Tutte morimmo a stento

di Gwen Chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Soffocata da identica stretta ***
Capitolo 2: *** Allora chiamammo dolore ***
Capitolo 3: *** L'alba del primo mattino ***
Capitolo 4: *** Vedemmo sfumare la luce ***
Capitolo 5: *** A chi vive ancora ***
Capitolo 6: *** Travolse il sole ***
Capitolo 7: *** Estrema vergogna ***
Capitolo 8: *** Chi muore senza perdono ***
Capitolo 9: *** il disagio di darci memoria ***



Capitolo 1
*** Soffocata da identica stretta ***




Soffocata da identica stretta
 
Ho preso una borsa di pelle, vi ho infilato un ciondolo di osso intagliato, un po' di cenere del focolare di casa e ho abbandonato la mia famiglia immersa nel sonno. Ho scavalcato mio papà e i miei fratellini che scalciavano con le gambe magre e abbronzate. Ho udito la civetta bubbolare.
La vasta e infinita prateria é tanto bella a vedersi, sotto la luce benevola delle stelle. Mio nonno mi ha insegnato i loro nomi. Diceva che i nostri antenati brillano lassù. Ripeteva che guidano il nostro cammino. Quale sentiero hanno preparato per me?
Oso sdraiarmi sull'erba, la stessa che in primavera brucano i nostri bisonti. Era una gioia vedere le bestie muggire quando passavano vicino alle tende del villaggio.
Ricordo che la vita scorreva tranquilla seguendo il placido ritmo del tempo infinito. Ogni giorno era uguale all'altro, pur con minuscole sfumature, e mi piaceva.
Sono nata mentre mio padre e mio fratello, il maggiore, allora sedicenne, erano a caccia. Mamma masticava vigorosamente foglie di tabacco contro il dolore delle doglie.
Ricordo la schiena di mia nonna china a raccogliere le foglie medicinali e il calmo dondolare di quella di mia madre. Profumava di pane.
Canticchio a mezzavoce una ninna nanna vecchia come la terra sotto i miei piedi e il suo suono pare placare il mio dolore. Avrei voluto cantarla ai miei figli, ma so che non ne avrò.
È stata la melodia che mi ha accompagnato nelle mie solitarie battaglie contro gli esseri maligni. Scoccavo frecce di luce.
Credevo che questa creatura, questo Incubator che ancora tormenta i miei sogni, fosse uno dei tanti spiriti che animano la Natura. Mi sbagliavo.
 
Altrimenti mio fratello, salvato per desiderio dalla malattia, non sarebbe stato sventrato da un orso durante la caccia. So che la Grande madre si è vendicata. Ha ucciso il mio bel fratello, forte e coraggioso, che adorno di piume pareva invincibile.
Non ho pianto quando hanno riportato alla tenda il suo corpo maciullato. Non ci sono riuscita. Ho urlato di disperazione, ho corso fino a perdere il respiro, ma i miei occhi sono rimasti asciutti. Se non avessi stretto il patto, mia madre non sarebbe morta per la tristezza. Non avrebbe smesso di mangiare.  Nemmeno allora sono riuscita a piangere. Ero inorridita da quanto fosse dimagrita.
Se non fosse per Incubator, io non sarei qui a stringere una pietra troppo bella e troppo pesante. Se la allontano troppo da me, mi sento svenire.
Al buio non riesco a distinguerla, ma so che è scura come la notte quando la luna nasconde pudica il suo volto.  Odo mio padre svegliarsi, chiamarmi ansioso dal nostro villaggio e il nero inizia a colarmi fra le dita. Ho le guance bagnate.
 
L'erba ha smesso di crescere e un cerchio di terra bruciata segna il luogo, dove nessuno più osa avvicinarsi.
La leggenda narra di un'aria gravida di spiriti maligni.
 
Note
Benvenuti. Quando ho letto il manga “Puella Magi Madoka Magica” sono rimasta particolarmente colpita da un’immagine. È quella che, nell’ultimo volume, raffigura Madoka Kaname circondata da otto ragazze di epoche differenti. Per me rappresentano tutte le sfortunate Puella Magi che sono morte o si sono mutate in streghe e per ciascuna ho voluto immaginare una storia.
Pertanto, se qualcuno vorrà seguirmi, pubblicherò un capitolo il primo e il terzo lunedì del mese e siccome i capitoli sono nove, staremo insieme fino a dicembre. A meno che fisime mentali improvvise non mi spingano a cancellare la raccolta.
Il titolo della raccolta e dei singoli capitoli sono tratti dalla “Ballata degli impiccati” di Fabrizio de Andrè.
Infine, i capitoli hanno un ordine preciso, ma non è quello cronologico. 

