Il regno animale di PattyOnTheRollercoaster (/viewuser.php?uid=63689)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La tartaruga e lo squalo bianco ***
Capitolo 2: *** Ragni ***
Capitolo 3: *** Ospite e parassita ***
Capitolo 4: *** Il delfino ***
Capitolo 1 *** La tartaruga e lo squalo bianco ***
Il regno
animale
Capitolo
uno
La
tartaruga e lo squalo bianco
Capace
di rifuggire i pericoli rintanandosi all’interno del suo
guscio, la tartaruga simboleggia anche la calma ed il procedere per
gradi.
Benedict si era sempre considerato un tipo
più razionale che romantico. Forse era proprio per questo
che, passati i trenta e verso i temibili “anta”,
ancora non aveva realizzato uno dei suoi più grandi
desideri: diventare papà. Tutto a causa del suo pensare
troppo, si era detto un giorno. Si riteneva un tipo indeciso, pensava
alle cose dieci volte prima di farle, soprattutto – e forse
particolarmente – nella vita privata. A volte pensava di
essere stato una tartaruga nella sua vita passata. Riflessivo e un
po’ lento, si rinchiudeva nel suo guscio eliminando il mondo
circostante per pensare meglio. In molti gli avevano detto che
infondeva tranquillità e che sembrava un tipo stabile.
Decisamente una tartaruga. Come contraddirli? Forse era un
po’ troppo stabile. Forse per fare qualcosa di spaventoso e
meraviglioso come avere dei figli ci si deve solo buttare, aveva
pensato Benedict una volta. Ma ecco che iniziava a pensare
“Buttarsi, sì, ma con chi? Verso dove? Dovremmo
fare in modo di cadere in piedi, poi. In questo momento non credo che
sarei in grado di cadere in piedi, forse è meglio
aspettare.” Era un circolo vizioso, quello in cui cadeva
quando pensava a queste cose. Immaginava il futuro ma non si rendeva
conto del presente. Perché era facile avere buone
intenzioni, fare fioretti e buoni propositi, quando gli mancava la cosa
fondamentale per metter su famiglia: una ragazza.
«Una ragazza?»
«Sì, una ragazza.»
«Ma per ragazza intendi…
adolescente?»
Josh piegò la testa di lato e aggottò
le sopracciglia. «Come mei ti interessa tanto?»
Benedict si strinse nelle spalle. «Solo
curiosità. Voglio dire, è già raro che
una donna scriva libri di questo genere, se poi aggiungi anche che
è giovane direi che è qualcosa degno di nota, no?
Volevo sapere.»
«In effetti a quindici anni è molto
più facile scrivere storie fantasy», concesse Josh.
«Ha quindici anni?!»
«No, era per dire. Ne ha
ventitré.»
«Oh…» Benedict era piacevolmente
stupito. Quando, due settimane prima, aveva ricevuto la sceneggiatura
da Josh l’aveva letta tutta in un paio d’ore scarse
e aveva trovato la storia interessante. Aveva chiamato Josh e si erano
messi d’accordo per incontrarsi nell’ufficio di
lui, per sapere quali altri attori fossero stati scelti per i provini,
chi sarebbe stato il regista, e in generale che tipo di produzione
volevano iniziare. Quando aveva saputo che la storia era stata tratta
da un libro aveva subito esclamato che doveva aspettarselo: una
sceneggiatura del genere implicava per forza un libro dietro. Quando
poi Josh gli aveva detto che era stato scritto da una ragazza, Benedict
era andato in visibilio. Amava trovare l’arte nei luoghi e
nelle persone più inaspettati, soprattutto se proveniva da
qualcuno cui non avresti dato un penny, a vederlo. In effetti non
avrebbe mai detto che un libro così fosse stato scritto da
una giovane autrice al suo libro d’esordio, avrebbe
immaginato qualcuno come Irwin Welsh o Chuck Palahniuk1,
un uomo sulla
trentina che incuteva un leggero timore.
«Come si chiama?»
«Yasmine Casterlane.»
«Credo che lo leggerò.»
«Anche se non otterrai la parte?»
Benedict alzò le spalle.
«Perché no?»
«Perché no non dovresti leggerlo o
perché no non dovresti ottenere la parte?»
«Perché non dovrei leggerlo? Ma anche la
seconda, insomma… hai detto che ci sono buone
probabilità che scelgano me.»
«Il regista, a quanto ho capito, sta spingendo
perché la scelta sia fra te e attori del taglio di Sam
Clafin.»
«Ricordami chi è esattamente»,
Benedict aggrottò le sopracciglia.
Josh fece una ricerca per immagini su Google e poi
girò il pc di modo che anche Benedict potesse guardare i
risultati. «Diciamo che è un attore che piace
molto, al momento… come te, fra l’altro. Ma credo
che tu abbia maggiori possibilità, più che altro
per come la produzione verrà impostata. La storia ha
tematiche molto oscure, è contorta. La immagino come una
pellicola a metà tra il sogno e la veglia.»
«Un sonno piuttosto travagliato»,
commentò Benedict.
«Infatti. Un attore giovane come Clafin
difficilmente interpreta pellicole del genere proprio quando comincia
ad essere notato dal grande pubblico. Se fossi io il suo agente, glielo
sconsiglierei, per quanto la produzione possa essere interessante.
Sarebbe rischioso e prima sarebbe meglio consolidare
l’attenzione che i media e i produttori hanno per
lui.» Josh rigirò il computer e chiuse la pagina
di Google. «Leggi il libro, potrebbe aiutarti.»
«Credo che lo farò. A quando i
provini?»
«Credo fra due o tre settimane. Ti mando una mail,
d’accordo?»
Benedict si alzò e salutò il suo agente. Fuori
dagli uffici guardò il cielo e si strinse nel cappotto con
più decisione, intenzionato a lasciare il freddo fuori dalle
ossa. Era passato il periodo più freddo dell’anno
ma era fine Febbraio e il clima londinese, personaggio volubile, aveva
deciso di ghiacciare ancora un po’ le strade. Vero era che
Benedict era particolarmente freddoloso, quindi camminava a passo
svelto con le mani affondate nelle tasche e strette a pugno. Si
rifugiò presto in una libreria, dove sapeva avrebbe trovato
ciò che stava cercando. Si diresse subito verso il commesso
più vicino.
«Salve, sto cercando un libro pubblicato da pochi
mesi. Il titolo è “La conversione di
Philip”, di Yasmine Casterlane.»
«Ma certo, seguimi.» Il commesso condusse
Benedict entro un dedalo di scaffali e poltroncine più o
meno tutte occupate. La musica soffusa della radio si faceva sentire ma
non era ingombrante. Il commesso si fermò nella sezione
delle ultime uscite e scelse un libro da una delle colonne
più fornite. «A te.»
«Grazie.»
L’uomo si esibì in un sorriso di
cortesia e se ne andò, mentre Benedict esaminava il libro.
Aveva la copertina rigida, una sovra copertina spessa e abbastanza
pagine da poterlo intrattenere per un po’. Era un lettore
accanito. Quando trovava un libro che lo interessava poteva leggerlo in
due giorni, a costo di non fare altro per tutta la giornata. Il titolo
era scritto in ampie lettere gialle e il disegno che vi campeggiava era
“La conversione di San Paolo”, di Caravaggio. Per
la precisione si trattava della prima versione del dipinto, detto anche
“Caravaggio Odescalchi”, dal nome della famiglia
alle quale apparteneva. Benedict non sapeva tutte queste cose, non si
poteva ritenere un esperto di arte a quei livelli, ma aveva
già visto il quadro e sapeva riconoscere un dipinto di
Carvaggio o per lo meno caravaggista, quando ne vedeva uno.
Comprò il libro e, appena arrivato a casa, iniziò
a leggerlo sprofondato sul divano.
Il
grande squalo bianco è risultato essere l’animale
dal morso più potente fra gli attuali abitanti della terra.
«Non posso credere che faccia ancora
così maledettamente freddo. Voglio dire, siamo a Marzo! Io
voglio il sole, voglio andare in giro con le maniche corte e la
gonna.» Yasmine gettò il giubbotto sul dorso della
sedia e si srotolò la sciarpa dal collo, incastrandola nel
cappuccio.
Dominic fece un mezzo sorriso e scorse la lista di nomi che
aveva davanti. Era già d’accordo con Jerry,
produttore escutivo, per la scelta dei protagonisti, ma nonostante il
ruolo di regista non era riuscito a far pesare la sua decisione.
Yasmine aveva detto che voleva assolutamente fare dei provini e
assistervi, soprattutto per gli attori che avrebbero interpretato ruoli
principali. L’agente di Yasmine era decisamente in gamba e,
in pratica, se volevano produrre quel film lei doveva approvare tutte
le scelte. A Dominic non dispiaceva la cosa, per il momento. Gli era
parso di capire che la ragazza volesse solo assicurarsi che il film non
distruggesse il libro e lo trasformasse in qualcosa di
“ispirato da” piuttosto che “basato
su”. Era una cosa che capiva e non aveva la minima intenzione
di distruggere l’opera di Yasmine, che lo aveva colpito
parecchio.
La ragazza, per parte sue, non voleva risultare antipatica o
dispotica, ma in nessun modo avrebbe permesso che rovinassero il libro
che aveva impiegato quasi quattro anni a scrivere, fra un esame di
università e l’altro. Non avrebbe mai permesso che
cambiassero i suoi personaggi, che adattassero al grande schermo le
situazioni solo per renderle più piacevoli, per edulcorarle
o perché fossero apprezzabili dalla massa. Era decisa a non
demordere, se le decisioni prese sarebbero state contro la logica o lo
spirito del suo libro. Avrebbe trattenuto Dom e Jerry in una morsa come
lo squalo bianco trattiene le sue prede, senza lasciarli andare fino a
che non avrebbero ceduto, piuttosto di vedere la sua opera diventare
una pellicola sputa-soldi per i produttori. Aveva un contratto che
certificava che lei poteva consigliare ciò che voleva al
regista e ai produttori, ma ancora non l’aveva firmato. Era
entusiasta del fatto che dal suo libro sarebbe stato tratto un film, ma
aveva ancora paura di siglare quell’accordo, che a ben vedere
non era molto vantaggioso per lei dato che ad avere l’ultima
parola era Jimmy. Quando avevano discusso sugli attori da scegliere
Yasmine pensava fosse troppo presto, dato che non aveva ancora firmato,
ma sospettava che Jimmy e Dominic volessero incoraggiarla e mostrarle
quanto erano bendisposti nei suoi confronti.
Quello era il motivo per il quale erano lì tutti e
tre: la scrittrice, il regista e il produttore. Tutti in fila seduti su
delle comode sedie di fronte ad uno spazio vuoto, ad attendere quello
che agli attori nella sala affianco sembrava un momento crudele e
ingiusto, come un esame orale all’università o per
alcuni, addirittura, come la passeggiata di un coccoloso coniglietto
davanti ad una famiglia di alligatori.
Dopo tre ore avevano esaminato quattro degli attori che avevano
chiamato per i provini e, anche se Jerry era molto soddisfatto e
Dominic attendeva di vedere tutti i candidati prima di decidere,
Yasmine aveva il naso sempre più arricciato in una smorfia
di disapprovazione.
«Ne mancano solo due», disse Jerry
guardando i nomi. «Il primo è Sam Clafin. Negli
ultimi quattro anni ha preso parti a produzioni come Hunger Games,
Pirati dei Caraibi, Biancaneve e il Cacciatore e altri film del
genere.»
