Conseguenze

di AryYuna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


   Ci ho messo troppo a finire questa storia. Ho iniziato a scriverla prima di Blade Runners, ed era completa, aspettava solo di essere tradotta in inglese e postata. Ma poi ci sono state la 9x16 e 17 e… e ho cambiato tutto. E la storia è anche cresciuta a dismisura, per cui l’ho divisa in due parti. La seconda (più ricca - lunga - della prima) la pubblicherò tra qualche giorno :)
   Questa storia nasce dall’amore per Dean. E visto che sono una di quelle fan psicopatiche che amano dimostrare il proprio amore verso un personaggio
‘ciaccando suddetto personaggio per bene, ho deciso di cimentarmi in un genere nuovo: l’hurt/comfort. Chiaramente, l’“hurt” è Dean XD
   Noticine brevi varie:
   Ho fatto varie ricerche sulla Genesi e la storia di Caino e Abele secondo le religioni, sperdendomi tra l’altro per siti davvero strani e infastidendo la pazientissima Arial con le mie domande, ma ho finito per inventare tutto per il bene della fanfiction e dell’hurt/comfort. Dopotutto, la versione di Caino del telefilm non è quella dei Libri Sacri.
   Heatherfield - cittadina nominata nella storia - è il mio omaggio a
w.i.t.c.h., fumetto che leggevo e amavo tanto quando andavo alle medie, ma non esiste nella realtà.
   Non so come facciano certi fanwriter a scrivere cacce lunghe e dettagliate, piene di riferimenti alla mitologia di spn e non solo, con nemici credibili e storie complesse. Io non sono una di loro. Perdono ^^’
   È la mia prima h/c; ne ho lette a tonnellate e non vedevo l’ora di provare a scriverne una a mia volta; ma sappiate che le mie conoscenze medicina sono un misto di “Siamo fatti così”, episodi di “Scrubs” e “Grey’s Anatomy”, (troppe) fanfiction e un minimo di ricerche su google. Qualsiasi cosa leggerete in questa storia non è da ritenersi assolutamente una guida attendibile. Sul serio. Ho probabilmente scritto un mare di cazzate, e mi scuso con chi le riconoscerà come tali.
   
   Trovate questa storia in inglese qui
   
   Disclaimer: sfortunatamente SPN non mi appartiene. Se mi appartenesse… beh, tanto per cominciare significherebbe che avrei contatti con Jensen Ackles e Jared Padalecki (e a proposito, nel caso ve lo chiedeste, nemmeno loro mi appartengono, purtroppo), e poi non avremmo avuto quella parentesi cretina di Sam senz’anima, l’ottava serie sarebbe iniziata in tutt’altro modo e la nona… beh, diciamo che avrei tolto qualche puntata, ecco. Tipo sei o sette puntate.



Conseguenze



   « […] Sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, così chiunque mi troverà mi ucciderà»
   Ma il Signore gli disse: « Ebbene, chiunque ucciderà Caino sarà punito sette volte più di lui»
   Il Signore mise un segno su Caino, perché nessuno, trovandolo, lo uccidesse.
   ~ Genesi 4:14-16


   Erano tornati al bunker quando era ormai notte. Il viaggio in auto era stato silenzioso: irritati per aver perso la Prima Lama poco dopo averla finalmente trovata e per essere stati fregati - ancora - da Crowley, Sam e Dean erano persi ognuno nei propri pensieri. Nemmeno l’onnipresente musica disturbava la pesante atmosfera di frustrazione che aleggiava nell’abitacolo.
   Giunti a Lebanon, Kansas, e al bunker degli Uomini di Lettere, Dean non parcheggiò accanto all’ingresso com’era solito fare, ma fece il giro per accedere al garage interno del rifugio. Non avrebbe rischiato che accadesse altro alla sua piccola.
   Sam non disse nulla; scese dall’auto quando suo fratello spense il motore e si avviò verso il corpo centrale del bunker con l’intenzione di andare a dormire: erano stati giorni lunghi e faticosi, in un periodo tutt’altro che facile, e aveva bisogno di stendersi su un materasso vero e chiudere gli occhi per ore. A metà garage, però, si accorse che Dean non lo aveva seguito. Era ancora fermo accanto alla macchina e fissava la fiancata danneggiata, uno sguardo perso negli occhi. Sam lo aveva spesso preso in giro per la sua ossessione per l’Impala, ma sapeva cosa essa significava per lui. Sapeva che non era solo una macchina.
   E sapeva cosa significava per Dean vederla rovinata - profanata - da Abaddon. Era ancora un altro motivo per odiare il demone, per desiderarla morta, per buttarsi in ricerche sempre più disperate. Per passare un’altra notte in bianco.
   Dean dovette accorgersi di essere fissato, perché alzò lo sguardo sul fratello.
   « Vedo che posso fare per rimetterla in sesto » disse solo prima di avvicinarsi all’armadietto in cui teneva gli attrezzi per prendere qualcosa - Sam ignorava cosa, visto che, per quanto ne sapeva, una macchina graffiata andava portata dal meccanico e basta.
   Il minore lo guardò per un momento, pensando se fosse il caso di fargli notare che erano entrambi stanchi e sarebbe stato meglio dormire invece di riparare auto, ma non sapeva come; peggio, sapeva di non averne il diritto: era stato lui a chiedere a Dean di mantenere i loro rapporti sul piano professionale, di e dirgli di andare a letto non era professionale, era da fratello.
   Sospirò. Era ciò che voleva, dopotutto; che Dean capisse il suo errore, che imparasse - per Sam, sì, ma anche per se stesso - a staccarsi da suo fratello, a lasciarlo libero di crescere. E a crescere a sua volta.
   Sam ignorò la vocina in fondo alla testa che gli ricordava lo sguardo devastato del fratello quando avevano parlato in cucina e attraversò il bunker diretto alla sua stanza.
   “La sua stanza”.
   Sam non l’aveva mai sentita la sua stanza. Sì, era la stanza in cui dormiva, in cui teneva i suoi vestiti e il portatile quando non gli serviva. Era la stanza in cui teneva il suo ipod e il diario da cacciatore. Ma non aveva mai sentito quella stanza come “la sua stanza”. Né il bunker come la sua casa.
   Era strano, a pensarci: Sam Winchester aveva odiato la vita da nomade fin da bambino, aveva sognato una casa e una routine normale per anni prima di scappare per Stanford, dove si era illuso di aver conquistato la tanto agognata normalità. E non era stata la ricerca di normalità che lo aveva spinto a restare in quel motel in cui aveva vissuto con Amelia? Ma Sam Winchester era cresciuto, aveva capito che la normalità fa male tanto quando il non avere una casa, se non di più. La normalità dà un senso di serenità che non esiste, non è proprio della vita. E viene strappato via dalla vita stessa: Jess era morta, Amelia era andata via.
   Non aveva mai sentito il bunker come casa perché non voleva una casa: aveva troppa paura di perderla, l’aveva già persa ogni volta che l’aveva trovata.
   Aveva osservato Dean arredare la propria camera, renderla sua. Lo aveva guardato appropriarsi con sguardo trionfante di un giradischi funzionante nell’area relax del bunker e portarselo in camera; lo aveva guardato con un sorriso divertito mentre cercava di capire il funzionamento di ebay e restare concentrato a mezzanotte davanti al portatile pronto a fare l’ultima offerta per l’asta online, accaparrandosi l’album originale dei Led Zeppelin che voleva. Non lo aveva rimproverato per quello spreco di soldi: ora che avevano il bunker, non dovevano più risparmiare i pochi soldi che guadagnavano truffando la gente nei bar più malfamati per pagarsi un motel; in più, se mai si fossero trovati in bisogno urgente di soldi, il rifugio degli Uomini di Lettere era un pozzo infinito di anticherie da rivendere.
   Ma non si era mai unito a lui. Il bunker era un luogo di lavoro, una base di partenza. Comodo, certo; ma non era una casa. Sam Winchester aveva smesso di cercare la normalità e si era arreso alla vita da cacciatore: era la vita in cui suo padre lo aveva cresciuto, in cui aveva imparato a parlare e a camminare; era la vita che lo aveva fatto sopravvivere, quando non aveva avuto più un motivo per vivere. Ed era la vita che avrebbe dovuto ucciderlo, finalmente, dargli la pace che meritava.
   Si tolse i vestiti e, rimasto in maglietta e boxer, si stese tra le lenzuola pulite e spense la luce. Si addormentò quasi subito.
   
   Ci erano volute ore, ma alla fine Dean era riuscito a riparare quasi del tutto il danno alla fiancata. Erano le cinque del mattino quando alzò lo sguardo dalla sua amata Impala e si alzò ripulendosi le mani su uno straccio e roteando il collo per rimettere in moto muscoli rimasto troppo a lungo nella stessa posizione.
   Era stanco. Ultimamente non dormiva più di un paio d’ore per volta, e ora era sveglio da quasi due giorni ininterrottamente. Eppure non poteva riposare: doveva trovare Abaddon, farla a pezzi con la Lama.
   La Lama.
   Dean chiuse gli occhi. Ricordava la sensazione provata quando Magnus gliel’aveva messa in mano, l’improvvisa fitta al braccio nel punto in cui era il Marchio di Caino, la sorpresa, il calore. La voglia di usarla. Ricordava ciò che aveva sentito quando finalmente l’aveva usata per decapitare l’uomo che aveva osato fare del male a Sam. Ricordava il potere, la furia, l’odio provato alla vista di Crowley, l’eccitazione all’idea di usare quell’arma anche su di lui. Non esisteva più nulla intorno a Dean, in quel momento: c’era la Prima Lama stretta nel suo pugno, c’era il suo obiettivo a pochi metri di distanza.
   Quando la voce di Sam si era fatta strada in mezzo alla nebbia che aveva offuscato tutti i suoi sensi al di là del ristretto tunnel che andava dalla Lama alla sua prossima vittima, era stato come risvegliarsi. Aveva lasciato cadere la Lama come se ne fosse rimasto scottato - e in un certo senso era così. Dean non aveva mai provato una sensazione simile. Una parte di lui ne era spaventata. L’altra… non vedeva l’ora di stringere la Prima Lama tra le mani una seconda volta.
   E questo lo spaventava ancora di più.
   Come risvegliato dal ricordo, il Marchio di Caino diede una fitta di dolore e Dean si riscosse. Era stupido pensare alla Lama e a ciò che gli era accaduto quando l’aveva usata: non aveva scelta, avrebbe dovuto usarla comunque per uccidere Abaddon. Non poteva permettere che quel demone restasse vivo.
   Posò gli attrezzi e passò una mano tremante sulla carrozzeria della sua piccola, come una carezza della buonanotte a colei che gli era sempre stata vicina, a colei che non lo aveva mai tradito, nonostante fosse rimasta ferita più e più volte per lui, poi uscì a grandi passi dal garage e andò diretto nella sua stanza. Sbuffò tristemente tra sé chiudendosi la porta alle spalle. Un anno prima, si era tanto impegnato a personalizzare la sua stanza, a renderla sua: dischi in vinile, un giradischi funzionante come non ne esistevano se non nelle collezioni private, l’unica foto che aveva di sua madre, riviste e armi. Tutto ciò che era Dean.
   Ora la stanza era tornata spoglia e asettica. Dean aveva smesso di conoscere il significato di “casa” quando aveva quattro anni, e si era illuso di poter finalmente ritrovare, lì nel bunker degli Uomini di Lettere, quella sensazione di sicurezza che aveva provato da bambino; ma, come insegnano a scuola, “casa è dove ci sono mamma e papà, casa è dov’è la tua famiglia”. E la sua famiglia era morta - o lo aveva rinnegato - quindi a cosa serviva mettere qualche disco e una foto dell’ultima volta in cui la sua vita era stata serena? Aveva tolto tutto e lasciato solo le armi, perché era il luogo di riposo di un cacciatore.
    Si sfilò la giacca e la abbandonò sulla sedia accanto alla scrivania vuota e sedette sul letto con ancora indosso gli stivali; prese il portatile e si mise al lavoro.
   Aprì un sito dopo l’altro alla ricerca di notizie di eventi paranormali, presagi che potessero indicare la presenza di demoni - di Abaddon. E, intanto, il Marchio continuava a bruciare. Il dolore in realtà non spariva mai del tutto, era sempre presente come un sottofondo che si acutizzava ogni tanto senza apparente motivo. Come se il Marchio volesse ricordargli che era sempre lì. Come se ce ne fosse bisogno: soprattutto dopo quello che era successo la notte prima, dimenticare il Marchio era impossibile.
   Ad essere sinceri, a volte Dean si sarebbe preso a testate da solo per la sua impulsività: avrebbe accettato il Marchio qualunque ne fosse stato il costo, vero, ma permettere a Caino di dirgli cosa comportasse non sarebbe stata un’idea così cattiva. In attesa di Crowley e della Prima Lama, si era messo a fare ricerche ovunque - tra i libri degli Uomini di Lettere, su internet, persino sul diario di suo padre - ma non era riuscito a trovare nessuna informazione sul Marchio di Caino: il libro della Genesi lo citava solo di sfuggita, le interpretazioni degli “esperti” erano tutt’altro che soddisfacenti e, soprattutto, nessuno sembrava a conoscenza della versione dei fatti datagli da Caino.
   E ora che aveva impugnato la Lama, gli interrogativi non facevano che aumentare, mentre la risposta si faceva sempre più spaventosa.
   Ma non importava, non importava. Doveva uccidere Abaddon, e quello era l’unico modo.
   Forse si addormentò. Forse chiuse gli occhi solo per qualche minuto. Quando li riaprì, decise di alzarsi e prepararsi un caffè e tornare a cercare presagi di demoni, e le sue ossa si lanciarono in un coro di scricchiolii da fare invidia a un ottantenne - meglio darsi da fare ora, visto che a ottant’anni lui non ci sarebbe mai arrivato, vero? - per essere state ferme così a lungo, ma una doccia calda avrebbe risolto il problema.
   Se tutti i problemi si potessero risolvere così facilmente.
   
