69 sfumature di Larry

di Nindia Cobs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il misterioso Signor Styles. ***
Capitolo 2: *** Arrivi inaspettati in città. ***
Capitolo 3: *** Il passato fa male. ***
Capitolo 4: *** Famiglia ***
Capitolo 5: *** Chiamate inaspettate ***
Capitolo 6: *** Lame avvelenate ***
Capitolo 7: *** Avviso importante! ***
Capitolo 8: *** Buon compleanno, amico. ***



Capitolo 1
*** Il misterioso Signor Styles. ***


Piacere! Chiamatemi Nindia, oggi presento questa storia molto particolare, ispirata proprio all'ormai celebre collana "Cinquanta sfumature di grigio".
Quando scelgo il titolo di una storia, vado sempre a controllare se ce ne sono altri simili, in questo caso esiste una fiction chiamata "Cinquanta sfumature di Larry", ma non conoscevo la storia e non ho mai letto nulla di quell'autrice, quindi non posso farci niente, ma a parte per il sessantanove, i titoli coincidono, ma la trama no. Infatti questa non è uguale al libro originale, ma solo ispirata.
Detto ciò, buona lettura a tutti!






Avevo provato tutti i lavori possibili e immaginabili, nessuno faceva al caso mio, forse perché ero un nullafacente, un vero fallimento per tutti.
L’unica amica che mi rimaneva si chiamava Lena Burton, una ragazza solare, impulsiva e ambiziosa, ma pur sempre una giornalista eccellente. Convivevo con lei da qualche anno, subito avevamo instaurato un rapporto, mi piaceva molto il suo modo di comportarsi emotivo e irrazionale, io invece sapevo controllarmi.
Tutto questo prima che la mia serenità vacillasse.
Non godevo di una vita mondana, mi ritenevo un normale studente che si sarebbe laureato in psicologia (una facoltà molto difficile) all’Università UCL a Londra. Università. Lavoro. Matrimonio. Figli. Il mio progetto di vita si basava su quello, sulla stabilità.
- Lou, dai… devi aiutarmi! – mi supplicò Lena, congiungendo le mani. – L’attore più eclatante del ventunesimo secolo vuole lasciare delle dichiarazioni al giornale dove lavoro, ti rendi conto della gravità della situazione se rifiuto? Non sai quanto ho faticato per ottenere questa straordinaria intervista! Mi licenzieranno… sarò costretta a girovagare per strada, senza meta, senza una casa, proprio come una barbona…
Di chi stava parlando? Un attore famoso che vuole rilasciare un’intervista? Sì, Lena dirigeva una rubrica di una rivista davvero celebre, aveva incontrato attrici Hollywoodiane e vip provenienti da tutte le parti del mondo, ma io non me ne intendevo, come poteva esigere una cosa simile da me? La giornalista era lei, non io! Sempre la solita melodrammatica…
- No, Lena… non so nemmeno come s’inizia una conversazione con una persona così importante, poi… t-ti immagini se faccio scena muta, mi blocco e perdi quest'occasione? – balbettai a occhi serrati, scuotendo la testa. – No, non se ne parla, sono costernato.
La mia amica sbuffò.
- Poi quali impegni tanto importanti hai? – chiesi. – Questa settimana iniziano gli esami, se non studio, mi buttano fuori.
- Problemi familiari… - esitò. – Si tratta di Harry Styles in persona, non puoi rifiutare, quindi adesso tu ti prepari e vai al Gordon’s Wine Bar, ti comporti spontaneamente, finisci l’intervista e ti renderai conto che è una passeggiata.
Lo spero tanto per te…, pensai sospirando.
- Che attore è questo Harry Styles? – chiesi curioso.
Lei arrossì di colpo, sembrava un peperone, intuii che non si trattasse di un doppiatore dei cartoni animati…
- Una… una… una… p-porno star. – balbettò, scappando via. – Intervistalo, mi raccomando. Ciao Lou!
Con lei non si poteva ragionare, quando si metteva una cosa in testa, non riuscivi proprio a farle cambiare idea.
La conoscevo da qualche anno, le volevo tanto bene, ma la sua testardaggine non aveva limiti. Accettai e mi abbracciò, ringraziandomi in tutti i modi e promettendo di comprarmi dei fiori appena tornava dalle sue commissioni. Tanto se ne sarebbe dimenticata, non riponevo speranze in ciò che diceva, era una vera scordona! Poi perché donare dei fiori a un ragazzo?
Una pornostar... una pornostar?! Quindi io stavo per incontrare uno di quei modelli senza dignità?!
 
Quando lasciò casa nostra, mi diressi in camera mia, aprii l’armadio e optai per una t-shirt a righe orizzontali, un paio di jeans, scarpe da ginnastica azzurre e una giacca panna. Il mio stile era diverso, ma non mi sarei mai vestito elegante.
Poi questo Harry Styles non lo conoscevo, per come ne aveva parlato Lena, sembrava proprio uno di quei montati snob e conformisti. Mi feci una doccia prima di vestirmi.
Contemplai allo specchio il mio riflesso, mi ero preparato abbastanza bene.
Presi le chiavi della macchina, scesi in garage, e accelerai per anticipare il mio ospite da intervistare. Sperai che non si facesse vivo per qualche impegno formale, che avvisasse Lena e che mi arrivasse una sua chiamata.
Io non sapevo davvero cosa chiedere a un attore porno del suo calibro, quali domande potevo porgli? “Piacere, signor Styles, quando volte l’ha preso nel didietro? Che tecniche usa nei suoi film? Quelle tecniche.”… Imbarazzante, davvero. Lena mi aveva coinvolto e adesso io dovevo rimediare ai suoi errori, ma dopo mi avrebbe sentito! Avevo la migliore amica più impacciata del mondo.
Arrivato al pub dell’appuntamento, mi guardai intorno, come si veste un attore porno? Non si veste, ecco il problema.
Nessuno aveva la faccia da probabile Harry Styles, o comunque non lo notai, così chiesi informazioni al barman, ma lui scrutò attentamente la sala, poi scambiò un'occhiata a una ragazza del pub e abbozzò un sorriso falso, dicendo ‘’No, mi spiace, non conosco nessun Harry Styles’’.  Poi si dissolse nel caos della sala, forse andando a prendere le ordinazioni ai tavoli.
Una ventenne dai lunghi capelli biondi, lisci e lucenti, il fisico slanciato e snello, dalle movenze di un felino e le iridi scure, si avvicinò, sedendosi proprio sullo sgabello accanto a me. Accavallò le gambe e bevve il suo martini molto sensualmente. Indossava un abito scollato, di un verde tenue, decolté griffati e un chiodo di pelle.
- Il Signor Styles ti aspetta al tavolo numero venticinque. – m’informò prima di alzarsi e lasciarmi allibito e sconcertato.
Chi l’aveva mandata? Certo che dietro l’immagine di quell’uomo si celavano innumerevoli misteri, adesso sì che m’incuriosiva.
Mi diressi al tavolo numero venticinque, si trovava in una piccola sala privata, al di fuori due buttafuori vestiti di nero con occhiali da sole scuri da spia, mi domandarono chi ero e cosa volevo. M’incutevano davvero terrore.
Mi preparai mentalmente cosa potevo porgli e quali informazioni dovevo estrapolare, poi mi concedetti una tregua. Quando entrai, un giovane dalla chioma scura e riccia, gli occhi di un verde smeraldo intenso, in smoking, circondato da due ragazze more, fece cenno a esse di lasciarlo solo con me. Si accese un sigaro quando rimanemmo solo io e lui in quella sala vuota.
- Ne vuoi uno? Sigari provenienti dalla Danimarca, molto rari. – mi propose. – Tu devi essere il giornalista che aspettavo. Sono abituato a conversare con donne giovani e belle, mai con uomini, mi scuso per la poca ospitalità. Ti offro un sigaro?
- No, grazie, non fumo. – rifiutai gentilmente, accomodandomi su una poltrona. – Sì, cioè… no… una mia amica mi ha chiesto un favore, non poteva intervistarla e ha mandato me, ma non sono specializzato in questo.
Harry Styles… Me lo immaginavo diverso, un uomo di mezz’età, abbastanza attraente. Quegli occhi sembravano scrutare le parti più remote e intime della mia anima, mi mettevano sottopressione, ma allo stesso tempo non riuscivo a distogliere lo sguardo da essi. Cosa mi stava accadendo? Arrossii.
- Capisco, inizia pure. – acconsentì, bevendo della vodka.
Davanti a me avevo un foglietto pieno di domande, ne lessi alcune tutte insieme, poi attivai il registratore e lo avvicinai alla sua bocca. Quelle labbra carnose e morbide, anche mentre parlava, mi attraevano, che strano… La confusione mi avvolse.
- Ehm… va bene. – sbottai. – Quanti anni ha? Dove è nato? Descriva la sua situazione sentimentale.
Nemmeno una di quelle era presenta su quel foglio, erano uscite fuori all’improvviso, avevo agito d’istinto. Accadeva raramente. “Un sognatore che non sa sognare”, ecco come mi descrivevano gli altri.
- Diciannove anni, nativo di Holmes Chapel. Preferisco una vita sentimentale molto intensa e movimentata, non m’interessano le relazioni serie, mi definisco un uomo libero, ma allo stesso tempo conteso da tante donne di tutte le età. – mormorò con fermezza.- Tu invece? Come ti chiami?
- Louis… T-Tomlinson. – balbettai, abbassando lo sguardo. – Mi sembra inopportuno chiedere informazioni personali a un “giornalista”… circa.
L’attore sorrise, le fossette… oddio quelle fossette, una delizia per il mio sguardo. Perché non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso? Chi era veramente?
- Ma hai appena confessato di non essere un giornalista, ti vedo solo come uno sconosciuto che vuole sapere tutto di me. – mi punzecchiò.
- Che rapporto ha con i suoi parenti? Di solito frequenta persone di alto rango? – ignorai coraggiosamente le sue provocazioni.
- Mia madre… sono molto legato a mia madre. Conosco tanta gente normale, non discrimino nessuno, a volte penso che se il Mondo non badasse solo alla ricchezza e alla fame, tutti saremmo più felici. – esitò. – Esponimi i tuoi pensieri, Louis Tomlinson, vorrei approfondire questa conversazione anche a cena.
Titubante accettai, continuai a conversare con lui per un’ora circa, poi tentai di andarmene e salutarlo, ma mi fermò. Non sapevo chi era quel giovane dagli occhi verdi, non conoscevo il suo passato, la sua storia, proprio niente di Harry Styles, ma ero sicuro di una cosa, una sola: avrei dato di tutto per incontrare di nuovo quelle iridi color smeraldo avvolte dal mistero e dall’autocommiserazione.
- Non posso nascondertelo. – ghignò con una voce sensuale. – Ho una fottuta voglia di portarti a letto e farti capire a cosa è dovuta la mia fama, Signor Tomlinson.
 