«Insomma, non ha proprio esperienza in film di
questo genere», sottolineò Yasmine alzando le
sopracciglia con atteggiamento critico.
«Ti sei proprio svegliata con la luna storta oggi,
eh?», osservò Dominic accigliato.
La ragazza sbuffò. «Non sono del tutto
convinta. Ma in fondo gli esperti siete voi, se avete visto qualcosa
che io non ho notato per scarsa esperienza vi prego di dirmelo. Al
momento i miei occhi vedono solo balbettanti bambocci.»
«Mi sembra di essere in una versione
cinematografica di Masterchef.»
I tre risero e il ragazzo entrò. La prima cosa che
non andò giù a Yasmine fu che probabilmente
poteva essere considerato un bel ragazzo da chiunque. Lei certo non ci
avrebbe sputato sopra. Peccato che il suo personaggio non fosse un
adone, almeno come lo aveva immaginato lei. Era un ragazzo normale. Il
suo disappunto calò un poco quando recitò la
parte con evidente entusiasmo, senza essere troppo teatrale e nel modo
in cui Yasmine aveva immaginato la parte. Era solo un po’
troppo belloccio e aveva quell’aria dolce che difficilmente
gli avrebbero strappato dalla faccia, ma d’altronde Yasmine
si disse che se stava a guardare tutto non sarebbe mai stata
soddisfatta del risultato.
«Mi piace», esordì non appena
quello fu uscito dalla stanza.
«Sia lodato il cielo!»,
esclamò Jerry alzando occhi e braccia al soffitto.
«Aspetta di vederli tutti quanti, abbiamo ancora un
candidato. Benedict Cumberbatch, trentacinque anni, è
diventato famoso con la serie televisiva della BBC Sherlock, e ha
partecipato come protagonista anche a Star Trek, Il quinto potere e The
imitation game.»
«È troppe vecchio», disse subito
Yasmine. «Philip ha ventisette anni. Non voglio che sembri
come in uno di quei telefilm per adolescenti dove un diciassettenne
viene interpretato da uno che ha trent’anni.»
«Come età ci siamo quasi, e sai che
oggigiorno possiamo fare di tutto per ringiovanirlo un
po’.»
«Certo preferirei non usare tutti i soldi della
produzione per togliere delle rughe dalla faccia di un
attore», commentò Jerry.
«Il personaggio di Philip è molto contorto, ha dei
demoni oscuri nell’animo», intervenne Dominic.
«Io credo che con un attore più anziano il
personaggio potrebbe solo migliorare. Sarebbe più autentico,
avrebbe più credibilità.»
La porta che si apriva li interruppe. La signorina che si
occupava dell’accoglienza fece entrare Benedict con un
sorriso, poi si richiuse la porta alle spalle silenziosamente. Il
cameraman accese la videocamera e iniziò la nuova
registrazione.
«Buongiorno», esordì Benedict
con un leggero sorriso un po’ tirato. Gli sembrava di essere
tornato alla scuola di recitazione, quando per ottenere le parti dovevi
lottare con le unghie e con i denti. Da tre o quattro anni i ruoli gli
venivano offerti, praticamente regalati. Questo era uno dei motivi in
più che lo aveva spinto a desiderare quella parte: non
voleva adagiarsi sugli allori, abituarsi al fatto di essere un attore
richiesto e sopravvalutare le sue capacità. Un provino gli
avrebbe fatto bene, e forse non passarlo gli avrebbe fatto anche meglio.
«Prego», disse Jerry invitandolo a
cominciare.
Yasmine dovette ammettere che Dominic aveva ragione. La
maturità dell’uomo faceva la differenza. Il signor
Cumberbatch era molto più credibile come Philip
più di quanto lo era stato l’attore che avevano
visto prima. Il fatto era che l’immagine di Cumberbatch
cozzava troppo con quella di Philip che lei aveva nella sua testa.
Perlomeno l’altro ragazzo, Clafin, poteva quasi immaginarlo,
con i capelli un po’ in disordine e la barba leggermente
incolta, nei panni del suo personaggio. Ma quell’uomo, alto e
dinoccolato, dal portamento elegante, fiero, non riusciva proprio a
vederlo come Philip. Sembrava un tipo rigido e per niente alla mano,
con la puzza sotto il naso. Yasmine non si permetteva certo di
giudicare a prima vista, ma dati i novanta minuti in cui sarebbe stato
su pellicola, credeva che la prima impressione potesse essere decisiva
per gli spettatori.
Non appena l’uomo lasciò la sala,
ringraziandoli, la ragazza si esibì in un deciso no con la
testa, facendo muovere a destra e a manca la lunga coda alta di capelli
neri e sottili, liscissimi. «Dobbiamo andare per
voto?»
«Be’, per la verità io non
avrei ancora deciso», disse Dominic. «Preferirei
riguardarmi con calma le registrazioni e decidere.»
«Questo significa che tu hai già deciso,
comunque», osservò Jerry.
Yasmine sorrise. «Già. Ma ne discuteremo
quando avremmo deciso tutti e tre.» La ragazza si mise la
borsa in spalla e prese con sé sciarpa e cappotto.
«Vorrei comunque riguardare quelle registrazioni. Potete
inviarle a Pamela, lei me le farà avere. Grazie della
pazienza. Signori, è stato un piacere», disse a
mo’ di saluto.
1) A chi interessasse Irwin Welsh e Chuck Palahniuk sono due autori che
definirei controversi. Ho letto un libro di entrambi, i più
famosi: rispettivamente "Trainspotting" e "Fight Club". Li consiglio
entrambi, sono molto belli (sia i libri che i film che ne sono stati
tratti), ma diciamo che sono per stomaci forti.
Buonsalve a tutti!
Non pubblico una storia da molto, mooolto, mooolto tempo, ma
recentemente, come ho spiegato in questo
post del mio blog, ho ricevuto
della magica ispirazione che definirei di provenienza ormonale. Non
scrivo fanfiction da parecchio, quindi volevo ricominciare con qualcosa
di semplice e questa è piuttosto
corta per i miei standard. Quattro capitoli e conto di aver finito, ma
ad
essere sincera potrebbe decidere di preseguire, o nascere un'altra
storia con protagonista Benedict, perché mi sono affezionata
a lui oltre che come attore, anche come personaggio.
Comunque, il titolo della fanfiction è uguale al titolo di
un libro che ho letto tempo fa, scritto da Alessandro Bianconi. Ricordo
che ne scrissi una recensione nel mio blog, ma non era quel che si dice
positiva.
A proposito del blog! In questa
pagina troverete una piccola anticipazione del capitolo
seguente, per chi si tortura con gli spoiler!
Insomma, quel che voglio dire, fan di Benedict, è che in
questa fanfiction potrete bearvi delle turbe mentali del nostro attore
preferito! Debole e indifeso come non è mai apparso,
sarà in questa fanfiction! Ma mi perdonarà,
spero, perché forse (e dico forse, se si
comporta bene) ci sarà un lietofine.
Prego lasciare una recensione in cima alla pagina, a tutti coloro che
lo faranno prometto tanti cioccolatini! Al prossimo capitolo,
Patrizia
|
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Capitolo 2 *** Ragni ***
Capitolo
due
Ragni
Nelle
diverse epoche di civiltà il ragno è stato visto
in maniera contrastante. Il suo aspetto migliore, oggi più
sottovalutato, è quello dell’instancabile
lavoratore che tesse senza sosta la sua tela.
La ferma presa dello squalo bianco svanì quasi
subito di fronte alle argomentazioni di Dominic e Jerry, probabilmente
abili cacciatori di squali che avevano usato l’esca
più succulenta che Yasmine avrebbe mai potuto sperare di
ingollare.
«…credo di riuscire a intendermi di
più con Benedict. Quando l’ho incontrato mi sono
reso conto che siamo, per molte cose, sulla stessa lunghezza
d’onda.»
Yasmine sgranò gli occhi. «Tu- tu
l’hai incontrato? Non avevamo ancora deciso chi avrebbe avuto
la parte!»
«Ho incontrato tutti gli attori che sembravano più
promettenti. Anche il signor Clafin. Mi è sembrato un
ragazzo pieno di talento, certo, riguardando il video della sua
audizione non si possono avere dubbi in proposito, ma Cumberbatch
continua a sembrare più adatto, a mio parere. Ha
più maturità, sia a livello lavorativo che umano,
e penso che Philip sia un personaggio molto complesso, per cui vorrei
essere sicuro che lo interpretasse qualcuno che può
capirlo.»
La ragazza fece segno di no con la testa. «Non ho
intenzione di approvare questa cosa. Non voglio Cumberbatch nella
produzione. Non come personaggio principale, almeno. Potrebbe fare
Immanuel, al massimo. Ecco, per Immanuel sono
d’accordo.»
«Io e Dominic siamo d’accordo»,
cominciò Jerry sospirando, «Non farmi dire
ciò che non vorrei Yasmine.»
«Lo so, lo so», sbuffò la
ragazza alzando gli occhi al cielo, spazientita. «Io posso
consigliare e guidare, non decidere al posto degli esperti su
argomentazioni tecniche», disse, citando il contratto. Fece
un sorriso mesto. «Questo contratto che abbiamo stilato
è un po’ una fregatura. Vorrei ricordarvi che non
ho ancora firmato il modulo conclusivo, quindi o togliete quel tizio
dal film o mi tolgo io dalle scatole.»
Dominic si stava strofinando le palpebre come qualcuno che
è molto stanco, invece Jerry prese quella frase come
l’occasione per introdurre un nuovo discorso che avrebbe
potuto cambiare le carte in tavola per tutti. «Riguardo
questo punto, avrei una proposta da farti. Un incentivo
diciamo.»
Il legale che stava con lui allungò una pila di
fogli a Yasmine e la ragazza iniziò ad esaminarli.
«Che cos’è?»
«Il nuovo contratto che vorremmo stipulare, che potrebbe
rendere tutto più facile e meno stressante per tutti. Puoi
partecipare alle riprese. Avrai modo di influenzare la produzione, ma
ad una condizione: vigerà la regola della maggioranza
vincitrice. Se io e Dominic siamo d’accordo su una decisione,
allora così verrà fatto. Se lo siamo io e te o tu
e Dom, allora il terzo di noi dovrà adeguarsi di
conseguenza. Se avremmo tre opinioni discordanti raggiungeremo un
accordo che vada bene a tutti.»
«Dov’è la
fregatura?», chiese Yasmine sfogliando ancora le pagine.
«Nessuna. Solo, c’è un termine per
firmare il contratto. Hai dieci giorni di tempo da oggi. Vorrei
iniziare il prima possibile, e i tempi per la pre-produzione sono
sempre lunghi.»
«Dieci giorni? Sono un eternità. Io ho
già deciso. Fatemi solo leggere con attenzione tutto quanto
ma credo che al più tardi per domani vi farò
avere la vostra copia con la mia firma.» Yasmine sorrise e
decise di ammorbidire la morsa dello squalo.
In fondo, non era mai stato il suo animale preferito.
Avrebbero passato un considerevole numero di ore agli studios e fatto
poche scene in esterno, Benedict sperava quindi che fossero ben
attrezzati per passare il tempo che, inevitabilmente, trascorreva fra
un ciack e l’altro. Spesso si trattava solo di avere la
compagnia giusta e il tempo passava volando, ma quando aveva voglia di
starsene per conto suo andava volentieri a fare una passeggiata nei
dintorni. Non che potesse allontanarsi di molto, beninteso, ma a volte
anche solo allontanarsi dalla troupe di qualche metro poteva essere una
liberazione. Passare giorni, settimane o addirittura mesi con attorno
le stesse persone quasi venti ore al giorno poteva essere difficile.