   I loro problemi, però, sembravano destinati solo ad aumentare: alcuni giorni - e nessun progresso - dopo, Sam aveva trovato una caccia a Milton, Illinois, e ne era tornato annunciando che Abaddon stava costruendo un esercito di demoni rubando e corrompendo anime innocenti.
   Era stata come una doccia fredda e aveva avuto l’effetto di portare Dean a ricerche sempre più frenetiche: doveva trovare Abaddon, farla a pezzi. Era l’unica cosa che contava.
   Sam si era unito a lui nelle ricerche, cercando ogni tanto di fare da Grillo Parlante e di convincerlo a fare una pausa per mangiare e dormire; ma, se un tempo avrebbe forse funzionato, ora semplicemente mancava tra di loro la confidenza che rendeva una cosa simile possibile. C’era troppa tensione tra di loro perché i tentativi di Sam fossero visti come dettati dall’affetto, troppe azioni e parole tra di loro che non sarebbe stato mai più possibile cancellare.
   Il terzo giorno post Milton, Sam comparve in cucina intorno alle otto, vestito e coi capelli in ordine e trovò il fratello seduto col portatile di fronte a una tazza di caffè. Gli rivolse un cenno di saluto, a cui Dean rispose educatamente senza distogliere gli occhi dal computer, ma poi si fermò a studiarlo per qualche secondo. Il maggiore indossava vestiti puliti, ma aveva la barba non fatta, cerchi scuri intorno agli occhi, l’espressione vuota anche se lo sguardo era attento e concentrato sul computer. Sam avrebbe voluto chiedergli se aveva dormito, ma sapeva che era inutile.
   « Cosa guardi? » chiese invece.
   Dean non alzò la testa, ma voltò il portatile verso di lui per mostrargli ciò che aveva trovato. Sam diede una scorsa allo schermo: era un forum sul soprannaturale, e l’ultimo post riguardava una possibile minaccia a Heatherfield.
   Era fragile, come pista.
   « È attendibile? » chiese Sam.
   « Vale la pena di controllare. È vicino ». Tutto pur di fare qualcosa, di muoversi, di agire.
   « E potrebbe avere a che fare con Abaddon? »
   Dean annuì. Era una speranza fragile, ma Sam capiva da dove venisse quella proposta. Si versò il caffè e lo bevve in silenzio riflettendo. « D’accordo » disse poi portando la tazza al lavandino per sciacquarla e metterla nella lavastoviglie insieme al resto del carico da lavare.
   
   Heatherfield, Kansas era una di quelle cittadine di poche anime in cui tutti si conoscono fin dalle elementari e finiscono per sposare la loro fiamma del liceo. Si trovava a poco più di un’ora di macchina da Lebanon andando verso sud.
   Da una settimana, l’idilliaco paesino era molestato da eventi inspiegabili che avevano spinto una coppia a scrivere un appello online su un sito dedicato al soprannaturale. I due non sembravano aver ottenuto molto dal loro tentativo, ma la loro apertura mentale - o l’essere troppo creduloni, a seconda delle interpretazioni - rendeva per una volta il lavoro dei Winchester più semplice: niente finti distintivi dell’FBI, niente storie di copertura, potevano presentarsi come acchiappafantasmi. Magari non proprio in questi termini.
   Rose Withers aprì la porta con un sorriso forzato sul volto e fece accomodare i due ragazzi in salotto, dove il marito Ronald strinse loro la mano. La donna offrì loro educatamente qualcosa da bere e iniziò a raccontare: sei giorni prima, mentre era nel cortile sul retro a innaffiare i fiori, aveva notato intere aiuole morte, nonostante il giorno prima fossero piene di fiori rigogliosi. Aveva ignorato la cosa, ma poi, un po’ ovunque in città, avevano iniziato a morire fiori e piante di ogni genere, e anche il bestiame delle fattorie intorno era stato decimato. Ronald disse loro di aver fatto delle ricerche online e di aver scoperto alcuni siti sul soprannaturale che insegnavano a riconoscere i segni del passaggio demoniaco. Ne aveva quindi portato le prove allo sceriffo perché richiedesse l’aiuto delle unità speciali dell’FBI.
   « Lo sceriffo mi ha riso in faccia, ma io so di avere ragione » disse Ronald.
   Dean alzò un sopracciglio come a dire cosa ti aspettavi? e Sam gli diede una discreta gomitata. Rose sembrò notarlo, ma sorrise ugualmente.
   « So che sembra folle, all’inizio lo sembrava anche a noi. Ma i segni ci sono stati tutti: interferenze elettromagnetiche, capre morte… » Si interruppe, e il suo sguardo divenne improvvisamente triste.
   « Signora Withers? » disse Sam.
   La donna scosse la testa e il marito le circondò le spalle con un braccio.
   « Nostra figlia, Lizzie, è scomparsa. Ieri pomeriggio. Era in camera sua, l’ho vista salire dopo pranzo, ma quando l’ho chiamata qualche ora dopo non mi ha risposto. L’ho cercata, ma quando sono entrata la camera era vuota e la finestra aperta e… »
   « Guardate voi stessi. Non abbiamo toccato nulla » completò Ronald vedendo che la moglie non riusciva a continuare.
   I due fratelli si scambiarono uno sguardo e salirono al piano di sopra. La camera della ragazza somigliava a centinaia di altre camere di adolescenti: pareti rosa pallido, fotografie di lei con le amiche, poster di attori e cantanti, peluche sul letto, libri di scuola, uno zaino accanto alla scrivania. Ma capirono subito a cosa si riferissero i genitori: c’era un distinto odore di uova marce, e sul davanzale della finestra c’era polvere gialla. Sam, si avvicinò per toccarla.
   « Zolfo » disse confermando i loro sospetti.
   « Perché rapirla? A cosa serve una ragazzina ad Abaddon? »
   « Non sappiamo se c’entra Abaddon » rispose Sam.
   Dean non voleva nemmeno prendere in considerazione l’idea: aveva bisogno di fare passi avanti nella ricerca. « E perché non uccidere i genitori? Perché rapirla dalla sua camera come un maniaco qualsiasi? »
   « Rapire la ragazza dalla sua stanza dà meno nell’occhio che sterminarne la famiglia » ipotizzò il minore ripensando a quando Azazel lo aveva rapito dal negozio in cui era entrato da solo: aveva aspettato che scendesse dalla macchina piuttosto che uccidere Dean e portare via Sam, come aveva fatto quando aveva preso Ava.
   Dean annuì, convinto.
   Scesero nuovamente in salotto e salutarono i Withers con la promessa di fare tutto il possibile per ritrovare Lizzie.
   Girarono per la cittadina, notando le aiuole morte e gli alberi secchi. Fecero qualche domanda discreta ai passanti, ma nessuno sembrava troppo preoccupato da qualche fiore appassito.
   « Chissà che schifezza chimica ci avranno messo » rispose un vecchietto scuotendo la testa.
   Arrivarono in fondo alla strada principale trovando altre aiuole morte.
   « Dobbiamo capire cos’avesse di speciale la ragazza. Cosa può volere un demone da un normale essere umano? » rifletté Sam.
   Si trattava di lavoro, era permesso parlare di lavoro.
   Dean fece spallucce.
   « Quando la troveremo lo scopriremo ».
   « Sapere perché l’abbiano rapita ci aiuterà a trovarla » gli fece notare il fratello pazientemente.
   Dean non rispose - se perché ci stesse pensando o perché lo stesse ignorando non era chiaro. « Guarda le aiuole » disse dopo un po’ indicando quella più vicina a loro. Sam alzò un sopracciglio interrogativo. « Ce ne sono varie intorno alla casa dei Withers, ma non nell’altra direzione ».
   « È come se disegnassero un percorso » completò Sam annuendo.
   « Che porta fuori città ».
   
   « Hai un piano? » chiese Sam per rompere il silenzio che si stava facendo soffocante nell’abitacolo dell’Impala.
   Era un po’ triste dover discutere il piano d’azione, quando si erano sempre trovati bene improvvisando. Ma non era una buona idea affidarsi al caso, ora, visto quanto poco sembravano pensare in sincrono.
   « Abbiamo il coltello di Ruby e i proiettili con la trappola del diavolo intagliata. Io entro con la pistola, tu mi copri le spalle. Troviamo la ragazza e interroghiamo i demoni. Se non parlano, li facciamo fuori ».
   Non importava che Sam fosse un cacciatore più che capace e un uomo adulto, non importava nemmeno che fosse proprio quell’istinto di protezione di cui Dean non riusciva a fare a meno la causa principale della frattura tra di loro: Dean Winchester non avrebbe mai permesso al suo fratellino di entrare per primo in una stanza prima di averne valutato il pericolo.
   « E se la ragazza non c’è? »
   « Chiederemo ai demoni anche questo » fu la risposta secca. Sam ebbe un flash improvviso di se stesso che esorcizzava demoni coi suoi poteri dopo averli torturati per sapere dove si trovasse Lilith - e a questa immagine si sovrappose quella di Dean privo di sensi e ricoperto di sangue tra le mani di Alastair, accanto ad una trappola del diavolo interrotta e un tavolino ingombro di strumenti di tortura. Ebbe un brivido e scosse la testa per scacciare le due immagini moleste.
   Nella campagna che si apriva davanti a loro scorsero un capannone. Intorno, la vegetazione era morta.
   « È grande » notò Sam.
   « Ci divideremo » rispose prontamente Dean; a quelle parole, suo fratello si voltò verso di lui accigliato, ma Dean continuò, senza vederlo « Tu prendi la pistola - e il tuo cervello da secchione che sa a memoria gli esorcismi - e io il pugnale. Chi trova la ragazza chiama l’altro ».
   Aveva senso, strategicamente: erano entrambi ferrati nell’uso delle armi - lo erano da un’età in cui i ragazzi normalmente giocano a baseball o iniziano a studiare uno strumento musicale - ma, nonostante la stazza minore, Dean era certamente il più letale con un’arma da taglio. Senza contare che - e Dean sperò che Sam non facesse questo secondo collegamento - un coltello significa dover essere sufficientemente vicini al nemico per farlo fuori, e quella vicinanza permette al nemico in questione di essere ben più pericoloso.
   Sam tornò a guardare la strada senza dire nulla. Parcheggiarono l’Impala abbastanza lontano dal capannone perché dall’interno non sentissero il rombo del motore. Si avvicinarono in silenzio, Dean armato della pistola, Sam del pugnale di Ruby. Si scambiarono uno sguardo e un cenno sulla porta, poi Dean entrò per primo, la pistola puntata, mentre Sam gli copriva le spalle - come avevano concordato; come avevano sempre fatto.
   Non c’era nessuno. Dall’anticamera quadrata, arredata con una scrivania e una sedia da cui scappava l’imbottitura, partiva un unico corridoio, di fronte a loro, che piegava a destra dopo pochi metri. Lo percorsero mantenendo le stesse posizioni fino ad un bivio. Imprecando contro la loro sfortuna - e, dannazione, dovevano trovare il modo di replicare la Colt ammazza-demoni - Dean fece segno a Sam di scambiarsi le armi e dividersi come avevano deciso. Sam non era troppo contento di quello sviluppo: insieme erano più forti, e anche se era parte del piano che lui stesso aveva accettato, l’idea di non poter avere suo fratello sott’occhio non gli piaceva. Dean indicò l’orologio per ricordargli che era passato già troppo tempo da quando la ragazza era presumibilmente stata rapita, e più tempo fosse passato meno possibilità avrebbero avuto di trovarla viva. Sam, riluttante, consegnò il pugnale a suo fratello e prese la pistola, osservando poi Dean svoltare a sinistra. Con un sospiro - e la preghiera che non andassero storte troppe cose nel loro piano tutt’altro che dettagliato - si incamminò per l’altro corridoio.
   Sperare che qualcosa non vada male è il modo ideale per farla andare peggio, si disse Sam quando, all’ennesima svolta - come diavolo era stato costruito quel capannone? - vide due demoni camminare per il corridoio. Fece per prendere il cellulare e chiamare Dean per fargli sapere che aveva trovato i demoni, quando i due si accorsero di lui e Sam dovette premere il grilletto. Non ebbe il tempo di interrogarli, perché gli spari richiamarono ben presto altri tre demoni, e al giovane Winchester non restò che bloccarli il più in fretta possibile con le trappole del diavolo intagliate nei proiettili. Stava per chiamare Dean quando un pensiero lo colpì: se ben cinque demoni potevano permettersi di passeggiare tranquilli per il corridoio, quanti altri dovevano essercene a guardia dell’ostaggio?
   E perché diavolo hanno rapito quella ragazza?
   La risposta gli arrivò in una forma tutt’altro che piacevole quando un sesto demone accorse richiamato dal trambusto.
   La ragazza rapita.
   
