La verità può cambiarti la vita di Kaira (/viewuser.php?uid=74828)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una sera come le altre ***
Capitolo 2: *** L'incontro ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo. Dubbi ***
Capitolo 4: *** Complicazioni ***
Capitolo 5: *** Cosa sta succedendo? ***
Capitolo 6: *** Spiegazioni ***
Capitolo 7: *** E ora? ***
Capitolo 8: *** Una nuova casa ***
Capitolo 9: *** Opzioni ***
Capitolo 10: *** Decisioni difficili ***
Capitolo 11: *** È solo un’altra truffa, vero? ***
Capitolo 12: *** Lasciar andare ***
Capitolo 13: *** Una nuova vita ***
Capitolo 1 *** Una sera come le altre ***
Questa
storia è nata mentre guardavo la quarta stagione di White Collar,
mancano
quindi riferimenti agli ultimi episodi della quarta e alla quinta
stagione. La
storia è completa e composta di 13 capitoli. Ho scelto il rating
arancio per
via degli argomenti trattati e di alcuni momenti un po’ hot, ma si
tratta di
accenni. Buona lettura.
I
personaggi riconoscibili non mi appartengono, sono proprietà di chi ne
detiene
i diritti; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Una
sera come le altre
La
giornata era stata intensa, non pericolosa o particolarmente frenetica,
solo
piena di documenti da leggere e moduli da compilare. Neal Caffrey era
tronato a
casa da qualche ora, nell’attico a Manhattan in cui grazie a June
abitava, si
era fatto una doccia e una cena veloce. Ora si trovava seduto in
terrazzo, un
bicchiere di vino rosso in mano e lo sguardo fisso davanti a lui. Neal
non
prestava nessuna attenzione al buffo animale decorativo di pietra, la
sua mente
era concentrata sul caso proposto da Peter quella mattina. Stavano
indagando su
di un furto di alcune opere presso un ricco collezionista privato
dell’Upper
East Side: due quadri, un cofanetto, alcuni gioielli e tre statue, due
di
autori contemporanei molto quotati e una proveniente dall’antica Roma,
un busto
di donna. Era proprio quest’ultimo pezzo a preoccuparlo. Peter, senza
darci
troppo peso, gli aveva chiesto: “Ti viene in mente nessuno che potrebbe
essere
interessato ad un’opera del genere?”
Neal
aveva finto di pensarci su qualche secondo e poi aveva buttato li due
nomi a
caso, due ladri ben noti all’FBI. Uno solo era però il nome che gli era
venuto
in mente: Alex.
Finito
il lavoro Peter Burke era tornato a casa, ben felice di trovare sua
moglie e la
cena ad aspettarlo. Lui ed Elizabeth avevano chiacchierato del più e
del meno.
Dopo aver portato Satchmo a fare un giretto, Peter si era deciso ad
andare a
letto. Per tutto il tempo un pensiero lo aveva tormentato, poco prima
di uscire
dall’ufficio Diana gli aveva riferito che una vecchia conoscenza era
tornata in
città: Alexandra Hunter. La ragazza era una truffatrice ed un ladra,
appassionata di manufatti antichi, il furto dai Conard non poteva
essere una
coincidenza. L’indomani avrebbe parlato con Neal, voleva sapere se
l’aveva
rivista o se aveva tentato di mettersi in contatto con lui. Peter
sapeva di
dover stare molto attento con Neal, il legame tra il suo consulente e
la Hunter
era poco chiaro, ma resistente. Con questo pensiero Peter Burke si
addormentò.
Alex
sapeva di non poter andare in albergo, li FBI l’avrebbe rintracciata
subito,
per fortuna aveva ancora molti amici, uno di questi era stato così
gentile da
offrirle le chiavi del suo appartamento per qualche giorno. Aveva solo
una
piccola borsa e non aveva nemmeno intenzione di disfarla, mangiò
velocemente
qualcosa ed uscì. Era stupido essere tornata a New York, ma doveva
assolutamente vedere Neal.
Il
suono insistente del cellulare svegliò Neal dalla scomoda posizione in
cui si
era addormentato sulla sedia in terrazzo. Guardò l’orologio e vide che
erano le
2.00 a. m. Lesse il messaggio che lampeggiava sul cellulare: Sono di
sotto,
puoi farmi salire. A.
Neal
si alzò e scese ad aprire alla sua ospite. Alex sulla porta era vestita
di
nero, pantaloni molto aderenti ed un maglioncino leggermente più scuro,
una
catenina spariva nello scollo a V.
“Che
ci fai qui?” chiese Neal abbracciandola. Vedersela sulla porta aveva
risvegliato
i suo timori, sperava non fosse coinvolta nel furto su cui stava
indagando, non
voleva dover scegliere tra lei ed il suo lavoro all’FBI.
“Volevo
vederti” fu la risposta sussurrata della ragazza. Neal la guardò
sorpreso, non
era da Alex essere così diretta, le allusioni tra loro non erano certo
mancate
in passato e neanche le avance reciproche e i doppi sensi, presentarsi
a casa
sua nel cuore della notte, sapendo di essere ricercata dall’FBI, era un
po’
oltre l’idea di gioco, anche per Alex.
Neal
accompagnò di sopra la ragazza e la fece accomodare offrendole un
bicchiere di
vino rosso, calice che lei accetto e bevve tutto di un sorso riponendo
il
bicchiere sul tavolo.
Neal
era sempre più confuso. La guardava per capire cosa l’avesse spinta da
lui, ma
Alex non parlava, si limitava a spostare lo sguardo qua e là per la
stanza,
come se non sapesse bene da dove cominciare.
“Sono
felice di vederti, ma non credi che sia un po’ rischioso?” chiese Neal
cercando
di catturare il suo sguardo. La ragazza si limitò a fissare il bordo
del
bicchiere per qualche secondo, poi alzò piano la testa e quando
incrociò gli
occhi azzurri di Neal disse: “Ti ho mentito”
“E
io ho mentito a te, ti ricordi, Neal e Alex è quello che siamo, l’hai
detto tu”
disse il ragazzo citando un frase che lei gli aveva detto qualche tempo
prima,
tentando di sdrammatizzare, non riusciva a capire questa Alex,
taciturna e
senza parole.