Per carità, era un sacrificio minimo in confronto a tutto
quel che c’era di positivo nel suo lavoro, ma Benedict
dovette ammettere che, come primo giorno di riprese, fu alquanto
anomalo.
Aveva lavorato in diversi ambienti, nella sua carriera.
Alcuni seriosi e pretenziosi nei quali pareva si stesse facendo
qualcosa di sacro, altri più rilassati e amichevoli, dove
era ben chiaro il loro scopo di creare un grande show che intrattenesse
la gente. Per fortuna il set di “La conversione di
Philip” era come il secondo e prometteva di essere
divertente. E per fortuna, avrebbe potuto aggiungere, perché
le tematiche del film già di per sé erano
piuttosto pesanti. Era meglio affrontarle a cuor leggero.
Benedict
stava dunque entrando assieme alla sua assistente negli studios. Erano
le sette di mattina e il sole ancora non era sorto del tutto.
L’uomo aveva passato tutte le due giornate precedenti a
ripassare il copione, tanto che già alla fine del primo
giorno lo sapeva a menadito. Lo attendevano un’oretta
abbondante al trucco e ai costumi, dopodiché
entrò nel padiglione dove era stata montata una delle
scenografie principali, la casa di Philip, il suo personaggio e
protagonista del film. Fece appena in tempo ad entrare, sorseggiando il
secondo caffè della giornata, che notò il suo
viso in una delle inquadrature. E non aveva fatto ancora una ripresa,
sorprendente! Guardando meglio, vide che si trattava del video dei
provini. A esaminarlo con minuzia sullo schermo di un ipad era una
ragazza piuttosto alta, con i capelli corvini legati in uno chignon un
po’ cadente, probabilmente a causa del volume dei suddetti.
Aveva la pelle chiarissima, colore del latte, e un trucco essenziale
sul viso. Braccia e gambe filiformi, così come tutta la sua
figura. A Benedict fece venire in mente un ragnetto dalle zampe sottili.
«Benedict!» La voce di Jerry, produttore
esecutivo, lo fece voltare. «Ciao, come stai?»
«Tutto bene, grazie. Non vedo l’ora di
incominciare.»
«Fra pochi giorni conoscerai tutta la
troupe», disse l’uomo facendo un cenno verso la
piccola folla che preparava la scena. «Hai già
conosciuto Dominic, eccolo lì», e
indicò il regista, «ma vorrei presentarti una
persona.» Si avvicinò alla ragazza e le
posò una mano sulla spalla. Quella si volse repentina,
facendo scivolare le cuffie sul collo e Benedict poté vedere
i suoi occhi, anche quelli talmente scuri che il marrone delle iridi si
confondeva con la pupilla. «Ti disturbo?»
«Certo che no, dimmi pure.» La ragazza sorrise
amabilmente e di colpo il ragnetto divenne un tenero animale domestico,
inoffensivo, che tesse la sua tela fischiettando senza che
l’idea di morderci gli sfiori anche solo
l’anticamera del cervello.
«Vorrei presentarti il nostro protagonista, il
signor Cumberbatch.»
Il sorriso cambiò radicalmente, così in fretta
che Benedict pensò di averlo immaginato. La ragazza si
avvicinò a lui con i suoi lunghi arti da ragno e gli tese la
mano. «Yasmine Casterlane, molto piacere.» Sembrava
tutt’altro che un piacere per lei. A partire dal tono di voce
che, se con Jerry era stato dolce e leggermente acuto, con
l’attore che aveva davanti si era trasfigurato in un basso
ringhio.
«Benedict Cumberbatch, il piacere è
tutto mio.»
Oh cielo, pareva già una ridicola pantomima! Una
cosa del tipo “Io ti odio e tu mi odi ma sorridiamoci e
facciamo finta di essere amiconi!”
«Ho letto il libro, prima di ottenere la
parte.» Disse sperando di fare buona impressione.
«Mi è piaciuto molto.»
«Voglio sperare, altrimenti che ci fai
qui?»
L’uomo fece un sorriso tirato. La conosceva da
trenta secondi e avrebbe già voluto darle una testata.
«Infatti. Credo che per partecipare ad una produzione questa
debba, prima di tutto, piacere.»
Un uomo con auricolare e microfono all’orecchio
attirò l’attenzione di Jerry e gli fece segno di
seguirlo. «Scusate ragazzi, vi lascio a chiacchierare.
Cominceremo fra circa venti minuti Benedict, rimani nei paraggi
okay?»
«Ma certo, a dopo.»
«Ci vediamo dopo.»
Fra Yasmine e Benedict cadde un silenzio imbarazzante.
«Allora…», cominciò lui,
tentando di fare buon viso a cattivo gioco «stavi guardando
il mio provino, ho visto.»
«Infatti.» Yasmine recuperò
l’ipad dal tavolo e lo mise dentro la borsa assieme alle
cuffie. Si alzò e cominciò ad affrettarsi verso
le viscere degli studios. Non aveva molta voglia di parlare con il
signor Benedict Cumberbatch, primo sulla lista di molte decisioni sulle
quali lei non era d’accordo. Ma se le altre poteva
accettarle, che il suo personaggio principale fosse interpretato da un
quarantenne con la puzza sotto il naso che aveva fatto qualche filmino
che era diventato famoso, non poteva sopportarlo.
Benedict la seguì. «E quali sono le
conclusioni?»
Yasmine si volse a guardarlo con occhi duri. Il malefico ragno che era
tornò ad affacciarsi. La ragazza distolse un attimo lo
sguardo e si sistemò meglio la borsa sulla spalla.
«Davvero vuoi sapere?»
«Immagino che sarà molto doloroso, da
come ne parli.» L’uomo mantenne
un’espressione neutra. Era abituato a sentire le critiche,
anche se non poteva dire di mandarle giù tutte. Ma in fondo
non si poteva mica piacere a tutti, e poi anche se si arrabbiava non
avrebbe risolto niente.
«Intendiamoci, nulla di personale, ma tu non mi
piaci.»
Benedict aggrottò le sopracciglia.
«Be’…»
«Fammi finire. Ho guardato i tuoi film, ho anche
guardato i telefilm che hai fatto, e sei molto bravo. Ma non ce la
faccio, è più forte di me! Tu non sei Philip, non
sei il mio personaggio! Non sei come vorrei che lui fosse.»
Yasmine sospirò e iniziò a passeggiare lungo il
capannone, evitando cavi elettrici e gente che correva qua e
là. «Mi sembra così lontano da come sei
tu che…»
«Perdonami…», Benedict sorrise
un poco, «tu non sai come sono.»
Yasmine incrociò le braccia. «So come
sembri.»
L’uomo si fermò. «E come
sembro?» Yasmine aprì bocca per rispondere ma lui
la interruppe: «Aspetta, fammi indovinare: spocchioso, con la
puzza sotto il naso. So che lo pensi, e sai perché?
Perché me lo hanno già detto.» La
ragazza ammutolì, credendo di averlo offeso, ma Benedict
sorrideva leggermente e riprese a camminare, le mani affondate nelle
tasche. «Non so perché do
quest’impressione, forse perché mi piace camminare
con la schiena diritta e il mento alzato, ma ti assicuro che
è solo questione di educazione.» Alzò
le spalle. «Se non stai dritto ti viene la gobba.»
«Sembri
un tipo serio», tentò Yasmine lanciandogli
un’occhiata di sbieco, sapendo di essere andata troppo in
là. «E sei sempre vestito in giacca e
cravatta.»
Benedict rise. «Vestire con l’abito scuro
è d’obbligo alle cerimonie. E preferisco che la
gente mi creda anche spocchioso piuttosto che lasciare che fotografie
della mia vita privata in cui sono anche in pigiama viaggino per la
rete.»
Yasmine annuiva senza guardarlo. «Anche io,
sai», le venne da dire d’impulso, «non
sono veramente così.» L’uomo la
guardò interrogativo, al che Yasmine rispose: «Di
solito non sono così stronza.» Si portò
una mano alla bocca e Benedict rise leggermente. «E di solito
non uso subito parolacce con gli sconosciuti, solo con le persone che
conosco da un po’.»
«Nessuna offesa. Io uso le parolacce di continuo.
All’inizio pensavo che non avrei potuto più dato
che quello che dicevo finiva sui giornali o in televisione, ma adesso
non gliene frega più un cazzo a nessuno», disse
sorridendo.
La ragazza sorrise in risposta, ringraziandolo mentalmente
per averla tolta dall’imbarazzo e aver detto
“cazzo”. «Ecco, sì, di solito
sono così. Dico la cosa sbagliata al momento sbagliato e non
so quando è ora di stare zitta.»
Benedict sorrise e domandò: «Dai, dimmi:
cos’ha questo Clafin che io non ho? Immagino che sia
più bello di me, ma… io sono più
alto.»
Yasmine rise e uscì dal capannone dove era montata
la scena. «No, ad essere sinceri è solo un fatto
di età. Philip ha solo ventisette anni, e lui è
più vicino a quell’età.
Tu…»
«In pratica, mi stai dicendo che sono
vecchio.»
«No!» Yasmine mise le mani avanti. «No,
non volevo dire che sei vecchio, solo che sei… maturo, che
sei… grande per…» La ragazza
s’interruppe quando Benedict scoppiò a ridere
portandosi una mano alla fronte.
«È il modo più gentile che
abbiano usato fin ora per dirmi che sono vecchio.»
«No, ma davvero», anche Yasmine rideva,
«non sei tu che sei vecchio, è Philip che
è giovane! No, forse non era la cosa giusta da
dire.»
«Oh Dio Santo!» Benedict ormai si
sbellicava senza ritegno. «Sarà fantastico
lavorare assieme, lo sento.»
«Okay è successo, è
ufficiale.» Yasmine si lasciò cadere sulla sedia,
al tavolino del bar dove era già seduto Benedict.
«Cosa è ufficiale?»,
domandò l’uomo. Le porse un biscotto, che lei
accettò.
«Sono innamorata. Mi scusi, un cappuccino anche per
me!»
Benedict aggrottò le sopracciglia. Conosceva Yasmine da
poco, ma si era reso conto che poteva innamorarsi con la
facilità con cui un contorsionista piegava
l’alluce. Solitamente succedeva una o due volte alla
settimana, e ogni tanto l’oggetto del suo desiderio diventava
una sorta di fidanzato per qualche giorno, ma appena dopo essersi
conosciuti per Yasmine perdevano tutto il loro fascino. Usava dire che
non erano abbastanza innovativi, che non pensavano in grande.
«Che strano», commentò
Benedict. «Chi è la vittima questa
volta?»
«Lavora qui da poco, fa il fattorino. Si chiama
Hayden.» Yasmine sorrise compiaciuta.
«Ah, ma sì certo, Hayden.»
Benedict alzò un sopracciglio. «È qui
da quando siamo arrivati.»
«Che cosa?»
«Vorresti dirmi che non l’hai mai visto?
Ti ha portato lui le valigie in camera tua quando siamo
arrivati.»
«Dici sul serio?» Yasmine parve
seriamente scossa. «O mio Dio, significa che per tutto questo
tempo ho ignorato il fatto che il mio vero amore fosse qui?»
Benedict non poté reprimere un risolino.
«Non esageriamo adesso, eh?»
