Scusa ogni errore perché dietro c'è amore

di bemyronald
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scusami sempre... ***
Capitolo 2: *** ...e fallo col cuore. ***



Capitolo 1
*** Scusami sempre... ***


«Scusami amore se sono un bambino,
scusami sempre ma stammi vicino.
Portati via queste mille paure,
scusami amore»

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Hermione scese dal letto e avanzò come una sonnambula verso Ron, gli occhi fissi sul suo volto pallido. Si fermò davanti a lui, le labbra socchiuse, gli occhi sgranati. Ron tentò un debole sorriso speranzoso e fece per alzare le braccia. Hermione si scagliò in avanti e cominciò a prendere a pugni ogni centimetro di lui che riusciva a raggiungere.
«Ahia... ahia... smettila! Ma che...? Hermione... AHIA!»
«Tu... enorme... stronzo... Ronald... Weasley!»
(Harry Potter e i Doni della Morte - pagina 351, capitolo 19)


Nel silenzio della tenda, disteso sul letto inferiore della cuccetta, con le mani incrociate dietro la nuca, Ron ripensava a ciò che era accaduto qualche ora fa. A quando aveva visto la cerva d'argento, a quando aveva seguito Harry nel silenzio penetrante della foresta. Ripensò al freddo gelido del laghetto ghiacciato, alla spada di Grifondoro, all'Horcrux distrutto. Quel maledetto Horcrux. Storse il naso solo al pensiero, mentre una strana sensazione gli attanagliava lo stomaco. Gli succedeva sempre quando pensava al medaglione di Serpeverde e all'effetto devastante che aveva avuto su di lui. Se solo non fosse stato così vulnerabile, se solo non gli avesse dato l'agio di leggergli dentro, nell'inconscio, se solo avesse tenuto ben nascoste paure e angosce, allora forse non avrebbe provato quella terribile sensazione di aver perso una piccola parte di se stesso. Non avrebbe perso Harry, non avrebbe perso Hermione.
Hermione. Lanciò uno sguardo furtivo verso la fessura della tenda, riuscì ad intravedere la figura della ragazza china su un libro. Era lì da un'oretta, si era data il cambio con Harry che ora dormiva profondamente. Per cominciare il suo turno di guardia, Ron avrebbe dovuto aspettare un paio d'ore, ma non riusciva a chiuder occhio, continuava a fissare il profilo di Hermione, sbuffando infastidito.
Quanto avrebbe dovuto aspettare ancora? Non era stato lontano da lei già abbastanza?
E ora lei non ci pensava nemmeno a rivolgergli la parola e il fatto che non lo degnasse nemmeno di uno sguardo, lo logorava. Non che non se lo meritasse, anzi, era consapevole dei suoi errori e del fatto che, prima che Hermione lo perdonasse, ne sarebbe passata di acqua sotto i ponti. Ed era questa consapevolezza a mandarlo in paranoia. Li aveva ritrovati, stavano bene, lo avevano accolto nuovamente, ma Hermione si rifiutava di guardarlo negli occhi... che senso aveva?
Ammise di sentirsi alquanto sconfortato. Aveva pensato molto a lei, ovviamente, e le era mancata in un modo inquantificabile, e ora che era lì, non poteva parlarle, non poteva sfiorarla perché lei non voleva.
E come biasimarla? È quello che meriti, Ron! È la tua punizione!, pensò tra sé e sé storcendo il naso. Ma il bisogno di parlarle, di guardarla negli occhi, di accarezzarla era più forte della consapevolezza dei suoi errori. Ne aveva bisogno. Era un bisogno fisico... per cominciare a star meglio con se stesso. Ma Hermione aveva bisogno dei suoi tempi e ne aveva tutto il diritto! Aveva tutto il diritto di insultarlo e ignorarlo per il resto dei suoi giorni.
Sbuffò di nuovo. La pazienza non era proprio il suo forte.
Nei momenti di nostalgia, quando era lontano dai suoi amici e si sentiva estremamente abbattutto, spesso si era ritrovato a pensare a cosa sarebbe successo al suo ritorno, ammesso che sarebbe riuscito a ritrovarli. Nella sua immaginazione vedeva davanti a sé un Hermione felice, che gli regalava un sorriso solare, che gli correva incontro, gli buttava le braccia al collo e lo stringeva forte a sé mentre gli sussurrava parole dolci: "mi sei mancato" e "ti ho sempre amato", e poi scappava addirittura un bacio lungo e passion...
No. Decisamente, assolutamente, indubbiamente no.
L'appellativo «stronzo» che rimbomba nel silenzio della tenda, con tanto di pugni annessi, era decisamente più consono ad una reazione "Hermionesca". Ogni volta che immaginava la "versione romantica" del suo ritorno, si ritrovava a ridacchiare amaramente da solo, nonostante il dolore. Rise piano anche stavolta, ma solo per un attimo, perché subito si rabbuiò non appena gli vennero in mente altre parole di quella sera...

