Love, as if you were a child.

di I Biscotti Inflessibili
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Love, as if you were a child. ***
Capitolo 2: *** Odore di pioggia ***
Capitolo 3: *** Nostalgia di casa ***
Capitolo 4: *** Rattoppi ***



Capitolo 1
*** Love, as if you were a child. ***


Note Autrici:
La storia fa riferimento a un Personaggio Originale ideato in collaborazione, ma la cui storia è narrata qui, http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1860397&i=1, grazie a lady hawke, una dei Biscotti ^^
Il personaggio in questione, riassumendo, è una giovane Umana di Pontelagolungo, e lei e Thorin hanno intrecciato, non senza tentennamenti, una relazione. Se volete saperne di più, leggete la storia originale, altrimenti direi che, sapendo le basi, la lettura della sola flash qui di seguito potrebbe essere comunque comprensibile.

Un bacio e un biscotto a chi leggerà :)






Prompt: Rudere
Canzone:
Beautiful that way, Noa





La più grande convinzione di Thorin Scudodiquercia, finalmente Re sotto la Montagna, era che un vero re non anteponeva mai il proprio interesse personale, dando la precedenza a ciò che era più giusto.
E condannare una fanciulla di una manciata di primavere a passare la propria vita incatenata a un rudere come lui era ridicolo.
Il capriccio di un vecchio burbero.
Meg, naturalmente, non si rendeva conto della gravità delle proprie parole: diceva di amarlo, ma come poteva saperlo con certezza, nel suo candore?
Thorin, per il bene della fanciulla, indurì il proprio cuore, dicendole che gettare la sua breve vita umana per stare al suo fianco sarebbe stato un sacrificio inutile che avrebbe rimpianto ogni giorno.
Lei, per tutta risposta, gli afferrò le grosse mani nodose e se le poggiò sulle guance fresche e rosate.
“L’unico modo in cui potrei condannarmi a una vita di rimpianti sarebbe rinunciando a te.”
Lo baciò, e Thorin si rese conto ce non c’era nulla di sbagliato, in loro, e che il loro amore era bello così com’era.

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Capitolo 2
*** Odore di pioggia ***


Note: Da una drabble abbiamo ottenuto una piccola raccolta. Sempre zio Thorin e sempre l'umana Meg di Pontelagolungo! Solite raccomandazioni sul fregare i personaggi altrui: siamo carine, ma mordiamo a sangue!

Prompt: Aria di temporale. Citazione: “Scava dentro di te e scopri se ciò che desideri è ciò di cui hai bisogno” ('La principessa e il ranocchio').

