Il Rapimento dei Corvi di AxXx (/viewuser.php?uid=218778)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alex - A Caccia di Corvi ***
Capitolo 2: *** Sadie-Guai, Corvi e Fighi Allucinanti ***
Capitolo 3: *** Alex - Legato come un salame ***
Capitolo 4: *** Sadie-Troppi Infarti per una Notte ***
Capitolo 5: *** Alex-Quasi Morto. Di nuovo! ***
Capitolo 1 *** Alex - A Caccia di Corvi ***
A CACCIA DI CORVI
Londra.
Molti
dicevano che Londra era la città più sacra ad
Odino, dato che i corvi, i suoi animali sacri, adoravano vivere
lì. Le sue
torri erano rifugi naturali per i neri rapaci che mio padre adorava.
Era
anche la casa di Hugin e Mugin. Adoravano
appollaiarsi sulla cima del Big Ben per cantare la loro versione di God Save the Queen. Il problema era
proprio questo: Dove diavolo erano finiti quei due corvacci.
Se
non si fossero persi, a quest’ora, sarei potuto
rimanere al campo, con Astrid. Invece no! Arriva mio padre e: I Miei corvi sono spariti, tu sei mio
figlio, vai a Londra e ritrovali!
Come
fai a dire di “No”
al Re degli Dei
Nordici?
Ovviamente
non lo puoi fare nemmeno se sei suo figlio.
Così
eccomi a Londra, davanti a Buckingham Palace, alla
ricerca di qualsiasi indizio utile: sembrava che fossero passati da
lì, ma la
mia magia di ricerca non dava risultati.
Quanto
avrei voluto che Astrid o Einar fossero con me,
almeno mi avrebbero potuto dare una mano. Il problema è che
non sapevo dove
andarli a cercare: mio padre non mi aveva detto molto: erano i suoi
messaggeri,
quindi potevano essere ovunque, nel mondo. Avevo scelto Londra
perché era un
luogo “sacro” per i corvi.
Solo
che non avevo ancora trovato nulla: la Runa
sembrava ancora dirmi che erano in zona, ma dove? Londra era una
città immensa.
Sospirai e mi allontanai dal Palazzo Reale. Avrei potuto chiedere ad
Elisabetta, figlia di Idunn di darmi una mano, ma non mi pareva giusto
scomodare la Regina di Inghilterra per la mia impresa.
Dovevo
farcela da solo.
Mi
inoltrai in una stradina laterale, cercando di
tenermi lontano dai mortale, onde evitare di metterli in pericolo in
caso di
attacco di mostri. Ce n’erano tanti, nelle città.
Percorsi
varie strade, perdendomi nella labirintica
metropoli londinese. Usai due volte la metropolitana, viaggiando ai
quattro
angoli della città. Mentre camminavo dovetti disintegrare un
trio di goblin che
stavano rovistando in un bidone ed un enorme orco che aveva deciso di
usare la
mia testa come palla da baseball (Ovviamente con poco successo).
Alla
fine della giornata sospirai e mi infilai in un
McDonald dove presi un panino. Non che mi piacesse particolarmente il
posto, ma
era l’unico dove non ti facevano troppe domande: di solito,
un ragazzo senza un
occhio, in un pub, tende ad attirare troppo l’attenzione e i
mostri mi davano
già abbastanza problemi. Non volevo trovarmi anche la
polizia tra i piedi.
Mentre
mangiavo avvicinai lo zaino esteso che avevo
poggiato per terra. Aveva l’aria di un normalissimo zaino, ma
dentro ci poteva
stare davvero di tutto. Dentro c’era Excalibur, la mia
felpa-armatura, rune in
quantità e tutto l’occorrente per
un’impresa con i fiocchi.
Tutto
compresso in un normale zaino di scuola.
Da
una delle tasche laterali tirai fuori una foto: era
una semplice foto, nulla di magico o anormale. Mostrava me ed Astrid
abbracciato con, sullo sfondo, il campo Mezzosangue, in America. Era da
quando
avevamo messo fuori gioco Loki che me la portavo dietro.
Mi
ricordava quello che dovevo proteggere e l’amicizia
che, ormai, legava i due campi di semidei.
Proprio
mentre ero distratto, perso nelle mie
elucubrazioni melodrammatiche, degne di una telenovela, ecco che
arrivò il Dio
che, meno di tutti, mi faceva venire voglia di inchinarmi a lui.
“Bella
foto!”
La
voce che mi raggiunse mi fece sobbalzare alla
grande, tanto che, per poco, non mi andò di traverso il
panino.
“Loki!
Che diavolo ci fai, qui!?” Domandai, dopo aver
tossito a lungo, per liberare le mie vie respiratorie. Avevo imparato a
non
fidarmi del Dio, da quando aveva cercato di distruggere Asgard e
l’Olimpo. Adesso
si era rimesso in riga ed indossava una maglietta nera strappata, jeans
neri
attillati, anch’essi strappati e una bandana che gli copriva
i capelli che
rivaleggiavano con la notte senza stelle.
“Non
lo immagini?” Domandò con un sorrisetto.
“Sto
cercando di aiutarti.”
“È
più facile pensare che l’unico aiuto che mi darai
sarà quello di pugnalarmi alle spalle.” Borbottai,
sospettoso. Non c’era da
fidarsi di uno come lui.
“Oh…
non mi dirai che ce l’hai ancora con me, dopo quel
piccolo intrigo che ha quasi distrutto Asgard, vero?” Chiese
Loki con un tono
fintamente innocente.
Battei
i pugni sul tavolo e mi alzai, ignorando le
occhiate che i mortali mi lanciarono: “Quel tuo
‘piccolo intrigo’, ha ucciso
decine dei miei amici e, per poco, non sono morti anche Annabeth,
Percy, Frank
e Piper! Per quel che mi riguarda, non so cosa mi trattenga da non
infilzarti
sul momento.”
Il
mio sussurro voleva essere minaccioso, ma sapevo che
un Dio non poteva essere spaventato da così poco. Infatti
lui mi regalò un
ghigno freddo e distaccato.
“Puoi
credermi o no, ma sappi che ti posso dare un indizio
importante.”
“Sai
cosa me ne posso fare dei tuoi indizi.” Ed era
quello il problema: non potevo sapere se mi stava dicendo la
verità o no. Loki
è il Dio dell’inganno e solo questo ti mette in
guardia. Non sai mai se quello
che dice è la verità, o solo un altro modo per
fregarti.
“Vedo
che sei ostinato, figlio di Odino… allora ti dirò
tutto in modo che tu capisca. Devi andare a casa loro…
è lì che sono stati
imprigionati Hugin e Mugin. Nel vecchio santuario di tuo
padre.”
Ero
confuso e Loki non mi aiutò di certo mentre spariva
con quello stupido ghigno strafottente che non lo abbandonava mai.
Avrei
voluto picchiarlo, ma, ovviamente, avevo altro a
cui pensare. Hugin e Mugin avevano una casa? Dove? Non vivevano con mio
padre
ad Asgard? Più ci pensavo più non capivo
cos’avesse voluto dire Loki. Dopo
mezz’ora passata a pensare a quel cavolo che Loki aveva
detto, decisi che era
stato solo uno dei suoi stupidi scherzi e mi rimisi a lavoro.
Richiamai
le antiche rune e cercai di nuovo di capire
dove si trovassero i corvi di mio padre. Camminai per tutto il
pomeriggio,
riposandomi solo ogni tanto, sedendomi in alcuni parchi pubblici per
mangiare
un po’ e riprendermi.
Era
una ricerca estenuante, soprattutto perché stava
mettendo a dura prova la mia pazienza. I mostri mi ostacolavano solo
ogni
tanto, ma la cosa non mi sorprendeva: un figlio di Odino tende a farsi
sentire
e i mostri non vedevano l’ora di mangiarmi, ma distruggerli
non mi avvicinava
alla soluzione.
L’unica
cosa che potevo fare era continuare a
camminare.
Era
pomeriggio inoltrato, ormai, quando le cose
iniziarono a migliorare. Il sole, ormai arancione, si era avvicinato
ancora di
più all’orizzonte, segno che la Dea Sol non mi
avrebbe aiutato ancora a lungo.
Stavo per rinunciare per tornare la mattina dopo, quando una delle rune
si
illuminò, avvertendomi che i corvi di mio padre erano
vicini.
“Finalmente!”
Esultai mentalmente, mentre mi mettevo a correre.
Ero
vicino a Westmisters e al ponte omonimo, sulla
parte occidentale del fiume, ma le rune sembravano dirigermi verso
l’altro
lato. Così mi accodai ai pedoni e mi misi a correre,
cercando di non perdere il
contatto.
Avevo
una voglia matta di tornare al campo e riposarmi.
Mentre
spingevo la gente qualcuno mi guardava male.
D’altro canto ero pur sempre un ragazzo diciassettenne senza
l’occhio sinistro,
non ero una bella vista. Io stesso non ero abituato a camminare senza
una parte
della mia vista.
Tuttavia,
nemmeno io potei non notare quello che
accadde poco dopo. In cielo, alla mia destra, Hugin e Mugin stavano
volando (Ma
dai, sono corvi, chi l’avrebbe mai detto!?), tenendo tra gli
artigli due
persone.
Che
ci facevano lì!? E perché avevano rapito due
persone?
La
foschia li stava sicuramente coprendo le loro
azioni, ma anche quella aveva dei limiti e non poteva certo mascherare
un
rapimento. Inoltre c’era qualcosa di strano. Le loro strida
mi arrivavano
appena, ma mi sembrò di intendere dei lamenti, come se loro
stessero cercando
di ribellarsi a qualcosa (O qualcuno).
“Sta
succedendo qualcosa di grosso.”
Pensai, mettendomi a
correre più veloce che potevo.
Gli
inseguii con lo sguardo fino a che non li vidi
abbassarsi sulla Torre di Londra.
Dovevo
immaginarlo: ecco cosa aveva voluto dire Loki! La
Torre di Londra era una sorta di tempio di Odino. Era il luogo dove si
riunivano i suoi animali sacri, i corvi neri, doveva essere quella la
casa di
Hugin e Mugin. dopotutto non avevano più volte mostrato il
loro accento
anglofono? Era ovvio che dovessero trovarsi lì, ma come mai
si portavano dietro
due persone? E perché non tornavano a fare rapporto ad Odino.
Mentre
attraversavo il centro di Londra, le
speculazione mi frullavano in testa come un uragano al pieno della sua
potenza,
tanto che, quando un troll mi incrociò per strada, lo
infilzai con Excalibur
senza nemmeno fermarmi.
Troppi
interrogativi mi assalivano, mentre correvo
verso il London Bridge.
Ero
a metà ponte quando una sirena iniziò a squillare
e
la gente iniziò a correre in tutte le direzioni.
Non
avevo idea di cosa vedessero, ma io vedevo molto
bene un enorme serpente marino che mi attaccava.
“Wow…
che fai, non sai che questa zona è troppo
abitata!?” Chiesi, mentre il suo corpo si abbatteva sul ponte.
Non
era proprio un commento fuori luogo. I serpenti
marini, di solito, non si avventuravano nei fiumi così
spesso, anzi, nelle
città avevano molte difficoltà e di solito
attaccavano i semidei sulla costa.
Quello si era spinto addirittura nel Tamigi, per mangiarmi?
Non
ebbi tempo di darmi una risposta, perché quello
tornò ad attaccarmi, cercando di usarmi come pranzo. Fortuna
che io ero
tutt’altro che commestibile.