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Capitolo 2
*** Allora chiamammo dolore ***


Allora chiamammo dolore
 
 
 
La lama riflette la luce aranciata della fiamma, ne cattura la luminosità, ma non trattiene il calore. Se la afferro tra le mani è fredda. La stringo forte, anche se il pugnale affilato mi ferisce i palmi. La stringo perché il sangue che cola è la prova che sono ancora viva. Il rosso mi ferisce gli occhi.
Eppure credo di essere già morta. Sono un fantasma che senza accorgersene è rimasto sulla terra. Una morsa pare stringermi lo stomaco, lo afferra, lo stritola. Non ho paura di morire se sapessi che potrebbe servire a ridarmi la mia famiglia o il mio giovane sposo.
Sono la figlia primogenita di un daimyo, sono una samurai, sono una sacerdotessa.
Sono colei che si legava la chioma in una morbida coda corvina e nella foresta tagliavo la testa ai demoni. Oni, mostri, streghe, non importava il loro nome. Li combattevo e basta. Ero bella. I capelli svolazzavano attorno al viso e io mi sentivo stupenda. Rubavo la katana di mio marito, girato su un fianco nella tranquillità del sonno, e con calma uscivo dalla casa, correndo a piedi nudi. I sassolini si conficcavano nella pelle indurita dei talloni e le stelle a tratti indicavano la via per tornare a casa.
Poso la lama sulla pancia destinata a rimanere vuota. Da stanotte lo sarà di sicuro. Se fossi un uomo l'avrei già sventrata, mostrando la mia anima in tutta la sua perduta purezza.
Ero giovane e felice e sebbene i miei fianchi fossero troppo stretti, pensavo che avrei avuto dei figli. Accarezzavo l’addome perdendomi nella vivacità di un sogno impossibile.
Ho chiesto all'Incubator di rimanere incinta a quattordici anni. Ero un poco grossa e brillavo. Emanavo la luce primigenia della vita. Nelle sere umide d’amore, piangevo di gioia quando mio marito si addormentava con la testa posata sul mio seno.
Sono stata ingannata. Ingannata ogni volta che una fitta portava via il mio bambino. Ogni volta che un amaro liquido rosso e vischioso bagnava il pavimento ligneo. Le gravidanze non sono durate mai più di due mesi.
Ogni volta, ogni volta.
Ogni volta a urlare e a contorcersi nel pavimento, domandandosi quale peccato avessi mai commesso per dover patire tutto quel dolore.
Mio marito, mio padre, mia madre... Li ho trovati riversi una mattina. Una mattina li ho trovati con i kimono impregnati di sangue. Si erano uccisi per la vergogna.
Mi sono lavata le mani cento volte, ma non riesco a pulirle. Le ho sciacquate ogni ora. Eppure puzzano ancora di morte.
Ricordo quando pregavo al tempio, giungevo le palme e aspiravo il profumo dell'incenso.
Era così piacevole accarezzare le colonne di legno laccato.
I miei piedi sono già stati legati da una ruvida corda in questa nera solitudine. Ho indossato il vestito più bello, mi sono truccata.  Nello specchio mi vedo bella, di una bellezza disperata. Non aspetterò che un maleficio mi trasformi in demone.
Affondo con decisione la lama nel collo e la pietra scivola tintinnando sul pavimento.
 
Il raccolto quest'anno è stato scarso. Il riso non cresce.
 
Note
Il tempo passa in fretta ed eccoci al secondo capitolo. Oggi mi sono alzata presto per prendere il bus, quindi in attesa che arrivi l’orario adatto per uscire di casa e gettarmi nel tran tran quotidiano, pubblico questa flash.
Ho ricevuto un’accoglienza molto più calorosa di quanto mi aspettassi e la cosa non può che rendermi molto felice.
In particolare inizio già da ora a ringraziare tutti quelli che mi hanno lasciato una recensione. Anche se non rispondo una per una, le leggo sempre e vi sono grata.
 