“No
questo è diverso…” iniziò lei e quando lui fece per interromperla lo
zittì con
un lieve tocco sulle labbra “…ricordi Milano dodici anni fa” sussurrò
Alex.
Neal
fece di si con la testa, come poteva dimenticare.
“Ti
ho mentito” ripeté lei prendendogli una mano e fissandolo negli occhi,
quasi mormorando
aggiunse “Non sono mai andata all’ospedale…”
Neal
non credeva alle sue orecchie “Stai dicendo che…” non finì la frase,
non ce
n’era bisogno, leggeva negli occhi marroni velati di lacrime, che Alex
non
stava tentando di prenderlo in giro, forse per la prima volta era
davvero
sincera.
“Come
si chiama?” chiese Neal con un tono più aspro di quanto lui stesso
avrebbe
voluto.
Alex
guardò un attimo nel vuoto fuori dalla finestra, ma Neal le prese il
viso tra
le mani costringendola a guardarlo negli occhi “Come si chiama?” ripeté
il
truffatore cercando di mettere un po’ di dolcezza nella voce.
“Chiamano…”
sussurrò Alex ancora bloccata dalla mano di Neal “ si chiamano… Ariel e
Nicholas, erano due, gemelli”
Neal
faticava a riordinare le idee “Due” sussurrò più a se stesso che ad
Alex.
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Capitolo 2 *** L'incontro ***
Ecco
il secondo capitolo. Nella mia storia il caso Adler in cui Neal, Alex e
Kate si sono conosciuti è avvenuto almeno quattordici anni prima degli
avvenimenti raccontati nella fanfiction, non so se corrisponda, perché
non mi è molto chiaro lo scorrere del tempo nel telefilm, se non è così
consideratela una piccola licenza poetica. Buona lettura.
I
personaggi riconoscibili non mi appartengono, sono
proprietà di chi ne detiene i diritti; questa storia è stata scritta
senza
alcuno scopo di lucro
Secondo
capitolo. L’incontro
La
mattina seguente in ufficio Neal faticava a mantenere la
concentrazione, Jones
stava riassumendo per la squadra i risultati della sua indagine, dei
principali
sospettati a proposito del furto dai Conard: due erano in prigione, uno
era
morto e di tre non si sapeva che fine avessero fatto, restavano il
Trapezista,
un ladro senza nome specializzato in furti spettacolari e Alexandra
Hunter.
A
sentire il nome di Alex, Neal ebbe un sussulto, fu solo un secondo ma
Peter se
ne accorse, alzò un sopracciglio, come per invitarlo a parlare. Neal
disse la
prima cosa che gli venne in mente “Hai fatto qualche ricerca anche su
TJ
Flinch?”
“Il
ladro di gioielli” chiese Jones e alla conferma di Neal aggiunse “é uno
dei due
in prigione.”
“Ok”
disse Neal prendendo qualche appunto sul foglio che aveva davanti a sé.
Peter
fece finta di niente ed invitò Jones a continuare.
Pochi
minuti dopo Peter prese la parola “Allora riassumendo ci rimangono due
plausibili sospettati: il Trapezista e la Hunter. Quale dei due ha
avuto
maggiori probabilità di commettere il furto?” chiese Peter scorrendo
con gli
occhi le facce dei suoi collaboratori, Neal sembrava tranquillo, il
sussulto di
poco prima non si era ripetuto. Peter si chiese se poteva averlo
immaginato, ma
conosceva Neal troppo ben ormai e sapeva che tra lui e la Hunter c’era
qualcosa
di speciale.
“Il
Trapezista adora i colpi negli appartamenti agli ultimi piani” disse
Diana “e
quello dei Conard è un attico” concluse Jones.
“Però
è molto sospetto che la Hunter sia arrivata in città proprio ieri…”
aggiunse
Diana mordicchiando la punta della penna. Neal rimase impassibile, era
troppo
abile per farsi cogliere in fallo due volte, finse un’espressione
sorpresa e
chiese “Alex è a New York?”
“Tu
non lo sapevi?” domandò Peter alzando scettico un sopracciglio.
“No”
rispose Neal deciso “Se avesse cercato di contattarmi te l’avrei detto.”
“Si
come no” sussurro Peter tra sé, iniziando a raccogliere le sue cose dal
tavolo
dove erano riuniti, poi a voce alta aggiunse “Diana, scopri dove
alloggia la
Hunter e chi a visto da quando è arrivata. Jones tu occupati del
Trapezista,
vedi cosa riesci a scoprire.”
“
E io?” chiese Neal alzandosi.
“Tu
vieni con me, andiamo dai Conard per un sopralluogo, voglio controllare
una cosa”
disse Peter prendendo la giacca ed uscendo. Neal lo seguì, mentre Jones
e Diana
si diressero alle rispettive scrivanie.
La
giornata era stata strana, Neal era stato strano, per tutto il tempo
era
sembrato sovrappensiero, distratto. Per Peter era chiaro che Neal si
fosse
dimostrato reticente a proposito di Alex, sicuramente sapeva più di
quello che
aveva detto, ma quanto di più. La preoccupazione per un’amica indagata,
Peter
poteva anche capirla, ma la totale mancanza di entusiasmo dimostrata da
Neal
davanti alle opere della collezione dei Conard, o peggio, il finto
sorriso
sfoggiato quando espressamente chiamato in causa, lo impensierivano. Si
c’era
qualcosa che non andava con Neal e Peter era deciso a scoprire cosa al
più
presto. Provò a parlarne con Elizabeth, ma le rassicurazioni della
moglie non
spensero quel senso d’inquietudine che lo infastidiva.