Mentre
evitavo il suo attacco notai qualcosa, sulla
fronte: un segno. Ad una prima vista mi sembrò una runa ma
poi, controllando
meglio, mi resi conto che era qualcosa di completamente diverso.
Un
geroglifico.
Non
avevo tempo di pensare cosa ci facesse un
geroglifico egizio sulla fronte di un gigantesco mostro nordico, quando
il
gigantesco mostro nordico in questione, era deciso a trasformarmi nel
suo
prossimo spuntino.
Superai
il parapetto del ponte, mentre le sue fauci
sradicavano un lampione e mi aggrappai ad una delle sue punte dorsali.
Con una
gran fatica, mi arrampicai lungo la sua schiena.
A
quanto pare, alla vista dei mortali doveva sembrare
una sorta di piena improvvisa del fiume e non un mostro di un film
d’azione di
serie B perché nessuno faceva caso al nostro scontro.
Arrivato a pochi metri
dalla testa, però, il serpente dovette essersi reso conto
che ero sulla sua
schiena, perché si immerse, cercando di scrollarmi di dosso.
Mi
venne la nausea.
Una
volta Percy mi disse di essersi immerso nel Hudson
e mi aveva anche raccontato di quanto inquinata fosse l’acqua
di quel posto.
Ora potevo dire che, però, anche il Tamigi aveva la sua
lunga serie di
inquinanti.
Melme,
alghe marce e altra roba che non avevo per nulla
voglia di identificare, mi sfrecciarono accanto, mentre mi arrampicavo,
secondo, dopo secondo, lungo la schiena del serpente immerso, mentre i
miei
polmoni bruciavano, reclamando aria.
Ma
dopo essermi immerso nel Polo Nord, ormai, l’acqua
aveva smesso di farmi paura. Lo zaino era ancora in spalla,
così lo aprii
appena e misi la mano all’interno. Ovviamente, ogni cosa
finì in acqua e fui
certo che un paio di pietre magiche fossero galleggiate via.
Fortunatamente, la
mia mano si strinse intorno all’elsa di Excalibur.
Con
un secco movimento la estrassi totalmente e, prima
che il mostro potesse rendersi lo infilzai alla testa, proprio dove
c’era il
segno, riducendolo ad un cumulo di neve che si disperse nelle correnti
del
fiume.
Con
le mie ultime forze nuotai in superficie, lasciando
che i miei polmoni brucianti ispirassero l’aria.
Non
mi sarei mai abituato a tutti i mostri che dovevo
affrontare per potermi fare una tranquilla passeggiata, ma almeno mi
aveva
portato vicino al mio obbiettivo: il castello che era noto come Torre
di Londra
si ergeva davanti a me.
Sapevo
che, come ogni castello, aveva un fossato,
quindi non mi fu difficile entrarvi, passando da esso. Ormai era solo
un’attrazione turistica, anche se, in passato, era stato una
prigione, ma anche
una fortezza e una residenza reale.
Non
ebbi problemi ad entrare. La saracinesca era chiusa
e sorvegliata da due guardie mortali, ma non il perimetro,
così approfittai di
trovarmi in un punto lontano dagli occhi indiscreti della gente per
evocare i
venti governati da mio padre e mi feci sollevare oltre le mura di cinta
e mi
ritrovai nel cortile interno. Era una zona vuota, calma e piena di
bancarelle
ed espositori chiusi. Non c’era traccia di telecamere o
altro, quindi non ebbi
molti ostacoli.
La
torre era già stata chiusa, quindi non ebbi mortali
tra i piedi. Fu un po’ più difficile,
però, entrare nella parte più
‘interna’.
Infatti, come sospettavo, c’era un incantesimo sui muri della
fortezza che
impediva a chiunque di passare. Non osai volare di nuovo: ero
già stanco e poi
non avevo idea se c’erano altre magie progettate a posta per
evitare attacchi
aerei, ma ipotizzai di sì, cos’ feci
l’unica cosa che mi era rimasta: aprire la
porta principale.
Incredibilmente
la trovai aperta.
Mi
insospettì non poco la cosa, dato che, quando la
guardai, vidi che la serratura era stata sciolta.
Ero
in un ampio salone in pietra, spoglio e spartano.
Anche questo, però, era arricchito da espositori e armature
che servivano ad
intrattenere i turisti. L’oscurità era quasi
completa, se non fosse stato per i
pochi raggi del sole che filtravano dalle finestra anche se, ormai, era
sul
punto di tramontare.
Fu
allora che l’eco di una corsa attirò la mia
attenzione.
Vidi
una porta laterale aperta, oltre la quale si
intravedeva una rampa di scale a chiocciola.
Chiunque
fosse, mi aveva preceduto e, a giudicare dalle
capacità, non poteva essere un semplice mortale.
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[Angolo
dell’autore sclerato e dell’autrice normale]
Salve
gente!
No,
in questa serie, niente Koala e niente Water,
solo io e voi, in questo caso, più precisamente, Lilium che
mi ha aiutato
tantissimo e a cui mando un bacio (Anche se non la amo quanto la mia
amatissima
Water_Wolf).
Ad
ogni modo, lei mi ha dato una mano a stendere
questa storia. Senza il suo aiuto non sarei MAI riuscito a scrivere
nulla,
nemmeno l’inizio. Quindi, faccio io le presentazione: la
storia sarà composta
da quelli che speriamo siano solo sei (Massimo otto capitoli)
metà dal POV di
Alex Dhal e l’altra metà dal POV di Sadie Kane.
La
storia ha vari spoilers (mooooooolto velati)
sulle future storie e su ciò che abbiamo in mente. Tuttavia
non è detto che
rimanga tutto così.
Come
avete potuto notare dalla citazione di Frank e
Piper, Alex avrà modo di conoscere anche loro (Questo non
era uno spoiler,
l’avevamo già detto) e come potete desumere
già da questo capitolo, il nostro
figlio di Odino incontrerà qualcuno di moooooolto importante
:3
A
presto, ragazzi, e recensite!
AxXx
|
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Capitolo 2 *** Sadie-Guai, Corvi e Fighi Allucinanti ***
Guai, Corvi e Fighi allucinanti
Ero
a andata a Londra per vedere come
stavano i miei nonni – e controllare che non avessero avuto
un qualche trauma
post trasformazione in divinità – e per spigare a
Liz ed Emma quello che era
successo un anno prima. Niente di più, anche se avrei
volentieri fatto una
capatina al cimitero in cui Anubi mi aveva baciata, e niente di meno.
Una
settimana di riposo, mi ero detta.
Niente
serpentoni che cercano di
distruggere la terra, niente divinità schizofreniche o
pinguini in giro per
casa.
In fondo me lo meritavo, no?
Mi
ero dimenticata solo un microscopico
dettaglio: Sadie Kane non può essere normale.
È
matematico.
Ecco
perché in quel momento correvo come
una folle fra le strade piene di vita notturna del centro di Londra con
la
borsa in pelle che, stupidamente, avevo deciso di portare e che
ospitava solo
una bacchetta e qualche Shabti da combattimento seppelliti sotto
cianfrusaglie
da ragazza di ogni genere, inseguendo due corvi che, guarda caso, con
tutti gli
abitanti di Londra, avevano deciso di rapire le mie due migliori amiche.
Cercavo di non perdere quei due stupidi rapaci, ma al contrario di loro
non
volavo e le strade erano affollate di turisti che si lamentavano delle
gomitate
che gli rifilavo per farli spostare.
Poco educato, molto efficace.
Afferrai
la mia bacchetta maledicendomi
mentalmente per non aver messo i vestiti di lino che aiutavano la magia
e
cercai di ripescare dalla Duat il mio Bastone.
Entrai
nella struttura con meno difficoltà
di quante me ne sarei aspettata, ma non me ne curai e proseguii.
Avevo
già visto La Torre di Londra -
insomma, io in quella città ci avevo vissuto fino a un paio
di anni prima! – ma
di notte era decisamente tutta un’altra storia, e supponevo
che non fosse solo
colpa del buio.
Il giardino intorno all’edificio medievale era inquietante,
con l’erba falciata
di fresco illuminata dalla luna e con gli espositori di souvenir chiusi
che
occupavano gli angoli.
Mi sembrò quasi di vedere il fantasma di Anna Bolena
andarsene in giro con la
sua testa sotto baraccio, come nell’antica leggenda. Mi fece
“ciao ciao” con la
mano che non teneva la testa mozzata e io risposi distrattamente senza
fermarmi.
Intanto
i corvi avanzavano velocemente con Liz
che si dimenava come una pazza ed Emma che sembrava essere svenuta, e
uggiolavano come se stessero provando un insostenibile dolore.
Non avevo dubbi che avessero qualcosa di magico: potevo sentirne il
potere a
chilometri di distanza e sicuramente due corvi normali non sarebbero
riusciti a
viaggiare per tutto quel tempo tenendo il peso delle mie amiche fra le
zampe.
Ero
certa che se ci fosse stato Carter
avrebbe saputo dirmi chi fossero, ma non ero io quella specializzata in
miti.
Io preferivo fare a pezzettini e poi eventualmente indagare su quale
fosse
l’essere divino che aveva cercato di uccidermi.
I pennuti scomparvero battendo le ali nella Torre Bianca e io mi ci
diressi
cercando di rimanere in piedi e non rallentare il passo.
Dovevo continuare, non potevo certo mettermi a riposare sulle scale, le
mie
amiche avevano bisogno d’aiuto e chissà cosa stava
succedendo sulla cima della
struttura.
Ero
talmente concentrata ad andare più
veloce, due gradini alla volta, che quasi non mi accorsi del trambusto
che
veniva da sotto di me.
Poteva essere un nemico, non ne dubitavo considerando la sfiga che
sembrava
essersi affezionata ai Kane, ma in quel momento la priorità
andava a quei corvi
cleptomani.
Arrivai
alla cima della torre sfinita e con
il bastone che finalmente ero riuscita ad evocare dalla Duat in mano,
attraversando la scala chiocciola che di tanto in tanto si diramava in
corridoi
stretti e bui.
Dava i brividi, soprattutto sapendo che lì dentro
c’erano state prigioni e che
quelle mura avevano assistito a crudeli torture.
Mi accorsi nell’istante stesso in cui posai il piede
sull’ultimo gradino che
era una trappola, nemmeno troppo nascosta, e che io mi ero fatta
mettere nel
sacco con una semplicità spaventosa.
Forse fu l’uomo piccoletto e scheletrico con delle rune
fluttuanti attorno che
guardava la scala come se mi stesse aspettando a farmelo capire, o
magari il
fatto che io quell’uomo lo conoscevo e che i trascorsi con
lui non erano stati
esattamente piacevoli.
Setne.
O,
come preferivo io, il caro Zio Winnie.
“Salve
Sadie Kane, è un piacere
rincontrarti” un ghigno serafico da venditore di automobili
gli si dipinse sulle
labbra sottili da serpente.
Rabbrividii.
Parlare con un fantasma e che
ne ha anche tutto l’aspetto non è piacevole, ve
l’assicuro.
“Mi
dispiace di non poter dire lo stesso.
Vedo che ancora non hai scoperto il magico mondo dello
shampoo” dissi alludendo
a quei capelli decisamente oleosi, ma il suo sorriso pacato rimaneva
imperturbabile,
quasi canzonatorio.
“Faresti
meglio a tacere, maghetta arrogante.”