   Dall’altra parte del capannone, Dean non aveva ancora incontrato nessuno quando udì gli spari.
   « Sammy » mormorò facendo per tornare indietro, ma due demoni gli si avvicinarono alle spalle. Il cacciatore ruotò abilmente su se stesso per pugnalarli col coltello di Ruby - maledizione, avrebbe dovuto trovarne uno e tenerlo vivo per chiedergli dove fosse Abaddon - ma ne arrivarono presto un terzo e un quarto. Udì altri spari, ma non ebbe il tempo di fare nulla prima che uno dei nuovi arrivati gli bloccasse il braccio armato e l’altro tirasse fuori un coltello a sua volta per colpirlo.
   Dean riuscì a distrarre il demone che lo teneva prigioniero piegandosi improvvisamente in avanti e a liberare il braccio quel tanto che gli bastò per lanciare il coltello verso il secondo che avanzava, freddandolo prima che potesse fargli del male, ma il bastardo che lo bloccava dalle spalle non lo lasciò; si limitò a strattonarlo all’indietro verso la scala che portava all’area principale del magazzino, un’enorme stanza rettangolare in cui erano impilati scatoloni di cartone ammuffito e sbarre di metallo che erano servite a chissà cosa un tempo. Dean si divincolò e scalciò, ma il demone si girò su se stesso per lanciarlo giù per la scala di metallo; il cacciatore rotolò per qualche gradino, ma poi riuscì a fermare la sua caduta afferrando la ringhiera.
   Furioso, si rialzò, mano sulla fiaschetta di acqua santa che teneva nella giacca, e iniziò a scendere gli scalini rimanenti di spalle, guardandosi intorno alla ricerca di eventuali pericoli; la stanza, però, era vuota. Riportò lo sguardo sul demone che aveva cercato di farlo rotolare per le scale; nella sua mano, il coltello di Ruby.
   « Figlio di puttana » imprecò tra sé Dean.
   Giunto ai piedi della scaletta, considerò rapidamente le sue possibilità: la scelta più ovvia era attaccare il suo avversario con l’acqua santa per distrarlo e cercare di riprendere il coltello. Il problema era che il demone possedeva al momento un tizio alto quanto Sam e largo il doppio - solo per questo è riuscito a bloccarmi, decise il Dean - e anche se sapeva bene che la forza di un demone non dipendeva dall’ospite, Dean non aveva intenzione di tentare un corpo a corpo contro un armadio umano.
   La seconda possibilità che gli venne in mente era scappare, ma non si sarebbe lasciato sfuggire quell’occasione di avvicinarsi ad Abaddon, e comunque la scaletta sembrava l’unica via d’accesso a quella stanza.
   Cercare qualcosa con cui distrarre il demone, con cui ferirlo, almeno? Sapeva bene che le uniche armi in grado di provocare danni alla creatura che si era impossessata dell’armadio umano erano il coltello di Ruby - e quello di Crowley, a pensarci bene - e la dispersa Colt. Si pentì di non aver portato più proiettili con la trappola del diavolo, gli sarebbero stati comodi al momento, ma lagnarsi non gli sarebbe stato d’aiuto.
   Acqua santa sia, allora.
   Svitò il tappo della fiaschetta prima di tirarla fuori dalla tasta interna della giacca e con un movimento fluido la prese e gettò l’acqua in faccia al demone prima che questo potesse accorgersi delle sue intenzioni e fare un passo indietro; non lasciò andare il coltello, ma gridò di dolore portandosi la mano libera al volto ustionato. Dean lo assalì prima che potesse riprendersi, bloccandogli il polso armato e piegandogli la mano perché la lama puntasse verso lo stomaco.
   Non riuscì ad affondarla. Il demone, infuriato, ricorse ai suoi poteri per togliersi di dosso il cacciatore - era ovvio che prima o poi qualcuno lo avrebbe fatto, non potevano essere tutti così stupidi da dimenticare il vantaggio principale che avevano sugli esseri umani - e bloccarlo contro il muro; avanzò lentamente verso di lui, il coltello sollevato, lo sguardo omicida. Richiamati dal trambusto, o forse dal grido del loro compagno, altri due demoni accorsero nella stanza.
   Pur in netta minoranza - senza contare che era bloccato contro la fottuta parete - Dean non smise di fissare negli occhi il demone armato.
   « Che aspetti, scimmione? Mi hai inchiodato al muro, hai il mio coltello. Hai persino due amichetti a darti una mano, in caso fossi troppo idiota per farlo da solo » lo sfidò. « Abaddon è così disperata da reclutare i demoni più idioti? O forse non lavori per lei? » Ormai non aveva nulla da perdere, e magari avrebbe avuto qualche risposta, così - o il demone avrebbe perso la concentrazione.
   Certo, credici.
   Non aveva sentito altri spari, segno che Sam aveva eliminato tutti i demoni che gli erano venuti contro - o che… no, non era possibile, Sam era vivo - e che magari stava in quel momento venendo da lui, ma scartò l’idea: erano solo partner di lavoro, erano lì per lavoro, e il lavoro non era ancora finito, la ragazza non era stata ancora salvata. Sam sarebbe andato alla ricerca dell’ostaggio.
   Stranamente, l’idea di morire non lo preoccupava; non come aveva fatto l’idea di perdere Sam, sei mesi prima.
   “Non mi hai salvato per me. Lo hai fatto per te. Perché non sopportavi l’idea di restare solo”.
   Mentre guardava il suo avversario sollevare il coltello, accaddero tre cose: Dean sentì un dolore lancinante trafiggergli il braccio destro, il potere del demone lo lasciò andare e un grido lacerò l’aria.
   Dean cadde in ginocchio, e riuscì appena a scorgere i tre demoni sul pavimento davanti a lui - morti? - prima di sprofondare nelle tenebre.
   
   Sam rimase pietrificato per alcuni lunghi secondi quando vide il presunto ostaggio comparirgli di fronte con gli occhi completamente neri. Riuscì a riscuotersi appena in tempo e a sollevare la pistola per fare fuoco. La ragazza cadde in ginocchio, fissandosi il petto nel punto in cui era penetrato il proiettile, confusa.
   « Perché siete qui? » fu tutto ciò che riuscì a chiedere il ragazzo, ma i cinque demoni lo guardarono con un ghigno carico d’odio. “Lizzie” scosse la testa. « Vi ho chiesto perché » ripeté Sam, ma la ragazza continuò a sorridergli con quell’aria da maniaco. « Potrei rispedirvi all’Inferno da dove venite. Exorcizamus te, omnis immundus spiritus, omnis satanica potestas… »
   I sei demoni si contorsero per il dolore, i ghigni spariti dai loro visi, ma nessuno di loro supplicò né rispose. Sam strinse i pugni.
   « C’entra Abaddon? » chiese interrompendo l’esorcismo. Doveva ottenere una risposta. « La lotta tra lei e Crowley? » “Lizzie” fece una risata bassa, soddisfatta. Animale. E Sam capì: era una trappola.
   Avrebbero dovuto arrivarci prima: i genitori disperati che chiedevano aiuto online, il rapimento, il percorso di fiori morti, la puzza di zolfo per tutta la casa… non aveva senso. Ma se aggiungeva alla lista il fatto che Abaddon sapeva che i Winchester erano alla ricerca dell’unica arma in grado di ucciderla…
   Recitò l’esorcismo più in fretta che poté, poi si voltò e iniziò a correre nella direzione da cui proveniva, pregando di fare in tempo, pregando che Dean non avesse incontrato guai - ma li aveva incontrati, era sicuro, altrimenti sarebbe accorso ad aiutarlo al primo sparo, perché nonostante tutto ciò che Sam gli aveva detto, Dean non lo avrebbe mai abbandonato solo di fronte al pericolo - pregando che stesse bene.
   Giunse al bivio in cui si erano separati e sentì il cuore sprofondargli nello stomaco quando udì il grido inumano che proveniva dall’altro corridoio. Lo imboccò correndo e si bloccò alla vista dei tre cadaveri accanto ad una porta che dava su una scala di metallo… ai piedi della quale era Dean, in ginocchio, la mano sinistra stretta intorno al braccio destro, il volto contorto dal dolore.
   Di fronte a lui, tre demoni caddero al suolo, chiaramente morti.
   E come se qualcuno avesse staccato la spina, il viso di Dean si distese e anche lui crollò su un fianco.
   « Dean! »
   Sam corse giù per le scale, gettandosi in ginocchio accanto al fratello, premendogli due dita sul collo pregando di trovare il battito. Sospirò di sollievo quando percepì il pulsare lieve sotto le dita ed esaminò il corpo del fratello alla ricerca di fratture, ferite.
   « Dean? » cercò di svegliarlo, ma lui non rispose. E… era più pallido di quando si erano divisi mezz’ora prima nel corridoio o era una sua impressione?
   Gli passo le dita tra i capelli corti, cercando ferite o rigonfiamenti, gli aprì delicatamente le palpebre e fu confortato nel vedere le pupille reagire alla luce dei neon.
   Si concesse un momento per guardarsi intorno, confuso. Erano stati i demoni, coi loro poteri? E come avevano fatto, se quando Sam era arrivato erano stramazzati a terra? Tra le mani del più grosso dei tre c’era… il coltello di Ruby?
   Sam voltò di scattò la testa verso Dean e un’ondata di gelo lo investì: Dean era stato disarmato; si era ritrovato solo contro tre demoni, senza il coltello, senza una maledetta pistola coi proiettili modificati, senza Sam a coprirgli le spalle.
   Non avremmo mai dovuto dividerci, di disse Sam, pentito di non essersi opposto al piano di suo fratello.
   Eppure, Dean ce l’aveva fatta: aveva ucciso i tre demoni da solo - senza armi?
   Una cosa per volta.
   Per prima cosa dovevano andare via di lì: Abaddon sarebbe presto venuta a raccogliere il frutto dei suoi piani. Cercò ancora una volta di svegliare Dean, chiamando il suo nome, scuotendolo, ma non ci riuscì. Ed era una sua impressione o la sua pelle sembrava calda?
   Tirò fuori il cellulare dalla tasca e selezionò il numero di Castiel.
   « Cas? Sono Sam. Ascolta: ho bisogno che tu venga al bunker più in fretta che puoi. È per Dean… »
   Non ebbe bisogno di dire altro; Castiel gli promise che sarebbe arrivato il prima possibile e chiuse la telefonata. Sam sperò che Cas non fosse troppo lontano, e con un sospiro si rimise il cellulare in tasca per cercare un soluzione al problema presente: come portare fuori di lì suo fratello privo di sensi. Benché più basso di lui di quasi dieci centimetri, Dean era tutt’altro che minuto, e salire le scale, percorrere il lungo corridoio e la distanza che separava il capannone dall’Impala portandolo in spalla non sarebbe stato facile.
   Prese il coltello di Ruby dalla mano del demone e se lo infilò nella tasca posteriore dei jeans, tentò inutilmente un’ultima volta di svegliare Dean e si mise all’opera. Manovrò il fratello in una posizione comoda per caricarselo in spalla, alzandosi lentamente tenendolo in equilibrio. Si voltò, cercando di non sbandare troppo, verso la scaletta e, tenendo la pistola puntata con la mano libera, iniziò il lungo percorso a ritroso.
   Giunse all’Impala senza incontrare altri demoni, e aprì la portiera di dietro per adagiare con delicatezza il fratello sul sedile, piegandogli le gambe per farlo stare tutto intero nella macchina; poi salì al posto di guida e mise in moto.
   
