Mai stati amici

di LunaMoony92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Volevo sentirti ***
Capitolo 2: *** Notti insonni ***
Capitolo 3: *** Notti insonni, parte due ***
Capitolo 4: *** Siamo in guerra ***
Capitolo 5: *** Invito alla Tana ***
Capitolo 6: *** Festa alla Tana ***
Capitolo 7: *** Spiegazioni ***
Capitolo 8: *** Questione di sguardi ***
Capitolo 9: *** Partenze ***
Capitolo 10: *** Finalmente la verità ***
Capitolo 11: *** Flashback ***



Capitolo 1
*** Volevo sentirti ***


Era ormai passata l’una di notte, ma Hermione non riusciva a prendere sonno. Pensieri  e preoccupazioni la mantenevano sveglia quasi ogni notte ultimamente.
Ad essere onesti, non riusciva a dormire serenamente da prima che cominciasse la guerra e, anche adesso che era finita da tre anni, gli incubi non erano scomparsi del tutto.
Stanca di agitarsi nel letto, decise di alzarsi e scendere in cucina per una camomilla. Mentre metteva il bollitore sul fuoco, la sua attenzione fu attirata da uno strano pacchetto  arancione depositato distrattamente sul tavolo. Un gufo l’aveva consegnato la mattina ma lei era già in ritardo per il lavoro, così l’aveva lasciato lì, con l’intenzione di aprirlo la sera stessa. Con tutti i pensieri della giornata, però, le era passato di mente.
Si mise a sedere per ispezionare quello strano pacchetto da vicino. Carta arancione, un nastro viola e una grande W in alto: non poteva che essere opera dei gemelli.
Come ogni loro creazione, necessitava di molta cautela e diffidenza, Hermione lo sapeva bene, essendo stata per anni una delle loro vittime preferite.
Mentre se lo girava tra le mani, incerta sul da farsi, dal pacchetto cadde un biglietto. Era scritto con una grafia un po’ sbilenca, svogliata quasi, che Hermione riconobbe all’istante.
Lo aprì e lesse: “Fidati di me”
Bastarono quelle parole per farle capire che non sarebbe stato niente di pericoloso stavolta.
Scartò il pacchetto impaziente, ma fu presto delusa perché quello che vi trovò dentro fu solo un foglio di pergamena ingiallito e una piuma di un rosso scarlatto.
“Una pergamena e una piuma?” Hermione era un po’ perplessa.
Tutti sapevano che se c’era una cosa che non le mancava mai erano proprio i fogli di pergamena o le piume. Mise da parte il pacchetto e si versò la camomilla nella tazza, cercando di capire cosa potesse significare quello strano regalo.
“Un giorno o l’altro mi faranno ammattire.  Chissà cosa significa…”
Mentre si sporgeva per prendere lo zucchero, finì per versare un po’ di camomilla proprio sulla pergamena. “Oh no! Per le mutande di Merlino!”
Hermione imprecava in rare occasioni, quando rovinava una pergamena era una di quelle.
“Certo, un po’ inutile, ma era pur sempre una pergamena nuova!”
Velocemente prese la bacchetta, mormorò un Tergeo per farla asciugare,  ma stava succedendo qualcosa. La macchia di camomilla, invece che rimpicciolirsi, andava allargandosi, mostrando una filigrana.
Hermione girò il foglio e lesse:
“Pergamena ProntaRisposta, brevetto Weasley & Weasley.”
Fred le aveva inviato una pergamena autocorreggente? A lei, Hermione Granger? Che scherzo era mai questo?
Prese velocemente una boccetta di inchiostro, intinse la piuma decisa a dirgliene quattro.
Aveva  scritto “Come ti permetti a…” quando si bloccò di colpo.
Sotto le lettere che aveva appena tracciato, con la famigliare scrittura sbilenca, era appena spuntata una scritta.
“Finalmente!”
Hermione strabuzzò gli occhi. Tutto questo le era terribilmente famigliare, come quando Harry aveva scritto nel diario di Tom Riddle.
Presa dal panico,  gettò la pergamena a terra e l’inchiostro finì per ricoprirla interamente.
Superato il panico iniziale, Hermione cominciò a ridere, stupendosi di quanto era stata stupida.
La pergamena, infatti, non  risucchiò l’inchiostro come invece aveva fatto il diario di Riddle, anzi, rimase lì a terra, completamente imbrattata.
“Oh Merlino, ma certo che non poteva essere!”  disse ridendo.
Con un gesto della bacchetta, l’inchiostro fu risucchiato via dal foglio e, raccogliendo la pergamena da terra, notò che era comparsa un’altra scritta sotto la precedente.
“Ci sei? “
Hermione si mise a sedere e intinse la piuma nell’inchiostro recuperato e, sospirando, rispose:
“Si”
Dopo pochi istanti ebbe la risposta.
“Pensavo ti fosse venuto un accidenti!”
Hermione sbuffò e un po’ risentita rispose:
“Ti piacerebbe!”.
“Volevo fossi la prima a conoscere la mia nuova invenzione. Sai, servono a comunicare a distanza in tempo reale…”
Hermione non rispose, così Fred continuò:
“L’incantesimo l’ha inventato George dopo che Errol stava quasi schiattando per colpa di quei continui  viaggi da casa nostra a casa di Angelina.”
Hermione si mise a ridere. In effetti, il povero Errol era abbastanza malconcio ultimamente, anzi, più del solito.
George lo metteva a dura prova da quando si era messo insieme ad Angelina, con il loro flusso interminabile di lettere. Almeno aveva avuto un po’ di pietà per quel povero animale finalmente!
Hermione ci pensò un po’ su, incerta su cosa rispondere, poi scrisse soltanto:
“Beh, complimenti! Funziona.”
Dopo poco, comparì la risposta di Fred.
“Grazie, Miss Granger.”
La mente di Hermione stava viaggiando velocemente. Qualcosa non le tornava. Fred aveva sempre provato le sue invenzioni con George o con Lee…  Lei aveva solo avuto la sfortuna di imbattersi il un telescopio pugile qualche anno a dietro e l’aveva fatta pagare cara a Fred. Un sorriso le affiorò sulle labbra al ricordo.
Cercò di mettere in ordine i suoi pensieri e scrisse:
“Perché hai voluto che fossi io a provarla?”
La risposta di Fred arrivò subito, come se non aspettasse altro che Hermione glielo chiedesse.
“Perché volevo sentirti.”
Presa in contropiede, Hermione scrisse velocemente:
“Buonanotte Fred. “
“Buonanotte Herm.” rispose Fred, rassegnato.
 
Fred rimase per un po’ a guardare la pergamena, sino a quando, una ad una, le lettere tracciate iniziarono a sparire e la pergamena tornò a essere giallastra come lo era stata all’inizio. Ci aveva provato.
 
Finita la camomilla, Hermione si tuffò nel suo letto, conscia che ormai quella notte non avrebbe dormito.

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Capitolo 2
*** Notti insonni ***


Erano passati due mesi da quella notte. Hermione era sempre più presa dal lavoro al Ministero ed era più nervosa che mai.
Era appena rientrata a casa, decisa ad andare a letto senza cenare per cercare di recuperare un po’ di sonno, quando un gufo picchiettò alla sua finestra.
Stancamente, lasciò cadere la borsa sul divano e andò ad aprire. Per poco non venne sbalzata a terra da Leotordo, il piccolo gufo di Ron, che era entrato a tutta velocità e adesso scalpitava tutto eccitato per essere riuscito nella sua impresa.
Hermione lo accarezzò gentilmente, abituata ormai ai suoi modi poco delicati e  gli diede un paio di biscotti. Sfilò la lettera che c’era legata alla sua zampetta e lesse:
 
“Amore, domani torno a casa e ci rimango per un mese, non sei felice? Firmato: tuo Ron.”
 
Il cuore di Hermione perse un battito. Dopo mesi passati lontani, Ron tornava a casa.
Erano passati tre anni dalla fine della guerra e loro stavano ancora insieme da quel giorno. Ron aveva lavorato per un po’ insieme ai gemelli al negozio di scherzi, ma poi aveva deciso di voler seguire Harry e aveva intrapreso l’accademia per diventare Auror. Passava lunghi periodi lontano da casa, però quello sarebbe stato l’ultimo anno.
Hermione viveva da sola nella vecchia casa dei suoi genitori. Dopo la guerra, era andata in Australia per dissolvere il suo incantesimo di memoria e riportarli a Londra.
Aveva passato quasi un mese insieme a loro, ma alla fine avevano deciso di voler rimanere lì e avevano chiesto anche a lei di farlo, ma lei non aveva accettato.
Ormai il suo posto era tra i maghi e le streghe e, inoltre, aveva ricevuto una proposta dal nuovo Ministro della Magia per un lavoro al Ministero. La prospettiva di vedere finalmente realizzato  il suo sogno di rendere il C.R.E.P.A. un’istituzione riconosciuta le aveva dato la forza di lasciarli senza rimpianti.
Con le continue assenze di Ron e quindi anche di Harry, passava molto tempo da sola. Ogni tanto Ginny passava a trovarla o la trascinava di peso ad una cena alla Tana alla quale Molly aveva deciso che non poteva mancare per nulla al mondo.
I Weasley. Doveva tanto a quella famiglia che l’aveva accolta da subito come una figlia.
Adesso mancava davvero poco perché fosse anche lei una Weasley a tutti gli effetti.
Ron, infatti,  le aveva promesso che appena sarebbe finito l’addestramento e quindi sarebbe potuto tornare a Londra, si sarebbero sposati.
Girò il foglio di pergamena e scrisse la sua risposta velocemente:
 
“Non vedo l’ora, ti aspetto qui. Tua Hermione”
 
Infilò la lettera alla zampetta di Leotordo, che, scuotendo le ali come un forsennato in segno di saluto, prese il volo e sparì nel cielo.
Hermione sospirò. Aveva aspettato con ansia quel momento e adesso?
Era spaventata, il matrimonio la spaventava.
Lei amava Ron, certo… L’aveva sempre…
No.
Non poteva continuare a recitare la solita solfa per autoconvincersi.
Non era vero che aveva sempre amato Ron.
C’era stato un altro prima di lui, ma ormai era una storia vecchia.
Erano amici, solo buoni amici da tanti anni e andava bene così. 
 
 
Hermione decise  di fare una doccia calda per lavare via tutti i suoi pensieri ma non servì a molto. Continuò a girarsi nel letto, incapace di prendere sonno. Aveva il respiro affannato, immagini del passato si sovrapponevano a quelle di un ipotetico futuro  confondendola ancora di più.
Decise che alzarsi era la scelta più saggia. Come aveva fatto due mesi prima, scese in cucina per una camomilla. Mentre attendeva che l’acqua bollisse, le passò un’idea per la testa che cercò di accantonare.
“No, sarebbe peggio.” disse tra sé e sé.
Lottò per un po’ contro se stessa, combattuta  tra la voglia di sentirlo e la paura che vecchie discussioni potessero tornare a galla e trascinarla ancora di più nella confusione, ma alla fine cedette.
Hermione era una ragazza forte, ma certe cose, o meglio, certe persone,  avevano il potere di farla diventare più fragile di una farfalla. Certe persone come Fred.
 
Aprì il cassetto in cui aveva nascosto la pergamena ProntaRisposta l’ultima volta e la aprì. Al suo interno aveva conservato anche la piuma rosso scarlatto e la boccetta di inchiostro. Non l’aveva più aperta da quella notte.
Incerta, intinse la piuma nell’inchiostro e poggiò la punta sul foglio. Poi scrisse soltanto:
“Dormi?”
Non appena la piuma lasciò il foglio, si rese conto che era altamente improbabile che Fred stesse li, in attesa di un suo messaggio pronto a risponderle. Dopotutto, erano passati ben due mesi dall’ultima volta che si erano sentiti e non c’era motivo per cui lui dovesse star lì ad aspettare un suo cenno.
Stava chiudendo la pergamena, quando lettere sbilenche e strascicate iniziarono a formarsi sul foglio.
“No, tu?”
Hermione sorrise. Fred riusciva sempre a sorprenderla, nel bene e nel male. Era come se davvero fosse stato lì in attesa per tutti quei mesi.
“Se ti ho scritto…” La risposta immediata di lui l’aveva messa di buon umore e aveva deciso di punzecchiarlo un po’ come facevano una volta.
“Giusto, Granger, errore mio. Come mai sveglia?”
“Stavo leggendo” mentì Hermione.
“Strano… Io ero al campo di Quiddich..”
“Strano…” Quel botte e risposta le ricordava le loro discussioni ad Hogwarts… Poi aggiunse:
“Vinto o perso?”
Fred, con la sua inconfondibile scrittura strascicata, scrisse:
“Perdevamo 50 a 20, poi sono entrato io e abbiamo vinto 250 a 60.”
Le sue parole  trasudavano orgoglio e narcisismo da ogni goccia di inchiostro con il quale erano state scritte.
“E’ sempre il solito” pensò Hermione, e rispose:
“Menomale che ci sei tu, allora” Certa che niente comunque l’avrebbe fatto scendere dal piedistallo che si stava auto costruendo.
Fred, infatti, continuò:
“E solo con un braccio!”
“Perché?”
“Ginny non ti ha detto del bolide dell’altro giorno?”
Ah già, uno dei tanti infortuni di Fred.  Le era passato di mente. Ginny glielo aveva accennato nel pomeriggio che erano riuscite a ritagliarsi dopo un mese che non si vedevano.
“Pensavo ti fosse passato.”
“Beh, non del tutto.”
Hermione sbuffò. Fred era sempre il solito. Ad ogni partita che giocava finiva col farsi male, suscitando le ire  di Molly.
“Sei continuamente infortunato!”
“Già” rispose semplicemente Fred. Soprassedere ai suoi infortuni, liquidandoli sempre come cose da niente, era una delle sue specialità.
Incapace di trattenersi oltre, Hermione sbottò scrivendo:
“Non lo sopporto. Se io fossi la tua… Beh, non lo sopporto. Finirai per farti male davvero.”
Si pentì subito di quello che aveva scritto, si era quasi fatta scappare qualcosa che Fred le avrebbe sicuramente ritorto contro. Perché era stata così stupida?
Non parlavano così da mesi, senza nessuno che potesse interromperli, era un’occasione fin troppo ghiotta per lui questa. Hermione desiderò di non aver mai preso quella pergamena, ma ormai era fatta.
 