«Che ne sai che non è il mio vero
amore?», domandò Yasmine piccata prendendo il
cappuccino che il barista le porgeva. «Potrebbe essere
l’uomo della mia vita.»
«Oh certo, in base al fatto che è biondo, alto e
muscoloso? Somiglia un po’ a Sam Clafin, ora che mi ci fai
pensare. Ecco perché le volevi in produzione!»
Yasmine fece un mezzo sorrisino. «E che male
c’è a circondarsi di bella gente?»
«Oh oh! Allora ho ragione, te lo stavi guardando
per bene. Be’, mi spiace di essere tanto più bravo
e convincente di lui.»
La ragazza rise e scosse la testa. Alla fine aveva dovuto ammettere che
Benedict era stata una scelta oculata, che interpretava il suo
personaggio proprio come lo voleva lei. Facevano lunghe chiacchierate
su come volevano che fosse Philip, su cosa pensava e come si doveva
comportare.
«A parte le scemenze», riprese Benedict,
«non dovresti provarci con Hayden.»
«Perché no?»
«Perché se poi lui ci sta quando
sarà finita sarà imbarazzante, no? Insomma, vi
dovrete vedere per forza.»
«E chi ti dice che finirà?»
Benedict alzò un sopracciglio. «Yasmine,
sii seria per favore.»
La ragazza si esibì in una smorfia di offesa e gli
diede una gomitata fra le costole. «Te
l’ho già detto oggi che mi stai
antipatico?»
«No, oggi ancora no. Me l’hai detto
l’altroieri.»
«Troppo tempo fa, comunque.» Yasmine
sospirò e seguì con lo sguardo il fattorino
Hayden che passava di fronte alla porta del bar. «Forse hai
ragione, poi chi se lo leva più di dosso? E comunque,
sarebbe stato noioso.»
Benedict, all’ennesima uscita di quel genere, posò
la tazza e batté i palmi sul tavolo. «E va bene.
Che cosa cerchi si può sapere? Hai conosciuto almeno dieci
ragazzi, e anche se la metà erano idioti che volevano solo
portarti a letto…»
«Lieto che non lo abbiano fatto?»
«… molto lieto, se proprio lo vuoi sapere
– ce n’erano uno o due che erano veramente
interessati a te, si capiva. Dimmi il tuo segreto, così
potrò risparmiare a quei poveri ragazzi che finiscono nella
tua tela inimmaginabili sofferenze.»
«Esagerato...», commentò
Yasmine incrociando le mani sotto al mento. «Non so,
è che… sai, vorrei qualcuno che sappia buttarsi.
Qualcuno con cui svegliarmi al mattino e a cui dire senza alcun
preavviso “Andiamocene in Messico”, e che mi
risponda “Prenoto il volo!” Capito? Qualcuno che
non si fa troppi problemi, con cui ogni giorno può essere
diverso.» La ragazza sospirò. «Quelli
che conosco sono una palla, vogliono solo comprare una casa, fare
carriera e avere dei figli.»
«Perché? Tu non li vuoi dei
figli?»
«Sì li voglio, ma non li voglio programmare. Se
arrivano, bene, se non arrivano si vedrà. E comunque
è troppo presto per me per pensarci, Insomma, prima intanto
dovrei trovare qualcuno che mi porti in Messico, no?» La
ragazza sorrise e si alzò dal tavolo. «Ci vediamo
sul set Ben, vado un po’ prima oggi perché devo
parlare con Jerry.»
«Va bene, ci vediamo là.»
Benedict la seguì con lo sguardo fino a che non fu fuori
dalla sua vista.
L’altro
aspetto simboleggiato dal ragno, più noto e facilmente
identificabile, è quello del predatore. Silenzioso, si
nasconde nel buio e attende che le prede cadano nella sua tela, dalla
quale è impossibile fuggire, una volta che si viene
catturati.
Benedict sorrise – anche se non poteva dire fosse
il suo sorriso migliore – e bevve un sorso di vino. Posando
il calice di fronte a sé, il piattino del dolce vuoto, la
pancia piena e le papille gustative appagate, pensò che se
non fosse per l’aver scoperto quel bel ristorantino nascosto
al grande pubblico, quell’appuntamento si sarebbe rivelato
una vera delusione. Non che Anna non fosse simpatica, in
realtà aveva passato una serata molto piacevole. Non
riusciva però a togliersi di dosso una sensazione
sgradevole, come di disagio, e non riusciva a capire perché.
«Ho passato una bella serata, e grazie per avermi
riaccompagnata. Davvero, la prossima volta posso chiamare un
taxi.»
«Non ti preoccupare, è stato un
piacere.» Benedict sembrava calmo ma la verità era
che dentro il suo cervello gli ingranaggi erano impazziti. Lei aveva
detto “la prossima volta”, significava che si
aspettava una prossima volta. Doveva dire subito che non aveva
intenzione di continuare? Non voleva che Anna avesse
l’impressione sbagliata. Forse se lui si fosse tirato
indietro avrebbe creduto di essere brutta, o grassa, o antipatica, o
un’altra di quelle sciocche paranoie che a volte le donne si
facevano e che Benedict semplicemente non concepiva. Alla fine le
scoccò un bacio sulla guancia, sentendosi un perfetto
imbecille. “Oh, ti prego! Chi bacia sulla guancia dopo un
appuntamento del genere?” Scelse una frase neutra per
chiudere la serata: «Ci sentiamo allora. Buona
notte.»
«Buona notte», pigolò lei,
effettivamente un po’ stupita di quel bacio sulla guancia che
le faceva venire in mente un’adolescente timido degli anni
cinquanta.
Benedict rientrò a casa e, una volta accesa la
luce del salotto, sbuffò. La casa vuota, silenziosa, lo
accolse con insolito calore. Era felice di essere tornato. Senza sapere
bene cosa fare sedette su una delle poltrone e rimase a fissare un
punto imprecisato fra la lampada da terra e il muro. Lungo la strada
non si sentivano particolari rumori, quella era una zona di Londra
piuttosto tranquilla, a cinque minuti di metropolitana dal centro ma
non eccessivamente frequentata la sera. C’erano solo tre pub
negli immediati dintorni, dei ristoranti e piccoli supermarket, ma non
era certo il centro città, sempre animato e caotico.
Per due settimane la troupe era in vacanza. Quando sarebbero
tornati per finire le riprese di “La conversione di
Philip” avrebbero avuto ancora un mese e mezzo circa di
lavoro, dopodiché il tutto sarebbe passato nelle mani dei
tecnici. Ancora non aveva alcuna autorizzazione, per contratto, a
parlare del film, anche se in giro se ne stava discutendo parecchio,
principalmente per il successo che aveva riscosso il libro.
L’uomo tirò fuori il cellulare dalla
tasca e cominciò a scrivere un messaggio. “Cosa
penseresti se un uomo al primo appuntamento ti desse un bacio sulla
guancia?”
Era mezzanotte passata, ma di certo Yasmine non stava
dormendo. Viveva dall’altra parte della città, un
po’ in periferia, e aveva degli orari che Benedict
considerava semplicemente da folli. Fino alle due di notte –
minimo – scriveva e durante il giorno lavorava in una
galleria d’arte.
Pochi minuti dopo arrivò la risposta:
“Dove l’hai portata?”
“Ristorante. Atmosfera intima”
“Gay.”
“Lo sapevo…”
Pochi secondi dopo il suo cellulare squillò.
«Pron-»
«Perché cazzo le hai dato un bacio sulla
guancia?!»
Benedict si diede qualche attimo per riprendersi
dall’aggressione. «Non- non lo so, okay? Non volevo
baciarla.»
«Ma cosa sei? Suo cugino? E poi mica dovevi ficcarle la
lingua in bocca, potevi anche solo baciarla sulle labbra. Anzi, sarebbe
stato molto meglio così, un bacio sulle labbra, senza
lingua. Sarebbe stato il coronamento perfetto di una serata perfetta,
con l’uomo perfetto probabilmente.» Yasmine si
interruppe all’improvviso. «Voglio dire,
è romantico no? Scommetto che l’hai portata in un
bel ristorante.»
«Era molto bello. Me l’ha consigliato il
mio amico Martin. Un giorno dovremmo andarci anche io e te, te lo
faccio conoscere. Ne vale la pena, fidati.»
«Okay… Comunque sia, dopo tutto questo
romanticismo un bacio sulle labbra sarebbe stato perfetto.
Perché l’hai baciata sulla guancia? Lei non ti
piace?»
«Sì mi piace, è bella e
intelligente. Non sono molto convinto, ecco. Hai presente, quando il
tuo migliore amico dice di avere una cotta per te? Ecco, mi sento
così. Lei mi piace, ma non come donna.»
Dall’altra parte del telefono si sentiva solo silenzio.
«Pronto?»
«Ti piace qualcuno?»
Benedict non rispose subito, assimilò prima la
domanda e in una frazione di secondo realizzò che la
risposta era, maledizione, sì.
Perché non lo aveva capito prima? Magari per gradi, come
succede di solito. Probabilmente era andata così, solo che
lui era stato troppo cocciuto per accettarlo. L’aveva negato,
soprattutto per l’età e la palese differenza di
carattere che c’era fra loro due. Lui era riflessivo, lei si
gettava nella situazioni come venivano. Lui era cauto e nascondeva
ciò che provava, lei era plateale e quando provava
un’emozione forte si vedeva lontano un miglio. Benedict aveva
cercato di nasconderlo al suo io conscio, ma il suo inconscio
l’aveva capito sin dall’inizio. Da quando
l’aveva conosciuta meglio. L’irritazione che
sentiva quando parlava dei ragazzi che aveva frequentato gli era
sembrata sana. Era normale, era giusto, preoccuparsi e irritarsi se i
tuoi amici non trovavano la persona giusta, no? Avrebbe dovuto capirlo
anche da come cercava la sua presenza, da come diventava
improvvisamente più brillante quando lei si avvicinava. E
anche dopo, quando aveva iniziato a seguirla con lo sguardo,
considerando tutto sommato che quelle forme non erano poi tanto
sottili. Aveva giustificato la cosa pensando “Ehi, dopotutto
sono un uomo. Che ci posso fare se ho gli occhi?” Infatti,
che poteva farci? Aveva gli occhi, e ne aveva fatto largo uso, facendo
scivolare il suo sguardo sulla schiena di lei, indugiando a volte sui
glutei e sulle belle gambe sempre fasciate in pantaloni aderenti o
liberamente mostrate sotto una gonna. Aveva imparato a memoria la piega
che prendevano le sue labbra quando si faceva seria, quelle labbra
piccola che lei colorava di rosso acceso, incurante di chi diceva che
il rosso si indossa solo la sera, e gli occhi solo leggermente
ripassati con l’eyeliner. Avrebbe voluto vedere quella bocca
e quegli occhi senza trucco, solo per sapere com’era il suo
viso, quando pulito. Sicuramente sarebbe stato ugualmente bello.
Tutti questi pensieri si affacciarono alla mente di Benedict
improvvisamente, quando Yasmine pronunciò quella frase.
Intere settimane di “Oh! Sarebbe bellissimo se trovasse
qualcuno che la merita davvero!”, si rivelarono per
ciò che erano veramente: “Oh! Sarebbe bellissimo
se si rendesse conto che farei di tutto per meritarla
davvero.”
Benedict strinse i denti e rispose:
«Sì.»
«Allora…» Yasmine
esitò, «perché non esci con questo
qualcuno?»
L’uomo si guardò attorno e strinse la
mano sul bracciolo della poltrona. «Sarebbe strano.»
