Stai accanto a me

di ValentinaRenji
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Dichiarazione ***
Capitolo 3: *** Sorprese ***
Capitolo 4: *** Sentimenti nella notte ***
Capitolo 5: *** Io e te ***
Capitolo 6: *** Delusione ed idee ***
Capitolo 7: *** Il viaggio ha inizio! ***
Capitolo 8: *** Amore ***
Capitolo 9: *** Vacanza! parte 1 ***
Capitolo 10: *** Vacanza! parte 2 ***
Capitolo 11: *** Arrivederci ***
Capitolo 12: *** Il piano di Mayuri Kurotsuchi ***
Capitolo 13: *** Incontri ***
Capitolo 14: *** La lacrima di Ulquiorra ***
Capitolo 15: *** Paure del passato ***
Capitolo 16: *** La notte ***
Capitolo 17: *** Rivelazioni... e non solo ***
Capitolo 18: *** I love you ***
Capitolo 19: *** I sentimenti di Grimmjow ***
Capitolo 20: *** La ruota panoramica ***
Capitolo 21: *** Malanno di stagione ***
Capitolo 22: *** Tuffo nel passato ***
Capitolo 23: *** Nothing can be explained ***
Capitolo 24: *** Risveglio ***
Capitolo 25: *** L'amore di Rukia ***
Capitolo 26: *** Il piano ha inizio! ***
Capitolo 27: *** Un ospite inatteso ***
Capitolo 28: *** Addio ***
Capitolo 29: *** Save me ***
Capitolo 30: *** Confessione ***
Capitolo 31: *** Laboratorio ***
Capitolo 32: *** Tutti insieme ***
Capitolo 33: *** Fuochi d'artificio ***
Capitolo 34: *** Passato, Presente, Futuro ***
Capitolo 35: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Questa storia è ambientata nella città dove vive Ichigo. Con lui ci sono i suoi amici e compagni d’avventura Renji, Rukia e molti altri ancora! La Soul Society ha dato loro il compito di vivere per un po’ sulla Terra e proteggerla da ogni pericolo. Devono inoltre cercare di adattarsi il più possibile alle usanze ed abitudini di questo mondo,integrandosi con le stranezze e le meraviglie che si presentano ai loro occhi.  Ciò consentirà ai nostri protagonisti di conoscersi meglio e di scoprire nuovi sentimenti ed emozioni che non avrebbero mai sospettato di provare.
Buona lettura! ^.^

 
CAPITOLO 1
 
Tiepidi raggi di sole filtrano dalle tapparelle semichiuse della finestra. Una lieve brezza primaverile porta con sé una fresca fragranza di terra umida e fiori, il profumo della terra che si risveglia per accogliere il suo nuovo abito di colori e vita. Le coperte leggere emanano un lieve profumo di pulito, di bucato fresco: tutto in questa mattina è lieve, perfetto, delicato come una carezza. Ichigo dorme assorto, i capelli arancioni appena spettinati, sul suo volto un’espressione serena, un accenno di sorriso. Chissà cosa sta sognando?
Ha un viso delicato: i lineamenti fini, le labbra sottili, un ragazzo davvero particolare.
Improvvisamente la sua fronte si corruccia, i suoi occhi nocciola si socchiudono, annacquati, cercando di scorgere le figure attorno a sé. L’armadio, la finestra, Renji… Aspetta un attimo, Renji???
“Oi! Ichigo!”
AAAAhhhh!!! Ichigo salta dallo spavento cadendo per terra con un tonfo rumoroso.
“Eh?” Il rosso lo guarda stupito, tranquillamente adagiato a gambe incrociate ai piedi del letto.
“Idiota!!! Renji!! Che cavolo ci fai tu qui!!”
“Tu sarai idiota!  Cosa ti metti a sbraitare di prima mattina!”
“Ah si? Io? Sei tu l’ospite indesiderato qui!”
Renji sbuffa, accennando un’espressione seria sul suo volto deciso.
“Non avevo altra scelta Ichigo, mi hanno mandato qui e ora mi …..”
Non riesce a finire la frase che …sban! Gli arriva una ciabatta in testa! Ichigo sogghigna in un angolo della stanza in penombra, ancora in pigiama, godendosi la rabbia ed il volto paonazzo dell’intruso.
“Arrangiati, io non ti porto a scuola con me! Fai solo casini!”
Renji non riesce nemmeno a parlare dalla furia che cresce dentro di lui. Come può quel moccioso trattare uno Shinigami come lui in questo modo?? Non solo l’hanno confinato in questo mondo, ma è addirittura costretto ad indossare vestiti scomodi e strani ed andare in posti ancora più strani!
“Dimmi Renji, come sei entrato in casa mia?”
“Gli ho aperto io!” esclama Rukia uscendo dall’armadio. Indossa un grazioso vestito azzurro che fa risaltare la sua pelle chiara ed i suoi splendidi occhi blu. Ichigo sobbalza. Non si era ancora abituato a riavere la ragazza nella medesima stanza. Ma a dir la verità, non era nemmeno più abituato a vederla così graziosa, femminile, fresca come quella mattina di primavera.
Seduti attorno al tavolo, i giovani Shinigami mangiano lentamente la colazione, eccetto il rosso che non fa complimenti e si serve a piacimento.
“Hanno proprio ragione a chiamarti Signor Scroccone! HAHAH!” esclama Ichigo con un sorriso furbo stampato sul volto.
Il rosso si blocca, imbarazzato, guardando di sottecchi lo sguardo arrogante dell’amico. Rukia invece mangia svogliatamente, seria, come se qualcosa rabbuiasse i suoi pensieri. Entrambi i ragazzi, senza accorgersi, spostano la propria attenzione su di lei, e senza nemmeno rendersene conto il loro cuore inizia a palpitare più forte.
 
Renji
Sono passati secoli da quando la conosco eppure è sempre la stessa. Delicata come una farfalla infernale ma tenace e decisa come un bankai. Lei è.. è Rukia. Ma perché sto arrossendo? Perché mi scottano le guance? Lei è una sorella per me, un’amica. Una persona dalla quale ho capito di non poter stare lontano. Sarebbe come separarsi da una parte di me. Eppure non riesco a comprendere questa strana sensazione che mi stringe il cuore e mi trafigge il petto ogni volta che la vedo, che l’ho accanto.
Dolore ? Malinconia? Ma soprattutto, perché? Siamo qui, lei ed io, in una realtà tutto sommato tranquilla, senza grossi pericoli. Ci sono stati momenti in cui la vita era un filo sottilissimo conteso fra vita e morte e proprio in quei momenti io ero con lei. Lei era con me. Tutte quelle volte in cui ho avuto le sue braccia affusolate strette su di me, tutte quelle volte che è stata lei a darmi la forza di combattere … forse mi sono innam…. No! Che diamine sto pensando!
Due sguardi perplessi osservano il rosso, che immerso nei suoi pensieri fa sostare a mezz’aria una polpetta di riso. Improvvisamente si alza, scostando rumorosamente il tavolo.
“Ci si vede sfigato! Ciao Rukia.”
Con un balzo esce dalla finestra della cucina per sparire nella via.
“Dai Ichigo, finiamo la colazione, bisogna andare a scuola .”
“Rukia, siamo in vacanza, non me lo ricordavo nemmeno io!!
“Capisco, ecco perché non c’è il resto della tua famiglia!”
“Già.. sono andati in montagna e torneranno tra qualke settimana”
 Il ragazzo allora si sdraia sul divano, mentre Rukia esce salutandolo sorridente. Andava a trovare Ishida, per far aggiustare un bottone. Non sa che in queste settimane tutto sarebbe cambiato, non ha idea di quante cose possono accadere in un periodo di tempo così breve!
 
 
Angolo dell’autrice:
Ciao a tutti! Questa è la prima fan fiction che scrivo! Ho scelto Bleach perché è uno dei miei anime/manga preferiti in assoluto :) Che dire, spero  vi piaccia! Avrei tanto tanto piacere di sentire un vostro parere! Vorrei davvero continuare questa storia, nel prossimo capitolo Renji ha un incontro con Rukia e…..
Lo scoprirete! I consigli e soprattutto le nuove idee per le prossime vicende sono ben accette! Se volete vedere scritto un avvenimento o fatto in particolare non esitate a dirmelo :)
Mi scuso in anticipo se questo primo capitolo risulta un po’ noioso, ma è necessario per introdurre gli sviluppi futuri.
Un abbraccio, Valentina 

PS: Siate clementi vi prego XD non ho mai scritto una fan fiction prima in tutta la mia vita :'(

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Capitolo 2
*** Dichiarazione ***


CAPITOLO 2


Rukia siede su una panchina, fra le mani un cono gelato con una pallina di fragola, le gambe penzoloni che toccano appena l’erba sottostante.
“Ishida.. chissà dov’è finito.. a casa non c’era. Il mio bottone dovrà aspettare”
La ragazza assaggia il gelato e sul suo viso si dipinge un’espressione fra la gioia e lo stupore.
“Ma.. ma è buonissimo!!” esclama entusiasta attirando l’attenzione dei passanti. E non solo..
Renji si volta e vede la piccola Rukia esaltarsi di fronte al cono.
La fissa in silenzio, percependo il cuore palpitare come un cavallo indomito.
Rukia percepisce il suo reiatsu, ormai conosciuto, ed alza lo sguardo sorpreso su di lui.
“Renji?”
Sgrana un po’ gli occhi dalla sorpresa: il ragazzo non indossa i soliti abiti neri da Shinigami, bensì una leggera camicia bianca, un paio di jeans e delle scarpe.. normali! Addio vestiti da hippy, ormai sono acqua passata! Il rosso ha compreso le mode degli umani evidentemente!
Sentendosi osservato arrossisce e infila la mano fra i capelli con fare spavaldo.
“Beh Rukia? Cos’hai da fissare eh?”
“Nulla scusa .. e solo che sei.. strano. Ma stai bene, non fraintendermi!”
Un attimo di silenzio. Si sistema la fascetta bianca sulla fronte e deglutisce. Cosa gli sta succedendo? L’impulsivo e combattivo Renji che si emoziona di fronte a un semi complimento? Dev’essere l’aria del mondo umano che gli dà alla testa.
“Cos’è quella roba che hai in mano Rukia?”
“Ah.. mmm .. dicono che si chiami gelato …?”
Lo assaggia di nuovo e sorride compiaciuta. “E’ delizioso!”
Renji è perplesso. Prima il caffè. Poi quelle strane bevande in scatola. Sono tutte trappole dall’aspetto invitante ma dal sapore orrendo oppure dall’accesso complicato. Non è del tutto convinto che fidarsi sia bene, in questo caso. Ma il volto sorridente di Rukia lo convincono sulla bontà di quell’affare rosa.
“Cosa ci fai qui da sola?C’era qualche Hollow e non me ne sono accorto?”
Ride, con un accento amaro alla fine.
“No, stavo cercando Ishida, avevo bisogno del suo aiuto con un bottone”
“Mi ha accompagnato a comprare dei vestiti….”
Arrossisce di nuovo. Odia ammettere di aver avuto bisogno di quel Quincy un po’ snob e antipatico per riuscire a scegliere qualche abito decente.
“Beh avete scelto bene!”
Un altro complimento. Non può essere vero. Stiamo impazzendo tutti qui, non è possibile!
“Ecco perché non era a casa. Senti Renji….”
“Mh?”
“Mi faresti compagnia?”
 Un sussulto che coglie entrambi. La ragazza non ha idea del perché desideri così tanto avere accanto il rosso. È da quando si trovano in questa dimensione che si sente strana, sente il bisogno di avere vicino qualcuno di cui si possa fidare.       Qualcuno come Ichigo, perché no? O come … come Renji.
Quest’ultimo esita lievemente, per poi fare un cenno con il capo.
Lentamente si avvicina alla panchina e si siede accanto a lei. Cerca di rilassarsi, si appoggia con la schiena, incrociando le braccia sotto al capo. Socchiude gli occhi, assaporando l’aria profumata, facendosi scostare i capelli lisci dal vento, decorato da mille petali di ciliegio.
Appena riapre gli occhi trova inaspettatamente accanto a sé il volto della ragazza, così pericolosamente vicino al suo. Per poco non balza via dalla sorpresa!
“Vuoi assaggiare?”
Sorride. E’ bellissima. No, meravigliosa. No, indescrivibile.
“Non.. no.. non sono sicuro che..”
Sembra rimanerci male.
“Ok, lo assaggio.”
Rukia avvicina il cono alla bocca di Renji, sfiorando le sue labbra con quella sostanza fredda e dolce.
“E’ freddo!”
“Ma almeno hai sentito il sapore??”
“Ma quale sapore, è freddo e basta!”
“Riproviamo.”
Questa volta prova ad assaggiarlo, inumidendo la lingua con quella strana cosa rosa.
Rukia lo osserva, attendendo una risposta.
“Allora?”
“E’ … è ok”
 
Renji
Solo un bambino di due anni poteva rispondere così. Ma non posso aspettare oltre. Non so cosa sia questa strana sensazione che provo.. però.. però è ora di capirlo. Rukia, perdonami se rovinerò il nostro rapporto ma non posso rimanere in bilico in una fune che non so né dove inizia né dove finisce. Anzi, in realtà so dove inizia: da te. Ma la sua fine?
 
“Rukia”
“Si Renji?”
“Ti ricordi quando stavi per essere giustiziata nella Soul Society?”
Annuisce.
“La colpa è stata anche mia. Se quel giorno non fossi tornato in questa dimensione a riprenderti forzatamente forse avresti evitato quelle sofferenze. Io .. io non solo ti ho abbandonato, ma ho anche tradito la tua fiducia Rukia.”
“Idiota. Non è vero nulla.”
Gli sfiora la mano delicatamente, con naturalezza, come farebbe un’amica d’infanzia.
Continua:
“Hai fatto il tuo dovere Renji, hai eseguito ordini giusti. Ho sempre tenuto presente la gravità delle mie azioni. Però ora sono qui, e lo devo anche a te. Sei tu che ti sei ribellato per venire ad aiutarmi. Hai combattuto per me, hai rischiato la vita per me. Mi hai salvato. È questo che conta.”
“Ma.. anche Ichigo e gli altri hanno fatto lo stesso per te.”
“Già, ed è per questo che anch’io sacrificherei me stessa per loro, per te, per tutti voi.”
Morsica il cono, con fare pensieroso per poi lasciare spazio ad uno dei suoi bellissimi sorrisi, accompagnati dal pollice in su ed un’aria solare:
“E poi Renji, siamo o non siamo amici da secoli? Ahah!”
Gli porge il cono, invitandolo a sgranocchiarne un pezzo.
 
Già.. amici.. ma davvero mi basta così? Davvero voglio esserle solo amico?
 
Afferra con delicatezza la mano esile della ragazza, che tiene ancora in pezzo di cono.
Lei lo guarda sorpresa, disorientata.  Renji? Cosa sta succedendo? Perché sei così strano?
 
“Rukia.. io devo dirti una cosa. Io.. io ti….”
Deglutisce.
“Rukia, io credo di amarti.”

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Capitolo 3
*** Sorprese ***


CAPITOLO 3


La pioggia picchietta sul vetro freddo della finestra, leggera, impercettibile, come lacrime del cielo. Gli alberi, smossi appena dal vento, lasciano sibilare dolcemente le loro foglie, illuminate da mille goccioline che riflettono la luce dei lampioni. È tardi ormai, sono le undici e sera, e Rukia non è ancora sdraiata nel suo “letto” a riposare. Magari, di solito, non si addormentava subito, è vero, ma …
Ma cosa? Pensa Ichigo.
Ma innanzitutto non è mai tornata a casa così tardi, né è mai uscita senza di me. E poi… e poi chiacchieriamo sempre prima di addormentarci. E…
 Con un moto di rabbia il ragazzo si passa una mano fra i capelli, scompigliandoli.
Cosa mi passa per la testa? Perché tutti questi pensieri riguardo Rukia? Lei ha secoli alle spalle di vita ed esperienze, figuriamoci se per una sera non può trascorrere qualche ora in giro , magari con Inue? Perché no! Magari è andata a trovarla. Oppure a fare spese con Ishida? Quel maledetto Quincy permaloso, quando si tratta di abiti, tagli e cucito non si smentisce mai.. Eppure… Eppure perché provo questo senso di vuoto nel petto? Perché sento lo stomaco bruciare, contorcersi? Perché questa pioggia mi riempie di malinconia e di una sensazione simile alla.. solitudine?
Quasi per giustificare questi suoi inusuali pensieri si alza di scatto dal letto, dov’era straiato, facendo ruzzolare il povero Kon sul pavimento.
“Ei!! Baaaakaaa!! Ti sembra questo il modo ti trattare un povero animale di peluche?!”
Forse è in pericolo! Forse si sente debole e un Hollow la sta attaccando maledizione!”
“Ichigo! Ichigo! Mi stai ascoltando?? Chiamo il numero verde per la protezione dei diritti degli animali di peluche!”
No.. impossibile.. mi sarei accorto della presenza di un Hollow.. e poi Rukia se la sa cavare benissimo da sola.
Si stende di nuovo, rigido, con le braccia sotto la testa, fissando il soffitto sotto lo sguardo scrupoloso del piccolo Kon. L’animaletto, sconcertato, tenta di arrampicarsi sulle coperte fino a raggiungere il ragazzo, che non intende degnarlo di una benché minima attenzione.
“Beh Ichigo, sai che ti dico? Stai diventando più musone di Ishida! Adesso lo dico alla sorellona e.. ehi dov’è sorellona?”
“Chi lo sa Kon.”
“Ah! Ora mi rispondi! Andiamo a cercarla, se è in pericolo la salverò con le mie grandi capacità!”
Non so cosa fare. Non so nemmeno quale sia l’origine di tutta questa preoccupazione simile all’angoscia solo perché Rukia non è qui. Abbiamo passato lunghi periodi distanti, io qui e lei nella Soul Society eppure ero tranquillo, perché sapevo che era al sicuro. Ma finchè vive sulla Terra su chi può fare affidamento? Di chi si può fidare? Sono io quello che deve proteggerla. Quello che desidera proteggerla, a costo della mia stessa vita. Non importa se si arrabbierà con me, devo andarla a cercare.
“Kon, aspettami qui, torno appena posso!”
“No Ichigo! Vengo anch’io! Tu non puoi lasciar,....”
Ma Ichigo era ormai uscito dal suo corpo, materializzandosi nella sua forma spirituale, per poi saltare fuori dalla finestra ed uscire di corsa, sotto la lieve pioggia che non accennava diminuire.
 
 
Nel frattempo…
 
“Uaa! Ishida! Questo thè è a dir poco meraviglioso! Per non parlare di questi biscottini alla pasta di fagioli rossi!”
Inue mangia compiaciuta, con un velo di rosso sulle guance morbide e gli occhi illuminati dalla sua solita allegria. Ishida, nel contempo, si liscia il grembiule da cuoco facendo cadere a terra le innumerevoli briciole.
“Serviti pure Inue, li ho fatti solo per te. So che ti piace molto questo genere di pasta.”
“Certamente, è stata un’idea geniale! Devi passarmi la ricetta! Certo che sai fare proprio tutto, ma quale Quincy, dovresti fare il casalingo!”
Ishida arrossisce lievemente, cercando di mascherare l’imbarazzo con un sorriso timido, quasi inesperto.
In fondo alla felicità non aveva mai dato un reale significato. Forse non sapeva nemmeno di cosa trattava esattamente, non conosceva bene le sue manifestazioni, i suoi “sintomi”. Ma con Inue era impossibile rimanere seri, tristi, arrabbiati. Anche la sua vita è stata sferzata dal dolore, dalla disperazione più profonda eppure.. eppure lei sorride sempre a sé stessa e agli altri. Lei dona al mondo una gentilezza ed un amore così grande che potrebbe bastare a colmare ogni cuore solo e spento. Ecco perché, per lei, Ishida si sforza a tentare di comprendere come si possa essere felici. Perché ne vale la pena.
“Mmmn Ishida a proposito..” Inue deglutisce soddisfatta, per poi passare un tovagliolo sulla bocca ricominciando infine a mordere un biscotto: “Come mai mi hai chiesto di venire qui stasera? Hai detto che volevi parlarmi di una cosa importante.”
Il suo sguardo, accompagnando quelle parole, si fa più serio, invitando il ragazzo a rispondere.
“Ti ho disturbato a chiederti di venire qui, Inue?”
“Oh, no, no affatto! Figurati, sono sempre così sola a casa … a volte quando è notte ho paura. Non so di cosa sai? Però provo una sensazione strana, forse perché vorrei avere qualcuno accanto. Quindi non è un disturbo, anzi, è un piacere!”
“E’ lo stesso anche per me.”
Inue guarda il giovane Quincy negli occhi blu come l’oceano e le sembra di potersi perdere in loro. Sono profondi, intensi, ma cupi, tristi, spogli. Sono occhi di una persona che vive ogni giorno nel dolore.
“Mi dispiace Ishida che tu ti senta solo. È per questo che mi hai chiesto di venire qui oggi?”
“No! Io dovevo parlarti di.. di .. ehm.. degli Hollow! E della fine del mondo! E dell’importanza di prevenire certe catastrofi!”
Inue sorride, dolcemente.
Ishida, quindi è per questo che volevi la mia compagnia. Potevi dirlo subito, non ti avrei giudicato, non ti avrei biasimato. Io in battaglia non so combattere, non so proteggere le persone a cui voglio bene. Non so difenderle come vorrei. Insomma, non so fare nulla per cui valga la pena avermi come amica. Perciò se l’unica cosa che posso fare per rendervi felici è starvi accanto, allora lo farò con tutto il cuore! Soprattutto con te Ishida … con te che hai un’anima sola come la mia.
“Grazie per tutto Ishida, sei un vero amico. Ti voglio bene”
Lo abbraccia stretto, sollevandosi con leggerezza dal cuscino dov’era seduta. Lo stringe a sé con innocenza, travolgendolo con un calore sconvolgente, trasmettendogli una forte sensazione sconosciuta ma appagante.
Quindi è questa la felicità? Grazie a te Inue per essere mia amica, grazie di tutto.
Chiude gli occhi. Gli sembra tutto così strano. Le tenerezze non fanno per lui, l’affetto è qualcosa di lontano alle sue conoscenze. Valori ed orgoglio sono parole chiave nel suo vocabolario, ma tutto il resto?
Arrossisce di nuovo, ancora impietrito di fronte a tale atto improvviso, inaspettato.
Le sue braccia cingono la ragazza, timide, una mano le carezza ingenuamente i capelli lisci e lunghi. Il Quincy ricambia l’abbraccio, a lungo, poggiando la testa sulla spalla di lei, come se una stanchezza momentanea lo avesse colto di sorpresa. Sorride, sorride intensamente, non riesce a cancellare quell’espressione dal viso. I sentimenti lo invadono completamente, facendolo stringere ulteriormente fra quelle braccia esili che sanno donargli un’espressione così serena.
Grazie…  grazie Inue. Grazie.

Bene bene che ve ne pare? E' un capitolo un pò cortino, ma intenso ! E' incentrato sui sentimenti: Ichigo non riesce a capire perchè Rukia è così tanto presente nei suoi pensieri, mentre Ishida e Inue hanno capito di condividere la medesima solitudine e hanno iniziato ad aprire a vicenda il proprio cuore. Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere su chi vorresti incentrati i prossimi capitoli, visto che si stanno formando nuovi legami fra i nostri personaggi :)
Un abbraccio e un grazie anticipato ^-^
Valentina :)

 

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Capitolo 4
*** Sentimenti nella notte ***


CAPITOLO 4
 
“Rukia … quanto tempo è passato dall’ultima volta in cui siamo stati seduti vicini a parlare, ridere, scherzare? Sembra trascorsa un’eternità … tutte queste battaglie, guerre, senza nessun fondamento né risultato. Solamente distruzione e dolore.”
Rukia si volta verso di lui, il viso pallido illuminato dalla luce di una timida luna appena riemersa dalla nuvole.
“Già Renji… tutto questo tempo vicini ma allo stesso tempo distanti. Tu in una dimensione io nell’altra. O anche solo tu in una stanza ed io in quella accanto. Mai abbastanza vicini da poterci parlare, mai abbastanza lontani da sentirci abbandonati a noi stessi. Anche se…”
“Anche se?”
 
È bellissima. Questa sua pelle candida, vellutata, di porcellana. I suoi occhi, i suoi capelli, il suo profumo. Potrei impazzire per te Rukia, ti prego comprendilo e accetta il mio amore. Ci ho impiegato così tanto tempo per capirlo io stesso, non posso pretendere che tu lo faccia immediatamente. Mi sento diverso ora, fragile, indifeso. Sembra che sia crollata la barriera che mi difendeva. Chissà da quanto tempo ti amo, forse da sempre, dal primo istante in cui ti ho vista.
 
Gli occhi del rosso sono fissi su di lei, mentre attende una risposta. L’attesa fa vacillare il suo cuore.
Sono sdraiati sull’erba umida, ancora scossa e bagnata dalla pioggia appena terminata. Non ha importanza se gli abiti si inzuppano e l’aria della notte increspa di brividi la loro pelle. Perché forse, quei brividi, sono dettati da tutt’altro fattore.
“Anche se a volte mi è capitato di sentirmi persa Renji. Di perdere la speranza, di credere che tutto ciò che mi sia successo fosse solo causa mia e pertanto fosse mio dovere soffrirne. Ho pensato, a volte, che il mio destino sarebbe stato la solitudine. E che fosse giusto così”
Un velo di tristezza emerge dal suo sguardo immerso nell’oscurità del cielo mentre un impeto coglie lo shinigami, unendolo a quella sensazione amara.
“Anch’io a volte ho provato in me questi sentimenti. Quando ho capito che lo stesso valeva per te non ho saputo darmi pace. Rabbia, frustrazione, dolore. Come potevo permettere che la persona a me più cara fosse trascinata in eventi … tanto tremendi.”
La voce gli tremava, così come i pugni stretti. La sua voce era sommessa, ma una forte passione trapelava dallo sguardo e dal corpo teso, come se fosse pronto in uno scontro prossimo.
“Se hai sofferto è anche per causa mio. Perché ho contribuito ad un circolo vizioso di una giustizia malata che ti ha trascinato con sé. Ho temuto di perderti Rukia e ho avuto paura di averlo compreso troppo tardi.”
“Per fortuna non è stato così. Sono qui ora”
“Ma non grazie a me.”
“Non dire scemenze. È stato grazie a tutti voi: tu, Ichigo, Inue, Ishida, … Altrimenti non ne sarei mai uscita.”
 
Ichigo.. perché questo nome mi provoca una fitta? Ha salvato Rukia, è vero. E allora? Vivono insieme.. e allora? E allora è un rivale! Ho visto come la guarda.. lei è la MIA Rukia..
 
“Renji? Mi stai ascoltando? Hai lo sguardo arrabbiato. Ho forse fatto o detto qualcosa che..”
“Non dirlo nemmeno. Non hai fatto nulla. E’ solo.. nah, niente, lascia perdere.”
Un delicato silenzio cala su di loro. È un momento a dir poco magico. La luna illumina con il suo tepore argenteo il prato dinnanzi a loro. La brezza lieve scuote appena gli esili steli d’erba scura, quasi smeraldo, che fluttua sinuosamente. Il fiume scorre placido, interrompendo di tanto in tanto il suo suono musicale a causa del tuffo di qualche piccolo pesce che fa capolino. Lontano, alle loro spalle, la strada deserta si protrae assonnata. Non un pedone, né un’auto irrompe in quel ritaglio di tempo e spazio. Così reale da sembrare un’illusione. Eppure, è tutto vero, sta accadendo sul serio.
Nessuno dei due shinigami, ancora tranquillamente sdraiati vicini, sembra essere imbarazzato da quel silenzio intenso, carico di parole non dette e sentimenti appena svelati.
Renji allunga la mano per cogliere quella di Rukia, esile, delicata, morbida. Sembra impossibile che una combattente agile e capace possa celare in sé una parte così femminile, attraente, dolce. Il rosso non ricorda nemmeno da quanto tempo quelle mani non si sfioravano. Forse non era nemmeno mai successo. Ma c’è sempre una prima volta, ed era finalmente arrivata.
La stringe con più convinzione, quasi per paura che possa scivolare via da un momento all’altro. Ma la mano di Rukia non si muove, anzi, risponde alla stretta e sul suo viso compare un sorriso.
Si guardano, come non si erano mai osservati prima; pare che entrambi cerchino di scrutare l’animo dell’altro.
“Renji, io …”
“Tranquilla Rukia, non serve dire nulla.”
La ragazza lo fissa, fa per parlare ma Renji la blocca di nuovo.
“Va bene così. Non c’è fretta Rukia, hai tutto il tempo del mondo. Non ti voglio come un oggetto, non voglio possederti come una banale cosa.”
Inspira il vento , ormai eccessivamente fresco, per riprendere la parola.
“Ti aspetterò. Capisco le tue paure, la tua indecisione, il tuo non sapermi ancora dare una risposta. Lo accetto e ti aspetterò finchè sarai tu a dirmi se ricambi ciò che provo o se non è così. Ma nel frattempo, permettimi lo stesso di starti accanto e proteggerti. Non ti abbandonerò mai più, in qualsiasi caso sarò tuo amico per sempre.”
Rukia non riesce a trattenere le lacrime, che le inumidiscono gli occhi. Lei, che mai e poi mai avrebbe mostrato le sue sensazioni a qualcuno, lei che celava la sua interiorità come un tesoro prezioso, proprio lei, ora si sta sciogliendo in silenziosi sussulti e singhiozzi. Tutte le paure, i timori e l’angoscia accumulata in questi mesi scivola via fra le braccia di Renji, che la accoglie sul suo petto come un piccolo fiore straziato dalla tempesta. Non dice nulla, le accarezza i capelli corvini lasciando che si liberi da tutto ciò che la fa stare male.
Ti voglio bene Rukia, non ti lascerò più soffrire.
 
I due giovani rimangono così, uniti in un abbraccio fraterno, avvolti dalla magia della notte, ignari di essere osservati da un ragazzo dai capelli arancioni e il volto contrito. Le mani strette in due pugni, il cuore che sembra essersi bloccato. Le gambe tremanti, nel petto una sensazione simile al panico. Non riesce ad andarsene, a schiodare i piedi da quell’asfalto maledetto. Si sente fatto di piombo, troppo pesante per riuscire a muovere anche solo un muscolo e scappare via da tale incubo.
Rukia ….

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Capitolo 5
*** Io e te ***


Piccola premessa: questo capitolo è più lungo degli altri ed è interamente dedicato a Renji e Rukia, per completare la piccola vicenda iniziata precedentemente. Ovviamente continuerà con molti moltissimi altri avvenimenti fra loro e fra gli altri personaggi :) Ma intanto ho ritenuto carino dedicarmi a loro (li adoro troppo XD). Mi scuso in anticipo se risultano troppo sdolcinati ma quando inizio a navigare nell'ambito romantico non riesco più a fermarmi! Vi auguro una buona lettura :)


CAPITOLO 5

 
Tornato a casa Renji non riesce a smettere di pensare a quanto accaduto poche ore prima. Ha ceduto con piacere il suo letto a Rukia, che ora dorme assopita fra morbide coperte. È sfinita, ha sfogato in pochi minuti il dolore represso dentro di sé da una vita. Terminato il pianto, la ragazza voleva tornare a casa ma lui non ha voluto sentir alcuna ragione: voleva starle vicino quella notte, anche solo stando nella stanza accanto alla sua. L’ha presa in braccio, delicatamente, camminando lentamente per la strada deserta. Durante il tragitto lei ha chiuso gli occhi e pian piano il respiro è diventato lento, regolare.
Steso sul divano, il ragazzo non fa altro che ripercorrere ogni singolo dettaglio di quei momenti trascorsi con la sua Rukia.
Da quando sono diventato così sentimentale?
Ride, sfrontato, nella penombra della stanza. È parzialmente illuminata dalla fioca luce dei lampioni stilati sulla strada che regalano un pallido alone dorato. Non gli importa se non chiuderà occhio nemmeno per cinque minuti, vuole assaggiare ogni secondo con lei ancora, ancora e ancora. All’infinito.
 
“Rukia… credo di amarti”
Lei era rimasta sorpresa, incredula, senza parole ma è riuscita a ricomporsi subito.
“Dai Renji non scherzare!”
E chi scherza ?! Forse mi conviene lasciar perdere.
“Ahah ci eri cascata vero?”
“Solo per un secondo, buahaha!”
Rideva, rideva come un sole splendido in piena estate.
“Dai, lo vuoi anche tu un gelato?”
“Mah, ok …”
“Sei sempre diffidente, tsk! Che gusto preferisci?”
“Non so nemmeno che gusti esistono!” esclamò stizzito.
Con aria da chi la sa lunga, Rukia decide di fare tutto di sua iniziativa.
Tanto Renji divora tutto, figuriamoci! Le sfugge un risolino divertito e corre leggera al banco dei gelati adiacente a loro.
Ritorna dopo un attimo, trionfante, con un cono enorme, altissimo, ricolmo di palline dai più svariati colori: rosa, marrone, crema, bianco, verde, addirittura azzurro.
“Non è molto simile al tuo! Secondo me vuoi avvelenarmi”
“Scemo! Te ne ho prese tante per farti assaggiare tutti i gusti! Quando torneremo a prendere il gelato insieme saprai cosa ordinare no?”
Beh, il cono non ha avuto vita lunga. Avido com’è, Renji ha riempito di morsi decisamente poco delicati il malcapitato alimento che è crollato come una torre sui suoi abiti… nuovi.
Non che gli importasse ma… “Ishida mi U-C-C-I-D-E-R-A’”
Perché ridi Rukia? Ti diverte davvero vedermi pieno di questa cosa fredda e molliccia sui vestiti? Se è così, allora mi sporcherò ogni volta che vuoi, solo per avere un tuo sorriso.
Anche se è gelido. E appiccicoso. E… e difficilmente lavabile.
Ischida mi aveva detto qualcosa a riguardo… hmm si, giusto: “Non sporcarti con fragola, cioccolato, gelato o qualsiasi cosa che faccia fatica a venire via durante i lavaggi”. Puah, per non parlare di quello strano aggeggio da lui chiamato lavatrice. Si è ambientato bene in questo mondo, ma non è che la prende un po’ troppo sul serio?
Rukia non voleva saperne di tornare seria, ma andava bene così.
“Vieni Renji, salviamoci dall’ira di Ishida, andiamo in lavanderia”
“Eh … ?”
“Lascia perdere, seguimi e basta”
Ridacchiò ancora un po’, per poi incamminarsi verso il centro della città. Giunti alla meta, Rukia ha dovuto impiegare non poco tempo a spiegare al ragazzo che quelle cose che giravano non avrebbero divorato i suoi abiti, non erano Hollow, anzi, lo avrebbero salvato da un altro pomeriggio di spese. Quest’ultima idea è risultata alquanto convincente. Incurante delle altre persone, Renji si è sfilato la camicia con assoluta nonchalance, mostrando a tutti i suoi addominali scolpiti adornati da tatuaggi neri come la pece. Nemmeno Rukia è riuscita a distogliere lo sguardo da quel fisico scultoreo, perfetto.
“Toh. Devo togliere anche …. Il resto?”
“Ma sei scemo?! No!!”
“Ah ok scusa, era per chiedere eh”
È tutto strano in questo mondo, non ci capisco niente.
Terminato lavaggio e asciugatura finalmente il rosso è riuscito ad appropriarsi della camicia, un po’ stropicciata, quel tanto da accrescere ulteriormente il suo fascino.
“Hai da fare Rukia?”
“No, oggi sembra tutto tranquillo.”
“Non hai impegni… con Ichigo?”
“Mmh?”
“Impegni di scuola!” Salvato in estremo, meno male.
“No, non mi pare. Perché?”
“E’ da tanto tempo che non passiamo una giornata tranquilla. E vorrei conoscere meglio questa dimensione. Ti va di accompagnarmi a cena da qualche parte?”
“Certo! Perché no! E’ da quando sono arrivata qui che desidero farlo!”
Siamo partiti insieme quindi alla ricerca di un posto carino dove cenare. Non mi ero nemmeno accorto di come fosse scivolato il tempo. Avrei voluto stringerlo fra le mie mani e bloccarlo, per sempre. Avrei voluto stringere lei, ma le mie parole le sono giunte solo come uno scherzo. Ma nonostante tutto, sono riuscito a gustare ogni gesto, parola, briciola di lei.
 
Fra le lenzuola la ragazza apre gli occhi dopo un breve sonno e si rende conto della situazione.
Ok, sono nel letto di Renji, ma lui non c’è. Non devo temere nulla, è un animale ma con me è sempre stato cauto. Chissà… se sta pensando ad oggi.
La sua faccia assume un’espressione corrucciata ma altresì sognante: nessuno mi aveva mai invitata a cena.
Sono cosa da umani? Ma no, anche nella Soul Society sono sempre esistite questo genere di cose. Eppure, in tutti i secoli della mia vita, nessuno mi ha chiesto una cosa simile. E non credevo di desiderare in questo modo un invito simile. Mi ha sorpreso, ecco. Il posto era carino, l’abbiamo scelto insieme. Forse era un po’ troppo chic per lui,  che spesso e volentieri si dimostra rozzo. Ma anche in questo caso mi ha sorpreso: si è comportato da vero gentiluomo. Sono incredibili tutti questi aspetti di lui che non avevo mai avuto modo di notare.
Il locale era semplice, ben ammobiliato, piccolo ma accogliente. Una pizzeria italiana dal menù ricchissimo e ben fornito. I due ragazzi avevano l’imbarazzo della scelta, volevano assaggiare tutto e scelsero pietanze a caso, lasciandosi andare a risate allegre mentre assaggiavano la pizza più farcita che avessero mai visto. E poi la CocaCola , così scura e con tutte quelle bollicine, era davvero fantastica. Renji era stupito di vedere la shinigami così sciolta, senza freni, ridente come mai in vita sua. Rukia era felice di constatare che il rosso non era solo un guerriero formidabile, ma anche un amico con cui passare giornate spensierate.
Non soddisfatti, ordinarono anche il dessert: due fette di torta al cioccolato e mandorle che li ha lasciati decisamente ammaliati.
“I cibi del mondo reale sono incredibili!”
“Renji non vorrai iniziare ad abbuffarti come un leone vero?”
“Ahahah, al massimo come un babbuino vorrai dire!”
“Credi che a Zabimaru piacerebbe questa torta?”
“Ma che dici, le spade non mangiano!”
“Nemmeno noi, se è per questo”
“Giusto, allora credo che preferirebbe la pizza!”
E ancora risate, sempre più fragorose e corpose.
Ad un certo punto Rukia si è avvicinata a lui, con tono deciso : “Voglio disegnare questo bel momento!”
“Ahm, ehm, non serve Rukia…”
“STAI DICENDO CHE NON SERVE PERCHE’ DISEGNO MALE? ANCHE TU CON QUESTA STORIA?”
“N-no ! Ehehe, no no va bene disegna quello che vuoi!”
Ma come previsto il foglio si è trasformato in un insieme di coniglietti/orsetti/animaletti strani con altrettante forme strane attorno.
La stessa Rukia si è resa conto della poco veridicità del suo capolavoro.
“Allora come facciamo ? Io voglio un ricordo di questa giornata!”
“Lasciami riflettere…”
“Idea!! Vieni con me!”
“Di nuovo? Dove vuoi portarmi questa volta?”
“Sorpresa!”
 
 
Era troppo bella per contraddirla. L’ho seguita. Pagato il conto è corsa fuori dal locale trascinandomi per un braccio. Come fa ad essere così esile ma altrettanto forte? Al momento, arrivati nel luogo da lei deciso, ho pensato: “Che cavolo è sta roba?” E  quando me l’ha spiegato avrei risposto, categoricamente, NO. NO NO NO E POI NO. Ma che importa, non voglio vedere le sue labbra tornare serie.
Mi ha portato in una specie di piccola cabina. Dovevamo guardare dentro a un obiettivo e sorridere e poi sarebbero comparse da qualche parte delle cose chiamate fotografie. Non avevo afferrato del tutto la spiegazione ma … ho accettato lo stesso.
I due shinigami hanno scelto la posa migliore per poi schiacciare il pulsante che avrebbe azionato il meccanismo. Ma sembrava non voler proprio partire.
“Ulula, Zabimaru!”
“Ma cosa combini!!! Ti sembra un modo per risolvere la situazione??”
Improvvisamente un flash abbaglia entrambi. Non uno, molti flash. Risultato?
Una serie di foto:
foto 1. Renji che sbraita contro l’obiettivo con Zabimaru fra le mani e Rukia arrabbiata che inveisce contro di lui.
Foto 2. Renji con i capelli sciolti e Rukia che sventola il suo elastico ridendo.
Foto 3. Entrambi felici mentre la ragazza gioca con i capelli del rosso.
Foto 4. Renji che bacia Rukia.
 
Un bacio inaspettato, veloce, quasi invisibile, impercettibile. Rukia si domandava se davvero le sue labbra avessero incontrato quelle del ragazzo. Non riusciva davvero a comprendere se era stata la sua immaginazione e la realtà.
Quel bacio.. era reale. Lui mi ha baciata. Il mio primo bacio.
Sorride, fra le coperte. Prova una sensazione strana ma piacevole. Forse corrisponde i sentimenti di Renji? O forse l’affetto che li unisce è così forte da essere scambiato per amore? Non lo sa, ma ora non è più lo smarrimento a regnare in lei, bensì una sensazione di pace. Rilassamento, felicità.
Le sue labbra erano morbide, calde. Non ho potuto evitare di posare una mano sulla sua guancia leggermente ruvida. Sapeva ancora da cioccolato.
Sente le guance avvampare, tingersi di rosso. Cosa mi sta succedendo? È questo che prova anche lui?
Si gira nel letto, ormai bollente, cercando uno spazio fresco. Dalla finestra riesce a scorgere le stelle e non ha idea del perché desideri così tanto avere lui accanto in questo momento per guardarle insieme.
Con le mani rovista fra le tasche del vestito che ha ancora addosso ed estrae un piccolo cioccolatino. Lo scarta, facendo attenzione a non far rumore e lo porta alla bocca. Lo assapora, cercando di prolungare il gusto il più possibile. Vuole sentire quel gusto di cioccolata ancora ed ancora, per rivivere il bacio che le ha cambiato la vita.
 
Per entrambi è impossibile dormire. I pensieri li tormentano, la voglia di stare vicini, o forse la voglia di non sentirsi più abbandonati a se stessi? E’ così difficile distinguere paure e desideri che nemmeno un’attenta introspezione potrebbe districare un rovo di emozioni.
Le foto le tiene Rukia, strette al cuore, ma ne manca una, la prima.
Non è un gran che, pensa Renji. Ma quel che basta per averla sempre con me.
E con un ultimo sguardo all’immagine si lascia scivolare in un sonno profondo che dura fino al mattino.



Sono quasi le 3 del mattino, ho scritto tre capitoli in una sera, perdonate eventuali errori di battitura o grammaticali ma vi giuro che non ragiono più sono fusaaaa. Ma non potevo fermarmi assolutamente! 
Secondo voi come agirà Ichigo di fronte a questo brutto colpo ? E Come continuerà la storia fra Renji e Rukia? Per non parlare di Inue e Ishida. Ho mooolte sorprese in arrivo per voi.
Buonanotte a tutti (e per chi lo leggerà di giorno, buon pomeriggioXD)
Valentina :)

 

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Capitolo 6
*** Delusione ed idee ***


CAPITOLO 6

Rukia, come ho potuto non accorgermi che eri innamorata di Renji? Per tutto questo tempo? Forse non lo sapevi nemmeno tu. Ma in ogni caso, non so ancora perché, mi hai spezzato il cuore. A questo punto preferivo trovarti a combattere con un Hollow. Cosa sto dicendo? Come sono ipocrita, meschino … BUGIARDO.. come sono bravo a dire menzogne a me stesso per non accettare di dover abbandonare l’unica ragazza che sia riuscita a carpire la mia anima.

“Ichigooo!! Finalmente ti ho trovato!” Kon corre goffamente verso il sostituto shinigami, con le zampe anteriori aperte in un abbraccio trionfale, ma appena nota il suo pallore si ferma improvvisamente, ruzzolando sull’asfalto.
“Perché quella faccia? Dov’è sorellona?”
Ichigo abbassa il capo, quasi per nascondere il dolore che trapela dal volto.
Non riesce ad emettere nemmeno un suono, a pronunciare una parola.
“Se n’è andata Kon” sussurra con un filo di voce.
“Ha preferito una compagnia migliore alla mia.”
L’animaletto non capisce. Dov’è la sua adorata Rukia? Perché Ichigo ha quella faccia disperata? È sempre stato permaloso ma quella che vedeva in lui era un’espressione nuova, mai vista prima. Non sapeva ancora come decifrarla.
“Andiamo Kon, torniamo a casa. Non c’è più nulla per noi qui. Non c’è mai stato niente.”
Devo … smetterla di tremare come una foglia. Non è per il freddo. Non è per la delusione. Forse per la rabbia, il dolore, l’amarezza? Capisci di desiderare qualcuno solo quando lo perdi. Cosa posso fare ora?
Trema, come una fiammella sofferente sferzata dal soffio di un bambino.  Si sente debole, la testa continua a girare vorticosamente e sembra che tutto ondeggi, anche la superficie sulla quale sta camminando mestamente. I suoi occhi nocciola si offuscano. Oscilla, barcolla leggermente quasi fino a cadere ma due braccia pallide lo sostengono improvvisamente.
“Giusto in tempo! Tutto bene Kurosaki?”
Inspira, cerca di trattenere tutto l’ossigeno possibile. Gli sembra di non poter respirare,  Rukia non solo gli ha strappato il cuore, l’anima, ma anche interi organi e parti di sé. Sente di non poter più vivere.
“Kurosaki rispondi! Stai bene?”
“Si… “ ansima. “Sto bene Ishida, grazie.”
Non ha idea di come sia riuscito a proferire quella frase. La sua voce è così flebile che il Quincy quasi non riesce a sentirlo. Continua a sostenerlo, fino ad adagiarlo su un marciapiede, la schiena appoggiata ad un muretto di mattoni.
“Ishida che sta succedendo?”
“Uaaa Inue! Dea dalle meravigliose vallate!” Kon spicca un balzo per saltarle in grembo ma Ishida, senza accorgersene, si pone davanti a lui, facendolo planare sulla sua schiena e cadere a terra. Si scucisce leggermente una zampina, dettaglio che non sfugge al ragazzo.
“Dopo penso ad aggiustare anche te Kon. Inue, per favore, puoi aiutarmi a capire cos’ha Kurosaki?”
Lei annuisce, convinta ma allo stesso tempo preoccupata per il suo amico.
Si siede accanto a lui, scrutandolo con attenzione. Nota che si è un po’ ripreso e chiede  a Ishida di porle una bottiglietta d’acqua che giunge prontamente a destinazione.
Wow, Ishida ha proprio tutto! Pensa, senza perdere il buonumore.
Ichigo la sorseggia a lungo, lo sguardo vuoto, disperso, lontano da qui.
“Ehm.. Ichigo… allora, va meglio?”
“Si. Grazie Inue.”
“Vuoi che io e Ishida ti accompagnamo a casa?”
“Non serve. Grazie comunque.”
“Ma non possiamo lasciarti andare in giro da solo in queste condizioni!”
“Da solo?? Ci sono io eh!” Ringhia Kon.
Sente dietro di sé una presenza seria ed intraprendente. Ishida si sistema gli occhiali, ago e filo già pronti fra le mani: “Il mio onore da Quincy mi impone di cucirti Kon. E di portare a casa te Kurosaki.”
Il ragazzo non ribatte.
Cosa? Non mi insulta? Non ribatte nulla? Non mi prende in giro come al solito? Ichigo… cosa ti è successo di così grave da ridurti in questo stato…
Inue si avvicina inaspettatamente, sussurrandogli all’orecchio: “Secondo me non è malato. È innamorato e sta soffrendo per amore”
“Eh? Impossibile. Lui non è tipo che si perde in queste cose.” Sorride. “Sei sempre la solita Inue, hai una fantasia davvero galoppante”.
“Ti dico che secondo me è proprio questo il motivo! Non ci sono segni di battaglia in giro. E poi queste cose una donne le sente.”
“Ne sei proprio sicura?”
“Certamente!”
“Cos’avete da bisbigliare voi due?” asserisce Ichigo con voce fredda. Sembra essersi leggermente ripreso, nonostante rimanga palesemente turbato e innervosito.
Colti in flagrante sussultano. “Nulla! Nulla Kurosaki! Dai andiamo a casa.”
“Posso chiedervi cosa ci fate in giro a quest’ora tutti voi?”
Una voce simpatica e gentile, conosciuta, li sorprende tutti. Non si erano accorti del vecchio Urahara dietro di loro, che sventolando un ventaglio bianco, li guardava incuriosito da sotto il cappello rigato.
“Buonasera Urahara!” gioisce Inue.
“Io e Ishida stavamo facendo una passeggiata, ma a un certo punto abbiamo trovato Ichigo e …”
“Ichigo? Davvero? E dove sarebbe?” domanda lo shinigami confuso.
Tutti si voltano, e notato che effettivamente il giovane dai capelli arancioni non si trova più lì. Se n’è andato, con un balzo, ed ora si ritrova a correre da un tetto all’altro delle abitazioni, senza meta.
 
Cosa devo fare? Tornare a casa ed aspettarla? Oppure andarla a prenderle e ficcarle in testa che non deve frequentare quel buono a nulla di Renji? Oppure continuare a correre finchè vado lontano da qui?
Finalmente il suo vagare senza meta giunge al termine. Si siede sul tetto di una casa di legno, da dove poteva osservare tranquillamente le stesse più splendenti che mai. Si sdraia, socchiudendo gli occhi e gustando l’esasperante silenzio della notte.
Quando finirà questa notte? Vorrei solo svegliarmi e ripetere che è un brutto sogno, un incubo, nulla di più. Eppure sono abbastanza sicuro di vivere realmente questo delirio. Dannato Renji, dannata Rukia. Non posso non odiarvi, è colpa vostra se mi sento impazzire. Ma non posso neppure non volervi bene alla fine. Non so cosa provo, non riesco a discernere questo agglomerato di sensazioni che mi stanno divorando.
Rukia, forse per me sei veramente molto più che una compagna di battaglie. Come ho fatto ad accorgermene solo ora. Mentire a me stesso per tutti questi mesi. Averti accanto, nella stessa stanza ed ignorarti, darti per scontata. Credere che saresti stata lì per sempre ad aspettarmi. Pensare, erroneamente, di avere tutto il tempo a mia disposizione. Sono stato sciocco.
Lasciare perdere o rialzarmi e continuare a combattere?
 
 
Da un’altra parte della città …
EMPORIO URAHARA

“Quindi mi state dicendo che Ichigo sta soffrendo per amore di una sconosciuta ragazza e che attualmente è sparito? Oh cielo, cielo …”
“Esatto Urahara. È strano inoltre che non ci fosse Rukia con lui. Tu cosa ne pensi Inue?”
“Forse Rukia stava dormendo e non se n’è accorta. O forse …”
“Probabilmente ha bisticciato con Kurosaki come al solito. Voleva aiutarlo, lui le ha risposto male e se n’è andato, lei si è arrabbiata di rimando ed è rimasta al suo posto.”
“Sicuro Ishida? Secondo me potrebbe essere che sia Rukia la ragazza di cui è innamorato. Insomma, stanno sempre insieme, è impossibile non … ecco.. non interessarsi l’uno all’altro”.
Questo lei lo sapeva bene in effetti. Fin da bambina guardava con curiosità Ichigo. Quel piccolo sempre vicino alla sua mamma, con quei capelli strani ed il sorriso sempre acceso. Poi le disgrazie e la tristezza lo hanno indotto a chiudersi in se stesso e a coprire l’animo di luce che risplendeva in lui con una maschera di serietà impenetrabile. Ma da quando avevano iniziato ad operare insieme nelle dimensioni spirituali ha avuto modo di stargli sempre più vicino e conoscerlo meglio ed è stata sorpresa da emozioni a lei sconosciute quali gelosia o… invidia?
Invidia? E di chi? Davvero invidio Rukia perché è sempre con lui? Mi sento così … ipocrita e meschina. Le voglio bene, non potrei mai augurarle qualcosa di brutto però … una forza strana in me dice che vorrei essere al suo posto. Anche solo per un giorno. Non posso evitare di ammetterlo. Rukia… quanto vorrei essere te e poter passare il mio tempo con Ichigo. Tirarlo su di morale con la forza che solo tu sai dargli. Farlo arrabbiare e poi sorridere come fai tu. Stagli vicino anche da parte mia, per favore. Soprattutto ora che ha bisogno di te.
Il vecchio Urahara, al quale non sfugge nulla, coglie la preoccupazione sul viso dei ragazzi: Ishida è corrucciato (in realtà perché ha finito i fili marroni e gialli), Inue cerca di districare i pensieri, Ichigo oltre ad essere scomparsi è evidentemente preoccupato da qualcosa.
“Bene, bene ! Ho io la soluzione!”
Tutti sembrano svegliarsi all’improvviso, anche Kon, nascosto sotto al tavolo.
“Avete bisogno… di una vacanza! Di rilassarvi un po’ e ritrovare voi stessi, qualunque problema abbiate!”
“Eh? Vacanze? Noi Quincy non conosciamo questo genere di cose!”
“Non importa giovane Quincy, ne avete bisogno. Oh cielo, eccome se ne avete bisogno! Ho deciso: farete … una gita in montagna! Tutti insieme!”
Una … vacanza … in montagna … ?


Bentornati!
Povero Ichigo, ci è rimasto proprio male. Chissà come si comporteranno ora lui e Rukia? Ma il vecchio Urahara darà una vera svolta alla situazione con le sue strambe idee! Una vacanza in montagna fra : Ichigo, Rukia, Renji, Inue, Ishida, Kon e....... chissà :) Soprattutto chissà cosa succederà durante questa gita! Spero siate curiosi :)
Grazie per le vostre recensioni positive, grazie per seguirmi e per tutto ! Grazie di cuore!
Un bacino, al prossimo capitolo!
Valentina

PS: Devo assolutamente risolvere questo malumore di Ichigo, mi dispiace troppo per lui T_T


 

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Capitolo 7
*** Il viaggio ha inizio! ***


Ciao a tutti! 
Grazie di cuore a chiunque sta leggendo questa storia e ancora più grazie a chi l'ha recensita fin'ora :)
In questo capitolo nominerò una canzone (ehehe) se vi va cercatela pure su Youtube, renderà la lettura più realistica... e un pò più buffa! 
Buona lettura ^.^




CAPITOLO 7

 
“Waa! Ishida! Questo completo da montagna che mi hai regalato è veramente adorabile! Che bel cappellino! E che camicetta carina!”
Ishida arrossisce. Sa di essere bravo, ma non credeva di rendere così felice Inue che saltella per casa raggiante, proprio come il sole di quella mattina.
“Lo indosso subito! La la la la !”
Inue che canta, che bella voce! Sorride. Solo lei può mettere tutti di così buon umore appena svegli.
Il Quincy sorseggia il thè, sistemandosi gli occhiali.
Ma Urahara ha avvisato gli altri di questo viaggio?
“Ti preoccupa qualcosa Ishida? Sei diventato serio …”
“Oh, no, non proprio. Mi stavo solo chiedendo… come può Urahara aver avvisato tutti se è andato direttamente a dormire dopo il nostro incontro di ieri?”
“Mhm, hai ragione, ma non preoccuparti! Lui sa ciò che fa! Di sicuro è tuuuutto sotto controllo!”
“Se lo dici tu… ma si, sicuramente sarà così”
“Presto allora! È già tutto pronto! Andiamo Ishida! Ed ehm… tieni, è per te!”
Gli porge un pacchettino morbido, incartato buffamente.
“Aprilo adesso, dai!”
Non sono proprio abituato a questo genere di cose… un regalo?
Lo scarta con una malcelata trepidazione e ne estrae una bandana azzurra e bianca.
“Così non ti prendi un’insolazione! E poi si abbina ai colori della tua tunica da Quincy, ho pensato che ti sarebbe piaciuta. Era mia ma te la regalo volentieri!”
“Non so che dirti, grazie Inue.”
La ragazza lo prende per un braccio e lo strattona felicemente sul marciapiede, sbattendo alle sue spalle la porta di casa.
“Presto! Presto! Sarà fantastico, andiamo!”
“Chi è il primo da cui andiamo?”
“Mh….”
 
 
Pochi minuti dopo ….
 
“COOSA? E’ UNO SCHERZO VERO? Dove avete nascosto la telecamera?”
“Dai Renji non fare così! Ti dico che è la verità! E’ stata un’idea di Urahara!”
“Una splendida idea!” Aggiunge gioiosa Inue.
“Così splendida che non puoi proprio rifiutare!”
“Ma assolutamente no.”
“Renji non ti sto chiedendo se vuoi venire, ti sto dicendo che devi farlo. Altrimenti ... mi vedo costretto a rifarti il guardaroba un’altra volta. O controllare se stai trattando bene gli ultimi acquisti.”
“Che diamine, quel dannato vecchio. E poi a quest’ora della mattina? Voi siete tutti pazzi.”
Maladetto Urahara e le sue stupide idee, manco ci venisse lui a fare questa cavolata! Maledetto Quincy stilista che mi ricatta! Non ho davvero altra scelta a quanto pare. E va bene, un po’ d’aria aperta non mi farà male. E potrò allenarmi con Zabimaru e smettere di pensare continuamente a Rukia.
Ehi un momento … dov’è finita Rukia?
“Va bene, datemi cinque minuti per prendere le mie cose e vi raggiungo. Devo portare qualcosa in particolare?”
“Non credo, Ishida ha tutto!”
Come sempre…
 
“Ma che … diavolo è … questo strombazzare … sotto la mia … finestra …”
Ichigo apre gli occhi a fatica. La luce di un ridente sole quasi estivo pervade la stanza leggermente disordinata. Sente le palpebre pesanti, ruvide, non vogliono davvero saperne di guardare il mondo oggi.
Che ore sono? Mugugna impercettibilmente, cercando di districare quel groviglio di vestiti e lenzuola che lo copre. Emerge dal mucchio di tessuti, indossando solo un paio di pantaloni leggeri. Il petto nudo e liscio, definito, sembra tingersi d’oro carezzato dai raggi mattutini.
Ancora un rumore di clacson, sempre più insistente.
Un altro rumore, contemporaneamente cattura la sua attenzione: il suono delle ante dell’armadio che si aprono, sbattendo leggermente fra loro. È un armadio un po’ vecchio, non dei meno chiassosi. Uno scricchiolio del materasso e poi il suono di due piccoli piedi che saltano giù sul pavimento di legno.
Rukia …?
La ragazza appare spettinata, il volto assonnato, pallido, ancora assopito. Indossa la sua solita vestaglia da notte chiara, pulita, profumata.
“Cos’è tutto questo casino?”
Rukia, era davvero un incubo quello che ho fatto? Tu ora sei qui, come ogni giorno, come ogni risveglio. È possibile che non mi sia accorto del tuo ritorno? E soprattutto, perché sei tornata.
Una rabbia improvvisa lo coglie. Un po’ per il frastuono, un po’ per l’atteggiamento della ragazza.
“Tsk.”
Apre con forza la finestra, protendendosi al di fuori quasi al limite.
Una macchina bianca sosta proprio lì sotto.
Cosa vogliono questi teppisti? Ma aspetta, quello non è forse…
“Buongiorno Ichigo!”
Inue??
“Oi Ichigo.”
Renji???
“Kurosaki muoviti sono stufo di aspettare.”
Ishida????
Si affaccia anche Rukia. Appena nota la presenza del rosso quasi sente le gambe cedere.
La notte l’aveva abbandonato di nuovo, uscendo silenziosamente dalla finestra per tornare nel luogo che più le era familiare in quel momento: la stanza di Ichigo. Non sapeva perché, ma sentiva la necessità di tornare in un posto in cui potesse sentirsi protetta, sicura. Certamente anche con Renji al suo fianco sentiva di poter essere serena, nessuno l’avrebbe ferita; ma il tipo di rassicurazione che stava cercando era diverso anche se non sapeva ancora di cosa si trattava. Appena arrivata nella camera ha trovato il giovane steso sul letto, supino. Tremava nel sonno, sembrava soffrire, forse stava sognando qualcosa di brutto?
Chissà se si è accorto della mia assenza.
Aveva lasciato la finestra aperta, per me? Mi stava aspettando?
Cerca di scrutarlo attentamente: osserva i lineamenti del suo viso, leggermente contratti, gli occhi stanchi ed arrossati, le labbra chiuse in una smorfia di disapprovazione. È sempre stato un ragazzo serio ma stavolta  percepisce in lui qualcosa di diverso, una sensazione di avversità e lontananza.  Sembra quasi respingerla, non accettare nemmeno la vicinanza fra i loro corpi. La stanza all’improvviso appare soffocante, minuscola, non abbastanza grande per entrambi . Si ritira nell’armadio, chiudendo silenziosamente le ante, mentre nel frattempo un eco soffocato giunge dall’esterno.
Cosa faccio? Perché Ichigo non mi ha degnata di uno sguardo, nemmeno di un buongiorno ? Mi ha trattata come se non esistessi nemmeno, sembrava che fossi invisibile. E perché ci sono gli altri sotto casa?
Porta le mani davanti al viso, stendendosi immobile sul materasso morbido. I capelli neri le ricadono scompigliati sul collo,  facendole il solletico.
Perché c’è anche Renji? Chissà come l’ha presa nel non avermi trovato questa mattina.. ma forse se lo aspettava, lui mi conosce, sa che ho un carattere … particolare. Eppure nemmeno la sua faccia era delle migliori. Cos’hanno tutti??
Si veste lentamente con gli abiti che aveva preparato il giorno precedente: un vestito azzurro che le arriva appena sopra le ginocchia, con cucito un cuoricino blu, molto grazioso. Si pettina , riportando la sua chioma ad una forma composta ed esce ma non trova Ichigo ad attenderla come abitualmente fa. La stanza è già rassettata ed anche i rumori sembrano essere cessati.
Se ne sono andati senza di me?
Il suo pensiero viene immediatamente smentito da sconvolte urla provenienti dalla strada sottostante.
“EEEEEEH??? QUELL’IDIOTA DI URAHARA! SCORDATEVELO NON MI MUOVO DA QUI!”
“Ma perché fate tutti queste storie? Domanda Inue perplessa.
“Inue ha ragione, Kurosaki. Cosa c’è di male in una gita per divertirci? Guarda, perfino Renji ha accettato.”
Ishida indica il rosso, che non degna nessuno di uno sguardo essendo troppo impegnato a sistemare la radio dell’auto, bofonchiando parole incomprensibili.
“Questo maledetto aggeggio… lo affetto.. giuro che lo affetto…”
“Vedi Ichigo? È felice anche lui!”. Ishida ride nervosamente.
“A me non sembra proprio.”
Renji si volta verso i due ragazzi, scuro in volto e con un tic all’occhio, in preda all’ira: “COSA AVETE DA GUARDARE VOI.”
“Nientenientenienteniente.”
“Ohh Rukia! Eccoti finalmente!” esclama Inue felicemente.
Renji si immobilizza di colpo, dimenticando totalmente come e perché stesse cercando di sistemare quella cosa infernale chiamata radio.
Sembra ancora più bella del solito. Possibile? Possibile che ogni giorno diventi sempre più speciale?
Ichigo coglie lo sguardo intenso dello shinigami ed emette uno sbuffo decisamente scocciato.
“Tsk, muoviamoci se proprio dobbiamo andare.”
“Uoooo aspettatemiii ci sono anch’iooo!” Kon corre a perdifiato verso la macchina, muovendo con foga le zampette per farsi notare. Ma non fa in tempo a raggiungere la meta che viene notato dalla sorellina di Ichigo, che lo prende in braccio cullandolo per riportarlo in casa. Povero Kon!
Nel frattempo i giovani si sono sistemati nei sedili. Alla guida Ishida con accanto Rukia. Dietro Renji, lo shinigami dai capelli arancioni ed infine Inue.
Tsk, ma guarda te se devo farmi un intero tragitto verso non si sa dove con vicino quel bastardo molestatore pervertito di Renji. Sarà un viaggio molto lungo, troppo…
Come se potesse percepire tali pensieri ostili, il rivale fissa sorpreso e leggermente svogliato il giovane.
“Oi, tutto bene?”
“Certo, come no.”
La voce di Rukia spezza il silenzio: “Ma Ishida, da quando hai imparato a guidare?”
“Da sempre, sono un Quincy. E noi Quincy siamo pronti a tutto.”
“Almeno hai la patente?”
“Ovviamente! Guarda!”
Mentre Rukia osserva il documento, un’altra voce prende il sopravvento:
“Se ce la fa Ishida posso farcela anch’io, fammi provare!”
“No Renji, non se ne parla.”
“Niente storie, perché tu si e io no? Avanti fammi spazio!”
“No finiscila e allaccia la cintura! Hai risolto con la radio?”
Arrossisce. Non aveva nemmeno capito come si accendeva ma in compenso aveva portato moltissimi cd e non vedeva l’ora di ascoltarli.
Rukia allunga l’indice e schiaccia un bottoncino, che si illumina di giallo e fa emettere suoni all’apparecchio.
“Oh, funziona!” esclama.
“Lo sapevo di aver fatto un  capolavoro! Sono imbattibile!”
“No Renji, in realtà non è mai stata rotta né difettata. Era semplicemente spenta, questa radio” ringhia Ichigo.
“Tutta invidia.”
Si, in effetti sono invidioso. Ma non per la radio, credimi. Darei qualsiasi cosa per avere accanto Rukia, anche solo per cinque minuti. Per essere te, almeno per un secondo. Hai ragione, lo sono.
Rukia sceglie un cd casualmente e lo infila nella fessura.
Una musica metal invade l’autovettura: sul volto del rosso appare un sorriso compiaciuto, Inue si tappa le orecchie con una sforfia di dolore, Ishida si sistema gli occhiali, Ichigo allunga ancora di più il broncio ma sembra gradire la melodia. Rukia scatta foto al paesaggio montano che si incomincia a intravedere dai finestrini.
“Come si chiama questa canzone?” domanda il sostituto shinigami.
“Mm, mi pare… Rosa Rubicundior, Lilio Candidior. La ascoltavo spesso nella Soul Society”
“Ei guardate!!” Rukia inarca le labbra in un sorriso estasiato. Dall’alto del lungo ponte che l’auto sta percorrendo, si estende un panorama meraviglioso: un enorme lago, apparentemente infinito, si presenta in tutto il suo splendore sotto agli occhi stupefatti dei ragazzi. La sua acqua placida e azzurra, increspata da piccole onde, riflette il colore terso del cielo. Tutt’attorno,solo valli rigogliose puntellate da piccole abitazioni dai tetti a punta e da una folta vegetazione. Ridenti foreste abbracciano i pendii montuosi mentre, nelle zone più elevate, taglienti punti innevate svettano imponenti, simili a grattaceli.
“Siamo quasi arrivati! Devo fare rifornimento di benzina, che ne dite di fare una pausa?”
Inue allunga le braccia in avanti, sfiorando le spalle di Ishida, stiracchiandosi ed emettendo un gridolino.
“Che bella idea, così io e Rukia facciamo qualche foto! Guarda puoi accostare lì!”
Indica uno spiazzo ghiaioso accanto ad un distributore, decisamente vicino al lago. Percorrono una discesa vertiginosa e finalmente arrivano a destinazione. Mentre il Quincy armeggia con chiavi e banconote, gli altri ne approfittano per scendere e inspirare un’aria diversa da quella della città;  è fresca, inebriante, leggera.
Inue e Rukia si scattano una foto dopo l’altra e poi comprano delle merendine che assaggiano con entusiasmo.
Inue corre dal Quincy ponendogli di fronte una merendina alle nocciole.
“Oh, grazie Inue!”
“Di niente! Ecco, una per Ichigo e una anche per Renji!”
Non si sono accorti di come sia trascorso il tempo, già due ore sono volate. Il clima fra loro si è finalmente disteso e tutti ne risentono positivamente. Inizia a regnare una maggiore allegria e tranquillità.
Le due ragazze si incamminano verso la sponda del lago. Sulla riva tira una brezza appena percettibile che porta con sé profumo di fiori e natura. È piacevole , fresca, rigenerante. Si beano di quello spettacolo indescrivibile , dove una distesa d’acqua profonda si scioglie all’orizzonte con il profilo delle montagne smeraldo. Sembra di essere in paradiso. Più distanti, Ichigo ed Ishida controllano una carta di indicazioni stradali per verificare di essere sulla strada giusta.
“Pare di si, tu che ne dici Kurosaki?”
“Ehm.. non sono molto pratico di questa cose… le montagne sono tutte uguali”
“Ma tu devi guardare le vie, i nomi della strade, non le montagne!”
“Chiedi a Renji, perché devo risolvere sempre tutto io?”
“Pf, va bene. Renji, secondo te siamo quasi arrivati?”
Nessuna risposta.
“Oi, Renji?”
Nulla.
“Dov’è andato a finire quell’idiota….?”
Ichigo riesce a finire la frase appena in tempo, prima di  impietrirsi come una statua.
“Ishida, sto sognando o Renji sta sgommando con la tua auto?”
Il Quincy sobbalza e si volta sgranando gli occhi. “Non può essere!”
Invece può, eccome se può. Lo shinigami si diverte a correre con l’auto, alzando la musica a tutto volume e ridendo come non mai.
“Fermati idiota!”
Accosta, abbassando il finestrino.
“Ahah! Credi che non sono capace di guidare questo affare? Salite, avanti!”
I no di tutti sono categorici, ma non c’è modo di estirpare il rosso da quella postazione. Sfodera addirittura Zabimaru come minaccia. Il gruppo di ragazzi si vede costretto ad accettare quella proposta di suicidio collettivo.
Rukia , leggermente perplessa, gli rivolge la parola: “Senti… ok siamo saliti ma… vai piano per favore.”
“Tsk, non mi serve andare piano!”
Improvvisamente parte sgommando, ma capisce che non è poi così semplice come sembra.
“Ehm , Ishida, qual è il freno? Non ricordo più”
Ma il Quincy non fa in tempo a rispondere che imboccano una ripida discesa.
“Uaaaaaaaaa!!!”
Inue abbraccia Rukia, seduta accanto a lei mentre Ichigo sbraita a squarciagola “Se crepo ti ammazzo! Ti ammazzo!”
Per fortuna lo shinigami dalle mille qualità riesce a riprendere controllo della vettura e si decide ad accostare in una piazzola di sosta.
“mmm, ok  Ishida meglio se guidi tu.”
Il Quincy, dai capelli completamente scompigliati, si rimette al volante ed il viaggio finalmente può procedere tranquillo….

Se non per un piccolo particolare …

“Renji? Come si sta nel bagagliaio??”
Il rosso, stipato fra valige e borse, con una gamba all’aria e l’altra incastrata incespica qualche parola che giunge agli altri come un ringhio, provocando una risata generale.
“Ah capito, sono felice che stai benissimo!”
Per fortuna, sono quasi arrivati e la vacanza sta per cominciare!


Bentornati! Sopravvissuti al capitolo? Io ho riso tantissimo mentre mi immaginavo certe scene X°D
Povero Renji chiuso nel bagagliaio! Nel prossimo inizia la vacanza vera e propria, ho già in mente un paio di avvenimenti... Intanto spero che la lettura fin'ora sia stata di vostro gradimento.
Alla prossima, fartemi sapere che ve ne pare :)
Un bacino,
Valentina

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Capitolo 8
*** Amore ***


CAPITOLO 8
 

Com’è bella la luna riflessa sul torrente. È tutto così silenzioso, tranquillo. Finalmente posso respirare.
Rukia siede leggera su un masso fresco, con i piedi scalzi immersi nell’acqua trasparente. Brividi le percorrono la pelle candida, resa ancor più lattea dal chiarore della notte.
È sola, immersa in quello spettacolo di suoni e profumi, lontana dal resto della compagnia che sosta allegro davanti a un caldo falò. Sorride: finalmente percepisce un senso di serenità nel suo cuore. Si sente sollevata, fluttuante come una foglia sulla superficie di uno stagno. Questa piacevole sensazione si espande in tutto il corpo, facendo aumentare i brividi.
Potrei passare tutta la notte così, mi fa stare bene. E poi chi lo sopporta Ishida ubriaco che canta.
Urahara e i suoi scherzi… mettere il vino nella bottiglia dell’acqua…
Non riesce a trattenere una risatina. Era davvero buffo, deve ammetterlo. Anzi, forse doveva bere più spesso, era veramente simpatico.
Socchiude gli occhi, gustando quella sensazione meravigliosa dell’acqua sulla pelle. All’inizio non era abituata a quel corpo finto ma ora che riesce a comprenderlo e a gestirlo adeguatamente, incomincia ad apprezzarlo. Le percezioni del mondo terreno sono più forti ed intense di quelle nelle dimensioni spirituali. E quella carezza fredda e placida sulla pelle la fa stare bene.
Si guarda attorno, osservando attentamente di essere sola. Allora lentamente si alza, sfilandosi con un semplice gesto il vestito.
Sente la brezza sfiorarle il ventre piatto, da bambina. È di statura minuta, magra e fragile, aggraziata. Il completo che indossa, di un bellissimo color perla, fa risaltare ulteriormente la carnagione delicata e tenue. L’unico contrasto è dato dalla chioma scura, leggermente mossa e dagli occhi blu. Cammina nel torrente, percependo i sassi lisci e scivolosi sotto ai suoi piedi. Si immerge, piano, lasciandosi avvolgere dal gelo dell’acqua, beandosene. Nuota appena, fino a trovare una conca quasi fatta apposta per lei. Una piccola rientranza rocciosa coperta dalla vegetazione ma baciata dalla luce della luna.
Per raggiungerla bisogna riemergere dal fiume, attraversare una breve linea di ghiaia per poi immergersi in quella pozza fumante.
Una sorgente termale? Ora capisco perché Urahara ci ha indicato questo posto.
Si tuffa, schizzando goccioline d’acqua quasi bollente. Il contrasto fra il gelo precedente ed il forte tepore la accoglie in una dolce sensazione di rilassamento. Il bacino d’acqua, apparentemente minuscolo, in realtà si estende ulteriormente in altre pozze collegate fra loro grazie all’erosione delle rocce, lisce più che mai. Rukia si siede su una più comoda delle altre, appoggiando la testa sulla parete rigida. Chiude gli occhi, lasciando che il sonno e la stanchezza scivolino via. 
 