Esalò piano, senza intonazione. Gli angoli della sua bocca
si alzarono ancora
un po’, mentre gli occhi dalle palpebre pesanti saettarono
per un attimo alla
sua destra.
In
un angolo, entrambe svenute, c’erano le
mie migliori amiche. Emma aveva quei suoi ridicoli occhiali glitterati
storti
sul naso e aveva perso una delle due scarpe dalla zeppa vertiginosa,
mentre la
chioma rossa di Liz era più in disordine di quanto non lo
fosse di solito.
I corvi – quei due demoni! – erano appollaiati
rispettivamente su due delle
piccole finestrelle dell’osservatorio.
“Lasciale
in pace, loro non centrano” mi
sorpresi a non ringhiare o a urlargli contro. O a saltargli addosso, ne
sarei
stata perfettamente capace. Invece gli parlai con il suo stesso tono
tranquillo.
Ero arrabbiata, molto.
“Oh, sì le libererò, non preoccuparti.
Quando avremo finito di pronunciare
l’incantesimo saranno libere di andarsene. Purtroppo questa
spiacevole
condizione non mi permette di essere abbastanza in forma da farlo da
solo, ma
tu sei potente, Sadie Kane, e mi aiuterai.” Per un attimo
quegli strani poteri
di persuasione di Setne quasi funzionarono. Fu meno di un secondo, in
cui
pensai che forse non era un’idea così cattiva, poi
l’istinto di prenderlo a
manganellate in testa tornò più forte di prima.
“Preferisco
di no.”strinsi le dita attorno
al bastone.
“Non
capisci quanto vantaggio potresti
trarre se due delle civiltà più grandi della
storia si unissero? La scelta è
tua, Sadie. Ti do la possibilità di decidere, e, dimmi, chi
te l’ha mai data
prima? Sarebbe un così grande peccato se morissi.
Sei potente, potresti fare grandi cose.”
Quella
volta non c’erano Annabeth o Carter con
me, non avrei avuto scampo.
Forse
avrei dovuto accettare.
Forse.
No.
Assolutamente no.
Faticavo
perfino a riconoscere quali
fossero i pensieri influenzati da Setne e quali fossero i miei.
“Sembra
una frase da filmetto di serie B,
dovresti guardare qualcosa di più educativo. E, per la
cronaca, queste si
chiamano minacce”
“Lo
prendo per un no?”
Sorrisi.
Mi lanciai contro di lui con il bastone pronto a lanciare incantesimi
o,
all’occorrenza, essere sbattuto in testa al caro zio Winnie.
Setne sospirò rassegnato e schioccò le dita.
E io capii che cosa ci facessero quei due corvi lì.
Si lanciarono contro di me e iniziarono a beccarmi e a graffiarmi.
Mentre
agitavo il bastone ne colpii uno, ma sembrava non gli importasse del
dolore.
Nemmeno
tre secondi dopo la stanza fu
invasa da rapaci famelici che ce l’avevano con me. Non vedevo
niente al di là
delle piume nere e dei bacchi affilati.
Creavo scudi in continuazione, ma i corvi li distruggevano ogni volta
con una
facilità disarmante. Lanciavo qualsiasi comando mi venisse
in mente, ma i
rapaci sembravano moltiplicarsi di secondo in secondo.
Mentre
un Ha-di faceva esplodere un pennuto
sfortunato, feci una delle cose più stupide di sempre.
E, credetemi, di cose stupide ne ho fatte in abbondanza.
Mi
trasformai in un nibbio.
Se
ci fu un lato positivo fu che i corvi
parvero piuttosto confusi e non pensarono che quel grazioso uccellino
potessi
essere io.
La parte negativa che il mio istinto da animale non molto ben allenato
si
diresse direttamente verso Setne, forse nel tentativo di rimandarlo
nell’aldilà
a forza di beccate.
Il mago mi prese prontamente al volo stringendo fra le mani le mie ali.
Ecco,
probabilmente in quel momento sarebbe
stato meglio ritrasformarmi, ma non è così
semplice.
Mentre
mi dimenavo fra le mani di un Setne
che sorrideva deliziato esultando con un “Ah, ah, Sadie Kane,
te l’avevo detto
che alla fine avresti dovuto aiutarmi un modo o
nell’altro” piuttosto irritante,
un ragazzo salì le scale.
E,
scusate ma devo ammetterlo, era senz’altro
un bel pezzo di ragazzo.
Ok,
ok. Non è che di solito appena vedo un
individuo di sesso maschile oggettivamente attraente dimentico che ho
una
relazione stupenda seppur complicata con due fantastici e dolcissimi
ragazzi
che hanno giurato di amarmi per l’eternità.
No,
di certo. Ma sono pur sempre una
ragazza.
E
quello, anche con la benda sull’occhio
che gli dava un’aria vagamente minacciosa se corredata dai
muscoli contro cui
non mi sarei mai voluta trovare, non si poteva non notare.
E poi, in mia difesa, è tutta colpa degli ormoni.
Il
ragazzo, passandosi una mano fra i ricci
scuri (quanto avrei voluto farlo anch’io!) guardò
spaesato Setne che mi teneva
in mano, io che lo guardavo sognante per quanto potessi farlo con gli
occhi di
un uccello e i corvi, cominciavo ad avere dubbi
sull’intelletto di quegli
animali, che si accapigliavano nel tentativo di beccare il pavimento
nel punto
in cui prima mi ero trasformata.
Setne
mi rivolse un ghigno malefico degno
di un cattivo dei fumetti e poi si girò con la stessa
espressione verso
l’affascinante sventurato.
Quello stringeva fra le mani una spada lunga a doppia filo
dall’aria decisamente
letale su cui erano incisi strani simboli.
“Finalmente
è arrivato anche il nostro
semidio Nordico. Figlio di Odino, se volessi cortesemente versare il
tuo sangue
da qualche parte, ti restituirò i reali corvi. Oppure potrei
ucciderti e
prelevare il tuo sangue dal tuo cadavere. Come più ti fa
piacere”
Il
ragazzo rabbrividì impercettibilmente,
ma non si lasciò intimorire.
Qualcosa non tornava.
Semidio.
Nordico. Odino.
… Accidenti!
Io
di mitologia Norrena proprio non me ne
intendevo, ma avevo visto il film Thor e sapevo per esperienza
personale quanto
ci tenesse ogni divinità esistente a complicarci la vita,
quindi il risultato
era piuttosto ovvio.
Setne
aveva bisogno di farsi una vita, o un
forse di trovarsi un hobby da fantasma, che non fosse cercare di
riunire
civiltà, perché io mi stavo proprio stancando di
conoscere Dei, per quanto i
loro figli potessero essere ben disposti.
Beh,
a quanto pare non sarei dovuta essere
sola a combattere quel mago psicopatico.
E non potevo certo lamentarmi della compagnia.
Ora
dovevo solo trovare un modo per
liberarmi dalla presa di Setne, ritrasformarmi in umana e rispedirlo
nell’aldilà.
Un
programma all’ordine del giorno,
praticamente.
“Non
ho idea di chi tu sia, ma il mio
sangue rimarrà dov’è”
affermò il ragazzo. Aveva una bella voce.
Beccai
il pollice di Setne mentre era
distratto e mi godetti la sua espressione mentre si succhiava il dito
malmesso.
Passo
uno: fatto.
Ottimo.
“Sadie
Kane, non obbligarmi a uccidere le
tue amiche” il tono del mago era dei più adirati
da quando l’avevo conosciuto.
Quasi
ne provai compassione, poi però
ricordai che era una canaglia schifosa decisa a rovinarmi la vita.
Probabilmente se fossi stata umana avrei fatto qualcosa di intelligente
come
fargli la linguaccia, ma nella mia irritante condizione di uccellino
era
piuttosto difficile.
Dovevo
trasformarmi in fretta.
Visualizzai
bene nella mia mente me stessa.
Sentivo le piume del collo arruffarsi e probabilmente dovevo sembrare
un
piccolo volatile in procinto di esplodere.
Quando stavo per decidere di sbarazzarmi di Setne a suon di beccate,
finalmente
tornai me stessa, con gli anfibi ai piedi e le ciocche bordeaux fra i
capelli.
Intanto
il ragazzo si era lanciato in un
combattimento con Setne.
Non ero un’esperta in scontri con la spada, ma in quel
momento mi parvero
evidenti tre cose: quando quel tizio combatteva c’era serio
rischio di mettersi
a sbavare, con la spada ci sapeva proprio fare e stava velocemente
cadendo in
svantaggio.
Setne deviava i suoi colpi con facilità ed era bravo a
metterlo in difficoltà,
soprattutto perché, essendo un fantasma, aveva molte
difficoltà a farsi ferire,
dato che la spada continuava a passargli attraverso.
Impugnava due Kopesh, la tipica
spada
egizia, e nelle sue mani sembravano davvero letali.
Nel
frattempo, io ero rimasta ferma in un
angolo a guardare la scena.
Mi mossi solo quando un A’max ben assestato
rischiò di dare fuoco a quei suoi
stupendi riccioli neri. Sarebbe stato un vero peccato bruciare dei
capelli così
belli. E poi dovevo assolutamente toccarli.
Presi la mia bacchetta e feci la prima cosa che mi passò per
la testa: la
lanciai.
L’intenzione
era che beccasse Setne in
testa, che gli facesse molto ma molto male e che poi mi tornasse in
mano come
nei film. A quel punto avrei detto una frase ad effetto, mi sarei
lanciata
nella lotta e avrei vinto.
Peccato che la bacchetta prese in pieno quel gran pezzo di fusto.
“Ahi!”
Sbuffò il ragazzo, rischiando di
farsi decapitare, se non fosse stato per i suoi riflessi che mi
deviarono il
fendente del mago egizio.
Ops.
Mi lanciai comunque contro di lui affiancando il ragazzo e creai uno
schermo
protettivo.
Credo
che quel delizioso moretto fosse
piuttosto confuso. Insomma, mi trasformavo da nibbio a umana, o circa,
gli
lanciavo un boomerang in testa e poi lo aiutavo.
Ad
ogni modo, non fece domande e continuò
ad agitare la spada– dovevo assolutamente averne una!
– con colpi precisi e
micidiali, se non fosse stato che Setne li schivava tutti, mentre io
pronunciavo ogni incantesimo che mi passasse per la testa.
Ci
impegnavamo, ma mentre noi ci stancavamo
sempre più rapidamente e la mia energia stava per finire,
Setne era fresco come
un fiore. O meglio, come il fantasma di un mago morto molto riposato.
Capii
quando, dopo aver fatto cadere a
terra il ragazzo con un colpo decisamente scorretto (lo so, neanche io
sono
correttissima negli scontri contro i nemici, ma io lo faccio per una
buona
causa!) evocò due corde cosa avesse intenzione di fare.
Il geroglifico Tas, lega, brillò nell’aria davanti
a noi e le corde ci avvolsero
stretti.
Il sorriso trionfante di Setne era piuttosto chiaro: ora sì
che eravamo nei
guai.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
[Angolo
dell’autore]
Io
adoro Lilium per essere riuscita a scrivere questo bellissimo
capitolo :3
Ma non la adorerò mai quanto la mia Water. Per sicurezza, vi
assicuro che non
ho messo Lilium al posto di Water, ma lei mi da una mano
perché la mia
compagna… non è molto esperta di Kane Chornicles,
quindi, diciamo che Lilium è
stata gentilissima a darmi una mano.
Cavolo, questo capitolo, non ce l’avrei mai fatta a
scriverlo. Quindi, grazie
tantissime, Lilium.