   
   Devo imparare a dividere le storie in capitoli già nella mia mente, altrimenti mi trovo a dover cercare un punto decente per interrompere e mi trovo una seconda parte di cinque pagine più lunga della prima. Uffa.
   La frase tratta dal tf è presa dalla puntata 9x13.
Aspetto con ansia i vostri commenti! :D
   
   
   
   

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


   Un enooooorme grazie a Teacup per il suo meraviglioso commento.
   Secondo e ultimo capitolo. Hurt/comfort in arrivo! Vi rimando alla fine per le mie solite note chilometriche. Enjoy!

   La versione inglese è qui.


   Sam ridusse il tragitto di un’ora a poco più di quaranta minuti, pur avendo passato metà percorso a sbirciare nello specchietto retrovisore chiamando il nome di suo fratello per cercare di svegliarlo - e, dannazione, la scena somigliava troppo a quella di otto anni prima per rassicurarlo. Pensò che forse era il caso di portare Dean in ospedale, ma decise che avrebbe lasciato che se ne occupasse Cas. Restava solo da vedere quanto ci avrebbe messo l’angelo ad arrivare ora che non poteva più teletrasportarsi.
   Fu immensamente sollevato quando lo scorse in piedi accanto all’entrata nascosta del bunker. Scese dall’auto per aprire la porta d’ingresso.
   « Hai fatto presto » disse sorpreso facendo scivolare la chiave nel suo alloggiamento.
   « Ho chiesto ad un amico di accompagnarmi nelle vicinanze » rispose l’angelo. « Dean? »
   Sam sospirò.
   « È in macchina. È… Non riesco a svegliarlo ».
   Cas aggrottò la fronte, ma non disse nulla.
   Sam aprì la porta del bunker e tornò all’Impala per prendere Dean. Non chiese a Castiel di aiutarlo, anche se l’angelo avrebbe potuto portare Dean in braccio senza alcuna fatica nonostante le scale: non avrebbe lasciato che nessuno lo toccasse mentre era vulnerabile, nemmeno il suo angelo custode - il che era stupido da qualsiasi angolo guardasse la cosa, ma Cas rispettò la sua decisione e si limitò a tenersi vicino in caso di bisogno.
   Sam portò Dean nella sua stanza e lo stese con gentilezza sul letto. Dean non si svegliò.
   « Cos’è successo? » chiese Cas avvicinandosi all’uomo privo di sensi.
   « Eravamo a caccia. Demoni. Ci siamo divisi, ma era una trappola. Non so cosa sia successo: quando sono arrivato, c’erano tre demoni… e sono crollati a terra morti. E lui… è svenuto. Non sono riuscito a svegliarlo ».
   Cas toccò la fronte del maggiore dei Winchester con due dita preparandosi ad usare i suoi poteri angelici, ma dopo poco aggrottò le sopracciglia, confuso.
   « Non ci riesco ».
   « Cosa? Perché? »
   « C’è qualcosa che mi blocca » rispose l’angelo. « È… »
   Castiel si interruppe improvvisamente, ritraendo la mano come se si fosse scottato, gli occhi spalancati, inorridito.
   « Cas? Che cosa… » iniziò Sam, ma l’angelo non lo sentì. Teneva lo sguardo fisso su Dean, spaventato - disgustato?
   « Che cosa hai fatto? » sussurrò.
   Sam sentì di nuovo quella sensazione di gelo crescere dentro di lui. Voleva chiedere di nuovo, ma non riusciva a trovare la voce.
   Castiel sospirò, chiuse gli occhi, le spalle gli si incurvarono.
   « Porta il Marchio del Primo Assassino » disse senza smettere di guardare Dean, negli occhi una tristezza infinita.
   « Il Marchio… Il Marchio di Caino? È di quello che parli? » chiese Sam cercando di capire. Quando Dean gliene aveva parlato, nella stanza di ospedale di Garth, era rimasto talmente sconvolto dal fatto che non avesse cercato di nasconderlo, di mentire ancora, che non era riuscito a chiedergli nulla prima che la sparizione di Garth occupasse i suoi pensieri. Una volta tornati al bunker aveva fatto delle ricerche, ovviamente: aveva cercato tra i libri degli Uomini di Lettere e su internet, era persino andato in biblioteca per essere certo di non aver lasciato nulla di intentato, ma da nessuna parte aveva trovato gli effetti del Marchio.
   Ma poi avevano trovato la Prima Lama e Dean aveva ucciso Magnus. Sam non avrebbe mai dimenticato lo sguardo di suo fratello mentre stringeva l’arma tra le mani: era troppo simile a quello che troppe volte aveva ritrovato nello specchio cinque anni prima, quando il potere del sangue di Ruby lo consumava dall’interno.
   Sam aveva avuto paura. E ad ogni parola con cui aveva cercato di richiamare l’attenzione di Dean, ad ogni parola che Dean non aveva sentito, la paura era aumentata.
   E ora la reazione di Castiel non era d’aiuto.
   « Tu… lo sapevi? » fu la risposta dell’angelo, che sollevò finalmente lo sguardo sul minore dei Winchester, confuso.
   « È una lunga storia: Dean mi ha detto di aver incontrato Caino. Che grazie al Marchio può usare la Prima Lama e con essa uccidere Abaddon ».
   Castiel sembrò ancora più inorridito.
   « Ha incontrato il Primo Assassino? » L’angelo scosse la testa.
   « Cas… » iniziò Sam, frustrato. Castiel si voltò verso Dean, ancora privo di sensi. Gli toccò la fronte.
   « La febbre sta salendo » disse. « Il Marchio mi impedisce di aiutarlo, blocca i miei poteri ».
   Sam distolse lo sguardo passandosi una mano tra i capelli. Annuì e lasciò la stanza per andare a prendere dell’acqua fredda e una pezza con cui tenere la febbre sotto controllo finché non fossero riusciti a svegliare Dean e dargli un’aspirina o qualcosa del genere.
   Ammesso che un’aspirina faccia qualche effetto.
   « Perché non si sveglia? Cosa gli è successo? » chiese tornando in camera di Dean. Posò il bacile sul comodino e bagnò la pezza per posarla sulla fronte del fratello. Sentì un nodo crescergli nel petto nel vederlo pallido e immobile.
   « Il Marchio lo ha protetto dai demoni che cercavano di ucciderlo ».
   « “Chiunque ucciderà Caino sarà punito sette volte tanto”. La Bibbia dice “uccidere”… »
   « La versione della Bibbia è errata, modificata nei secoli a causa delle traduzioni da una lingua all’altra e delle interpretazioni degli uomini » rispose Castiel.
   Osservarono in silenzio Dean. Sam gli tolse il fazzoletto dalla fronte per bagnarlo nuovamente.
   « Tu sai cos’è successo? »
   Castiel rifletté per qualche secondo.
   « La versione che ti darò è incompleta, perché solo gli arcangeli sanno veramente cosa è accaduto » disse infine. « Ciò che so è che Caino fu sedotto da Lucifero. Uccise suo fratello Abele, e quell’atto di odio distrusse irrimediabilmente la sua anima, trasformandolo in un demone. Lucifero lo marchiò, gli donò l’immortalità e lo mise a capo dei suoi demoni, con il compito di addestrarli. Così nacquero i Cavalieri dell’Inferno. La leggenda racconta che vi fu uno scontro tra gli arcangeli e i Cavalieri, in cui questi ultimi furono sterminati. Almeno, così credevamo » disse.
   Sam annuì. Collimava con ciò che aveva detto loro Henry l’anno prima.
   « Quindi… il Marchio rende immortali? » chiese.
   « Il Marchio aveva il compito di proteggere Caino. “Chiunque cercherà di uccidere Caino subirà la punizione sette volte” sarebbe più corretto ».
   Non aveva senso: da quando Dean aveva il Marchio, aveva rischiato di morire più volte - aveva lottato contro licantropi, pishtaco, demoni, esseri umani… e mai una volta il Marchio si era attivato.
   « Perché solo ora? Non è la prima volta che si trova in pericolo da quando ce l’ha ».
   « Ma è sopravvissuto ogni volta ».
   « Sì, beh, è riuscito a difendersi, o c’ero io con lui… » rispose Sam confuso.
   Castiel annuì.
   « Esatto: non era necessario che il Marchio si palesasse. Ma stavolta hai detto che era solo e in svantaggio. Sarebbe morto senza di esso ».
   Sam deglutì tornando a guardare il fratello ancora privo di sensi. « Ma allora cosa gli è successo? Perché è svenuto? » chiese. Era quella la parte che gli interessava davvero, tutto il resto sarebbe venuto dopo. Quando avevano incontrato Magnus e Dean aveva usato la Prima Lama, Sam aveva pensato che l’arma fosse pericolosa per chi la usava. Ora iniziava a pensare che anche il Marchio da solo non scherzasse.
   Perché non fai mai niente a metà, vero, Dean?
   « Lucifero diede a Caino un potere enorme, ma ad un prezzo: il Marchio lo avrebbe protetto, distruggendo chiunque avesse cercato di fargli del male, ma avrebbe assorbito l’energia necessaria da lui ». Fece una pausa e sospirò, osservando Sam che ancora una volta bagnava la pezza per rinfrescarla e rimetterla poi sulla fronte pallida di Dean. « Ma Caino era un demone, lo era diventato nel momento in cui aveva ucciso Abele. Dean è un uomo ».
   Debole. Fragile.
   « Cosa possiamo fare? »
   L’angelo scosse la testa, allontanandosi dal letto e fermandosi accanto al muro su cui Dean aveva esposto i suoi fucili.
   « Attendere. La mia grazia non riesce a superare la barriera imposta dal Marchio, per cui starà a lui » disse solennemente.
   Sam chiuse gli occhi, sedendo sul bordo del letto e sfiorando con la mano il viso del fratello. Castiel lo guardò. Con Sam non aveva lo stesso legame che aveva con Dean ed era certamente meno rilassato - meno umano - ma lo conosceva da abbastanza tempo da tenere anche a lui e da capire che qualcosa lo turbava.
   « Cosa è successo? » chiese.
   « Che intendi? Ti ho già detto cos’è successo ».
   « Non coi demoni. Perché Dean porta il Marchio? Hai detto che ha incontrato Caino. Che ti ha detto di averlo incontrato. È successo dopo quella notte, quando eravate ancora divisi? » Sam annuì, ma non elaborò oltre. « Sam » insistette Cas.
   Il giovane sospirò.
   « Mi ha detto di aver seguito Crowley » disse e si fermò, aspettando la reazione di Castiel.
   « Crowley? Ha lavorato con Crowley? » ripeté l’angelo.
   Visto, Dean? Non sono l’unico a cui non è piaciuta questa cosa.
   « Abbiamo lo scopo comune di eliminare Abaddon. Crowley è un pesce piccolo, a paragone, e il suo turno verrà dopo » rispose Sam, ed era un giuramento.
   « Come sono arrivati a Caino? »
   « Non ne ho idea. Non abbiamo … parlato molto, da quando abbiamo ripreso a lavorare insieme ».
   Castiel capì cosa stava dicendo per davvero Sam.
   « Non lo hai ancora perdonato » disse, e non era una domanda.
   Sam non rispose. Tolse il fazzoletto dalla fronte del fratello e lo immerse nella bacinella d’acqua fredda.
   « Ha sbagliato, ma lo ha fatto per la ragione giusta » continuò l’angelo guardandolo rimettere il fazzoletto bagnato sulla fronte di Dean.
   Oh, no, non avremo questa conversazione.
   Sam fece spallucce, ma Castiel non lasciò perdere.
   « Sam. Tu sai perché lo ha fatto ».
   Il giovane continuò a non rispondere. Cas attese pazientemente. Passarono lunghi minuti, e alla fine Sam cedette.
   « Lo so. E non era la cosa giusta da fare » rispose.
   « Saresti morto ».
   « Ero pronto a morire ».
   « Non dici sul serio ».
   Sam si alzò di scatto e si voltò verso l’angelo.
   « Ah, no? E tu cosa ne sai? Non credi che io abbia dato abbastanza, tutta la vita? Non credi che io meriti di… di riposarmi, finalmente? » chiese con veemenza.
   Castiel gli rivolse uno sguardo carico di tristezza.
   « Meriti di non dover più lottare. Meriti di non dover più sacrificare te stesso » rispose. « Ma lo merita anche lui ».
   Sam fece un gesto impaziente.
   « Lo so. E vorrei tanto che avesse tutto questo e molto di più, ma non… » Sospirò per calmarsi. « Non così. Non continuando a tenermi legato a lui, a legare se stesso a me ».
   « Non è lui a tenervi legati » disse Cas. « Sam, come ha fatto Dean a far entrare Gadreel nel tuo corpo? Serviva il tuo consenso » disse senza apparente soluzione di continuità.
   Sam sbuffò.
   « Mi ha ingannato. È apparso nel mio… sogno, o quello che era, e mi ha fatto dire di sì ».
   « E qual era la domanda? » insistette gentilmente l’angelo. Sam lo guardò confuso. « Non basta una qualsiasi domanda a cui la risposta sia sì perché un angelo entri nel suo tramite. Qual era la domanda, Sam? »
   « Devi lottare! Posso risolvere tutto, ok? Ma non se mi escludi » aveva detto Dean, la disperazione nello sguardo. Poi si era girato verso Morte « Non è il suo momento! »
   « Questo sta a Sam deciderlo ».
   « Sam, ascoltami » suo fratello era tornato a rivolgersi a lui. « Ti ho fatto una promessa, in quella chiesa: io e te, qualsiasi cosa accada. Beh, questo rientra nel “qualsiasi cosa”. Ma devi lasciarmi entrare. Devi lasciare che io ti aiuti. Non esisto se non esisti tu ».
   Sam aveva guardato Morte, poi aveva riportato lo sguardo su Dean.
   « Cosa devo fare? »
   « È un sì? »

