Smile
Smile!
- tutto può succedere
Il piano di mia madre non si
dimostrò essere del tutto errato. Io e Angelina eravamo proprio nella sala
iniziale, forse un po' troppo in vista, ma comunque ci mimetizzavamo bene nella
folla.
Mi accorsi che lei mi stava guardando.
- Tu sei folle ragazzina. - mi disse.
- Mi chiamo Giulia. - specificai. - E
comunque insomma, chi saranno mai quegli uomini? Paparazzi? -.
Lei scosse la testa, guardandosi
intorno preoccupata. - Qualcosa di più pericoloso di paparazzi. Sono
un'associazione che si fa chiamare SAC, società anti cinema. - vedendo che io
non capivo (come avrei potuto?) mi spiegò meglio. - Sono pazzi che credono che
gli attori siano troppo pagati rispetto a quello che fanno. -.
- E quindi li prendono e gli fanno
qualche ramanzina? - domandai speranzosa.
- Li uccidono. - Angelina ruppe le
mie speranze. Poi sorrise. - Mi sa che sei entrata in un gioco più duro di te.
-.
Ricambiai il sorriso. - Ci sono poche
cose più dure di me. -.
- E' pericoloso Giulia. Va' dalle tue
amiche! -.
La guardai con speranza che
traboccava dagli occhi. - Vinco un bacio da Brad se la salvo? -.
- Non ci sperare. - mi rispose secca.
- E dammi del tu. -.
- Beh, io ci ho provato. Comunque ho
spiegato prima il perché è necessario che stia con te. -.
Angelina stava fissando un punto alle
nostre spalle. - Merda. - disse piano.
Mi voltai prima che lei potesse
fermarmi. E vidi uno di quegli uomini afferrare una pistola. Automaticamente
afferrai la mano di Angelina e la incitai a correre. Non poteva sparare in mezzo
alla folla, quindi il trucco stava nel rimanere in mezzo alla folla.
Uscimmo dal museo cercando un posto affollato. Lo individuammo alla nostra
sinistra.
E via, di nuovo a correre, sfrecciando attorno alla gente che nel frattempo si
chiedeva se quella bella donna dai capelli neri intrecciati fosse la famosa
attrice e urlavano il suo nome.
Questo servì solamente a farci inseguire da più persone. Fummo costrette a
deviare la nostra corsa, che per precauzione non interrompemmo. Quando ci
rendemmo conto che ormai non avevamo nessuno alle spalle rallentammo. Ero a dir
poco senza fiato.
Lei mi guardò.
- Te l'avevo detto che sarebbe stato
pericoloso. -.
Sorrisi. - Stai scherzando? Si sta
realizzando un mio sogno! - esclamai.
Ed era vero. Mentre dicevo ad
Angelina quanto diavolo mi mancasse un po' di avventura nella mia vita monotona
il panorama cambiava intorno a noi e da uno sfondo di classiche case del centro
storico di una cittadina, cominciarono a farsi colorate, in puro stile genovese
se vogliamo definirlo così, finché non arrivammo al mare.
Respirai quell'aria a pieni polmoni. Eravamo su un sentiero scavato nella roccia
sul mare, io ed Angelina Jolie, inseguite da uomini che volevamo morta lei e dal
momento che mi avevano vista probabilmente anche me. Un po' di sano brivido. Che
potevo desiderare di più in quel momento?
- Come fai ad essere così rilassata?
- anche lei stava fissando il mare.
- Beh forse è il mio modo di
esprimere la paura. Ma ne dubito. Non sento di aver paura. -.
- Dovresti averne. - replicò lei. -
In ogni modo non dovremmo stare qui, siamo troppo in bella vista e siamo sole:
non ci metteranno molto a capire chi siamo. -.
Dovetti ammettere che la sua era un
giusta osservazione quindi cominciai a correre sulla strada in salita. Il suo
acuto udito però percepì un rumore.
- Ferma! - il suo suonava più come
un ordine che come un suggerimento.
Mi fermai, in cima alla salita. Lei
era in fondo. E vidi che un motorino stava per raggiungermi con uno di quegli
uomini.
- CORRI GIULIA! - urlò lei. - CORRI!
-.
Io non sono mai stata un asso nella
corsa, perché non ho una buona resistenza: in quel momento dimostrai a me
stessa che la resistenza quadruplica quando si tratta di scappare da cattivi che
ti inseguono.
Anche lei diede fiato ai polmoni e
forza alle gambe, ricominciando quella buffa danza veloce che avevamo cominciato
prima e da cui forse ancora non ci eravamo del tutto riprese. Raggiungemmo una
piscina: era su una terrazza di quello che sembrava un centro commerciale. Il
motorino era sempre più vicino a noi e dovevamo correre cercando di evitare i
proiettili: questo significava correre pressoché a zig zag, come se non fosse
stato già abbastanza faticoso.