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Capitolo 2
*** Arrivi inaspettati in città. ***


Ed eccomi qua a presentarmi un nuovo capitolo, scusate ancora per il ritardo! Spero vi piaccia, a presto!






Dopo l’intervista, decisi di non ritornare a casa, avevo bisogno di pensare, perché una parte di me era rimasta in quella stanza, nella stessa dove si trovava Harry Styles. Le sue ultime parole non mi avevano turbato in qualche modo, ma non mi sentivo per nulla sereno. Forse un po’ di svago faceva proprio al caso mio. Ogni sabato me la spassavo nei night club con qualche ragazza, tutte storie di una botta e via, nulla di cui preoccuparsi, non volevo essere vincolato da dei legami.
Fissai il pub e tutte le luci a neon che lo circondavano, alcune cubiste ballavano sul bancone del bar, molti uomini le ammiravano in tutta la loro sensualità, altri erano seduti su dei divani rossi in ecopelle, troppo occupati a ubriacarsi. Io sorseggiai il mio martini, ormai non bevevo altro, nemmeno acqua. Avevo sperperato i miei soldi in quel locale, tante volte avevo promesso a Lena, la mia migliore amica, che non ci avrei più messo piede, ma bastava una piccola debolezza, una frivola illusione, che ricadevo nello stesso errore e mi rifugiavo lì, dove potevo essere me stesso.
Una ragazza mora, alta e slanciata, dalle iridi scure e la chioma riccia, si avvicinò. Indossava una minigonna bianca e un top che scopriva l’ombelico, forse voleva mettere in mostra il piercing. Non riposi molta speranza in quello…
- Hope… - la salutai con un sorriso malizioso.
Si morse il labbro sensualmente. Lei era la mia bambolina, ci giocavo e lei me lo permetteva.
- Mi sei mancato, amore. – esitò. – Non perdiamo tempo. Hai i soldi?
- Ovvio. – affermai, cacciando il borsellino dalla tasca dei jeans.
- Bene, andiamo. – mi accarezzò i capelli, prima di baciarmi violentemente.
Quando mi baciava, provavo sempre una sensazione di benessere, non amore, ma almeno eccitazione, invece adesso non mi trasmetteva nulla, solo noia. Impassibile pensai che si trattasse di paranoia, stavo perdendo l’equilibrio mentale. Tutto mi dava l’impressione di vacillare da un bel po’, forse era quella la causa del mio disinteresse davanti a una ventenne focosa e vogliosa, scaturiva dallo stress.
Decisi di prendere una camera, avevo bisogno di sesso per distrarmi da quelle strane sensazioni. Quando entrammo, adagiai Hope sul letto, salii sopra di lei, poi lei rotolò sopra di me, voleva comandare il gioco. Mi sbottonò la camicia, baciandomi il petto nudo, poi toccò ai pantaloni e finalmente ai boxer. Iniziai a svestirla io, le strappai via l’abitino verde che indossava, poi l’intimo. Mi circondò i fianchi con le gambe, mi baciò la fronte, il naso, le labbra, il petto, il ventre, fino ad arrivare sempre più giù, al mio membro. Se lo mise in bocca, lo leccò violentemente con la lingua, fino a procurarmi una notevole erezione. Gemetti, ero estasiato, ma allo stesso tempo mi sentivo morire. Stavo per venire, la avvertii e si staccò da me.
L’avevo conosciuta in quel pub l’anno scorso, si era avvicinata a me con movimenti felini e da allora, non avevo smesso di frequentarla, sapeva fare bene il suo lavoro.
- Voglio di più. Ti desidero. – mi sussurrò all’orecchio.
Sussultai. Dopo quelle parole, entrai dentro di lei, le spinte si fecero sempre più forti e violente, anche lei raggiunse l’estasi, urlammo di dolore e di desiderio. Alla fine ci sdraiammo sul letto sfiniti. Un’ora passata davvero bene, solo che sentivo un vuoto nello stomaco, come se avessi tradito qualcuno. Mi era piaciuto, ma non riuscivo a non pensare a Harry Styles al posto di quella sgualdrina. Perché? No, forse ero solo confuso.
Eppure immaginavo lui sopra di me, lui che mi baciava, lui che mi sussurrava parole dolci… Lui e basta. Ormai pensavo febbrilmente.
Mi rivestii, anche Hope fece lo stesso, le diedi i soldi e me ne andai. Prima di lasciare la stanza, mi fermò.
- Cosa ti succede? – chiese. – Non sembri tu oggi, di solito la tua sosta qui dura qualche ora…
Non avevo voglia di parlare adesso, l’unica cosa da fare era girovagare da qualche parte, perdere tempo, riflettere e poi ritornare a casa, Lena mi stava aspettando, doveva essere in pensiero per me.
- Ho fretta. – sbuffai. – Non rompere, sono cose che non ti riguardano.
Si alzò dalla sua postazione di scatto, appoggiandosi le mani sui fianchi, indossava solo delle lingerie nere, abbastanza trasparenti.
- Hai fretta? Mi spieghi cosa succede? – esitò. – Hai incontrato un’altra. Sei stanco di me, vero?
Le sue supposizioni provocarono in me una risata amara, molto amara.
- Non rompere. – detto questo, uscii dalla camera senza darle il tempo di controbattere.
 
 
 
Non riuscivo a capire, perché non avevo dato il meglio di me? Forse era solo un periodo no, il giorno dopo avrei rimediato sicuramente. Stavo vagando con la mente, quando per strada sentii pronunciare il mio nome da una voce cristallina.
Il freddo mi logorava le ossa, avvolsi la sciarpa attorno al collo.
- Louis. – mi salutò, mentre mi voltavo.
Mi ritrovai davanti ad un ragazzo dai capelli biondi, le iridi azzurre e i lineamenti irlandesi. Niall! Il mio vecchio amico delle superiori! Ne avevamo passate così tante insieme, sembrava ieri che ci contendevamo la stessa ragazza, una certa Mariah Brown, la più bella della classe. Diciamo che le more mi avevano sempre attratto… Anche Harry era moro… Basta!
- Niall?! Amico, da quanto tempo! – esclamai entusiasta, abbracciandolo. Lui ricambiò e sorrise. Notai che non portava più l’apparecchio, avevo dei denti bianchi e luminosi, davvero perfetti. – Che mi racconti? Tutto bene?
- Certo, amico. Alla fine mi sono fidanzato con Mariah Brown, purtroppo ho scoperto che era un trans e che mi usava solo… - mugugnò. – A te come vanno le cose?
Un trans? Alla faccia tua!, pensai.
Ci riflettei su, non riuscivo a trovare un lavoro decente, gli studi non proseguivano al meglio ed ero confuso. Non procedeva per nulla bene la mia vita, ma non potevo preoccuparlo, mi aveva sempre visto come un modello da seguire, non volevo che sapesse che mi sentivo un perdente, un vero e proprio fallito. Abbassai lo sguardo, abbozzai un sorriso, odiavo mentire, mi definivo una persona sincera, ma a volte la verità fa male saperla e raccontarla.
- Tutto bene (per fortuna). – sentenziai. – Ti auguro tanto successo anche a te.
- Ricambio. Un giorno dovremmo organizzare una cenetta con tutti quelli del liceo rintracciabili. – propose. – Sai che è tornata una tua vecchia fiamma?
Vecchia fiamma? Io ero rimasto scapolo, cosa stava farfugliando? Mariah aveva attirato la mia attenzione al liceo, ma non mi ero mai fidanzato con nessuna per quello che mi ricordavo.
- Una mia vecchia fiamma? – chiesi allibito. – Niall ti senti bene? Di chi si tratta?
Ci pensò su, forse non sapeva se dirmelo o no. Gli diedi una pacca sulla spalla per incoraggiarlo, ma lui fissava qualcosa dietro di me, una figura. Avevo paura di voltarmi. Sembrava avesse appena visto un fantasma, che strano!
- Ecco, io dovevo incontrarmi con lei proprio in questo punto, è la cugina della mia ragazza… Vedi, è ritornata. – esitò. – Che imbarazzo. Tu la conosci molto bene.
Mi girai di scatto, mi ritrovai davanti ad una mora dai capelli mossi, gli occhi scuri, la carnagione olivastra, magra e altezza media. Non poteva essere…
- Ciao, Louis. – sogghignò con un sorriso beffardo. – Sono ritornata in città.
- Eleanor Calder?