Neal
sperava di trovare Alex ancora da June, per tutto il giorno non aveva
fatto
altro che pensare a quello che gli aveva confessato la ragazza. Aveva
cercato
di prestare attenzione a Peter e al caso, sia per capire come
incastrare il
Trapezista, sia per non insospettire ulteriormente Peter, ma non c’era
riuscito
molto bene. Il pensiero tornava sempre li a quella sera a Milano dodici
anni
prima. La sera in cui in accordo con Alex avevano deciso che non
potevano
essere genitori, che sarebbero stati inadatti e che dovevano risolvere
la cosa
in un altro modo. Aveva insistito parecchio per accompagnare Alex
all’ospedale,
ma lei si era rifiutata, ribadendo che la truffa che avevano
architettato era
costata loro mesi di preparazione e farla saltare così all’ultimo non
aveva
senso, Neal doveva restare al suo posto e prepararsi al colpo. Ora
capiva
perché era stata così categorica nell’anteporre la frode a sé stessa,
non ci era
andata in ospedale. Avevano portato a termine il furto e si erano
separati, per
più di un anno non l’aveva rivista e adesso gli era chiaro perché.
Fece
i gradini di corsa ed entrò nel suo appartamento. Alex era li, seduta
sul
divano e non era sola. Una ragazzina magra con lunghi capelli mossi e
neri era
seduta per terra vicino ad una delle finestre, gli dava la schiena,
stava
scrivendo o disegnando, in un quaderno che poggiava sulle gambe
incrociate.
Ariel, la ragazzina doveva essere Ariel, sua figlia, il pensiero colpì
Neal
dritto allo stomaco; due sentimenti contrastanti s’impossessarono della
sua
mente, rabbia e felicità; era felice, anzi felicissimo che Alex gli
avesse
mentito, ma era anche arrabbiato, aveva perso dodici anni ed era un
estraneo
per quella ragazzina, uno sconosciuto. Un finto colpo di tosse alla sua
destra
lo distrasse dai suo pensieri, anche la ragazza si girò e per una
attimo Neal
incrociò dei bellissimi occhi azzurri spalancati, i suoi occhi, Ariel
aveva i
suoi occhi, il pensiero lo riempì di calore.
Neal si girò verso la fonte del colpo di tosse e si ritrovò davanti un
ragazzino seduto al tavolo della cucina, il viso allungato incorniciato
da
morbidi capelli color cioccolata, anche gli occhi che lo stavano
fissando erano
scuri, lo scrutavano, indagatori ed incerti. Doveva trattarsi di
Nicholas, suo
figlio. Neal si sentì stupido, lui che aveva sempre avuto il dono della
parola
ora non sapeva cosa dire. Ariel nel frattempo si era alzata facendo
cadere il
quaderno a terra e si era avvicinata. Anche Alex li aveva raggiunti e
aveva
appoggiato una mano sul braccio di Neal stringendolo come ad
incoraggiarlo.
“Ariel,
Nicholas, questo è Neal, vostro padre” disse Alex con tono tranquillo.
“Ciao”
disse Nicholas fissandolo attraverso il tavolo.
“Ci…ci…ciao”
balbettò Neal. Il ragazzino sorrise, lo stesso sorriso che Neal
rifilava agli
altri quando voleva rabbonirli o ben disporli.
La
ragazzina lo fissava, poi successe una cosa che Neal non si sarebbe mai
aspettato. Ariel coprì di corsa lo spazio che li separava e lo
abbracciò,
stringendolo. Dopo un attimo di sorpresa Neal ricambiò l’abbraccio
dolcemente,
abbassandosi un po’.
“Piacere
di conoscerti” disse la ragazzina con la testa affondata nel suo petto.
“Il
piacere è tutto mio” rispose Neal alla testa di capelli corvini, con il
tono
più dolce che Alex gli avesse mai sentito usare.
Dopo
una cena a dir poco surreale, Neal ed Alex avevano lasciato i gemelli
addormentati in una delle camere per gli ospiti di June, una camera
dalle tinte
azzurre e verdi, arredata con molto gusto. Chiudendosi la porta alle
spalle
Neal aveva dato un’ultima occhiata ai gemelli, dormivano raggomitolati
sotto la
coperta, sembravano sereni.
Il
truffatore salì le scale dietro ad Alex e si sedette accanto alla
ragazza
quando questa prese posto sul divano.
“Mi
sembra che sia andata bene…” iniziò Alex
“Direi
di si” concluse Neal.
“Sono
fantastici Alex, è incredibile, come hai fatto?” chiese Neal
prendendole una
mano, Alex sorrise “Risponderò a tutte le tue domande… mi dispiace
Neal, non
dovevo tenerti fuori e che le nostre vite erano così complicate…”
Alex
era ben cosciente delle mani di Neal, che mentre lei rispondeva alle
sue
domande, lentamente erano passate dal stringere le sue mani ad
accarezzarle un
braccio, ora la destra stava disegnando piccoli circoli sul suo
avambraccio,
mentre la sinistra le aveva appena sistemato un ricciolo dietro
all’orecchio.
Erano così vicini che poteva sentire il respiro leggero di Neal sulla
pelle.
Quando
rispose “Verde” all’ultima delle domande di Neal “Qual’é il colore
preferito di
Ariel?” Alex si ritrovò a perdersi in due occhi blu, in cui vedeva
curiosità,
interesse e desiderio. Neal la stava fissando così intensamente che
sembrava
volesse leggerle la mente, fu allora che Alex smise di parlare e lo
baciò. Neal
rispose al bacio, prima dolcemente, poi con sempre più passione. Lei
non
chiedeva altro, era innamorata di lui da sempre ed aveva avuto il
terrore che
questa volta Neal non potesse o volesse perdonarla per avergli mentito.
Ora
accettava più che volentieri il suo peso che la schiacciava con
dolcezza sul
divano. Una mano di Neal le teneva la nuca, mentre l’altra giocava con
la sua
maglia. Le lingue si scontravano, assaporandosi di nuovo. Alex sfilò la
camicia
del truffatore dai pantaloni accarezzandogli la schiena nuda. Neal si
alzò
porgendo ad Alex una mano, lei la prese e si lasciò sollevare. Neal la
fece
sedere sul tavolo della cucina, i due si sfilarono a vicenda i vestiti.
Con le
gambe intrecciate al torso di Neal, Alex si lasciò cadere all’indietro,
mentre
il ragazzo giocava con i suoi seni. Neal risalì piano baciandole la
scapola, la
gola, la guancia fino a guardarla negli occhi, ora in entrambi c’era
solo
desiderio.