“Spero di riprendermi presto, così posso dare di più nella prossima partita.” scrisse lui, facendo finta di non aver presto attenzione alla frase di Hermione.
“Se non ti rompi anche l’osso del collo! Se non ti riposi e cerchi di riprenderti, non ti passerà mai! Hai la testa dura!”
“Lo so. Ammetti che è per questo che mi vuoi bene.” scrisse Fred, con un sorriso sornione stampato in viso, curioso della risposta che avrebbe ottenuto.
Ecco. Fred aveva sganciato la bomba. Per qualche mese, c’era stata una tregua tra loro. Non ne avevano più parlato, o, perlomeno, ogni tentativo di discussione era stato abilmente sabotato da Hermione con una scusa. Adesso però non erano faccia a faccia, lui non l’avrebbe vista arrossire e non l’avrebbe potuta trattenere, quindi, forse, poteva rischiare di rispondergli.
Hermione intinse la piuma di nuovo e scrisse:
“Ti voglio bene per tante cose, a questo mi sono solo rassegnata.”
Poi, ancora un po’ incerta su ciò che stava per scrivere rimase un attimo con la piuma a mezz’aria. Prese un respiro e continuò, decisa a liberarsi di quel peso:
“Però, stavo pensando, non sono più sicura che sappiamo ormai chi siamo davvero. Nel senso, tu non sai più chi sono io e io non so più chi sei tu. Forse vogliamo bene a qualcuno che in realtà non siamo più.”
Aveva sganciato anche lei la sua bomba e adesso si trovavano in “guerra”.
Era sempre così tra loro, una guerra continua tra quello che era giusto dire e quello che avrebbero voluto dirsi.
La verità, anche se nemmeno lei sapeva davvero quale fosse, era stata taciuta per troppo tempo. Era arrivato il momento delle risposte.
“Certo, niente è più come prima. Ognuno ha la sua strada adesso, ma in fondo il cuore è sempre lo stesso. E’ quello che conta, no?” rispose Fred.
Hermione rimase bloccata per un attimo, poi optò per una risposta evasiva. Non voleva sbilanciarsi.
“Suppongo di si.”
Fred continuò a scrivere, ignorando la sua risposta:
“Io quando ti vedo… Non te lo so spiegare… Mi rendi felice.”
Hermione si rese conto di essere entrata in un campo minato, intricato e pieno di insidie. Non sarebbe stato facile uscirne indenni, non con un “avversario” come Fred, ma ormai era fatta, tanto valeva continuare.
“Quindi non dici di volermi bene solo per abitudine, senza chiederti se sia davvero così?”
In fondo, cosa aveva da perdere? Era solo una chiacchierata tra vecchi amici, ormai la loro storia era solo passato.
“Ma quale abitudine! Io ti penso sempre…”
L’aveva rifatto. Mai, non sarebbe cambiato mai. Dopo anni, nonostante non si vedessero quasi mai, nonostante spesso si limitavano solo ad un accenno di saluto, lui riusciva sempre a colpirla dritta al cuore.
“Anche io ti  penso spesso.” decise di rispondere lei.
In fondo era la verità, più o meno, ma finché non ne avessero parlato faccia a faccia, quella risposta sarebbe stata perfetta.
Dopo un attimo di stallo, Fred scrisse:
“Se davvero dovrò andare via, voglio passare una giornata con te.”
Già, il viaggio di Fred. Anche di questo gliene aveva parlato Ginny, portavoce ufficiale delle notizie che gli riguardavano.  Da un po’, Fred pensava di andare via, lasciare il paese per entrare anche lui all’Accademia Auror.
Lì per lì, Hermione aveva preso la cosa con leggerezza, come un’altra delle sue burle. Sentirlo dire da lui però, beh, era un’altra cosa.
C’era qualcosa che sapeva di decisione già presa nella sua frase, un senso di definitivo che la fece sentire triste.
Hermione allora decise di accontentarlo. Dopotutto, se fosse partito, quello sarebbe stato un addio.
“Certo.” rispose, poi continuò:
“Spero comunque cambierai idea. Le persone che vanno via cambiano e non vorrei cambiassi anche tu. Sparirebbe anche quel poco che  so di te.”
Solo dopo aver finito, Hermione si rese conto del significato di ciò che aveva scritto. La risposta non tardò ad arrivare.
“Come Ron?”
Ecco, in trappola. Nessuna via d’uscita. Si era gettata da sola in quel casino, senza riflettere e lui aveva colto l’occasione al volo.
Poi, come un’ancora di salvezza, apparvero delle parole:
“Vado un attimo a fare la doccia. Mi aspetti?”
Hermione fece un sospiro di sollievo. Qualcosa doveva  avere fatto arretrare Fred dal suo attacco.
“Certo.” rispose, tirando un sospiro di sollievo.
Era passata quella che ormai sembrava essere un eternità. Erano ormai le due e di Fred nessuna traccia. Prossima a perdere la pazienza, Hermione decise di scrivere.
“Ma che fine hai fatto?”
“Scusa, stavo rivedendo un ordine per il negozio…”
“Si, certo e io aspetto te quando potrei essere a letto…” decise di rispondere, indispettita.
“E dai, non fare così. Ti mando un bacio.”
Leggendo queste parole, il broncio di Hermione non poté che trasformarsi in un sorriso, un sorriso che da tempo non si faceva vedere sul suo viso.
“Ecco, lo sapevo. Sei il solito ruffiano.” scrisse.
“Sei forse l’unica persona che dopo avermi fatta arrabbiare, riesce a farmi ridere subito.”
La mente di Hermione viaggiò indietro nel tempo, ai loro anni ad Hogwarts, quando lui e George cercavano di vendere le loro invenzioni ai poveri studenti del primo anno e lei, in qualità di Prefetto, continuava a minacciarli e rimproverarli.
Fu così che si innamorarono.
Perché si, Hermione e Fred, un tempo erano stati insieme.
Tra un rimprovero, un broncio e una risata, Fred e Hermione si erano accorti di essersi innamorati.
Era durata poco, forse un mese o due, poi Hermione l’aveva lasciato. Erano troppo diversi, lei un Prefetto, lui uno scanzonato combina guai, lei pensava allo studio, lui a come lasciare la scuola. Fu questo che gli disse quando lo lasciò e vide per la prima volta Fred Weasley piangere.
Fu questa che accampò come scusa ogni volta che Fred le chiedeva perché,  ogni volta che lui tornava sull’argomento, deciso ad avere una vera risposta.
La verità, però, era che Hermione aveva avuto paura. Paura di innamorarsi, di stare male, di essere solo un giocattolo nelle sue abili mani da seduttore, di essere solo “una delle tante”.
 
Dopo un anno passato a ignorarsi, Fred ferito nell’orgoglio e lei a sentirsi colpevole, avevano ripreso a parlarsi, quelle rare volte che si vedevano alla Tana. Poi c’era stata la guerra e tante volte lei si era sorpresa a pensare a lui, nelle lunghe notti passate di guardia fuori dalla tenda durante la ricerca degli Horcrux.
Erano amici, soltanto amici e nient’altro ormai.
Lui era uscito un paio di volte con Angelina dopo la loro breve storia e lei credeva di provare qualcosa per Ron.
Poi, durante la battaglia finale, lei e Ron si erano baciati e con quel gesto, Hermione aveva considerato chiusa per sempre la questione Fred.
Ma poi era successo.
Fred disteso nella Sala Grande, senza vita.
Lei che correva.
La ferita al collo di lui.
Le lacrime di Fenice.
I minuti che scorrevano.
Lui che lentamente apriva gli occhi e sorrideva.
Lei che scappava, tra le lacrime.
 
 
Spesso Ron le aveva chiesto cosa fosse successo davvero in quei minuti e soprattutto perché lei era scappata via. Lei si era sempre giustificata dicendo che l’aveva fatto per lui, per la sua famiglia, per lasciargli il loro spazio per riabbracciare Fred. Ron non se l’era mai bevuta quella storia, ma aveva finto di crederci, per andare avanti.
Fred però sapeva. Lui sapeva perché l’aveva fatto, perché era corsa via.
Appena aveva aperto gli occhi aveva visto in quelli di lei, il terrore e poi, all’improvviso un lampo di gioia. Ma era durata un secondo, giusto il tempo di realizzare che lo amava ancora ed era fuggita.
Lei aveva avuto paura. Lui si era sentito morire di nuovo.
Riemergendo da questi pensieri, Hermione lesse cosa aveva scritto Fred.
“Sposami”.

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Capitolo 3
*** Notti insonni, parte due ***


Hermione sorrise.
Era una delle cose che Fred le aveva ripetuto tante volte, forse troppe, durante quegli anni.
Dopo la vittoria della guerra e la conseguente partenza di Ron, Molly aveva insistito perché Hermione passasse un periodo con loro alla Tana, prima di partire per l’Australia.  Per stare un po’ vicini, per curarsi le ferite l’uno con l’altro, per non sentirsi soli.
Un giorno, mentre stava stendendo il bucato, Fred era spuntato dal nulla e gliel’aveva detto per la prima volta.
“Sposami”
Con il suo solito sorriso sghembo stampato in viso, come se avesse appena fatto una semplice battuta.
All’inizio Hermione era rimasta di sasso. Tutto era successo in pochi secondi e non riusciva a capire se scherzasse o se fosse serio.
Scelse la seconda opzione.
Era successo altre volte. Appena lei rimaneva da sola, ecco che lui spuntava dal nulla e le diceva ridendo: “Sposami”.
Una sera, quella del compleanno di Percy, mentre tutti erano in giardino a festeggiare, lui l’aveva raggiunta vicino al salice che avevano in giardino.
“Allora, mi sposi o no?”
Lei aveva sorriso e, complici i due bicchieri di spumante che aveva bevuto, si era ritrovata a parlare con lui senza timore, fantasticando dei nomi dei loro figli, di un’ipotetica casa, di un ipotetico futuro insieme. Ormai era un gioco per loro. Stavano cercando di ricucire il loro rapporto di amicizia come meglio potevano, ne avevano bisogno entrambi per andare avanti.
 
 
Fred continuò a scrivere:
“Te l’ho proposto tante volte e non mi hai mai risposto. Credo che adesso sia arrivato il momento.”
Hermione continuò a stare al gioco, dopotutto era da tanto che non parlavano e forse quella poteva ancora essere considerata una discussione tra due amici.
“Non ti posso prendere sul serio! Il guaio è che quando prendi sempre in giro una persona, poi quella non riesce più a capire quando scherzi e quando sei serio.” lo canzonò.
Passò del tempo, poi Fred scrisse:
“Io sono serio” ed Hermione seppe che lo era davvero.
Fece un respiro profondo. Raccolse le proprie forze e  decise che la discussione doveva finire, prima di degenerare.
“Questi discorsi mi fanno venire un po’ di tristezza, basta ti prego.”
“Perché?”
Hermione sbuffò.
“Fred lo sai perché, cavolo!” pensò. “Perché sanno troppo di “se avessi potuto”, “se fosse andato tutto diversamente”.”
“E’ colpa nostra, tua soprattutto.”
Questa fu la risposta di Fred.
Quelle parole la colpirono con un’intensità tale da farle mancare il respiro. Lui non l’aveva ancora perdonata. Probabilmente non l’avrebbe fatto mai.
“Grazie.”
“Ma figurati.”
Eccolo, Fred Weasley, il re del sarcasmo.
Hermione era decisa a chiudere quella discussione. Ormai non era rimasto più niente da definire “amichevole” e la strada verso il declino era terribilmente in discesa.
“Va beh, è andata così ormai. Che vuoi farci…” disse Hermione.
“Non è detto, basta un attimo per stravolgere tutto.”
Sarebbe stato meglio ricevere uno schiaffo, forte e in pieno viso piuttosto che leggere quelle parole. Per lui era sempre tutto così facile, così semplice, quasi ogni cosa potesse risolversi con la magia. Ma non era assolutamente così, Hermione lo sapeva bene.
“Si deve avere il coraggio e la sicurezza che sia la cosa giusta, per non avere rimpianti…” decise di rispondere.
“I rimpianti si hanno comunque, l’essere umano non potrà mai essere felice pienamente.”
Hermione sorrise.
“E tu da quando sei diventato un filosofo?” Nessuna risposta. Allora lei continuò.
“Comunque, hai ragione. La scelta è se avere rimpianti per ciò che si può perdere o per quello che poteva essere. Questa è l’unica scelta.”
Lentamente comparve la risposta di Fred.
“Avremmo avuto due figli.”
“Maschi”
La commedia della loro ipotetica vita insieme ricominciava. Neanche lui reggeva troppo a lungo quelle discussioni che si ostinava a portare avanti, facevano male a tutti e due.
“Si” rispose lui.
“C’è sempre quel problema del nome però…”
Quel giorno, quando si erano ritrovati a parlare, lei gli aveva confessato che avrebbe voluto chiamare suo figlio Fred, per questo non potevano sposarsi.
Chiuse gli occhi e poté immaginarsi l’espressione di Fred mentre leggeva la risposta che aveva appena scritto.
“Franco e Ciccio” rispose.  Hermione scoppiò a ridere.
“Scemo.”
“Beh, allora Stanlio e Olio” Hermione ormai non riusciva a fermare le risate.
“Tom e Jerry” scrisse lei.
“Basta”
“Perché ho vinto io?” Hermione si era abbandonata alle risate ormai.
“No”.
L’improvvisa serietà di Fred iniziò a preoccuparla, così cercò di continuare sulla scia dello scherzo e scrisse:
“Si, Tom e Jerry vincono su tutto.”
Passò qualche minuto, poi Fred rispose.
“Fai finta di non ricordare, ma abbiamo un conto in sospeso noi.”
E sbam.
Il peso delle parole di Fred la distrusse.
Lui non aveva dimenticato. No, non l’avrebbe mai fatto. Ma non era colpa sua. La colpa era tutta di Hermione, era stata lei. Si, era stata lei.
 
 
Ron era partito da soli tre giorni, dopo essere tornato per le vacanze di Natale. Erano già due anni che faceva quella vita, era cambiato. Per tutto il suo soggiorno era stato molto freddo, distaccato. Hermione aveva  attribuito il suo comportamento alla stanchezza e allo stress degli allenamenti e aveva scacciato via ogni pensiero di troppo. Poi però, era arrivato Fred a metterle la pulce nell’orecchio.
 
 
“Qualcosa non va?” disse Fred, entrando in cucina e vedendo Hermione sul divano, rannicchiata sotto una coperta.
“Cosa te lo fa pensare?” disse lei sulla difensiva.
“Mah, forse il fatto che il tuo Ronnino sia stato più freddo di un ghiacciolo in questi giorni o il fatto che ti stai mangiando le unghie a sangue.”
“Non è vero” rispose lei con la voce tremolante, colta su fatto e, con un gesto infantile, nascose le mani sotto la coperta.
Fred notò la scena e sorrise di nascosto.
“E’.. è solo molto stanco.”
“Mhhm, stanco. Io non sarei mai stanco per te.”
Hermione sbuffò esasperata. “Fred, non ricominciare…”
“No, dico solo che io... Niente. Tanto tu non vorresti.”
“Vorrei cosa?” Hermione lo guardava accigliata, pentita di aver ripreso quella discussione.
“Niente. Dico solo che  se solo tu volessi provarci…”
“A far cosa, Fred?”
“A darmi un bacio.”
Fred la guardava serio, le fiamme del camino riflesse nei suoi occhi che imploravano una possibilità.
Qualcosa si era messo in moto in Hermione. Da tempo sospettava che qualcosa si fosse rotto con la lontananza tra lei e Ron e quella discussione non faceva altro che affievolire  ancora di più le sue poche speranze che andasse tutto bene.
Mordendosi le labbra, disse:
“Forse dovremmo provare, una volta soltanto. Magari… Possiamo vederci. Da me… Così ne parliamo, un giorno di questi…”
Gli occhi di Fred si illuminarono. Si alzò di scatto e sorridendo disse:
“Quando vuoi. Aspetto il tuo gufo.”
Ma quel gufo Hermione non l’aveva mai mandato.
 
 
 
 
Fingendo che non sapesse a cosa si stava riferendo Fred, scrisse:
“Cosa?”
“Ci dovevamo vedere da te, forse mi dovevi anche dare un bacio. E dovevamo anche parlare. E’ passato quasi un anno.”
“Mi dispiace” Hermione non sapeva cosa dire.
“Per cosa?”
Hermione poteva vedere l’impazienza sul viso di Fred anche da lì.
Prese il coraggio a due mani e scrisse:
“Che non sia successo o anche del fatto che adesso non reggerei sicuramente…”
Poi le parole di Fred spuntarono sul foglio come lettere di fuoco:
“A noi devi chiedere scusa.”
Hermione si fermò un attimo, a leggere di nuovo.
La pesantezza di quell’accusa ricadde su di lei facendola sentire schiacciata. Forse però aveva interpretato male…
“Perché?” chiese.
“Se fosse successa,  questa cosa, non lo avresti fatto solo per me,  giusto?”
Ecco, si era sbagliata. Un sollievo e un peso enorme allo stesso tempo la colpirono. La verità le sembrò l’unica cosa giusta da dire.
“Beh, avevo capito un'altra cosa. Ma quello è il genere di cose che penso io, non tu.”
“Cioè?”
“Cioè…”- riprese lei – “Credevo volessi dire “devi chiedere scusa a noi per non averci dato una possibilità quando avremmo potuto tanti anni fa, a non aver colto l’occasione a tempo debito.”
“Anche” rispose Fred.
Hermione perse la pazienza.
“Si, certo. Solo perché l’ho detto io.”
Per qualche minuto, sul foglio non apparve niente.
Poi Fred scrisse:
“No. Era quello che avrei voluto dirti, ma poi mi accusi di essere monotono.”
Senza riflettere, lei scrisse:
“Tu mi devi sempre dire la verità.”
Era una richiesta legittima, forse. Per come la vedeva lei, si. Era un dovere che entrambi avevano nei confronti l’uno dell’altra. Gli rimaneva solo quello ormai.
“Perché non reggeresti?”
Fred non dimenticava mai un particolare, una frase lasciata a metà, soprattutto se questo riguardava una discussione con Hermione. Non le lasciava mai una vita d’uscita. Voleva delle risposte, ogni volta.
“Lo sai come sono. O forse non lo sai perché non lo so più nemmeno io.”
Il vortice di pensieri che Hermione aveva per la testa le rendeva difficile formulare una frase coerente. Il passato, il presente, le vorticavano in testa, rendendole ogni minuto di quella discussione una lotta contro se stessa.
 “Intendo dire che mi confonderebbe.” decise poi di scrivere.
“Capisco”.
Quella parole, lapidarie, furono per Hermione un campanello di allarme.
“Cosa c’è?”
“Niente”
“Si, come no. Mi hai scritto capisco.”
“Non sapevo cosa dire.”
“Tu quando non sai cosa dire,  solitamente  sorridi e poi te ne esci con una battuta squallida delle tue. Adesso invece sei più freddo di un ghiacciolo.”
“No. E’ solo che… Non vorrei farti stare male, però vorrei ancora che succedesse.”