«E TU!» puntò un dito accusatore contro Ron: sembrava quasi una maledizione.
«Ti sono corsa dietro! Ti ho chiamato! Ti ho supplicato!»
«Lo so» rispose Ron. «Hermione, mi spiace, davvero...»
«Ah, ti spiace!»
Rise, una risata acuta, incontrollata; Ron cercò con gli occhio l'aiuto di Harry, che si limitò a fare una smorfia impotente.
«Torni dopo settimane - settimane - e credi che dire 'mi spiace' basti a sistemare tutto?»
«Be', cos'altro posso dire?»
«Ah, non so!» gridò Hermione, con spaventoso sarcasmo.
«Frugati il cervello, Ron, non dovresti metterci più di un paio di secondi...»


Già, cos'altro poteva dire? Lui aveva pure provato a frugarsi il cervello! Il punto era che aveva aveva tante cose da dire, davvero tante, ma un conto era averle in mente, un altro era metterle in ordine per poi farle uscire dalla sua bocca. Se solo Hermione sapesse.
Ma doveva far qualcosa, era deciso a sistemare tutto. Doveva solo trovare le cose giuste da dire e crearsi l'occasione giusta. Be', poteva essere giusto qualsiasi momento, anche quel preciso momento. Diede un ultimo sguardo al profilo di Hermione ancora concentrata sul suo libro, ascoltò per qualche secondo il respiro tranquillo di Harry, e decise che si sarebbe creato l'occasione giusta. In pochi passi raggiunse la minuscola cucina, azionò il bollitore e cominciò a preparare il tè.
«Il suo gusto preferito... il suo gusto preferito...» mormorò con la faccia contratta per lo sforzo di ricordare...