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Capitolo 3 *** Terzo capitolo. Dubbi ***
“…Neal
risalì piano baciandole la scapola, la gola, la guancia fino a
guardarla negli
occhi, ora in entrambi c’era solo desiderio.”
Secondo
capitolo
Terzo
capitolo. Dubbi
Il
chiarore che entrava dalle enormi vetrate la svegliò, la stanza era
immersa
nella luce. Alex ci mise un po’ per capire dove si trovava, camera sua
non era
mai stata così luminosa. Poi ricordò la sera precedente, l'incontro dei
gemelli
con il padre, la cena, le chiacchere e… si girò di scatto verso l’altra
parte
del letto. Neal era semi coperto dal lenzuolo e sembrava dormire
sereno, un
pensiero attraversò la mente di Alex: possibile che Neal cadesse sempre
in
piedi, sicuramente non erano tanti quelli in libertà condizionata con
un attico
a Manhattan. Neal si girò nel sonno verso di lei, stava sorridendo,
sembrava
felice. Alex era quasi dispiaciuta di doverlo svegliare, ma l’ultima
cosa che
voleva era che i gemelli entrassero nella stanza trovandoli così, non
poteva
dar loro false speranze, tra lei e Neal c’era sempre stata attrazione
fisica,
ma il ragazzo non era materiale per una relazione stabile o per lo meno
non lo era con lei.
Neal
salì di corsa le scale, era terribilmente in ritardo per il lavoro.
Aveva
chiamato Peter e gli aveva detto che a causa del traffico ci avrebbe
messo più
del solito ad arrivare, il che era vero solo in parte. Il traffico
aveva
aggiunto quindici minuti buoni ai venti di ritardo con cui era partito
da casa
di June. Alex l’aveva svegliato nel mezzo di uno strano sogno, non
ricordava
bene i dettagli, solo un colore, il verde, ed il senso di pace e
tranquillità, nel
sogno non aveva idea di dove si trovasse né del perché, sentiva solo
che era
felice.
Alex
non aveva fatto parola di quello che era successo tra loro, gli aveva
detto che
presto i gemelli si sarebbero alzati e che non voleva rischiare che
entrassero
trovandoli nel letto seminudi, poi aveva raccolto i suoi vestiti da
terra ed
era sparita nel bagno. Lui si era alzato ed appena uscita Alex era
stato il suo
turno di prepararsi. Finita la doccia voleva parlarle, ma non ce n’era
stato il
tempo, i gemelli erano già seduti al tavolo in terrazzo, stavano
facendo
colazione.
June
aveva fatto servire un vassoio ricolmo di fette di pane, biscotti e
brioches.
Neal era rimasto fermo sulla porta a guardare lo strano quadretto
davanti ai
suoi occhi. June di spalle stava raccontando ai ragazzi dell’ultima
gita allo
zoo con la nipote, Nicholas rideva inzuppando un cornetto nel
cioccolato, Ariel
era concentrata nella preparazione di una fetta di pane imburrato. Alex
era
seduta a sinistra di June, con una mano stava appoggiando una tazzina
da caffè
sul tavolo, mentre con l’altra si stringeva al petto una gamba, la
maglia ampia
e bianca che indossava le lasciava scoperta una spalla. Neal si rese
conto di
quanto gli sembrasse giusta quell’immagine, avrebbe fatto di tutto per
proteggere le quattro persone davanti a lui. Alex lo aveva notato
impalato
sulla soglia e gli aveva fatto cenno di sedersi tra lei e Nicholas,
sulla sedia
vuota. Passando alle spalle della donna Neal le aveva accarezzato
distrattamente la schiena, causando un brivido a entrambi. Non gli era
sfuggito
lo sguardo d’intesa tra i gemelli. Si era unito a loro e distratto
dalla
conversazione non si era accorto dell’ora.
“Ben
arrivato!” disse ironica Diana quando lo vide entrare in sala riunioni.
“Scusate,
sono partito un po’ tardi” disse Neal
sedendosi su una delle sedie vuote “Cosa mi sono perso?”
Peter
distolse lo sguardo dalla lavagna piena di annotazioni appesa al muro e
disse
“Non ci sono novità sul Trapezista e per quanto riguarda la Hunter non
alloggia
in nessun albergo, per lo meno non usando uno degli alias che
conosciamo” il
tono di Peter faceva intendere un ma. Neal lo guardò interrogativo e
l’agente
proseguì “C’è stato un altro furto ad una collezione privata stanotte,
alcuni
pezzi sono spariti dalla casa degli Harrington.”
Questo
potrebbe scagionare Alex, fu il primo pensiero di Neal, poi si rese
conto che
non avrebbe potuto dire a Peter della notte passata con la ragazza,
senza dare
troppe spiegazioni. Un secondo pensiero ben più sinistro lo colse
subito dopo …e
se Alex si fosse creata un alibi e avesse commissionato il furto a
qualcuno?
Alexandra Hunter sarebbe stata capace di usarlo in questo modo? Era già
successo in passato che loro si fossero mentiti a vicenda, l’ultima
volta lei
aveva trafugato un tesoro greco sfruttando proprio il suo legame con
l’FBI.
“Neal
qualche idea?” la domanda di Peter lo distolse dalla spirale negativa
dei suoi
pensieri “No Peter, nessuna. Non ho novità sul Trapezista e non ho
notizie di
Alex”
Diana
scambiò con Peter uno sguardo complice che a Neal non piacque per
niente.
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Capitolo 4 *** Complicazioni ***
Visto
che ho saltato domenica oggi pubblico due capitoli.
I
personaggi riconoscibili non mi appartengono, sono proprietà di chi ne
detiene
i diritti; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Complicazioni
I
tre giorni seguenti passarono relativamente tranquilli. Non ci furono
altri
furti e le indagini proseguirono senza portare rilevanti novità. Neal
aveva
visto Alex e i ragazzi due volte, incontri brevi, non più a casa sua,
ma in
luoghi pubblici diversi, che lui frequentava abitualmente, dovevano
evitare che
un controllo dei suoi movimenti insospettisse qualcuno. Lui ed Alex non
erano
più rimasti da soli e non avevano ancora parlato di quanto era successo
tra
loro.