E grazie a Poseidonson97 e Ema_Joey che hanno recensito. Vi chiedo,
quindi, di
lasciare una recensione per me e Lilium.
AxXx
|
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Capitolo 3 *** Alex - Legato come un salame ***
Legato Come un Salame
Ero
nella merda.
Si,
direi che è il modo migliore per definire la
situazione in cui mi trovavo.
Un
tizio pazzo, armato di una spada che ricordava le
mezzelune di Astrid era riuscito, in qualche modo a controllare, i
corvi di
Odino. Come se non bastasse era un esperto combattente e mi aveva
legato come
un salame insieme ad una ragazza bionda, con una ciocca viola che, per
qualche
ragione, aveva la mania di lanciarmi addosso strane bacchette di forma
impossibile.
“Ehi,
vecchio dai capelli orripilanti… mi dici chi
sei!? Sei un servo di Hell!?” Feci, cercando di liberarmi
dalle corde che mi
imprigionavano. Inutile dire che fu tutto inutile: quelle corde mi
tenevano
stretto.
“Ah!
Hell? Quella sciocca Dea? Mi occuperò di lei al
momento opportuno, ora, se non vi dispiace, devo dare inizio
all’incantesimo.”
Rispose il fantasma, ghignando in modo orribile. Se fosse stato
consistente,
gli avrei tirato un bel calcione in faccia. “Voi due,
uccellaccio del
malaugurio… teneteli d’occhio.”
Aggiunse, rivolto ad Hugin e Mugin.
I
due corvi, per tutta risposta, iniziarono ad
insultarlo con parole che non è il caso di ripetere qui, ma,
per qualche
ragione, non erano in grado di ribellarsi. Avrei voluto tentare di
comunicare
con loro, ma in questo momento avevo due mortali da tenere in vita e me
stesso
ed una strana tipa lancia-geroglifici da liberare.
Una
cosa all’ordine del giorno.
“Ehi,
ragazzina… sei ancora viva?” Chiesi, sottovoce,
mentre il mago pazzo iniziava a disegnare con uno strano tipo di
inchiostro,
segni sul pavimento. Alcuni erano geroglifici, altri rune.
“Non
chiamarmi ragazzina!” Sbottò subito, lei,
indispettita (Mamma mia che caratterino). “Io ho un nome,
Sadie Kane!”
“D’accordo,
Sadie… ascolta, mi spieghi cosa sta
succedendo?”
“Se
non lo sai tu!? Due corvi hanno rapito le mie
amiche e portata in questa trappola.” Sbuffò,
cercando di liberarsi. Inutile
dire che anche il suo tentativo si rivelò inutile.
“Senti,
io sono qui solo per recuperare i corvi di mio
padre, gli servono, non sono qui per affrontare fantomatici maghi non
morti da
strapazzo… ho già affrontato abbastanza non morti
nella mia vita.” Borbottai,
mentre cercavo di arrovellarmi in una soluzione: le corde erano
strette. Se
solo fossi riuscito a raggiungere Excalibur, lei avrebbe tagliato
qualsiasi
cosa. Peccato che mi era caduta a poca distanza.
“Assurdo…
prima greci, mancavano solo questi surrogati
di un fumetto della Marvel.” Ringhiò la bionda,
contorcendosi come una pazza,
tanto che per un attimo, pensai che le corde avrebbero ceduto.
“Aspetta…
greci!?”
“Ah,
a quanto pare non vi siete ancora incontrati,
vero?” Domandò lei calmandosi, mentre il tipo che
si chiamava Setne continuava
a tracciare rune e geroglifici in fila, quasi seguendo uno schema
geometrico
(Cosa più che probabile, dato che voleva usare un
incantesimo, anche se non
capivo quale.)
“Incontrati,
dici? Cavolo, se li ho incontrati. Diciamo
solo che abbiamo più volte rischiato la vita, io, Annabeth,
Percy, Nico.”
Risposi, mentre una strana idea iniziava a frullarmi in testa, mentre
osservavo
i geroglifici che brillavano di rosso, sul petto di Hugin e Mugin.
“Tu
conosci Annabeth?” Chiese, all’improvviso,
dimenticandosi di essere legata.
“Sì,
perché?”
“È
una mia amica… mi ha aiutata con la faccenda di
Serpide.” Spiegò velocemente, tornando a
concentrarsi sulle corde.
“Ah…”
Fu la mia intelligentissima risposta. “Dovrebbero
smetterla di ritrovarsi in mitologie diverse dalle loro.”
“Senti,
possiamo parlarne dopo?” sbottò irritata,
dandomi un pizzicotto parecchio doloroso.
“Oh
sì, giusto… ehm… hai un
piano?” Chiesi, mentre
ancora elaboravo il mio.
Per
tutta risposta lei sbuffò esasperata, fissando la
sua borsa poco distante.
“No
e non ho mezzi per liberarmi.”
“Non
potresti trasformarti di nuovo in un… un… in cosa
ti eri trasformata, prima?” Proposi, dimostrando, di nuovo,
la mia grande
intelligenza in ogni campo.
“Un
Nibbio e no, non posso. Non è mica facile
trasformarsi in qualcosa!” Disse, alzando gli occhi al cielo.
A quanto pare non
le piaceva la mia ignoranza.
Certo,
lo sospettavo, ma mica potevo saperlo. Se ci
fosse stato Frank avrebbe sicuramente potuto trasformarsi in un drago o
qualcos’altro, in modo da schiacciare quell’idiota
che stava borbottando
qualcosa sulla serie di Rune che aveva tracciato male.
“D’accordo…
ascolta, Sadie, forse ho un piano.” Dissi
piano, mentre l’idea prendeva nuovamente forma nella mia
testa.
“Davvero?
Posso sapere quanto è pericoloso?” Chiese,
con un misto di speranza e… ammirazione? Forse, ma non
c’era tempo di sentirsi
fieri.
“Be’…
per la pericolosità… direi che se non funziona
rischiamo di far saltare in aria l’intera torre.”
Risposi, semplicemente,
iniziando a concentrarmi su Hugin e Mugin.
“Oh,
bene. Tipico di me, fai pure, tanto rischio di
finire disintegrata un giorno sì l’altro
pure.” Borbottò Sadie, dandomi una
leggera pacca sulla mano come per dire: “vai
pure e spacca.”
Sperai
che volesse dirmi proprio quello e non qualcosa
tipo: se sbagli qualcosa ti uccido.
Ormai, però, avevo una sola possibilità di
successo, così mi concentrai al
massimo, cercando di attirare l’attenzione di Hugin e Mugin,
che gracchiavano
rumorosamente, appollaiati su due finestre, una a destra, una a
sinistra della porta
che dava sul tetto. Sotto di loro due ragazze stranissime svenute. Una
scena
che aveva del surreale, a mio parere.
Forse
potevano essere loro la nostra via di fuga.
Fu
parecchio difficile concentrarsi, data la pressione
che le corde esercitavano sulle mie braccia, inviandomi continue fitte
al
cervello, ma alla fine ci riuscii a mettermi in contatto con loro.
“MALE!
MALE! LIBERACI! AIUTO! SOCCORSO! AIUTACI! DOLORE! GRAVE! MALE!
LIBERACI!”
L’ondata
di pensieri dolorosi che mi avvolse fu tale
che per poco non persi il collegamento con le loro menti. Ma non avevo
altra
scelto: dovevo assolutamente mettermi in contatto con loro.
“Hugin!
Mugin! Sono io, Alex… calmatevi.” Provai
a dire, riuscendo a
ricevere, in risposta, solo qualche gemito confuso.
Ci
vollero un paio di minuti prima che i due corvi
fossero abbastanza calmi da permettermi di comunicare in modo corretto.
Per
fortuna, oserei dire, dato che iniziavo a dubitare della loro
sanità mentale
già prima che venissero sottomessi da quel mago pazzo.
“Alex!
Devi fermarlo! Quel mago vuole tornare in vita, userà il tuo
sangue come
sacrificio vitale per rianimare il suo nuovo corpo. Appena
avrà da voi ciò che
vuole, ci costringerà ad eliminarvi!” Mi
avvisò Hugin,
arruffando le piume.
“Ma
va’!? Non l’avrei mai detto.”
Ironizzai. “Voi due come
state?”
“Per
essere due corvi che sono stati catturati, sballottati e costretti a
rapire due
ragazzine mortali, direi che stiamo bene… ma mi piacerebbe
che ci liberassi.” Grugni
Mugin indispettito. A quanto pare non gli piaceva il fatto che
temporeggiassi.
“D’accordo,
d’accordo… però devo chiedervelo:
Sapete come funziona l’incantesimo che vi
lega al suo volere?”
“È
un antico incantesimo Egizio. Veniva usato dagli stregoni per
trattenere per
poco tempo gli Dei minori.” Spiegò
Mugin, alzando un
po’ il petto per mostrare il geroglifico. Rappresentava
un… uccello? Con un
leone accanto… o era una sfinge? Ad ogni modo, non avevo
idea di cosa potesse
essere.
“Come
fate a sapere tutto questo? Non mi direte che mio padre sapeva degli
Dei
Egizi!?”
Esclamai nella mente, furibondo. Mio padre mi aveva
nascosto troppe cose, nella vita. Certo, lo diceva per mettermi al
sicuro, ma,
guarda caso, ogni volta, finivo nei guai, a causa dei suoi segreti.
“Certo
che lo sapeva!”Mi
rimbrottò Mugin. “Altrimenti
noi a che serviremmo? Siamo stati mandati spesso in Egitto
a monitorare le attività di questi maghi.”
“Avete
finito con le lezioni di storia!?” Ci
richiamò il fratello,
furioso. “Liberaci!”
“Molto
volentieri, ma come funziona!?”
Sbottai, anche io
arrabbiato, cercando di rimanere fisicamente calmo. Dovevo,
assolutamente
evitare che il mago pazzo mi beccasse.
“L’incantesimo
è piuttosto semplice… non può
trattenerci a lungo, ma fino a domani mattina non
possiamo metterci contro questo mago da strapazzo. Lui ci ha incatenati
alla
sua volontà usando un legame invisibile, che ci impone di
rimanere legati
fisicamente ad una creatura vivente tramite questi
geroglifici.”
Spiegarono, mostrando, ancora una volta, il petto illuminato di rosso.
“Quindi…
lui ha addosso un altro geroglifico uguale al vostro che vi lega a
lui?”
“Non
esattamente… essendo un fantasma non può legarci
a lui. Per bloccarci ha dovuto
usare un altro essere vivente.” Chiarì
subito Hugin,
sbattendo le ali. “Noi siamo legati
alla
sua volontà, ma il legame fisico di vicinanza ce
l’abbiamo con un essere
vivente di questa torre, dato che non possiamo allontanarci da
essa.”
Tornai
in me, notando che, ormai, metà del cerchio
magico era stato completato. Avevo perso tempo, ma ne era valsa la
pena. A
faticai mi voltai verso Sadie che si stava ancora dimenando nelle
corde. Ora
che la vedevo bene era carina. Aveva i capelli biondi, con una ciocca
bordeaux
sul davanti. Gli occhi erano azzurri, luminosi come quelli di Talia o
Jason e
aveva i lineamenti delicati. Indossava solo un paio di jeans una
camicia bianca
ed un giacchetto marrone. Doveva avere sui quattordici anni, non di
più.
“Ok,
credo di avere un piano.” Sussurrai,
concentrandomi sul suo viso.