«Che fai?» chiese Ron con le braccia incrociate, appoggiato allo stipite della porta che affacciava sulla cucina della Tana.
«Tè» rispose Hermione, era in piedi sulle punte e cercava di raggiungere un barattolo che conteneva foglie di menta, posato sul ripiano più alto. Ron si lasciò sfuggire una risata che Hermione non ignorò. Si voltò verso lui fulminandolo con lo sguardo.
«Perché non mi dai una mano invece di startene lì a ridacchiare?»
«Sì, scusa» rispose Ron avvicinandosi senza smettere di sorridere. «È che sei buffa... sei sempre più bassa, è possibile?»
«Smettila!» ribatté Hermione mollandogli un pugno sul braccio.
«Ecco a te» disse porgendole il contenitore con le foglie di menta.
«Grazie, proprio uno sforzo disumano, eh?» rispose Hermione sarcastica.
Ron rise di nuovo, poi cominciò a fissare le mani di Hermione che veloci si impegnavano nel posizionare sul ripiano della cucina i pochi ingredienti essenziali.
«Sai, non so qual è il tuo gusto preferito» disse all'improvviso Ron, continuando a fissarle le mani.
«E perché vorresti saperlo?» gli chiese Hermione aggrottando le sopracciglia. Ron fece spallucce.
«Così... curiosità...» disse, poi la guardò e sorrise. Hermione ci pensò per qualche secondo.
«Forse questo alla menta... sì, alla menta»
«Me lo ricorderò» disse, sovrappensiero.
«Perché? Che importanza ha?» chiese Hermione, un po' divertita dal fatto che prendesse sul serio una banale informazione.
«Be', era per sapere... forse un giorno potresti aver voglia di un tè e saprei quale offrirti senza aver bisogno di dovertelo chiedere» rispose, grattandosi la nuca e arrossenso appena.
Hermione sorrise, guardò i pochi ingredienti disposti sul ripiano, il bollitore e poi di nuovo Ron.
«Oh, avrei proprio voglia di un tè» disse simulando uno sbadiglio. «Me ne prepareresti uno, Ron?» chiese sorridendogli.
Ron spalancò leggermente la bocca.
«Tu... tu sei un'approfittatrice!» disse puntando il dito su di lei, fingendosi offeso.
«Tu hai detto che mi avresti preparato un tè nel caso avessi avuto voglia»
«Sì, va bene, ma adesso? Io... io non so fare il tè...» borbottò Ron. Era evidente che Hermione stesse trattenendo una risata.
«Cosa?»
Ron le regalò un'occhiataccia.
«Ho detto che non so fare il tè»
Hermione liberò una risata che fece sciogliere Ron, che la seguì.
«Non ridere... non ci ho mai provato» disse sulla difensiva.
«E allora prova» propose Hermione.
«Dài, Hermione, adesso? Ma...»
«Niente storie, Ronald!» gli ficcò in mano le foglie di menta e gli spiegò il semplice procedimento da seguire.
«Tutto qui? Non è difficile» disse alla fine Ron.
«Fammi vedere cosa sai fare, e attento alle dosi»
«Ti stupirò!» affermò compiaciuto.
Ron, sotto lo sguardo vigile di Hermione, concluse il suo tè alla menta e prima del tocco finale, Hermione lasciò per qualche minuto la cucina. Al suo ritorno, due tazze fumanti erano poggiate sul tavolo e l'odore di menta si era diffuso in tutta la stanza.
«Prego» disse Ron indicando il posto accanto al suo, invitandola a sedersi.
«Vediamo un po'...» Hermione prese la sua tazza sotto lo sguardo soddisfatto di Ron, la portò alla bocca e ne seguì una smorfia disgustata.
«Ma Ron, quanto zucchero ci hai messo?»
Ron la guardò spaesato.
«Io... non me lo ricordo... forse due cucchiai. Sì, tu avevi detto due cucchiai!»
«Cucchiaini, Ron! Cucchiaini!» specificò Hermione, alzando gli occhi al cielo.
«Oh...»
Stettero in silenzio per qualche secondo, con lo sguardo fisso sulle tazze fumanti, poi si guardarono e scoppiarono a ridere.
«Che impiastro» bofonchiò Ron, passandosi una mano tra i capelli.
«Be', dai, era il tuo primo tè» rispose Hermione, che ancora rideva.
Ron, guardandola, pensò a quanto fosse bello e naturale ridere di banalità con Hermione. Gli sembrava di esser tornato ad Hogwarts, gli sembrava di star vivendo una semplice giornata spensierata in compagnia di Hermione. E invece tutto era cambiato.
«Sai a cosa pensavo?» Hermione interruppe i suoi pensieri. Ron la guardò, ma lei teneva lo sguardo fisso sulla tazza.
«Prima che modificassi la memoria ai miei genitori, quel pomeriggio, la mamma mi aveva chiesto di prepararle un tè... alla menta. È anche il suo gusto preferito... chissà se lo ricorda» Hermione prese a tracciare il perimetro del bordo della tazza, con un'espressione strana.
«Io, presa dall'agitazione per quello che avrei dovuto fare da un minuto all'altro, mi distrassi e persi il conto dei cucchiaini di zucchero versato» rise piano, una risata spenta. Poi alzò lo sguardo verso Ron e il ragazzo notò che aveva gli occhi velati di lacrime.
«Hermione...» sussurrò Ron allungando la mano per prendere la sua che aveva preso a ricalcare con un po' troppa insistenza il bordo della tazza.
«Faceva veramente schifo quell'ultimo tè, Ron» e le lacrime trattenute fino a quel momento, cominciarono a rigarle le guance senza fermarsi. Ron la tirò delicatamente a sé. Non disse nulla, la strinse semplicemente. Rimasero in quella posizione per parecchi minuti, in silenzio, mentre Ron provava a consolarla accarezzandole piano ora la schiena, ora i capelli, fino a quando Hermione non si calmò e si staccò appena da lui.
«Ehi, Hermione» sussurrò Ron, asciugandole le guance bagnate.
«Guarda che si può rimediare! Potrai preparare tanti altri tè alla menta a tua madre» disse sorridendole e prendendo il suo viso tra le mani.
«Scommetto che non aspetta altro. Deve essere pessimo il tè in Australia»
Sul volto di Hermione si dipinse un debole sorriso, un sorriso sincero, poggiò una mano su quella di Ron, che intanto le stringeva delicatamente il viso, e prese ad accarezzargliela.
«Grazie» bisbigliò appena.
Ron le posò un bacio sulla fronte, la guardò e le sorrise prima di esclamare:
«Forza, qui ci vuole altro tè alla menta!»

