Summer Paradise di Faith Grace (/viewuser.php?uid=38646)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue or the wake up call of fucking o'clock ***
Capitolo 2: *** 1. Hi, my name is Epic Fail ***
Capitolo 3: *** 2. Homosexual Assumptions (part 1) ***
Capitolo 1 *** Prologue or the wake up call of fucking o'clock ***
#1.
Prologue or the wake up call of fucking o'clock
Quella
mattina mi svegliai alle martellanti vibrazioni della Primavera di
Vivaldi.
No,
non di certo l'originale trionfo classico esaltato da cultori e
non... ovviamente era una cover trash metal che il mio ragazzo aveva
provveduto
gentilmente
a
dedicarmi perché secondo lui ero
"fottutamente
noioso"
come
un filosofo ottantenne del settecento (sapete, nell'800 si
divertivano con le droghe e a suo avviso persino loro erano
più
interessanti di me).
In
un primo momento cercai con tutte le forze di mantenere il mio stato
di beata incoscienza ma dal momento che quel dannato dispositivo
infernale non ne voleva sapere di smettere di squillare, o
possibilmente implodere, mi trovai costretto ad allungare un braccio
fino al comodino e portai il cellulare all'orecchio.
Me
l'avrebbe pagata, chiunque aveva il coraggio di telefonarmi alle
sacrosantissime...
"Che
cazzo di ore sarebbero?"sibilai velenosamente senza azzardarmi
ad aprire gli occhi, temendo che le mie orbite potessero prender
fuoco. Giudicando dalla luce che arrivava alle mie palpebre doveva
essere mattina.
"Buongiorno
a te, Roxas. Sono le 9.30 e dal momento che non ti ho visto al campus
ho pensato di chiamarti" la voce dall'altra parte
dell'apparecchio trillò gioiosa e io non mi capacitai di
come
potesse esistere tanta felicità ad un'oscena ora del
mattino.
Purtroppo per me ero messo così male che in un primo momento
stavo
per chiedere alla persona chi cazzo fosse, poi la realizzazione mi
colpì come uno schiaffo in pieno volto... o meglio, come il
mal di
testa colossale che mi stava assalendo.
"Roxas,
ci sei?"
"Pence...
lasciami stare" mugugnai con voce impastata mentre mi coprivo
dalla luce con un braccio sugli occhi.
"Ho
capito... oggi non sei in vena di lezioni. Vieni solo a consegnare la
relazione?"
Ero
già pronto per attaccare il cellulare e ritirarmi ancora una
volta
nel mondo di Morfeo, quando quelle parole fecero scattare qualcosa
nella mia mente ancora
assonnata.
9.30...lezioni...relazione...
"PORCA
PUTTANA" vociai con molta finezza.
In
meno di un secondo mi misi a sedere e lanciai le coperte in aria. La
relazione! Cazzo, la relazione su cui avevo lavorato per le ultime
tre settimane. Se non l'avessi consegnata oggi non solo sarei stato
bocciato al corso di filologia, ma avrei anche perso
l'opportunità di entrare nella gloriosa cerchia elitaria dei
tirocinanti. Ormai ero cosi perso nei miei pensieri e in preda a uno
schifosissimo ritardo che, nel tentativo di alzarmi più in
fretta
possibile, mi aggrovigliai nelle lenzuola e caddi a terra di
pancia.
"Cosa
c'è,
Rox?
Sei inciampato?"
"Sì...
sì sono inciampato, non farci caso. Sono per strada!" mi
affrettai a mentire recuperando il cellulare dal pavimento, cercando
di riguadagnare pieno uso delle mie facoltà motorie.
"Okay.
Ti ho chiamato per chiederti di Olette...Sora ha detto che non sei
tornato per la notte, così ho pensato che ti sei trattenuto
da lei.
È così?"
Sgranai
gli occhi e mi accorsi che effettivamente quella in cui mi trovavo
non ricordava esattamente la mia stanza
"S-sì"
Gattonai
velocemente verso il letto e gettai uno sguardo nel suo interno
sperando vivamente di non trovare quello che la mia mente mi stava
allertando come un possibile codice rosso.
Olette.
Nuda. Nel letto in cui mi ero svegliato.
Gesù
Cristo nell'alto dei cieli!
"E
ovviamente sei andato tu sul divano vero? Non vorrei che con la scusa
dell'ospitalità lei ti abbia ceduto il suo letto.."
"Ma...ma
no che dici! Sono andato io sul divano!"esclamai con voce
stridula iniziando a sudare freddo e temere per la mia pelle.
Caro
Pence, qui il problema non è letto o divano ma ben altro,
ovviamente
questo non avrei mai potuto dirglielo.
"D'accordo.
Allora
ne parleremo da vicino"
Povero
me.
Mi
affrettai a chiudere la chiamata affermando di dover entrare in
metropolitana e, alzandomi alla svelta, intoppando ancora un paio di
volte nelle lenzuola, tirai un paio di imprecazioni sottovoce.
"Hai
un bel culetto, lo sai?" la voce femminile alle mie spalle mi
fece voltare e soltanto all'insistente sguardo color nocciola posato
su un punto basso della mia persona, mi fece accorgere della mia
totale nudità.
Arrossii
violentemente e scappai con tutta velocità nel salotto, non
prima di
aver raccolto i miei vestiti.
Ero
in ritardissimo, dovevo sbrigarmi. Senza neanche degnarmi di darmi
una rinfrescata in bagno, iniziai a indossare i miei indumenti
sgualciti che la sera prima dovevo essermi sfilato in preda a una
qualche foga sconosciuta, giudicando dal modo in cui erano gettati in
giro.
Ed
ecco che altri ricordi iniziavano ad affiorare: tanta birra e i
riscaldamenti tremendamente caldi, Olette era felice e le sue gote
erano arrossate.
"Che
cosa abbiamo fatto..." il tono di consapevolezza della ragazza,
appoggiata allo stipite, diede aria ai miei pensieri e subito sentii
un senso di panico pervadermi lo stomaco.
"Credo
che abbiamo alzato il gomito ieri" dissi come un dato di fatto
mentre andavo alla ricerca dei miei beni personali.
"Dobbiamo
dirglielo" Olette sussurrò portandosi una mano alla bocca.
Mi
voltai di scatto verso di lei, la tracolla ormai trovata in spalla e
skate sotto braccio. Un'espressione di puro orrore si formò
sul mio
volto "No 'Lette!" esclamai subito "Non...non
possiamo, cavolo! Non è successo niente, il nostro
è stato un
grosso e stupido errore e ora ci metteremo una bella pietra sopra..."
continuai ora con più lentezza per farle assimilare le
parole.
"Ma
io mi sento in colpa" tentò di protestare lei ma io alzai
una
mano e le feci gesto di fermarsi.
"Ora
non c'è tempo, stasera se vorrai avremo tutto il tempo di
sentirci
delle merde e ne parleremo, ora però devo scappare!"
"Rox
i miei..." cercò di dire ma ancora una volta la bloccai e mi
avvicinai di corsa alla porta d'ingresso, facendo contatto visivo con
lei invece che dove mettevo i piedi.
"Niente
ma, mi raccomando non parlare con Pence in mia assenza!"
"No,
Rox! attenzione ai miei-" non fece in tempo a finire che ci fu
un tonfo sordo e mi ritrovai a faccia a terra e un profondo e acuto
dolore iniziò ad irradiarsi dal mio bassofondo "...pesi"
È
normale che una persona lasci i propri pesi per fare fitness in giro
per casa senza alcun ritegno?
Evidentemente per gli altri sì.
"Dannazione!"
Non
le diedi neanche il tempo di dire qualcosa che ero già
giù per le
scale, senza perder tempo a chiamare l'ascensore o a lasciar passare
prima gli anziani dal portone. Schizzai come una furia sul mio skate
verso casa.
Dovevo
sbrigarmi, il tempo stringeva e se non avessi fatto in tempo avrei
fottuto tutta la mia intera esistenza, a partire dal mio impegno
universitario a finire ai rapporti sociali. Fortunatamente Olette
abitava abbastanza vicino casa mia, quindi non mi ci sarebbe voluto
molto a raggiungere il mio appartamento.
Si
dice che la vita di teenager non possa far tanto schifo: c'è
l'università, ci sono gli amici, una casa propria lontano
dal nido
familiare e, se si è fortunati, c'è pure l'amore.
Beh
ovviamente non è stata presa in esame la vita di Roxas
Cooper.
Avete
presente quella sgradevole sensazione di inferiorità
guardando dal
basso verso l'alto qualcosa o qualcuno?
Forse
no, ma arrivare all'età di 19 anni, 3 mesi e 14 giorni ed
essere di
5 cm più
basso della simpatica vecchietta ricurva della porta accanto o del
proprio gemello, quello sì che è un problema. Se
a questo
aggiungiamo la lunga fila di figure di merda e casini alle spalle,
allora il soggetto è inquadrato.
"Buongiorno
signora Smith" provai a salutarla, perplesso dalla strana
occhiataccia che mi stava lanciando da quando eravamo entrambi
entrati nell'ascensore del palazzo in cui vivevamo.
Lei
non rispose, mi indirizzò un suono gutturale poco amichevole
e
storse il naso.
Perfetto,
anche la nonnetta voleva darmi del filo da torcere.
Fortunatamente
arrivammo subito al terzo piano e mi congedai da lei con gran
velocità, affermando di essere in ritardo spaventoso per
l'università. Entrai in casa incespicando nei giocattolini
idioti di
cui era cosparso il pavimento e subito fui accolto festosamente da
una matassa di peli color caffè latte dallo stupido nome di
Chelsea
bun
(solo
quell'idiota di mio fratello poteva dare il nome di un dolce ad una
povera bestia...un po' come se io chiamassi mia
figlia
Peperonata).
Aggrottai
la fronte e con una gamba la scostai da parte, ignorando tutte le
feste che quel cane spastico faceva ogni volta che mi vedeva. Per
certi versi mi ricordava mio fratello, erano scemi alla stessa
maniera e non volevano saperne in nessun modo del mio rifiuto nei
loro confronti... dopotutto come si dice, il cane riflette il proprio
padrone. Con questo non voglio dire di odiare i cani, odiavo
spasmodicamente solamente tutte le cose allegre e calorose.
Feci
una corsa nella mia camera, dove afferrai malamente la pila di fogli
dalla mia scrivania e con altrettanta velocità ripercorsi la
strada
a ritroso per uscire ancora una volta. Solo per fortuito caso mi
ritrovai a lanciare un'occhiata al mio riflesso nello specchio e
lì
lo notai. Un esteso marchio rosso sul collo, ricordo dell'attacco a
sorpresa che avevo subito la sera prima da Olette. Allora
quello
era
il motivo per cui la signora Smith mi aveva guardato male.
Che
figura di merda.
Mi
coprii con una sciarpa e iniziai a correre come un povero disperato
per tutta la strada fino a raggiungere la stazione della
metropolitana. Da Victoria a Bloomsbury, dove si trovava la mia
università, ci avrei impiegato una quarantina di minuti, io
ne avevo
solo quindici a disposizione.
Avrei
dovuto consegnare quella relazione a tutti i costi.
"Accidenti!"
il mio urlo stizzito riecheggiò nella strada semi deserta
quando con
lo skate avevo preso una pietra e mi ero esibito ancora una volta in
una scenografica caduta.
Io
e Olette eravamo amici di infanzia, sebbene lei fosse di qualche anno
più grande di me, e condividevamo la stessa cerchia di
amicizie. Da
un paio d'anni lei si era messa con questo ragazzetto un po' in carne
che frequentava la mia stessa università, si chiamava Pence
ma per
me era testa
d'ananas
a
causa della sua capigliatura particolare e, a parte la sua aria
trasognata, era un tipo davvero forte.
Un paio di mesi fa Olette uscì incinta e quindi i due
avevano annunciato il loro fidanzamento
ufficiale, tutto andava magnificamente e io ero davvero felice per
loro, purtroppo però ci fu un intoppo e qualche settimana fa
Olette abortì spontaneamente. Le cose hanno iniziato ad
andare di
male in
peggio tra i due e da quel momento si erano presi una sorta di pausa
sotto
richiesta di lei, e in quanto migliori amici dei due io e Hayner
avevamo cercato di fare il possibile per entrambi. Quello di cui ero
stato protagonista assieme a Olette la notte passata era stato solo
un grande, madornale malinteso, e se Pence o Hayner avessero saputo
qualcosa la mia giovane e promettente esistenza sarebbe terminata
seduta stante.
La
scena potete immaginarvela: Olette triste, Olette che si lascia
consolare dal suo migliore amico davanti un film strappalacrime,
Olette che si ubriaca, Olette che gli salta addosso animata da
ancestrali istinti
ricreativi
(e
forse anche riproduttivi?). E io da buon amico ho tentato il
possibile per scrollarmela di dosso - ovviamente a questo punto vi
direte
"Cavolo
questo è proprio gay"...
beh non è del tutto errato. Le cose stanno così,
sono bisex e la storia della mia
scoperta sessuale rientra tra le figure di merda che compongono il
mio bagaglio di esperienze.
"Professoooooreee"
arrivai correndo nel corridoio della facoltà, evitando gli
studenti
e sventolando la mia relazione nella speranza di fermare il vecchio
insegnante che a giudicare dall'ora aveva già terminato la
lezione
"Professor Nelson! Mi aspettiiii"
Dovevo
aver fatto così tanto casino che quest'ultimo si
girò con
espressione a dir poco scioccata, urlando qualcosa a proposito di un
attacco terroristico imminente. Una volta che lo ebbi raggiunto in
extremis e lo ebbi calmato, gli spiegai in maniera
molto
fantasiosa
il
motivo del ritardo e gli riuscii a consegnare la relazione fuori
tempo massimo ma ovviamente qui c'è di mezzo Roxas Cooper e
quindi non
poteva mancare almeno un inconveniente, di qualsiasi natura esso si
trattasse.
"Signor
Cooper, mi dispiace molto che i suoi genitori siano stari rapiti da
un gruppo di indigeni durante la loro missione umanitaria in Congo.
Purtroppo però i posti per il tirocinio sono terminati
giusto poco
fa e non posso fare molto"
"Ma...
ma..." biascicai paralizzato, non sapevo se piangere o urlare
dalla disperazione ma in entrambi i casi non ci avrei fatto una bella
figura "Professore... io... io ho faticato tanto per quel
posto"
"Lo
so e per questo ne sono desolato, lei è anche l'unico
studente del
primo anno ad aver frequentato il corso e sarei stato
davvero
felice
se si fosse unito a noi ma purtroppo è arrivato troppo
tardi"
Mantenni
le sembianze di un vegetale per una buona parte della mattinata,
lezioni comprese. Non riuscivo davvero ad accettare il fatto di aver
perso il posto a causa di uno stupido ritardo! Stupido tirocinio,
stupido professore, stupido Pence, stupida Olette, stupido
Roxas...stupido Roxas! Senza quel tirocinio alla Biblioteca Nazionale
non sarei mai potuto entrare a far parte degli
esclusivi circoli letterari e filologici e la mia vita avrebbe perso
ogni valore!
"Suvvia
Rox non fare quella faccia" Pence mi sventolò una mano
davanti
agli occhi, avrei detto che era genuinamente preoccupato per me se
sul naso non avesse avuto un paio di femminilissimi occhiali da sole
a farfalla.
"Tu
non capisci..." sospirai affranto appoggiandomi ad una panchina
"E levati quei cosi... sei ridicolo"
Lui
sobbalzò e indicò gli occhiali "Parli di questi?
Sono di
'Lettie... mi manca tanto" le ultime parole furono aggiunte con
un tono decrescente, poi mi lanciò un'occhiata "Come sta?"
Pur
di non rispondere a quella domanda mi sarei voluto trovare volentieri
al posto dei miei genitori nelle mani degli indigeni in Congo come
nella mia fantasia "Beh" temporeggiai grattandomi dietro il
collo.
"Allora?"
"Sta..."
guardai il cielo leggermente nuvoloso sopra di me nella speranza di
trovare un suggerimento scritto su qualche nuvola ma ancora nessun
segno "Sta bene direi... così e così" azzardai
tornando a
guardare il mio amico che annuiva ad ogni parola che pronunciavo
"Penso che abbia bisogno di un po' di tempo ancora"
"Va
bene... tutto quello che vuole per farla stare bene" quella
risposta davvero mi rincuorò e stavo quasi per rilassarmi al
pensiero del temporaneo pericolo scampato "Però vorrei
parlarci. Magari stasera"
Strabuzzai
gli occhi e per poco non mi affogai con la mia stessa
saliva.
"NO!"
Pence
mi guardò perplesso "Come no?"
"Eh...
oggi no... voleva... sì, voleva accompagnare Sora a fare il
pedigree
a Chelsea bun!"
"Oh...
domani?"
"Palestra"
"Dopodomani?"
"Lezione
di uncinetto"
"Olette
lavora a maglia?" mi guardò sconcertato e io mi ritrovai a
scrollare le spalle sinceramente preoccupato per tutte le stronzate
che stavo sparando per non cacciarmi nei guai "Allora... credo
che sarà per un'altra volta?"
Io
annuii nella speranza che quella conversazione finisse al
più
presto. Pence si trattenne a parlarmi ancora un po' quando alla fine
lo interruppi affermando che Hayner mi aspettava per il pranzo,
così
lo salutai e feci per andarmene ma mi trattene per un'ultima
volta.
"Ah,
Rox?"
"Hm?"
"Era
il tirocinio di filologia del signor Nelson?"
Risposi
affermativamente con un cenno del capo.
"Potrei
provare a mettere una buona parola con il professore... sai lui
è
mio zio di secondo grado e tu sei davvero un buon amico, vorrei
sdebitarmi"
Mi
sentii davvero una merda durante il tragitto sullo skate da
Bloomsbury a Camden Town. In realtà a pranzo non avevo
nessun
appuntamento galante ma volevo solo sfuggire all'insorgere di
ulteriori problemi e avere un po' di tranquillità, da quando
mi ero
svegliato quella mattina non avevo fatto altro che correre ed essere
perseguitato dalla sfiga, tutto quello che mi serviva erano solo
staccare la spina e magari un po' di coccole. Così per
sentirmi meno
in colpa con Pence decisi di fare il bravo fidanzato e passare da
Subway a prendere il pranzo: per il mio ragazzo il suo panino
preferito con le polpette e per me una bustina di fette di mela e un
cookie.
"Ehi
Rox!"
Quando
mi chiusi la porta alle spalle quelle furono le prime parole che mi
sentii rivolgere e subito sorrisi, sentendo lo stress e l'agitazione
accumulate durante la giornata sciamare via all'istante.
"Hayner"
trotterellai
con
un gran sorriso sul volto
fino
al bancone dietro al quale era seduto.
