sprecare così un’opportunità” sorrideva tranquillo.

Aveva ragione.

Stavo per dargliela, ammaliata.

E poi vidi la situazione capovolgersi, per l’ennesima volta.

Alex si alzò con uno scatto allungando la mano verso la spada e con il manico colpì la nuca del mago. Dovevo ammettere che quel ragazzo era bravo a fingersi morto.

Un talento naturale.

E mi accorsi che quella canaglia schifosa di Setne stava usando i suoi poteri per influenzarmi.

E, credetemi, nessuno può controllare Sadie Kane e rimanere impunito, tantomeno un mago morto da strapazzo.

Legai gleipnir come un lazo improvvisato, roteandolo in aria come mi avevano insegnato i vecchissimi film western in bianco e nero che guardava mio nonno quando in televisione non c’erano più partite di baseball.
Il momento epico venne rovinato dal mio impigliarmi con la corda, ma recuperai camminando con passo deciso fino alle spalle di Setne, che aveva ripreso il combattimento con Alex, questa volta confuso dal colpo in testa appena ricevuto.

Glielo infilai per la testa e strinsi.
Mi sarebbe andato bene farlo soffocare e vederlo diventare cianotico, ma la corda si fasciò magicamente attorno al suo corpo, avvolgendolo stretto ma non fino a quel punto, e Alex sigillò il tutto con delle rune.

Ora, se fossimo stati delle persone normali (o, non essendo troppo schizzinosi, una maga egizia e un semidio nordico vagamente normali) avremmo rispedito Setne nell’aldilà e saremmo stati felici e contenti, finché un altro fantasma esaltato non avesse infranto la nostra tranquillità con la puntualità di un orologio svizzero.

Ma, ormai è risaputo, io non sono esattamente normale, e credo di poter dire lo stesso di Alex.

Quindi, con un ammirevolmente forte attacco di sfiga cronica, mancammo di tempismo di nemmeno mezzo secondo, dando a Setne la possibilità di lanciare un ultimo attacco.

Magari, se ci fosse rimasto un briciolo di fortuna, l’avremmo deviato, o comunque schivato, creando qualche altro danno irreversibile alla struttura, ma rimanendo felicemente vivi e vegeti. Ma credo che ormai sia risaputo che non è così, vero?

Setne lanciò un lampo dall’aria letale che prese in pieno Alex, che cadde a terra. Non lo vidi a rallentamento, come succede nei film, ma troppo veloce, un susseguirsi di scene che capivo in ritardo: il fulmine che attraversava l’aria, che colpiva Alex in pieno petto, lui che cadeva.

Il fantasma avrebbe voluto cantare vittoria, ma non poteva, stretto fra le corde. Rideva isterico, guardandomi quantomeno spaventato dal pericolo che stavo velocemente per diventare.
Perché, se c’era una cosa che potevo sopportare ancora meno di essere controllata, era che quei dannatissimi cattivi stile fumetto desiderosi di controllare o distruggere il mondo, presi dalla loro mania, toccassero chi mi stava a cuore. E, sì, non potevo combattere con una persona, affidare anche a lui la salvezza mia, sua e di gran parte dell’umanità, senza che automaticamente mi diventasse cara.

Avanzai velocemente verso il fantasma del mago e mi tolsi lo sfizio di tirargli un calcio (fu mooolto soddisfacente), poi mi diressi verso Alex, morto o quasi, accertandomi delle sue condizioni.

Respirava.
In modo flebile e irregolare, ma la certezza che fosse ancora vivo mi diede un po’ di speranza.
Illusione velocemente fugata dalla vista delle sue ferite.
I vestiti bruciacchianti rivelavano velocemente la ferita profonda, la carne viva intrisa di sangue che riempiva l’aria di un vomitevole odore di ferro, la pelle tumefatta che lambiva la circonferenza storta e che si rialzava sul punto esatto in cui l’incantesimo aveva colpito, più potente e più disperato del mio, più pericoloso.
Sgorgava di sangue, e io non avevo mai avuto l’indole da crocerossina.
Sopportavo la vista del sangue, ne avevo visto in abbondanza, ma una ferita del genere… probabilmente se ci fosse stata Jaz avrebbe saputo dove mettere le mani, ma io, che a malapena riuscivo a fare pozioni di guarigione decenti, avrei disastrato quel corpo più di quanto non lo fosse già.