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Capitolo 2
*** ...e fallo col cuore. ***


«Alla menta!» esultò piano Ron, eccitato per essersi ricordato. Non potè fare a meno di sorridere durante tutta la preparazione, ricordando quell'episodio e pensando che il tè alla menta per Hermione potesse significare semplicemente casa. L'odore di menta, proprio come quel pomeriggio nella cucina della Tana, si diffuse in tutta la tenda. Ron posò le due tazze fumanti sul tavolo, cominciava a sentirsi nervoso all'idea di dover affrontare Hermione.
Cose le avrebbe detto? Certo, non erano molti gli argomenti che poteva esporre a suo favore. In realtà, non c'erano argomenti che giocavano a suo favore. Aveva dato libero sfogo alla sua frustrazione, se ne era andato, non aveva ascoltato le sue suppliche. Li aveva abbandonati. Fine della storia. 
Argomenti a favore? Nulla. Doveva solo chiedere perdono, scusa e ancora perdono. Continuava a fissare il fumo che veniva fuori dalle tazze, lanciando brevi occhiate nervose al profilo di Hermione che ora si era tirata su il cappuccio della felpa. 
Insomma, Ron, sei patetico, vuoi far sì che lei torni da te o no? Datti una mossa!
Probabilmente tra un attimo avrebbe superato la soglia della pazienza e avrebbe urlato istericamente. Senza pensarci oltre, afferrò le due tazze e si avviò verso l'uscita
Il gelo lo colpì in pieno volto, rabbrividì pentendosi di non essere rimasto avvolto nel calore delle coperte, poi diede una veloce occhiata ad Hermione, seduta lì, a qualche passo da lui, e si riscosse. Restò in silenzio per parecchi secondi, sentendosi un ebete con due tazze fumanti tra le mani nel bel mezzo del buio di una notte gelida. Sospirò, abbassò lo sguardo su Hermione.
«Tè?» disse con voce orribilmente rauca, porgendole una tazza.
Hermione, in tutta risposta, alzò lo sguardo senza guardarlo, prese la tazza e gli fece un breve cenno come per ringraziarlo.
Rimase lì impalato per un po' prima che decidesse di sedersi, non molto vicino ad Hermione. Fissava il fumo della sua tazza con aria concentrata e di sottecchi guardava Hermione che non sembrava dare la giusta attenzione al manuale di Rune Antiche che utilizzava per la traduzione de Le fiabe di Beda il Bardo. Ron notò che non voltava pagina da un po' troppo tempo. No, decisamente non era concentrata sulla lettura. Passò qualche minuto prima che riuscisse a raccogliere tutto il coraggio che aveva in corpo e rompesse il silenzio.
«Hermione, senti...» cominciò titubante.
«No, Ronald, non voglio ascoltare» scattò subito Hermione, alzando lo sguardo dal libro. Si voltò dalla sua parte senza guardarlo e posò la tazza su un masso accanto a loro, ritornando poi a prestare attenzione al suo libro. Era ferma ancora sulla stessa pagina.
Ron aveva la tazza in mano e non aveva bevuto un solo sorso, sentiva una forte sensazione di nausea. Era certo che avrebbe vomitato non appena avesse inghiottito qualcosa.
Sentì il panico crescere, per Hermione era come se lui non ci fosse... ma ormai lui era lì, valeva la pena tentare ancora. Sospirò.
«Se solo mi lasciassi parlare, io...»
Con uno scatto secco, che fece sobbalzare Ron, Hermione chiuse il librone di Rune Antiche e si voltò verso di lui, lo sguardo furioso.
«Sentiamo, allora! Ti sei frugato il cervello?» disse in tono spaventosamente sarcastico. «E oltre a "mi dispiace" e "scusa", hai trovato qualcosa di più interessante da dire?»
Ron la fissava con tanto d'occhi, aprì e chiuse la bocca diverse volte, la mente confusa, non riusciva a mettere in ordine i pensieri, mentre il silenzio si insinuava prepotente tra i due che continuavano a fissarsi.
«Bene, allora me ne vado» disse Hermione alzandosi d'impeto, e nel farlo, il libro toccò la tazza che Ron teneva sul palmo della mano. Era ancora piena di tè fumante e il liquido bollente andò a rovesciarsi sul braccio del ragazzo.
«Miseriaccia, Hermione, scotta!» urlò Ron, guardandosi la mano che lasciò perdere all'istante, non appena si rese conto che Hermione si dirigeva verso l'entrata della tenda. Ma lui era più vicino, così si alzò di scatto e le si parò davanti prima che potesse oltrepassare la fessura.
«Spostati» grugnì Hermione, con una strana calma nella voce e fissando un punto indefinito oltre la spalla di Ron. Ma Lui non mosse un dito, prese a guardarla.
«Spostati, Ronald!» ora il tono era decisamente più alto.
«No» ribatté lui, deciso.