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Capitolo 3
*** Il passato fa male. ***


Sono ritornata! Questo capitolo spiega la situazione tra Eleanor e Louis, da esso si può intuire l'omosessualità di quest'ultimo. Non ci sono scene yet, non temete! Buona lettura, continuo se supero le cinque recensioni c:




Eleanor Calder in città. Credevo di essermi liberato di quella canaglia, ma eccola là, proprio davanti a me, il solito sorriso beffardo sulle labbra. Prima abitava nella villa accanto a me, c'eravamo conosciuti per via del giro della droga, frequentavamo la stessa compagnia. La amavo, ma non mi ricordavo più di lei perché avevo tentato di togliermela dalla testa, anche se in una parte remota del mio cuore, il suo ricordo esisteva ancora.
Sì, mi facevo qualche tiro, ma anche se Eleanor mi aveva coinvolto e scaraventato in quel mondo, la vera droga per me era lei. Non riuscivo a smettere di vederla, ma ogni volta che uscivamo, dovevo pagarle la dose e mi lasciavo prendere la mano. Purtroppo un giorno può cambiare le cose. Il giorno del giudizio arrivò presto, portai un mio amico, Shane, a conoscere la mia ragazza nel vicolo dove accadevano quelle cose sconvenienti per la nostra reputazione. Provò anche lui a drogarsi, ma non finì bene. Ci furono delle… complicazioni e morì di overdose. Fu orribile assistere a quell’agonia, il suo corpo si distorceva sotto i miei occhi ed io non potevo fare niente, se non chiamare l’ambulanza. Prima di morire, aveva avvicinato la sua mano tremolante e mi aveva sussurrato – Amico… -, poi i suoi occhi si erano chiusi. Per sempre. Eleanor mi aveva trascinato via perché temeva per la sua incolumità, senza nemmeno darmi il tempo di salutarlo. Forse era troppo tardi.
Il funerale venne celebrato il giorno dopo, al cimitero di Doncaster.
Non lo rividi mai più.
Inizio flash back:
Oggi è il mio compleanno, vorrei festeggiarlo con il mio migliore amico, Shane, lui è più piccolo di me di un anno, ma ormai gli ho promesso di portarlo al vicolo, non posso tirarmi indietro. Gli farò conoscere la mia ragazza, ci tiene davvero, anche se negli ultimi periodi non mi riconosco più. Mi ha chiesto spesso se sono felice con lei, ma non lo so, davvero. Attimi di felicità preceduti da attimi di tristezza: ecco la mia vita.. Ho passato il Natale con Eleanor, anche se i miei genitori non vogliono che la frequenti perché è famosa per le sue scappatelle, non capiscono che noi siamo legati da qualcosa di inspiegabile, che mi fa male e bene allo stesso tempo. Sarò un masochista…
Finalmente la mia donna e il mio migliore amico s'incontreranno, sarà bellissimo, me lo sento, nonostante la fitta al cuore che provo adesso.
- Pronto? – gli chiedo mentre parcheggio il motorino, lui si aggrappa a me timoroso, poi annuisce.
Non lo sopporto quando fa il timido, perché aver paura? La droga ti uccide, non ti fa paura, puoi solo temere di essere trascinato nella sua rete. Lui sa che non l’ho portato lì solo per conoscere El, io voglio che diventi uomo, deve farsi una siringa se ha coraggio. Non reputo i codardi… miei amici. Forse perché lui è più di un amico.
- C-Certo – balbetta.
- Bene, il vicolo dista poco, ricordati che non voglio fare delle figuracce, ho una reputazione da mantenere. Mi rispettano... loro. – gli ordino.
Annuisce e ci dirigiamo verso il vicolo. Camminiamo per un bel po’, parlando del più e del meno, non so perché ma non riesco a smettere di guardare i suoi occhi verdi, m'ipnotizzano… Lo trovo bellissimo, per la prima volta penso che un ragazzo sia… attraente. Che mi sta succedendo? Non sono certo un frocio, ho una ragazza stupenda, quindi qual è il problema? No, sarà la droga che mi sta rincitrullendo.
Un’ondata di vento mi scompiglia i capelli, resto paralizzato davanti alla perfezione del suo viso simmetrico. Come mai adesso, proprio in quel momento, lo guardo in modo diverso? Il mio amico timido e in capace… ed io? No, impossibile.
- Che c’è? Perché mi guardi così? – chiede arrossendo.
Io mi volto dall’altro lato per nascondere il mio imbarazzo, ma anche lui nota il rossore sulle mie gote. Mi accarezza le guance con il pollice, ci scrutiamo per istanti che a me sembrano l’eternità, poi lo sbatto contro il muro e lo fisso di nuovo, lui ricambia e sorride. Alzo un angolo della bocca e ghigno, prima di posare le mie labbra sulle sue e unirle in un unico bacio. Insinuo la mia lingua nella sua bocca e lui m'imita, continuiamo a baciarci per cinque minuti, vorrei che continuasse all’infinito, ma rischio di perdere conoscenza per mancanza di ossigeno. Non provo sensi di colpa perché la mia ragazza mi sta aspettando ed io, stranamente (sarà l’adrenalina), la tradisco con il mio migliore amico, ma confusione. Mi stacco subito a quel pensiero. No, non posso essere… omosessuale o bisessuale.
- Scusa… non volevo, non so cosa mi è preso… - gli porgo le mie scuse grattandomi la nuca.
Lui sorride lievemente, poi sospira.
- Non importa, solo che aspettavo questo momento da due anni. – ammette arrossendo nuovamente. Lo fisso shockato. – Sì: mi piaci da due anni. O forse di più… Sai, quando ti rassegni e comprendi che la persona che ami non ricambierà mai il tuo amore, perdi il conto del tempo che ti struggi per lei.
Lui mi ama da quando ci conosciamo? Ed io non mi sono mai accorto di niente, nemmeno della sua omosessualità? Oh merda, che idiota, mi ha visto anche nudo, ci siamo fatti la doccia insieme quando lui aveva tredici anni ed io quattordici… In effetti, spesso mi guarda come se volesse saltarmi addosso, ma non avrei mai immaginato che mi amasse… Sono sconvolto non perché un ragazzo mi ama, ma perché io ricambio e di solito nessuno s'innamora di me. Io sono il cattivo.
- Perché non me l’hai mai detto? – domando abbozzando una smorfia.
- Temevo che non mi avresti accettato nemmeno tu, che avresti provato ribrezzo nei miei confronti. – spiega abbassando lo sguardo.
- Allora non mi conosci affatto, Shane. – mugugno arruffandogli il ciuffo biondo, prima di sospirare. – Dai, andiamo.
Gli do una pacca sulla spalla e poi la mano, avviandolo verso il vicolo. Gliela stringo tanto forte da fargli impallidire le nocche, poi l’abbraccio, ma dura troppo poco, perché siamo quasi arrivati, così gli circondo solo le spalle con l’altro braccio. Io gli voglio bene, ma è solo… un amico? Chissà… So soltanto che oggi è scattata una scintilla in me e che accadrà qualcosa d'irreparabile. Ho solo voglia di tornare con Shane a casa, di portarlo al sicuro, allontanarmi da quel mondo che non mi appartiene e abbracciarlo. Non gli permetterò di drogarsi, mi sono reso conto che ci tengo a lui e che se gli accadesse qualcosa, non me lo perdonerei mai. Abbiamo un rapporto diverso da tanto tempo.
M'inumidisco le labbra, poi gli stringo la mano per dargli forza. Lui è la mia forza.
Mi fermo di botto. Lo guardo serio.
- Sei sicuro di voler venire? Se non lo desideri, se ti farà soffrire vederci insieme, dimmelo e ce ne andremo. – esito sospendendo la frase per fare una pausa di suspense. – Io sceglierò sempre Eleanor.
Lui annuisce.
 
Un’ora dopo.
 