Detto questo, ci vediamo ad ottobre per il prossimo capitolo.

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Capitolo 3
*** L'alba del primo mattino ***


La nebbia del primo mattino
 
L'alba ferisce il manto altrimenti buio della notte e l'usignolo cinguetta felice dondolando nella sua ampia gabbia. Il suo canto accompagna il mio risveglio da quando ero bambina.
Se aprivo gli occhi, saltellava contento. Affondo la testa nella seta del mio abito e mi tappo le orecchie. Premo per bene con le mani. Non voglio sentirlo. Non oggi.
Non ho il desiderio di udire nulla di allegro, ogni raggio di colore risulta fastidioso. Poi mi accascio a terra.
Sono sdraiata ai piedi del letto, troppo debole per infilarmi sotto le lenzuola o per chiamare aiuto. Sono caduta e non sono più riuscita ad alzarmi.
Il legno liscio e duro mi ferisce la schiena, man mano che le vertebre ne incontrano la superficie.
L'usignolo è un regalo dell'imperatore.
Ero una principessa dal ramo cadetto di un potente clan. Ero colei che nella città proibita correva con grazia nei corridoi sorvegliati dai draghi di giada.  Mi piacevano i loro occhi vacui e severi.
In primavera trascorrevo i pomeriggi sotto un salice, beandomi della sua ombra, sopra un elegante ponte arcuato. Lanciavo pietre nel ruscello e scherzavo con i riflessi. L'acqua cristallina catturava i raggi del sole.Sono una principessa graziosa come un airone e forte come una tigre. Eppure non riesco ad alzarmi. Qualcosa mi ancora al terreno, preme sul mio addome simile a una mano malefica.
 
Ero una delle tante figlie della casata reale, una delle voci nascoste nelle sale del palazzo. Potevano sentire la mia risata argentina da dietro le tende.
Ho riso di gioia quando l'Incubator si è palesato e sul cuscino si è accoccolato. Pareva innocuo, mi divertiva. Chiudo le mani a pugno e cerco di strisciare. Sul petto, tra i seni, rotola la pietra dono di quell'essere. Ero una persona generosa.
Che cosa avrei potuto desiderare, io che avevo tutto?
Nella melodia dell'usignolo, riflettei per giorni.
Che il nostro esercito fosse invincibile. Che i nostri soldati non fossero mai attaccati dalla malattia. Che mai sanguinassero.
Che l'immortalità scendesse su di loro.
Credono che sia un'opera d'arte. Tutti credono che i soldati di terracotta siano delle raffinatissime statue. Nessuno osa indovinare il loro segreto.
Sono invincibili. Ironico.
Ero una camelia appena sbocciata, ma a ogni strega che uccidevo, i miei petali si tingevano sempre più di nero.
Mi hanno distrutta. Hanno paralizzato il mio corpo. Ho ammazzato l'ultima ieri sera. Ho pietrificato un intero esercito.
Affondo le unghie nella mia carne pallida, affondo i denti nelle labbra color carminio e cerco di alzarmi. Un ultimo compito mi aspetta
Prego la dea Kanon perché dia forza alle mie gambe e mi sostenga un'ultima volta.
Quando apro la gabbia, l'usignolo si posa sulle mie dita. Gli indico la finestra e la libertà. Invidio il suo canto e le sue ali.
La pietra che porto al collo è gelida e io non posso più volare.
 
Un'epidemia ha colpito gli animali dell'imperatore, una maledizione ha ucciso le piante del giardino. È un luogo di morte.
 
Note
Ed eccoci infine giunti a Ottobre. Ormai il sistema dovrebbe essere chiaro, se no rimando ai precedenti capitoli o invito a mandarmi un MP.
Ammetto che la questione dei soldati di terracotta sia stata un poco azzardata, ma ho voluto osare.