«Che cos... guarda che ti Schianto» 
«Fallo, tanto non m'importa» disse Ron, tranquillo.
Hermione alzò lo sguardo duro e puntò gli occhi nei suoi. Ron non riuscì a leggerli, erano indecifrabili. E in quanto a lui, era determinato e deciso. Voleva risolvere la questione. Voleva in qualche modo riaverla.
Si fissarono per qualche secondo, poi Hermione cercò di spingerlo di lato, ma Ron le strinse le spalle e la spinse leggermente, allontanandola ancor di più dall'entrata della tenda. Adesso Hermione dava le spalle alla tenda, era bloccata tra la stoffa di quest'ultima e Ron che le si era piazzato davanti. Lui non mollò la presa sulle sue spalle, la teneva senza stringere troppoma. Erano vicini adesso, troppo vicini. Un brivido gelido gli percorse la schiena, sentiva il cuore martellare, sussultando silenziosamente nella cassa toracica. Per la prima volta da quando era tornato, per la prima volta dopo settimane di assenza, i loro corpi si toccavano e non c'erano pugni di mezzo. Ron si avvicinò impercettibilmente e sentì il caldo sospiro di lei carezzargli il collo freddo. La fissava con determinazione e dovette vincere l'istinto di accarezzarla, di abbracciarla, di stringerla forte a sé. Quanto le era mancata? E adesso erano talmente vicini che...
No, non doveva. C'era mille altre questioni da risolvere.
«Hai idea di quanto io mi senta patetico in questo momento?» mormorò, guardandola dritto negli occhi. «Ma devo farlo, perché vorrei che tu mi ascoltassi, che mi lasciassi il tempo per pensare! Non credere che non abbia cose da dire perché ne ho e, credimi, sono fin troppe, Hermione» fece una pausa, senza mai staccare gli occhi dai suoi.
«E mi dispiace, sì. Mi dispiace da morire. Mi dispiace perché faccio fatica a trovare le parole giuste da usare con te, eppure so benissimo ciò che provo e ciò che ho provato. Mi dispiace perché sono stato debole, non riuscivo a controllarmi quando avevo quel dannato Horcrux al collo. Non ce l'ho fatta. Mi dispiace per avervi mollato. Sono stato un vigliacco. Mi sono maledetto ogni secondo per ciò che ho fatto, credo che il senso di colpa e l'angoscia mi abbiano divorato. Mi sono dannato al pensiero che potesse succederti qualcosa. Mi dispiace di essere stato un vero idiota»
Fece un lungo sospiro prima di riprendere.
«Io... mi... mi dispiace di aver spezzato quell'equilibrio che stava cominciando a stabilirsi tra noi. Ci ho pensato ogni giorno, credimi. Mi dispiace perché so di averti fatto del male e la cosa che temo di più è quella di averti persa definitivamente. È tutta colpa mia, ma ti prego - ti prego, Hermione - perdonami»
Le parole vennero giù come un fiume in piena. Ron avvertì un bruciore, come un solletico agli angoli interni degli occhi, battè le palpebre e distolse immediatamente lo sguardo da Hermione.
«Adesso puoi anche Schiantarmi, fa ciò che vuoi, non mi interessa... volevo solo che mi ascoltassi» disse piano, togliendo le mani dalle spalle di Hermione e puntando lo sguardo altrove. La ragazza, in tutta risposta, rimase ancora lì a fissarlo stupita, fino a quando non si riscosse dallo stato di trance e diede libero sfogo alla sua delusione. Alzò il dito puntandolo accusatorio contro Ron.
«Sì, esatto. Sei stato un vero idiota. Anzi no, è riduttivo! Sei... stato... un... enorme... stronzo!» scandì parola per parola picchiettando sul petto di Ron con una tale forza da farlo indietreggiare.
«Uno stronzo, capisci? E io stupida che ti sono venuta dietro, ti ho supplicato! Quanto posso essere stata patetica, io, quella sera sotto la pioggia, eh, Ron?» gli occhi di Hermione erano rossi, pieni di lacrime.
«E quello sporco ricatto? Dopo tutto quello che abbiamo passato e che abbiamo deciso di affrontare insieme, come hai osato chiedermi di scegliere? Come credi che io mi sia sentita in quel momento?» la voce le tremava, la collera cresceva.
«Quanto posso essermi sentita in colpa per non essere riuscita a convincerti a restare?» lacrime calde cominciarono a solcarle il viso, Ron la fissava spaventato, senza muoversi, senza dire una parole. Non riusciva a smettere di guardarla.
«E come credi che mi sia sentita ogni dannato giorno senza sapere dove fossi, se stessi bene? Lo sai, Ronald?» gridò in preda alla collera, i pugni serrati, le nocche sbiancate, le unghia immerse nei palmi, le guance imporporate e bagnate.
«LO SAI?» urlò ancora, la voce rotta dal pianto.