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Capitolo 4
*** Siamo in guerra ***


Dal capitolo precedente:
“Tu quando non sai cosa dire,  solitamente  sorridi e poi te ne esci con una battuta squallida delle tue. Adesso invece sei più freddo di un ghiacciolo.”
“No. E’ solo che… Non vorrei farti stare male, però vorrei ancora che succedesse.”
 
 
 
 
Il modo in cui Fred le aveva scritto quella frase faceva trasparire tutta la speranza che aveva messo dentro quelle parole, ma le cose erano cambiate rispetto all’anno precedente, lei fra non molto si sarebbe dovuta sposare e tutta la loto discussione era terribilmente sbagliata,
“Sono sicura che sarebbe solo peggio.” scrisse Hermione, cercando di convincerlo e, diciamolo, anche di convincere se stessa.
“Non lo so.”
“Io sono sicura di si.” insistette lei. “Così passa, se succedesse,  poi rimarrebbe  lì, nella testa, come un chiodo fisso…”
“Se deve passare, passerà.” Ancora il lato da filosofo di Fred. Hermione aveva sempre sperato che diventasse un po’ più “profondo” ma in quel momento desiderava soltanto che tornasse il Fred sedicenne, sempre pronto a scherzare e che non prendeva mai niente sul serio.
Non ne poteva più di quella discussione. Fred aveva il potere di mandarla in confusione, sempre.
“E tu pensi davvero che passerà?”
“Forse.”
“Se avesse dovuto passare, l’avrebbe già fatto, no?  Sono passati anni Fred, anni! Non saremmo qui a parlarne ancora se fosse davvero passata, non credi?”
Ecco, gli aveva sputato contro la verità. Neanche per lei era mai  del tutto passata, ma parlarne poteva fare solo più male.
Giusto.”
“Oh menomale, almeno ha smesso di fare il finto tonto” pensò Hermione e partì di nuovo all’attacco, decisa a smontare una per una le sue teorie.
“Allora come puoi pensare che dopo sarebbe più facile di adesso? Sarebbe sicuramente peggio.”
“Io credo di no e non so dirti perché.”
Hermione scosse la testa e se la mise tra le mani. Fred non capiva, anzi no, non voleva capire, come aveva fatto quel giorno quando lei l’aveva lasciato. Stanca, ci provò un’ultima volta.
“No, secondo me  non è della serie “l’ho fatto e mi metto il cuore in pace” ma proprio il contrario, cioè “l’ho fatto e adesso ci penso sempre non me lo levo più dalla mente. Vuoi mettertelo in testa, Fred?”
“Secondo me dopo passa perché ci rendiamo conto di non poter cambiare le cose.”
Questo era davvero troppo per la pazienza di Hermione. Sentiva la rabbia montarle dentro e non riuscì più a trattenersi.
“NON PUOI NEGARLO SOLO PERCHE’ TI PIACEREBBE! SII ONESTO CON TE STESSO ALMENO SE NON VUOI ESSERLO CON ME! ANCHE ADESSO SAPPIAMO CHE NON POSSIAMO CAMBIARE LE COSE!!! SE FA MALE ADESSO, DOPO COME SARA’??”
Contrariamente ad Hermione, Fred rispose con calma:
“Dipende.”
“Da cosa?”
“Da noi.”
“Eccolo che ricomincia!” pensò esasperata Hermione.
Le discussione con Fred erano sempre spossanti quando si ostinava ad avere ragione, ma adesso era peggio di sempre. Questa era una di quelle cose su cui sosteneva di avere ragione più che su ogni altra cosa. Era come lottare contro i mulini a vento: inutile e sfiancante.
“Io so già che starò male” rispose lei, sfinita ormai.
“Perché tu non vuoi.”
Dopo lo sfiancamento, un’altra tecnica in cui Fred riusciva bene, era la sfida ed Hermione, non più del tutto lucida, vi cedette.
“Forse proprio il contrario! E’ più facile così, senza sapere, che sapere e non potere avere!”
“Oh Merlino, cosa ho fatto?” solo dopo aver scritto quelle parole, si rese conto che rappresentavano una prova lampante che lei provava qualcosa di più dell’amicizia per Fred. Se lo immaginò sogghignante, soddisfatto del risultato che aveva ottenuto.
“Per me non è così.”
“Siamo diversi. Lo siamo sempre stati.” Non sapeva bene cosa dire, una frase fatta era l’ideale.
Ma Fred non demordeva.
“Tu non vuoi. Volere è potere.” Hermione ormai era caduta nella trappola e annaspava cercando una via d’uscita.
“Io non voglio creare casini. Tu non pensi alle conseguenze! Io si! Sia per Ron, per la tua famiglia che per quello che significherebbe per me!”
“E per me?” rispose Fred, evidentemente preso in contropiede.
“Per te? Tu, da come ne parli, sembra che niente ti freni! E poi quando ti dico che sarà peggio, dici di no. Ti contraddici. Perché se lo vorresti davvero, sapresti che poi sarà peggio! Sarà peggio perché niente cambierà e ti resterà solo quello, un bacio e cento nuovi rimpianti.”
Poi tutto le fu chiaro ed Hermione sentì come una coltellata in pieno petto.
“Tu vorresti solo provare!”
“Può anche essere”
Leggere la risposta di Fred fu anche peggio di ciò che prima era solo un’ipotesi. La coltellata la colpì nuovamente.
“Buonanotte.”
Non voleva più parlare con Fred. Mai più.
Era stata una stupida. Gli aveva detto finalmente la verità, convinta della sincerità dei suoi sentimenti e invece lui lo faceva solo per “provare”. Dire che era ferita era un eufemismo.  Stava già ripiegando la pergamena, decisa a strapparla quando lesse:
“Ehi.”
“Ho sonno. Domani devo andare al Ministero molto presto.”
“Non è vero. Ti conosco.”
Quelle parole, quelle due parole, arrivarono ancora più forti delle precedenti.
Era vero. Lui la conosceva e questa era forse la cosa peggiore di tutte.
Hermione tremava. Le lacrime iniziarono a bagnarle il viso.
“E questo mi fa male. Perché da te non posso proteggermi, sono completamente scoperta, vulnerabile. Buonanotte, Fred.”
“Va bene. Allora vuoi sapere la verità?” Hermione non rispose, ma lui continuò a scrivere.
“Non insisto solo perché vorrei provare, ma perché io provo qualcosa per te che non so nemmeno definire! Mi succede solo con te, da sempre e non cambierà. Non è mai cambiato in tutti questi anni.
Ecco, te l’ ho detto.”
In preda ai singhiozzi, Hermione scrisse quella che sarebbe stata la sua ultima risposta.
“Non mi devi niente. In fondo, sono io la scema che si mette a piangere leggendo “io ti conosco” perché sa che è vero. E perché so che sei l’unico che mi conosce davvero.”
Hermione lasciò la pergamena sul tavolo e corse via, in camera sua.
Passò la notte a piangere, a lottare contro quei pensieri che la tormentavano continuamente ma che adesso erano più vividi e forti che mai. Aveva lottato per anni, prima cercando di convincersi che lui non andava bene per lei, poi che lei amava Ron, poi che era riuscita a dimenticarlo. Ma se per tutto quel tempo credeva di esserci riuscita, le sue lacrime, adesso, erano la prova lampante che non avrebbe mai dimenticato Fred e non avrebbe mai smesso di amarlo.
Sotto, in cucina, sulla pergamena continuavano a comparire frasi che non avrebbero trovato risposta.
“Perché stai piangendo?”
“Perché non rispondi? Cosa ti è preso?”
“Non lo capisco. Sul serio, spero che ti degnerai di darmi qualche spiegazione!”
“Scusa.”
“Adesso vorrei solo essere li con te per parlare e nello stesso tempo abbracciarti e tranquillizzarti.”
“Scusa Herm.”

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Capitolo 5
*** Invito alla Tana ***


Hermione si era svegliata tardi quel giorno, aveva chiesto una giornata di permesso dal lavoro. Quello era il giorno in cui Ron sarebbe tornato.  Le era sembrata un’idea brillante sul momento prendersi la giornata libera, per prepararsi a rivedere il suo fidanzato, ma adesso, alla luce degli ultimi avvenimenti, era l’idea peggiore che avesse avuto.
Sarebbe stato meglio essere a lavoro, avere la mente impegnata da qualcos’altro che non fosse la discussione avuta con Fred la sera precedente.
Si sentiva scossa nel profondo. Aveva passato la notte a pensare a quello che si erano detti, se aveva sbagliato, se invece non l’aveva fatto. Aveva passato tutta la notte a pensare a lui.
Rivedere Ron proprio adesso la rendeva ancora più nervosa.
Aveva aspettato con ansia questo momento, aveva contato i giorni, i minuti che la separavano da lui. Eppure adesso avrebbe voluto che non tornasse, avrebbe voluto del tempo. Se c’era un momento sbagliato in cui tornare, ecco, era proprio quello.
Ma si sa, quando le cose vanno male, poi hanno la brutta abitudine di andare anche peggio.
Dopo essersi alzata ed essere scesa in cucina, Hermione aveva buttato l’occhio sulla pergamena ancora aperta, così aveva avuto modo di leggere l’ultima parte del messaggio di Fred.
 
“Perché stai piangendo?”
“Perché non rispondi? Cosa ti è preso?”
“Non lo capisco. Sul serio, spero che ti degnerai di darmi qualche spiegazione!”
“Scusa.”
“Adesso vorrei solo essere li con te per parlare e nello stesso tempo abbracciarti e tranquillizzarti.”
“Scusa Herm.”
 
Le lacrime iniziarono a scendere piano dai suoi occhi, leggere e silenziose. Prese la pergamena e stava per strapparla, ma qualcosa la bloccò. Allora la nascose nel solito cassetto in cui nessuno mai guardava, decisa che non ci avrebbe guardato più nemmeno lei.
Erano già le  undici, ma aveva ancora un po’ di tempo. Sicuramente Ron sarebbe passato prima alla Tana a posare i bagagli e poi l’avrebbe raggiunta. Un bagno caldo era quello che le serviva, per rilassarsi e cercare di dimenticare.
Completamente immersa nell’acqua calda, Hermione realizzò che le bolle e il sapone allontanano i pensieri  ma non li cancellano. Quando sembrava che la sua mente stesse per liberarsi del tutto, ecco che in un angolino lontano della sua mente facevano capolino le parole di Fred:
“Ti conosco”.
Quelle due parole erano state capaci, più di tutte le altre, di destabilizzarla. Perché era vero. Fred la conosceva, e meglio di chiunque altro, forse addirittura meglio di come si conosceva lei stessa.  Questa cosa la spaventava e la faceva felice allo stesso momento, non riusciva a spiegarselo.  Era come essere affascinati dal fuoco ma avere paura di bruciarsi.
Non erano stati certo quei due mesi in cui erano stati insieme a creare il loro rapporto, no. Era stato tutto quello che c’era stato prima e che non c’ era stato, i discorsi, i pianti, i silenzi, soprattutto quelli.
Riemerse dalla schiuma e sentì un gufo stridere in cucina.
Dopo essersi vestita, scese in cucina dove trovò Errol, che si era spiaccicato nel portafrutta con una lettera legata alla zampa.
Aprì la lettera, era la signora Weasley.
“Hermione cara, come saprai già, oggi arriva Ron! Per l’occasione, volevo chiederti se ti andava di raggiungerci alla Tana per festeggiare. Ti aspetto.
Un bacio, Molly”
Ecco, la giornata stava prendendo una piega sempre peggiore. Non aveva nulla contro Molly, certo, ma andare alla Tana voleva dire incontrare sicuramente Fred e..
No, no, no. Poi Ron, nella stessa stanza e lei cosa…
“Ok… Calma.” si disse. “Posso sempre dire che sto male …”
Pessima scusa. Molly non l’avrebbe bevuta.
“Allora posso dire che sono a lavoro! Si, che faccio tardi e che aspetto Ron a casa.”
Neanche questo.  Aveva detto a Ginny che non sarebbe andata a lavoro per prepararsi per Ron.
Rassegnata al fatto che non avrebbe trovato un alibi valido tanto da passare il controllo di Molly, prese pergamena e piuma e scrisse una breve risposta di conferma. Legò la lettera alla zampa di uno  stremato Errol che, annaspando e barcollando, uscì dalla finestra. Quella giornata era destinata a finire in un quadro con sotto la scritta “Giornata peggiore dell’anno”.
 
 
 
 
Fred si era appena svegliato. Erano le undici e il sole era già alto. Si alzò per raggiungere la cucina dove una faccia uguale alla sua lo scrutava pensieroso.
“Cos’è successo?” gli disse George.
“Buongiorno anche a te. Niente cos’ è successo, mi sono alzato adesso!”
“Con me non attacca. Forza, racconta.”
Fred si passò la mano tra i capelli scompigliati, peggiorandone il loro stato e si gettò a peso morto sul divano.
“L’hai cercata di nuovo?”
Nessuna risposta.
“Si, l’hai fatto!”
Ancora nessuna risposta.
“E che ti ha detto?”
Silenzio.
“E’ andata male?”
Fred ancora non rispondeva, la testa tra le mani, un sospiro ogni tanto.
“Cazzo dimmi qualcosa! Mi farai morire di ansia!” quasi urlò George, spazientito.
Fred si mise una mano in tasca e  tirò fuori la pergamena.
“Leggi qua” disse soltanto.
George leggeva attentamente. Ogni tanto Fred lo poteva sentirlo mormorare: “Cavolo, ma sei scemo?” oppure “No, non ci credo!”
Fred aspettava rassegnato il verdetto del fratello. George era l’unico a sapere della corrispondenza tra Fred ed Hermione e soprattutto era l’unico a sapere che Fred era ancora perdutamente innamorato di lei.
Non sentendo più nessun commento, Fred si arrischiò a chiedere: “Finito?”
George lo guardava, un misto tra lo sconvolto e l’arrabbiato.
“Cosa significa questo?” disse alla fine.
“Non ne ho idea.” rispose Fred che, sinceramente, non sapeva più cosa pensare. Quella discussione con Hermione lo aveva scosso. Aveva passato la notte a pensare a quello che si erano detti, se aveva sbagliato, se invece non l’aveva fatto. Aveva passato tutta la notte a pensare a lei.
“Fratello, io non ti capisco. Perché proprio ieri? Oggi torna Ron e siamo tutti invitati alla Tana.”
Fred si voltò verso di lui con lo sguardo sconvolto.
“Si, anche lei!” rispose George alla mutua richiesta di conferma del fratello.
Fred si lasciò sprofondare ancora di più nel divano.
Erano mesi che non la vedeva e, dopo la discussione della sera precedente, dubitava che sarebbe successo mai più. Questa per lui era un’occasione d’oro, ma lei… Cosa avrebbe significato per lei? Sapeva come si sarebbe sentita. Sporca, marchiata, colpevole per aver parlato con lui di certe cose quando invece stava con Ron.
Non sarebbe andato, lo avrebbe fatto per lei.
“Io.. Io non vengo.”
“Che cosa? Vuoi che mamma stacchi un orecchio anche a te?”
“No, sul serio. Non vengo. Non posso fare questo ad Hermione. A mamma dirò che ho l’influenza. La berrà, presa com’è dall’arrivo del suo “Ronnino”. Rispose Fred, calcando l’ultima parola.
Pensare a Ron che abbracciava Hermione gli faceva ribollire il sangue nelle vene.
Rassegnato, George si smaterializzò, lasciando Fred da solo nella sua disperazione.