 

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Capitolo 4
*** Vedemmo sfumare la luce ***


Vedemmo sfumare la luce
 
Il vento soffia fra le tende di lino nella calda sera d'estate. Sono le notti nelle quali si può banchettare nel cortile e il grasso profumato cola fra i capelli.  Quando i gatti strusciano morbidi contro le gambe nude. Mi piacciono i loro occhi verdi e dorati. Da bambina mi avevano regalato un micio, un cucciolo color orzo.
Mi sento scoppiare il petto, con questo organo che chiamano cuore tanto gonfio di dolore che pare spaccarsi. Poche settimane fa era caldo e pulsava di timida felicità al gesto di una mano, vibrava di piacere ad un complimento. La bocca osava poi aprirsi al sorriso.
Ho il nome di una stella e sono nata in una sera fresca che le zanzare tormentavano i giovani amanti. Sono nata di famiglia reale, benedetta dagli dei.
Ero libera, ero fortunata, ero felice. La mattina studiavo, con un foglio di papiro posato sullo scrittoio, sotto la guida paziente di un anziano scriba e la sera cantavo, tessendo con le mie sorelle. Le nostre chiome corvine intrecciate tintinnavano di perline. Quanto mi rimproverava il mio maestro! Vorrei che fosse qui per consigliarmi. Ho scritto una lettera, l'ho piegata e posata sul tavolino. Sto piangendo sulla pietra del davanzale. Ho pianto la prima volta che ho ucciso una strega, ho versato lacrime di sollievo. All'inizio sembrava tutto semplice.
Domani sposerò un uomo che non amo, se solo vivrò tanto da rivedere l'aurora. È ricco e potente e mi vuole. Io invece mi sento morire. Vorrei pregare gli dei, supplicare la benevola Iside, ma mi hanno già voltato le spalle quando il Nilo ha distrutto i nostri raccolti.
Volevo solo evitare che i contadini patissero la fame. Tutto hanno inghiottito le acque limacciose. Hanno distrutto gli argini, hanno fatto marcire il grano, hanno sbriciolato le case.
Ha piovuto per una settimana e il fiume si è ingrossato oltremisura.
L'Incubator ha posto fine alla siccità e ha annegato il mio popolo. Ho ucciso un intero villaggio. Da allora ho cessato di combattere le streghe, avevo perso ogni coraggio. Tanto era inutile.
Questa pietra che stringo nel pugno, più preziosa di qualsiasi gioiello del Faraone, brilla di luce nera. Tempo fa era un oggetto tanto bello, pareva così brillante e rifletteva il lucore delle fiaccole. Era il mio orgoglio.
Sono stata ingannata. Lo afferro con rabbia e lo getto contro la parete.
Avverto una fitta nel petto e la superficie cristallina si incrina. Il dolore mi ingoia.
 
Il palazzo reale giace abbandonato, sommerso dalle sabbie.
Dicono che un demone si aggiri al suo interno.
 
Note
Scuse a tutti per il ritardo sulla tabella di marcia, ma un esame universitario si è messo di mezzo e per scaramanzia ho preferito attendere di aver finito il tutto prima di aggiornare.
Quindi la prossima volta che ci vedremo sarà a novembre, tra circa due settimane a partire da oggi, giorno più, giorno meno.
Per qualsiasi domanda, sono disponibile
Enjoy.

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Capitolo 5
*** A chi vive ancora ***


A chi vive ancora
 
Strega. Sono una strega. Non ancora trasformata e già sono una strega.
Mi hanno sbattuta in prigione, hanno tagliato la mia bella chioma castana, hanno bruciato la mia veste. Non era un abito ricco, ma era il mio, cucito con pazienza e amore. La corda ruvida mi sega i polsi.
 