"A
cosa devo la visita? Oggi non ti aspettavo" ridacchiò
allungandosi per rubarmi un bacio a fior di labbra.
"Non
posso fare il bravo fidanzato?" mugolai mettendo su un finto
broncio.
"Quello
che vuoi... non posso resistere al tuo faccino da schiaffi" rise
scombinandomi dolcemente i capelli "E vedo che hai portato anche
il pranzo, un altro motivo per cui non potrei rifiutarti"
Feci
un sorriso a trentadue denti e gli passai la busta di carta.
Io
e Hayner stavamo insieme da quasi un annetto ormai anche se la nostra
storia non era accettata di buon grado da mio fratello Sora. Hayner,
più grande di me di tre anni, proveniva dai bassifondi di
Camden e
aveva sempre vissuto una vita poco
rispettabile
secondo
gli standard della mia famiglia, e, dal momento che viveva
lì era
scontato che frequentasse punk, metallari e gente strana in
abbondanza... dopotutto quello era anche il tipo di clientela verso
cui era indirizzato il suo negozio di musica alternativa. Come ci
eravamo conosciuti era una bella domanda ma quello che tutti si
chiedevano era cosa accomunasse uno come me con un tipo del genere.
Altra bella domanda.
"Hai
delle occhiaie molto sexy" spezzò il silenzio Hayner
addentando
il panino.
"Lieto
che siano di tuo gradimento" mormorai invece io senza
distogliere l'attenzione dalla mela che stavo
spilluzzicando.
"Seriamente,
fai un po' paura. Si può sapere cos'hai? Solitamente ti
rinchiudi
nei meandri più oscuri di quell'università e non
emergi dalle sue
tenebre fino alle 5 più o meno"
"È
che..."
alzai
lo sguardo e sospirai pensieroso ma poi scossi il capo e tornai di
nuovo alla mia mela "Niente... problemi vari"
Lui
si avvicinò con il volto e mi guardò accigliato
"Devo
preoccuparmi?"
Mi
affrettai a scuotere il capo e tornai a mangiare in religioso
silenzio, in realtà ci pensai qualche minuto e poi diedi
aria ai
miei pensieri.
"Hayner?"
"Mmh?"
Abbassai
lo sguardo, leggermente nervoso per quello che stavo per dire
"C'è
un mio caro amico..."
"Hai
cari
amici?"
interloquì subito lui con ironia non dandomi il tempo di
terminare,
io lo fulminai immediatamente con lo sguardo e ripresi a
parlare.
"Dicevo...
c'è un mio caro amico
dell'università"
aggiunsi marcando le ultime parole e Hayner ridacchiò "Che
ha
una migliore amica che considera come una sorella. Questa migliore
amica ha deciso di prendere una pausa dal proprio fidanzato e per
svagarsi inizia a frequentare di più gli amici, tra cui
questo
mio
caro
amico.
Però un giorno i due si ubriacano e lei finisce per assalire
questo
povero ragazzo che non è consenziente... sai, non fanno
quelle
cose... però lei è peggio di una zecca in calore"
lanciai
un'occhiata ad Hayner che sembrava cercare di realizzare la storia
nella sua mente e inspirai profondamente "Uhm... se tu fossi il
ragazzo di questo mio caro amico.... tu cosa faresti?"
Lui
inarcò un sopracciglio e mi scrutò per un lungo
istante "Beh...
considerando che lei gli si è buttata addosso e lui non era
consenziente credo... credo che bisognerebbe fare una bella lavata di
testa alla ragazza, penso che la colpa sia sua"
Tirai
un sospiro di sollievo ma fui costretto a ritirarlo quando l'altro
continuò a parlare.
"Però
d'altra parte il mio ragazzo me la pagherebbe molto cara
perché io
sono un tipo geloso e possessivo e non voglio vederlo in situazioni
ambigue con altri che non siano me" aggiunse con un tono
fintamente angelico e io subito mi sentii prendere dal panico...
sapete, Hayner nel tempo libero faceva karate.
"Io...
io non ti tradirei mai, lo sai vero?" chiesi allarmato.
Lui
sorrise e mi diede una pacchetta sul capo "Certo che lo so, sei
così buono e innocente che non faresti mai del male ad una
mosca"
Risposi
al suo sorriso e poi parlai ancora una volta, questa volta in cerca
di una conferma fiduciosa"E tu mi tradiresti mai?"
Hayner
non mi rispose subito, rimase a scrutarmi a lungo, secondi per me
interminabili dove l'unico suono che riuscivo a sentire era solo il
cuore che mi batteva forte nelle orecchie.
"Ma
certo che no" abbozzò un sorrisetto e si voltò
verso il muro
dietro di sé "Anzi ci sarebbe una persona con cui ti
tradirei"
Io
battei le palpebre "Chi?" chiesi in un sussurro quasi
impercettibile.
"Come
chi?" Hayner ridacchiò e da uno scatolone a terra
iniziò a
prendere dei poster e dello scotch per attaccarli al muro "Axel
Ramirez"
"E
chi sarebbe?"
"Te
l'ho detto mille volte, è il cantante dei Pyromniac... ed
è anche
un gran pezzo di figo" si voltò verso di me e
iniziò a ridermi
in faccia.
A
quella risposta non sapevo se ridere o piangere, se rassicurarmi
della sua fedeltà oppure iniziare a preoccuparmi. Chinai il
capo e
tornai alle mie fette di mela mentre lui tornava al suo lavoro,
purtroppo però la calma non durò molto che il mio
cellulare prese a
squillare e io mi preparai psicologicamente quando lessi il nome sul
display.
"Sora"
constatai.
"Ciao
Rox, come va?
È
da tanto che non ci sentiamo, tu non ti degni mai di farmi una
chiamata eh?" la voce del mio malaugurato gemello per poco
non
mi perforò un timpano.
"Ci
siamo visti ieri pomeriggio a casa, ti ricordo che viviamo insieme.
Ora vai dritto al sodo" esclamai già spazientito dalla sua
voce
allegra.
"Come
sei noioso Rox, te l'hanno mai detto?"
"Sì,
sempre" dichiarai immaginandomi mio fratello che dall'altra
parte metteva il broncio, alzai poi lo sguardo e notai Hayner che
seguiva con interesse la mia conversazione. Diceva che si divertiva a
vedermi interagire con mio fratello, io invece avrei voluto
strozzarlo.
"Comunque
ho due notizie, una buona e una cattiva... quale vuoi sentire per
prima?"
Puntellai
sul bancone e sbottai infastidito "La cattiva" sapendo già
che per me non ci sarebbe comunque stato niente di positivo in
entrambe.
Ci
fu una breve pausa.
"Ho
fatto un incidente con l'auto... ho pagato il carro attrezzi e la
riparazione con tutti i nostri risparmi"
Mi
ci volle qualche istante per realizzare l'accaduto e una volta
compresa la gravità della situazione sbarrai gli occhi e
spalancai
la bocca a quella notizia, incapace di proferire parola. Mio
fratello, sapendo di avermi sconcertato non poco, si
affrettò così
a continuare "La bella
notizia è che ha chiamato Cloud e ci
ha
invitati a passare l'estate a Beverly Hills per
festeggiare l'uscita del suo nuovo film!" ancora nessuna
risposta da parte mia
"Si parte tra una settimana"
Non
attese che io dicessi qualcosa, appena finì di parlare si
affrettò
subito ad attaccare, evidentemente sapeva già che una volta
a casa
me l'avrebbe pagata cara. Molto cara.
"SORAAAAAAAAA"
il mio urlo furibondo riecheggiò per tutto il quartiere e
dintorni.
|
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Capitolo 2 *** 1. Hi, my name is Epic Fail ***
summer paradise 1
"Questa
non è la casa sulla spiaggia di Beverly Hills 90210!"
"Hayner,
Sora ha parlato di un cottage azzurro sulla spiaggia ed
è vero che Cloud è un attore ma questo non
significa che doveva
essere per forza il proprietario di quella
casa... anche se ammetto di averci sperato. Tra l'altro siamo a Santa Monica e non
a Hermosa Beach"
"Olette, in
realtà anche io ero convinto che avremo vissuto assieme a
Kelly e
Donna sul set del film... neanche sapevo che Beverly Hills esistesse
veramente. E tu Rox?"
Tre paia di occhi indagatori mi
perforarono con i loro sguardi avidi di sapere e io per evitarli
lanciai una lunga occhiata alla villetta in legno davanti a noi.
Nonostante fossi ancora di pessimo umore a causa dell'interminabile
viaggio in aereo - durante il quale un grassone sudato aveva deciso
di usare la mia spalla sinistra come cuscino - e
dall'altrettanto lungo tragitto in taxi - dove erano stati invece
Hayner e Olette ad usarmi come cuscino-, non mi sentivo ancora tanto
stronzo da fare a pezzi i loro animi innocenti schiaffando
loro
in faccia la triste verità sulla loro stupidità.
Alla mia
mancata risposta si elevò un flebile ululato dalla cuccetta
da
viaggio di Chelsea, come per ricordarmi della sua presenza ed
esortarmi a dire la mia, a quel punto sospirai pesantemente
e mi
schiaffai una mano in fronte, maledicendomi di aver accettato a
prender parte a quella farsa.
In fin dei conti, me ne vergognai
non poco, ma anche io, sotto sotto, avevo sognato di soggiornare in
quella famosa casa bianca e azzurra che più volte avevo
visto in tv
quando ero piccolo.
#1.
Hi,
name is Epic Fail
Mi
chiamo Roxas Cooper, ho 19 anni, 3 mesi e 21 giorni e la mia vita
è
nota per essere finalizzata a un complesso infinito di sfighe.
Fino
a una settimana fa potevo permettermi il lusso di affermare di avere
una vita decente: dormivo sonni tranquilli nel mio letto a una piazza
e mezza nella mia amata e piovosa Londra, ero lo studente
più
giovane e brillante del mio corso di laurea, avevo un posto da
tirocinante assicurato dal mio professore e grazie ad esso non solo
sarei potuto diventare un ricercatore in ambito filologico ma avrei
potuto conoscere anche i più famosi luminari delle accademie
letterarie.
Poi un paio di birrette in più una sera mi hanno
rovinato l'esistenza.
La mia ubriachissima amica d'infanzia,
Olette, mi è saltata addosso e per poco non mi ha
"violentato";
il giorno dopo a causa del mio ritardo a lezione il professore mi ha
scartato per il suo tirocinio, e ho dovuto riempire di stronzate
Pence (il fidanzato e forse futuro sposo di Olette) sul comportamento
della sua ragazza per tenermelo buono perché è
nipote del
sopracitato professore e mi ha promesso che avrebbe potuto aiutarmi a
reinserirmi nel mio progetto universitario. Durante i casini
all'ordine del giorno faccio anche il possibile per trovare il tempo
di alimentare la mia già abbastanza arida vita sentimentale
con
Hayner.
Tralasciando le mie varie relazioni tutt'altro che
raggianti, per mia sfortuna ho un fratello gemello di nome Sora che
non solo è più alto di 3,5 cm - il che mi ricorda
quanto la mia
esistenza sia disgraziata di per sé - ma la sua persona
sembra
totalmente essere volta a rendermi la vita un inferno a causa della
sua idiozia; assieme a lui, la maggior parte delle volte, si aggiunge
anche una cagnetta color caffè latte altrettanto idiota dal
nome di
Chelsea Bun che è l'esatta copia di mio fratello in versione
animale. Viviamo insieme in un appartamentino niente male a Chelsea
e, mentre io ogni volta vendo la mia anima al diavolo per portare
avanti i miei studi all'università e mantenere il nostro
bilancio
finanziario, Sora ha occhi solo per quello stupido cane e per il
ristorantino che gestisce, lasciando a me tutti i problemi che
semina. Ecco svelato il motivo per cui sono perennemente al verde.
Ho
poi un altro fratello più grande di nome Cloud. Lui a
differenza di
me e Sora è stato molto più furbo e
all'età di 18 anni ha fatto i
bagagli per fuggire il più lontano possibile da quel
manicomio di
pazzi che sarebbe la nostra famiglia - così facendo ha
spezzato il
cuore a quell'ossessa di nostra madre - e adesso per qualche assurdo
motivo ci ha invitati a trascorrere le vacanze a casa sua.
Dopo
questo breve excursus mentale in cui avevo presentato la mia misera
esistenza, facendomi scorrere le immagini nella mente con una
dissolvenza stile Power Point, e parlando con una voce fuori campo
proprio come nei film; senza attendere gli altri attraversai
il
vialetto costeggiato da un piccolo ma ordinato giardinetto, decorato
da particolari sculture
(se così potevano essere definite) fatte di bottiglie e
lattine di
birra vuote, e parcheggiai il mio bagaglio e la cuccetta di Chelsea
Bun davanti alla porta, appuntandomi mentalmente che una volta
sistematomi avrei dovuto dettare una serie di leggi come ad esempio
il divieto assoluto di consumare alcolici.
Non ebbi neanche il
tempo di suonare il campanello che la porta di mogano fu subito
aperta da una persona che stentai a riconoscere. Quello che avevamo
di fronte era un ragazzo che sfiorava il metro e ottanta, dalla
muscolatura robusta, una folta capigliatura castana che gli arrivava
alle spalle e uno sguardo serio e composto ma al contempo
affabile.
"Sora! Roxas! Che piacere rivedervi" esclamò
il tizio in questione soffocando me e mio fratello in quello che
più
che abbraccio avrei definito morsa
letale degna di un wrestler professionista
"Cavolo, siete cresciuti un sacco"
"Leon!" fu
l'entusiasta esclamazione di mio fratello una volta che ci ebbe
lasciati andare, mentre io ero invece accasciato in un angolino a
tossire e annaspare per riprendermi da quello shock iniziale;
nell'udire quel nome però mi voltai di scatto con occhi
spalancati e
come colto da un'illuminazione riuscii finalmente ad accostare quel
volto così maturo al nome appena pronunciato. Squall
Leonheart, in
arte Leon, era il migliore amico di Cloud da praticamente tutta la
vita e di conseguenza anche io e Sora lo conoscevamo da quando
avevamo memoria, a quanto sapevo non c'era una cosa che i due non
avessero fatto insieme. Certo che ora era quasi irriconoscibile, da
ragazzino dai tratti facciali dolci si era trasformato in un vero
uomo che trasudava virilità da tutti i pori.
"Il viaggio è
andato bene? Non vi aspettavo così presto"
"Tuuuutto
benissimo" sorrise gioioso Sora. Ovvio, lui aveva dormito da
quando aveva messo piede nell'aereo finché non era sceso dal
taxi.
"E i signori accompagnatori sono?" seguii il suo
sguardo posato sugli altri membri del nostro equipaggio che,
incuranti dei pericoli e delle insidie, avevano deciso di affrontare
coraggiosamente quel lungo e tortuoso viaggio assieme a me e Sora per
scroccare una vacanza gratis "Roxas, ci sei?"
Quella
domanda mi fece finalmente risvegliare dai miei
vagheggiamenti.
"A-ah... Cloud aveva detto che non c'erano
problemi se portavamo qualcuno... lei è Olette, non so se te
la
ricordi, andavamo spesso al mare insieme" mormorai a quel punto
iniziando a fare le presentazioni, leggermente imbarazzato per essere
stato sorpreso in un momento di assenza mentale, e poi arrossii di
brutto quando feci contatto visivo con il ragazzo biondo scuro
davanti a me "Mentre lui è... lui è Hayner, il
mio... il mio-"
non feci però in tempo a terminare la frase che Hayner
continuò al
posto mio con maggior foga.
"Il suo migliore AMICO! Sì, sono
il suo grande e unico amicone" sorrideva borioso a Leon
mentre gli stringeva la mano e io fui costretto a farmi da parte e
abbozzare un sorrisetto di circostanza, leggermente malinconico ma in
fin dei conti neanche tanto. Ormai ci avevo fatto l'abitudine con
lui, io amavo davvero tanto Hayner e pure lui diceva di provare lo
stesso nei miei confronti, anche se non sembrava tanto preso come me
e ogni volta che eravamo al di fuori della nostra ristretta cerchia
di amicizie lui si ostinava a dire che noi eravamo dei semplici
amici. Capivo che potesse essere magari timido e riservato
però in
un certo senso la cosa mi dispiaceva... o forse ero solo
egoista?
"Avanti venite con me, Cloud è fuori per dei
servizi ma ci penserò io a mettervi a vostro agio!"
Una
volta terminati i convenevoli, rimasi in silenzio e mi accodai al
resto del gruppetto mentre Leon ci invitava ad entrare e iniziava il
tour della casa per renderci familiari dell'ambiente in cui avremo
soggiornato. Udii per tutto il
tempo i farneticamenti di Sora, Hayner e Olette su quanto fosse figa
quella casa - se avessi dovuto dare un mio giudizio io l'avrei
definita troppo americana
ma carina. La cucina era ampia e luminosa, il mobilio era di un
delizioso color crema, le pareti erano di un carico azzurro cielo e
le tende erano bianche e a fiorellini azzurri, e ovviamente non
mancava una grande isola nel centro, dotata di un'affettatrice per i
bagels, proprio come nei film e come in ogni rispettabile casa
americana.
"Io mi trasferisco qui" proruppe Sora
abbracciando con lo sguardo il gigantesco frigorifero a due ante.
(Nota importante: Sora è un cuoco superlativo ma, se non
alimentato a dovere, potrebbe diventare cannibale.)
Passammo poi
per il soggiorno, anch'esso arredato con tonalità pastello -
prevalentemente bianco e azzurrino - c'erano dei divani e un grande
tavolo rettangolare ma due furono le cose che catturarono la mia
attenzione quasi all'istante: la tv satellitare appesa al muro e la
vista che dava sull'oceano. Leon aggiunse che dal portico c'era
accesso diretto alla spiaggia libera. Dopo di ciò
attraversammo
qualche corridoio, salimmo la rampa di scale e raggiungemmo le nostre
stanze.
"Allora, in fondo a tutto ci sono due bagni. Poi dato
che una signorina non può alloggiare insieme a voi ragazzi,
le ho
gentilmente ceduto la mia stanza e mi sono trasferito in quella di
Cloud"
"Secondo me ci è sempre stato" Sora si
avvicinò al mio orecchio per sussurrare sottovoce e io
trattenni a
stento una risatina.
Leon non mancò di captare il commento
di mio fratello ma decise di sorvolare, così
lasciò che Olette si
ambientasse nella sua camera e accompagnò noi altri
davanti
un'altra porta "Questa è la stanza degli ospiti, so che
è un
po' stretta ma è meglio di nulla. Ci sono un divano letto e
una
poltrona letto. Scegliete voi come dividervi"
La delusione di
dover condividere quella piccola stanzetta si leggeva chiaramente
negli occhi di Sora e Hayner, ma io, da persona educata, entrai e mi
guardai attorno "Grazie Leon, questa sistemazione è
perfetta"
"Figurati, fate come se foste a casa vostra"
l'altro si era appoggiato allo stipite della porta, con le braccia
incrociate al petto, ci guardava con interesse mentre noi ci
ambientavamo e poi sul suo volto si accese un
sorrisetto sarcastico "E quindi, come stanno i vostri genitori?