 
«Scusami amore, so che non mi vedi, 
scusami sempre, lo sento che tremi.
Stringimi forte e portami sempre via con te.
Stringimi di più adesso, stringimi forte al tuo petto.
E non avere paura c'è chi ne ha già abbastanza, lo sai.
Forse sarà anche un po' dura ma se tu sei sicura, vedrai...»


Ron le si avvicinò di un passo, allungando un braccio. Voleva calmarla, non voleva vederla piangere. Voleva abbracciarla e basta. Ma fu colto di sorpresa quando, d'improvviso, Hermione gli buttò le braccia al collo con una tale veemenza da fargli perdere quasi l'equilibrio. Hermione cominciò a piangere forte e a singhiozzare contro il suo petto. E lo stringeva fortissimo. Tanto forte che, se non fosse stata lei, Ron avrebbe pensato che lo stessero strozzando.
Lui era ammutolito, troppo sconvolto per pensare a qualcosa da dire, così lasciò che Hermione lo stringesse. La sentiva tremare contro il suo corpo. Sentiva le sue frasi sconnesse: «...un tale stronzo!» «...l'essere più stupido che abbia mai conosciuto». Ma non gli importava, in quel momento si sarebbe preso i peggiori insulti esistenti pur di riaverla.
In fin dei conti, lui meritava quegli insulti. Li meritava tutti.
Senza rendersene conto, chiuse gli occhi e cominciò a bisbigliarle:
«Scusami... scusami... scusami...»
Non sapeva perché, ma sentiva che il discorso di qualche minuto prima, non fosse sufficiente. Sì, si sentiva più leggero, certo, ma sapeva che non era abbastanza, sapeva di averle fatto troppo male. Qualche lacrima sfuggì anche a lui.
Dopo quelli che furono parecchi minuti, Hermione si scostò bruscamente da Ron e si allontanò di qualche passo, dandogli le spalle. Ron la fissò per qualche secondo prima di raggiungerla. Da dietro, le poggiò una mano sulla spalla.
«Hermione, ti prego… perdonami… per favore…» sussurrò. Doveva apparire proprio disperato. In effetti appariva per quel che era davvero. Ron Weasley era davvero disperato.
Hermione non parlò, lo ignorò totalmente, mentre con le mani si strofinava le guance con l'intento di asciugarle. Ron sospirò stancamente, le si mise difronte e mollò la presa dalla sua spalla lasciando scivolare la sua mano sul braccio di lei. Avrebbe voluto prenderle la mano, ma si fermò al polso che strinse leggermente.
«Hermione, per favore, guardami... solo un attimo...» bisbigliò, speranzoso. Lei smise di torturarsi le guance e lo guardò.
Negli occhi di Hermione, arrossati a causa del pianto, Ron vi lesse stanchezza e, soprattutto, inquietudine. Per l'ennesima volta, quella notte, dovette resistere all'impulso di abbracciarla. All'impulso di proteggerla.
«Giuro che rimedierò. Aggiusterò ogni cosa, Hermione» disse serio.
La guardava intensamemte. Non staccò gli occhi dai suoi nemmeno per un istante.
«Ora so cosa voglio e ti giuro - te lo giuro, Hermione - che da questo momento in poi ci sarò sempre» fu solo un bisbiglio, ma mai Ron aveva affermato qualcosa con tanta convinzione.
«Ron, non mi devi promettere proprio nulla» rispose Hermione, con la voce di chi è stanco di credere.