Lei,
stranamente, quando vide che la stavi guardando,
ammutolì e mi squadrò, forse un po’
scettica, ma alla fine, annuì. “Dimmi.”
Mi
ci volle poco per spiegare a lei, e allo stesso
tempo, ai corvi, cos’avevo in mente, ma fondamentalmente,
giocavo molto sulla
sorte: Hugin e Mugin avrebbero fatto alzare in volo tutti i corvi della
torre,
in modo casuale. Io e Sadie saremmo stati buoni, così Setne
non ci avrebbe
disturbato, ma in realtà, saremmo stati attenti a cercare
qualsiasi segno di
rosso in quella miriade nera. A quel che avevo visto, il geroglifico
rosso era
parecchio visibile.
Certo,
forse Setne si sarebbe insospettito nel vedere i
corvi alzarsi in volo, ma, considerata la facoltà mentale di
Hugin e Mugin,
sperai pensasse fosse un effetto collaterale del suo stesso
incantesimo.
“Una
volta liberi, Hugin e Mugin ci aiuteranno, ma avrò
bisogno di tempo per riuscire ad imprigionarlo.” Conclusi,
alla fine, mentre,
ormai, notavo che il cerchio di rune e geroglifici era quasi
completato.
“Imprigionarlo?
E come? Non sei un mago, o no?” Chiese
la bionda, squadrandomi con aria critica.
“Non
proprio… ma nel mio zaino c’è un pezzo
di
Gleipnir, è una corda potentissima. Ha tenuto imprigionato
un Dio, per tre millenni,
riuscirà a trattenere un spirito idiota per qualche ora,
no?” Feci notare. Il
problema era arrivare al mio zaino, caduto pochi metri a destra, eppure
così
lontano.
“D’accordo…
solo una cosa? Quale sarebbe la parte ‘Far
saltare in aria la torre’?” Domandò, di
nuovo Sadie.
“La
gleipnir è un manufatto potentissimo… se venisse
in
qualche modo danneggiata mentre ce l’ho in mano, rischiamo di
far saltare tutta
la torre, con noi sopra, ovviamente.
“Fantastico,
mi piacciono i pieni esplosivi, anche se
il tuo è un po’… come dire,
fragile.” Mi fece notare.
“Hai
un’idea migliore!?”
“No…
quindi, credo tocchi a te, appena sarò libera ti
fornirò la distrazione necessaria.” Mi
assicurò, già pronta, osservando il
bastone che era caduto a terra, a meno di un metro.
Appena
detti il via, i corvi intorno a noi, iniziarono
ad alzarsi in volo, librandosi in aria, intorno a noi, creando una
cupola nera
anche abbastanza inquietante, ma anche suggestiva. Come previsto Setne
non badò
agli uccellacci, tanto era concentrato sul cerchio magico che stava
tracciando,
anche se, ormai, mancavano solo le ultime parti, pochi attimi e avrebbe
finito.
Con
lui che tracciava i magici segni, noi legati e i
corvi che volavano intorno a noi sembrava la scena di un film horror
con
contorno di negromanzia che Einar amava vedere. Peccato che in quel
momento non
avevo tempo per godermi lo spettacolino ed iniziai a setacciare la
massa nera
in cerca del simbolo rosso che indicava il corvo aguzzino.
Nulla…
Mi
voltai di nuovo a guardare Setne: il cerchio era
quasi completo.
Sedie
cercava ed io con lei, ma ancora nulla.
Mancava
poco…
“Forza,
fatti vedere, corvo…”
Pregai, mentre seguivo con gli occhi la
massa di alcuni corvi.
Ancora
nulla…
Due
soli simboli e quello stregone da strapazzo avrebbe
usato il mio sangue per tornare in vita.
Una
botta alla spalla attirò la mia attenzione e la
ragazza accanto a me iniziò ad agitarsi, guardando in alto.
Seguii
il suo sguardo…
“Eccolo…”
Sussurrai, individuando il corvo con il
simbolo rosso sul petto.
“Ottimo!
Noi non possiamo ordinargli di avvicinarsi ai prigionieri…
ma tu puoi, Alex!
Portalo qui! Cancellate il geroglifico!” Ci
incitò Mugin,
agitando le ali nervosamente. Probabilmente sentiva vicina la
libertà.
Annuii.
“Preparati
Sadie… appena saremo liberi, ho la
sensazione che avremo poco tempo per agire.” Le ricordai,
iniziando ad
espandere un filamento di pensiero verso il corvo prescelto.
“Oh,
grazie, come se non lo sapessi…”
Borbottò la
ragazza, pensierosa.
Appena
riuscii a mettermi in contatto mentale con il
corvo lui mi riconobbe e gracchiò una risposta educata.
Iniziò a scendere
veloce, avvicinandosi a noi, mentre il resto dei suo compagni se ne
ritornava
nei nidi.
Fu
allora che il piano prese una brutta piega.
“Perfetto…
ho finito.” Sentenziò Setne, alzandosi.
Si
voltò appena in tempo per vedere il corvo che teneva
incatenati Hugin e Mugin atterrare davanti a Sadie.
Fu
un secondo in cui tutto si fermò, quasi il tempo si
fosse fermato per enfatizzare l’importanza del momento.
Poi
il tempo tornò a scorrere.
“Cancello
il geroglifico!” Urlai, sgranando gli occhi.
Sadie
non se lo fece ripetere e, nonostante le sue mani
fossero bloccate, riuscì, con un solo movimento, a
cancellare una parte del
simbolo magico, annullandone gli effetti proprio nell’istante
in cui dalla mano
del mago non morto usciva una fiammata diretta contro di noi.
Rotolai,
evitando il fuoco, ma la mia nuova amica non
fu abbastanza veloce e venne sbalzata dall’esplosione,
sbattendo contro i merli
della torre.
Hugin
e Mugin si gettarono uno su Setne uno su di me,
così da liberarmi e fu un sollievo quando, finalmente, il
sangue tornò a
scorrermi nelle braccia e nelle gambe. Intanto, i due servi di Odino si
avventavano sul fantasma che, pur essendo già morto,
sembrava risentire
parecchio delle artigliate.
“Sedie!”
La chiamai, avvicinandomi a lei, notando il
fianco della maglietta bruciato. Sotto la carne era nera e assumeva una
colorazione violacea, mano mano che ci si allontanava dal centro
d’impatto. Si
era presa una bella botta e rischiava, se
non la curavo subito. Teneva gli occhi serrati e aveva un espressione
dolorante
e, non appena sfiorai la bruciatura, cacciò un grido
agonizzante.
“Aspetta…
ho quello che ci vuole.”
Non
persi tempo.
Gettai
un occhio verso Hugin e Mugin che stavano ancora
graffiando e beccando, furiosi il volto del mago che si
ritrovò attaccato dai
suoi stessi alleati. Ne approfittai e mi lanciai verso il mio zaino,
ringraziando di essermi portato dietro il mio equipaggiamento, in caso
di
attacco.
Presi
una boccetta contenente un liquido violaceo e lo
spalmai con cura sulla bruciatura.
“Ahi!
Ahi, fa male!” Si lamentò Sadie, cercando di
fermarmi.
“Come
tutte le medicine… stai calma e il dolore
passerà… insieme alla bruciatura.” La
rassicurai, mentre ricoprivo tutta la
ferita, notando subito i bordi risanarsi.
Dopo
un attimo gli occhi luminosi della ragazza si
aprirono e sospirò.
“Cavolo…
grazie, credo che mi hai appena salvato.”
Disse, toccandosi ciò che rimaneva della lesione subita.
Stavo
per aggiungere qualcosa di intelligentissimo,
quando un urlo agonizzante attirò la mia attenzione e mi
voltai. Il mago
egiziano si era liberato, finalmente di Hugin e Mugin che si erano
ritirati sul
tetto della torre, con le ali ferite che colavano icore divino. Il
nostro avversario
aveva impugnato nuovamente quelle strane lame ricurve simili a falcetti.
“Estrarrò
il tuo sangue dal tuo cadavere!” Minacciò
furioso, squadrandomi con rabbia.
“Lo
vedremo.” Minacciai, mentre alzavo una barriera
magica contro il fulmine che mi scagliò contro.
“Prepariamoci,
questa volta non sarà così facile.”
Sbuffò Sadie, afferrando il suo bastone e la bacchetta.
Sapevo
che avrei avuto bisogno della Gleipnir per
legarlo, dato che era un morto, ma in quel momento, mi resi
stupidamente conto
che non l’avevo presa dallo zaino e che avevo pensato solo a
curare la mia
compagna.
Dovevo
rimediare.
“Trova
la gleipnir nel mio zaino… e usala.” Dissi a
Sadie, mentre le rune iniziavano a circondare il mio corpo, elevando
una
barriera di fuoco ed energia magica. “Io lo
trattengo.”
Lei
sembrò volermi dire qualcosa (Forse augurarmi buona
fortuna), ma non ne ebbe il tempo, perché, senza esitazione,
mi lanciai contro
il Mago egizio, deciso a fargli assaggiare l’acciaio
Asgardiano.
----------------------------------------------------------------------------------------------
[Angolo dell’autore pazzo e dell’autrice sclerata]
Hola
ragazzi, ci siamo ancora, e so che non ci sopportate, ma
intendo andare in fondo. Come cavolo fa a non piacervi, questa storia?
(Come se
non lo sapessi.)
A me piace e poi, cavolo, Odino è un gran bel figo di Odino.
:3
Nessuno, nemmeno Walt, può competere con un figo, nordico,
mago, guerriero,
veterano, sfregiato e che sa cucinare.
Ma nooooooooon preoccupatevi, Alrid forever ;)
Quindi… vi orego, lasciate una piccolissima recensione.
Ringrazio Poseidonson e Ema_Joey che, ancora, hanno recensito.
Spero
rimaniate con noi fino alla fine.
Saluti
da Lilium, che ringrazia e chiede recensioni, fatela felice :)
AxXx
|
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Capitolo 4 *** Sadie-Troppi Infarti per una Notte ***
Troppi
Infarti per una Notte sola.
Non
era la prima volta che mi ritrovavo a
un passo dalla morte, e vi posso assicurare che non fu nemmeno
l’ultima.
È decisamente una situazione piuttosto comune per un mago
della Casa della
Vita, ma ogni volta mi stupisco di quanto sia difficile abituarsi al
dolore.
Ogni volta è nuovo, più intenso, diverso dal
precedente. Non si ci può abituare
a qualcosa del genere.
E quando l’incantesimo scagliato da Setne mi colpì
in pieno, qualsiasi altra
futile riflessione che fino a quel momento occupasse la mia mente venne
scacciata.
Brucia.
Dolore.
Fuoco.
Sensazioni
che penetravano in ogni angolo
del mio corpo non lasciando spazio a nient’altro.
Sentii una voce familiare che chiamava il mio nome, distorta e
ovattata,
distante come se mi stessi trovando sott’acqua.
Poi dei coltelli che mi trafiggevano ancora più
violentemente il fianco, nel
punto in cui qualcuno mi stava toccando, facendomi scoprire una soglia
di
dolore ancora più spaventosa. Urlai con tutto il fiato che
avevo in gola, mio
malgrado.
Attraverso
le palpebre socchiuse
intravedevo una sagoma dai contorni confusi, a tratti ombrosa e a
tratti troppo
luminosa per poterla cogliere realmente.
Era Alex, ed era preoccupato.
Per me.
Forse avrei dovuto esserne lusingata, ma in quel momento decisamente
non era a
quello che pensavo.