«Come mai?»
«Siamo molto diversi. Caratterialmente,
dico.»
«Spero anche fisicamente»,
sbottò Yasmine, giusto per buttarla sul ridere.
Benedict si rilassò e rise. «Sarebbe un
po’ inquietante altrimenti.»
«Già.» La ragazza sospirò.
«Fammi sapere come va Ben, e non scervellarti. Se stai a
guardare tutto non ti andrà bene niente.» Eccola
lì, l’ennesima prova del fatto che si trovavano su
due poli opposti. Se Benedict pensava che il suo motto poteva tradursi
con “Chi va piano va sano e va lontano”, erano
messi bene.
«Grazie del consiglio.» Le augurò una
buona notte e chiuse la telefonata. Il suo appartamento, prima
così accogliente, era diventato un luogo freddo e
inospitale, troppo angusto e buio. Gli tornò in mente
l’immagine che aveva visto qualche giorno fa in un giornale e
pensò alle tele dei ragni, appiccicose, ti si chiudevano
addosso. Proprio come stava facendo la sua vita in
quell’istante.
Maledetti aracnidi, erano dappertutto!
Hello!
Questa fanfiction potrebbe avere risvolti che nemmeno io mi aspettavo,
quando ho iniziato a scriverla. Già questo capitolo era del
tutto diverso quando l'avevo scritto, poi qualche giorno fa ho pensato
di rileggerlo per scovare gli eventuali errori in vista del postaggio
e, chissà come, ho cambiato un sacco di cose! xD
Credo che succederà anche nei prossimi capitoli quindi... si
accettano consigli! Come desiderate più vedere Benedict
soffrire per amore? Tradimento? Incidente quasi mortale? Rapimento per
mano di alieni? Dite, dite, accolgo ogni suggerimento, io adoro
torturare i miei personaggi! Mhuahahah!
Be', a voi lo spoiler del prossimo capitolo, cliccate
qui se volete leggerlo.
Grazie a tutti coloro che hanno letto e chi segue e/o recensisce. Mi
raccomando, voglio leggere taaanti commenti, belli o brutti, non
importa, basta che commentiate :)
Alla prossima,
Patrizia
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Capitolo 3 *** Ospite e parassita ***
Capitolo
tre
Ospite e parassita
Il parassitismo
è una forma di simbiosi nella quale il parassita trae un
vantaggio a spese dell’ospite, creandogli un danno biologico.
Benedict non pensava che il vestito di Yasmine
fosse eccessivo, probabilmente era adatto persino a tenere una lezione
a degli adolescenti con problemi ormonali. Sobrio, lasciava scoperte le
spalle e la parta alta della schiena, scollatura non troppo profonda,
gonna al ginocchio. Fantasia che Benedict non avrebbe scelto ma, si sa,
i gusti son gusti. Lui l’avrebbe definito: a divanetto della
nonna. Era colorata sui toni dell’azzurro, ma con quei
disegni che somigliavano alla tela per tende vecchio stile. Il punto
non era tanto il vestito quanto chi lo indossava, capì
Benedict più tardi, mentre seguiva con gli occhi Yasmine che
si aggirava tranquilla fra i tecnici del suono.
Le gambe delicate che saltellavano qua e
là, e quell’angolo di pelle candida sulla schiena
che lasciava presupporre una pelle liscia e sensuale nel resto del
corpo. Il divanetto più sexy che possa esistere, senza
dubbio, pensò Benedict distogliendo lo sguardo mentre lei si
voltava.
Negli ultimi tempi, da quando erano tornati a
girare, Ben si era scoperto a struggersi su Yasmine come un dodicenne
su una bici da corsa. La seguiva con gli occhi ovunque andasse, cercava
di farle compagnia ad ogni occasione e scopriva ogni giorno di
più che – incredibilmente – lei era
fantastica. Non era proprio il suo tipo, se gli avessero chiesto qual
era il suo tipo di ragazza ideale avrebbe risposto: alta, bionda e in
generale non troppo longilinea. Invece Yasmine era tutto il contrario!
Capelli neri e lisci come spaghetti troppo cotti, alta e decisamente
longilinea. Gambe magre, seno piccolo, braccia esili come ramoscelli.
Fortunatamente, poté notare Benedict con un certo piacere,
aveva un lato b piuttosto pieno. Dal punto di vista fisico era contento
– anche se, per come stavano le cose, le sarebbe piaciuta
anche se fosse stata bassa, cicciotta e con una risata strana
– era da quello caratteriale che aveva qualche
difficoltà.
«Ufff! Non vedo l’ora di
buttarmi a letto, è dalle cinque di mattina che sono in
giro.» Yasmine sedette affianco a Ben, che le fece spazio
sulla panca e diede un’occhiata al cellulare.
«Siamo in pausa ancora una ventina di
minuti. Andiamo a prendere un caffè?»
«Magari, se non ti scoccia
accompagnarmi.» Yasmine si alzò e Benedict la
imitò.
«Figurati, non è affatto un
problema.» Soprattutto se considerava il fatto che negli
ultimi tempi le stava attaccato come una zecca.
Dovevano girare una scena in esterno e avevano fatto
chiudere una strada non troppo trafficata dalle sei del pomeriggio alle
nove di sera, sperando di riuscire a terminare in tempo. Erano
già a buon punto, anche se erano già le otto e
tutti cominciavano a sentire i morsi della fame. Yasmine e Benedict
girarono l’angolo e cominciarono a cercare un bar.
«Oh, guarda quello!», la
ragazza indicò una pasticceria dalla facciata color
pastello, con una grossa insegna che recitava “Wild
Flour”. Dalla vetrina si scorgevano dolci che facevano
aumentare la salivazione tanto parevano golosi.
Yasmine si girò verso Benedict con un
sorriso a trentadue denti e gli occhi scintillanti, proprio lo sguardo
al quale l’uomo non poteva resistere.
«Ci andiamo?»
«Niente caffè?»
«Magari fanno anche quello!»
La ragazza si avviò con passo deciso ed entrarono
nel locale. Il profumo che si respirava nell’aria era quello
dei dolci appena sfornati: avvolgente e tiepido, colpiva il naso non
appena si varcava la soglia. C’era un bel po’ di
gente ma la coda si esaurì in fretta e presto
arrivò il loro turno.
«Buongiorno, che cosa
prendete?» Un ragazzo con un grembiule recante il nome della
pasticceria li accolse. Aveva le braccia e il collo tatuati, un
dilatatore largo almeno un centimetro ad ogni orecchio e vari piercing
sul viso. Per contro era sorridente e pareva simpatico.
«Per me un chelsea bun,
grazie», ordinò Benedict.
Il ragazzo lo servì e poi si rivolse a
Yasmine. La ragazza guardò l’espositore, senza
saper scegliere. «Ah, non lo so, c’è
così tanta roba. Tu che cosa mi consigli?»
«Vediamo… se avete del tempo per
fermarvi qui a mangiare, ti consiglierei una torta. La mia preferita
è la torta di banane», il ragazzo si
spostò lungo il bancone per indicargliela,
«è una base di pasta frolla con crema di banane
sul fondo, ganache al cioccolato e guarnizione di cocco tostato,
è buonissima.»
«Wow, sembra davvero ottima. Purtroppo
non ho molto tempo adesso, credo che mi accontenterò di un
cupcake pistacchio e fragola.»
«D’accordo. Sono sette e
ottanta, potete pagare alla cassa.»
«Ci penso io», disse Benedict
avviandosi, mentre Yasmine assaggiava già il suo dolce.
«Oh, è
buonissimo!», esclamò la ragazza alzando gli occhi
al cielo, estasiata. «Credo che tornerò per quella
torta.»
Il ragazzo che stava al bancone sorrise.
«Lo spero, anche se forse non farà molto piacere,
al tuo fidanzato», aggiunse lanciando un’occhiata a
Benedict.
«Oh no, lui non è il mio
fidanzato.»
«Ma dai, veramente? Una bella
notizia.» Allungò un braccio oltre la vetrina e
porse la mano a Yasmine. «Mi chiamo Adam.»
«Piacere, Yasmine.» La ragazza
sorrise e lanciò un’occhiata a Benedict, che aveva
terminato di pagare. «Scusa, ma ora devo andare. Buon
lavoro!»
Adam la salutò con un cenno della mano
e si rivolse ad un nuovo cliente. Yasmine raggiunse Benedict e, non
appena furono usciti dal locale, esordì con: «Ho
appena incontrato l’uomo della mia vita.»
«Il pasticcere?»,
domandò Ben, per nulla preoccupato dall’ennesima
cotta di Yasmine.
«Non so se è un pasticcere,
ma di sciuro è un intenditore di torte. Comunque non posso
andare sempre in giro con te, mi rovini la piazza.»
«Perché?»,
domandò Benedict a metà morso del suo dolce,
indignato.
«Lui credeva che tu fossi il mio
fidanzato.»
L’uomo, non visto, si esibì
un’espressione contrita pensando
‘magari!’. Senza riflettere, gli uscì
detto: «Povero stolto, non sa che non potrà mai
accadere.»
Yasmine si bloccò in mezzo al
marciapiede. All’improvviso il cuore le aveva fatto un brutto
capitombolo, come se fosse scivolato all’altezza dello
stomaco. Cosa voleva dire Benedict? Che due come loro, una scrittrice
in erba e un attore in rapida ascesa, non sarebbero mai potuti stare
assieme? Che una ragazza pazza non poteva piacere ad un uomo elegante,
raffinato, simpatico e buono come Benedict?
«Yasmine?» Ben, più
avanti di parecchi passi, si voltò a cercarla.
«Scusa! Mi era parso- Ho
visto… uno che conosco, ma non è così.
Eccomi.» La ragazza si affrettò a raggiungerlo e,
senza farsi vedere, gettò il resto del cupcake in un bidone
dell’immondizia. Le si era chiuso lo stomaco.
Il parassita ha rapporti con un
solo ospite ma questi può avere rapporti con più
parassiti.
«Cin-cin!» Il coro di voci si
levò fragoroso dal tavolo, mentre tutti brindavano alzando i
bicchieri.
Le riprese erano terminate, era l’ultima sera in
cui sarebbero stati tutti assieme. Il giorno dopo quasi tutti sarebbero
ripartiti per le rispettive città, mentre al regista e ai
tecnici spettava ancora l’arduo compito di montare le scene.
Avevano cenato tutti quanti nel ristorante dell’hotel ma dopo
cena alcuni avevano deciso di andare a bere qualcosa in un pub. Erano
Benedict e la sua co-protagonista, Anna Sophia, Dominic e Yasmine.
«Dilettanti», stava dicendo
Dominic a quella che doveva essere la sua quarta o quinta ordinazione.
«Non sapete bere. Basta non mischiare le cose.» In
effetti era andato avanti di birra tutta la serata, e sembrava in grado
di recitare l’alfabeto al contrario.
Yasmine, che non beveva spesso e aveva preso un
irish coffé e, in seguito a parecchie insistenze, una birra
leggera, doveva ammettere che ogni tanto sentiva la testa come muoversi
per conto proprio. O girare. O forse era lei che la girava e non se ne
rendeva conto.
«Forse dovremmo ordinare qualcosa da
mangiare», propose Benedict alzando un braccio per chiamare
un cameriere. «Patatine per quattro, grazie.»
«Vado un attimo fuori, okay?»
Yasmine si alzò, leggermente barcollante sui tacchi, e
uscì dal locale.
Gli ultimi mesi erano stati… complessi.