Intrecciavo ghirlande di fiori per il Calendimaggio e il pizzicore della camomilla mi faceva starnutire. Danzavo leggera alle fiere di paese, volteggiando in mezzo ai giovanotti.
Stamattina il prete è venuto a trovarmi. Faceva freddo e il suo crocefisso pareva quasi ipnotico.
Non ho potuto confessare il mio peccato.
Batte violentemente il cuore, pulsa di paura contro la pietra cristallina che una volta mi pareva un dono di Dio.
Dov'è Dio, ora? Perché non mi salva? Perché ora sono qui pronta a essere bruciata? Eppure non ho fatto nulla di male.
Vedo solo il Demonio che ghigna tra i denti affilati dell'Incubator.
Strega, sono una strega che lavorava in un'erberia e assisteva la madre levatrice. Mia madre era una donna buona. Vivevamo in una coppia di stanze sopra la bottega dello speziale, mio zio, stanze che profumavano di salvia e rosmarino. C'erano trecce d'aglio appese alla porta. Infilavamo sacchetti di lavanda nelle lenzuola fresche di bucato.
Vedevo i bambini nascere, li sentivo urlare ancora coperti di sangue e molti li seppellivo prima che avessero assistito all'intero ciclo delle stagioni. Quei corpicini non erano pronti per essere accolti dalla terra. Giusto il tempo per il battesimo e già una croce segnava il loro passaggio mortale.
Strega, ora che il fumo mi soffoca, ora che le tenebre mi avvelenano.  Il sale delle lacrime brucia sulle labbra.
Desiderai che i miei piccini non morissero, volevo che crescessero sani e forti. La gioia brillava negli occhi di quelle giovani madri con i loro piccoli attaccati al seno. Allora fui davvero felice.
A volte mi capitava di piangere di paura se una strega si dimostrava troppo forte, ma la fede non mancava mai di sorreggermi. Stranamente non mi sentivo mai sola. Credevo di poter salvare tutti. Invece la gente ritrovandosi con troppe bocche da sfamare alla fine mi ha accusato di magia nera. Ho compreso che alcuni devono morire perché altri possano sopravvivere. Il nostro cibo, tanto faticosamente coltivato, non è sufficiente. Mamma è stata uccisa da due uomini mascherati che hanno distrutto la nostra bottega. Ho trovato zio impiccato nella foresta. Strega, urla la folla.
Strega, strega, strega.
Ed io, io che volevo solo essere utile, che ridevo al balcone e la domenica andavo a messa, mi sento così triste. Tutto si confonde nella cenere.
 
Non bastano le preghiere sulla piazza, dove sull’ombra del massacro ancora aleggia un nero ricordo.
 
Note: Quasi un mese è passato dall’ultimo aggiornamento. Uhm, il tempo scorre in fretta e mi scuso per essere così in ritardo, considerando il fatto che avevo i capitoli pronti. Comunque, questo è lievemente più corto degli altri, ma spero che questo non ne infici la qualità.
Enjoy

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Capitolo 6
*** Travolse il sole ***


 
Travolse il sole

 
Il verde intenso dell'erba scintilla negli angoli degli occhi. 
Quello più scuro degli alberi lampeggia a tratti nelle iridi del medesimo colore.
Mia madre è una vetero-inglese, ma nelle mie vene scorre denso sangue irlandese. Le mie iridi ne sono una prova. I miei capelli castani dai riflessi rossi lo testimoniano. 

Il cielo azzurro polvere si confonde col terreno in questa mia folle cavalcata. 

L'odore penetrante e familiare di sudore della mia puledra mi riempie le narici, mentre affondo il volto nel suo ruvido collo.
Non ho nemmeno la forza di reggere le redini. Per questo sono grata per avere un cavallo tanto intelligente da sorreggermi ogni volta che solo accenno a cadere. 
Mio padre, di stirpe celtica, mi ha insegnato a cavalcare a quattro anni.
Sto galoppando disperata in mezzo alla brughiera, con una giubba sopra la camicia da notte,  stretta in una coperta di lana ricamata, che volteggia alle mie spalle simile a un mantello. 
Il mio corpo è tanto pesante che non riesco a tenere la schiena dritta.
Il ritmo cadenzato della corsa culla le mie paure, segna l'incedere costante del mio tempo. La mia vita si sta esaurendo.
Buttata in una sacca ballonzola una gemma. Ricordo ancora il magico momento in cui dal nulla è stata creata.
La mia Deirdre macina chilometri. Divora la distanza che separa la mia casa sui monti da Dublino.
Mia madre mi ha insegnato a danzare frenetica al lucore del fuoco. Così avrei conquistato un marito, diceva. 

Deirdre è un vortice. Ho desiderato che fosse il cavallo più veloce dell'isola e non mi pento del mio volere. Ora mi sta portando alla salvezza. Non voglio morire qui. Non voglio mutarmi in un mostro.

Nel buio di una grotta umida sulle montagne ho sconfitto la mia ultima strega. 
I fili d'erba mi solleticano le caviglie nude. Riderei se non fossi disperata.
Quell'essere era il responsabile della morte del nostro prezioso bestiame. 
Ho ucciso la strega dopo una lunga battaglia. Sono entrata nell'antro al mattino e ne sono uscita strisciando a notte inoltrata.  Ho vinto, ma la mia pietra si è tinta di nero pece.
 Corro, corro e corro.
Corro con la pietra che ormai è al limite. 
Alle prime case in vista vorrei saltare giù dal cavallo ma sono troppo debole e fragile. Devo raccogliere ogni briciolo di volontà per scivolare dalla sella all'acciottolato. 
Mormoro parole d'addio a Deirdre perché so d'istinto che non tornerò. Prendo la pietra in mano e noto che sta cambiando forma: mi fa paura e sono piena di domande. 
Perché? 