“Sadie Kane, lasciati aiutare, slegami e io guarirò il tuo amico” la voce viscida di Setne cercava di riempire quelle parole con quanto più potere avesse a disposizione, ma non sortiva il minimo effetto.

“Se non chiudi all’istante quella boccaccia schifosa vedrò di scoprire come si uccide un fantasma” non mi girai, ma Setne doveva essere giunto alla conclusione che non stavo affatto scherzando, perché rimase in silenzio.

Intanto io facevo del mio meglio per fermare l’infezione e la perdita di sangue: avevo ripescato dallo zaino di Alex quello stesso liquido violaceo che lui aveva utilizzato su di me un tempo che mi sembrava infinito prima, anche se non doveva essere passato più di qualche disastroso minuto, ma non sembrava fare molto effetto.

Non abbastanza, se volevo che rimanesse vivo.

E, no, non avevo alternative. Doveva rimanere vivo.

Aveva una ragazza a casa che lo stava aspettando, degli amici, che avrebbero sofferto la sua morte.
Mi tremavano le mani, mentre mi chiedevo cosa potessi fare, e mi pungevano gli occhi dalle lacrime che minacciavano di uscire, mentre passavo in rassegna ogni idea che mi passava per la mente e la bocciavo.

Quando strappai la maglia ad Alex per evitare di fargli più male del necessario, la trovai impregnata di sangue.

Provai a tamponare la ferita con la stoffa appallottolata ma,anche se nel suo stato di incoscienza Alex non sentiva nulla, ero convinta che i miei goffi gesti non fossero affatto d’aiuto.

Mi sentivo così… impotente!

Mi girai verso la mia borsa. C’era una pozione, ne ero assolutamente certa.
Non sapevo che effetto potesse avere, ma sicuramente non mi poteva andare peggio di così.
O almeno speravo.
Quando tolsi in tappo, ne uscì un odore molto poco invitante, ma speravo che non fosse indice di una probabile esplosione se Alex l’avesse ingerito.
Gli appoggiai la bottiglia alle labbra socchiuse, mentre la sostanza viscosa gli scivolava in gola.
Lo vidi deglutire debolmente, un riflesso incondizionato.

E… non successe nulla. Per un terribile istante pensai che non avesse fatto effetto o peggio, che avesse completato l’opera di Setne.

Poi lo vidi tossire.

Dal sollievo quasi provai l’impulso di abbracciarlo, ma non mi sembrava proprio il caso.
Nel dubbio gli sbattei la mano ritmicamente sulla schiena, cercando di fargli ingoiare bene la pozione.

“Che cos’era?” disse con voce strozzata.

“Una pozione di guarigione egizia” risposi imbarazzata quanto telegrafica mentre cercavo di farlo stendere. I bordi arrossati e gonfi della ferita tornavano velocemente alla condizione normale e, anche se non si cicatrizzò del tutto, prese un aspetto meno spaventoso. Mi sembrò di vedere che anche il colorito di Alex andasse meglio.

Emise un singulto soffocato mentre cercava di rialzarsi contro le mie proteste.

“Dov’è Setne?” domandò preoccupato cercando di vedere oltre me.

“Non preoccuparti, è…” mi bloccai nel bel mezzo della frase e mi alzai velocemente e scandalizzata.

No no no! Non dopo tutti gli sforzi che avevamo fatto per prenderlo, non poteva!
Setne mi salutò con la mano prima di andarsene, rigorosamente libero, con un uomo dal sorriso furbo che fece l’occhiolino ad Alex.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo dell’autore sclerato e dell’autrice più normale di lui]

Allora, vi piace il capitolo? Spero che lo visitiate in tanto, perché all’autrice e a me farebbe molto piacere. E spero che vi piaccia, anche, dato che ci abbiamo messo impegno. Soprattutto lei, vero?

_Lilium_: Già, questo capitolo mi è piaciuto e poi, come si fa a non adorare Alex a prima vista?

Già, lui è un figo. Il prossimo sarà l’ultimo capitolo, così sarete contenti. Viva Venti del Nord!

AxXx e _Lilium_

PS: Recensite, mi raccomando ;)

 

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Capitolo 5
*** Alex-Quasi Morto. Di nuovo! ***


                                             Quasi Morto, di Nuovo!