Era felice che fossero finite le riprese, così sarebbe
potuta tornare a casa e si sarebbe liberata la mente da tutti i dubbi
che nelle ultime settimane l’avevano assalita. La ragazza si
guardò attorno e respirò l’aria fresca
della sera. La strada non era molto trafficata, le uniche fonti di luce
oltre ai lampioni erano le insegne di altri locali o dei supermarket
aperti 24h. Il cielo era scuro e senza stelle. Sì, si disse
Yasmine, quello era un buon momento per ammetterlo: sono attratta da
Benedict.
Ecco perché doveva tornare di corsa a
Londra e possibilmente non rivederlo mai più. Okay, forse si
sarebbero rivisti alla prima del film, ma mancavano mesi, e poi non
erano costretti a tenersi in contatto. Sarebbe stato meglio
così, soprattutto dato che Benedict la considerava alla
stregua di una bambina. Era stato piuttosto chiaro su quello. Oh
be’, non era stato chiaro, chiaro sarebbe stato se avesse
detto: «Yasmine, sei troppo giovane e immatura per me. Cerco
qualcuno con cui avere una relazione stabile, non qualcuno con cui
andare in Messico.» Non lo aveva detto proprio
così, ma se mai glielo avesse chiesto, Yasmine immaginava
che la sua risposta sarebbe stata quella.
In fondo, non sarebbe certo potuta andare
diversamente. Benedict era un uomo colto, intelligente, un attore
capace e una delle persone più disponibili e simpatiche che
Yasmine avesse mai incontrato. Lei invece era solo… Yasmine.
Era avventata, volubile, odiava lo sport (cosa che Benedict adorava) e
le sue giornate erano sempre un grosso punto interrogativo. Erano
troppo diversi per essere qualcosa di più che semplici
amici. Yasmine aveva sempre pensato che la persona che
l’avrebbe incantata sarebbe stato qualcuno come lei, invece
si ritrovava attratta da qualcuno che era l’opposto di lei!
La ragazza scosse la testa, immersa nei suoi
pensieri. La cosa migliore sarebbe stata tornare a casa, al suo lavoro,
ai suoi amici, e dimenticare quella storia.
«Hei ciao!»
Yasmine si volse e vide un ragazzo che stava
attraversando la strada, lasciando un gruppo di amici indietro.
«Adam, ciao!»
«Come stai?»
«Tutto bene, e tu?», chiese
Yasmine tentando di ridarsi un contegno. Era tornata un paio di volte
alla ‘Wild Flour’, che era diventata il suo
paradiso nei momenti di stanchezza o sconforto. Mangiare un dolce era
sempre consolatorio, anche se quel posto lo aveva scoperto con
Benedict, e le ricordava lui.
«Benissimo, sono in giro con alcuni
amici.»
«Domani non lavori?» Nel tempo
che aveva trascorso alla pasticceria aveva avuto modo di conoscere
meglio Adam. Sapeva che la pasticceria apriva molto presto, e che
spesso lui doveva alzarsi alle cinque del mattino per essere
lì prima dell’orario di apertura a sistemare i
dolci nei vassoi.
«No, domani riposo. A
proposito… ti va di fare qualcosa assieme? Magari possiamo
andare al cinema, e poi mangiare qualcosa.»
«Oh… ehm, mi dispiace,
riparto per Londra domani mattina», disse Yasmine.
«Ah», il sorriso di Adam
svanì e il ragazzo puntò gli occhi a terra.
«Avrei dovuto chiedertelo prima.»
Yasmine si strinse nelle spalle. Le dispiaceva per
Adam, ma sapeva di non poter essere una buona compagnia per un
appuntamento in quel periodo. «Magari ci rivedremo in
futuro», disse. Si allungò e gli scoccò
un bacio sulla guancia. Si salutarono e il ragazzo tornò dai
suoi amici. Yasmine lo guardava allontanarsi quando una figura comparve
al suo fianco.
«Le patatine sono arrivate.»
«Dio mio Benedict! Mi hai fatto prendere
un colpo.»
«Tutto bene?», chiese
l’uomo vedendola un po’ scombussolata.
«Sì, sì.
Eccomi.» Yasmine rientrò e Benedict, dopo aver
lanciato uno sguardo alla strada, la seguì.
Il parassita
dipende dall’ospite cui è legato da una relazione
anatomica e fisiologica.
Era l’una passata quando rientrarono in
hotel. Alla fine, a forza di birre, anche Dominic aveva avuto un
piccolo crollo fisico, per non dire una sbornia. Lo avevano
accompagnato fino alla sua camera e poi avevano salutato Anna Sophia,
che aveva la sua camera sullo stesso piano.
Benedict e Yasmine si ritrovarono soli, in ascensore, in attesa che
arrivasse all’ottavo piano.
L’uomo si schiarì la gola.
«Come scusa?»
«No, niente.»
«Oh…»
Lanciò un’occhiata a Yasmine e gli
occhi gli caddero sulla scollatura appena accennata. Strinse i denti,
dandosi del cretino. “Non puoi mica guardarle le tette ogni
volta che la vedi. Un po’ di contegno. Sei un uomo adulto,
cazzo!” «Senti… era Adam quello fuori
dal pub?», se ne uscì alla fine, senza niente di
meglio da dire.
«Sì… era
lui.»
«E cosa voleva?»
Yasmine si strinse nelle spalle.
«Passava di lì con i suoi amici. Ci siamo
incontrati per caso.»
«Vi terrete in contatto?»
«Mah, può darsi.»
«Certo», mormorò
Benedict fra i denti, immaginando di poterlo strangolare lì,
seduta stante. «Mi sembra un bravo ragazzo.»
«Già… Non
è il momento di storie comunque, per me», disse
Yasmine senza pensarci.
L’uomo si voltò a guardarla,
di scatto. «Perché?»
«Ah, ehm… non sono affari
tuoi.»
«Come non sono affari miei?!»
«Be’ ci sono cose che una
donna deve tenere per sé, cose che non sente di poter dire a
tutti», cominciò a blaterare la ragazza, senza
avere idea di cosa stava dicendo. «E nella mia fragile
condizione non vedo come mai dovrei parlarne proprio con uno come
te.»
«Che vuol dire ‘uno come
me’?»
«Uno così… uno che
mi conosce così bene.»
«Io sono sensibile!»,
esclamò Benedict senza logica alcuna.
Yasmine si volse a guardarlo e, senza pensare alle
conseguenze – come sempre, d’altronde –
si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò, gli
occhi chiusi in un chiaro rifiuto delle conseguenze del suo gesto.
Benedict rimase per un attimo paralizzato. La testa
incassata nelle spalle, gli occhi puntati su Yasmine e il corpo
ritratto come a volersi spostare. Realizzò però
molto in fretta che lui non voleva affatto spostarsi. Sentiva appena i
seni di Yasmine che gli sfioravano il petto, le sue labbra premute
sulle sue. Allungò le braccia e la prese per la vita, con
una mano le accarezzò la guancia, rispondendo al suo bacio e
sentendo il sapore della sua bocca, mentre lasciava scivolare
l’altra mano in fondo alla schiena e a stringerle i glutei.
Fu allora che Yasmine ebbe una folgorazione.
Quello non era un bacio romantico – come sperava che fosse.
Quello era un bacio passionale. Molto passionale. E finalizzato ad una
cosa che nulla aveva a che vedere con il romanticismo.
La porta dell’ascensore si
aprì e così rimase in attesa che loro scendessero.
«Vuoi venire tu da me o vengo io da
te?», domandò la ragazza mordicchiandosi un labbro.
Benedict deglutì, stentando a credere a
quel che stava succedendo. Non poteva crederci! Per tutto quel tempo si
era dannato pensando di non piacere a Yasmine, invece lei lo baciava
all’improvviso, ed era meravigliosa, e voleva che passassero
la notte assieme! «Io… la mia stanza è
un casino.»
«Anche la mia.» Yasmien
sorrise, lo prese per mano e corse fuori dall’ascensore,
pensando che, per Benedict, si sarebbe anche accontenta di qualcosa di
non molto romantico.
Il parassita ha
una struttura anatomica e morfologica semplificata rispetto
all’ospite.
«Aspettateci!»,
urlò tragicamente Yasmine mentre sia lei che Benedict
comparivano all’ascensore e la ragazza si gettava nella hall.
Anna Sophia e Jerry alzarono lo sguardo.
«Alla buon’ora», li apostrofò
Jerry alzando gli occhi dal suo cellulare e mettendolo in tasca.
«Ci siamo addormentati», disse
Benedict trafelato.
Nessuno dei due faceva una gran bella figura: un
po’ stropicciati e decisamente ancora addormentati,
sembravano reduci proprio da quello da cui erano reduci, una notte
insonne passata a fare sesso.
«Ragazzi, siete adulti», disse
Anna con un sorrisino, «dovreste sapere quando è
il caso di andarci piano, a letto.»
Jerry prese la sua valigia e si avviò
verso l’uscita dell’hotel. «Andiamo,
c’è ancora un taxi che aspetta.»
Avviandosi, Yasmine raggiunse l’attrice e le diede
una gomitata. «Scema! Lo sai che siamo solo amici»,
borbottò la ragazza, suo malgrado arrossendo.
Lei rise e si strinse nelle spalle. «Era
solo una battuta! Come sei permalosa…»
Dietro di loro, nel sentire quelle parole,
Benedict raggelò. Si sentì stupido.
Aveva passato tutta la notte e tutta la mattina a immaginare
a fare castelli in aria, a pianificare i loro appuntamenti e a
immaginarsi di lì a un mese e poi ad un anno, ancora
assieme, ma era stato uno stupido. Per Yasmine era stato, chiaramente,
solo sesso. Puro, semplice sesso. E lui invece vi aveva pontificato
sopra come se avessero dovuto per forza fare dei figli dopo che
l’avevano fatto.
«Benedict, muoviti!»
L’urlo di Yasmine lo riscosse dai suoi pensieri.
«Arrivo.» L’uomo
strinse le dita alla maniglia del trolley e li seguì,
respirando a fondo.
Heilà! Non sono scomparsa, eccomi qui!
Allora, scusate se ci ho messo tanto a postare ma ho dovuto modificare
quasi l'intero capitolo. Diciamo il 75%. Oddio, non che abbia dovuto, ma
l'ispirazione mi diceva di fare così! E chi sono io per
dirle di no?
Comunque, passiamo alle note importanti (si fa per dire, forse sarebbe
meglio chiamarle curiosità).
Per il "Wild flour", letteralmente farina
selvaggia, mi sono ispirata ai bar e alle
pasticcerie che fanno vedere spesso in un programma intitolato "Dolci
da sogno", inoltre il dolce che prende Benedict, il chelsea bun, esiste
davvero, è un dolce tipico inglese.
In questo capitolo viene nominata spesso una signorina che chiamo Anna
Sophia. Non ho passato tempo a parlarne ancora, ma nella mia mente mi
riferivo ad Anna
Sophia Robb, la splendida fanciulla che ha fatto, da bambina,
"Un ponte per Terabithia" e poi, per quanto ne so, è
scomparsa dalla circolazione. Se qualcuno dovesse avere notizie di Anna
Sophia Robb vi prego di dirmelo, il mondo del cinema è
preoccupato per lei e ne sente la mancanza.
Vorrei ringraziare chi ha messo la storia fra le seguite, i preferiti o
le ricordate. Non pensavo che questa fanfiction avrebbe avuto successo,
anche perché la sezione di Benedict è un po'
abbandonata (ma noi la faremo risorgere! Vero, miei compagni d'arme?!),
invece è andata al di sopra di ogni mia aspettativa! Sapere
che c'erano persone che la seguivano mi ha spronata a migliorarla.