- Shane, sei abbastanza coraggioso? Sii uomo. – lo stuzzica Eleanor.
No, El… non farlo. Non portarmelo via, ti prego.
Il biondino annuisce con aria severa e seria.
- Sì che lo sono, dammi quella fottuta siringa. – pretende. La mia ragazza gliela passa, quel liquido all’interno così letale…
Non deve accadere, non posso lasciarglielo fare, non sa le conseguenze che comporterà quell’azione! Lo afferro per il polso.
- No. Shane, andiamo a casa. Ho cambiato idea. – sbotto austero. – Muoviti, andiamo che si fa tardi.
- No, desidero essere abbastanza coraggioso per la persona che amo. – spiega con una nota di tristezza.
Lo sta facendo per me? Non deve dimostrarmi nulla, sarà sempre la persona meravigliosa che conosco, una siringa non lo renderà migliore, ma aggraverà la situazione.
- Ho cambiato idea. Shane, tu sei fantastico, la persona per cui ti struggi, ti amerà comunque.
Lui scuote la testa e si dimena dalla mia presa, oppone resistenza e si stacca da me e afferra la siringa. Vorrei sottrargliela, prenderla e buttarla via, ma per il ritardo di un istante, s'inietta quella sostanza nelle vene e le sue pupille man mano si rimpiccioliscono.
Un minuto. Due. Tre. Cinque. Dieci. Venti. L’eternità.
Inizia a tremare tutto, urlare, delirare e scuotersi. Definirlo uno strazio è troppo poco, non riesco a vederlo soffrire così, sento il suo dolore, il mio amico sta male ed io ho le mani legate. Perché non l’ho fermato?
Chiamo l’ambulanza, forse sono ancora in tempo, poi mi guardo intorno: le sirene della polizia mi rimbombano nelle orecchie, poi ogni sibilo si fa ovattato, sento solo le sue urla e i suoi lamenti. Avvicina la mano tremante e debole verso di me, mi mormora qualcosa a bassa voce e altre parole incomprensibili e senza senso. Le lacrime mi rigano il volto.
- A-Amico… - dice flebilmente, prima di chiudere gli occhi ed esalare l’ultimo respiro. Saranno passati molti minuti, ma io non tengo conto del tempo, attorno a me solo il caos e ragazzini che travolgono altri correndo ovunque, senza meta.
Mi accascio a terra in ginocchio, davanti al suo corpo inerme, privo di vita, gli chiudo le palpebre e lo bacio per l’ultima volta. Basta, ho smesso con la droga. Lo abbraccio, non posso lasciarlo andare, lui è il mio migliore amico, non deve morire… Lui si sveglierà.
Eleanor si avvicina.
- Merda, Lou, stanno arrivando i piedipiatti, ritorna alla realtà! – esclama cercando di svegliarmi da quella trance, sventolando la mano davanti ai miei occhi vuoti e incolmabili.
- Non me ne frega un cazzo. – dico respingendola, con una voce metallica, poi mi alzo da solo e le do una spinta. – Per colpa tua, lurida puttana, lui è morto.
 
Mi guarda dall’alto in basso.
- Fottiti. Non l’ho drogato contro la sua volontà, il tuo amichetto sapeva a cosa andava in contro. – esita abbracciandomi forte, ho bisogno di un po’ affetto, quindi non riesco a sottrarmi dalla sua presa. In lacrime respiro profondamente per mantenere la calma. – No, shh. Non dire niente, io ti amo, non farmi questo.
Si stacca da me e mi guarda dritto negli occhi.
- Andiamo e non parliamo a nessuno di questa storia, sarà il nostro piccolo segreto, non devono sapere che abbiamo fornito a un minorenne della droga e che dei ragazzini gestiscono la baracca. Finiremo nei guai. – mi avvisa prima che la polizia circondi il vicolo. – Andiamo, adesso.
Annuisco e prima di scappare mano nella mano, ripongo lo sguardo per l’ultima volta sul mio amico. Addio, Shane. Ti vorrò sempre bene.
E tra il caos totale, i poliziotti, le sirene, le urla, i rifuggi, le corse e i respiri affannati, io sono l’unico che resta in silenzio, travolto dai ricordi, da quel sorriso meraviglioso.
Se davvero esiste un paradiso e qualcos’altro dopo la morte, già so che non lo rivedrò, perché i tipi come me possono andare solo da una parte: all’inferno.
 
Fine flashback.
 
Eleanor dopo quella vicenda, si era trasferita in un’altra città, dal padre, i piedipiatti erano sulle sue tracce perché aveva dei precedenti in riformatorio, così, dopo la rottura del fidanzamento, avevo abbandonato il mondo della droga, fingendo che quella storia non fosse mai accaduta.
Che non avessi mai avuto una ragazza di nome Eleanor e un migliore amico che si chiamava Shane. Io sapevo che prima o poi i ricordi ritornano dagli abissi dove li hai soffocati e t'investono, ma mi convincevo che quella consapevolezza corrispondesse al falso.
Dovevo andare a Doncaster e comprare un mazzo di fiori.
Avevo bisogno di un momento per pensare, di una persona inafferrabile. Shane.
 Il mio Shane. Quello che mi avevano portato via.

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Capitolo 4
*** Famiglia ***


Scusate popolo di lettori/lettrici! Non ho potuto aggiornare perché il pc si era gustato e gli altri due se l'è portati mio padre a lavoro, ma adesso eccomi qui a presentarvi questo nuovo capitolo, sarà abbastanza puccioso, ma non troppo, eheh. Mi aspetto almeno sette recensioni, non deludetemi c: A sette inizio il prossimo capitolo, promesso.




Doncaster. Ore 16:14.


Avevo bisogno di tempo per assimilare tutto ciò che era appena accaduto: l’incontro con una star del cinema, Niall e l’arrivo di Eleanor. Quest’ultima aveva riaperto ferite che credevo si fossero rimarginate, ma a volte, le piaghe non guariscono, restano le cicatrici e se vai a colpire quella zona sensibile, si aggrava sempre di più e non riesci a placare il dolore che ti trafigge.
Ormai non potevo metterci una pietra sopra, dovevo affrontarla e fingere ancora, il passato non si cancella, ma il futuro si sceglie ed io avevo percorso un tragitto migliore dei precedenti. Sperai invano che anche la mora avesse cambiato le sue abitudini ma certe serpi si abbigliano di belle vesti e conservano il veleno.
Adesso mi trovavo davanti alla tomba di Shane, la foto del defunto era circondata da fiori, infatti, molte persone gli volevano bene, ma il mio affetto era diverso. Mi mancava troppo, per questo quella sera non ero tornato a casa, avevo preso il primo treno per Doncaster ed eccomi lì, con le lacrime che mi rigavano il viso e il bisogno di trattenere quel calore che mi ardeva dentro. Vendetta. Rabbia. Paura.
Ormai nessuno poteva ridarmi indietro il mio amico, ma non dovevano nemmeno infangare il suo nome, dopo quella vicenda, mi chiudevo sempre in casa e studiavo tutto il giorno, la luce del sole solo un ricordo, perché mi avevano privato dei suoi occhi e quelle gemme chiare equivalevano alla stella più splendente. Avevo trattenuto le mie emozioni per tutti questi anni, adesso stavo per esplodere.
Riposi un mazzo di tulipani (i suoi preferiti) sull’erba accanto alla stele, immerso nei miei pensieri, stavo per lasciare il cimitero, ma qualcosa mi bloccò. Qualche lapide più accanto, Harry Styles osservava un punto fisso all’orizzonte. Cosa ci faceva qui? Lui non era originario di Doncaster, non frequentava nessuno di Doncaster. Lui. Non. Doveva. Trovarsi. A. Doncaster. Volevo restare solo, ma nessuno mi concedeva una giornata in santa pace. Ormai mi aveva intravisto e, infatti, si stava avvicinando, sfoggiando un sorriso a trentadue denti. Il cuore iniziò a battere forte, il sangue pulsava nelle vene e mi girava la testa, non mangiavo da due giorni e lo stomaco brontolava, ma ormai i sintomi della fame stavano scomparendo, lasciando posto alla debolezza.
-Buongiorno, Signor Styles. – lo salutai quieto, arrossendo di botto.
Mi scrutò attentamente con i suoi occhi verdi, sembrava incuriosito.
-Chiamami Harry e dammi del tu. – mi ordinò dolcemente. – Non hai una bella cera… sicuro di stare bene?
Indietreggiai e abbozzai un sorriso finto. Non volevo che si preoccupasse per me, io stavo bene, ma nemmeno lui sprizzava felicità da tutti i pori, forse anche lui era andato a trovare una sua conoscenza in quel posto. Non credevo che uno come il signor Sty… Harry, fosse così sensibile, ma in realtà non conoscevo proprio nulla di lui.
Me la cavo. – esitai. – Non per essere indiscreto, ma come mai ti trovi qui?
Abbassò lo sguardo e sorrise malinconicamente, poi s’infilò le mani in tasca e iniziò a camminare verso l’uscita, lo seguii.
- Diciamo che conoscevo una persona molto importante per me a Doncaster… e adesso il suo ricordo vive in questa città e a volte le faccio visita, perché mi manca. – mormorò impassibile, nascondendo le sue emozioni. Rise nervosamente. – Non credevo che ti avrei incontrato in questo posto tanto lugubre. Anzi, non credevo che ti avrei rincontrato, ma un po’ ci speravo. Tu, Louis, mi ricordi tanto quella persona che ho perso.
Non sapevo che dire, le parole mi si spezzarono in gola, mentre un nodo me la serrava. Harry doveva essere una persona da un passato molto tormentato, su Wikipedia la biografia non accennava alla sua infanzia, nemmeno all’adolescenza, trattava solo di argomenti come il raggiungimento del successo e informava il lettore della data e del luogo di nascita. Sì, m’interessava la sua vita e per questo l’avevo cercato su Wikipedia… Nascondeva innumerevoli segreti, di questo ero certo, ma non lo conoscevo abbastanza da porgli domande troppo intime, ma anche se avessi instaurato un rapporto con lui, non avrei mai avuto il coraggio di chiedergli del suo passato, perché io ero il primo che voleva tenere all’oscuro il suo.
- Scommetto che ti trovi in un cimitero per lo stesso motivo. – aggiunse dopo attimi di silenzio, forse per rompere il ghiaccio.
- Probabile. – gli feci l’occhiolino, che debolezza… Mi fermai e  piegai la schiena in avanti, appoggiando i palmi delle mani sulle ginocchia. Tossii, sentii la mano calda di Harry scivolare lungo la mia schiena.
- Stai bene? – chiese, sembrava preoccupato.
Mi raddrizzai su e mi calmai.
- Sì, credo. Non temere, sono solo un po’… stanco. – mentii.
Detto questo, la vista si fece offuscata, i suoni ovattati e tutto si oscurò, perfino il volto di Harry sbiadì man mano. Dopo pochi istanti, svenni.