Meg si trovava da poco a Erebor. Guardandosi indietro si sorprendeva della velocità con cui le cose si erano sistemate, alla fine. Nonostante i dubbi, nonostante i pessimi auspici di molti, l’umana di Pontelagolungo si era adattata bene a vivere dentro ad una montagna. Faticava ancora a sentirsi regina, ma sua cognata Dìs l’aveva rassicurata dicendole che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo, per farci l’abitudine. In realtà, pensava Meg, il problema era che si sentiva parecchio inadeguata, soprattutto in confronto alla madre di Thorin, Norla: una creatura che semplicemente emanava autorevolezza ad ogni suo movimento, e che dopo tanto tempo riusciva ancora a metterla in soggezione.
Questa, a conti fatti, era l’unica cosa che riusciva ad impensierirla davvero. Non si sentiva né reclusa né soffocare, in quel mondo sommerso: i soffitti erano sempre così alti, le stanze così ampie… anche la luce era tanta, molta più di quella che ci si sarebbe aspettata scendendo nelle viscere della terra. Quanto al caratteraccio dei nani… beh, ne aveva sposato uno, ed era una scelta di cui non si sarebbe pentita. Come per gli uomini ve ne erano di buoni e di meno buoni, ma era stata accolta con tutti gli onori e tutte le cortesie, dopo la diffidenza iniziale, e non era una cosa che avrebbe facilmente dimenticato.
Non riusciva a non sorridere delle gentilezze che il suo re le riservava. La facevano sorridere anche i modi in cui lui cercava di nascondere a chiunque questo suo lato di sé, mostrandosi sempre al mondo come un burbero nano con un caratteraccio, cosa che, in effetti, era per la maggior parte del tempo. “Non hai motivo di sospirare, Meg, sarà di ritorno presto.” Lo sguardo furbo che aveva assunto Dìs mentre la distraeva dai suoi pensieri le confermava come, per le persone più vicine a Thorin, tutti i tentativi di nascondere la sua vera natura fossero inutili.
“Lo so, l’ha promesso.” Per certi versi, era stata quasi lei a doverlo spingere fuori dalla Montagna. Thorin era sembrato assai preoccupato all’idea di lasciarla da sola. Eppure erano stati avvistati orchi a sud ovest, ed era meglio andare ad assicurarsi che non si avvicinassero troppo ai confini.
Dìs annuì silenziosa, con un sorriso soddisfatto. “Ti ho portato questo, per ingannare l’attesa. Credo sia ora che tu incominci ad imparare la lingua della tua nuova gente.” Disse porgendole un libro. Meg lo sfogliò rapidamente, preoccupata. “Quanti anni mi ci vorranno, per imparare?” “Non saprei dire. Non molti si preoccupano di imparare il nanico.” Replicò Dìs, infastidita da quel pensiero. Poi si accomiatò, lasciando la giovane sola. Così, per occupare il suo tempo, Meg si mise a leggere, tranquilla e silenziosa, con le gambe incrociate sulla sedia, nascoste dalla sua lunga veste blu notte. Riuscì a distrarsi a tal punto da perdere la cognizione del tempo, ma fu un tuono a riportarla alla realtà. Rimase immobile, irrigidita. Non le erano mai piaciuti e nonostante essere dentro Erebor attutisse tutti i suoni del mondo esterno, la ragazza si sentì immediatamente spaurita. Non c’era niente da temere, soprattutto per via del luogo in cui si trovava, ma le paure covate fin dall’infanzia avevano radici profonde, anche in una ragazza curiosa come lei. Aveva piovuto tanto anche il giorno delle sue nozze, e ricordava di essersi stretta a Thorin con forza, quella stessa notte, un po’ per desiderio, e un po’ per paura. Strinse un po’ di più la consumata copertina del volume che aveva tra le mani, quando un nuovo tuono la fece tremare, e si trovò a desiderare che Thorin rientrasse presto. Era abbastanza orgogliosa da non voler mostrare ad altri la sua sciocca paura infantile, perciò riprese a leggere, stavolta con scarsa concentrazione, in attesa del suo re.