Grazie mille!
Prego cliccare qui
per anticipazioni sul prossimo capitolo (ve lo giuro, niente
più insetti!). Alla prossima, con la conclusione di questa
sconclusionata storia.
Patrizia
|
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Capitolo 4 *** Il delfino ***
Capitolo
quattro
Il delfino
I delfini
si tuffano per vari motivi. Uno dei più importanti
è la comunicazione. I delfini comunicano non solo tramite il
loro tipico “verso” ma anche attraverso i loro
tuffi.
«Benedict, io credo che tu la stia prendendo un
po’ troppo sul personale.»
«E come altro la dovrei prendere? Prima fa
così e poi dice che siamo amici.»
«Be’ ma è vero, siete
amici.»
Ben puntò l’indice contro il suo
assistente che, ignaro di tutto, proseguiva il suo lavoro in un angolo.
«Gli amici non ti portano un decaffeinato quando gli chiedi
un caffè forte. Che me ne faccio del decaffeinato? Chi lo ha
inventato? A cosa serve?!»
Martin sospirò e mise le mani in tasca mentre una ragazza
gli sistemava di nuovo il trucco. «Davvero stai facendo tutte
queste storie per un decaffeinato? Io credo che tu sia sottopressione
per qualcos’altro.»
Benedict sbuffò.
Erano sul set di Sherlock, assieme a Mark e al resto della
troupe. Avevano iniziato da soli due giorni ma Ben si sentiva come se
fossero lì da un mese. Era piena estate e fuori dalla
location di Baker Street si alternavano raggi di sole cocente a
nuvoloni accompagnati da folate di vento gelido.
«Io non sono sottopressione.»
Così dicendo tirò fuori una sigaretta e
l’accese con tutta la stizza che poteva dimostrare.
«Certo, è chiaro… Come sta
Yasmine?», domandò Martin con finto tono
noncurante.
Benedict s’irrigidì nel sentirla
nominare. Tentò di adottare un tono disinteressato.
«Bene, credo. Non ci sentiamo da un paio di
settimane.»
«Quindi non siete usciti assieme?»
«No… no! Perché avremmo
dovuto?»
Martin alzò gli occhi al cielo. «Forse
perché stai diventando una donnetta isterica da quando non
la vedi. E sono passate poche settimane.»
«Hmp!» Ben scrollò le spalle,
come se la faccenda non lo interessasse. «Non è
vero.»
«Benedict», lo chiamò
l’amico, aspettando che si voltasse. Quando furono faccia a
faccia prese un grosso respiro e disse: «Lei ti piace, non
è vero?»
«Pfff, ma che dici?»
«Andiamo, perché non vuoi dirmelo? Lo so che ti
piace. Hai passato tutto il tempo da quando sono iniziate le riprese di
“La conversione di Philip” a parlarmi di lei, poi
ad un tratto hai smesso e non vi sentite più. Avete
litigato? Lei è fidanzata?»
Ben esitò, prese un altro tiro dalla sigaretta e
si grattò il mento, guardandosi attorno. «No, non
è fidanzata. E non abbiamo litigato.»
«E allora? Lei ti piace, si capisce che ti piace.
Perché non le chiedi di uscire?»
«Credo che non sia interessata.»
«Ma gliel’hai chiesto?»
«No ma…»
«E come fai a saperlo allora?»,
domandò Martin allargando le braccia, un sorriso dipinto sul
volto.
«Be’ noi», Benedict si
zittì un momento mentre un tecnico del suono passava di
lì, «l’ultimo giorno di riprese siamo
usciti tutti assieme e poi la sera io e lei… noi, insomma,
ci siamo baciati e siamo andati in camera e, sai, una cosa tira
l’altra…»
Martin attese paziente, senza capire quale fosse il problema.
«Il mattino dopo l’ho sentita dire a una delle
attrici che noi siamo solo amici. Capito ora perché non
è interessata?» Benedict si guardò di
nuovo attorno, quasi con disperazione. «Insomma, io pensavo
che dopo quello saremmo stati assieme, o per lo meno saremmo usciti, ma
non ci siamo più sentiti invece. Ogni tanto ci scriviamo, ma
come possiamo scriverci io e te, o due amici normali. Niente di che,
nemmeno un flirt via sms, nulla.»
Martin parve perplesso. «Be’, magari ha detto
così a quella ragazza perché non avete chiarito
la situazione. Oppure perché non sono così
amiche. Insomma Ben», l’uomo si strinse nelle
spalle, «quanti anni hai detto che ha?»
«Troppo pochi.»
«Be’, l’importante è
che sia maggiorenne e consenziente, comunque oggi come oggi il sesso
non è, per tutti, sinonimo di relazione. Perché
non uscite e basta? Tu le dici che lei ti piace e vedi che cosa ti
risponde.»
Ben fece una smorfia. «Ma non sono
sicuro…»
«Ma non puoi essere sempre sicuro!»,
esplose Martin, al limite della pazienza. Uno dei cameraman si volse a
guardarli, al che l’uomo abbassò la voce.
«Voglio dire… non puoi stare solo con donne che
chiaramente sbavano per te perché sei sicuro che vogliano
una relazione. Se questa ragazza ti piace, dovresti dirglielo. Avanti,
tuffati per una volta. E se non va bene, andrà meglio la
prossima volta.»
«Fra un minuto ricominciamo!» La voce di Mark
Gatiss distrasse Martin dal loro discorso. L’uomo diede a Ben
una pacca sulla spalla e si allontanò.
Benedict rimase a guardare la schiena dell’amico,
ripensando alle sue parole. Era una buona idea, lo sapeva. Anzi era
l’unica idea che avesse un senso, l’unica idea che
poteva prendere in considerazione un adulto. Ma lui, negli ultimi tempi
e soprattutto quando si parlava di Yasmine, non poteva considerarsi
adulto. E non era mai stato particolarmente adulto quando si trattava
di capire quando valeva la pena rischiare e, come aveva detto Martin,
tuffarsi. Ma prima o poi doveva imparare a farlo. Un bel tuffo, come
quelli dei delfini.
Durante
la caccia, i delfini si tuffano per confondere i banchi di pesci.
Quella settimana Yasmine aveva avuto il compito di aprire la
galleria per la quale lavorava. Il suo capo era andato a Oxford per
fare delle lezioni agli studenti di storia dell’arte e le
aveva lasciato le chiavi del negozio. La galleria d’arte non
era molto grande, aveva quattro stanze da esposizione e una saletta per
i dipendenti dove potevano lasciare le borse e trascorrere una pausa
caffè. Non era molto grande, ma era anche vero che oltre a
Frederick, il proprietario, gli unici altri dipendenti erano Yasmin e
David, la guardia. Il negozio si trovava in una zona molto centrale e
trafficata, vicino a Regent’s Park. Yasmine era contenta che
Frederick si fidasse di lei a tal punto da lasciarle la completa
gestione della galleria. Le sarebbe piaciuto che succedesse
più spesso.
Mancavano dieci minuti all’orario di chiusura per
la pausa pranzo, che era di un’ora, quando Yasmine
alzò lo sguardo da dietro il bancone di benvenuto, sentendo
la porta aprirsi. «Benedict, ciao»,
salutò sorpresa quando lo vide entrare e sorriderle. La
ragazza uscì da dietro il bancone e lo abbracciò,
sotto lo sguardo attento di David, un metro e novanta di puro muscolo.
«David, lui è un mio amico, Benedict.»
I due si strinsero la mano e la ragazza propose a Ben di fare
una giro lungo la galleria. «Che cosa fai da queste
parti?»
«Non sono mai venuto a vedere la tua galleria
d’arte, ed era da un po’ che non ci sentivamo,
così…» L’uomo si strinse
nelle spalle. «Fai una pausa per pranzo?»
Yasmine guardò il cellulare. «Dieci
minuti, poi vado.»
«Ti va di mangiare qualcosa assieme?»
«Perché no?»
Benedict si fermò di fronte a quello che pareva un
vaso di latta preso a manganellate. «Che… che cosa
dovrebbe rappresentare?», domandò indicandolo.
Yasmine si strinse nelle spalle. «Be’
sai, c’è a chi piace avere un cestino per i
rifiuti di design.»
Dopo aver discusso sull’utilità di avere un
cestino per i rifiuti di design i due uscirono a pranzo, fermandosi in
un locale poco lontano e prendendo posto in uno dei tavolini
all’aperto.
«Come va il montaggio del film?»
«Quasi finito. In realtà non mi occupa moltissimo
tempo, Jerry mi invia ogni settimana qualche file da guardare e devo
dire che sono tutti perfetti. E poi, insomma ammettiamolo, io non
saprei come farli diversamente. Voglio dire, non è il mio
lavoro, non ho idea di come si faccia!»
«Capisco- Ah, grazie.» Benedict
scostò il tovagliolo per fare spazio agli spaghetti di soia
che il cameriere gli aveva portato e quando questi se ne
andò lui e Yasmine incominciarono a mangiare.
«Il mio è buonissimo, vuoi
assaggiare?», domandò la ragazza.
«Cos’è?»
«Gnocchi cinesi con funghi e
bambù.»
«Scambio culturale?», domandò
Benedict allungando il suo piatto alla ragazza.
Lei si strinse nelle spalle. «Perché
no?»
Quando i piatti tornarono ai loro proprietari Benedict bevve un sorso
di coca cola e si schiarì la voce. «Stavo
pensando… Forse una sera potremmo uscire, impegni
permettendo.»
«Che cosa stai facendo ora?»
«Sto girando un’altra stagione di
Sherlock. Abbiamo appena iniziato. Mi prende tutto il giorno, a volte
la sera, ma non ho altri impegni a parte quello. Pensavo»,
l’uomo si strinse nelle spalle, «che potevamo
andare a cena assieme.»
Yasmine si fermò con una forchettata di gnocchi a
mezz’aria e sorrise. «È un
appuntamento?»
Benedict fece una smorfia indecisa. «È
molto importante?»
«Solo per sapere a cosa devo prepararmi. Ci sono
molte opzioni.»
Ben sorrise e incrociò le braccia. «Ma
dai? Sentiamo.»
«Be’ potrebbe essere una semplice uscita
fra amici, oppure un appuntamento galante, oppure potrebbe essere...
come l’ultima volta.»
Al sentire quelle parole, Benedict raggelò. Non
poteva, non doveva essere come l’ultima volta!
Perché l’ultima volta era stato fantastico, certo,
magnifico, e non avrebbe disdegnato una replica, ma dopo averci pensato
bene era stato solo sesso. Lui non voleva solo sesso, da
Yasmine. Voleva una storia. Voleva invitarla a dormire da lui nel
weekend, organizzare piccole gite fuori città, presentarla
agli amici, conoscere la sua famiglia. Ecco perché
raggelò, al ricordo di com’era stato
l’ultima volta, e le uniche parole che gli vennero in mente,
e che pronunciò precipitosamente e con un enfasi che venne
male interpretata, furono: «No! Come l’ultima volta
no.»
Yasmine si ritrasse un poco e il lieve sorriso che le era
comparso in volto, svanì. «Oh, scusa, non
intendevo…» Guardò altrove e prese
fiato. Tornò a fissare gli occhi su Benedict. «Se
non vuoi, possiamo non parlarne più.»
«Come?»