 

 

 

 

 

Ne avevo fin sopra le scatole di doverci quasi rimettere le penne ad ogni singola missione nel ghiaccio. Martelli, Falci, assideramento, fiamme ed ora pure un fulmine in pieno petto. Che cavolo, ma, a parte qualche centinaio di mostri morti, che avevo fatto al destino per meritarmi questo trattamento del cavolo? Ok, però poteva andarmi peggio.

Poi, la sensazione cambiò.

Il primo senso che fu solleticato?
Il gusto, quando sentii una strana sostanza della consistenza dell’acqua farsi strada nella mia bocca. Qualcosa di molto schifoso, a mio parere. A metà tra un biscotto bruciato ed uno dei miei calzini dopo un impresa.

No, non vorreste provarlo, credetemi.

Ad ogni modo, credo che fu quasi più il saporaccio a farmi rinvenire, mentre uno strano calore mi pervadeva le membra, ridandomi energia. Mossi piano le dite, cercando di capire dove fossi.
Sentendo la fredda pietra, compresi di essere ancora in cima alla Torre di Londra.

Sbattei le palpebre e misi a fuoco il bel volto della ragazza bionda che mi aveva aiutato. Sembrava incredibilmente sollevata e sentivo le sue dita stringersi sul mio petto, rendendomi conto che non avevo la maglietta addosso.

Arrossii e provai ad alzarmi.

“Aspetta…” mi disse lei, bloccandomi. “Non credo che tu debba sforzarti.”

“Che roba era?” Chiesi, schioccando la lingua, cercando di cogliere il sapore vero e proprio della pozione. Un tentativo di azzeccarne gli ingredienti.

“Una pozione di guarigione egizia.” Rispose, semplicemente, con un sorriso, bloccando il mio ennesimo tentativo di alzarmi.

“Setne… dov’è?” Chiesi, arrendendomi al fatto che dovessi rimanere steso per terra. Odiavo mostrarmi debole.

“Non preoccuparti è…”

Poi si bloccò rimanendo a bocca aperta, mentre fissava qualcosa dietro di sé, lontano dalla mia visuale. I suoi occhi mandavano bagliori, come se volesse tentare di fulminare qualcuno con lo sguardo, se avesse potuto.
Alzai lo sguardo.
Strabuzzai gli occhi.

La Gleipnir era sciolta, lasciata a terra. Il mago era libero e sorrideva, mentre, accanto a lui c’era un uomo magro, dai lunghi capelli neri, jeans strappati e maglietta nera attillata. Sorrideva astutamente, come se avesse fregato, per l’ennesima volta, qualcuno.

“Loki!” Sbottai, cercando di alzarmi, sentendo di nuovo, uno strano dolore irradiarsi dal mio petto. La ferita non era ancora del tutto rimarginata.

Il Dio mi guardò un attimo, con i suoi due occhi profondi e scuri, mentre mi faceva l’occhiolino, prima di sparire insieme al mago che, per poco, non mi aveva ucciso.

“No!” Urlò la ragazza. “No! No, no, no, no, no! Non è possibile! C’eravamo quasi! QUASI! Avrei potuto rimandare nella Duat quel maledetto mago da due soldi! Dei dell’Egitto!”

A quanto pare doveva tenerci molto a ributtare Setne nella Duat, dato che si mise ad imprecare contro il cielo. Ci volle qualche minuto prima che riprendesse la calma. Sembrava stressata e non potevo darle torto. La serata non era proprio il massimo.

“Ok… ok, Sadie Kane, rilassati… ti è scappato… d nuovo. Ma non temere, la prossima volta potrai prendere quel mago da strapazzo e ficcargli giù per la gola tutti i rotoli di papiro che vorrai.”  Disse, massaggiandosi la fronte, mentre si calmava.

“Ehi, tranquilla… so come ci si sente.” Borbottai, appoggiando la schiena al parapetto delle mura. Avevo assolutamente bisogno di riposo. Mi girava la testa.  

Lei sembrò essersi resa conto che ero presente, perché, all’improvviso si voltò subito verso di me e mi si avvicinò. “Sicuro di non avere problemi?  Quell’incantesimo ti ha quasi ucciso.” Fece, subito, inginocchiandosi accanto a me.