 
Davanti al fuoco Renji mangia con foga una grande porzione di riso, decorando le estremità della bocca con tanti piccoli chicchi. Chissà dov’è andata Rukia? Ha cenato appena e si è inoltrata nel bosco, senza tornare più indietro. A malapena mi ha rivolto la parola oggi. Forse è arrabbiata con me?
Un rumore sommesso irrompe nei suoi pensieri. È Ishida che russa appena, addormentato accanto al falò abbracciato al suo zaino. Ha un sorriso felice stampato sul volto.
Renji sorride, cosa starà sognando per essere contento finalmente?
Inue è intenta a massaggiare la spalla di Ichigo che si è fatto male durante il pomeriggio cercando di arrampicarsi su un pino. Voleva prenderle la palla incastrata fra i rami ma è caduto rovinosamente a terra. Ora la ragazza lo cura dolcemente con le sue piccole e graziose mani.
“Certo Ichigo che ti ferisci sempre in qualsiasi occasione.”
“Taci Renji”
“Scusa, scusa. Senti Inue, non dovremmo portare Ishida nella baita?”
“Non riesco a portarlo da sola, mi dispiace tanto Renji.”
“Nessun problema, dammi le chiavi, lo porto io.”
Afferra il mazzo e si carica sulle spalle il Quincy che mugugna qualcosa come “Ancora un… biscotto… grazie …”.
“Biscotti? Ci vediamo dopo Inue. Yo Ichigo!”
Sparisce, correndo con il passo veloce fino all’abitazione. È una graziosa casa di legno, tipicamente montana, dallo spazioso atrio e le ampie vetrate che si affacciano sul bosco. È attorniata da un esteso prato ricco di fiori e boccioli, dall’erba fluttuante e sinuosa. Appoggia il ragazzo addormentato sul letto della sua stanza e socchiude la porta per poi incamminarsi nel bosco scuro.
La casa è a tre piani: in quello terreno vi è la cucina, il soggiorno dal camino scoppiettante ed una rampa di scale di legno che portano al primo piano, dove si trovano due camere ed un altro piccolo soggiorno. Vi è poi la mansarda, anch’essa di legno con altre due piccole stanze, una da letto e l’altra un ripostiglio/dispensa.
Ishida e Ichigo avrebbero condiviso la stessa camera, Renji quella in parte a loro. Questa decisione non era costata poche discussioni, in quanto nessuno dei due shinigami voleva condividere il proprio spazio con qualcuno. O meglio, con qualcuno di nome Ishida. Alla fine hanno deciso di condividere una volta a testa, a rotazione. Le ragazze avrebbero dormito al piano superiore.
Il rosso corre nel bosco, percorrendo lunghe distanze con grandi salti. È agile, veloce, anche in un corpo non propriamente suo. Vuole trascorrere del tempo con Rukia, non gli importa se non gli rivolge la parola, merita almeno un chiarimento! Cerca di percepire la forza spirituale della ragazza e, appena individuata, la segue, cercando di tenere a freno il cuore scalpitante.
Non posso agitarmi così ogni volta. Calma e sangue freddo. Ora vado da lei e le parlo. Da Dio della Morte a Dio della Morte. Semplice.
Appena arriva sul punto in cui percepisce il reatsu non riesce subito a vedere la ragazza. È così immersa nel vapore che risulta difficile scorgere la sua esile figura. Ma ecco che finalmente la trova. Sembra dormire, rilassata, in quella pozza d’acqua di sorgente. La pelle adornata da piccole goccioline brillanti sotto la luce della luna.
Potrei morire qui è ora da tanto è bella.
Cosa faccio? Me ne vado o resto qui a fissarla per tutta la notte?
Si sfila la maglia variopinta e colorata, lasciandola cadere a terra. Gli addominali scolpiti risaltano nella penombra, insieme alla treccia di capelli rossi. Indugia un attimo, indeciso se togliere i pantaloni o meno ma non fa in tempo a prendere una decisione perché una grande ondata d’acqua calda lo travolge.
“Cosa stai facendo maniaco!”
“Rukia non è come pensi, ero solo venuto a cercarti.”
“Lo spero!” silenziosamente si immerge fino al mento.
“Volevo parlarti Rukia. Posso?”
Annuisce.
“Voltati se vuoi”
Si sfila i rimanenti abiti per poi entrare nel bacino termale. Nuota vicino a lei, con il viso ancora rivolto da un’altra parte, leggermente tinto di porpora dall’imbarazzo. L’acqua gli arriva sotto i pettorali, anch’essi scolpiti e scultorei, i tatuaggi, inumiditi dal calore e dall’acqua, fanno splendere il loro colore scuro donando al ragazzo un fascino innegabile.
“Puoi girarti adesso”
Le poggia una mano sul viso, carezzandoglielo. Ha un palmo grande, rassicurante, forte. Accompagna il suo movimento, mantenendo il contatto anche mentre lo fissa negli occhi, con quello sguardo profondo e irraggiungibile che solo lei ha.
Improvvisamente gli mancano le parole.
Parlare di cosa? Cosa voglio sapere? Non ho mai avuto nulla da chiederle in fin dei conti.
Continuano a guardarsi, senza far uscire un filo di voce dalle labbra serrate.
“Dimmi qualcosa Renji. Per favore…”
“Non so cosa dirti, non lo so davvero.”
“E io non so cosa pensare”.
Sono vicini, quasi si sfiorano. Per entrambi è difficile vincere la tentazione di sbirciare il corpo dell’altro attraverso l’acqua, ma al momento preme una questione più importante.
“Perché ti stai comportando così? Come se nulla fosse? Anzi, come se non ci fosse mai stato nulla, nemmeno amicizia fra noi. Mi ignori di colpo. Se ne sono accorti tutti che sei strana.”
La ragazza abbassa lo sguardo, disegnando con l’indice un cerchio nell’acqua.
“Non lo so” risponde con un filo di voce.
“Desidero averti accanto ma allo stesso tempo tutto questo … mi fa sentire strana.”
“E’ così anche per me. Ma ho capito che non posso starti lontano.”
Lo fissa, scossa, da quella dichiarazione esasperata, al limite.
Le mani del rosso scendono sulle spalle della ragazza, afferrandola con una decisa dolcezza.
“Non ti lascio più scappare. Non ti permetterò più di lasciarmi in piedi come uno scemo davanti al tuo letto vuoto, con la colazione in mano e la finestra aperta. Se non mi vuoi dillo ora e subito. So che avevo detto che ti avrei aspettato ma non posso essere preso in giro.”
Segue un silenzio carico di agitazione. Lei sussulta, sia per la presa sulle sue spalle sia per la paura dei sentimenti che realmente prova.
Improvvisamente, il viso di Renji si avvicina al suo, cauto.
“Rukia… posso … ?”
Socchiude gli occhi, schiudendo le labbra.
“Si…”
Lei fa lo stesso.
Si incontrano in un bacio, consapevole e desiderato. Non più veloce, casuale, sfuggente. Un bacio tenero, caldo, umido, immerso nel vapore denso. Le labbra si separano solo per un secondo, per prendere fiato, per poi incontrarsi nuovamente, sempre più sicure e affamate dell’altro.
Si assaporano, si cercano, finalmente quel desiderio di avere qualcuno accanto si sta realizzando e non riesce a consumarsi. È un bacio insaziabile, carico di dolore e amore, un vortice emozioni in un semplice contatto.
Renji le accarezza le guance, tiene il viso di lei fra le sue grandi mani, continuando a trasmetterle tutte le parole non dette, le lacrime ingoiate.
“Non scappare più Rukia. Ci vuole più coraggio ad innamorarsi che a combattere.”
“Credo che anche l’amore sia una battaglia”
“Senza vincitori né vinti”.



Ehm, ok, sto piangendo, non ce la faccio!
Lascio a voi le parole, io non ne ho più :') 
Non temete, nei prossimi capitoli si spiegherà anche com'è andato il pomeriggio di quella giornata e si approfondirà anche il rapporto fra Inue e..... sorpresa :)
Torno a piangere :')
Valentina 

 

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Capitolo 9
*** Vacanza! parte 1 ***


CAPITOLO 9


“Grazie Inue, sicura di non essere stanca?”
“Stanca dici? No affatto! Questo posto mi carica di energia!”
“Grazie, mi sta davvero aiutando.”
“Figurati, se vuoi continuo a massaggiarti ancora un po’. Ti fa ancora tanto male la spalla?”
A dire il vero non gli duole poi così tanto, ma il contatto con la ragazza e le sue morbide mani gli trasmettono una piacevole sensazione. Finalmente riesce a rilassarsi, a godere l’aria fresca della sera e passare delle ore serena in una totale quiete.
“Ichigo, ti va di fare un gioco?”
“Un gioco?”
“Si. Lo facevamo sempre io e mio fratello a fine giornata, prima di andare a letto. Ti va?”
“Va bene.”
“Devi dirmi il momento più bello della giornata! Anche una cosa banale, ma quello che ti è piaciuto di più, in cui sei stato meglio.”
“Che gioco strano … non saprei.”
Inue lo guarda, aspettando una risposta.
“Se non ti viene in mente incomincio io!” sorride, continuando:
“Il momento più bello è stato quando Rukia ci ha mostrato i suoi biscotti-sorpresa a forma di coniglietto. Ora tocca a te!”
“A dire il vero ne ho più di uno”
“Dimmeli tutti Ichigo!”
 

La giornata era trascorsa felicemente, fra piccoli battibecchi e tante risate. Dopo le pazzie al motore di Renji sono riusciti ad arrivare sani e salvi al luogo indicato dal vecchio Urahara. Una bellissima casetta di legno a più piani. Appoggiate le valige e sistemati i viveri, è iniziata una vera e propria lotta per le stanze: il rosso ed Ichigo che si rotolavo sul tappeto, simile a una grande pelliccia, mettendosi i piedi in faccia e morsicandosi, per decidere chi avrebbe avuto la camera singola. Alla fine ha trionfato lo shinigami, che spiccando un grande salto ha imbavagliato il ragazzo con dei calzini neri. Di corsa è approdato alla meta e ha sparso in giro tutte le sue cose. Le ragazze, maggiormente tranquille, hanno messo in ordine i loro indumenti ed oggetti, per poi dedicarsi ad un’iniziale passeggiata nel prato. Rukia non riusciva a capacitarsi di quanto fossero meravigliosi tutte quei fiori colorati e di come potessero emanare un così denso ed inebriante profumo. Quel posto faceva scordare tutte le preoccupazioni, abbandonare ogni negatività. Inue aveva raccolto un mazzo di margherite dallo stelo lunghissimo, per poggiarle in un vaso sul tavolo del soggiorno.
“Così mettono più allegria!”
Ha iniziato poi una minuziosa decorazione dell’ampia stanza per renderla più confortevole: tovaglie in pizzo bianco (cucite da Ishida, ovviamente), cuscini colorati e morbidi, biscottini alla pasta di fagioli in ogni dove.
“Inue ma dove hai messo tutta questa roba? In macchina non l’ho vista” domanda Rukia perplessa.
“Oh beh… l’avevo stipata nel bagagliaio, era proprio sul fondo!”
Aprirono tutte le finestre per arieggiare la casa, mentre i ragazzi si cimentavano nella costruzione di una griglia da barbecue per la cena. Era appena pomeriggio, ma certi lavori richiedono un cospicuo e continuo impegno!
Sembrano tutti rilassati: Ishida ha dimenticato a Karakura la sua solita espressione corrucciata e finalmente i suoi grandi occhi blu riescono ad osservare il cielo, perdendosi fra le nuvole. Si sente leggero come una piuma, come se il peso del mondo non gravasse più sulle sue spalle. Ichigo invece ha deciso di non voler farsi rovinare quelle vacanze dai problemi sentimentali e cerca di concentrarsi su altro.
Renji… Renji invece è un disastro. Le sue abilità  manuali lasciano alquanto a desiderare e la sua testa è altrove. Pensa a Rukia, solo e solamente a lei, a come avvicinarla, a come passare del tempo con lei. Certo, la montagna è fantastica, ma al momento non rientra fra le sue priorità.
“Ragazzi! E’ pronto! Venite!” urla Inue affacciandosi dalla finestra della cucina.
La tavolo era apparecchiata fantasticamente: una bellissima tovaglia bianca la ricopriva in tutta la sua interezza e delle tipiche sedie in legno attorniavano il mobile. Rukia aveva sistemato posate e bicchieri, tovaglioli e bibite. I ragazzi, dopo il duro lavoro di fai-da-te erano decisamente affamati.
“Che si mangia oggi?” domanda Renji con lo stomaco brontolante.
“Il solito affamato!” ringhia Ichigo.
“Inue ha voluto cucinarci una ricetta italiana!” sorride Rukia.
“Esatto! Vi ho preparato pasta al ragù!”
Tutti si mettono a sedere, pregustando la bontà del pranzo già dall’invitante profumo aleggiante nella stanza.
“Allora? Vi piace?”
Il piatto vuoto di Renji dimostra che ha gradito notevolmente il pranzo. Ichigo ha quasi terminato la porzione mentre Ishida, che mangia con calma, annuisce compiaciuto. Anche Rukia sembra gradire quella nuova pietanza, anche se trova complicato catturare gli spaghetti.
Seguono poi ore di riposo, chi sul divano, chi sul letto, chi steso sull’erba. Solo Ishida continua a costruire il barbecue, con buona volontà e costanza.
 
 

“Beh uno dei momenti più belli è stato riposare nel divano dopo aver mangiato la tua pasta… E poi anche quando abbiamo bevuto il thè tutti insieme guardando il tramonto, seduti sugli scalini fuori dalla casa”
“Sì, anche quello è stato bellissimo. Anche stare qui con te è bello, Ichigo”
Il ragazzo arrossisce.
“G..grazie Inue”.
È vero, non è affatto male stare in compagnia di Inue: è una ragazza colma di dolcezza. È premurosa, affettuosa, scrupolosa. Sa donarti tutto l’affetto di cui hai bisogno solamente sfiorandoti.
Come ho fatto a non notarla prima, in tutto questo tempo?
Guardandola bene, ora che è vicina a me, è anche decisamente carina. I suoi capelli lunghi e morbidi, il suo profumo femminile, il corpo snello ma curvilineo… cosa sto pensando? Sarà l’aria di montagna! E poi anche le mie sorelle mi ripetono sempre che non riuscirò mai ad avere accanto una ragazza alla portata di Inue!
“Mi stai ascoltando Ichigo?”
“Eh? Scusa… devo non aver sentito…”
“Non importa!” ride, solare. “Ti ho solo chiesto qual è stato invece il momento più brutto!”
“Beh.. quando Renji mi ha ficcato i suoi schifosi calzini in bocca… quando Ishida è stato punto da un’ape e sembrava stesse per morire… e quando sono caduto dall’albero!”
“Ahah, è vero, povero Ishida! È proprio sfortunato! Secondo te ora starà dormendo bene?”
“Si, credo di si, ma domani mattina avrà un bel mal di testa. Tu non puoi guarire anche questo genere di cose Inue?”
“Non lo so, proveremo domani!”
Sbadiglia, sembra stanca. Forse vuole andare a letto anche lei ma Ichigo non intende rinunciare alla sua compagnia; ora che finalmente si è tranquillizzato e ha trovato qualcuno con cui riesce a stare bene desidera prolungare questa sensazione il più a lungo possibile.
“Ti va di fare uno spuntino? Il fuoco brucia ancora, potremmo approfittarne”
“Non saprei, sono ancora così piena… e poi non siete andati proprio alla grande con la grigliata questa sera”
Ride apertamente, eterea. Ha ragione, in effetti, il barbecue era costruito perfettamente, la griglia era resistente e pulita ma il tempo di cottura della carne è stato nettamente superiore al necessario: la cena si è bruciata, o meglio, carbonizzata. La compagnia si è vista costretta a ricorrere a quello che sarebbe stato il pranzo del giorno seguente.
“Domani qualcuno deve scende in paese al supermercato. Abbiamo già finito tutto” esclama Ishida.
“Andrò io!” sentenzia Rukia. “Mi piacciono troppo i supermercati degli umani!”
Il resto del pomeriggio, precedente alla cena, Rukia l’aveva trascorso con Inue a giocare a pallavolo. Ishida, adagiato sotto ad un albero, leggeva un libro. Ichigo pisolava straiato sotto al sole, nell’erba morbida, mentre Renji si era appartato nel bosco ad allenarsi, preferendo stare solo.
Verso sera si erano tutti riuniti davanti al grande falò, poco distante dalla baita, per ridere insieme guardando il Quincy ubriaco.
“Io… io ve lo giuro… non esiste Quincy più affascinante di me!”
Oppure: “Diventerò lo stilista più bravo del mondo”
“Non credevo che diventasse così megalomane in certi casi ahah!” ride Rukia bisbigliando nell’orecchio di Inue che, a sua volta, sorride divertita.
Renji quasi rotola dal ridere, continuando a offrire ad Ishida la bottiglia di vino.
“Dai dai ancora un goccio, olè!”
“Smettila lo farai stare male tutta la notte!” sbotta Ichigo
“Sshh shinigami zitto.. noi Quincy siamo nemici degli shinigami!”
“Ecco vedi sfigato? Lo dice anche lui che devi stare zitto!”
“MA SE SEI ANCHE TU UNO SHINIGAMI!”
“No Ishida non ascoltarlo, prendi la bottiglia, non ascoltare quel brutto shinigami cattivo dai capelli arancioni!”
E poi canzoni, dalle parole incomprensibile, intonate da Ishida mentre, con grande enfasi, suonava una chitarra (si presuppone classica) immaginaria. Ha addirittura tentato di ballare, sbagliando però invitati:
“Signorina Renji vuole concedermi l’onore di questo ballo?”
“Puah idiota mica sono una femmina!”
Ichigo scoppiò a ridere fragorosamente, vendicandosi: “Uahah! Si Renji, fai un valzer con Ishida, non vorrai mica farlo rimanere male vero?”
Il quincy afferra per la vita il rosso, lo prende per mano e inizia a volteggiare. Sarebbe anche bravo se non fosse per il ritmo country che sta intonando.
“Ehi ehi Ishida calmo dove stai mettendo quelle mani?!!?”
“Shh amami e basta bella ragazza!”
“No nonono ehi hai preso un abbaglio! Aiuto!”
Ma tutti non riuscivano nemmeno a respirare da tanto si stavano sbellicando. Perfino Rukia aveva le lacrime agli occhi.
 

“E va bene Ichigo, cosa mi prepari di buono? Qualcosa alla pasta di fagioli rossi?”
“Mmh, non ho quel genere di cose mi dispiace Inue. Ti va una crepe alla Nutella?”
“Si certo che si!!”
Pone una padella antiaderente sopra alla griglia e ci versa una crema acquosa, formando un cerchio sottile. Inizia a sfrigolare sopra al fuoco, emanando un dolce profumo di zucchero e cannella. Quando la toglie e la pone sul piatto, spalmandoci la Nutella, profuma ancora di più e fa venire l’acquolina in bocca.
“Vuoi anche la granella di nocciole?”
“Ma certo Ichigo grazie! Non sapevo che avessimo così tante cose!”
“Era il dessert ma se ne sono andati tutti prima del previsto! Meglio così, possiamo mangiarlo in santa pace”.
Le porge un involtino traboccante di crema marrone e densa, spolverato di zucchero a velo e noccioline.
“E’ delizioso! Grazie mille!”
Ne prende un pezzo con la forchetta, avvicinandolo alla bocca del ragazzo.
“Ecco, assaggia!”
Glielo appoggia sulle labbre, delicatamente e lui lo assapora. È dolce, semplice, come Inue. A dire il vero quel sapore e quell’odore gli fanno venire in mente proprio lei.
“Ti va di stare ancora un po’ qui? Non ho sonno…”
“Tutto il tempo che vuoi, Ichigo!” sussurra Inue, stampandogli un tenero bacio sulla guancia.



Ecco a voi un capitolo prevalentemente incentrato su Inue e Ichigo! Che rapporto si instauerà fra loro? Ma non dimentichiamoci di RukiaxRenji e del povero Ishida sfortunato!
A presto, spero vi piaccia! Grazie ancora a tutti :)
Un bacino!
Valentina

 

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Capitolo 10
*** Vacanza! parte 2 ***


CAPITOLO 10


La mattina bussa dolcemente alla porta, silenziosa e delicata come un petalo di ciliegio. Dalle finestre semi aperte s’insinua una lieve brezza dal profumo di rugiada e terra umida. Fra le vette delle montagne una consistente foschia forma nuvole perlacee, simili a zucchero filato. Il canto di piccoli uccellini e del torrente culla il sonno di Renji, avvolto dalle lenzuola fresche e lisce. I capelli sciolti ricadono sul petto nudo e sul volto rilassato, calmo . Un raggio di sole lo costringe ad aprire gli occhi, illuminando la stanza disordinata, caotica.
È stato solo un sogno? Non è possibile, non posso aver davvero baciato Rukia. Non …
“Buongiorno Renji”
Rukia? Ma allora è vero … non era un sogno.
La ragazza sorride, già vestita con un semplice abito rosa, lineare e femminile. Siede sulla sedia di legno chiaro accanto al comodino, fissandolo con un’espressione leggermente imbarazzata ma felice.
“Buongiorno Rukia. Ehm, gli altri sono già svegli?”
“No, non ancora. Quando mi sono addormentata Inue ancora non c’era, ma adesso dorme profondamente. Mentre venivo qui non ho sentito rumori dai piani bassi, credo siano ancora tutti a letto”
Il rosso si stiracchia pigramente, indeciso sul da farsi: cosa faccio? La invito a stendersi con me? Le dò un bacio? O semplicemente non faccio nulla?
“Bene, se non hai troppo tempo da perdere direi che è ora di andare!”
“EH? Andare dove, ma sei matta? È già finita la vacanza?”
La ragazza ride divertita, alzandosi dalla sedia per accomodarsi sul letto, amichevole , come se quel bacio della sera precedente non fosse mai esistito. È la Rukia di sempre, di tutti i giorni.
“Devo andare a fare la spesa, ricordi?”
“Giusto… ma appunto, TU devi andare, non io!”
“Ho deciso che vieni con me idiota!”
“Idiota? Non mi pare che ieri …”
Arrossisce, senza terminare la frase.
“BAH, non importa, ti accompagno va bene! Ma scelgo io cosa comprare!”
“Non se ne parla, non mi fido dei tuoi gusti!”
“E allora a cosa servo, spiegamelo!”
“Beh … a farmi compagnia … no?”
Il rosso annuisce, nascondendo lievemente il sorriso che gli solca le labbra, voltandosi di schiena. Scosta le lenzuola, con un impercettibile fruscio, per alzarsi dal letto e vestirsi ma il volto paonazzo di Rukia e il suo dito puntato contro di lui lo bloccano, immobile.
“Cosa c’è ? Un Hollow??”
“R.. Renji …!!”
“Un Menos??”
“R.. Renji!!!!!!”
“Un Espada???”
“Renji sei nudo!!”
Deglutisce. Lentamente abbassa lo sguardo verso gli addominali, poi sempre più giù e si accorge che la shinigami ha ragione. Con una velocità inconcepibile le lancia addosso le coperte atterrandola sul materasso.
“Non guardare non guardare ! Ti dico io quando puoi!!”
“Levami questa roba di dosso!”
“Ah, vuoi guardarmi?”
“Non idiota non respiro qua sotto!”
“Non importa resisti! Ma dove ho messo i pantaloni…”
Finalmente riesce a impadronirsi degli abiti, indossando un paio di jeans blu ed una canotta nera. I capelli scompigliati, appena ondulati, tremendamente meravigliosi.
“A.. andiamo.”
Cattura la giovane per un braccio e la trascina giù per le scale frettolosamente.
Giunti in soggiorno si sofferma sul frigorifero aperto, per poi offrirle un bicchiere di succo d’arancia. Lei accetta e lo sorseggia svogliatamente.
Un suono soffocato e roco proveniente dal divano improvvisamente li zittisce.
“Che diavolo è?” esclama Renji innervosito, avvicinandosi al mobile dove trova Ichigo, scomposto e ancora vestito, steso malamente  ed avvolto in un sonno profondo.
“Ma non era in camera con Ishida?”
“Baka!! Non che non ero in camera con lui!”
Il rosso sobbalza dall’improvvisa paura: “Oi Ichigo! Sei sveglio?”
“Mi hai svegliato tu con la tua presenza del cavolo. E poi mi stavo soffocando con il cuscino.”
Rukia, radiosa, lo saluta entusiasta. Gli porta qualche biscotto, sedendosi accanto a lui: “Perché hai dormito qui?”
Il giovane increspa le sopracciglia in un’espressione assolutamente contrariata: “Quel maledetto Quincy non mi voleva lasciare dormire nella sua camera! Diceva che odia tutti gli shinigami e che se non gli portavo una torta non mi avrebbe lasciato passare. Ma dove la trovavo una torta alle tre di mattina eh?? Eh ??”
Gli occhi di Rukia scintillano, furbi: “Cos’hai fatto fino quell’ora ? Mascalzone!” ride, tirandogli una pacca amichevole sulla schiena.
Contrariamente da quanto si aspettava Ichigo si tinge di porpora e con una scusa banale fugge in cucina.
“Hmm, ci sta nascondendo qualcosa… Andiamo Renji, o non arriveremo mai!”
I due shinigami si incamminano, a passo di shumpo, correndo fra gli alberi alti dalla corteccia scura e ruvida. Le fronde verdeggianti sussurrano al loro passaggio, solleticandogli le braccia scoperte e le guance.
“Ecco! Quello è il paese!” esclama la ragazza, spettinata. I suoi occhi scuri si posano su quelli del rosso, che di rimando le sorride, prendendola per mano: “Possiamo fare una passeggiata allora”.
Il suo palmo ampio e caldo accoglie le piccole dita di Rukia, sottili come gli steli dei fiori che li circondano. Camminano per mano, su una piccola stradina sterrata delimitata da bassi muri di pietre bianche, dalle cui fessure spuntano felci e piccole piante. Le case, dai tetti appuntiti, sono puntellate da vasi colorati e fascine di legna da ardere. Il sole di metà mattina si fa spazio nel cielo terso ed illumina quel paesaggio surreale, fiabesco.
Dopo pochi minuti di meraviglia e di cammino raggiungono un negozio, non eccessivamente grande ma grazioso, l’insegna dipinta a mano su un capriolo di legno, decorato con stelle alpine.
Alla porta, un campanellino che suona appena entra qualcuno con un tintinnante suono cristallino.
“Wow, guarda quante cose! Sembrano tutti prodotti del luogo! Cosa prendiamo Rukia?”
Domanda il ragazzo soppesando una scatola di biscotti scrupolosamente, ma senza ottenere risposta.
“Rukia? Oi, Rukia?”
La ragazza osserva estasiata un peluche grande la metà di lei a forma di coniglietto, le brillano gli occhi dall’entusiasmo.
Sembra proprio una bambina. È anche per questo che la amo.
“Come lo vuoi chiamare?”
“Eh?” chiede incredula.
“Si, che nome gli daresti?”
“Hmm.. Choppy.”
“Bene, benvenuto Choppy!” afferma, cogliendolo dalla cesta e ponendolo fra le braccia di lei, sempre più stupefatta.
“Aspettami un attimo , ci penso io alla spesa. Tu vai a fare conoscenza con il tuo nuovo coniglietto!”
“Nessuno mi aveva mai fatto un regalo …”
Rukia, con le lacrime agli occhi, si alza in punta di piedi, appoggiando una mano sul petto del rosso mentre con l’altra tiene il peluche, per stampargli un timido bacio sulle labbra. Si ritrae subito, abbracciando l’animaletto e uscendo dal negozio.
Pochi minuti dopo Renji esce pieno di borse stracolme di ogni varietà di cibo.
“Come sono economiche le cose degli umani! Pronta per tornare?”
“Guarda! E’ così morbido, peloso! E ha un musetto così carino! Proprio come nei miei disegni!”
Non stava più nella pelle dalla gioia.
“Appena torno lo mostro a Inue, le piacerà tantissimo!”
“E se ti chiede chi te l’ha regalato?”
“…”
“Non le dirai che sono stato io?”
“Non lo so … io …”
“Vuoi diventare la mia ragazza?”
Queste parole stupiscono entrambi. Nessuno dei due se le aspettava, nemmeno colui che le ha pronunciate. Il suo cuore ha corso più veloce della mente.
Scemo, sono uno scemo! Non sarà un coniglietto a convincerla.
Trema , impercettibilmente, ma trema. I possenti muscoli contratti, il viso dai lineamenti marcati più serio che mai; quasi non riesce a respirare, nel petto un battito galoppante travolge ogni altra sensazione.
Panico? Amore? Terrore? Sembra che questi secondi non passino più!
“Sì.”
Sì? Ha detto veramente sì?? No, impossibile.
“Davvero? Stiamo insieme?”
“Sì.”
Ha detto sì!! Ok un po’ di contegno e diplomazia.
“Oh, bene allora!”
“Come sarebbe a dire ?”
Ok, ho esagerato con la diplomazia.
Con un bacio la travolge, abbassandosi per raggiungere la sua altezza.
“Sono felice, grazie Rukia.”
 
 
 
“Ichigo, perché Renji e Rukia ci mettono così tanto?”
“Non importa, tanto non ho fame.”
“Perché? Ti senti bene?”
“E me lo chiedi pure? Quincy infame! Scommetto che nemmeno ti ricordi cos’hai combinato ieri!”
“Poco… quasi nulla. In caso… ehm scusami se ti ho disturbato in qualche maniera.”
“Tsk, lascia perdere. E poi è con Renji che dovresti scusarti principalmente.” Ridacchia.
“O cavolo, cos’ho fatto a Renji?”
“Nulla nulla, te lo dirà lui.”
“Ahi ahi che mal di testa … Inue dorme ancora? Potrebbe guarirmi lei ..”
“Credo di si, non la vedo da …”
Non la vedo da quando siamo stati abbracciati insieme sulle sponde del lago a guardare le stelle cadenti. Ma cosa sono io per lei? Sembra indifesa e fragile ma in realtà il suo cuore è chiuso dentro un cassetto difficile da aprire. È sempre così gentile con tutti … non riesco a capire se sia semplice ingenuità ed amicizia o qualcosa di più. E se fosse qualcosa di più … sarei così stupido da non accorgermene? Ma no… inutile pensare oltre alla realtà. Lei è stata generosa anche con Ishida. Non sono un’eccezione. Non ho quel “qualcosa in più” … purtroppo ..
 
Ichigo e Inue infatti hanno trascorso la notte insieme, seduti su un telo da spiaggia adagiato sulla sponda del lago. Era stata lei a proporlo, con naturalezza e spontaneità: “Ehi Ichi, se non hai sonno ti andrebbe di guardare le stelle con me?”.
“Perché no, sono belle in questo periodo. E poi non le ho mai guardate da questa prospettiva”
Insieme si sono avviati nei sentieri bui, illuminati solo dalla luce della luna, per arrivare infine nel posto scelto. Faceva freddo, e la ragazza sussultava a causa dei brividi.
“Tieni la mia felpa, non mi serve.”
“Cosa? Davvero Kurosaki-kun?”
Lui ride, fissandola con gli occhi nocciola: “Mi chiami ancora così?”
“Scusa, scusami tanto!”
“Non scusarti, tieni” afferma porgendole l’indumento.
Inue lo indossa: le veste largo, ma è comodo, morbido, caldo. E soprattutto la avvolge con quel meraviglioso profumo che solo Ichigo porta con sé.
“Appoggiati qui, Ichigo.”
Con dolcezza accompagna la testa del ragazzo sulle sue gambe.
“E’ bellissimo il cielo così, vero?”
“Sì, è bellissimo”
Con le mani affusolate e candide inizia a carezzargli i capelli arancioni e sottili, passandoli fra le dita, giocando affettuosamente per poi farli ricadere sul volto del ragazzo ed infine raccogliendoli di nuovo, facendo ripartire i gesti. Sorride dolcemente, quasi cauta, scrutandolo con i grandi occhioni grigi dalle profondità tristi.
“Vorrei dirti una cosa da tempo Ichigo.”
Il giovane sembra risvegliarsi dallo stato di tepore che lo avvolge. Apre gli occhi che aveva socchiuso sotto il tocco di quel tatto delicato.
“Certo Inue, dimmi. Ti ascolto.”
“No forse … forse è meglio di no.”
“Perché?”
“Guarda! Una stella cadente! Esprimi un desiderio!”
I loro sguardi seguono l’effimero crepitio di luce che attraversa il cielo per poi scomparire all’orizzonte.
Vorrei che Inue mi carezzasse i capelli così per sempre. Vorrei averla accanto ieri, oggi, domani, dopodomani, per sempre.
“Hai espresso il desiderio?”
“Si, e tu Inue?”
“Anch’io”. Le guance le si tingono di un leggero rosso. Ha una pelle vellutata e chiara, come una bambola di porcellana.
“Cos’hai chiesto?”
“Non posso dirtelo Ichigo, non si avvera altrimenti.”
“Allora dimmi quello che volevo raccontarmi prima.”
Volevo dirti che solo tu Ichigo puoi cancellare dal mio sguardo la malinconia e il dolore. Vorrei dirti che se solo tu me lo chiedessi io starei qui con te per sempre. Ma sono così sciocca da non riuscire a esprimere quanto ti desidero accanto. Fa ridere sai? Ti ho spesso accanto ma ti sento lontano e ti vorrei invece vicino a me, come ora. Ma anche adesso ho una folle paura che tu possa alzarti e scappare via, correre da Rukia o da altre mille persone migliori di me. Il mio desiderio? Poterti amare senza timore ed essere ricambiata da te. Non essere più solamente l’amica da difendere nelle battaglie, ma la tua donna, la ragazza che ami e vorrei essere io, almeno per una volta a proteggere da te, non necessariamente da un Hollow o da Aizen, ma anche solo dalla tristezza che tutti i giorni porti nel cuore e dalle delusioni della vita. Potrò mai diventare questo per te, Ichigo?
“Ehi, Inue, allora cosa volevi dirmi?”
“Nulla Ichigo.”
 
 
 
 
 
Ho tanta fede in te
che durerà
(è la sciocchezza che ti dissi un giorno)
finché un lampo d'oltremondo distrugga
quell'immenso cascame in cui viviamo.
-E. Montale-





Bentornati! Come vi pare questo nuovo capitolo? Scusatemi per il ritardo e per eventuali errori ma non solo sono sommersa dai libri per l'esame di venerdì, ma ho pure preso i malanni di stagione! Cof cof :( Quindi perdonatemi in anticipo :( In ogni caso spero vi piaccia e vi trasmetta le stesse emozioni che mi ha regalato mentre lo scrivevo ^-^
Buona lettura, a presto!
Un bacino, 
Valentina (ammalata e tossicchiante) 

 

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Capitolo 11
*** Arrivederci ***


CAPITOLO 11

 
“Ehi Ishida hai già studiato per il compito in classe?” domanda Ichigo sorseggiando il suo bicchiere di Fanta.
“Mnn, non proprio. A noi Quincy non serve, sappiamo già tutto!”
“Ma non è che con la scusa di essere uno spara frecce ti pari il cu….” Conclude la frase tossicchiando.
“Sei sempre il solito, tutta invidia!”
I due ragazzi sono seduti attorno a un piccolo tavolo rotondo, sotto al porticato di un bar sulla strada centrale di Karakura. Tutto è tornato alla normalità, la vacanza ormai alle spalle e la ritrovata serenità stanno regalando ai nostri protagonisti giorni di spensieratezza e tranquillità. Non mancano gli Hollow e le interrogazioni a sorpresa ma ormai sono tutte cose che rientrano nella normalità.
Quasi mi mancavano! Pensa Ichigo, giocherellando con la cannuccia della bibita.
Le giornate si allungano sempre di più, nell’aria si può respirare il profumo magico che preannuncia l’estate. Le brezza frizzante, la rugiada del mattino, i raggi caldi del mezzogiorno: tutto preannuncia l’arrivo del bel tempo, della chiusura scolastica , delle lunghe dormite e delle sagre serali. Il sostituto shinigami si sente finalmente pieno d’energia, pronto ad affrontare il mondo, ha accantonato i dolori nel suo cuore e si sente davvero in grado di aprirsi alla vita. Anche Ishida è di buon umore. Il vento leggero che sfoltisce l’afa pomeridiana gli solletica le braccia lasciate libere dalla t-shirt bianca a mezze maniche. Tranquillamente mescola con il cucchiaino il suo cappuccino: non c’è fretta, il compito può aspettare, nulla ripaga del tempo speso con i propri amici. Accanto ai due Renji sfoglia il menù, indeciso sul da farsi.
“Non ti sei ancora deciso?”
“Non conosco ancora bene i gusti degli umani!”
“Eddai, ci sono anche le immagini!” lo prende in giro il ragazzo dagli occhi nocciola.
“Appunto, mi disorientano. Scegli tu per me!”
Ichigo gli ordina una Sprite con ghiaccio e limone ed un trancio di pizza.
“Ecco, così non potrai lamentarti!”
“Vedremo! Ishida perché mi stai guardando malissimo?”
“Quei colori non si abbinano.”
“Mamma mia sei peggio di Yumichika!”
Il rosso non capisce cosa non vada bene nel suo abbigliamento: porta gli occhiali da sole alla John Lennon, una maglia bianca attillata e dei jeans neri, i capelli sono raccolti in una morbida treccia che ricade sulle spalle.
Bah, chi lo capisce Ishida. Sarà bello lui sempre tutto perfettino, con gli occhiali da studioso, e la divisa che sembra un pigiama. Ma cosa sto pensando? Sono diventato peggio di lui a forza di stargli vicino!
Dà un morso alla fetta di pizza, pensieroso: dove sono finite Inue e Rukia? Dovevano essere qui ancora venti minuti fa.
“Oi Renji, non per farmi gli affari tuoi ma …”
“Cosa vuoi ancora Ishida? Criticarmi i calzini?”
“No, magari non li porti nemmeno rozzo come sei. Volevo chiederti, ma alla fine ti sei messo insieme a Rukia?”
Lo shinigami quasi si soffoca con il boccone che stava per deglutire: ma se ne sono accorti tutti??
“Ehm .. s..nn…s..n..”
“Si o no?” lo incalza Ichigo.
“Ma perché non vi fate i fatti vostri? Ecco.”
“Perché siamo tuoi amici! E non c’è nulla di male, mi è sempre piaciuta l’idea di diventare zio!”
“Ishida tappati la bocca non dirlo nemmeno! Comunque si ecco. Contenti?”
I due giovani annuiscono soddisfatti, brindando con i bicchieri.
“Mi devi un bottone Ishida, ho vinto la scommessa!”
Credevo che mi avrebbero fatto male queste parole. Credevo che la sua confessione mi avrebbe trafitto il cuore invece … non so come, ma non mi importa. Anzi, sono felice per lui! Riflette Ichigo.
In lontananza Inue e Rukia corrono verso di loro, agitando le mani in segno di saluto. Fra le mani tengono una grande busta colorata.
Con fracasso li raggiungono, sedendosi accanto a loro.
“Ciao a tutti!” esclama Inue, sorridente come sempre.
Rukia si accomoda vicino a Renji, carezzandogli una spalla, impercettibilmente. Lui, senza preavviso, le afferra la mano, tirandola verso di lui e le stampa un poderoso bacio sulle labbra.
“R.. Renji?”
“Ben arrivata !” la stringe a sé, sollevandola dalla sedia per posarla sulle sue gambe e tenerla in braccio. È così leggera che quasi non si riesce a percepirne il peso. Sembra leggermente imbarazzata ma si lascia subito andare. Ricambia il bacio e coglie la mano del rosso, tenendola stretta.
“Uaaa! L’avevo detto io!” esclama Inue applaudendo, entusiasta.
Sembra poi ricordarsi della busta e la pone al centro del piccolo tavolo.
“Guardate cos’abbiamo preparato io e Rukia! Scartatela, è una sorpresa!”
I ragazzi distruggono la confezione e tra le mani si ritrovano un grande album di fotografie, non solo della vacanza, ma anche di svariati momenti precedenti. Sembra un viaggio fra i ricordi, ci sono le foto più improbabili e buffe, e anche quelle più inaspettate.
“Ma è gigantesco!” esclama Ichigo contento.
“Facciamo un patto però: ora guardiamo solo le foto della vacanza in montagna! Le altre le guarderemo tutti insieme alla festa di inizio estate dopo essere stati alla fiera in città!”
“Ma sono curioso!” si lamenta Renji.
“No no è questo il patto! Altrimenti Rukia lo nasconde ahaha!”
“Ma perché proprio quel giorno?” domanda il rosso.
“Perché se non sbaglio è l’anniversario della nostra prima uscita tutti insieme senza alcun fine di combattimento o qualche missione. Sbaglio Inue?”
“No Ishida hai indovinato! Allora, faremo così?”
A malincuore vincono la curiosità ed iniziano a sfogliare le pagine dedicate alla gita appena trascorsa.
Sono foto bellissime: Inue e Rukia davanti al lago, Ichigo che dorme sul divano o che tenta di cucinare, Ishida che balla ubriaco, Renji che prende il sole, Rukia che tira un buffetto sulla guancia di Ichigo, Renji che scappa da Ishida, Renji che rincorre Ishida con una padella, Inue che raccoglie un mazzo di margherite …
Un insieme di ricordi ed emozioni, un frammento di tempo impresso per sempre in quelle immagini.
“Inue, Rukia, avete per caso anche portato il souvenir a Urahara?”
“No, aspettavamo anche voi!” sorride Inue.
“Andiamo allora!”
Si incamminano verso il negozio dello shinigami tutti insieme. Non avrebbero mai pensato che la sua idea li avrebbe realmente aiutati: quella vacanza aveva davvero giovato alla loro salute e soprattutto al loro umore; un regalo se lo meritava proprio! Era un cestino colmo di cibi locali, arricchito da cartoline e da una coperta morbida fatta a mano (questa volta non da Ishida).
Bussano appena ed entrano nel familiare locale ma ad aspettarli non c’è solamente Urahara.
“Fratello?”
“Byakuya?”
“Capitano?”
L’uomo non risponde, ma li osserva con la sua usuale faccia seria, impassibile, severa.
Si volta , facendo ondeggiare le vesti ampie, per riaccomodarsi accanto all’altro shinigami, che cinguetta saluti e convenevoli allegri: “Ohh ben tornati! Com’è andata? Vi siete divertiti? Per me?? Oohhh grazie!!”
Ichigo percepisce che qualcosa non va: Byakuya.. tu qui.. non può essere un caso. C’è qualcosa sotto.
Quel qualcosa, però, non rimane segreto a lungo.
“Sedetevi” ordina il capitano.
I giovani eseguono, silenziosi e preoccupati.
“Il capitano Byakuya è venuto a trovarci per…”
Ma Urahara non riesce a terminare la frase a causa della voce gelida e spoglia dell’uomo:
“Rukia, Inue, dovete venire con me nella Soul Society”
Le due ragazze sussultano.
“Cosa? Fratello, perché??”
Inue invece sgrana gli occhi, incredula, ma non proferisce alcuna parola. Stringe i pugni, cercando di contenere l’agitazione che prova.
Era tutto… tutto perfetto. Finalmente stavo iniziando a conoscere Ichigo e … e ora mi portano via?
Le lacrime premono negli occhi, ma improvvisamente un’idea la anima: “Vengono anche Kurosaki-kun e gli altri vero?”
“No. Abbiamo bisogno solo di voi due.”
Rukia esplode di rabbia.
“No! Non se ne parla! Non sappiamo perché, non siamo stati avvisati, non…”
“Gli shinigami sono soldati e come tali devono comportarsi. La ragazza è un’umana ma essendo nostra alleata si deve adattare anche alle nostre regole.”
Rukia cerca di ribattere ma il viso del fratello si oscura, assumendo un’espressione minacciosa:
“Non farmelo ripetere. Non comportarti come una bambina. Il vostro dovere ora è seguirmi. Terminato questo compito sarete libere di tornare in questa dimensione se necessario. Tenente Renji, tu rimarrai qui insieme al giovane Quinchi e al sostituto shinigami per mantenere l’ordine, come già accordato in precedenza. Vi aspetto tra due ore, al portale della Soul Society.”
Detto questo, apre un varco nell’aria e se ne va, lasciando dietro di sé petali di rosa.
 
 
“Rukia, non puoi andare! Non ora, non senza di me!”
“Non posso evitarlo Renji.”
“Ma…”
“Niente ma. Fa male anche a me però … gli ordini sono ordini… quando tornerò mi trasferirò a casa tua e potremo stare insieme va bene? L’armadio di Ichigo ormai non è più così comodo.” Cerca di sorridere ma non ci riesce, le risulta incredibilmente difficile.
“Mi dispiace Renji.”
“Va a quel paese Rukia.”
Sente il cuore spezzarsi, trafitto da milioni di aghi gelidi: “Perché?? Perché mi dici questo?”
“Perché per Ichigo hai infranto ogni regola e per me no? Perché per lui ti sei fatta rinchiudere e hai rischiato la vita? Mentre se io ti chiedo di restare con me ed opporti a una richiesta indefinita non ci rifletti nemmeno un secondo?”
“Sei un idiota che non capisce niente. Non sei in pericolo di vita, non sei abbandonato a te stesso. Se ho trasgredito gli ordini in passato è stato perché non avevo altra scelta! Ma in questo caso invece tornerò, lo sappiamo entrambi. Non comportarti come uno stupido.”
“Ma quando tornerai? Tra un giorno? Tra un mese? Tra un secolo?”
“Non lo so, non so ancora cosa mi aspetta.”
Renji abbassa lo sguardo, lasciandosi invadere da una profonda oscura tristezza. Non può crederci, non vuole farlo. Non può accadere proprio a lui: proprio ora che inizia una storia con la donna che ama da secoli gliela strappano via. È vero, tornerà da lui ma … la lontananza e il tempo lo spaventano ora più che mai.
“Mi amerai ancora quando ci ritroveremo?”
“Certo che si, sciocco.”
La ragazza si morde le labbra per trattenere le lacrime.
“Non preoccuparti Rukia, terrò d’occhio i nostri amici. E non preoccuparti per me, me la cavo”
“E chi si preoccupa!” lo schernisce lei.
Lui ride, sommesso: “Meglio così.”
Le poggia una mano sulla guancia, carezzandola lievemente.
“Recupereremo tutto, vedrai. Sono sicuro che tornerai abbastanza presto per passare l’estate insieme.”
“Basta con questi discorsi piagnucolosi, che razza di tenente sei?”
Non fare la dura Rukia se anche tu stai soffocando dalle lacrime dentro. Sembri così poderosa, così inconcepibilmente forte ed invece sei fragile come una foglia. Non sei una fortezza, ma non riesci ad ammetterlo. Credevo di essere abituato a perderti e ritrovarti ma ogni volta fa sempre più male.
Un bacio, piccolo e amaro, prima di sparire nel cancello del portale verso la Soul Society dall’accecante luce bianca.
 
 
 
“Inue! Aspetta!”
La ragazza si volta, il volto mesto, triste. Fra le mani uno zainetto, i capelli ramati si tingono d’oro sotto ai raggi del tramonto. Una ventata d’aria scuote le chiome degli alberi e gli steli d’erba attorno a lei.
“Ichigo?”
“Aspetta, per favore!”
Corre verso di lei, ansimando leggermente. Si ferma di fronte alla larga, scompigliandosi la chioma con una mano. Sorride, cercando di assumere un’espressione allegra e amichevole.
“Volevo augurarti buon viaggio.”
Il cuore di Inue batte all’impazzata. Vorrebbe abbracciarlo, baciarlo, stringerlo a sé e scappare dal dovere. Vorrebbe maledire quella stella cadente che l’ha presa in giro, facendole esprimere un desiderio che sembra non volersi avverare.
Non risponde, guarda il ragazzo nei bellissimi occhi castani e inghiotte un singhiozzo.
“Ehm, Ishida non è potuto venire ma mi ha dato questo per te.”
Le porge una maglia rosa decorata con perline e fiori. Lei la coglie fra le mani tremanti e cerca di ringraziare ma è consapevole che se solo apre la bocca per far uscire anche una sola parola non sarebbe in grado di trattenere il pianto che le preme in gola.
Ichigo capisce la sua preoccupazione e le poggia una mano calda sulla spalla.
“Sei forte Inue. Lo sei sempre stata e sono certo che lo sarai anche ora. Ci siamo separati tantissime volte. Abbiamo combattuto, insieme e anche da soli. Siamo stati feriti, gravemente. Abbiamo visto in faccia la morte. Ma poi  è sempre andato tutto bene, ci siamo ritrovati. E guardaci ora Inue. Siamo uniti più che mai.
Tu, io, Renji, Ishida, Rukia. Nulla potrà mai dividerci.”
Le lacrime le rigano copiose il volto. Ichigo, con dolcezza si avvicina alla ragazza e continua a parlarle:
“Anch’io ci sono rimasto male, sai? Credo di essermi adagiato un po’ troppo, che pappamolle! Se lo sapessero gli altri di sicuro mi prenderebbe a calci.” Ride, guardandola negli occhi grigi.
“Inue, sai cosa mi diceva mia madre quando ero piccolo e non volevo andare a scuola perché provavo malinconia? Mi diceva che nessuno è lontano quando lo teniamo stretto al nostro cuore. Quindi non preoccuparti, non piangere. Ti aspetteremo tutti e quando tornerete tu e Rukia ci divertiremo insieme.”
“Ichigo… prometti di non aprire l’album prima del mio ritorno?”
“Certo Inue, lo prometto. Lo guarderemo tutti e cinque la sera della festa, dopo la fiera ma prima dei fuochi d’artificio. Va bene?”
Inue si asciuga le lacrime con il dorso della mano, ancora leggermente tremante. Le ciglia bagnate fanno sembrare ancora più grandi e belli i suoi occhioni da cerbiatto.
“Va bene Kurosaki-kun. Allora ci vediamo presto!”
Si volta, trattenendo il respiro ed inizia a correre lontano dal giovane. Ma improvvisamente si ferma, è più forte di lei: non può andarsene senza averlo salutato almeno un’altra volta.
“Grazie Kurosaki-kun, arrivederci!”
Lo saluta, sventolando la mano, per poi riprendere la corsa.
Ichigo osserva la sua figura diventare sempre più piccola all’orizzonte finchè sparisce nel nulla. I raggi del sole ormai diventano sempre più fiochi e deboli, ormai sta tramontando. Immobile, cerca ancora Inue nel paesaggio, sperando di risvegliarsi da un sogno.
A presto, Inue. 




Bentornati! Quanti fazzoletti avete usato? Io ne ho terminati pacchetti interi scrivendo questo capitolo T_T A parte gli scherzi, è stato davvero triste :( Ma ogni tanto un tocco di malinconia ci vuole per dare una svolta alla storia :) E poi ragazze, ora Renji e Ichigo sono liberiiii facciamoci sottoooooooo xD
Un bacino, 
Valentina :)

 

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Capitolo 12
*** Il piano di Mayuri Kurotsuchi ***


CAPITOLO 12



Il sole splende nel limpido cielo della Soul Society, mentre un’aria più leggera e colma di particelle spirituali schiaffeggia i tetti delle case e le chiome delle foreste. Il vento ulula forte fuori dall’abitazione di Byakuya Kuchiki, che vaga solitario e silenzioso fra i corridoi in penombra. Rukia, nella sua vecchia stanza, osserva con rammarico le pareti spoglie, tristi, inermi come lei. Si sente più sola che mai.
Ormai è già trascorsa una notte da quando lei e Orihime sono arrivare in quella dimensione ma nessuno ha ancora detto loro a quali ordini devono adempire.
La ragazza dai capelli ramati è stata accolta da Rangiku appena arrivata, anche se il capitano Zaraki Kenpachi si era offerto generosamente (o forse per altre finalità, chi lo sa?) di ospitarla nella sua dimora. Da quel momento Rukia è rimasta sola, abbandonata a se stessa e al profondo rammarico che le stringe il cuore nel petto.
Renji … cosa starai facendo ora? No, non devo pensarci. Devo concentrarmi nella mia missione adesso, non ho tempo per queste frivolezze.
Stringe il fiocco bianco della divisa e si dirige fuori dalla camera. Appena esce dalla soglia quasi si scontra con il fratello.
“Fratello, perdonami! Non ti ho visto!”
“Sei in ritardo”
“Chiedo scusa, mi dispiace”
Con volto scocciato l’uomo le volta le spalle e continua il suo cammino. La ragazza lo insegue:
“Per favore! Dimmi cosa devo fare, almeno inizio subito!” e posso tornare presto sulla Terra…
“Te lo dirà il capitano Mayuri Kurotsuchi. È un’idea tutta sua.”
Un brivido percorre la schiena della shinigami: Mayuri … se è coinvolto lui non può essere qualcosa di buono. È completamente pazzo, un folle omicida, un pervertito bastardo e sanguinario. Un grande combattente certo, ma troppo pericoloso. Avere a che fare con lui è come camminare su una lama affilata che può trafiggerti da un momento all’altro.
La ragazza scaccia i suoi timori e velocemente, saltando da un tetto all’altro, intraprende la strada verso il reparto di ricerca scientifica.
Nel frattempo, nella casa di Rangiku, a Orihime è tornato il buon umore mentre fa colazione insieme alla sua amica. Un boccone però, le va quasi di traverso quando la donna esce per andare a trovare Ikkaku e, al suo posto, appare Kenpachi.
“Capitano! B..buongiorno, che onore!”
L’omone grugnisce qualcosa e si lascia cadere vicino alla ragazza, provocando una scossa alle fondamenta e facendo vibrare il tavolino.
La fissa con interesse, mentre dalla sua spalle appare la piccola tenente dai capelli rosa.
“Uiiii ciao grandi seni! Ken- chan vuole invitarti a cena perché è innamorato di te!!”
“Stai zitta piccola maledetta non blaterare!”
“Ma Ken-chan è innamorato non si deve vergognare! Ken-chan ha i cuoricini nei capelli al posto dei campanellini!”
“Tu e le tue metafore, stai un po’ zitta o ti affetto.”
La ragazza osserva la scena indecisa se essere preoccupata o divertita. Davvero il capitano più forte di tutta la Soul Society si era invaghito di lei?
Che cosa buffa! E io che sono innamorata di Ichigo! È completamente il suo opposto, così grande e grosso e rude. Mentre Ichigo è… semplicemente stupendo.
Arrossisce, cosa che non sfugge alla bambina:
“Ken- chan grandi seni ricambia il tuo amore! Sposatevi!”
“No no non è come pensi!” si giustifica la giovane. “Stavo solo …”
Kenpachi Zaraki si alza, scocciato, uscendo rumorosamente dalla stanza e senza nemmeno salutare.
Chissà perché è venuto qui… forse voleva dirmi qualcosa? O stava cercando Rangiku?
Improvvisamente la piccola torna indietro di corsa saltando in braccio alla ragazza:
“Dimenticavo: prima di sposarti con Ken-chan devi andare da Mayuri-robot-chan! Corri corri!”
 
 
 
“Ahhh il tempo non passa più!! Basta io vado a prenderle!”
“Sta zitto Renji e passa l’aspirapolvere!”
“Da quando mi dai ordini stupido Quincy?”
“Da quando ti ospito a casa mia perché sennò fai il cane depresso!”
“Oi oi cos’è tutta questa cattiveria repressa Ishida?”
“Sta zitto o ti faccio lavare anche i piatti.”
“Va bene va bene!” sbuffa il rosso.
“E ti prego … ti prego … togliti quel cavolo di grembiule ! Mi fa inca**are!” grida con voce esasperata.
“E’ perché non puoi resistere al mio fascino vero?”
“Sei un caso perso shinigami” esclama con disprezzo.
Nascosto da dietro il divano, pronto all’attacco, il rosso punzecchia il ragazzo.
“Gaaaay!”
“Cos’hai detto?? E dove ti sei nascosto?”
“GAAAAAAAAAAAAAAAAYYY”
“Ridi pure , racconterò tutto a Rukia appena torna!”
Renji scivola, sbattendo la testa sul pavimento con un sonoro tonfo.
“Beccato!” urla Ishida saltandogli addosso armato di detersivo a spruzzo per detergere il calcare.
“Ehi ehi fermo cosa credi di fare con quell’aggeggio!”
Una voce conosciuta interrompe il loro litigio:
“Disturbo il vostro amore o posso entrare?”
“Oi Ichigo!”
“Oi. Come state?”
I due, all’unisono: “Potrei stare meglio!”
Ichigo si fruga nella tasca dei jeans chiari tirando fuori un volantino colorato viola e nero.
“Ho pensato che potremmo andarci, vi va …?”
“Cos’è?” domanda il quincy.
“E’ l’inaugurazione di un nuovo locale. Faranno una serata musicale e ho pensato che avrebbe fatto bene a tutti distrarci un po’.. che ne dite?”
“Orihime e Rukia mancano a tutti, è una buona idea.” Ammette il quincy. Renji invece è pensieroso ma i suoi amici decidono al suo posto, senza interpellarlo.
“Perfetto allora! Tenetevi pronti per domani sera! Niente musi lunghi eh Renji?”
“V..va bene. Basta che Ishida non mi costringa a vestirmi bene.”
“Quello è sottointeso” gli sussurra il quincy all’orecchio, sghignazzando.
“Una serata fra soli uomini, ci vuole !” gioisce Ichigo.
Ma come fa a essere di così buon umore? Si domanda il rosso. Sa di essere triste, sa qual è la causa e cerca di non pensarci ma non si spiega come possa il ragazzo dai capelli arancioni non mostrare alcun segno di dispiacere.
Forse sta male ma non lo mostra. Lui ci tiene a sembrare forte ma sappiamo tutti che alla fine è solo un’armatura per proteggersi. Forse si sente solo anche lui… ora poi che non condivide più la stanza con Rukia… non  che mi dispiaccia eh! Meglio! Però quando lei manca… si sente. Idea ….
“Perché per un po’ non stai qui anche tu?”
“Renji da quando inviti persone nelle case altrui??? Non che non voglio Ichigo ma ti pare educato comportarti così da scroccone??”
“Basta con questa storia dello scroccone avete rotto!”
Ichigo sorride, grattandosi il capo: “Mi volete o no?” ride.
“E va bene ! Ma adesso vi arrangiate voi a finire le pulizie, io esco!”
“E dove vai?”
Ma la domanda dello shinigami non ottiene risposta perché il giovane si è già avviato per strada con una velocità invisibile agli occhi.
“Si farà fatto prendere dal panico di comprare nuovi calzini” ridacchia Renji tirando gomitate amichevoli a Ichigo.
“Dai, da brave donne delle pulizie, sbrighiamoci!”
E con buona lena si mettono al lavoro ridendo.
 
 
 

Il capitano Mayuri Kurotsuchi accoglie le due ragazze con un atteggiamento falsamente e mal celatamente gentile, mentre Nemu lo segue in silenzio a pochi passi di distanza.
“Accomodatevi mie care cavie.”
“Mayuri-sama ecco il vostro progetto” scandisce con voce spenta il tenente appoggiandogli di fronte un cofanetto di legno d’ebano scuro come la notte.
Rukia e Orihime lo fissano, senza distogliere lo sguardo, incuriosite e leggermente agitate.
Lo apre con estenuante calma, calcolata, e con enfasi ne estrae il contenuto.
Le giovani sgranano gli occhi.
“Una rosa?” domanda Orihime.
“Non è una rosa qualsiasi …”
“Esatto Kuchiki. È una rosa della collina degli spettri. Ed è proprio lì che devi andare. È pericoloso lo sai già ma mi servi lì.”
“E perché mai dovrei?? Non so nemmeno perché!” urla infervorata la shinigami mentre la sua amica osserva la scena spaventata, senza capirne il senso. Cos’è quel posto? Perché quella rosa? E gli spettri cosa sono?
“Ah mi vedo proprio costretto a spiegare. È una collina desolata che si trova in un’altra dimensione, diversa da tutte quelle che hai conosciuto fin’ora. Non è Hueco Mundo, non è Soul Society. È una specie di limbo dove finiscono le anime che non riescono a trovare una collocazione in alcun altro posto. Sono anime vaganti, non vogliono avere contatti con nessuno, sfuggono alla realtà e si nascondo lì per secoli interi. Raccontagli la leggenda Nemu.”
“Si, Mayuri-sama. La leggenda nota a noi shinigami narra che le rose che ricoprono la collina sono state coltivate da quegli spiriti per trovare della bellezza anche dopo la morte. Secoli di studi hanno comprovato che questa dimensione non solo esiste davvero ma che le rose qui coltivate hanno poteri enormi se usati nel modo corretto, come riportare in vita un’anima nel suo corpo originale; hanno inoltre un potere curativo molto alto ma altrettanto velenoso se non si sa come usarlo.”
“Esattamente. Ma come vedi cara Kuchiki ormai la rosa che ho io si è quasi disintegrata, non è più adatta agli esperimenti. Avrei bisogno che me ne porti alcune qui.”
“E perché dobbiamo andare io e Orihime?”
“Sbagliato. Tu vai. L’umana invece resta qui. Ho il permesso di studiare le sue doti di rifiuto della realtà e i suoi poteri. Non le faremo alcun male, hai la mia parola.” Biascica con voce viscida.
“Ancora non capisco perché devo andarci io! E lei non…”
“Tranquilla Rukia, va bene così. Ha detto che non mi farà niente, starò qui, non importa.”
“Vedi? Anche a lei va bene. Comunque il motivo per cui devi andarci tu lo capirai una volta giunta sul posto. Ora sbrigati, non voglio lasciare a poltrire i miei ricercatori.”
Cos’ha in mente ? Perché ho questo brutto presentimento? Stai attenta Orihime… tornerò il prima possibile, te lo giuro.
“Accompagnatemi al portale.”
Il capitano, il tenente e le due ragazze escono dalla stanza tetra e spoglia per avviarsi in un corridoio stretto, senza finestre. È soffocante, claustrofobico, sembra rubare l’aria dai polmoni e privare la luce dagli occhi. Il capitano apre una porta allungando le sue mani bianche su una maniglia di acciaio. Un bagliore li acceca per pochi secondi per lasciarli di fronte a un enorme spazio colmo di computer e strumenti di tecnologia avanzata dai complicatissimi funzionamenti.
“Bene bene entra lì.”
Con il dito ossuto le indica un rialzo nel terreno. Rukia si pone sopra il luogo deciso e lo shinigami recita una formula complicata, che Orihime non riesce a comprendere. Un varco grigio si apre sopra Rukia e lei sparisce al suo interno, mentre nella vasta stanza si espande un delicato profumo di rose.
Cos'è questo vento? Cos'è questo profumo? Renji ... aspettami ti prego. Sopravviverò, solo per te.


Ciao a tutti! Che capitolo misterioso vero? Cos'ha in mente quel folle di Kurotsuchi? E cosa troverà realmente Rukia in quel luogo pericoloso? Ma ancora peggio, cosa combineranno i ragazzi nella loro serata fra soli uomini? Voglio regalarvi un'anticipazione: troveranno un ospite MOOOOLTO inaspettato! 
A presto , Valentina :) <3

 

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Capitolo 13
*** Incontri ***


CAPITOLO 13

 
“Meraviglioso, assolutamente meraviglioso!”
Esclama Renji ammirandosi allo specchio, pregustando la magnifica sensazione di stupire il suo amico Quincy con un abbigliamento così meravigliosamente impeccabile che avrebbe lasciato a bocca spalancata chiunque.
“Ho superato me stesso questa volta. Ishida mi promuoverà a modello, stilista, a rettore di un’università di stile!”
Si osserva con soddisfazione, sul volto è stampato un sorriso spavaldo e sicuro di sé: ha proprio l’aria di chi non solo è ben consapevole di ciò che fa, ma sa anche di essere perfetto. Gli occhi castani brillano dall’emozione e da una piccola sete di vendetta: finalmente può mostrare ad Ishida di essere in grado di comprarsi abiti più che decenti e di abbinarli con gusto. Si sistema per un ultima volta la fascetta per capelli viola, lisciando poi con le mani la maglietta gialla dal disegno di un coniglietto . Indossa un giubbotto smanicato in jeans e varca la soglia della sua abitazione per recarsi in quella del temporaneo coinquilino.
“Pff, sono in anticipo. Meglio così, ha più tempo per ammirarmi!” ride glorioso, camminando a passo svelto sul marciapiede. In quei giorni non aveva avuto molto tempo di pensare a Rukia. La sentiva lontana, è vero, ma nel cuore aveva la sensazione di poterla riabbracciare presto e ciò lo confortava. A volte, di sera quando tutti dormivano, lo assaliva un’insidiosa malinconia che lo costringeva a stringere le coperte e trascorrere intere ore con gli occhi aperti nel buio a fissare il lampione fuori dalla finestra. Si aspettava di vederla entrare da un momento all’altro, spalancandola con forza come faceva lei, con un sorriso accennato nel volto pallido. Ma sapeva che era ancora troppo presto e questo lo costringeva a spostare su tutt’altro la sua attenzione. Sotto un certo punto di vista, questa situazione non gli dispiaceva del tutto: aveva passato gli ultimi mesi a tormentarsi con i sentimenti verso la shinigami che aveva quasi perso di vista se stesso, i suoi interessi, la sua personalità, le amicizie.
“Almeno sono riuscito a trarre il meglio dalla situazione … per ora.”
Si ferma un attimo, prima di bussare alla porta del quincy. È quasi il tramonto, e l’aria porta con sé un profumo leggero che gli ricorda la ragazza, delicata e leggera come quel vento. Un brivido gli percorre la schiena e lo stomaco si stringe fino a farlo mugolare dal dolore.
Non credeva che in realtà il suo inconsistente benessere era solamente un’illusione, una maschera per nascondere a se stesso il profondo disagio portato da un enorme senso di vuoto che lo sta divorando dentro.
Torna …
Ichigo apre la porta, sorpreso nel vedere l’amico in quegli abiti buffi e, per giunta, in largo anticipo.
Si sistema l’asciugamano in vita, cercando di non bagnare il pavimento di legno con le gocce d’acqua ancora calda che gli percorrono la pelle. I capelli, umidi dalla doccia, gli sono aderenti al volto e al collo, mentre i pettorali scolpiti ma ancora acerbi si fanno illuminare dai raggi del sole proveniente dall’esterno.
“Oi Renji, sei in anticipo, strano! Vieni vieni dentro. Ishida ha giusto preparato un aperitivo con le patatine”
“Ve la state spassando vedo!”
Ichigo fa una smorfia: sente profondamente la mancanza di Orihime. La sua assenza è una fastidiosa spina nel cuore che lo rende distaccato dal resto del mondo. Ma non può concedersi anche questa fragilità, deve essere forte per lei, per tutti. Non può lasciarsi scivolare nei meandri di sentimenti dei quali non conosce ancora il nome. E soprattutto, ancora non ne ha parlato con gli altri e non sa come affrontare il discorso.
Il rosso si lancia alla ricerca di Ishida, che trova indaffarato a piastrarsi i capelli scuri.
“Che te ne pare? Eh??”
Il quincy per poco non si ustiona. Spalanca la bocca, come per dire qualcosa e con la mano tremante si sistema gli occhiali.
“Auhaha lo sapevo! Ti ho lasciato senza parole questa volta!”
“Ichigo ti prego sopprimilo. Fai qualcosa, è nato senza neuroni.”
Ma il giovane è già sparito nelle stanze ai piani superiori e il rumore del phon per capelli fa intendere che non ha udito una parola pronunciata dal quincy.
“Non so da dove partire: come me li spieghi quei jeans a zampa d’elefante? E kami, oh kami! Quel coniglio sulla maglia è terribile!”
Il rosso, in preda alla collera, lo minaccia con la piastra inseguendolo per l’intera casa, mentre un pacifico sostituto shinigami si veste con tutta calma.
Alla fine, i tre giovani sono pronti: Ishida indossa dei pantaloni neri ed attillati che slanciano la sua figura snella, abbinati ad una camicia chiara che lo induce vantarsi del suo enorme talento verso uno stile semplice ma d’impatto. Ichigo invece è una visione: i capelli profumati e morbidi gli incorniciano gli occhi nocciola, mentre dei jeans strappati e una maglia bianca decorata da una fantasia grigia gli conferisce un aspetto più maturo della sua età, calzandogli a pennello. Il povero Renji, invece, dopo numerose traversie e liti con il suo avversario di stile si è dovuto cambiare totalmente: eleganti pantaloni a sigaretta grigi, lisci, abbelliti da una camicia bianca ed un giacca casual abbinata; i lunghi capelli rossi raccolti nella sua solita coda ma senza alcuna fascia, al fine di rendere gli strani tatuaggi maggiormente visibili.
Quando escono dall’abitazione per dirigersi verso il locale, il cielo è quasi buio: gli ultimi raggi dorati carezzano l’orizzonte, baciando i tetti delle abitazione con un ultimo alone caldo prima della notte. La luna, già alta nel cielo, si fa spazio fra le vellutate nuvole scure della notte.
Camminano spediti, ridendo e scherzando fra loro, cercando di colmare a vicenda il vuoto che sentono dentro e di trascorrere una serata in compagnia, magari diversa dal solito.
“Ma che genere suonano?” domanda il rosso.
Ichigo si fruga nella tasche senza però trovare il volantino.
“L’ho lasciato sul tavolo.. mi pare metal? Non ne sono sicuro, l’ho letto di sfuggita..”
“Mah, speriamo sia carino. È un locale nuovo?” chiede Ishida.
“Sì, oggi lo inaugurano. Cioè, è una nuova gestione e hanno ristrutturato tutto …”
“E’ quello?” chiede il quincy indicando il posto perplesso.
Il sostituto shinigami annuisce. Gli sembra strano trascorre una serata tutta per lui con i suoi amici, e che amici! Persone che mai e poi mai avrebbe creduto di avere e volere accanto. E invece adesso si trovano tutti e tre insieme, sulla soglia di una notte che si ricorderanno per il resto della loro vita.
Il locale è ancora poco affollato, l’aspetto è rustico ma grazioso: le pareti interne sono di legno, abbellito da oggettistiche folk e luce soffusa; tavoli scuri e massicci sono distribuiti in quel posto piccolo ma accogliente, dal buon profumo di patate fritte e dalla musica appena udibile. Il palco è ancora in fase di preparazione, leggermente rialzato da una pedana ma completamente spoglio, vuoto.
“Sei sicuro che suonano qui? Dove sono gli strumenti?”
Il rosso lo scruta grattandosi il capo, attendendo una risposta.
“Non .. non lo so, magari siamo arrivati troppo presto.”
Ordinano la cena e tra una chiacchiera e l’altra la serata trascorre ma il palco non vede l’ombra di alcun musicista, nemmeno la più piccola bacchetta per la batteria o il cavo di una chitarra. Nulla di nulla. E nemmeno il persona sembra essere euforico, il locale è decisamente carino ma niente ha l’aspetto di un’inaugurazione o anche solo di una festa.
Ichigo inizia a sospettare di aver sbagliato a dare indicazioni: ok, calma Ichigo. Non sono mai stato eccellente nell’orientarmi ma non posso aver sbagliato così tanto! A meno che …
Deglutisce. A meno che non abbia invertito la piccola mappa che indicava dov’è situato.. per sbaglio … può.. succedere… ?
Decide di ammettere l’errore ai suoi amici che, però, sembrano non badarlo.
“Oi? Ma mi state ascoltando? Cos’è quello sguardo perso?”
Ishida, rosso in volto, gli indica celatamente due donne, sedute poco più lontano da loro, che lo fissano con uno sguardo che promette poco di buono. Lo stesso Ichigo si accorge di essere osservato, e anche Renji percepisce occhiate maliziose alle sue spalle.
Ishida sbotta: “Ma è pieno di donne! Non c’è nemmeno spazio per respirare!”
Ichigo si guarda attorno, notando che effettivamente quel piccolo locale vuoto poco prima si era realmente colmato di ragazze che chiacchierano, ridono, sorseggiando un drink.
“Beh dovresti esserne felice Ishida!” ridacchia Renji, assumendo la sua solita espressione strafottente.
Il quincy si alza dalla sedia, intento alla fuga, quando le luci improvvisamente si abbassano e sul palco si accendono i fari dorati. Una lieve musica pervade l’aria, squarciata dall’annuncio di una voce : “Ed ecco finalmente il momento più atteso della serata!”.
Una figura vestita di tutto punto fa capolino sulla piattaforma e sorrise languidamente, con gli occhi socchiusi. I capelli argentei smossi dalle sue dita magre, mentre la pelle pallidissima del volto contrasta con l’abito nero ed elegante.
“Non può essere!” Ichigo sgrana gli occhi.
“Ma quello è …” Renji sente le parole morirgli nella gola.
Le ragazze si lanciano sotto al palco, urlando e strillando di gioia, mandando baci al loro idolo e cercando di farsi notare. Lui, come risposta, continua a sorridere e apre appena gli occhi, ammaliandole con due bellissime perle azzurre, celuree. Manda un bacio e lo soffia al pubblico, ormai in visibilio, per poi lanciare un’occhiata ai tre ragazzi sconvolti, facendo comparire sul suo volto affilato un sorriso meno dolce e più malizioso, quasi come una burla.
Inizia a slacciarsi la giacca a ritmo di musica, per procedere in un lento e sensuale spogliarello che fa palpitare i cuori delle donne che lo inneggiano. I suoi muscoli, delineati e lattei, si mostrano in tutta la loro bellezza, ondeggiando.
Ishida, disgustato si oscura gli occhi con le mani, balbettando qualcosa. Ichigo si alza in piedi, cercando di capire perché faccia da volpe stesse… stesse….
All’improvviso un ragazzo possente dai capelli azzurri gli finisce addosso, travolgendolo e buttandolo giù dalla sedia.
Con una risata isterica lo afferra per la maglia, tirandolo a sé:
“Finalmente ti ho trovato maledetto shinigami! Dovresti nascondere meglio la reatsu!”
Grimmjow? Ma cosa sta succedendo? Non dovrebbero essere tutti nell’Hueco Mundo? E cosa vuole ancora da me?
“Grimmjow, dopo ne parliamo magari, ma prima puoi spiegarmi cosa….”
Il giovane dai capelli turchesi lo guarda spaesato, sconvolto: “Cosa diamine ci fa Gin Ichimaru lassù???”
 