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Capitolo 6
*** Festa alla Tana ***


Aveva appena finito di prepararsi. Era l’ora di partire. Era pronta? No. Forse non lo sarebbe stata mai.
Avrebbe rivisto Ron.
Avrebbe rivisto Fred.
Li avrebbe rivisti entrambi, nella stessa casa.
“Non vedo l’ora che questa giornata finisca” disse Hermione prima di smaterializzarsi.
Un odore familiare la accolse. Era l’odore di casa.
Per lei, infatti, la Tana era stata una seconda casa, certe volte l’unica che avesse sentito davvero sua.
Lì aveva passato dei momenti indimenticabili, quella casa era piena di ricordi.
Le partite di Quiddich con Ron, Harry e Ginny, le letture in solitaria sotto al suo albero preferito, le passeggiate con Fred…
Il pensiero di Fred le fece venire un brivido.
“Hermione, niente panico, Andrà tutto bene.” continuava a ripetersi mentalmente mentre avanzava verso la casa.
Da lontano, una testa rossa agitava il braccio in segno di saluto. Era il signor Weasley.
“Hermione! Sei arrivata, menomale!” le disse quando fu abbastanza vicina.
“Salve, signor Weasley” salutò lei gentilmente.
“Molly mi sta facendo ammattire, sono giorni che cucina!”
Hermione sorrise. Molly non sarebbe cambiata mai. Ogni volta che tornava Charlie o Ron o Bill andava a trovarla, passava almeno tre giorni in cucina, a preparare i piatti preferiti del figliol prodigo di turno.
“Corro ad aiutarla allora!”
Appena entrò in cucina, l’odore di torta di melassa le riempì le narici.
“Oh Hermione cara!” la salutò Molly sfornando la torta.
“E’ la preferita di Ronnino, lo sai.” disse sorridendo.
“Salve, signora Weasley. Come posso aiutarla?”
“Andresti a chiamare Ginny? E’ tornata dall’allenamento un’ora fa e con la scusa della doccia è sparita…”
“Certo, vado subito.”
Ginny da circa un anno era stata ingaggiata dalle Holyhead Harpies come cacciatrice. Viveva ancora alla Tana e la cosa le andava un po’ stretta.
“Ginny! Scendi subito ad aiutarmi!” disse Hermione, imitando la signora Weasley, mentre apriva la porta della stanza dell’amica.
“Si, mamma, arrivo!” disse ridendo Ginny, che l’ aveva riconosciuta subito.
“Ma così non è giusto!”
“Herm, non li sai fare gli scherzi, mi dispiace!” le disse Ginny, abbracciandola.
“Allora, sei emozionata?”
“Si, e tu?”
Anche Ginny, infatti, dopo mesi avrebbe rivisto Harry.
“Si, non vedo l’ora! Menomale che è l’ultimo anno… Ho sempre paura che mi lasci per un'altra mentre è via.” disse Ginny.
“Ma che dici, lui ama solo te! E poi, se mai lo facesse, ci penserei io a fargliela pagare, lo sai.” le rispose Hermione abbracciandola.
“Salve donzelle!” disse una voce allegra alle loro spalle.
“Confidenze tra amiche del cuore?”
Hermione si girò e vide una testa rossa, un volto pieno di lentiggini e un paio di occhi color nocciola che la fissavano divertiti. Tirò un sospiro di sollievo.
“Zitto un po’, George!” disse Ginny, chiudendo la porta con un colpo di bacchetta.
“Come mai hai quella faccia, Herm?”
“Io? Quale faccia? Cosa?” rispose Hermione impacciata.
“Sembra tu abbia visto un fantasma…”
“Sembra io abbia visto Fred” pensò Hermione.
 
 
 
Il pomeriggio passò in fretta. Molly mise tutti a lavoro, tranne Fleur, impegnata con la bambina, Victoire, nata da qualche mese.
Alle 18:00 in punto, Ron ed Harry arrivarono con la passaporta nel cortile della Tana. Harry gettò a terra lo zaino e corse ad abbracciare Ginny, poi andò da Hermione.
“Che bello vederti, Herm, mi sei mancata tanto!” le disse l’amico. Aveva uno strano tono però, come di chi non sa se dirti qualcosa o meno.
Ron stava salutando la sua famiglia, aveva lasciato Hermione per ultima.
Quando fu il suo turno, la ragazza si stava avvicinando per baciarlo, ma lui la abbracciò, come aveva fatto Harry poco prima.
“E’ bello vederti” le disse soltanto ed entrò in cucina.
Hermione non capiva.
Ron si comportava in modo strano nei suoi confronti.  A tavola, si era seduto di fronte a lei, non accanto. Harry la guadava ogni tanto con uno sguardo preoccupato e l’ansia di Hermione non faceva che salire vertiginosamente ogni minuto che passava.
Quando ormai avevano finito anche il dolce, avendo avuto cura di fare tutti il bis per onorare la cucina di Molly, Harry prese per un braccio Hermione e la fece allontanare dal tavolo.
“Hermione…” disse un po’ impacciato.
“Harry, cosa c’è? Dimmelo! L’ho capito subito che mi nascondi qualcosa!” disse lei.
“Io non so come dirtelo, ma lo sai, non sono bravo con i segreti.” disse Harry e, senza ulteriori giri di parole, disse: “Credo che Ron abbia un’altra.”
La reazione di Hermione tardò ad arrivare.
Era rimasta pietrificata, incapace quasi di respirare. Lo sguardo fisso su quello di Harry, vitreo e inespressivo.
Harry, preoccupato dal silenzio dell’amica, disse: “Non ne sono sicuro, solo… E’ strano ultimamente. Esce spesso e non mi dice dove va. Ho provato a parlarci, ma non mi dice nulla. Mi dispiace, Herm.”
Si avvicinò e la abbracciò forte.
Hermione reagì in un modo che lei per prima mai si sarebbe aspettata.
“Tranquillo Harry. Grazie per avermelo detto.” rispose quasi meccanicamente.
“Sarà stata la lontananza. Vedrai che quando tornerete, si sistemerà tutto. Lo so, siamo forti, abbiamo superato una guerra, possiamo superare tutto.” aggiunse, lasciando Harry a bocca aperta.
Normalmente avrebbe urlato, sarebbe andata a schiantare Ron senza nemmeno dargli l’opportunità di parlare. Ma adesso no. Non avrebbe fatto niente di tutto ciò, perché si sentiva terribilmente colpevole.
Lei aveva parlato con Fred,  avevano ripreso discorsi che non avrebbero mai dovuto rifare e, soprattutto,  lei si era sentita bene a parlare con lui e questo era sbagliato. Terribilmente sbagliato.
Lei amava Ron e se lo sarebbe ripreso, a qualunque costo.
Harry si stava torturando le mani.
“Devi dirmi qualcos’altro? Hai fatto qualcosa anche tu? Perché se è così, non sarò clemente con te” disse lei.
“No, ma cosa vai a pensare! Io.. Io.. Voglio chiedere a Ginny di sposarmi.” disse tutto d’un fiato.
Hermione lo guardava con gli occhi lucidi, piena di orgoglio e felice per il suo migliore amico.
“Ma è una notizia bellissima!”
“Si.. Sai, quando finirò con l’accademia. Non voglio più aspettare.”
Hermione, sentendo quelle parole, si rabbuiò.
 Anche lei e Ron si sarebbero dovuti sposare quando lui avrebbe finito l’accademia, ma, per come stavano adesso le cose…
“Scusami, sono stato indelicato. E’ che sei la mia migliore amica. Io dovevo dirtelo, non lo sa nemmeno Ron. Tutto questo tempo lontano da te, mi sei mancata tanto… ” disse Harry, in imbarazzo.
“Oh, Harry! Non preoccuparti. Sono così felice per te! Però, se posso darti un consiglio, non aspettare a dirglielo. Ha paura. Ha paura che tu voglia lasciarla. Diglielo adesso.”
Harry si avvicinò per abbracciare Hermione e le sussurrò nell’orecchio. “Ti voglio bene”
Asciugatasi le lacrime, Hermione tornò alla festa. Harry si era avvicinato a Ginny e le stava dicendo qualcosa nell’orecchio. Hermione li guardava divertita. Sarebbero stati una famiglia meravigliosa.
“Ehi” le disse una voce maschile.
Era George.
“Ciao George.” rispose Hermione, rimanendo sulle sue.
“Non credi che manchi qualcuno stasera?” disse il ragazzo.
“Perché lo chiedi proprio a me?” rispose Hermione sulla difensiva.
George sapeva.
“Così, facevo conversazione. Come mai Ronnino piccino ti evita come la peste?”
“Non sono affari tuoi!” rispose Hermione e,  arrabbiata, si allontanò dal gemello per raggiungere quello che doveva essere il suo fidanzato.
“Amore!” disse lui, appena la vide.
“Ehi… Ho l’impressione che tu mi stia evitando stasera…”
“Ma che dici, è che volevo passare anche del tempo con la mia famiglia.”
“Va bene.” rispose per niente convinta Hermione, ripensando alle parole di Harry.
Quando la festa finì e George, Bill con la sua famiglia e Percy ebbero lasciato la casa, Ron ed Hermione erano gli unici ad essere rimasti nel cortile.
“Allora, piaciuta la festa?” gli disse Hermione.
“Certo, la torta di melassa della mamma è sempre la migliore.” rispose Ron guardando altrove.
Il silenzio scese tra di loro.
“Ehm.. Stanotte dove.. Cioè rimani qui o….” disse impacciata Hermione.
“Ah, si… Non lo so, avevo pensato di rimanere. Magari domani… E’ ok per te?”
“Oh, si. Si certo. Allora vado. Buonanotte.” disse la ragazza e gli diede un leggero bacio sulla bocca, il primo che si scambiavano da quando Ron era tornato.
“Notte” rispose lui.

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Capitolo 7
*** Spiegazioni ***


Hermione si materializzò nella cucina di casa sua. Quella giornata era finalmente finita.
Era esausta e la sua mente lavorava freneticamente, cercando di rielaborare tutte le nuove informazioni che aveva ricevuto.
Aprì il frigo per prendersi da bere e si sedette sul tavolo, come faceva di solito quando era pensierosa.
Ron forse aveva un’altra, Harry si sarebbe sposato, Fred non si era presentato alla festa.
Niente di ciò che aveva previsto era successo.
Aveva immaginato che la serata sarebbe andata male, ma non fino a quel punto. L’assenza di Fred era stata un vantaggio, ma la freddezza di Ron e la notizia di Harry l’avevano decisamente scioccata, riuscendo a rendere una giornata orribile un vero e proprio incubo.
Finì di bere il suo succo di zucca e si rese conto che non sarebbe bastato per digerire la notizia che Ron la tradiva.
Aprì lo sportello in cui teneva i liquori per gli ospiti e prese la prima bottiglia che vide. Idromele barricato. Sarebbe andato bene.
Si versò un bicchiere del liquore e tornò al suo tavolo.
Era una vecchia abitudine che non riusciva a togliersi, forse non voleva farlo: le ricordava la sua infanzia.
Vuotò il contenuto del primo bicchiere e se ne riempì un secondo. Hermione non aveva mai amato gli alcolici, il massimo che si concedeva era un goccio nelle feste o ai compleanni, ma per quella sera avrebbe fatto un’eccezione.
Ron con un’altra. L’amore della sua vita che la tradiva con chissà chi.
L’aveva visto strano, l’ultima volta che era tornato per le feste, ma aveva attribuito il tutto alla stanchezza per gli allenamenti. Le era sembrato diverso anche nelle sue lettere, sempre più rade, sempre più corte, ma aveva giustificato il tutto come una conseguenza della distanza e dello stress.
E poi, prima l’aveva evitata come la peste, tanto per citare George. Un sorriso senza gioia le increspò le labbra. Aveva proprio ragione George questa volta.
Lo immaginava da tempo che qualcosa non andasse, ma non l’aveva mai voluto ammettere a se stessa.
Ormai non poteva più fingere, doveva affrontare la realtà. Ma cosa avrebbe fatto?
Avrebbe chiesto a Ron spiegazioni? O avrebbe fatto finta di nulla? Qual era la cosa giusta da fare? O meglio, esisteva una cosa giusta da fare?
Vuotò il secondo bicchiere e sentì la testa girarle leggermente.
“Meglio scendere dal tavolo” pensò.
Aprì lo sportello per posare la bottiglia e vide sbucare dal cassetto sottostante, un foglio di pergamena ingiallito. Stava per richiuderlo, quando capì di che foglio si trattava.
Era la pergamena di Fred.
La loro pergamena. Senza pensarci, la aprì. 
C’erano dei messaggi.
“Non mi hai più risposto, non è così che funziona. Le cose si affrontano  e si discutono.”
A cosa si riferiva Fred? Ah, si! La loro ultima discussione. Lei non aveva più risposto alle domande di Fred sul perché stesse piangendo.
“Non lo so nemmeno io perché” urlò, gettando la pergamena nel cassetto.
“Non lo so, non lo so perché!” si sedette a terra, con le spalle contro il muro e iniziò a piangere.
Piangeva per Ron, piangeva perché si sentiva in colpa, piangeva perché si sentiva sola, piangeva perché sentiva di avere bisogno di Fred ed era tutto terribilmente sbagliato.
 
 
 
 
“Fratellino, sono tornato!” disse George rientrando nell’appartamento che condivideva con il fratello.
“Freddie! Dove ti sei cacciato?”
Fred era completamente sbronzo, sdraiato per metà sul divano e per metà sul tappeto.
“Ma come ti sei ridotto? Non posso lasciarti solo che ti trasformi nello zio Billius?” disse George, con un tono di voce volutamente alto.
“Sta un po’ zitto! Ho mal di testa!” riuscì a sbiascicare Fred.
“Chissà perché! Ti sei scolato una bottiglia di Fire Whiskey!” disse George, mentre sfilava dalle mani del fratello la bottiglia ormai vuota.
“Allora, non vuoi sapere com’è andata?”
Fred mormorava insulti contro il fratello, intimandogli di stare zitto.
“Ok, ok ti dico tutto, se insisti” continuò George, ignorandolo completamente.
“Allora, Ronnino piccino è stato più freddo di un ghiacciolo stasera, non si sono neanche baciati. La mamma era così felice di vederlo che non ha nemmeno fatto storie sulla tua assenza.”
“Non ti ho chiesto nulla io, lasciamo in pace.” disse farfugliando Fred.
“Adesso arrivo a lei non essere impaziente. Le ho chiesto se avesse notato che mancavi tu e mi ha gentilmente mandato a quel paese. Si vede che ti ama fratello!” disse ghignando George.
Stava per continuare, ma un cuscino lo colpì in pieno viso.
Fred si era alzato barcollando ed era andato in bagno a vomitare.
“La prossima volta vieni anche tu, così magari concludi qualcosa con la Granger!” gli urlò George, scappando nella sua stanza.
“Sei uno stronzo!” gli rispose Fred tra un conato e l’altro, ma stava sorridendo.
Ron era freddo con Hermione. Non era mai stato bravo a nascondere le cose e un allontanamento così repentino poteva voler dire solo che aveva qualcosa da nascondere.
Negli anni passati, infatti, Ron era stato tutt’altro che freddo con Hermione. Dopo l’imbarazzo che c’era stato all’inizio della loro relazione, Ron aveva preso coraggio e, per il gusti di Fred, si dimostrava anche TROPPO affettuoso con lei.
“Lui non se la merita.” disse tra sé e sé.
Poi si guardò allo specchio.
“Forse non me la merito nemmeno io.”
 
 
 
 
Hermione era a letto e non riusciva a dormire. La faccia di Ron e quella di Fred continuavano a sovrapporsi nei suoi pensieri facendola agitare. Stanca di girarsi nel letto, scese in cucina a cercare la pozione SonnoSenzaSogni.
Il suo pensiero andò alla pergamena. Qualcosa di inspiegabile le diceva che doveva rispondere a Fred, senza aspettare ancora.
Scosse la testa, era uno sbaglio. Che senso avrebbe avuto? A cosa sarebbe servito?
La sua scorta di pozione era finita e per prepararne una dose, servivano almeno 2 ore.
“Ok, io ci ho provato” disse le ragazza e tornò nella sua camera,  decisa a dormire almeno qualche ora prima di andare a lavoro.
 
 
 
 
 
Fred era a letto e non riusciva a dormire. La faccia di Hermione che baciava Ron continuava a riempire i suoi pensieri facendolo agitare. Stanco di girarsi del letto, si alzò. Aprì il cassetto del comodino per controllare la pergamena. Magari Hermione aveva risposto.
La aprì e, deluso, la richiuse subito. Nessuna risposta, niente di niente. Spense la luce e si rassegnò al fatto che per quella notte non avrebbe chiuso occhio.
 