Cloud non la smette mai di parlarmi di loro"
"Non lo
biasimo" ridacchiai cogliendo al volo quello che in realtà
volesse dire e spostai lo sguardo su Sora e Hayner che avevano deciso
finalmente di iniziare a portare dentro i bagagli "Stanno
benone, papà è il solito stronzo e mamma
è la solita
pazza"
"Ehi non parlare male di loro" rimbeccò
Sora stranamente offeso, lanciandomi un cuscino addosso.
"Non
sta parlando male, è la pura verità" quando mi
difese Hayner,
sentii le guance andarmi a fuoco e non potei trattenere un gran
sorriso. Lui non aveva mai conosciuto i miei genitori ma dopo i miei
racconti in un certo senso non gli erano mai stati simpatici. I miei
genitori non erano persone cattive, o almeno era quello di cui
cercavo di convincermi ogni volta che entravo e uscivo dalla loro
villa infernale, loro erano solo delle persone molto particolari che
davano particolarmente
conto agli affari e alle facciate.
"Ma se neanche li
conosci!"
"E mai vorrò farlo"
Sapevo che
quell'argomento si sarebbe presto trasformato in un'accesa
discussione: Sora era molto attaccato ai nostri genitori e non gli
era molto simpatico Hayner, i medesimi sentimenti erano condivisi da
quest'ultimo però con il passare del tempo erano riusciti a
raggiungere una sorta di equilibrio per amor mio. Così per
sfuggire
a quella quiete imbarazzante ornata da occhiatacce fulminanti che si
dedicavano i due, io mi adoperai a cercare qualcosa con cui
occuparmi e optai per dare un'occhiata all'armadio nell'angolo
così da poter iniziare a suddividere gli spazi da
utilizzare.
"Ma quanto è grande questo armadio! Di che materiale si
tratta, Leon?" interpellai l'uomo alle nostre spalle per
cambiare argomento e questo, preso alla sprovvista, esitò un
attimo
prima di rispondere.
"Oh...uhm... è legno di noce"
"Noce?
Io adoro il noce... e anche le noci, forse queste di più ma
il
materiale è ugualmente bello!"
"Rox che diavolo dici?"
mi redarguì Hayner altrettanto stupito come Leon sui miei
farneticamenti "Tu sei allergico alle noci"
"Ah
davvero? Me ne ero dimenticato" risi nervosamente tornando a
ispezionare le varie ante ma qualcosa intralciò la mia
attività.
Accadde tutto in una frazione di istante ma la sequenza
fu densa di azioni.
Nel momento in cui poggiai la mano sulle
maniglie, entrambe le porte si aprirono improvvisamente e
dall'interno ne uscì una ragazza.
Una ragazza in costume per
dirla tutta.
Una ragazza in costume che inciampò e mi cadde
addosso.
Okay, mettiamo un attimo in pausa la scena e analizziamo
la situazione: solitamente quando una ragazza mozzafiato ti cade
addosso, la reazione istintiva della libido porta l'essere di sesso
maschile a mettersi in mostra e ostentare tutta la propria
virilità
attraverso gesti protettivi e premurosi come portare in salvo la
fanciulla e assicurarsi che stia bene.
Ovviamente non fu quello il
mio caso.
In un primo momento riuscii a trattenere un'esclamazione
di sorpresa e da bravo gentiluomo la afferrai tra le mie braccia ma
la sconosciuta mi calpestò un piede e fece perdere
l'equilibrio
anche a me. Cascai al suolo con lei addosso, nella caduta sbattei la
testa contro il comodino e come se non bastasse anche la sveglia
decise di dare il suo contributo finendomi sulla fronte.
A quel
punto non potei tacere un lamentoso guaito di dolore dalla
tonalità
tutt'altro che virile. Nient'altro da aggiungere.
Sfiga
vs Roxas in trasferta: 1-0
Non
ebbi neanche il tempo di comprendere perfettamente quello che era
accaduto che Hayner sopraggiunse prontamente per coprirmi gli occhi
con le sue mani "Non guardare queste cose Rox, so che è la
prima volta per te vedere una ragazza così svestita e
potresti
rimanere scioccato!" esclamò con fare protettivo e
tacitamente
irrisorio, ma non mancò però di fare un lungo
fischio e qualche
verso gutturale di apprezzamento, palesemente rivolto a quella
sconosciuta. Ero pure "cieco" in quel momento ma non sordo,
così mi divincolai in malo modo e lasciai andare la
fanciulla che
aveva l'aria più addormentata che desta.
"Oh, ecco dov'eri
finita" intervenne alla fine Leon che non si era mosso di
un millimetro dalla sua, a quanto pare, comoda posizione; si era solo
limitato ad inarcare le sopracciglia e variare di una nota la
tonalità di voce "Hai dormito lì?"
La ragazza
incespicò per la stanza tra i vari bagagli fino ad arrivare
vicino
alla porta prima di battere un paio di volta le palpebre per
svegliarsi meglio e rivolgersi a Leon, a giudicare dalla sua
espressione era molto probabile che non si fosse accorta né
di noi
né del casino che aveva appena creato "Suppongo di
sì dato che
mi sono appena svegliata. Ieri devo avervi aspettato così
tanto che
alla fine mi sono addormentata senza accorgermene"
Io e Sora
fissammo la scena a bocca aperta, mio fratello aveva un'espressione
più che scandalizzata e ogni tanto mi picchiettava il
braccio e
indicava i due, al mio lato Hayner invece pareva più che
entusiasta
dello scenario così per ripicca gli pestai un piede.
"Pensavamo
fossi tornata a casa" fu l'unica risposta che Leon fu capace di
dare.
"Fate schifo a giocare a nascondino"
"Io e
Cloud siamo troppo vecchi per fare questi giochi"
"Ma
non troppo per fare ginnastica
da camera
vero?"
"Non sono affari tuoi"
"E neanche
troppo vecchio per essere sempre così antipatico"
La strana ragazza però
non sembrò dispiaciuta dalle risposte poco entusiaste anzi,
si
limitò a sbadigliare prima di augurarci la buona notte e
lasciare la
stanza e probabilmente anche la casa
Dopo aver assistito a quella
scena del tutto insensata, l'unica cosa che riuscii a fare fu
rivolgere un'occhiataccia a Leon in cerca di spiegazioni, mentre Sora
analizzava l'armadio per assicurarsi che non ci fossero altre
presenze clandestine.
"Perché non mi avete detto che qui la
vita è così bella? Mi ci sarei trasferito prima!"
l'entusiasmo
di Hayner mi terrorizzò non poco.
Il ticchettio
dell'orologio appeso alla parete era l'unica cosa che mi avvertiva
del passare del tempo mentre la mia mente vagava e il mio corpo
giaceva quasi come se non avesse vita.
Il sole era basso nel
cielo e tingeva di rosso qualsiasi superficie che i suoi raggi
toccavano, tra poco sarebbe stato inghiottito dal mare e avrebbe
ceduto il posto alla sera. Forse quel caldo afoso avrebbe
finalmente dato un po' di tregua a noi che non eravamo
abituati
a quelle temperature, infatti, complice anche il fuso orario, dopo
aver disfatto le valigie, messo tutto a posto e aver preparato i
letti eravamo tutti caduti in uno stato quasi comatoso e nessuno
sembrava avere la forza né la volontà di alzarsi
dal proprio
giaciglio.
Olette riposava nella sua stanza, Sora occupava la
poltrona letto e sembrava aver lasciato il mondo dei vivi e Hayner
era beatamente avvinghiato al mio corpo, incurante del fatto che io
fossi in procinto di sciogliermi a causa del caldo torrido. Io, dal
mio canto, ero steso su un lato con la schiena che combaciava con il
corpo del mio ragazzo e un braccio che penzolava dal letto e grattava
la testolina di una stranamente tranquilla Chelsea Bun. Sapevo che,
come gli altri, avrei fatto meglio a riposare in vista del barbecue
di quella sera con i colleghi di Cloud e Leon però non
riuscivo a
trattenere l'impellente curiosità - e forse anche una punta
di
nervosismo - di rivedere di nuovo dopo anni mio fratello maggiore;
certo, ogni tanto si faceva vedere a casa, soprattutto durante le
festività, però erano ormai un paio di anni che
aveva tagliato
quasi tutti i rapporti con i nostri genitori. Inoltre il fatto che ci
avesse invitati a casa sua così all'improvviso e con poco
preavviso
in un certo senso mi turbava perché Cloud non era mai stata
una
persona particolarmente loquace, e anche se è stato sempre
riguardevole nei confronti miei e di Sora, poco ce lo vedevo a
coinvolgerci nei suoi affari.
Parlando di affari personali, io e
quell'idiota di Sora eravamo di nuovo in ristrettezze economiche a
causa dei costi di riparazione della nostra auto. Nostro padre si era
rifiutato di coprirle o anche solo di aiutarci e non ci
aveva permesso di toccare i nostri conti in banca, poi si era
aggiunta quest'improvvisa fuga dalla città che non aveva
giovato
alla nostra situazione e quindi ora, anche se eravamo in vacanza,
avrei potuto ovviare solo in un modo.
"Allora cosa ne pensi?"
sussurrai a bassa voce per non svegliare Sora e Chelsea Bun
altrimenti avrebbero iniziato a far casino.
"Che va bene"
fu la risposta impastata di Hayner che giunse forse con un po' troppo
ritardo.
"Anche se siamo ospiti non voglio assolutamente
gravare, però credi che Leon e Cloud possano aiutarci?"
"Come
vuoi"
"Spero che staremo insieme, non sopporto l'idea di
essere separato da te" continuai a sussurrare e ringraziai di
essere girato su un fianco, perché sapevo di essere
arrossito e non
volevo essere scoperto da Hayner altrimenti poi mi avrebbe preso in
giro, tuttavia la sua risposta non fu tanto entusiasta quanto
me.
"Mmh"
"Ehi mi stai ascoltando?" provai
a domandare dopo una breve pausa e quando ancora una volta non ebbi
risposta mi girai verso Hayner e lo strattonai bruscamente per farlo
svegliare.
"Porca puttana, Roxas! Che cavolo vuoi?"
imprecò questi aprendo finalmente gli occhi e il mio broncio
non
poté che accentuarsi.
"Abbassa la voce" gli intimai e
poi aggrottai la fronte "Non mi stavi ascoltando"
Hayner
sbadigliò rumorosamente e poi socchiuse di nuovo gli occhi
"Ma
certo che ti ascoltavo"
"E invece no, stavi
dormendo!"
"E invece sì che ti ascoltavo"
"Ok
allora cosa ti ho chiesto?"
"Se...uh... se una sera di
queste ti va di andare fuori con me?"
"Lo vedi? Non mi
stavi ascoltando"
"Diamine Rox, ho sonno" Hayner
comprese che non avevo intenzione di lasciarlo tornare a dormire
tanto facilmente così, dopo un lungo sbadiglio, si mise a
sedere e
puntò lo sguardo fisso su di me "Allora, che cosa vuoi?"
"Ti
avevo detto che... uhm... siamo in ristrettezze economiche, la
settimana scorsa quel deficiente di Sora ha distrutto la macchina e
le spese di riparazione mi hanno un po' prosciugato... ho dovuto
pagare di tasca mia perché i nostri genitori gli hanno
bloccato il
conto e può prelevare solo una certa cifra al mese... devo
rientrare
con i conti e dato che ci troviamo in vacanza vorrei anche togliermi
qualche sfizio"
"E quindi?"
A quel punto decisi
di mettermi a sedere accanto a lui e abbassai leggermente lo sguardo
alla vista della sua espressione interrogativa "E quindi credo
che dovremo cercarci un lavoro" mormorai giocherellando con
l'orlo della mia maglietta.
Hayner sembrò più che sorpreso dalla
mia affermazione, come avevo immaginato non mi aveva affatto
ascoltato ma sembrava averla presa meglio del previsto infatti mi
diede qualche colpetto sulla testa e sospirò.
"Va bene, ho
capito..." sussurrò arruffandomi i capelli e mi
sorrise. Io
feci lo stesso, rincuorato dal suo buon umore, ma feci l'errore di
dare per scontato il significato della sua affermazione positiva, e
infatti... "Domani vi accompagnerò durante la vostra
ricerca!"
Dopotutto questo era il vecchio e pigro Hayner, colui che
preferiva relegare qualsiasi lavoro o problema sulle spalle degli
altri piuttosto che dare una mano. Lo conoscevo troppo bene e ancora
mi chiedevo come potevo essere così stupido ogni volta da
cascarci e
rimanerne deluso.
"No non hai capito," mi affrettai a
precisare "Anche tu devi lavorare"
Hayner inarcò un
sopracciglio ed emise una risata bassa e sarcastica "Cosa hai
detto?"
"Che devi lavorare anche tu"
"Oh-
non credo proprio, mio caro. Io lavoro tutto l'anno e non ho
intenzione di farlo anche in vacanza" chiarificò con tono
perentorio, incrociando le braccia al petto, sottintendendo che la
mia era una richiesta stupida e ingiustificata.
"Tu ti sei
autoinvitato qui e ti ho anche dovuto pagare il biglietto!"
"Beh?
La tua famiglia mi sembra più che benestante"
"La mia
famiglia, ma non io! Sono un semplice studente universitario
perseguitato dalla sfiga con a carico un cane e un fratello scemo che
non può spendere quello che guadagna"
Hayner non sembrava
interessato alle mie motivazioni, glielo si leggeva nello sguardo
perso che aveva assunto, infatti quando terminai di parlare mi
sorrise ammiccante "Non avresti mica voluto partire senza di me,
il tuo caro e amato fidanzatino? Le cose belle si condividono,
finché
morte non ci separi"
"Anche le cose brutte si
condividono" borbottai esasperato aggrottando la fronte e
gonfiando le guance.
"Non in vacanza Rox, non in vacanza"
mi strappò un bacio a fior di labbra e si alzò
dal letto per
stiracchiarsi "Sapevi che c'è la vasca idromassaggio? Non lo
conosco nemmeno ma adoro tuo fratello!"
Non potei più
ribattere alla sua affermazione, ormai si era già
volatilizzato
dalla stanza. A quel punto sospirai sconsolato e mi lasciai cadere
sul letto, non avrebbe avuto senso combattere oltre.
Perché
cazzo non ero rimasto nella mia monotona e uggiosa Londra?
Ricordo
di aver sognato un paio di occhi verdi.
Era un verde così
intenso come un raro smeraldo, liscio e luccicante, che brillava di
luce propria quando con una mano veniva ammirato alla luce del sole.
Quella tonalità così sfavillante che solo i folli
avrebbero
agognato di cercare. L'erba dei pascoli più incontaminati
sulle
alture rocciose dell'Europa, l'acqua cristallina del mar dei Caraibi,
lo splendente piumaggio dei più eleganti uccelli esotici.
Erano gli
occhi di un dio greco così delicati e al contempo feroci,
accompagnati da due piccole lacrime che contrastavano con il chiarore
del suo incarnato.
Il volto sconosciuto iniziò pian piano a
prender forma e apparvero così anche un paio di labbra
sottili, ma
quando esse si dischiusero per parlarmi io mi svegliai di scatto,
grondante di sudore a causa del caldo e senza neanche il più
vago
ricordo di ciò che avessi sognato. Ero ancora abbastanza
addormentato per mettere a fuoco il mondo attorno a me ma non
abbastanza da non rendermi conto del chiasso che lentamente stava
iniziando a pizzicare alle mie orecchie. Era ovattato per via della
porta chiusa ma era udibile. Il letto di Sora era vuoto, del cane
neanche l'ombra e il sole era quasi del tutto calato.
Mi feci
forza e coraggio e, dopo una preparazione mentale di un paio di
minuti, decisi di fare il mio ritorno trionfale nel mondo dei vivi.
Ma prima di ciò avrei dovuto ricordare di indossare le
scarpe e
mettere in conto l'infamia dello spigolo del comodino. Quando il
cervello registrò il dolore proveniente dal mignolo del mio
piede
sinistro fu doveroso per me iniziare a imprecare coloritamente contro
qualsiasi cosa animata e inanimata che mi capitava a tiro.
"Fanculo
anche a te" sbraitai quando Chelsea Bun arrivò
trotterellante
verso di me.
Mi guadagnai un ringhio sdegnato ma almeno mi sentivo
meglio.
Era il tramonto e quando misi piede in salotto mi
sentii quasi come catapultato nel bel mezzo di una guerra.
Musica
a tutto volume, fiumi di alcol, luci colorate, gente che brulicava da
ogni angolo e il tavolo del salotto addobbato per il beer
pong.
Il
beer
pong,
signori. Il classico gioco da universitari che ti indirizza verso una
di quelle sbronze megagalattiche che mai potrai dimenticare, o almeno
per quanto riguarda le schiappe come me. Quando intravidi Sora,
Hayner e Olette in compagnia di bicchieri (pieni di chissà
quale
intrugli) già a proprio agio con quegli stranieri, compresi
che
tutti i miei buoni propositi di fare una sana vacanza all'insegna
dell'astemia erano già andati a farsi fottere.
"Devo
iniziare a portare più rispetto per i fratelli soldati che
rischiano
la propria vita in guerra" decretai tra me e me stringendo i
pugni e preparandomi a buttarmi nel campo di battaglia per
raggiungere gli altri. Dovevo assicurarmi a tutti i costi che nessuno
facesse stronzate. Quando Cloud mi aveva detto che quella sera ci
sarebbe stato un barbecue in giardino con i loro colleghi per
festeggiare la fine delle riprese del primo film in cui aveva
recitato, mai avrei immaginato che stesse parlando di uno
scenario in stile Apocalypse Now. Io non ero tanto un tipo da feste e
il fatto che persino Chelsea Bun sembrava socializzare molto meglio
di me la diceva lunga.
Mi guardai timidamente attorno e continuai
ad avventurarmi per la casa, attento ad evitare le persone con
bicchieri traboccanti come se fossero mine pronte ad esplodere, fin
quando non mi sentii afferrare da dietro e un paio di mani iniziarono
a vagare sul mio petto.
Prima ancora che potessi urlare dalla
sorpresa, una voce femminile abbastanza divertita mi precedette "Tu
sei uno dei bimbetti di stamattina vero?"