 
 
Eccomi… quindi… è questa la dimensione dove devo compiere la mia missione..
Rukia socchiude gli occhi e inspira l’aroma di rose, mentre petali scarlatti volano tutt’attorno.
Sono prati immensi, impossibili da delineare, che si estendono fin dove lo sguardo si smarrisce, colmi di roseti dalle piante spinose rampicati su archi di ghisa nera. Il sole malato è coperto dal volto scarno della nebbia, che lo rende pallido e smunto. Foschia consistente e umida aleggia fra le piccole vie terrose, sferzata solo dal colore acceso dei petali.
Dove sono finita?
Rukia non riesce a vedere nulla a pochi passi da sé: la nebbia è fitta, spettrale, fredda. Le si appiccica al corpo, bagnandolo, gelandolo, trasformando il respiro in rivoli di vapore.  Le foglie sono imperlate da piccole gocce d’acqua, e anche dal cielo una fitta pioggia cade al suolo, simile ad esili aghi. È leggera, impercettibile, avvolgente.
La ragazza si stringe negli abiti zuppi, tremante, errando per quelle vie sconosciute e deserte. Non percepisce alcuna presenza, solo una solitudine inespugnabile e straziante, che le lacera il cuore in mille pezzi. Non c’è via d’uscita, non c’è anima viva, solo filari di rose avvolti dalla nebbia, solo il lontano verso di un corvo ed un impeto d’ali. Il suono della pioggia le attutisce i sensi, dandole una sensazione di smarrimento, confusione.
Cammina , cammina per ore ma il paesaggio rimane immutato, sempre identico. Le rose cambiano il proprio colore ma non si vede null’altro all’orizzonte. Si siede su una pietra bianca, attenta nel non scivolare, prendendosi la testa fra le mani tremolanti.
Ichigo… come vorrei essere ora nel tuo armadio sai? A insultarti e spiaccicarti sotto al naso quanto sei infantile.. per poi in realtà spronarti ad essere ancora migliore di quanto già sei… e poi tirarci i cuscini, mostrarti i miei disegni, imparare a bere dalla cannuccia…
Renji … dove sei ora? Non ho potuto portare via Chappy, il bellissimo peluche che mi hai regalato, non me l’hanno permesso. Quando lo vedi pensi a me? La notte riesci a dormire?
Inue… Ishida … tutti … mi sento così persa.. .senza di voi. Ma devo reagire.
Una mano fredda le si posa sulla spalla. Assorta dai pensieri non si è nemmeno accorta dell’avvicinarsi di una figura dietro di lei.
Sussulta, voltandosi all’improvviso, mettendo a fuoco il ragazzo davanti al suo sguardo.
Le lacrime le si fanno spazio negli occhi e l’emozione le spegne la voce. Nel petto, un sussulto incontrollabile.
“Kaien-dono?”
Lui sorride, asciugandole un rivolo caldo dalla guancia.
“Si Rukia, sono io.”
“Non è possibile, tu .. tu sei…”
“Morto? Sì, lo sono. Infatti sono qui.”
“Non .. capisco …”
“Andiamo via da qui se non vuoi ammalarti. Ti racconterò tutto.”
La ragazza rimane immobile.
Non può essere , è morto, per mano mia. Lui non … non può essere ancora qui. E se in realtà è un altro arrancar che vuole ingannarmi?
“Lo so cosa pensi, ma ti sbagli”
La abbraccia, stringendola forte.
“Ti giuro Rukia che non c’è nessun inganno. Non so perché tu sia qui ma ti giuro , ti giuro, che non ti accadrà nulla di male”.
Le tiene la testa sulla spalla, aspettando che il tremore termini di scuoterle il corpo minuto.
 
 
 
 
“Bene bene Inoue, siamo finalmente tu ed io!”
Ridacchia Mayuri, sfregandosi le mani bianche. La ragazza, pronta a difendersi, lo guarda con sospetto.
“Cosa… cosa vuole da me?” domanda timidamente, con voce flebile.
“Oh cielo, cielo, tutti così maliziosi!”
Punta gli occhi gialli verso di lei, facendole una linguaccia.
“Io non voglio proprio nulla cara ragazza. È qualcun altro che mi ha chiesto di te!”
Orihime appare incuriosita. Si porta le mani al petto, stringendole. “Chi?”
“Quanta fretta, ora lo vedrai. Ah, e stai tranquilla. È innocuo ormai.”
Si alza dall’imponente sedia girevole, avviandosi verso la porta di metallo. Al limite della soglia, si volta verso di lei con un’espressione provocatoria, divertita: “Altrimenti non credere che l’avremmo lasciato in vita, ah!” .
Sparisce nel buio del corridoio, lasciando spazio ai suoi abiti larghi, svolazzanti, seguito dalla placida ed obbediente Nemu.
Il rumore dei loro passi si attutisce, fino a disperdersi completamente, lasciando spazio al silenzio.
La giovane stringe le dita fra loro, mordendosi il labbro inferiore, agitata.
Chi può essere? Ichigo? No, lui… non corrisponde a ciò che ha detto il Capitano … chi vuole vedermi? Chi? E perché?
Una voce piatta, fredda, irrompe nei suoi pensieri, echeggiando nella grande stanza.
“Orihime.”
Lei si volta, ma appena si trova di fronte all’Espada il tempo sembra fermarsi. Gli occhi verdi, smeraldinei, la fissano profondamente, mentre i capelli neri gli incorniciano il volto ormai privo di qualsiasi residuo del suo passato con Aizen. Deglutisce, incredula:
“U… Ulquiorra ?”



 

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Capitolo 14
*** La lacrima di Ulquiorra ***


CAPITOLO 14



“E’ la prima volta che dici il mio nome, Ulquiorra.”
“Se ti da fastidio continuerò a chiamarti donna.”
Cala un silenzio pungente, doloroso, colmo di perché.
La ragazza si trova in una stanza enorme, disarmata e sola contro colui che l’ha rapita e tenuta prigioniera nel terreno nemico. Perché? Perché nessuno si accorge della sua presenza? Come può essere qui? Come …
“Immagino tu sia piena di domande, donna Orihime”
“S.. si, in effetti è così.”
“Chiedi allora.”
“Io credevo ..”
“Non è così semplice uccidere un espada, donna.”
I grandi occhi verdi e tristi si spostano su quelli grigi della giovane, spaventati, spalancati, increduli. Trema impercettibilmente, osservando quel volto bianco senza alcuna rigatura smeraldinea, i capelli corvini lasciati sciolti e lunghi, senza alcuna struttura ossea. Un normale umano, ecco come appare il quarto espada, colui che ha più volte messo in grave pericolo la sua vita e quella di Ichigo. Ed ora si trova di fronte a lei, privo di qualsiasi arma, indifeso, inerme, con un semplice corpo magro e sottile, quasi trasparente, con lo sguardo trapelante di un intenso dolore.
Le si avvicina, con il suo usuale portamento fiero e deciso, privo di qualsiasi esitazione.
Orihime indietreggia, impaurita da quel ragazzo che, in fondo, era riuscito a colmare una parte del vuoto nel suo cuore. All’inizio era spaventata, lo odiava, lo temeva, lo detestava; ma il tempo e la sua perenne calma l’avevano portata ad apprezzare la costanza con cui le dedicava attenzioni e delicatezze. A volte un po’ brusche o apparentemente crudeli, è vero, ma sicuramente più gentili di tutti gli altri abitanti dell’Hueco Mundo.
“Quando mi sono dissolto non sono riuscito a andarmene completamente….” Con uno scatto felino le si lancia addosso, stringendole il collo con la mano pallida. Nello sguardo nessuna emozione, nessun sentimento. Solo un lampo di rabbia, disperazione, vendetta.
“E la colpa è solo tua donna. Perché se solo .. se solo tu non mi avessi sconvolto come invece hai fatto.. io avrei potuto accettare la morte e andarmene per sempre.”
La voce rotta, incrinata da una nota di strazio. La ragazza sente le lacrime premere fortemente, calde, e cerca di trattenerle; il cuore le batte nel petto così veloce da farle girare la testa, mentre l’aria viene meno a causa della solida stretta di Ulquiorra.
“Ulquiorra.. io non capisco… perché mi stai facendo tutto questo…”
Pone le sue mani su quelle del ragazzo, in un vano tentativo di allentare la presa, ma ottiene l’effetto contrario: percepisce le forze svanire, la vista oscurarsi, le gambe cedere. Allora lui la abbandona, facendola cadere a terra quasi priva di sensi.
“Tu mi hai fatto provare delle sensazioni a cui non sapevo dare un nome. Un hollow, cosa vuoi che ne sappia? Vive secoli, millenni nella tenebra e nell’odio. Si ciba di disgrazie e oscurità, giorno dopo giorno, in un cammino senza fine che prevede solo distruzione. Cosa pretendi da me donna? Che io conoscessi le emozioni umane? Credevo…” sospira, tastandosi il petto liscio, senza alcun foro, per poi passare le dita sulle clavicole appena evidenti: “Credevo che la mia intera esistenza sarebbe stata un semplice gioco dove il più forte vince su quello più debole. Lo pensavo anche le prime volte in cui ti ho avuta sotto la mia custodia. Ma poi … ma poi il tempo è passato. Ed io ti ho vista giorno dopo giorno diventare una donna. Ho scoperto che non sei solo una semplice umana ma che in te nascondi una grande forza d’animo, una gentilezza così profonda da curare ogni tipo di ferita, anche quelle del cuore delle persone.”
Si guardano, con il fiato sospeso, in quegli attimi di trepidazione.
“Non chiederti perché parlo così tanto, Orihime. Nulla ha più senso per me, ora. Non ho nulla da perdere. Ecco perché sono qui. All’inizio non sapevo per quale ragione il mio destino fosse così crudele da condannarmi a una tale pena. Diventare umano e debole, in una dimensione sconosciuta e con l’anima a pezzi. Non capivo davvero cosa provocasse il mio dolore, ero convinto di vivere in un incubo.
Orihime ormai piange silenziosamente da diversi minuti; muta, nella sua paura e in quella sensazione di essere lei la matrice della sofferenza di quell’espada diverso dagli altri.
Lui si avvicina, posandole una mano sulla guancia, con un’inaspettata dolcezza.
“Non piangere, è inutile.”
“Ulquiorra … io … mi dispiace così tanto! E’ solo colpa mia! Del mio egoismo… eri l’unico appena gentile con me e mi sono illusa… illusa di poter trovare conforto in quel palazzo pieno di morte e malvagità. Ma in realtà ho solo provocato altra distruzione, altra morte ancora! Ho sconvolto la tua vita e quella dei miei amici… senza nemmeno rendermene conto! E ora ti ho confinato nella dimensione che tu hai sempre disprezzato con tutto te stesso … io … io sono un essere orribile.”
“Che sciocca che sei, donna. Non sei cambiata per niente.” Le sussurra carezzandola con il pollice dal polpastrello morbido e liscio.
“E’ vero, odio questo corpo, questa dimensione, questo mondo. Odio la compassione e la commiserazione con cui gli shinigami mi guardano. Sono un mostro per loro. Ma volevo vederti almeno un’ultima volta, prima di dirti addio per sempre.”
Orihime sobbalza, stringendogli la mano senza alcuna volontà di farlo allontanare:
“Andartene? Di nuovo? No ti prego! Non ha senso, sarebbe un suicidio! Perché non ti dai un’altra opportunità? Perché non …”
“No.” Si alza, spolverando il vestito da Espada con un gesto secco, deciso. Le volte le spalle, avviandosi alla porta.
“Addio, Orihime. Sono felice che tu sia viva. Spero di poter essere perdonato, un giorno. Se non vorrai, capirò.”
 “No! Fermati! Ulquiorra fermati! Non puoi venire qui e non ascoltare nemmeno cosa ho da dirti!”
Si ferma, senza proferire alcuna parola, scostandosi una ciocca di capelli dalla fronte.
“Ulquiorra, non buttare via questa vita. È vero, hai vissuto un passato terribile, hai dovuto essere spietato per sopravvivere. E alla fine, quando siamo costretti a fare qualcosa finiamo per credere che sia quella giusta… perché… perché se ci accorgessimo che stiamo sbagliando … il mondo ci crollerebbe addosso. E tutto perderebbe senso. Ma ora sei qui e sei vivo. Dammi una possibilità di mostrarti che vale la pena esistere ancora. Datti una scelta. Non devi andartene per forza Ulquiorra… io ti ho già perdonato da molto tempo …” arrossisce. La voce le trema, è flebile, così fine da essere appena udibile. Ma è sicura, piena di passione e concretezza.
“Non devi scusarti… se sono qui ora è anche grazie a te, alla tua premura, alla fiducia che ho cercato disperatamente di darti. Eri l’unica luce che mi salvava dalla notte della mia cella. Non posso odiarti. E non devi farlo nemmeno tu. Per favore, vieni con me sulla Terra e concedimi di insegnarti a essere felice, almeno un po’. O anche solo farti vedere come si fa a sorridere. Non è difficile, guarda !”
Gli appoggia le dita sulle estremità della bocca, inarcandola appena all’insù; un sorriso inusuale e buffo appare sulle labbra del ragazzo, sparendo appena Orihime sottrae le mani.
“Hai visto? È facile!”
“Non demordi proprio mai. Ma anche se volessi, i tuoi amici mi ucciderebbero all’istante.”
“No, non faranno nulla di male! Loro capiranno tutto! Ma …”
Un dubbio le blocca le parole in gola.
“Ma Aizen … sa che …”
“Ad Aizen non importa più nulla di noi sconfitti. Possiamo essere vivi, morti, feriti, qualsiasi cosa. Dal momento in cui abbiamo perso noi siamo diventati polvere per lui. Alla fine… alla fine eravamo solo pedine di un gioco troppo complesso per essere realmente compreso. L’ho capito troppo tardi.”
“Cielo, cielo! Quanto tempo ci mettete a dichiararvi!”
“Capitano Kurotsuchi!”
“Bene Ulquiorra, soddisfatto dell’accordo?”
Lui non risponde, si limita a puntare le sue iridi in quelle dello scienziato.
La giovane non capisce: “Quale … quale accordo?”
Il capitano sorride compiaciuto, sfogliando uno spesso blocco di fogli ricchi di calcoli e scritte.
“Solo io potevo aiutarlo a ricostruire il suo corpo per farlo tornare da te cara ragazza. In cambio mi ha dato l’unico pezzo rimanente della sua forma passata, il teschio che portava. Sai, mi serviva per degli studi mooolto importanti. Beh, divertitevi! Io vado a bere il thè! Nemu, nemu dove sei?”
Urlando il nome della sua assistente nei corridoi sparisce, proprio com’era apparso.
Per me? Davvero hai fatto questo, Ulquiorra? Separarti da quel poco che ti rimaneva? Solo per parlarmi un’ultima volta… sono davvero così importante per te? Valeva davvero la pena sacrificarti a tale punto per una vita umana come la mia? Senza chiedermi nulla in cambio, ma solo un piccolo frammento del mio tempo? Non ho mai creduto realmente di poter essere qualcosa di diverso da una prigioniera per te… lo speravo in fondo al cuore. Ed ora che lo ammetti non so come comportarmi. Vorrei abbracciarti, dire che andrà tutto bene e non sarai più triste… ma ho paura di farti una promessa difficile da mantenere. Però … però farò il possibile per farti accettare da Kurosaki-kun e dagli altri. Kurosaki-kun … chissà se si è mai preoccupato per me in questi ultimi giorni. Ha rischiato la vita per me, certamente… mi chiedo se, al tuo posto, avrebbe agito nello stesso modo… non ha senso arrovellarsi adesso. Le priorità sono altre, non devo perdermi in chiacchiere!
“Andiamo Ulquiorra! Andiamo a vedere se Rukia è tornata! E poi insieme ci avvieremo nella mia dimensione… vedrai andrà tutto bene.”
“Voglio crederti, donna.”
“Ma devi promettermi una cosa!”
“Che cosa?”
“Non ti chiedo di dimenticare. Non ti chiedo di cambiare. Ma promettimi che almeno proverai a vivere come si deve!”
“Lo prometto.”
Una lacrima cristallina gli solca il viso, rigandolo di luce e tepore. 
 
 
 
 
 
“Shinigami!! Shinigami!!! Dopo ti pesto a sangue ma prima spiegami cosa ci fa Gin Ichimaru lassù!”
“Ma cosa diavolo vuoi che ne sappia io maledetto espada!”
“Ahah il signorino so-tutto-io non sa proprio tutto allora! BUAHAHAHAHA!”
“Ma tappati quella bocca che sembri una ragazza appena scaricata! Urli come un gatto in calore!”
“Shinigami come ti permetti! Te la tappo io la bocca!”
Renji e Ishida si osservano perplessi di fronte ad un arrabbiatissimo Grimmjow che cerca di strozzare un altrettanto furioso Ichico il quale, a sua volta, gli tira pugni in testa e sul petto. Si azzuffano, simili a due gatti che litigano soffiandosi contro e raggomitolandosi in una palla di pelo rotolante.
“Ehm, ragazzi … ragazzi .. state calmi, siete indecenti.”
“Ma si quincy, lasciali fare, prima o poi la finiranno!” esclama Renji spalmando il ketchup sulle patatine fritte.
“Ma siamo in un locale pubblico!!!”
“E allora? Tanto a nessuno importa! Sono tutti interessati al capitano! Mi passi la maionese? Grazie!”
“Uahh!! Rissa?? Uaaaaa!!”
Un ragazzo magro ed alto, dai lunghi capelli neri e lisci si lancia fra Ichigo e Grimmjow urlando felicemente.
“Nnoitra ! Levati dai piedi!”
“O cristo c’è anche questo!!” il ragazzo dai capelli arancioni è sempre più sconvolto.
Volevo solo passare una serata normale! Una sola! E mi ritrovo mezzo Hueco Mundo! E un capitano traditore spacciato per defunto che ora mi guarda con la sua faccia da volpe!
“Allora, allora?? Perché vi state menando? Tanto sono io il più forte!”
“Nnoitra non ci interessa niente levati! Non rubare la preda agli altri!!”
“Uahahah adesso vi uccido tutti e due!”
Ishida scuote il rosso, intento a ingozzarsi di cibo, supplicandolo di agire.
“Mmpff dai si stanno divertendo , non fare il guastafeste!”
“Dirò tutto a Rukia!”
“E io dirò a Ichigo il tuo segreto!”
Ishida impallidisce visibilmente, la gola secca e la mente nel panico più completo.
Quale segreto? E soprattutto QUANDO gliel’ho detto? Ti prego, ti prego… fa che non sia QUEL segreto… ma riguarda Ichigo quindi …
“Si quincy, proprio QUEL segreto. Dovresti evitare di ubriacarti, parli troppo.”
“Non oserai davvero …”
“Tu lasciami tranquillo e io non dico nulla! Anche se … prima o poi dovrai confessarlo lo sai?”
“Possiamo parlarne dopo?! Ti sembra il luogo e il momento?!”
Renji alza le spalle, guardandolo di sottecchi.
“Se aspetti il momento giusto non arriverà mai, devi farlo e basta.”
“Beh di sicuro non mentre si sta ammazzando con quegli espada!”
Una forza spirituale ben nota si avvicina a loro, portando con sé l’attenzione dell’intero pubblico di ragazze scalpitanti che lanciano occhiatacce invidiose e bramose allo strano gruppetto.
Una voce sinuosa e lasciva solletica il loro udito:
“Ma che bella sorpresa, siete qui tutti per me?”
Ride, con il solito sorriso serpentino, finto, ma stavolta realmente divertito.
I tre litiganti si immobilizzano bruscamente: Ichigo steso sul pavimento, sommerso dai due nemici che si stanno tirando i capelli con forza.
Grimmjow spalanca gli occhioni azzurri assumendo un’espressione quasi infantile e stupefatta:
“Capitano Ichimaru perché …”
“Oh, suvvia, ognuno ha le sue passioni nell’armadio no?” cinguetta Gin.
“No, quelli nell’armadio sono gli scheletri…” commenta acido Ichigo.
“Su su sorridi sostituto shinigami! Se vuoi ti faccio un autografo!”
“Ma che me ne frega!” ringhia, sempre più rabbioso.
“Oh, che antipatici. Almeno un complimento! Mi guardate come se fossi un menos. Ognuno ha le sue arti, io ho la mia!” sorride, soddisfatto, per poi spostare l’attenzione ai due ormai ex espada.
“Ma non eravate morti voi due?”
“No tu eri morto!” esclama Nnoitra.
Alza le spalle, scuotendo appena la mano in segno di saluto per dileguarsi dietro al palco.
Ormai la serata è andata in pezzi e molte domande sorgono spontanee in Ichigo e i suoi amici.
“Davvero, non eravate morti?” domanda Renji, ancora interessato a gustare le patatine.
“Tsk, solo perché scompariamo credete di averci ammazzato?” chiede disgustato Nnoitra.
Ishida, l’osservatore del gruppo, nota con minuzia l’assenza dei fori neri nel corpo dei due, facendo calare un leggero imbarazzo:
“Non ditemi che …” azzarda il quincy.
“Si, e allora? Non siamo più espada, ma vi possiamo pestare a sangue lo stesso!”
“Ben detto Grimm!”
“Non ti prendere tutta questa confidenza adesso! Non mi sei mai piaciuto!”
“Neanche tu!!”
Quindi è così… Aizen li ha solo usati… una volta colpita la catena dell’anima hanno perso tutti i poteri e sono diventati semplici essere umani.. e cosa se ne fa Aizen di loro? Nulla . Non gli servono e nemmeno li temo. Che gran bastardo… li ha mollati come cani al loro destino.
Il quincy è immerso in queste riflessioni quando Ichigo gli si avvicina, serio:
“Sono stanco di questo casino, andiamocene in un posto più tranquillo.”
Seguiti da Renji escono dal locale, accompagnati dalle urla dei due espada.
“Non pensate di sfuggirci!”
“E chi fugge Grimmjow? Anzi, sai che ti dico? Se vuoi venire con noi fai pure! Non ha più alcun senso essere nemici. Se vuoi combattere insieme a me un giorno lo faremo”
Il ragazzo dai capelli azzurri rimane perplesso, indeciso su come comportarsi. Li guarda camminare sul marciapiede ed allontanarsi, dibattuto fra una sconosciuta sensazione di solitudine e desolazione ed una forte fiammata di rabbia. Si sente perso, abbandonato, senza identità.
Ero un espada. Ma ora? Cosa sono? Non accetto questo corpo, questo mondo, questa vita. Non accetto i vincoli di un organismo finto, di uno spirito spezzato. Non so da dove partire per riprendermi. E per quanto mi uccida dirlo… temo che solo loro possano aiutarmi.
Sbuffa sonoramente in faccia al compagno, che come risposta ride mostrandogli la lingua, ricevendo per risposta un pugno in faccia.
Nel frattempo, i tre amici, intraprendono la strada di casa. L’alcol diluito durante la serata gli ha provocato una grande fame e decidono di concludere la nottata seduti sul tappeto, davanti ad una pizza gigante e a film horror scadenti, il tutto diluito da uno bottiglia qua e là.
È il mio momento. O oggi o mai più. Devo parlargliene… magari con l’aiuto di un po’ d’alcol …
Il quincy afferra la lattina di birra e beve un grande sorso.
“Oi piano che poi devo ballare di nuovo con te!” ride Renji, appoggiato con le spalle ai piedi del divano.
L’atmosfera è finalmente piacevole: dalle finestre aperte entra l’aria fresca e profumata appena da note estive. L’aroma del cibo si diffonde nella sala e l’ora tarda induce ad uno stato di tranquillità e relax. Dal balcone, Grimmjow, li osserva indeciso, incurante di essere palesemente visibile.
“Ehm … scusate … io avrei portato… questo.”
“Era ora che ti decidessi a entrare!” sorride Ichigo, prendendo il dvd in mano.
“La vendetta delle pecore assassine? Wow…………..”
“Non ti piace shinigami???”
“Bellissimo lo guardiamo subito!!” si affretta a dire il giovane, ridendo. Com’è irascibile!
Renji offre un trancio di pizza al nuovo ospite (e ben presto coinquilino!) invitandolo a sedersi accanto a lui.
Finalmente tutto è pronto per una serata tranquilla … o così pare.
 


Concludere questo capitolo è stato difficilissimoooo! Volevo scrivere ancora tantissime cose! Quale sarà il segreto di Ishida? E come prenderanno l'arrivo di Ulquiorra? Per non parlare di Rukia ancora in alto mare con Kaien... Tranquilli tutto si svelerà nei prossimi capitoli! Grazie di cuore per seguirmi , spero di continuare a farvi apprezzare questa storia! ^-^
Tanti bacini!
Valentina :)

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Capitolo 15
*** Paure del passato ***


CAPITOLO 15


 
“Finalmente ti sei svegliata. Come stai?”
Rukia apre gli occhi lentamente, sbattendo più volte le palpebre. Si sposta i capelli ancora bagnati dalla fronte umida ed intravede la pallida luce del sole illuminare il cielo con i suoi raggi malati. Non sente dolore fisico, solo un’appena accennata stanchezza ed una lieve pressione sulla fronte; non capisce subito dove si trova, né il motivo per cui è lì, ma il rassicurante sorriso di Kaien le scalda il petto.
“Kaien-dono?”
“Ehi.” Sorride, porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi.
“Hai dormito per qualche ora, ma qui il tempo non cambia. Non esiste la notte, è sempre così, da secoli. È un inverno eterno dove solo le rose portano un briciolo di colore.”
La ragazza si siede, tastando con i palmi la terra umida sotto di lei. Sono adagiati su uno spiazzo d’erba morente, gialla, quasi secca, bruciata dal gelo. Bacche nere e rami secchi della medesima tonalità li accerchiano, aggrappandosi anche sui pochi alberi spogli e scuri che costellano l’infinito prato.
“Kaien-dono, perché mi hanno mandato qui?”
“Non lo so, non avrei mai immaginato di vederti. Quando ti ho vista per un attimo ho pensato …. Ho temuto che avessi fatto la mia stessa fine.”
Sospira tristemente, impaurito, per poi riassumere un’espressione ottimista e rilassata.
“Ma per fortuna mi sono accorto subito che eri sana e viva come sempre! La mia Rukia! Ho pensato: wow è sempre più brava e più bella !” la sua risata è una fiamma di allegria in quel luogo  desolato e spento.
“Davvero non sai il motivo per cui ti hanno inviato qui?”
“No …”
“Vorrei aiutarti ma non so davvero come fare. Non ho nemmeno un posto dove farti stare, nulla per asciugarti, niente cibo né acqua. Vago qui da chissà quanto ormai e…” la voce gli si smorza nella gola a causa dell’espressione contratta assunta dalla giovane: non dovevo dirlo … lei soffre così tanto per ciò che mi ha fatto … non volevo ferirla! Come sono stupido. Rukia non piangere! Era la cosa giusta, mi hai regalato una morte dignitosa, mi hai salvato.
Con la mano le asciuga le lacrime, per poi rivolgersi con voce dolce e calma:
“Piccola Rukia se sono qui ora è solo merito tuo. Se non mi avessi … ucciso … quell’hollow schifoso mi avrebbe divorato fino all’ultimo brandello. Ma tu lo hai bloccato e mi hai donato la possibilità di ritornare nella mia forma e con la mia mente. E soprattutto, di rivederti ancora. Sai Rukia … vedere i propri allievi che crescono e diventano abili guerrieri è una cosa bellissima . Però, vedere quegli stessi soldati divenire persone con un cuore e con dei sentimenti è ancora più meraviglioso. Grazie per la grande soddisfazione che mi continui a dare.”
La shinigami sente in sé una profonda voglia di scoppiare in un pianto infinito, colmo di dolore e disperazione. Tutta la sofferenza che ha trattenuto in questi anni, tutto il rimorso, i sensi di colpa per una morta ingiusta ed il successivo vuoto che ha lasciato… ogni lacerante sentimento represso ora riemerge scuotendole l’anima come una foglia scossa dal vento di un temporale estivo.
“Kaien-dono … io non so cosa dire… mi sento così …”
“Shh non importa. Cerchiamo insieme di capire cosa devi fare qui ok? Io e te insieme, come ai vecchi tempi! Vedrai che ce la faremo! Siamo una squadra! Batti cinque Rukiaaa!”
Sei sempre il solito Kaien-dono … l’unica persona che riesce a darmi la grinta di combattere anche quando sono certa di non riuscire a farcela. Ma … è possibile che …
“Kaien-dono, è possibile che mi abbiano mandato qui per portarti indietro con me?”
Il ragazzo sgrana gli occhi, scrutandola spaesato e dubbioso.
“Oh, non saprei proprio. Io non ho mai incontrato nessuno qui … gli spiriti vogliono stare da soli… si finisce con il diventare pazzi.”
“Il capitano Kurotsuchi ha detto che avrei capito sul posto il mio compito … sapeva che ti avrei trovato?”
“Può essere, i suoi studi vanno molto oltre alla nostra immaginazione. Ora capisco perché ha spedito qui proprio te e non uno dei suoi sottoposti …”
“Perché?”
Un silenzio colmo di concentrazione cala fra i due shinigami. Una leggera brezza smuove i loro capelli scuri e un lontano gracchio di un corvo giunge attutito al loro udito.
“Di solito quando una spirito qui percepisce una presenza nuova scappa, si allontana, non vuole incontrarla. Ma se la presenza è qualcuno di molto caro, a cui era davvero affezionato … allora no, la storia è molto diversa. Diventa attirato da lei come una falena verso la luce. Ritrova nel petto quella sensazione di calore che ha dimenticato da anni, secoli, millenni… e la rincorre come se fosse l’unica salvezza possibile.”
Rukia trema, stringendo i pugni. Non è possibile… Kaien-dono ci tiene così tanto a me? Sono davvero io l’unica che poteva raggiungerlo qui?
“Da quando sono qui non ho mai visto altri shinigami. Forse Mayuri voleva vedere se è possibile far tornare indietro qualcuno della Soul Society perché se così fosse farebbe una scoperta sensazionale. Essendo qui io l’unico dei vostri, credo abbia scelto la soluzione più semplice e logica. Ha mandato la persona a riprendermi la persona con cui avevo un legame più stretto.”
I suoi occhi si illuminano di speranza, umidi dalle lacrime che cerca di trattenere.
Si sente vivo, la mente colma di pensieri, sogni, paure, sensazioni del tutto dimenticate. Ma la voglia di tornare, di esistere, lo pervade come un fuoco travolgente e impetuoso.
“C’è un modo per andarsene da qui? Ti porto con me.”
“Un portale, si c’è, ma per essere aperto richiede un’energia che noi non abbiamo. Tu puoi farcela ma …”
Il volto si incupisce, la voce si spegne in un sussurro mesto:
“ma temo di non resistere al cambio dimensionale. Sono così debole Rukia… qui sopravvivo appena, ma nelle altre realtà basta un filo di vento per smembrarmi e spazzarmi via …”
“Non lo dire nemmeno! Ci riusciremo e basta! Ho un’idea …”
“Proviamo! Ma prima vorrei parlarti di una cosa,  se mi concedi il permesso.”
“Certamente.”
Si avvicina a lei, scrutandola negli occhi violacei con uno sguardo serio, deciso.
“Piccola Rukia … ti ho visto crescere sai? E mai avrei pensato di abbandonarti così precocemente al tuo destino. Ma è accaduto e non intendo voltarmi indietro per rimpiangere il passato. Eppure … anche da semplice anima mi tormentavo per non averti detto in tempo delle cose che premevano fortemente nel mio cuore e che tutt’ora lì risiedono.”
Riprende fiato, la voce rotta dall’emozione. La ragazza lo fissa, senza distogliere le sue iridi nemmeno un secondo. Immobile, ascolta ogni singola parola soppesandola accuratamente, fremendo.
“Ho sempre rivisto in te una parte della mia personalità. Combattiva, tenace, coraggiosa, forte, sempre pronta a imparare. Allo stesso tempo fragile, impaurita, bisognosa d’amore. Io volevo darti tutto ciò di cui avevi bisogno… anche l’amore. Si piccola Rukia, mi ero innamorato di te e mi imbarazza un po’ dirlo. E per un po’ di tempo credevo anche che tu mi ricambiassi! Che sciocco!” ride, le guance leggermente tinte di rosso. “E proprio perché pensavo di averti a portata di mano non ho fatto in tempo a vivere con te i miei sentimenti. Credevo di avere tutta la vita, tutti i secoli che desideravo, non avevo fretta. Mi gustavo i nostri allenamenti, le pause insieme, gli scherzi, il tuo reverenziale timore e la stima nei miei riguardi. Credevo forse di perderla se mi fossi confessato. Avevo paura di cambiare luce ai tuoi occhi sai? Ma contemporaneamente credevo che sarebbe stato bellissimo approfondire il nostro rapporto. Già ti immaginavo in una nostra futura casa con tanti bambini Ahahaha!”
“Kaien- dono io …”
“Scherzo Rukia. Ma è vero che mi ero innamorato di te. Volevo solo dirtelo, tutto qui. Perché nel caso qualcosa vada storto … nel caso non ti riveda più… almeno posso svanire con il cuore leggero.”
È un baleno. Un attimo fugace, un momento, una folata di vento impercettibile. È un piccolo bacio, dettato più dalla disperazione e dal dolore che da un reale sentimento d’amore. È lo strascico di sentimenti trascurati per secoli e divorati dalle fauci della solitudine.
Rukia rimane basita, tremante.
No … Kaien-dono… cos’hai fatto.. Ora Renji … Renji… gli spezzerò il cuore…
Leggendo il panico sul volto della ragazza, il giovane prova una profonda fitta allo stomaco.
“Perdonami … perdonami Rukia. Mi sono fatto trasportare troppo … io …”
“Non c’è problema! Non … non importa. Io capisco, davvero. Capisco.”
Si sfiora le labbra con un dito, ma il suo pensiero è ora altrove: Renji sono sicura capirai. Sei intelligente e buono, saprai comprendere la situazione. Ma allora cos’è questo rammarico che provo? È vero mi ero presa una cotta per Kaien-dono ma … era solo una cosa da ragazzina… io…
Una luce squarcia il cielo dinnanzi a loro e una grande porta si apre. Una farfalla infernale svolazza fino alla giovane sussurrandole all’orecchio di entrare in quel varco e che dall’altra parte avrebbero trovato il capitano Kurotsuchi ad attenderli.
Quindi era veramente questa la mia missione… ma come fa Kurotsuchi a sapere che ho trovato Kaien-dono? Ci stava … ci stava forse osservando?
Deglutisce, poi riprende il controllo di sé e prendendo sulle spalle il ragazzo salta nell’apertura luminosa, abbandonando quel mondo vuoto e grigio dal profumo di rose.
 
 

 
“Oh si, queste fottute pecore assassine spaccano!”
Grimmjow è sommerso da pizza, patatine e ogni altro ben di dio immaginabile. Con grande felicità (e grandi morsi!) assaggia ogni cosa e guarda soddisfatto lo schermo piatto del televisore.
Ichigo lo guarda divertito;  all’inizio era abbastanza dubbioso e sconcertato da quella situazione: un espada come amico? Capisco rivale, nemico, o anche solo semplice avversario ma amico … questo non mi è nemmeno mai passato per la testa! E figuriamoci ritrovarmelo in parte come se nulla fosse e trascorrere una serata insieme!
Come se potesse leggergli nella mente, Ishida dà voce alle sue domande:
“Ma Grimmjow… quindi tu ora non hai nulla a che fare con Aizen vero?”
Il ragazzo dai capelli azzurri bofonchia qualcosa con la bocca piena, scuotendo il capo in segno di dissenso.
Deglutisce sonoramente, per poi ridere istericamente: “Uahahah! Quincy! Io e Nnoitra non abbiamo più nulla in comune con quel bastardo! Non stiamo più agli ordini di nessuno!”
“Quindi non … non siete nostri nemici?”
“Eh?! Certo che lo siamo! Voglio pestare a sangue lo shinigami! Ma nel frattempo …”
Scuote le spalle, ridendo sonoramente.
Renji, seduto accanto all’Espada, non sembra affatto intimorito dalla sua presenza, anzi! Ride e scherza con lui da un’ora piena! Continuano a commentare ogni scena del film per poi accasciarsi sul tappeto ridendo fino allo sfinimento. Sarà l’alcol, o forse il caos della situazione, ma sembrano davvero andare d’accordo e divertirsi. Anche Ichigo sente di dover ammettere che quell’ex-nemico non è così male: è un tipo strano ma alla fine è simpatico e di buona compagnia. E il suo modo di ridere mentre guarda quelle pecore assassine è moooolto più esilarante dell’horror stesso.
Alla fine è così che va la serata… beh … non è tanto male alla fine. Se solo ci fosse anche Orihime …
Ma quelle parole non riescono a spegnersi nella sua mente a causa dello squillante suono del campanello.
Ishida, sdraiato sul divano con una lattina fra le mani, si sistema gli occhiali e si avvia svogliatamente alla porta, mugugnando qualcosa del tipo “Chi-diavolo-rompe-alle-tre-di-mattina??”.
Appena apre la porta non sa se svenire sul colpo o essere felice nel vedere una graziosa Inoue Orihime sorridente e soprattutto sana e salva accompagnata da ….
“Ishida che bello rivederti! Ehm spero tanto di non averti disturbato ma … si ecco ho visto le luci accese … e poi dalla strada sentivo un gran fracasso… così ho pensato di passare a salutarti!”
Ishida mantiene gli occhi sgranati e punta il dito contro l’esile figura dai capelli corvini pochi passi distanti da lei.
“Oh! Ehm! Si te lo ricordi? Lui è Ulquiorra … è una lunga storia! Ma .. ma è buono ora! È gentile!”
Ishida, ancora un po’ perplesso, smuove la mano facendo segno che non fa nulla.
“Orihime, non preoccuparti, non ne sono sorpreso …Non è il primo Espada che mi capita sotto casa oggi.”
Ulquiorra sembra lievemente sorpreso ma non dice nulla, trincerandosi nel suo solito silenzio inespressivo.
“Beh allora … allora io vado ! Buonanotte Ishida a domani!”
“Orihime!”
La voce di Ichigo la costringe a voltarsi. Lui sosta sulla porta, sul viso un’espressione stupida ma tremendamente felice.
“Orihime sei tornata! Stai bene ?”
Le corre incontro, sorridente, leggermente barcollante a causa della stanchezza e dei bicchieri colmi che ha trangugiato precedentemente. Ma è lucido, lucidissimo, e può sentire in sé la felicità di riaverla di fronte.
Una voce alle sue spalle però lo fa accorgere di un piccolo, piccolissimo dettaglio:
“Ulquiorra, bastardo spocchioso! Uahaha! Anche tu qui ! Come diamine sei brutto senza il tuo mezzo teschio!”
La ragazza impaurita si aggrappa al braccio di Ulquiorra, che le si pone davanti.
Ichigo, spiazzato, prende consapevolezza della presenza del suo più odiato nemico.
Esatto, perché se nemmeno Grimmjow gli andava a genio, il quarto espada invece era ed è tutt’ora la persona che più desiderava morta. Perché ha rapito la donna che ama, perché lo ha ucciso, perché tutt’ora con sfacciataggine osa stare accanto a LEI come se nulla fosse.
E no Ulquiorra … stai tranquillo che non finisce qui. Tu stai lontano da lei. Non so cosa tu abbia in mente… dannato… ma lei non si tocca . E se non lo capisci con le buone allora non mi rimane che …
L’abbraccio di Orihime lo scuote come una secchiata d’acqua gelida. La ritrova fra le braccia, stretta, e dimentica tutto il rancore che lo sta corrodendo.
“Ichigo sono felice di vederti …” sussurra appena, con le lacrime agli occhi.
Ulquiorra, distante, osserva distaccato la scena ma una sensazione nuova sembra pungerlo dentro: gelosia?
Senza alcuna parola si allontana, umiliato e scoraggiato, verso una meta indefinita.
La luce della luna regala alla sua pelle lattea una carnagione ancora più bianca, accentuatamente chiara e perlacea. Gli occhi verdi e tristi si posano sul suo corpo, osservando gli abiti che ha addosso:
come ci sono finito qui? Perché mi sono ridotto a questo livello? Patetico, davvero patetico.
Si siede sul ramo di un alto albero, chiudendo gli occhi e assaporando l’aria profumata d’estate del mondo umano.



Ebbene si, se ve lo state chiedendo esiste davvero un film horror sulle pecore assassine  ! E immaginare Grimmjow che lo guarda ridendo come un pazzo mi fa morire giuro XD Comunque grazie di cuore a tutti voi per le gentilissime recensioni e per seguire la storia ! A prestissimo il prossimo capitolo :) Grazie ancora!
Bacini infiniti :*****
Valentina :)

PS: Facciamo una colletta per comprare a Renji una dispensa di pizza? Di questo passo ne avrà bisogno!

 

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Capitolo 16
*** La notte ***


CAPITOLO 16
 
 
“Non posso dirglielo!”
“Perché no?? Te lo impedisce il tuo cavolo di orgoglio da quincy?”
Il ragazzo arrossisce, spostandosi gli occhiali: “S..si.”
Renji allora gli si avvicina serio, fissandolo negli occhi. Continua ad avanzare anche quando i loro corpi sono eccessivamente vicini, finendo per spingere Ishida contro alla parete del bagno. Avvicina il volto a quello del ragazzo, che si irrigidisce arrossendo visibilmente.
Il rosso allora, soddisfatto, si ritrae, sorridendo prepotentemente.
“Vedi? Devi dirglielo! Non puoi nasconderlo ancora per tanto.”
“Ma cosa te ne importa maledetto shinigami!”
“Muoviti o penseranno davvero malissimo!”
Ishida rigira le mani nervoso. Davvero devo dire a Ichigo che …
Come tutta risposta Renji gli lancia in mano altre bottiglie e lattine, ammiccando: “Ci serviranno.”
Appena arrivano in soggiorno trovano una situazione a dir poco sconcertante: Grimmjow (evidentemente non abituato all’alcol) corre per la stanza belando e inseguendo il ragazzo dai capelli arancione con… con …
“Che diamine è quello?” esclama Renji socchiudendo gli occhi per guardare meglio.
“Credo.. credo che sia ..” Ishida si concentra sull’inseguimento.
“Shinigamiii shinigamiii AHAUAHAHHA! Ora ti toso con lo spela patate!!”
“Ma sei tu la pecora espada!”
“Auahahahha ti speloooo!”
O mio dio. Proprio ora che mi sono deciso a parlare questo espada si mette in mezzo!
Renji ridacchia, sgomitando il quincy: “Beh dai tu da ubriaco non eri molto meglio!”
Finalmente, dopo lunghe traversie, riescono a catturare Grimmjow e a stenderlo sul divano, avvolto da una copertina con disegnati tanti plum-cake colorati: rossi, gialli, verdi, blu. Accanto, sul piccolo tavolo di vetro accanto alla lampada dalla luce soffusa, Ishida appoggia una camomilla fumante: ormai è però troppo tardi, poiché il giovane dai capelli turchesi dorme beatamente, immerso nel sonno più profondo.
Ichigo, ancora sconvolto, è rannicchiato nell’angolo dell’altro sofà: chissà se Inoue è tornata a casa.. speriamo che Ulquiorra non le faccia del male… altrimenti io …
“Chi vuole altro sakè?” domanda Renji, evidentemente intenzionato a far ubriacare ancora un po’ i suoi amici.
Senza nemmeno attendere una risposta ne versa due ciotole piene a entrambi e li invita a berlo tutto d’un fiato. E succede così la prima volta, poi la seconda, la terza, la quarta … fino a che si ritrovano tutti e tre malamente distesi sui divani e sul tappeto. I volti arrossati adornati da sorrisi sghembi. L’atmosfera è rallegrata da risate immotivate e da un lieve russare dell’espada.
“Allora allora allora… Ishida Uryuu.. raccontaci taaante cose!”
“Si dai raccontaci le tue imprese da Quincy!” incalza Ichigo.
“Noo noo niente imprese .. raccontaci QUELLA cosa!”
Ishida, ormai ubriaco completamente, si butta a capofitto nell’unica occasione a sua disposizione. Mal che vada potrà scusarsi dando la colpa all’alcol.
“Si, io ho una grande confessione!”
Renji e Ichigo lo guardano, le palpebre mezze socchiuse ma gli occhi attenti e interessati. Ishida punta le sue iridi blu su quelle nocciola dell’oggetto delle sue attenzioni e con uno sforzo disumano riesce a pronunciare e a dar voce a ciò che esplode nel suo cuore da troppo tempo:
“Io, Ishida Uryuu amo Kurosaki Ichigo con tutto me stesso!”
Un silenzio agghiacciante avvolge la stanza, ma viene presto spezzato dalla risata dello shinigami che non crede alla confessione del quincy.
“Ishida da ubriaco sei fantastico!”
Ride. Com’è bello quando ride… ho voglia di baciarlo, ti tirargli uno schiaffo e scuoterlo urlandogli che in realtà è tutto vero. So che non potrò mai averlo ma almeno dirglielo! Essere sincero e rivelargli i miei sentimenti senza scappare come un codardo!
Renji lo fissa, incalzandolo a continuare il suo discorso. Il quincy si alza in piedi, barcollando leggermente, assumendo la posizione più fiera e dignitosa che gli riuscisse in quel momento così confuso.
La vista però si sfuoca, le gambe cedono e si ritrova per terra in pochi secondi. Si massaggia la schiena dolorante e capisce che il suo tentativo è fallito. Ma non importa, ormai il dato è tratto e andrà fino in fondo.
Si avvicina a Ichigo e gli prende il mento fra le mani, guardandolo dritto negli occhi.
“Ho detto che ti amo c***o! E non sto scherzando!”
Ichigo non capisce più nulla: le parole gli giungono distorte alle orecchie, la mente è confusa ed il sonno preme sulle sue palpebre.
“O.. ok …” è l’unica cosa che riesce a dire, prima di sorridere malamente per poi soffiargli in faccia ridendo.
Ishida arrabbiato volta le spalle agli amici e corre nella sua stanza, risalendo le scale ad un velocità sorprendente. Si lancia sul letto e si abbandona ad un sonno privo di sogni.
 
 
“Ulquiorra ! Ulquiorra dove sei!”
Orihime corre per le strade deserte della città di Karakura, ansimante e senza fiato, la voce tremante.
Non riesce a percepire la sua presenza e questo fatto la preoccupa fortemente.
Una brusca spinta la fa cadere a terra, causandole un forte dolore alla gamba con cui urta l’asfalto.
Un uomo trasandato proietta la sua ombra su lei, illuminato dalla luce artificiale dei lampioni. Ride rocamente, sfregandosi le mani. È alto, troppo alto e robusto per essere soggetto alle poche capacità combattive della ragazza e l’arto dolorante non le permette di fuggire.
Il cuore le palpita forte e sente la paura diffondersi nel corpo, scuotendola.
“Ma che fiorellino! Cosa ci fa una ragazza così carina tutta sola nel cuore della notte?”
“N..nulla.. io stavo solo cercando una persona …”
“Cercavi me bellezza? Eccomi!”
“Senza offesa … io non … stavo cercando Lei …”
“Ah è così? Beh io cercavo proprio una bambolina come te! Sono proprio fortunato oggi!”
Si avvicina minaccioso, un ghigno poco promettente gli solca il volto corrucciato. Orihime è terrorizzata, non riesce nemmeno ad urlare dalla paura e dal dolore.
Con le mani si copre il volto, sapendo in realtà che quel gesto non l’avrebbe salvata dalla cattiveria dell’uomo. Un urlo poco distante da lei la fa sobbalzare e la costringe ad aprire gli occhi in cerca di una spiegazione.
L’uomo accasciato al suolo si contorce in preda al dolore, emettendo un urlo strozzato, soffocato. Un ragazzo esile e pallido lo mantiene bloccato al suolo stringendogli il collo con tutta la forza che possiede. Gli occhi smeraldo privi di qualsiasi emozione, un solo cenno di disgusto dato dalle labbra leggermente arricciate.
“U… Ulquiorra?”
“Vattene donna.”
L’uomo, paonazzo, dimena il proprio corpo in preda al panico; cerca di togliersi di dosso le mani dell’espada ma non riesce e percepisce svanire gli ultimi residui d’aria nei suoi polmoni.
Orihime, terrorizzata, non sa cosa fare. Salvare quell’uomo? Non è giusto che muoia, in fondo ancora non le ha fatto nulla . Oppure lasciarlo alla sua sorte? Il tempo stringe, deve decidere velocemente.
Vorrebbe corrergli incontro e fermarlo ma non riesce ad alzarsi.
“Fermati ti prego!”
“Vuoi farti ammazzare donna?”
“No ma … ucciderlo è esagerato!”
“Certa spazzatura non merita di vivere.”
Un pugno lo colpisce in pieno volto, facendolo precipitare sull’asfalto ruvido.
“Ulquiorra!”
E’ così debole… è un semplice umano ora! La sua forza spirituale non lo aiuterà di certo contro quell’uomo enorme! Ulquiorra non dovevi farlo ... cosa posso fare?
L’espada si rialza, pulendo con la mano un rivolo di sangue che gli bagna il labbro inferiore. Ma traballa e l’aggressore, accortosene, lo attacca ancora, più forte di prima, con un pugno nello stomaco.
Ulquiorra cerca di combatterlo, ma è tutto inutile. Le forze lo abbandonano, non riesce a reagire; la sua umiliazione è una spada che lo trafigge in profondità, la nausea e le vertigini gli fanno perdere una reale percezione dello spazio e del tempo. Si sente fragile, indifeso, e questa sensazione di impotenza gli fa desiderare ardentemente di non essere mai tornato in vita.
Sciocchi esseri umani… vivere un’esistenza così misera… così povera, spoglia, insignificante. Non è questo il mio posto …
Rimane steso immobile, il volto aderente al terreno proprio come il resto del corpo. La mano trema leggermente, ma anche quel lieve gesto si spegne. Respira faticosamente, desideroso di svanire in mille brandelli neri, invocando una sorte migliore di quella.
Le lacrime colmano gli occhi di Orihime, impedendole di vedere nitidamente quanto le accade di fronte. Si sente profondamente in colpa, il cuore potrebbe scoppiarle da un momento all’altro e la sua mente è pervasa dall’angoscia.
“Ulquiorra! Ulquiorra!” lo chiama a squarciagola ma non ottiene risposta.
L’omone scappa lontano, consapevole di aver commesso danni seri. Si dilegua nell’ombra, sparendo come una lepre fra i campi di grano. Abbandona le sue vittime ferite, senza alcun aiuto, nel pieno della notte.
La ragazza si trascina verso il giovane privo di sensi, raggiungendolo con grande fatica. Non ha alcun mezzo per contattare i suoi amici, non ha farfalle infernali né il cellulare. Si sente sola, impaurita, senza speranza.
E soprattutto si sente morire di fronte alle condizioni di quell’espada gentile che si è sacrificato per salvarla.
Lui respira appena, il torace si innalza impercettibilmente; gli occhi sono chiusi e la pelle chiara è macchiata da un colore troppo forte per donargli quel solito aspetto etero che tanto lo caratterizza.
La ragazza si sente scossa da una fitta di speranza:
“Ma.. questa reatsu… non è possibile …NNOITRA! Nnoitra sei tu?”
Il giovane, con un balzo, le si pone davanti; sconcertato osserva la scena, per lasciare subito spazio ad un’espressione divertita e arrogante.
“Ooh, è così il caro Ulquiorra si è fatto prendere a calci nel fondoschiena per la sua pollastrella?”
Ride, indifferente alle condizioni preoccupanti del compagno. Lei lo fissa incredula, implorando aiuto.
“EH? Cosa dovrei fare io? Non me ne frega niente di te e tanto meno di lui. Arrangiatevi.”
Si volta, pronto ad andarsene, senza alcuna pietà ma qualcosa si aggrappa alla sua caviglia e non vuole lasciarlo. Una mano femminile, affusolata, lo stringe con la poca forza rimasta trasmettendogli brividi fortissimi che si irradiano in tutto il corpo. Improvvisamente riesce a percepire le travolgenti sensazioni che la stanno divorando  e  quasi gli manca il respiro.
La scruta attentamente negli occhi grigi per poi sbuffare e raccoglierla in braccio.
“Grazie … Nnoitra …”
“Stai zitta è un’eccezione. Non accadrà più stanne certa.”
“E Ulquiorra?”
“Lui è incluso nel prezzo??”
“Non puoi lasciarlo qui!”
“Non riesco a portarlo da solo … non sono più … non son..”
“Non importa, non devi dirlo. Solo che ..”
“Non ho altra scelta… ma giuro che se scopro che lo dici a qualcuno ti ammazzo. Chiaro?”
Orihime non riesce a capire cosa intende. Cosa vuole fare? È perché si sta guardando attorno con fare sospetto?
Nnoitra si volta verso una zona d’ombra, non illuminata dalla luce dei lampioni chiamando appena un nome a lei ben noto.
“Neliel vieni fuori. Non abbiamo scelta.”
“Cosa? Nel?”
Nel esce dal buio mostrandosi in tutta la sua bellezza: i capelli verde acqua raccolti lasciando libera qualche ciocca, un abito aderente e raffinato, gli occhioni adornati da un filo di eyeliner, le labbra appena colorate dal lucidalabbra.
“Uooo?? Un appuntamento???” Orihime si lascia rapire dall’entusiasmo.
Neliel sorride gentilmente, con un’espressione divertita dipinta sul viso. Si avvicina a Nnoitra stampandogli un bacino sulla guancia, per poi ridacchiare sommessamente.
“Uuuuu un appuntamento mooolto romantico!” Le scintillano gli occhi e sembra aver dimenticato la brutta esperienza precedente grazie allo stupore regalatole da quell’inusuale scoperta.
“Ei te lo ripeto! Se lo dici a qualcuno ti ammazzo!”
“Dai Nnoitra, perché sei così cattivo? In fondo cosa c’è di male se ci vedono insieme? Tanto Syazel l’avrà già detto a tutti ormai!”
“E lui come fa a saperlo??? Gliel’hai detto tu?”
Lei arrossisce, prendendolo per il braccio e abbracciandolo bruscamente: “Segreto!”
L’espada diventa viola di rabbia ma la vista di Ulquiorra così mal ridotto lo riporta alla ragione: “Muoviamoci o si mette male.”
 
 
 
“Oh cielo, cielo! Ne hai messo di tempo Kuchiki!”
“Capitano Kurotsuchi …”
“Oh! Ma quello è Kaien!”
Il ragazzo accenna un saluto allo scienziato, per poi cadere in ginocchio senza forze.
Rukia si precipita ad aiutarlo ma la tranquillizza con un caldo sorriso.
“Urahara sta già preparando un gigai adatto a te che ti permetterà di recuperare in fretta le capacità perse e l’energia fisica e spirituale. Nel frattempo riposa. Nemu! Nemu!! Accompagnali nella loro stanza.”
“Si, Mayuri-sama.”
In silenzio la giovane dalla lunga treccia scura fa strada ai due shinigami, accompagnandoli fuori dalla stanza di ricerca per avviarsi in un semplice corridoio lungo e malamente illuminato. I minuti scorrono scivolosi e pungenti fra le pareti spoglie, scanditi dal rumore di quei passi leggeri e veloci.
“Per oggi è meglio se state qui. È una stanza fatta apposta da Mayuri-sama che permette di non disperdere la forza spirituale. Credo che domani tutti i tuoi amici e compagni vorranno venire a salutarti Kaien, quindi fai un buon riposo.”
Esce, allontanandosi in fretta, lasciando i due completamente soli nella spaziosa camera.
Si guardano attorno, leggermente a disagio, senza sapere come comportarsi.
“Sembra proprio che dovremo dormire insieme questa notte!” esclama Kaien guardandosi attorno.
In effetti, vi è solo un letto a due piazze e nient’altro oltre ai vestiti puliti adagiati su una sedia e questo fa comprendere a entrambi l’ambiguità della situazione; Rukia arrossisce e ricerca disperatamente un armadio in cui accoccolarsi. In fondo, un po’ le manca la stanza di Ichigo, la compagnia di Kon, le carezze di Renji.
Renji, oddio Renji! Se mi trova in questa situazione … sapendo anche cos’è accaduto precedentemente … non se ne parla, non posso rischiare.
“Kaien-dono, se non è un’offesa preferisco lasciare che sia tu a dormire nel letto. Io starò sulla sedia o ..”
“Non se ne parla. Hai diritto quanto me di riposare.”
“Ma…”
“Stai tranquilla, non succederà più ciò che ti spaventa in questo momento. Ho sbagliato, non dovevo. Non si ripeterà.”
La stanza è illuminata appena, scarna d’arredamento proprio come i corridoi. Anche i colori sono spenti, e non vi è nulla di vezzeggiante o con un vago accenno d’accoglienza.
Il letto, in stile occidentale, è posto accanto alla grande finestra che volge i suoi vetri all’oscurità della notte.
Entrambi si voltano, cambiandosi gli abiti ed infilando delle vestaglie pulite e comode. Non si guardano, non si girano nemmeno dopo aver concluso l’azione. Rimangono fermi ad aspettare che qualcuno dica anche solo una parola, ad attendere che il ghiaccio in qualche modo si spezzi.
Kaien è il primo ad infilarsi sotto le coperte, voltandosi di schiena e lasciando un largo spazio alla ragazza.
Indugia appena, cercando sicurezza e vincendo il timore di fare un’azione sbagliata. Lentamente si avvicina al materasso: i passi lievi scandiscono i suoi movimenti, per lasciare spazio al fruscio delle coperte ed infine al rumore della luce che si spegne.
Il silenzio è assordante, perfino un semplice respiro appare simile ad un rombo insopportabile.
Rukia cerca di assopirsi ma le è impossibile: non ho mai dormito nel letto con un uomo … e mi aspettavo che sarebbe accaduto con Renji … ma è tutto così sbagliato, così diverso… non ho nemmeno il coraggio di voltarmi a guardare Kaien-dono. Perché poi? Non stiamo facendo nulla di male … solo che … non so neppure io cosa pensare. Ritrovarlo dopo tanto tempo… e ora averlo qui accanto a me. Pronto a ricostruire la sua vita. Se solo allungassi un  po’ di più la mia mano… riuscirei a sfiorare la sua e a convincermi della realtà: non è un sogno, lui è qui e lo è adesso. Ed io come una sciocca non oso chiedergli nulla, né riesco a colmare il vuoto che ha lasciato dentro di me.
Si sente osservata ma non si volta. Una mano le si posa delicatamente sul fianco, facendola sussultare.
Forse sta dormendo? O è intenzionale?
Deglutisce, voltandosi appena e incrociando il suo sguardo.
“Rukia, posso guardarti per favore?”
Lei si gira, timidamente, stesa di fronte a lui, la testa adagiata sul morbido cuscino. Nell’oscurità riesce a cogliere la sua figura, delimitandone i contorni. Può osservargli il viso, l’espressione corrucciata, preoccupata.
“Qualcosa ti turba Kaien-dono?”
La mano di lui le scivola lentamente lungo il fianco, in un accenno di carezza, per poi scomparire.
Sospira mestamente, indeciso su cosa rispondere.
“Si forse … qualcosa c’è.”
“Che cosa, Kaien-dono?”
“Tu, Rukia.”
 
 

Siamo giunti a un punto in cui devo porvi un quesito inevitabile: che ne dite se nei prossimi capitoli alzo un pò il rating della storia? XD (If you know what I mean ^//^ ) Io mi sento mooolto intenzionata a farlo ma non vorrei causare traumi quindi vi prego datemi un vostro parere!
Nel frattempo spero vi sia piaciuto il capitolo e vi assicuro che nei prossimi ci saranno grandi colpi di scena :) 
A presto spero :)
Bacinissimi :****
Valentina :)

 

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Capitolo 17
*** Rivelazioni... e non solo ***


CAPITOLO 17


Il cinguettio degli uccellini si diffonde nell’aria fresca del mattino. L’alba illumina appena la città di Karakura, ancora assopita nel sonno. I tetti si tingono di rosa, mentre i primi raggi del sole schiariscono il cielo ancora scuro, imperlato dalle nuvole.
Ishida si porta una mano sulle tempie, massaggiandosele con calma, gli occhi ancora chiusi.
Si è svegliato da poco ma non vuole alzarsi. Rimane fermo, immobile, steso sul grande letto morbido a gustarsi la quiete ed il silenzio. I passanti e le autovetture ancora non ingombrano le strade con il loro fracasso e questa inusuale calma è l’occasione di relax che aspettava da tanto tempo. Soprattutto dopo la figuraccia fatta poche ore prima.
Ma cosa mi è saltato in mente … che sciocco. Dovevo immaginarlo che sarebbe stato tutto inutile. Potevo anche risparmiarmela quella scenata. Speriamo che non se lo ricordi nessuno…
Si sente strano. Ha la sensazione che qualcuno non solo lo stia osservando, ma che abbia gli occhi puntati su di lui da molto tempo.
Chissene frega. Sarà la conseguenza delle bottiglie di ieri. Che si fotta chiunque sia.
Però quella presenza è davvero fastidiosa. Gli impedisce di rilassarsi, costringendolo ad aprire gli occhi per mettere a fuoco l’ospite indesiderato.
Sbatte le palpebre più volte, le iridi blu annacquate dal sonno ed i capelli scuri leggermente spettinati. Cerca gli occhiali tastando il comodino ma non riesce a trovarli. Di fronte a sé una figura abbastanza imponente è tranquillamente seduta a gambe incrociate ai piedi del letto mentre rigira qualcosa fra le mani. Ride leggermente, mantenendo però un’espressione stranamente seria, per poi rivolgersi al quincy:
“Davvero ami lo shinigami?”
Il ragazzo sobbalza nell’udire quella voce inconfondibile.
“Grimmjow! Cosa diavolo ci fai nella MIA stanza? Sopra al MIO letto?”
Scrolla le spalle: “Niente, aspettavo che ti svegliassi.”
“E ora che sono sveglio cosa vuoi?!”
“Voglio sapere cos’ha di speciale Ichigo.”
Ishida arrossisce. Grimmjow ha sentito tutto? Ma non stava dormendo? E da quanto gli importano i fatti miei?? E soprattutto perché mi sembra che abbia sulla faccia un ghigno perverso?
“Prima dammi gli occhiali, arrancar.”
Glieli porge sbuffando. Al quincy pare così strano vedere le mani di quel ragazzo normalissime, simili a quelle di ogni altro essere umano, senza unghie aguzze né una katana impugnata. È una persona comune ora, ma ancora non riesce a crederci, nonostante non percepisca ostilità nella forza spirituale dell’altro.
Li indossa, sistemandoli minuziosamente, per osservare meglio il volto di Grimmjow: anche lui non è affatto male. Quei capelli azzurri così sbarazzini, i muscoli definiti, le braccia forti… ma cosa vado a pensare? Basta non berrò mai mai mai più lo giuro! Se questi sono gli effetti … diventerò astemio!
L’ex-espada si accorge dell’espressione strana dipinta sul volto del giovane, ancora steso sul letto. Ha il petto candido completamente nudo, indossa solamente dei pantaloni corti come pigiama. I capelli gli ricadono sulle spalle chiare creando un magnifico contrasto di colore.
“Allora? Me lo dici adesso?”
“No, cosa te ne importa! E poi togliti quella coperta con i plum-cake, sei ridicolo!”
“No, non posso.” Ringhia l’arrancar.
“Finchè non la togli non parlo. Non riuscirei a rimanere serio.”
In effetti, vedere il grande combattente con addosso una coperta come quella è una visione oltremodo buffa. Anche se, in fondo, Ishida muore dalla voglia di vedere com’è il corpo del ragazzo, che vestiti indossa, o magari anche solo intravedere gli addominali scultorei.
Arrossisce di nuovo, ma Grimmjow non sembra accorgersene: indugia stringendo fra le mani i lembi del lenzuolo, indeciso se assecondare il quincy oppure no.
“E va bene.” Asserisce infine, gettandolo via con un gesto secco e mostrando il corpo semi nudo in tutta la sua bellezza. Indossa solo dei boxer attillati, ma il motivo della sua vergogna risiede negli orrendi disegni che Renji gli ha tatuato con il pennarello indelebile mentre dormiva: dei pony (?), una sottospecie di Zabimaru, qualche spada, altri pony (?) e molte altre discutibili opere d’arte.
Si osserva, assumendo un colore violaceo dall’imbarazzo. Ishida sorride, divertito.
“Beh non so cosa dovrei spiegarti ancora, arrancar. Se hai sentito tutto, non c’è altro da aggiungere.”
“Non l’ho sentito. Me l’ha detto l’altro shinigami prima di andare via.”
Da dietro la schiena tira fuori un cartone di latte e dei biscotti di pasta frolla e cioccolato, porgendo il tutto verso il quincy, che di rimando lo osserva stupito.
“Non mangi? Umani inutili, non dite nemmeno grazie quando serve.”
“Ma perché mi hai portato queste cose?Mica sono in prigione!!”
“Devo proprio spiegartelo? Ti ho portato la colazione baka!”
Le guance gli diventano viola:” Volevo … essere gentile …” sussurra a voce bassa.
Ishida raccoglie un biscotto e lo mangia, sorseggiando poi il latte:
“Scusami non lo avevo capito, non si fa esattamente così… ma grazie mille, sei stato gentile, si.”
“E come si fa allora?”
“Beh nei film si porta il vassoio pieno di cose buone, con un mazzo di fiori, le candele accese e si sveglia la ragazza con un bacio sussurrandole all’orecchio: buongiorno!”
“Vedi qualche ragazza qui in giro? Io no!”
“Non capisci niente! Non sto dicendo che dovevi fare ma ti stavo solo spiegando che ….”
Non riesce a finire la frase. Con movenza repentina il ragazzo dai capelli azzurri gli si lancia addosso prepotentemente, bloccandogli i polsi con una solida stretta. Sorride con quell’espressione strana che solo lui ha, puntando le iridi celuree, oggi più azzurre che mai, in quelle scure del quincy, che in una mano ancora tiene un biscotto.
Quest’ultimo prova a parlare, a emettere un suono, dischiude appena la bocca per tentare di dare forma ai suoi perché ma le labbra di Grimmjow appoggiate sulle sue gli impediscono di fare qualsiasi cosa.
È un bacio affamato, famelico, intenso. Breve, ma sconvolgente. Ishida sgrana gli occhi, incredulo, convinto di trovarsi in un incubo… o forse in un sogno? L’ex-espada non la smette di ghignare e approfitta dell’esitazione del giovane sotto di lui per aderire al suo corpo e baciarlo ancora una volta, non meno prepotentemente di quella precedente.
Struscia appena il volto su quello del ragazzo, spostandogli leggermente i capelli ed appoggiando le labbra sull’orecchio. Un sussurrio, leggero, effimero, ma reale: “Buongiorno …”
Si alza di scatto, continuando a ghignare; gli occhi accesi da una luce nuova e profana, che lasciando intendere mille intenzioni ma allo stesso tempo nessuna.
Ishida, spizzato, rimane immobile e incredulo osservando l’arrancar che si allontana da lui, chiudendo la porta alla sue spalle senza nemmeno voltarsi.
All’improvviso, in tutta quella confusione, un pensiero lo colpisce al petto: ha detto che Renji gli ha parlato prima di andarsene… ma … andare dove??
 
 
 
Rukia, ancora un po’ di pazienza, aspettami! Tra poco sarò da te!
Renji corre a perdifiato nel tunnel roccioso che collega la dimensione terrestre alla Soul Society. Nelle tasche della divisa da shinigami tintinna un pacchettino regalo finemente decorato. Porta le mani sull’oggetto, assicurandosi che sia ancora al suo posto, per poi sorridere soddisfatto.
Vedrai Rukia, ti farò una sorpresa bellissima. Non hai idea di quanti film romantici mi sono dovuto sopportare per capire come essere un bravo fidanzato! Rimarrai esterrefatta!
Aumenta la velocità, per poi saltare nell’apertura di luce che indica la fine del tragitto. Emerge nella sua dimensione, dove il sole splende vividamente e l’aria profuma di fiori.
È tutto perfetto: tra poco avrebbe incontrato la ragazza che ama, le avrebbe fatto una fantastica sorpresa, l’avrebbe portata a fare una passeggiata, si sarebbero parlati, abbracciati, coccolati, avrebbe finalmente riassaggiato le sue morbide labbra. E poi, il regalo. Chissà cosa penserà? Cosa mi dirà? Sarà sicuramente felice.
Lungo la strada trova Ikkaku, che lo saluta con una poderosa pacca sulla spalla. Ridono insieme, riassaporando i vecchi tempi in cui passano intere serate a chiacchierare e scherzare davanti ad una ciotola di sakè.
“Beh magari questa sera ci si può trovare Renji ! Già che sei qui!”
In realtà le intenzioni del rosso sono ben altre. È venuto per la sua Rukia, per stare con lei, e vuole approfittare di ogni secondo per averla solo con lui prima di dover tornare al suo compito nel mondo degli umani. Ad essere sinceri non potrebbe nemmeno essere lì!
“Sarebbe meglio se venissi tu sulla Terra con me. Sai, se Byakuya mi scopre … mi fa secco.”
“Allora muoviti a sparire, sta arrivando!”
Renji con un balzo scompare alla vista di Ikkaku, che pensa a qualche scusa da rifilare per l’assenza che avrebbe fatto. Si incammina verso l’abitazione di Yumichika per chiedergli di accompagnarlo.
Il rosso corre velocemente, senza farsi notare da possibili capitani nei paraggi, seguendo la reatsu di Rukia.
Arriva di fronte alla struttura di ricerca scientifica e il pensiero di poter incontrare Kurotsuchi gli causa un brivido lungo la schiena. Cautamente individua la posizione della ragazza, per poi raggiungerla al più presto.
Trova la finestra aperte e, con un balzo, la scavalca entrando nella grande stanza.
Lei dorme ancora, sommersa dalle coperte del grande letto. Ma un dettaglio spiacevole attira l’attenzione del rosso, che vorrebbe non credere a quella scena: non solo Rukia sta condividendo il letto con un altro uomo, ma quell’uomo seminudo le è pericolosamente vicino ed è … cosa ? Kaien? Ma chi se ne frega se è lui, a prescindere lei … lei …
Trema. La rabbia lo invade fino alle viscere e la voglia di uccidere quell’essere infame steso accanto alla sua donna lo induce a stringere la katana fra le mani così forte da sanguinare. Nessuna ragione né razionalità può farlo rinsavire in quel momento. Qualsiasi sia la spiegazione non può accettare ciò che è ormai impresso nella sua mente. Tocca il regalo nella tasca, desideroso di mandare al diavolo tutto e tutti. Sente dei passi avvicinarsi alla stanza, percependo la forza spirituale di Nemu.
Lancia un’ultima occhiata ai due, ancora assopiti, saltando infine fuori dalla finestra per correre ad una velocità impressionante verso il bosco. Purtroppo le sfortune non vengono mai sole e lungo il tragitto si scontra fortemente con l’ultima persona che avrebbe desiderato incontrare quel giorno:
“Capitano! S..scusi … i.. io..”
Byakuya lo fissa con un’espressione indignata dipinta sul volto. Conosce il suo luogotenente: è un testardo, caparbio e irrequieto ragazzo che raramente si attiene agli ordini. Sorride interiormente pensando che in fondo, l’ha scelto anche per questo. Ma ha una reputazione e un’immagine da mantenere, perciò ripristina il suo sguardo glaciale e gli rivolge parole algide:
“Se stai cercando mia sorella Rukia, toglitelo dalla testa. È impegnata in una missione molto importante.”
Renji non riesce a tenere le parole fra i denti e le sputa addosso al capitano, incurante dell’offesa che possono arrecare:
“Missione? E che razza di missione sarebbe farla andare a letto con Kaien eh?”
Byakuya sgrana gli occhi, sconcertato.
“Cosa hai detto?” non sembra arrabbiato, piuttosto appare decisamente preoccupato, agitato.
“Quello che hai sentito Capitano. E non credere che mi faccia piacere.”
Si morde un labbro, cercando di trattenere la collera che lo invade.
E nonostante tutto, ancora mi faccio problemi nel metterla nei casini con Byakuya!
Il Capitano riacquista la solita calma.
“Capisco. Va be, la sua vita privata (e tanto meno la tua) non mi riguarda.”
Si volta, lasciando fluttuare la sciarpa azzurra e allontanandosi fieramente.
Renji è sempre più infuocato. Si sente corrodere dentro, bruciare, morire.
Una voce sinuosa alle sue spalle gli interrompe i pensieri: “Ooh, cosa vedo qui, un Renji molto arrabbiato?”
Il rosso si volta e vede Ichimaru Gin, adorabilmente piegato e sorridente che sventola la mano in segno di saluto.
“Anche qui ti trovo?”
“Oh che scortese! Ma non importa, non do fastidio a nessuno in fondo.”
“A me si!”
“Lo sai che la rabbia ti può mandare avanti per un po’ … ma finisce per consumarti?”
Renji abbassa il volto, fissando il terreno sotto ai piedi. Ha ragione, questo maledetto ha pienamente ragione. Ma cosa posso fare?
“Credi che la rabbia sia l’unica alternativa al dolore. È normale, davvero. Pensi che potresti morire se smetti di provarla perché cadresti a terra come un sacco vuoto ma vorrei che ti fidassi di me se ti assicuro che in realtà ti consumi e basta fino a rimanere realmente privo di qualsiasi cosa positiva. È questo che vuoi?”
“No, non è questo .. ciò che voglio… vorrei solo un po’ di giustizia.”
“Non essere affrettato! Le sentenze si sparano solo quando sappiamo le cose con certezza assoluta, no?”
Gin ha ragione. E non sembra nemmeno più tanto cattivo né traditore. È Gin, semplicemente Gin.
Le sue parole sembrano confortare il giovane, anche se rimane fortemente demoralizzato.
“Dai, ormai sei qui no? Non buttare via il tuo tempo! Vai a chiarire i tuoi problemi con il diretto interessato!  O mal che vada vai a far visita a qualche amico sicuramente contento di rivederti.”
“Cosa ne pensa Rangiku del fatto che sei tornato?”
Gin apre gli occhi azzurrissimi, fissandolo per qualche secondo.
“Oh, lei … ancora non lo sa.”
“Allora grazie per le tue parole, ma prova a seguire tu per primo i consigli che riservi agli altri.”
L’ex capitano riflette su quella frase, massaggiandosi il mento con il pollice.
“Si, hai ragione luogotenente. Credo proprio che farò come dici.”
Cosa? Davvero? Io volevo solo farlo rimanere male! Non pensavo di dargli una buona idea!
Gin lo saluta nuovamente con la solita mano ed il solito sorriso ironico sulle labbra, lasciandolo solo ai piedi del bosco per avviarsi dalla donna che da chissà quanti secoli continua ad attenderlo.
Renji prova un velo d’invidia:  Gin ci ha tradito … ci ha decimato … eppure ha ancora una donna che lo ama con tutta se stessa e lo aspetta perennemente. Lei non ha mai perso la speranza, nemmeno quando è morto. Rangiku continua a vivere dedicando a lui ogni suo gesto. Perché io … non posso avere anche solo la metà di questo? Cos’ho fatto di male per essere preso in giro?
 