Ed era a lei, che il suo re stava pensando. La perlustrazione non aveva dato grandi risultati: solo un paio di orchi erano stati avvistati e facilmente rispediti dal luogo da cui erano venuti, con grande gioia di Fili e Kili, che avevano trovato il passatempo estremamente divertente. Passato il pericolo e avvertiti i primi tuoni, Thorin si fece nervoso, ed estremamente ansioso di rientrare nel suo regno. Naturalmente, non avrebbe mai osato ammettere ad alta voce il perché della sua fretta, ma fu inflessibile nel richiamare a sé i nipoti. “Potremmo andare a vedere se ce ne sono altri. In fondo è solo un po’ d’acqua” obiettò Fili, passandosi una mano sui capelli.
“Non è necessario. Sono stati mandati in avanscoperta, e avranno abbastanza da riferire.”
“Potrebbero tornare.” Insistette Kili, alzando la voce per farsi sentire sopra ad un tuono particolarmente violento.
“Non oggi.” Thorin non parlò con il tono dello zio, ma con quello del re, e i due fratelli alla fine si rassegnarono a rientrare ad Erebor, dopo essersi scambiati uno sguardo perplesso.
La strada verso casa sembrò non terminare mai, per Thorin, e quando si ritrovò dentro la sua Montagna, ormai fradicio, fu con tono rude e quasi feroce che chiese dove si trovava Meg, lasciando Dìs sorpresa. Non rispose ad alcuna domanda, non ascoltò alcuna richiesta, non si fermò finchè non raggiunse gli appartamenti della sua regina, facendo irruzione all’interno come se si trattasse di un intero esercito, e non un nano solo. Fu abbastanza rumoroso da far sussultare la sua consorte, rigidamente seduta.
Meg si voltò, e il libro le cadde dalle mani.
Un altro tuono, in lontananza, impedì ad entrambi di parlarsi ancora per un momento, ma diede alla giovane la spinta per alzarsi ed avvicinarsi per abbracciarlo.
“Ti bagnerai.” Disse Thorin, stringendola a sé.
“Non importa.” E non importava davvero, perché quello di cui aveva bisogno era lì.
“Mi dispiace che tu ti sia trovata da sola.”
“Era inevitabile immaginare che sarebbe successo prima o poi. Non puoi essere sempre la mia chioccia.” Rispose Meg, infinitamente più serena. “Stai bene? Per favore, dimmi che non sei tornato indietro per me.” chiese, accarezzando il volto del nano.
“Erano solo due vedette, e come tali sono state rispedite al mittente a riferire che Erebor non è alla loro portata.” Rispose il nano. “Inoltre, non devo giustificare le mie decisioni come re.”
Meg rise. “Non hai detto a nessuno perché hai voluto rientrare, dunque?” conosceva abbastanza bene Thorin da conoscere in anticipo la risposta, e Thorin stesso si limitò a sorriderle, complice. Potevano permettersi di dividere quel piccolo segreto.
“Devo tornare ai miei doveri, Meg.” Le disse, dopo un po’, prendendole la mano.
“Lo so.” Annuì lei, pensierosa.
“Ma del resto, in qualità di regina, credo sia ora che tu cominci ad assistermi nel governo del regno.”
“Ne sei sicuro?”
“Non ho corso sotto la pioggia per lasciarti sola in una stanza.” Thorin la strinse a sé, e Meg potè sentire l’odore della pioggia sui capelli del marito; sentì di nuovo il tuono, e non ne ebbe paura.

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Capitolo 3
*** Nostalgia di casa ***