Quando ripresi conoscenza, mi svegliai di colpo, sentivo sotto di me un tessuto molto costoso e leggero, coperte di seta probabilmente. La vista ritornò e iniziai a distinguere le figure che mi circondavano, mobili sfarzosi e di buon gusto. Lo scoppiettio del fuoco proveniva da un caminetto di marmo, pieno di ornamenti e orpelli d’oro. La camera accogliente si distingueva per le stelle disegnate su ogni parete e sul soffitto, dove era situata la luna, sembrava una galassia, molto lussuosi anche i mobili e i tappeti indiani. Dove mi trovavo? Ricordavo soltanto che ero svenuto davanti ad Harry al cimitero, poi il buio totale.
- C’è qualcuno? – domandai, la camera era abbastanza buia, solo il fuoco del camino l’illuminava.
Dall’ombra uscì Harry, le braccia incrociate, si sedette accanto a me.
- Non ti svegliavi, così ti ho portato a casa mia, quella di Doncaster. – mi spiegò tutto d’un fiato.
Quando acquistai tutta la mia lucidità e sobrietà, incominciai a parlare.
- Non ho mangiato molto in questi giorni, mi scuso se ti ho causato tanti problemi e ti ringrazio. – dissi riconoscente.
Nemmeno ci conoscevamo e mi aveva aiutato come un amico, intravidi della rabbia nei suoi occhi.
- Mi hai fatto preoccupare stupido! – esclamò furibondo, i pugni talmente stretti da far impallidire le nocche.
- S-Scusa se ti ho deluso, ma non capisco perché sei così… cioè… sono uno sconosciuto.
La sua espressione si addolcì subito.
- Te l'ho detto: tu mi ricordi quella persona e non voglio perdere anche te. – sbottò. – Adesso vestiti, nell’armadio troverai una cambiata pulita, non ho avuto il tempo materiale di comprarti qualche indumento, sono miei quei vestiti ma prendi ciò che vuoi, fa come se fossi a casa tua, fatti una doccia e poi scendi in sala da pranzo, Alfred, il mio maggiordomo, ti mostrerà come arrivarci e mangerai.
Annuii e uscì dalla camera, lasciandomi solo. Sospirai sollevato, mi ci voleva proprio una bella dormita. Io… nel letto di Harry Styles… da non crederci! Fantasticai per svariati minuti, poi mi feci una doccia e mi vestii, scelsi una t-shirt e un paio di jeans, trovai anche delle hogan della mia stessa misura. In seguito, scesi la rampa di scale che portava a un enorme salone e Alfred, un uomo anziano, alto, magro, dai capelli grigi, le iridi azzurre e il viso solcato dalle rughe, mi accolse inchinandosi.
- Buongiorno, il signorino Harry l’aspetta in sala da pranzo per la colazione. – annunciò. – Seguitemi... prego.
Ubbidii, mi piaceva quel vecchietto, era molto dolce, regale e l’accento inglese pronunciato lo faceva sembrare un Lord. Davvero elegante, proprio come Harry, peccato che si trattasse di una porno… star, non di un principe.
Arrivati in una sala immensa, mi leccai i baffi quando scorsi una tavola lunghissima, imbandita e stracolma di delizie da mangiare.
Harry a capotavola mi sorrise ed io mi sedetti vicino a lui, in un certo senso degnava solo me di tante attenzioni e ne ero onorato.
- Oddio… è meraviglioso! – esclamai affamato, addentando un cornetto alla crema di carote, non badando all’etichetta.
Il riccio sorrise divertito.
Bevvi una tazza di caffè e poi mangiai i puncake, mentre Harry con grazia sorseggiava solo del tè. Mi vergognai di aver mangiato tanto, però non potevo trattenere quella fame turbolenta.
Un delizioso profumo di biscotti impregnava l’aria, purtroppo durante la colazione nessuno di noi osò parlare, Alfred aspettava in piedi, pronto per eseguire qualunque ordine.
Dopo la colazione, ci accomodammo in soggiorno per discutere, non avevo ancora chiesto quando sarei potuto tornare a casa, uno perché non sapevo dove andare, due perché in sua compagnia stavo terribilmente bene e al sicuro.
- Questa villa è stupefacente, un po’ come te, harry. – mi complimentai.
Arrossì modesto.
- E perché mai? Non ho nulla di speciale.
Scossi la testa.
- Hai portato a casa tua uno sconosciuto, sei corso in mio soccorso, mi hai aiutato e senza pretendere nulla in cambio. – esitai. – Sei diverso, tu hai un dono, Harry. Prendi la vita come viene.
Le parole mi uscirono spontaneamente, mi fissò negli occhi, lo sguardo talmente intenso da raggelarti il cuore.
- Louis, incontrarti è stata la cosa più bella che mi sia capitata in questi ultimi mesi. – ammise. – Mi serve un amico con il passato tormentato come il mio.
Non riuscii nemmeno a rispondergli, perché qualcuno bussò alla porta, Alfred spuntò dal nulla e andò ad aprire. Entrò una ragazza nel salone e si guardò intorno, poi raggiunse noi due e sorrise, alzando un sopracciglio.
- Ciao, cugino. – salutò probabilmente Harry. - A quanto vedo sei in buona compagnia.
Quella ragazza, la cugina di Harry, era Eleanor.

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Capitolo 5
*** Chiamate inaspettate ***


Buonasera, cari lettori! Scusate il ritardo, ma sono andata in vacanza, poi è iniziata la scuola e chi frequenta il liceo classico europeo sa quanto assegnano! Comunque ecco il capitolo, adoro i colpi di scena legati a El, ne attendo uno davvero interessante, ma non vi anticipo nulla... Beh, buona lettura e sì, Harry dovrà vedersela brutta! Continuo subito a dieci recensioni!