   « Mi ha chiesto se volevo lottare » rispose Sam con un filo di voce.
   Castiel sorrise.
   « Ti ha ingannato, è vero - non avresti mai dato il tuo consenso a un angelo, mentre a tuo fratello sì - ma… tu hai scelto di vivere, Sam. Hai scelto Dean invece della morte. Tu e tuo fratello vi siete scelti a vicenda, ancora e ancora ». Sam guardò suo fratello, ma non parlò. « Non ti dirò di perdonarlo, perché non è mio compito. Ma ti dirò cerca di capirlo ».
   Il fazzoletto bagnato era di nuovo caldo; la febbre continuava a salire.
   Sam non rispose alle parole di Castiel, si alzò e andò a prendere il kit del pronto soccorso che tenevano in bagno. Ne tirò fuori il termometro e lo premette delicatamente nell’orecchio del fratello, quasi aspettandosi che questo si lamentasse del suo giocare all’infermiera, ma Dean non parlò. Non si mosse nemmeno. Era ancora pallido, le lentiggini più visibili che mai, le guance arrossate dalla febbre. Il termometro diede un bip; il display segnava trentanove gradi e mezzo.
   Sam si accigliò. Una pezza bagnata in fronte iniziava ad essere del tutto inutile. Rimosse le scarpe di Dean e gli sfilò delicatamente il giubbino e camicia, maneggiando il fratello come un’enorme bambola di pezza. Sul braccio destro, di un rosso vivo come se fosse illuminato dall’interno, il Marchio di Caino. Castiel si irrigidì, stringendo i pugni. Sam chiuse gli occhi per un momento. Rovistò poi nel kit di pronto soccorso alla ricerca degli impacchi freddi.
   « Se la febbre continua a salire dovremo portarlo in ospedale » disse ed era per metà una domanda: servirà a qualcosa?
   Castiel distolse lo sguardo dal Marchio e sospirò.
   « Non so quanta energia abbia assorbito il Marchio. Ma so che Dean è forte » rispose, e Sam si sentì irritato. Sì, Dean era forte. Ma per una volta sarebbe stato bello se non avesse dovuto esserlo, se non avesse dovuto lottare. « Sam ». Castiel lo fissò con gli occhi troppo blu di Jimmy Novak. « Quando si sveglierà, dovrai parlargli. Il Marchio non agisce solo sul suo corpo, ma anche sulla sua mente. È il Marchio di Lucifero. Non lasciarglielo portare da solo ».
   Sam dovette abbassare lo sguardo, applicando le compresse fredde nei punti indicati sulla confezione - dietro al collo, sotto le ascelle - sperando che facessero effetto: non voleva pensare a cosa sarebbe successo se non fossero riusciti ad abbassare la febbre.
   La verità era che lui capiva perfettamente Dean e la sua paura di perdere la sua famiglia. Quella notte a Lawrence, ancora bambino, aveva perso ogni stabilità, aveva visto suo padre cambiare in un uomo duro e cupo e si era visto affidare la vita di un fratellino appena nato che non avrebbe mai conosciuto i suoi genitori: la sua vita era stata indissolubilmente legata a quella di Sam, quella notte, e il nodo era stato stretto sempre di più negli anni, da John, da Dean - da Sam stesso.
   “Il rapporto che hai con tuo fratello è pericolosamente codipendente” aveva detto il dottor Fuller quattro anni prima. Ed era vero, il loro rapporto non era sano, dipendevano l’uno dall’altro in modo ben diverso da due fratelli normali. Sam aveva cercato più volte di riparare, rendendosi conto che la codipendenza - come l’aveva definita Fuller - era tutt’altro che benefica, aveva cercato di spingere suo fratello ad allontanarsi dalla caccia, a costruirsi una vita con la donna che amava e il bambino che sentiva come suo; aveva cercato di lasciarlo libero, allontanandosi. Ma Dean era tornato sempre da lui, anche quando Sam aveva sbagliato, anche quando una persona normale avrebbe perso la fiducia e si sarebbe abbandonata alla rabbia.
   “Non osare pensare che ci sia nulla, passato o presente, che io metterei prima di te! Non è mai stato così, mai!”. “Non esisto se non esisti tu”.
   Sam lo aveva accusato di essere egoista, di avere bisogno di lui accanto perché aveva paura di restare solo. Ed era vero, Sam lo sapeva, Dean lo sapeva. Ma era falso, e Sam sapeva anche questo.
   Dean aveva sempre messo suo fratello davanti a tutto, anche - soprattutto - a se stesso: aveva scelto Sam invece del padre, invece di Lisa e Ben, invece di Benny. Aveva dato la sua anima per lui. Sam era il suo scopo e il suo fondamento, il centro del suo mondo.
   Dean poteva morire, ma Sam no: se fosse morto Sam, Dean lo avrebbe seguito, perché semplicemente il mondo si sarebbe fermato per lui, sarebbe svanito.
   “Voglio che tu abbia una vita, che diventi un Uomo di Lettere o quello che ti pare. Te con una moglie e dei figli e dei nipoti, che vivi fino a che sarai grasso e pelato e divorerai Viagra: questo è il mio finale perfetto; ed è l’unico che avrò”.
   Era sbagliato, malato. Ma non si possono cancellare trent’anni di condizionamento, e Sam lo sapeva, lo aveva visto ogni giorno della sua vita. Continuava a vederlo anche ora: Dean aveva smesso di chiamarlo “Sammy”, di dare per scontato che volesse partecipare ad una caccia, di proporgli di guardare un film insieme, di mentirgli o nascondergli le cose… ma non aveva smesso di prendersi cura di lui - anche se in silenzio, senza sorridere. Era entrato per primo nel capannone perché non sapevano cosa aspettarsi al di là della porta, aveva dato a Sam l’arma con cui avrebbe corso meno rischi quando si erano divisi.
   Sam avrebbe voluto che capisse che poteva smettere, che lui ormai era un uomo adulto in grado di prendersi cura di se stesso da solo. Ma era come chiedere ad una madre di smettere di preoccuparsi quando il figlio torna tardi dopo essere uscito con gli amici.
   Toccò la fronte del fratello e la sentì ancora calda - e asciutta. Non sapeva molto di medicina, ma John aveva provveduto a dare ai suoi figli i rudimenti di pronto soccorso necessari a sopravvivere nel loro lavoro, come lui li aveva ricevuti quando si era arruolato, ed erano sufficienti a sapere che l’assenza di sudore non era un buon segno.
   Castiel aveva lasciato la stanza poco prima senza che lui se ne accorgesse, e tornò in quel momento con un bicchiere d’acqua.
   « Prova a farlo bere » disse a Sam e il giovane annuì. Avvicinò il bicchiere alla bocca del fratello e lo inclinò quel poco che bastava a far cadere qualche goccia tra le labbra dischiuse. Continuò per un po’, poche gocce per volta perché non era certo che Dean potesse ingoiare restando svenuto.
   « Che intendevi quando hai detto che il Marchio agisce anche sulla mente? » chiese all’angelo non sopportando il silenzio. Continuava a pensare a suo fratello che stringeva la Prima Lama e non sentiva la sua voce che lo chiamava. Aveva paura, paura di cosa sarebbe accaduto la prossima volta.
   Castiel prese la pezza dalla bacinella sul comodino e iniziò a passarla sul viso e i capelli del cacciatore privo di sensi.
   « È il Marchio di Lucifero ».
   « Questo lo hai già detto ».
   « Sam » disse solo Cas, e ciò che c’era dietro quelle tre lettere fece pensare al giovane a come, con la semplice inflessione della voce, Dean era in grado di comunicare una frase intera pronunciando solo il nome del fratello. « Caino è un servitore dell’Inferno ».
   « Hai già detto anche questo. Hai detto che l’anima di Caino è stata corrotta dal fratricidio, ma che c’entra? ».
   « Ho detto che il fratricidio lo trasformò in un demone. Ma l’odio era in Caino da prima, da quando aveva ceduto alle lusinghe di Lucifero » spiegò Castiel.
   « Dean non ha ceduto a Lucifero » ribatté Sam con fervore.
   « No, ma porta il Marchio del Diavolo. Caino era un demone: il Marchio aveva il compito di proteggerlo, di dargli il potere di guidare i Cavalieri. Dean è un uomo. Il Marchio è una macchia nera che si ciba della sua anima. Senza la Lama è come… incompleto. È l’unico motivo a cui riesco a pensare per cui Dean è ancora qui. Ma quando avrà la Lama… » rispose solennemente l’angelo.
   « Vuoi dire… che morirà? » C’era paura nella voce di Sam.
   Non posso perderlo. Non posso.
   Ma Castiel chiuse gli occhi - se fosse stato ancora umano, avrebbe avuto lacrime da trattenere.
   « La sua anima sarà corrotta. Il Dean che conosciamo morirà ».
   Per un momento Sam non riuscì a respirare.
   « Diventerà un demone? » chiese con un filo di voce.
   Castiel non rispose, ma il suo silenzio parlava per lui.
   Era la prima cosa a cui aveva pensato quando aveva visto Dean con la Lama, quando l’immagine di se stesso che beveva il sangue di Ruby si era imposta nella sua mente: anche se non se n’era accorto, quando aveva ceduto al suo potere per uccidere Lilith i suoi occhi erano diventati neri. Era stato un demone, per qualche secondo.
   Era un pensiero che aveva cercato di allontanare dalla sua mente, di negare con tutto se stesso.
   Non Dean. Non così.
   Si sentiva soffocare. Si alzò di scatto e uscì a grandi passi dalla stanza.
   Dean era sempre stato il bravo figlio, il bravo fratello. Era l’Uomo Giusto, il tramite dell’Arcangelo Michele. Era Sam quello infettato dal sangue di demone, quello che aveva liberato Lucifero, che era destinato fin da prima del concepimento a divenirne il tramite.
   Dean non poteva diventare un demone. La sua anima era troppo pura.
   Rise per l’assurdità della situazione e si passò le mani tra i capelli, sugli occhi lucidi. Aveva visto Dean con la Lama, cazzo. Lo aveva visto, lo aveva visto, lo aveva visto…
   Respirò a fondo per calmarsi.
   Avrebbe trovato una soluzione. Ora Cas era con loro e conosceva la situazione. Era un angelo, aveva di nuovo la sua grazia, li avrebbe aiutati a trovare una soluzione.
   Più calmo, più deciso, Sam tornò in camera del fratello. Per la prima volta, notò la mancanza di dischi, riviste, tutto quello che un anno prima Dean aveva raccolto per “fare il nido”, come aveva detto lui stesso. Si chiese quando avesse tolto tutto, e perché. Che fosse il Marchio? O era successo prima? O magari… era per Sam?
   Mancava anche la foto di Mary, notò il giovane con un nodo nel petto.
   « La febbre è salita » disse Castiel porgendogli il termometro che ora segnava quaranta gradi e un decimo.
   Sam annuì. Posò il termometro sul comodino e, senza dire una parola, uscì nuovamente, ma stavolta andò in bagno, otturò lo scarico della vasca e aprì i rubinetti per riempirla di acqua fredda. Poi tornò da Dean e iniziò con delicatezza ed efficienza a spogliarlo, lasciandolo con solo i boxer addosso.
   Dean non emise un suono.
   Voglio che ti lamenti, Dean, che mi chieda di tenere le mani a posto, che mi dica che non sono il tuo tipo di donna. Chiamami Sammy, Dean.
   Ma Dean continuò a restare in silenzio, a sollevarsi e piegarsi docilmente tra le mani di suo fratello. Il Marchiò rosso risaltava più che mai sulla pelle pallida.
   Sam strinse la mascella e si chinò per far scivolare un braccio dietro la schiena di Dean e l’altro sotto le ginocchia. Lo sollevò tra le braccia e non sentì la fatica, non barcollò sotto il peso.
   Sono qui, Dean. Ci penso io a te.
   Sentì la pelle bruciare anche attraverso la camicia, ma uscì con passo sicuro dalla stanza e portò il fratello in bagno. Lo stese delicatamente nella vasca, inginocchiandosi accanto a lui.
   Al contatto con l’acqua fredda, Dean sembrò trattenere il respiro per un momento e mosse la testa.
   « Dean? » lo chiamò speranzoso.
   Suo fratello non rispose e non aprì gli occhi, ma ben presto il suo corpo su attraversato da lievi brividi.
   « Sta funzionando » disse Castiel sollevato.
   Sam sostenne il fratello circondandogli le spalle con un braccio, l’altra mano a tenere quella di Dean, incurante del fatto che si stesse bagnando la camicia. La testa bionda era appoggiata contro il suo petto.
   Rimasero così fino a quando i brividi si fecero più pronunciati e Dean emise un flebile gemito, poi Sam lo sollevò di nuovo, grondante d’acqua, e lo fece sedere su uno sgabello, avvolgendolo nell’asciugamano che gli porgeva Castiel.
   Non permise all’angelo di riportarlo a letto; si assicurò che il fratello fosse ben avvolto nel telo di spugna perché non si bagnasse toccando i suoi vestiti e lo riprese in braccio.
   Le braccia gli tremavano per lo sforzo quando posò il fratello sul letto, ma non gli importava; al suo posto, Dean si sarebbe preso cura di lui da solo. Lo aveva fatto, per anni.
   Castiel gli mise una mano sulla spalla, e gli sorrise con gentilezza.
   « Gli ho detto che al suo posto non avrei fatto la stessa cosa » disse Sam e le parole uscirono come se avessero una volontà propria - come se volessero essere pronunciate, liberate.
   Castiel non sembrò arrabbiato. Annuì.
   « Non avresti permesso a un angelo di possederlo sapendo che lui non avrebbe voluto » disse.
   « Ma era… l’unico modo. Se non lo avesse fatto sarei morto. E… a me stava bene, ma se ci fosse stato lui al mio posto… lo avrei perso » concluse con un filo di voce.
   « Esistono tanti tipi di amore. Anche lasciare andare una persona quando è il momento significa amarla ».
   « Non voglio lasciarlo andare » disse Sam e per un momento si sentì il bambino che vedeva ancora in lui suo fratello.
   « Lo so. E non dovrai farlo. Saremo al suo fianco, come lui ha fatto per noi » promise l’angelo.
   