Mi trascino contro il muro, mi aggrappo con le unghie alle sue numerose sporgenze, e di fronte a me brilla la fornace del fabbro O'Connal.  Entro nella bottega, con il fuoco che si tinge di sfumature dorate alle prime luci dell'alba.

Getto la gemma deforme, la gemma malata, nel metallo liquido. Voglio liberarmene.
Terra bruna per la tomba, bianca pietra per la lapide.
Il cielo si tinge di grigio per la morte di un'innocente.
 
Note: ultima flash prima  della pausa natalizia perché parto, vado in montagna e userò il pc portatile di mio padre o il cellulare, mentre le storie sono salvate sul fisso.
Perciò saluto calorosamente tutti e ringrazio chi recensisce, segue, ricorda o preferisce. Leggo sempre tutte le recensioni e se non rispondo è solo dovuto alla mia orribile pigrizia.
Qualcuno a questo punto ha già intuito il messaggio nascosto nei titoli?
Tre gennaio e febbraio, con possibili code a marzo a a causa degli esami, pubblicherò i tre capitoli rimasti.
Enjoy

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Capitolo 7
*** Estrema vergogna ***


Estrema vergogna
 
Bombay somiglia a un enorme corpo butterato di donna che si ricopre di profumo e vesti preziose per nascondere il proprio fetore. È una vecchia dal volto impiastricciato di trucco che cola fra le rughe.
 
Bombay è la città moderna e frenetica che nella sua corsa trascina i malcapitati come fa il Gange dopo i monsoni. È sacra e meretrice al tempo stesso.
È dove sono nata, in uno dei tanti quartieri colorati che si sommano senza regole. Sono cresciuta in due stanze nella miseria insieme a cinque fratelli e tre sorelle. Sono cresciuta nel modo di chi si ritrova adulta troppo in fretta. Le mie membra sono magre, il mio corpo mostra le proprie ossa.
Bombay è cuore pulsante dell'India, è colore e musica. I fili di cotone del mio sari sono impregnati del fumo delle sue macchine. Per me é l'odore di casa.
Sono la figlia di due artigiani, dalle mani di mio padre escono magnifici e utili vasi, da quelle di mia madre stupende stoffe. Tesseva tele di seta che mai mi sarei potuta permettere.
Ero una ragazza vanitosa. Guardavo con invidia i bei gioielli ai polsi delle donne nella nostra bottega. Mi mordevo le labbra al loro tintinnio.
Non venitemi a dire che i soldi non danno la felicità. Ho imparato a tessere da piccina e non è per nulla
divertente. Convivo con la fame ogni giorno.
Quanto desideravo un abito elegante. Avrei dato qualsiasi cosa. Poter avvolgermi in quelle stoffe
leggere come un pensiero, morbide come il pelo di una tigre. Sono una ragazza sciocca. Sono colei che desiderò un vestito.
Era tanto bello da non sembrare umano.
L'Incubator mi vestì come una dea. Fui una sovrana per un giorno.
Sono una ragazza che ha venduto l'anima per un pezzo di stoffa che mia madre ha venduto non appena lo ha trovato. Ci abbiamo mangiato per una settimana.
Le streghe non mancano a Bombay, si nutrono del suo smog e dei suoi umori, si cibano delle bestie che vagano per le strade e io posso combatterle ogni giorno. Le loro uova sono la mia misera ricompensa.
Giocherello
con la gemma brillante e pura simbolo del mio patto. Scintilla nella sua trasparenza. Quanti soldi ci potrei fare? Abbastanza da comprare quattro sacchi di riso?
Non ho bisogno di gioielli, né di bei abiti. Voglio cibo e latte per le mie sorelline, voglio ghirlande di fiori per il loro matrimonio.
Ero una ragazza egoista. Le monete tintinnano nella tasca che ho cucito nel sari. Le accarezzo felice, ne avverto il peso. Sono tante. Ho venduto la mia pietra, ho contrattato per ore. Ormai è perduta.