Mi divincolai dalla
sua presa e le lanciai una lunga occhiata accigliata. Era una
ragazzina di media altezza, con i capelli neri corti, i tratti
orientali e un ampio sorriso in volto. Indossava anche uno strano
kimono, fin troppo poco convenzionale e caratteristico, che le
arrivava a metà coscia e ai piedi aveva delle zeppe
vertiginose. A
occhio e croce sembrava essere sulla ventina ma l'esperienza mi
diceva che aveva sicuramente qualche anno in più.
"E tu sei
la ragazza dell'armadio!" sbottai, poco entusiasta del modo in
cui aveva iniziato a toccarmi "Che cosa vuoi da me?"
"Volevo
illudermi che sotto la tua maglietta ci fosse un po' di sostanza"
lei mi rispose ancora sorridente, non sembrava per niente turbata
dalla mia risposta scontrosa, poi con fare teatrale sospirò
e agitò
un dito per aria "Ma non c'era niente, solo pelle e ossa.
Sono stata sfortunata anche questa volta"
Arrossii di colpo a
quelle parole e il mio spirito fu animato da un furore
rinnovato "Senti non metterti strane idee in testa, sono
già impegnato. Ricordi l'altro ragazzo biondo di stamattina?"
Lei
annuì e io sorrisi soddisfatto.
"Esatto, sto proprio con
lui"
La ragazza inarcò un sopracciglio e con un'innocenza
disarmante alzò il pollice e indicò qualcosa di
imprecisato alla
sua sinistra "Parli di lui?"
La scena che mi si presentò
agli occhi era una di quelle che mai avrei desiderato vedere: Hayner
che parlava concitatamente con due ragazze.
A quella vista fui
invaso da un'ondata di gelosia e, mentre sibilavo malefici sottovoce,
fulminai con lo sguardo quelle due sciacquette che si stavano
strusciando vicino al mio
ragazzo.
"Ti stai trasformando in un Gremlin?" commentò
vagamente divertita la mora ma io la ignorai deliberatamente.
Contrassi la fronte e iniziai ad avanzare con passi pesanti verso
il mio obbiettivo, in quel momento mi dimenticai di tutto il resto
attorno a me e per questo, senza che potessi accorgermene, fui
spintonato da qualcuno e per errore finii addosso ad un vero e
proprio colosso.
"Cazzo!" abbaiò il tipo mentre
si tastava con foga i propri abiti. Ci misi qualche istante
più del
dovuto per registrare l'accaduto ma alla fine notai con orrore
un'estesa macchia svettare su un improbabile abito scuro che mi
ricordava vagamente la divisa di un combattente di un videogioco. Le
altre cose di quell'energumeno che catturarono poi la mia attenzione
furono i capelli lunghi di un improbabile color argento e
un'espressione furiosa.
"Mi...mi dispiace!" sbiancai e
mi scusai immediatamente, terrorizzato dall'aria selvaggia
dell'uomo. Con gran velocità poi feci per
sgattaiolare via ma
questi mise una mano sulla mia spalla e mi trattenne con fermezza
davanti a sé.
"Mi hai fatto versare il mojito" tuonò
lo sconosciuto, poi fece una breve pausa durante la quale mi
studiò
velocemente "Questo è davvero sgarbato da parte tua"
"Mi
dispiace tanto signore, sono mortificato"
"Ottimo. Era
questo il mio intento, piccolo Cloud"
"In realtà il mio
nome è Roxas, signore. Cloud è mio fratello"
"Roxas?"
ripeté l'altro assumendo un'espressione pensierosa.
"Sì
signore"
"Uhm, Roxas...." continuò meditante "Noi
ci siamo già visti da qualche parte, ne sono sicuro. Magari
in un
universo parallelo, in una situazione differente.... in cui io per
vendicarmi dei torti subiti da Cloud ho cercato di ucciderti ma tu ti
sei salvato per pura fortuna*... proprio come ha fatto Harry Potter
la prima volta che ha incontrato Voldemort"
Rimasi in
silenzio, ancora paralizzato dall'imponenza del tizio, la cui aura
tenebrosa mi faceva accapponare la pelle. Forse era un fanatico o
solo il cosplayer di qualche personaggio, fatto sta che era
dannatamente efficace.
Fortunatamente arrivò subito la ragazzina
di prima in mio aiuto.
"Seph smetti di spaventare il bimbo.
Lui è il fratellino del nostro Cloud"
L'uomo mi scrutò
ancora per qualche lungo secondo e poi scoppiò in una
fragorosa
risata.
"Sì, lo avevo immaginato" esclamò prima di
rivolgersi a me "Avresti dovuto vedere la tua espressione,
sembravi sul punto di fartela addosso. Tranquillo bimbo non sono
arrabbiato per i vestiti, tanto a fine serata andremo tutti a fare un
bagno a mare. Dopo vieni a farti un goccetto con noi, offro
io"
Giuro, avrei voluto prenderlo a pugni ma non lo feci per
il benessere della mia persona, così stentai un
sorrisetto
impacciato e lui mi arruffò i capelli con una mano prima di
tornare
ad unirsi alla mischia.
"Stai alla larga, è ancora
minorenne!" lo avvertì con voce alta la mia salvatrice
ma dubitai che l'altro avesse potuto sentire con tutto quel
casino, poi la vidi farmi l'occhiolino e mi
passò una
mano sulla spalla "Non farci caso, è un tipo strano. Io
comunque sono Yuffie, sono amica di tutti qui quindi mi vedrai un po'
dappertutto"
"Io sono..."
"Tu sei Roxas! Il
valoroso fratello che è accorso in patria per salvare la
principessa
Cloud" mi anticipò prima che io potessi terminare la mia
presentazione "E tu sei Chelsea Bun vero? Ma che bella bambina
che sei" la vidi inginocchiarsi e dimenarsi vicino alla cagnetta
festosa che era apparsa da chissà dove.
Forse era una mia
impressione ma lì la gente non sembrava avere tutte le
rotelle a
posto.
Annoiato da quella scena, tirai un pesante sospiro e andai
a rifugiarmi fuori nel portico con la speranza di prendere un po'
d'aria, e lì fui inaspettatamente raggiunto da Hayner che si
appoggiò con la schiena alla ringhiera di legno.
"Ehi"
mormorò passandomi un bicchiere pieno di qualche roba
sconosciuta.
"Ehi" risposi con stanchezza.
Mi passò
una mano attorno alle spalle e lo sentii ridacchiare "Ti sei
svegliato, a breve sarei salito a chiamarti"
Io storsi il
naso "Non ti scomodare, ho notato che eri già in dolce
compagnia"
"Parli di quelle due ragazze? Stavo solo
facendo conoscenza"
"Certo, solo conoscenza"
Hayner
mi guardò e mi stampò un bacio sulla guancia. Era
una cosa che
faceva sempre quando non voleva che si iniziasse una nuova
discussione.
"Certo che è proprio uno sballo, qui è pieno
di gente stralunata... li hai conosciuti tutti?"
Io scossi il
capo.
"Allora ci penserò io. Ce ne sono di tutti i tipi:
abbiamo un fanatico delle spade" indicò il lunatico
che
avevo conosciuto poco prima che stava dando spettacolo sbandierando
uno spadone irrealmente lungo, assieme ad un altro forsennato che
invece era occupato in una pietosa esibizione canora di Surfin'
Bird
"Quello lì si chiama Sephiroth e probabilmente la lunghezza
della sua spada vuole rimpiazzare qualche mancanza fisica... l'altro
invece è Zack, pare che anche a lui piacciano molto le spade
ma non
quanto sputtanarsi in pubblico" io scoppiai a ridere e lui mi
seguì a ruota, poi si girò altrove "Yuffie, la
pazza che si
crede una ninja" indicò la ragazzina mora che si arrampicava
addosso ad un uomo di mezza età per rubargli una bottiglia
di birra
"Lui è Cid, un vecchio antipatico con cui penso che
passerò
molte serate al bar. Poi c'è un'amante del pollice verde"
disse
facendo segno verso una donna molto carina che parlava allegramente
con un'altra ragazza dai capelli corti altrettanto carina "pare
che Aerith coltivi erba tra tutti i vari fiori... quella ragazza
accanto a lei, Yuna, invece fa le sedute spiritiche. Che ne dici di
farne una?"
"Ma neanche per sogno!" ribattei
fintamente indignato ma continuando a ridacchiare.
Un tonfo
sordo ci distolse dalla nostra conversazione e vidi un paio di
ragazzi riversare a terra un barilotto di birra probabilmente vuoto,
a quel punto mi chiesi se fossero stati davvero Leon e Cloud a
organizzare quella sottospecie di rimpatriata.
"Allora, come
ti sembra questo posto?"
Puntai lo sguardo su Hayner e poi
verso l'orizzonte davanti a noi, rimasi a contemplare l'oceano per
qualche momento prima di rispondere "Ti mentirei dicendoti che
Londra non mi manca. Le persone qui sembrano uscite da un manicomio e
ci sono troppi cliché
americani..."
"E
ci credo, siamo in America!"
Io sorrisi "Però gli
scenari sono mozzafiato e non è ancora successo niente di
estremamente drammatico, quindi aspetterò per dare una mia
opinione... dopotutto non siamo neanche al primo giorno"
"Ehm
Rox... guarda un po' la" mi picchiettò sulla
spalla e mi
fece cenno di guardare davanti a noi. Io seguii il suo sguardo,
curioso di cosa avrei potuto trovare e per poco non mi venne un mezzo
infarto.
Olette. Ubriaca. Faceva la civetta con quel Zack e lui
sembrava più che entusiasta!
Non ci pensai due volte ad
abbandonare Hayner e correre come un forsennato verso di lei. Un po'
di solitudine non gli avrebbe fatto male per una manciata di minuti,
quello che avrebbe potuto fare la mia amica invece sì.
Olette era
una mia carissima amica ma a volte era un po' troppo viziata per i
miei gusti, quando aveva infatti saputo della mia imminente partenza
aveva fatto ferro e fuoco pur di unirsi nel viaggio. Aveva detto che
la lontananza avrebbe giovato al suo rapporto con Pence. Quest'ultimo
inizialmente non era d'accordo e, assieme a me, aveva cercato di
farle cambiare idea ma poi era giunto anche lui alla conclusione che
forse avrebbero potuto fortificare il loro rapporto e quindi l'aveva
affidata alle mie cure. Il problema è che a Olette piacciono
molto
le feste e gli alcolici ma non li regge molto - sapete, lei rientra
in quella categoria di ubriaca felice... e arrapata. E Pence
era
il nipote del mio caro
professore.
"Okay, okay, la serata è finita" dichiarai
frapponendomi tra i due. Rubai il bicchiere di non-so-che dalle mani
di Olette e lo passai al ragazzo dai capelli neri "Ti ringrazio
per averla intrattenuta ma ora è tempo dei saluti"
"Ridammelo,
io avevo sete" rimbeccò la castana appendendosi a me, il suo
alito puzzava tremendamente e da ciò dedussi che non ci era
andata
con leggerezza.
"Ehilà bimbo, tu sei il mini-Cloud inglese
vero?" domandò il dongiovanni mancato abbassandosi verso di
me
per fare contatto diretto con i miei occhi "Io e Olette ci
stavamo divertendo, potresti restituirmela?"
Io corrugai la
fronte e assottigliai gli occhi "Prima di tutto, io non sono un
bimbo.
Seconda cosa, non sono un mini-Cloud
inglese.
Terzo, no non puoi avere Olette... è già
fidanzata ufficialmente
quindi stai alla larga da lei"
"Che sbadato, non mi sono
ancora presentato. Io sono Zack Fair, gran-pezzo-di-figo
per le ragazze ma per te potrei fare un eccezione e lasciarmi
chiamare così"
"... io invece sono stanco
di avere a che fare con degli esaltati,
ma ma per te potrei fare un eccezione e lasciarmi chiamare vai
a farti fottere"
Zack scoppiò a ridere e mi sorrise malizioso "Se sfoggiassi
il mio sorriso migliore me la cederesti per un altro po'?"
Rimasi
a scrutarlo, insicuro se allontanarmi e piantarlo in asso come uno
scemo oppure se mollargli un cazzotto in faccia. Alla fine conclusi
che forse per una persona aggraziata come me sarebbe stato poco
signorile ricorrere alla forza, così presi Olette per la
vita e con
non poca fatica la riportai dentro in mezzo a quel mare di
gente.
"Lasciami stareee" iniziò a lamentarsi mentre io
la trascinavo verso le scale, la mia intenzione era di chiuderla
nella sua stanza e aspettare che si addormentasse, così
sarebbe
stata innocua.
"Ti lascerò tra poco, ma adesso sali le
scale"
"No, lasciami! Chi diavolo sei, tra
l'altro?"
"Sono Roxas" le riposi con esasperazione,
quando si ubriacava la ragazza iniziava ad assumere comportamenti
strani.
"Non sei Spiderman?"
"No, non sono
Spiderman"
"E allora vai viaaaa... solo... solo
Spiderman può portarmi in camera mia"
Roteai gli occhi in
preda all'avvilimento, mentre la intrattenevo con quel discorso senza
senso ero riuscito a portarla in cima alla rampa di scale, avrei
dovuto pazientare ancora poco e avrei potuto tirare un sospiro di
sollievo. Questo fu l'unico motivo che mi spronò a reggere
ancora
quella farsa assurda.
"Io sono Peter Parker, non posso
cambiarmi qui davanti a tutti" sussurrai al suo orecchio.
"Ohhh,
Peter Parker... sei in borghese?"
"Sì, sono qui assieme
al mio amico Deadpool"
"Lo sapevo che il fratellone di
Sora e Roxas conosceva tante celebrità!"
Aprii la porta
della stanza di Leon, me la chiusi alle spalle e accompagnai Olette
al letto.
"Okay, adesso te ne stai buona qui e vai a dormire"
"No, Peter, tu non vai da nessuna parte" Olette mi
afferrò per il colletto della mia maglietta e con una forza
inumana
mi gettò sul letto "Tu non vai da nessuna parte se prima non
mi
avrai fatta tua" dichiarò salendo sopra di me prima che io
potessi rialzarmi.
Nel suo sguardo velato dall'alcol si leggevano
ardore e desideri perversi.
Pregai qualsiasi entità celeste e
ultraceleste di darmi la forza di portare a compimento il mio lavoro
e non cedere ad alcuna tentazione mentre la ragazza aveva adesso
preso ad alzare i lembi della mia maglia.
"No, Olette. Ferma
e non rendere il mio compito infame ancora più complicato"
"Peter...
mi stai per caso rifiutando? Io... io credevo di piacerti" la
sua espressione si colmò improvvisamente di dolore e quasi
si ritirò
da quella posizione molto ambigua. Ne approfittai così per
sfilarmi
da sotto al suo corpo e mi misi in piedi davanti a lei. Se Hayner ci
avesse visti credo che la mia vita sarebbe terminata lì.
"Lette,
io non sono Peter Parker, sono Roxas... e sto con Hayner,
così come
tu stai con Pence. Tu lo ami, no? Non vorrai mica tradirlo?"
"Roxas?"
Olette mi guardò spaesata, come se non avesse colto tutta la
dinamica dei fatti, poi i suoi occhi si riempirono di lacrime "Tu...
tu sei Roxas e non Peter Parker? Perché mi hai mentito?
Perché
illudermi e approfittare della mia immensa bontà?"
singhiozzò,
scossa dai singulti.
"No, no, aspetta" cercai di dire
nervosamente ma questo non fece altro che peggiorare la situazione e
la castana iniziò ad inveire a voce più alta e
continuare a
piangere.
Proprio in quel momento, come se non bastasse il mio
cellulare iniziò a squillare e quando lessi il nome sul
display
l'ansia mi divorò.
Ovviamente non poteva essere altri che
Pence!
Passai quasi un ora alle prese con la depressione
di quell'arrapata di Olette ma alla fine riuscii a farla
addormentare.
Avevo sfruttato quella breve telefonata di Pence per
farli parlare; sentire la voce del ragazzo aveva colpito la
consapevolezza della castana ed era scoppiata di nuovo in lacrime
perché era stata pervasa dai sensi di colpa, in
più il senso di
nostalgia aveva contribuito al grazioso quadretto fatto di
lacrime e fazzoletti sporchi.
Olette amava le feste ma non aveva
messo in preventivo la sua propensione per le attività di
socializzazione con l'altro sesso soprattutto sotto l'effetto di
alcolici, almeno di questo ne era consapevole quando era sobria.
Una
volta uscito dalla stanza il mio primo e spasmodico desiderio fu
quello di buttarmi sotto la doccia per lavare via la stanchezza,
l'irritazione e la macchia di vomito che mi aveva gentilmente
lasciato Olette prima di sprofondare in uno stato comatoso da
sbornia. Tuttavia nel corridoio la mia attenzione fu catturata da una
serie di strani rumori molto simili a rantoli e imprecazioni, poi
qualcosa sembrò sbattere contro una parete e tutto
tornò silenzioso
per quasi un minuto. Quando i gemiti ritornarono, ora con
regolarità,
inarcai un sopracciglio e, insospettito andai ad accertarmi che non
fosse tutto uno scherzo della mia mente e che soprattutto nessuno
stesse usando il mio letto come palestra, così andai ad
accostarmi
vicino a tutte le porte finché non trovai quella
incriminata.
"Ehi
Rox! Che fai davanti alla stanza di Cloud? Zack ha detto di averlo
visto arrivare mentre noi eravamo tutti fuori"
Bad
timing, Sora.
"Sei venuto anche tu a salutarlo?"
Appena vidi mio
fratello con quel suo stupido sorriso stampato in volto, mi portai un
dito davanti alle labbra e gli feci cenno di star zitto ma
questi, essendo il gemello idiota il cui unico scopo nella
vita
era quello di creare casini, concluse che il mio gesto significava
"Parla
a voce alta e cerca di farti sentire da tutti" o
qualcosa del genere e infatti lo vidi avvicinarsi sempre più
pericolosamente alla porta vicino alla quale ero accovacciato.
"Puzzi
di vomito Rox, che diavolo hai combinato?" chiese retoricamente,
senza aspettarsi una risposta da me perché comunque non
l'avrebbe
ascoltata, e prima che potessi intimargli di far silenzio o andar via
afferrò la maniglia e aprì la porta "Ciaaaaao
Cloud-"
La
sua voce però si bloccò assieme alla mano ancora
a mezz'aria quando
vide la scena che si stava svolgendo all'interno della stanza di
nostro fratello maggiore: Cloud addossato alla parete, camicia
sbottonata fuori dai pantaloni, Leon che si arrampicava
selvaggiamente su di lui e le loro mani fisse in posti in cui non
avrebbero dovuto stare.
Si accorsero immediatamente della nostra
presenza.
Occhi spalancati, corpi immobilizzati ed esclamammo
tutti all'unisono "Porca puttana!"
Prima che gli altri
due più grandi potessero ucciderci con la giusta motivazione
di aver
invaso brutalmente la loro privacy come Hitler aveva fatto con la
Polonia, afferrai malamente quel deficiente di Sora per un braccio e
lo trascinai giù in cucina dove ci rifugiammo in cerca di
riparo.