   Rimasero tutta la notte a vegliarlo. Continuarono a controllare che la febbre fosse restasse sotto controllo, bagnandogli la fronte e cercando di fargli bere un po’ d’acqua per tenerlo idratato.
   Sam era stanco, ma non provò nemmeno a chiudere gli occhi; né Castiel cercò di proporgli di andare a dormire, si limitò a togliergli dalle mani il termometro o il fazzoletto bagnato in un paio di occasioni.
   « Abbiamo trovato anche la Lama » disse a un certo punto Sam non sopportando il silenzio. L’angelo alzò lo sguardo su di lui senza dire niente. « Ora ce l’ha Crowley, ma Dean l’ha usata e… » Si interruppe, non sapendo come continuare. Come avrebbe potuto descrivere l’aria feroce che aveva assunto Dean, lo sguardo assente e al contempo concentrato su quella che aveva identificato come la sua prossima preda - Crowley? O magari proprio Sam?
   Come avrebbe potuto descrivere la paura e l’orrore?
   Castiel sospirò e chiuse gli occhi, e per un attimo sembrò terribilmente umano.
   « La Lama completa il Marchio » disse solo, e lo aveva già detto, ma a Sam sembrò una sentenza di morte.
   Senza la Lama non avrebbero potuto uccidere Abaddon; con la Lama, avrebbero perso Dean.
   
   Mentre sul Kansas sorgeva il sole, il respiro di Dean cambiò. Sam fu in un istante al suo fianco. Castiel era in piedi dall’altro lato del letto.
   « Dean? »
   Il maggiore dei Winchester voltò la testa verso la voce familiare. Le sue palpebre si mossero come se stesse cercando di aprirle. Finalmente si schiusero e batterono più volte come per mettere a fuoco l’immagine.
   Dean vide Castiel, e aggrottò la fronte, smarrito.
   « Cas? » cercò di dire, ma aveva la bocca asciutta e la voce gli si incrinò.
   Sam gli avvicinò prontamente il bicchiere alle labbra.
   Lo sguardo di Dean si fece ancora più confuso quando si posò su suo fratello.
   « Sam? Che ci fai qui? » chiese dopo aver bevuto un sorso. Sembrava sveglio solo per metà.
   « Sei svenuto, ieri, e non riuscivamo a svegliarti. Hai avuto la febbre alta per tutta la notte » rispose il fratello.
   Dean sembrò riflettere sulle sue parole per qualche secondo, e Sam si aspettava un “le ragazzine svengono, gli uomini si addormentano molto in fretta” o qualcosa del genere, ma ciò che ricevette fu ben diverso.
   « Ma tu perché sei qui? »
   Fu il turno di Sam di essere confuso.
   « Hai avuto la febbre alta. Non ti svegliavi » ripeté cercando con lo sguardo Castiel.
   « I miei poteri non funzionavano » disse l’angelo, ma Dean batté lentamente le palpebre, come se restare sveglio fosse uno sforzo.
   « Ma… perché sei rimasto con me? » chiese mentre i suoi occhi si chiudevano. Il suo respiro rallentò. Si era addormentato.
   Sam lo fissò inorridito. Devastato.
   « Perché sono… Lui… Credeva che io non… » balbettò.
   Castiel scosse la testa guardando Sam negli occhi.
   « Si è appena ripreso. Non è ancora del tutto lucido » cercò di spiegare. E sì, in fondo era vero, Dean non era ancora del tutto lucido e perciò aveva parlato. Ma il punto non era che non lo pensasse davvero, ma che se fosse stato lucido non lo avrebbe detto ad alta voce.
   Dean si aspettava che Sam lo abbandonasse nel momento del bisogno.
   “No, Dean. Non lo farei. Nelle stesse circostanze… non lo farei”.
   « Oh, Dio » mormorò.
   Sam intendeva che non gli avrebbe mentito, che non lo avrebbe ingannato, che avrebbe rispettato la sua decisione senza cercare di fargli cambiare idea. E si sentiva in colpa perché si era reso conto, ora, che non era così diverso da suo fratello, anche lui avrebbe provato qualsiasi strada per salvarlo, come aveva fatto Dean accettando l’aiuto di Gadreel…
   Ma Dean non aveva sentito quel “nelle stesse circostanze”: aveva sentito “io non ti salverei, ti lascerei morire”.
   Stavolta le lacrime scivolarono dai suoi occhi senza che nemmeno se ne accorgesse.
   Dean credeva che la persona che amava di più al mondo lo avrebbe lasciato morire.
   « Sam ». La voce di Castiel si fece strada tra i suoi pensieri. Il giovane sollevò lo sguardo pieno di angoscia su di lui. « Pensarci ora non servirà a nulla » gli disse l’angelo con saggezza. « Quando si sveglierà parlerete » continuò dolcemente.
   Sam riportò lo sguardo su suo fratello e annuì di nuovo.
   