“Aspetta…
ho quello che ci vuole” disse
cercando di essere rassicurante.
Guardò il mio fianco, il punto in cui
l’incantesimo aveva bruciato brutalmente
la mia pelle (e la mia giacca nuova!), poi ripescò dal suo
zaino una boccetta
piena di liquido violaceo.
Se fossi stata sicura che dischiudendo le labbra non avrei cacciato un
altro
urlo l’avrei ringraziato, o più probabilmente (e
in modo decisamente
imbarazzante) avrei iniziato a sproloquiare in preda ai deliri su quale
fosse
il prodotto per capelli che usava per averli così ricci e
luminosi e a
lamentarmi dei fastidiosi maghi morti che si ostinavano a tornare
dall’Oltretomba.
Quando il fluido toccò la mia ferita quella tornò
a bruciare.
“Ahi!
Ahi, fa male!” mi lamentai cercando di
allontanare la sua mano dal mio fianco come meglio potevo, ammaccata
com’ero.
“Come
tutte le medicine… stai calma e il
dolore passerà… insieme alla
bruciatura.”
Serrai
gli occhi e mi irrigidì, ma dopo
appena qualche attimo non potei che riconoscere che aveva ragione.
Pian piano mi rilassai, notando finalmente e con piacere che
nell’altra parte
della stanza c’era Setne che lottava decisamente arrabbiato
contro i corvi. Gli
davano filo da torcere, anche se non dubitavo che se ne sarebbe
liberato
presto.
“Cavolo…
grazie, credo che mi hai appena
salvato.” Dissi riconoscente ad Alex, cercando di non
arrossire a vederlo così
vicino.
Gli sorrisi grata, anche se un po’ confusa, e lui rispose,
felice di costatarmi
viva.
“Estrarrò
il tuo sangue dal tuo cadavere!”
ed ecco che Setne rovinava un bel momento!
Questa
capacità dei cattivi è una di quelle
che ho sempre detestato di più, oltre al fatto che sono
cattivi e che hanno la
propensione a distruggere il mondo.
Alex lo guardò e il sorriso che mi aveva rivolto
sfumò per trasformarsi in un
linea dura.
Il
mago lanciò un fulmine, ma Alex non si
fece prendere di sorpresa.
“Lo
vedremo.” Disse sicuro di sé mettendosi
in piedi e creando uno scudo magico.
Sarei volentieri rimasta sul pavimento, per quanto non fosse
esattamente definibile
come comodo, ma c’era il fantasma di un mago morto deciso a
rovinarmi la vita
che non era della mia stessa opinione, quindi mi tirai su e mi
rassegnai
all’idea di dover rendermi utile per quanto mi fosse
possibile.
“Prepariamoci,
questa volta non sarà così
facile.” Sbuffai afferrando il bastone e la bacchetta che
erano scivolate poco
lontane dal luogo della mia caduta.
“Trova
la gleipnir nel mio zaino… e usala.”
Disse Alex rivolgendosi nuovamente a me mentre intorno alla sua figura
iniziavano a formarsi rune a me incomprensibili “Io lo
trattengo.”
Annuii
per fargli capire che avevo capito.
Stavo per augurargli buona fortuna, ma prima che potessi pronunciare
una sola
parola lui si lanciò contro Setne impugnando saldamente la
spada e voltandomi
le spalle.
Feci come mi aveva detto.
Il suo zaino era a nemmeno un metro da me, ma io mi avvicinai,
portandolo con
me, nell’angolo in cui erano svenute le mie due migliori
amiche, con
l’intenzione di proteggerle se fosse partito un incantesimo
sfuggito al controllo
dei due combattenti.
Frugai nello zaino alla ricerca di gleipnir . Non sapevo nemmeno
com’era fatta,
ma dubitavo che Alex si portasse dietro più di una corda
magica.
Era pieno di ogni stravaganza che potesse essere utile in battaglia, ma
non
trovavo l’unica che in quel momento mi sarebbe potuta essere
davvero di aiuto.
Quando
aprii una delle tasche laterali,
finalmente trovai qualcosa. E, no, non si trattava della corda, ma la
mia
curiosità ebbe la meglio, come sempre.
Era
un foto.
C’era Alex.
E c’era
anche una morettina che gli
stava avvinghiata addosso.
Beh, forse avrei dovuto aspettarmelo, in fondo non potevo certo pensare
che uno
come lui se ne andasse in giro aspettando la prima quindicenne (ok,
quattordicenne, ma c’ero quasi!) che sbavava per lui anche
essendo felicemente
fidanzata.
Non fraintendete, nella mia testa stavo insultando con tutti gli
epiteti che
avevo imparato nella mia breve quanto colorita vita quella tizia, ma
non credo
sia il momento giusto per ripeterli (né tantomeno il posto
più adatto).
Così, lanciando l’ultima maledizione a quella
vacca di Hathor (non in senso
figurato, ma questa è un’altra storia) ad
Afrodite, Cupido e a chiunque fosse
la divinità dell’amore norrena, ripresi a cercare
gleipnir nello zaino magico
di Alex.
E
la trovai. Forse perché quel deficiente
del destino aveva deciso di aver già dato troppo fastidio, e
per un attimo
credetti di essermi sbagliata, ma non poteva che essere quella la
famosa corda.
Era
sottilissima, dall’aria tanto fragile
che sembrava mi si potesse spezzare fra le dita al minimo sforzo, ma se
Alex
aveva detto che poteva imprigionare anche le divinità
più forti, io gli
credevo. Di stranezze nella mia vita ne avevo viste tante, e quella non
era la
più particolare o la più incredibile.
Mi
voltai giusto in tempo per vedere il
ragazzo che cadeva a terra disarmato. Aveva gli occhi chiusi, ma non
era morto.
Non ancora, perlomeno.
La spada scivolò con un clangore metallico troppo lontano
perché potesse
recuperarla, mentre Setne gli puntava una delle sue falcette alla gola,
tanto
vicina che avevo paura che se Alex avesse deglutito l’avrebbe
trapassato, l’altra
sguainata verso di me.
Un
avviso.
“Eh,
Sadie? Siamo al capolinea. Dammi
quella corda, aiutami a fare l’incantesimo” il suo
tono accondiscendente, magnetico,
e soprattutto la lama puntata alla gola del mio amico, mi fecero
desistere
dall’essere troppo arrogante.
“Altrimenti?”
beh, sapevo cosa c’era
altrimenti, non mi piaceva e sicuramente non l’avrei voluto
prima dei miei
quindici anni (o degli ottanta) ma dovevo guadagnare tempo. E farlo
parlare era
il metodo migliore, collaudato anche nei cartoni animati.
Il
ghigno di Setne mi fece capire che, sì,
spiegarmi il suo piano malvagio lo riempiva di orgoglio.
“Altrimenti? Altrimenti potrei spingere, solo un pochino, e
far morire questo
bell’imbusto in pochi attimi.
Poi potrei uccidere le tue amiche. Sai, non ci metterei più
di due secondi. E
morirebbero sul colpo. E a quel punto, tu, che cosa potresti fare da
sola?
Leggeresti per me, alla fine, o, nella peggiore delle ipotesi, dovrei
attirare
un altro mago particolarmente potente. Come il tuo fratellino, oppure
quel bel
ragazzone, come si chiamava… Walt, si lui. Funzioneresti a
meraviglia come
ricatto, credimi” il suo detestabile sorrisetto rimaneva
lì, arrogante e
spavaldo. Aveva vinto, mio malgrado dovevo ammettere che le
possibilità di
salvezza mia o degli altri erano spaventosamente basse.
Lui
dovette aver intuito dalla mia
espressione che ero indecisa, superò il corpo riverso a
terra di Alex,
spostandolo indietro con un calcio e allungò una mano verso
di me.
“Dammi
la corda, Sadie. Puoi salvare la tua
vita e quella delle tue amiche, non sprecare così
un’opportunità” sorrideva
tranquillo.
Aveva
ragione.
Stavo
per dargliela, ammaliata.
E
poi vidi la situazione capovolgersi, per
l’ennesima volta.
Alex
si alzò con uno scatto allungando la
mano verso la spada e con il manico colpì la nuca del mago.
Dovevo ammettere
che quel ragazzo era bravo a fingersi morto.
Un
talento naturale.
E
mi accorsi che quella canaglia schifosa
di Setne stava usando i suoi poteri per influenzarmi.
E,
credetemi, nessuno può controllare Sadie
Kane e rimanere impunito, tantomeno un mago morto da strapazzo.
Legai
gleipnir come un lazo improvvisato,
roteandolo in aria come mi avevano insegnato i vecchissimi film western
in
bianco e nero che guardava mio nonno quando in televisione non
c’erano più
partite di baseball.
Il momento epico venne rovinato dal mio impigliarmi con la corda, ma
recuperai
camminando con passo deciso fino alle spalle di Setne, che aveva
ripreso il
combattimento con Alex, questa volta confuso dal colpo in testa appena
ricevuto.
Glielo
infilai per la testa e strinsi.
Mi sarebbe andato bene farlo soffocare e vederlo diventare cianotico,
ma la
corda si fasciò magicamente attorno al suo corpo,
avvolgendolo stretto ma non
fino a quel punto, e Alex sigillò il tutto con delle rune.
Ora,
se fossimo stati delle persone normali
(o, non essendo troppo schizzinosi, una maga egizia e un semidio
nordico
vagamente normali) avremmo rispedito Setne
nell’aldilà e saremmo stati felici e
contenti, finché un altro fantasma esaltato non avesse
infranto la nostra
tranquillità con la puntualità di un orologio
svizzero.
Ma,
ormai è risaputo, io non sono
esattamente normale, e credo di poter dire lo stesso di Alex.
Quindi,
con un ammirevolmente forte attacco
di sfiga cronica, mancammo di tempismo di nemmeno mezzo secondo, dando
a Setne
la possibilità di lanciare un ultimo attacco.
Magari,
se ci fosse rimasto un briciolo di
fortuna, l’avremmo deviato, o comunque schivato, creando
qualche altro danno
irreversibile alla struttura, ma rimanendo felicemente vivi e vegeti.
Ma credo
che ormai sia risaputo che non è così, vero?
Setne
lanciò un lampo dall’aria letale che
prese in pieno Alex, che cadde a terra. Non lo vidi a rallentamento,
come
succede nei film, ma troppo veloce, un susseguirsi di scene che capivo
in
ritardo: il fulmine che attraversava l’aria, che colpiva Alex
in pieno petto,
lui che cadeva.
Il
fantasma avrebbe voluto cantare
vittoria, ma non poteva, stretto fra le corde. Rideva isterico,
guardandomi
quantomeno spaventato dal pericolo che stavo velocemente per diventare.
Perché, se c’era una cosa che potevo sopportare
ancora meno di essere
controllata, era che quei dannatissimi cattivi stile fumetto desiderosi
di
controllare o distruggere il mondo, presi dalla loro mania, toccassero
chi mi
stava a cuore. E, sì, non potevo combattere con una persona,
affidare anche a
lui la salvezza mia, sua e di gran parte
dell’umanità, senza che automaticamente
mi diventasse cara.
Avanzai
velocemente verso il fantasma del
mago e mi tolsi lo sfizio di tirargli un calcio (fu mooolto
soddisfacente), poi
mi diressi verso Alex, morto o quasi, accertandomi delle sue condizioni.
Respirava.
In modo flebile e irregolare, ma la certezza che fosse ancora vivo mi
diede un
po’ di speranza.