 
 
 
Erano le 05:00 e il sonno tanto agognato non era ancora arrivato. Il pensiero della pergamena e delle parole di Fred si era fatto posto tra quello del tradimento di Ron e del matrimonio di Harry. Impossibilitata a fare qualcosa per quegli ultimi due pensieri, decise di mettere a tacere quello su cui poteva agire.
Tornò in cucina, intinse la sua piuma color porpora nell’inchiostro e iniziò a scrivere la sua risposta.
“Non mi è successo niente di che. Mi sono sorpresa solo del fatto che dopo tutti questi anni ancora riesci a capire quando c’è qualcosa che non va o ti nascondo qualcosa e mi è venuto da piangere. Sarà stato tutto il discorso che stavamo facendo, sarà che mi ritrovo a pensare a come sarebbe la mia vita se avessi fatto scelte diverse. Comunque sia, è tutto ok, non ti preoccupare e scusami per il ritardo della risposta. Buonanotte.”
Stava rileggendo un’ultima volta il messaggio, quando notò che alcune lettere stavano già spuntando sotto ciò che aveva appena scritto.
“E perché mi hai evitato per due giorni e se ti cercavo non rispondevi?”
“Ho avuto da fare.”
Risposta rapida e lapidaria. Hermione chiuse la pergamena.
Era stata una pessima idea scrivere a Fred. E poi perché lui aveva risposto immediatamente, come se stesse aspettando solo quello?
Hermione chiuse gli occhi e desiderò di essere rimasta in Australia con i suoi genitori. Quanti problemi avrebbe evitato.
 
 
 
 
 
La prima settimana di vacanza di Ron era passata in fretta. Aveva passato la maggior parte del tempo alla Tana ed era andato a trovare Bill a Villa Conchiglia dove era rimasto per due giorni.
Molly gli aveva chiesto più volte se con Hermione andasse tutto bene.
Solitamente, quando tornava nei periodi di vacanza, passava la maggior parte del tempo con lei, facendosi vedere a casa soltanto per qualche pranzo. Tutti avevano notato che c’era qualcosa di strano nel suo comportamento e come dargli torto? Qualcosa c’era, ma Ron non ne aveva parlato con nessuno, nemmeno con Harry. Due mesi fa, quando era tornato a casa per le vacanze, si era reso conto che i sentimenti nei confronti di Hermione erano cambiati. All’improvviso si  sentiva in imbarazzo a rimanere solo con lei o a tenerle la mano in pubblico e non sapeva spiegarsi il perché. Forse era solo colpa della lontananza a cui erano costretti ormai da tempo, ma sentiva che niente era più come prima.
Durante gli altri giorni di vacanza, Ron si era sforzato di comportarsi come al solito per evitare di rovinare le feste alla sua famiglia ed a Hermione. Tutti si aspettavano che quando avesse finito l’accademia si sarebbero sposati, ma lui, in quel momento, non si sentiva più sicuro di niente.
Da quando era tornato all’Accademia, non aveva smesso di pensarci, finendo per escludere Harry e passare molto tempo da solo. Hermione nelle sue lettere era sempre la solita dolce ragazza che gli scriveva che gli mancava e che lo amava, ma Ron non poteva fare a meno di pensare che qualcosa in lui fosse cambiato.
La sera che era tornato, una settimana prima, era deciso a parlarle, ma vedendola aveva subito cambiato idea.
Hermione gli aveva offerto di andare a stare da lui ma aveva rifiutato, con la scusa che Molly lo volesse vicino. Ma dopo una settimana di fuga, quella sera si sarebbero visti e Ron era deciso a chiarire la faccenda una volta per tutte.
 
 
 
 
Dopo una settimana in cui Ron aveva reclinato ogni invito di Hermione, finalmente quella sera si sarebbero visti. Hermione si sentiva agitata. Aveva deciso che avrebbe chiesto a Ron se era vero che la tradiva, non sopportava di non sapere.
Si stava mettendo il giubbotto, quando Ron suonò il campanello. Appena la vide, rimase senza fiato.
“Sei bellissima Herm” disse imbarazzato.
La ragazza arrossì e lo fece accomodare.
“Allora, dove vuoi andare stasera?” disse lui, un po’ nervoso.
“Non lo so, credevo che andare a mangiare qualcosa a Diagon Alley non sarebbe una cattiva idea, no?”
“Ok, allora. Se sei pronta, andiamo.”
Hermione chiuse la porta e, dopo aver preso la mano di Ron e averla stretta saldamente alla sua, si smaterializzò.
Passarono una serata tranquilla, come non gli succedeva da ormai tanto tempo. Hermione era piena di attenzioni verso Ron e questo lo sorprese piacevolmente. Forse, dopotutto , si sbagliava.
Decisero di materializzarsi qualche isolato più lontano dalla casa di Hermione, per poter fare una passeggiata e parlare un po’. Hermione guardava Ron. Non poteva credere che lui l’avesse tradita, non ci voleva credere, ma non poteva vivere col dubbio. Così prese il coraggio a due mani e disse:
“Ron, ho notato che sei strano con me in questi giorni. Mi stai evitando, così  mi sono chiesta se c’è qualcun’altra.”
Il tono di Hermione era innaturalmente calmo e lento, come se la sua voce fosse stata registrata.
Ron strabuzzò gli occhi.
Hermione gli stava davvero chiedendo se avesse un’altra. Certo, Hermione non era una stupida e aveva notato il suo allontanamento. Avrebbe voluto dirle la verità, che si sentiva confuso e che non sapeva bene cosa provasse per lei, ma poi, dopo averla guardata negli occhi, vedendola triste e fragile come poche volte era successo, non ne ebbe la forza.
“Ma cosa ti salta in mente! Io, un’altra? Non lo farei mai, Herm. Credevo ti fidassi di me.” le disse.
“Io, io mi fido di te. E’ solo che, sei così freddo con me e le tue lettere…” disse balbettando la ragazza.
“Sono solo molto stanco Hermione, davvero. Non potrei mai tradirti.”
Ed era vero. Ron aveva amato per anni Hermione, senza nemmeno rendersene conto  e, anche se adesso non ne era più tanto sicuro, certo era che non l’avrebbe mai tradita.
Rincuorata dalle sue parole, lo prese per mano e insieme tornarono a casa.
“Dormi con me stanotte?” gli disse.
“Devo andare da Bill, ha bisogno di aiuto per dei lavori. Tornerò presto però, te lo prometto.”
Le diede un lieve bacio a fior di labbra e, girando su se stesso, svanì nella notte.
Hermione sospirò.
Ron non la tradiva, ma lei sentiva che c’era qualcosa di diverso in lui.
“Sarà che ho solo paura di perderlo.” pensò e, un po’ più serena dei giorni precedenti, andò a dormire.

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Capitolo 8
*** Questione di sguardi ***


Appena dopo essersi smaterializzato dal vialetto di casa di Hermione, Ron era riapparso  ad Hogsmeade, vicino alla Testa di Porco per concedersi una sbronza.
Prima di quella sera si definiva confuso e spaventato, adesso poteva benissimo ammettere di essere completamente sconfortato e alla deriva.
Aveva passato una serata piacevole insieme ad Hermione certo, ma mancava qualcosa tra loro due, mancava la scintilla che un tempo c’era stata.
Hermione continuava a comportarsi da fidanzata innamorata e dalle mille attenzioni, ma Ron sentiva che anche in lei qualcosa era cambiato, anche se non riusciva a capire cosa.
Avrebbe voluto dirle la verità, dirle che non sapeva più se la amava , ma non ne aveva avuto il coraggio. Un pavido Grifondoro come lui, che aveva aiutato Harry a sconfiggere il più potente mago oscuro di tutti i tempi, aveva paura della portata che rivelare quella verità ad Hermione avrebbe potuto avere.
Per i mesi in cui non si erano visti, aveva vissuto perennemente in lotta contro se stesso, incapace di capire cosa davvero provasse e cosa invece fosse solo frutto delle sue convinzioni ormai radicate.
Era impossibile per lui trovare una via d’uscita in quella giungla di pensieri contorti e ricorsivi che gli riempivano la testa e lo facevano isolare dal resto del mondo.
Aveva persino allontanato Harry, il suo migliore amico da una vita. Avrebbe voluto parlare con lui più di ogni altra cosa, ma il fatto che Harry fosse anche il migliore amico di Hermione complicava non poco la situazione. C’era il problema di capire da che si sarebbe schierato e, viste le passare esperienze, Ron aveva il sospetto che non sarebbe stata la sua parte ad avere la meglio.
Entrò nel pub deserto e maleodorante e ordinò una bottiglia di Fire Whiskey.
Aberforth lo osservò accigliato e, nel porgergli la bottiglia, scosse la testa.
“Che c’è, Ab?” disse Ron, incuriosito da quel gesto.
“Niente, solo riflettevo”
“E su cosa?”
“Mah,  la settimana scorsa tuo fratello, adesso tu. Ma che c’avete in questa famiglia?”
E, così dicendo, si allontanò per servire un altro cliente, lasciando Ron ai suoi pensieri.
 
 
 
 
“Harry, pensavo potremmo vederci prima della partenza. Intendo io e te da soli. Devo parlarti. Un bacio, Herm.”
 
Hermione, dopo essere tornata a casa dall’appuntamento con Ron, non era riuscita ad aspettare e aveva scritto una lettera ad Harry. Voleva avvertirlo che Ron non la tradiva, e voleva anche parlare un po’ con lui come non riuscivano più fare da tempo.
Gli mancava molto l’amicizia del ragazzo. Insieme ne avevano passate di tutti i colori, avevano condiviso gioie e soprattutto dolori e solo il fatto che fossero insieme li aveva aiutati a superare tutte le avversità.
Forse Harry avrebbe potuto parlare con Ron e avrebbe potuto scoprire cosa c’era che non andava. Perché, nonostante le rassicurazioni che Ron gli aveva dato e a cui lei sul momento aveva anche creduto, nella sua mente ormai si era inserito un tarlo che le rendeva impossibile credere che andasse davvero tutto bene.
Si sentiva una stupida ad aver creduto che Ron avesse potuto tradirla.
Era stato innamorato di lei per anni prima di dichiararsi, anche se non ne era del tutto consapevole.
La loro era stata una favola moderna a lieto fine, in cui, due amici dopo mille litigi e scontri, finiscono insieme e si dichiarano amore eterno.
Ma era davvero così?
Hermione legò la lettera alla zampa del suo gufo e lo lasciò uscire dalla finestra.
Forse  quella notte sarebbe riuscita a riposare un po’, finalmente.
 
 
 
 
Il giorno in cui Harry e Ron sarebbero dovuti partire era ormai alle porte.
Ron si era fatto vedere solo tre volte o quattro dopo la sera in cui erano usciti, andando via sempre con una scusa diversa, ma Hermione aveva deciso di non farglielo pesare. Dopotutto, dopo il loro appuntamento, il ragazzo si comportava in modo più normale con lei, tranne per le puntuali fughe a fine serata.
Harry aveva risposto alla sua lettera e finalmente quel giorno si sarebbero visti.
Hermione stava preparando le tazze per il thè, quando sentì bussare alla porta.
“Entra pure, sono in cucina!” urlò la ragazza.
“Ehi, non ricordavo la tua casa fosse così disordinata. Che fine ha fatto la tua mania per l’ordine?” disse Harry, che era appena inciampato in uno scatolone poggiato vicino all’ingresso.
“Scusami, è che sto facendo un po’ di spazio nella libreria. Non pensavo arrivassi così presto.”
Passarono un pomeriggio piacevole insieme. Harry le raccontò della sua esperienza come cadetto auror, dei luoghi che aveva visitato e della proposta di matrimonio fatta a Ginny.
“Ho seguito il tuo consiglio e gliel’ho detto, così’, di getto, quella sera stessa.”
“Che bello! Sono felicissima! Ginny come ha reagito?”
“E’ scoppiata a piangere e io mi sono un po’ spaventato, ma poi mi ha rassicurato che piangeva perché era felice.”
“Ma certo che era felice, stupido!” disse sorridendo Hermione.
“Ah, me la pagherà.  Non mi ha detto nulla!”
“Temo sia colpa mia, le ho chiesto di non dire niente a nessuno e mi deve aver preso troppo alla lettera.” rispose Harry, grattandosi la testa imbarazzato.
“Piuttosto, di cosa volevi parlarmi?”
Il sorriso che illuminava il viso di Hermione si spense all’improvviso. Strinse forte le mani le une alle altre per prendere coraggio e cominciò: “Devo parlarti di Ron. Gli ho chiesto se aveva un’altra, mi ha detto di no e io gli credo. Però non credo che sia tutto ok. Io penso ci sia qualcos’altro, qualcosa che non vuole dirmi e che lo turba.”
“Sono davvero felice di essermi sbagliato, Herm. Scusami se ho sospettato, ma non sapevo cosa pensare…”
“No, no. Tu non devi scusarti. Hai fatto bene a dirmelo.”
“Cosa posso fare io per aiutarti?” Harry era davvero preoccupato per lei.
Hermione guardò Harry e si decise a dirgli ciò che doveva.
“Vorrei provassi a parlagli, che cercassi di capire cosa c’è che non va. Non posso vivere col dubbio, io devo saperlo.”
“Ci proverò, ma come ti ho detto, non mi da più molta retta da un po’...”
“Grazie, Harry. Sono davvero felice che tu sia il mio migliore amico.” disse Hermione abbracciandolo.
“Anche io Herm, anche io.”
 
 
 
 
 
Fred aveva elaborato una sua teoria: “Il tempo è uno stronzo.” Semplice e concisa.
Da quando Ron era tornato a casa, il tempo aveva preso l’abitudine di scorrere così lentamente che un giorno sembrava durare un anno. E, ironia della sorte, il fratello passava alla Tana la maggior parte del suo tempo e continuavano a vedersi a pranzo e a cena, ogni giorno.
La cosa rendeva Fred felice e infelice allo stesso tempo. Felice perché, se Ron era a casa, significava che non era insieme ad Hermione, infelice perché, nel pensare queste cose, si sentiva un emerito stronzo.
Aveva avanzato diverse teorie sul perché dell’allontanamento del fratello, altrimenti cozza attaccata allo scoglio, da Hermione.
Escluso il tradimento, rimanevano: lo stress, la paura di non essere all’altezza (tipica del fratello) o l’aver combinato qualche cavolata (che, visto la reputazione del fratello, era l’ipotesi più plausibile).
Cercava di sfuggire ai pranzi di famiglia con ogni scusa, ma Molly era impossibile da evitare.
“Non capita mai di essere tutti insieme e poi sei mancato alla festa, non credere che lo dimenticherò così facilmente” era la risposta che la madre continuava a dargli ad ogni tentativo di fuga.
George poi non era per niente d’aiuto.  Trovava estremamente divertente l’irritazione del gemello e non perdeva occasione per punzecchiarlo.
Quando però, una sera che era stata più difficile delle altre, Fred era scoppiato, George aveva capito quanto male ci stesse il gemello e aveva cercato di parlarci.
“Fred, non è colpa tua se lui si comporta così con lei, dopotutto. Non l’hai più sentita da quel giorno, no?”
“Lo so che non è colpa mia, ma mi sento in colpa perché sono felice che lui la eviti! Quale fratello penserebbe queste cose? Sono uno stronzo.”
“Sei solo molto stupido e molto sfortunato, non sei uno stronzo.” disse George, cercando di farlo ridere, con scarsi risultati.
“Non scherzare, George. Mi sento uno schifo, davvero. Non vedo l’ora che parta.”
“Per questo ho una soluzione. Domani è il grande giorno, consolati.”
“Lo  so, ma domani ci sarà anche lei.” disse Fred, sconfortato.
“Non hai risposto alla mia domanda. L’hai più sentita?”
Fred prese la pergamena e la porse al fratello. George lesse velocemente la breve conversazione e disse:
“Cosa intende per  “se avessi fatti scelte diverse?”
Fred scosse la testa, prendendosela poi tra le mani.
“Non lo so!! Continuo a pensarci da quel giorno. Forse non significa niente o forse significa tutto. Forse sto solo esagerando la cosa.”
“Beh fratello, è strana la Granger. Non si sa mai cosa pensa. “
Fred scrollò la testa e prese di nuovo la pergamena. Rilesse quelle parole ancora una volta, senza riuscire a impedirsi di pensare che quella scelta diversa sarebbe potuto essere lui e uscì di casa insieme al fratello.
 