 
 
 
“Ulquiorra, ehi Ulquiorra, stai meglio?”
Il giovane apre gli occhi, ma è costretto a richiuderli a causa della luce che invade la stanza.
“Grazie al cielo! Sta bene!” esclama Orihime carezzandogli i capelli corvini.
È steso su un futon ma la testa è adagiata sulle gambe della ragazza che non lo ha abbandonato nemmeno un secondo e ha guarito entrambi con i suoi poteri. Nessun livido né graffio segna la pelle lattea del ragazzo, ma le forze non sono del tutto ritornate.
Lui punta le iridi smeraldo sul viso di lei, fissandola per alcuni interminabili minuti. Un bisticcio fra Nel e Nnoitra li interrompe:
“Nnoitra sei sempre il solito! Devi smetterla !”
“No! Ti ho detto che non puoi andare in giro con quella gonna così corta!”
“Perché? A me piace!”
“Perché tu sei mia e gli altri non devono guardarti!”
“Ma se mi guardano va bene lo stesso perché tanto io non li voglio!”
Gli salta in braccio, travolgendolo e riempiendolo di baci sulla nuca.
“Finiscila Neliel! O ti cambi o non esci da qui!”
“Ahahah e chi saresti tu per impedirmelo?”
“Ah si? La metti così? Bene combattiamo!”
Orihime tossicchia volutamente, attirando l’attenzione dei due arrancar.
“Ehm, scusate se … vi interrompo .. ma sarebbe meglio prendersi cura di Ulquiorra ora …”
Nnoitra le risponde disgustato: “No bella! Noi l’abbiamo solo portato al sicuro! È tutto tuo ora, ti arrangi!”
Ulquiorra si solleva faticosamente, scostando le mani della ragazza dalla sua chioma.
“Smettila di toccarmi donna, non sono un animale.”
Lei sembra rimanerci male : “Io non intendevo offenderti … ero solo preoccupata. E poi mi chiamo Orihime.”
Nel porge loro un sacchetto di carte con dentro dei panini.
“Mangiate qualcosa, vi farà bene!”
La giovane ne assaggia uno ma l’ex espada accanto a lei non vuole toccarne nemmeno una briciola.
Sembra veramente depresso e Inoue non ha idea di come comportarsi per tirarlo su di morale ed aiutarlo.
Gli avevo promesso che lo avrei reso felice… e invece per ora gli ho causato solo danni e nulla di buono.
“Come ti senti?” gli domanda timidamente.
“Benissimo.” Risponde lui, gelido.
“Allora vuoi venire con me oggi al parco? Ci sono le giostre e lo zucchero filato e i pop corn e …”
“No.”
“Perché no? Voglio mantenere la mia promessa. Ti prego permettimi di farlo, dammi una possibilità!”
Nel si unisce alla supplica:
“Ulqui! Dai! Vieni ! Se ci sarai anche tu posso portare Nnoitra! E poi anche Szayel vorrebbe venire a assaggiare lo zucchero filato! Appena ha saputo che è rosa come i suoi capelli muore dalla voglia di sperimentare  quello strano cibo!”
“No.” Risponde semplicemente Ulquiorra.
“Ha detto si!!” esclama Nel. “Grazie Ulqui sono proprio felice che tu abbia detto di si! Vado ad avvisare gli altri! Conciati bene e ci vediamo oggi pomeriggio!A dopo!”
Come un tornato travolge Nnoitra e lo trascina fuori dalla casa di Orihime. La ragazza li osserva dalla finestre mentre si allontano.
Che coppia strana … eppure sembrano felici insieme.
“Penso di non avere altra scelta, dunque.” Mormora Ulquiorra.
“Eh già … ma vedrai sarà bellissimo! Se vuoi invito anche Grimmjow così magari ti senti più a tuo agio!”
“Fa come ti pare.”
“Verrai con me anche alla fiera? In questi giorni ci sarà tutte le sere… e faranno anche i fuochi d’artificio! Li hai mai visti?”
“No e non mi interessa.”
“Dai, sono certa che almeno un pochino ti importa.”
Ulquiorra accenna un sorriso: “Forse …”

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Capitolo 18
*** I love you ***


CAPITOLO 18
 
La musica delle giostre pervade il grande parco, addobbandolo con mille luci e colori; bambini, famiglie, giovani, innamorati camminano fra le bancarelle di dolciumi assaporando l’aroma dolce delle caramelle e delle nocciole tostate, fermandosi di tanto in tanto in qualche chiosco di ciambelle o cialde alla Nutella.
Orihime cammina verso la destinazione, tenendo Ulquiorra per un braccio. Già in lontananza annusa il profumo dello zucchero filato e riesce a udire un vocio ormai prossimo.
Indossa dei jeans aderenti e chiari, che si intonano con la maglia fuxia, semplicissima. Ulquiorra invece porta dei pantaloni altrettanto attillati e neri, accostati a una camicia bianca. Avanza lentamente, svogliato, guardando il marciapiede.
“Ti rendi conto che siamo in anticipo di due ore?”
La ragazza sorride: “Si! Ma non potevo aspettare così tanto!”
“Per quanto durerà questo supplizio?”
“Non essere così negativo. Scegli tu cosa vuoi fare allora!”
L’ex espada sembra riflettere ma alla fine non dice nulla. La giovane lo incalza: “Allora? Cosa vuoi fare?”
“Che alternative ho?”
“Hmm … possiamo andare a dare il pane alle oche, oppure a mangiare un gelato! Oppure sulle giostre! O a passeggiare nel bosco, nel percorso botanico!”
Lo stomaco dell’arrancar emette un brontolio, dettato dalla fame. Lei ride osservando il suo volto imbarazzato.
“Mangiamo qualcosa insieme! Dolce o salato?”
Lui non sa cosa rispondere. Nell’Hueco Mundo non c’era una grande scelta di cibo. Spesso nemmeno ci si nutriva perché non ve n’era bisogno. Ma ora che il suo corpo è quello di un umano in carne ed ossa, tutte queste nuove necessità lo spiazzano e non ha alcuna idea di come gestirle.
“Che differenza c’è?”
“Te lo mostro subito!”
La ragazza corre verso un piccolo chiosco e acquista una ciambella zuccherata e una piadina.
“Ecco assaggia!”
Indugia leggermente, osservando le due pietanze, optando infine per la piadina.
“Ti piace?” domanda Orihime speranzosa.
Lui annuisce, arrossendo. Odia mostrare i suoi sentimenti, anche quelli più banali e insignificanti. Vorrebbe rimanere l’impenetrabile uomo di pietra che è sempre stato nei secoli ma qualcosa glielo impedisce fortemente e non sa perché. Prova uno strano calore nel petto, una sensazione sconosciuta e indecifrabile che gli fa venire voglia di piangere, fuggire, lacerarsi il cuore.
“Qualcosa non va? Sembri preoccupato.”
“No … va tutto bene … Orihime.”
Lei gli accarezza una ciocca color ossidiana, amichevolmente. È felice di sentirlo pronunciare il suo nome, anche se appare un po’ impacciato. Ma non le importa: vuole renderlo felice, integrarlo in questo monto e restituirgli la gentilezza che le ha riservato quando era in difficoltà, rinchiusa a Las Noches. Proprio per questo motivo ha invitato anche i suoi amici quel pomeriggio: Ichigo, Ishida, Renji (forse anche Rukia?) e i nuovi arrivati espada. Vuole farlo sentire a suo agio, rendergli le cose meno complicate sperando che possa apprezzare anche solo quella semplice intenzione.
Le squilla il telefono:
“Pronto? Ichigo?”
“Oi. C’è un problema.”
“Che cosa??”
“Non troviamo più Renji.”
“Oh ehm, non può essere che sia andato a chiamare Rukia?”
“Già può essere, ma non so se riuscirà a esserci in tempo per oggi pomeriggio.”
“Che peccato … non importa dai. Speriamo riesca a venire! Vi aspetto davanti alla giostra dei cavallini?”
“Va bene, mi lavo e arrivo!”
Com’è bella la voce di Ichigo. Fa passare ogni pensiero negativo. È così calda, rassicurante, forte. Fa sparire ogni paura, anche il timore più piccolo. Vorrei … vorrei tanto poter trascorrere del tempo con lui.
Ulquiorra nel frattempo si dedica alla ciambella e dimostra di apprezzarla moltissimo, rendendo felice Orihime che subito gli propone di comprarne un’altra. Una voce li interrompe:
“Allora? Allora? Dov’è lo zucchero filato? Come posso raccogliere i suoi dati? Come??”
Szayel corre incontro al suo amico arrancar e alla giovane, salutandoli con una mano. I capelli rosa gli ricadono leggermente mossi sul viso, e gli occhi dorati si guardano attorno con grande curiosità.
“Nei miei studi non ho mai approfondito ricorrenze come queste!”
Batte le mani, entusiasta, per poi sistemarsi meglio gli occhiali. La felpa chiara aderisce perfettamente al corpo snello e gli conferisce un’aria simpatica. Estrae un enorme lecca-lecca colorato dalla tasca e lo mostra con enorme orgoglio ai presenti:
“Guardate che meravigliosa creatura ho trovato lungo la strada! l’ho barattata con delle monete e ora è tutta mia ! E’ la perfezione!”
Orihime ride, divertita dall’ingenuità dell’arrancar rosato:
“Quella meravigliosa creatura si mangia!”
“Eh? Cosa? Scherzi vero?”
Toglie la carta trasparente dal dolcetto e glielo porge gentilmente: “Assaggialo adesso!”
Ulquiorra fissa la scena sconcertato.
Gli occhi di Szayel brillano dalla felicità e osserva con grande ammirazione il lecca-lecca colorato.
“Non vedo l’ora di mostrarlo a Nnoitra!”
 
 
 
Quando Rukia apre gli occhi è completamente sola nella stanza. È pomeriggio ormai e si accorge di aver dormito molto, forse troppo. Spontaneamente allunga la mano nello spazio accanto a sé ma con sorpresa lo trova freddo e vuoto: Kaien dev’essersi alzato già da un bel po’ di tempo.
Ieri notte sembrava così triste…
Si stringe le coperte al petto, ripercorrendo i recenti ricordi relativi a poche ore prima.
“Qualcosa ti turba Kaien-dono?”
La mano di lui le scivola lentamente lungo il fianco, in un accenno di carezza, per poi scomparire.
Sospira mestamente, indeciso su cosa rispondere.
“Si forse … qualcosa c’è.”
“Che cosa, Kaien-dono?”
“Tu, Rukia.”
Il cuore le salta nella gola e a fatica trattiene un sobbalzo.
Kaien si avvicina a lei, stringendole i fianchi dolcemente, sul volto un sorriso mesto e triste.
“Vorrei recuperare tutto il perso tempo Rukia. Ma so che non è possibile e questo mi distrugge.”
Lei arrossisce, abbassando il viso per non farlo notare. Scosta le mani del giovane e si allontana di qualche centimetro:
“Mi dispiace che tu soffra così tanto a causa mia. Se c’è qualcosa che posso fare per alleviare il tuo dolore … sarei felice di farla.”
“Anche essere mia? Non ti chiedo per tutta la vita … ma almeno per stanotte.”
Rukia si alza di scatto, lanciando in aria le coperte e balzando all’indietro. Urla:
“Questo non posso farlo Kaien-dono! Non posso e non voglio!”
“Calmati non obbligo nessuno. Te l’ho solo confessato. Ma non ti importunerò oltre. Buonanotte.”
Si volta, dandole le spalle. In lei sorge un forte senso di colpa ed un’altrettanto pungente indecisione: il suo primo amore le chiede ciò che aveva vissuto solo nei sogni ma dall’altra parte, sulla Terra, il suo attuale ragazzo la sta aspettando e soffre per la sua assenza.
Cosa devo fare? In ogni caso ferirò entrambi … se solo potessi non far soffrire nessuno dei due. Ma sembra impossibile. Devo compiere una scelta .. forse la sincerità è la miglior cosa.
“Kaien-dono mi dispiace … mi hai preso alla sprovvista … non volevo trattarti in così malo modo.”
Silenzio, nessuna risposta. Eppure è sveglio e lei lo sa bene.
Si siede sul bordo del letto, cautamente, ponendogli una mano sulla spalla.
“Il fatto è che ora sono insieme a Renji. Sembra strano anche a me ad essere sincera… però non posso tradirlo. Si fida di me e io mi fido di lui. So che soffrirebbe molto se io accontentassi il tuo desiderio … e poi non lo farei a prescindere. Non voglio prenderti in giro, anche se questo all’inizio può causarti dolore. Spero che tu possa capire in futuro …”
“Lo capisco già ora. Te l’ho letto negli occhi sin da subito che c’è qualcuno nel tuo cuore. E che quella persona non sono più io. Sono felice per te piccola Rukia, vi auguro un futuro splendido. Siete due shinigami valorosi, non abbandonatevi mai.”
Le sorride, lasciandosi cullare in un sonno sfinito dopo pochi minuti. Rukia si sente finalmente più serena, sollevata e scivola sotto alle lenzuola addormentandosi pensando al suo rosso dagli occhi scuri e le carezze delicate.
 
Nemu entra nella stanza con la sua solita espressione spenta.
“Buongiorno Kuchiki-san. Grazie per aver salvato Kaien-dono, ora è al laboratorio con Mayuri-sama ma non preoccuparti, sta benissimo. Puoi tornare sulla Terra ora. Ti ringraziamo tutti molto sentitamente.”
“Grazie Nemu!” esclama la shinigami abbozzando un sorriso.
Renji! Finalmente posso rivederti! Vado a salutare fratellone e poi corro da te! Non vedo l’ora di riabbracciarti!
Dalla felicità disegna un artistico coniglietto dai capelli rossi che tiene per mano una coniglietta che le somiglia vagamente. Soddisfatta lo ripiega con attenzione e lo mette in una busta. Non vede l’ora di regalarlo a Renji, lui si che apprezza le sue opere!
Si lava velocemente, si veste in fretta ed esce dal reparto scientifico correndo a perdifiato verso l’abitazione di Byakuya.
“Fratellone? Fratellone ??”
Lui si volta appena, alzando il viso dalle carte che sta compilando con attenzione, per poi continuare a ignorarla.
“Volevo salutarti, torno sulla Terra!”
“Perfetto, arrivederci.”
Sembra più freddo del solito, ma non importa. È fatto così.
“Va bene allora a presto fratellone!”
“Aspetta un attimo.”
Gli occhi scurissimi di lui la trafiggono con uno sguardo gelido.
“Io non mi impiccio degli affari dei miei sottoposti, tanto meno di quelli di mia sorella. Ma vedi di non distrarmi il luogotenente Renji come hai fatto oggi o mi vedrò costretto a sostituirlo con qualcuno maggiormente imparziale e adeguato al suo compito.”
“Cosa??” urla Rukia. “Cosa avrei fatto?”
Byakuya la squadra con cinismo, per dedicarsi definitivamente al lavoro di compilazione. La ragazza esce agitata dalla grande stanza, cercando di percepire la reatsu del rosso: eccolo! Non ci posso credere, cosa ci fa qui? E’ venuto per me?
A passi veloci si dirige verso il bosco, luogo nel quale ha individuato lo shinigami. Scosta le fronde degli alberi con trepidazione, saltando da un ramo all’altro così velocemente da essere quasi invisibile ad occhio nudo.
E poi finalmente lo vede : è ancora più bello del solito, anzi, meraviglioso è dire poco. E’ steso su un piccolo spiazzo erboso, la schiena appoggiata al tronco di un massiccio albero dalla chioma foltissima. I capelli sciolti sono leggermente smossi dal vento,  lunghissimi e morbidi.
Non mi ero accorta di quanto sono lunghi … li tiene sempre raccolti… sciolti sono stupendi.
Rukia è incantata. Lo osserva distante, nascosta da un ramo più imponente degli altri. Non è più abituata a vederlo nelle sue vesti di shinigami: il kimono nero, Zabimaru nel fodero, il fiocco bianco che gli cinge la vita.
Lui sembra accorgersi della presenza della ragazza e si volta velocemente per cercare la sua figura. Timida si lascia intravedere e per un attimo gli sguardi si incrociano ma, inaspettatamente, Renji la ignora e ritorna nella posizione iniziale.
Perché quegli occhi tristi? Cos’è successo? Perché non mi ha degnato nemmeno di un saluto?
Lentamente si avvicina al suo amato, ponendosi di fronte a lui che non si smuove di un millimetro.
“Guardami negli occhi Renji. Cosa sta succedendo?”
Le perle nere di lui, colme di dolore, si posano sulle iridi violacee della giovane.
“Tsk, hai anche la sfacciataggine di venirmelo a chiedere?”
“R.. Renji non capisco. Te lo giuro, non so di cosa stai parlando. Spiegamelo per favore.”
“Vattene.” La voce del ragazzo trema. Cerca di riacquistare la calma, scandendo la parola con più fermezza: “Vattene!”
Rukia rimane a bocca aperta, senza sapere cosa dire.
“C..cosa dici Renji.”
“Non ti voglio più vedere! Vai a prendere in giro qualcun altro!”
La ragazza esplode di rabbia, stufa di accuse infondate e incomprensioni malcelate.
“No! Non me ne vado finchè non mi dici in faccia cosa non va in te! O sei uomo solo quando vuoi tu?”
Il rosso stringe i pugni tremanti, cercando di ignorare il bruciore che gli ghermisce gli occhi.
“E va bene, vuoi proprio che te lo dico?”
“Si.”
“Non apprezzo il fatto che la mia ragazza passi la notte con altri! Se me lo concedi ho tutto il diritto di essere incazzato!”
Rukia sente il cuore spezzarsi, incrinarsi, frantumarsi in mille pezzi.
“Renji non ho fatto nulla di male! Baka! Invece di arrabbiarti per niente potevi venire da me e chiedere spiegazioni! Ti avrei raccontato esattamente tutto! E non c’è nulla di cui preoccuparsi!”
“E allora perché hai un residuo di reatsu sulle labbra? Mi credi proprio uno stupido. Vattene.”
“Posso spiegarti anche quello! Sai che c’è? Io dovrei essere arrabbiata! Non ti fidi di me! Pensi chissà quante cose non vere e mi dai colpe che non ho!”.
Renji non riesce a trattenere le lacrime. Inghiotte i singhiozzi e lascia che scendano silenziose sulle guance, copiosamente. La giovane dai capelli corvini sente contorcersi lo stomaco di fronte a quella scena.
Mi ama così tanto? È davvero geloso di me fino a questo punto?
Si avvicina maggiormente a lui, allungando la mano per sfiorarlo ma la possente figura del ragazzo la afferra violentemente, facendola cadere a terra e atterrando sopra di lei.
Si guardano negli occhi per interminabili secondi in cui il tempo sembra non avere misura né alcun senso.
Renji non capisce più nulla, il suo cuore brucia di rabbia; bacia famelicamente la shinigami tremante, mordendole la pelle candida, percorrendole il collo con una scia bollente. Lei cerca di scostarlo ma il suo corpo non riesce a muoversi. Ogni protesta è inutile.
“Renji, Renji ascoltami.”
Lui continua a baciarle il collo, la mandibola, il lobo dell’orecchio, le guance. Con una mano le carezza i capelli e il volto sottile, bagnandolo con le lacrime che non vogliono cessare di cadere.
“Renji è tutto a posto, non devi preoccuparti di nulla.” Cerca di mantenere la calma , ma in realtà vedere l’uomo a cui vuole bene così straziato per colpa sua la fa letteralmente morire dentro.
Lui si arresta, crollandole addosso, senza nascondere più i singhiozzi. Trema come una foglia silenziosa, il volto appoggiato nell’incavo della spalla della ragazza che ora lo stringe forte a sé, ancora stesa sul terreno.
Le manca leggermente il respiro a causa del massiccio peso dell’amato ma non le importa: vuole solo rassicurarlo, rimediare al danno che involontariamente ha combinato.
“Rukia …”
La voce del rosso è spezzata, ma impregnata d’orgoglio e dignità. Solleva appena il capo, senza però guardarla negli occhi.
“Rukia, tu sei mia…”. Lei sorride, stringendolo sempre di più.
Cerca di sollevarsi e faticosamente lo scosta dal suo corpo. Con le mani gli prende delicatamente il viso, carezzando quei bellissimi lineamenti con i polpastrelli morbidi:
“Renji, ti amo.”
Lui sgrana gli occhi, incredulo. Fissa il sorriso timido della giovane davanti a lui, senza comprendere appieno quelle parole.
Ha detto ti amo? Rukia mi ama?
Come tutta risposta questa volta è lei a spingerlo a terra, facendolo adagiare sull’erba umida. Si stende sopra il suo corpo caldo, baciandolo dolcemente sulla fronte. Le mani giocano con i lunghi capelli rossi e al medesimo istante lo sfiorano amorevolmente.
“Ti amo anch’io, Rukia.”

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Capitolo 19
*** I sentimenti di Grimmjow ***


Attenzione!
LEGGERE per favore! IMPORTANTE!

Questo capitolo contiene descrizioni sessuali esplicite (yaoi). Non ho messo il rating rosso per permettere a tutti i lettori di seguire la storia fino alla fine , anche coloro che non sono iscritti. 
Pertanto, questo capitolo è di rating ROSSO, vietato ai minori di 18 anni.
In ogni caso, ho già cambiato il rating generale in arancione.
Nota necessaria: tutti i protagonisti di questa storia (perciò anche di questo capitolo) sono maggiorenni.


Detto questo, buona lettura! :)


CAPITOLO 19



“Io esco allora! Ci raggiungi più tardi Ishida?”
“Si, tranquillo Ichigo. Aspetto ancora un po’ per vedere se torna Renji.”
“D’accordo! A più tardi!”
La porta si chiude, facendo calare il silenzio nell’abitazione del quincy. Il ragazzo, a dir la verità, non è realmente intenzionato ad aspettare il rosso. Sa che può benissimo badare a se stesso e non è affatto la preoccupazione nei sui confronti ad ancorarlo a quel divano, piuttosto è il grandissimo malumore che lo affligge dalla mattina.
Non solo Ichigo ignora completamente la sua dichiarazione, non solo la testa gli esplode dal dolore, ma come se non bastasse un arrancar inferocito lo ha assaltato all’alba e gli ha addirittura finito il latte. Peggio di così … la casa l’ha dovuta sistemare lui e cosa ancora più fastidiosa si odia per i pensieri poco promettenti che gli violentano la mente.
Non riesco a cancellare quel maledetto arrancar dalla testa … com’è possibile? Fino a ieri pensavo solamente ad Ichigo… ed ora arriva Grimmjow a stravolgermi la vita. Forse dovrei davvero uscire e distrarmi. Sicuramente potrò confidarmi con Orihime e chiederle un consiglio. Anzi no, meglio di no. Chissà cosa penserebbe di me. Sicuramente che non sono una brava persona …
Sospira, stiracchiandosi sul sofà blu.
Forse è meglio se riposo mezz’ora. Poi raggiungerò Ichigo e gli altri. Lungo la strada deciderò se parlarne a Inoue oppure no.
Tranquillizzato da quella decisione, riesce finalmente a rilassarsi: riempie d’acqua una pentola e la pone sul fornello per preparare del thè verde. Approfitta del tempo di ebollizione per rinfrescarsi con una doccia. Ormai le giornate sono calde, afose e l’estate è alle porte. Si lega un asciugamano bianco in vita e scende le scale per inserire la bustina di thè nella tazza. Piccole gocce cristalline gli percorrono la pelle bagnata mentre i capelli, lavati poche ore prima ed ora raccolti, ricadono profumati e morbidi sulle spalle ben delineate.
Un brivido gli percorre la schiena quando percepisce una presenza ormai ben nota dietro di lui; non si volta nemmeno, rimane solamente fermo, in attesa.
“Sembra che siamo tutti soli. Io e te.” Ghigna Grimmjow con voce divertita.
Il quincy si gira completamente, fino a guardarlo negli occhi. L’espressione dell’arrancar non promette nulla di buono.
“Hai aspettato che Kurosaki uscisse?”
“A dir la verità no. Sarei venuto qui lo stesso, che lui ci fosse o no. Neliel mi ha detto che oggi pomeriggio dobbiamo uscire tutti insieme.”
“Lo so, quindi?”
Alza le spalle, con finta indifferenza:
“Nulla, che sospettoso! Sono solo venuto a prenderti.”
“Non mi serve una balia che mi accompagni. Conosco la strada.” risponde acido il ragazzo.
“Disdegni la mia compagnia? Che maleducato.”
Ishida riconosce di essere stato scortese. Si sistema gli occhiali, imbarazzato.
“Vuoi del thè?”
“No grazie.”
“Smettila di fissarmi!” urla il quincy con il volto paonazzo.
L’ex espada sembra divertito dalla timidezza da quel giovane con i capelli scurissimi . E, onestamente, questa caratteristica gli piace da impazzire.
Sorride in modo sghembo, con un accenno di malizia nello sguardo turchese.
Ridacchiando si avvicina al quincy, facendo aderire i due corpi e costringendo il più piccolo ad arretrare finchè è costretto a fermarsi a causa del tavolo dietro di sé.
“Senti arrancar io non cos’hai in mente ok? Ma qualunque cosa sia scordatela!”
Incurante di quelle parole con un dito gli percorre lentamente una linea immaginaria sul petto umido.
Il sorriso si schiude in una sadica espressione lussuriosa e leggermente inquietante.
Ishida deglutisce, cercando di mantenere una briciola di distanza fra loro. Ma non riesce a non osservare le spalle possenti, la camicia nera sensualmente sbottonata, i jeans attillati, troppo attillati.
Percepisce che, di questo passo, la sua resistenza è destinata a crollare come un castello di carte da gioco colpito da un soffio di vento. Tenta di non far trapelare tale debolezza, altrimenti sarebbe la fine.
Con l’indice Grimmjow gli scosta un ciuffo di capelli dagli occhi e lo osserva con un’inusuale serietà. Ormai non esiste più alcuno spazio libero fra loro: i corpi aderiscono perfettamente e ognuno può percepire il respiro dell’altro. Ishida stringe disperatamente l’asciugamano legato in vita, unico elemento che lo copre in quel momento così ambiguo.
Perché diavolo mi fissa? Cos’è quello sguardo serio? Dov’è finito il maniaco perverso di pochi istanti fa?
Perché non sta facendo nulla? È come se … come se volesse una conferma.
“Spostati. Non ho tempo da perdere con i tuoi giochi.”
“E chi sta giocando quincy?”
“Io no. E se non lo stai facendo nemmeno tu allora levati! Mi fai innervosire!”
“Non ti è piaciuto questa mattina?”
Razza di spavaldo! Arrogante! Depravato!
Il quincy materializza un arco e una freccia puntandola contro l’arrancar; quest’ultimo ricambia puntandogli la sua katana alla gola.
“Crepiamo insieme quincy?”
“Tu crepi se non la smetti.”
Con velocità imprevedibile l’arrancar si sposta alle spalle del giovane, accovacciandosi sopra al tavolo. Con un calcio frantuma in mille pezzi l’arco, disarmando il quincy.
“Non volevi veramente uccidermi, altrimenti non si sarebbe rotto così facilmente.”
“Infatti. Era solo un ammonimento. E ora lasciami in pace.”
Grimmjow gli piomba addosso, prorompente, lanciandolo sul divano che si scosta a causa dell’urto.
“Adesso basta quincy, mi stai stancando!”
Ishida non ci vede più dalla rabbia: “Sei tu che hai stancato me!”
L’espressione delusa del giovane dalla chioma azzurra gli provoca una fitta di dispiacere.
Perché mi sto opponendo a qualcosa che in fondo desidero anch’io? Quelle labbra, cosa non darei per poterle sentire ancora una volta…
Scuote il capo, disperato dalla situazione: si sente impazzire. Uno strappo fulmineo e l’asciugamano che lo copre vola in aria e poi viene lanciato fuori dalla finestra. L’ex espada ride sonoramente, indicandolo.
“Così impari a rifiutarmi!”
Ishida è viola dalla vergogna e si copre immediatamente con un cuscino. Grimmjow non riesce a contenersi di fronte a quel ragazzo così invitante. Non sa il motivo, davvero, non ha idea del perché lo attrae così tanto. Sa solo che lo vuole, adesso. Non gli interessano le repliche, i no, le minacce. Non gli importa più nulla.
Lo travolge, con un bacio passionale e caldo che stranamente non incontra alcuna resistenza. Si separa appena, giusto il tempo di riprendere fiato. Scruta le iridi blu del quincy, cercando un cenno di assenso. Lui distoglie lo sguardo ma non fa nulla per fermarlo. L’arrancar allora lo travolge, stendendolo sul sofà. Cerca di spostare il cuscino, ma il ragazzo non vuole saperne di mollare la presa.
Sbuffa, ma non si perde d’animo. Lo bacia di nuovo, affamato d’amore, affamato di LUI. Lo divora con una passione sorprendente, che fa mancare il respiro ad entrambi. Ishida cerca di resistere, di non ricambiare quegli affetti prepotenti, di non guardarlo negli occhi. Sa che se li avesse fissati anche solo per un istante si sarebbe perso in loro, senza poter più tornare indietro.
Grimmjow scende sul collo, leccando e succhiando la pelle morbida ancora profumata da bagnoschiuma. Quell’odore lo fa diventare matto, lo fa smarrire completamente. Lo morde dispettosamente, attento a non fargli troppo male, lasciando evidenti segni rossi su quel tenute pallore. Il quincy non riesce a trattenere un gemito e stringe la presa sul cuscino.
“Stringi me piuttosto.” Sussurra l’arrancar, portando le mani del giovane sulla sua schiena, senza spostare l’oggetto che lo copre. Non vuole causargli imbarazzo, non vuole rovinare quel momento magico.
Ishida ormai non è più in sè, non gli importa più nulla.
È la prima volta che si trova in una simile situazione e non sa come comportarsi. L’altro, diversamente, sembra avere le idee ben chiare. Il contatto con la camicia di Grimmjow lo fa trasalire.
Preso dalla foga gliela strappa con violenza, lasciando evidentemente sorpreso l’amante che sorride malizioso.
“Vedo che iniziamo a capirci” ringhia.
Con un gesto sinuoso si sfila i jeans, lanciandoli sul tappeto.
Ishida continua a scrutarlo, impaziente, gli occhi lucidi e le labbra dischiuse. Ansima impercettibilmente, ma non gli importa più mantenere un contegno. Non stavolta.
Grimmjow ricomincia la tortura del più piccolo: riprende a baciargli il collo, stavolta scendendo sul petto fino all’ombelico. Morde quella pelle sentendosi una pantera che azzanna la preda, che gioca con lei prima di darle il colpo di grazia.
Ishida non resiste e conficca le unghie nella schiena dell’altro, che sussulta leggermente, continuando a stuzzicarlo. Il quincy mugugna, sospira, ansima il suo nome: “Grim.. grimmjow…”
Sente di non poter resistere: non vuole più fermarsi, desidera l’arrancar con tutto se stesso: si sbarazza del cuscino rendendo evidente il proprio piacere, senza pudore. Carezza il volto dell’ex-espada, supplicandolo con lo sguardo di alleviarlo da quel magnifico strazio. Gli stringe i capelli azzurri, spingendogli il volto verso il basso ventre. L’altro esegue, divertito e affamato, graffiandogli i fianchi con i canini appuntiti. Un gemito di dolore invade la stanza, incoraggiando Grimmjow a spingersi oltre, sempre di più.
Scende, sulle gambe, ignorando apposta la palese eccitazione di Ishida. Gli bacia l’interno delle cosce, le gambe, l’inguine, indugiando proprio in quel punto, per poi risalire e incontrare di nuovo le sue labbra arrossate.
“Grimmjow, per favore…”
“Mi vuoi davvero?”
“Si, non so come né perché. Ma ti voglio.”
La mano dell’arrancar scende fino a cogliere l’intimità dell’altro. Ishida si sente morire dal piacere, non riesce più a trattenere i gemiti e le gocce di sudore gli rigano la fronte. Socchiude le palpebre, concentrandosi su quelle carezze piacevoli, bramose, inebrianti. Gli stringe la mano, accompagnandolo nel movimento ritmico ed estenuantemente lento.
“Ti prego, ti prego…”
“Non avere fretta Ishida Uryuu”  gli sussurra l’altro con voce roca, rotta dal respiro affannoso.
Il quincy allora si fa coraggio e con la mano libera afferra la pulsante intimità dell’ex espada che emette un urlo sommesso. Inizia a dedicargli le sue attenzioni, con carezze, strette, movimenti veloci e sicuri.
Grimmjow cambia totalmente espressione : non sembra più divertito, il suo volto è sudato e corrucciato, concentrato, i denti digrignati e gli occhi lucidi.
Con una presa solida volta il quincy di schiena, tirando a se i glutei sodi. Un brivido di paura percorre il ragazzo, ma non intende tirarsi indietro. Grimmjow trema ma non vuole fuggire proprio adesso.
Già immagina nella mente la voce di Nnoitra che lo indica urlando “Finocchio!” , sbeffeggiandolo davanti a tutti. Oppure quello spocchioso di Ulquiorra che con la sua solita freddezza lo insulta spregevolmente.
Non gli interessa. Con un movimento sinuoso si fa strada nel ragazzo, impreparato, che urla di dolore aggrappandosi alla spalliera del divano con foga. I muscoli del suo corpo sono contratti dall’insopportabile sofferenza, ma le spinte profonde e regolari ben presto lasciano spazio ad un piacere senza fine.
Grimmjow gli bacia le spalle, la schiena nuda, stringendolo a sé. Ogni sospiro lo incoraggia a continuare con una passione che cresce a dismisura. Insieme raggiungono l’apice del piacere, che li travolge come un’onda dell’oceano.
Sconvolti, sudati e ansimanti si lasciano cadere sul sofà, ancora uniti.
Ishida riesce a percepire il respiro distrutto dell’altro, il suo cuore battere all’impazzata e gli arti tremare.
Non riescono a parlare, il fiatone è troppo forte. Rimangono abbracciati, in fondo non c’è bisogno di parole.
L’espada appoggia il viso sulla spalla del quincy, posandogli castamente le labbra sulla bocca, in un bacio puro, delicato.
“Grimmjow, non mi stai prendendo per il cu*o vero?”
“In un certo senso l’ho appena fatto” ride sonoramente, facendolo diventare paonazzo.
“N..non intendevo quello.”
“Lo so, scherzavo. Stai tranquillo comunque. Non sono quel genere  di persona.”
Ishida lo guarda, perdendosi in quello sguardo meraviglioso come il cielo terso dell’estate.
“Se tu mi vuoi Ishida, allora non devi fare altro che dirmelo.”
“Ti voglio, ti voglio davvero con me.”
“Allora da questo momento sei solo mio. E non di quello shinigami.”
Ishida sorride e si lascia stringere in un caldo abbraccio.
 
 
 
“Finalmente siete arrivati! Iniziavo a credere di non vedervi più oggi!” esclama Inoue, correndo incontro a Ishida, che si gratta il capo arrossendo imbarazzato.
Grimmjow invece, più indifferente che mai, corre subito a stuzzicare Ulquiorra come se nulla fosse.
“Signor depresso come sta oggi? Disturbo bipolare o semplice schizofrenia?” gli ringhia ridendo istericamente.
L’esile ragazzo dagli occhi smeraldo lo fissa inespressivo e ritorna a concentrarsi sulla ciambella.
Szayel invece è tremendamente impegnato a staccarsi di dosso lo zucchero filato ultra appiccicoso ma la cosa sempre divertirlo moltissimo.
Renji e Rukia invece, arrivati da poco, si tengono per mano e chiacchierano allegramente con Ichigo.
Ishida lancia un’occhiata al suo espada che di rimando gli sorride, complice.
Nessuno dei due sa che quella sensazione nel petto, quel calore sconosciuto, si chiama amore.
Ma per ora gli basta vivere d’istinto, di malcelato affetto, di timidezza.
Gli basta vivere l’uno dell’altro, respirare la stessa aria e condividere le stesse emozioni.




Sono arrivata viva alla fine di questo capitolo! Evviva! Mi è costata una fatica tremenda scriverlo perchè quando mi prende questo genere d'ispirazione mi perderei in mille dettagli e devo stare attenta a non esagerare XD Sono proprio felice di questo capitolo, adoro il rapporto che si è instaurato fra Ishida e Grimmjow.
Spero di non avervi turbato, sono da rinchiudere in manicomio lo so ! Mi auguro che vi sia piaciuto :)
A presto!
Bacini :*** (tranquille, agli stupri ci pensa Grimmy!)
Valentina :)

 

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Capitolo 20
*** La ruota panoramica ***


CAPITOLO 20
 


“E questo è quanto!” sorride compiaciuta Rukia.
“Wow, non credevo che in così pochi giorni alla Soul Society sia potuto accadere un tale casino!” Esclama sorpreso Ichigo.
Renji cinge un fianco alla ragazza con un braccio, sorridendole, per poi rivolgersi all’amico: “Dovremo tornare su qualche giorno per controllare che Kaien stia bene. Ma non ci fermeremo molto e per fortuna non è necessario partire subito.”
Tutti e tre sono sereni, felici e finalmente possono trascorrere un pomeriggio in compagnia pensando solo a svagarsi, nonostante gli Arrancar continuino a causargli non pochi problemi. Lo shinigami dai capelli rossi fa il punto della situazione:
“Allora… Abbiamo Ulquiorra che è depresso. Nnoitra che è … è Nnoitra. Grimmjow che fa il tamarro e Szayel che si appiccica a tutte le bancarelle di dolci?”
“Manca Nel” sospira il ragazzo dai capelli arancione, guardandosi intorno.
“Beh lei sembra non dare problemi per ora. Gli altri sembrano dei turisti un po’ troppo vivaci …” ridacchia Rukia, per poi rivolgersi a Orihime:
“Avevi già in mente qualcosa da fare per oggi?”
Lei indica la ruota panoramica, il volto illuminato da un largo sorriso.
“Oh si! Mi piacerebbe tanto andare lassù! E vorrai portare anche gli espada sono sicura che gli piacerebbe! Però …”
“Però??” esclamano in coro i tre dei della morte.
“Però si può salire due a due e non so come assemblare le coppie. Non vorrei ci fossero … brutte scenate …” balbetta le ultime parole, dubbiosa. In effetti quei ragazzi sono davvero poco facili da gestire e vanno poco d’accordo fra loro.
La shinigami dai capelli corvini decide di prendere in mano la situazione:
“Io andrò con Renji! Tu con …hmm.. con Ichigo! E poi: Ulquiorra con Grimmjow e …”
“Non pensarci nemmeno donna!” ringhia il giovane dagli occhi smeraldo.
“Ok ok come non detto … Ti va bene Szayel?”
I due si osservano, perplessi, ma alla fine accettano.
“Ovviamente Nnoitra con Neliel e infine … Grimmjow è rimasto Ishida, può andarti bene? E’ così tranquillo, dovresti realmente impegnarti per litigare con lui.”
L’ex espada, ridacchia, guardandolo di sottecchi: Pff, tranquillo. Ahahah !
Lei si accorge dello strano ghigno, preoccupata: “Qualcosa non va? Non vuoi nemmeno lui?”
“Per questa volta va bene.”
Anche il quincy non riesce a trattenere un risolino.
La giostra è enorme, colorata e adornata da infinite giocose luci. La sera deve ancora calare, ma i primi colori del tramonto avvolgono il cielo donandogli una tonalità rosacea, arancione, dorata. La musica del parco divertimenti invade l’aria profumata creando un’atmosfera festosa, felice, magica. Un clima mai respirato né nell’Hueco Mundo né nei campi di battaglia.
I primi a salire sono l’arrancar dai capelli rosa e il suo compagno del compagno che, indignato, si lascia trascinare sul piccolo sedile, senza risparmiarsi un’espressione disgustata. L’altro invece pare entusiasta, gli occhioni giallastri scrutano tutto ciò che lo circonda con sincero stupore.
Si accomodano poi anche gli altri, due a due, e la giostra riprende il suo giro lentamente.
Dall’alto il panorama è mozzafiato: la città di Karakura si estende minuta sotto di loro, sembrando quasi un giocattolo, un modellino. Le case si rimpiccioliscono, le montagne si estendono all’orizzonte, il suono della fiera si attutisce e il cielo si avvicina sempre di più. Un’aria più leggera, fresca, carezza loro i capelli.
Orihime è emozionata e il suo cuore batte fortissimo: finalmente, dopo tanto tempo, riesce a ritagliare un momento solo per lei e Ichigo.
E’ un sogno, non può essere vero …
“Come hai trascorso i giorni nella Soul Society Inoue?”
“Oh .. ehm … b.. bene Kurosaki-kun!”
Silenzio. Perché tutto questo imbarazzo? Forse si è dimenticato di me?
“E.. e tu ? Come li hai trascorsi?” arrossisce lievemente.
Ichigo sorride divertito, ripensando a tutte le stranezze che ha dovuto vivere in prima persona.
“Beh, diciamo che sono stati molto … travolgenti!” ride, puntando gli occhi nocciola sul volto di lei.
Sembra ancora più delicata, più bella, di come la ricordava. Muore dal desiderio di accarezzarle il viso sottile, di dirle che gli è mancata troppo e che, in fondo, la sua assenza gli ha fatto capire quanto fosse importante per lui.
“Senti Orihime .. ti volevo chiedere una cosa.”
“Certamente … chiedi pure.”
Scemo! Ora dove lo trovo il coraggio per … per …
Deglutisce, incerto. Distoglie lo sguardo, osservando le microscopiche bancarelle sotto di loro.
“Ti andrebbe di uscire con me?”
Lei sgrana gli occhi grigi. Cosa? Kurosaki-kun … lui … mi sta chiedendo di uscire insieme??
“Ehm , si non pensare male eh. Una passeggiata, quello che vuoi tu Orihime.”
“Sarebbe bellissimo!”
Entrambi sono al settimo cielo ma un pensiero attraversa la mente del ragazzo:
“A Ulquiorra andrà bene?”
“Non ti devi preoccupare di lui Ichigo. È tutto a posto.”
Quel sorriso, quelle labbra sottili e rosee, quella dolcezza timida e affettuosa: ogni cosa di lei gli fa battere il cuore, ogni gesto, ogni parola.
“Dove mi porterai allora?” domanda piena di curiosità.
“E’ una sorpresa! Ma tieniti pronta per domani pomeriggio!”
 

Nel frattempo, qualche cabina più in là …
 

Grimmjow stringe forte le maniglie del sedile, guardando il quincy con un’espressione terrorizzata.
“Va… tutto bene?”
“Certo! Qualcosa ti fa pensare che non sia così?? Eh?? Che cosa?? Cosa sta insinuando sparatore di frecce??”
“Niente niente calmati! È solo che … mi sembri un po’ .. impaurito?”
“Eh? Grimmjow Jaegerjaques non ha paura di nulla!”
Il quincy sospira: quell’arrancar è davvero un caso impossibile…
Si avvicina dolcemente, per carezzargli la nuca, ma sbilancia l’instabile cabina che oscilla notevolmente.
L’ex espada urla e si agita sbracciandosi e aggrappandosi al ragazzo, graffiandolo.
“Cosa diavolo …?”
Il ragazzo dai capelli azzurri ha gli occhi chiusi, le palpebre strette in un espressione di puro terrore. Le mani afferrano saldamente il tessuto della maglia di Ishida, sgualcendola. Dall’alto, Rukia e Renji si sporgono per capire il motivo di tanto chiasso.
“Oi? Va tutto bene?” domanda il rosso, sconcertato.
“Sembrerebbe che l’espada soffra di vertigini…” esclama Ishida, rassegnato.
“Io … io non soffro … di quella cosa! Idiota! È solo che … che …”
“Hai paura di cadere ?” chiede Rukia, preoccupata.
“Si, ha paura proprio di quello.” Sbuffa il quincy, causando una profonda ira nel compagno che gli si avventa addosso. L’azzardata mossa provoca un’ulteriore ampia oscillazione che lo costringe a raggomitolarsi di nuovo sul ragazzo.
I due shinigami, esasperati, lasciano perdere quell’arrancar cocciuto, riaccomodandosi in un caldo abbraccio.
Renji le bacia la fronte e le carezza la guancia morbida, tenendole la mano: è un momento perfetto, magico, irreale.
Un sinistro rumore, accompagnato da uno stridio e da un poco rassicurante fumo rovinano la romantica atmosfera: dal basso un uomo annuncia che, per problemi tecnici, la giostra rimarrà ferma per qualche minuto in più del previsto ma di non preoccuparsi perché non è nulla di grave.
Grimmjow si sente morire. Scrolla il quincy scuotendolo per le spalle e gli urla contro parole insensate colme di rabbia e disperazione:
“E’ la fine! Morirò qui! Morirò quiiiiiiiii!”
“Calmati! Se continui a muoverti è ovvio che non si stabilizza! Smettila di frignare e siediti lì!”
La voce calma, sicura ma severe di Ishida funziona come una doccia fredda. L’arrancar con cautela si siede sospettoso e riprende il controllo di sé. Solo in seguito si accorge di una mano calda e pallida che stringe la sua affettuosamente.
“Va meglio?”
“S..si.” che vergogna. Voglio sprofondare …
“Sai Grimmjow stavo pensando …”
“?”
“Alla fine io e te non ci conosciamo affatto.”
Le iridi turchesi si poggiano su quelle blu del giovane, interrogative.
“E allora? Cosa importa …”
“Stai solo giocando con me vero?”
“No!” esclama furioso l’altro; “Ti ho già detto che non è così!”
“Quindi che ne dici di incominciare a andare un po’ oltre alle apparenze?”
“Come vuoi. Cosa ti interessa sapere?”
Lui ci pensa un attimo, scostandosi i capelli scuri dalla fronte.
“Qualsiasi cosa hai voglia di raccontare.”
“Non sono molto abituato a … parlare con qualcuno …”
“Com’era la vita nell’Hueco Mundo?”
Un’espressione triste attraversa il volto del ragazzo.
“Una mer*a.”
Silenzio. Abbassa lo sguardo celureo, osservando timidamente l’orizzonte.
“Se ti va di parlarne sono qui.”
“Grazie ma … non c’è molto da dire. Passavamo le nostre giornate a combattere, spesso anche fra noi. È un mondo dove il più forte uccide il più debole: è la legge della natura. Non c’è amicizia, solidarietà, nulla. Anche se qualcuno è essenzialmente gentile o buono in quel covo di serpi finisce per trasformarsi in una creatura brutale.”
“Ma gli altri espada ora come ora non sembrano così terribili.”
“No infatti, ora no. È perché siamo cambiati, ci siamo dati una svegliata. Abbiamo capito il gioco di Aizen, quanto poco eravamo importanti per lui. Non volevamo più essere pedine di una guerra sporca e losca. Ma in ogni caso siamo stati obbligati ad andarcene da quella realtà, altrimenti sopravvivere sarebbe stato difficile.”
“Hai ancora qualche potere da …”
La tristezza nel volto di Grimmjow gli smorza le parole nella gola, ma ottiene ugualmente una risposta.
“No, non ho più nulla. Nessuno di noi ha nulla. Anzi, a dir la verità qualche cero riesco ancora a lanciarlo ma è milioni di volte meno potente rispetto a quelli di un vero espada.”
Si alza la maglietta, mostrando un ventre muscolo e liscio:
“Vedi? Non ho più nulla, nemmeno il buco. Neanche il tatuaggio.”
“Mi dispiace tanto.”
“Stai zitto, non pretendo la compassione di nessuno. Questi sono i fatti, non possiamo farci nulla. Non sono come quello schifoso di Ulquiorra.”
“Lui come sta vivendo questo fatto?”
“Depresso come al solito, quel deficiente! Sempre serio, sempre triste, una vera pigna nel cu…”
“Dai avrà le sue buone ragioni!”
“Ma quali ragioni e ragioni! Era il prediletto di Aizen, aveva Orihime a fargli compagnia, era uno fra i più forti… e ancora si lamenta? Lo odio!”
“Ok meglio se lo lasciamo perdere allora, non voglio rovinarti la giornata…”
Ridono entrambi, senza lasciarsi le mani nemmeno un secondo.
“Non ho mai parlato così tanto con qualcuno…” confessa l’arrancar.
“Mi piacerebbe se tu mi raccontassi anche qualcos’altro. Ti va?”
L’altro annuisce.
“L’espada con cui sono sempre andato d’accordo è Szayel. Sembra un tipo strano, magari un po’ vanitoso e cattivo, ma in realtà è simpatico.”
Il quincy ripensa alla loro battaglia: gli sembra impossibile che quel buffo ragazzo dagli occhiali bianchi potesse essere tanto cattivo e ora così … così gentile.
“Lo so cosa pensi, ma devi capire che servivamo Aizen. E voi eravate i nemici. Ma se avrai voglia di conoscerlo meglio è … è una persona ok.”
“E Nnoitra?”
Grimmjow ride, gesticolando teatralmente: “E’ un folle. Ha passato tutta la sua vita a tentare di uccidere Neliel e ora ci sta insieme! In realtà lo sapevamo tutti che le correva dietro ma lui l’ha ammesso solo dopo 200 anni. Idiota! Ahahaha” il solito ghigno, per poi continuare: “E tu quincy? Com’è la tua vita?”
Ishida è sorpreso: non sa cosa rispondere così, d’impatto. Vorrebbe solo continuare ad ascoltarlo all’infinito, carpire ogni piccola informazione sul ragazzo che gli ha rubato il cuore.
“Beh … all’inizio anch’io ho attaccato quelli che ora sono i miei amici. Ma poi, grazie a degli obiettivi in comune, ci siamo avvicinati e ora .. non potrei stare senza di loro.”
“Eppure mi sembri un.. solitario.”
“La compagnia mi va bene però .. a volte sento il bisogno di stare da solo. Ecco. In fondo sono cresciuto arrangiandomi in ogni cosa, non posso cambiare proprio ora.”
In effetti tutti gli altri quincy sono stati sterminati. Non dev’essere stato facile per lui essere l’unico superstite … in quella strage .
Un piccolo slancio e poi un bacio, semplice e dolce, sulle labbra schiuse del ragazzo.
“Perché questo … bacio… Grimmjow?”
“Come sarebbe a dire perché? Stiamo insieme no?”
“E questo quando l’hai deciso?”
“Beh …” arrossisce.
“Ok non serve che me lo spieghi. Veramente vuoi stare insieme a me?”
“No guarda per scherzo! Che ca**o di domande fai?”
“Scusa.. scusa. È che è la prima volta che mi trovo in una situazione del genere.”
L’espada sorride, affettuoso e divertito: “Beh allora che mi dici?”
Ishida gli stringe la mano, sorridendo: “Siamo insieme.”
 


 
La shinigami guarda il sole spegnersi fra gli alberi lontani. Il profumo di Renji la avvolge proprio come le sue possenti braccia ed il calore del corpo massiccio. Non parlano, non ne sentono la necessità: stanno bene così, vicini, uniti, finalmente insieme.
I capelli rossi e lunghi fluttuano sinuosi, smossi dall’aria serale. Con lo sguardo d’ebano osserva la bellissima Rukia accoccolata su di lui, con un’espressione beata sul volto.
Improvvisamente si ricorda dell’oggetto nella tasca: il piccolo regalo è ancora lì, intatto, dimenticato.
L’emozione lo scuote leggermente, facendo trasalire appena la giovane:
“Renji?”
“Oi.”
“Cos’è quella faccia?”
“La mia ..?”
Lei gli tira un amorevole schiaffetto sulla guancia.
“Dai! Cosa mi nascondi?”
Renji tiene la mano nella tasca, stringendo il pacchettino. Non sa cosa fare, si sente veramente stupido e impacciato.
Lei nota quel cambiamento di umore e anche la strana posizione assunta dal compagno.
“Cosa stai celando nei pantaloni?”
Il rosso la guarda dubbioso, perplesso, leggermente scosso:
“Baka non in quel senso!! Voglio sapere cosa tieni nella tasca!”
“Ah! Uh! Ehm … niente di che … volevo darti una cosa.”
Estrae il piccolo pacchetto, lasciando di stucco la ragazza. Glielo porge dolcemente, posandoglielo fra le mani.
“Ecco, è per te. È un regalo, dai aprilo.”
Le si inumidiscono gli occhi: Quanto ti amo Renji. Sei l’unico che riesce a farmi sentire così speciale.
Un po’ incerta inizia a scartarlo lentamente, attenta a non rovinare il fiocco.
“Ti piace?”
Rukia sorride amabilmente, senza pronunciare una parola: è troppo felice. Osserva la collana argentea e il piccolo ciondolo a forma di coniglietto, della medesima tinta.
“E’ … è bellissima! Renji!”
Gli circonda il collo con le esili braccia, baciandolo sonoramente sulla guancia. Lo abbraccia stretto, con forza, trattenendo lacrime di gioia.
“Renji grazie mi piace tanto!”
“Vuoi metterla subito?”
Lei annuisce, entusiasta, scostandosi i capelli neri dal collo. In pochi attimi indossa la collanina e guarda felicemente il rosso.
“Ma … perché questo regalo?”
“Perché ti amo, Rukia.”

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Capitolo 21
*** Malanno di stagione ***


CAPITOLO 21

 
“A… a… acciuuuuuùù!!”
“Salute Grimmjow!”
“A… a… a…….. ACCIUUUUU’’!!!”
Ichigo e gli altri osservano l’arrancar in preda a una crisi di starnuti, preoccupati. Il sostituto shinigami posa il suo bicchiere di Fanta per porgere un fazzoletto al povero espada, che lo accetta rabbioso.
“Ma cosa .. cosa mi sta succedendo!”
“Forse è allergia.” Suggerisce Rukia, perplessa.
I ragazzi sono tutti seduti attorno a un tavolino rotondo, sotto ai tendoni della fiera. Sono pronti a trascorrere una lunga serata insieme, l’inizio di una settimana che culminerà con i fuochi d’artificio, la notte delle stelle cadenti, danze e bancarelle a volontà; nel frattempo, mentre aspettano il calare della sera, si gustano una bibita fresca tutti insieme.
Il giro sulla ruota panoramica, dopo lo spiacevole inconveniente, aveva fatto venire voglia di un po’ di tranquillità.
“Hmm fammi sentire la fronte …” asserisce seriamente Szayel avvicinandosi al giovane e posandogli una mano sul capo, ritirandola immediatamente.
“Per dio! Sei bollente! Tu hai la febbre!”
“Eh? Febbre? Cos’è?” domanda Grimmjow tirando su con il naso e alzando gli occhi lucidi sullo scienziato.
“Pf, che ignorante che sei. Beh d’altronde nessuno può superare me che sono la perfezione ihihi…” si mette altre cinque zollette di zucchero nel caffè, dopo le altre 10 aggiunte in precedenza. Continua sapientemente: “La febbre, nonché influenza, è una malattia non preoccupante che prendono gli umani. Può essere associata a raffreddore, dolori articolari, talvolta mal di gola, tosse, altre bazzecole del genere.”
L’altro sembra non capire.
“Cosa ho a che fare io con tutto questo?”
“Baka! Ti sei ammalato tutto qui! Solo che non sei abituato a questo genere di cose e ora sei … a pezzi.”
Ishida osserva il compagno, notando l’inusuale pallore della pelle e l’espressione smunta.
“Szayel ha ragione, si vede che non stai tanto bene. Dovresti stare a letto.” Suggerisce il quincy.
“Ma la fiera …”
“Non avere fretta, guarirai prima che finisca. Oggi in fondo è solo il primo giorno no?”
Gli altri annuiscono, solidali. Orihime fa del suo meglio per tirarlo su di morale:
“Ti porterò tanti dolcetti! Ai fagioli dolci! E poi guarirai così velocemente che già dopo domani potremo uscire tutti insieme!”
“Cavolate! Ve lo faccio vedere io che sto benissimo!” Grimmjow si alza dal tavolo ma la testa gli gira vorticosamente, si sente instabile e crolla di nuovo sulla sedia, stringendosi le mani sul volto accaldato.
“Che sfigato che sei Grimm” sputa Nnoitra, fulminato dallo sguardo di Nel.
Ichigo scruta Ishida, pensieroso per poi sussurrargli all’orecchio, attento a non farsi ascoltare da Szayel:
“Senti Ishida … visto che ora hai di nuovo la casa libera puoi ospitarlo tu? Non mi fido dei suoi … colleghi. Non hanno l’aria di chi sappia gestire questo genere di situazione.”
L’altro annuisce, serio. Prende sotto braccio l’ex espada aiutandolo ad alzarsi.
“Dai andiamo, prima ti metti a letto meglio è. Niente storie.”
Rukia ride affettuosamente: “Sembri davvero una balia Uryuu. Sei così gentile.”
Gli amici lo salutano , un po’ delusi per come si è spento il loro programma.
“Oi, cosa facciamo ora?” chiede Renji.
“Andiamo a trovare Urahara?” propone la shinigami.
L’idea piace a tutti e si incamminano verso l’emporio, mentre il quincy, aiutato da Szayel, si dirige verso casa.
“Oooh che piacere conoscerti Ulqiorra!” esclama Kisuke di fronte all’arrancar depresso.
“Gradisci una tazza di thè? Biscottini? Polpettine? Cioccolatini? …”
Dopo venti minuti …
“.. croccantini? Pasticcini? Fagiolini? Dolcettini? Spiedini ? Hmm  bene ho concluso!”
“No, grazie.”
Il negoziante sembra rimanerci male.
“Oh .. che peccato. E voi ragazzi?”
“Magari del thè, grazie. Oh Yourichi, ci sei anche tu!” esclama il rosso salutando la donna dai capelli violacei.
Il gruppo si accomoda su morbidi cuscini, quando un altro ospite attira l’attenzione di Urahara:
“Oh! Ma tu devi essere Nnoitra! Con la bella Neliel! Manca il tipo strambo con gli occhiali e i capelli rosa mi pare…” si pone una mano davanti agli occhi, scostando il capellino, per scrutare meglio l’eventuale presenza dell’arrancar.
“Non c’è oggi, sta assistendo Grimmjow. Si è preso un malanno di stagione…” spiega rattristata Inoue.
Yourichi versa la bevanda calda nelle tazze, per poi sedersi accanto allo shinigami proprietario dell’emporio:
“Allora Ulquiorra … che buone nuove ci porti dall’Hueco Mundo?” domanda tranquillamente.
“Nulla. Non ho più nulla a che fare con quel posto.” Risponde freddamente.
“Ah ho capito! Vuoi rimanere qui per Orihime vero?”
L’arrancar quasi si soffoca con il thè sotto lo sguardo attonito dei presenti.
Ichigo è strabiliato: “Ha .. ha avuto una reazione??”
“N.. non è per questo… vi state illudendo tutti …” ringhia ricomposto, lanciando un’occhiata di sfuggita alla ragazza dai capelli ramati.
Neliel interrompe l’imbarazzo tirando leggermente la manica di Kisuke:
“Ehm senti .. posso portare un po’ dei tuoi dolcetti a Szayel? Vorrei tanto che li assaggiasse, sono buonissimi.”
“Ma certamente, sarebbe un onore!”
Nnoitra salta in piedi, indicandola minacciosamente con un cucchiaio:
“Lo sapevo!! Lo sapevo che mi tradisci con lui! Lo ammazzo! Lo uccido!”
“Non ti pare di esagerare? Per dei dolci?” chiede Rukia decisamente strabiliata.
Kisuke sorride, scostandosi i capelli biondi dal volto: ah questi espada… non cambieranno proprio mai.
 
 
Quando Grimmjow si sveglia è già mattina: si sente pesante, sfinito, dolorante. Dalla finestra semiaperta l’aria umida e fredda s’insinua nella stanza, portando con sé odore di pioggia e asfalto bagnato. Il cielo è infatti ricoperto da plumbee nubi scure, grigiastre, dalle quale precipitano fitte gocce di pioggia che rimbalzano sulle auto parcheggiate, sui tetti, sui giardini.
Il ragazzo le osserva placidamente, rannicchiato sotto le coperte calde e accoglienti. Un rumore di passi lo distoglie dalla contemplazione, inducendolo a voltarsi verso la porta: il quincy compare, portando con sé un termometro e una tazza di spremuta.
“Buongiorno. Stai meglio?”
“Non molto” bofonchia l’arrancar, cercando di alzarsi. Una fitta alle costole lo fa lamentare sommessamente e le vertigini gli stringono forte la fronte. Stringe le palpebre qualche secondo prima di strusciarsi le mani sugli occhi azzurri.
“Bevi.”
Senza nemmeno guardare il contenuto della tazza l’espada si volta di schiena e scompare sotto le lenzuola, presto scostale da Ishida.
“Niente storie! Ho detto B-E-V-I!”
Grimmjow non riesce a trattenere una smorfia di disgusto ma la voce di Szayel lo fa rabbrividire:
“Se non accetti le cure del quincy mi vedo costretto a pensarci io…”
In un attimo la spremuta è completamente sparita ed il termometro è già in bocca all’arrancar.
“Ottimo, così ragioniamo!” ridacchia lo scienziato, per poi scrutare il display dell’oggetto medico:
“Hmm 38.8 … che facciamo quincy? Andiamo a comprargli qualcosa in farma-espada?”
“Farmacia, si dice farmacia … comunque non serve, ho già abbastanza rimedi. Se vuoi passare al supermercato a prendere altre arance mi faresti un favore…”
L’espada dai capelli rosa si avvia di corsa, promettendo di tornare prestissimo.
Grimmjow osserva il compagno seduto accanto a lui mentre fissa la pioggia fuori dalla finestra.
Guarda i suoi capelli lisci, lo sguardo perennemente avvolto da una nota di tristezza. Si sente bollire, è ricoperto da brividi di freddo ma allo stesso tempo muore di caldo. Non riesce a respira profondamente a causa dei dolori intercostali, spesso la vista si annebbia e poi deve perennemente soffiarsi il naso.
“Peggio di così…”
Ishida si volta, sorpreso:
“Hai detto qualcosa? Scusami … stavo guardando le imprese di Aporro con l’ombrello.”
“Se l’è chiuso in testa di nuovo?”
“No … stavolta l’ha aperto al contrario …”
Entrambi scuotono la testa, divertiti.
“Vuoi qualcosa da mangiare? Hai sete? Vuoi altre coperte?”
La luce opaca proveniente dall’esterno illumina il volto sudato dell’arrancar, che sente chiudersi gli occhi dalla stanchezza.
“Non voglio niente …” mugugna appena.
Il quincy desidererebbe passare un po’ di tempo con lui ma non vuole stressarlo, né sembrargli oppressivo eppure vederlo in quello stato per una banale influenza gli spezza il cuore.
Grimmjow solleva appena le coperte, facendogli cenno di stendersi accanto a lui. Il ragazzo sembra spaesato.
“Quincy … guarda che non sono moribondo … me ne sono accorto che sei stato sveglio tutta la notte a controllarmi.”
L’altro arrossisce, paonazzo: “E..era per la tua salute!”
“Lo so, lo so …grazie. Ma è giusto che riposi un po’ anche tu.”
Uryuu gli scivola vicino, appoggiandosi a quel corpo bollente e posando il capo sulla sua spalla.
“Ma quando torna Szayel se mi vede così potrebbe …”
“Non me ne frega, lui è il primo che può starsene zitto.”
“Perché?”
Ma ormai il giovane è già scivolato in un sonno tranquillo, sereno: la domanda dovrà aspettare il suo risveglio per ottenere una risposta.
Il rumore di una porta che sbatte e di rumorosi sacchetti di plastica fanno sobbalzare Ishida, recandogli un forte batticuore. Si catapulta fuori dal letto precipitandosi verso l’origine di quel frastuono: un arrancar completamente fradicio e colmo di borse è inciampato spargendo arance per tutto il soggiorno.
“Szayel. Solo una domanda: CHE CAVOLO STAI COMBINANDO? Avevo detto delle arance! Non l’intero supermercato!”
“Mi sposti i capelli dalla faccia? Non ti vedo. Ah e mi pulisci anche gli occhiali? Con tutte queste cose in mano … non riesco a …”
Sbuffando, il ragazzo gli scosta i lunghi ciuffi rosa gocciolanti, lasciando libere le iridi dorate.
“Adesso gli occhiali.”
“ Ho capito!”
Gli toglie delicatamente la montatura bianca, strofinandola sul tessuto della maglia per liberarla dallo strado di vapore che ricopre le lenti:
“Ecco, ci vedi ora?”
Compiaciuto si guarda attorno, sorridente, per poi allineare sul tavolo, uno dopo l’altro, tutti i suoi acquisti:
cioccolata, arance, cioccolata, un bagnoschiuma al profumo di yogurt, cioccolata, un ombrello nuovo, mirtilli, latte, torte, una cavia da laboratorio, mais in scatola..
“E per finire… ta daaa!” esclama estraendo un radicchio gigantesco.
“E io cosa ci dovrei fare con tutta questa roba?”
“Cucinare! Che sciocco! Tutte cose sane e nutrienti per guarire in fretta!”
“Ma cosa devo fare io con voi …”
Con estrema lentezza il quincy sistema quel bazar, lasciandosi cadere esausto sul divano. Gli occhi ambra di Aporro lo fissano pungenti, senza lasciargli tregua.
“Cosa c’è adesso?”
“Voglio sapere perché all’improvviso tu e Grimmjow siete diventati così tanto … amici.”
Soffia l’ultima parola con un accento di malizia, adagiandosi meglio sul sofà di fronte al giovane. Continua:
“Capisco andare d’accordo ma … secondo i miei studi … non è da te.”
“Non vedo perché dovrebbe interessarti. Meglio così no?”
“Non metto in dubbio che sia meglio così. Solamente … perché?”
“Sembri un fidanzato geloso.”
Colpito e affondato.
Le guance si tingono di porpora, non riesce in nessun modo a mascherare quel prorompente imbarazzo.
“Szayel tu sei …”
“Stai zitto! Non è vero! Non mi piace ok? Non sono innamorato di lui da secoli ok?? Non gli sto correndo dietro da tutta la vita va bene??”
“Se lo dici tu …” ridacchia, leggermente divertito.
Lo sappiamo tutti l’orientamento di Aporro … ma proprio del mio compagno doveva invaghirsi? Calmo, devo stare calmo e affrontare la situazione nel modo più diplomatico possibile. Come glielo dico che è già impegnato?
“Senti … S..Szayel … tu sei un ragazzo gentile, simpatico, carino ok? Anche Grimmjow la pensa così e …”
“Davvero? Te l’ha detto lui?? O mio dio scherzi? Ha detto questo di me?”
Gli occhi gli brillano di felicità, speranzosi.
“Sì, ma non è questo il punto. Il fatto è che …”
“Lui non mi vorrà mai.”
“Mi lasci finire??? No aspetta, cos’hai appena detto?”
Un’espressione triste solca il volto umido dell’arrancar, spegnendo il colore vivace del suo sguardo.
“E’ passato troppo tempo ormai… ho perso la mia occasione.”
“Di cosa stai parlando? Non riesco a seguirti.”
“E’ normale, non hai vissuto con noi a Las Noches.” Sospira, per poi continuare flebilmente:
“Diciamo che ho avuto un’opportunità ma l’ho lasciata scivolare via. Anzi, due opportunità. E mi sono scivolate via due volte.”
Ishida non riesce a cogliere il senso di quelle parole e un’inusuale curiosità, una tremenda smania di informazioni, lo sta ghermendo, sopraffacendo. Il giovane dai capelli rosa se ne accorge:
“Se vuoi ti spiego. Ma non devi giudicarmi per favore. E non devi dire nulla a Grimmjow ok? Lui … lui si vergogna di questa storia, non vuole che si sappia. Quindi per favore …”
Si porta un dito alle labbra, mimando un cenno di silenzio. L’altro annuisce deciso ma allo stesso tempo timoroso di quanto scoprirà a breve.
“Io, Nnoitra e Grimmjow ci conosciamo da tantissimo tempo. Secoli, e non per modo di dire. Eravamo soli nel tremendo Hueco Mundo e ancora prima dell’arrivo di Aizen eravano già un trio abbastanza affiatato. Certo, non nel senso che intendete voi umani! Nessuna cosa del tipo amicizia, affetto e cose simili! Semplicemente ci facevamo forza a vicenda tutelandoci dai predatori. Io fin da giovane mi sono sempre interessato alla scienza e allo studio. Nnoitra invece era (e lo è tutt’ora) un tipo irascibile che pensa solo a combattere e prevalere. Grimmjow invece era un solitario, nessuno di noi riusciva a capirlo del tutto e nemmeno ci importava più di tanto. Poi abbiamo iniziato la nostra vita a Las Noches e sono cambiate molte cose … ti sto annoiando?”
“No, no continua pure.” Asserisce il quincy, porgendogli un asciugamano per tamponare la chioma gocciolante.
“Bene. Vedi quincy, a Las Noches finalmente ognuno di noi ha potuto rincorrere quel briciolo di aspirazioni che portava dentro da un’infinità di tempo. Io ho potuto costruire il mio laboratorio e trascorrere settimane, mesi interi a sperimentare e studiare. Ero finalmente appagato, quasi felice. O meglio, nella mia situazione quello era davvero il massimo a cui potessi aspirare. Là abbiamo incontrato anche altri come noi, dei simili! È stato l’inizio di una nuova vita. Ma per Grimm no, per lui … era un’uguale sofferenza. Dava l’impressione di essere un gatto rinchiuso in una gabbia, in trappola. Era sempre nervoso, violento, non voleva mai contatti con nessuno se non per combattere. Un giorno però è stato ferito gravemente, stava per morire. La  sua catena dell’anima era quasi in frantumi, per non parlare del suo ‘corpo’ . Così Nel lo ha portato nel mio laboratorio supplicandomi di curarlo.”
Ishida sente lo stomaco contorcersi dall’ansia: “Chi è stato a ridurlo così?”
“Non l’ha mai confidato a nessuno. Nemmeno a me! Che testardo! Se solo me l’avesse detto l’avrei potuto curare più in fretta e anche meglio e invece no! Avrebbe preferito morire! Forse alla fine era quello che realmente voleva. Sembrava qualcuno a cui pesasse esistere. Che si trascina in un’esistenza triste e priva di senso aspettando la fine dei suoi giorni con bramosia.”
Tace, lo sguardo perso nel vuoto, immerso in chissà quali pensieri.
“E poi?”
“E poi ovviamente l’ho salvato! Che domande! Ma ci è voluto un po’ di tempo … il giusto per permettermi di conoscerlo meglio, di capirlo anche solo un pochino, di instaurare un legame. Le prime volte voleva ammazzarmi, dilaniarmi ma poi è finito con l’accettare la mia compagnia. E io … e io purtroppo mi sono lasciato trasportare eccessivamente, mi sono sbilanciato cadendo oltre il mio ruolo professionale.”
Ishida non vuole crederci: la sofferenza del passato, quella vita triste, tutto il dolore… non può sopportarlo.
Le parole che seguono sono come lame affilate:
“ Non mi crederai se ti dico che mi sono innamorato di lui vero? In effetti sembrava strano anche a me! Continuavo a ripetermi: gli arrancar non provano sentimenti, sei solo un folle! Però io li provavo davvero! Era qualcosa di ben diverso dall’istinto. Qualcosa di più forte. Ero smanioso di curarlo, di monitorare i suoi progressi e miglioramenti. Quelle poche volte che mi rivolgeva la parola ero così felice … mi aveva stravolto la vita, in positivo intendo. Aveva dato un ulteriore senso alla mia esistenza e speravo di poter ricambiare quel regalo. Avevo iniziato a credere che in fondo esistesse davvero una giustizia anche per gli Hollow. Ha impiegato molto tempo ma finalmente è guarito. Temevo che ciò avrebbe segnato la fine del nostro quasi inesistente rapporto ma sono rimasto felicemente sorpreso: anche dopo aver lasciato il laboratorio ogni tanto tornava a trovarmi. A volte bevevamo il thè insieme, altre volte combattevamo, altre ancora scambiavamo qualche parola… ma in ogni caso il Grimmjow che avevo conosciuto era cambiato, o forse aveva solo deciso di svelarmi una parte di sé. È quella, quella fottutissima volta, è stato l’inizio della mia agonia.”