"Oddio cosa ho visto, oddio cosa ho visto"
ripeteva meccanicamente mio fratello mettendosi le mani nei capelli e
camminando nevroticamente per la stanza. Non lo biasimavo
perché
anche io ero scosso come lui.
"Cloud non era etero?!"
"Che ne so! Io credevo di sì ma lo prendevamo in giro
perché era sempre così rigido e moralista"
"Mio dio,
Sor. Abbiamo fatto di nostro fratello un gay senza pudore"
"Ho
paura che mamma e papà si arrabbieranno tanto quando
verranno a
saperlo"
"Questa volta l'abbiamo fatta grossa"
A
interrompere la nostra crisi spirituale fu Zack che era
venuto
a saccheggiare senza pietà la cucina affermando che tutte le
altre
scorte erano state già barbaramente razziate.
"La folla si è
dileguata?" domandai curioso, guardandolo mentre tirava fuori
dal frigo una busta di Doritos
già aperta.
Zack annuì e mi offrì le patatine ma io rifiutai
"A
quest'ora saranno dispersi nei bar disseminati per la città"
"Ma
non sono neanche le dieci di sera" obiettò Sora "La serata
è già finita?"
"La serata, amico mio, è ancora
giovane. Siamo rimasti in pochi in casa ma tra poco daremo inizio ai
giochi"
"Cos'è questa puzza di merda?" proruppe
Sephiroth entrando in cucina con una nuova cassa di birra,
probabilmente scaricata da qualche macchina.
Certo che ci
andavano giù pesante con quella roba.
"Più che merda io
direi vomito" chiarificò Zack con la bocca ancora piena di
patatine.
"Penso che sia la nuova fragranza della maglia di
Roxas" rise Sora indicando l'apocalittica macchia che sfregiava
la mia t-shirt.
"Cristo santo, ragazzo! Puzzi da far
schifo"
"Grazie per i vostri complimenti" borbottai
seccato.
Sephiroth si avvicinò pericolosamente a me con un ghigno
malvagio che gli illuminava il volto.
"Ti servirebbe una
doccia, ma prima di tutto ciò...." prima che potessi anche
solo
realizzare cosa stava succedendo, Sephiroth mi caricò sulle
spalle,
ripercorse il salotto con gran velocità e mi
gettò
nell'idromassaggio fuori al portico "... bagno di
mezzanotte!"
L'acqua bollente mi avvolse come avrebbe fatto
il fuoco durante un impetuoso incendio, la potenza del Jacuzzi fu
come un'ondata di pugni che mi colpì il volto e le mie vie
aeree
furono letteralmente inondate da quei violenti getti. Quando riemersi
mi sentii improvvisamente prosciugato di tutte le forze.
"Ma
che cazzo! Perché l'hai fatto?" sbraitai contro l'uomo dai
capelli argentei che stava ridendo come un pazzo.
"È il
karma, tu mi bagni e io ti bagno" rispose questi.
"Il
karma si era già vendicato sporcandomi di vomito" cercai di
obiettare ma l'altro scosse il capo.
"Quello non era il
karma, quella era solo sfiga"
Non ebbi nulla da ribattere a
quella risposta, mi limitai a sospirare e accettare l'aiuto ad uscire
dalla vasca offertomi da Hayner che aveva assistito a tutta la
scena. Il fatto che fossi perseguitato dalla sfiga non era nulla di
nuovo. Mi appoggiai in testa un asciugamano e iniziai a sfregare i
capelli per asciugarli.
"Ragazzi avete finito di fare gli
idioti?" una giovane donna con un abito rosa e una lunga treccia
castana ci raggiunse fuori al portico e ci riprese con la stessa
dolcezza di una madre alle prese con dei bambini piccoli - se
non ricordavo male si chiamava Aerith, quella del pollice verde "Seph
smettila di importunare i bambini!"
"Non sono un
bambino!" tentai di protestare ma ormai ci stavo
rinunciando.
"Allora gente, vi va una partitina a poker?"
si unì al gruppo la zelante Yuffie seguita a ruota da
Chelsea Bun
stranamente inquieta.
"Volentieri!" enfatizzarono Sora e
Hayner all'unisono alzando le mani in alto, mentre io incrociai le
braccia al petto, pronto a trovare una scusa per defilarmi. Me ne
sarei andato al pano di sopra, avrei abilmente evitato Leon e Cloud,
mi sarei andato a fare una bella doccia calda e poi dritto a letto.
Ma come giusto che fosse, ero troppo sfigato per far si che i miei
piani andassero a buon fine per una volta.
"Chelsea!"
esclamò Sora, ricordatosi finalmente dell'esistenza della
sua
creatura da compagnia "Perché sei così agitata?
Non ti è
piaciuta la festa, sei stanca? O qualcuno ti ha dato fastidio?"
parlava frettolosamente mentre affondava le mani nel pelo della
bestiolina in preda ai lamenti "Rooox, puoi portarla
fuori?"
"Cosa?" sbraitai a quel punto "Portacela
tu, è il tuo cane!"
"Tanto lo so che non volevi
neanche giocare a poker!"
Un giorno.
Un giorno me
l'avrebbero pagata tutti.
Un giorno il buono e disponibile Roxas
sarebbe cambiato e avrebbe punito tutti gli opportunisti che si
ostinavano ad abusare della sua pazienza.
Un giorno...
"Ma
che cazzo!" strepitai scostando malamente quel maledetto cane
che, liberatosi dei propri bisogni, adesso scodinzolava felice in
giro tra le aiuole ed era venuto a bagnarmi i pantaloni con le zampe
sporche di fango.
Mi abbassai a terra, presi un rametto e lo
lanciai lontano così da liberarmi per qualche minuto di
quella
peste.
Sora, Hayner e tutti gli altri sconosciuti si erano
praticamente coalizzati contro di me affermando che se non avessi
voluto giocare a carte con loro allora avrei dovuto almeno adoperarmi
per quel "dolce
cagnolino sofferente".
Così controvoglia e di pessimo umore, ero stato costretto ad
una
veloce doccia, a rivestirmi di abiti puliti e ad avventurarmi per
quelle strade che non avevo mai visto in vita mia.
Anche se ormai
era buio grazie ai lampioni riuscivo comunque a farmi un'idea di
quella zona e ammisi tra me e me che dopotutto non era male. Era un
quartiere residenziale con delle villette in legno non propriamente
omogenee; a differenza dei canoni inglesi a cui ero abituato qui si
susseguivano abitazioni di tutti i tipi, dai cottage a un piano alle
sfarzose case di tre piani, tutte contornate da giardini e alberi.
Una caratteristica che mi piaceva di quella città erano le
palme che
costeggiavano le strade.
"Quello è un pigiama?"
Una
voce sconosciuta proveniente dal marciapiede di fronte mi fece
trasalire, lanciai un'occhiata attorno a me per assicurarmi se non ci
fossero altre persone oltre a me e poi alzai lo sguardo alla persona
appoggiata ad un albero. La debole luce del lampione lì
vicino non
riusciva ad illuminarlo a dovere ma non c'erano dubbi che si
trattasse di un ragazzo. Era abbastanza alto e aveva dei capelli
lunghi e selvaggi di un acceso rosso cremisi, gli occhi erano invece
nascosti da un paio di occhiali.
"Che cosa?" domandai
insicuro di aver compreso bene quello che mi aveva appena
chiesto.
"Un pigiama da donna..."
Questa volta
fu una constatazione e io d'istinto portai lo sguardo sui miei abiti.
Non aveva tutti i torti affermando che fosse un pigiama
perché lo
era.
Un caldo e morbido pigiama di pile di un pallido azzurrino regalatomi
da Olette - in realtà un tempo era stato suo. Il fatto
è che da
piccoli dal momento che vestivamo taglie simili, ci divertivamo a
scambiarci i vestiti e prenderci in giro l'un l'altro, a volte
partecipava anche Sora ai nostri giochi stupidi; ed ero rimasto
attratto da quei pigiamoni così soffici e pelusciosi che
indossavano
anche le amiche di Olette durante i pigiama party. Mi sono sempre
detto che era davvero ingiusto che soltanto le ragazze potessero
avere dei pezzi di vestiario così comodi! Alla fine, un po'
perché
era cresciuta e non le andava più così bene e un
po' perché diceva
che le piaceva addosso a me, Olette aveva deciso di regalarmelo e da
quel giorno io e quel pigiama eravamo diventati amici inseparabili.
In circostanze normali non mi sarei mai mostrato in pubblico con una
chicca del genere, ci tenevo alla mia virilità e alla mia
estetica
ma le vicissitudini di quella giornata mi avevano stizzito e quindi
l'unica cosa che cercavo era un po' di pace e comodità.
"...
e non ti sta neanche male!" continuò il tizio dopo avermi
lanciato un'occhiata esaustiva.
Io inarcai un sopracciglio e
strinsi tra le mani il guinzaglio di Chelsea Bun "Dici a me?"
Lo
straniero si mise le mani nelle tasche dello striminzito jeans che
indossava e spostò tutto il peso su una gamba "Sì
che parlo
con te, bimbo. Non vedo altri biondini con indosso un pigiamino del
genere" sfoggiò un sorrisetto malizioso e con molta
probabilità
derisorio.
"Piantala di dire queste cose... che diavolo vuoi
da me?"
"Di dire cosa, la verità?"
C'era
qualcosa di quel tipo che mi dava estremamente fastidio, forse era la
sua postura scomposta o il suo sorrisetto sghembo o anche il suo tono
irrisorio. Solitamente quando mi trovavo davanti a tipi del genere
giravo sui tacchi e me ne andavo senza badare alle loro parole,
però
questa volta per uno strano motivo sentii il bisogno di
difendermi.
"Era comodo e soffice, okay? Dove abito io la
gente non si cura di quello che fai!" commentai
velenosamente.
"Anche qui nessuno ti direbbe niente"
rispose facendo spallucce l'uomo, poi lo vidi trafficare con le mani
nella giacca di pelle e ne cacciò un bastoncino di legno -
probabilmente liquirizia - che si ficcò in bocca con
nonchalance "Il
problema è che io non sono nessuno"
"Perfetto,
un altro esaltato..." sussurrai a voce bassa ma non tanto bassa
da passare inascoltata e infatti l'altro si mostrò subito
genuinamente incuriosito.
"Un altro? Hai incontrato qualcun
altro prima di me?"
"Neanche lo immagini" risposi
al pensiero di quei pazzi che affollavano la casa di mio fratello
"Piuttosto si può sapere chi diavolo sei?"
Con un gesto
teatrale lo straniero si tolse gli occhiali e rivelò degli
occhi di
un profondo e brillante verde che quasi risplendeva nel buio della
notte. A quella vista mi ritrovai a deglutire.
"Chiunque
tu vuoi che io sia..."
mi rispose cercando maliziosamente il mio sguardo.
Ignorai
deliberatamente il chiaro riferimento ad un altro noto telefilm e mi
chiesi se in quel luogo la gente conoscesse un po' di
serietà,
ovviamente la risposta doveva essere no
a giudicare dai soggetti che lo abitavano.
"Vorrei che tu
fossi il mio professore di filologia così che io possa
prenderti a
calci e non sentirmi colpevole"
"Se potessi lo farei
solo per te, ma sono un personaggio pubblico e per contratto sono
tenuto ad aver cura della mia immagine"
"Oh, per
piacere..." sbottai senza neanche guardarlo in faccia, il colore
dei suoi occhi era così magnetico da rendere le cose troppo
imbarazzanti così avevo optato per cercare con lo sguardo
quel cane
idiota che aveva deciso di sparire da un momento all'altro. Ah,
eccola lì che giocava ancora con quel ramoscello.
"Senti,
adesso devo proprio andare" il tizio dai capelli rossi piegò
le
labbra in una sottospecie di sorrisetto strafottente e si mise le
mani in tasca "Però mi ha fatto piacere conoscerti"
"A
me neanche un po'" borbottai sulle mie.
"Sono sicuro che
ci rivedremo presto"
"Allora farò in modo di rimanere
chiuso in casa"
L'uomo fece per andarsene ma ci ripensò e si
girò di nuovo verso di me "Un'ultima cosa"
"Non
dovevi andare via?"
Il suo sorriso era sempre lì e non
sembrava essere portatore di buone novelle "Datti una rinfrescata
ai pantaloni, Babyblue"
Quando
mi era saltata addosso, chelsea Bun mi aveva bagnato la parte alta
delle gambe, la macchia era così ben localizzata che
sembrava che me
la fossi fatta addosso.
Mi chiamo Roxas Strife, ho 19 anni, 3 mesi
e 21 giorni e le figure di merda sembrano aver sviluppato un
particolare fetish verso di me persino in vacanza.
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
Character
Profile
Nome:
Roxas Cooper
Soprannomi:
bimbo,
Epic Fail, Baby Blue, Sunshine, Trilli, Jesse McCartney degli
sfigati
Età:
19 anni, 3 mesi e 21 giorni
Data
di nascita:
si ostina a non rivelarlo
Ama:
Hayner, il tè delle 17 (solo se comprato da Whittard
di Chelsea),
i libri antichi, la storia, la regina Elisabetta e nutre una segreta
simpatia per gli One Direction
Odia:
Sora, Chelsea Bun, Axel, Demyx, i suoi genitori, il suo professore
che gli ha negato il tirocinio
Personalità:
rappresenta il cliché del tipico noioso
soggetto londinese,
non a caso sembra orgogliosissimo delle proprie origini e della
propria terra di nascita, e crede fermamente nella propria
superiorità intellettuale rispetto agli altri anche se
è
costantemente perseguitato dalla sfiga. E’ uno studente di
filologia, convinto che parlare solo la purissima lingua britannica
lo aiuterà a salvare il mondo e a sconfiggere lo slang
americano che
affligge la società moderna; la sua aria da maestrina
bipolare lo
rende facile vittima delle prese in giro altrui anche se non sempre
sembra accorgersene. È fanatico dell'ordine, della pulizia e
della
privacy. Più volte è stato scoperto a indossare
abiti femminili.
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
NEXT
2. Homosexual Assumptions
"Rox tu non puoi capire, mi sento tanto come Fievel quando
sbarcò in America"
"Sora, Fievel era un topo... ti senti come un topo?"
"Era un topo felice..."
"Patatine? Credevo che a poker si usassero i soldi"
"Non quando c'è Leon. Da quando ha iniziato a partecipare
alle nostre serate
non ci permette di usarne... e lui non si perde una partita!"
"Soprattutto
ora che si è unito anche Cloud. Prima riuscivamo a giocare
seriamente anche
una volta a settimana, ora è patatine su tutti i fronti"
"Io vi
avevo detto che era una questione di tempo prima che questi due
tornassero ad affrontarsi. Dio, la tensione tra di loro si potrebbe
tagliare con un coltello"
"Tensione sessuale"
"Non parlate di noi come se non ci fossimo"
"Okay gente, vi siete ricordati di portare la macchina fotografica? No?
Nessun problema, ci ha pensato Yuna"
"Quindi era tutto pianificato?"
"Ovviamente, mio caro Spiky.
Ora alzati"
"Sicura
che mi metterete qualcosa addosso? Perché sono rimasto in
muntande e se
hai intenzione di levarmi anche quelle non sarò
più tanto buonista"
"Regole del gioco, Cloud. Tu le conosci, hai accettato, hai
partecipato..."
"...e hai perso spettacolarmente! Ecco il tuo pegno"
"Scarpe con tacchi a
spillo?!"
"Ah, la gioia di tutte le donne"
"Rox cerca di calmarti altrimenti spaventerai i clienti"
"Me
ne frego dei clienti! Non riesco ad accettare di essere finito in una
situazione del genere e soprattutto per colpa tua... appena
questo incubo
finirà, denuncerò Yuffie per lesioni morali"
"Ricordati che ci ha trovato un lavoro e la paga è anche
buona"
"Sora, sono vestito come una fottuta cameriera lolita!"
"Almeno le zeppe ti slanciano!"
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Capitolo 3 *** 2. Homosexual Assumptions (part 1) ***
Mi
chiamo Roxas Cooper, ho 19 anni, 3 mesi e 23 giorni e ho la sfortuna
di essere imparentato con un'ameba di nome Sora.
Il motivo
all'origine di tale affermazione stava proprio nel piccolo localino
in legno che torreggiava davanti a noi. Un anonimo bar dal soffitto
basso e il tetto di paglia, con un insegna ovale rossa che svettava
sopra la porta d'ingresso e, sullo sfondo, il rosso tramonto che dava
sull'oceano.
Quello era il Crimson Jazz.
Altresì conosciuto
come il luogo in cui la mia dignità sarebbe definitivamente
andata a
farsi fottere.
"Rox cerca di calmarti altrimenti spaventerai
i clienti"
E quello accanto a me era Sora, la sciagura della
famiglia, il risultato di qualche maleficio inflittomi da qualcuno
che mi voleva davvero male nella vita passata, colui che sembrava
aver inconsapevolmente venduto la sua anima al diavolo pur di rendere
la mia esistenza un vero inferno a causa della sua
stupidità.
La
sua voce mi aveva riportato alla realtà dalla miseria del
mio animo
travagliato e aveva risvegliato in me una serie di sentimenti
contrastanti nei suoi confronti: in quel momento avrei potuto
ucciderlo o torturarlo, ma sapevo che non mi conveniva tale estremo
gesto perché altrimenti sarei finito in prigione, quindi
avrei
dovuto limitarmi a fargliela pagare in qualche altro modo. La
riduzione in schiavitù forse era la soluzione ideale.
"Me ne
frego dei clienti! Non riesco ad accettare di essere finito in una
situazione del genere e soprattutto per colpa tua...”
sbraitai
ostile, senza staccare il torvo sguardo dal locale davanti a noi
“Appena questo incubo finirà, denuncerò
Yuffie per lesioni
morali"
Sora ridacchiò imbarazzato, si portò una mano tra
i
capelli per sistemarsi la cuffietta che aveva in testa e
seguì il
mio sguardo "Ricordati che ci ha trovato un lavoro e la paga
è
anche buona”
A quella blanda giustificazione, mi girai verso di
lui con fare sgomento ma prontamente lo fulminai con il più
malevolo
sguardo omicida del mio ampio repertorio.
"Sora, sono
vestito come una fottuta cameriera lolita!"
Semmai avessi
avuto un libro sulla mia vita in cui, sfogliando le pagine, avrei
potuto rivedere ogni singolo evento che avevo vissuto, sapevo che
questo giorno sarebbe rientrato nella lista nera delle giornate
più
sbagliate della mia esistenza – ovviamente assieme al giorno
in cui
ero venuto al mondo assieme a quell'essere dal livello di idiozia
esorbitante.