«No, Hermione, non riuscirò mai a perdonarmi per ciò che ho fatto» le strinse un po' più forte il polso. «Potrai anche non credermi, ma la mia è una promessa. Ho infranto quella dell'ultima volta perché, sì, sono uno stronzo» disse con un mezzo sorriso amaro, appena accennato. 
«Te la ricordi quella promessa, eh? Quella che ti feci la prima notte nel salotto di Grimmauld Place? Te la ricordi, Hermione?» (*)
Hermione annuì debolmente. 
«Io... io non la infrangerò più. Questa volta resto sul serio, te lo prometto» sussurrò deciso, liberando il polso che stringeva e posandole un delicato bacio sulla guancia umida.
Hermione lo guardò per un istante prima di voltarsi e dirigersi verso l'entrata della tenda. Ron la seguì con lo sguardo e poi richiamò la sua attenzione.
«Hermione?» 
Lei si voltò di poco, ma Ron fu felice di vedere che stavolta lo guardava negli occhi.
«Nel bollitore c'è dell'altro tè» Hermione fece un cenno impercettibile col capo. «È alla menta» aggiunse subito dopo. Hermione abbassò lo sguardo e prima che scomparisse del tutto dalla sua visuale, Ron intravide un sorriso allargarsi sul viso della ragazza.
Istintivamente sorrise anche lui. 
Sorrise perché sapeva che quel tè le avrebbe ricordato casa sua. Sorrise perché era di nuovo con i suoi amici. Era di nuovo con lei. Sorrise perché anche se non gli aveva detto esplicitamente di averlo perdonato, l'aveva ascoltato. Sorrise perché era certo di non averla persa definitivamente. Doveva solo aspettare. Sorrise perché era quasi tutto in ordine. Sorrise perché voleva mantenere quella promessa, perché non l'avrebbe più infranta. Sorrise. Sorrise perché nonostante la tragica situazione, nonostante la paura, il dolore, poteva dire di essere tornato a casa. Anche i suoi amici erano la sua casa.
Lei era casa.

«Scusami amore, van via le paure, 
scusami sempre e fallo col cuore. 
Scusa ogni errore
perché dietro c'è amore. 
Tu, scusami»
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(*) riferimento ad un missing moment descritto nella mia fanfiction "Stay here, have no fear"


Angolo di un'autrice insonne pt. 2 ~

Scritta in una notte, la scorsa notte. Io non so che mi succede, ma divento estremamente inquieta durante le ore notture. Ascoltavo una canzone e non ho potuto fare a meno di pensare a Ron e Hermione e alla delusione più grande che quest'ultima ha dovuto affrontare. Non sappiamo esattamente cosa sia successo tra i due, ma io credo che, ecco, una specie di mezzo chiarimento ci sia stato sin dalla prima sera... Okay, Hermione nei giorni successivi al suo ritorno si ostina ad ignorarlo, e come darle torto? Il punto è che può ignorarlo, insultarlo quanto vuole, ma io credo che si sia sentita la persona più felice e sollevata del mondo sapendo che Ron fosse di nuovo lì... eh be', un abbraccio "stritola-tutto" ci sta. Comunque, io mi sono divertita molto, mi sono anche commossa a dir la verità, e spero davvero che si percepiscano i messaggi di questa storia, spero di riuscire ad emozionare anche voi lettori ;) Ne approfitto per ringraziare chi leggerà, recensirà o la inserirà tra le preferite/seguite/ricordate :) 
Saluti a tutti!

Peace, love & Romione,
Jess





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