- Eleanor, possibile che tu piombi in casa mia senza avvisare? – la rimproverò il riccio.
Lei si chiuse nelle spalle e sorrise innocentemente. Ogni volta che i nostri sguardi s’incontravano, mi affioravano alla mente vecchi ricordi. Avevo tentato di ricominciare da capo invano, ma adesso non potevo nascondere tutto e metterci una pietra sopra. Immaginai cosa avrebbe pensato Harry se avesse saputo la storia che mi legava alla cugina, forse già gli aveva raccontato tutto e provava solo pietà per me…
Impossibile. El non voleva raccontare del suo passato, qualcuno poteva incastrarla e mandarla in prigione, quindi badava a tenere ben nascosto ogni suo segreto che coinvolgeva quella vicenda e non.
- Io devo andare, grazie di tutto. – aggiunsi brusco e di fretta.
Harry si alzò e mi fermò con un gesto.
Alfred ti accompagnerà dov’è parcheggiato un elicottero che ti porterà alla stazione ferroviaria più vicina, non preoccuparti per il denaro, finanzio tutto io. Non gliel’avrei permesso, ero troppo umile e orgoglioso.
- Quando è successo… quell’incidente, avevo con me la mia tracolla con il borsellino, non l’ho persa quindi posso pagare il biglietto da solo e trovo esagerato utilizzare un elicottero, basta un’auto.
Dallo sguardo che mi scambiò la star, dedussi che non aveva assolutamente intenzione di darmela vinta. Sbuffai e mi arresi per la prima volta. Lui era il padrone di casa e se avessi rifiutato, sarebbe stato scortese da parte mia.
- Eleanor, lasciaci soli. – le ordinò e lei obbedì stranamente.
- Non metterlo incinta, Harold caro. - ghignò. Lui ignorò le sue provocazioni.
Lo rispettava ed eseguiva i suoi ordini, da questo intuii che lo stesse usando per arrivare a qualcosa… o a qualcuno. Ormai la conoscevo fin troppo bene e non ci cascavo più, dovevo avvertirlo che non bisognava fidarsi. Risi dentro di me, era una sua parente ed io uno sconosciuto, non mi avrebbe mai creduto.
Quando la ragazza uscì dall’immenso soggiorno e si ritirò nelle sue camere, passando da un battente di legno, Harry mi guardò dritto negli occhi serio. Rabbrividii, mi scrutava con quelle due gemme verdi e mi provocava gemiti di piacere… non riuscivo a capire. Avevo baciato Shane perché ero un adolescente confuso e in cerca di nuove esperienze, ma adesso ero adulto, quindi non potevo ricadere nello stesso errore, io amavo le donne, non gli uomini.
- Louis. – mi sussurrò.
- Harry…
Mi poggiò un dito sulla bocca per zittirmi.
- No, non dire nulla e ascoltami. – mormorò a bassa voce, io annuii. – Se mi guardi, cosa vorresti fare? , pensai sorpreso di quello che avevo appena farfugliato nella mia testa. Abbassai lo sguardo rosso in volto.
- Assolutamente niente. – risposi poco sicuro più a me stesso che a lui.
- Capisco… - il suo sguardò s’incupì.
Non capivo… perché mi aveva posto quella domanda? Forse non avrei mai compreso Harry Styles, ragionava in un modo diverso dagli altri, era perfetto, dai lineamenti delicati, intelligente, furbo e sensuale. Quando mi scrutava con le sue iridi verdi, mi sentivo come una liceale e la sua prima cotta. Per me rappresentava un mistero e forse era meglio così, sarebbe stato più divertente conoscerlo approfonditamente. In quel momento pendevo dalle sue labbra mentre ammiravo il viso simmetrico e armonioso del moro, la fronte leggermente imperlata di sudore. Ero talmente attento a ogni minimo dettaglio, che avevo notato una vena sul collo e sentivo il suo battito cardiaco accellerare. No, aspetta: era il mio.
- Temevo che ti stessi innamorando di me, Louis. – esitò serio. – Non devi, commetteresti un grave errore.
- Ora è meglio che vada, grazie per l’accoglienza. – lo lapidai.
- Mi devi ancora una cena. Vorrei starti lontano, ma non ci riesco. – ammise imbarazzato.
Non dirlo a me…
 
 
 
Quando tornai a Londra, erano circa le quattro del pomeriggio, alla fine Alfred mi aveva accompagnato con la sua auto d’epoca, una spider, fino alla stazione ferroviaria più vicina. Inutile aver insistito per comprare il biglietto… Probabilmente Harry lo pagava molto bene, perché pochi maggiordomi possono permettersi una spider così lussuosa. Elaborai varie ipotesi: o apparteneva all’uomo da anni (improbabile, notando le perfette condizioni dell’auto), o alla star per cui lavorava, o il suo stipendio equivaleva a quello di un chirurgo. Appena arrivato a casa, mi ero addormentato sul divano. Immerso nei sogni, non avevo nemmeno sentito la mia coinquilina bussare, fu costretta a ripetere quell’azione più di tre volte per riportarmi alla realtà. Mi alzai dal divano, i capelli scompigliati e l’espressione ancora assonnata, andai ad aprire e una busta mi piombò dritto in faccia.
La afferrai e la analizzai: un sacchetto con scritto Prada.
- Maledetta me che non mi sono portata le chiavi appresso, poi è da due giorni che non torni a casa, ho provato a contattarti e non rispondi. – disse tutto d’un fiato. – Ah, quel pacchetto è per te, idiota.
- Buon pomeriggio anche a te.
Lo aprii curioso e ne uscì fuori una bellissima sciarpa arancione griffata, il tessuto che sentivo scivolarmi tra le mani era svolazzante, leggero… seta!
Abbracciai la ragazza, mi ero totalmente dimenticata che oggi era un giorno speciale…
- Buon anniversario di università, Louis. – ricambiò l’abbraccio. – Stavo tornando a casa a piedi, indecisa su cosa regalarti, do un’occhiata a una vetrina e vedo questa sciarpa arancione che subito mi ricorda te!
- L’apprezzo davvero, grazie. In questi giorni non mi sono fatto sentire perché sono accadute tante cose, manco all’università da giorni ed Eleanor è ritornata in città.
Balbettò qualcosa d’incomprensibile, sconvolta, gli occhi serrati. Le avevo raccontato di lei tempo fa, anche se pochi conoscevano la mia storia, sapevo che potevo fidarmi. Continuai a parlarle di tutto ciò che era accaduto in quell’ultimo periodo, tralasciando le parti che coinvolgessero Harry, se non dell’intervista. Dopo un’oretta passata a mangiare popcorn, spettegolare come due oche bionde e tinte, guardare film sdolcinati sul divano e scherzare, passarono le sette. Lena aveva un appuntamento importante con il suo datore di lavoro per discutere dei nuovi scoop. Sì, i nuovi scoop… Ormai la loro storia perdurava da due anni.
   Quando uscì, mi feci una doccia e mi preparai, volevo chiamare qualche mio amico dell’università e passare delle ore spensierate insieme, avevo bisogno di svago, restare solo, segregato in casa, serviva solo a riportare alla luce vecchi ricordi.
Optai per un paio di jeans, una t-shirt colorata, una giacca pesante e indossai anche la sciarpa che mi aveva appena regalato Lena. Ammirai il mio riflesso allo specchio: perfetto. Stavo benissimo e il foulard mi donava un’aria d’artista.
Stavo per uscire, quando il mio telefono squillò. Forse Lena aveva dimenticato qualcosa a casa e adesso pretendeva che gliela riportassi, ma rimasi sorpreso nel vedere lo sconosciuto sulla schermata del mio iphone. Di solito non rispondevo, ma volevo divertirmi un po’, forse si trattava di qualche burlone che voleva scherzare ed ero curioso di scoprirne l’identità. Trascinai il dito sul display e risposi.
- Pronto? Chi parla? – chiesi.
Non rispose nessuno, poi sentii sospirare.
- Louis, sono Eleanor. – mormorò una voce femminile.
Ero confuso, quasi feci cadere a terra il telefono, perché quella vipera mi aveva chiamato?
- Cosa cazzo vuoi? – sbuffai.
- Ti sto chiamando da un telefono pubblico. – mi avvisò.
Perché mi torturava e non mi lasciava in pace? Adesso cosa voleva da me?
- Incontriamoci a King’s Road, al solito bar. – continuò. – Ho combinato dei casini, Lou. Harry è in grave condizioni. Ha avuto un incidente stradale.
Silenzio totale. Buio. Stato di confusione. Paura. Rabbia. Vendetta. Ricordi.          
Fanculo Eleanor, il mondo e l’uscita con gli amici. Dovevo raggiungerlo e controllare come stava Harry, il mio Harry…
 

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Capitolo 6
*** Lame avvelenate ***


Scusate il ritardo, ma la scuola mi ha tenuto occupata per molto tempo e in questo periodo non riesco a ritagliare il tempo libero necessario per dedicarmi alla scrittura, al prossimo capitolo, fatemi sapere se vi è piaciuto ;)!




Camminavo per le strade di Londra senza mai voltarmi, le voci sembravano dei flebili sibili, la vista si fece offuscata, il mio unico pensiero era accertarmi delle condizioni cagionevoli di Harry. Non mi sarei mai perdonato che si fosse ferito coinvolto in un incidente stradale, lui mi aveva salvato a Doncaster e adesso toccava a me. A chi volevo darla a bere? Io mi preoccupavo per lui non per una questione in sospeso o un favore, mi spingeva la testa ad agire così e io seguivo il mio istinto.
Arrivai al bar dove era fissato l’appuntamento, Eleanor sedeva a un tavolino del locale, vestita completamente di nero: giacca di pelle, un paio di jeans scuri e t-shirt del medesimo colore. Strano vederla così… Appena mi vide si allarmò e mi venne in contro, io nemmeno la salutai. Abbozzai una smorfia infastidita, dopo il suo incontro erano accaduti tanti avvenimenti spiacevoli, portava sempre guai agli altri e a se stessa…
Non capivo, Harry stava male, ma lei cosa c’entrava? Un silenzio agghiacciante fece arrossire le mie gote, sembrò durare ore, ma poi io affrontai la paura di non voler scoprire cos’era successo ad Harry e iniziai a parlare.
- Parla. – le ordinai a denti stretti, stringendo i pugni e facendo impallidire le nocche.
Lei annaspò, non aveva una bella cera, stava male anche lei di salute, ma non capivo. In quel momento mi sentivo totalmente idiota, maledizione. Abbassò lo sguardo e io la presi per le spalle e barcollò.
- Dimmi cos’è successo! – urlai.
Perché mi preoccupavo tanto per uno che a stento conoscevo? Forse perché Harry mi aveva salvato e mi aveva rivelato tanti suoi segreti, senza che la nube che avvolgeva la sua figura nel mistero sbiadisse. Si era comportato da amico e io volevo aiutarlo e ricambiare, non riuscivo a spiegarlo ma la mia priorità adesso era raggiungerlo e accertarmi che stesse bene.
- Un incidente stradale… stava attraversando e un auto ad alta velocità l’ha investito. Prima di perdere i sensi ha bisbigliato “Louis”, io mi trovavo con lui, mi ha salvato e si è sacrificato al posto mio. – mi raccontò triste e per una volta le credetti. Sembrava malinconica davvero, i sentimenti non la tradivano mai, ma questa volta era diverso, tutta la città appariva ai miei occhi buia, spenta… Harry era una luce, la luce più bella e il suo candore mi faceva sciogliere il cuore. – Harry è in coma, Louis.
- Portami. Da. Lui.
 