Angelina si fermò dall'altro lato della piscina. E si mise in ginocchio. Mi
urlò si fare altrettanto. Poi prese quella che mi sembrò essere una granata.
In un attimo la lanciò davanti a sé. Sembrava che sapesse quello che stesse
facendo, ma non ne ero del tutto sicura. La afferrai per la vita, prima che la
granata esplodesse e praticamente lanciai tutte e due nell'ascensore di vetro.
Premetti un tasto a caso, anche se dovevamo uscire di lì e dovevo premere il
sopra. Invece nella fretta premetti il tasto di sotto.
- No! - imprecai.
- Non importa! - fece lei. Sentimmo
la granata esplodere appena in tempo. Tutto in quel piano scoppiò e l'ascensore
fu colpito nella parte superiore. Ci buttamo per terra istintivamente,
coprendoci la testa.
Poi ci rialzammo e un grande sorriso si dipinse sulla mia faccia. - Yeeee! -
urlai. - Siamo vive! - e feci il gioioso gesto di suonare una chitarra elettrica
invisibile.
A quel mio gesto Angelina scoppiò a
ridere. L'ascensore ci lasciò in quello che aveva tutta l'aria di essere un
bar. - E dire che avevi tanta paura di aver sbagliato a pigiare pulsante. -.
- In realtà avrei preferito uscire.
- ammisi.
Scosse la testa. - Dovresti essere
meno euforica. In ogni modo grazie per avermi trascinata via di lì: pensavo di
essere abbastanza lontana. -.
- Figurati. - in quel momento eravamo
entrambe serie. - Piuttosto hai notizie di Brad? - domandai.
- No. - mi rispose.
Ci stavamo guardando intorno. I
tavoli di quel bar erano in metallo, le sedie erano rosse, come pure il bancone.
Un rosso molto scuro, forse più simile alla tonalità del bordeaux. C'erano
solamente 2 donne, il resto della clientela erano uomini.
- Ma mi sa che noi non siamo messe
meglio di lui. - mi confidò, stando sugli attenti.
Condividevo i suoi dubbi. Non mi
piaceva come ci guardava la gente e come bisbigliava. Uscimmo dalla sala
principale di quel bar per entrare in un corridoio che dava su delle salette
private, sempre del bar. Le mura erano in solido cemento, ma le porta erano di
vetro, quindi potevamo veder chi c'era dentro. La situazione mi piaceva poco.
C'era troppa calma, era un ambiente troppo privato forse, o più probabilmente
troppo pericoloso.
- Dobbiamo uscire di qui. - dissi. -
Non mi piace. -.
- Non piace nemmeno a me. Proprio per
nulla. - non finì di dire quelle parole che si irrigidì per un istante, per
poi voltare all'improvviso, sistemandosi la treccia sul viso. Mi immobilizzai e
la seguii: aveva visto qualcosa.
- Che c'è? - mi preoccupai.
- Ho ho visto il pazzo capo della
SAC. Spero che non mi abbia vista. -.
Capii a chi si riferiva. Avevo notato
un uomo mezzo pelato, col fisico alla Vin Diesel che indossava una camicia in
quella che pensai essere seta e un paio di pantaloni sobri, neri.
Quando lei si zittì sentimmo nitidamente dei passi provenire dal corridoio. Ci
guardammo negli occhi: eravamo nella tana del lupo. A quel punto non aveva senso
continuare a camminare tentando di essere disinvolte: con quelle strutture a
vetri non sapevamo dove nasconderci: ancora una volta l'unica scelta disponibile
per noi era la fuga. Riuscimmo a tornare indietro fino alla sala principale del
bar. Non avevamo via di fuga. L'unica consisteva in una scala proprio accanto
all'ascensore.
- Magnifico. - commentai
ironicamente. - Scale. -.
- Risparmia il fiato. - le salivamo
di corsa. Non ricordo di aver mai salito delle scale velocemente in quel modo.
Anche il nemico aveva cominciato a salirle molto velocemente.
Quando vidi che quelle scale davano su un'unica stanza a vetri mi convinsi che
non potevamo scappare per sempre, ma disarmate non avrei potuto fare molto
altro.
- Angelina, passami un'arma! - le chiesi.
- Un'arma? - lei si frugò in quella
giacca militare che indossava sopra un top bianco di pelle ed estrasse un
oggetto, passandomelo. - Tieni! -.