Quelle mie parole dovevano essere il punto finale
della discussione, nessun conforto o obiezione poteva concludere tale
dramma, eppure quella disgrazia che mi ritrovavo come fratello non
poté fare a meno di avere l'ultima parola.
"Almeno le zeppe
ti slanciano!" mi rivolse un ampio sorriso e io mi appellai a
tutta la pazienza di cui ero dotato e repressi i miei più
ancestrali
istinti violenti.
Anche Sora era vestito come me ma forse era
troppo stupido per esserne turbato.
#2. Homosexual
Assumptions (part 1)
Quella sera, dopo aver portato fuori
Chelsea Bun e aver fatto un'epocale figura di merda con uno
sconosciuto, mi guardai bene dal frequentare luoghi in cui avrei
potuto sicuramente incappare in qualcuno. Dal momento che non c'era
anima viva, decisi di rifugiarmi sulla spiaggia adiacente al portico
di casa e approfittai di quel breve momento di pace e
tranquillità
per riposare la mente in vista di quella che si prospettava una
vacanza davvero stressante.
Per un'oretta o poco più rimasi in
compagnia del rumore delle onde dell'oceano che si infrangevano
contro gli scogli e di Chelsea Bun che correva e giocava felice nella
sabbia. In quel momento mi sentivo in armonia con il mondo attorno a
me e per poco mi dimenticai quasi del rimpianto di aver lasciato,
anche se solo momentaneamente, il caos di Londra.
Forse avrei
potuto dare un'opportunità a questa città -
magari mi sarebbe pure
piaciuta, in barba al mio odio per l'America - però prima di
tutto
avrei dovuto parlare con Cloud e chiarificare che diavolo stava
succedendo.
E fu con questi pensieri che occupavano la mia mente
che rientrai in casa chissà a che ora della notte, non
doveva essere
molto tardi ma comunque tutte le luci erano spente e nessuno era in
vista; portai Chelsea Bun nella sua cuccetta in soggiorno e mi
assicurai che rimanesse lì, intercettai fugacemente la
figura
incosciente del fanatico di spade in cosplay (si chiamava Sephiroth
vero?) sbracata sul divano, e mi affrettai a raggiungere la stanza
degli ospiti in religioso silenzio per non svegliare nessuno, mi
infilai nel letto e mi avvinghiai al corpo caldo di Hayner.
Non mi
ci volle molto a scivolare nel profondo baratro del sonno, ma sono
sicuro che prima di addormentarmi del tutto Hayner mi aveva stretto a
sé.
Il mattino dopo però non ci furono baci e carezze a
svegliarmi ma uno strano peso che era atterrato con violenza sul mio
stomaco, facendomi letteralmente prendere un colpo, e aveva iniziato
ad abbaiare nell'istante in cui avevo sgranato gli occhi. In un primo
momento non riuscii a registrare completamente cosa fosse successo,
dato che ero troppo preoccupato a regolarizzare il respiro e i
battiti del cuore che sembrava volesse uscirmi dal petto; quando
riguadagnai piena coscienza, la prima cosa che notai fu quel cane
spastico che si era seduto sul mio stomaco come se quello fosse il
suo trono e successivamente mi accorsi di essere osservato. Un
brivido di freddo mi percorse la spina dorsale quando intercettai uno
sguardo freddo e pungente, pronto a trafiggermi nella maniera
più
brutale possibile, e non potei fare a meno di lasciarmi scappare un
grido di sorpresa nel riconoscere mio fratello Cloud che torreggiava
su di me con la stessa aria di potenza di una divinità nei
confronti
di un povero mortale.
"Cl-Clo-Cloud" feci per dire
qualcosa ma la mia attenzione fu poi catturata da un guaito ovattato,
e scorsi sul letto accanto a me Sora legato come un salame.
Immediatamente la realizzazione si fece strada in me e compresi che
nel giro di pochi istanti sarei morto: Cloud doveva essere venuto a
vendicarsi per averlo interrotto in quel momento di
intimità
con Leon.
Alla
fine mi ero preso un grande spavento per niente perché
Cloud, al mio
sgomento, si era prontamente scusato e mi aveva spiegato che voleva
sfruttare la calma della mattina per conversare con me e Sora dato
che non era riuscito a farlo prima.
“E
dal momento che non ti svegliavi ho pensato di venire a farlo di
persona” spiegò poco dopo, giustificando la sua
presenza nella
stanza “Quindi benvenuti in California”
“E
perché mi hai lanciato addosso il cane?”
interloquii mettendomi a
sedere una volta che mi fui liberato di quella palla di pelo, Cloud
scrollò le spalle.
“Si
aggirava per il soggiorno come un'anima in pena, penso che abbia
fame. Dovresti averne più cura”
“Quello
è il cane di Sora, io non sono tenuto a occuparmi di
lei” ribattei
indignato e seguii con lo sguardo Chelsea Bun che adesso stava
annusando quell'idiota del suo padrone ancora legato “E
lui?”
chiesi poi inarcando un sopracciglio, vagamente divertito nel vedere
Sora che si lamentava e si dimenava.
“Lui
farebbe bene a pensarci due volte prima di rubare i miei involtini
primavera”
Corrucciai
la fronte e guardai Sora con fare di rimprovero.
“Sor
lo sai che non devi toccare gli involtini primavera di Cloud”
mormorai scuotendo il capo. Cloud era una persona tranquilla e
pacata, senza particolari vizi né pecche; le uniche cose che
sembravano animarlo erano gli involtini primavera. Erano come una
droga per lui, per capirci quando aveva quegli involtini davanti
cambiava atteggiamento come Smeagle aveva fatto in presenza
dell'Anello e si era trasformato in Gollum. In
pratica chi gli
toccava quella roba era morto e tutti quelli che lo conoscevano
avevano imparato questa regola per convivere pacificamente con Cloud.
Mi
sporsi verso mio fratello e con un gesto deciso gli strappai il pezzo
di scotch dalla bocca e dai polsi.
“Io
non ho rubato niente” lo sentii piagnucolare
“Volevo solo fare
colazione”
Cloud
lo trafisse con lo sguardo “Ladro, ti sei finito pure il riso
al
curry!”
Prima
che iniziasse un battibecco, scattai sulle gambe e mi frapposi tra i
due ma fu troppo tardi perché ormai era in corso una vera e
propria
disputa su chi avrebbe potuto prendere cosa dalla dispensa o dal
frigorifero, seguito a ruota da minuziose puntualizzazioni su chi
avesse sempre cucinato o fatto la spesa tra i due quando vivevamo
ancora a casa dei nostri genitori. Se vogliamo essere sinceri la
risposta era Roxas perché quando mamma e
papà erano in
viaggio mi occupavo io di tutto - se avessi aspettato loro penso che
saremo morti tutti di fame - ma non dissi niente e mi tenni fuori
dalla discussione per amor dei miei nervi, però quando anche
Chelsea
Bun iniziò ad abbaiare, coinvolta dalla foga della
situazione, non
ce la feci più. Mi alzai dal letto, raggiunsi la porta e la
sbattei
con violenza per richiamare la loro attenzione.
“Signori,
cerchiamo di comportarci da persone adulte!” esclamai ormai
esasperato, nonostante fossi sveglio da non più di una
trentina di
minuti.
“Ha
cominciato Cloud!”
“E
tu devi ricevere la punizione divina”
“Qualcuno
mi dia la forza di arrivare al termine di questo
soggiorno...” mi
schiaffai una mano in faccia e mi lasciai cadere sul letto a peso
morto.
Qualche
minuto di riorganizzazione dei pensieri e una pausa bagno dopo, ci
sedemmo tutti a tavolino per parlare come delle persone adulte e
ragionevoli quali avremmo dovuto essere data la nostra età.
“Adesso
che abbiamo messo tutti i risentimenti da parte, proporrei di
ricominciare la giornata con il piede giusto, facendo una bella
chiacchierata come dei fratelli che non si vedono da anni”
annunciai accomodandomi sul divano appena rifatto.
“Il
che sarebbe pure vero” sottolineò Cloud
incrociando le braccia
mentre si sedeva accanto a me, Sora invece era seduto sulla sua
poltrona assieme a Chelsea Bun ed era intento a spazzolarla. Corrugai
immediatamente la fronte, gli avevo detto mille volte che questo
lavoro doveva farlo fuori perché quella bestia perdeva
tonnellate di
pelo e alla fine lasciava me a pulire tutto.
“Posso
aprire una piccola parentesi?”
“Che
diavolo vuoi adesso, Sor?” risposi infastidito.
L'ignaro
oggetto delle mie maledizioni mentali alzò lo sguardo e
guardò me e
Cloud con fare interrogativo “Perché la casa
è così tranquilla?
Dove sono finiti tutti gli altri?”
“Effettivamente
ora che ci penso è vero” risposi chiedendomi che
fine avesse fatto
Hayner, a quel punto mi alzai e andai a cercare il cellulare per
controllare eventuali messaggi o chiamate perse.
“Li
ho mandati tutti fuori” spiegò Cloud con una
scrollata di spalle
“Volevo scambiare due parole con voi senza avere gente tra i
piedi”
Niente.
Hayner
non si era degnato di lasciarmi neanche un messaggio in segreteria.
Bloccai
il cellulare e tornai a sedermi con un sospiro “Lo stesso
vale per
me, anche se prima di ciò mi aspetterei di sapere che ne hai
fatto
degli altri”
“Olette
è in spiaggia con Yuna e Aerith mentre a Hayner ho dato 50
dollari
per andare a fare colazione”
“Ma
se è mezzogiorno!” esclamai guardando l'orario sul
display.
“Vorrà
dire che farà un brunch”
“Un
brunch costoso” ridacchiò Sora senza staccare lo
sguardo dal cane
“E Leon?”
“Lui
è catatonico sul divano a smaltire i postumi della sbornia
di ieri”
Io
e Sora ci lanciammo un'occhiata di intesa e preferimmo non indagare
oltre.
“Mamma
e papà come stanno? Non li sento da una vita, ho come
l'impressione
che ce l'abbiano ancora con me”
“Con
chi non ce l'hanno quei due” ridacchiai piegando le braccia
dietro
il capo a mo' di cuscino e mi appoggiai allo schienale, Sora
protestò
al mio commento ma io lo ignorai “Se vuoi la
sincerità sì, papà
è incazzato ma pare che abbia messo tutto da parte per
concentrarsi
a odiare me e Sora... più me in realtà, Sora ha
il ristorante...”
mi corressi alla fine.
“Credevo
che invecchiando avrebbe cambiato carattere”
“Papà
non è cattivo” affermò Sora, lasciando
finalmente andare Chelsea
Bun “È solo un po' austero e all'antica...
però ci vuole bene”
Cloud
inarcò un sopracciglio e accavallò le gambe per
mettersi più
comodo “Non mi pare normale che un genitore si impunti se suo
figlio non vuole portare avanti l'attività di famiglia.
È così
recidivo che i nostri rapporti si limitano ai soli auguri a Natale e
ai compleanni”
“E
poi c'è la mamma che è una pazza”
borbottai accodandomi alla
precedente affermazione “Tutti i figli quando crescono
vogliono la
propria indipendenza ma se fosse per lei dovremmo vivere sotto al suo
tetto fino ai quarant'anni. Ho fatto carte false per prendere casa
appena finita la scuola e deve ringraziare se ho deciso di seguire
l'università a Londra e non altrove”
“Sarebbe
morta in caso contrario” Cloud abbozzò un
sorrisetto “Voi sete i
piccoli di famiglia, se l'abbandonate voi si sentirebbe persa”
Sora
assentì soddisfatto, io invece mi lamentai internamente per
il mio
triste destino e alla fine decisi di dare aria alla domanda che mi
stava assillando ormai da una settimana a questa parte.
“Piuttosto,
Cloud, perché ci hai fatti venire fin qui? Non sei il tipo a
cui
piace coinvolgere altri nella sua vita privata e conoscendoti non ci
avresti fatto fare tutte quelle ore di viaggio solo per prendere
parte ad una festa... soprattutto se era quel bidone di ieri
sera”
“È
vero” confermò Sora “Per caso hai vinto
un Oscar o qualcosa del
genere?”
“No,
ma prima di rispondere a questa domanda volevo chiedervi prima una
cosa. Avete sentito Ven? Ho provato a chiamarlo a casa sua ma non
sono riuscito a rintracciarlo”
Io
inarcai un sopracciglio e lanciai un'occhiata perplessa a Sora che
inarcò le spalle.
“L'ultima
volta che l'ho sentito era a Forteventus-...For-...Fuerte... ohhh era
alle Canarie” mugugnò Sora spazientito.
“Fuerteventura
per caso?” lo corressi “Ma che diavolo dici, Ven mi
ha chiamato
un paio di mesi fa e mi ha detto che era a a Bells Beach, in
Australia!”
“Ma
sei pazzo? Era alle Canarie, l'ho sentito con le mie orecchie”
“Allora
non c'è da fidarsi”
“Calma
ragazzi, dov'è finito è irrilevante. In poche
parole manca da
Parigi da un po'... si sta facendo una bella vacanza lo
scemo”
acconsentì Cloud e a quelle parole rimanemmo tutti in
silenzio per
qualche istante.
“Appena
lo vedo glielo faccio ingoiare quel cellulare, tanto non lo usa per
nulla” sputai velenosamente.
“D'accordo,
di Ven ci occuperemo in seguito” Cloud riprese parola e
ritornò
all'argomento iniziale, sembrava ora insofferente dalle troppe
chiacchiere “Sora, Roxas, vi ho convocati entrambi a passare
l'estate qui per un motivo ben preciso. Non ho molto da dire e non
sono intenzionato a rivelarvi ulteriori dettagli, voglio solo che
sappiate che mi sposo”
“COSA?!”
esclamammo in coro .
“Mi
sposo” ripeté lui con tutta la calma del mondo. Io
non riuscii ad
articolare alcun pensiero concreto ma Sora sembrava aver digerito la
notizia meglio di me.
“Allora
ti sposi con Leon? Si può fare?”
“No,
non con Leon”
“Ma
noi ti abbiamo visto con lui ieri” tentò di
protestare ma fu
prontamente bloccato da Cloud che tagliò a corto con un
gesto della
mano.
“Tra
me e Leon non c'è niente. A tal riguardo vorrei chiedervi di
dimenticare tutta quella storia”
“Sicuro?
A me e Roxas sembra il contrario”
“Voi
non avete visto niente”
“Ma-”
“Discorso
chiuso” disse con tono imperioso che non accettava
proteste.
“Si
può sapere almeno con chi ti sposi?” provai a
insistere io con un
tono più ragionevole.
“No”
“Almeno
dicci se è maschio o femmina”
Di
tutta risposta Cloud si alzò e se ne andò, tipico
da lui, e nella
stanza non rimanemmo che io e Sora ancora esterrefatti da quella
rivelazione. Mio fratello però, che era più
avvezzo ai cambiamenti
e alle novità, non poteva fare a meno di mostrare
un'espressione
entusiasta.
“Cloud
si sposa, Cloud si sposa!” disse elettrizzato, stringendo i
pugni
con fare vittorioso.
“Ancora
non riesco a crederci” mormorai invece io con sguardo perso
nel
vuoto.
“A
chi lo dici! Fremo dalla voglia di iniziare ad organizzare i
preparativi!”
“Cosa?”
“Rox
non l'hai capito? Se ci ha chiamati qui e ci ha detto che si sposa
significa che vuole che lo aiutiamo a organizzare le nozze!”
Lo
guardai scandalizzato “Stai scherzando”
“Lo
conosci Cloud, questa è il suo tacito modo per farci capire
che ci
vuole bene e, anche se è un incapace nelle relazioni
sociali, vuole
che noi facciamo parte dei passi più importanti della sua
vita”
“A
volte mi stupisci, Sora. Come hai fatto a realizzare un pensiero
così
profondo?”
“Che
antipatico che sei” mise il broncio.
Lo
scrutai pensieroso e poi guardai il pavimento con interesse, in quel
momento non c'era niente di più appassionante che contare le
mattonelle. Mi ripetei in mente un altro paio di volte quello che
Sora non faceva altro che dire a voce e finalmente mi girai verso mio
fratello.
Cloud
si sposa.
Sicuramente
tante cose sarebbero cambiate da ora nella famiglia.
“E
mamma e papà? Perché non ha chiamato anche
loro?” sussurrai alla
fine.
Sora
piegò il capo di lato e con un dito si torturò il
labbro inferiore
“Forse perché se l'avessero saputo avrebbero
subito tentato di
monopolizzare tutto”
Corrugai
la fronte e fui sul punto di ribattere che nonostante fossero due
rompiscatole, erano comunque i nostri genitori e avrebbero dovuto
essere al corrente di un evento del genere, ma mi fermai e scossi il
capo. Rimasi qualche altro minuto immerso nei miei pensieri, con lo
sguardo fisso sul panorama fuori la finestra e sintetizzai la
notizia. Ormai stavamo crescendo, ognuno si stava costruendo la
propria vita. Mamma e papà, anche se alla lontana, avrebbero
sempre
fatto parte della nostra vita ma dovevano accettare le nostre scelte.
E ora toccava a Cloud decidere cosa fare della sua vita.
"Rox
tu non puoi capire” Sora interruppe il filo dei miei
pensieri.
Alzai lo sguardo e lo vidi che saltellava per la stanza come un
emerito idiota “Mi sento tanto come Fievel quando
sbarcò in
America"
"Sora, Fievel era un topo... ti senti come un
topo?"
"Era un topo felice..."
“E
perché saresti felice?”
“Perché
finalmente dopo tanto tempo ci siamo riuniti”
“Manca
ancora qualcuno all'appello” sottolineai abbozzando un
sorrisetto e
Sora fece altrettanto, il suo però era ampio e gioioso.
“Sai,
credo proprio che sia vero quello che si dice dell'America.
È il
luogo in cui tutti possono riscattarsi ed essere felici”
“Sei
un proprio sognatore” sospirai rasserenato e voltai di nuovo
lo
sguardo verso l'oceano che si vedeva dalla finestra della stanza.
Forse
aveva ragione.
Forse
per una volta tutto sarebbe filato liscio, avremo potuto ricucire i
rapporti e lasciarci alle spalle tutti i problemi della nostra
famiglia.
...dopotutto
sognare non aveva mai fatto male a nessuno.
“Ohhh,
che carino”
“Non
è carino, 'Lette”
“Baby
blue, eh?” fece eco Leon, assaporando le parole
“Non mi sembra
una presa in giro”
“È
un insulto alla mia persona” ribattei arrossendo leggermente.