 
 
Il profumo di farmaci mi pizzicava le narici, quell’odore mi ricordava il manicomio in cui avevano internato mia nonna prima di morire… “Nonna si trova in un luogo dove si prendono cura di lei.”, dicevano, io ero soltanto un bambino ma una voce mi spingeva a non credere alle loro parole. Non riuscivo a fidarmi delle persone, ecco il mio difetto e il mio pregio, un’arma a doppio taglio, un po’ come l’amore che ha lati positivi e negativi, due volti… Un dottore mi aveva guidato dritto nel reparto dove avevano ricoverato Harry, Eleanor se l’era svignata, a parte lei non sembrava avere altri legami di parentela a Londra, la famiglia abitava lontano, i genitori non tolleravano la sua professione e vivevano in America, quindi sarebbero arrivati il giorno dopo.
Quando entrai in quella maledetta clinica, la tristezza s’impadronì della mia mente, Harry era disteso su un lettino d’ospedale, le flebo per nutrirlo, un ambiguo macchinario per tenerlo in vita e un respiratore… Non riuscivo a vederlo in quello stato, dovevo parlare con un medico, menomale ne conoscevo molti in quel reparto e per questo mi avevano permesso di fargli visita.
Un uomo dal volto familiare entrò e io mi avvicinai, trattenendo le lacrime. Se avessi incontrato quel bastardo che l’aveva investito…
- Lei è un parente del signor Styles? – chiese. – La prego di non avvertire ancora nessuno dell’incidente, trattandosi di una star, la stampa potrebbe intromettersi e squilibrare l’ordine dell’ospedale. Massima discrezione.
Scossi la testa.
- No, un amico… Dottore, è grave? Si riprenderà? – sembrava più una supplica che una domanda. Avevo avuto paura di porglierla, ma il problema non era la domanda, ma la risposta.
Abbozzò una smorfia e diede un’occhiata al paziente, il macchinario che controllava il battito cardiaco – sempre più flebile – produceva un sibilo fastidioso.
No, non volevo perdere anche lui come era successo con Shane, perché la vita m’infliggeva tutti quei castighi?
- E chi può dirlo?! Purtroppo ha perso conoscenza e si trova in uno stato di coma irreversibile e ha subito un trauma cerebrale molto violento. Lo vuole un consiglio? – esitò amareggiato. – Preghi e gli dia l'ultimo saluto.
Quando lasciò la stanza, io mi avvicinai tremolante al riccio e mi sedetti accanto a lui, prendendolo per mano, una lacrima mi rigò le gote. Perché stavo piangendo per una persona che conoscevo da pochi giorni? Sì, poteva dispiacermi, ma rivivere di nuovo il passato, temere di perdere qualcuno e non rivederlo mai più come con Shane… mi faceva male. Avevo riposto tutto il dolore provato in un cassetto, adesso come con il vaso di Pandora tutti quei sentimenti repressi e accumulati nella mia anima, erano usciti fuori e mi stavano trafiggendo.
Gli accarezzai le dita e sorrisi malinconicamente, pensando alla prima volta che l’avevo incontrato, a Shane, al suono delle sirene della polizia, ai frastuoni della gente che scappava e correva per non essere arrestata… Sapevo che dimenticare non era la via giusta, ma la più semplice, la meno dolorosa, eppure non avevo mai preso in considerazione l’idea di affrontare il mio passato.
- Ehi, Harry, ma cosa mi combini? – risi nervosamente, le lacrime agli occhi. – Dai svegliati, non dormire, devi… continuare a sorridere come mi sorridevi sempre, con le tue fossette e i tuoi occhi luminosi e allegri, non smettere, ti prego… Sai, tanto tempo fa, avevo un amico, lui mi ha lasciato, non puoi andartene anche tu, perché sennò non avrebbe davvero senso tutto questo…
Continuai a raccontargli ogni cosa che mi frullava in testa e sembrava ascoltarmi, forse perché in fondo io ci speravo davvero che si sarebbe svegliato un giorno. Io gli volevo bene e capii che nonostante fosse un uomo famoso, circondato da belle donne e tanti amici, l’unico che si trovava in quella stanza d’ospedale ero io, un ragazzo qualsiasi. La sua vita sembrava così bella, aveva raggiunto la fama, il successo, era una brava persona e tutti lo stimavano, nonostante svolgesse un lavoro poco casto, eppure nessuno si trovava lì a piangere sul suo corpo incosciente, nessuno a parte me. E io chi ero per lui? Non riuscivo, non volevo rispondermi, perché la mia coscienza mi avrebbe bisbigliato “Per lui non esisti, ti ha solo usato, sai quanti amici ha Harry Styles? Provava solo pena nei tuoi confronti, non t’illudere e lui non si sveglierà mai più, tu vivrai con i sensi di colpa e il rimorso di non avergli dimostrato la tua gratitudine.”. Quelle parole mi trafissero il cuore come una freccia avvelenata, faceva male e io non volevo accettare quella realtà, preferivo rifugiarmi nei suoi, come sempre. No. Basta, bisognava affrontare i problemi, non sarei scappato di nuovo, cambiando città e vita, Harry era troppo importante per far parte del passato.
- Io non perderò anche te. – gli strinsi la mano e mi appoggiai sul suo petto. – No, non succederà.

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Capitolo 7
*** Avviso importante! ***


Vorrei sapere a chi interessa davvero il continuo di questa storia, perché ho notato che man mano sto ricevendo sempre meno recensioni. Se ci tenete scrivetemelo in una recensione e deciderò se continuarla o no c:.

Un bacio da Nindia.

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Capitolo 8
*** Buon compleanno, amico. ***


In questo breve capitolo, mi sono voluta soffermare sulle emozioni che ha provato Louis. La perdita di un amico si sta ripetendo e non sa se riuscirà a superarlo di nuovo. Anche la sua considerazione di Eleanor muta col tempo, ma non vuole ricadere nella stessa trappola. Un vecchio amico si ripresenta e lo supporta, aiutandolo ad affrontare il suo alter ego. Dalle recensioni deciderò se continuarla. Scusate il ritardo ma avevo mancanza di tempo/ispirazione.                                                                                                             
                                                                                                          Flashback