“Ehi, tranquilla… sto bene… be’, più o meno, ma ti posso assicurare che non è la prima volta che sono sul punto di morire.” Risposi con un sorriso rassicurante. Era una tipa energica, lo si vedeva.

“Be’, meglio che tu rimanga vivo. Grazie agli Dei c’eri tu, quel mago da strapazzo mi avrebbe sconfitta, senza il tuo intervento.” Asserì, dandomi una mano ad alzarmi.

Barcollai un attimo, ma mi ripresi. Ero abituato a non mostrare la mia debolezza davanti agli altri. Ero un comandante, dopotutto, dovevo essere il primo a mostrarmi forte davanti al pericolo e anche davanti alle ferite.

“Scusa per la maglietta… ma temo che non potrai indossarla.” si scusò, mostrandomi ciò che ne rimaneva: due stracci insanguinati. Sbuffai. Sapevo che dovevo mettermi l’armatura, prima di salire le scale.

Intanto lei si era avvicinata alle due ragazze che avevo notato prima: avevano abiti impossibili da guardare. Una aveva un paio di tacchi vertiginosi che nemmeno la più snob delle figlie di Reyja avrebbe mai indossato, mentre l’altra aveva un paio di occhiali brillantini che le davano un aspetto stravagante è dire poco.

“Meno male… sono solo svenute. Be’, dovrò spiegare loro di esser state rapite da un paio di corvi di un’altra mitologia.” Borbottò, contrariata. “Credo che non tornerò a Londra per un bel po’… non vorrei che Setne pensi di usarle ancora come esca o che, ancora peggio se la prenda con i miei nonni.”

“I tuoi nonni sono di Londra?” Chiesi, mentre Hugin e Mugin svolazzavano intorno alla torre, esultando alla loro libertà ritrovata.

“Sì… senti, ehm… posso chiederti una cosa?”

Aveva l’aria crucciata, come se stesse riflettendo su qualcosa di molto importante. Potevo immaginare a cosa stesse pensando: anche io mi ero chiesto come mai, all’improvviso, mi ero ritrovato davanti un gruppo di tizi che usavano strani incantesimi in lingua egizia. Con i geroglifici. La spiegazione poteva essere una sola: Dei Egizi.

“Tu sei davvero figlio di Odino?” Chiese, dopo qualche istante di silenzio.

Non ebbi esitazione a rispondere: “Non posso negarlo. Sì, sono figlio di Odino… tu invece sei figli di?”

La mia domanda sembrava legittima, dopotutto, essendo un semidio, quando vedi qualcun altro con quei poteri, la prima domanda che ti fai è proprio: di chi sei figlio, come lei aveva fatto con me.

“Io… non sono figlia di una divinità.” Rispose, però, lasciandomi un po’ sorpreso, prima di continuare. “È difficile da spiegare, ma, in pratica, io sarei il… corpo mortale di una Dea, più precisamente, Iside, Dea della magia, nella mitologia Egizia.”

“Ah…” Il mio cervello iniziò ad elaborare. “Quindi… in pratica è come se una divinità fosse dentro di te, giusto?”

“Più o meno… diciamo che io continuo ad essere me stessa, solo che, capita, ogni tanto, che la divinità in questione si… impossessi, per così dire, del mio corpo. Ma io sono io. Ah, per la precisione sarei una maga della casa della vita.” Precisò lei, sospirando. A quanto pare stava perdendo la pazienza e la cosa non sembrava piacerle molto.

“D’accordo. Ad ogni modo, piacere di conoscerti.” Dissi, cercando di cambiare discorso. “Mi dispiace che sia finita così. Ma chi era il tipo che ho affrontato?”

“Un tipo che odio.” Rispose, semplicemente, Sadie. “È un mago egizio che vuole tornare in vita e diventare un Dio. In questo modo potrà schiavizzare l’umanità.”

Strinsi i pugni mentre il sangue mi andava al cervello. Avevo già conosciuto troppi megalomani avidi di potere. Come quello spaventapasseri do Octavian, o quel pazzo di Loki, o ancora Crono. Non li sopportavo: pensavano di poter sfruttare a loro piacimento le vite degli altri come burattini.

“Che ci provi…” Sussurrai, stringendo i pugni. “Finché io e le orde saremo vive, non gli permetteremo di farlo! A costo di doverlo cercare in campo al mondo.”