Illusione velocemente fugata dalla vista delle sue ferite.
I vestiti bruciacchianti rivelavano velocemente la ferita profonda, la
carne
viva intrisa di sangue che riempiva l’aria di un vomitevole
odore di ferro, la
pelle tumefatta che lambiva la circonferenza storta e che si rialzava
sul punto
esatto in cui l’incantesimo aveva colpito, più
potente e più disperato del mio,
più pericoloso.
Sgorgava di sangue, e io non avevo mai avuto l’indole da
crocerossina.
Sopportavo la vista del sangue, ne avevo visto in abbondanza, ma una
ferita del
genere… probabilmente se ci fosse stata Jaz avrebbe saputo
dove mettere le
mani, ma io, che a malapena riuscivo a fare pozioni di guarigione
decenti,
avrei disastrato quel corpo più di quanto non lo fosse
già.
“Sadie
Kane, lasciati aiutare, slegami e io
guarirò il tuo amico” la voce viscida di Setne
cercava di riempire quelle
parole con quanto più potere avesse a disposizione, ma non
sortiva il minimo
effetto.
“Se
non chiudi all’istante quella boccaccia
schifosa vedrò di scoprire come si uccide un
fantasma” non mi girai, ma Setne
doveva essere giunto alla conclusione che non stavo affatto scherzando,
perché
rimase in silenzio.
Intanto
io facevo del mio meglio per
fermare l’infezione e la perdita di sangue: avevo ripescato
dallo zaino di Alex
quello stesso liquido violaceo che lui aveva utilizzato su di me un
tempo che
mi sembrava infinito prima, anche se non doveva essere passato
più di qualche
disastroso minuto, ma non sembrava fare molto effetto.
Non
abbastanza, se volevo che rimanesse
vivo.
E,
no, non avevo alternative. Doveva
rimanere vivo.
Aveva
una ragazza a casa che lo stava
aspettando, degli amici, che avrebbero sofferto la sua morte.
Mi tremavano le mani, mentre mi chiedevo cosa potessi fare, e mi
pungevano gli
occhi dalle lacrime che minacciavano di uscire, mentre passavo in
rassegna ogni
idea che mi passava per la mente e la bocciavo.
Quando
strappai la maglia ad Alex per
evitare di fargli più male del necessario, la trovai
impregnata di sangue.
Provai
a tamponare la ferita con la stoffa
appallottolata ma,anche se nel suo stato di incoscienza Alex non
sentiva nulla,
ero convinta che i miei goffi gesti non fossero affatto
d’aiuto.
Mi
sentivo così… impotente!
Mi
girai verso la mia borsa. C’era una
pozione, ne ero assolutamente certa.
Non sapevo che effetto potesse avere, ma sicuramente non mi poteva
andare
peggio di così.
O almeno speravo.
Quando tolsi in tappo, ne uscì un odore molto poco
invitante, ma speravo che
non fosse indice di una probabile esplosione se Alex l’avesse
ingerito.
Gli appoggiai la bottiglia alle labbra socchiuse, mentre la sostanza
viscosa
gli scivolava in gola.
Lo vidi deglutire debolmente, un riflesso incondizionato.
E…
non successe nulla. Per un terribile
istante pensai che non avesse fatto effetto o peggio, che avesse
completato
l’opera di Setne.
Poi
lo vidi tossire.
Dal
sollievo quasi provai l’impulso di
abbracciarlo, ma non mi sembrava proprio il caso.
Nel dubbio gli sbattei la mano ritmicamente sulla schiena, cercando di
fargli
ingoiare bene la pozione.
“Che
cos’era?” disse con voce strozzata.
“Una
pozione di guarigione egizia” risposi
imbarazzata quanto telegrafica mentre cercavo di farlo stendere. I
bordi
arrossati e gonfi della ferita tornavano velocemente alla condizione
normale e,
anche se non si cicatrizzò del tutto, prese un aspetto meno
spaventoso. Mi
sembrò di vedere che anche il colorito di Alex andasse
meglio.
Emise
un singulto soffocato mentre cercava
di rialzarsi contro le mie proteste.
“Dov’è
Setne?” domandò preoccupato cercando
di vedere oltre me.
“Non
preoccuparti, è…” mi bloccai nel bel
mezzo della frase e mi alzai velocemente e scandalizzata.
No
no no! Non dopo tutti gli sforzi che
avevamo fatto per prenderlo, non poteva!
Setne mi salutò con la mano prima di andarsene,
rigorosamente libero, con un
uomo dal sorriso furbo che fece l’occhiolino ad Alex.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
[Angolo dell’autore sclerato e dell’autrice
più normale di lui]
Allora,
vi piace il capitolo? Spero che lo visitiate in tanto,
perché all’autrice e a me farebbe molto piacere. E
spero che vi piaccia, anche,
dato che ci abbiamo messo impegno. Soprattutto lei, vero?
_Lilium_:
Già, questo capitolo mi è piaciuto e poi, come si
fa a non
adorare Alex a prima vista?
Già,
lui è un figo. Il prossimo sarà
l’ultimo capitolo, così sarete
contenti. Viva Venti del Nord!
AxXx
e _Lilium_
PS:
Recensite, mi raccomando ;)
|
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Capitolo 5 *** Alex-Quasi Morto. Di nuovo! ***
Quasi Morto, di
Nuovo!
Ne
avevo fin sopra le scatole di doverci quasi rimettere
le penne ad ogni singola
missione nel ghiaccio. Martelli, Falci, assideramento, fiamme ed ora
pure un
fulmine in pieno petto. Che cavolo, ma, a parte qualche centinaio di
mostri
morti, che avevo fatto al destino per meritarmi questo trattamento del
cavolo?
Ok, però poteva andarmi peggio.
Poi,
la sensazione cambiò.
Il
primo senso che fu solleticato?
Il gusto, quando sentii una strana sostanza della consistenza
dell’acqua farsi
strada nella mia bocca. Qualcosa di molto schifoso, a mio parere. A
metà tra un
biscotto bruciato ed uno dei miei calzini dopo un impresa.
No,
non vorreste provarlo, credetemi.
Ad
ogni modo, credo che fu quasi più il saporaccio a
farmi rinvenire, mentre uno strano calore mi pervadeva le membra,
ridandomi
energia. Mossi piano le dite, cercando di capire dove fossi.
Sentendo la fredda pietra, compresi di essere ancora in cima alla Torre
di
Londra.
Sbattei
le palpebre e misi a fuoco il bel volto della
ragazza bionda che mi aveva aiutato. Sembrava incredibilmente sollevata
e
sentivo le sue dita stringersi sul mio petto, rendendomi conto che non
avevo la
maglietta addosso.
Arrossii
e provai ad alzarmi.
“Aspetta…”
mi disse lei, bloccandomi. “Non credo che tu
debba sforzarti.”
“Che
roba era?” Chiesi, schioccando la lingua, cercando
di cogliere il sapore vero e proprio della pozione. Un tentativo di
azzeccarne
gli ingredienti.
“Una
pozione di guarigione egizia.” Rispose,
semplicemente, con un sorriso, bloccando il mio ennesimo tentativo di
alzarmi.
“Setne…
dov’è?” Chiesi, arrendendomi al fatto
che
dovessi rimanere steso per terra. Odiavo mostrarmi debole.
“Non
preoccuparti è…”
Poi
si bloccò rimanendo a bocca aperta, mentre fissava
qualcosa dietro di sé, lontano dalla mia visuale. I suoi
occhi mandavano
bagliori, come se volesse tentare di fulminare qualcuno con lo sguardo,
se
avesse potuto.
Alzai lo sguardo.
Strabuzzai gli occhi.
La
Gleipnir era sciolta, lasciata a terra. Il mago era
libero e sorrideva, mentre, accanto a lui c’era un uomo
magro, dai lunghi
capelli neri, jeans strappati e maglietta nera attillata. Sorrideva
astutamente, come se avesse fregato, per l’ennesima volta,
qualcuno.
“Loki!”
Sbottai, cercando di alzarmi, sentendo di
nuovo, uno strano dolore irradiarsi dal mio petto. La ferita non era
ancora del
tutto rimarginata.
Il
Dio mi guardò un attimo, con i suoi due occhi
profondi e scuri, mentre mi faceva l’occhiolino, prima di
sparire insieme al
mago che, per poco, non mi aveva ucciso.
“No!”
Urlò la ragazza. “No! No, no, no, no, no! Non
è
possibile! C’eravamo quasi! QUASI! Avrei potuto rimandare
nella Duat quel
maledetto mago da due soldi! Dei dell’Egitto!”
A
quanto pare doveva tenerci molto a ributtare Setne
nella Duat, dato che si mise ad imprecare contro il cielo. Ci volle
qualche
minuto prima che riprendesse la calma. Sembrava stressata e non potevo
darle
torto. La serata non era proprio il massimo.
“Ok…
ok, Sadie Kane, rilassati… ti è
scappato… d nuovo.
Ma non temere, la prossima volta potrai prendere quel mago da strapazzo
e
ficcargli giù per la gola tutti i rotoli di papiro che
vorrai.” Disse,
massaggiandosi la fronte, mentre si
calmava.
“Ehi,
tranquilla… so come ci si sente.” Borbottai,
appoggiando la schiena al parapetto delle mura. Avevo assolutamente
bisogno di
riposo. Mi girava la testa.
Lei
sembrò essersi resa conto che ero presente,
perché,
all’improvviso si voltò subito verso di me e mi si
avvicinò. “Sicuro di non
avere problemi? Quell’incantesimo
ti ha
quasi ucciso.” Fece, subito, inginocchiandosi accanto a me.
“Ehi,
tranquilla… sto bene… be’,
più o meno, ma ti
posso assicurare che non è la prima volta che sono sul punto
di morire.”
Risposi con un sorriso rassicurante. Era una tipa energica, lo si
vedeva.
“Be’,
meglio che tu rimanga vivo. Grazie agli Dei c’eri
tu, quel mago da strapazzo mi avrebbe sconfitta, senza il tuo
intervento.”
Asserì, dandomi una mano ad alzarmi.
Barcollai
un attimo, ma mi ripresi. Ero abituato a non
mostrare la mia debolezza davanti agli altri. Ero un comandante,
dopotutto,
dovevo essere il primo a mostrarmi forte davanti al pericolo e anche
davanti
alle ferite.
“Scusa
per la maglietta… ma temo che non potrai
indossarla.” si scusò, mostrandomi ciò
che ne rimaneva: due stracci
insanguinati. Sbuffai. Sapevo che dovevo mettermi l’armatura,
prima di salire
le scale.
Intanto
lei si era avvicinata alle due ragazze che
avevo notato prima: avevano abiti impossibili da guardare. Una aveva un
paio di
tacchi vertiginosi che nemmeno la più snob delle figlie di
Reyja avrebbe mai
indossato, mentre l’altra aveva un paio di occhiali
brillantini che le davano
un aspetto stravagante è dire poco.
“Meno
male… sono solo svenute. Be’, dovrò
spiegare loro
di esser state rapite da un paio di corvi di un’altra
mitologia.” Borbottò,
contrariata. “Credo che non tornerò a Londra per
un bel po’… non vorrei che
Setne pensi di usarle ancora come esca o che, ancora peggio se la
prenda con i
miei nonni.”
“I
tuoi nonni sono di Londra?” Chiesi, mentre Hugin e
Mugin svolazzavano intorno alla torre, esultando alla loro
libertà ritrovata.