Sono ammalata di nuovo! E ho trasferito il mio malanno anche al capitolo ahaha :) Ho deciso di fare un regalino alla gentilissima Lucy_tennant scrivendo una piccola scenetta con Kisuke, il suo personaggio preferito! 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto: nel prossimo si sveleranno moooolte cose. 
Bacini :**** grazie a tutti coloro che hanno recensito fin'ora e che lo faranno in futuro e grazie anche ai tantissimi lettori che mi seguono ogni giorno (eheh tengo d'occhio le visualizzazioni )! Grazie grazie grazie!
Valentina :)

 

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Capitolo 22
*** Tuffo nel passato ***


CAPITOLO 22


Ricordi ... 

I corridoi di Las Noches sono bui, freddi, spenti. Solo la luna scarna carezza con la sua flebile luce quel mondo desertico, di cristallo. Tutto è immobile, solo il vento soffia sulla sabbia come un bambino che gioca con le bolle di sapone.
Nella struttura silenziosa la vita scorre placida, muta, invisibile. È una dimensione sospesa, dimenticata, colma di tristezza.
Grimmjow avanza fra le alte pareti a passo deciso: i capelli azzurri ondeggiano lievemente, accompagnati dal fruscio delle vesti succinte e chiare. Il buco nel ventre squarcia il suo corpo atletico, le ossa sulla guancia gli conferiscono un aspetto mostruoso, spaventoso.  Entra nel laboratorio senza bussare, come consueto.
Degli occhi ambrati incontrano le sue iridi turchesi, ricambiando lo sguardo .
“Ehilà, chi si vede oggi!”
La sesta espada rimane sulla soglia dell’enorme stanza, in silenzio, con le braccia incrociate.
“Mi sono perso qualcosa?”
“Quello nuovo … mi fa incazzare!”
Lo scienziato si sistema il lungo camice bianco, abbandonando l’esperimento a cui sta lavorando per dedicare la sua completa attenzione all’amico.
“Intendi Ulquiorra Schiffer?”
Lo sguardo assassino di quegli occhi celurei sconfina nell’odio più puro:
“Sì, proprio lui.”
“Cosa ti ha fatto? Se ne sta sempre in disparte.”
“Mi dà sui nervi! Con quell’aria altezzosa!”
“Magari è solo timidezza. Non essere così affrettato nel giudicare.”
“Fanc**lo, mi dai sui nervi anche tu. Me ne vado.”
Szayel gli afferra il polso, con grande sorpresa per entrambi.
“Beviamoci del sakè, fammi compagnia. Finirò per impazzire altrimenti! Questo progetto è molto complicato.”
Grimmjow lo fissa imperturbabile, leggermente scocciato. Alla fine sospira e accetta: vuole togliersi dalla mente quell’odioso pivello depresso.
“Vuoi che te lo spiego?”
“No, non ci capirei nulla lo stesso. Non sono intelligente come te.”
“Nessuno è intelligente come me!” ride, presuntuosamente. Finalmente qualcuno che se ne accorge!
“Cos’è quello?” domanda l’espada indicando un lettino bianco illuminato da strani faretti a neon.
“Doveva essere un piano per esperimenti ma è diventato il mio letto quando mi fermo qui troppo a lungo.”
Uno sguardo malizioso attraversa il viso dell’arrancar dai capelli rosa.
È da troppo tempo che aspetta un’occasione simile. Non può assolutamente lasciarsela sfuggire, a costo di venire ammazzato da una possibile reazione non positiva dell’oggetto dei suoi desideri.
Cerca il suo sguardo azzurro nella speranza di trovare un accenno di assenso o di lussuria, ma rimangono glaciali e rabbiosi come sempre.
Non gli importa: con uno slancio fulmineo, che tradisce la sua corporatura esile, lo scaraventa sul lettino e gli strappa le vesti. Contrariamente a quanto si aspettava non riceve alcun cero nè la sua gola viene trafitta dalla katana. Il giovane, inizialmente sorpreso, si lascia travolgere dall’istinto animale che corrompe il suo essere e lo asseconda in quelle azioni poco caste, trasformando un giorno come altri in una notte infinita di azioni illecite, controverse, straripanti di disperata passione.
Da quel momento la vita di Szayel non è più la stessa: l’illusione, la maledetta illusione di essere amato, di essere importante, di avere qualcuno accanto. Il sogno di non essere solo una creatura nata dal dolore e destinata a morire nell’oblio, la speranza di poter diventare qualcosa di più cresce notte dopo notte, bacio dopo bacio, susseguendosi nei mesi e poi negli anni.
Ormai l’arrancar è convinto di sapere cosa significhi essere felici: consiste nell’attendere con emozione i minuti che ti separano dall’incontro tanto atteso. Vuol dire provare la stessa sensazione anche quando il tempo passa e lei non intende affievolirsi.
Nella sua mente la parola amore non esiste nemmeno ma in realtà si tratta proprio di quello. In fondo è solo un nome, un termine effimero per racchiudere un mondo di sensazioni troppo grandi e forti. Un universo che possiamo cogliere anche senza sapere effettivamente di cosa si tratta.
Questo loro amore è durato un secolo, forse anche di più. Ma è stato realmente lo stesso sentimento per entrambi?
Novantotto anni sono trascorsi veloci, come il fluire dell’acqua nel letto di un fiume. Szayel osserva il cielo scuro nella penombra della sua stanza, quella vera. È spoglia, semplice, senza personalità.
Ma in fondo non è questa stanza a rappresentarmi … chi ha visto il mio laboratorio lo sa bene…
Sorride, cullato da questi pensieri. Il contatto della mano di Grimmjow sulla spalla lo fa trasalire.
“Sei tu. Mi hai fatto prendere un colpo.”
Non ottiene alcuna risposta, se non un bacio travolgente, rabbioso, che lo spinge contro la parete.
Quello sarebbe stato solo l’inizio della loro ennesima notte insieme: come può Szayel immaginare che dietro così tanta passione in realtà non ci sia nulla? Che il suo è un amore a senso unico?
La realtà lo trafigge dopo un secolo, come un pugnale nello stomaco. Lo colpisce nelle viscere, facendolo barcollare.
Quella notte il cielo è così nero da sembrare pece. Le nuvole lo percorrono veloci, scontrandosi, mescolandosi, affollandosi in quelle membra d’ossidiana. Szayel percorre in silenzio il lungo corridoio diretto verso il portone che collega il palazzo all’esterno: deve andare a raccogliere dei frammenti di quegli strani alberi dalla struttura mineraria, cristallina. Non che l’idea gli piaccia particolarmente ma per le sue ricerche questo e altro.
Dei sussurrii sommessi attirano la sua attenzione, facendolo voltare verso una stanza dalla porta socchiusa.
Questa forza spirituale? È quella di …
Si affaccia alla stretta fessura, silenzioso e cauto, carpendo con i suoi occhi dorati ciò che non avrebbe mai desiderato vedere: Grimmjow, il suo Grimmjow fra le braccia di un altro espada; un espada che poco tempo prima aveva dichiarato di odiare con tutto se stesso.
Non è possibile. Mi ha solo preso in giro? Perché proprio Ulquiorra? Cos’ha di speciale? E perché … perché in tutto questo tempo … io … non me ne sono mai accorto?
Con tutta la rabbia che ha nel corpo scaglia le sue provette di vetro per terra, frantumandole in mille pezzi, provocando un suono squarciante nel silenzio più assoluto anche se quel frastuono non è assolutamente paragonabile allo strazio del suo cuore sbriciolato in mille schegge.
Scappa via, sparendo da quel luogo maledetto, rifugiandosi nel luogo più distante possibile: lì il cielo è azzurro, il sole splende e talvolta si intravede anche qualche volatile; è una realtà fittizia, non reale e lo sa bene. Ma non gli importa, vuole solo evadere da quella tenebra che lo sta divorando dentro.
“Ma tu guarda! Szayel! Qual buon vento!” ghigna Nnoitra: “Non sei a spassartela con il tuo amichetto?”
Lo scienziato non reagisce alla provocazione anche se non ha idea di come faccia a saperlo l’altro arrancar; lo guarda con indignazione, soppesandolo con le iridi ambrate.
“Su non fare quella faccia! L’unico cretino che pensava di vivere nel segreto eri tu.”
Gli punta la mezzaluna al petto, tagliandogli il camice e facendolo sanguinare leggermente:
“Combatti con me. O sei troppo finocchio per questo genere di cose?”
“Mi fai schifo. Non ti credevo così indigesto.”
Una risata isterica pervade il moro, che trae linfa vitale dall’odio altrui:
“Allora ammazzami se ti faccio tanto schifo. O forse vuoi evitarmi perché sennò finiresti nella mia camera? A no quello è il tuo amico.”
Un’altra pugnalata.
“C.. cosa? Sapete anche questo?”
“Nah, è una mia scoperta recente.”
Con un ghigno famelico gli sferra un attacco alla spalla, colpendolo ripetutamente fino a causargli una profonda lacerazione. Il sangue sgorga copiosamente ed anche il viso è ferito e tagliato.
“Che vergogna attaccare un inerme.”
“Non sei inerme, se non vuoi contrattaccare tanto peggio per te!”
Szayel non riesce più a trattenere la pazienza e con mano tremante di rabbia afferra la katana.
Sta per estrarla, colmo d’odio, quando un forte cero dalla luce rossa li separa, costringendoli a balzare indietro di molti metri.
“Che diavolo sta succedendo qui.” Domanda Grimmjow con aria annoiata.
In lontananza Ulquiorra osserva la scena inespressivo e silenzioso.
“Sesure Fornicaras”
L’espada nella sua vera forma si scaglia contro l’amante stringendogli il collo con tutta la forza possibile.
L’altro non riesce a debellarsi da quella presa ed è costretto ad attaccarlo con la sua katana.
Szayel indietreggia con rabbia, cercando di colpirlo con uno dei suoi tentacoli: le ferite precedenti però l’hanno eccessivamente debilitato ed ora gestisce con difficoltà le nuove fattezze.
“Che ca**o ti prende Szayel? Sei impazzito?” grida Grimmjow.
“Muori! Devi morire!”
Lo scontro è terribile, stremante. Nessuno dei due si trattiene, le vite vengono messe in gioco come semplici caramelle, come insignificanti dettagli.
Szayel è ormai al limite della sua resistenza: il combattimento prosegue da ore e gli abiti sono totalmente impregnati di sangue. Grimmjow, nella sua vera forma, lo ha lacerato in più punti del corpo ma egli stesso è stato colpito duramente anche se riesce ancora a muoversi rapidamente.
L’arrancar dai capelli rosa crolla al suolo, quasi privo di sensi, riassumendo forma umana. Un cero, uno solo e tutto può finire. Bastano pochi secondi, non si sente dolore, semplicemente si sparisce per sempre.
La luce rossa è già puntata contro di lui, attende solo di trovare la giusta quantità di energia.
La sesta espada è pronto per lanciare l’ultimo attacco quando una mano lattea si posa sul suo polso, costringendolo a bloccarsi.
“Smettetela, siete due stupidi.”
“Stanne fuori Ulquiorra!”
“Perché non esiti ad uccidere un tuo compagno? Sei la vergogna dell’Hueco Mundo Grimmjow.”
“No, sono un espada! Lui mi ha attaccato ed io ho risposto! Viviamo in un mondo senza regole, senza pietà. Svegliati Ulquiorra!”
“Se lo uccidi mi vedo costretto a straziarti nella stessa maniera. Contro di me non puoi vincere e lo sai benissimo.”
Di nuovo quell’espressione da animale in trappola, di nuovo quella rabbia dipinta sul volto.
“Non finisce qui.” Ringhia , sparendo.
Ulquiorra fissa Szayel  stremato, immerso in un’estesa pozza color porpora.
“Mi dispiace.” Sussurra la quarta espada.
“N… non è .. colpa .. tua.”
“Io non lo sapevo. Altrimenti non avrei lasciato che accadesse. Non volevo arrecarti un torto.”
L’arrancar ferito perde i sensi completamente, afferrando gli ultimi secondi di lucida per sperare di morire per sempre.
 
Quando apre gli occhi è completamente fasciato, pulito, in via di guarigione. La vista ancora offuscata riesce a riconoscere le pareti della sua stanza.
“Sei sveglio.”
Una voce fredda, apatica, gli giunge alle orecchie. Due iridi color smeraldo lo trafiggono.
“Iniziavo a preoccuparmi.”
L’arrancar prova a sollevarsi ma un dolore folle lo fa urlare e lo costringe a lasciarsi cadere sul futon.
“Che stupido. Hai passato otto giorni in questo stato, ti svegli solo ora e credi di poter fare quello che ti pare?”
“Ulquiorra perché sei qui?”
“Non fare domande sciocche.”
Addosso al suo corpo percepisce l’energia spirituale dell’espada:
“Mi hai curato tu … capisco. Ma perché?”
“Non siamo tutti come Grimmjow.”
Szayel si morde la lingua per trattenersi dal chiedere sue notizie ma l’altro intuisce questa intenzione.
“Non preoccuparti, sta benissimo.”
“E’ mai passato di qui?”
“No, mai.”
Dovevo immaginarlo. Cosa sono gli espada se non hollow più evoluti? E cosa sono gli hollow se non puro istinto e oblio? Vivono in uno stato di animalesco bisogno, perseguono gli impulsi più brutali per soddisfarli e poi rincorrerne altri. Credevo di essere più evoluto, diverso. Ma ho sbagliato, ho fatto un buco nell’acqua. Non posso fidarmi di nessuno, nemmeno di me stesso. Non c’è speranza a Las Noches. Ho vissuto metà della mia vita in un’effimera illusione. Maledetta la mia presunzione e il mio senso di superiorità. Ho costruito un castello di cristallo che si è spezzato al primo urto. Stupido, ecco cosa sono.
 
*** 
“Capisco … quindi ti sei sentito davvero tradito dentro.” Conferma il quincy.
“Si esattamente. Tradito dalla mia stessa ragione e dalla persona che amavo.”
“Com’è possibile che dopo questa brutta situazione ora vai così d’accordo con lui?”
“E’ stato difficile riprendersi. Veramente difficile. Appena sono stato in grado di muovermi da solo, anche se ero ancora profondamente ferito, mi sono rinchiuso nel mio laboratorio per settimane, forse mesi o forse anni, senza mai uscire. Mi sono costruito il mio mondo, i miei progetti, la mia realtà in cui vivere sereno e senza pensieri. Non permettevo a nessuno di entrare, non mangiavo più, non dormivo nemmeno. Volevo solo oscurare la mente e dimenticare tutto il dolore. Se qualcuno osava aprire la porta lo incenerivo con un cero. Solo che … un giorno Ulquiorra è riuscito a passare ugualmente. Quel briciolo di barlume rimastomi mi ha imposto di non attaccarlo, in fondo è stato lui a salvarmi. È riuscito a convincermi che sarebbe stato meglio allontanarmi un po’ dagli studi e ricominciare a esistere. Non me lo sarei mai aspettato: mi è stato vicino come nessun altro. Certo, sempre con il suo solito atteggiamento spento, ma ha dimostrato di essere un amico. Ecco perché gli sono affezionato e lo rispetto. Ho capito che non è altezzoso o superbo, semplicemente ha un passato di solitudine e dolore. Ma se impari a conoscerlo è un ragazzo d’oro.”
Sorride, scostandosi i capelli ormai asciutti e morbidi dalla fronte.
“Scusa se te lo chiedo ma perché allora lui e Grimmjow si odiano?”
“Non ha mai accettato il modo in cui mi ha tradito e poi attaccato. Lo ritiene un individuo senza principi. Dall’altra parte Grimmjow lo odia perché si è messo in mezzo e sai quanto gli dà i nervi qualcuno che gli ruba la preda. La loro rivalità ha origini molto lontane come vedi. Perché hai quella faccia preoccupata quincy?”
Ishida ha una terribile voglia di piangere. La persona con cui è insieme è appena stata descritta come il più terribile uomo sulla terra, un fallimento assicurato, il cuore a pezzi a prescindere. Nella sua testa continua a maledirsi per aver dato retta a quel dannato espada dai capelli azzurri.
“Va tutto bene, non preoccuparti. Continua pure il tuo racconto se vuoi.”
“Certo dov’ero rimasto … a si! Finalmente mi ero ripreso: stavo bene fisicamente ed emotivamente e quel bastardo è tornato da me. Non mi ha chiesto esplicitamente scusa ma mi ha fatto capire di essere pentito. Stavolta sono stato io lo sciocco: l’ho rifiutato categoricamente, forse per paura di rimanerci secco questa volta. Me ne sono sempre pentito di quella scelta: credo che avesse realmente intenzione di cambiare, penso fosse davvero pentito. L’ho capito troppo tardi purtroppo. Il tempo ha sistemato tutto. Lui ha accettato il mio distacco ma ha continuato a frequentarmi lo stesso, a cercare la mia compagnia. Alla fine si è aggiustato tutto: siamo ritornati amici, ma stavolta amici e basta, nulla di più. E anche ora siamo legati da un rapporto stretto, sia per quello che siamo stati nel lontano passato sia per quanto abbiamo costruito dopo.”
Il quincy deglutisce, agitato: “Credi che ora … se dovesse intraprendere una relazione … con qualcuno … sarebbe un bravo compagno?”
“Non lo so, può essere. Dipende da cosa sta cercando in quella relazione. Ma posso assicurarti che è qualcuno di cui ci si può fidare. In fondo, non mi aveva mai promesso amore eterno né fedeltà: era tutto un mio sogno, un’illusione. Lui non mi aveva mai ingannato, è stato chiaro fin dall’inizio. La colpa è mia, non me ne sono accorto. Nei secoli ho però capito che è sincero. Forse un suo difetto è proprio la spontaneità, in tutto. Però è così naturale che non conosce inganno o falsità.”
 
Grimmjow … non dimenticherò mai quello che c’è stato fra noi. E se devo essere sincero non ho mai smesso di amarti. Forse non tornerai mai da me, forse ti aspetterò invano fino alla morte. Ma ti starò vicino per sempre, per bearmi di ogni tuo gesto o parola e saziarmi attraverso quelli.
Ti seguirei in capo al mondo se fosse necessario, o ripeterei mille volte la corsa al supermercato sotto alla pioggia per comprarti le arance.
Non importa se non ricambi il mio amore, mi basta la tua amicizia. Mi basta avere il permesso di starti accanto e vederti felice.
 


Torno a piangere in un angolo! Si è capito per caso che adoro Szayel? Davvero? Non l'avrei mai detto XD
Spero vi sia piaciuto, mentre lo scrivevo avevo le lacrime agli occhi :') Con tanto di musica deprimente come sottofondo. A presto, spero :)
Besos :****

Valentina :)
 
 

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Capitolo 23
*** Nothing can be explained ***


CAPITOLO 23

 
Adoro la pioggia, quando scende lenta e sottile avvolgendo il mondo con le sue lacrime. Sembra voler carezzare gli spiriti tristi come il mio, pare volerci sussurrare che non siamo così soli, in fondo.
La verità è che il mio cuore non batte più, forse non lo ha mai fatto: mi sento vuoto, un sacco che sta in piedi senza motivo, sono una voragine. In me non vive alcun bagliore di luce, alcuna languida contentezza, nemmeno una scintilla di felicità e non so spiegarmi questa incomprensibile sensazione di desolazione e gelo. Malinconia, ghiaccio ed infine il nulla. È brutto vero? È terribile essere presi in considerazione da qualcuno e doverlo per forza allontanare a causa dell’amaro che provo nel petto, nella gola, che mi colora lo sguardo. Sono una pietra, un cumulo di neve, sono un infame che si sforza anche solo a dare risposte, a concedere la mia attenzione agli altri. La loro attenzione nei miei confronti, l’affetto, quelle ambigue emozioni umani sono soffocanti, mi lacerano come dei coltelli togliendomi l’aria dai polmoni. Possibile che facciano così male? Allora provo a parlare, a cambiare, a integrarmi ed ogni gesto è una fatica immane, una recita studiata fino all’ultimo dettaglio, una farsa, uno spettacolino scadente da giocare al momento senza nemmeno un valido motivo. È una spudorata menzogna, una maschera destinata a sgretolarsi appena l’interlocutore se ne ed io rimango solo, immerso nell’oblio che mi accompagna da quando ho scrutato il mondo per la prima volta. Solo e privo di emozioni. Perché, perché questa condanna?
Talvolta mi sembra di desiderare il calore: la luce che la vicinanza degli altri può regalare. Mi pare di sentirmi stringere da una malsana nostalgia che mi procura fitte dolorose alla testa e mi punge gli occhi. A volte vorrei … un amico. Ma non riesco neppure a terminare questo pensiero che la nausea mi stravolge e il disgusto mi arriccia le labbra. Cosa sono io? Perché non riesco a vivere?
 
Ulquiorra cammina lentamente, afflitto da vorticosi pensieri . Un ciuffo corvino gli copre parte del volto sommesso, mentre lo sguardo perso guarda il marciapiede grigio sul quale sta camminando. Non gli importa nulla degli altri passanti accanto a lui, né le vetrine allettanti dei negozi gli provocano un benché minimo interesse. Le luci sfavillanti, il profumo del caffè, gli schiamazzi dei bambini: niente smuove le sue iridi verdi dal terreno tetro. Il cielo è nuvoloso, ancora affollato da plumbee nubi che promettono un’imminente densa pioggia; il vento freddo scandisce il suo soffio sulle chiome folte degli alberi, sibilando e scuotendo, spettinando, urlando.
“Ulqiorra! Ehi Ulquiorra!”
Il moro si volta con disinteresse, incrociando lo sguardo violaceo di Rukia.
“Ios! Dove stai andando di bello?” sorride incoraggiante.
“Non sono affari tuoi.”
“Antipatico come sempre. Come sta Grimmjow?”
“Non lo so … e nemmeno mi interessa”
“Smettila di essere così smorto. Dai sui nervi” sbuffa la giovane, irritata.
Lui la osserva sottecchi, leggermente imbarazzato. Mugugna appena, sommessamente:
“Non stavo andando da nessuna parte …”
“Ah, davvero? Bene bene allora! Fai proprio al caso mio!”
L’espada nota la scintillante catenina di Rukia e il grazioso coniglietto, capendo al volo da chi proviene quel regalo.
“Devi ricambiare il regalo allo shinigami? Fate così voi simil-umani?”
“No, nessuna delle due cose… semplicemente voglio che mi accompagni dal parrucchiere!”
Detto questo lo afferra per un braccio trascinandolo verso il centro della città. Lui non replica, sa che sarebbe inutile.
“Devo … subire anch’io… quei trattamenti?”
“Oh si! Se vuoi! Anzi dovresti davvero, taglio nuovo vita nuova!”
Il fiducioso sorriso della ragazza lo rallegra appena ma quel piccolo momento magico scompare appena entra nel grande salone profumato.
“Ho cambiato idea.”
“Troppo tardi!” esclama lei spingendolo verso una poltroncina colorata.
“Tutti questi … colori … felici… mi danno il voltastomaco.”
Rukia sfoglia una rivista con grande impegno, soffermandosi attentamente su una pagina.
“Che ne dici di questo?”
Ulquiorra impallidisce (se ciò è possibile): nella figura appare un uomo dai capelli biondi, corti, sbarazzini.
“Dovrei farmi quella roba?”
“E’ carina vero?”
“NO.”
“Uff, va bene, ma il biondo ti donerebbe.”
Si allontana felicemente, andando a chiacchierare con la parrucchiera.
Da quando lei e lo shinigami rosso stanno insieme è un’altra persona. Sorride sempre, è felice. Possibile che i sentimenti umani causino questo? Non riesco a capirlo. O forse sono solo un mostro.
“Ohh ma che bella sorpresa Ulquiorra!”
“Ichimaru?”
“Si, nel tempo libero mi diletto in questi lavoretti … come stai?”
“Tsk.”
“Oh, sono contento che tu stia bene! Che shampo vuoi? Cocco? Vaniglia?”
“Io me ne vado.”
“No no no! Non vorrai rattristare Rukia!”
“Da quando hai chiuso sia con Aizen che con la Soul Society sei diventato …stravagante.”
Indugia sull’ultima parola, pronunciandola con una fredda indecisione.
Gin nel frattempo, con un incoraggiante ghigno stampato sulle labbra, prepara forbici, pettini, bottigliette, asciugamani. Il povero Ulquiorra non ha idea che quello è solo l’inizio di un astuto piano che trascende largamente la sua immaginazione.
 
 
 
“Non mi pare di aver capito bene Renji.”
Ishida si sistema gli occhiali, scrutando sconcertato l’amico.
“Pià chiaro di così! E’ di Rukia l’idea non prendertela con me.”
“Ma tu la stai aiutando! Quindi sei ugualmente complice!”
Il rosso si massaggia la fronte, ridacchiando.
“Beh non puoi dire che è una cattiva idea.”
“Solo una domanda: perché? Se Ulquiorra è sempre depresso peggio per lui, non possiamo farci niente!”
“Magari l’idea di Rukia funzionerà.”
“Sembrate due ragazzini delle medie.”
“E tu sembri un vecchio rimbambito!”
“Non urlare Grimmjow sta dormendo!”
“Non me ne frega niente se sveglio quell’espada! E poi da quanto ti importa di lui ??”
Il quincy non può fare a meno di arrossire. Distoglie lo sguardo, tossendo nervosamente. Le iridi scure dello shinigami si puntano su di lui come due spilli. Cala un silenzio carico di tensione, elettrico, interrotto dopo lunghi ed estenuanti minuti.
“Non voglio crederci. Dimmi che non è vero Uryuu.”
“Non so di cosa stai parlando.” Balbetta l’altro.
“Lo sai eccome.” Asserisce seriamente.
“Credo che tu abbia dimenticato di raccontarmi un po’ di cose ultimamente…”
“Non sapevo come l’avresti presa.”
“Presa cosa? Il fatto che la tua cotta per Ichigo è finita chissà dove e ora corri dietro all’espada? Credevo che voi quincy foste un po’ più seri.” Ride, scompigliando i capelli dell’amico con forza.
“Stiamo insieme.”
Renji sgrana gli occhi, osservandolo con stupore.
“Cosa? Non ci credo.”
“Fottiti! Dovresti essere felice per me!”
“Oi oi calmati! Lo sono è che … non sarà pericoloso? Si insomma lui è pur sempre un hollow.”
“Non lo so, non ne ho idea Renji. Non so nemmeno in che modo si sia accorto di me. Non so se posso fidarmi, non so niente.”
“Non è un inizio promettente per una relazione …”
“No … non lo è.”
Ishida sempre triste. Il tono della voce è sommesso, mozzato, basso.
“Qualcosa ti preoccupa? Lo sai che con me puoi parlarne.”
“Ho parlato con Szayel prima… mi ha detto alcune cose e … forse non è il caso di parlarne qui. Non vorrei farmi sentire.”
“Capisco. Beh andiamo a casa mia allora. Così organizziamo anche il nostro piano per Ulqiorra!”
“Me n’ero scordato. Va bene. Aspetta, vado a vedere se Grimmjow ha bisogno di qualcosa e arrivo.”
 
 
La porta si chiude piano, lentamente, senza alcun cigolio, lasciando il resto della casa immerso nel più totale silenzio. Il respiro regolare di Grimmjow scandisce appena quell’atmosfera eterea, impalpabile, quel regno di tranquillità attorniato dalla pioggia. Le lacrime del cielo hanno iniziato a cadere da pochissimi minuti ma il profumo dell’erba bagnata già si espande fra le vie, donando note di profumo estivo, fresco, rinvigorente.
L’espada è immerso nel sonno, la fronte non scotta più ed anche il dolore agli arti lentamente sta scomparendo.
“C’è nessuno? Ei ?”
Szayel bussa alla finestra, completamente zuppo.
“Ei! Quincy! Aprimi!”
Non ottiene alcuna risposta. Scruta con riluttanza l’ombrello devastato e lo getta a terra, in una pozzanghera.
“EEeiiii!” urla disperato.
Rabbioso si scosta i capelli rosa dal volto, arrampicandosi sulla grondaia. Incespica, afferrando il lungo tubo nero, talvolta rischiando di cadere a causa della superficie scivolosa e liscia. Bofonchia parole incomprensibili, colmo di odio. Finalmente raggiunge la finestra del piano superiore, che per sua fortuna è leggermente aperta. Con uno sforzo sposta il vetro e si lancia con foga all’interno della stanza, rovinando proprio addosso all’arrancar addormentato che, come giusta reazione, sobbalza dallo spavento urlando.
“Szayel testa di ca***!!!! Cosa ca*** ci fai nella mia stanza e sopra al mio letto completamente bagnato!”
“Beh razza di genio non lo vedi? Fuori piove! Cosa pretendi, che io arrivi abbronzato e in costume? Eh??”
Si toglie gli occhiali, pieni di goccioline. Le iridi dorate scintillano nella penombra della camera.
La vista gli si offusca immediatamente, riesce a malapena a delineare i contorni delle figure, degli oggetti, dei mobili.
“Hai un fazzoletto? Devo pulirmi le lenti.”
“Ma tu guarda questo idiota! Prima mi cade addosso e poi senza darmi spiegazioni pretende pure un fazzoletto!”
“Che lagnoso …” ringhia l’espada dai capelli rosati.
Si alza lentamente in piedi, barcollando, cercando di muoversi cautamente fra quelle mura sconosciute ma non riesce a compiere un passo che inciampa sul futon dell’altro, rovinandogli nuovamente addosso.
Un rumore secco risuona nel silenzio: la maglia di Szayel, già provata dalle intemperie esterne e dalla tortura sulla grondaia, ora si è definitivamente lacerata in un profondo sbrego obliquo, lasciando scoperto parte del petto e degli addominali appena accennati.
Un rossore rabbioso gli colora le guance.
“Grimmjow se non ti ammazzo adesso giuro che …”
“Quante storie! Non so nemmeno cosa ci fai qui!”
Una scatoletta tintinnante lo colpisce sulla fronte.
“Dovevo portarti queste!”
Sbraita l’espada lanciandogli delle caramelle balsamiche ed emollienti gusto menta.
“Ho fatto tutto questo casino per te stupido ignorante.”
“Scusami non lo sapevo.” Borbotta l’altro, porgendogli il tanto atteso fazzoletto.
Con velocità Szayel libera le lenti dalle odiate goccioline, indossando finalmente gli occhiali dalla montatura bianca. Un sorriso soddisfatto accompagna quell’azione.
Riesce a vedere nitidamente Grimmjow appoggiato sui gomiti, i capelli azzurri scompigliati e il petto nudo percorso da brividi. Le coperte lo coprono fino all’ombelico, regalandogli un aspetto troppo sensuale, nonostante lo sguardo arrabbiato.
Un lampo di malizia saetta nelle iridi dorate dell’arrancar, che percorre ogni centimetro di quella pelle con brama e malinconia. Nota il tremore dell’altro, quelle scosse che lo percuotono senza volerlo, facendolo sembrare così … umano.
“Hai freddo?” domanda incuriosito.
“Mi hai inzuppato, cosa pretendi.” Sputa Grimmjow, innervosito.
“Posso rimediare?”
Gli occhi azzurri lo fissano seriamente, in attesa di un cenno, di un piccolo indizio sulle sue prossime azioni.
“Eh?”
Szayel si sfila la maglia umida, lanciandola sul pavimento con nonchalance:
“Questa ormai è da buttare.”
Quel corpo pallido, tonico, morbido. Da quanto tempo non lo vedeva? Da secoli forse?
A Grimmjow sembra trascorsa un’eternità eppure quel momento è vivido e acceso nella sua mente. Percepisce il pericolo, riaffiorano i ricordi, forse emergono anche istinti e volontà che aveva nascosto a se stesso da un tempo indefinito.
Lo scienziato si accorge di quello sguardo stranito, agitato, bramoso.
“Se non mi cambio al più presto finirò per ammalarmi anch’io..”
L’indice indugia sulla cerniera dei jens stretti, giocherellando con un lembo di stoffa blu.
Cammina verso l’espada, ancora semi sdraiato sul futon, sorridendogli malamente.
“Mi aiuti tu Grimmjow?”
“…”
Non risponde, la sua mente è avvolta nel caos.
Dove mi trovo? Perché non sono nell’Hueco Mundo? Aizen? Quanti anni sono passati? Szayel? Ed Ishida?
Stringe le palpebre, la testa vortica pericolosamente costringendolo a portare una mano sulla fronte.
Sente un tocco leggero e freddo posarsi su di lui, il respiro caldo del ragazzo ormai troppo vicino al suo volto.
“Sei confuso? Anche a me succede ogni tanto.”
“Dove siamo?”
“Non ha importanza in questo momento.” Sussurra sinuoso, posandogli una mano sul petto scosso da respiri irregolari.
“Calmati, è solo un’amnesia temporanea.”
Le iridi celuree scorrono agitate i contorni della stanza cercando conforto in quelle ambrate del compagno, le cui labbra si posano voluttuose sulle sue, in un inaspettato bacio.
“Potrei pentirmene, non mi importa. Non voglio passare il resto della mia vita a desiderarti ancora.”
Grimmjow si alza di scatto, con rabbia, lanciandolo a terra con un sonoro sordo tonfo.
“Che ti prende!”urla l’octava espada con il fiato rotto dal dolore.
“Non posso!”
“Perché?” bofonchia, colmo di dolore.
“Non … non me lo ricordo.”
Crolla sul futon, contorcendosi dalla sofferenza. Szayel gli si lancia addosso, preoccupato, scrollandolo.
“Grimmjow che ti prende? Rispondi cogl****!”
La mano imbrattata di sangue stringe il ventre, tremante, mentre le urla invadono la casa vuota.
“Grimmjow guardami, sono Szayel Aporro di ricordi di me?”
Cerca con foga la maglia gettata in precedenza sul pavimento tamponandogli l’emorragia proveniente dalla misteriosa ferita.
Tenta con tutte le sue forze di spostare la mano dell’arrancar che si oppone a quegli inutili strattoni. Continua a stringere il ventre, colmandosi di quel liquido vermiglio.
Improvvisamente una fortissima reatsu si espande nella camera, facendo mancare il respiro allo scienziato.
Con sguardo sconvolto osserva la voragine che si è formata sotto la mano del compagno e il frammento di maschera da hollow comparire sulla guancia della sesta espada.
“Non è possibile …” pronuncia appena , riuscendo a malapena a pronunciare quelle parole.
La bocca è priva di saliva, lo stupore lo travolge come un’onda troppo forte per essere fermata.
“Mi ricordo di te… tu sei Szayel Aporro Granz.”
Sorride appena, prima di svenire privo di sensi fra le braccia tremanti dell’amico.
Granz lo scuote cercando di rianimarlo. Respira ancora, la reatsu è più forte che mai ma quell’aspetto da hollow lo sconvolge totalmente.
Si era quasi dimenticato come potesse sembrare austero, spaventoso … mostruoso … in quelle sembianze.
Percepisce pulsare la sua catena dell’anima, lo vede agitarsi nello stato di dormiveglia in cui è precipitato.
Devo mantenere la calma. E fare il mio lavoro.
Inspira, riacquisendo il controllo della situazione. Con estrema cautela lava con dell’acqua tiepida il foro del compagno, ripulendo il corpo e il pavimento dalla pozza di sangue scarlatto.
Lo carica sulle spalle per portarlo nel soggiorno ed adagiarlo sul divano morbido coprendolo infine con delle coperte nuove.
Nell’agitazione del momento si è scordato pienamente di pensare a se stesso, rimanendo a petto nudo, macchiato di rosso e con i capelli ancora umidi e mossi.
Gli siede accanto, senza mai staccare lo sguardo.
Ormai la sera avvolge la città di Karakura e gli ultimi raggi di sole muoiono all’orizzonte, aggrappandosi alle ombre degli alberi e delle case prima di scomparire nell’oscurità.
Szayel spolvera con le mani l’aderente divisa bianca da espada che copre il suo corpo asciutto. L’indumento gli riporta alla mente la battaglia contro Kurotsuchi, l’attacco al quincy, i suoi esperimenti, il laboratorio.
“Non c’è tempo da perdere.”

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Capitolo 24
*** Risveglio ***


CAPITOLO 24



“Come immaginavo.”
La voce di Ulquiorra risuona gelidamente nell’ampia stanza, interrompendo la difficoltosa attività dell’octava espada.
“Quindi lo sapevi?”
“L’avevo previsto.”
“Succederà anche a noi giusto?” domanda Szayel senza staccare gli occhi dai suoi strumenti tecnici.
“Dipende dalla gravità delle ferite inferte. Forse si , forse no.”
“E tu? Tornerai ad essere l’espada numero 4?”
“Non ha alcuna importanza.”
Lo scienziato alza lo sguardo sull’altro, scrutandolo con freddezza senza cessare di sistemare gli strani oggetti e di sfogliare i suoi complessi manuali colmi d’appunti.
“Che hai fatto ai capelli?” ridacchia, leggermente sorpreso.
“Li ho tagliati un po’.”
“Stai bene.”
Arrossisce lieve, non abituato a quel genere di complimenti, per poi tornare alla consueta serietà:
“Cosa gli hai fatto? Non respira nemmeno.”
La voce di Nnoitra irrompe nel soggiorno, interrompendo il dialogo fra i due arrancar: “Da quando te ne frega di lui?”
“Dallo stesso momento in cui interessa a te.” Risponde di rimando l’hollow dagli occhi smeraldo, che viene liquidato con una smorfia sbeffeggiante.
Nnoitra si avvicina all’amico tastandogli il polso ma viene spinto lontano da Szayel:
“Sono io che me ne occupo, stai al tuo posto!”
“Datti una calmata mica volevo mangiarlo!”
“Ne saresti capace, stanne alla larga.”
Con una siringa acuminata lo minaccia alla gola, sogghignando malignamente.
“E comunque sta bene per ora. L’ho stabilizzato.”
“Come?” chiede Neliel con tono acuto, spaventato, scostandosi i lunghi capelli dietro le spalle minute.
“Semplice. Vedete quei nastri bianchi attorno a polsi e caviglie? Ebbene, è una mia creazione. Bloccano la forza spirituale evitando di compiere qualsiasi attacco e, nel nostro caso, impediscono di realizzare qualsiasi tipo di danno. Il fatto geniale è che non ti privano della reatsu indebolendoti, semplicemente non concedono di usarla. Sono veramente la perfezione!”
“Quindi … lui starà bene?” incalza la ragazza, sgranando i grandi occhioni.
“Appena si sveglierà valuterò le sue condizioni. Per ora sta bene, ma dovrò verificare alcuni fattori importanti.”
“Quali?” sussurra Nel.
“Non so quanto ricorderà di noi, del suo passato, di questi ultimi tempi. Non so nemmeno se sarà in grado di controllare i suoi poteri, né quale carattere prevarrà in lui: quello originariamente aggressivo e distruttivo? Quello più calmo sviluppatosi recentemente? Non posso saperlo, mi vedo costretto ad aspettare. Nel frattempo badiamo solo che non fugga, potrebbe essere pericoloso per se stesso.”
Grimmjow giace inerme sul divano scuro, immobile, ghermito da un sonno privo di sogni e sensazioni: gli arti formicolano fastidiosamente, il respiro è così sottile da sembrare inconsistente. Nel, seduta accanto a lui, gli stringe la mano affettuosamente scrutata malamente dallo sguardo assassino di Nnoitra. La giovane, incurante di quegli atti di gelosia, si rivolge a Ulquiorra che riposa con la schiena appoggiata al muro candido.
“Senti  Ulquiorra veramente sei qui per lui? Credevo … che lo odiassi.”
“Lui odia me, questo è certo. Ma io non provo nulla di simile nei suoi confronti. Semplicemente, riconosco la mia superiorità.”
“Capisco. Resterai anche tu con noi?”
“Solo se ne avrete bisogno.”
Il forte rumore dello sbattere di una porta fa sobbalzare tutti i presenti costringendoli a voltarsi precipitosamente verso la fonte del brusco suono: Ishida, Ichigo e Renji sostano sulla soglia dell’entrata di casa con il fiato sospeso nel petto mentre sul volto è palese l’angoscia.
“Questa è la reatsu di Grimmjow vero?”
“Sempre così perspicace Kurosaki.” Sibila Szayel, sorridendo.
“Cosa gli è successo?” sbraita il quincy facendosi largo fra gli arrancar per raggiungere il compagno.
Con algida chiarezza Ulquiorra ruba le parole di bocca allo scienziato spiegando in modo breve e coinciso le ragioni di quell’insana situazione, causando un profondo turbamento nei tre nuovi arrivati.
Un leggero mugolio proveniente dal sofà provoca un ulteriore incremento della tensione, già incandescente e insopportabile.
Grimmjow apre gli occhi, sbattendo le palpebre più volte prima di guardarsi attorno per scrutare i volti dei presenti uno per uno con estenuante lentezza.
“Stai bene Jeagerjaques?” domanda sprezzante Nnoitra guardandolo sottecchi.
“Tsk, cosa  ti sembra?” ringhia l’arrancar dai capelli turchesi, puntando le iridi celuree su Ichigo che fin’ora si è mantenuto a debita distanza. Quel contatto visivo gli provoca un lungo brivido sulla schiena.
“Shinigami! Shinigami! Sei ancora vivo!” ride istericamente, tentando di rialzarsi faticosamente, la mano già pronta sull’impugnatura della katana.
“Finalmente posso pestarti per bene shinigami!”
“Ei ei ei calma! Lui non è più un nostro nemico! Anzi lui … ci ha aiutato molto.” Esclama Neliel mentre tenta di mantenerlo aderente al materasso pressandolo con tutta la sua forza.
Szayel le corre in aiuto, strappandogli la katana di dosso e lanciandola via.
“Idiota! Vuoi farti ammazzare? In queste condizioni perfino una mosca ti farebbe fuori!”
Grimmjow si dimena furioso sotto di loro maledicendoli con intenso rancore, finchè un colpo di tosse lo scuote fortemente, sporcandolo di sangue.
La vista di quel colore lo spaventa, costringendolo a portare la mano istintivamente nel foro sul ventre caldo.
Le dita sottili tastano quel buco vuoto che lo trapassa visibilmente, delineandone con cura i contorni.
Le iridi azzurre implorano in un istante tutti i presenti, supplichevoli di qualche spiegazione, di un minimo conforto.
“Che stanza di Las Noches è questa?”
“Nessuna, siamo sulla Terra a casa del quincy.” Spiega tranquillamente lo scienziato, per poi rivolgersi agli altri:
“Scusate il disturbo ma ora è meglio se ci lasciate soli. Troppa confusione non gli può giovare. Ishida tu rimani. Ichigo, Renji, per favore restate anche voi e rimanete pronti in caso ci sia bisogno del vostro intervento.”
Annuiscono, lasciando allontanarsi gli arrancar che si dileguano in pochi secondi.
La sesta espada tenta di appoggiarsi sui gomiti, bofonchiando e ansimando, aiutato dall’amico dai capelli rosa che gli pone un cuscino dietro la schiena ma come unica risposta riceve un pugno che riesce a schivare appena.
“Non sei affatto gentile.”
“Non mi serve il tuo aiuto!”
“Ok, come vuoi. Dicci cosa ricordi, facciamo prima.”
Ishida, Renji e Ichigo sono seduti nel divano di fronte a quello dov’è sdraiato l’espada, leggermente scossi dall’imminente rivelazione. Szayel invece rimane in piedi accanto a loro brandendo un taccuino scribacchiato fra la mani ed una penna.
“…”
“Ok non vuoi parlare. Ottimo, allora dimmi: ti ricordi di loro?”
Gli occhi socchiusi saettano sulle figure dei tre giovani, trafiggendoli con un odio dilaniante.
“Lo shinigami è la mia preda. Gli altri non hanno valore.”
“Ma te li ricordi?”
“…”
Ishida trattiene il respiro, il cuore palpita così forte da potergli fuggire fuori dal petto.
“Veramente non ti ricordi di me?” sussurra tremante.
“Ishida Uryuu.”
“Ti ricordi il mio nome?” un lampo di speranza lo invade, strappandogli un sorriso.
“Solo quello”.
Bugia, dannatissima bugia. Dal primo momento in cui l’ha visto tremendi flash gli invadono la mente: il viso gentile di quel ragazzo con gli occhiali, i suoi gesti premurosi, lui accanto nel futon, una strana sensazione senza nome che accompagna ogni singolo pensiero.
“Stai mentendo!” sbraita il quincy, sbalordendolo.
“Fai sempre così quando menti. Guardi verso il basso e ti mordi il labbro inferiore. Non credere di ingannarmi tanto facilmente, mi offendi.”
“Mi ricordo alcune cose ma non … non riesco a comprenderle.”
Altre immagini lo travolgono, questa volta più lontane e sfocate: quei capelli rosa stretti fra le sue dita, le labbra dell’altro sul suo petto, la luna dell’Hueco Mundo che accompagna chiacchierate indefinite.
Szayel coglie quell’espressione contratta dal dolore, carpendone il corretto significato.
“Porta pazienza, con il tempo ti tornerà in mente tutto. Per il momento sappi solo che non devi attaccare nessuno e che non ci sono nemici qui. Riposati e basta.”
Un ghigno malvagio inclina la bocca dell’espada che si lancia addosso ad Ichigo senza alcun preavviso, graffiandogli il viso con forza.
“Tu sei quello che mi ha ammazzato bastardo! Ti rendo il favore shinigami!”
Continua a graffiarlo con foga, tentando di scagliargli un cero con tutta la sua forza ma la palla di luce rossa scompare dopo pochissimi secondi.
“Per fortuna la mia invenzione funziona come si deve.”
Con enorme sorpresa Grimmjow si ritrova immobile, sopra il corpo paralizzato del ragazzo dai capelli arancioni. Gli occhi nocciola lo fissano con terrore mentre già impugna il suo shikai.
“I tuoi esperimenti Granz … dovevo immaginarlo.”
Con un ruggito afferra quegli strani oggetti che gli cingono gli arti cercando di strapparli con tutta la sua forza, inutilmente.
La reatsu aumenta a dismisura causando un travolgente vento all’interno del soggiorno.
Tramite un possente balzo recupera la katana: “Kishire, Pantera!”
In un brevissimo attimo le restrizioni si frantumano in finissimi brandelli, lasciando libero quel corpo spiccatamente felino, dai canini acuminati e i lunghissimi capelli celesti.
“Mer**! Spostati shinigami!” urla Szayel, lanciandosi di fronte a lui per parare l’attacco dell’espada, rimanendo gravemente ferito al torace.
“Tsk, non metterti in mezzo.” Ringhia Grimmjow con disgusto.
“Non intendo combatterti Grimmjow. Non siamo più nemici.” Asserisce Ichigo, serio.
“Peggio per te!” la sesta espada si scaglia contro di lui con ancora più forza, pronto a straziarlo con gli artigli appuntiti e taglienti ma una freccia gli trapassa la spalla, agguantandolo al muro.
“Adesso basta.”
Ishida impugna l’arco, preparando una nuova freccia in direzione del cuore dell’arrancar.
“Ancora una mossa e questa volta ti uccido seriamente. Scegli tu.”
“AHAHAHA ! Quincy! Seriamente credi che le tue bazzecole riescano a ammazzarmi? Non ci è riuscito del tutto nemmeno quell’ibrido laggiù!” sbraita, indicando Ichigo.
Renji si avvicina cautamente a Uryuu, toccandogli la spalla:
“Senti Ishida non fare cose … di cui potresti pentirtene… ok?”
“Non mi interessa, non posso permettere che ci riduca tutti a brandelli prima di tornare in sé … se mai ciò accadrà.”
“Di cosa diavolo blaterate? Io voglio solo lo shinigami Kurosaki. Il resto di voi può fare ciò che gli pare.”
“E va bene Grimmjow, non ho altra scelta allora.”
“Ichigo sei impazzito? Non puoi farlo!” urla Renji.
“Non ho altra scelta.” Deglutisce, pronto al combattimento.
Un lamento di Szayel, ancora steso sul pavimento, richiama l’attenzione di tutti.
“Come hai osato bastardo … ti ho curato … ti ho difeso … ti seguo da secoli … e tu … tu maledetto infame … ti svegli di colpo e cerchi di uccidermi senza alcun ritegno?”
La veste bianca è intrisa di sangue, le parole vengono soffiate fra i denti con una rabbia sovraumana.
“State indietro tutti, anche tu shinigami. È giunto il mondo di ripagarlo con la stessa moneta.”
“Ahahah numero otto, cosa vuoi farmi? Ma dai, sei ridicolo.”
“Sesure Fornicaras.”
Il corpo dell’espada si ricopre di tentacoli, le labbra violacee si schiudono un famelico sorriso, i capelli rosa ricadono lunghi sulle spalle.
“Bene, ora siamo ad armi pari.” Sogghigna, inglobando l’arrancar dagli occhi azzurri in un tentacolo ed estraendone una bambolina.
“Da quando hai riacquisito i tuoi poteri?” balbetta Ishida, in preda ai peggiori ricordi.
“Non li ho mai persi sciocchi. Solo perché non ho l’aspetto di un hollow non significa che io non lo sia. Che ingenui.”
“Non lo fare! Per favore, lo sappiamo bene che non è in sé!” grida il rosso, brandendo Zabimaru con forza.
Con un semplice gesto Grimmjow apre un portale sull’Hueco Mundo sparendovi all’interno seguito a ruota da tutti gli altri.
“Bene, così non causeremo danni.” Annuisce Granz aprendo in due la bambola dalle somiglianze dell’altro espada.
Ne estrae un oggettino azzurro e affusolato, spezzandolo in seguito con grande piacere: la sesta espada urla dal dolore, accasciandosi a terra.
“Ulula Zabimaru!”
Con una possente presa lo shikai di Renji avvolge il corpo dello scienziato, impedendogli qualsiasi movimento.
Grimmjow osserva la scena con stupore: perché si scontrano fra loro? Perché nessuno vuole fronteggiarmi come si deve? E perché improvvisamente non sento più la necessità di ucciderli?
Il corpo esausto precipita nel vuoto, abbandonando la forma felina per riacquisire sembianze umane.
Ishida lo afferra prontamente, salvandolo dall’infinito baratro nero sotto di loro.
“Uryuu, cosa mi sta succedendo?” biascica appena, sconvolto.
“Ti ricordi di me ora?”
“Si ma … cosa mi è successo …”
“Non ha importanza, torniamo a casa.”
Grimmjow si divincola da quelle braccia che tanto ama, scostando quel corpo affettuoso ed allontanandosi con un balzo.
“Non posso più stare fra gli umani, non è quello il mio posto.”
“Non dire sciocchezze, tu puoi …”
“Taci! Io sono un mostro! Una bestia! La mia unica casa è l’Hueco Mundo!”
Osserva Szayel, ancora nella sua forma finale, lanciandogli un intenso triste sguardo: “Dovresti fare lo stesso anche tu.”
“Grimmjow non essere avventato …”
Le iridi azzurre carezzano il volto magro di Ishida: “Allora addio.”
Senza nemmeno voltarsi scompare ai loro occhi, abbandonandoli nel vuoto più totale e profondo, privandoli definitivamente della sua presenza.
Nessun rumore, nessun eco, nessun passo. Solo i singhiozzi strozzati di Uryuu e il suono del suo cuore frantumato in mille pezzi.

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Capitolo 25
*** L'amore di Rukia ***


Attenzione!
LEGGERE per favore! IMPORTANTE!


Questo capitolo contiene descrizioni sessuali esplicite: RENJI X RUKIA

Non ho messo il rating rosso per permettere a tutti i lettori di seguire la storia fino alla fine , anche coloro che non sono iscritti. 
Pertanto, questo capitolo è di rating ROSSO, vietato ai minori di 18 anni.
In ogni caso, ho già cambiato il rating generale in arancione.
Nota necessaria: tutti i protagonisti di questa storia (perciò anche di questo capitolo) sono maggiorenni.


Buona lettura :)


CAPITOLO 25

 

“Ma quanto ci impiegano Renji e gli altri a tornare? Ci hanno piantato qua con tutto da sbrigare!”
“Dai Rukia porta pazienza … e poi pensa che lo stiamo facendo per Ulquiorra!”
“Ios! Hai ragione Orihime!”
Le due ragazze continuano a scambiarsi mestoli, ingredienti, cucchiai, piatti ed ogni ingrediente immaginabile: la casa di Renji è diventata un laboratorio da cucina colmo di ricette, cibi e posate.
“Potresti spiegarmi meglio questo famoso piano di cui Ichigo mi ha parlato ieri?”
Gli occhi della shinigami scintillano astutamente, mentre impettita brandisce una forchetta rivolgendosi all’amica.
“E’ molto semplice! Vogliamo che Ulquiorra sia felice no? E allora cosa può essere meglio se non un appuntamento galante??”
“Ohh, ecco perché oggi pomeriggio l’hai pedinato per portarlo dal parrucchiere!”
“Esatto, esatto! Lavoro ben riuscito!”
“Ma … un appuntamento si fa in due … chi è l’altro invitato?”
Rukia impallidisce, deglutendo. Prova a balbettare qualcosa ma una risatina di Inoue la blocca:
“Non hai pensato a questo, vero Kuchiki-san?”
“Ehm .. no . Aiutami tu Orihime, dobbiamo pensare a qualcuno al più presto!”
“Hmm fammi pensare … ci vuole qualcuno che sappia … compensarlo!”
“Cosa intendi?” domanda la mora assaggiando l’impasto della torta.
“Ulquiorra è timido, introverso, silenzioso … ci vuole qualcuno opposto (ma non troppo) così può nascere una conversazione … e magari un bel legame no?”
“Bravissima! Hai pienamente ragione … ma chi?”
“Szayel è perfetto! Nnoitra è già impegnato, Grimmjow lo odia, rimane solo Granz! Sembra un ragazzo così dolce!”
Rukia ripensa al combattimento fra il suo Renji e l’espada, grattandosi il capo dubbiosamente.
“Tanto dolce … non saprei… però mi fido di te, hai un intuito formidabile in queste cose! Li attiriamo qua entrambi con la scusa di dovergli parlare e poi li lasciamo soli! Muahah è geniale!”
“Domani sera alle 7?”
“Assolutamente! Ma Orihime … com’è andata la tua uscita con Ichigo?”
La ragazza arrossisce ed abbassa lievemente lo sguardo, giocherellando con una ciocca di capelli.
Le luci soffuse della cucina le illuminano il manto ramato regalandogli sfumature oro, impallidendo la pelle candida ed esaltando i grandi occhi grigi.
“Beh … noi … non siamo riusciti a vederci …”
“Perché???”
“Perché c’è stato brutto tempo e … Ichigo mi ha detto che vuole farmi una sorpresa bellissima ma ha bisogno del sole. Credi sia solo una scusa? Perché si è già pentito?”
“No non è da lui. Anzi, lo sai che quando si mette in testa una cosa nulla e nessuno riesce a fargli cambiare idea.”
Lei sorride amabilmente, pensierosa.
“Hai ragione … non dovevo pensare queste cose … sono andata un po’ oltre …”
“E’ normale, spesso anch’io traviso i comportamenti di Renji e litighiamo per niente … oppure gli tengo il broncio. Possiamo sbagliare tutti, su Orihime vedrai che andrà benissimo!”
“Lo spero! Secondo te … si è accorto che … mi …”
“Che ti piace? Non saprei è un po’ tonto in queste cose. Ma che tu piaci a lui è sicuro!”
Dalla foga fa cadere un enorme sacco di farina, alzando una nuvola bianca che invade l’intera cucina colorando le due ragazze da capo a piedi. Ridono insieme per il disastro combinato, finchè un imprecazione vicina le fa sobbalzare.
“Ichigo dimmi che non è casa mia questa.”
“O si invece lo è ahahah!”
“Bastardo … adesso mi aiuti a pulire anche tu!”
“Ehi no! Non ne ho nulla a che vedere con questo disastro!”
Il rosso osserva il sorriso smagliante di Rukia e il volto innocente. Le si avvicina minaccioso, registrando i danni subiti dalla stanza.
“Rukia devi dirmi qualcosa ? … forse?”
“Mmm no, credo di no!”
Lui sbuffa, lasciandosi cadere su una sedia. Mette la testa fra le mani, sciogliendo la folta coda per liberare il lungo manto scarlatto che gli ricade morbido sulla schiena e sulle spalle.
“Che casino … va******o, che casino …”
“M.. mi dispiace … non volevamo fare tanto disastro …” mormora Orihime.
“Non è per questo Inoue.” Sussurra Ichigo con fare apprensivo.
“Abbiamo avuto dei problemi … con Grimmjow … e ora Ishida è … più depresso di Ulquiorra.”
“Cosa è successo?”
“Te lo spiego mentre ripuliamo questo casino se ti va. Renji, vai a riposarti che ne dici? Sei distrutto.”
Lo shinigami annuisce, allontanandosi in silenzio verso la rampa di scale per scomparire nella camera. Rukia getta un’occhiata interrogativa all’amico, che le indica con un gesto della mano di seguirlo.
“Stagli vicino Rukia, se per stanotte non torni a dormire a casa mia non ci saranno problemi … ha bisogno di te.”
“Non sembra ferito, perché è così sconvolto?”
“E’ molto preoccupato … vai da lui, in caso ti racconto tutto domani.”
“Va bene grazie Ichigo … senti tu e Orihime andate pure a fare una passeggiata. Ci penso io qui domani. Hai bisogno di svagarti anche tu.”
La ragazza dai capelli ramati sobbalza di felicità, travolgendo con il suo sorriso l’indecisione del sostituto shinigami.
“E va bene … grazie Rukia.”
“Solo una cosa: potresti dire a Granz di presentarsi qui alle 7 di domani sera? È per il piano … sai … Ulquiorra è già avvisato.”
“Sarà fatto. In bocca al lupo! Andiamo Inoue!”
I due giovani escono dall’abitazione salutando la ragazza affettuosamente. La porta si chiude piano, senza causare troppo rumore; le voci dei due amici si allontanano e nella casa si sente solo lo scrosciare del getto d’acqua della doccia.
Rukia sale gli scalini lentamente, con il fiato sospeso. Bussa appena alla porta del bagno, cautamente, preoccupata.
“Posso entrare?”
“Ok.”
Il vapore la sommerge ed il profumo del bagnoschiuma le solletica le narici. Dalla tenda plasticata e azzurra della doccia non riesce a scorgere che una semplice ombra del suo compagno, un indecifrabile contorno avvolto dal calore e dall’umidità.
Rimane in silenzio, seduta sul mobile adiacente al lavandino, giocherellando con una spazzola. Il bagno è grande, anche troppo per una sola persona, ed è abbastanza vuoto: d’altronde lo shinigami vive da solo e si è sistemato da un tempo relativamente breve. Le pareti piastrellate sono di un bel color avorio che riflette la luce chiara dei faretti.
“Hai bisogno di qualcosa Rukia?”
“N.. no non esattamente… volevo solo un po’ di compagnia … non abbiamo mai molto tempo per stare insieme …”
“Mi passi l’asciugamano?”
Senza nemmeno pensarci, la ragazza afferra l’oggetto richiesto ed infila un braccio nello spazio coperto dalla tenda, voltandosi dall’altra parte. Il rosso lo lega in vita ed esce dalla cabina completamente ricoperto da piccole goccioline e trasudante vapore.  I capelli bagnati gli ricadono sulle spalle ed i tatuaggi nerissimi percorrono il corpo ancora più tonico e muscolo di quanto ricordasse Rukia.
“Posso asciugarti io i capelli?” propone lei, stringendo il phon fra le delicate mani.
Gli occhi d’ebano del ragazzo la scrutano sorpresi, per poi annuire mollemente.
Il soffio d’aria calda gli scompiglia la lunga chioma mentre le sottili dita di lei carezzano la cute dolcemente, lasciando scivolare quelle ciocche purpuree e profumate con grazia e dolcezza. Continua a giocare con quel manto soffice, passandoci il pettine e poi di nuovo le mani, lisciandolo ed arruffandolo con gesti gentili.
Terminato l’asciugatura li spazzola con attenzione, notando la loro notevole lunghezza.
“Ti arrivano al sedere, sono bellissimi! Perché li tieni sempre raccolti?”
“Mi ha abituato il capitano Byakuya… semplice comodità.”
“Nii-sama ha sempre ragione!” sorride, buttandogli le braccia al collo e scoccandogli un bacio sulla guancia. Lui ricambia quel gesto affettuoso, stringendola fra gli arti caldi ed ormai asciutti, sollevandola da terra ed avviandosi verso la camera.
Rukia punta le iridi violacee in quelle scure del ragazzo, seguendo con lo sguardo i lineamenti marcati, il naso dritto, le labbra sottili. Lo bacia nuovamente sul mento, posando la testa sul petto massiccio.
“Mi fai il solletico” sorride lui, scostandole un ciuffo corvino.
La posa sul letto, osservandola attentamente: il vestito rosa è ancora sporco di farina e le stesse piccole chiazze bianche le adornano anche il volto e i capelli.
“Cosa stavi cucinando?”
“Una torta … si nota tanto?”
Ridono insieme, distendendo l’atmosfera tesa .
“Si, si nota tanto. Come sei piccola Rukia …”
Lei lo guarda sorpresa, leggermente scossa da quell’affermazione inaspettata.
Renji le si avvicina dolcemente, cogliendo il polso esile fra i palmi larghi:
“Sei così sottile eppure la tua anima è immensa. Come fai a essere tanto forte Rukia?”
“Esageri … non sono tutto questo gran che …”
“Fin da quanto ero bambino ti osservavo … e mi domandavo … come fa quella ragazza ad essere tutto ciò che io stesso desidero diventare?”
Lei arrossisce, le iridi profonde tremano di gratitudine verso quelle parole sincere, colme di sentimento e ricordi.
Vorrebbe dirgli che se quello era il suo obiettivo non solo l’ha raggiunto ma addirittura l’ha superato da secoli. Che è l’uomo più forte e coraggioso del mondo, che accanto a lui si sente al sicuro, che da quando lo ha vicino il mondo intero ha preso un senso tutto nuovo. Eppure non riesce a dar voce ad alcun pensiero poiché le labbra del rosso si premono sulle sue famelicamente, bramose di un contatto desiderato da troppo tempo.
La shinigami sobbalza ma non si sottrae a quel bacio irruento, bensì lo asseconda con dolcezza, lasciando adagiare il compagno sopra di lei. Percepisce il suo buonissimo profumo, l’odore di quella pelle calda che ama pienamente in ogni sue movenza. Ama quegli occhi socchiusi, i capelli morbidi sparsi sul volto, le guance leggermente arrossate.
Si separano per prendere fiato, per riunirsi nuovamente in un bacio ancora più affamato. Renji morde la pelle bianca di Rukia, solleticandole il collo e le clavicole, lasciando al suo passaggio piccole macchie rosse e pulsanti.
Con un gesto sinuoso le sfila il semplice abito accorgendosi di scrutare quel corpo magro per la prima volta.
Lei arrossisce visibilmente, cercando di coprire con le minute mani le esili forme nascoste dalla biancheria intima color panna, leggermente adornata da un filo di pizzo nero.
“Rukia … posso …?”
Lei si volta dall’altra parte, mordendosi le labbra. Un fremito le provoca un’ondata di brividi, causandole un leggero tremore.
Non piangere, non piangere!
“Oi che succede?”
Il rosso le si avvicina dolcemente, prendendole il mento fra le mani e notando le iridi lucide, colme di calde lacrime.
Istintivamente la copre con il vestito, carezzandole i capelli.
“Hai paura?”
Lei annuisce impercettibilmente, in preda alla più totale vergogna. Ormai il viso è paonazzo, le labbra tremano nel tentativo di reprimere l’imminente pianto.
“Capisco … è la prima .. è la ..”
“Si. È la prima volta. Non guardarmi così!”
“Vieni qui.”
Le si stende accanto, abbracciandola e riempiendola di casti baci sulla nuca. Con l’indice solleva la collana, sorridendo nel vedere come le dona quel gioiello.
“Calmati, non importa. Non lo sapevo, mi dispiace.”
Lei scivola in un pianto silenzioso, scosso dalla rabbia.
“Oi, oi Rukia non devi preoccuparti! Io non ho fretta, era solo … era solo così ecco. Ma non credevo .. cioè giuro che .. si insomma…”
“E’ a me che dispiace … Ichigo mi ha detto che stavi male … dovevo starti vicino … e ora sei tu a preoccuparti per me …”
“Quel baka … non è nulla di che, lascia stare. Ne parleremo più tardi va bene? Ma adesso non piangere e non vergognarti. Ti amo ancora di più.”
Lei si volta, trafiggendolo con gli occhi lievemente arrossati dalle lacrime:
“Davvero?”
“Certamente.  Sei veramente la mia Rukia, mia e di nessun altro.”
La shinigami si butta fra le braccia del compagno, costringendolo a stendersi aderendo la schiena al materasso. Si siede sopra di lui, allontanando il vestito che la copriva.
Lui la guarda sorpreso, perplesso, soprattutto quando le mani della ragazza raccolgono le sue e le accompagnano verso i ganci del reggiseno.
“Rukia non devi sforzarti se non vuoi.”
“Sta zitto.”
Renji scuote la testa, sorridendo: “A volte sei uguale a tuo fratello … forse peggio.”
Un tuono improvviso li fa sobbalzare, lacerando il silenzio della notte e portando via con sé anche la corrente elettrica.
“M***a!” esclama il rosso con profondo disappunto, mentre la compagna ride impercettibilmente.
La accomoda sul letto, allontanandosi in fretta.
“Aspettami qui, vado a cercare delle candele.”
Se avvia incespicando verso il piano inferiore, riuscendo a trovare in fretta quanto cercava. Accende tre fiammelle e si dirige verso la stanza; appena la fonte di luce illumina quanto gli si propone di fronte il suo cuore perde un battito: la sua Rukia, la sua bellissima Rukia è stesa sotto le coperte, dalle quali intravede le spalle nude e lo sguardo timido di lei. Gli indumenti sostano a terra, sul parquet, abbandonati.
Non riesce a trattenere la sorpresa:
“Rukia?”
Lei sorride, scostando appena le lenzuola, facendogli cenno di avvicinarsi.
Renji appoggia il candelabro sul comodino, abbandonando l’asciugamano umido sul pavimento, scivolando accanto alla ragazza tremante, ma più decisa.
Con una mano le carezza il volto, mentre con l’altra scende sulle costole, solleticandone la pelle lattea. Percepisce una brama immensa di baciare ogni centimetro di quel corpo sottile, di assaporarlo dopo un’attesa durata secoli. Desidera sfamarsi, saziarsi, imprimere nella mente quel momento per sempre.
Non riesce a trattenere la foga animale che lo assale e inizia a baciarla con foga, allontanandosi dalle labbra morbide per insinuarsi fra i piccoli seni nudi fino al ventre piatto, colmandolo di scie bollenti. Ogni tocco le provoca un’ondata di brividi sconvolgenti, il suo respiro diventa irregolare ed invitante, irresistibilmente suadente.
“Rukia perdonami … non ce la faccio più.”
Lei lo guarda profondamente negli occhi scuri, i visi vicini, le dita intrecciate.
“Mi amerai per sempre?”
“Per tutta la vita ed anche dopo.”
Con uno slancio carico di passione la shinigami si avventa sulla bocca dell’amante, mostrandogli un inusuale lato di sé mai conosciuto prima. Con la lingua percorre il contorno della cavità, ricercando il contatto dell’altro, sussultando. Socchiude la palpebre, abbandonando il limitante pudore e la vergogna: esistono solo lei e Renji, l’amore che li unisce. Niente altro. Non c’è spazio per i problemi, non c’è posto per le urla del temporale che esplode fuori dalle finestre.
Con incertezza il rosso sposta la ragazza sopra di lui, cingendole i fianchi.  Non c’è ombra di paura nel volto di Rukia, solo emozione , passione.
Un ultimo bacio e poi, con difficoltà, scivola appena dentro di lei. Un grido di dolore smozzato si unisce agli ululi del vento impetuoso.
Le dita fini stringono con forza le spalle dello shinigami, arrossandone la pelle.
Un ulteriore spinta, seguita da altre sempre più decise e profonde. Una lacrima calda precipita sul petto infuocato, mentre i respiri irregolari di entrambi allontanano la sofferenza fisica sostituiti da mugolii di piacere.
Le gambe della ragazza tremano dalla fatica e dallo sforzo, ma insistono, resistono, aiutando l’amante in quel movimento ritmico, da lui guidato mentre l’accompagna con il suo stesso bacino.
Vederla intrisa di piacere, completamente nuda e fragile fra le sue braccia, lo riempie d’amore e passione, facendogli desiderare con tutto il cuore che quel momento non finisca mai.
Non riesce più a trattenersi, ansima pesantemente stringendole i fianchi stretti, gemendo e respirando affannosamente fino a raggiungere l’apice del piacere nello stesso momento in cui la sua amata vive la medesima sensazione, cadendogli esausta fra le braccia.
Rimangono così, stretti l’uno all’altra, finchè i respiri diventano regolari ed il sudore evapora dalla pelle arrossata.
“Rukia … grazie. E’ un gesto importante per me.”
“Ti amo Renji.”

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Capitolo 26
*** Il piano ha inizio! ***


CAPITOLO 26



La città di Karakura splende di vita attraverso le infinite luci dei locali sulle vie centrali e dell’intenso aroma proveniente dalle bancarelle oramai permanenti. La fiera non è ancora volta al termine ed il giorno conclusivo si avvicina, prevedendo grandi festeggiamenti. Ichigo e Orihime camminano vicini, sfiorandosi appena le mani, senza guardarsi nel volto ma sorridendo entrambi.
“Ehi Orihime … domenica allora lo possiamo guardare l’album che tu e Rukia ci avete regalato?”
La ragazza arrossisce, emozionata dal fatto che il giovane shinigami si ricordi della promessa.
“Certamente! Sei curioso Kurosaki-kun?”
“Si, a dire il vero si. Ma chiamami solo Ichigo.”
“E tu chiamami Hime.”
Le iridi nocciola si posano sul manto ramato e morbido, frenando la voglia di carezzarlo. Sembra così setoso, sottile, invitante, profumato.
“Senti … Ichigo … mi stavo domandando una cosa … anzi a dire il vero più di una.”
Lui la ascolta attentamente, fissandola con sguardo serio.
“Dimmi.”
“Sono un po’ preoccupata per Ishida … prima sembrava così… triste. Ho la sensazione che volesse nascondercelo ma i suoi occhi… dicevano tutt’altro.”
“Hai ragione Hime. Credo sia per Grimmjow. Renji mi ha confidato del loro rapporto … un po’ oltre la semplice amicizia. È stato un bruttissimo colpo per lui proprio ora che si era affezionato.”
“Credi che tornerà? E Ishida starà meglio?”
“Prima o poi tutto passa, è questione di tempo e il dolore si attenua fino a scivolare via … e poi c’è Szayel a fargli compagnia.”
“Non credi che dovremo stargli vicino anche noi?”
“Certamente, è ovvio. Domenica infatti, che lo voglia o no, lo trasciniamo a vedere i fuochi d’artificio!”
Ridono insieme, consolati e rassicurati.
“Ehi guarda! Sembra delizioso!”
Orihime si avvicina correndo a una bancarella colma di leccornie al cioccolato: ve ne sono di tutti i tipi, dalle classiche tavolette agli animaletti. Lo sguardo della giovane si sofferma su una stella di cioccolato al latte infilzata su un lungo stuzzicadente.
“Ohh com’è carina!” cinguetta mentre gli occhi brillano di felicità.
È troppo intenta a guardare l’esposizione di dolcetti da non accorgersi dell’acquisto di Ichigo proprio accanto a lei.
“Tieni.”
Le porge un sacchettino, arrossendo. Con sorpresa lo accetta e appena scopre il contenuto l’entusiasmo le accende il volto, dipingendole il più bel sorriso che lo shinigami avesse mai visto.
“Oh Ichigo ma è la stellina! Grazie grazie grazie! Davvero è per me??”
“Si, è per te. Vuoi mangiarla subito?”
Esita appena, ciondolando su se stessa con fare buffo:
“Ehm … non vorrei sembrare … maleducata …”
“Macchè! Dai assaggiala e dimmi se è buona!”
La incita con una tale sincerità da non poter resistere. Apre il sacchettino con le dita delicate, estraendone il contenuto per portarlo infine alla labbra. Lo addenta dolcemente, assaporando l’aroma intenso del cioccolato.
“E’ buonissimo. Vuoi assaggiare anche tu?”
Gli pone la stella vicino alla bocca, incitandolo a prenderne un morso. Un po’ indeciso la asseconda, lasciandosi tingere le guance di porpora.
“E’ buono davvero, ottima scelta Hime! Ma qual è l’altra domanda che volevi farmi?”
“Ecco io … volevo … sapere … se eri ancora intenzionato a uscire con me … per la sorpresa di cui mi avevi parlato …”
“Certo che sono ancora intenzionato! Solo che con tutti questi disastri … purtroppo non ho avuto tempo! Per fortuna il temporale è finito e ora possiamo concederci questa passeggiata.”
Le pone un braccio sulle spalle, percependo la pelle fredda di lei:
“Hai freddo?”
“Un po’ … ho dimenticato a casa di Rukia il cardigan …”
Con un semplice gesto Ichigo si sfila la felpa blu porgendola alla ragazza che, con indecisione, la accetta fra le mani.
“Non hai freddo?”
“Non ti preoccupare. Magari ti sarà larga ma è calda.”
Orihime indossa con grazia l’indumento beandosi del calore ancora impresso nella stoffa, lasciandosi solleticare dal profumo del ragazzo.
“Grazie … grazie mille.”
“Se domani c’è il sole aspettami alle tre, va bene?”
Il cuore di entrambi batte all’impazzata: Orihime si perde in quelle iridi castane, profonde, vive, rassicuranti. Assapora ogni istante di quei momenti insieme, imprimendo nella mente la figura snella dell’amato, i capelli arancioni e sbarazzini, i jeans chiari attillati. Non riesce a credere che in lui si nasconde un guerriero formidabile,  un combattente capace e caparbio, un uomo a tutti gli effetti. In quelle iridi di cui tanto è innamorata si celano mille aspetti contrastanti: il coraggio, la tenacia, la passione, l’affetto, l’ingenuità, la lealtà, l’amicizia… e l’amore? Che vi sia nascosto anche quello?
Inoue non lo sa ancora ma dentro di sé spera realmente di poterlo trovare e carpire, di condividerlo con lui ora e per sempre.
 