   Dean non si svegliò prima dell’ora di pranzo. Castiel insistette perché Sam mangiasse qualcosa e, tanto per assecondarlo, il giovane prese una scatola di biscotti e ne sgranocchiò un paio. L’altro non sembrò molto soddisfatto, ma capì che era il massimo che sarebbe riuscito a ottenere.
   Quando vide il fratello agitarsi, Sam abbandonò la scatola e sedette sul bordo del letto, deciso a dimostrargli che non aveva alcuna intenzione di lasciarlo solo.
   « Dean? »
   Il maggiore dei Winchester aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu il viso preoccupato di suo fratello.
   « Come ti senti? » gli chiese Sam .
   « Ho sete » gracchiò Dean. Il fratello gli diede prontamente il bicchiere e lo aiutò a bere. « Cos’è successo? »
   « Tu cosa ricordi? »
   Dean dovette pensare per qualche secondo.
   « Eravamo a caccia. Il capannone. Demoni. Poi… niente più » rispose lentamente. Fece una pausa brevissima, poi ricordò qualcosa e si animò. Cercò di sollevarsi, ma Sam lo tenne giù con una mano leggera sul petto. « Abaddon! » Aveva gli occhi spalancati. « Aveva rapito una ragazza, l’abbiamo trovata? » chiese senza specificare se si riferisse al presunto ostaggio o al demone.
   « Dean. Dean, calmati » disse Sam. Castiel si avvicinò pronto a intervenire se ce ne fosse stato bisogno. « Era una trappola. La ragazza e i genitori erano demoni. Ci volevano attirare nel capannone, in attesa di Abaddon, credo ».
   Dean aggrottò la fronte. E perché non siamo rimasti aspettarla? sembrava voler chiedere.
   « Non ricordi nient’altro? » chiese l’angelo.
   Il cacciatore spostò lo sguardo su si lui stupido, come se avesse appena notato che era lì. Disorientato, lo riportò su Sam. Sam chiuse gli occhi, preparandosi a dovergli spiegare perché non lo aveva abbandonato a se stesso, ma Cas continuò « Ricordi di essere svenuto? Di esserti svegliato qualche ora fa e di esserti riaddormentato quasi subito? »
   Dean lo guardò di nuovo.
   « No » rispose solo. E Sam fu immensamente grato all’angelo per essere intervenuto, perché non era certo di poter sentire una seconda volta suo fratello che gli chiedeva perché era lì con lui.
   « Ci siamo divisi per perlustrare il capannone » spiegò. « Non so bene cosa sia successo a te, ma io ho incontrato dei demoni - e uno di loro era la ragazza scomparsa - e quando ti ho raggiunto c’erano dei corpi, demoni che avevi ucciso, e… » Si morse il labbro, cercando le parole giuste. « E tu eri in ginocchio, gridavi, e c’erano altri tre demoni che sono crollati a terra davanti a te. E poi sei svenuto ».
   Dean lo guardò perplesso.
   « Ho… ucciso tre demoni e ho perso conoscenza? » chiese. Spostò lo sguardo dal fratello a Castiel e di nuovo su Sam.
   « Porti il Marchio di Caino » rispose infine l’angelo e i suoi occhi troppo blu sembravano ardere quando fissarono il cacciatore.
   Dean non capì cosa c’entrasse, ma dopotutto non era la prima volta che Cas seguiva i suoi pensieri in modo apparentemente slegato dalla conversazione. E comunque, prima o poi, era ovvio che l’angelo avrebbe scoperto del Marchio. E non sarebbe stato contento.
   Chiuse gli occhi, muovendo una mano per coprirsi meglio - per coprire il Marchio - col telo di spugna in cui sembrava avvolto.
   « Dove sono i miei vestiti? » chiese sollevando la testa per guardarsi in giro. Sam e Cas gli coprivano gran parte della visuale.
   « Dean… » iniziò suo fratello. Aveva bisogno di una risposta. « Sapevi cosa stavi facendo quando hai accettato il Marchio? »
   « Vuoi dire se ho letto i termini e condizioni prima di firmare il contratto? » Sam trasalì alla parola “contratto”, ricordando un altro patto, tanti anni prima. Dean non sembrò farci caso. « Un Cavaliere dell’Inferno può essere ucciso solo con la Prima Lama, che può essere usata solo da chi porta il Marchio. Sapevo abbastanza ».
   Sam strinse i pugni, irritato dal modo di fare di suo fratello: possibile che non pensasse mai alle conseguenze delle sue azioni? « Sai che è il Marchio di Lucifero? » chiese. « La versione della Bibbia a quanto dice Cas è sbagliata ».
   Dean annuì.
   « Sì, pare che alla fin fine il cattivo della storia era Abele, e Caino ha fatto un patto con Lucifero perché il fratello andasse in Paradiso ».
   Sam batté le palpebre, spaesato. Cercò con gli occhi Cas per chiedere spiegazioni, ma nemmeno lui sembrava sapere di cosa parlasse Dean.
   « Ti sbagli. Caino ha ucciso Abele per gelosia e si è trasformato in un demone. Lucifero lo ha messo a capo dei Cavalieri fino a quando gli angeli non li hanno uccisi tutti. Tranne Abaddon, chiaramente ».
   Dean scosse la testa.
   « La versione ufficiale è un po’ diversa da come sono andate per davvero le cose » disse e raccontò ciò che gli aveva detto Caino.
   « E tu gli credi? » chiese Sam sbigottito. Già l’aver seguito Crowley era folle, aver accettato il Marchio era folle, non aver ucciso Crowley prima di uscire dalla casa degli orrori di Magnus era folle… ma credere a un Cavaliere dell’Inferno? A Caino?
   Dean non rispose. Cercò nuovamente di alzarsi, a disagio per essere l’unico steso in quella conversazione. Suo fratello lo tenne giù. « Sam, mollami ».
   « Ti sei appena ripreso dopo quasi una giornata intera ».
   « Appunto, sono stato steso a sufficienza ».
   « Non è la stessa cosa e lo sai ».
   Dean lo ignorò e piantò i gomiti nel materasso per fare leva. Certo, se Sam gli avesse tolto quella cazzo di mano dalla spalla sarebbe stato più facile.
   Castiel sbuffò e si chinò per prenderlo sotto le spalle e aiutarlo a sedersi. Sam lo guardò in cagnesco. Dean gli diede un’occhiata a metà tra grata e omicida.
   « Meglio assecondarlo prima che si faccia male » spiegò l’angelo al minore dei Winchester. Sam sbuffò una mezza risata e aggiustò il cuscino dietro le spalle del fratello.
   « Molto divertente » borbottò Dean. « Perché non ho i miei vestiti? »
   « Perché avevi la febbre alta. E intendo alta » rispose Sam spazientito. « Ti ho dovuto immergere nell’acqua fredda, e non sarebbe stato intelligente con i dieci strati che avevi ».
   Dean abbassò lo sguardo, imbarazzato per l’immagine di suo fratello minore e un angelo che lo spogliavano e lo mettevano nella vasca da bagno. Si aggiustò l’asciugamano addosso. Si strinse il braccio destro con l’altra mano, il Marchio aveva ripreso a pizzicare appena si era svegliato.
   « Dean? Perché hai accettato il Marchio? » chiese Sam dopo lunghi minuti di silenzio.
   « Perché è l’unico modo per uccidere Abaddon ».
   « Sei certo che Caino dicesse la verità? » gli chiese Cas. Il cacciatore annuì.
   « Castiel… Se ti sbagliavi su Caino e Abele… È possibile che ti sbagliassi anche sul Marchio? » chiese Sam voltandosi verso l’angelo con lo sguardo speranzoso, supplichevole.
   Stupido. Hai visto l’effetto della Lama, lo hai visto, cazzo. Smettila di nascondere la testa sotto la sabbia, smettila di negare l’evidenza come un bambino.
   Cas scosse la testa tristemente.
   « Di che parlate? Cosa sai sul Marchio, Cas? » si intromise Dean.
   Non era la cosa giusta da dire. Sam lo guardò sconcertato e arrabbiato.
   « Quindi davvero non sapevi cosa stavi accettando? Hai accettato al buio davanti alla promessa di uccidere Abaddon? Non ti sei accorto di niente quando hai usato la Lama? »
   Dean fece spallucce.
   « Caino ha detto qualcosa su un “grosso fardello”. Era ovvio che non sarebbe stato così facile » rispose ignorando la parte sulla Lama.
   Sam stava per dire - gridare - qualcosa , ma Castiel lo precedette.
   « Sei un coglione, Dean » disse con voce bassa e minacciosa.
   Dean alzò le sopracciglia, stupito - e anche un po’ orgoglioso: il vecchio Cas non gli avrebbe mai dato del coglione.
   « Dean, secondo Cas, il Marchio… » Sam avrebbe voluto spiegare al fratello ciò che gli aveva detto l’angelo, ma non ci riusciva. Il Marchio ti trasformerà in un demone. Dirlo avrebbe significato renderlo reale. Più reale.
   « Sai perché hai avuto la febbre? Perché non ti svegliavi? » interruppe Castiel con voce dura. « Il Marchio ti protegge dai colpi mortali dei nemici » iniziò a illustrare, ma Dean fece un sorriso storto e disse « Comodo », il che contribuì a fare incazzare ancora di più l’angelo. Sam desiderò che il fratello imparasse a stare zitto invece di fare battute idiote per reindirizzare l’attenzione. « Ma, per farlo, assorbe energia dal tuo corpo » continuò Cas resistendo all’impulso che aveva Sam di prendere a pugni il cacciatore spiritoso. « Sei stato privo di sensi per quasi un giorno intero. Sei stato male. Ed è stato a causa del Marchio. E non è tutto » aggiunse prima che Dean facesse qualche altra battuta. « Il Marchio di Lucifero corrompe l’anima di chi lo porta, Dean. Unito alla Lama, conduce alla dannazione. ».
   Le parole di Cas non cancellarono il sorriso ebete dal viso di Dean, ma lo smorzarono. Lo resero amaro. Non era una così grossa rivelazione: nonostante ciò che spesso pensava la gente - e lui stesso, a volte - Dean non era un idiota; si era accorto dell’effetto della Lama.
   Cadde un silenzio pesante per lunghi minuti. Alla fine fece un respiro profondo, alzando di nuovo lo sguardo sull’angelo e suo fratello.
   « Non diventerò un demone » disse.
   « Non dipende da te. Il Marchio sta già agendo su di te, e se usi la Lama… » rispose Cas, ma Dean lo interruppe.
   « No. Non diventerò un demone, perché appena uccisa Abaddon uno di voi due mi ucciderà. Prima che io mi trasformi in un mostro ».
   Ci furono due secondi in cui Castiel e Sam lo fissarono senza capire, poi l’orrore di ciò che aveva detto si fece strada in loro.
   « Non lo faremo mai » dichiarò l’angelo, turbato.
   « Come puoi chiederci una cosa simile? » disse contemporaneamente Sam alzandosi di scatto, un metro e novantaquattro di incredulità, rabbia, dolore.
   « Tu me l’hai chiesta, una volta » rispose calmo Dean.
   « E tu mi hai detto che non lo avresti mai fatto! »
   « Infatti, io non lo avrei mai fatto ».
   E non c’era accusa, non c’era rabbia. C’era realismo, consapevolezza. Era il tono di chi dice qualcosa di scontato, qualcosa di saputo e risaputo. Di ovvio.
   Ma nei suoi occhi c’era il dolore, la rassegnazione.
   “No, Dean. Non lo farei. Nelle stesse circostanze… non lo farei”.
   « Dean… » sussurrò Sam come sgonfiandosi.
   Castiel guardò entrambi per un momento.
   « Se mi vorrete sarò di là. A… fare qualcosa. Voi intanto parlate » disse uscendo.
   Ma nessuno dei Winchester parlò subito.
   « Non ha ancora imparato ad essere sottile » commentò dopo un po’ Dean non sopportando il silenzio.
   « Dean, non puoi chiedermi di ucciderti, perché non lo farò » disse Sam ignorando la battuta scema. Si avvicinò alla scrivania, le spalle rivolte verso il fratello, lo sguardo basso, pieno di tristezza. Suo fratello sbuffò, ma non disse nulla. « Troveremo una soluzione ». Dean rimase testardamente in silenzio. « Sei mio fratello, non potrei mai… »
   « Ah, sì? Avevo capito che fossimo solo partner di lavoro » ribatté il maggiore con amarezza.
   « Ero arrabbiato. Mi sentivo… tradito ».
   « Benvenuto nel club ».
   Sam chiuse gli occhi. Si voltò verso il letto e li riaprì.
   « Ok, questa me la sono meritata. Mi dispiace. Non ho detto quelle cose per ferirti, volevo solo che… capissi. Io ero… »
   « … pronto a morire, lo so, lo hai già detto. E io ti ho detto che non ero pronto a lasciarti andare. Non lo sarò mai. E se questo mi rende un egoista, beh… non me ne frega un cazzo » disse Dean fissandolo negli occhi. Era ancora pallido, le lentiggini erano visibili sul suo viso anche alla distanza a cui era Sam, eppure non sembrava una persona che aveva quasi rischiato di morire per la febbre, non sembrava un uomo che stava dicendo alla persona che lo aveva ferito di ucciderlo: appariva molto più simile all’uomo che era quando andavano a caccia, l’uomo che era stato dopo la morte di John e il ritorno dal Purgatorio, l’uomo che aveva decapitato Magnus.
   « Ho sbagliato a dirti quelle cose » disse Sam dando di nuovo le spalle al fratello, per paura di perdere il coraggio di parlare. Fece qualche passo cercando di scaricare la tensione. « So perché hai accettato l’aiuto di Gadreel, e… » Sospirò. « Ascolta, io ero… stanco. Stanco di lottare, di… di perdere. Ero pronto a dare la mia vita per chiudere l’Inferno per sempre, ma poi tu sei arrivato e… e mi hai chiesto di non farlo. E io non l’ho fatto. E poi ho dato a te la colpa di una decisione che avevo preso io » concluse a mezza voce. « Mi dispiace ».
   Dean non rispose. Voleva credere alle parole di suo fratello, ci stava provando, ma era difficile. Faceva male.
   Sam continuò. « Quando ti ho detto che non avrei fatto lo stesso, intendevo che non ti avrei… ingannato in quel modo. Che avrei rispettato le tue scelte. Ma… » Sbuffò una risata priva di allegria. « Ma non è vero. Avevi ragione tu: avrei fatto lo stesso. Me ne sono reso conto quando ho temuto di perderti… » disse. « Ed è sbagliato » sussurrò.
   « Giusto e sbagliato lo decidi tu. Non c’è una regola » disse Dean decidendosi a parlare.
   Sam scosse la testa, ma non disse nulla. Non c’era altro che poteva dire.
   Suo fratello sospirò. « Non avrei dovuto ingannarti. Non avrei dovuto farti possedere da un angelo. Sapevo che non lo avresti mai accettato, se te lo avessi chiesto » disse. « Ma era l’unico modo per salvarti, non sapevo cos’altro fare. Mi dispiace. Non sapevo cos’altro fare ».
   Sam annuì.
   « Vorrei solo che… mi lasciassi fare le mie scelte. Che capissi che sono in grado di farle ».
   « Lo so che lo sei » rispose Dean con un sorriso malinconico. « È solo che… voglio aiutarti » disse l’ultima parola abbassando lo sguardo sull’asciugamano che lo copriva per metà come un lenzuolo. Non era la parola che cercava, non racchiudeva tutto ciò che avrebbe voluto fare per Sam: guidarlo, proteggerlo, sostenerlo, dargli tutto.
   « E io voglio il tuo aiuto, l’aiuto di mio fratello maggiore. Ma vorrei anche la libertà di fare qualche passo da solo, qualunque sia la direzione. Senza patti, senza angeli ».
   Dean chiuse gli occhi. Senza patti, senza angeli, Sam sarebbe morto a ventitré anni in una città fantasma in mezzo al fango.
   Annuì con uno scatto tremante, come se temesse che un movimento troppo pronunciato condannasse suo fratello a morte. Era pronto a provare, a dare spazio a Sam. Ma non lo avrebbe lasciato morire. Non era parte di lui, semplicemente.
   Rimasero in silenzio per lunghi minuti.
   Ai bambini si insegna che bisogna scusarsi per fare la pace, ma da adulti si impara che non serve a nulla, che il dolore causato e provato non si cancella con le parole. Si era creata una frattura tra loro, e ci sarebbe voluto tempo per ripararla - ammesso che fosse possibile risanarla del tutto. Ma almeno avevano fatto un passo l’uno verso l’altro. Avevano deciso di voler provare a ricostruire il loro rapporto. Un rapporto diverso, magari
   Era solo un inizio. Ma è da un inizio che nasce tutto.
   Rimasero in silenzio, e dopo poco Castiel tornò in camera di Dean con aria soddisfatta.
   « Non è corretto origliare » gli disse il cacciatore.
   « Non origliavo. Ero in cucina e vi ascoltavo ».
   « E in che modo questo non sarebbe origliare? »
   Castiel si strinse nelle spalle. « La mia mente sente le parole di miliardi di esseri umani senza che io lo voglia. Tra questi miliardi c’eravate anche voi. È stato un caso » rispose con naturalezza e suo malgrado Sam ridacchiò. L’atmosfera si fece però subito più seria quando Cas parlò di nuovo. « Non ti uccideremo, Dean. Troveremo un’altra soluzione. Intanto, cercherò tra gli angeli se qualcuno sa qualcosa di più ».
   « Hai trovato degli alleati, quindi? » gli chiese Dean sentendo il bisogno di cambiare discorso.
   « È il modo in cui si sono presentati e comportati finora. Lo spero ».
   « Troveremo qualcosa, Dean » promise Sam riportando il discorso sull’argomento che gli stava a cuore.
   Dean chiuse gli occhi.
   « Dobbiamo trovare Abaddon. Il resto può venire dopo » disse testardamente.
   « Dean » cercò di farlo ragionare Castiel, « la Lama amplifica l’effetto del Marchio. Se la usassi di nuovo, potrebbe essere troppo tardi ».
   « E se non la usassi, Abaddon conquisterebbe l’Inferno e scatenerebbe le sue orde di demoni sulla terra » ribatté il cacciatore riaprendo gli occhi e fissandoli in quelli dell’angelo.
   « Possiamo trovare un’altra soluzione per Abaddon… »
   « Davvero? E cosa? » lo interruppe Dean con rabbia. « Perché abbiamo provato a bloccarla con una fottuta Trappola del Diavolo, e quella puttana è riuscita a liberarsi. Non è un demone della domenica, è l’ultimo Cavaliere dell’Inferno, e l’unica arma in grado di distruggerla è la Prima Lama! » Aveva alzato man mano la voce fin quasi a gridare. Si interruppe come a corto di fiato, e per la prima volta da quando si era ripreso sembrava di nuovo una persona rimasta svenuta per quasi ventiquattr’ore con la febbre alta.
   Sam e Castiel non risposero alla tirata, sapevano che ragionare con Dean così non era possibile.
   Da parte sua, il maggiore dei Winchester sapeva di non averli convinti, ma sapeva anche che l’ultima parola spettava a lui. E lui avrebbe ucciso Abaddon, a qualsiasi costo.
   Rimasero in un silenzio teso, evitando ognuno lo sguardo degli altri, finché Dean decise di averne abbastanza.
   « Dove sono i miei vestiti? » chiese.
   « A cosa ti servono? » ribatté Sam aggrottando la fronte.
   Suo fratello alzò un sopracciglio. « A non mostrare le mie grazie in pubblico? Sul serio, Sam, se sei così disperato c’è un bar a poca distanza, se vuoi ti do qualche dritta su come rimorchiare una donna per la serata ».
   « Riformulo la domanda: visto che resterai in quel letto ancora per un bel po’, a cosa ti servono dei vestiti? »
   « Non se ne parla che resti qua a poltrire. Ho dormito abbastanza » dichiarò il maggiore riarrangiandosi l’asciugamano perché gli coprisse i boxer - e meno male che glieli avevano lasciati, rabbrividiva al pensiero che avrebbero potuto decidere di lasciarlo del tutto nudo. Era già un’umiliazione sufficiente così.
   « Non hai dormito, Dean, sei rimasto svenuto e con la febbre alta » replicò Sam alzando la voce e scandendo le parole. « Cas, una mano » chiese vedendo che il fratello non aveva intenzione di desistere.
   Castiel sembrava starsi godendo la scenetta.
   « Potrei addormentarlo » disse solo.
   « Provaci e ti stacco il dito » minacciò Dean spostando la sua attenzione sull’angelo.
   Cas fece spallucce. « Saresti addormentato, quindi le mie dita sarebbero al sicuro ».
   Ne aveva fatta di strada da quando aveva conosciuto per la prima volta i Winchester: ora era quasi sempre in grado di capire una battuta - anche se non sempre capiva i riferimenti alla cultura popolare - e persino di farne. E, soprattutto, era in grado di tenere testa a Dean.
   Il che non era positivo per Dean.
   « Voglio alzarmi » ripeté il cacciatore. Non ce la faceva a stare fermo: aveva bisogno di muoversi, di agire.
   Di trovare e fare a pezzi Abaddon.
   « Sembri un bambino capriccioso » gli fece notare Sam sbuffando. Castiel lo prese come un invito a mettere in pratica la minaccia e si avvicinò al letto.
   « Ok, ok, resto a letto! Vorrei solo andare in bagno » borbottò il cacciatore, sconfitto.
   Suo fratello annuì e si chinò per aiutarlo ad alzarsi. Dean lo fulminò con lo sguardo, e il giovane fu costretto a ritrarsi con le mani aperte in segno di resa: tanto era chiaro a tutti e tre che da solo non ci sarebbe riuscito.
   Come volevasi dimostrare, Dean riuscì a poggiare i piedi a terra e ad alzarsi per metà, ma il suo sedere era ad appena una ventina di centimetri dall’amato materasso memory foam quando il tentativo fallì: il maggiore dei Winchester ondeggiò per qualche secondo e ricadde all’indietro, pallido.
   Cas e Sam lo afferrarono per un braccio ciascuno per impedirgli di cadere e lo aiutarono ad alzarsi, sostenendo in parte il suo peso. Nonostante tutta la sua testardaggine, Dean fu costretto ad accettare il loro aiuto per trascinarsi in bagno, ma arrivati di fronte alla porta vietò categoricamente ai due di entrare e si sostenne al muro fino al gabinetto. Sapeva che le due mamma chioccia erano fuori la porta - che Sam gli aveva proibito di chiudere a chiave « altrimenti la butto a terra » - ma riuscì a occuparsi di tutto senza chiedere aiuto, si lavò le mani e seppure un po’ tremante e decisamente troppo pallido tornò ad aprire la porta e ad accettare l’aiuto di suo fratello e Castiel fino al letto.
   Vi ricadde quasi a peso morto, ma raccolse la forza necessaria a indicare ai due che continuavano a guardarlo preoccupati di andare via.
   « Non ti lasceremo solo, Dean » disse però Cas, ed era chiaro che non parlava solo di restare nella sua stanza. « Rimarremo con te ».
   Dean distolse lo sguardo, mentre le palpebre gli si facevano pesanti.
   « Troveremo una soluzione » giurò Sam, e fu l’ultima cosa che Dean sentì prima di addormentarsi.