 
 
 
 
Il giorno della partenza era arrivato. L’intero clan Weasley era riunito in giardino, pronto per gli ultimi saluti. Harry stava abbracciando Ginny, Molly controllava che avessero preso tutto.
“Ciao Herm, ci vediamo presto.” le disse Harry mentre la abbracciava.
“Adesso che Ginny sa che tu  sai, ti pentirai delle tue richieste!” disse  poi sorridendo.
Poi fu il turno di Ron.
“Beh, allora io vado. Ci vediamo presto Herm. Ti scriverò  tutte le settimane”  disse il ragazzo, prendendole le mani.
“Si, come no. Non sei cambiato affatto, le stesse bugie di quando andavamo a scuola.” Si sforzò di sdrammatizzare Hermione.
Vederlo partire era sempre difficile, ma stavolta la sua  partenza sembrava avere un senso di definitivo, sembrava sottolineare la distanza tra loro, non solo fisica, che si era creata.
“Allora ciao.” Le disse impacciato il ragazzo.
“A presto.. “ sussurrò lei, avvicinandosi per baciarlo.
La passaporta si illuminò della consueta luce azzurra e, in un attimo, i due aspiranti auror sparirono, lasciando tutti i Weasley un po’ più tristi.
Tutti, tranne uno.
 
 
 
 
 
Hermione si era avviata in cucina per prendere le sue cose e andare via.
Era riuscita ad evitare di incrociare lo sguardo di Fred fino a quel momento e non voleva che si ritrovassero vicini, soprattutto quel giorno.
Stava per salutare Ginny, quando Molly entrò nella stanza.
“Dove credi di andare? Non mi dire che non rimani a pranzo!”
Hermione sussultò. Un pranzo dai Weasley era l’idea peggiore che si potesse avere, ma Molly non aveva colpa.
Non potendo rifiutare, Hermione si ritrovò, dopo mesi, incastrata nella stessa stanza con Fred.
Sedevano ai lati opposti del tavolo, nemmeno fosse fatta apposta. Ogni qualvolta spostavano la testa di qualche centimetro per prendere il pane o il succo di zucca, i loro sguardi si sfioravano, mancandosi giusto  della distanza per far si che gli occhi non si incrociassero.
Hermione era tesa e anche Fred sembrava tutt’altro che tranquillo.
L’unico a percepire la tensione era George e non poteva fare a meno di gustarsi la scena con un sorriso sadico ma anche un po’ preoccupato stampato in volto.
 
 
 
 
Finalmente per Hermione era arrivato il momento di tornare a casa.
Ginny le aveva “brevemente” parlato delle idee del matrimonio, Molly aveva espresso la sua preoccupazione per il comportamento di Ron e Arthur le aveva chiesto di insegnargli ad usare il cellulare.
In breve, era ormai ora di cena e, prima di rimanere incastrata un’altra volta, Hermione salutò e si smaterializzò.
Quella giornata sembrava essere durata un’eternità.
Aveva una teoria: “Il tempo era uno stronzo.”
Entrando in cucina, decise di farsi una camomilla, per distendere i nervi, anche se nemmeno una pozione del San Mungo sarebbe riuscita nell’impresa.
Grazie al cielo, Fred dopo il pranzo era andato via con George per aprire il negozio e, oltre le occhiate di sottecchi a tavola, non era successo niente di rilevante tra loro.
Aveva sentito per tutto il tempo un peso, una sensazione di colpa che le pesava nel petto, anche se non stava facendo niente. Non riusciva a togliersi dalla testa la loro ultima discussione, in cui lui le aveva detto “ti conosco” e aveva scatenato in lei una tempesta di emozioni contrastanti.
Quel “ti conosco” era peggio di una macchia di burbotubero: bruciava e non andava via.
Guardò distrattamente in direzione del cassetto in cui nascondeva la pergamena.
No, stavolta non avrebbe ceduto. Bevve la camomilla e andò a letto con in testa quelle due parole indelebili: “ti conosco.”
 
 
 
 
 
Sua madre era riuscita a rendere  quella giornata ancora più difficile.
Molly, infatti, aveva avuto la brillante idea di invitare Hermione a pranzo. Come se non bastasse, destino beffardo, era capitato seduto di fronte a lei, così che non potesse fare a meno di sbirciare nella sua direzione e osservarla di sottecchi.
Era bella, come sempre. Era anche molto tesa, come lui del resto.
Dopo la loro ultima discussione, trovarsi dopo mesi, costretti nella stessa stanza non era per niente facile.
Lui avrebbe voluto parlarle, chiederle del vero motivo delle sue lacrime quella sera alle sue parole “ti conosco”, ma non avrebbe potuto farlo, sapeva che le avrebbe solo fatto del male.
Dopo pranzo era finalmente riuscito a scappare, ma la sua agonia non era finita, visto che George non perdeva un attimo per fargli notate di tutte le volte che “per caso” aveva guardato nella direzione di Hermione o, sempre “per caso”, aveva digrignato i denti al sentir nominare Ron.
“George ok, ho capito. Adesso basta però!”  urlò spazientito Fred.
“Scherzi fratello? Siete riusciti a rendere il pranzo imbarazzante anche senza parlarvi, non posso smetterla!” aveva ribattuto il gemello.
Fred aveva preso un detonatore abbindolante e l’aveva lanciato in testa al fratello, costringendolo a scappare per non rischiare di rimanere sordo dall’unico orecchio buono.
Fred prese la pergamena dal cassetto in cui le teneva e la guardò.
La voglia di scriverle era tanta e non riusciva più a trattenersi. Così, approfittando della lontananza del fratello, intinse la piuma e iniziò a scrivere:
““Ho cinque domande per te, cercami, quando puoi. Io ti aspetto, anche tutta la notte.”

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Capitolo 9
*** Partenze ***


Il giorno della partenza di Harry e Ron era passato ormai da un pezzo.
La solita malinconia che accompagna Hermione per la lontananza da Ron era adesso cambiata in una strana apprensione. Aveva paura di ciò che Harry avrebbe potuto scoprire, aveva paura di sapere la verità.
Ogni tanto si ritrovava a pensare alle parole che Ron si era lasciato sfuggire nelle poche occasioni che avevano avuto per parlare.
Una volta aveva detto: ”Forse sono diverso adesso” ma poi aveva subito cambiato discorso ed Hermione non aveva voluto forzare la mano cercando delle risposte. Adesso era tutto nelle mani di Harry.
 
 
Non passava giorno in cui Fred non controllasse la pergamena in cerca di una risposta da parte di Hermione, ma quella non arrivava mai.
George guardava suo fratello con apprensione, vedendolo ogni giorno sempre più nervoso e taciturno.
Non voleva parlare, passava un sacco di tempo nel magazzino, da solo con i suoi pensieri.
Marzo era alle porte, erano passate tre settimane da quando Fred aveva scritto quel messaggio e ancora non riusciva a non sperare in una risposta.
L’aveva aspettata per tutta la notte, come aveva promesso e anche le notti dopo, ma niente. Hermione non voleva parlare con lui e lui non poteva nemmeno biasimarla.
Una voce lo scosse dai suoi pensieri.
“Fred, mamma dice che deve parlarci. Andiamo a pranzo alla Tana oggi.”
Fred alzò gli occhi al cielo. Una strigliata da parte di sua madre era l’ultima cosa di cui aveva bisogno, ma non poteva non presentarsi, pena: una strigliata ancora peggiore.
Prese la giacca dalla sedia e, insieme al fratello, si smaterializzò nel cortile della Tana.
Ad accoglierli, c’era Ginny.
“Mamma, sono arrivati!” urlò la ragazza alla madre, che subito dopo apparve sulla porta.
“Cosa avete combinato stavolta voi due?” chiese sorridendo la ragazza.
“Io niente di sicuro!” rispose George. “Chiedi un po’ qui al simpaticone.”
Fred lanciò un’occhiata torva ad entrambi ed entrò in casa.
“Finalmente siete qui!” disse Molly salutandoli velocemente. “Io e vostro padre dobbiamo parlarvi, vado a chiamarlo”.
“Qui la cosa si fa seria, Freddie. Che ne dici se ce la diamo a gambe?” Fred si limitò a sbuffare.
Cos’era tutta quella segretezza? Perché non si decidevano a parlare?
Il signor Weasley arrivò trotterellando dal capanno, con la sua solita aria allegra.
Insieme alla moglie si sedettero sul divano e cominciarono.
“Allora, ragazzi. Vi ho fatti chiamare perché c’è una novità. Abbiamo decido di andare a trovare Ron e Harry all’accademia e volevamo chiedervi se potevate badare alla casa per qualche giorno.
Fred, a sentire “Ron” saltà sulla sedia.
George gli diede una botta sul braccio, facendolo tornare attento.
“Ok, mamma. Per noi è ok. Giusto, Fred”
“Si, ok. E’ ok.”
Se andavano a trovare Ron, era probabile che partisse anche Ginny e quindi pure Hermione. Il suo umore peggiorava sempre di più.
“Bene! Allora, noi partiamo domani. Ginny viene con noi e anche Hermione.”
Ecco, come aveva temuto. Ingoiò la notizia e finse un sorriso che George non mancò di cogliere.
“Ok allora, siamo d’accordo!” disse il signor Weasley. “Adesso si mangia!”
 
George prese Fred per un braccio e lo fece uscire nel cortile.
“Non sorridere così tanto, fratello.” gli disse.
“E smettila un po’, lasciami in pace” rispose Fred seccato.
“Ma non puoi fare così. Va da lui, si ok. E allora? Ricordi come è stata l’ultima volta che si sono visti, che ti aspetti che succeda?”
Fred guardò torvo il fratello.
“Lasciamo perdere.”
 
Doveva parlare con Hermione. Doveva farle quelle domande, aveva bisogno di risposte. Quelle risposte avrebbero potuto cambiare tutto, forse si sarebbe potuto mettere il cuore in pace.
Senza avvertire nessuno, girl su se stesso e si smaterializzò nel suo appartamento.
In fretta e furia, scrisse un biglietto e lo legò alla zampa del suo gufo.
“Fai presto!” gli sussurrò mentre l’uccello volava via.
 
 
 
Era un caldo pomeriggio di Marzo ed Hermione stava finendo il turno di lavoro. Stava firmando ei documenti, quando la sua segretaria la avvertì che c’era un gufo per lei.
“Chi mi manda un gufo a lavoro? Deve essere successo qualcosa!”
Preoccupata, aprì subito la lettera. La scrittura era di una persona che mai avrebbe immaginato.
 
“Ti ho scritto un mese fa. Sto ancora aspettando una risposta. Prima di partire, leggi. Ti prego.”
Fred non aveva nemmeno bisogno di firmarsi. Era sicuro che lei avrebbe riconosciuto la sua scrittura tra cento e così era.
Hermione appallottolò la lettera e la gettò via.
Il mattino seguente sarebbe partita insieme a Molly, Arthur e Ginny per andare a trovare Ron. Nessun messaggio di Fred le avrebbe rovinato la giornata.
Finito il turno di lavoro, tornò a casa per fare la valigia. Sarebbero rimasti solo qualche giorno, ma l’emozione di rivedere Ron la faceva andare in panico, così si era ritrovata ad esagerare con i cambi da portare.
Svuotò e riempì la valigia varie volte prima di potersi ritenere soddisfatta e finalmente la chiuse.
Si sdraiò sul letto, pensando a come sarebbe stato rivedere Ron dopo quello che si erano detti. La loro corrispondenza era sempre rada, ma lui sembrava fosse tornato quello di un tempo, più o meno.
Era persa nei suoi pensieri quando, piano piano, si addormentò.
Sognava di essere alla Tana e di essere circondata da lettere che riempivano la stanza e riportavano tutte la stessa frase: “Rispondimi” “Rispondimi”. Tutte uguali, tutte scritte dalla stessa persona.
Hermione si svegliò di soprassalto.
Fred era riuscito nella sua impresa. Aveva impiantato in lei il tarlo della curiosità e non poteva non leggere il suo messaggio prima di partire.
Scese in cucina e aprì il cassetto in cui giaceva la pergamena incantata.
La aprì e lesse: “Ho cinque domande per te, cercami, quando puoi. Io ti aspetto anche tutta la notte.”
Era passato un mese da quella notte. Chissà se davvero era rimasto sveglio ad aspettarla.
Fece un sospiro e scrisse:
“Dimmi.” Credendo di essere pronta e sentire ciò che lui aveva da dirle.
Piano piano,  alcune lettere iniziarono a spuntare sotto quelle tracciate da lei.
 
1 - Perché sei rimasta sorpresa del fatto che riesco ancora a capirti così bene?
2- Cosa mi nascondevi? Quella sera io ho capito che avevi qualcosa e non lo dicevi.
3- Cosa intendevi con “se avessimo fatto scelte diverse”. Non credere che l’abbia dimenticato.
4-  Perché in questo mese non hai fatto altro che evitarmi?
5- Perché mi hai lasciato in tredici quella sera? ci sono rimasto molto male e ci ho pensato sempre, ogni giorno fino ad oggi e pretendo una spiegazione. mi dispiace te l ho detto non mi andava di parlarne
Armata di pazienza,  Hermione iniziò a rispondere.
1 -  Perché non ci vediamo mai, non è più come prima tra noi, mi sembra palese. Prima era più facile, vedendosi ogni giorno ad Hogwarts, ma adesso.. Quindi mi sembra strano che tu mi capisca ancora bene. Tutto qui.
 
E una era andata. “Ce la puoi fare, Hermione” continuava a ripetersi mentre scriveva.
2- Niente. Non ti ho più risposto perché non mi andava di rispondere. Ho pianto perché su questa cosa sono emotiva, lo sai. Non posso farci niente.
 
Una mezza verità forse l’avrebbe tenuto a bada. Adesso c’era una delle domande più difficili, ma Hermione voleva arrivare fino in fondo.
 
3- Lo sai… Se stessimo  insieme da quella volta… Se avessi scelto te e non Ron..
 
Le lacrime iniziavano a scendere dagli occhi di Hermione, silenziose e andavano a bagnare la pergamena. Ma lei continuò.
 
 4- E’ difficile per me questa situazione. Non chiedermi perché ti evito.
5 - Perché hai deciso di andare da lui?
Ecco. Era arrivata alla domanda peggiore, anche se poteva sembrare la più semplice. Lui non sapeva ciò che era successo tra lei e Ron, ma probabilmente aveva immaginato ci fosse qualcosa che non andava.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo.
Impugnò nuovamente la piuma e scrisse:
 
“Perché è con lui che sto, Fred.” sapendo che quelle parole lo avrebbero ferito.
Fred non aveva risposto.
“Adesso è il mio turno di fare le domande” disse allora lei.
“Quando le hai pensate queste domande?”
La risposta di Fred arrivò subito.
“Tutti i giorni.”
“Soddisfatto delle risposte?”
“Mentirei se dicessi di si.”
Hermione incassò il colpo e decise che era meglio finire la discussione, ma Fred la anticipò scrivendo:
“Comunque sia, io ti voglio un bene dell’anima,  vorrei tanto stare con te.”
Hermione rilesse quella frase più volte, sentendosi peggio ogni volta e, incapace di fermare le sue lacrime rispose:
“Anche io ti voglio bene.”
“Mi manchi”
“Anche tu” ed era sincera. Era vero che Fred le mancava. Le mancava da morire.
Poi successe una cosa che Hermione non aveva previsto.
“Immagino, ormai l’ ho capito, sai?” scrisse Fred.
Hermione non capiva. Un attimo prima sembrava fosse tutto ok.
“Cosa?” scrisse ancora scossa.
“Cerchi di evitare la discussione” le risposte di Fred erano rapide e lapidarie.
“Ma se ti ho risposto!” Hermione non capiva dove Fred volesse andare a parare. Il discorso si stava facendo strano.
“Lascia stare.” rispose Fred all’improvviso.
“Spiegami. Io voglio sapere.” Hermione non capiva cosa stesse succedendo, aveva paura.
Fred si prese un attimo per rispondere, poi scrisse:
“Arriveremmo sempre alla solita discussione che tu, possibilmente, vorresti evitare.”
Hermione cominciava a capire.
“Voglio sapere tutto.”
“Quella sera tu non hai risposto perché hai paura. Volevi evitare il discorso.”
“Non è veri, solo non avevo più niente da dire.”
Fred sembrava sempre più nervoso ad ogni risposta, Hermione poteva quasi vederlo.
“Non è vero, c’erano tante cose da dire!”
E, leggendo quelle parole, Hermione rivide lo stesso Fred che anno prima cercava una spiegazione quando lei lo aveva lasciato. Fred che piangeva per lei.
“Fred non volevo parlare, ero stanca e piangevo come una scema, non c’è altro.”
“Dimmi perché piangevi.”
Hermione era scossa dai singhiozzi.
“Te l’ho già detto!!!!!”
“Forse nemmeno chi ti frequenta ti conosce come ti conosco io.”
Hermione sussultò leggendo quelle parole, ma seppe che Fred aveva ragione.