Dopo
la chiacchierata assieme a Cloud, la giornata era passata piuttosto
fiaccamente. Cloud era sparito nel nulla con la scusa di dover badare
a delle faccende (bel padrone di casa, aggiungerei!), Leon non
sembrava voler far nulla a parte che oziare, Olette era tornata dalla
spiaggia verso metà pomeriggio con la pretesa di essere
sfinita,
Sora era stato bandito dalla cucina quindi non avrebbe potuto
né
mangiare né cucinarci la cena, Hayner non si era ancora
fatto vivo,
e io stavo valutando l'idea di iniziare a studiare e anticiparmi il
programma in vista dei corsi che sarebbero ricominciati a settembre,
ma il casino che stava facendo quell'ameba di Sora mi fece desistere.
E così finimmo in giardino, nella vasca idromassaggio mentre
Sora
giocava col cane, tutti immersi nel tiepido tepore di quel tramonto
dal cielo tinto di rosso e il mare divenuto di un'accesa gradazione
di arancione; la spiaggia collegata da un cancelletto al cortile di
casa si stava lentamente svuotando di tutte le persone che la
popolavano durante le ore più calde della giornata. In
lontananza,
sulla costa, si vedeva un lungo pontile sul quale vi era una ruota
panoramica che vegliava sulla città e che ora si era tinta
di blu.
Quella
era Santa Monica, una piccola cittadina a due passi da Beverly Hills.
Uno di quei posti paradisiaci che si vedono solo nei film, un luogo
incantevole direbbe una persona normale, ma io, Roxas,
avevo
accettato di sbarcare fin qua giù non per poltrire,
bensì per
iniziare ad accumulare del materiale per la mia tesi che avrei avuto
tra qualche anno.
Meglio
iniziare prima che mai, oh!
“Quanto
la fai lunga, Rox. Sei davvero noioso, sai?”
commentò Olette
incrociando le braccia sul bordo della jacuzzi e vi appoggiò
il
viso. Mugolò per qualche istante, estasiata dal getto di
acqua
rilassante e poi tornò di nuovo a parlare
“È stato carino invece,
anche io vorrei essere chiamata così da qualcuno”
“Tu
hai Pence, non appellarti al qualcuno”
ribattei lanciandole
un'occhiataccia e lei di tutta risposta mi fece la linguaccia.
“Sono
una donna libera come una farfalla al momento”
Leon
ridacchio e afferrò il suo bicchiere di limonata che aveva
precedentemente appoggiato sul bordo della vasca
“Però non hai né
un pigiama azzurro né gli occhi azzurri come Roxas, se ti
chiamassero baby green non penso che farebbe lo stesso
effetto”
“E
perché no?” Olette parve stupita da
quell'affermazione ma il
castano non le rispose subito, giusto per il gusto di tenerla sulle
spine, studiò accuratamente il contenuto all'interno del
bicchiere e
poi fece un sorso con la cannuccia.
“Perché
a quanto pare il nostro sconosciuto è un cultore di buona
musica”
dichiarò alla fine.
Io
sbuffai scocciato e mi tuffai sott'acqua, per quello che mi era
permesso date le esigue dimensioni, e mi maledissi per aver iniziato
a raccontare a Olette dello sfortunato incontro con lo sconosciuto
dai capelli rosso fuoco della sera precedente, a noi si era poi unito
anche Leon perché a quanto pare gli piaceva fare salotto.
Sora
invece per mia grande fortuna non ci aveva badato più di
tanto
perché era troppo occupato a corteggiare la sua cagnetta e
quindi mi
aveva risparmiato dalle sue domande a raffica.
Quando
riemersi in superficie, mi passai una mano tra i capelli e me li
sistemai di lato come mio solito e mi voltai di scatto quando udii la
porta finestra del salotto aprirsi e richiudersi sonoramente.
“Ragazzi
ho una notizia fantastica!”
Hayner
era arrivato in giardino correndo euforicamente e sventolando al
vento quelli che apparentemente sembravano dei pezzi di carta. Tutti
alzammo il capo verso di lui ma solo Sora, seduto su un lettino poco
lontano da noi lo salutò con entusiasmo “Di che si
tratta?”
“Come
avevo detto a Roxas tempo fa, tra due settimane i Pyromniacs si
esibiscono al Nokia Theatre a Los Angeles!”
“Chi?”
mi intromisi, non avendo idea di cosa stesse parlando ma Olette mi
parlò da sopra con voce stridula.
“Wow
dici davvero? Io li adoro!”
Hayner
sorrise malizioso e si fece aria con quei bigliettini che aveva in
mano “Lo so, cara. Secondo te perché ho preso
quattro biglietti?”
Io
inarcai un sopracciglio.
Olette
scattò subito in piedi e trattenne a stento un urlo di gioia
“Come
hai fatto ad averli? Io pensavo che fossero finiti da un bel
pezzo”
Li
guardai scandalizzato durante il loro scambio di informazioni e
attesi il momento in cui calmassero i loro spiriti per cercare di
capire di che stavano parlando.
“I
Pyromniacs sono un gruppo abbastanza conosciuto da queste
parti”
chiarificò Leon come se mi avesse letto nel pensiero, prese
un altro
sorso dalla cannuccia “E non sono neanche male”
“Esatto.
E tu dovresti saperlo perché io te ne ho parlato un sacco di
volte”
“Scusa
se non ricordo tutti i cantanti che ascolti, ne nominerai un migliaio
al secondo!”
“Hai
presente la suoneria delle Quattro Stagioni che ti ho impostato? Ecco
sono proprio loro”
Se
per Quattro Stagioni intendeva quella cover trash metal di cui ho
già
avuto modo di citare allora potevo affermare con sicurezza che la
musica di quei Pyromniacs mi faceva davvero ribrezzo.
“Loro
sono fantastici! Appena li vedrai non te li dimenticherai tanto
facilmente” intervenne Olette, le sue parole mi sembravano
tanto
una minaccia “Allora dove hai trovato i biglietti?”
Hayner
sorrise e andò a sedersi su un lettino vicino a quello di
Sora “Ero
in un negozio di musica alla ricerca di qualcosa di interessante.
Inizio a chiacchierare con il proprietario che era proprio
interessato dal fatto che anche io gestisco un'attività del
genere... in breve quando gli faccio il nome di Cloud, vengo a
scoprire che lui può procurare dei biglietti dei Pyromniacs
perché
è un amico del manager. E quindi eccoci qui”
“E
dovei avresti preso i soldi per pagarli? Non penso siano tanto
economici” domandai scettico.
“Quello
di Olette è un regalo da parte di Pence” Hayner
annunciò con un
sorriso e la mia amica si sciolse in un brodo di giuggiole
“Mentre
questi tre sono un regalo per te e Sora da parte mia per ringraziarvi
di questo viaggio”
“Adoro
i concerti” esclamò Sora “Non conosco i
Pyromniacs ma ti
ringrazio per il gesto”
“Allora
non sei tanto povero come dicevi di essere” borbottai
ignorando
Sora “Ti sei fatto pagare il volo e tutto”
“Non
ho mai detto di essere povero ma non sono ricco come te”
“La
mia famiglia lo è ma non io!”
“E
quindi Cloud conosce il gruppo?” Sora domandò a
Leon e lui annuì.
“Li
conosco anche io in realtà, hanno lavorato alla colonna
sonora del
nostro film”
“Non
vedo l'ora di vedere Axel Ramirez dal vivo” vociò
Olette con
espressione incantata.
Probabilmente
ero l'unico a cui non interessava tutto ciò, però
ero comunque
felice per quel regalo di Hayner.
Finché
potevamo fare qualcosa insieme a me andava bene tutto.
Appena
uscii dalla vasca idromassaggio e fatto una doccia rinfrescante,
Hayner mi portò a fare una passeggiata sulla promenade
principale di
Santa Monica dal momento che ero li da quasi più di
ventiquattro ore
e non avevo ancora messo piede fuori da casa. Ci fermammo al primo
chioschetto di panini che trovammo e ordinammo un hot dog per lui e
un sandwich con insalata e pomodoro per me. Appena il mio ordine fu
pronto Hayner storse il naso.
“Ti
fai sempre riconoscere tu”
“Cosa
intendi?” domandai ignaro dando poi un morso al mio sandwich.
“Sei
in vacanza Rox, goditi un po' la vita e piantala di mangiare sempre
questa roba da vegetariani”
“Scusa
se a me piace mangiare sano, non vedo come la mia dieta possa
offenderti” borbottai contrariato, lui di tutta risposta
diede un
morso al suo hot dog, mi mise un braccio attorno alle spalle e mi
guidò verso una panchina vicina.
Lui
sospirò “Non ci pensare”
Io
mi appoggiai a lui e iniziammo a mangiare in silenzio, guardando con
scarso interesse la folla che riempiva le strade della
città, ora
illuminata in vista della sera. Il paesaggio era completamente
opposto a quello che ero abituato a vedere; io provenivo da una
grande metropoli dove pioveva un giorno sì e l'altro pure, e
trovarmi ora catapultato in una piccola cittadina dove era
perennemente estate, con un assetto architettonico totalmente diverso
e una lingua simile alla mia ma così oscena che mi
sanguinavano
quasi le orecchie*, mi faceva sentire un tantino fuori posto.
“Che
hai fatto stamattina?” domandai a un certo punto.
“Te
l'ho detto” mugugnò Hayner finendo il suo panino
“Sono andato a
fare un giro per i negozi, non è male qui” prese
un sorso d'acqua
dalla bottiglietta che avevamo comprato poco prima e me la porse, io
scossi il capo e la rimise nel mio zaino “Però
domani ti porto in
centro. Andiamo a fare un giretto a Beverly Hills” concluse
con un
gran sorriso.
Io
annuii e risposi al suo sorriso.
A
Beverly Hills avevo letto che c'era una bella biblioteca ben fornita,
magari mentre lui girava io avrei potuto aspettarlo lì.
Chissà
se era fornita la sezione di Linguistica
e Glottologia,
l'America era stata la casa di numerosi linguisti che avevano fatto
storia. Il cuore stava iniziando già a battere forte al solo
pensiero di tutta la conoscenza di cui avrei potuto appropriarmi.
Mmm,
orgasmo intellettuale.
“E
tu che hai fatto oggi?”
“Ah”
mi riscossi dai miei viaggi mentali e dissimulai il mio imbarazzo
tornando a guardare la città illuminata davanti a noi
“Stamattina
sono stato con Cloud e Sora, abbiamo chiacchierato un po'... sai cose
così”
Hayner
annuì e allungò le braccia sullo schienale della
panchina, stese le
gambe davanti a sé e alzò lo sguardo al cielo
buio. Vicino al mare
si vedevano molte più stelle che in città.
“Cloud
si sposa” dissi di punto in bianco e lui si rigirò
di nuovo verso
di me.
“Che?”
“Quando
me l'ha detto non riuscivo a crederci” mormorai a bassa voce
“È
per questo che ci ha chiesto di venire qui”
“Tu
lo sapevi?”
“No,
l'ha detto stamattina a me e Sora”
“E
a quando le nozze?”
Io
scossi il capo, quell'informazione mi era sfuggita.
“Non
ho portato neanche lo smoking”
“Per
me potresti andarci anche nudo, saresti molto più
carino” disse
Hayner con faccia seria e io ridacchiai.
“Piuttosto,
si sta facendo tardi, perché non iniziamo a tornare a
casa?”
Mi
alzai dalla panchina, andai a buttare le carte dei nostri panini e
poi gli offrii una mano per aiutarlo ad alzarsi. Lui accettò
volentieri e iniziammo a camminare, mano per mano, a ritroso per le
vie della città, finché un lampo di rosso non
catturò la mia
attenzione.
Una
chioma di fuoco piuttosto familiare entrò nella mia visuale
e, con
un po' di fatica riconobbi lo sconosciuto che avevo incontrato la
sera precedente. L'idiota con gli occhiali da sole in piena notte che
mi aveva chiamato Babyblue, per intenderci.
Non
riuscii a trattenere un'esclamazione di pura sorpresa, mista a
terrore e, senza neanche pensarci, trascinai Hayner accovacciato
accanto a me dietro un'aiuola.
“Ma
che diavolo fai, Rox!” protestò questi, ma io lo
ignorai e gli
feci cenno di star zitto. Mi sporsi leggermente e notai quello strano
ragazzo passarci accanto indisturbato, ad essere sinceri non sapevo
neanche perché diavolo mi stavo nascondendo ed ero tanto
agitato,
forse ero intimorito che mi riconoscesse e potessi di nuovo fare una
figura di merda. Pensandoci bene però poteva anche non
ricordarsi
affatto di me e magari non era neanche serio quando aveva detto di
essere sicuro che presto ci saremmo rivisti.
Notai
poi che una ragazza, con dei codini rossicci rosati, si era buttata
al suo collo e lo abbracciava calorosamente, e uno strano disagio
crebbe in me, probabilmente quella doveva essere la sua ragazza, ma
perché io mi sentivo quasi... turbato?
Nah,
forse era un po' di malinconia perché Hayner non mi
abbracciava così
forte quando eravamo insieme.
Quando
i due furono abbastanza lontani mi alzai in piedi e iniziai a
camminare a passo spedito verso casa, Hayner si alzò e mi
raggiunse
di corsa “Ehi Roxas, che ti prende?”
“Andiamo
a casa” conclusi senza staccare lo sguardo dalla strada
davanti a
me.
Quando
arrivammo a casa mi accorsi che c'era qualcosa di strano. Non capii
immediatamente di cosa si trattasse ma era un presentimento, e a
rafforzare tale tesi si mettevano le chiacchiere concitate e la puzza
di fumo che io e Hayner avvertimmo una volta entrati nel vialetto. La
sera era scesa e tutte le case erano già illuminate, il
quartiere in
cui Cloud e Leon vivevano era particolarmente tranquillo ma non mi
sarei mai immaginato che gli elementi di disturbo fossero loro, o
meglio quelle persone che quotidianamente occupavano abusivamente la
loro dimora.
Una
volta varcata la soglia di ingresso, sgranai gli occhi in preda allo
sgomento.
Quello
che si presentava davanti a me e Hayner non era più il
salotto che
ricordavo, l'intera stanza sembrava invece essere uscita direttamente
da un casinò. Il tavolo era stato coperto da un copritavolo
verde da
poker, dotato anche di una ragazza mezza nuda seduta su di esso,
così
per dargli un aspetto più professionale. Un brano di musica
jazz
contrastava in sottofondo il caos dell'ambiente con la sua melodia
elegante e vellutata.
La
ragazza aveva selvaggi capelli biondi e quando si accorse della
nostra presenza agitò una mano per allontanare il fumo del
sigaro
che aveva Sephiroth tra le labbra, si aggiustò una spallina
del
pezzo di sopra del bikini e ammonì il resto del gruppo
“Novellino
in vista”
“Ehi
a chi hai dato del novellino?!” ribattei.
Gli
occupanti del tavolo si girarono verso di noi. Leon si prese il suo
tempo per lanciare prima una fugace occhiata ai pettorali scolpiti di
un Cloud stranamente senza maglietta e non riuscì a
trattenere un
minuscolo sorrisetto spavaldo. Sephiroth alzò lo sguardo e
sorrise
mesto, non seppi dirlo con precisione ma sembrava che mi stesse
guardando come se fossi della carne fresca. Il tizio dai capelli neri
del giorno precedente si lasciò scappare un grido di
eccitazione, si
alzò dal suo posto e corse verso di noi per salutarci. Era
in boxer
con delle carte ancora in mano “Guarda chi si rivede! Speravo
di
ritrovarvi qui questa sera”
“Ciao
Zack” lo salutò Hayner facendosi strada nella
stanza, senza batter
ciglio alla vista dell'uomo in biancheria “Perché
non mi avete
detto che giocavate a poker anche oggi?”
Con
lo sguardo intercettai Sora arrossire, anche lui era seduto
timidamente al tavolo e in mutande. Accanto a lui, completamente
vestito, c'era Leon con un debole ma perpetuo sorrisetto rivolto a
Cloud.
“Non
ti hanno detto che oggi era poker night?” Zack mi
risvegliò dai
miei pensieri e lo vidi turbinare per la stanza mentre sbraitava
animatamente verso gli altri “Ehi perché non gli
avete detto che
oggi era poker night?”
“Non
possiamo mica mettere il calendario degli eventi” disse
Sephiroth
cacciando una boccata di fumo per ogni parola pronunciata.
“Io
avevo sentito di sfuggita che stasera avreste fatto qualcosina... ma
nessuno mi aveva detto che fosse strip poker”
mormorai
scrutando tutti i presenti.
“Sephiroth
vi toglierà tutti i vestiti di dosso”
canticchiò Zack palesemente
brillo. Lo vidi avvicinarsi al divano che ci dava le spalle e
andò a
disturbare una persona che doveva essere stesa, a giudicare dai
lamenti che si udirono quasi subito “Sveglia Olette! Sono
arrivati
i tuoi amiconi”
“Vi
prego, non ditemi che l'avete fatta bere” feci esasperato.
“Lei
ha dato per stasera” ridacchiò Leon, gli occhi
ancora incollati su
Cloud. Mio fratello lo fulminò con lo sguardo,
incrociò le braccia
e si girò dall'altra parte “Non è una
persona da bar
evidentemente”
“Bar?”
Yuffie che era praticamente stesa sull'ampio tavolo con solo la parte
superiore del busto ancora vestita, scattò e si mise a
sedere “Quale
bar?”
“Non
il tuo” sospirò Cloud annoiato da quella baraonda.
“Oh,
okay” con una mano la ragazza si ravvivò i capelli
e si riaggiustò
la maglietta a mezze maniche che indossava, poi alzò lo
sguardo e
sorrise “Hayner, Roxas, vi trovo bene... vi unite a
noi?”
Io
la guardai scandalizzato “Tu non stavi dormendo?”
“Yuffie
perde i sensi ogni cinque cicchetti” Aerith si
avvicinò
ridacchiando e raccolse i bicchieri vuoti dal tavolo. Era vestita da
cameriera con una camicetta bianca, una minigonna nera, un papillon
al collo e aveva un vassoio tra le mani. Riscontrai che lei era la
più sobria in mezzo a quel branco di animali da circo.
“Ehi”
Yuffie mise il broncio “Mi sono svegliata però,
no?”
“Dunque”
Sephiroth tagliò corto le chiacchiere e lanciò
un'occhiata a me e
Hayner che nel mentre mi stava guidando a prendere posto al tavolo
“Voi due avete intenzione di unirvi ai giochi o volete
gustarvi gli
spogliarelli dalle retrovie?”
“Oh,
io decisamente sono dentro” annunciò enfaticamente
il mio ragazzo
sedendosi in una delle sedie vuote rimaste e io mi accomodai accanto
a lui.
“Barista,
porta qui due drink!” annunciò con un gesto della
mano la ragazza
bionda seduta sul tavolo vicino a Yuffie. Dall'altro lato della
stanza, vicino alla vetrina contente un'ingente varietà di
liquori
era stato allestito un minibar e dietro di esso vi era Yuna seduta su
uno sgabello.