«Di quello che è successo. Se tu non vuoi, faremo
finta che non sia successo nulla.» Con grande sforzo,
sorrise, come se la cosa non le pesasse. La verità era che
si era sentita oltremodo felice quando aveva visto Benedict entrare in
negozio, e che nelle ultime settimane era tornata spesso, con la mente,
ai momenti trascorsi assieme a lui. Le piaceva Benedict. Era un uomo
simpatico, alla mano, molto intelligente e stare con lui –
sentirsi a suo agio con lui – era facile. Non era affatto
preoccupata del divario dell’età, non ci aveva mai
pensato ad essere sinceri, per il semplice fatto che lei non lo sentiva,
L’uomo scosse la testa. «Non è
che mi sia dispiaciuto, al contrario. Solo, la prossima volta che
usciamo possiamo non farlo. Insomma, se tu vuoi, per me va bene, ma se
non vuoi…»
Yasmine aggrottò le sopracciglia. «Sono
confusa…»
«Anche io.»
I due rimasero un attimo in silenzio, poi la ragazza prese
fiato e domandò: «Che cosa vuoi,
Benedict?»
L’uomo non poté impedirsi un sorrisino. Era
arrivato il momento, come aveva detto Martin, di tuffarsi. Prese fiato
e guardò Yasmine negli occhi. «Tu mi piaci, vorrei
che uscissimo assieme come ad un appuntamento. L’altra
volta… sono stato un cretino, pensavo che dopo quello che
era successo ci saremmo fidanzati, in automatico.» Scosse la
testa. «Sono proprio un vecchio eh?»
Yasmine ridacchiò e gli diede una leggera botta
sul braccio. «Scemo. Non sei un vecchio. Io… non
credevo che volessi uscire con me. Quella sera, in ascensore, pensavo
che dopo esserci baciati sarebbe finita lì, per il momento.
Invece, poi», Yasmine si guardò attorno e si
chinò sul tavolo, bene attenta a non farsi sentire da
nessuno, «mi hai toccato il sedere, e allora credevo che per
te fosse solo una questione fisica.»
Benedict fece una smorfia. «Perché ti ho
toccato il sedere?»
La ragazza parve imbarazzata. «Be’
sì. Insomma, un uomo ti bacia e subito inizia a toccarti il
sedere. Che cosa dovevo pensare?»
«Ma, voglio dire, era lì. Tu eri
lì, lui era poco più in basso, ho pensato che
toccarlo non fosse un problema.»
Yasmine annuiva. «Certo, ma certo. A me non
è dispiaciuto, a lui neanche. Ho solo… male
interpretato il gesto.»
Benedict fece per dire qualcosa, ma poi rise. «Se avessi
saputo che una semplice palpata avrebbe portato a tutte queste
incomprensioni, mi sarei tenuto le mani in tasca.»
Yasmine rimase seria ma poco dopo non poté
trattenersi e rise anche lei. Uscirono dal locale e Benedict si
offrì di accompagnare la ragazza fino alla galleria. Prima
di entrare le chiese: «Allora va bene? Che ne dici di domani
sera?»
«Per me va bene.»
«Passo a prenderti alle otto allora.»
Yasmine sorrise e si salutarono con un bacio sulla guancia.
Per non destare incomprensioni.
Alcuni
studiosi, osservando l’indole giocosa dei delfini, affermano
che i delfini si tuffino per giocare e divertirsi.
I flash dei fotografi erano come piccole esplosioni di luce,
tanto potenti quanto fastidiose. Yasmine ci mise un po’ ad
abituarsi e quando i suoi occhi non vennero più accecati
dalle luci poté distinguere l’entrata del cinema.
Tutte le persone con le quali aveva lavorato erano lì, vide
Dominic e Jerry che si facevano fotografare assieme, poi gli occhi del
regista caddero su di lei.
«Yasmine!» Le fece segno di raggiungerlo.
«Dom, ciao!» La ragazza si
avvicinò e salutò entrambi, poi si misero in posa
qualche attimo per farsi fotografare. «Dove sono gli
altri?»
«Gli altri sono arrivati prima di noi, sono
già dentro al cinema, ma non ho ancora visto
Benedict.»
«Siamo venuti assieme, eccolo
lì.» Yasmine indicò un punto dove i
fotografi stavano creando una piccola folla.
Dominic le lanciò un’occhiata di sbieco.
«Ah, siete venuti assieme. Come sei elegante!»,
esclamò poi sorridendo allegro.
«Grazie.» Yasmien girò su
sé stessa mostrando l’abito da sera. Non era certo
paragonabile a quello delle stelle di Hollywood, ma le piaceva come le
stava. Era color blu notte con qualche brillantino qua e là,
lo scollo a v scendeva fino a sotto il seno senza però
mostrare nulla, la gonna cadeva morbida sulle gambe e uno spacco sulla
destra saliva fino a metà coscia. Il tutto accompagnato da
una spilla argentata che i suoi genitori le avevano regalato.
Era a forma di delfino, il suo animale preferito.
Benedict li raggiunse e salutò Dominic e Jerry.
«Allora, Yasmine mi ha detto che siete venuti
assieme», commentò il regista con un piccolo
sorriso.
«Già, è così
infatti.» Benedict fece scivolare una mano a prendere quella
di Yasmine e la ragazza ringraziò il trucco di coprire le
sue guance che si arrossavano.
«Ottimo! Vogliamo entrare?»
I quattro si incamminarono verso l’entrata del
cinema, seguiti dal rumore delle fotocamere. Yasmine credette che
sarebbero esplose a forza di fare fotografie, quando Benedict si
chinò su di lei per parlarle all’orecchio, sempre
tenendole la mano. La ragazza fu molto sollevata quando furono al
riparo delle mura del cinema.
Prima dell’inizio del film c’era ancora qualche
minuto, così cercò con lo sguardo la sua famiglia
e andò loro incontro. I suoi due fratelli, sua madre e il
suo compagno, erano già seduti al loro posti.
«Ciao, avete avuto problemi ad arrivare fino a qui?»
«Oh no, figurati, abbiamo preso un taxi»,
disse sua madre, tutta un sorriso. «Ah! Hai messo la
spilla!»
«Sì», Yasmine
giocherellò con il delfino all’altezza della
spalla. «Ci sta bene, vero? Comunque, ho pensato che magari
domani sera potrei farvi vedere il mio appartamento. Potete venire a
cena.»
«Perché no? E poi così ci
presenti il tuo fidanzato!»
Yasmine sorrise. «Non vede l’ora. Si sta
facendo mille pensieri già da quando gli ho detto che
sareste venuti.»
«Chi interpreta nel film?»,
domandò Cam, il fidanzato di sua madre.
«Il protagonista, Philip. Comunque ha fatto molti
altri film, è quello che fa Sherlock!»
Fabian, uno dei suoi fratelli, sgranò gli occhi.
«Stai con Sherlock?!»
«Si chiama Benedict», rispose Yasmine
piccata.
«No, impossibile, si chiama Sherlock.»
«Ma…», sua madre parve
perplessa, «quanti anni ha?»
«Trentotto.» La ragazza alzò
lo sguardo e individuò Benedict fra la folla.
«Eccolo, Ben!» Agitò le mani e le fece
segno di raggiungerlo.
Benedict la scorse e si avvicinò, salutando un
amico e augurandogli buona visione. «Ciao. Iniziano fra poco,
andiamo a sederci? Siamo vicino a Jerry.»
«Sì certo, volevo presentarti i miei
genitori.»
Benedict strinse la mano a tutti, pensando che non si era mai sentito
tanto nervoso e sperando che non gli sudasse la mano. Chissà
cosa pensavano di lui, forse credevano che fosse un vecchio bavoso che
si era accaparrato la loro figlia con il fascino della fama e dei
soldi. Oppure… meglio non pensarci, la mano cominciava a
sudare.
«Ci vediamo a fine serata.» La ragazza
salutò i suoi familiari e Ben, tenendola per mano, la
condusse ai loro posti. Quando furono seduti uno di fianco
all’altro la ragazza si avvicinò al suo orecchio.
«Ho invitato i miei per cena domani sera, devi venire anche
tu.»
«Per cena? Dobbiamo andare a letto presto,
dopodomani dobbiamo andare con Martin e le bambine a pattinare,
ricordi?»
«Ah giusto…» Yasmine si morse
un labbro. «Possiamo fare una cosa veloce, gli spiego che mi
ero scordata di un impegno al mattino dopo. Puoi rimanere a dormire da
me, così facciamo prima.»
«Dovevamo invitarli a casa mia, è
più vicina.»
«Ma loro vogliono vedere casa mia, non casa
tua», bisbigliò Yasmine.
Benedict si volse di scatto verso di lei, esprimendo qualcosa
a cui stava pensando da un po’. Appena prima di aprire bocca
venne assalito dai dubbi: forse non era il posto adatto o forse
dovevano aspettare ancora un po’. Forse gli alieni li
avrebbero invasi o la regina avrebbe deciso che, dopotutto, una
repubblica non era così male! Forse, forse, forse! Benedict
scacciò dalla mente tutte queste possibilità
(quella degli alieni non era poi così improbabile, no?) e
prima di potersene pentire disse a Yasmine: «Vieni a vivere a
casa mia.»
Le luci si spensero e l’ultima immagine che vide
Benedict fu quella del viso della ragazza, girato verso di lei, in
un’espressione di totale sorpresa. L’uomo si
sistemò meglio sulla poltrona. Yasmine lo imitò.
Nel buio, senza essere vista da nessuno, sorrise. Si chinò
verso Benedict. «Okay, ci sto.»
Benedict si guardò le mani, illuminate dallo
schermo che si era acceso, e non poté reprimere un sorriso.
Allungò una mano e prese quella di Yasmine. Appena prima che
iniziasse il film, Ben non resistette e domandò:
«Credi che abbia fatto buona impressione?»
«Ma certo. Nemmeno tu puoi fare cattiva impressione
in due minuti», sussurrò Yasmine.
L’uomo le diede una leggera gomitata, ma sorrideva. Mentre il
film incominciava si ritrovò a pensare che adorava quelle
piccole, intime discussioni. Era andato tutto come aveva sperato.
Piccole gite fuori città, dormire assieme nei weekend
– e, fra poco, dormire assieme tutte le notti –
presentarsi agli amici, conoscere le famiglie. Tutto era perfetto. Alla
fine, aveva fatto bene a tuffarsi. Certo, era ancora una tartaruga
dentro di sé, ma sapeva quando valeva la pena trasformarsi
in delfino e quanto potevano essere divertenti i tuffi.
Fine
Questa
fanfiction non è stata scritta a fini di lucro ma per
divertimento. Nessuna delle persone reali citate sono a conoscenza di
questa fanfiction. I nomi di vie e città sono stati
utilizzati per dare verosimiglianza alla storia.
Buondì
a tutti!
Wooo! Non pensavo che questa storia sarebbe stata così
difficile da portare a termine. L'avevo iniziata per gioco (giusto per
avere una scusa per cercare foto e notizie su Benedict XD) ma alla fine
è diventata importante: questa è la fanfiction
con la quale torno su EFP dopo tanto, tanto tempo. Che dire? Spero che
vi sia piaciuta!
Ringrazio molto le persone che hanno letto e commentato. Mi raccomando,
dobbiamo continuare a scrivere fanfiction su Ben, questa sezione
è troppo poco frequentata! Se Ben lo venisse a sapere la sua
vita ne sarebbe distrutta! ...o forse no.
Comunque, a presto con nuove fanfiction :)
Patrizia
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