Odo il rumore pesante di quando qualcosa cade. 
Posso immaginare la mia pietra che si incrina sotto il tacco di una scarpa. Non sento nulla quando in mezzo a strada un carro mi investe. Non sento nulla perché sono già morta.
 
La famiglia per oggi non soffrirà la fame, ma il dolore chiude lo stesso lo stomaco.
 
Note: No, non sono morta. Ho finito in un modo o nell’altro la sessione universitaria d’esami(in realtà non è andata troppo male) e posso finalmente tornare ad aggiornare. Ci si avvicina alla fine.
La prossima sarà l’ultima Puella. Poi ci sarà il capitolo conclusivo.
A proposito, leggo sempre con estremo piacere le vostre recensioni, anche se non rispondo.

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Capitolo 8
*** Chi muore senza perdono ***


Chi muore senza perdono

I miei vestiti sono bagnati. Le mie scarpe sono umide. Persino i miei pensieri sono annacquati. Incrocio le braccia sul petto e alito sulle mani, nel vano tentativo di riscaldarle. Non serve a nulla contro un freddo che é già penetrato nelle ossa. Pioviggina da giorni e la trincea è un impasto di fango.
Un sacco di sabbia pieno di bitorzoli diventa un cuscino di fortuna. Tutto qua è di fortuna, tutto è tenuto insieme con lo sputo, pronto a crollare a un soffio. Sopra la mia testa incombe il filo spinato.
Il tempo scorre lento su questa grigia piana che è in Francia, ma potrebbe essere in qualsiasi altro posto; le raffiche di mitra e i cadaveri sono gli unici al ricordare la differenza tra ieri e domani.
Ho quindici anni da poco, un'ottima mira e sono un soldato. Sono una ragazza. Aspetto di vedere una luce e sparo. È stato mio padre a insegnarmi. 
Secondo me gli altri sono troppo intontiti per accorgersi che sono una femmina. 
Le granate esplodono nella notte, ogni colpo ancora mi fa sobbalzare e stringere con forza al nulla. 
Papà è stato avvelenato dal fumo, lo hanno buttato su un carro sotto i miei occhi. 
Ero una ragazza un poco magra, ma sana e felice. Cavalcavo per i campi della Camargue. Amavo il mio Paese. Lo amo ancora alla follia. Per questo mi sono tagliata i capelli, mi sono fasciata il seno e ho supplicato che alla leva mi prendessero. Sono talmente disperati che prendono chiunque. Li ho pagati perché mi accettassero.
Sto male, ho la febbre, voglio vomitare. Quando mi sono arruolata ancora non avevo incontrato l'Incubator. Ancora non avevo desiderato di avere un fucile tanto avanzato e preciso da non lasciare scampo. Viene da un'altra epoca. Quando dormo devo tenerlo sotto la pancia, altrimenti lo ruberebbero. Sfioro il calcio con una mano e con l'altra stringo la pietra simbolo del mio patto. L'arma puzza d'olio. All'inizio riuscivo ad uscire dalla trincea nel buio, prendevo coraggio e andavo a combattere una strega. Sono l'unica che le vede. Morivano molti meno soldati quando tornavo vittoriosa. Mi sentivo come il loro angelo custode.
Ora mi fa male la pancia, le braccia, la testa, tutto.  Le streghe sono troppe ed io sono così stanca. Ogni volta che uccido o vedo uccidere la mia pietra si fa un poco più nera e pesante. Non riesco a dormire, tutto attorno c'è troppa confusione e io sto impazzendo. Qualcuno mi aiuti! 
Ero piena di speranze, mi sentivo un'eroina, credevo di essere invincibile. Lo credevo.

Un'epidemia si è diffusa nella trincea. I topi si aggirano veloci e cattivi.

Note: e rieccomi qui. Non ho scusanti per il ritardo se non uno: pigrizia. O forse inconsciamente non voglio che questa serie finisca. Mi sono divertita molto con voi e vi ringrazio per tutte le recensioni. 
Questa sarà l’ultima flash con protagonista una ragazza. La prossima – e ultima in assoluto – sarà dedicata a tutte le Puella Magi, del passato e del futur
o. 