Thorin trovò Meg seduta davanti allo specchio, intenta a sistemarsi i capelli. Aveva le trecce mezze sciolte, come quelle di chi aveva corso tra i campi.
“Dove sei stata?”
La ragazza si girò verso di lui con espressione colpevole. Abbassò lo sguardo verso l’orlo della gonna coperto di fango, sentendosi davvero piccola. Erebor aveva il potere di farla sentire davvero insignificante, a volte, e doveva ancora farci l’abitudine.
“Fuori a camminare.” Era stato bello tornare a vedere dopo tre settimane passate dentro la Montagna, a respirare l’aria gelida dell’inverno in arrivo. Era ancora presto per la neve, ma la pioggia e il vento avevano reso le strade poco più che sentieri fangosi.
“Avevi nostalgia di casa?”
Meg continuò a tenere la testa bassa, come se questo fosse una colpa. “Forse un po’.”
Stava calando la sera, là fuori, e anche ad Erebor la luce si stava facendo via via più fioca. Meg si alzò in piedi per accendere delle candele.
“Perché quella faccia colpevole, Meg?”
“Avrei dovuto dirtelo prima, scusa.” La ragazza si risedette sulla sua sedia con un sospiro, continuando a sciogliersi i capelli. Thorin cercò di non pensare a quanto la preferiva con i capelli liberi di svolazzare in giro. Si avvicinò alla giovane moglie, e le posò una mano sulla spalla. “Non hai bisogno del mio permesso per tornare a casa.”
Era ciò che aveva temuto, e una delle ragioni per cui aveva avuto molti dubbi, prima di sposare Meg.
“Cosa hanno detto i tuoi genitori?”
Lo chiese temendone la risposta. Sapeva che era stato difficile convincerli a lasciarla andare con lui, e il fatto che fosse già di ritorno a casa doveva essere stato un campanello d’allarme per loro.
“Non sono arrivata fino a casa.” Rispose Meg, fissando Thorin dallo specchio. “Avrebbero detto un sacco di cose che non volevo sentire. Sono andata verso Dale, usando la vecchia strada e quando sono arrivata sul crinale ho guardato verso Pontelagolungo, poi me ne sono tornata qui.”
Da quando il drago era stato sconfitto Dale aveva ricominciato a prendere vita, ma lo faceva lentamente, e Meg aveva potuto passeggiare per zone deserte e ancora disabitate, per strade ormai dimenticate, senza che nessuno la incontrasse.
Il nano ne fu sollevato, anche se gli era dispiaciuto saperla fuori e da sola.
“Ne avevo bisogno, Thorin, ma non credere che non voglia essere qui. Mi ci devo solo abituare, per me è strano non vedere il cielo.” Disse, posando la sua mano su quella di Thorin. “Mi serve solo un po’ di fiducia e un po’ di tempo. Prometto che ti avviserò in futuro.”
Thorin annuì, chiedendosi se forse non avessero forzato i tempi e non avessero scelto di correre troppo. Meg era così giovane, che forse si stava pretendendo troppo da lei.
“Non devi promettermi niente, Meg. Sei libera di fare quello che vuoi.” Si abbassò quel tanto che bastava per baciarla, prima sulle labbra, poi sulla guancia. Quando giunse al collo Meg ridacchiò e questo lo fece quasi arrossire.
“Scusa, mi stai facendo il solletico con la barba.”
Ridacchiò ancora, quando vide l’espressione imbarazzata di quel marito così patologicamente timido. Nonostante la confidenza che avevano, e nonostante il fatto che fossero sposati da quasi un mese, era ancora facile imbarazzarlo, mentre Meg, vittima per lo più di una timidezza data dalla giovane età, iniziava ormai ad essere a suo agio. Per questo prese il volto del marito per avvicinarlo a sé e baciarlo ancora.
“Ora mi cambio e mi sistemo i capelli per la cena.”
“Lascia i capelli così.” Le rispose Thorin, mentre passava una mano in mezzo ai suoi ricci.
“Ma non sta bene che una donna sposata non li tenga raccolti, meno che mai la moglie di un nano.” Protestò debolmente, mentre lasciava che il marito le accarezzasse i capelli.
“Io li preferisco così, e sono certo che nessuno avrà da ridire.”
“Ne sei sicuro?”
“Sono il re, Meg.”
La ragazza sorrise e allungò le braccia per farsi abbracciare dal suo re. Thorin l’assecondò, sentendosi più sereno. La nostalgia di casa, in fondo, era una cosa che si poteva curare.


 