“Sì…
senti, ehm… posso chiederti una cosa?”
Aveva
l’aria crucciata, come se stesse riflettendo su
qualcosa di molto importante. Potevo immaginare a cosa stesse pensando:
anche
io mi ero chiesto come mai, all’improvviso, mi ero ritrovato
davanti un gruppo
di tizi che usavano strani incantesimi in lingua egizia. Con i
geroglifici. La
spiegazione poteva essere una sola: Dei Egizi.
“Tu
sei davvero figlio di Odino?” Chiese, dopo qualche
istante di silenzio.
Non
ebbi esitazione a rispondere: “Non posso negarlo.
Sì, sono figlio di Odino… tu invece sei figli
di?”
La
mia domanda sembrava legittima, dopotutto, essendo
un semidio, quando vedi qualcun altro con quei poteri, la prima domanda
che ti
fai è proprio: di chi sei figlio, come lei aveva fatto con
me.
“Io…
non sono figlia di una divinità.” Rispose,
però,
lasciandomi un po’ sorpreso, prima di continuare.
“È difficile da spiegare, ma,
in pratica, io sarei il… corpo mortale di una Dea,
più precisamente, Iside, Dea
della magia, nella mitologia Egizia.”
“Ah…”
Il mio cervello iniziò ad elaborare.
“Quindi… in
pratica è come se una divinità fosse dentro di
te, giusto?”
“Più
o meno… diciamo che io continuo ad essere me
stessa, solo che, capita, ogni tanto, che la divinità in
questione si…
impossessi, per così dire, del mio corpo. Ma io sono io. Ah,
per la precisione
sarei una maga della casa della vita.” Precisò
lei, sospirando. A quanto pare
stava perdendo la pazienza e la cosa non sembrava piacerle molto.
“D’accordo.
Ad ogni modo, piacere di conoscerti.”
Dissi, cercando di cambiare discorso. “Mi dispiace che sia
finita così. Ma chi
era il tipo che ho affrontato?”
“Un
tipo che odio.” Rispose, semplicemente, Sadie.
“È
un mago egizio che vuole tornare in vita e diventare un Dio. In questo
modo
potrà schiavizzare
l’umanità.”
Strinsi
i pugni mentre il sangue mi andava al cervello.
Avevo già conosciuto troppi megalomani avidi di potere. Come
quello
spaventapasseri do Octavian, o quel pazzo di Loki, o ancora Crono. Non
li
sopportavo: pensavano di poter sfruttare a loro piacimento le vite
degli altri
come burattini.
“Che
ci provi…” Sussurrai, stringendo i pugni.
“Finché
io e le orde saremo vive, non gli permetteremo di farlo! A costo di
doverlo
cercare in campo al mondo.”
Lei
parve ammirata dalla mia volontà, ma anche un po’
sospettosa. Forse la mia esplosione l’aveva messa in guardia.
“Non
sottovalutarlo. Setne è astuto ed è un bravo
manipolatore. Ha fregato un sacco di persone. Poco fa c’ero
quasi cascata anche
io.” Mi avvertì. Allora capii che non era
spaventata da me, ma da Setne e dal
fatto che potesse manipolarmi.
“Non
ho paura. Conosco tipi del genere… e non mi
sorprende che Loki l’abbia aiutato. Due come loro non possono
fare a meno di
intendersi. Ho già affrontato il nostro Dio degli
Inganni.” Risposi, ripensando
alla divinità che si era dileguata con il nostro
prigioniero.
“Aspetta…
mi stai dicendo che quel tipo che somigliava
a Tom Hiddleston era davvero Loki, Dio degli inganni del
film?” Chiese,
sorpresa.
Mi
sforzai di non ridere.
A
causa di film e fumetti, ultimamente, le nostre
divinità avevano dei piccoli problemi di
identità.
“Ehm…
non proprio… cioè, sì, è
Loki, però ti consiglio
di evitare di vederlo così. Sai…
l’aspetto di una divinità cambia a seconda di
come viene visto dalla maggior parte della gente. E Loki, ultimamente,
sta
davvero iniziando ad assomigliare all’attore.”
Dissi, trattenendo il riso.
“Ah…preoccupante…
non vorrei prendere a legnate Tom
Hiddleston… mi piace come attore.”
Borbottò lei, arrossendo.
“Be’,
sembra piaccia anche a Loki… ma lasciamo perdere,
sicuramente quel maledetto sta architettando qualcosa. Non mi sorprenderei a trovarlo
coinvolto in
qualche pericoloso intrigo a discapito nostro e di Asgard.
Dovrò parlarne con
mio padre, ed avvertire Percy ed Annabeth. Non vorrei che
siano…” Ma mi fermai,
non appena notai l’espressione che era comparsa sul volto di
Sadie: sorpreso,
imbarazzato e felice, tutto al tempo stesso.
“Tu…
conosci Annabeth Chase?” Chiese, con gli occhi
strabuzzati.
“Sì…
diciamo pure che ci siamo coperti molte volle le
spalle a vicenda. A quel che ho capito anche tu.” Risposi,
osservandola. Mi
chiesi da quanto tempo la figlia di Atena sapesse degli egizi e se
aveva avuto
tempo e voglia di comunicarcelo.
Non
che fossi assillante, ma se avessi saputo di un
pazzo mago egizio che voleva conquistare il mondo, forse, a
quest’ora, avrei
evitato l’ennesima quasi-morte che, ogni volta, mi capitava.
Uno di questi
giorni ci avrei davvero lasciato la pelle.
“Per
l’Egitto, sì! Qualche tempo fa mi aiutò
con una
faccenda parecchi spinosa. Se non ci fosse stata lei con il suo greco,
a
quest’ora, le divinità Greche ed Egizie sarebbero
diventate tutt’uno con quel
tizio che si portava un vaso in testa… come si
chiamava… ? Serpide, ecco!”
Fu
così che venni a sapere di una storia incredibile
che riguardava un Dio di mezzo che, per poco, non era riuscito ad
assorbire in
sé l’essenza delle Divinità Greche ed
Egizie, diventando, di fatto, uno degli
esseri più potenti mai visti, tanto da rivaleggiare con
Fenrir, o Ymir. La cosa
mi preoccupava non poco, dato che un essere del genere avrebbe potuto
mettere
in scacco anche Asgard. In compenso mi fece capire che Annabeth non
aveva
voluto avvertirmi nella speranze di tenere gli occhi di Setne lontani
dal Campo
Nord. Tentativo vano, dato che, il fatto che io e Sadie ci fossimo
incontrati,
era la prova che nemmeno noi eravamo passati inosservati.
“Che
ci provi! Finché le Orde saranno vive, non
permetteranno ad un mago pazzoide di conquistare Asgard.”
Sussurrai, stringendo
i pugni. Sapevo, però, che il solo fatto che fosse riuscito
a rapire Hugin e
Mugin, era la prova che con lui non bisognava scherzare.
“Be’,
il modo migliore per evitare che ci prenda di
nuovo di sorpresa, è quello che quanti più
semidei e maghi siano a conoscenza
dei suoi piani, anche se preferirei prenderlo a calci.”
Ribadì Sadie,
accigliata. “
“Be’,
speriamo di riuscire ad organizzarci. Sembra un
nemico pericoloso.” Borbottai, ripensando a tutte le mie
imprese passate. Avevo
una voglia incredibile di appendere la spada al chiodo e riposarmi per
un po’.
Per gli Dei, non ne avevo già passate abbastanza?
“Lo
spero anche io… dirò a mio fratello di
raddoppiare
gli sforzi in biblioteca. Ad ogni modo, dovremmo tenerci in
contatto… sai per…
ehm… organizzarci.” Propose Sadie, arrossendo
all’improvviso. “Annabeth mi ha
detto che i cellulari attirano i mostri. Tu ce
l’hai?”
“Oh…
sì, certo. Lo uso poco per evitare che qualche
gigante venga a mangiarci. Ma se vuoi, una volta ogni tanto, possiamo
usarlo.”
Risposi e le passai il mio numero di cellulare. Che non conoscevo a
memoria, ma
mi portavo sempre dietro un foglietto con su scritto. Avevo sempre il
problema
che non ricordavo i numeri di telefono.
“Bene…
spero di non doverti mandare troppi messaggi. Ora,
io te ed Annabeth siamo anche in contatto telefonico. Spero che i
mostri non
vogliano usarci come stuzzichini.” Disse, sorridendo.
Annuii
poi mi resi conto di una cosa: “Ma come fai a
trasportare le tue amiche giù? Le guardie non ti lasceranno
passare.”
“Non
ti preoccupare… ho il mio passaggio privato.”
Detto questo alzò la bacchetta e, dopo pochi secondi, vidi
una specie di barca,
simile ad una gondola veneziana, volare verso di noi a tutta
velocità. Mi
ricordava molto la Argo II di Leo, o la Skidbladnir dopo che
l’avevamo aggiornata
e modificata.
“Vuoi
un passaggio?” Chiese, mentre la aiutavo a far
salire le ragazze, ancora svenute, sull’imbarcazione.
“Be’,
se mi accompagnassi fuori città non sarebbe male.”
Ribadii, salendo a bordo. Non sembrava male, come mezzo di trasporto.
Arrivati
in campagna, emisi un fischio, consapevole del
fatto che lì mi avrebbe sentito. Non mi fidavo mai a portare
Vesa in città.
Temevo che la foschia non la coprisse, ma, una volta fuori, era facile
da
richiamarla. Infatti la viverna atterrò quasi subito.
“Wow…
bella cavalcatura!” Si complimentò Sadie.
Osservandola
ammirata. “Ti riporterà al tuo campo?”
“Sì…
in Norvegia. Se mai dovessi passare da quelle
parti, nella zona a nord di Oslo, se saprai vedere oltre la foschia,
allora lo
vedrai.” Spiegai, mentre Vesa apriva le grandi ali, ruggendo.
“Prenditi cura
delle tue amiche e se vedi qualcos’altro,
informami.”
Lei
annui.
“Hugin
e Mugin se ne sono andati appena li hai
liberati. Staranno bene?” Aggiunse.
“Non
si faranno beccare per due volte nello stesso modo.
Inoltre si saranno già diretti ad Asgard.”
Spiegai, sperando che fosse vero. Hugin
e Mugin conoscevano vie d’accesso ad Asgard che nemmeno
Heimdallr, conosceva.
“Lo
spero… sto cominciando ad odiare i corvi.”
Borbottò, scuotendo il capo. “Senti, io torno a
casa, poi vado a New York e mi
metto a lavoro. Appena scopro qualcosa, ti informo.”
“D’accordo!
A presto, Sadie Kane!” La salutai, mentre
la mia viverna si alzava in volo.
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[Angolo dell’autore e dell’autrice]
Sì,
sappiamo che questa storia schifosa non vi piace, ma che ci
volete fare? Dobbiamo assillarvi ancora :P
Ebbene,
questa storia è finita, lo so vi dispiace
tantissimo (No -_- ) E per questo mi dispiaccio anche io, ma, ehi!
Questa era
una mini storia fatta a posta. Mi scuso per varie cose, ma qui molto
era
ironico (Grazie soprattutto a Lilium che è bravissima.
Ad
ogni modo, se seguirete e saprete leggere tra le
righe, ci saranno dei mini-spoilers di Cronache del Nord. Mi auguro che
la cosa
non vi sia dispiaciuta e che apprezziate, almeno un po’
questa storia,
finalmente conclusa.
A
presto.
AxXx
e _Lilium_ (Che è bravissima J
)
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