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Capitolo 9
*** il disagio di darci memoria ***


Il disagio di darci memoria
 
Se ancora potessimo parlare, modulando un dolce canto nel silenzio dell'attesa, queste sarebbero le storie che racconteremmo.
Se qualcuno si fermasse ad ascoltare il nostro dolore,  la nostra rabbia sarebbe placata.
 Se per noi ci fosse un pensiero gentile o una preghiera, la richiesta innocente di un bambino inginocchiato sul letto con le manine giunte,  forse scomparirebbe il gelo che ci avvolge il cuore.
Nessuno ode il nostro grido muto quando questa parvenza di vita ci viene strappata. 
Nessuno versa lacrime sopra i resti dei nostri corpi deformi. Nessuno si ricorda di come eravamo,  nemmeno noi. Abbiamo dimenticato quale riflesso restituiva lo specchio se ci pettinavamo in attesa di un appuntamento galante.

Noi siamo le abbandonate. Noi siamo le senza nome.
I nostri veri nomi si sono persi nel vento e nella terra e siamo vuote come le nostre gemme impolverate d'odio.

Le nostre menti sono piene di rancore per la vita che ci è stata strappata troppo presto. Quando sfioriamo una ragazza che danza per strada vorremmo solo accarezzare ancora la bellezza dell'esistenza. 

Noi uccidiamo per invidia. Siamo bambine capricciose che distruggono se non possono avere. 
Se qualcuno ci tendesse la mano, se si sedesse davanti a noi e provasse a parlarci, potremmo ricordare come eravamo. Invece nessuno si ferma.
Noi non veniamo mai comprese. Le nostre illusioni, quelle che tormentano le menti delle giovani, sono avvertimenti. 
Non siamo mostri.
Se uccidiamo è per pietà.
Siamo avviluppate in un groviglio contorto. Abbiamo scordato la nostra umanità. Abbiamo dimenticato i visi dei nostri cari e se chiudiamo gli occhi vacui nessun volto gentile appare. 
Noi siamo come miniere abbandonate e gonfie di gas venefico senza più una lanterna a indicare la via. Siamo uova in cui l'embrione è morto. 

Ci hanno tolto la voce perché non potessimo ripetere la storia dal ripetersi di nuovo.
Eppure nella solitudine di un'eternità, simile a un velo tanto sottile da non poter essere afferrato,  a tratti ci giunge un pensiero. È la fiamma tremolante di un moccolo di candela, l'ultimo residuo di anima che ci rimane. 

Se qualcuno avesse il coraggio di accettare il mondo con la sua bellezza e le sue brutture,  con tutti i suoi errori e il suo fragile equilibrio,  allora noi saremmo redente. Accoglieremmo in un abbraccio la Terra cullandola mentre si avvia alla fine. È l'entropia. 
Noi abbiamo perso tutto.

Eppure ora in questa luce improvvisa che ci avvolge, bianca e pura, torniamo a credere ai miracoli.
 
Note
In enorme ritardo rispetto a quella che era la tabella di marcia e senza altra giustificazione se non la mia pigrizia, sono finalmente arrivata alla conclusione di questa raccolta. Sarebbe dovuta finire a dicembre, invece me la sono trascinata fino a maggio, nonostante avessi a tempo i capitoli pronti.
Per come sia, ora è venuto il momento di salutarci e di salutare la sfortunate protagoniste senza nome di cui ho cercato di raccontare la storia.
Sono molto grata per tutte le recensioni ricevute (le leggo sempre, anche se non rispondo) e per tutti quelli che mi hanno seguita, ricordata o addirittura messa tra i preferiti.
Al momento mi sono spostata su altri lidi, ma non escludo di tornare a scrivere su questo fandom. Davvero, a settembre quando ho pubblicato il primo capitolo non avrei mai immaginato un’accoglienza così…calorosa.
Ringrazio in particolare PuffballOtaGirl che ha avuto la pazienza di recensire ogni capitolo.
TsunadeShiraime che si è interessata al progetto anche al di fuori di Efp e mi ha assicurato che recupererà le recensioni mancanti.
Ommy Wilson mi ha sorpreso con una recensione inaspettata e ben articolata, di quelle che ogni fanwriter sogna di trovare almeno una volta.
E poi tutti gli altri… grazie!
È venuto anche il momento di svelare il messaggio segreto. Leggete di seguito la prima lettera di ogni capitolo e lo otterrete.
Alla prossima!
Enjoy

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