 
Sono felice. È il mio quindicesimo compleanno! Almeno oggi tutti mi rivolgeranno le loro attenzioni, nessuno si dimenticherà di me. Sto aspettando il mio migliore amico, Shane, mi ha confessato di avermi fatto un regalo speciale, proprio come me. Certo, io non mi reputo ‘speciale’, sono un semplice ragazzo complessato che è entrato nel giro della droga per colpa di Eleanor, ma io e lei ci amiamo. Quando sto con la mia fidanzata, mi sento a disagio, forse perché ne sono innamorato, mentre con il mio migliore amico riesco a essere me stesso. Pochi conoscono il vero Louis, tutti credono il contrario ma solo Shane sa che io mi nascondo dietro una maschera. Non lo controllo. La mia doppia personalità vive nella mia testa, perennemente. A volte si rivela e commetto degli sbagli, in altri casi li risolve. Oggi è il mio compleanno, quindi non devo pensare a queste cose! Sorrido lievemente, controllando l’orario. Sono le nove di sera, la festa già è iniziata. Alcuni ragazzi che saluto a stento stanno chiacchierando, mentre bevono un drink alcolico. La musica mi riecheggia nelle orecchie, mandandomi in uno stato di confusione. Molti si sono sicuramente imbucati, non riconosco i loro volti. Certo, molti invitati non li frequento e non rivolgo loro la parola, ma alcuni davvero non li ho mai visti in vita mia. Eleanor si è occupata degli inviti, forse sono amici suoi. Non voglio casini, so che i conoscenti della mia ragazza sono sballati e portano pasticche pesanti alle feste. Non m’importa che si sballano per strada, ma in casa mia non devono azzardarsi. Okay, basta. Non agitarti, Louis. Calmati, i tuoi non troveranno niente fuori posto quando torneranno dal loro viaggio di lavoro. Mi hanno affidato a una babysitter, ma alla signora Nickalson basta darle un po’ di alcol per toglierla di mezzo. Sento bussare, quindi vado ad aprire la porta. Incontro i suoi occhi chiari e mi sciolgo: il mio migliore amico. Credevo che non sarebbe venuto, all’inizio, ma posso sempre contare su di lui. Lo abbraccio e lui sembra sorpreso, poi sorride. In mano tiene un pacco di dimensioni medie color ciliegia, con un grande fiocco bianco. Sono curioso di sapere cosa mi ha regalato, anche se non doveva davvero, basta la sua presenza per rendermi felice. Io provo molto affetto nei suoi confronti, non so spiegarlo.
«Auguri, amico.», mormora facendomi l’occhiolino. «Ecco il tuo regalo speciale.»
Me lo da e per un attimo le nostre mani si sfiorano. Sento del tepore che mi avvolge. Di solito non sono molto gentile con Shane, devo recitare la parte dello spaccone con tutti per essere popolare. Eleanor mi vuole così, non posso perderla. Resto paralizzato, senza parole. Non so davvero che dire, per il suo regalo è speciale perché è suo, non importa cosa contenga quella confezione rossa.
«Avanti! Cosa aspetti?», m’intima a sballarlo.
Annuisco e obbedisco. Gli tolgo il fiocco, lo scarto e lo apro. Quando vedo cosa mi ha regalato, trattengo il fiato. Non è il mio compleanno, non ci troviamo a casa mia, non esistono tutti questi estranei davanti a me. Adesso ci siamo solo Shane ed io... Nessun altro. Una volta siamo usciti e ho notato, in una vetrina, un cd dei Green Day. Allora siamo tornati a casa e abbiamo ballato accompagnati dalle note di tutte le loro canzoni migliori. E adesso, Shane, mi ha regalato quel cd e due biglietti per il concerto dei Green Day. Lo abbraccio teneramente, commosso. Non me lo aspettavo! Davvero.
«Potresti andarci con Eleanor.», dice abbassando lo sguardo.
«Lei non capisce un cazzo di musica.», scherzo, anche se è vero. «Voglio andarci con te.»
Il concerto lo terranno a inizio gennaio, mancano pochi giorni. Sono troppo felice, lui riesce sempre a farmi sorridere. Quando sto con Shane dimentico tutti i miei problemi, la droga, il mio alter ego. Lui conosce il vero Louis, mentre io non l’ho mai incontrato.
«Adesso scappiamo da questo inferno, Shane. Andiamo in camera mia.», gli sussurro all’orecchio.
Lui si guarda intorno, sorpreso di quante persone ho invitato. Mi scruta con i suoi occhi chiari e mi sorride ancora, mostrando una dentatura bianca e perfetta.
«In camera tua?», domanda fingendosi allibito. «Vuole stuprarmi, signor Tomlinson?»
«Assolutamente, signor Halsen.».
 
 
Erano passati sei mesi. Sei lunghi, devastanti e opprimenti mesi, in cui fantasticavo su tutti i modi più originali per porre fine alla mia vita. Sì, è stupido raggiungere il degrado per uno sconosciuto, ma il coma di Harry aveva fatto affiorare nella mia mente tanti ricordi. Ogni notte, in ospedale, scrivevo centinaia di lettere d’addio, anche se non sapevo a chi indirizzarle. A Harry? No, non sapevo se si sarebbe risvegliato. A Eleanor? No, non l’avrebbe nemmeno letta. A Lena? No, ormai tornavo a casa solo per farmi una doccia e indossare una cambiata pulita. Alla mia famiglia? Ops, io non ho più una famiglia. 
Sapete qual è il problema? È che noi essere umani crediamo che, cambiando aria, possiamo sfuggire ai problemi, ma essi ci inseguono ovunque andiamo, perennemente. Diciamo che l’unica cosa che ci troverà sempre è la morte, ma anche qui siamo in errore. Nella fine si può trovare la serenità, invece i problemi originano solo altri problemi. Ed io credevo che l’università, un nuovo appartamento e altri amici mi avrebbero aiutato a dimenticare, ma poi il passato era tornato a galla, pronto ad affogarmi e farmi soccombere negli abissi. Forse ero io il problema…
Ogni giorno andavo a trovare Harry in clinica, e ogni notte ritornavo a casa di nascosto, senza che Lena se ne accorgesse. Spesso le baciavo la fronte di nascosto ma, quando il sole sorgeva, ricominciava quella terribile routine. Eleanor a volte mi faceva compagnia, ma non era il tipo che parlava molto, non con l’unica persona da cui dipendeva la sua libertà. Se avessi parlato, ci saremmo beccati entrambi una denuncia o peggio… Se esiste davvero un dio, perché non causa problemi a quei bastardi che violentano le ragazzine, che rubano e che maltrattano i cani? Perché le persone buone devono soffrire mentre gli infimi si godono la vita? Per questo io non credevo che esistesse un essere che tutti reputano misericordioso e buono, ma che non reagisce davanti a tanta cattiveria. Il vuoto mi avvolgeva ogni volta che vedevo il corpo esanime di Harry su quel maledetto letto. Era come un soffio di vento che ti trasporta lontano, ti scuote e ti ripercuote fino a portarti al delirio.
Entrai nel bagno dell’ospedale, guardandomi allo specchio. Avevo i capelli spettinati, il viso pallido, le occhiaie e l’aria di uno che non dorme da giorni. Non aveva una bella cera ma non m’importava, non quando un innocente si trovava in coma. Non l’avevo fatta finita solo perché lui voleva vivere e non gli era stato concesso, mentre io potevo e desideravo ricorrere alla soluzione più semplice. Non avrei commesso quell’errore, mai. Ritornai nella stanza, notando che Niall mi stava aspettando alla soglia della porta, con un mazzo di fiori in mano. Sorrise flebilmente. A parte Eleanor e il manager, era il primo che gli faceva visita. Harry doveva essere uno di quei ricconi che in vita elogiano tutti, ma che in uno stato incosciente la gente si dimentica. Sembrava il grande Gatsby: famoso per le sue feste, lodato da tantissimi ‘amici’ ma poi, al funerale, solo come un cane bastonato.
Gli andai incontro, abbracciandolo forte. Non lo vedevo da quando Eleanor era tornata in città. Mi era mancato, ma non riuscivo a gioire più di tanto. Quando si è tristi, perfino il sole appare spento, una semplice sfera infuocata. Niall si sorprese del mio gesto affettuoso, poi ripose il mazzo di fiori immerso nell’acqua sul comodino. Posò lo sguardo su Harry.
«Louis.», sussurrò sommessamente, con gli occhi lucidi e colmi di compassione.
«Niall, che ci fai qui? Tu non conosci Harry…».
Il biondino scrollò le spalle. Sgranai gli occhi. Lui si trovava lì per me! Forse non ero tanto solo, dopotutto. O forse facevano tanta pena che le voci sulla mia depressione si erano diffuse e Niall, come un buon amico, era venuto ad accertarsi delle mie condizioni mentali. Scacciai dalla testa quel pensiero, adesso non ci avrei rimuginato sopra, volevo solo svagarmi un po’.
«No, amico. Mi spiace, comunque.», ammise. «Sono da poco tornato da un viaggio di lavoro ed El mi ha raccontato tutto.»
Annuii. Niall cacciò due lattine di birra, una camicia pulita, un paio di pantaloni e un pettine dallo zaino che portava, poi se lo issò sulle spalle, sorridendo maliziosamente. Lo fissai con aria interrogativa, non capendo. Mi consegnò quella roba e la mia espressione si fece ancora più confusa.
«Ora vestiti. Datti una sistemata, dobbiamo uscire.», mi ordinò.
Non ci pensavo proprio a lasciare Harry da solo mentre me la spassavo. Forse mi stavo comportando da mammina protettiva, ma se lui si fosse svegliato circondato dalla solitudine, io sarei morto. Avrei rifiutato la proposta di Niall, mi spiaceva avergli fatto perdere tanto tempo, ma era inevitabile. Scossi la testa.
«No, carino. Adesso, tu ed io andiamo a ubriacarci in qualche locale, okay?», esitò notando che stavo guardando il moro. Mi diede una pacca sulla spalla. «Quando uscirà dal coma, vuoi che ti veda trasandato e depresso? Non desidera certo assistere alla tua rovina. Il ragazzo su quel letto è Harry, non Shane, ed è ancora vivo, cazzo. Lui è più vivo di te! Ti sei visto allo specchio? Sembri uno zombie, hai perso almeno dieci kg, non dormi da giorni e non fai altro che pensare a quanto la tua vita faccia schifo. Non è questo il Louis Tomlinson che conosco.», fece una pausa riflessiva. «Adesso, tu ed io usciamo da questo posto, capito? E non accetto un rifiuto da parte tua.»
Lo guardai senza parole. Non sapevo che dire ma aveva ragione, io ero meglio di tutto questo. Potevo affrontare i problemi anche senza deprimermi, non serviva a niente ridurmi in quello stato. Per una volta avrei dimenticato il mio passato, era l’unico modo per assicurarmi un futuro migliore. Se io non riuscivo a superare le mie difficoltà, come potevo aiutare Harry? Dovevo essere forte. Mi sorprese che Eleanor si fosse preoccupata di raccontare a Niall di come mi sentivo, di solito non le importava di nessuno. Forse stava cambiando? O forse non avevo conosciuto la vera Eleanor come lei non aveva conosciuto il vero Louis. Se ci stava riuscendo Eleanor Calder, potevo cambiare anch'io.
«Fanculo.», esitai. «E grazie.»




 

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