Peter
aveva riunito la squadra e stavano rileggendo nuovamente le deposizioni
dei
pochi testimoni, era ora di pranzo e Neal iniziava ad annoiarsi. Diana
propose
di andare al bar vicino al bureau e prendere un panino, per schiarirsi
le idee,
tanto non stavano concludendo niente. Peter approvò e vi si recarono
tutti
assieme prendendo un tavolo che dava sulla strada.
Stavano
chiacchierando da una mezz’ora quando il telefono di Neal squillò, era
un
numero sconosciuto. Gli altri lo guardarono con aria interrogativa. Il
truffatore non fece in tempo a rispondere, che una donna piombò al loro
tavolo,
era sconvolta, la cascata di boccoli castani le ricadeva ai lati del
volto,
sfuggendo alle mollette con cui li aveva inizialmente imbrigliati.
“Neal
è terribile… io non… non…” Alex balbettava frasi sconnesse.
Ben
consapevole dello sguardo sorpreso di Jones, deluso di Peter e
sarcastico di
Diana, Neal si alzò e abbracciò forte la ragazza cercando di calmarla.
Un
freddo terrore si stava impossessando di lui. Doveva restare lucido.
Alex non
era stupida, piombare lì si sarebbe rivelato un disastro, cosa poteva
essere
successo di tanto grave?
“Alex
guardami!” ordinò dolcemente Neal alla ragazza stringendole il viso tra
le mani
e costringendola a guardarlo negli occhi. Le pupille nocciola erano
enormi e
lucide di lacrime.
“Cos’è
successo?” chiese Neal.
“Ariel…
Ariel ha avuto una crisi, è…” riuscì a balbettare Alex.
Neal
sentì il sangue gelarsi nelle vene. Aveva capito che qualcosa in sua
figlia non
andava, la ragazza era estremamente pallida e magra, ma non era
riuscito a
sollevare il discorso con Alex in quei tre giorni. Gli agenti dell’FBI
alle sue
spalle erano increduli, conoscevano la Hunter e non sapevano come
inquadrare la
situazione.
“Ariel
è cosa?” chiese Neal con un tremore nella voce.
Diana
cercò Peter con lo sguardo, il tono del truffatore l’aveva lasciata
basita,
preoccupazione e terrore, per una Ariel di cui non avevano mai sentito
parlare.
Peter non sapeva che dire, nemmeno lui aveva idea di cosa stesse
succedendo.
Neal
si sedette sulla panca davanti al piatto abbandonato e si trascinò
dietro Alex
cercando di farla ragionare. La ragazza scattò in piedi e gli urlò in
faccia
“Non capisci, non c’è tempo! È in ospedale, i dottori dicono che non ce
la
farà… io devo andare… io non dovevo cercarti… io…” Alex straparlava con
gli
occhi di tutti puntati addosso.
Neal
non la stava più ascoltando “non ce la farà” le parole riecheggiavano
nella sua
mente spazzando via tutto il resto. Sua figlia, sua figlia di cui aveva
scoperto l’esistenza da quattro giorni era in ospedale ed i medici
pensavano
che non ce l’avrebbe fatta.
La
mano di qualcuno sulla spalla lo risvegliò dai suoi pensieri, si voltò
di
scatto. Peter lo stava fissando.
“Dobbiamo
andare all’ospedale… io devo andare… ho sbagliato…” Alex continuava la
sua
litania cercando di liberarsi il polso, ma la presa di Neal era salda,
non
l’avrebbe lasciata andare senza un spiegazione.
“Chi
è Ariel?” chiese Peter.
“Non
ora” rispose secco Neal, poi si alzo e strattonando bruscamente Alex,
che
continuava a divincolarsi, la costrinse a guardarlo. Ora tutto il
locale li
stava osservando, qualcuno era anche indeciso se intervenire, lo stesso
Jones
era balzato in piedi per evitare eventuali fughe.
“Quale
ospedale Alex?” chiese Neal in tono lento e perentorio in modo da
ottenere una
risposta dalla ragazza.
“Il
Mount Sinai” disse Alex.*
“È
fuori dalle mie due miglia…” commentò Neal, più a se stesso che al
resto delle
persone nel locale, si girò verso Peter e gli altri e chiese: “Vi prego
potreste
accompagnarmi all’ospedale?”
Il
tono disperato di Neal fece trasalire Peter, chi era questa Ariel per
trasformare così il suo consulente. Si scambiò un'occhiata con Diana e
Jones,
quest’ultimo si alzò e uscendo disse: “Vado a prendere la macchina.”
Il
viaggio in macchina si era svolto nel silenzio più assoluto. Alex, che
aveva
recuperato un po’ del suo solito contegno, fissava l’orologio senza
proferire
parola. Il mutismo di Neal fu interrotto solo da una chiamata di
Mozzie, da
quello che Peter era riuscito a capire, l’amico di Neal si trovava già
all’ospedale.
L’agente
Burke voleva delle risposte dai due truffatori seduti nel retro della
macchina,
ma lo sguardo angosciato sui loro volti lo fece desistere, almeno per
il
momento. Diana e Jones avevano insistito per venire con loro, Jones
guidava e
Diana era seduta dietro dal lato sinistro, Neal era a destra e la
Hunter
nel mezzo. Alex non sembrava cosciente di essere bloccata all’interno
di una
macchina dei federali. Neal le cingeva le spalle con un braccio
stringendola a
sé, la ragazza sembrava divorata dall’ansia.
Peter
aveva già incontrato Alex e le aveva anche consigliato di lasciare il
paese,
era convinto che fosse una pessima influenza per Neal e che questo suo
entrare
ed uscire a piacimento dalla vita del suo consulente, fosse più un
danno che un
beneficio per il suo collaboratore. La ragazza gli era sempre sembrata
forte,
scaltra, perfettamente padrona del gioco e di sé stessa, cos’era
successo?
Note:
*L’ospedale
Mount Sinai esiste, l’indirizzo è 1 Gustave L. Levy Pl, New York, NY
10029,
Stati Uniti, si trova a nord di Central Park, calcolando le due miglia
della
cavigliera dal reale edificio dell’FBI all’estremità sud della penisola
di
Manhattan sarebbe fuori dal raggio di Neal, è una mia congettura.