Lei parve ammirata dalla mia volontà, ma anche un po’ sospettosa. Forse la mia esplosione l’aveva messa in guardia.

“Non sottovalutarlo. Setne è astuto ed è un bravo manipolatore. Ha fregato un sacco di persone. Poco fa c’ero quasi cascata anche io.” Mi avvertì. Allora capii che non era spaventata da me, ma da Setne e dal fatto che potesse manipolarmi.

“Non ho paura. Conosco tipi del genere… e non mi sorprende che Loki l’abbia aiutato. Due come loro non possono fare a meno di intendersi. Ho già affrontato il nostro Dio degli Inganni.” Risposi, ripensando alla divinità che si era dileguata con il nostro prigioniero.

“Aspetta… mi stai dicendo che quel tipo che somigliava a Tom Hiddleston era davvero Loki, Dio degli inganni del film?” Chiese, sorpresa.

Mi sforzai di non ridere.

A causa di film e fumetti, ultimamente, le nostre divinità avevano dei piccoli problemi di identità.

“Ehm… non proprio… cioè, sì, è Loki, però ti consiglio di evitare di vederlo così. Sai… l’aspetto di una divinità cambia a seconda di come viene visto dalla maggior parte della gente. E Loki, ultimamente, sta davvero iniziando ad assomigliare all’attore.” Dissi, trattenendo il riso.

“Ah…preoccupante… non vorrei prendere a legnate Tom Hiddleston… mi piace come attore.” Borbottò lei, arrossendo.

“Be’, sembra piaccia anche a Loki… ma lasciamo perdere, sicuramente quel maledetto sta architettando qualcosa. Non  mi sorprenderei a trovarlo coinvolto in qualche pericoloso intrigo a discapito nostro e di Asgard. Dovrò parlarne con mio padre, ed avvertire Percy ed Annabeth. Non vorrei che siano…” Ma mi fermai, non appena notai l’espressione che era comparsa sul volto di Sadie: sorpreso, imbarazzato e felice, tutto al tempo stesso.

“Tu… conosci Annabeth Chase?” Chiese, con gli occhi strabuzzati.

“Sì… diciamo pure che ci siamo coperti molte volle le spalle a vicenda. A quel che ho capito anche tu.” Risposi, osservandola. Mi chiesi da quanto tempo la figlia di Atena sapesse degli egizi e se aveva avuto tempo e voglia di comunicarcelo.

Non che fossi assillante, ma se avessi saputo di un pazzo mago egizio che voleva conquistare il mondo, forse, a quest’ora, avrei evitato l’ennesima quasi-morte che, ogni volta, mi capitava. Uno di questi giorni ci avrei davvero lasciato la pelle.

“Per l’Egitto, sì! Qualche tempo fa mi aiutò con una faccenda parecchi spinosa. Se non ci fosse stata lei con il suo greco, a quest’ora, le divinità Greche ed Egizie sarebbero diventate tutt’uno con quel tizio che si portava un vaso in testa… come si chiamava… ? Serpide, ecco!”

Fu così che venni a sapere di una storia incredibile che riguardava un Dio di mezzo che, per poco, non era riuscito ad assorbire in sé l’essenza delle Divinità Greche ed Egizie, diventando, di fatto, uno degli esseri più potenti mai visti, tanto da rivaleggiare con Fenrir, o Ymir. La cosa mi preoccupava non poco, dato che un essere del genere avrebbe potuto mettere in scacco anche Asgard. In compenso mi fece capire che Annabeth non aveva voluto avvertirmi nella speranze di tenere gli occhi di Setne lontani dal Campo Nord. Tentativo vano, dato che, il fatto che io e Sadie ci fossimo incontrati, era la prova che nemmeno noi eravamo passati inosservati.

“Che ci provi! Finché le Orde saranno vive, non permetteranno ad un mago pazzoide di conquistare Asgard.” Sussurrai, stringendo i pugni. Sapevo, però, che il solo fatto che fosse riuscito a rapire Hugin e Mugin, era la prova che con lui non bisognava scherzare.