“Cosa
desiderate miei cari?” sorrise.
“Un
po' di tutto” Hayner rispose prontamente “E una
cannuccia”
“Oh...
io niente” mi affrettai ad aggiungere quando la donna mi
guardò in
attesa.
“Quindi
tu sei l'altro fratello di Cloud” pronunciò di la
ragazza bionda
che non conoscevo e mi girai verso di lei, sul suo volto si accese un
ampio sorriso “Io sono Rikku”
“Io...”
le mie gote si tinsero di rosso alla vista della mercanzia che stava
esponendo senza farsi troppi problemi “Io... sono
Roxas”
“Il
gemello di Sora” puntualizzò Cloud, mantenendo
sempre la sua aria
di austerità “E come ti ho detto per Sora, non
mettergli le mani
addosso”
“Ohhh
come sei noioso Spiky!” la ragazza mise il broncio e
tornò a
concentrarsi sulle carte che aveva in mano. Vidi di sottecchi Hayner
che la stava guardando più del dovuto e prontamente gli
diedi una
gomitata nello stomaco.
“Ecco
il tuo drink” annunciò Aerith arrivando con un
bicchiere ricolmo
di liquido ambrato e lo poggiò sul tavolo davanti ad Hayner
“C'è
qualcosa che non va?” chiese poi con un accenno di
preoccupazione
vedendolo contorcersi silenziosamente e lui vide bene di scuotere il
capo e affogare il suo dolore fisico in quel suo miscuglio di roba
alcolica.
“Non
giochi anche tu?” chiesi curiosamente spostando lo sguardo da
quello scemo di Hayner ad Aerith prima che se ne andasse.
Lei
ridacchiò e scosse il capo “Preferisco avere i
vestiti addosso.
Vengo qui per assicurarmi che nessuno faccia sconsideratezze”
"Noi
veniamo per lo show!” esclamò Yuna dal suo
sgabello, aveva un'aria
perfida e non so perché mi fece preoccupare non poco.
“È
vero” Leon rise e andò a recuperare il suo
bicchiere mezzo vuoto
“E quando le cose si fanno piccanti iniziano pure a
fischiare”
Io
sgranai gli occhi e andai a cercare Sora con lo sguardo, che
annuì
tristemente e arrossì. Poveretto dovevano aver abusato di
lui in
maniera davvero pesante a giudicare da come era stato ridotto e
sperai solo che non facessero altrettanto con me.
“Merda”
sospirai preparandomi mentalmente ad accettare il mio avvenente
destino.
“Allora,
siete tutti pronti a continuare? Dai chiudiamo questa
partita” chiese Sephiroth. Si levarono immediatamente degli
assensi e tutti
ripresero le loro carte, ma Yuffie lo rimproverò.
“Ehi
dove sono le mie carte?”
“Yuffie,
tesoro, hai dormito per tre round consecutivi”
spiegò Zack con un
sorriso stupido “Puoi riprendere a giocare nel prossimo turno
assieme a Roxas e Hayner”
La
ragazza mise il muso, incrociò braccia e gambe, sempre sul
tavolo, e
buttò giù il bicchierino che aveva davanti a
sé – doveva averlo
sicuramente preso prima di addormentarsi.
Mentre
il gioco riprendeva, occupai il mio tempo guardando i giocatori, o
almeno quello che ne rimaneva di loro. Sora, in mutande, aveva lo
sguardo perso e davanti a lui facevano bella mostra due lattine di
birra, probabilmente lui era già fuori dal gioco. Poi c'era
Cloud,
anche lui in mutande, intento a mangiare gli involtini primavera
dallo scatolo del take away, probabilmente anche lui era fuori. Leon
fischiettava come se niente fosse mentre scrutava prima le sue carte
e poi quelle degli altri. Yuffie aveva iniziato a intrattenere
un'animata conversazione con Aerith e Yuna. Zack, palesemente
ubriaco, pensava a guardare il prosperoso seno della nuova ragazza di
nome Rikku piuttosto che le sue carte e Sephiroth sembrava essere
l'unico ad aver preso quel gioco con massima serietà,
studiava
attentamente la sua mano e poi tirava una boccata di fumo.
“C'è
davvero tutto dentro?” chiesi a bassa voce a Hayner,
avvicinandomi
di più a lui e poggiando il mento sulla sua spalla.
“Quasi
tutto, sì” lui ridacchiò e
poggiò il bicchiere sul tavolo, una
bomba del genere non gli conveniva mandarla giù tutta in una
volta e
ringraziai che avesse già qualcosa nello stomaco altrimenti
stanotte
avrei passato una gran brutta nottata assieme a lui accovacciati in
bagno vicino al gabinetto.
“Potresti
però farmi il favore di non ubriacarti?”
Hayner
mi lanciò un'occhiata divertita “Rox dimmi una
volta in cui mi
sono ubriacato”
“Se
mi mettessi d'impegno potrei farti una bella lista” ammisi
facendo
spallucce “E posso confermarti che hai coinvolto anche me
varie
volte”
“Eravamo
due giovani ingenui e scapestrati”
Scossi
il capo e sospirai esasperato “Non andrò oltre
solo per farti un
piacere. Piuttosto ieri sera quando sono uscito col cane avete
giocato a poker se non mi sbaglio, questo è tutto? Non mi
sono perso
nient'altro a parte il gran casino?”
Di
tutta risposta Hayner alzò un pugno in arie ed
esclamò a gran voce
“Poker night!”, a lui si unirono
anche gli altri svitati e
in breve il concetto mi fu semplice.
Forse
avrei dovuto pianificare una fuga con Chelsea Bun anche stasera.
La
partita finì con un altra sconfitta di Zack, mentre
Sephiroth, il
vincitore, accantonava in un enorme pila davanti a sé la
vincita che
consisteva in chips.... letteralmente patatine chips.
Non ci
potevo credere. Il povero Zack, già ridotto in mutande, si
sfilò i
calzini e li lanciò a terra accanto a tutti gli altri
indumenti
persi dagli altri giocatori. Durante la breve pausa, mentre Sephiroth
si adoperava a raccogliere e rimescolare le carte, tutti gli altri si
alzarono e si stiracchiarono i muscoli. Io mi alzai e raggiunsi Sora
e gli chiesi a che tipo di torture lo avevano sottoposto ma lui
rabbrividì e si rifiutò di rispondere,
così gli misi un braccio
attorno alle spalle e andammo vicino al divano per controllare che
Olette fosse ancora nel mondo dei vivi.
“Ehi
Roxas, guarda un po' qua” mi chiamò qualche minuto
dopo Hayner e
io mi girai verso di lui, era in compagnia di Cloud, Leon e un nuovo
drink “Non è disgustoso? Questo qua è
riuscito a mantenere
addosso tutti i vestiti”
Vidi
Leon sorridere malefico mentre Cloud continuava a lanciargli
occhiatacce e mi avvicinai a loro assieme a Sora.
“In
realtà ho perso una partita all'inizio”
specificò il castano con
tono mite e Cloud sembrava sul punto di volergli tirare un pugno.
“Ti
sei tolto il codino! Quello conta a malapena!”
sibilò irritato.
“Per
me è abbastanza”
“Da
quanto tempo state giocando?” domandai a quel punto guardando
la
pila di vestiti a terra.
“Un
paio d'ore più o meno. Non molto tempo dopo che voi siete
andati
via” questa volta fu Cloud a rispondere e con un gesto ci
invitò
di nuovo a prendere le postazioni al tavolo assieme agli altri.
Io
inarcai un sopracciglio, sinceramente stupito “E non vi
annoiate?”
domandai sedendomi tra Sora e Hayner.
Ci
fu un colpo di tosse dall'altro parte del tavolo e Sephiroth mi
fulminò con lo sguardo “Per questa volta
farò finta di non aver
sentito. Solo perché sei fratello di Cloud... e
perché sei nuovo”
vidi Hayner annuire man mano che l'uomo parlava “Ma ti sfido
a
ripetere quello che hai detto una volta che sarai nel giro. Il poker
non stanca mai, è una filosofia, uno stile di vita. Il poker
continuerà sempre... almeno finché ci sono ancora
patatine sul
tavolo”
"Patatine?”
feci eco perplesso “Credevo che a poker si usassero i
soldi”
“Non
quando c'è Leon. Da quando ha iniziato a partecipare alle
nostre
serate non ci permette di usarne... e lui non si perde una
partita!"
Yuffie si sporse per afferrare una manciata di
patatine e rise vivacemente "Soprattutto ora che si è unito
anche Cloud. Prima riuscivamo a giocare seriamente almeno una volta a
settimana, ora è patatine su tutti i fronti"
"Io vi
avevo detto che era una questione di tempo prima che questi due
tornassero ad affrontarsi” si accodò Yuna, che nel
frattempo si
era seduta momentaneamente accanto alla ragazzina dai capelli neri
“Dio, la tensione tra di loro si potrebbe tagliare con un
coltello"
"Tensione sessuale" chiarificò
Rikku agitando i pugni in aria.
"Non parlate di noi come se
non ci fossimo!" le rimproverò Cloud lanciando loro addosso
dei
cuscini sparsi per terra, di tutta risposta le ragazze presero a
ridere tra di loro sempre più istericamente. Solo Aerith mi
sembrava
sempre l'unica più normale e composta.
“Okay
signorine, basta con i pettegolezzi” dichiarò
Sephiroth alzando la
voce “Tutti ai vostri posti altrimenti siete fuori”
Nello
stesso istante in cui quell'uomo (che a quanto pare non solo era
fanatico di spade e cosplay ma anche di poker) terminò di
parlare,
terminò tutto il vociare assordante e ci fu un turbinio di
movimenti
per il salotto mentre gli ultimi che vagabondavano ancora si
rimettevano alle proprie postazioni. Per il primo round rimasi sotto
la guida di Hayner per farmi spiegare le regole del gioco e, una
volta che carte furono distribuite, feci per afferrarle ma Hayner
mise una mano sulla mia e mi bloccò.
“Faccia
da poker, Rox” sussurrò al mio orecchio lanciando
occhiate a
destra e a manca.
“Che?”
feci io non avendo idea di quello che stesse dicendo.
“Faccia
da poker. Mantieni sempre la tua faccia monotona e noiosa, non
dobbiamo far capire agli altri se abbiamo carte perdenti o
vittoriose”
“Ehi
come ti permetti” sbuffai offeso afferrando le carte. C'erano
un
tre, un cinque, un sette, un dieci... e una vecchia signora con un
cuore e una Q.
“Fa
abbastanza schifo come mano” Hayner le guardò e
prese un sorso dal
suo bicchiere “Passa il tre e il dieci”
“Scusa
non posso passare la vecchia? Non è neanche un
numero!” protestai.
“Rox
quella è la regina di cuori! Dio, non hai visto Alice nel
Paese
delle Meraviglie?”
A
quella rivelazione spalancai gli occhi e tornai a guardare con
stupore quella carta, le mani mi presero quasi a tremare e nell'arco
di un istante mi sentii un suddito indegno “La... la
regina...”
balbettai sudando freddo “Lei è la regina... noto
una certa
somiglianza con Elisabetta II, la mia regina... che stolto che
sono... se non mi avessi avvertito l'avrei ceduta per nulla.
Hayner...io... io avrei potuto essere esiliato!”
Il
mio ragazzo inarcò un sopracciglio e mi guardò
come se fossi un
pazzo “Appunto per questo. Custodisci gelosamente la regina e
vinciamo il gioco in suo onore!” io annuii ancora scosso,
stringendo le carte al petto mentre Hayner si rivolse a Zack
“Un
due”
Il
gioco proseguì relativamente liscio a parte qualche minaccia
o
qualche imprecazione casuale finché, quando le cose si
stavano
animando, Hayner richiamò la mia attenzione e mi
mostrò una scena
davanti a noi che mi disturbò non poco, il bello
è che nessuno
pareva farci caso.
“Senti
un po', ma tuo fratello non hai detto che doveva sposarsi?”
“Ehm...si?”
“Perché
Leon guarda famelico prima le sue carte e poi lui?”
“Non
lo so ma vorrei sperare che non si auguri che abbia perso lui”
“Rox?”
“Dimmi”
“Sei
sicuro che Cloud non vi stava prendendo per il culo?”
Se
c 'era una cosa di cui ero sicuro al 99,999% era che Cloud non
scherzava mai. C'era
più probabilità che l'Inferno
gelasse o che l'Antartide andasse a fuoco. Però alla vista
di quello
spettacolo non sapevo più cosa aspettarmi.
All'improvviso
ci fu una nuova voce che ci interruppe. Olette si alzò dal
suo
giaciglio sul divano e si guardò attorno “Dove
cazzo sono?”
“Vai
a dormire, puttana!” intimò Hayner con voce alta e
lei ritornò di
nuovo nella sua posizione dormiente. Io rimasi a dir poco scioccato
dalla sua reazione e mi strinsi alle carte come se fossero la mia
speranza di salvezza. Hayner ridacchio e si sporse verso di me
“Devi
essere fermo e deciso con lei quando è ubriaca, altrimenti
potrebbe
saltarti addosso”
Se
l'avessi saputo prima penso che a quest'ora avrei evitato tutti i
casini in cui mi ero cacciato a partire da quella fatidica sera che
avevo passato a casa di Olette.
“Siete
tutti degli svitati” mormorai timoroso “Lo sapete,
vero?”
passai in rassegna tutti, compreso il cane che era appena apparso
chissà da dove “Vero?”
“Tocca
a te, Roxas” disse Sephiroth per niente toccato da quello che
avevo
detto “Mostraci le tue carte”
Conscio
della mia perpetua sfiga, il primo indumento che mi fu portato via fu
la mia maglietta e, nonostante l'immenso imbarazzo, non mi
dispiacquero le attenzioni extra che mi rivolse Hayner da quel punto
in poi del gioco. Quello che non sapevo ancora è che il
peggio
sarebbe arrivato molto presto e questo non mi sarebbe piaciuto
affatto.
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
Character
Profile
Nome:
Sora Cooper
Soprannomi: Sor, Muffly, idiota, ameba,
disgrazia
Età: 19
Data di nascita: 21 Marzo
Ama: Roxas, Chelsea Bun, Riku, Kairi, i suoi
fratelli e i
suoi genitori, mangiare, cucinare.
Odia: Cloud o chiunque
lo chiuda fuori la cucina, chi parla male dei suoi
genitori.
Personalità: molto più gioioso
ed estroverso
del suo gemello, Sora è l'anima della casa. Riesce a legare
facilmente con chiunque e ha uno spirito di adattamento pazzesco a
qualsiasi situazione. È molto legato alla sua famiglia,
anche se non
tutti inizialmente sembrano importarsene. Spesso e volentieri ha
testa tra le nuvole ed è molto ingenuo ma nonostante questo
già in
giovane età, grazie all'aiuto del padre e la manodopera di
Roxas, ha coronato il suo sogno di aprirsi un ristorantino che gestisce
con
molta passione e dedizione. A volte sembra essere il più
saggio tra
i fratelli.
Nome:
Chelsea Bun
Sesso:
Femmina
Razza:
Volpino di Pomeriana
Età:
2
Ama:
Sora e Roxas, mangiare e giocare nel fango
Odia:
non ricevere attenzioni
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
*
Roxas proviene da Londra, quindi quello che è abituato a
parlare lui
è inglese (British English). In America la lingua si chiama
American
English, con diversa pronuncia e parole diverse. Semmai diceste a un
inglese o a un americano che negli usa si parla inglese entrambi si
offenderebbero a morte. Gli inglesi reputano gli americani come dei
“volgari borghesi arricchiti”, per questo motivo
Roxas poco li
tollera.
Buon
Anno Nuovo!
Sono
felice di essere riuscita a pubblicare qualcosa oggi, così
passato
capodanno potrò iniziare a studiare seriamente.
Forse.
È
passato un po' di tempo anche per questa fic ma per chi mi segue
ormai sa quanto io sia occupata in generale... coooomunque spero che
questo capitolo vi sia piaciuto, nonostante penso abbiate capito
è
stato diviso in due parti perché era davvero lungo e mi
dispiaceva
affrettarlo.
Nel
prossimo capitolo potrete gustarvi qualche altro round di poker,
scoprirete finalmente come Sora e Roxas hanno fatto a finire in un
bar vestiti da cameriere lolita e finalmente apparirà
qualche nuovo
personaggio.
Detto
ciò, come prossimo aggiornamento stavo pensando a One Day o
Frozen
(devo riprendere qualche long abbandonata al suo destino da ormai
troppo xD), voi cosa preferite? Fatemi sapere u.u
Grazie
alle bellissime persone che hanno commentato questa e grazie alle
preferite, seguite, ricordate.
Alessia27
Archaix_Lemixia
AxelBlake
Blake_Xerxes
Breathing
Space
Devilangel476
EdelSky
EternalSunrise
harrisdimples
Kairi
Vessalius
Kronohunter25
LadyDate
RainXSmile
Resha_Stark
Summer38
The_pirate_wife
Yuuumi_96
faire
milky98
monique
Ringrazio infine il mio
beta, Kronohunter25, che lavora persino a Capodanno e fa sempre un
ottimo lavoro xD
Lasciatemi un
commentino
per iniziare al meglio l'anno nuovo.... altrimenti non la
continuerò mai più D: <3
NEXT
#3.
Homosexual Assumption (part.2)
“Fold.
Rox, toglimi un calzino”
“Fanculo,
un calzino non è un pegno!” lo
sbeffeggiò Leon.
“E
invece sì. È un capo di abbigliamento
più che legittimo”
“Avresti
dovuto toglierli entrambi quando hai perso le scarpe! È uno
strip
poker, Hayner, e non il giorno del bucato”
“Idiota,
Cloud è in mutande!”
“Anche
Roxas”
"Okay
gente, vi siete ricordati di portare la macchina fotografica? No?
Nessun problema, ci ha pensato Yuna"
"Quindi era tutto
pianificato?"
"Ovviamente, mio caro Spiky. Ora
alzati"
"Sicura che mi metterete qualcosa addosso?
Perché sono rimasto in mutande e se hai intenzione di
levarmi anche
quelle non sarò più tanto buonista"
"Regole del gioco,
Cloud. Tu le conosci, hai accettato, hai partecipato..."
"...e
hai perso spettacolarmente! Ecco il tuo pegno"
"Scarpe
con tacchi a spillo?!"
"Ah, la gioia di tutte le
donne"
“Ehilà,
bionda”
“Sono
un maschio!”
“Io
sono Axel”
“...”
“L'hai
memorizzato?”
“Sono
vestito da cameriera, non sono scemo”
“Buono
a sapersi”
“Allora
cosa vuoi?”
“Sex
on the beach”
“COSA?”
“E
un massaggio alla schiena”
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