Un
anticipo del prossimo capitolo:
Peter
non avendo ricevuto risposta chiese di nuovo: “Mozzie, che sta
succedendo? Alex
piomba al bar fuori di sé…” l’agente Burke si accorse che a quelle
parole il
ragazzino aveva stretto più forte il bicchiere, sempre continuando a
fissare il
liquido all’interno senza sollevare la testa “Che ci fai tu qui?”
chiese ancora
Peter a Mozzie “ ..e chi è il ragazzo?” disse indicando la sedia
accanto.
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Capitolo 5 *** Cosa sta succedendo? ***
Non
sono un medico, quello che scrivo riguardo l’ospedale, i sintomi e le
cure di
Ariel è da considerarsi opera di fantasia.
I
personaggi riconoscibili non mi appartengono, sono proprietà di chi ne
detiene
i diritti; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringrazio
chi mi segue. Spero la mia storia vi piaccia almeno un pochino. Buona
lettura
Quinto
capitolo. Cosa sta succedendo?
Arrivati
all’ospedale Mount Sinai scesero dalla macchina, Jones si preoccupò di
cercare
un parcheggio. Alex corse all’interno dell’ospedale, seguita da Neal e
dagli
altri. La ragazza si diresse sicura verso la terapia intensiva.
Svoltato
l’angolo si trovarono davanti una sala d’aspetto con alcune file di
sedie in
plastica colorata e una macchina per il caffè. Mozzie alzò la testa
appena li
sentì arrivare. Alex si blocco quando un ragazzino dai capelli marroni
le si
fiondò tra le braccia, se Neal non fosse stato subito dietro di lei a
sorreggerli probabilmente sarebbero caduti entrambi.
Peter
guardò il ragazzino, occhi marroni come i capelli, alto all’incirca un
metro e
cinquanta, poteva avere forse undici o dodici anni.
L'agente si
girò verso Neal con aria interrogativa, ma un medico uscì dalle
porte a vetri. Neal automaticamente strinse Alex in un abbraccio da
dietro e
con la mano accarezzò la testa del ragazzino. Diana non sapeva cosa
pensare. In
quel momento anche Jones li raggiunse.
“È… è… è…”
balbettò Alex, era un fascio di nervi.
“La
paziente al momento è stabile” disse il medico con tono pacato
“Purtroppo la
sua situazione clinica è piuttosto grave.”
Neal
stringeva Alex talmente forte che Peter pensava sinceramente che
potesse
romperla, la ragazza non sembrava nemmeno accorgersene.
“Abbiamo
fermato l’emorragia e stabilizzato tutti i valori vitali, per quanto
possibile”
disse il medico.
“Cosa
potete fare?” chiese Neal con la voce carica di preoccupazione.
“Mi
scusi, chi è lei?” domandò il dottore, come se vedesse Neal per la
prima
volta.
“Sono
il padre di Ariel” rispose Neal, consapevole dello sguardo incredulo di
Peter
che gli perforava la schiena.
Neal
e Alex avevano seguito il medico in una saletta appartata, il ragazzino
si era
seduto silenzioso su una sedia accanto a Mozzie, fissava un bicchiere
di
plastica ed aveva gli occhi rossi dallo sforzo di trattenere le lacrime.
“Il
padre di Ariel?” ripeté Peter fra sé, poi si voltò verso i suoi
collaboratori e
lesse sui loro volti lo steso stupore. Guardò Mozzie seduto in un
angolo della
sala d’aspetto, sembrava preoccupato, ma non sorpreso.
Peter
si avvicino “Che sta succedendo?” chiese, sedendosi sul posto libero a
destra di
Mozzie, il ragazzino occupava quello a sinistra.
Anche
Diana e Jones si erano avvicinati. Mozzie guardò prima Peter e poi gli
altri
due, nonostante l’abilità di anni di truffe gli si leggeva in faccia
che non
sapeva che fare.
Peter
non avendo ricevuto risposta chiese di nuovo: “Mozzie, che sta
succedendo? Alex
piomba al bar fuori di sé…” l’agente Burke si accorse che a quelle
parole il
ragazzino aveva stretto più forte il bicchiere, sempre continuando a
fissare il
liquido all’interno senza sollevare la testa “Che ci fai tu qui?”
chiese ancora
Peter a Mozzie “ ..e chi è il ragazzo?” disse indicando la sedia
accanto.
“Quante
domande Peter, come faccio a risponderti se non mi dai il tempo” disse
Mozzie
con un ampio gesto della mano. Il ragazzino sorrise a testa bassa.
“Non
so da che parte cominciare, né cosa dirti in effetti…” iniziò Mozzie
guardando
Peter e poi gli altri. Diana aveva preso posto su una sedia di fronte a
loro,
mentre Jones se ne stava in piedi appoggiato alla macchina delle
bevande,
sembrava molto a disagio.
“Inizia
dalla parte in cui scopriamo che Neal ha un figlio…” disse Peter
guardando il
truffatore dritto negli occhi. Mozzie non distolse lo sguardo.
“Due”
disse il ragazzino continuando a fissare il bicchiere. Mozzie cercò lo
sguardo
di Nicholas per metterlo in guardia, mai dire cose non necessarie
all’FBI.
“Cosa?”
chiese Peter.
Nicholas
alzò lo sguardo e fissando l’agente aggiunse “Neal ha due figli.”
Peter
incredulo si guardò intorno con aria interrogativa.
Mozzie
decise di intervenire “Peter questo è Nicholas, Nicholas questo è Peter
e loro
sono l’agente Jones e l’agente Berrigan” disse indicando i due.
“Tu
sei Peter Burke?” domandò Nicholas.
Peter
fece segno di sì con la testa e il ragazzino aggiunse “Quindi tu sei
l’agente
che ha arrestato mio padre.”
Peter
ci mise una paio di secondi ad elaborare il significato delle parole.
Il ragazzino
che aveva davanti e che evidentemente si chiamava Nicholas, era figlio
di Neal,
così come l’Ariel per cui ora si trovavano in ospedale. L’agente poteva
vedere
una certa somiglianza, non gli occhi, che erano marroni, anzi non
marroni,
color cioccolata, intensi e furbi, occhi che aveva già visto, il
ragazzino
aveva gli occhi di Alex.