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Capitolo 4
*** Rattoppi ***


La prima volta che Meg dormì sola, a Erebor, fu perché Thorin era uscito per combattere gli orchi. Fin dal giorno della riconquista era capitato che vecchi nemici si ripresentassero alle porte di Erebor, e Thorin non aveva nessuna intenzione di permettere a nessuno di essi di avvicinarsi al suo regno, nemmeno per sbaglio.
Così, dopo una serie di avvistamenti e qualche spedizione esplorativa, era partito per la guerra, lasciando la sua giovane moglie dentro la montagna, in attesa, ad aspettarlo.
Aveva cercato di lasciare a casa anche Fili, in qualità di suo reggente, ma il giovane aveva insistito così tanto per unirsi alla spedizione che alla fine aveva ceduto, lasciando che fosse Balin, in attesa di potersi mettere in viaggio per Moria, a tenere le redini del regno.
Meg era rimasta pazientemente in attesa, approfittando di quei giorni di solitudine per venire a patti con la sua vita di regina. Era sposata da qualche mese, ma era una sovrana giovane, che il re trattava come un fiore delicato, temendo sempre che qualcosa potesse scalfirla o danneggiarla, e per questo vittima di un forte senso di inadeguatezza. Temeva per il suo re, ma ne conosceva i doveri come sovrano e come guerriero, perciò non le restò altro che rimanere lì, e sperare.
I suoi sospiri e le sue speranze furono ascoltate, e Thorin tornò, come tornarono i suoi nipoti, ammaccati e vittoriosi e il resto dei guerrieri.
Meg corse per le scale, leggera come una farfalla e contenta, trovandosi a fare irruzione nella stanza dove il marito si spogliava dell’armatura e badava ai danni provocati dai colpi sferrati dagli orchi.
Thorin si voltò a controllare chi fosse la causa di tutto quel trambusto, e sorrise quando vide il volto di Meg arrossire.
“Non pensavo di essere così rumorosa”, disse avvicinandosi al marito.
“Rimani lì, sono sporco e sanguinante.” Il re parlò con voce distratta, e poi si bloccò, come se si fosse lasciato sfuggire troppo.
“Sei ferito?”
“No, affatto.” Finì a stento di parlare, quando fu interrotto dall’ingresso di Balin nella stanza, che portava con sé erbe, medicamenti e bende. Meg piantò gli occhi sul re, che ebbe il buon gusto di arrossire. La regina, dunque, si rivolse a Balin.
“Il re sostiene di non essere ferito. Qual è la verità?”
Balin ridacchiò. “La verità è che il re è ammaccato, come tutte le volte che rientra da una guerra, ma non c’è niente da temere, c’è solo da sistemarlo un po’. E’ che non gli piace mai ammetterlo.”
Ridacchiò anche Meg, notando come il re, il temibile Thorin, tenesse lo sguardo basso e arrossisse violentemente.
“Posso pensarci io. So come si pulisce una ferita, e so cucire, se serve.”
“No.” La risposta del re giunse secca  e quasi dura.
“Sono in grado di farlo, Thorin.”
“Non è questo il punto.” Il nano si tolse la maglia di ferro, ringhiando un po’ a dire il vero, evitando di farsi aiutare. Balin approfittò del momento per uscire dalla stanza con una scusa, e facendo un occhiolino alla regina, mentre le indicava con aria complice ciò che aveva portato per medicare il re.
“E qual è?”
“Non è necessario che tu mi veda così.”
“Così come, Thorin? Un po’ stanco, ferito?” Meg fece qualche passo per avvicinarsi a lui. “Credo sia l’aspetto che avrei anche io, se tornassi da una guerra.”
Thorin la fissò sospettoso, come se dubitasse di lei, e Meg comprese. “Credi che io possa preoccuparmi troppo? Sei qui davanti a me, non ho motivo per temere o per preoccuparmi troppo, sempre che tu mi permetta di evitare che le tue ferite si infettino.”
Thorin non sembrò convinto, e Meg parlò ancora. “Permettimi di esserti di aiuto, visto che non posso fare nient’altro.”
Alla fine il re cedette, e si mise a sedere, lasciando che la moglie gli si affaccendasse attorno. Meg si arrotolò le maniche, e si mise al lavoro.
“Con due fratelli piccoli, puoi immaginare quante volte mi sono messa a fare cose simili.” Spiegò Meg, mentre  prendeva le boccette di alcuni unguenti, studiandone il contenuto.
“Non è la stessa cosa, lo sappiamo entrambi.”