Lì per lì pensai che si trattasse
di una pistola o comunque di un'arma vera, non di una impropria. - Ma con tutte
le armi che hai mi dovevi proprio dare delle forbici dalla punta arrotondata? -
sbottai, arrabbiandomi. E tuttavia dentro di me c'era una strana adrenalina che
poteva essere buttata fuori solamente attraverso il sorriso.
Mentre osservavo le forbici rosse che mi aveva dato alzai lo sguardo e vidi che
Giulia, Erica e mia madre ci stavano guardando da un altro piano, da una
vetrata, visibilmente spaventate. Non avevo tempo di far loro cenno che tutto
andava bene, anche perché, diamine, non stava andando per niente tutto bene!
Capolinea! Una stanza divisa in due da un'altra maledettissima piscina. Non
c'erano bordi quella volta: per arrivare dall'altro lato della stanza, che
comunque consisteva solamente in una panchina bisognava arrivarci via acqua.
Non facemmo in tempo a sbarrare la
porta di quel vicolo cieco. Entrò l'uomo che avevo visto prima con un altro che
entrò per primo. Angelina lo colpì subito con un calcio là dove non batte il
sole e poi gli mollò un cazzotto in testa, buttandolo per terra e riuscendolo a
mettere fuori gioco. Peccato che fu afferrata per le spalle dal capo della SAC,
e sbattuta al muro. Si vedeva negli occhi che per la prima volta aveva davvero
paura.
Dovevo intervenire prima che la uccidesse. Che potevo fare?
Senza pensarci presi le forbici dalla punta arrotondata, le aprii e aggredii la
sua preziosa camicia di seta senza troppi complimenti, forse anche un po'
selvaggiamente. Ma avevo ottenuto quello che volevo. L'uomo aveva mollato
Angelina.
- Tu! - mi puntò un dito contro. -
Pagherai per quello che hai fatto! -.
Mi voltai velocemente e mi buttai in
acqua, nuotando più veloce che potevo. Evidemente non era abbastanza, perché
sentii la sua grossa mano tirarmi sott'acqua per un piede. Cercai di ferirlo con
le forbici, almeno quel tanto che bastava per permettermi di arrivare dall'altro
lato. Angelina non sparava. Non lo faceva perché avrebbe potuto colpire me. E
io non volevo che colpisse me. Ripresi le forbici e gli feci un graffio sulla
guancia. L'acqua intorno a lui si tinse di rosso e io mi trascinai su... se solo
avessi avuto un coltello o un qualcosa di simile... e poi le vidi. Lì, davanti
a me, in un portaombrelli, c'erano una decina di spade. Ne presi una... non ce
l'avrei fatta a usarne due.
Sfortunatamente io no ma lui sì. Si tirò su, con gli occhi neri minacciosi che
sprizzavano odio e vendetta, mentre le sue mani facevano roteare abilmente le
due spade. Tentai di parare qualche fendente, ma ero destinata a perdere. La mia
spada volò via di mano.
Lanciai uno sguardo ad Angelina per chiederle aiuto, ma lei era impegnata a
lottare con l'altro uomo che si era ripreso, nel frattempo. Sbagliai. Mi ero
distratta. Sentii arrivarmi una sberla in piena faccia, SBAM, e mi ritrovai a
sbattere contro il muro sulla panca.
- Adesso non siamo più così
spavaldi, eh? - mi minacciò lui brandendo la spada contro di me. - Non so chi
tu sia ragazzina, ma da adesso non importerà più a nessuno. -.
Riuscii a scansare il primo colpo, ma
di nuovo mi rimise all'angolo e quella volta non avevo possibilità. Mi
rannicchiai e sperai che non facesse troppo male. Chiusi gli occhi. Sentii uno
sparo. Che non colpì me. Riaprii gli occhi e mi scansai appena in tempo perché
il corpo dell'uomo ormai morto non mi cadesse addosso. Guardai Angelina,
dall'altro lato della piscina, che stava risistemando una pistola nella sua
fodera.
- E' finita. - mi annunciò
col tono di una che rende una cosa ufficiale.
- Io... grazie. - sorrisi
riconoscente. Quella volta me l'ero vista proprio brutta: se non ci fosse stata
lei non so come sarebbe finita. Anzi lo so. Sarebbe finita male.
Quindi mi ributtai in
piscina e la raggiunsi dall'altra parte. Mi aiutò ad alzarmi. Avevo diversi
lividi un po' ovunque sulla faccia e in seguito alla botta sul muro forse ne
avevo anche in altre parti del corpo. Lei invece perdeva un po' di sangue dal
naso, che si asciugò con la mano.
Rialzammo gli occhi e
vedemmo che mia mamma e le mie amiche ci stavano ancora osservando. - Ti
riaccompagno da loro. - mi disse lei.