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Capitolo 10
*** Finalmente la verità ***


Dal capitolo precedente:
 
 “Fred non volevo parlare, ero stanca e piangevo come una scema, non c’è altro.”
“Dimmi perché piangevi.”
Hermione era scossa dai singhiozzi.
“Te l’ho già detto!!!!!”
“Forse nemmeno chi ti frequenta ti conosce come ti conosco io.”
Hermione sussultò leggendo quelle parole, ma seppe che Fred aveva ragione.
 
 
Era stata una pessima idea quella di cedere alla curiosità e tornare a parlare con Fred a poche ore dalla partenza.
Leggendo quell’ultima frase che Fred aveva scritto, Hermione era scoppiata a piangere, incapace di fermarsi e aveva buttato via la pergamena, facendola finire sotto al tavolo e lì l’aveva lasciata.
Non riusciva a smettere di singhiozzare, si sentiva terribilmente male, come se il cuore le si stesse strappando dal petto.
Come sempre, Fred era riuscito a leggerle dentro. Rileggere ogni parola su quella pergamena le scuoteva l’anima perché, quando si scrivevano, mettevano a nudo se stessi, finalmente si liberavano delle maschere che erano costretti a portare e potevano dirsi la verità che tanto gelosamente custodivano.
Le parole di Fred, decise e terribilmente vere, non abbandonavano la sua mente.
Ma lei doveva partire.
DOVEVA. 
Sentiva sulle guance due rigagnoli salati che continuavano a scenderle dagli occhi, come un fiume in piena. Lì dove avevano iniziato a seccarsi, le lacrime iniziavano a tirarle la pelle, come se volessero riportarla alla realtà. Dopo un tempo che sembrò infinito, Hermione si alzò dal pavimento dove si era accasciata, decisa a lasciarsi tutto alla spalle, preparare la valigia e andare via, finalmente. Quella partenza, che tanto aveva aspettato per rivedere Harry e Ron, adesso aveva un significato diverso per lei. Andando via, Fred non avrebbe più potuto cercarla, non  l’avrebbe rivisto, sarebbe stata insieme a Ron e nient’altro avrebbe avuto importanza.
Ginny passò a prenderla il mattino presto e insieme andarono alla Tana. Era eccitatissima e, mentre Hermione metteva il giubbotto, le aveva parlato di almeno cinque argomenti diversi riguardanti il matrimonio. Hermione, suo malgrado, non poteva fare a meno di sorridere, vedendo l’amica così felice. Chissà se anche lei lo sarebbe stata dopo questo viaggio. Tutto, il suo futuro con Ron, la sua vita, dipendeva dall’esito di questo viaggio.
Il signore e la signora Weasley erano già pronti vicino alla Passaporta quando arrivarono e Hermione li salutò da lontano. Mentre lei e Ginny si avvicinavano al giardino, ad Hermione sembrò di vedere qualcuno sull’uscio della porta che la stava fissando. Distolse lo sguardo e guardò più attentamente, ma con sua sorpresa, vide che non c’era nessuno.
Forse erano solo i residui della discussione avuta nel pomeriggio con Fred, ma le era sembrato davvero lui. Scosse la testa e, vedendo l’espressione indagatrice che era apparsa sul volto dell’amica, si affrettò a raggiungere quelli che di lì a poco sarebbero stato i suoi suoceri. Questo pensiero la fece diventare triste.
“Eccovi, finalmente!” disse il signor Weasley, con il suo solito sorriso aperto.
“Mancano solo due minuti!”
Si avvicinarono tutti al vecchio stivale e, subito dopo, questo  iniziò ad illuminarsi della consueta luce azzurrina e presto furono catapultati in un vortice. Mentre vorticava, Hermione continuava a pensare a quelle parole “Ti conosco. Ti conosco. Ti conosco”.
“No, non mi conosci Fred. Non sai più chi sono.”
 
 
 
 
 
 
La mattina della partenza dei loro genitori era arrivata. George era passato a svegliare Fred, ma con scarsi risultati.
“FREEEEED!! Ma sei sordo?? Sono io quello con un orecchio solo!” gli disse impaziente, continuando a scuoterlo.
Fred aprì un occhio e lo richiuse quasi subito, ma presto si ritrovò scaraventato a terra dal fratello.
“Capisco che hai passato la notte in bianco ripensando alla tua amabile chiacchierata con la Granger, ma non credo che a mamma importi!”
Fred guardò torvo il fratello, mentre cercava di rimettersi in piedi.
“Cosa c’entra la mamma, adesso?” riuscì a dire.
George lo guardò come si guarda un bambino di due anni a cui si cerca di spiegare qualcosa.
“La nostra cara mamma, insieme a papà, Ginny e la tua amichetta Granger, oggi partono per andare a trovare Harry e Ron” disse, mentre mimava ciò che diceva.
“Si, molto divertente George. Io non vengo, lo sai.”  E, così dicendo, Fred si gettò di nuovo nel letto.
“Come vuoi. Sono stanco di andare da solo dappertutto però, sappilo.” George si smaterializzò.
Dopo aver aiutato i genitori a preparare gli ultimi pacchetti, George li aveva salutati e stava per andare al negozio, quando sentì un POP provenire dalla cucina.
Una faccia uguale alla sua, un po’ più stravolta lo guardava con un aria tetra.
“Ce l’hai  fatta a lasciare il tuo letto. Non sai mamma! Mi ha fatto una testa così! Valla almeno a salutare, anche se sospetto che non sia questo il motivo per cui sei qui.” E, così dicendo, andò via, lasciando Fred da solo.
Aveva salutato i genitori, subendo la ramanzina della madre per il ritardo e le infinite raccomandazioni sulla casa. Ginny non era ancora arrivata, era andata a prendere Hermione. “Tanto meglio” pensò Fred, ma stava solo mentendo a se stesso. In realtà si era deciso ad andare alla Tana proprio nella speranza di vedere Hermione.
Aveva ancora in mente tutto ciò che si erano detti e ora lei stava andando da Ron e quella sarebbe stata la fine per loro, se lo sentiva. Ma la fine di cosa, dopotutto? Era solo una vana speranza quella che nutriva, lo sapeva. Ma le sue risposte l’avevano portato a sperare in qualcosa in più. Però adesso lei stava partendo.
Era arrivato vicino alla porta di casa, pronto a smaterializzarsi, quando sentì due POP, provenienti dal giardino.
Erano arrivate. Hermione stava agitando il braccio per salutare i suoi genitori. Non voleva che lei lo vedesse, sarebbe stato peggio. Voleva solo vederla, solo un momento sarebbe bastato.
“Voltati” pensava. “Voltati.”
E, come se avesse sentito quella sua silenziosa preghiera ,per un istante Hermione guardò nella sua direzione.
Il cuore di Fred perse un battito e, preso dal panico, si smaterializzò.
 
 
 
L’atterraggio era stato stranamente ordinato. Solo Ginny aveva finito per inciampare, ma  pronto a tirarla su  c’era Harry, nella sua divisa da cadetto Auror.
Gli occhi di Ginny brillavano, era davvero felice.  Harry passò subito ad abbracciare Hermione. Le bastò uno sguardo per capire che il suo migliore amico aveva scoperto qualcosa. Il mondo sembrò caderle addosso.
A strapparla da quel pensiero, arrivò Ron, anche lui in divisa, che le riservò un timido abbraccio e andò subito a salutare i suoi genitori, lasciando Hermione ancora più triste.
In quel momento, la sua partenza le sembrò quanto meno una pessima idea. Cosa aveva sperato? Che fosse tornato tutto a posto, che i problemi tra lei e Ron fossero solo nella sua testa? E la discussione avuta con Fred il giorno prima...
A Hermione girava la testa e Harry sembrò accorgersi del suo malessere.
“Ginny, credo che Herm soffra un po’ il viaggio in passaporta, la accompagno in camera” disse infatti appena furono arrivati all’hotel in cui avrebbero alloggiato.
Hermione gli era davvero grata. Non voleva far preoccupare i Weasley, e non voleva rovinare la felicità di nessuno. Ron non sembrava essersi accorto di nulla, d’altro canto.
Appena furono entrati nella stanza, Hermione scoppiò in lacrime.
“Harry, dimmi la verità. Fallo subito, ti prego”
“Herm, io ci ho provato a parlare con Ron. Ho provato ad avvicinarmi di nuovo e per un po’ sembrava funzionasse, ma ogni volta che menzionavo  te, tornava nel suo silenzio. Non sono riuscito a scoprire nulla, mi dispiace tanto.”
“Grazie Harry per averci provato, davvero.” rispose lei, in preda ai singhiozzi.
Harry si era inginocchiato davanti a lei, le sue mani che stringevano quelle di lei.
“Hermione, guardami.” le disse. “Io sono con te, anche Ginny lo è. Non sei sola in questo. Non  devi esserlo, capito?” e le porse un fazzoletto. Sempre così cavalleresco, il suo migliore amico. Riuscì quasi a strapparle un sorriso.
“Grazie Harry, grazie davvero. Adesso va da Ginny, chiedile scusa da parte mia, Ci vediamo più tardi.”
Hermione decise di fare una doccia, certa che dover fare la prima mossa sarebbe stata lei. Si cambiò d’abito e, prendendo il coraggio a due mani, andò a cercare Ron.
Lo trovò nella sala comune, insieme a Molly e Arthur  e da lontano si fermò un attimo a guardarlo. Aveva gli occhi segnati dalle occhiaie, aveva perso anche qualche chilo e sembrava un po’ trasandato.
“Cosa ti sta succedendo, Ron? chiese a voce bassa, più a se stessa.
Si avvicinò piano, dando il tempo a Ron di notarla.
Dal suo sguardo capì che la stava aspettando, forse si era deciso a chiarire una volta per tutte.
“Beh mamma, porto Hermione a vedere l’Accademia, voi sistematevi pure, ci vediamo più tardi” disse infatti.
E così uscirono insieme. Passarono dei minuti prima che qualcuno dicesse qualcosa. Hermione sperava fosse Ron a prendere la parola, ma sapeva che non era proprio il suo forte, così fisse: “Ron, dobbiamo parlare.”
“Si, dobbiamo.” rispose lui, cadendo di nuovo in silenzio. Arrivarono davanti alle porte dell’Accademia, un imponente edificio in stile gotico che dominava una collina poco elevata.
“E così è questa” disse Hermione, cercando di rompere di nuovo il ghiaccio.
“Si, è questa la mia casa, per ora.” disse Ron, con voce malinconica.
Poi si voltò e guardò finalmente Hermione negli occhi.
Doveva farlo, glielo doveva. Lei meritava di sapere la verità. Così, prese coraggio e iniziò.
“Come ti ho già detto, non c’è nessun altra Hermione. Non ti farei mai questo, voglio che tu lo sappia.”
La tensione nella sua voce era palpabile, prese un bel respiro e continuò.
“E’ successa una cosa. Solo che non ho ancora capito se è stata la causa o l’effetto.”
Hermione lo guardava come se non riuscisse davvero a vederlo. Cosa stava cercando di dirle? Cosa era successo?
A Ron era chiaro ciò che era successo. Quel che aveva provocato lo strappo, ma non riusciva trovare le parole adatte, non voleva ferire Hermione. Si ricordava che nell’ultimo periodo avevano iniziato a parlare meno, colpa della distanza, ma forse non solo di quella.
All’improvviso era come se qualcosa li avesse spinti fuori dalla loro intimità. Erano iniziati i fraintendimenti: Era come se ci fosse una specie di lente deformante che falsificava ogni azione, ogni parola, ogni pensiero che esprimevano. Avevano iniziato a essere sempre più prudenti nel dirsi le cose, nell’evitare certi discorsi per evitare di litigare. Ponderavano le parole da usare nelle loro lettere, quando si vedevano. Le misuravano, le soppesavano, a volte le smontavano fino a non trovarsi più nulla da dire.
Così avevano iniziato a parlare meno, a creare silenzi sempre più lunghi. E senza rendersene conto, avevano costruito un muro invisibile di riguardi, di paure e si erano ritrovati ai
due lati opposti del muro, in compagnia delle rispettive solitudini. E il punto di non ritorno era stato quando  Hermione gli aveva chiesto se avesse un’altra. Il solo fatto di avere evocato quella possibilità aveva fatto capire a Ron che erano arrivati davvero al capolinea.
Rimase per un po’ in silenzio, a riflettere sulle parole giuste da dire, ma forse non esistevano quelle parole, non si poteva evitare una frattura, anche se lui lo aveva sperato per tanto tempo.
“Hermione, io non credo che le cose vadano più bene tra noi da un po’.” Fece una pausa, aspettando la reazione di Hermione, che si limitò ad abbassare gli occhi. Lui le prese una mano tra le sue e continuò.
“Mi dispiace davvero, io ti ho amata tanto, ma adesso non sono più sicuro di niente. La distanza ci ha divisi, non solo fisicamente, ma in cento modi diversi e non credo che siamo in grado di ricucire tutto. Ho provato a fare andare via questa sensazione, ma ho ottenuto l’effetto contrario. Ero sempre distante quando tornavo a casa, non sapevo che dirti, cosa fare.
Sono stanco di vivere con un continuo senso di inadeguatezza. Sono stanco e noto che anche tu  fingi che non sia cambiato niente e cerchi di tirare avanti come meglio puoi.”
Hermione aveva iniziato a piangere silenziosamente, sempre la sua mano tra quelle di Ron.
“Non ho mai pensato di tradirti” continuò Ron “Non è una possibilità che ho mai contemplato, nemmeno per un momento.”
Mentre la guardava, aveva preso atto di una cosa: non provava amore per lei, l’unico sentimento coinvolto nel loro rapporto era l’affetto di chi si conosce da anni, di due grandi amici, ma non amanti. Gli era venuto addirittura il sospetto che non si fossero mai amati.
Aveva lasciato le mani di Hermione e aveva iniziato a camminare, avanti e indietro.
A ogni passo il suo senso di colpa cresceva.
“Mi dispiace, Herm.” disse alla fine.
“Mi dispiace davvero tanto, credimi. Ma non potevo più continuare a fingere. Mi sono allontanato da tutti, da te, da Harry, ma non ho risolto nulla. Ho solo peggiorato le cose e siamo ad un punto di non ritorno. Io spero tu mi possa perdonare un giorno,  per averti trattata così. Non voglio perderti, Herm. Sei sempre stata la mia migliore amica, e ti ho amata davvero, ti ho amata, ti ho amata…”
Piangeva Ron mentre pronunciava quelle parole. Anche Hermione non poteva fare a meno di piangere. La bomba era stata sganciata, erano giunti al capolinea.
Hermione aveva sperato di aggiustare le cose, di tornare a essere felice con Ron, che tutto il dolore, i dubbi, la frustrazione di quell’ ultimo anno sarebbero potuti sparire. Ma adesso era consapevole che quel momento era arrivato addirittura in ritardo, che si stavano trascinando in una storia che era morta da un po’, incapaci entrambi di mollare la presa, nella speranza di un miracolo.
Hermione si asciugò gli occhi e l’unica cosa giusta da fare le sembrò andare ad abbracciare Ron. Non ce l’aveva con lui, anzi, era fiera di lui perché aveva avuto tutto il coraggio che a lei era mancato. Lei aveva scelto di fare finta di nulla, di ignorare i segnali, di convincersi che tutto sarebbe andato bene. Aveva applicato la colla la dove uno strappo sarebbe stato più efficace e lo strappo c’era stato adesso e da quello non si poteva tornare indietro, ma solo decidere come andare avanti.
Ron singhiozzava, incapace di fermarsi, tra le braccia di Hermione che lo stringevano forte. Quel muro che si era creato tra di loro sembrava essersi dissipato insieme a tutte le “bugie” che si erano detti per andare avanti. Dopo mesi di finzione, erano davvero loro quei due che si stavano stringendo a tal punto da farsi male, cercando di dirsi “andrà tutto bene, andrà tutto bene.”
Rimasero in quel abbraccio per un tempo indefinito. Fu Hermione a parlare per prima.
“Grazie Ron.” disse. “Per essere stato sincero con me. Mi dispiace che sia finita così, mi dispiace di non aver fatto abbastanza. Non voglio che ci siano rancori tra di noi, io ci tengo troppo a te. Non posso vivere sapendo che saremo degli estranei da adesso in poi.”
“Si, anche a me fa male. Forse piano piano torneremo ad essere amici come un tempo.”
“Si, vedrai che ce la faremo.”
Si strinsero le mani, e in silenzio di avviarono dagli altri.
Il primo a notare gli occhi gonfi di entrambi fu Harry, ma non disse nulla, si limitò a guardare Hermione e, con uno sguardo, capì.
Hermione e Ron avevano deciso di rimandare il momento della verità. Hermione sarebbe ripartita il giorno dopo, inventando un impegno di lavoro. Ron aveva promesso di chiarire con Harry e di scriverle, ogni tanto.
La sera arrivò in fretta e dopo aver comunicato la sua partenza ai Weasley, che erano sinceramente dispiaciuti e la cena che le sembrò infinita, tra le occhiate curiose di Ginny e quelle apprensive di Harry, finalmente arrivò il momento di andare a letto.
Era appena entrata sotto al caldo piumone, quando sentì bussare alla porta.
Era Harry.
“Posso?” disse il suo migliore amico, un po’ impacciato
“Certo, entra pure.” rispose lei, tirandosi un po’ più su le coperte, come a volersi avvolgere su se stessa. Si sentiva terribilmente vuota, ma, inverosimilmente, anche leggera,
“Herm, Ron è venuto da me prima. Mi ha chiesto scusa per questi mesi e mi ha detto che cambierà, ma non ha voluto dirmi altro. Cos’è successo?”
I giri di parole non avrebbero certo attutito il colpo e, magari, dirlo ad alta voce avrebbe contribuito a rendere più reale anche a lei la cosa.
“Ci siamo lasciati, Harry.” disse semplicemente.
L’amico, preso in contropiede, rimase per un attimo a bocca aperta, incapace di proferire parola. Poi disse soltanto: “Mi dispiace tanto, ma vedrai, andrà tutto bene.” e la abbracciò. Hermione si abbandonò a quel contatto, e, finalmente, si liberò di tutto ciò che si era tenuta dentro.
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Flashback ***