“Non credere, Will una volta è caduto dal tavolo e ha battuto la testa, ha perso moltissimo sangue, e ci aveva fatto preoccupare. Sono stata io a ricucirlo, perché sono più precisa di mia madre.”
Thorin ascoltò in silenzio, mentre Meg posava le dita delicate sulle sue spalle, cercando di scoprire quali fossero le ferite che lui cercava di nasconderle.
“Non ti aveva spaventato il sangue?”
“No.” Rispose la giovane, spostando i capelli del marito per medicare un taglio sul collo. “Ero preoccupata per Will, temevo per lui, del sangue non mi importava.” Lavò via il sangue rappreso, assicurandosi dell’entità della ferita. “Questa è andata vicina alla giugulare, c’è così tanto spazio tra l’elmo e il resto della tua armatura?”
Thorin si sorprese per tanto sincero interesse, così strano per una giovane. “Sì, bisogna fare molta attenzione.”
Meg annuì, e continuò la sua opera. Contò diverse ferite, e altrettante cicatrici. Aveva già visto e già sfiorato molte volte quelle sottili linee bianche, ma vederle ora, accanto a ferite fresche, dava l’idea di quanto dolorosamente se le fosse procurate.
Il re provava un certo imbarazzo a lasciarsi esaminare così, ma nonostante il bruciore degli unguenti e delle punture dell’ago, quando Meg si ritrovò a dovergli cucire una brutta ferita alla coscia, fu felice di averla lì, con lui. La ragazza lavorava chiedendo di tanto in tanto al re come fosse stata la guerra, o se gli stava facendo male.
“No, Meg, e soprattutto non dopo la lama di un nemico.”
Una volta finito, Meg si lavò le mani con un panno fresco, e si preoccupò di sistemare le ultime bende.
“Sai.” Disse poi, passando una mano sulla guancia del marito. “Ho rischiato di incontrarti ben prima delle nostre passeggiate per i campi.”
Il nano alzò la testa verso di lei, incuriosito. “Quando?”
“Alla vigilia della Battaglia dei Cinque Eserciti. Ho cercato di arrampicarmi sulle colline per vederla, avevo quindici anni, all’epoca.” Sorrise, mentre lo raccontava, ripensando a quanto era stata avventata.
“Perché mai avresti voluto essere là?”
Nella voce del nano c’era lo stesso sdegno che c’era stato nella voce di suo padre, quando aveva espresso quello stesso desiderio. 
“Non avevo mai visto un esercito schierato.”
“E non è cosa che una fanciulla dovrebbe vedere mai.” Insistette Thorin, indurito.
“Lo so bene, ma ero così curiosa, non succedeva mai niente di bello o interessante, qui.” Thorin prese la mano di Meg, ancora appoggiata al suo viso, e la tenne tra le sue. “Commisi l’errore di dire a mio padre ciò che avevo intenzione di fare, e ovviamente la sua reazione non fu molto diversa dalla tua.”
Thorin se ne rallegrò di cuore, nonostante detestasse il suocero.
“Così sono scappata di casa e sono corsa fuori a vedere la battaglia per conto mio.”
“Meg…”
La ragazza scoppiò a ridere. “Non è diverso da quello che ho fatto per te pochi anni dopo, in fondo.”
Thorin avrebbe avuto da ridire, su questo, ma non parlò.
“Non ho mai raggiunto l’esercito, se può consolarti, perché mio padre venne a cercarmi e mi portò via di peso, prendendomi in braccio. Tutto quello che è rimasto da dire su quella giornata è che me ne sono tornata a casa scalciando come un cavallo, mentre mio padre mi dava della ragazza priva di senno.”
“Tutta la mia solidarietà a tuo padre.” Sospirò il nano, in un modo che fece ridere la ragazza di cuore.
“Sapevo che gli avresti dato ragione, ma non era per questa ragione che te l’ho raccontato.”
“E per quale allora?”
“Per farti capire che non ho paura di soccorrere un guerriero che ritorna a casa, e che non sono un uccellino spaventato.”
Non avrebbe mai definito Meg un uccellino spaventato, ma sì, Thorin la trovava delicata e per questo sentiva il bisogno di nasconderle le brutture del mondo il più possibile. A Meg questo non serviva, ma era un istinto che, lui sapeva, non avrebbe mai dominato del tutto.
“Sappi però che se dovessi vederti correre dietro ad un esercito verrei a prenderti come ha fatto tuo padre.”
“Non ne dubitavo.”  La ragazza sorrise, mentre il marito le baciava la mano pensando che era bello sapere che il destino li aveva fatti incontrare in ogni caso.

 

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