“E
ora sei il suo custode” disse Nicholas mettendo parecchia enfasi sulla
parola
custode e mimando con le dita le virgolette, la voce del ragazzino e il
gesto
riportarono Peter alla realtà.
“Si,
sono io…” rispose, voleva aggiungere altro, ma fu interrotto da Diana
“Aspetta
un attimo. Tu sei il figlio di Caffrey?”
Nicholas
girò la testa verso l’agente Berrigan e fece un cenno d’assenso “e
Ariel è
figlia di Caffrey?” proseguì Diana.
Nicholas
rispose con un altro cenno della testa. “…ed è tua sorella?” chiese
ancora
Diana.
Mozzie
stava per intervenire per mettere fine all’interrogatorio di Diana,
quando
dalle porte scorrevoli riemerse Alex. Nicholas si alzò rovesciando il
bicchiere
e corse ad abbracciare la madre. Lei lo strinse forte e i due si
scambiarono
alcune frasi in quello che a Peter sembrò russo, poi si avvicinarono al
gruppetto ancora seduto.
“Grazie
Mozzie” disse Alex lasciandosi cadere sulla sedia lasciata vuota dal
figlio
poco prima. Nicholas le si sedette accanto.
“Dov’è
Neal?” chiese Peter.
Alex
si girò verso l’agente, vedeva la preoccupazione nei suoi occhi “Neal è
con
Ariel” rispose piano.
“Le
serve altro sangue?” chiese Nicholas interrompendo la madre. Alex si
girò verso
di lui “Tuo padre è compatibile” disse “e comunque tu non farei altri
prelievi”
aggiunse perentoria. Il ragazzino la guardò torvo, ora si che Peter
vedeva
qualcosa di Neal.
Nicholas
si alzò.
“Dove
vai?” lo fermò Alex prendendolo per un polso.
“Al
bagno” rispose il ragazzino divincolandosi.
Alex
guardò il figlio lasciare la stanza, poi chiuse gli occhi, si chinò e
prendendosi la testa tra le mani si massaggiò le tempie.
“Alex?”
chiamò Peter per attirare l’attenzione della ricettatrice, dato che lei
non
accennava ad alzare la testa aggiunse “Alex, puoi spiegarmi? Che sta
succedendo?”
Peter
non voleva essere brusco, ma era stufo di non capire, voleva delle
risposte.
Aveva appena scoperto che il suo collaboratore aveva non uno, ma due
figli,
ragazzini di cui non aveva trovato traccia nelle sue indagini.
Alex
sollevò la testa e sospirò, poi guardando Peter negl’occhi disse “Neal
non
sapeva niente di loro fino a cinque giorni fa.”
“Neal
non sapeva di avere dei figli?” intervenne Jones per la prima volta.
“No,
non lo sapeva” ripeté Alex “non gliel’ho mai detto.”
“E
perché adesso?” chiese Diana.
Alex
guardò la porta della sala d’aspetto, visto che Nicholas non stava
ritornando
si voltò verso gli agenti e disse “Ariel sta molto male, le crisi sono
sempre
più frequenti… io non… i medici non sono ottimisti… io non avevo il
diritto…”
il volume della voce di Alex si ridusse ad un sussurro quando terminò
“…io
volevo che Neal la conoscesse.”
Dal
prossimo capitolo:
“Che
sta succedendo?” chiese Peter, ormai quella domanda gli sembrava di
averla
posta troppe volte quel giorno, ma non aveva ottenuto nessuna risposta
soddisfacente.
Neal
alzò la testa e chiese “Dall’inizio?”
“Dall’inizio”
confermò Peter.
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Capitolo 6 *** Spiegazioni ***
Sesto
capitolo. Spiegazioni
Il
silenzio regnava nella sala d’aspetto. Peter aveva mille domande, ma
Alex non
sembrava propensa a rispondere e di Neal non c’era traccia. Il telefono
di Alex
vibrò, lei lesse il messaggio e si alzò. Jones, sempre in piedi vicino
alla
macchina del caffè, guardò Peter per capire se doveva fermarla. Alex
era
ricercata per il furto delle opere greche ed anche se la situazione era
complicata, lasciarla semplicemente andare non corrispondeva alla
morale
dell’FBI. In quel momento le porte a vetri si aprirono nuovamente e ne
uscì
Neal. Diana notò che il truffatore aveva perso quasi tutta la
sfrontatezza che
di solito lo caratterizzava, aveva i vestiti sgualciti e con la mano
teneva
fermo un batuffolo di cotone sul braccio. Alex lo intercettò a metà
della
stanza. Neal la abbracciò sussurrandole qualcosa all’orecchio, il
batuffolo di
cotone cadde a terra, la ragazza per risposta lo baciò sulla bocca. Non
fu un
bacio breve e costrinse gli agenti a distogliere lo sguardo.
Alex
si staccò da Neal, i due si guardarono un attimo negli occhi fronte
contro
fronte, poi la ragazza si voltò verso il gruppo in attesa e chiese
“Mozzie puoi
recuperare Nicholas dovunque sia finito?”
In
risposta Mozzie si alzò e si diresse verso l’uscita.
Alex
lanciò uno sguardo agli agenti dell’FBI nell’angolo e sparì nuovamente
oltre la
porta a vetri.
Neal
si avvicinò ai suoi colleghi, prese posto accanto a Diana, di fronte a
Peter e
si sistemò la manica della camicia, conscio che tutti lo stavano
fissando.
“Che
sta succedendo?” chiese Peter, ormai quella domanda gli sembrava di
averla
posta troppe volte quel giorno, ma non aveva ottenuto nessuna risposta
soddisfacente.
Neal
alzò la testa e chiese “Dall’inizio?”
“Dall’inizio”
confermò Peter.
Neal
sospirò e poi iniziò a raccontare agli agenti dell’arrivo di Alex a
casa sua
cinque giorni prima, di come aveva saputo dei gemelli e del loro primo
incontro, di dodici anni prima e di Milano. Gli occhi di Diana si
spalancarono
leggermente quando seppe del mancato aborto, ma non fece domande né
proferì parola.