 
Il sole filtra fra i vetri tersi delle finestre, illuminando la città con raggi nuovi e caldi, dopo i brevi giorni di pioggia estiva. Finalmente le pozzanghere evaporano e chiunque può godere di quell’incantevole tepore sulle pelle ancora chiara.
Ishida si copre gli occhi ancora chiusi con un braccio, voltandosi fra le lenzuola del letto; fra le labbra percepisce ancora il sapore della tripla camomilla consumata poche ore prima, nell’intento disperato di afflosciarsi nel sonno e dimenticare il dispiacere che gli corrode l’animo. Si sente intorpidito, nauseato, infelice.
Con il medesimo arto si massaggia la fronte, decisamente poco intenzionato ad alzarsi e incominciare la giornata.
Non ha più senso nulla … tanto vale passare tutto il giorno a dormire.
Cerca di muovere l’altro braccio ma non ci riesce: un peso lo blocca, impedendogli di muoverlo e privandolo di ogni sensibilità.
“Ma che diavolo …?”
Sbatte leggermente le palpebre, cercando di abituare gli occhi blu alla luce del mezzogiorno. Di fronte a lui si espande un’immagine sfocata, irrealmente vicina e trapelante calore. Ha un buon profumo e il petto si muove lentamente, ancora immerso nel sonno. I capelli rosa ricadono morbidi sul viso rilassato e … aspetta: i capelli rosa?
“Ahhh!”
Con un urlo il quincy lancia in aria il lenzuolo, tirando un cuscino addosso a Szayel che reagisce a sua volta urlando e cadendo dal letto, incredulo:
“Cosa succede? Chi c’è? Aizen? Devo combattere?”
Con la mano tasta la superficie liscia del comò alla ricerca degli occhiali, ben presto trovati ed indossati.
Osserva Ishida con un cenno di rabbia, per poi infilarsi nuovamente sotto le coperte, incurante dell’ambigua situazione.
L’altro si sposta velocemente, imprecando.
“COSA-CI-FAI-QUI.”
“Dormo no?” esclama, voltandosi dall’altra parte mentre si accoccola sul cuscino che gli viene immediatamente sottratto dall’amico.
“Ehi!”
“Ehi cosa?? Questo è il mio letto! E non mi viene in mente nessun motivo per il quale tu debba essere qui ora!”
“Ridammelo!” urla l’espada protendendo le mani verso l’oggetto tanto ambito.
“Non ci penso nemmeno! Vai sul divano!”
Granz si imbroncia, assumendo un’espressione compassionevole, sgranando appena gli occhi dorati.
“Non mi fai pena. Dimmi cosa ci facevi qui.”
Mugugna appena, infastidito:
“Mi sentivo solo. Volevo compagnia.”
“E quindi hai pensato bene di infilarti nel mio letto!?”
“Eddai cosa c’è di male! Non ti ho mica stuprato! Ho solo dormito!”
“Abbracciato a me?”
“Dev’essere successo mentre dormivo, non era mia intenzione.”
“Beh, fa come ti pare. Buonanotte!”
Ishida si immerge sotto le lenzuola, lasciando visibile solo un ciuffo di capelli scuri.
“Cosa fai? È mezzogiorno passato!”
“Allora va a farti gli affari tuoi!”
“Ishida non dormire dai! Cosa faccio tutto il giorno sennò?”
Con una mano lo scuote, dondolandolo con insistenza, mentre lo supplica di alzarsi con voce lamentosa.
“Smettila! Sei una noia terribile!”
“Lo so, ma ora ti alzi??”
“NO. Lasciami in pace.”
L’espada si adagia sul materasso incrociando le braccia dietro la nuca. Il petto nudo viene carezzato dai tiepidi raggi di sole che filtrano dal vetro, beandosi di quel contatto confortante.
“Anche a me dispiace che Grimmjow se ne sia andato.”
Sospira, ma non ottiene alcuna risposta. Percepisce solo un tremito al suo fianco ma il quincy non intende sbilanciarsi sull’argomento.
“Magari non vuoi parlarne, lo capisco, però non puoi disperarti così. L’importante è che stia bene no? Sa badare a se stesso e …”
“Non sta bene.”
Afferma Uryuu con voce rotta, incrinata dal dolore:
“Non sta affatto bene. Altrimenti perché andarsene?”
“Era confuso, ha fatto la cosa migliore che in quel momento gli passava per la testa.”
“Non tornerà più”
“Tornerà … ci tiene a te come a nessun altro.”
“E tu come lo sai??”
“Sono uno scienziato osservo tutto!”
Con uno slancio improvvisa un attacco di solletico nel tentativo di rallegrare un po’ Ishida, il quale si contorce sotto quelle dita sottili implorando pietà.
Un colpo di tosse ed un’ondata di forte reatsu li blocca entrambi, togliendo loro il respiro: Byakuya li osserva sconcertato, con gli occhi sgranati e un’espressione disgustata dipinta sulle labbra.
“Kuchiki Byakuya!” esclamano in coro coprendosi immediatamente con le lenzuola stropicciate.
“Evidentemente devo ripassare più tardi.” Commenta freddo e distaccato, senza cessare di setacciarli con lo sguardo, indagatore al massimo.
“No no no ha preso un abbaglio! Non è come pensa!” si giustifica il quincy, tirando una gomitata a Szayel per fargli trattenere le risate.
Il capitano inarca un sopracciglio, indicando il petto nudo dell’espada e il pigiama sbottonato dell’altro.
“Ehm, ripeto … non è come … appare…”
“Non sono cose che mi riguardano. Non sono qui per quello.”
“Ci lasci .. ehm … cinque minuti … se vuole accomodarsi in soggiorno … ehm…”
Lo shinigami si avvia fuori dalla stanza senza voltarsi, scostandosi i capelli corvini dalle spalle e sbattendo la porta.
“Che caratterino.” Commenta Szayel.
“E’ colpa tua cretino! Se mi lasciavi stare ora non penserebbe che siamo due … due …”
“Omosessuali?”
“Esatto.”
“Beh, non lo sei? Credevo di si.”
“Non è questo il momento!!” strilla scappando nel corridoio e cambiandosi gli abiti durante la corsa.
L’arrancar ridacchia divertito, scuotendo la testa in segno di dissenso. Con calma cerca degli abiti adatti a lui vagando nell’armadio dell’amico, optando infine per una felpa verde muschio e dei pantaloni da tuta neri; si raccoglie i capelli in una piccola coda, lasciando cadere alcuni ciuffi rosa sulla fronte e sulle guance lisce, per poi avviarsi con calma verso il salotto del piano inferiore. I suoi passi sulle scale producono un suono ovattato mentre i piedi nudi si appoggiano leggeri sul parquet.
“Te lo ricordi che questa sera devi andare da Renji vero?”gli ricorda Ishida, attirando l’attenzione del capitano.
“Il mio luogotenente ha a che fare con questi loschi esseri?”
“Ei capitano di sto ca*** bada a come parli! Io sono la perfezione!” ringhia l’espada.
Byakuya estrae la katana, pronto ad affettarlo con i suoi mille petali di ciliegio ma la mano del quincy lo blocca, cercando di calmarlo:
“Si calmi per favore. Szayel o stai zitto e ascolti o vai via. Chiaro?”
“Cosa vuole da te il tenente Abarai?” domanda Kuchiki con serietà.
“Non lo so. Ieri Kurosaki è passato di qui per dirmi che alle 7 di stasera devo presentarmi a casa Abarai. Tutto qui.”
“Capisco. Bene, ci andrò io. Devo giusto chiarire alcune cose con lui.” Asserisce con sguardo truce.
“Non sarà un problema? È Granz che vogliono.” Chiede Ishida, perplesso, sistemandosi gli occhiali.
“Ho urgente bisogno di informazioni riguardo quell’arrancar che vi è scappato.”
“Avviso Abarai allora … ?” chiede Uryuu, sempre più dubbioso.
“Non serve.”
Detto questo si volta di spalle e senza alcun saluto sparisce nel nulla, lasciando dietro di sé solo un rivolo di vento dal profumo di ciliegio in fiore.
 
ORE 18.45 CASA ABARAI
 
Din don!
Il campanello suona melodioso, squarciando l’atmosfera quieta ed accogliente della dimora: le luci soffuse del soggiorno, la tavola finemente apparecchiata, le candele accese, il profumo di cibo e una leggera musica di sottofondo rendono il tutto calmo e accattivante: Rukia guarda la sua opera compiaciuta, cercando in Renji uno sguardo altrettanto soddisfatto che riceve immediatamente.
Lui la bacia sulla fronte, cingendole i fianchi:
“Sei stata bravissima a preparare tutto questo da sola. Un giorno lo farai anche per me?”
Lei ride, divertita:
“Certamente Renji! Mi sono stupita da sola!”
Un altro bacio, stavolta sulla punta del piccolo naso.
“Apri tu Rukia? Io controllo la cottura dell’arrosto.”
“Corro! Ma aspetta … noi dove ceniamo stasera??”
“Ti porto fuori, dove vuoi tu!”
“Ios!” la shinigami salta dalla felicità, correndo alla porta.
“Ehi Ulquiorra ben arrivato!”
“Ciao.”
L’espada la squadra con freddezza, senza rispondere al sorriso sgargiante della donna.
I capelli sono ancora profumati e ordinati proprio come li ha sistemati il parrucchiere Gin il giorno precedente; indossa dei pantaloni neri attillati, una camicia bianca ed una giacca non troppo elegante ma perfetta su quel corpo magro e pallido. Gli occhi verdi risaltano come due pietre preziose, dando luce a quei lineamenti sottili ed eterei.
“Entra entra, accomodati!”
Rukia lo afferra per un braccio, strattonandolo sul divano. Renji lo saluta cordialmente, porgendogli un calice d’aperitivo.
“A cosa devo tutto questo?” domanda sconcertato l’arrancar.
“Oh ehm ecco pare sia giunto il momento di spiegartelo!” esclama Renji grattandosi il capo.
“Vedi, ricordi che volevamo parlarti? Beh era una piccola bugia ehehe!” ride Rukia tentando di non preoccuparlo.
“Non capisco.”
“Sei un nostro nuovo amico e quindi … si insomma, volevamo farti una sorpresa!” gioisce la giovane, mostrandogli la tavola imbandita con un gesto plateale.
“Capisco. Grazie, ma non serviva.”
Prova ad alzarsi ma viene bloccato dalla lama di Zabimaru puntata alla gola.
“Renji! Ma che modi sono!”
“Non può darci buca! Gli altri invitati ci rimarranno male!”
“Altri … invitati?” deglutisce Ulquiorra.
“Sì. Esatto! E saranno qui. .. anzi, sarà qui … a momenti!” cinguetta la shinigami osservando l’orologio appeso al muro per poi avvicinarsi al compagno, sussurrandogli nell’orecchio:
“Szayel lo sa di venire alle sette in punto vero?”
“Tranquilla è tutto sotto controllo.”
Entrambi si guardando negli occhi, complici, mentre un sorriso compiaciuto attraversa il loro volto.
“Ottimo allora stacci bene Ulquiorra! Noi usciamo, apri tu agli ospiti! Fate come se fosse casa vostra, noi torneremo moooolto tardi!”
Renji marca cospicuamente la parola “molto”, facendogli l’occhiolino.
“Cosa intendi con molto, Abarai? E perché mi lasci da solo a casa tua?”
I due ragazzi lo salutano sventolando la mano, ridendo, correndo fuori dalla porta sghignazzando e urlando all’unisono:
“Ci si vede domani mattina!”
Ulquiorra rimane da solo, in quell’abitazione a lui ancora sconosciuta, immerso nella calda ed avvolgente atmosfera creata apposta per lui.
“Questi shinigami … non sono molto a posto …”  mugugna, sistemandosi la camicia.
Si siede più comodamente, iniziando ad abituarsi a quella visuale accogliente.
“In fondo non è poi così male…”
Il suono del campanello interrompe i suoi pensieri, costringendolo ad alzarsi e dirigersi verso la fonte del rumore.
Si liscia i pantaloni, aprendo la porta con estrema cautela. Appena le sue iridi si incontrano con quelle blu dell’ospite cala un silenzio agghiacciante, interrotto dopo un lunghissimo minuto dallo shinigami.
“Espada?”
“Shinigami?”


Ciao lettori! Non so voi, ma a me viene già da ridere XD
Comunque ho visto che ogni capitolo ha minimo 50 visualizzazioni perciò vorrei veramente mandarvi un abbraccio e ringraziarvi di cuore! Se la storia prosegue è soprattutto grazie a voi!
Vi mando un bacio (e per chi lo volesse anche un Ulquiorra) :*****

Bacissimi, 
Valentina :)

 

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Capitolo 27
*** Un ospite inatteso ***


CAPITOLO 27

 
“Espada?”
“Shinigami?”

Ognuno trafigge con il proprio sguardo gli occhi dell’altro, rimanendo immobili, impassibili, senza nemmeno fiatare. Solo dopo un lasso di tempo apparentemente infinito l’arrancar si sposta, facendo cenno al capitano di accomodarsi.
Dalle finestre aperte entra la frescura della sera, mentre l’atmosfera è scaldata dall’aroma delle pietanze fragranti e da una canzone altrettanto allegra:
 
Who's to know if your soul will fade at all 
The one you sold to fool the world 
You lost your self-esteem along the way 


 
“Dov’è Abarai?”
Ulquiorra arrossisce a quella domanda, senza sapere esattamente cosa rispondere.
“E’ uscito … con sua sorella Kuchiki Rukia …”
Byakuya inarca un sopracciglio, osservandolo malamente.
“E ti hanno lasciato qui da solo?”
“Così pare.”
“Capisco.”
 
Good god you're coming up with reasons 
Good god you're dragging it out 
Good god it's the changing of the seasons 

 
Il capitano si avvicina al tavolo della cucina, afferrando un foglio di carta scribacchiato dalla sorella, biglietto che Ulquiorra non aveva affatto notato. Si avvicina allo shinigami, per leggerne il contenuto:
“Caro Ulquiorra, sorpresa! Ti abbiamo preparato una super cena per te e il tuo … ospite! Divertitevi e passate una bella serata! Baci, Rukia e Renji con la collaborazione di Ichigo, Orihime e Uryuu!”
Sotto le parole un simpatico disegno di due coniglietti che mangiano e cantano.
Byakuya sosta su quelle frasi, osservandole accigliato e l’espada approfitta di quella vicinanza per osservarlo meglio: non idea del perché per la prima volta in tutta la sua vita si senta così indefinitamente attratto da qualcuno a prima vista. Forse a causa dell’incantevole profumo o della fine eleganza nel vestire: quei pantaloni impeccabile, la giacca attillata, i capelli sciolti e lunghi. O forse per quell’atteggiamento misterioso e silenzioso tanto simile al suo carattere? Fatto sta che l’arrancar non riesce a stargli lontano, sente uno strano formicolio nello stomaco, un subbuglio nel petto, una sconosciuta sensazione di tepore lo avvolge facendolo sudare leggermente. Le guance lattee arrossiscono e tale cambiamento non sfugge al capitano Kuchiki.
“Qualcosa non va?”
“No, tutto a posto. Solamente non mi aspettavo che l’ospite fosse lei.”
“Temo di non essere io infatti.”
Si allontana velocemente, a passo spedito, ma la voce impercettibilmente agitata di Ulquiorra lo blocca sull’uscio.
“E chi sarebbe?”
“Aporro Granz.”
L’espada non riesce a trattenere una smorfia disgustata ed un mugolio di disapprovazione che suscita in Byakuya una leggera risata: non sa perché ma quell’arrancar non gli sta poi così antipatico, probabilmente per il suo comportamento educato e tranquillo. Si concede qualche parola in più, in fondo gli fa piacere conversare con lui:
“Non ti va di passare la serata con lui?”
Ulquiorra scuote la testa, facendo ondeggiare i morbidi capelli color pece.
 
 
I feel so raped 
So follow me down 
And just fake it if you're out of direction 
Fake it if you don't belong here 
Fake it if you feel like affection 
Woah you're such a ******* hypocrite 

 
 
“Non lo gradisci?”
“Non è questo. Semplicemente … non è il genere di persona con cui preferisco trascorrere questo genere di cose.”
Byakuya non riesce a resistere alla tentazione di scrutare nell’anima e nei pensieri di questo bellissimo ragazzo dagli occhi smeraldo e le labbra sottili. Kami, non sa davvero spiegarsi questa improvvisa curiosità che lo travolge.
“Perché?”
Ulquiorra passa l’indice sul mento, appoggiandosi con l’altra mano ad una sedia.
“Non lo so esattamente.”
“Non ti dispiace far rimanere male mia sorella se abbandoni il suo progetto? Conoscendola si dev’essere impegnata molto. E si vede …”
Ulquiorra è pervaso dalla  voglia di rimanere in compagnia di quell’uomo affascinante che finalmente gli permette di scivolare via da quel male di vivere che troppo spesso lo affligge.
Non sa come ma le parole gli escono spontanee dalla bocca, ancora prima di formulare un qualsiasi pensiero:
“Allora se le va, perché non rimane lei?”
Byakuya sgrana appena gli occhi, facendo scintillare le iridi blu come la notte. Il cuore sussulta, le labbra accennano un sorriso.
“Dammi del tu. Byakuya.”
Chiude la porta alle sue spalle, avvicinandosi con passo deciso verso l’espada e porgendogli la mano; l’altro la stringe con serietà, sussurrando il proprio nome, invaso da un calore improvviso.
 
 
And you should know that the lies won't hide your flaws 
No sense in hiding all of yours 
You gave up on your dreams along the way 

 
È la prima volta, dopo la morte della moglie Hisana, che qualcuno gli fa sussultare il cuore con una così forte prepotenza, travolgente. Un’onda di emozioni e sensazioni dimenticate da troppo tempo assale il capitano, provocandogli una fitta allo stomaco accompagnata da un piacevole formicolio che si intensifica di minuto in minuto.
Lascivo, si sfila la giacca appoggiandola sul divano, seguito a ruota da Ulquiorra che gli offre un calice di vino rosso.
“Grazie.”
Lo sorseggia appena, degustandone l’aroma intenso mentre si diverte ad oscillare il contenuto fra i sottili vetri.
“Tu non bevi?”
“Non sono molto pratico di queste cose …”
Byakuya gli versa il liquido rosso in un bicchiere dalle medesime fattezze, porgendoglielo ed attendendo che lo assaggi.
“Vediamo cosa ci ha preparato mia sorella. Sperando che sia commestibile ovviamente.”
“Non sa cucinare?”
Byakuya si lascia sfuggire una risata sincera, la prima dopo tanti secoli:
“Diciamo che non l’ho mai vista cucinare.”
“Ho fiducia in voi Kuchiki. Avete la fama di abili guerrieri, di valorosi shinigami. Un’azione semplice come questa non dovrebbe essere difficile.”
“Grazie per la bella opinione.”
 
 
I can fake with the best of anyone 
I can fake with the best of em all 
I can fake with the best of anyone 
I can fake it all 

 
Byakuya vuole dimenticare, almeno per una sera, tutti gli oneri, I doveri, le responsabilità di capitano che ogni giorno gli gravano sulle spalle. Vuole ritrovare, solo per una volta, la serenità, la spensieratezza e la felicità di cui non ha mai goduto. Vuole essere sé stesso, risvegliare il lato genuino e sensibile lasciando sgretolare quella maschera d’indifferenza e freddezza che troppo spesso indossa per proteggersi dagli orrori della realtà. Sembra incredibile ma questi pensieri sono gli stessi che percorrono la mente di Ulquiorra.
Quando due anime solitarie e tristi si incontrano possono accadere solamente due cose: o si respingono, come i poli opposti della terra, o si incontrano in un abbraccio ardente.
“Sembrerebbe un antipasto di … rucola e … ?” Ulquiorra guarda stranito uno strano vassoio contenente alimenti mai visti prima.
“Bresaola, credo sia bresaola. Beh dai, un buon inizio. Poi …”
Apre lo sportello del forno venendo investito da una fumata di vapore.
Estrae una teglia di lasagne ed una di arrosto con patate, scrutando entrambi i cibi con sospetto.
“Sembrano a posto. Dovrò complimentarmi con mia sorella.”
Si accomodano sui confortevoli cuscini delle sedie, uno di fronte all’altro, colmando i piatti con la prima portata.
“Buon appetito.”
“A te.”
Assaggiano l’antipasto, annuendo sollevati.
“Ok questo è buono” sussurra Ulquiorra, arrossendo inevitabilmente.
Kyakuya osserva le guance rosee con piacere, deliziando il palato con il vino e la vista con la bellezza dell’espada davanti ai suoi occhi: vorrebbe chiedergli qualsiasi cosa, sapere tutto del suo passato e del presente, vorrebbe rivederlo ancora e ancora e ancora ma forse è solo l’alcolico che gli dà alla testa. In effetti ne ha consumato una quantità considerevole e si sente leggermente stranito, stordito ma felice.
Ulquiorra percepisce l’atmosfera distendersi, diventare più serena e coinvolgente per entrambi.
Inghiotte un altro sorso di vino per darsi il coraggio necessario nell’iniziare una conversazione ma anche questa volta le parole sfuggono dalle labbra come proiettili senza dargli il tempo di mordersi la lingua.
“Mi piacciono i tuoi occhi. Sono blu e profondi, come il mare.”
Byakuya si lascia andare ad una risata bellissima, sensuale come una carezza, mentre con una mano pallida si scosta i capelli neri dietro le spalle.
“Anche i tuoi sono molto belli.”
Ulquiorra si sente svenire, gli manca l’aria: Kuchiki Byakuya gli ha appena fatto un complimento. È la serata più strana ma più spettacolare di tutta la sua vita.
Portano in tavola la seconda pietanza gradendo anch’essa e apprezzando le nuove abilità culinarie di Rukia.
Le fiammelle delle candele illuminano la stanza tremolando leggere ed emanando un buon profumo di vaniglia.
“Com’è la vita nella Soul Society? Me lo sono sempre chiesto.”
“Vuoi la verità o le solite bugie?”
“La verità ovviamente.”
Sorseggia il vino, prendendosi una pausa per riflettere:
“E’ noiosa ma incredibilmente impegnativa: ho grandi responsabilità, non posso permettermi errori. Ho una parte da recitare, una figura da interpretare. Non è sempre tanto facile.”
“A volte scendi sulla Terra.”
“Solo se strettamente necessario. Ma da oggi credo lo farò più spesso…”
Ulquiorra accenna un sorriso timido, abbassando lo sguardo. Quell’uomo lo fa impazzire, quel modo di fare, quella postura, quei capelli … tutto, tutto di lui è una calamita naturale.
“E nell’Hueco Mundo? Come trascorrevi le tue giornate? Ti trovi meglio ora?”
“Sinceramente non mi sono mai trovato a mio agio in alcun posto. Ho sempre vissuto in solitudine, non ho mai provato un senso d’appartenenza verso qualche posto. Nell’Hueco Mundo era tutto più spento, nel mondo reale invece ogni cosa sembra travolgermi come una tempesta. Non sono certo che sia questo il posto giusto per me.”
“E’ accaduto anche a me di provare le stesse cose.”
“Come hai fatto a superarle?”
“Ho stretto i denti e ho chiuso gli occhi, costringendomi a non pensarci e proseguire il mio cammino. Se non volevo farlo per me stesso allora dovevo convincermi a farlo per tutti gli shinigami che avevano bisogno di me e fiducia nella mia persona. Però … la solitudine e il dolore mi sono entrati in circolo come il sangue e non sono riuscito a separarmene. Nessuno se n’è mai accorto, ma va bene così.”
“Io me ne sono accorto Byakuya. Si legge nei tuoi occhi.”
“E’ per questo che ti piacciono? Perché riesci a rifletterti in loro?”
“Sì. È così. Anch’io sono nato abbracciato alla sofferenza ed ormai in essa vive la mia stessa essenza, la mia natura. Non siamo scindibili. Però … ho capito che anche se non posso dimenticare, né superare il dolore mi è concesso di alleviarlo.”
Le iridi smeraldo avvolgono il capitano con un magnetismo incredibile, causandogli potenti brividi sulla pelle candida.
 
Who's to know if your soul will fade at all 
The one you sold to fool the world 
You lost your self-esteem along the way 



 
“Dimmi la verità. Anche tu sei di nuovo un espada vero?”
Ulquiorra sussulta di fronte a quella scomoda verità. Una fitta nel petto gli fa mancare il respiro:
e ora? Mi disprezzerà per questo come fanno tutti gli altri? Sono di nuovo un nemico da eliminare?
“Mostrati Ulquiorra. È un ordine.”
La voce ferma e seria dell’uomo lo fanno impietrire ma nonostante ciò non si scompone. Con un semplice gesto porta una mano davanti al volto, facendola scendere lungo il corpo che muta aspetto in pochi secondi: in un attimo compare sul lato sinistro del capo ciò che rimane della sua maschera da hollow, le guance sono rigate da due linee verdi simili a lacrime, sul petto, accanto al numero quattro, compare il foro nero ed inequivocabile che lo distingue dallo shinigami.
Byakuya lo osserva in silenzio con sguardo glaciale, algido, senza proferire una parola ed una sensazione nuova assale l’espada, scuotendole come foglie smosse dal vento. Una sensazione a cui si può appellare il nome di vergogna, disgusto verso se stessi.
“Sono un mostro … mi dispiace.”
Si porta la mano sul buco nel torace, cercando di nasconderlo agli occhi dell’altro.
“Hai un aspetto malinconico.” Proferisce lo shinigami con tristezza, alzandosi dalla sedia.
Ulquiorra afferra istintivamente la katana, ma il calore della mano di Byakuya sulla sua spalla lo costringe a lasciare immediatamente la presa.
Alza il volto verso quello dell’uomo, osservandolo con gli occhi smeraldo.
Il capitano sfiora le linee verdi sulla guance delicatamente, carezzandole con l’indice chiaro in tutta la loro lunghezza:
“Sembrano lacrime.”
“Non ho mai pianto.”
“Nemmeno io. Forse avrei dovuto. Avremmo dovuto entrambi.”
Si lascia sfuggire un sospiro, senza abbandonare il contatto con la spalla dell’altro.
“Ti faccio ribrezzo?”
“Affatto.”
La mano abbandona le guance dell’arrancar per dedicarsi alla maschera da hollow. Afferra il corno con forza, costringendo l’espada ad alzarsi dalla sedia.
“E’ stato difficile liberartene?”
“Non voglio ricordarlo.”
“Puoi tornare alla tua forma umana se vuoi.”
Ulquiorra scuote la testa, scostandosi dal capo la mano dello shinigami.
“Non ha importanza ormai. In fondo questo è ciò che sono. Tanto vale rimanere così.”
Le labbra di Byakuya si posano velocemente sulle sue, mentre gli arti dello shinigami lo tirano a se con prepotenza. Il capitano solleva appena le palpebre per scrutare quelle socchiuse di Ulquiorra, per bearsi di quei segni smeraldo che gli decorano il viso, per imprimere nella mente il pallore di quella pelle ed il contrasto con la chioma corvina.
L’espada, inizialmente scosso da quell’azione avventata, si lascia scivolare nell’oblio delle emozioni, sospettando di pentirsene in futuro, ma sinceramente non gli importa affatto. Vuole solo continuare a stringere quei capelli neri, ad assaggiare quelle labbra calde e percepire il calore dell’altro accanto al suo corpo.
Sente cingere i fianchi con ardore, risponde al gioco di quel bacio colmo di istinto e dolore, senza nemmeno riflettere lascia scivolare i suoi arti chiudendo lo shinigami in un abbraccio stretto e sofferente.
Nessuno dei due vuole lasciare andare l’altro, nessuno dei due intende ritornare a sprofondare nella propria solitudine ma il peso della coscienza li costringe a separarsi appena e guardarsi negli occhi.
“Cosa ne penseranno nella Soul Society?”
“La mia vita privata non li riguarda.”
“Sono un espada, ho servito colui che vi ha tradito. Li riguarda eccome.”
“Voglio fidarmi di te. Posso farlo?”
“Hai la mia parola.”
Byakuya annuisce, rassicurato, avvicinandosi ai fornelli per tagliare due fette di torta. Appena estrae il dolce due biglietti svolazzano a terra adagiandosi sul pavimento.
Ulquiorra li raccoglie leggendoli con attenzione e porgendoli allo shinigami.
“Hanno pensato proprio a tutto.”
Il capitano si acciglia leggermente, scorrendo le iridi celuree sulle parole stampate in quei pezzi di carta.
“Biglietti del cinema? Ti va di andare?”
L’espada annuisce appena, scosso dall’emozione e da un leggero imbarazzo.
Byakuya indossa la giacca precedentemente appoggiata sul divano, porgendo ad Ulquiorra la sua.
Le candele sono ormai consumate, i bicchieri sono vuoti ed anche lo stereo è muto da un tempo indefinito. Il buio della sera è calato da qualche ora su Karakura, avvolgendola nell’aria fresca e nel vocio delle strade cittadine. La luna illumina il cielo terso donando un’atmosfera serena, pulita, linda, perfetta.
“Andiamo.”
Byakuya chiude la porta alle sue spalle, attendendo l’uscita del compagno per poi posargli delicatamente il braccio lungo la vita. Un piccolo bacio lontano da occhi indiscreti per poi iniziare a camminare vicini lungo il marciapiede carezzato dall’alone dorato dei lampioni.



Non ho resistito, ho dovuto scrivere subito la continuazione! Nel prossimo capitolo finalmente ci sarà l'appuntamente fra Ichigo e Orihime! E mooolte altre cose!

La canzone con cui ho arricchito questo capitolo è FAKE IT degli SEETHER. 

L'ho scelta perchè mi pareva un sottofondo carino ed anche perchè il testo parla della "finzione", un tema adatto all'immagine che ho presentato di Byakuya.
Spero vi sia piaciuto (e che vi aggradano anche i miei gusti musicali XD)
Baci :***
Valentina :)

 

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Capitolo 28
*** Addio ***


CAPITOLO 28
 

La luna splende sorniona nel cielo cupo, nero, solcato da nuvole perlacee e leggere, simili a velieri che ondeggiano sulle acque scure dell’oceano. Un freddo vento soffia insidioso fra i rami secchi e minerari degli alberi cristallini dell’Hueco Mundo, fluttuando in quella fitta foresta opaca dispersa nel deserto.
Nessuna voce, nessun suono rompe quell’agghiacciante silenzio impregnato di morte e desolazione, di odio, di solitudine, di brandelli di vita ancorati al rancore e all’istinto: solo gli ululi del vento, quelle urla strazianti della natura, echeggiano come rintocchi dello scorrere del tempo in tale dimensione dispersa e abbandonata.
Grimmjow respira a fatica, semicosciente, la schiena aderente al terriccio umido e gelido. Gli occhi azzurrissimi sono volti verso l’astro luminoso e scarno, lontano, impalpabile, ma la vista sfocata ed annacquata gli impedisce di cogliere pienamente quella figura lattea alta nel velluto scuro della notte eterna.
Quindi è questa la fine. Non … non avrei mai creduto di morire così. E peggio ancora … non avrei mai creduto in fondo … di morire da solo.
Con grande fatica si porta una mano alla ferita profonda e colma di sangue che gli strazia l’intero sterno, il petto in tutta la sua lunghezza, ferita che ricalca l’incancellabile cicatrice inferta dallo shinigami Kurosaki Ichigo.
Ansima, il respiro si affievolisce di minuto in minuto facendogli percepire un estremo bisogno di ossigeno, d’aria, di riempire i polmoni ormai intirizziti e fragili. Poi, un forte colpo di tosse lo scuote violentemente, strappandogli un grido di dolore ed un flotto di liquido vermiglio dalla gola, rischiando di soffocare.
I capelli celurei sono sudati, imbrattati di terra e sabbia, impolverati, in parte aderenti alla fronte ed al volto pallido, quasi bianco, gelido proprio come il resto del corpo ormai quasi privo di vita.
Insistenti brividi lo percorrono lungo la schiena, le gambe, il ventre mentre il foro da hollow gli duole con un furore insopportabile che lo porta più volte all’orlo dello svenimento.
L’espada è sfinito, vinto in tutti i sensi: non riesce a muovere alcun arto, qualsiasi movimento gli procura terribili fitte di dolore; le sue percezioni sono sfalsate, non è più in grado di comprendere né di saggiare il mondo esterno, la realtà attorno a lui. Sa unicamente d’essere ferito, sulla lama del rasoio: sa che tra pochissimo tempo tutta sarà finito per lui e ben presto si dissolverà nel nulla.
Questo pensiero gli conferisce un’ultima flebile fiammella di coraggio, di slancio vitale, che lo aiuta a sollevare le palpebre per guardare la luna dell’Hueco Mundo, quel satellite fittizio che per troppi secoli aveva osservato in silenzio, prima di abbandonare definitivamente l’esistenza.
Una lacrima calda e densa gli riga la guancia, lasciando al suo passaggio un tenue e rinfrancante tepore.
Va bene così, in fondo cosa mi aspettavo? Un hollow … ecco ciò che sono … questa fine miserabile è anche troppo per uno come me … avanti Grimmjow, cosa ti aspettavi? Eh? Di vivere per sempre felice e contento nel mondo degli umani? Di fare il bravo maritino con quel quincy che nemmeno conosci troppo? Fai ridere … faccio … ridere … eppure, per un attimo, seppur breve, ci ho sperato davvero. Ho creduto che fosse possibile cambiare in meglio, superare il passato. Finalmente Aizen, Las Noches, la morte, la distruzione .. la mia stessa essenza … erano tutti aspetti ormai lontani da me, scissi, irrecuperabili.
Ed invece ora eccomi, patetico più che mai, a morire  da solo senza dignità.
Forse Ulquiorra aveva ragione … siamo tutti pura spazzatura … me incluso. Me per primo…
Ah … al diavolo quello spocchioso di Ulquiorra. Sarà sicuramente a godersi il sole con i suoi nuovi amici.
Digrigna i denti, in una smorfia di dolore –più interiore che fisico- cercando di trattenere le calde lacrime che continuano imperterrite a colargli dagli occhi turchesi.
A dispetto del suo organismo devastato , la mente è ancora perfettamente lucida, attiva e questo gli causa una sofferenza ancora più pungente e profonda ed il panico inizia a diffondersi nel corpo tremante e congelato.
Spero di morire in fretta, di svanire senza lasciare alcuna traccia. Voglio sparire per sempre, senza lasciare neppure un ricordo… Diamine, quanto cavolo ci sto mettendo? Per quanto durerà ancora l’agonia?
Me**a, me**a, M***A!!!
Si agita, accentuando la perdita di sangue dalla grave ferita. Sotto di lui un’estesa pozza color porpora tinge di morte e violenza il terreno spento, algido.
Pensieri confusi gli affollano la mente, accavallandosi fra loro ed inondandolo di immagini sfocate, terribilmente colme di emozioni e conseguente dolore: il volto di Ishida, la sensazione incoraggiante e avvolgente data dal calore del suo corpo, quegli abbracci affettuosi e un po’ timidi, gli sguardi profondi che dicevano tutto ed allo stesso tempo nulla.
E poi ancora la ruota panoramica, le luci della città, la paura di precipitare, il profumo dei dolciumi, la musica lontana. La fragranza di pulito dei vestiti di Uryuu, il pavimento lucido della sua casa, le visite a sorpresa di Orihime ed il suo sorriso sincero, aperto, felice.
I singhiozzi lo scuotono, insensibili allo strazio fisico ed ai lamenti deboli, tremuli, fili di voce spezzata.
Ricordo tutto, ora ricordo tutto. Ma che senso ha adesso? Ora che sono lontano da tutto e da tutti?
Di nuovo scompare nel baratro dei ricordi, sempre più assillanti e prepotenti: vede Szayel nel suo laboratorio, intento a scribacchiare qualcosa sulle ridicole montagne di cartacce d’ogni tipo che soleva tenere sulla scrivania; di tanto in tanto si scostava i capelli rosa dal volto per osservarlo con i suoi occhioni d’ambra scintillanti e folli. Ecco invece Ulquiorra ed il suo solito atteggiamento distaccato, arrogante, mentre dialoga appartato con Aizen.
Il solito lecchino … tsk. Cosa farai ora eh, Ulquiorra? Adesso che anche il tuo amato Aizen ti ha scaricato?
Cosa farai quando saprai che è stato lui a ridurmi così? Ne sarai felice immagino. Per te sono solo un mucchio di frattaglie capaci di muoversi. Ma di pensare… quello no, assolutamente.
Il pensiero continua a vorticare, schiaffeggiandolo con il sorriso e le risa di Renji, la bocca colma di pizza, mentre rotolava sul tappeto per quel film guardato in compagnia… anche lo shinigami, Ichigo, pareva essere felice dopotutto.
Sono certo di lasciarti in buone mani Ishida Uryuu. Spero che Ichigo, Renji, Rukia, Orihime e tutti gli altri abbiano cura di te, ma sono sicuro che sarà così. E tu, Szayel … spero capirai di essere stato l’unico vero amico su cui abbia mai potuto contare; bada a te stesso e ti prego, impara ad aprire gli ombrelli.
Un sorriso amaro gli schiude le labbra, colmando il bellissimo viso di tristezza e malinconia.
Un ultimo respiro, le palpebre si abbassano, le lacrime non smettono di cadere.
 
 
 

“Ei Ichigo … dove mi stai portando?”
Il ragazzo sorride, continuando a pedalare la bicicletta sulla strada sterrata, alzando una leggera polvere grigia.
“E’ una sorpresa. Tieniti forte Orihime, siamo quasi arrivati!”
Con slancio aumenta la velocità, inoltrandosi nel largo viale delineato dalle folte chiome verdeggianti dei pioppi. Tutt’attorno la campagna si estende ridente, giocosa, piena di colori e profumi.
Orihime stringe forte la schiena dello shinigami, abbracciandola, percependone il calore inebriante.
Il suo cuore fa un guizzo, un sussulto quando una folata d’aria tiepida le porta l’odore del giovane, così buono ed unico.
“Hai visto? Il grano sta già diventando dorato!”
Esclama entusiasta, sbilanciandosi appena per indicare con un braccio lo spettacolo di spighe ondeggianti e papaveri delicati.
Il sole raggiante li scalda con i suoi raggi estivi, regalando a quella giornata tersa un accenno di vacanze e atmosfera festiva. Entrambi già pregustano le gite al mare, i gelati serali, l’anguria, le passeggiate nei boschi: tutto pare ostentare con gioia l’arrivo della bella stagione regalando a chiunque il buonumore.
“Eccoci!” afferma soddisfatto Ichigo, scostandosi con il polso una ciocca di capelli dalla fronte sudata.
Le guance arrossate gli donano un aspetto quasi bambinesco, ma gli occhi caramello tradiscono tale maschera infantile ghermendo una profondità ed un’intensità che nemmeno un adulto potrà mai avere.
Inoue lascia vagare il suo sguardo in quel magnifico panorama, semplice ma davvero magnifico: le iridi grigie si perdono fra i campi ordinati puntellati dalle piantine di soia, così forti e smeraldine, mentre le foglie dei pioppi e dei ginkghi suonano una musica magica diretta dalla brezza temperata.
L’ombra rinfrescante si protende generosamente sul prato morbido, sugli steli d’erba un po’ umidi ma piacevolmente lisci e profumati. Piccoli insetti volano e saltano sui fiori selvatici, sulle cortecce, nei piccoli fossi, mentre di tanto in tanto qualche farfalla bianca fa la sua comparsa danzando graziosamente.
Ichigo estrae dal cestino della bici una grande stuoia, appoggiandola sul terreno per coprirla infine con una tovaglia variopinta.
“Ecco siediti Orihime, ho anche altre cose. Spero ti piacciano!”
Velocemente agghinda il telo con bicchieri di plastica, lattine di bibite, merende d’ogni genere: fette di torta, tramezzini, polpette di riso, biscotti al cioccolato e …
“WOOOW!! Ma queste sono ciambelline alla pasta di fagioli rossi!”
“Esatto!” sorride, grattandosi appena le tempie: “Le ho fatte io, non so se sono commestibili.”
“Saranno certamente buonissime…”
Si guardano per qualche secondo, in silenzio. Fino a quel momento non vi è stato alcun attimo d’imbarazzo, anzi! Tutto è sembrato naturale, spontaneo, ogni singolo gesto e parola. Orihime si scosta dietro la spalla i capelli ramati e lunghi, ridendo dolcemente.
“Sei stato … molto carino a preparare questo … per me … Ichigo…”
“E tu sei stata molto gentile ad accettare di trascorrere insieme questo pomeriggio. Ti piace?”
Lei annuisce, decisa, senza staccare le iridi grigie da quelle nocciola del ragazzo.
“Sai … quando ero più piccolo … e delle volte anche adesso … quando sento il bisogno di riflettere e rimanere un po’ da solo con i miei pensieri … vengo qui. Mi aiuta a rimettere ordine alle idee.”
Un lampo di tristezza saetta negli occhi castani ed Inoue percepisce subito a quali ricordi dev’essere allegato.
“Venivi spesso qui dopo la morte di tua madre vero?”
“Sì, è così… sei la prima con cui condivido questo posto.”
La ragazza ne è lusingata. Fiera, come se finalmente fosse importante per colui che ama da sempre. Felice, colma di gratitudine, emozionata, commossa.
“Beh … allora … buon appetito!”
Lo shinigami afferra una polpetta di riso addentandola con enfasi, lasciando piccoli chicci bianchi ai margini della bocca. Orihime ride di gusto di fronte a quella visione buffa ed allo stesso tempo dolce.
Beve un sorso d’aranciata prima d’assaggiare i biscotti, applaudendo le mani con contentezza:
“Che bello essere qui Ichigo! Grazie davvero!”
Estrae con cura la macchina fotografica, arrossendo lievemente:
“Senti … di andrebbe di … fare una foto … insieme?”
Lui esista appena ma subito accetta, lasciandosi trasportare dal clima amichevole ed entusiasta di quella giornata.
Si avvicinano, sorridendo di fronte all’obiettivo e clic! Orihime scatta la foto ma con suo disappunto non è riuscita un granchè.
“Dobbiamo avvicinarci di più, altrimenti non riusciamo a inquadrarci.” Cinguetta lei, sistemando lo zoom.
Ora le guance sono talmente vicine da sfiorarsi, ognuno percepisce il contatto con la candida pelle dell’altro ed è un tocco che fa sussultare entrambi, con emozione.
“Ecco, ci siamo, pronto? Uno, due …”
Tre?
No, quel numero non riesce ad uscire dalle sue labbra, ora dischiuse in un bacio con quelle di Ichigo.
La macchina fotografica ancora sollevata e stretta fra le mani leggermente tremanti, gli occhi sgranati di Inoue che osservano quelli chiusi e assorti dello shinigami.
È un bacio casto, inesperto, gentile … atteso da tantissimo tempo.
Lei sbatte qualche volta le palpebre per poi dimenticarsi del mondo tutt’attorno e abbandonarsi in quel contatto colmo di dolcezza e affetto.
Finalmente riesce ad assaporare il gusto di quelle labbra morbide e rosee, può carezzare le guance lisce da ragazzo, può stringere fra le dita sottili i capelli altrettanto fini e morbidi, anche se apparentemente ispidi e sbarazzini.
Le lacrime le colmano gli occhi, costringendola ad allontanarsi appena da lui per asciugarseli con il dorso della mano.
“Qualcosa non va Hime?” domanda preoccupato, incupito dal timore di essere stato troppo avventato.
Baka ! Sono un idiota! La porto fuori per la prima volta e poi di colpo la … la …. La bacio!!!
Mi odierà a morte, non mi vorrà più vedere, mi eviterà come la peste!
“Oh Ichigo …” mormora sommessamente, lanciandosi fra le sue braccia.
“Ichigo, ti ricordi quando abbiamo visto la stella cadente insieme?”
Lui annuisce, incerto, stringendola al petto.
“Credo … credo che il mio desiderio si sia avverato… Scusami se piango però … sono troppo felice.”
Un’improvvisa tenerezza lo scioglie: Orihime sembra un animaletto indifeso, tremante, fragile. Le accarezza la nuca con dolcezza, stupendosi per quel gesto spontaneo, rivelatore di una parte di lui colma d’amore di cui non conosceva l’esistenza.
La culla lentamente, appoggiando la guancia sui capelli lisci, beandosi di quella sensazione meravigliosa.
“Va tutto bene Hime. Ci sono io con te.”
“Grazie Ichigo. Tu … tu ..”
Alza il volto arrossato, puntando gli occhioni su di lui, sorridendo:
“Tu mi hai sempre protetto, difeso, aiutato, anche quando in realtà avresti dovuto pensare a te stesso e preoccuparti anche del tuo bene. Invece hai sempre posto me e gli altri in cima, hai sempre dato la precedenza a noi … sei un ragazzo fantastico.”
Quelle parole piene di sentimento gli scaldano il cuore, colmando tutti i sacrifici e le ferite subite fino a quel momento.
“Anche tu lo sei.” Sussurra appena, dandole un buffetto sulla guancia.
 
 
“Cosa ti sembra quella nuvola??”
“Hmm … Renji!”
Entrambi ridono sonoramente, guardandosi negli occhi per un attimo, per poi riprendere il gioco:
“Perché proprio Renji?”
“Guarda bene Hime! Sembra un’ananas … quindi … di conseguenza …”
Con un esplicito cenno, Ichigo le fa intendere la somiglianza fra i due, scaturendo ulteriori risate.
“Guarda quella Ichigo! Sembra un … uno zucchero filato! E’ così soffice!”
Entrambi sono stesi sulla tovaglia, la testa di Orihime appoggiata al petto dello shinigami; entrambi scrutano il cielo terso cercando di attribuire un significato alle nuvole, divertendosi molto.
Ormai il sole protende i suoi lunghi raggi dall’ovest, avviandosi lentamente verso il sonno.
“E’ già il tramonto …”
Annuncia tristemente la ragazza, abbracciandosi all’amato.
“Riusciremo a tornare indietro con il buio?”
“Certo Hime, non preoccuparti. E poi la notte arriva tardi, abbiamo ancora tanto tempo.”
Una lingua umida e appiccicosa si avventa improvvisamene sulla guancia di Ichigo per poi dedicarsi a quella della giovane. Il piccolo naso nero e la coda scodinzolante accompagnano con gioia le leccate affettuose del cagnolino che si è letteralmente avventato sulle coppia.
“Oddio com’è carino!!” esclama lei carezzandogli il pelo soffice e candido.
Il piccolo cane abbaia, incoraggiandola ad accarezzarlo ancora e ancora.
“Com’è affettuoso!” continua,giocherellando con la zampina.
Lo shinigami si ripulisce la guancia con il dorso della mano, guardando con simpatia l’animale.
Una voce familiare giunge da lontano mentre chiama il nome del cucciolo:
“Yutooo! Eiii Yutooo dove seii!! Vieni quiii!”
I due giovani si guardano, perplessi:
“Ma questa … non è forse la voce di …”
“Naa non può essere!” aggiunge Ichigo, scuotendo la testa.
“Invece a me sembra proprio…”
Un ragazzo dai capelli rosa raccolti in una cosa e dagli occhiali bianchi si avvicina correndo con foga.
“SZAYEL??” esclamano in coro.
Granz si ferma di fronte a loro, sbuffando, per poi prendere in braccio l’animaletto:
“Yuto! Eccoti finalmente! Non devi più scappare brutto malvagio.”
Il cagnolino gli lecca la faccia mentre la mano dell’espada gli fa i grattini sulla pancia.
Gli occhi giallastri spostano l’attenzione su un perplesso Ichigo ed una Orihime impallidita:
“Oh, chi si vede, abbiamo disturbato??”
“Nnn-nnnoo!!” si affretta a rispondere Inoue, gesticolando animatamente.
“Non ti avevo forse riferito che dovevi andare da Abarai? A quest’ora dovresti già essere là!” ringhia Ichigo, invaso da un cattivissimo presentimento.
Con disinvoltura l’arrancar ripone sull’erba Yuto che ricomincia a correre e giocare inseguendo una farfalla.
Si sposta una ciocca rosea dagli occhi, assumendo un’espressione imbronciata.
“Già dovevo. Ma Byakuya ha insistito di prendere il mio posto e l’ho lasciato fare.”
Ichigo e Orihime tirano un urlo all’unisono: “COOSAAA?? Byakuya è andato al posto tuo!?”
Szayel annuisce, scrutandoli sorpreso, senza capire il motivo di tanta agitazione.
“E .. e poi da quando hai un cane??” sbraita lo shinigami, esterrefatto.
“Oh, Yuto. L’ho trovato poco fa in un cassonetto. Non volevo lasciarlo lì.”
Gli occhi di Inoue iniziano a brillare, lucidi di entusiasmo: “Che gesto gentile!”
Con aria di chi la sa lunga l’espada annuisce, assumendo la solita espressione da “io-sono-la-perfezione”.
“Ho pensato di portarlo a fare una passeggiata. Se voglio rimanere bellissimo devo tenermi in forma.”
“Che idiota. Potevi portarti dietro almeno Ishida! Così si distraeva un po’.”
“Tsk, stupido shinigami. Parli senza sapere le cose. Ishida è uscito dopo pranzo, non lo vedo da quell’ora.”
“E dov’è andato?” urla il ragazzo, esasperato.
“Mica mi faccio gli affari suoi.”
Orihime pone una mano sulla spalla di Ichigo, rassicurandolo:
“Ishida sa badare a se stesso, non è un tipo avventato … come te.” Ridacchia, continuando:
“E poi al momento il problema principale è un altro …”
Lo shinigami deglutisce immaginando l’appuntamento fra Ulquiorra e Byakuya e temendo il peggio.
“Meglio muoversi Hime, possiamo ancora tentare di salvare la situazione.”
“Come?”
“Non lo so me lo inventerò lungo la strada!”
Szayel, stufo di quella conversazione incomprensibile chiama il cucciolo dal pelo bianco e riccio, foltissimo, avviandosi verso la via del ritorno:
“Me ne vado, ci si vede.”
Una mano lo agguanta al cappuccio della felpa trascinandolo da tutt’altra destinazione:
“No tu devi venire con noi! Ti spiegheremo il guaio mentre corriamo da Abarai!”
 
 

 
Le luci del cinema sono soffuse, un intenso aroma di pop corn ed altre leccornie aleggia nelle sale dalle poltroncine colorate e morbide, fra le pareti vellutate delle medesime tinte.
Ulquiorra e Byakuya si accomodano vicini, osservandosi con una vena di diffidenza ed allo stesso tempo d’attrazione.
“Tra poco inizia il film. Vuoi che vado a prenderti qualcosa da bere?”
“Non serve grazie, sono a posto così.” Risponde freddo l’espada.
Il buio cala sulla grande sala e l’enorme schermo si anima di immagini e suoni. L’arrancar sobbalza per la sorpresa, facendo voltare il capitano.
“Non conosci questo genere di cose vero?”
“Non proprio. Tu si?”
Byakuya fa una smorfia indecifrabile fra il si ed il no, che culmina con un sorriso appena accennato.
Dopo una mezz’ora abbondante di pubblicità finalmente il film ha inizio: già dai primi minuti l’arrancar fissa quelle magiche visioni con interesse, senza staccare lo sguardo algido da esse. La sua espressione seria non cambia nemmeno un millimetro ma Kuchiki è certo, in cuor suo, che in fondo si stia divertendo almeno un po’.
Quello a non gioire del proseguimento della serata, però, è lui:
Trama scadente, doppiaggio pessimo, fabula scontata, attori al limite del passabile, colonna sonora banale.
Forse, ma proprio forse, è leggermente critico. E poi la presenza di quell’espada silenzioso e pieno di mistero lo distrae al punto da non fargli ricordare nemmeno i nomi dei protagonisti.
Allunga una mano sulla coscia di Ulquiorra, il volto diretto verso lo schermo ma le iridi blu lo scrutano di sottecchi pronte a cogliere una reazione.
Con tranquillità il ragazzo si gira verso di lui avvolgendolo con quegli splendidi smeraldi, senza scostare la mano.
“Ti annoia?”
Byakuya annuisce con un cenno secco.
“Se vuoi andiamo via.”
Il capitano sgrana appena gli occhi, stringendo la presa sulla gamba:
“Non è ciò che voglio.”
Senza nemmeno accorgersene si morde un labbro, invaso da una sensazione di malizia scordata da tempo immemore.
“Capisco.” Asserisce piatto Ulquiorra.
Un altro breve fugace sguardo, un attimo di silenzio e poi entrambi si ritrovano avvinghiati in un abbraccio stretto, in un contatto passionale fra le labbra umide e affamate.
Com’è finito il film ? Nessuno dei due sa dirlo! 

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Capitolo 29
*** Save me ***


CAPITOLO 29


Quando Ulquiorra apre gli occhi, sbattendo lievemente le palpebre leggermente umide, prova un lieve senso di smarrimento: le sue iridi smeraldo non riconoscono immediatamente il mobilio semplice ma raffinato della stanza, né le magnifiche e ricche decorazioni sulle pareti e sulla porta di legno, ma un profumo di ciliegio in fiore … quello si, lo riconosce pienamente ed è proprio accanto a lui.
Volta appena il viso pallido verso il corpo ancora dormiente adiacente al suo: Byakuya dorme sereno, i lunghi capelli corvini sono sparsi sul cuscino bianco e il respiro è regolare, silenzioso. L’espada lo osserva incuriosito, forse anche attratto da quella visione celestiale e riesce a scommettere che quell’espressione sul viso dell’amato sia proprio un piccolo sorriso. Un sorriso vero, sincero, dedicato a lui.
 L’arrancar gli si avvicina dolcemente, attirandolo a sé con le braccia lattee, svestite. Lo abbraccia con cautela, attento a non svegliarlo, affondando la guancia nell’incavo della spalla per inspirare appieno quell’aroma suadente, delicato, proprio come lo shinigami. Sulla pelle percepisce la morbidezza dell’altro, il calore del suo corpo nudo che poche ore prima lo stringeva come mai nessuno ha fatto in passato e lo pungeva con uno sguardo profondo, scuro, indescrivibile.
Socchiude nuovamente le palpebre, strusciandosi la mano candida sulle ciglia per poi riportarla accanto al capitano, poggiandola sul ventre che emana un tepore piacevole, rassicurante.
Che ore saranno?
Riapre gli occhi, cercano invano un segnale, un indizio, per decifrare il momento della giornata in cui si trova. Eppure ben presto abbandona l’iniziativa, lasciandosi cullare dal respiro di Byakuya, azzerando i pensieri nella mente.
In fondo non mi interessa davvero sapere che ore sono. Il tempo è relativo … lo è sempre stato .. e continua ad esserlo. Soprattutto ora.
Improvvisamente una mano salda, decisa, gli si pone sulla spalla, facendolo sussultare impercettibilmente:
lo shinigami lo scruta in silenzio mentre una vena di curiosità gli attraversa il bellissimo e delicato viso ancora assopito.
“Sei già sveglio?” gli domanda con noncuranza, come se trovarsi in quel luogo, nello stesso letto, così vicini da respirare il fiato dell’altro fosse … normale.
Ulquiorra lo fissa inespressivo, un po’ dispiaciuto per averlo destato inavvertitamente. Annuisce, trattenendo uno sbadiglio.
“Posso sapere come mai? C’è qualcosa che non va?”
“No, nessun problema. Solamente … non riuscivo più a riaddormentarmi. Mi dispiace.”
“Non preoccuparti, possiamo stare anche così. Magari più tardi ti faccio fare un giro completo della casa, se vuoi.”
“D’accordo.”
Un attimo di silenzio, ognuno sembra riflettere su qualcosa di importante, intimo, personale.
Il primo a parlare è Ulquiorra: la sua voce è pacata, tranquilla, rasserenante.
“Ti ho svegliato io vero?”
Chiede a bruciapelo, indicando il corno avorio sul capo color pece, parte di quanto resta del suo passato da hollow.
Lo shinigami abbozza un sorriso intenerito, scuotendo la testa come quando ci si trova di fronte a un bambino che ha appena compiuto una marachella.
“Si, è un po’ scomodo. Ma va bene così.”
L’arrancar schiude le labbra in un sorriso triste, malinconico, un accenno della solita aria gravosa trapelante da quelle righe verdi che gli solcano le guance.
L’altro coglie quella sensazione di imbarazzo, di dispiacere, di lieve sofferenza nell’essere diverso, nel sentirsi non adeguato: lo stringe allora forte, allentando la presa sulla spalla per trasportare la mano dietro sulla schiena dell’espada e spingerlo verso di sé.
Solo allora si rendono pienamente conto entrambi d’essere completamente svestiti, pelle contro pelle, assolutamente vicini in un abbraccio caldissimo, a dispetto della glacialità che solitamente li avvolge.
“Sei veramente bellissimo,  Byakuya.”
Con una mano gli scosta dalla fronte i ciuffi di capelli d’ebano, sfiorando il viso con i polpastrelli curati, leggiadri, assorto in quel movimento tanto semplice quanto intenso.
Un brivido scuote i loro cuori, una scia di pelle d’oca che li induce a lasciarsi andare alle tenerezze, ad abbandonare la maschera di impassibilità e severità che ogni giorno indossano per crogiolare finalmente nel baratro dell’amore, dei sentimenti, della felicità donata dall’avere accanto qualcuno.
“Credevo che non l’avrei mai detto … eppure …”
“?”
“Mi piace il tuo foro da hollow.”
Ne bacia delicatamente i contorni, carezzandolo, apprezzandolo lealmente: non riesce a capire il motivo eppure quella diversità, quella sostanziale lontananza che li pone agli estremi dell’universo, quel muro invalicabile fra loro, tutti questi elementi lo inducono a desiderarlo sempre di più, ad addentarne l’anima per placare la sua sete di affetto ed uscire dalla violenza della solitudine. Sente l’esigenza di addentrarsi nel mondo che ha sempre respinto e combattuto, di metterne insieme i brandelli e guardarlo da un nuovo punto di vista.
Gli hollow sono hollow, mostri infami e famelici. Ma gli espada … non hanno forse forma umana? Non hanno imparato ad essere al nostro stesso livello? E poi …
Una considerazione gli preme sulla lingua, ma altrettanta è la paura di poter rovinare quel magico momento.
“Ulquiorra. Vorrei chiederti una cosa.”
“Ti ascolto.”
“Voi espada siete molto simili a noi. Avete grandi poteri, sapete come gestirli, siete dei validi combattenti. Eppure noi tutti siamo soliti a considerarvi come nemici a priori, bestie senza alcun sentimento. Ma è sbagliato immagino. Se provate rabbia durante un duello, se odiate, se percepite qualsiasi tipo di volontà allora è praticamente chiaro che siete in grado di provare sensazioni ed emozioni. Sbaglio?”
“No, pare un logico ragionamento.”
“Perciò potete essere anche capaci di provare sensazioni positive come l’amore, l’amicizia, l’affetto e qualsiasi altra cosa a voi fin’ora sconosciuta. È ovvio che non avete acquisito questo genere di conoscenza, nell’Hueco Mundo la vita immagino sia fondamentalmente diversa da quella nelle altre dimensioni. Deduco che non vi sia spazio per imparare tale genere di emozioni.”
“E’ così. Cresci in un mondo di lupi e hai solo due scelte: o diventi lupo anche tu o soccombi.”
“E tu? Cos’hai scelto?”
“Io mi sono allontanato il più possibile da quella famelica realtà. Ho scelto la via più irta, quella della solitudine e della desolazione.”
“Hai un aspetto malinconico, quanto dici si rispecchia in te.”
“Anche tu non sei da meno.”
Quelle parole lo colpiscono come una pugno nello stomaco. Si domanda se sia realmente così evidente il dolore che negli anni ha corroso il suo spirito. Si chiede se forse non sia palese ed in realtà sia una capacità intrinseca di capirsi fra anime simili, con un dolore talmente profondo da essere condiviso.
“Ulquiorra. Ti sei mai domandato se durante la tua vita terrena hai mai assaggiato, anche solo lontanamente la felicità?”
Un sorriso mesto arriccia le labbra dell’interrogato, facendolo sospirare amaramente.
“Si, me lo sono chiesto. Più volte. E sono giunto alla conclusione che forse si, probabilmente si. Una piccola fiammella di felicità dev’essere esistita in me, una fiamma per cui il mio spirito ha continuato a lottare nei secoli. Quando brancoli nella tenebra è l’unica fonte lecita da ricercare, diventa un’ossessione che rischia di divorarti vivo. Eppure … eppure nell’Hueco Mundo ho trascorso lunghi anni a vagare in solitudine fra quelle sabbie gelide ed arse, fra i rami cristallini e mi sentivo un semplice spettro senza via, smarrito in un mondo oscuro e in un’anima ancora più tenebrosa. Un giorno, dopo il reclutamento di Aizen, mi sedetti sul tetto di una torre di Las Noches e guardai attorno a me: la desolazione del mio petto si riversava inesorabilmente su quelle mura scoscese, dilagava fra le dune, soffocava e opprimeva la notte eterna. Allora mi chiesi: cos’è il nulla se non una notte più buia di questa?”
“Ma non esistono notti più buie quando sei nell’Hueco Mundo.”
“Appunto. Ho vissuto nel nulla Byakuya. E in esso sono morto anch’io, per secoli. ”
“Ti andrebbe di ricominciare a vivere?”
“Solo se insieme a me ricominci anche tu.”
 
 
 
Uryuu corre a perdifiato nell’oblio più profondo fra tutte le dimensioni: sotto ai suoi piedi raggruppa le particelle spirituali, così splendenti e sottili, formando una piattaforma sospesa nel vuoto; un singolo errore, una scivolata e potrebbe precipitare nell’abisso infinito senza alcuna mano pronta a sorreggerlo.
“Grimmjow! Grimmjow dove sei infame!”
Urla con tutto il fiato che ha nei polmoni ma la sua voce si disperde nel buio immenso e spaventoso. Si sgretola come una roccia corrosa dall’acqua troppo a lungo, si disperde come vapore nell’aria.
Non riesco a percepire la sua forza spirituale. Grimmjow maledetto dove ti sei cacciato.
Un balzo, una rovinosa caduta ed un cumulo di sabbia sollevata attorno a lui: eccolo il deserto dell’Hueco Mundo, quel luogo già conosciuto in passato, talmente spaventoso e crudele da non desiderare mai di poterci ritornare. Ed invece eccolo lì, Ishida Uryuu, mentre avanza impavido e coraggioso fra le dune chiare, la pelle candida illuminata dalla fragile luna alta nel cielo sempre addormentato.
Eccolo, mentre la bianca divisa da Quincy splende come una stella ed il pendaglio a forma di croce gli oscilla sul polso. Il fiato si dirada e percepisce il cuore pulsare convulsamente, la milza scoppiare, la fatica per la corsa estenuante si propaga in tutto il corpo ma nulla e nessuno possono fermarlo.
Chiama quel nome ancora una volta con tutta la voce  possibile, disperato, ma non ottiene alcuna risposta.
Un ghigno alle sue spalle ed una fortissima reatsu da hollow lo fanno trasalire, costringendolo a voltarsi e bloccare, temporaneamente il cammino.
“Nnoitra.”
L’espada ride nuovamente, con quel suono acuto e ringhioso solito ed oramai conosciuto. Lo osserva, leggermente divertito, e solo dopo alcuni minuti il quincy si rende conto degli abiti indossati dall’arrancar:
“Ma quella è la divisa da Espada!”
“Nnoitra Jirga, numero cinque. In persona!”
Ride ancora, sistemandosi la benda sul foro dentato al posto dell’occhio.
“Lo so chi sei. Cosa vuoi da me? Che ci fai qui? Non ho tempo da perdere.”
“Sembra che ultimamente Szayel si sia rincoglionito. Non che sia mai stato il grande genio che crede di essere eh. Tsk! Ma davvero mi chiedo come non sia lui ora ad essere con te, al posto mio.”
“Non ne sapeva nulla.”
“Ed io si? Sei scontato.”
“Ancora non capisco perché sei qui. Ma non mi interessa, puoi anche rimanerci. Ho altro da fare.”
Con un balzo si allontana correndo, ma ben presto la grande Santa Teresa gli viene posta di fronte con un fendente secco, colmo di crudeltà, intimandolo a rimanere dov’è.
“Perché non mi dici dove corri Quincy?”
“Se sei qui vuol dire che lo sai già.”
“Voglio sentirlo dire da te.”
“Vado a cercare Grimmjow. Ed ora spostati, razza di megalomane. Mi stai facendo incazzare!”
“E ancora speri di trovarlo vivo? In quelle condizioni in cui era… persino un bambino avrebbe potuto ferirlo a morte.”
Una freccia fulminea gli sfiora la guancia magrissima, costringendolo a scostarsi.
Le iridi blu di Ishida lo trafiggono con decisione ed orgoglio, costringendolo a tacere per radi secondi.
“Tsk, fa come vuoi.” Sputa Nnoitra, voltandogli le spalle ed allontanandosi.
Senza abbassare l’arco Uryuu gli lancia un’altra freccia, strappandogli il vestito dalla spalla.
“Dimmi perché sei qui.”
“Mi annoiavo.” Ghigna l’arrancar con atteggiamento beffardo.
“Lo conosci meglio di me. Dimmi dove può essere.”
L’espada finge di pensarci, assolutamente poco disposto a rispondere seriamente alla domanda. In fondo cosa gli interessa di quei due? Grimmjow poi, nemmeno nominarlo! Non lo ha mai adorato, perché salvarlo proprio adesso? Eppure lo sguardo intrepido di quel ragazzo, la sua prontezza a rischiare la vita per … per chi ? Per un arrancar, per un hollow alla fine. Un hollow dai capelli azzurri e le grandi iridi turchesi.
“A volte si recava in un posto, per stare da solo.”
“Dove??Per favore dimmelo!”
“Non serve, ti accompagno io. Avanti, muoviti.”
 
Quando giungono alla foresta degli alberi di cristallo il cuore di entrambi perde un battito.
“Questa è …”
Nnoitra annuisce: “Sembrerebbe lui.”
Ishida corre a perdifiato fra quei rami aguzzi, acuminati, lacerando la stoffa bianchissima, escoriandone la pelle altrettanto pallida. Nella sua mente una frase rimbomba, riecheggia, oscilla: Non può essere. Non può essere. NON PUO’ ESSERE.
Anche quando vede il corpo di Grimmjow riverso sul terriccio umido quelle parole continuano ad annebbiargli il pensiero, urlando con tutta la loro forza: non può essere vero.
Apre la bocca per parlare ma non esce alcun suono. La mano che impugna l’arco trema e, senza accorgersene, anche lui sembra scosso come una foglia. Nnoitra si avvicina con lentezza, poggiandogli una mano sulla spalla.
“Mi spiace.”
“N… n …..non … non può ….”
La luna, simile ad una falce, osserva muta e silenziosa quello spettacolo atroce. Le nubi la sovrastano di tanto in tanto mentre il vento ulula malvagio, simile ad un lupo famelico in preda alla fame più vorace.
Ishida si lancia sul corpo freddo dell’espada, tastandolo, toccandolo, stringendolo.
“Grimmjow, rispondimi, Grimmjow!”
Urla, urla disperatamente e quei lamenti, simili ad un pianto accorato, si tramutano presto in una supplica devastante.
“Rispondi… rispondi ti prego…”
Perfino Nnoitra prova una stretta inspiegabile allo stomaco. Vedere quel giovane, così pieno di vita e coraggio ora morire anch’egli e sciogliersi nel più disperato terrore.
Grimmjow giace immobile, gli occhi chiusi e il ventre solcato da una profonda ferita. Attorno a lui una pozza di un intenso vermiglio, la divisa bianca da arrancar ridotta a brandelli e sporca di quel liquido dall’odore di morte.
Il quincy gli pone una mano sul piccolo pezzo di maschera da hollow aderente alla guancia, senza trattenere le lacrime che gli stringono lo gola.
“Tu non sei un mostro, non lo sei. Se solo … l’avessi detto prima …”
“Non è colpa tua.” Prova a suggerire Nnoitra, senza successo.
Un urlo, il grido più profondo di dolore che l’espada avesse mai sentito prima d’allora. Un urlo e poi Ishida si accascia sul corpo senza vita dell’amato sciogliendosi in convulsi singhiozzi.
Appena avvicina il volto in fiamme alla ferita una vertigine lo coglie, rischiando di privarlo dei sensi:
“E’ stato Aizen.”
L’arrancar gli risponde con lo sguardo, come se avesse appena ottenuto la conferma a ciò che da tempo immaginava.
“La reatsu è inconfondibile.  La ferita ne è pregna.”
Ishida si asciuga gli occhi e con innata delicatezza solleva il corpo inerme di Grimmjow.
“Che vuoi fare quincy?”
“Lo porterò ad Orihime. Lei può …”
“Non dire scemenze. Contro Aizen lei non può fare proprio nulla!”
“Allora vorrà dire che gli darà una degna sepoltura! Ma io qui non lo lascio!”
Stringe l’arrancar fra le braccia come se fosse una povera creatura, un cerbiatto ferito, un uccellino caduto dal nido. Corre di nuovo, verso il mondo reale, corre in quel deserto gelido proprio come l’espada in fin di vita.
“Uryuu…”
La voce flebile, così sottile da sembrare solo uno scherzo del pensiero. Poi, di nuovo:
“Uryuu….”
Si ferma, barcollando, intento a non perdere il precario equilibrio.
Gli occhioni cerulei lo scrutano annacquati, le palpebre semichiuse ed il volto contratto in un’espressione di dolore.
“Grimmjow! Grimmjow sei ancora vivo! Non respiravi più, Grimmjow!”
L’espada schiude le labbra per parlare, per spiegare ma un colpo di tosse lo scuote costringendolo a sputare altro sangue.
“Non parlare baka.” Ringhia Nnoitra, privo di qualsiasi tatto o accortezza.
“Resisti, ti stiamo portando da Inoue ok? Ti guarirà, sistemeremo tutto. Resisti, per favore resisti.”
Il numero sei abbandona ogni tentativo di parola, ma tenta con tutte le sue forse di tenere aperti gli occhi ed imprimersi nella mente il volto di colui che, nonostante tutto, non l’ha mai abbandonato.
 
 
 
Angolino di Szayel:
Ciao a tutti! Il mio nome è Szayel Aporro Granz, espada numero 8, nonché il più bello ed intelligente di tutti. Ma questo immagino che lo sappiate già! Vi state per caso chiedendo cosa ci faccio io qui nel bel mezzo della storia? Ma è semplicissimo! Però, siccome non siete tutti la perfezione come me intendo spiegarvelo ugualmente: vedete, ultimamente una nostra fan molto cara all’autrice è un po’ giù di morale ed è nostro dovere tirarla su di morale! Perciò eccoci qui con uno speciale per lei e per tutti coloro che hanno bisogno di ridere un po’in questo periodo! In fondo questa non è solo una semplice storia, ma è un insieme di emozioni, desideri, sensazioni e ricordi messi insieme e condivisi. Perciò cari lettori, il minimo che posso fare (e che può fare anche l’autrice) è cercare di starvi accanto e ringraziarvi nel miglior modo possibile del vostro tempo e della vostra presenza.
Ricapitolando: un lettore è triste? Ci pensa Szayel!
Per questa occasione intendo raccontarvi un piccolo episodio: Gli Espada scoprono il Fiume.
Bene, autriceeee ! Prego! Ora pensaci tu!