“Be’, il modo migliore per evitare che ci prenda di nuovo di sorpresa, è quello che quanti più semidei e maghi siano a conoscenza dei suoi piani, anche se preferirei prenderlo a calci.” Ribadì Sadie, accigliata. “

“Be’, speriamo di riuscire ad organizzarci. Sembra un nemico pericoloso.” Borbottai, ripensando a tutte le mie imprese passate. Avevo una voglia incredibile di appendere la spada al chiodo e riposarmi per un po’. Per gli Dei, non ne avevo già passate abbastanza?

“Lo spero anche io… dirò a mio fratello di raddoppiare gli sforzi in biblioteca. Ad ogni modo, dovremmo tenerci in contatto… sai per… ehm… organizzarci.” Propose Sadie, arrossendo all’improvviso. “Annabeth mi ha detto che i cellulari attirano i mostri. Tu ce l’hai?”

“Oh… sì, certo. Lo uso poco per evitare che qualche gigante venga a mangiarci. Ma se vuoi, una volta ogni tanto, possiamo usarlo.” Risposi e le passai il mio numero di cellulare. Che non conoscevo a memoria, ma mi portavo sempre dietro un foglietto con su scritto. Avevo sempre il problema che non ricordavo i numeri di telefono.

“Bene… spero di non doverti mandare troppi messaggi. Ora, io te ed Annabeth siamo anche in contatto telefonico. Spero che i mostri non vogliano usarci come stuzzichini.” Disse, sorridendo.

Annuii poi mi resi conto di una cosa: “Ma come fai a trasportare le tue amiche giù? Le guardie non ti lasceranno passare.”

“Non ti preoccupare… ho il mio passaggio privato.” Detto questo alzò la bacchetta e, dopo pochi secondi, vidi una specie di barca, simile ad una gondola veneziana, volare verso di noi a tutta velocità. Mi ricordava molto la Argo II di Leo, o la Skidbladnir dopo che l’avevamo aggiornata e modificata.

“Vuoi un passaggio?” Chiese, mentre la aiutavo a far salire le ragazze, ancora svenute, sull’imbarcazione.

“Be’, se mi accompagnassi fuori città non sarebbe male.” Ribadii, salendo a bordo. Non sembrava male, come mezzo di trasporto.

Arrivati in campagna, emisi un fischio, consapevole del fatto che lì mi avrebbe sentito. Non mi fidavo mai a portare Vesa in città. Temevo che la foschia non la coprisse, ma, una volta fuori, era facile da richiamarla. Infatti la viverna atterrò quasi subito.

“Wow… bella cavalcatura!” Si complimentò Sadie. Osservandola ammirata. “Ti riporterà al tuo campo?”

“Sì… in Norvegia. Se mai dovessi passare da quelle parti, nella zona a nord di Oslo, se saprai vedere oltre la foschia, allora lo vedrai.” Spiegai, mentre Vesa apriva le grandi ali, ruggendo. “Prenditi cura delle tue amiche e se vedi qualcos’altro, informami.”

Lei annui.

“Hugin e Mugin se ne sono andati appena li hai liberati. Staranno bene?” Aggiunse.

“Non si faranno beccare per due volte nello stesso modo. Inoltre si saranno già diretti ad Asgard.” Spiegai, sperando che fosse vero. Hugin e Mugin conoscevano vie d’accesso ad Asgard che nemmeno Heimdallr, conosceva.

“Lo spero… sto cominciando ad odiare i corvi.” Borbottò, scuotendo il capo. “Senti, io torno a casa, poi vado a New York e mi metto a lavoro. Appena scopro qualcosa, ti informo.”

“D’accordo! A presto, Sadie Kane!” La salutai, mentre la mia viverna si alzava in volo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo dell’autore e dell’autrice]

Sì, sappiamo che questa storia schifosa non vi piace, ma che ci volete fare? Dobbiamo assillarvi ancora :P

Ebbene, questa storia è finita, lo so vi dispiace tantissimo (No -_- ) E per questo mi dispiaccio anche io, ma, ehi! Questa era una mini storia fatta a posta. Mi scuso per varie cose, ma qui molto era ironico (Grazie soprattutto a Lilium che è bravissima.

Ad ogni modo, se seguirete e saprete leggere tra le righe, ci saranno dei mini-spoilers di Cronache del Nord. Mi auguro che la cosa non vi sia dispiaciuta e che apprezziate, almeno un po’ questa storia, finalmente conclusa.

A presto.

AxXx e _Lilium_ (Che è bravissima J )

 

 

 

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