Neal proseguì tralasciando la maggior parte dei dettagli, spiegando
agli agenti
come aveva incontrato un paio di volte i gemelli, dei suoi timori per
l’indagine in corso ed il possibile coinvolgimento di Alex. Accennò
anche al
fatto che la ragazza era a casa sua la notte del secondo furto e che
quindi non
poteva aver commesso il reato, per lo meno non personalmente.
Scese un attimo
di silenzio e Peter colse l’occasione per chiedere “Perché Ariel è in
ospedale?”
Neal
si passò una mano tra i capelli prima di rispondere “Ariel ha frequenti
emorragie interne. I medici non sono concordi sulla malattia e
purtroppo sta
peggiorando.”
Peter
si alzò e si avvicino al suo consulente stringendogli lievemente la
spalla.
Neal alzò gli occhi verso di lui riconoscente. Peter non aveva figli,
lui ed
Elizabeth li avrebbero voluti, ma non era successo, poteva però
immaginare
quanto dovesse essere traumatico scoprire di avere una figlia e che
questa
fosse malata.
“Io
ho lo stesso gruppo sanguineo dei gemelli e sono perfettamente
compatibile,
quindi posso aiutare Ariel con le trasfusioni” aggiunse Neal, come a
spiegare
la sua presenza lì ed in un certo senso lo strano comportamento di Alex.
Era
calato il silenzio da un paio di minuti, quando Diana alzò di scatto la
testa e
chiese “Ma dov’è finito Mozzie col ragazzino?”
Peter
si guardò intorno, non c’era traccia dei due, era così preso dal
racconto di
Neal e dai suoi pensieri in proposito, che non si era reso conto che
Mozzie non
era tornato. Era strano che Neal non fosse andato a cercare il figlio,
era vero
che lo conosceva da pochi giorni, ma anche Mozzie in teoria. Peter
scambiò uno
sguardo con Jones e poi con Diana. Un terribile sospetto stava
prendendo corpo
nella sua mente.
“Alex
è in terapia intensiva, vero Neal?” chiese Peter.
Neal
lo fissava con occhi inespressivi senza rispondere.
Cavolo,
pensò Peter “Jones vai a vedere se trovi Mozzie!” ordinò all’agente,
dopo di
che indicando a Diana le porte scorrevoli disse “Vedi se riesci a
entrare o
comunque fatti dire se la Hunter è con la bambina!”
Diana
si alzò e si diresse verso l’accesso alla terapia intensiva. Neal saltò
in
piedi per seguirla, ma Peter lo bloccò per un braccio “Perché non stai
cercando
ovunque l’altro tuo figlio?” chiese l'agente a Neal a bruciapelo, con
un tono più brusco
di quello che avrebbe voluto.
“C’è
Mozzie con lui, se ci fossero problemi mi avrebbe avvisato” disse il
truffatore
ed aggiunse “..è un periodo difficile, Nicholas ha bisogno di tempo.”
Peter
guardò Neal con sospetto senza lasciargli il braccio.
Pochi
minuti dopo Diana uscì dalla terapia intensiva “Sparita!” disse “La
Hunter è
scomparsa. La ragazzina è ancora nel suo letto, sta riposando, ma della
madre
non c’è traccia” concluse avvicinandosi a Peter e lanciando un’occhiata
di
traverso a Neal.
In
quel momento Jones rientrò nella sala d’aspetto, aveva il fiatone “Ho
controllato tutti i bagni di quest’area, niente ometto pelato e niente
ragazzino.”
I
tre agenti dell’FBI si girarono contemporaneamente verso Neal
fissandolo, fu Peter
a parlare per primo “Ci hai distratti parlando mentre la Hunter
fuggiva?”
“No”
disse Neal deciso “Non sapevo che pensasse di scappare.”
“Come
no” commentò sarcastica Diana.
Lo
sguardo di Peter era quello più difficile da sostenere, Neal sapeva che
i tre
agenti dell’FBI lo consideravano colpevole, ma non avevano nessuna
prova. Erano
stati loro a pretendere delle spiegazioni e a farlo parlare tutto il
tempo.
Neal non avrebbe certo lasciato che arrestassero Alex, con i suoi
precedenti la
ragazza avrebbe rischiato molti anni di prigione e con lui in libertà
vigilata
i servizi sociali avrebbero potuto portargli via i figli. Se tutti
avevano
seguito il piano, Alex doveva essere uscita da una porta di sicurezza
vicina
alla terapia intensiva, a cui Mozzie aveva disattivato l’allarme; una
volta
all’esterno Alex e suo figlio dovevano aver trovato una macchina, che
un amico
della ragazza aveva lasciato per loro. Avevano venti minuti di
vantaggio sui
federali, il piano prevedeva di nascondersi in un luogo sicuro. Neal
avrebbe
preferito che lasciassero il paese, ma Alex non aveva voluto, non se la
sentiva
di allontanarsi troppo da Ariel. In realtà la donna gli aveva
assicurato che
sarebbe riuscita a far tornare Nicholas in Italia, dove il padre di
Alex si
sarebbe occupato di lui, almeno finché non si fosse risolta la
situazione. A
Neal dispiaceva separarsi dal figlio appena conosciuto, ma non c’erano
alternative, almeno per
ora.
Prima
che Peter potesse torchiarlo con le sue domande, un’infermiera uscì
dalla
terapia intensiva per dire a Neal che Ariel si era svegliata e chiedeva
di lui.
Scambiato uno sguardo con Peter, Neal si era diretto al capezzale della
figlia.
“Jones
resta qui e controlla Neal, più tardi ti mando una macchina per
riportalo a
casa, fatti dare il cambio stanotte per tenerlo d’occhio” ordinò Peter,
poi si
girò verso Diana “Noi torniamo in ufficio.”
Nel
prossimo capitolo:
“Domani
potrebbero dimettere Ariel dall’ospedale…” disse Peter alla moglie.
I due erano
seduti in giardino, era una serata tiepida. Satchmo se ne stava disteso
ai
piedi della sdraio di Elizabeth a rosicchiare un osso di gomma. La
donna si
voltò verso il marito “Cosa succederà?”
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