Ecco a voi una storia demenziale per tirarvi su di morale... era la mia preferita quando ero piccola :)
 
La bella addormentata nell’Hueco Mundo

Tanto tanto tempo fa … c’era una volta un mondo lontano, dove la notte era eterna, gli unicorni estinti e il deserto infinito ed arido. La grande massa di sabbia biancastra era talvolta smossa dal vento mentre una luna pallida vigeva costantemente nel cielo profondo e tetro.
In quell’atmosfera di grande gioia, dunque, un bel giorno un nuovo ed importante avvenimento scosse la tranquillità delle vita: aria di festa nell’enorme Las Noches, era nata da principessa! Re Aizen e regina Gin salutavano con grazia gli ospiti, giunti da ogni parte del reame per vedere la piccola appena nata e portarle i loro doni: sfavillanti, preziosi, ricercatissimi, sfarzosi.
La piccola dormiva placidamente nella culla, il pollice in bocca ed i delicatissimi capelli rosa sopra il volto. Al canto del giullare di corte, di nome Ishida, apre i grandi occhioni giallastri, sorridendo.
“Ooh non è adorabile?” esclama Gin con ghigno felino.
“Adorabile.” Conferma Aizen, assorto.
Il portone d’ingresso viene socchiuso ed entrano svolazzando tre piccole fatine gentili, trasudanti bontà e serenità: la prima indossa un cappellino a righe verdi e bianche e sventola un ventaglio bianco davanti al volto sorridente, la seconda è piena di tatuaggi e ha lunghi capelli rossi raccolti in una coda dalla forma di ananas, la terza ed ultima ha i capelli arancioni e ispidi, il volto imbronciato e gli occhi nocciola.
Ok, forse da loro non trapelava proprio tutta questa felicità però vi assicuro che erano fatine buone.
“Cari sovrani, vogliamo fare un magico dono alla vostra bambina!”
Esclama Urahara, gioioso, brandendo la bacchetta.
“Ecco il mio dono: la vostra bambina diventerà un maschietto e crescerà con la passione per la scienza!”
Un vortice di magia la avvolge, esaudendo il primo desiderio (e facendo strozzare Aizen con il thè).
“Ecco il mio dono invece!” ringhia Renji, afferrando Zabimaru.
“Il mio dono è….”
Ma il rosso non riesce a terminare la frase poiché una forte folata di vento gelido invade la stanza con prepotenza, spegnendone le candele e sferzando i volti dei presenti. Un’atmosfera gelida e grave aleggia fra le alte mura, accompagnata dal suono deciso di passi pesanti. Una risata malefica echeggia crudelmente, ben nota a tutti.
“Muahahah! Bene bene bene! State dando una festa senza nemmeno avermi invitato!”
Si passa una mano fra i capelli turchesi, sgranando i grandi occhi dello stesso colore.
“Strega Grimmjow! O no! Cosa vuoi da noi!” squittisce Orihime nascosta dietro la colonna stringendo il braccio di Ulquiorra.
Quest’ultimo si lancia verso il nemico, puntandogli contro un dito pronto a lanciare un cero.
“Tranquilli sono solo venuto a portare un regalo alla piccola ….”
“E’ un piccolo adesso. Si chiama Szayel!” esclama Urahara felice mentre mangia adorabilmente delle tartine ai gamberetti rubacchiate al buffet.
“Non importa, quel che è! Voglio fargli un regalo!” ringhia rabbioso.
Aizen annuisce, accennandogli di avvicinarsi. Dall’alto del suo trono osserva la scena con freddo distacco, mentre Gin non smette di ghignare nemmeno un secondo.
“Ecco il mio regalo: all’età di 198 anni la tua vita cesserà! Ti pungerai con una ciambella e non potrai evitarlo! E appena il tuo dito goloso sarà trafitto dalla punta di zucchero … caro principe, morirai. BUAHAHAH!”
E con una risata all’apice della crudeltà sparisce in una nuvola di fumo.
La fatina Renji, scioccata/o, pone una domanda che non riesce realmente a trattenere:
“Davvero nell’Hueco Mundo le ciambelle pungono?”
Ulquiorra annuisce con aria grave, mostrandogli quel cibo quadrato e appuntito ma estremamente invitante.
“Allora … dovrà cercare di arginare la situazione con il mio dono! Tutte la ciambelle diventeranno rotonde! E se mai dovesse verificarsi di trovarne una acuminata allora il principe cadrà in un lungo ed eterno sonno!”
Gli invitati si scambiano occhiate angosciate per la sorte del povero Szayel che, nel frattempo, tira e strappa i  capelli a Yourichi, ridendo.
Aizen, con voce roca, irrompe nel brusio:
“E tu, fatina Ichigo? Che dono ci porti?”
Il ragazzo si gratta la nuca, perplesso.
“Ah ehm io … no io faccio solo numero. Anche la bacchetta è finta. Si ecco, io li aiuto a portare a casa il buffet alle comunioni e ai battesimi.”
“Capisco. Allora vada per le ciambelle rotonde e … Urahara, metti qui quel tramezzino.” Sibila Gin.
 Gli anni trascorrono lieti e felici, il piccolo Szayel cresce nella grande famiglia degli Espada e già dai primi anni di vita è palese la sua passione per i dolciumi e per la biologia. Ma il tempo sembra scivolare troppo in fretta ed il giorno del compleanno numero 198 è alle porte: Szayel Aporro Granz è ormai un bellissimo ragazzo, gli occhi d’ambra e gli occhiali da studioso, il fisico atletico e la carnagione chiara. È così simpatico che lo odiano tutti, eccetto Ishida, il giullare, che parte essersi preso una cotta segreta per lui. Ogni volta che gli parla, infatti, incocca una freccia nel suo arco pronto a trafiggergli il petto.
Già, nell’Hueco Mundo si ha uno strano modo per esprimere l’affetto!
Quella mattina il giovane scienziato viene svegliato dallo zio adottivo, Byakuya, che gli canta una canzoncina inquietante mentre gli porge una torta decorata con petali di ciliegio:
“Buona morte a te, tocca proprio a te, oggi muori anche tuuuuu … tanti auguri a te!”
“Oh, grazie zio. Mi vuoi davvero bene.”
Ne assaggia un pezzetto, gustandone il colore rosa proprio come i suoi capelli ed il sapore dolciastro.
“Mi sento così strano … ho davvero voglia  … di una ciambella quadrata.”
Corre da Aizen, chiedendogli il dolcetto ma riceve un sonoro no e lunghe minacce. Tali imperativi e restrizioni fanno aumentare nel ragazzo la voglia di ribellarsi, di disobbedire e si rinchiude nel laboratorio intento a creare l’oggetto dei suoi desideri: dopo lunghe ore di lavoro, solleva la sua creazione zuccherosa e quadrata, ricoperta da glassa e cioccolato, una bomba calorica pronta ad esplodere.
“Tanti auguri a me!” cinguetta, leccandosi le labbra.
Allunga la mano per afferra il dolce ma il dito indice viene punto dall’angolo del dessert: il corpo dell’espada si affloscia al suolo, predato dal sonno più profondo del mondo.
Appena Gin scopre il compimento della maledizione di Grimmjow cade nel panico più profondo: corre per i corridoi di Las Noches con le mani fra i capelli, chiamando Aizen-sama con tutto il fiato nei polmoni.
Nel frattempo, la fatina Urahara ha ideato insieme ai suoi complici la soluzione a tale dramma: nasconde del sonnifero speciale nel thè di Aizen e di tutti i suoi sudditi che cadono uno dopo l’altro in dolci sogni.
“Bene, e ora andiamo a cercare il principe!”
“Yo Ichigo!”
“Yo Renji!”
Le fate corrono a perdifiato verso la dimora del principe dai capelli corvini e lunghi che, in quel momento, è impegnato a sgridare la sua domestica Nel:
“E’ questo il modo di lavare i piatti? Io ti ammazzo! Per non parlare di come passi l’aspirapolvere! Ti licenzio!!!”
“Ehm .. Renji .. sei sicuro che sia questo il salvatore?” sussurra Ichigo, dubbioso , mentre Urahara ride di gusto dietro al ventaglio.
“Temo di si …” risponde il rosso, altrettanto perplesso.
Nnoitra si volta verso gli ospiti, lanciando loro uno sguardo glaciale ed accogliendoli con una risata acutissima.
“Ohh le tre balie della principessa! Cosa posso fare per voi?”
“Devi baciare il principe .. ehm la principessa … così riesce a svegliarsi.”
“Non ricordo, chi è la principessa?”
Le tre fate si guardano, indecise su qualche risposta dare:
“Rukia!”
“Orihime!”
“Stark!”
Ok, cattiva coordinazione e pessimo tempismo.
Nnoitra sembra pensarci attentamente, mentre liscia il mente con un dito sottile.
“E va bene …. Se mi dite che è Orihime …. Ok , vada per la principessa Stark!”
I tre si guardano straniti ma scrollano le spalle e guidano il principe Nnoitra verso Las Noches.
Varcano la soglia correndo fino alla camera del bell’addormentato. Szayel dorme sereno adagiato su un letto spazioso e candido, il camice bianco è coperto da bricioline di biscotti ma rimane morbido e pulito.
“Su su bacialo!” fa il tifo Urahara saltellando.
Nnoitra arrossisce, pensando che in fondo non era poi così male quel giovane scienziato.
Avvicina il viso alla sua bocca socchiusa, pronto a stampargli un casto bacio sulle labbra ma …
“Cosa state facendo qui???”
La voce di Grimmjow invade la stanza silenziosa, violenta come un boato.
“E’ il mio addormentato! Non il vostro!!”
Ichigo cerca di dileguarsi ma Renji lo trattiene per il braccio mentre anche Byakuya e Ulquiorra spiano la situazione dalla soglia della porta.
“Volevo .. ehm … volevo svegliarlo io.” Bofonchia Grimmjow, rosso d’imbarazzo.
“Che ci fate qui?” urla Szayel sgranando gli occhi e pulendosi gli occhiali. “Perché siete tutti nella mia stanza?”
“Non eri caduto nel sonno eterno??” urla Nnoitra sull’orlo di una crisi di nervi.
“Ah? Eh? No, volevo solo fare un sonnellino. Chi è il mio principe comunque?”
Nnoitra e Grimmjow hanno già la mano pronta sulle katane.
“Caalma ragazzi, caaaalma. C’è abbastanza Szayel per tutti!” esclama la fatina Urahara scuotendo la bacchetta scintillante.
Puf! Con un tocco magico trasporta Nnoitra fra le braccia di Stark e Szayel in quelle di Grimmjow.
“Ora potete sposarvi e vivere per sempre felici e contenti!”
 
Non ci fu alcun matrimonio, né alcun battesimo a cui rubare dal buffet né, tanto meno, Ichigo trovò uno scopo reale nel trio di fatine. Ishida continuò a lavorare come quincy di corte e giullare nel tempo libero, gli Espada intrapresero lo studio delle arti della guerra ed Aizen fondò una catena industriale di thè in polvere e gel per capelli al profumo di thè nero.
Szayel diventò il più grande scienziato pasticcere di Las Noches, Nnoitra uno stalker, Ulquiorra aprì un negozio di pompe funebri, Grimmjow si dette al vandalismo delle attività sopracitate, Stark aprì un allevamento di cuccioli, mentre Gin … Beh, Gin fa il fotomodello, ovviamente!
 
The End 

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Capitolo 30
*** Confessione ***


CAPITOLO 30


Il sole splende alto nel cielo terso, lindo, della città di Karakura: i suoi raggi vivaci sono carezze roventi sulla pelle, sono soffi d’aria bollente e afosa che strappa il fiato agli abitanti costringendoli ad asciugarsi dalla fronte continue gocce di sudore. Si può dire per certo che l’estate è finalmente arrivata! La vegetazione verdeggiante anima i viali e le strade che conducono alla costa, dove il mare spumeggiante e placido accoglie turisti e pendolari delle vacanze regalando loro un fresco refrigerio da tale insopportabile calura.
“Mi piacerebbe tanto andare al mare!” sussurra piano Orihime, con voce sommessa.
“Ci andremo presto vedrai.” La rassicura Ichigo stringendole una mano.
Davanti a loro, una barriera arancione avvolge il corpo privo di sensi della sesta espada le cui ferite sono quasi del tutto rimarginate. Ishida osserva in silenzio l’operazione curativa, tenendo la testa fra le mani senza mai staccare lo sguardo da quello che sembra ormai essere un animale ferito.
“Ma … io vorrei andarci … tutti insieme …” le iridi grigie fluttuano leggere verso Grimmjow e lo shinigami comprende la forte preoccupazione nel cuore della ragazza, la paura di non farcela, di non salvarlo.
La voce del quincy squarcia quel breve attimo di silenzio carico di tensione:
“Sentite … se volete resto io con lui. Voi andate pure a riposare, siete svegli da tutta la notte.”
La giovane scuote la testa in segno di diniego, oscillando i capelli ramati e lunghi ma uno sbadiglio tradisce tanta fermezza.
“Davvero Hime, Ishida ha ragione. E’ il caso di riposare. E poi ormai non puoi fare più nulla, l’hai guarito meglio che potevi. Adesso sta a lui riprendersi.”
“Va bene .. ma prometto di tornare prestissimo. Vuoi che ti portiamo qualcosa da mangiare Ishida-kun?”
“No … ti ringrazio. Non ho fame.”
E’ trascorso poco tempo dalla fuga di Grimmjow nell’Hueco Mundo ma il quincy sembra dimostrare sul corpo e sul viso l’intero dolore di quell’assenza opprimente, estenuante: profonde occhiaie gli solcano il volto, appare più magro e sciupato, esile, fragile. Anche lo sguardo ha perso quello scintillio vitale e un po’ arrogante che era solito ostentare. I capelli sono lisci, scuri, ma opachi, privi di quelle sfumature bluastre come l’oceano. Rimasto solo con l’espada, increspa un sorriso amaro: chissà cosa penserai di me appena ti sveglierai. Forse non ti piacerò nemmeno più, rimarrai disgustato da come mi sono facilmente lasciato frantumare in pezzi per una simile … sciocchezza? Un quincy ed il suo onore, quello di cui mi sono sempre reso orgoglioso ora calpestato e straziato. Probabilmente non vorrai nemmeno guardarmi in faccia.
Gli tasta la fronte con il dorso della mano percependo la pelle umida di sudore e accaldata; scosta la coperta, lasciando respirare il petto straziato dell’arrancar sul quale è rimasta solo la vecchia cicatrice causata dall’amico Ichigo. Il foro da hollow è ritornato illeso, dai contorni definiti, e permette di vedere il materasso sul quale è steso. Uryuu si trova a pensare che in fondo quella visione è un po’ buffa ed anche la maschera sulla guancia del ragazzo non è poi tanto spaventosa anzi, ha fascino, proprio come lui.
Allunga le dita chiarissime, dal colore della neve, per posarle su quella rimanenza di un passato lontano. La carezza delicatamente, cercando di respingere il crescente sgomento dentro di lui.
S’avvicina al suo volte con indecisione, come quando da bambino teneva fra le mani un gracile pulcino e temeva di ferirlo anche solo stringendolo un po’ troppo. Con infinita leggerezza posa le labbra socchiuse su quelle immobili dell’altro, lasciandogli impresso uno di quei casti baci che era solito regalargli ogni momento trascorso insieme. In quel momento tutto il mondo svanisce, rimane solo la sensazione morbida di quel contatto ardentemente desiderato e la speranza vivida nell’animo. Ecco perché non si accorge dei veloci passi lungo le scale, né del cigolio della porta alle sue spalle. Non si accorge nemmeno del colpetto di tosse poderoso né, tanto meno, della risatina divertita emessa dall’ospite. Solo quando un cucciolo peloso, simile ad una nuvola bianca, gli si lancia addosso si rende conto di non essere solo.
Con il cuore in gola si volta di scatto, sperando con tutto se stesso di non essere stato visto in quel momento d’amore ma, con suo disappunto, il ghigno di Szayel e l’ambrato sguardo malizioso gli suggeriscono tutt’altra risposta.
Il cagnolino scodinzola forsennato, la lingua penzoloni, mentre abbaia di felicità e saltella sopra il corpo seminudo di Grimmjow.
“Ei! Togliti da lì!” urla Ishida in preda all’agitazione.
Szayel ride apertamente, rimanendo appoggiato al muro.
“Cos’hai da ridere? Toglilo! Non vedi che potrebbe fargli male?”
“Non mi sembra!” ghigna l’altro, indicando la sesta espada che si massaggia la tempia con il volto contratto dal sonno e dal trauma, lo sguardo inquietato dalla furia dell’animaletto giocoso che gli continua a leccare la guancia libera. A nulla serve spostarlo, coprirsi il volto, spostarsi: Yuto sposta l’ostacolo con le zampine e ricomincia a riempire di baci colmi di saliva il povero arrancar che addirittura abbozza una risata a causa del solletico.
Il cuore del quincy manca un colpo:
“Grimmjow! Oh Kami. Stai bene!”
Il suono di quella voce familiare induce l’espada a voltarsi verso la direzione da cui proviene il suono, incontrando così lo sguardo blu dell’amato:
“Uryuu…”
Non si era accorto subito della sua presenza. Si sentiva stranito, sconvolto, non sapeva dove si trovava. Era solo certo che qualcosa di caldo e appiccicoso e morbido gli stesse divorando la faccia e questo non era un gran che come punto di partenza per comprendere la situazione.
A primo impatto, gli occhi azzurri riescono a cogliere la figura di Ishida offuscata, non chiara, torbida. Gli pare di vedere un’altra ombra nota accanto alla porta ma non riesce a decifrarla. Alle sue pupille sono è ancora celato il viso magro del quincy o lo sguardo interessato di Szayel e, per tale motivo, si rivolge solo al giovane di fronte a lui:
“Dove … dove siamo…?”
La sua voce è un filo appena udibile, fragile da spezzarsi con un semplice soffio di vento.
“A casa mia, ti abbiamo salvato per un soffio. Come stai?”
L’arrancar sorride:
“Se mi togliessi il cane-hollow dal foro potrei stare meglio.”
In effetti il cucciolo, accoccolato nel buco sulla pancia dell’espada, ha un aspetto un po’ particolare: un foro sul petto e due piccola corna dietro le orecchie: solo ora se ne accorge Ishida, tanto impegnato com’era a dedicarsi a Grimmjow.
Szayel si avviccina e raccoglie l’animale, scompigliando i capelli dell’amico con un gesto affettuoso.
“Szayel!”
“Ehilà!”
“Togli le manacce dalla mia testa!”
“Le preferisci più sotto?”
“Ti ammazzo…”
Entrambi ridono, ritrovando il buonumore perso da troppo tempo. Lo stesso Uryuu si sente sollevato, più leggero, felice.
“Ehi Grimmjow, guarda l’uccellino!”
L’octava espada indica in alto, verso il soffitto e l’altro segue il movimento con lo sguardo… quando un dolore atroce lo costringe a urlare dal male: una siringa conficcata nella coscia disperde in lui il liquido bruciante e la risatina di Szayel lo irrita ancora più di quello strano indesiderato intruglio.
“Ops!”
“Maledetto, maledetto!”
Con un gesto secco ritira l’oggetto medico, disinfettando la gamba all’amico ed attaccandogli infine un cerotto.
“Ecco fatto! Non dirmi che non stai meglio!”
In effetti la sesta espada si sente completamente diverso: la stanchezza fisica è svanita insieme alla sofferenza e alla confusione. Sta bene, sta veramente bene e ancora non riesce a crederci.
“Non sono sicuro di voler sapere cosa c’era in quella puntura.”
“Vorrai dire CHI c’era.”
Il quincy si sente soffocare: “Cosa?? Hai di nuovo usato uno dei tuoi sottoposti?”
“Oh suvvia, non fare quella faccia grave. L’ho creato io, posso farci ciò che voglio. E posso crearne tantissimi altri no?”
Nessuno osa fiatare.
“Oh, ottimo. Che ne dici Grimm di una fetta di anguria ora? La rompo sulla tua testa posso??”
Il giovane dai capelli rosa è già pronto a spaccare il cocomero sul capo dell’altro quando Ishida, con slancio felino, si pone in mezzo ai due litiganti:
“Calma ragazzi calma! Va bene per l’anguria ma ci penso io a tagliarla a fette!”
“Hmm no, non importa più. Devo andare ora, tenetemi Yuto!”
Con un fruscio d’aria sparisce, lasciando soli i due… anzi, i tre.
 

 
“Ti piacciono proprio le conchiglie, eh.”
“Si, sono così’ belle. Tutte diverse le une dalle altre.”
Szayel ne stringe una piccola e appuntita fra le mani, rigirandola tra le dita sottili. Zampetta sulla riva della spiaggia dorata lasciandosi solleticare i piedi nudi dalla frescura delle onde salate che carezzano la sabbia umida e molle.
La lunga divisa bianca è smossa dalla brezza salmastra ed il profumo marittimo è inebriante, pieno, rinvigorente. Le ciocche rosa sono baciate dai raggi dorati dell’inizio di un affettuoso tramonto: ben presto il sole si addormenterà dietro l’enorme distesa blu , leggermente mossa e spumosa, per assopirsi nel sonno della notte.
“Comunque raccontami qualcosa Nnoitra”
“Cosa dovrei raccontarti?”
Il ragazzo dai capelli corvini lo fissa dall’alto della sua elevata statura, stagliandosi come un palo candido dalle vesti ampie e bizzarre. La benda sull’occhio gli conferisce un’aria minacciosa, aggressiva, ma all’octava espada nulla di tutto ciò può far paura. Non si sente intimorito da quell’arrancar tanto più forte di lui, tanto colmo di rabbia ed odio; anzi, forse in fondo lo considera quasi un amico.
“Ti sei proprio rincoglionito Szayel. A forza di stare fra gli umani sei diventato peggio di loro. Tsk.”
L’octava ferma la sua camminata, pochi passi davanti all’altro, la caviglie immerse piacevolmente nell’acqua.
“Perché mai?”
Una domanda colma d’innocenza, ingenuità, tradita dallo sguardo intelligente e malizioso.
“Ma guardati! Saltelli in giro a raccogliere conchiglie o elemosinare dolcetti! Oppure stai dietro a quel quincy e al  tuo caro Grimmjow.” Pronuncia le ultime parole con disprezzo, quasi con scherno, disgusto.
L’altro lo osserva serio, attento, il volto solcato da un sorriso arrogante, gli occhi ambrati scintillanti più che mai.
“Mio caro Nnoitra, visto che sai così tante cose di me, dovresti essere a conoscenza del fatto che il micione è già impegnato da un bel pezzo e non si ricorda nemmeno più di me.”
Jirga sgrana gli occhi, non tanto per la rivelazione, quanto per la calma e il sottile divertimento sadico con cui l’arrancar scandisce la frase.
“Sei matto da legare. Eri folle e tale sei rimasto, in questo non sei cambiato.”
“Hai tanta voglia di chiacchierare stasera. Va bene, anch’io.”
Le iridi giallastre guizzano inquiete, soffermandosi sui lunghi capelli lisci color pece e sul petto scoperto dall’ampia scollatura della divisa.
“Allora, visto che sei meno sfigato di me, come va con la dolce Neliel? Le hai già spaccato la testa di nuovo o aspetti ancora un po’?”
“Kami, Szayel, non ti sopporto. Non so nemmeno perché ho accettato di vederti oggi!”
“Oh, ma è chiaro il perché.”
Un risolino malvagio, uno di quelli che ha celato profondamente per tutto questo tempo nel mondo umano, apparendo un normale ventenne, una banale creatura vivente dalla chioma vistosa e la voce melliflua.
Nnoitra brandisce Santa Teresa, puntandola contro il rivale con prontezza: le lame tondeggianti riflettono la luce calante del sole, abbagliando entrambi per una frazione di secondi. Come tutta risposta ottiene solamente un’altra risata, più corposa, e qualche schizzo d’acqua salata.
“Che cavolo fai!”
“Come stavo dicendo ... il perché è chiaro: ti ho invitato a vedere il mio nuovo laboratorio e tu hai detto sì. Cosa c’è di strano?”
Nnoitra arrossisce, tremando di rabbia. In effetti il motivo è proprio quello, il giorno precedente l’octava gli aveva posto la banale domanda e lui aveva risposto annuendo. Cosa c’è di strano in questo?
“Di strano c’è che non vedo nessun laboratorio.”
“Hai ragione. Non lo vedi perché non si trova qui.”
Il più alto sta per urlare, imprecare, insultare con tutto se stesso verso quel pazzoide strambo ma una veste bianca atterra proprio addosso al suo volto magro, dai lineamenti affilati, bloccandogli la voce in gola.
Con sorpresa si toglie di dosso quella roba, cercando di definirla: non è necessario un esame accurato, il petto nudo di Szayel parla da sé.
“E adesso che diavolo stai facendo! Tu sei veramente folle.”
“Folle? Trovi folle fare un bagno?”
“No! Cioè si! Cioè adesso si!”
Un altro lancio ed anche i rimanenti abiti atterrano sul bagnasciuga: un tuffo rapido, goccioline sollevate nell’aria calda simili a prismi di luce. Dopo pochi secondi riemerge, i capelli bagnati aderenti alla nuca, le labbra sottili schiuse in una smorfia soddisfatta, gli occhi dorati marcati ulteriormente dalle lunghe ciglia umide.
“Vieni? Nell’Hueco Mundo non si va tutti i giorni al mare.”
Un ultimo lancio ed anche gli occhiali volano sulla sabbia. Nnoitra li afferra con presa decisa, scrutando indeciso quello spettacolo invitante: le onde voluttuose, l’acqua rinfrescante, la spiaggia completamente deserta, il sole rossastro disegnato sulla superficie in movimento.
“Non si ripeterà.”
“Suvvia, è solo una nuotata. Ti vergogni a metterti in costume?”
Nnoitra arrossisce, ringhiando:
“Voltati, non ce l’ho il costume!”
“Uh, come vuoi.”
Si immerge nuovamente, concedendo all’altro il tempo di abbandonare le vesti accanto alle sue e di correre in acqua ad una profondità abbastanza rassicurante.
“Maledetto, è fredda …”
Viene braccato sulle spalle magre dalle mani candide di Granz, il quale preme con tutto il peso sommergendolo fino alla punta di ogni capello, costringendolo a respirare attraverso mille piccole bollicine.
Quando riemerge è una vera furia:
“Volevi affogarmi? Bastardo!”
“Ma no, ma no! Volevo solo bagnarti.”
Jirga gli si lancia contro tentando di ripagarlo con la stessa moneta ma la pelle salata gli scivola fra le mani condannandolo ad un nuovo rovinoso e fragoroso tuffo indesiderato.
“Me le paghi tutte!”
“Sei sempre così isterico anche con Nel? Poveretta, come fa a sopportati?”
“In realtà sono venuto anche per un altro motivo.”
“Oh?”
Gli sguardi si incrociano, intrisi di curiosità.
“Non ti interessa il laboratorio?”
“Si che mi interessa. Ma volevo parlarti anche di un’altra cosa.”
“Ti ascolto.”
Con gli occhiali è bello. Ma senza è ancora più meraviglioso, se possibile. E quelle spalle bagnate, i capelli aderenti al collo … ma cosa sto pensando??
“Riguarda proprio Nel.”
“No, non ti aiuto ad ammazzarla un’altra volta se è questo che volevi.”
Nnoitra sbuffa, infastidito.
“Non è questo. Riguarda il rapporto fra me e lei. Ho avuto modo di conoscerla meglio e insomma … il passato è passato.”
“Certo, certo.”
“Non saprei come dirlo in modo semplice.”
“L’hai tradita?”
“No!”
“Aspettate un figlio! Che bello un maschietto? Spero non ti assomigli, sennò povero lui.”
“NO!!”
Szayel si imbroncia, sussurrando “Pff, peccato …”
“Non riguarda proprio me e lei. Riguarda me.”
“Ho capito! Vuoi chiederle di sposarti ma non sai come farlo? Se è per questo in laboratorio ho …”
“STAI ZITTO UN ATTIMO! Non è nulla di tutto questo!”
Un leggero tremolio nella voce alterata, forse dato dalla rabbia o forse dalla vergogna per la rivelazione oramai prossima.
“Ti sei innamorato di un’altra?”
Il cuore dell’arrancar sussulta, aumentandone il nervosismo.
“Circa. Si più o meno è questo.”
“Orihime?? L’avevi adocchiata già nell’Hueco Mundo.”
“Era solo questione di noia.”
“Allora chi?”
Un breve silenzio, accompagnato dal rumore delle bracciate nell’acqua salmastra. Lo sciacquio prodotto dal movimento cessa dopo pochi secondi; Nnoitra è vicino a Szayel, entrambi sommersi fino ai pettorali, galleggianti, completamenti piombi.
“Ad essere sincero non sono mai stato davvero innamorato di lei.”
“Lo sospettavo. Siete troppo strani insieme.”
“Da quando ti fai i cavoli miei?”
“Da quando tu hai deciso che posso farlo.”
L’altro si morde il labbro inferiore fino a farlo quasi sanguinare. Ormai si è spinto troppo in là, deve confessare tutto e lo strazio finirà. Facile no?
La voce sinuosa ed incalzante si Szayel lo risveglia dallo stato di torpore emotivo in cui è precipitato:
“Allora? Lei lo sa?”
“No …”
“La stai solo usando dunque. Perché? A che pro? Non mi sembri un uomo così disperato da tenersi stretto una ragazza che non vuole solo per timore della solitudine.”
“Infatti, non è per quello. Ok è bellissima ma mi dà i nervi.”
“Chiunque ti dà i nervi.”
“E’ vero ma credevo che stando insieme a lei sarei cambiato, sarebbe migliorato tutto.”
Granz inizia realmente a perdere il filo del discorso:
“Migliorato che cosa? Eddai Jirga spiegati bene!”
“Veramente non te ne sei accorto?”
Le iridi ambrate guizzano su quelle nere e piccole come punte di spillo con aria sorpresa, perplessa, ma qualsiasi pensiero nella sua mente non riesce a materializzarsi: due labbra avide si posano violentemente sulle sue, così morbide e fini, con un calore inaudito, una fame indescrivibile.
Con un brusco spintone l’arrancar dai capelli corvini viene allontanano e trafitto dallo sguardo glaciale dell’altro ma si avventa nuovamente su di lui assalendolo, mordendolo, strappandogli un rivolo di sangue dal margine della bocca.
“Che c**o fai Nnoitra.”
“Dovevo immaginarlo, vai ancora dietro a  Jeagerjaques”
“E tu vorresti insinuare di andare dietro a me allora? Ma dai, mi hai perfino quasi ucciso una volta.”
“Scusami.”
Quella parola, sussurrata fra i denti, lo colpisce come uno schiaffo.
“Faresti bene a spiegarti meglio.”
“Al diavolo … mi sei sempre … ecco io ti ho sempre … ho sempre voluto te. Ecco contento?”
“Non ancora.”
Sorride, laconico.
“Cos’altro vuoi sapere?”
“Da quanto va avanti questa storia. E perché vengo a saperlo solo ora.”
Nnoitra sbuffa, decidendo di svuotare finalmente quell’insopportabile peso, di eliminare il macigno che gli toglie il respiro.
“Mi sono accorto di te quando hai riparato Santa Teresa … quando si era spezzata. Temevo nessuno sarebbe stato in grado di sistemarla, mi hai stupito. Poi però ti sei perso dietro a quel bastardo  e forse è stato meglio così, per me eri solo un vago ma presente interesse. Costante. Quando poi ti ho visto combattere contro di me con tutto te stesso … ho capito che non eri poi tanto male. Non eri solo uno scienziato da buttare in manicomio.”
Ride sguaiatamente, con il tono acuto e maligno che lo contraddistingue, per continuare:
“E poi è successo: i secoli sono volati e io non sono riuscito a levarti dalla testa. Credevo che provando a vincolarmi con una ragazza mi sarei liberato di questo tarlo ma non ci sono riuscito. Tanto valeva dirtelo.”
Szayel non dimostra il reale stupore che cela nel suo animo: quelle parole lo sorprendono, soprattutto poiché a dirle è quell’assassino furioso, quell’espada indomabile e potente. Un sorriso malizioso accompagna lo sguardo languido e ambrato.
Nnoitra di fronte al silenzio dell’altro inizia ad agitarsi:
“Cosa mi dici?”
“Non pensavo che durasse da tanti secoli … non me n’ero accorto, mi dispiace. Anche perché non ti sei mai comportato in modo da dimostrarlo.”
“Ma dai, tutte le volte che ti tenevo compagnia al laboratorio? E le notti di Las Noches trascorse e ubriacarci insieme? Oppure i miei tentativi di aiutarti con gli esperimenti? Veramente credi che non avessi di meglio da fare?”
“Mi dispiace, so cosa vuol dire soffrire per qualcuno che non ti calcola. Se lo avessi saputo prima non ti avrei ignorato.”
“E adesso, intendi ignorarmi?”
Szayel si carezza le braccia ricoperte da brividi, immergendosi fino al collo, pensieroso.
Due braccia straordinariamente forti lo strattonano ed un morso alla spalla lo fa trasalire. Le scie bollenti percorrono il collo, il mento, la mandibola, intrise di malcelata rabbia e furore. L’espada non oppone resistenza, ma con astuta freddezza non si lascia nemmeno trascinare da quelle violente effusioni. Si limita a voltare il viso dall’altra parte, offrire la sua pelle arrossata alle voracità dell’altro che improvvisamente si ferma:
“Non ho mai visto il tuo tatuaggio.”
“L’8?”
“Si, quello. Dov’è?”
“Sulla coscia.”
“Voglio vederlo.”
L’octava si allontana lentamente, separandosi da quella forzata vicinanza:
“No, non te lo mostro. Mi imbarazza.”
“Ho detto che voglio vederlo.”
“E io ti ho detto che non puoi.”
Con un ringhio Nnoitra lo afferra e se lo carica in spalla, come se fosse un sacco di patate.
“Adesso stai buono lì e me lo mostri.”
Cerca di afferrargli la cosa ma i boxer piombi d’acqua rigano di continue gocce la pelle dell’altro, rendendola estremamente scivolosa. A grandi falcate allora si avvicina alla riva, afferra una parte della divisa per legarla in vita, coprendosi, ed infine lascia cadere l’arrancar sulla sabbia del bagnasciuga.
Lo blocca con le mani ferme, allontanando la katana con un calcio.
“Sei sleale. Lo sai che non sono un gran che nel corpo a corpo.”
“Non voglio combattere infatti.”
Gli afferra il ginocchio, premendolo verso il terreno e scoprendone l’interno coscia: un otto nero ed evidente marchia la pelle chiara, percorsa da brividi e graffi, leggermente sporca di sabbia.
Soddisfatto lascia andare l’arto, alzandosi in piedi per fissare meglio il corpo del più piccolo, ancora adagiato sulla riva. Senza battere ciglio quest’ultimo si mette anch’egli in piedi, con calma, raccoglie gli abiti, pulisce gli occhiali e li indossa senza degnare di alcuno sguardo Jirga.
Non lo scruta nemmeno quando si allontana in silenzio, i piedi immersi nell’acqua fresca, seguendo il litorale.
“Dove stai andando?” sbraita Nnoitra, visibilmente stranito.
“Al mio laboratorio.”
Nessun invito a seguirlo, nessuna emozione nella voce.
Cosa faccio? Lo seguo? In fondo mi aveva invitato. Ma non sembra interessato .. cosa ..
Una voce femminile a familiare interrompe i complessi pensieri, causando una confusione ancora più grande e latente.
“Nnoitra! Eccoti ! Ti ho cercato dappertutto!”
“Nel …”
Il sorriso della ragazza svanisce all’istante nel notare lo sguardo serio del proprio compagno.
“E’ successo qualcosa? Perché Szayel sta andando via? Avete litigato?”
L’espada raccoglie Santa Teresa, stringendola con forza fino a provare dolore.
“Dannato Szayel … maledetto bastardo.”
“Ehi calmati, ci sono io adesso.”
Lo abbraccia con affetto, affondando il viso del petto ancora umido. I capelli morbidi e asciutti di lei gli solleticano le costole ed emanano un profumo delicato, dolce. Quel contatto materno, rassicurante gli provoca un moto di nausea, disperazione e proprio in quel momento l’octava si volta a guardarli, con freddezza.
“Oh, ciao Nel.”
“Szayel me lo dici tu cosa …”
“Nulla di importante, non preoccuparti. Portalo a casa, ha preso troppo sole.”
Non lo aveva mai visto così serio, glaciale, coinciso.
Si stringe a Nnoitra che, spontaneamente, allunga un braccio per assecondare quel movimento gentile. Immediatamente si pente di quell’atto naturale incrociando lo sguardo di Granz.
“Arrivederci, allora.”
Il ragazzo dai capelli rosa volge loro le spalle, riprendendo il cammino interrotto.
Il sole ormai solca l’orizzonte, espandendo con ultima flebile forza la sua luce aranciastra, aurea, di un caldo rosso. Si riflette sul manto blu e spumeggiante del mare, introducendo le note calde della prossima notte. La prima stella già è alta nel cielo, nonostante vi sia ancora la sufficiente luminosità del tramonto.
Nel stringe la mano di Nnoitra, immobile come una statua, il petto trafitto, il respiro mozzato.
“Andiamo a casa …”




Grazie a tutti voi per seguirmi e apprezzarmi ! Spero vi sia piaciuto questo capitolo :) Colgo l'occasione per augurare a tutti voi buone vacanze <3
A breve il prossimo cap, ho già in mente mooolte cose :)
Bacini :****
Valentina

 

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Capitolo 31
*** Laboratorio ***


CAPITOLO 31
 

Gli ultimi raggi di sole di spengono nelle onde scure, specchio di un cielo rannuvolato e brontolante: un fulmine lontano saetta, simile ad una rapida scintilla di luce, mentre il vento ululante soffia con ferocia sulla grande distesa d’acqua e sulla riva, alzando vortici di sabbia e scuotendo la superficie marina.
Szayel osserva mesto tale magnifico spettacolo, lasciando scorrere le iridi ambrate fin dove l’occhio può vedere ed assaporando la fresca sensazione dell’aria sulla pelle. Il profumo salmastro gli pervade le narici regalandogli una sensazione di tranquillità, serenità, nonostante il meteo del momento non sia fra i più favorevoli.
È meraviglioso. Non potevo scegliere posto migliore per costruire il mio laboratorio.
Si ferma un momento, lasciando scuotere la chioma rosata dalle folate impetuose, sorridendo amaramente.
Ha sempre amato il mare, soprattutto nel momento che precede la sera, quando si fonde con il blu del cielo e sembrano un tutt’uno. Ha sempre adorato il rumore delle onde, il loro sbatacchiare e lottare, quell’infrangersi perpetuo le une sulle altre, soprattutto nei momenti di tempesta, quando le nubi minacciose ed il rombo del temporale sembra voler spazzare via tutto.
Lo stesso Hueco Mundo gli ricorda, in parte, il mare: un’enorme distesa di sabbia simile ad una spiaggia infinita.
Estrae la katana, creando un varco nella barriera da lui stesso creata: l’artificioso panorama di fronte e lui sparisce, effimero, permettendogli di entrare nel luogo nascosto: un promontorio, non troppo alto, che si frastaglia sulle acque intrepide. Una ripida salita e, proprio sulla parte più alta, un grande edificio, simile ad una torre di Las Noches, ma più basso. Le pareti sono bianche, lisce, dotate di grandi finestre.
Con tranquillità sale la lunga scalinata, gustandosi il rumore della natura ed il silenzio umano.
“Vieni fuori, so che mi hai seguito.”
Grimmjow gli salta davanti, sbarrandogli la strada: indossa la bianca divisa da arrancar lasciando scoperto il foro sul ventre e la grande cicatrice. Gli occhi azzurri lo fissano con insistenza, ma non si decide a parlare.
“Dai entra, scommetto che hai anche tu qualcosa da dirmi.”
Grimmjow annuisce, mettendogli il braccio sulla spalla, leggermente più bassa della sua.
“Disturbo?”
“Da quando te ne preoccupi?”
Entrambi ridono appena, assaporando con piacere quella sensazione di familiarità, lo stretto legame che li unisce da secoli.
“Hai anche tu problemi sentimentali?” chiede l’octava, senza dissolvere il solito sorriso leggermente folle.
“Oh, no non proprio. Ma temo ci vorrà molto a spiegarti e se non entriamo subito ci prendiamo la pioggia. Non voglio ammalarmi di nuovo.”
Pochi passi ed arrivano all’enorme portone d’ingresso: Szayel infila la katana nella serratura, facendo scattare un complicato meccanismo: le grandi ante si spalancano ed aprono l’accesso verso un’ampia sala leggermente spoglia, dal pavimento piastrellato color bianco avorio, lucido, abbellito da due divani del medesimo colore, un tappeto peloso e qualche pianta. Una grande vetrata permette di osservare il mare sferzato dal vento, mosso, scuro, mentre il buio sta per prendere il sopravvento nel cielo.
“Hai costruito tutto tu??” domanda la sesta espada, sgranando gli occhi turchesi.
“No, era la casa di mio fratello Ilforte. Se l’era fatta costruire secoli fa. Ho solo fatto ristrutturare ai miei sottoposti prima di trasformarla in pappa per siringhe. Insomma mio fratello è morto, il mio laboratorio è stato distrutto, ora vivo nel mondo umano … ho pensato di approfittarne.”
“Hai fatto bene.”
“Vado a farmi la doccia, aspettami qui. Se vuoi qualcosa di là c’è la cucina.”
Sparisce dietro ad una porta bianca, lasciando Grimmjow avvolto nel silenzio accompagnato dal flebile rumore della pioggia che s’infrange sui vetri insieme allo scrosciare dell’acqua della doccia proveniente da una stanza adiacente.
L’arrancar dai capelli azzurri cammina per il soggiorno, ampio ed essenziale, fresco. Riesce a respirarne il profumo di pulito, forse qualche nota gli ricorda il detersivo che vede usare spesso da Ishida. Si avvicina alle vetrate, osservando il mare quasi nero ed accende la luce chiara del lampadario per dirigersi poi verso la cucina, piccola, quasi vuota, anch’essa prevalentemente bianca. Apre il frigo, spoglio di cibi, e vi trova solo bibite e qualche verdura.
“Chissà dove ha messo i bicchieri, tsk.”
Decide di aspettarlo seduto sul divano morbido e vellutato ma la curiosità di scoprire le altre stanze è troppa: silenzioso si avvia verso l’ultima porta rimasta e vi entra con atteggiamento guardingo: la camera di Szayel non è troppo grande, né troppo decorata: ha solo un letto ad una piazza e mezza, in palese stile occidentale. Le pareti sono linde, senza alcun quadro o poster, solo una tavola periodica degli elementi appesa in un angolo. Sul comò una lampada color avorio e qualche libro: sicuramente di scienza, cos’altro sennò.
Un armadio a muro contiene gli abiti ed un mobile più basso invece, adiacente alla grande finestra dalle tende bianche leggermente ricamate, presenta degli oggetti che attirano subito l’attenzione dell’espada:
in fila sono posti alcuni portafotografie di svariate dimensioni, dalle cornici semplici, d’argento o metallo, senza alcuna decorazione.
Questa poi … non ha fatto nemmeno un commento quando è morto suo fratello e ora scopro che tiene queste invenzioni umane. Mah, è proprio fuori di testa.
Ne prende una fra le mani, attento a non farla cadere: lui e Szayel sono vicini, il rosa gli cinge la vita con un braccio mentre lui gli pone il solito braccio lungo le spalle. Sorridono entrambi, vestiti da normali esseri umani, fra le mani tengono una bicicletta. Si ricorda bene di quella foto, è stata scattata da Orihime durante la loro prima esplorazione della città di Karakura. Avevano provato a usare quello strano veicolo ma entrambi erano rovinosamente precipitati a terra. Quello era ovviamente il “prima”, poiché le loro facce dopo la caduta non erano di certo tanto felici.
Un’altra immagine raffigura invece Granz, da piccolo, mentre costruisce un castello di sabbia, mentre un’altra ancora lo imprime con suo fratello, entrambi seri, vicini, lo stesso sguardo orgoglioso, lo stesso viso magro.
E pensare che non ha mai avuto una grande considerazione di quel ragazzo. Forse si è solo tenuto tutto dentro di nuovo, forse non ci ha mai realmente svelato il dispiacere per la sua morte.
“Non ti sei preso niente da bere?”
Dallo spavento per poco gli cade l’ultima cornice: oscilla da una mano all’altra, ballonzolando, fino ad essere presa in estremis, sul punto di precipitare.
Granz ridacchia, togliendola dalle mani e rimettendola al suo posto.
“Non volevo spaventarti, scusa. Credevo mi avessi sentito. Sono venuto a prendere i miei vestiti.”
Dall’armadio estrae l’uniforme bianca adagiandola sul letto. Senza alcun pudore lascia cadere a terra l’asciugamano legato in vita fino a qualche secondo prima e con calma si profuma il corpo con una crema lattea dal profumo delicato, accorgendosi solo dopo qualche minuto dell’espressione accigliata di Grimmjow:
“Cosa c’è? Fossi qualcun altro mi imbarazzerei anch’io ma mi hai visto così tante volte in passato che non mi sono posto il problema.”
“Si hai ragione, è che ci ho perso l’abitudine.”
“Il quincy ti ha contagiato, avevi la stessa faccia.”
La sesta espada prova un moto di rabbia ma il sorriso rassicurante dell’amico lo fa calmare immediatamente. Non sa per quale motivo ma quell’arrancar dai capelli rosa e dai lineamenti femminili ha sempre esercitato in lui una sorta di potere tranquillizzante, una sensazione di familiarità, di calore paragonabile quasi all’amicizia. Non bisogna nemmeno dimenticare che dopo le sofferenze patite a causa del suo comportamento è stato pronto a far finta di nulla e passarci sopra, continuando ad interessarsi di lui.
“Me lo dici chi è stato ad aggredirti nell’Hueco Mundo?”
Grimmjow abbassa lo sguardo ceruleo corrucciando il viso preoccupato.
“Aizen.”
“Che era vivo si sapeva. Ma che avesse intenzione di attaccarti … questa è tutta un’altra storia.”
Indossa l’ultima parte della divisa e si avvia verso il soggiorno, facendo cenno all’altro di seguirlo.
“Hai fame?”
“No molto, ho solo sete.”
Si siede sul divano, mentre l’octava compare dopo poco porgendogli un bicchiere di thè freddo.
Lo sorseggia rumorosamente, pensieroso; Szayel si siede accanto a lui senza staccargli le iridi dorate di dosso.
“Aizen … quel bastardo … mi ha sventrato con un gesto solo, non l’avevo nemmeno percepito … è forte, c**o se è forte.”
“Il motivo? Te l’ha detto?”
“Ha solo detto che i traditori non devono avvicinarsi a lui.”
“In poche parole siamo stati sfrattati dalla nostra casa.”
“Sì, in sostanza è questo.”
“Tu ci vuoi ritornare Szayel?”
“Per il momento no, non mi va. Mi trovo bene anche qui. Siamo espada lo stesso e finalmente siamo liberi.”
Grimmjow si stende malamente sul divano, lanciando le gambe sopra Granz, rimasto seduto compostamente.
“Cosa facciamo? Lo diciamo agli altri?”
“Si Grimm, sarà meglio avvisarli della pericolosità di tornare. Però per favore parlaci tu con loro.”
“D’accordo. Ho già parlato con Uryuu, per fortuna ha compreso la situazione.”
Gli passa il bicchiere ancora mezzo pieno, lasciandone bere il contenuto anche all’octava.
“Perché devo parlarci io comunque? Ti ho visto prima che bisticciavi con Nnoitra, come sempre.”
Un sorso gli va di traverso, facendolo tossire sonoramente.
“Tutto bene?”
Annuisce, il volto paonazzo di rossore.
“Mi sono perso qualcosa?”
Szayel risponde scuotendo la testa in modo troppo accentuato, sul volto dipinta un’espressione colpevole, tradita ulteriormente dal livido rosso evidente sul collo , prima coperto dalle ciocche di capelli.
Grimmjow sbianca, puntandogli contro il dito:
“Tu! Tu! Non me lo dire, nooon me lo dire!”
“Non te lo dico, stai calmo e toglimi il piede dalla faccia!”
Ormai è calata la notte, la pioggia continua a cadere incessantemente e il suo continuo scroscio regala un’atmosfera refrigerante, fresca, nel grande salone. Parlano per un’ora, forse due, forse due e mezza ma sembrano avere troppe cose da raccontarsi. Solo la stanchezza li affloscia pian piano sul morbido sofà, facendoli adagiare mollemente, sbracati e scomposti, in realtà anche un po’ alticci.
Dal thè erano ben presto passati al sakè e lì un bicchiere ha tirato l’altro.
Ridacchiano a turno, senza motivo, tirandosi pacche amichevoli sulle spalle o anche qualche pugno, i volti di entrambi sono arrossati, distesi, ma nessuno dei due è talmente ubriaco da perdere la lucidità.
“E questo è tutto.” Asserisce Szayel, spalmandosi la mano sulla fronte.
“Kami … avrei pensato tutto ma che piacessi a Nnoitra … proprio no.”
“Tsk, non dirlo a me.”
“E Nel adesso? Non ci rimarrà male?”
“Non lo sa, non può rimanerci male. E poi mica l’ho assecondato, me ne sono andato via come ti ho detto.”
“Sarà … ma prima o poi la burla non reggerà più. Cos’hai intenzione di fare? A te piace?”
Il ragazzo dai capelli rosa lo fissa, spaesato, senza sapere a cosa rispondere. Per secoli ha riposto il suo cuore in Grimmjow nonostante la speranza fosse persa da lungo tempo. Non ha mai valutato altre opportunità, altre prospettive e sinceramente nemmeno quel pomeriggio ha prestato molta attenzione a quanto successo con Jirga. Perché poi? Perché non gli ha degnato nemmeno uno sguardo?
“Basta parlare di me. Tu piuttosto, non dovresti tornare dal tuo quincy? Sarà preoccupato.”
“Eddai, mica sono sua moglie!” ride sguaiatamente, mostrando i canini.
“ E poi se vuole contattarmi può telefonarmi, guarda cosa mi ha regalato!”
Dalla tasca estrae un cellulare nero, sottile e glielo porge orgoglioso.
Szayel lo rigira fra le mani, osservandolo accuratamente per poi restituirglielo.
“Come fa a chiamarti se è spento?”
“M**da!!”
Dopo un lungo quarto d’ora riesce ad accenderlo e viene sommerso da una marea di squilli e suoni a lui nuovi. L’octava si avvicina allo schermo, sistemandosi gli occhiali, scandendo ad alta voce quanto scritto sul display:
“50 messaggio e 43 chiamate senza risposta. Il mittente è sempre Ishida.”
“Mi ammazzerà.”
“Dammi qua.”
Afferra l’oggetto, digitando velocemente con le dite sottili ed avvicinandolo all’orecchio.
Una voce fra l’infuriato e il preoccupato risponde immediatamente, facendo venire i brividi all’altro espada, raggomitolato sull’angolo del divano.
“Sì, ciao Ishida.”

“No non sono Grimmjow.”

“Sì, Szayel esatto.”

“Lo so, sta bene è a casa mia.”

“Lo so che è un c******e.”

“No, non ho un ombrello e non ci tengo ad averlo.”

“Non mi interessa se si prende la pioggia, non gli ho chiesto io di venire qua!”

“Ora gli insegno io a usarlo. Ciao. A più tardi.”
Chiude la telefonata, lanciando il cellulare all’amico.
“Libera un po’ di reatsu, così può trovarti e venire a prenderti.”
Grimmjow annuisce, sfregandosi gli occhi azzurri con il dorso della mano.
“Vuoi vedere il mio laboratorio, nel frattempo?”
“Ok, se mi prometti che ne uscirò illeso…”
Szayel sorride maliziosamente avviandosi verso un lungo corridoio scuro, privo di finestre. Dopo qualche minuto di camminata  su un’apparentemente infinita rampa di scale, apre una porta metallica dalla quale accede ad un salone immenso colmo di scaffali e ripiani, tavoli da laboratorio ricoperti da provette, affollato da libri e computer. Anch’esso gode della vista sul mare grazie ad una vetrata ancor più grande della prima, ora ricoperta dalla gocce di pioggia.
“Wow, questo l’hai ricostruito tutto da solo?”
Szayel annuisce, orgoglioso, facendo strada all’arrancar fra il mobilio e spiegandogli le funzioni di questo, le peculiarità di quello, il meccanismo di quest’altro.
Dopo un’abbondante mezz’ora il telefono squilla annunciando l’arrivo del quincy. Grimmjow saluta con una mano l’amico, sparendo nel corridoio buio ed annunciando il suo definitivo allontanamento con il tonfo del grande portone principale.
Rimasto solo Szayel si adagia sul lettino del laboratorio, lo stesso che molte volte usa quando è troppo stanco per dirigersi nella sua camera ed ha necessariamente bisogno di riposare.
Abbassa la zip sul petto, lasciandolo appena scoperto e poi socchiude gli occhi, immerso nel silenzio.
Grimmjow è un uragano, sempre disordinato, arrogante, combina casini ovunque vada però la sua presenza gli tiene sempre un’enorme compagnia. Ora invece completamente solo in quell’enorme casa si sente leggermente perso, spaesato, nonostante gli anni di solitudine vissuti nell’Hueco Mundo.
Spegne la luce e si lascia cullare dal rumore della pioggia assopendosi in un sonno compatto e profondo privo di sogni.
 
 
Quando apre gli occhi ambrati il laboratorio è illuminato dal grigiore del cielo ancora colmo di nubi scure e dense; la pioggia non ha cessato di cadere per l’intera notte ed anche adesso continua a scendere fitta e profumata unendosi alle acque del mare mosso e scuro.
Sospira, tastando qua e là con la mano alla ricerca degli occhiali bianchi quando si accorge di essere coperto con un lenzuolo azzurro, non troppo morbido, quel che basta per coprirsi quando non si trova nient’altro di meglio.
Lo tasta appena, corrucciando il viso ancora assonnato, cercando di ricordare il momento in cui si è svegliato per prenderlo ma davvero non riesce a capacitarsene.
“Non ho trovato nulla di meglio.”
Sobbalza, quasi cadendo dalla branda a causa dello spavento.
Nnoitra è tranquillamente seduto su una sedia accanto a lui, le braccia incrociate dietro la testa e le lunghe gambe tranquillamente sbracate.
Szayel apre la bocca per chiedergli cosa diavolo ci fa lui qui ma si rimette sotto al lenzuolo, convinto di vivere un brutto sogno.
“Ei! Mi vedi qui e non ti degni nemmeno di salutarmi!”
Con uno spintone lo butta giù dal lettino, facendolo cadere rovinosamente a terra con un tonfo sordo.
“Idiota mi hai fatto male!”
Nnoitra imita la frase con una voce buffa, deridendolo, per puntargli addosso gli occhi neri e non distoglierli nemmeno un secondo.
“Che cosa diavolo vuoi?”
“Cosa voglio?? Prima mi inviti e poi mi chiedi cosa voglio?”
“Sei un caso perso. Irrecuperabile.”
Si alza malamente dal pavimento freddo, avviandosi giù per le scale senza regalare le sue attenzioni al povero espada, rimasto solo nel laboratorio. Finalmente sta per entrare in soggiorno quando una forte stretta sul braccio lo costringe a fermarsi e voltarsi.
“Smettila di comportarti così.”
Granz sta per ribattere ma lo sguardo assassino di Nnoitra lo costringe a zittirsi.
“Mi fai incazzare! Ti comporti come un bambino! Avrei dovuto ammazzarti quella volta!”
“Fallo adesso se ti va.”
Nnoitra lo afferra per la divisa, buttandolo contro il muro bianco, i bracciali al polso sbattono fra loro tintinnando, producendo un rumore metallico.
Szayel rimane impassibile, sulle labbra il solito ghigno pacifico di scherno e malizia che aumenta ancora di più la rabbia dell’arrancar.
Stringe la morsa sugli abiti, sgualcendoli, strappando un lamento contrariato nell’altro.
“Lasciami stare Jirga. Non puoi prendertela con me se non mi interessi.”
“E’ questo che mi dà fastidio! Le tue bugie!”
Con furia lo scaraventa a terra, brandendo Santa Teresa in una mano.
“Io sono stato sincero con te, perché non fai la stessa cosa!”
“Lo sono anch’io nel dirti che non voglio intrappolarmi in nessun genere di storia o chissà che. Ne ho già avuto abbastanza.”
“Non offendere la tua intelligenza. Sai quanto me e forse anche meglio che hai appena sparato una c******a! Solo perché ti è andata male secoli fa non puoi aver paura che accada di nuovo!”
“Non è questo. Semplicemente non ho voglia di rovinarmi la vita di nuovo.”
Si rialza lentamente, spolverandosi l’abito, sedendosi poi sul divano. Fa cenno all’altro di accomodarsi accanto, ignorando le minacce e gli spintoni precedenti.
Nnoitra avanza indeciso, accettando cautamente l’invito. Sistema meglio la benda sul foro da hollow e digrigna i denti dal nervoso.
“So che non mi crederai però … con me non dovresti temere di rovinarti la vita.”
“Come faccio a esserne sicuro?”
“Perché te lo assicuro io.”
“Non sei una persona di cui ci si può fidare.”
Szayel tiene la testa spettinata fra le mani per nascondere le fitte di dolore che gli martellano le tempie ed anche gli occhi lucidi a causa di una sofferenza di cui non conosce realmente la motivazione.
La mano di Nnoitra gli stringe il mento costringendolo ad abbandonare quella posizione e guardarlo nelle iridi scure come la notte:
“Lo vedi Granz? Non ci credi nemmeno tu in quello che dici.”
“Non  fare il filosofo con me.”
“Non ti sto più a supplicare, mi hai stancato. Ma sappi che se voglio una cosa me la prendo.”
“Mi costringerai ad ucciderti allora.”
“Non credo proprio.” Una risata acuta, un ghigno malvagio.
Abbandona Santa Teresa sul tappeto braccando con una solida stretta i polsi dell’octava ed avventandosi sul suo collo caldo. Il profumo di quella pelle morbida ed invitante lo fanno impazzire, ha un sapore dolce, non sa perché, ma è dolce davvero, come lo zucchero. I capelli morbidi gli solleticano la fronte, mentre i suoi corvini gli ricadono davanti al resto del volto. Tiene l’occhio socchiuso, affondando i denti nella carne , lasciando talvolta scie di baci rabbiosi e bollenti. Un ennesimo morso causa un mugolio di dolore in Szayel che spalanca gli occhi ambrati scrutandolo con rancore.
“Adesso basta.”
Con tutta la forza nel suo corpo se lo scrolla di dosso, tirandosi a sedere e invertendo la posizione: ora è lui ad avvinghiare con forza le sua mani sulle spalle di Nnoitra ed è sempre lui a sprofondare nella sua bocca con un bacio caldissimo ma leggermente triste.
“Voglio crederti.”
Jirga sorride sghembo, lasciandosi divorare da quelle labbra delicate. Gioca con le ciocche rosa e lisce, tastandone la sofficità, prova un’emozione fortissima e forse sbagliata nello  stringere quel corpo minuto con passione e desiderio, sensazioni mai provate quando al posto dello scienziato vi era la bellissima Nel.
Scuote la testa, confuso, stordito dalle infinite inaspettate carezze dell’altro, l’intero corpo coperto da brividi, il respiro fuori controllo, i segni dei morsi ora anche sul suo collo e sul petto.
La pioggia continua a precipitare dal cielo plumbeo, il vento ulula insistente e le onde si infrangono sul promontorio. L’aria fresca permea la stanza entrando attraverso un vetro semi aperto, portando con sé il profumo salmastro e vitale.
Come puoi darmi tutto questo Szayel, con solo dei baci? Come puoi regalarmi il mondo con così poco?




Il prossimo capitolo sarà dedicato a ...... Renji e Ichigo con relative Rukia e Orihime! :D
A presto <3
Bacissimi :****
Valentina :)

 

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Capitolo 32
*** Tutti insieme ***


CAPITOLO 32


“Rukia, ohi Rukia … svegliati!”
Il rosso scuote dolcemente la shinigami, ancora avvolta dalle coperte, nel tentativo di farle aprire i grandi occhioni violacei; appoggia sul comodino la tazza di caffèlatte fumante, carezzandole con la mano libera il viso pallido ed i capelli corvini.
“Ancora cinque minuti …”
La bacia delicatamente la fronte, solleticandola con le ciocche porpora ancora leggermente scompigliate.
“No signorina, ti alzi adesso o non ci andiamo più alla festa. E tu ci tenevi tanto.”
La ragazza schiude appena un occhio, scrutandolo assonnata:
“Ma ho parlato con Nii-sama tutta la notte … sono stanca …”
“Non vuoi più vedere i fuochi d’artificio? Sono già le tre di pomeriggio …”
Sbadiglia, cercando tentoni la mano di Renji sdraiato accanto a lei: dalla finestra entra un vento fresco, per nulla estivo, sintomo di una pioggia appena cessata ritiratasi per una breve pausa. Lo shinigami indossa solo gli hakama, ignorando il calo di temperature, senza dimostrare alcuna sofferenza; anzi, i lunghissimi capelli color carminio gli ricadono sciolti sulle spalle e sulla schiena regalandogli un aspetto ancora più magnifico, se possibile.
Di fronte a tanta bellezza la piccola Rukia si sente un po’ a disagio, inadeguata, e si richiude in sé come un bocciolo di primavera, sommergendosi nelle lenzuola fino alla punta del naso. Due braccia forti, muscolose, allora la colgono, simile ad un fiore, sradicandola dal morbido materasso per cullarla in un abbraccio affettuoso e caldo.
“Dai, fai colazione. Intanto ti preparo il bagno.”
La bacia castamente, adagiandola in piedi di fronte al comodino mogano, per avviarsi verso una stanza vicina, piastrellata di bianco. Le sorride prima di svoltare l’angolo, gli occhi scuri carezzevoli e buoni, colmi di felicità, appagati.
Sono ormai alcuni giorni che Rukia ha lasciato la casa di Ichigo, o meglio il suo armadio, per vivere definitivamente con l’uomo che ama trascorrendo insieme a lui ogni attimo della giornata: ha colto l’occasione del presunto fidanzamento con Orihime per abbandonare quell’importante angolo di quotidianità, quella parte indimenticabile di un’amicizia profonda e duratura. Un microcosmo di ricordi passati e momenti incancellabili. Ad essere sincera, un po’ le dispiace tant’era abituata a condividere con Kurosaki le lunghe serate in attesa degli Hollow, a ridere e scherzare insieme o anche a bisticciare e discutere, ma pur sempre legati indissolubilmente.
Chissà se gli dispiace … ma no, sarà sicuramente felice per me. Ichigo è un ragazzo forte … e poi ora ha la sua Orihime tutta per lui, ha certamente altro a cui pensare!
Sorride, sorseggiando un sorso di caffèlatte ancora caldo. Il sapore dolce ed avvolgente la inebria, svegliandola del tutto, rendendola pronta ad affrontare la giornata. Saluta il peluche a forma di coniglio appoggiato sotto la finestra, scrutando preoccupata il cielo ancora plumbeo, grigio, vittima del temporale precedente.
“Oooi è pronto!” urla Renji, convinto di dover sbraitare per svegliare la sua bella addormentata.
“Sono qui.” Sussurra lei ridacchiando, appoggiata alla soglia del bagno.
Il rosso le fa spazio, lasciandola adagiare nella vasca colma di schiuma profumata, fumante, dalle note di vaniglia ed orchidea. Si siede sullo sgabello vicino alla porta, beandosi di quella splendida visione di candore e femminilità, così pura, semplice, bellissima.
Rukia incrocia il suo sguardo attonito, arrossendo lievemente per pudore e leggero imbarazzo, ma non può che essere a sua volta rassicurata e felice di tanta importanza e affetto.
“Mi dispiace essere crollato ieri sera …”
“Dì la verità Renji, non volevi affrontare il discorso con Nii-sama… ma ti capisco, in fondo è pur sempre il tuo capitano.”
Lui si gratta il capo, ridacchiando sghembo e gesticolando con le mani:
“Ok, l’intenzione era quella ma ti giuro che poi ho cambiato idea.”
“Va bene, ti credo.” Gli lancia della schiuma, facendogli una linguaccia, ricoprendolo di bolle di sapone.
“Così impari luogotenente!”
“Ah si? Adesso vedi cosa ti faccio io!”
Con mossa felina la spinge sotto acqua, piombandole la chioma color pece e fuggendo in soggiorno inseguito dagli insulti e dalle urla della ragazza.
Quando lo raggiunge in cucina è completamente asciutta, profumata, i capelli morbidi e setosi raccolti in uno chignon grazioso, adornato da un fiore rosa, delicato proprio come lei.
“Sei bellissima Rukia.”
Il rosso non riesce a smettere di fissarla: indossa un magnifico kimono rosa antico, sfumato in una tinta sempre più decisa e calda, come il tramonto. Sugli orli delle maniche sono disegnati petali di ciliegio e la stoffa, pregiatissima, pare seta sottile e fresca. Il fiocco sulla vita, bianco come la neve, segna i fianchi sottili, esaltando la figura esile.  Arrossisce leggermente, intrecciando le dita fra loro, bofonchiando con un filo di voce un impercettibile:
“Anche tu …”
Renji indossa un abito dello medesimo stile ma dai colori decisamente diversi: il bianco è il colore dominante, abbellito da intarsi rossi e neri. Il fiocco sulla vita è nero, spesso, corposo.
“Il Capitano Kuchiki allora ci sarà?” chiede indeciso, senza smettere di fissarla.
“Non lo so non mi ha dato una risposta certa…”
“Cos’ha detto?”
“A dir la verità nulla …”
Renji sgrana le iridi d’ebano, sbuffando:
“Se sei stata sveglia tutta la notte vi sarete pur detti qualcosa no?”
“Beh si … ho cercato di convincerlo che ok, l’incontro con Ulquiorra è stata una coincidenza imprevista ma che se gli piace e desidera stare con lui non c’è nulla di male. E che avremmo piacere di averli con noi questa sera nell’ultimo giorno della fiera, per guardare insieme i fuochi d’artificio.”
“Hmm .. capisco.. e lui cos’ha detto?”
“Bankai.”
 
 
 
“Eccoliiiii!!!”
Orihime urla felice salutando i due shinigami con una mano, mentre con l’altra stringe la mano di Ichigo, più felice che mai: entrambi indossano gli abiti tradizionali, lei di uno splendido verde acqua e lui arancione e nero. Corrono verso Rukia e Renji, accogliendoli calorosamente, gustando quel momento di riunione fra amici e tranquillità.
La città è brulicante di persone abbellite dai più svariati kimoni, luci, colori, profumi: l’aria fresca carezza le chiome ondulate mentre la fragranza dei dolciumi e dei cibi speziati galoppa fra le bancarelle regalando ai presenti l’acquolina in bocca. Musiche allegre e coinvolgenti scandiscono il ritmo della serata, oramai prossima, per fluire in un’unica grande danza nel momento più atteso: quello dello spettacolo pirotecnico.
“Speriamo non piova!” cinguetta Inoue verso gli altri, senza separarsi nemmeno un secondo dall’amato.
“Oi Ichigo, dove sono gli altri?” domanda Renji accompagnando la frase con un pacca sulla spalla.
“Non ne ho idea … dovrebbero arrivare a momenti … gli ho detto di presentarsi qui per le sei e mezza ..”
Il punto di ritrovo è l’entrata della fiera, il grande cancello adornato da lanterne rosse e brillanti che permette di accedere ad una Karakura magica, unica, festosa.
Il cielo, avvolto dal tramonto, offusca i raggi chiari con le nubi ma nulla, nemmeno il brutto tempo, può rovinare la magnifica nottata che si prospetta. Nulla e nessuno potranno comprometterla!
“Buonasera a tutti.”
“Uryuu! Grimmjow!”
Orihime corre ad abbracciare il quincy, dandogli due baci amichevoli sulla guancia.
“Complimenti, che bei kimoni!”
Ishida si sistema gli occhiali, ghignando soddisfatto: “Modestamente … progettati e cuciti io!”
“Wow quello dell’arrancar è davvero splendido!”
Esclama Rukia lanciandosi sulla stoffa blu e bianca, tastandola con le dita sottili.
“Shinigami! Io ho un nome e mi chiamo …”
“Bla bla bla lo sappiamo, ti chiami Grimmjow e sei il sesto espada, che palle che sei!”
“Tsk Nnoitra sei arrivato noto. E poi comunque non volevo indossarlo, ma Uryuu ha insistito.”
La quinta espada ghigna malvagiamente, lisciando il proprio lungo abito viola e nero accanto ad una splendida Nel avvolta in un’aderente veste beje e crema, elegante e femminile.
Lui le stringe la vita con aria disinvolta, quasi assente, disinteressata, i lunghi capelli neri gli incorniciano il volto magro ora diretto verso un impacciatissimo Grimmjow ringhiante.
“Chi manca?” chiede Ichigo, spazientito dalla rumorosa lite fra i due espada.
Rukia conta silenziosamente, scarabocchiando disegni (probabilmente coniglietti) su un foglio:
“Nii-sama e Ulquiorra, forse. E poi … hmmm Szayel ? L’avete avvisato vero?”
“L’ho avvisato io.” Asserisce Ishida, serio, mentre minaccia Grimmjow con una freccia per intimarlo a terminare il bisticcio con l’altro hollow.
“Sono qui.”
La voce sinuosa del ragazzo spezza la conversazione, assopendo i dubbi e facendo tirare ai presenti un sospiro di sollievo anche se, la sensibile Orihime rimane dispiaciuta nel vederlo arrivare da solo, senza nessun accompagnatore.
“Ehi Ichigo …” sussurra all’orecchio del giovane dai capelli arancioni, impercettibilmente
“Potresti tenergli un po’ compagnia? Mi dispiace tanto che non ci sia nessuno con lui …. Vorrei farlo io però mi fa paura, mi inquieta … non so perché.”
Lui sorride, cercando le iridi grigie e le lunghe ciglia di Inoue:
“E’ un effetto che fa a tanti. Ma non preoccuparti, se la caverà benissimo anche da solo. E poi siamo tutti amici, non deve sentirsi a disagio.”
“Ma potrebbe rimanerci male …”
“E va bene.”
La bacia delicatamente sulla guancia, un po’ timido, per allontanarsi verso l’espada dal manto rosato.
“Ehm, ciao Szayel!”
L’arrancar alza un sopracciglio, scrutandolo dubbiosamente.
“Ciao a te Kurosaki.”
Un breve silenzio, gli occhi ambrati fissi sullo shinigami, le labbra schiuse in una smorfia divertita.
Un lungo brivido percorre la schiena del giovane, facendolo deglutire: è vero, è davvero inquietante.
“Oh, ehm, come … come va?”
“Bene, grazie. E a te come va?”
“Bene, direi bene.”
E adesso cosa gli dico? Kami, ma perché continua a fissarmi con quegli occhiacci!!
Orihime, alle spalle dell’espada, gli fa segni incoraggianti, tifando per lui insieme a Rukia, che sventola un gigantesco disegno a forma di coniglietto rosa, ma per fortuna a salvarlo dall’imbarazzo è la sesta espada: Grimmjow si lancia su di lui con attacco felino, dimenticandosi di trovarsi in un luogo pubblico, affollato.
“Shinigami! Un giorno di questi dobbiamo pestarci! Buahahah!” ride istericamente, mostrando i canini pronunciati.
“O no ci risiamo. Quando la finirai di importunare questo povero ragazzo?” scandisce Granz, tranquillamente.
“Szayel non mi ero accorto! Eccoti finalmente! Vieni, vieni con me io e Uryuu dobbiamo raccontarti di quelle cose …”
Lo strattona per un braccio, trascinandolo verso il quincy e chiacchierando allegramente.
“Sembrano tutti felici. Che ne dite, ci avviamo ?” suggerisce Rukia, al settimo cielo.
Stringe la mano di Renji, facendo strada alla comitiva verso il centro della città.
Le otto sono passate da un pezzo quando i ragazzi sono seduti attorno ad un grande tavolo pronti ad assaporare la cena servita a breve: il ristorante è colmo di persone, il profumo delle pietanze aleggia nella spaziosa sala, il vocio è allegro, brioso e l’atmosfera è altrettanto entusiasta. Fra menù e antipasti della casa i giovani si parlano felicemente, scherzando e ridendo, assaporando ogni secondo di quella serata in compagnia.
“Chi l’avrebbe mai detto: shinigami ed arrancar a cena insieme!” ride Orihime, contagiando con il suo entusiasmo tutti i presenti, che annuiscono con convinzione.
Renji ed Ichigo discutono animatamente insieme a Gin, incontrato casualmente ed aggiuntosi volentieri, su chi di loro è il più forte, mentre l’ex capitano ghigna beatamente. Inoue e Rukia chiacchierano delle loro rispettive relazioni mentre Grimmjow ed Ishida si prendono in giro a vicenda.
Szayel, seduto accanto a loro, non ascolta nemmeno una parola pronunciata, la sua mente si trova altrove.
Una mano fra i capelli pastello lo riporta al presente, scuotendolo improvvisamente:
“Ti sei tagliato i capelli?”
Nnoitra tiene una ciocca rosata fra le dita, gli occhi neri celano un abisso profondo, in subbuglio, una tempesta.
“Oh, te ne sei accorto?”
“Sono molto più corti.”
“Li ho solo spuntati un po’ oggi pomeriggio, prima di venire qui.”
E dopo che te ne sei andato … vorrebbe aggiungere, ma si morde la lingua per non sputare quella sentenza tanto fredda.
“Ti stanno bene!” squittisce Nel, protraendosi oltre la spalla di Jirga e accarezzando anche lei il manto morbido e chiaro.
Con la mano delicata gli sfiora inavvertitamente la guancia e tale contatto lo fa trasalire, sussultare, una fitta di dolore gli squarcia il petto ed assume una smorfia sofferente.
“Va tutto bene?! Ehi Szayel sta bene?” chiede preoccupata, cingendogli affettuosamente la spalla.
“Come fai a preoccuparti per me dopo che ho contribuito a spaccarti la testa?”
La ragazza impallidisce, ma riacquisiste immediatamente la solita dolcezza:
“E’ acqua passata. Ora io e Nnoitra siamo insieme, ti pare che possa ancora avercela con voi?”
Ride candidamente, dandogli un buffetto sulla guancia e poi abbracciando strettamente il fidanzato, immobile come una statua.
Già … ora che state insieme.
La giovane prende la mano dello scienziato invitandolo ad alzarsi in piedi per osservarne meglio il kimono:
“Ti sta così bene! L’hai fatto tu?”
Lui scuote la testa, indicando Ishida:
“Me l’ha regalato lui.”
L’abito è lilla e bianco, decorato lungo le estremità. Il fiocco violaceo gli stringe la vita, slanciandone la figura.
Granz alza lo sguardo verso la quinta espada, incrociando le sue iridi giallastre con quelle agitate dell’altro. Lo fissa per qualche secondo, distogliendo infine quel contatto agiato per assumere il consueto sadico ghigno:
“Non credevo avessi entrambi gli occhi in forma umana.”
Una scossa di rabbia pervade l’espada ma il lampo di tristezza nelle iridi dell’octava lo gela all’istante, come una folata di neve, come la brina invernale. Torna a sedersi in silenzio, scrutando il segno rosso ancora presente sul collo del ragazzo, sprofondando nel senso di vergogna e viltà più totale: verso Nel, verso Szayel, verso se stesso.
 