   È la mia prima h/c e si vede XD Chiunque volesse lasciarmi un commento, o anche un consiglio su come migliorare, è il benvenuto :)
   
   Le solite note troppo lunghe
   Ho provato ad essere più imparziale possibile nel trattare il litigio tra i bros. Ovviamente ho il mio parere su chi abbia ragione e chi torto - e temo che si veda dalla storia - ma ho cercato di vedere i punti di vista di entrambi e soprattutto di rendere il riavvicinamento più realistico possibile: per come la vedo io, Dean non dirà mai di aver sbagliato perché significherebbe che un mondo senza Sam può esistere, e questo è semplicemente inconcepibile per lui; d’altra parte, non posso negare le ragioni di Sam (anche se per me gli sceneggiatori si sono persi sulla cagata di “ero pronto a morire” e hanno scordato i motivi per cui Sam aveva
effettivamente ragione di essere incazzato) e l’unico modo in cui vedo possibile un perdono da parte sua - oltre all’impossibile eventualità di Dean che si scusa - è se si trovasse anche lui nella stessa situazione. Il che è triste, lo so. Spero di aver reso giustizia ad entrambi.
   Le frasi tratte dal telefilm sono, nell’ordine, dagli episodi 9x01, 5x11, 8x23, di nuovo 9x01, 8x14 e ancora due volte 9x13.
   “
Tu e tuo fratello vi siete scelti a vicenda” Cas dice questa stessa frase nella 9x11. Se gli autori sapessero cos’è la coerenza, l’avrebbero usata meglio. Io l’ho adorata e ho deciso di riutilizzarla.
   Lo so, tra la quinta e la sesta serie, così come tra la sesta e la settima, c’è un anno intero di pausa, ergo i miei riferimenti agli anni sono errati alla base, visto che ho seguito quelli delle stagioni del telefilm. Ma non è colpa mia, gli autori continuano a dimenticare di aver fatto passare anni interi senza motivo, per cui... boh, prendetela come volete. Io ho deciso che le serie a cavallo delle mega-pause non durano un anno intero, così mi paro il culo trovo coi calcoli.
   Il paragone Dean/mamma apprensiva mi piace molto: Sam è cresciuto senza una mamma e con ben due figure maschili di riferimento e, da fratello maggiore e unico ad aver conosciuto la madre - conosciuto cos’è una madre - Dean è stato un po’ il mediatore tra il padre e il fratellino, la via di mezzo; quello che, per forza di cose, ha assunto alcuni tratti che sarebbero stati di Mary, se fosse stata viva. Potrei lanciarmi in un’analisi lunghissima e noiosa, ma ve la riassumo: è facile, nelle famiglie con un solo genitore, che sul maggiore dei figli ricada parte della responsabilità dei più piccoli, anche nelle famiglie che non danno la caccia ai mostri e anche senza toccare il personaggio di John, su cui ho notato il fandom ama flammare - e a me papà Winchester piace immensamente, quindi sappiate che non è un’accusa a lui che volevo muovere e non provate a rivoltare le mie parole
u_u

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