- No... non ce n'è
bisogno... - rifiutai. Le appoggiai la mano sulla spalla. - Stammi bene
Angelina. Spero che un giorno ci rincontreremo. -.
Le nostre strade si divisero
lì. Nessuna di noi due fece niente per prelevare il corpo, che chissà, forse
è ancora lì. Angelina andò a cercare Brad e Johnny.
Erica e Giulia invece mi
stavano aspettando in un bar normalissimo, senza tipi sospetti, con un bel
bicchierone di Sprite davanti a me. Mi guardarono i lividi con fare apprensivo,
ma io sorridevo mentre cercavo di minimizzare le preoccupazioni isteriche di mia
madre.
- Il cinema come è andato?
- domandai ad Erica e a Giulia.
- Bene. - mi rispose Erica.
- Mi dispiace di non essere
venuta. - mi scusa per aver dato loro buca.
- Non importa. - mi
interruppe Giulia, sorridendo. - Quello che hai fatto tu è stato molto più
entusiasmante del cinema. -.
Ero contenta che
capissero... in ogni modo pensai che fosse più semplice capire una persona
quando questa aveva la faccia viola per i lividi e l'hai appena vista in una
situazione dove devi ringraziarne un'altra se puoi riabbracciarla.
Sentimmo che calò il
silenzio nel locale. Tutto insieme. Improvviso. Automaticamente portai la mano
alle forbici dalla punta arrotondata che mi aveva dato Angelina. Giulia indicò
un punto dietro le mie spalle e mi voltai con uno scatto, rischiando di cadere.
Ma ci furono due braccia muscolose pronte a riprendermi. Avevano una stretta
amichevole e alzai lo sguardo per vedere a chi appartenevano. E vidi un uomo,
affascinante, con i capelli castani e un paio di occhiali.
Rimasi senza parole. - J...
J... -.
- Johnny. - si presentò
lui. - Johnny Depp. -.
- E Brad. - c'era un altro
uomo accanto a lui. - Brad Pitt. -.
Mi venne a mancare il
respiro. Johnny Depp, il mio attore preferito, e Brad Pitt, il mio secondo
attore preferito, lì davanti a me, in carne ed ossa, che si stavano
presentando. Johnny si accorse di quella mia reazione.
- Ehy, respira. Non vogliamo
che muori proprio adesso che è finita. -.
- Io... sì... scusi... -
possibile che non riuscissi a formulare una frase di senso compiuto.
- Angelina aveva ragione.
Questa ragazzina ci dà del lei... Chiamami Brad, Giulia. E grazie per aver
salvato mia moglie per ben 2 volte oggi. -.
In quel momento cominciai a
parlare a raffica. - Sì, ecco, però alla fine è lei che ha salvato me, senza
di lei non sarei qui, inoltre mi ha regalato un sabato pomeriggio diverso,
quindi credo che siamo pari... -.
Fui zittita. Perché Brad
Pitt si era chinato su di me e mi aveva scoccato un bacio sulla fronte. Fui
vicino allo svenimento. Invece i miei occhi si illuminarono e sorrisi a 132
denti... sarebbe stato un sorriso perfetto per la pubblicità della Mentadent.
Vidi all'entrata del bar Angelina, semi nascosta. che osservava la scena
soddisfatta: mi tornò in mente quello che le avevo detto all'inizio
dell'avventura, se avrei vinto un bacio da Brad nel caso l'avessi salvata. E lei
lo aveva reso realtà.
Brad se ne andò, in
silenzio, così com'era venuto. Johnny rimase, porgendomi un biglietto. Mi fece
l'occhiolino. - Sabato prossimo do una festa... e visto che è anche merito tuo
se la SAC non esiste più sarai la benvenuta: questo è il mio indirizzo insieme
al mio numero. Mi hanno anche riferito che ti piacciono i pirati. -.
- Sì... - risposi.
- Allora conto di vederti
alla mia festa, piratessa. - e se andò, seguendo Brad e Angiolina.
Era possibile quello che mi
era successo: avevo conosciuto tutti i miei attori preferiti lo stesso giorno,
di cui una mi aveva regalato l'avventura più grande della mia vita, un altro mi
aveva dato un bacio in fronte e l'ultimo, ma non in ordine di importanza, mi
aveva invitata ad una sua festa. Possibile che tutto questo fosse realmente
vero. Il foglietto che guardavo sembrava la prova che tutto era realmente
accaduto, la prova che anche in un pomeriggio come gli altri tutto può
succedere.
E di nuovo un sorriso a quel pensiero si dipinse sulle mie labbra.
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