 
 
“Davvero non ti importa andare?”
“Non sono cose che fanno per me. Nemmeno se a chiederle è mia sorella Rukia.”
Byakuya osserva placidamente Ulquiorra, appoggiato al muro della sua spaziosa camera. La porta scorrevole è spalancata, permettendo una magnifica visuale sul giardino dell’immensa villa.
Gli alberi ondeggiando sinuosi, scossi dal vento fresco, le piante fiorite diffondo il loro intenso profumo.
“Non credevo avessi una … casa … anche nel mondo degli umani.”
“Non è l’unica.”
“Devi essere davvero benestante.”
Kuchiki lo scruta eloquentemente, lasciandogli intendere di aver asserito una cosa corretta.
“Non ti sei assentato troppo dalla Soul Society?”
“No. Ho già avvisato chi di dovere per la mia temporanea permanenza in questa dimensione.”
Entrambi puntano i propri occhi caotici in quelli dell’altro, cercando di carpire quella vena d’emozione che li aveva scossi la prima sera del loro incontro, fiamma assopita dallo scorrere delle ore e dei giorni.
Eppure, nonostante la ritrovata freddezza, non si allontanano, rimangono vicini in quelle mura, trascorrono il tempo insieme anche solo ad osservare il cielo in silenzio e sentono che, in fondo, va bene così.
“Ti interessa ancora quella donna?”
Una domanda a bruciapelo, secca, gelida come la voce che l’ha appena emessa, come lo sguardo algido e blu, simile all’oceano più profondo.
L’espada socchiude le labbra in un sospiro, avvicinandosi lentamente al capitano; a pochi passi da lui solleva le iridi smeraldo su quelle color notte dell’uomo, assumendo la solita espressione malinconica ed imperturbabile.
“A volte si.”
Tre parole, semplicissime, ma taglienti come lame di coltello.
“Capisco. In fondo è per lei che sei riuscito a tornare. Inoue Orihime.”
“Esatto.”
Silenzio, carico di tensione e sgomento.
“Allora perché hai sprecato con uno shinigami il tuo tempo? Dovrei eliminarti.”
“Perché …”
Con un gesto calmo ma inaspettato gli coglie la mano, portandosela al petto, proprio sopra al cuore.
“Perché anche tu mi hai fatto provare lo stesso calore.”
Byakuya sgrana gli occhi, ma rimane in silenzio, continuando a fissarlo, incitandolo ad esplicarsi.
“Forse non era davvero lei che desideravo. Forse era solo la sensazione che mi dava.”
Le dita bianche e magre stringono quelle dell’altro, scosse da un fremito.
“Stavolta invece non cerco solo quel calore. Cerco anche te. Entrambe le cose.”
Il capitano annuisce, temendo di non aver realmente udito quel discorso, impaurito di averlo solo immaginato, sognato. Il suo petto bolle, proprio come lo stomaco, gli arti, il ventre, la gola: è quello il calore di cui parla Ulquiorra? È quella la sensazione che si prova nel desiderare realmente qualcuno al nostro fianco? Nel volerlo così tanto da non trovare le parole per spiegarglielo?
Senza staccare le iridi blu da quelle verdi, allunga una mano sul teschio, per sfiorarne la fredda compattezza.
Ne percorre i contorni con delicatezza, trasformando il breve contatto ora sceso sulla guancia in un lenta carezza.
“Te l’ho già detto che sembrano lacrime?”
Domanda serio, mentre con l’indice delinea le linee scure che rigano il viso magro.
“Sì, me l’hai già detto.”
“Mi piacciono.”
Sorride appena, sfiorandogli le labbra con le proprie in un bacio leggero.
“Hai ancora freddo?”
Ulquiorra annuisce, tirando a sé il corpo del capitano con forza, strappandone in parte le vesti.
Di rimando, il bacio si intensifica e percepisce le mani di Byakuya scorrergli fra il manto corvino, aggrapparsi a quella chioma mossa, sospirargli fiocamente sul collo.
“E adesso?”
“Non più. E tu?”
Kuchiki si separa da lui per un attimo, giusto il tempo per annuire, sfidandolo.
L’espada allora lo riprende, avvolgendolo con le braccia magre e lattee, lasciandogli scie bollenti sul torace e sulle spalle.
“Ora non ho più freddo”.
Si abbandona ad un sorriso sincero, uno dei più leali di tutta la sua vita, stringendo i fianchi di quell’arrancar così serio e simile a lui da farlo sentire a casa in qualsiasi posto possa trovarsi.
“Vieni con me.”
Si avvia verso un corridoio semibuio, placidamente, invitando l’hollow a seguirlo.
Senza alcuna parola entra in una stanza ed apre uno spazioso armadio, estraendone un contenuto prezioso, pregiato, setoso:
“Pensavo ti andasse di andare a Karakura, questa sera.”
Con cautela gli porge il kimono smeraldo, di finissimo tessuto, lavorato con decorazioni argentate.
“L’ho fatto fare apposta per te. Riprende il colore dei tuoi occhi.”
Ulquiorra lo fissa, senza parole. Nel petto è pervaso di nuovo da quel calore che ha sempre cercato, un calore così forte da far male, da ferire, da sconvolgerti nel panico più totale.
“Non so cosa dire. Non ho mai ricevuto un regalo.”
“Non ti piace?”
L’espada carezza l’abito, apprezzandolo in ogni suo aspetto: dal tatto alla vista, perfino all’olfatto poiché profuma di ciliegio in fiore, proprio come Byakuya.
“Mi piace invece. Mi piace molto.”
“Indossalo allora.”
L’arrancar inizia a slacciarsi la divisa da Espada con imbarazzo ma il suo braccio viene fermato dalla stretta dello shinigami.
“Non possiamo presentarci come anime. Dobbiamo prendere forma umana. Ti serve un gigai?”
Ulquiorra scuote il capo, assumendo immediatamente un aspetto normale, privo di foro da hollow e di qualsiasi altro elemento mostruoso. Perfino le righe sulle guance sono scomparse, lasciando il posto ad un languido pallore e ad un ragazzo apparentemente fragile ed esile.
Byakuya lo osserva, attratto, mentre si lega i capelli neri in un’alta coda dal nastro blu, lasciando libere solo alcune ciocche ribelli che ricadono sulla fronte e sul viso.
Lo aiuta ad indossare il kimono, stringendone in vita il fiocco bianco dai fili d’argento, sistemandogli la chioma scura passandoci in mezzo le dita sottili.
Si cambia anch’egli, vestendo un lungo kimono blu e bianco, anch’esso elegantemente decorato.
Entrambi si scambiano un’occhiata, estremamente interessati l’uno all’altro, invaghiti, allettati.
Kuchiki sorride nuovamente, ottenendo la medesima reazione dal compagno:
“Possiamo andare.”



Scusate eventuali errori o ripetizioni, sono stanchissima e non ho voglia di rileggere :( Perdonatemi :(
Spero possa piacervi, nel prossimo continuerò a raccontarvi della serata !
Un bacio a tutti,
Valentina :)

 

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Capitolo 33
*** Fuochi d'artificio ***


CAPITOLO 33


Facciamo un passo indietro …

Ore 10.00

Ichigo apre con cautela la finestra, entrando lentamente nella casa silenziosa e poco illuminata. Un piede e  poi l’altro e con un balzo salta nell’ampio soggiorno cercando di attutire ogni rumore. Un bisbiglio sommesso attira la sua attenzione, facendolo voltare circospetto, simile ad un ladro durante una missione.
“Oi! Oi Ichigo!”
“Renji! Oi sei tu?”
“E’ casa mia idiota chi altro vuoi che sia!”
“Shh parla piano idiota! O Rukia si sveglia!”
Gli occhi nocciola del sostituto shinigami brillano nella penombra, curiosi e leggermente imbronciati, come al solito. Il rosso invece rigira nervosamente le mani, lanciando uno sguardo esasperato verso le scale di tanto in tanto.
“Allora, dobbiamo essere rapiti e indolore.”
“Tu devi esserlo, hai detto che dovevi parlarmi.”
Abarai annuisce, facendogli cenno di abbassare il tono di voce. Gli si avvicina guardingo, invitandolo ad accomodarsi sul divano accanto a lui.
“Più vicino.”
Il ragazzo dai capelli arancione si sporge verso l’altro, scocciato.
“Ancora un po’.”
“Eddai dimmelo e basta!”
Un bisbiglio all’orecchio, breve, appena confuso, bofonchiato, quasi un soffio incomprensibile. Eppure le parole sono giunte chiare e limpide come l’acqua di una sorgente.
“COOOSAAAA???”
Ichigo salta dal divano, urlando, per poi tapparsi la bocca con una mano. Il volto è completamente paonazzo e gli occhi sgranati.
“Dio mio Renji ma sei impazzito?”
“No!! E abbassa la voce altrimenti Rukia si sveglia!!!”
“Ma ti è andato in pappa il cervello??”
“Ci ho pensato a lungo, ho deciso che è la cosa giusta.”
“Ma il tuo lavoro da shinigami?? E Byakuya?? E Rukia??”
“Eddai Ichigo! Non è un dramma, non cambierà nulla … solamente, sento che devo farlo. È il momento giusto, non potrei aspettare un secondo di più né uno di meno.”
“Se lo dici tu …”
“Che amico sei? Dovresti supportarmi!”
“Ma io sono dalla tua parte, ti supporto e ci sono per te. Altrimenti non sarei qui! Sono solo rimasto basito … ma in fondo ora che metabolizzo l’idea non è poi tanto male.”
Renji sospira agitato, euforico, mordendosi il labbro inferiore. Le iridi d’ebano incontrano quelle castane dell’altro, scrutandolo con aria interrogativa.
“Ci sarai quando dovrò dirlo vero?”
“Puoi contarci.”
Una pacca sulla spalla, il sorriso confortante e sincero di Ichigo: quel ragazzo sempre pensieroso, imbronciato, in realtà si dimostra sempre il miglior amico che chiunque possa desiderare e lo shinigami si sente veramente fortunato ad averlo accanto.
“Quando glielo dirai?”
“Non lo so ancora … ma … presto.”
“Che ne dici di questa sera? Magari dopo i fuochi … o durante la cena? Così ci siamo tutti …”
“Ottima idea … andiamo a berci un caffè? Ne ho bisogno.”
“Puoi scommetterci.”
 
 
 
Le onde del mare si infrangono rumorosamente sulla scogliera del promontorio scandendo un ritmo tempestoso ed iracondo. Il vento freddo soffia ancora algido e aguzzo modellando l’acqua scura, sbattendo contro i vetri lindi e spessi del laboratorio. Picchietta come un ospite inatteso alla porta, solleva la sabbia in vortici polverosi ed ulula sonoramente mentre il cielo cela il sole estivo, nascosto ancora sotto una fitta coltre di pesanti e scure nubi.
Nnoitra dorme placidamente coperto da un morbido lenzuolo, nettamente diverso da quello da lui usato per coprire Szayel durante la notte. È assopito come un bimbo, i capelli corvini gli ricadono sulla fronte e sulle guance affilate, la benda leggermente spostata lascia intravedere una piccola parte dello spaventoso foro da hollow. Respira piano, avvolto nella stanchezza causatagli da una notte probabilmente insonne trascorsa su quella piccola sedia nel laboratorio accanto al lettino bianco, simile ad una barella.
Le ore passavano e continuava a domandarsi miliardi di cose, anche semplici e insignificanti, talmente banali da non essersele mai poste in tutti quei secoli di vita. Ad esempio, vedendo dormire l’arrancar su quello strano affare non riusciva a concepire come potesse riposare comodamente in quello spazio ristretto e duro, mentre nel piano inferiore lo attendeva un letto spazioso e comodo. Oppure come faceva a non cadere giù o a non muoversi durante il sonno. O ancora, come non trovasse scomoda la divisa attillata o come non si sentisse mai solo. O forse accadeva?
Le domande si ripetevano incessanti nella sua mente: come ha affrontato la morte di suo fratello? Perché non l’ha mai nominato dopo la sua scomparsa? C’è davvero qualcosa oltre quel suo aspetto folle? Come prenderà la mia presenza qui quando se ne accorgerà? E io come farò con Nel? Mio dio ma mi sto rammollendo pure io? Si è mosso, ora si sveglierà e mi massacrerà. No, non credo sono io il più forte. Però si arrabbierà e se ne andrà di nuovo. Forse non dovevo venire qui. Forse non dovevo dirgli nulla. Ok, sto impazzendo …eppure mi chiedo se c’è mai stato qualcun altro, oltre a me, che ha trascorso l’intera notte a guardarlo nello stesso modo in cui lo sto facendo io. Credo sia impossibile.
Ora invece è nel mondo dei sogni, avvolto nella morbidezza ed affiancato dal calore di un altro corpo dal profumo delicato e carezzevole. È crollato così, sfinito, dopo le infinite carezze e i baci intensi, dopo aver strappato a quelle labbra sottili il sussurrio del suo nome, proprio come desiderava. È precipitato immediatamente nel sonno fra le braccia dell’octava, cadendo in un abisso oscuro quasi privo di sensi a causa della stanchezza fisica ed anche delle forti emozioni.
Szayel invece era rimasto sveglio a lungo, a fissare quel ragazzo altissimo e magro inerme, steso su di lui come un animale bisognoso d’affetto. Lo aveva scrutato insistentemente con le iridi dorate, scuotendo talvolta la testa, sopraffatto da uno sgomento profondo ed inspiegabile. Lo desiderava lì, accanto a lui, senza sapere nemmeno perché. Voleva ancora assaporare la sua bocca, la sua pelle liscia ma al medesimo tempo rifletteva a quanti danni, anche irrecuperabili, avrebbe portato questa situazione ambigua.
Anche ora le due perle ambrate sono sbarrate, rivolte verso il soffitto, le braccia nude incrociate dietro la nuca; il respiro di Nnoitra gli solletica il petto candido, infreddolito, scoperto, caldo solo il punto dov’è appoggiata la sua mano.
La luce grigia del cielo piovoso invade con forza la stanza, cullata dalla danza delle onde indomite.
“Ehi.”
Szayel non si scompone, volta solamente lo sguardo in direzione della voce mentre il viso rimane all’insù, rivolto verso il soffitto bianco ed il lampadario spento.
“Devo essermi addormentato … che ore sono?”
Sbuffando scosta gli arti da dietro la nuca alla ricerca di una sveglia o un orologio, per pronunciare l’orario con voce inflessibile:
“Quasi sera …”
Nnoitra sbuffa, rimboccandosi meglio le coperte tiepide ed avvicinandosi all’altro, tastandone la pelle fredda.
“Sei gelido!”
“Non ho freddo, sto bene così …”
Sussulta, le unghie dell’espada conficcate sul fianco in un graffio rabbioso.
“Non stai bene così. Ti conosco, c’è qualcosa che ti turba.”
“Non dovresti tornare da Nel? Credo si stia domandando che fine hai fatto.”
“Non mi interessa nulla di lei.”
“Le hai spezzato la testa, ma penso che spezzarle il cuore farà ancora più male.”
“Se te ne preoccupavi tanto potevi fare a meno di venire a letto con me!”
“Hai insistito tu Nnoitra.”
Il moro lo guarda furibondo, stringendo i pugni tremanti:
“Non mentire così spudoratamente, per cosa poi? Per orgoglio? So con certezza che non sei quel tipo di persona che fa le cose senza volerle.”
“Ah no?” domanda gelido, mentre sistema gli occhiali.
“Ci sei stato, eccome! E ti andava, altrimenti non sarei qui ora!”
Szayel lo fissa negli occhi, senza distogliere le iridi giallastre, privo del consueto ghigno stampato sul volto dai lineamenti femminili.
“Mi hai stufato Szayel.”
Si alza infuriato dal letto sfatto, imprecando tutto l’odio che lo invade fino all’anima. Una mano gli afferra il polso, salda, ferma, stretta.
“Aspetta.”
Jirga si blocca, stagliandosi in piedi nella sua alta figura, voltandosi con rancore verso il suo interlocutore.
“Cosa vuoi ancora? Mi hai chiesto di non prenderti in giro … ma ora sei tu che lo stai facendo con me.”
Il ragazzo dai capelli rosa sgrana gli occhi, apre la bocca per sussurrare qualcosa di indecifrabile, inudibile, forse muove solo le labbra senza dire effettivamente qualcosa di concreto.
Con uno strappo Nnoitra si divincola dalla stretta, abbandonando la stanza a grandi falcate e sbattendo la porta alle sue spalle.
 
 
 
Ritorno al presente: la cena.
 
I ragazzi chiacchierano allegramente, ridendo, scherzando, talvolta lanciandosi anche qualche briciola o chicco di riso per poi sconfinare in una guerra di cibarie ogni volta bloccata dalle occhiatacce di Rukia.
La voce di quest’ultima sovrasta le altre con un urlo colmo di entusiasmo:
“Nii-sama!! Sei venuto anche tu alla fine!”
A braccia aperte corre verso di lui, abbracciandolo con gioia, ignorandone la solita espressione imperturbabile. Accanto al capitano Ulquiorra osserva dubbioso la shinigami, domandandosi il perché di tanta felicità: sono proprio strani, questi circa-umani …
Silenziosi si accomodano accanto alla ragazza e Orihime immediatamente accoglie entrambi con il più caloroso dei saluti e si addentra subito in una delle sue buffe conversazioni, strappando un sorriso all’espada.
Un urlo indefinito blocca tutti i presenti, spostando l’attenzione su Ichigo:
“OOooiii!! Badatemi!! Devo dirvi una cosa importante!”
Ammutoliti e con le bacchette a mezz’aria tutti gli occhi sono puntati su di lui.
“No ehm cioè, non devo dirla proprio io. Deve .. .deve dirla Renji!”
Renji si alza come un fulmine, scattando sull’attenti. Una goccia di sudore gli cola dalla fronte, soprattutto a causa del gelido sguardo del suo capitano.
“Si. Io devo dirvi una cosa.”
“Mpf, che cofsa?” domanda Grimmjow con la bocca piena, ricevendo una forte gomitata da Ishida ed un sommesso “ssshhh!”.
“Hmm ehmm ecco. Io devo dirla a voi ma soprattutto a … a … a Rukia.”
La ragazza lo osserva sorpresa, arrossendo visibilmente.
“Rukia.”
Annuisce, deglutendo. Le mani gli tremano ma riesce ugualmente a recuperare dall’interno del kimono una scatolina nera, ricoperta da velluto.
“Ecco, questo è .. è per te.”
Le porge il piccolo oggetto, riponendoglielo fra le mani. Lei sbarra gli occhi violacei, sbiancando in volto, temendo di sognare, di non essere davvero lì in quel momento.
Tutti i presenti non osano nemmeno respirare, si sporgono verso la coppia con sguardo luccicante ed incredulo, alcuni con le mani davanti la bocca, altri si fanno aria con il tovagliolo.
Byakuya scuota la testa, le iridi scure sgranata, la coda alta di capelli corvini fluttua voluttuosa, mentre con una mano stringe il kimono di un impassibile Ulquiorra.
La shinigami apre la scatolina scoprendo un anello d’oro bianco sottile, adornato da un delicato brillantino blu/viola, come i suoi occhi grandi e profondi.
“Rukia, vuoi sposarmi?”
Lo dice tutto d’un fiato, le iridi d’ebano colme d’emozione e addirittura lucide. Rukia trema fortemente, le lacrime le bruciano le palpebre e il cuore batte all’impazzata. Porge la mano piccola e affusolata verso il compagno lasciando che le infili l’anello sull’anulare sinistro, per ammirarlo con orgoglio e profondo amore.
L’emozione le impedisce di parlare ma annuisce con il capo e gli si lancia addosso in un caldo abbraccio:
“S.. si… certo che si!”
Ichigo si alza in piedi applaudendo ed esultando, mentre la coppia si scambia un bacio leggero sulle labbra, seguito dagli altri amici che lo imitano, alzandosi a loro volta e applaudendo con enorme commozione.
Solo Byakuya per poco non soffoca ma la vicinanza del povero Ulquiorra, stordito dall’inconsueta agitazione del compagno, lo trattiene dallo sfoderare il bankai. Nonostante ciò si alza anch’egli, limitandosi ad osservare la scena.
“Capitano Byakuya.” Afferma Abarai, con voce ferma.
“Vorrei che come mio Capitano e come Fratello di Rukia, in nome di capofamiglia Kuchiki sia Lei a legarci nel vincolo del matrimonio.”
Il capitano percepisce lo sguardo speranzoso di Rukia, della sua piccola sorellina ormai diventata grande e pronta a cogliere nelle proprie mani le redini della sua vita.
Annuisce, sorridendo appena: “Capisco. Va bene.”
Un altro applauso, Renji prende il braccio l’amata e la fa volteggiare sopra di lui, sfoggiando il sorriso più bello e sincero del mondo.
“E i testimoni?? Avete già scelto??” esclama Orihime asciugandosi una lacrima di emozione dalla guancia.
“Io un’idea già l’avrei …” suggerisce il rosso, scrutando la shinigami. Lei conferma con un cenno del capo, indicando con chiarezza il suo caro amico Ichigo.
“Senza dubbio Ichigo.” Sorride lei, la voce tremante di felicità.
“Ed io sarei onorato di avere accanto Uryuu.” Conclude Renji.
I due futuri testimoni corrono dalla coppia congratulandosi ed abbracciandoli in uno scoppio d’affetto e di gioia.
 
La serata procede nel migliore dei modi, soprattutto dopo la splendida notizia: l’euforia per i preparativi prende il sopravvento e tutti (chiaramente invitati, nessuno escluso) iniziano già ad immaginare il bellissimo momento anche se, per ora, non è chiara nemmeno la data. È stato un semplice “sì”, colmo d’amore, l’inizio di un futuro roseo e ancora più felice.
Il vento fresco carezza la fiera di Karakura mentre i ticchettii dell’orologio scandiscono il trascorrere del tempo, facendo avvicinare il momento tanto atteso: i fuochi d’artificio.
Dopo aver consumato la cena la comitiva si avvia in mezzo alla bancarelle per una lunga passeggiata, discutendo nel frattempo sul luogo migliore per osservare lo spettacolo pirotecnico. Lungo le strade, in molti spiazzi appositamente rialzati da un palco di legno, vi sono gruppi locali che si esibiscono nei più svariati tipi di musica: tradizionale, moderna, underground, di qualsiasi genere e gusto.
Orihime si ferma davanti alla zona dj, illuminata da luci colorate, artificiali, ondeggianti:
“Adoro questa canzone! Ichigo, balla con me!”
Il ragazzo cerca di allontanarsi ma Inoue lo tira per un braccio in mezzo alla folla, iniziando a ballare e divertirsi. Il bellissimo manto caramello si muove sinuoso e morbido, gli occhi le brillano di vita ed Ichigo non può non assecondare quella creatura stupenda, dalla dolcezza incredibile. Un po’ goffamente ne emula i movimenti, lasciandosi coinvolgere dal ritmo e ridendo insieme. Si volta verso gli altri, invitandoli con un cenno ad unirsi e Nel non esista nemmeno un secondo: si lancia nel gruppo, ondeggiando, improvvisando una danza con movimenti del tutto casuali ma pare divertirsi da morire. Byakuya e Ulquiorra si allontanano disgustati, dedicandosi piuttosto ad una mostra di quadri là vicino, commentando fra loro lo stile, la pertinenza artistica ed altri aspetti complicati noti solo a loro.
Uryuu e Grimmjow, inizialmente poco convinti, vengono trascinati da Rukia e Renji che non ammettono repliche:
“Festeggiate con noi, niente no!”
Grimmjow ride a squarciagola mentre cerca di ballare ma inciampa su Ishida, rischiando perennemente di far cadere entrambi. Il quincy si muove invece bene, mostrando un talento fin’ora celato, ma questo accresce ulteriormente il divertimento dell’espada che in confronto a lui è totalmente inetto.
Canzone dopo canzone, quasi perdendo la cognizione del tempo e dello spazio, danzano insieme fra risa e compagnia, in un momento magico, eterno, incancellabile.
Solo Nnoitra e Szayel sono rimasti in disparte, lontani, ognuno assorto nei propri pensieri. Jirga osserva la dolce Nel mentre tiene le mani di Orihime, ballando con lei; Granz invece riflette intensamente su come agire e la sua decisione è presto presa.
“Vieni con me.”
Afferra il braccio dell’arrancar iniziando a correre via, lontano, obbligandolo a seguirlo senza dargli nemmeno la possibilità di rispondere.
Corre a perdifiato fra le vie brulicanti di persone , schivandole e saltandole, talvolta urtandole senza degnarsi di scusarsi.
“Posso sapere dove stiamo andando?” sbraita l’espada, esasperato.
“Non ne ho idea. Via da qui.”
“Ehhh?? Tu sei pazzo!”
“Preferisco essere chiamato genio.”
Non abbandona la presa, galoppando per quasi tutta la città fra chioschi e giostre, rivolgendo di tanto in tanto un’occhiata all’altro fuggiasco, la cui espressione scocciata e sconvolta non implica nulla di buono.
Finalmente esce dalla fiera, e risale di fretta un pendio erboso, puntellato da un fitto bosco di alti alberi scuri.
La luna finalmente è spuntata dalle nubi opache e brilla nel cielo scuro della notte. L’aria è ancora umida, profumata di pioggia, ma i raggi lattei dell’astro carezzano la natura silenziosa e lontana dal caos cittadino come polvere sospesa in una stanza.
Giunto in cima alla collina verdeggiante finalmente Szayel termina la sua corsa senza però lasciare la morsa sul braccio dell’altro: sotto al palmo si è formato un segno rosso, leggermente fastidioso ma caldo, pulsante.
Le iridi dorate si posano su quelle nere e magnetiche di Nnoitra chiedendogli un cenno di conferma: se ti lascio il braccio resterai, vero?
Allenta leggermente la pressione delle dita, allontanandole progressivamente, con una lentezza inimmaginabile.
Le voci e le musiche ovattate, attutite, sono trasportate dal vento simili ad un canto lontano, magico, fatato; gli alberi sussurrano e bisbigliano smossi da una lieve brezza che solletica dispettosa le chiome dei due espada, giocando con i lembi delle lunghe vesti.
Nnoitra rompe il silenzio ma in effetti non è realmente convinto della domanda posta:
“Perché mi hai portato qui?”
Szayel sospira, sistemandosi gli occhiali:
“Avevo bisogno di parlarti. Non mi andava di aspettare.”
“E dovevi dileguarti proprio in quel momento? Ci cercheranno tutti.”
“Non credo. Kuchiki e la proposta ci hanno salvato. L’attenzione è su di loro, non si accorgeranno nemmeno della nostra assenza. E poi non siamo gli unici ad essere evaporati.”
L’hollow lo scruta curioso ma immediatamente capisce che si sta riferendo al capitano Byakuya, troppo snob, a suo parere, per abbassarsi ai loro livelli popolani.
“Tsk. Non ho niente da dirti.”
“Tu no magari, io invece ho tanto da dirti.” Sibila l’octava serio, imperturbabile, le guance ancora arrossate dalla corsa. Continua:
“Hai ragione, ti ho trattato non nel migliore dei modi. Posso rimediare?”
“Tutto qui?”
“Sì.”
Un breve silenzio.
“Sei egoista. Un assassino, bastardo, cinico, sanguinario, spietato, crudele, sadico, forse uno fra gli espada peggiori che conosco perché non hai nemmeno tanti principi. Però mi vai bene lo stesso.”
“E’ così Granz? Tu sei esattamente come me, aggiungendo anche: completamente fuori di testa.”
Entrambi ghignano osservandosi a debita distanza.
“Dicevo davvero comunque. Stai bene con i capelli più corti.”
“Grazie. Anche tu stai bene con due occhi.”
“Bastardo!”
Non ha il tempo materiale per avventarsi contro lo scienziato, poiché quest’ultimo è già attaccato alle sua labbra, intento a divorarle con baci caldi ed umidi, avvolgenti. Jirga lo afferra per i fianchi, stringendolo forte ed assecondando quel contatto che ricerca da secoli ed ora finalmente assapora.
Si staccano un secondo, per riprendere fiato, abbastanza per scambiarsi poche parole:
“Devi dirlo a Nel. Non sono il tuo amante.”
“Cos’è, vuoi farmi da fidanzatino?”
Un altro bacio, più rabbioso e aggressivo, alternato a morsi talvolta leggeri, talvolta più forti.
“Idiota. Voglio solamente risolvere questo strazio e basta. Il resto andrà da sé.”
“E se andasse male?”
“Anche se andasse male staresti con una ragazza che nemmeno desideri?”
“No.”
Uno scoppio nel cielo, un forte boato e poi una cascata d’oro nel cielo notturno, seguita da altri colori brillanti, vibranti, accesi: rosso, verde, argento, blu; grandi fiori rumorosi e sfavillanti esplodono nel cielo lasciando scie di luce al proprio passaggio.
I due espada osservano incantati tale spettacolo con gli occhi di un bambino che vede per la prima volta qualcosa di indescrivibilmente meraviglioso.
Si siedono sull’erba umida, vicini, respirando ognuno il fiato dell’altro, senza più parole davanti a quel momento magico ed unico. Osservano insieme lo strano spettacolo terreno, una delle più belle magie che avessero mai visto fino quel momento, sfiorandosi appena le mani, cercando di calmare il cuore tremante e intrepido per l’emozione e il frastuono.
Proprio come il loro sguardo, quello degli altri amici è puntato nello stesso cielo, sugli stessi fuochi d’artificio: insieme Rukia e Renji si tengono per mano, osservando estasiati tale meraviglia. Anche Orihime e Ichigo, Ishida e Grimmjow, Nel ed Ulquiorra e Byakuya alzano i volti verso il cielo, beandosi di tanti colori e forme nella serata fresca e ventilata.
Eppure, non è ancora finita: Inoue solletica il sostituto shinigami, attirandone l’attenzione:
“Guarda Ichigo, mi sono ricordata.”
Dalla borsa estrae un album colorato, noto a entrambi.
“E’ l’album delle fotografie! Avevamo promesso di guardarlo tutti insieme proprio … proprio oggi!”
Lei annuisce, entusiasta.
“Nel frattempo l’ho completato!” esclama sorridendo, giocando con una ciocca di capelli ramati.
Lo stringe a sé, annusandone il buonissimo profumo e perdendosi in quelle note fragranti.
Un bacio sulla nuca e un bisbiglio all’orecchio:
“Non vedo l’ora di sfogliarlo Hime.”
“Anch’io”.



Capitolo pieno di sorprese! Spero vi sia piaciuto! Mi scuso per eventuali errori, prometto di ricontrollare in questi giorni e correggere tutto!
Un bacio,
Valentina :)




 

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Capitolo 34
*** Passato, Presente, Futuro ***


CAPITOLO 34



“E’ il momento!!”
Orihime saltella verso il gruppo di amici, seduti in cerchio nel grande tappeto adagiato sul pavimento di legno. Fra le mani stringe un album dall’evidente spessore e lo tiene con delicatezza, come se stesse proteggendo un antico tesoro.
Si accomoda fra Rukia e Ichigo, appoggiando l’oggetto davanti a sé, al centro per permettere a tutti di vederlo; con lo sguardo percorre i volti dei presenti assicurandosi che non manchi nessuno.
“Innanzitutto grazie Ishida per ospitarci tutti a casa tua!” cinguetta la ragazza dal manto ramato, regalandogli un caldo sorriso. Lui arrossisce, gesticolando con le mani:
“Di nulla, aspettavo da tantissimo questa serata!”
Rukia si avventa sull’album con entusiasmo, sfogliandone la prima pagina:
“Ios! Iniziamo!”
Tutti gli occhi sono puntati sul librone, incuriositi.
Le prime fotografie ritraggono Rukia, Ichigo, Renji, Ishida e Orihime durante la vacanza in montagna: le due ragazze davanti al lago, Ichigo versione scalatore (anche se poi effettivamente si è limitato solo a mettersi in posa), Renji ed Uryuu alle prese con il barbecue, Ishida ubriaco in ginocchio che supplica Abarai, Rukia che ride distesa nell’erba, lei mentre abbraccia il grande coniglio di peluche, Ichigo e Inoue mentre si guardano sottecchi inconsapevoli dello scatto. Entrambi sorridono di fronte a quell’immagine di timidezza, felici di essere riusciti a superarla e di poter stare finalmente insieme.
“Per fortuna che ci siamo salvati!” sussurra Grimmjow a Nnoitra, Nel e Szayel, sollevato di aver scapolato quella strana invenzione umana. Gli altri tre annuiscono con convinzione ma l’urlo della quinta di fronte ad una pagina lo distoglie immediatamente da tale rassicurante pensiero:
“Kami!! E questa quando l’avete fatta? Chi è stato?? Bruciatela!”
Si mette la mani fra i capelli color pece lanciandosi sulla fotografia incriminata: lo ritrae mentre cerca di disincastrare il dito indice dalla gabbia di un canarino all’interno di un negozio d’animali. Il suo volto era esterrefatto, terrorizzato da quel mostro immobile e metallico e ancora di più dall’animaletto piumato.
Nel scoppia a ridere fragorosamente, rotolando nel pavimento e indicandolo con scherzo.
“Non ridere di me!”
Orihime sorride, parlandogli dolcemente: “Non prendertela, è una foto carina. Ne abbiamo di tutti.”
Ulquiorra, rimasto in disparte, scambia un’occhiata scettica con Byakuya, suscitando l’ilarità degli altri:
“Vi siete proprio trovati! Vero Byakuya?” esclama Ichigo puntando le iridi nocciola su entrambi.
“Ti ho detto che devi chiamarmi Capitano Kuchiki!” ringhia, velatamente scocciato.
“Nii-sama! Guarda come sei venuto bene qui!”
La mora gli pone sotto al naso un’immagine in cui passeggia per Karakura tenendo la mano a Ulquiorra.
I loro volti diventano paonazzi dall’imbarazzo ma Rukia non smette di elogiare quanto siano belli insieme, una coppia veramente perfetta, non potrebbe esistere nulla di meglio!
Le pagine si susseguono, mostrando una dolcissima Nel che saluta con la mano, un Szayel al settimo cielo di fronte ad un lecca-lecca gigante del medesimo colore dei suoi capelli, un Grimmjow terrorizzato che si aggrappa ad Uryuu nella cabina della ruota panoramica, un Renji che soffoca dal ridere indicando l’espada nel panico più totale.
Sono tutte fotografie spontanee, naturali, nate dalla prontezza e semplicità di Orihime che sa cogliere la bellezza di ogni attimo, la meraviglia di piccoli frammenti di vita che, raccolti insieme, scrivono una storia.
“Guarda Ichigo, qui è stata la nostra prima uscita insieme!”
Entrambi sorridono all’obiettivo, in distanza si vede la bicicletta appoggiata ad un albero e il frumento dorato ondeggiare. Si scambiano uno sguardo innamorato, vivo, colmo di emozione.
Grimmjow scoppia a ridere istericamente, mostrando i canini aguzzi, mentre spiaccica la faccia pallida di Ulquiorra in un’immagine in cui è stato chiaramente catturato : la quarta espada è alle prese con uno yogurt agli Smarties ma non capisce l’utilità di quelle palline colorate e le osserva con amarezza ed esasperazione.
“Cero ….”
“No! No no no Ulquiorra non è necessario!” esclama il quincy, ponendosi fra il compagno e l’arrancar.
Dietro di lui la sexta ha le lacrime agli occhi dalle risate ma si ricompone appena riceve uno sguardo truce proveniente dai profondi occhi blu.
“Dai Ulquiorra scherzavo, non fare sempre il serio. Gli Smarties fanno incazzare anche me.”
“Appunto.” Annuisce la quarta, rabbuiato in volto, rifugiandosi fra le braccia di Kuchiki.
Quest’ultimo è ritratto mentre sfodera il magnifico Bankai ed è avvolto da miliardi di petali di rosa fluttuanti, una visione da mozzare il fiato.
Orihime sobbalza, agitandosi all’improvviso:
“O mio dio che ora è??”
“Mancano tre minuti a mezzanotte, perché?” risponde il rosso, controllando il display del cellulare.
Lei gli strizza l’occhiolino, ma sembrano intuire solamente la propria ragazza ed il sostituto shinigami.
“E’ vero!!” esclamano alzandosi velocemente e scomparendo in un’altra stanza dalla quale emettono sussurri concitati.
Appena scoccano le dodici la porta si spalanca e riemergono insieme, sorreggendo una torta ed un pacco colorato.
“Auguri Szayel! Buon compleanno!”
Il ragazzo arrossisce, sgranando le iridi ambrate: per poco se l’era scordato persino lui.
Il gruppo applaude, facendogli gli auguri affettuosamente.
“Non me l’aspettavo, grazie… come lo sapevate?”
Ichigo indica Grimmjow che ghigna con fare indifferente avvicinandosi all’amico.
“Auguri.” Gli dà una pacca sulla spalla, porgendogli anch’egli un regalo impacchettato goffamente.
Grantz sorride sinceramente, basito da tanto affetto e calore, sensazioni mai provate in tutta la sua vita. Mai si sarebbe aspettato di essere accolto con tanta generosità né di trovare delle persone che gli volessero bene per ciò che è, senza se e senza ma.
Gli trema la voce, non sa esprimere a parole la felicità e l’emozione che lo invadono come un’onda.
“Non so come ringraziarvi.”
Gli occhi sono lucidi, forse commossi, anzi, quasi certamente lo sono.
“Quanti anni fai vecchiaccio!” esclama Grimmjow tirandogli uno scappellotto dietro la nuca.
Szayel riflette, grattandosi il mento con aria pensierosa.
“Credo … qualcosa come 278?”
I presenti strabuzzano gli occhi ma lo stupore svanisce immediatamente appena anche gli altri espada dichiarano la propria età:
“Sei ancora un novellino, io ne ho 300 abbondanti.” Ghigna la sexta, lisciandosi il kimono.
Gli altri sono all’incirca vicini, qualche anno più, qualche anno meno. Solo Ulquiorra si astiene dall’ammettere pubblicamente la propria data di nascita e a nulla servono le insistenze degli amici.
“Mi dispiace non aver messo le candeline Szayel …” mormora Orihime dispiaciuta e intimorita da quello scienziato un po’ strano. Lui le sorride dolcemente:
“Hai già fatto tantissimo, ti ringrazio.”
“Guarda, ho usato il colore rosa e le fragole. È proprio una torta perfetta per te.” Gioisce lei, con più convinzione.
Tutti ridono, apprezzando quel grande impegno e l’allegria della serata. Mangiano il dolce e trascorrono ancora un’ora a scherzare e ridere insieme, finchè il sonno li coglie, appesantendo le palpebre di stanchezza.
Nel spintola lo scienziato con il broncio stampato sulle labbra, supplicandolo di aprire i regali.
“E va bene.” Sospira Aporro, prendendo il pacco di Ichigo, Rukia, Renji e Orihime.
Lo scarta lentamente scoprendo un primo strato pieno zeppo di dolciumi e immediatamente un sorriso compiaciuto si schiude fra le labbra.
“Vai più a fondo c’è altro!” lo incita la shinigami dai capelli corvini, esultando.
Scava confusamente giungendo al regalo vero e proprio: una cornice d’argento con una foto dell’intero gruppo, scattata probabilmente da Urahara, in cui tutti sono felici e sorridono.
“Grimmjow ci ha detto che ti piacciono … e così abbiamo pensato che potresti aggiungerla a quelle che hai già.” Dice Ichigo con semplicità.
“Vi ringrazio tanto, è magnifica!”
La osserva assorto, stringendola fra le mani, adagiandola poi delicatamente sulle caramelle.
“Tocca a noi!” esclama Ishida porgendogli il dono dal vistoso bigliettino sul quale compaiono due scritte distinte: la prima ordinata, dalla bella calligrafia che riporta un diplomatico “Tanti Auguri”, l’altra più spartana, inconfondibile “Sei un idiota ma buon compleanno!”.
Ride sottecchi, strappando la carta decorata: un intero kit di utensili da laboratorio lucenti e nuovi, scintillanti proprio come gli occhi dell’espada alla vista di tale regalo.
“Che meraviglia! Grazie! E ora sei contenta Nel? Hai soddisfatto la tua curiosità?”
La ragazza scuote la testa indignata, trascinando Nnoitra con piccoli strilli acuti:
“No! Lui non ti ha fatto il regalo! Sono arrabbiata!”
La quinta si scrolla di dosso la giovane urlandole improperi e insulti ai quali appare abituata, poiché non lo degna di uno sguardo e continua a sgridarlo su quanto sia cattivo e insensibile nel non fare nemmeno un pensierino al suo amico Szayel.
“Gli regalo la tua testa razza di rompi co******!”
“Sarebbe meglio di niente! Sei sempre prepotente Nnoitra!”
Lui cerca di brandire Santa Teresa ma purtroppo si accorge di non averla con sé e la linguaccia di Nel lo fa infuriare ancora di più. Le mani di Grantz si posano sul suo braccio magro, stringendolo appena.
“Non ti arrabbiare, a me non importano i regali.”
“E’ lei che mi fa incazzare! La odio! Ti odio a morte Nel!”
Lei sorride scostandosi i capelli verdognoli dal volto grazioso, puntando le iridi color sabbia sul proprio ragazzo:
“Me lo dici sempre, ma  ciò non toglie che potevi fargli un regalino …”
“Ah si? Vuoi vedere il regalo che gli faccio?”
No. Proprio no. Quel tono di voce, quel lampo maligno nelle iridi nere come la notte, quella risata aguzza. No, non vi è nulla di buono nell’atteggiamento della quinta espada e l’octava lo intuisce immediatamente: si allontana da lui ma non abbastanza in fretta; le mani del moro si posano sulle sue spalle e viene assalito da un bacio affamato, passionale, vorace, un bacio lungo e sorprendente, disinteressato al resto del mondo.
I presenti ammutoliscono sgranando gli occhi, soprattutto quando Grantz cede a quelle morbide labbra e asseconda il contatto, portando le sue dita fra il manto corvino dell’altro, stringendolo a sé.
Nel si porta una mano davanti al volto, incredula e tremante, pallida come un lenzuolo.
Nnoitra si separa dal ragazzo, carezzandogli la guancia lascivo e dolce al medesimo istante. Un gesto delicato che sorprende chiunque, una calma innaturale in quel corpo alto e slanciato, il ghigno trasformatosi in un’espressione seria, decisa:
“Tanti Auguri Szayel.”
Lo fissa in quelle perle dorate con ardore, riscontrando in esse una sorta di divertimento per quell’improvvisazione devastante. Nota addirittura che potrebbe ridere da un momento all’altro ma per fortuna riesce a trattenersi in estremo.
“Grazie Nnoitra.”
Nessuno osa fiatare, l’atmosfera serena si è incrinata come una bilancia disarticolata, come un rasoio troppo tagliente. Solo Grimmjow riesce a mitigare quell’aria terribile squarciandola con una delle sue risate inimitabili:
“Buahah ma avanti cosa sono quelle facce? Szayel si è trovato il fidanzato, e allora? Dovete essere felici su! Senza offesa Nel ma se Nnoitra sta meglio con Grantz meglio così!”
Renji scruta Ishida mentre scuote la testa disperato ma non riesce a tacere, soprattutto in quel momento:
“Grimmjow ha ragione. Siamo loro amici, il cuore non si comanda. State bene insieme? Siete felici? Bene allora lo sono anch’io con voi. E Nel, capisco quanto tu possa stare male ma puoi sempre contare su di noi.”
Rukia annuisce, seguita da Orihime ed Ishida.
Con voce tremolante Neliel prende la parola, avvicinandosi alle due amiche:
“Vi ringrazio … in fondo è anche colpa mia. Mi sono sempre comportata nel modo che più gli dava fastidio … Capisco, mi passerà prima o poi. Solo che avrei preferito scoprirlo in maniera migliore.”
“Mi dispiace Nel. Dico davvero.”
“Non preoccuparti Szayel. Non ce l’ho con nessuno dei due. In fondo l’ho sempre saputo che gli piacevi, ancora prima di fidanzarmi con lui. Mi sono aggrappata a una speranza decisamente vana. Ma voglio bene a entrambi, spero possiate essere finalmente felici.”
I due espada si abbracciano, entrambi sollevati, mentre i presenti (incluso Nnoitra) possono finalmente tirare un sospiro di sollievo.
Finalmente le cose hanno iniziato il cammino giusto, finalmente non è più necessario nascondersi dietro a un velo di bugie e solitudine: Espada,Shinigami, Quincy, Umani … che importanza ha? A legarli non è più l’astio, la rivalità, il divario di potere bensì la forza profonda ed unica che solo l’affetto può regalare.
 


 
Tre mesi dopo …
Le foglie iniziano ad ingiallire e l’autunno bussa alle porte della natura: il sole scalda con i raggi dorati la terra ancora arsa prima dell’imminente sonno, il vento soffia tiepido fra i tronchi chiari e la sera, oramai fresca, porta con sé il profumo umido e pungente di fine metà settembre.
La Soul Society, in festa, è abbellita da lanterne rosse e arancioni mentre fiumi di shinigami si apprestano ad augurare un futuro felice e colmo di gioia ai giovani sposi.
Rukia e Renji pronunciano il semplice Sì davanti a Byakuya, per l’occasione in vesti ufficiali, mentre Ichigo ed Uryuu tremano di emozione accanto ai propri migliori amici.
“E’ il momento della promessa.” Annuncia il capitano Kuchiki, gli occhi profondi colmi di orgoglio verso quella piccola grande donna così coraggiosa e forte, verso il suo tenente impavido e valoroso.
“Io, Kuchiki Rukia, prometto di amarti per sempre. Credo, anzi, sono certa, di essere stata legata a te dal primo momento in cui ti ho visto. Chiamalo destino, chiamala fortuna, questo non lo so. Ma so che tu sei il mio futuro, tu sei la persona che desidero accanto ogni giorno della mia vita, fino alla fine. Ti amo Renji, sono felice di poter essere tua moglie da oggi , per sempre.”
Il tenente inspira profondamente, appoggiando le iridi d’ebano su quelle violacee della compagna.
Affoga lo sguardo in quel kimono bianco, di seta pregiata, dallo strascico lunghissimo ed elegante. Ammira i capelli scuri e lucenti, le labbra sottili, chiare, ama con tutto se stesso quella donna che gli ha rubato il cuore.
“Io, Abarai Renji, prometto di desiderarti sempre al mio fianco. Di condividere con te la felicità e la tristezza, di combattere fianco a fianco se necessario, di proteggerti e dare la mia vita per te, poiché lo farei senza alcun rimpianto. Sei la ragazza più bella, affascinante, unica, meravigliosa che abbia mai incontrato … e posso solo ringraziarti di avermi scelto come compagno per tutta la vita. Ti amo Rukia.”
Si scambiano le fedi, un bacio dolcissimo e un applauso vastissimo riecheggia in tutta la dimensione spirituale. Il capitano Ukitake si asciuga le lacrime con un fazzoletto mentre Shunsui esulta innalzando una bottiglia di sakè. Gin e Rangiku si stringono in un abbraccio, emozionati e finalmente insieme nonostante le occhiatacce di Toshiro, perennemente freddo come il ghiaccio.
Gli invitati sono talmente tanti da non poterli nemmeno contare: tantissimi shinigami, tutti i capitani e relativi luogotenenti, immancabili Yoruichi e Urahara a braccetto nascosti dal noto ventaglio bianco. Ovviamente anche Orihime e gli Espada, a cui è concesso straordinariamente accedere alla Soul Society, ma solo per questa volta.
Il rituale è breve, dopo la conferma dei testimoni e la presa visione dei meri atti cartacei il piccolo gruppo si scioglie, dando inizio alla festa vera e propria. Cibo, danze, musiche si protendono per tutta la notte fra infinite chiacchiere e risate: l’atmosfera è felice, gioiosa, i regali sono accatastati in un altissimo mucchio simile ad una montagna, gli occhi degli sposi brillano dall’allegrezza e non si separano nemmeno un secondo.
Renji, nella sua uniforme delle cerimonie speciali, lascia i lunghissimi capelli rossi sciolti, carezzati dai raggi della luna placida, profumati come fiori appena sbocciati. Stringe la mano di Rukia e ne assapora la delicatezza, sperando di non svegliarsi mai da quel sogno stupendo.
Ichigo e Uryuu, per l’occasione agghindati in due preziosi kimoni confezionati da quest’ultimo, affiancano la coppia, ancora increduli di come sia trascorso velocemente il tempo, di quanto sia stretto il filo che li unisce tutti insieme. Orihime abbraccia il sostituto shinigami beandosi della brezza fresca e leggera fra la chioma ramata, le guance solleticate da sottili fili di vento dispettoso. Rangiku gioca con le guance di Gin, scompigliandogli le ciocche argentee e dandogli dolci baci sulla fronte.
Anche Nnoitra pare apprezzare quella nottata di tranquillità e festa rimanendo seduto vicino a Szayel, punzecchiandolo di continuo per poi ghignare soddisfatto; lo scienziato finge un’espressione seria anche se in realtà si diverte un mondo in compagnia di quel folle presuntuoso arrogante.
Ulquiorra invece fa compagnia a Nel mentre il suo compagno Kuchiki intrattiene discorsi noiosi ed ufficiali con altri shinigami di rango elevato, presumibilmente Yamamoto, ma l’attesa non lo scalfisce poiché in fondo adora vedere il proprio uomo immerso nella sua complessa e nobile realtà: lo fa sentire importante e fiero di averlo accanto. È una sensazione strana, indescrivibile, nemmeno lui sa esattamente come sia riuscito in così poco tempo a fargli provare una vasta gamma di emozioni mai conosciute prima: alcune magnifiche, altre angosciose e terribili, assolutamente stravolgenti.
Rukia abbraccia Ichigo, l’amico a lei più caro, cercando di trattenere le lacrime agli occhi:
“Ichigo … non so come sia possibile essere tutti qui … ora … ne abbiamo passate tante … troppe. Non ci credo. Ancora penso a quando dormivo nel tuo armadio, con Kon che rompeva le scatole … quando andavamo a scuola insieme e dovevamo correre via per dare la caccia agli Hollow … dio Ichigo … mi sento persa adesso.”
“Non cambierà nulla Rukia. Saremo sempre amici, continueremo tutti a uscire insieme e frequentarci, Renji continuerà a sfondarsi di pizza a casa di Ishida mentre guarderemo horror scadenti proposti da Grimmjow e tu continuerai a prendere il gelato con Orihime, a consolare Ulquiorra nei suoi momenti di depressione, a quietare Szayel quando vuole uccidere Nnoitra che a sua volta deve essere ucciso da Nel. E mi salverai quando mi troverò con le spalle al muro. Come sempre.”
Sorridono, guardandosi complici come in passato, una di quelle occhiate comprensibile solo a loro:
“Byakuya mi ha proposto di regalarci metà della sua villa. … anche un quarto sarebbe gigantesco. Potremmo vivere nella Soul Society come due shinigami, quali siamo …”
Ichigo corruga la fronte assumendo la tipica espressione seria:
“E tu ci andrai? Hai accettato?”
Lei finge di pensarci, scrutandolo divertita:
“Gli ho detto che per ora preferiamo trascorrere ancora un po’ di tempo nella dimensione terrena.”
Kurosaki esulta, lanciandosi in un abbraccio fraterno sulla minuta ragazza.
Renji si avvicina intuendo il fulcro del discorso:
“Gliel’hai detto?”
Lei annuisce, prendendolo per mano.
“Vieni Renji, devo dirti una cosa.”
Si allontanano lentamente, passeggiando, lasciando alle proprie spalle la confusione e il vocio allegro. Un balzo e si ritrovano sul tetto della grande villa, alto e liscio, dal quale possono osservare l’intero stuolo di invitati, le luci, il calore degli animi, il palpabile entusiasmo.
Si siedono vicini, il capo della ragazza poggiato dolcemente alla spalla di Renji.
“Non riesco ancora a crederci…” sussurra lei, posando lo sguardo color oceano sul cielo stellato.
“Nemmeno io. Sono troppo felice” le bisbiglia dolcemente Renji all’orecchio.
“Voglio dirti una cosa … in effetti sono un po’ spaventata … però … sento che voglio dirtelo ora.”
Le iridi scure si posano sul volto latteo, incuriosite e leggermente agitate, in attesa di una risposta.
Lei coglie la mano del rosso, stringe quei grandi palmi rassicuranti, posandoli dolcemente sul ventre piatto, stretto dal fiocco dorato del kimono.
“Non ci credo.”
Lei sorride, baciandolo sulla guancia.
“Rukia, davvero?” gli occhi sono colmi di lacrime d’emozione, la voce incrinata dallo stupore.
Lei annuisce, le labbra schiuse in ciò che possiamo descrivere come immensa felicità.
“Beh … caro Renji … sarai papà.”




Questo è il penultimo capitolo! Mi sarebbe piaciuto continuare all'infinito questa storia, le idee non mancano ma sento che è arrivato il momento di terminarla: tutti i personaggi finalmente hanno trovato la propria metà, hanno instaurato una relazione felice e, cosa che più mi rende felice, sono cresciuti molto nel corso dei capitoli. Sono cambiati, maturati, hanno vissuto appieno queste vicende diventando persone più adulte e pronte ad affrontare insieme il futuro. Tengono stretti i ricordi del passato e ne fanno tesoro, usandoli come forza interiore per non temere l'oggi ed il domani.
Mi dilungherò un pò in questa nota e spero di non annoiarvi , anzi! Ringrazio chiunque sia arrivato a leggero fin qua :) Ho iniziato questa storia in un momento un pò buio della mia vita: non che le cose andassero male però purtroppo la realtà a volte è cruda, insensibile a chi invece ha dei sentimenti e non si fa alcun problema a spezzarli, stravolgerli, calpestarli e frantumarli in mille pezzi. Scrivere è l'unico modo possibile per rintanarsi in un modo migliore, perfetto, dove puoi vivere ciò che desideri, dove puoi vedere solo ciò che ti piace e sfogare le tue frustrazioni (ma anche proiettare desideri e sogni) attraverso personaggi che ti rispecchiano almeno un pò. I protagonisti non sono semplici pedine da muovere come ci pare per creare una narrazione, bensì sono parti di noi, ci fanno sorridere, commuovere, emozionare, arrabbiare. Ci coinvolgono nelle loro situazioni, belle e brutte.
 E ci lasciano una sensazione amara quando ci troviamo a dover per forza posare la penna e dire: "La storia è conclusa".
Spero quindi che vi sia piaciuta e vi abbia emozionato almeno la metà di quanto ha fatto con me, spero possa avervi salvato in quei momenti in cui vorresti andare via dalla realtà ma non sapete dove scappare.

Ringrazio tutti i lettori, tutti coloro che hanno recensito, tutti coloro che hanno seguito la storia ed inserita fra i preferiti. Ringrazio i lettori futuri, quelli attuali e quelli passati. Vi sono grata per il sostegno, il supporto e l'apprezzamento, se sono arrivata fino a questo capitolo è grazie a voi!
Non temete, scriverò altre storie :)

Un bacio a tutti, vi lascio all'epilogo nel prossimo capitolo!
Valentina <3 

 

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Capitolo 35
*** Epilogo ***


CAPITOLO 35: EPILOGO


Sei anni dopo ….
 


“Scotta! Scotta! Scotta!!!”
Grimmjow saltella sulla sabbia bollente urlando dal dolore, tenendosi fra le mani un piede e poi l’altro, lanciandosi come una pantera nell’ombra proiettata al suolo degli ombrelloni altrui, mentre Ishida gli sta lontano qualche mentro:
“Io non ti conosco!”
“Uryuu non essere insensibile! Scotta da morire!”
Il quincy scuote la testa muovendo i capelli scuri e lucidi dai riflessi bluastri.
“Sei un caso perso.”
Ride apertamente osservando l’espada in forma umana zampettare, simile ad un gatto per poi voltarsi a fissarlo con sguardo pietoso, le grandi iridi azzurre come il cielo che li sovrasta.
“Zio Grimm! Zio! Dopo ci insegni a uccidere Ichigo con la tua katana??”
“Ma certo bimbe!” gioisce soddisfatto con un sorriso tutto canini, facendo applaudire di felicità le due gemelline: entrambe minute, magre, Sakura dai capelli rossi e lunghi, leggermente ondulati e gli occhi blu come sua madre, il suo nome scelto in onore al fratello Byakuya e ai suoi vorticosi petali di ciliegio; l’altra è Amaya, il cui nome significa “pioggia notturna”, dai capelli neri e lisci, corti fino le spalle e abbelliti da una frangia dritta: gli occhi sono scuri come quelli di Renji, di un ebano talmente scuro da apparire color pece.
“Grimmjow non insegnare brutte cose alle bambine!”
“Ma mamma! Ci divertiamo tanto! Altro che lo zio Uryuu! Lui fa la pigna!”
Lo zio preferito ride istericamente indicando il compagno, che si sistema gli occhiali ridacchiando.
Renji raggiunge Rukia dandole un bacio sulla fronte e scostandosi il sudore dalla fronte con il dorso della mano: appoggia l’ombrellone ancora legato per prendere fiato, mentre i tatuaggi neri stampati in quella carnagione leggermente abbronzata risaltano sotto il sole cocente di luglio rendendolo (posso dirlo?) un papà estremamente figo.
Rukia sposta gli occhiali da sole, scrutando le onde del mare infrangersi sulla riva con il loro rilassante sciacquio:
“Dove sono Ichigo e gli altri? Avevano detto di essere già arrivati …”
Un ragazzo dalla chioma arancione gesticola poco lontano, salutando gli amici con esagerati cenni della mano. Orihime, accanto a lui, sorride e sistema il telo da mare sulla sabbia cocente.
“Zio Grimm eccolo! Attacchiamo! Fai la pantera!”
Papà Renji afferra le bimbe al volo, posandosele sulle spalle:
“Birbantelle, non si uccide lo zio Ichigo! Se volete dopo Ulquiorra vi lascia giocare con codina pelosa. Vero Ulquiorra?”
Il ragazzo, pallido come il latte, si rannicchia ulteriormente sotto l’ombrellone già aperto passando l’ennesimo strato di crema protettiva sulle spalle e sul petto:
“No.”
“Ha detto si, evviva!” le piccole shinigami saltano in braccio all’espada , abbracciandolo con affetto.
“Ma zio perché sei sempre triste?” domanda Sakura puntando il piccolo ditino sul 4 tatuato nel petto.
“Zio Byakuya ti fa arrabbiare?” incalza Amaya fissandolo con i grandi occhioni.
“No, sono fatto così.”
“Ma ci vuoi bene?”
Arrossisce, annuendo appena, i capelli corvini spettinati davanti alle iridi smeraldo.
Una figura alta ed elegante si profila dietro di lui, porgendo due gelati alle figlie della sorella:
“Byakuya Nii-sama!”
L’uomo la saluta con un cenno del capo e subito si lancia a coccolare le piccole pesti, lasciandosi buttare a terra, sporcare di gelato e facendole giocare con i lunghi capelli neri, che oramai gli arrivano fino ai fianchi.
“E’ incredibile com’è cambiato il Taicho da quando abbiamo avuto le bambine.” Sussurra il rosso alla moglie, divertito.
“Tutta un’altra persona! Ti ricordi sei anni fa com’era serio? Non rideva mai … ora non la smette più.”
“Mi rende felice vederlo così.”
“Anche a me, finalmente Nii-sama ha trovato un buon motivo per sorridere.”
Piantano l’ombrellone, sistemano viveri e asciugami, pronti a godersi una rilassante giornata al mare in mezzo agli amici di sempre: gli anni sono trascorsi velocemente eppure i ricordi sono vividi e pulsanti nel cuore di ognuno.
Byakuya si tuffa in acqua, seguito a ruota da Amaya e Sakura che hanno da poco imparato a nuotare da sole. Le tiene per mano saltando insieme le onde, raccogliendo le conchiglie più belle insieme a loro, si fa seppellire nella sabbia e guai, assolutamente guai, se qualcuno osa dire: “Bimbe, lasciate un po’ riposare lo zio!”.
Rukia si stende al sole, il corpo magro e sottile ricoperto di crema profumata al cocco per evitare le scottature. Porta i capelli più corti, un taglio semplice e grazioso mentre quelli del marito sono rimasti lunghissimi, scarlatti, oggi raccolti in una lunga treccia.
“Oi Ichigo! Allora! Come stai?”
Le iridi nocciola incrociano quelle ebano del rosso, ridenti:
“Non mi lamento! Convivere è fantastico, Orihime è una ragazza straordinaria.”
“Eheh che ti avevo detto io? Quando convivi diventa tutto più facile.”
Rukia gli dà un bacio sulla guancia per poi tornare a crogiolarsi sotto i raggi bollenti insieme a Inoue.
“A settembre le bimbe iniziano la scuola?”
Renji annuisce, osservando il suo capitano mentre gioca con le figlie in maniera spensierata ed entusiasta.
“Per un po’ di tempo dovremo tornare nella Soul Society, ma potrete venire a trovarci quando volete.”
“Meno male! Non pensate di poter sparire eh!”
La lama fredda di una katana tagliente gli si posa sul collo, pericolosamente.
“Kami Grimmjow sei impazzito? È pieno di gente!”
“Non sei un bravo zio” ghigna l’altro, negli occhi il solito fuoco folle, scintillante.
Ishida minaccia il compagno con un’anguria, una di quelle belle grandi, rotonde, e lo costringe a sistemare la spada nel fodero. Il bracciale da quincy pende dal polso, largo, pronto per essere usato.
“Avanti pantera, adesso vieni a farti una passeggiata sulla riva con me e ti dai una calmata.”
L’arrancar ringhia ma Uryuu lo afferra per il costume e lo tira verso il mare.
“Muoviti o te lo strappo!”
“Ok ok arrivo!” si imbroncia ma il moro lo bacia dolcemente sulla punta del naso, sciogliendogli l’espressione corrucciata.
“Come sono carini!” cinguetta Orihime, mordendo un dolcetto alla pasta di fagioli rossi e offrendone altri a tutti i presenti.
Una voce familiare alle loro spalle li saluta allegramente, sinuosa, melliflua:
“Ohi Szayel! Dio che occhiaie!”
L’espada si scosta i ciuffi rosa dal volto magro, mostrando le iridi ambrate , ancora più dorate del solito sotto quei raggi afosi.
“Nnoitra non ti lascia dormire?” ridacchia Renji, indicando il moro accanto a lui.
Grantz scuote il capo in segno di diniego:
“No per fortuna fa il bravo. Ho solo un lavoro che mi sta tenendo piuttosto impegnato.”
Nnoitra ride acutamente, avventandosi sulle labbra dell’octava:
“Siccome non mi badi più adesso mi vendico.”
I capelli neri sono lunghi fino metà schiena, i muscoli sono leggermente più marcati e la pelle è incredibilmente chiara. Szayel invece sembra sempre uguale, cambia solo la montatura degli occhiali, più sottile, ed i capelli, più corti ed ondulati.
“Volete sapere dove ha il foro da hollow il caro Szayel Aporro Grantz?”
Ichigo annuisce pensieroso insieme al rosso:
“Beh in effetti me lo sono sempre chiesto.”
Gli occhi nocciola scrutano l’intero corpo dello scienziato, coperto solo dai pantaloncini bianchi del costume.
“Dove diavolo è?” domanda incredulo, sfregandosi le palpebre.
La quinta espada ride aspramente, pronto a svelare il mistero ma il compagno gli si lancia addosso in un bacio famelico, tentativo di salvataggio estremo.
“Bravo Szayel, se vuoi che sto zitto devi badarmi!”
Cadono sulla sabbia atterrando sull’asciugamano di Ichigo, spodestandolo dalla sua comoda postazione.
“Vandali.” Ringhia, lanciandogli in testa il salvagente di Ulquiorra.
L’octava ridacchia, lanciandogli una breve occhiata divertita, tornando a giocare con l’altro arrancar.
“Ti lascio il mio posto Ichigo, vado in acqua con il Taicho e le bambine.”
“Sicuro?”
“Puoi contarci.”
Abarai si inoltra nell’acqua fresca dirigendosi verso il capitano e le figlie, che lo salutano con le manine dall’alto delle spalle dello zio.
“Vi state divertendo?”
Amaya e Sakura esultano abbracciando Byakuya e usando i lunghi capelli come redini.
“E’ il nostro pony!”
I due adulti ridono, facendo qualche bracciata fra le onde:
“Capitano, credo che Ulquiorra senta la sua mancanza.”
Kuchiki sposta lo sguardo verso l’ombrellone e nota l’espada raggomitolato nell’ombra sommerso da cubetti di ghiaccio, provvisoriamente creati da Rukia, aiutato dal ventaglio di Urahara; quest’ultimo sorseggia felicemente una granita alla mente, il capo coperto dall’immancabile cappellino dal quale spuntano i capelli biondi e ribelli.
“Kisuke?” domanda attonito il luogotenente, assottigliando le palpebre per vedere meglio.
“Parrebbe proprio lui. Vado a salvare Ulquiorra.”
Amaya e Sakura nuotano verso il padre, schizzandosi gocciolino d’acqua salata, per poi aggrapparsi alle possenti braccia, giocandovi.
Poco dopo vengono raggiunti da Rukia che si unisce al divertimento salendo sulle spalle del marito.
“Sono una famiglia veramente felice non trovi?” domanda Ishida, tornato da poco dalla lunga passeggiata.
Il compagno scruta in lontananza, puntando le iridi turchesi verso gli shinigami:
“Sì davvero. Sono molto contento per loro, se lo meritano.”
“Anche tu meriti di essere felice.”
Grimmjow si volta verso il quincy, il volto leggermente sorpreso attraversato da un sorriso ingenuo. I capelli bagnati si adagiano sulle spalle, appesantiti dall’umidità e dal salso, aderenti ai lineamenti decisi, marcati.
Una manciata di sabbia gli cade addosso, facendolo trasalire:
“Szayel che diamine! Mica sono un secchiello!”
Lo scienziato ridacchia, tirandogli una paletta per la sabbia mentre Nnoitra continua ad attirarlo a sé.
“Basta Jilga smettila mi stai consumando!”
A quelle parole il moro esplode in una risata delle sue e gli stampa un ultimo bacio sulle labbra per poi voltarsi di schiena a prendere il sole.
“Grimm mi metti la crema?” domanda l’octava sentendo la pelle bruciare, rossa come il fuoco.
“Che schifo mi si impiastricciano le mani!”
“Ma non ci arrivo sulla schiena!”
La sesta si rifiuta sporadicamente, costringendo il suo ragazzo a compiere quell’ingrata operazione.
“Ecco, finito!”
Szayel rimane sdraiato a pancia in giù , la faccia aderente all’asciugamano colorato, i capelli rosa sparsi sul collo.
“Szayel?”
Il quincy e Grimmjow gli scostano una ciocca chiara, notando le palpebre socchiuse e il volto rilassato:
“Ha preso sonno.” Sussurra Ishida, intenerito, mettendogli la maglia sopra il capo per non farlo svegliare con il mal di testa.
 
Il sole ormai solca l’orizzonte, riflettendo i raggi rossastri sulla superficie del mare. La brezza salmastra è tiepida, la sabbia non brucia più e anche le bambine riposano stanche sui teli da spiaggia costruendo castelli e formine insieme a zio Byakuya.
“E’ morto?” domanda la piccola Sakura punzecchiando lo scienziato con un bastoncino.
“No tesoro, era solo molto stanco.” Spiega dolcemente il padre, strizzando la folta chioma rossa.
“Posso abbellirlo con le alghe?” chiede Amaya, armata di strane piante verdi e viscide.
“Non lo so, dovete chiedere il permesso a zio Nnoitra.”
Le piccole si avvicinano all’espada dai capelli neri con il volto più dolce che riuscissero a fare:
“Possiamo???”
Lui ride acutamente, afferrando la paletta:
“Eccome se potete! Anzi, vi aiuto!”
Il gruppetto esulta, mettendosi immediatamente al lavoro.
Rukia ride, per poi rivolgersi a Renji:
“Gliel’hai già detto agli altri che partiamo domani?”
“Cosa??? Già domani??” urla Ichigo sgranando gli occhi.
“Oh Rukia ci mancherete così tanto …” sussurra Orihime, stringendo la mano a Ichigo.
“Anche voi. Ma dobbiamo farlo per le bambine, è giusto che imparino a condividere le due realtà. In fondo sono shinigami, la loro casa è la Soul Society. E poi Renji è stato promosso con il grado di Capitano!”
Tutti si bloccano, fissando il rosso mentre Byakuya annuisce, serio.
“Davvero?? E non ci dici nulla??” esclama Ishida, entusiasta, facendo cadere Grimmjow dalla sdraio.
“Volevamo farvi una sorpresa” ride Abarai, aiutando l’espada a rialzarsi e a non soffocare con la sabbia.
“E tu Byakuya? Che fine fai?” domanda Szayel incuriosito scostandosi un’alga dai capelli.
“E tu da quanto sei sveglio???” sbraita Nnoitra cercando di nascondere un granchio dietro la schiena.
“Abbastanza per fare i conti con te dopo ….”
Kuchiki sospira, carezza le bambine e le lascia giocare con i lunghi capelli.
“A breve sostituirò Yamamoto. Ho deciso di lasciare il mio posto a Abarai, so che è in buone mani.”
“Bravo Byakuya!” esulta Kurosaki, alzando la mano per dargli il cinque ma viene immediatamente gelato dallo sguardo glaciale dello shinigami.
“Per te nessuna eccezione. Chiamami Capitano Kuchiki.”
“Uffa e va bene … aspetta, ma quelli non sono Rangiku e Gin?”
L’arancione indica una coppia che cammina a braccetto lungo il bagnasciuga: i lunghi capelli ramati di lei ondeggiano al vento, gli occhi azzurrissimi incrociano il sorriso felino dell’altro con affetto.
Ichimaru si accorge del gruppo di amici e li saluta alzando una mano ed inclinando il capo, con quella solita espressione buffa che gli appartiene a sempre.
I due shinigami si avvicinano, salutando uno per uno tutti i presenti.
“Orihimeee! Rukiaaaa!” urla Matsumoto lanciandosi sulle due ragazze.
“Ho preso tantissimi vestiti volete vederli??”
Le due giovani annuiscono ridendo, per ascoltare poi le chiacchiere spensierate della donna.
Gin invece si congratula con il rosso per la promozione ed anche con il capitano.
“Scusate ma ora dobbiamo proprio andare. Ho promesso alla mia Rangiku di portarla fuori a cena … e le signore non devono attendere, vero Ran?” le fa l’occhiolino, porgendole gentilmente la mano candida.
“Vero!” esclama lei, afferrandola ed abbracciandolo calorosamente.
Ulquiorra guarda l’orologio, esasperato, puntando poi le iridi smeraldo sul compagno:
“In effetti sono le sette di sera, sarà meglio andare.”
L’altro annuisce, iniziando a racimolare vestiti e asciugamano. Anche le bambine sbadigliano stancamente, stropicciandosi gli occhi.
“Non penserete di andare a nanna senza prima farvi la doccia vero?” chiede mamma Rukia con una punta di dolcezza.
Le piccole rispondono con una linguaccia nascondendosi dietro lo zio Grimmjow.
“Noi andiamo, Szayel potrebbe addormentarsi in piedi da un momento all’altro. Ci vediamo presto, allora.”
Afferma (stranamente) in modo gentile Jilga, porgendo una mano alla famiglia Abarai. Grantz li saluta abbracciandoli (fra uno sbadiglio e l’altro) per poi scappare a gambe levate inseguito dalla quinta espada intenta a lanciargli paguri e granchi, probabilmente per tornare a casa più velocemente.
Ulquiorra e Byakuya (seguiti poi da Ishida e Grimmjow) lasciano la spiaggia poco dopo e finalmente l’arrancar può tirare un sospiro di sollievo: quel caldo infernale, quel salso odioso e quella moltitudine di persone sarebbero scomparsi dopo un bel bagno fresco e schiumoso nella grande vasca del compagno.
“Siamo rimasti solo noi.” Mormora Ichigo, mano nella mano con Inoue.
“Mi sembra ancora così strano essere amici da tanti anni … e pensare che all’inizio volevamo ucciderci!”
Ride Renji, visibilmente divertito, ma con una nota di amarezza nella voce.
“Verrete a trovarci allora?” chiede Rukia, cogliendo l’atmosfera malinconica.
“Puoi scommetterci! E voi? Ci farete visita sulla Terra? Almeno una volta a settimana?”
Si abbracciano, cercando di trattenere le lacrime nonostante i sinceri sorrisi stampati sul viso.
“Certamente. È una promessa.”
 
Le onde bagnano schiumose la riva fresca mentre il cielo si addormenta minuto dopo minuto. I raggi del sole si adagiano dolcemente sull’orizzonte, dove una sottile linea rossastra delimita il confine fra la luce e le tenebre. Rukia rimbocca le coperte alle bambine, ormai già nel mondo dei sogni, carezzando loro le guance morbide. Spegne la luce della nuova cameretta, raggiungendo il marito nell’enorme soggiorno della villa Kuchiki.
“Rukia? Hai sentito?”
“Cosa?”
“In corridoio ci sono dei passi. Si sta avvicinando qualcuno.”
La donna si sistema la vestaglia di seta bianca avviandosi verso la porta scorrevole quando una chioma arancione fa capolino all’improvviso, seguita da una chioma scura dai riflessi blu ed un’altra di un azzurro sgargiante:
“Ehm disturbiamo?” domanda il sostituto shinigami lasciando spazio anche alla sua ragazza.
“Ichigo? Orihime? Uryuu? Grimmjow?” esclama la shinigami, attonita.
“Ci siamo anche noi!” esclama Szayel, vicino a Nnoitra, stringendo in mano un intero termos di caffè.
“Cosa ci fate qui?” domanda Renji grattandosi il capo confusamente.
“Diciamo che una volta a settimana è troppo poco!” sorride Ichigo, divertito.
La voce di Byakuya li sorprende emergendo dal nulla. Il Capitano ha un’espressione seria, affiancato da Ulquiorra.
“Cos’è questo casino in casa mia?”
“Byakuya! Yo! Siamo venuti a trovarvi! Sei contento?”
“Kurosaki ….”
“Si?”
“BANKAI.”



The End :)


 

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