Decise di partire molto presto quella mattina. Non aveva voglia di fingere una serenità che non le apparteneva con i Weasley, così l’unico presente quando la passaporta iniziò a lampeggiare, era il suo migliore amico Harry.
Avevano finito per passare l’intera  notte a parlare loro due, un po’ come quando, durante la ricerca degli Horcrux erano da soli nella tenda, in mezzo al nulla. Harry era molto dispiaciuto per l’epilogo che la sua storia con Ron aveva avuto, ma continuava a ripeterle che era un bene che fosse successo adesso, ogni giorno in più sarebbe stato peggio,  i Weasley avrebbero capito.
I Weasley. Come l’avrebbero presa?
Per anni era stata la benvenuta in casa loro, l’avevano trattata sempre come una figlia, anche prima che si mettesse con Ron. Probabilmente niente sarebbe stato più come prima e lei non riusciva a pensare alla sua vita senza quella famiglia.
La passaporta lampeggiò più intensamente e, dopo aver dato un ultimo sguardo ad Harry che la salutava con la mano, Hermione si ritrovò a vorticare, in direzione di casa sua. L’atterraggio non fu dei migliori, si era ritrovata infatti con la faccia sul tappeto del salone. Il suo sguardo andò sotto al tavolo della cucina, dove sapeva di aver lasciato la pergamena.
Scosse la testa e provò a rialzarsi facendo un respiro profondo, ma non ci riuscì. La stanza aveva preso a girare non appena aveva alzato la testa, così si lasciò andare sul pavimento, gli occhi chiusi.
Era successo davvero. Dopo 3 anni di coppia fissa e innumerevoli anni  passati a corrersi dietro, lei e Ron si erano lasciati. Era finita. Una lacrima iniziò la sua lenta discesa lungo le sue guance, ma lei non la asciugò. Aveva pianto tanto e questo non era da lei, ma forse tutte quelle lacrime servivano a purificarla, a svuotarla dal dolore che sentiva e da tutti i suoi pensieri. Passò sul pavimento l’intera mattinata, senza muoversi, come bloccata  nel suo stesso corpo.*
Il rumore di qualcosa alla finestra la costrinse a tornare alla realtà e ad aprire gli occhi. Era un gufo. Con un leggero  movimento della bacchetta, aprì la finestra permettendo a Leotordo di entrare. Il gufetto si appollaiò sulla sua spalla, quasi avesse capito che Hermione non voleva alzarsi, e le permise di staccare la lettera che teneva attaccata alla zampetta. Batté velocemente le ali in segno di saluto e volò via.
La lettera era di Ginny. Forse Harry aveva finito per farsi scoprire. Non era proprio il suo forte mantenere i segreti con la sua ragazza. Tanto meglio, un incombenza in meno per lei. Sicuramente non avrebbe avuto il coraggio di affrontare l’argomento, avrebbe sicuramente lasciato che fosse Ron a parlare alla sua famiglia.
Aprì la lettera e lesse:
“Cara Hermione,
mi dispiace che tu sia partita così presto stamattina. Harry mi ha detto che andavi di fretta, quindi per stavolta, non ce l’ho con  te. J Ti scrivo per conto di mamma. Mi ha chiesto di dirti se in questi giorni hai un attimo libero, puoi passare a dare un’occhiata alla Tana? Ha paura che Fred e George la distruggano. Mi manchi già, un bacio.
Ginny”
Harry aveva retto allo sguardo indagatore di Ginny, ma appena Hermione aveva letto il nome di Fred, si era sentita crescere dentro un vuoto.
Andare alla Tana. Vedere Fred.
No. No. Non poteva. Non avrebbe potuto prima, ma adesso, solo ad un giorno dalla sua rottura con Ron.. Non sarebbe riuscita a guardarlo, lui avrebbe subito capito. No, non poteva.
Tornò al suo rifugio sul tappeto e richiuse gli occhi.
Le sue speranza prima della partenza le apparivano talmente assurde da farla quasi sorridere. Dentro di sé aveva sempre saputo che si era creato uno strappo tra lei e Ron, ma aveva vissuto cercando in tutti i modi di nasconderlo, come se questo fosse sufficiente a sanarlo. Come la famosa polvere da nascondere sotto al tappeto.
I ricordi iniziarono a vorticarle in testa. I loro anni ad Hogwarts, il ballo del ceppo, la prima volta che lei si era accorta di provare qualcosa per lui e lui per lei. Ma non se l’erano detti. Avevano continuato e litigare come due bambini, incapaci di accettare quel sentimento e di capire cosa gli stava succedendo. E poi l’anno della guerra, lui che lasciava lei e Harry in quel bosco, lei che aveva pianto tutte le notti pensando a lui. Il loro primo bacio nella camera dei segreti e il nuovo inizio insieme. Era stata una bella storia, la loro. Per il primo anno e mezzo tutto era filato liscio. Anche nei primi sei mesi in cui Ron era partito per l’accademia tutto sembrava essere rimasto al proprio posto. Ma non era stato così nei mesi successivi. Non erano stati abbastanza forti per tenersi, forse non lo erano stati mai davvero innamorati, pensò.  In mezzo a  tutti questi pensieri, piano piano aveva iniziato a farsi strada un altro ricordo, estraneo a loro due, ma che continuava ad allargarsi con prepotenza nella sua mente.
 
FLASHBACK
Hogwarts, novembre 1995.
 
Era una fredda serata di Novembre ed Hermione, appena finita la cena, era corsa nella sala comune per accaparrarsi la sua poltrona preferita accanto al caminetto per poter leggere un buon libro. Aveva corso a perdifiato, ma grazie a Merlino l’aveva trovata libera e aveva così iniziato a leggere. Harry e Ron, sentendosi ignorati,  erano andati nella loro stanza e mentre Hermione si immergeva nei racconti di Hogwarts, la sala comune continuava a svuotarsi. Aveva iniziato a sbadigliare e questo le sembrò parecchio strano. Dopotutto, stava leggendo solo da… “Per la barba di Merlino!!” esclamò sorpresa guardando l’orologio. “Sono già le 2!” Il tempo, quando leggeva, sembrava scorrere diversamente. Fosse dipeso da lei avrebbe continuato fino al mattino, ma c’erano le lezioni e qualche ora di  sonno era d’obbligo se non voleva somigliare ad uno zombie. Stava per lasciare la sala quando qualcuno entrò dal buco dietro il ritratto della Signora Grassa imprecando. Una chioma rossa apparve nella sala. Era Fred. Sicuramente tornava da uno dei suoi appuntamenti  segreti con qualche ragazza. Hermione storse il naso e, senza farsi vedere, imboccò le scale.
“Caspita, stavolta me la sono proprio cercata” sentì dire da Fred e si fermò sulle scale ad ascoltare. Il ragazzo si stava avvicinando alla poltrona che lei aveva occupato fino a pochi minuti prima, si teneva il braccio con una mano. Cosa aveva combinato stavolta?
Hermione era indecisa sul da farsi. Se si era fatto male sicuramente era solo colpa sua, come sempre, ma lei era un prefetto ed era suo dovere sincerarsi sulle sue condizioni di salute e, se necessario, accompagnarlo in infermeria. Sbuffando rientrò in sala.
“Cosa ti sei fatto stavolta?” gli disse, mentre lo guardava con le mani sui fianchi.
“Cosa ci fai tu qui, Prefetto? Non è tardi per te?” disse lui con la solita insolenza, la voce leggermente incrinata dal dolore.
Visibilmente irritata, alzò gli occhi al cielo e sbuffò, ma Fred sembrava non averla nemmeno sentita. Spazientiva Hermione disse: “Allora mi dici cosa ti sei fatto?”
Portandosi la mano tra i capelli rossi, con il suo solito sorriso canzonatorio le disse: “Perché ti interessi della mia salute? Vuoi per caso approfittare di me?”
Hermione  era arrossita. Azò gli occhi al cielo e decise che l’avrebbe lasciato lì col braccio dolorante. Stava per allontanarsi, quando una mano la trattenne. 
“Sono caduto dalla scopa mentre facevo una partita clandestina con Jay, un ragazzo di Corvonero. Sono atterrato direttamente sul braccio. Credo di essermelo rotto. Che farai, andrai subito a dirlo  a Silente?” concluse sorridendo, sfidandola.
Hermione avvampò.
“Hai un braccio rotto e sei ancora qui???” Lo strattonò per il braccio buono  e, quasi tirandoselo dietro, lo portò davanti al buco dietro al ritratto.
“Cosa stai cercando di fare?” Fred la guardava con gli occhi sgranati. Forse l’aveva punzecchiata troppo e il Prefetto stava per prendersi la sua rivincita.
“DEVI ANDARE IN INFERMERIA.” urlò lei. “E se non ci vai da solo, ti faccio levitare fino a lì. A te la scelta.”
“Stavo iniziando a pensare che non sarebbe una cattiva idea, uscire qualche volta, noi due. Ma l’infermeria non mi sembra un buon modo di iniziare..”  
In un attimo Fred si ritrovò a levitare a un metro da terra, Hermione che si faceva strada senza degnarlo idi una parola.
Passata la prima reazione di imbarazzo, ma non senza un po’ di rossore sulle guance Hermione riuscì a parlare. “Io e te non abbiamo niente da spartire.” E  continuò a camminare  a passo di marcia.
Quell’anno era stata nominata Prefetto insieme a Ron e sentiva su se stessa il peso della responsabilità di quella carica, ne sentiva doppiamente il peso visto che Ron lo prendeva molto alla leggera. Da qualche tempo i gemelli sembrava stessero tramando qualcosa. Erano sempre a parlare sottovoce, a guardarla con gli occhi truci quando si avvicinava e pieni di fogli scarabocchiati che gli uscivano da tutte le tasche. Quando poi, all’improvviso, molto studenti avevano iniziato a fare capeggio dietro la porta della loro camera e quasi nello stesso momento a tornare in sala comune con strani brufoli in faccia o con lingue a penzoloni Hermione aveva capito che erano sicuramente riusciti ad inventare qualcosa. Così li aveva affrontati, faccia a faccia, ma loro, con i loro soliti modi canzonatori. l’avevano liquidata in dieci minuti. Poi aveva avuto altri problemi più grandi da affrontare. Ad ottobre infatti, in seguito alla nomina di inquisitore supremo della rospo rosa Umbridge, era riuscita a convincere Harry a fare qualcosa e così era nato l’Esercito di Silente. Anche i gemelli si erano uniti all’organizzazione  e lei ne era rimasta colpita .
Le cose a Hogwarts andavano male in quel periodo. Harry era sempre nervoso e in punizione con la Umbridge e a lei capitava di sentirsi davvero sola. I momenti in cui beccava con le mani nel sacco i gemelli, suo malgrado, doveva ammettere erano gli unici momenti che le davano un senso di normalità al cupo periodo che stavano vivendo.
Madama Chips quasi urlò quando li vide entrare in infermiera a quell’ora.
“Cosa diavolo ha combinato stavolta, signor Weasley?” disse esausta. I due gemelli passavno più tempo in infermeria che in aula. Il braccio, come previsto era rotto. Gli diede dell’Ossofast e insistette per fargli passare la notte lì.
Il mattino seguente, a colazione, Fred era già stato dimesso. Hermione, in seguito alle suppliche insistenti di Fred in cui aveva tirato  fuori lo spirito di cameratismo dell’ES, aveva ceduto per mantenere il segreto con tutti e fargliela passare liscia. I tempi erano già abbastanza duri e i gemelli, a loro modo cercavano di opporsi alla Umbridge, quindi passavano già molto tempo in punizione. Hermione si stava avviando alla sua lezione di Rune Antiche, quando Fred la affiancò.
“Cosa vuoi ancora? Ti ho già detto che non dirò nulla!” disse lei, continuando a camminare di gran lena.
“Volevo invitarti ad uscire insieme, per sdebitarmi.” disse lui tutto d’un fiato.
Hermione si fermò a  guardarlo con cipiglio dubbioso. Un altro scherzo alla Weasley, sicuramente.
“Dai, Prefetto. Avrai l’onore di uscire con me, che te ne pare?” continuò lui.
“Non ci penso nemmeno!” sibilò lei per non farsi sentire, le guance in fiamme.
Cosa gli passava per la testa? Tutti nel corridoio avevano preso a guardarli e lei era in ritardo per la lezione.
“Facciamo un patto: se accetti di uscire con me, giuro di non vendere più le Mollelingua ai primini.” Gli occhi di Fred luccicavano di divertimento.
“E così tu giuri? E io dovrei crederti?”
“Se vuoi facciamo un voto infrangile.” l’aveva presa in giro.
Hermione non sapeva come uscire da quella situazione, tutti la stavano guardando e così fece una cosa che le sembrò molto stupida, ma l’unica via d uscita possibile. Accettò
D’altronde sarebbe potuta andare via correndo, entrando in aula, nessuno la costringeva a rimanere con Fred, ma almeno gli altri studenti avrebbero smesso di fissarla in quel modo.
La sorpresa negli occhi di Fred era lampante.
E così era iniziata la loro storia.
Hermione non aveva raggiunto Harry e Ron quel pomeriggio.
Erano andati nel parco e Fred, senza i suoi scherzi tra le mani e George e Lee alle calcagna, sembrava diverso. Era stato un pomeriggio stranamente piacevole, nonostante i silenzi tra di loro. Hermione era confusa, che senso aveva tutto questo? Fred e George erano conosciuti per le continue storielle con ragazze di tutte e quattro le casate, di settimana in settimana, mai una storia seria. Sicuramente Fred aveva pensato che così facendo avrebbe potuta tenerla a bada, che lei non gli avrebbe più dato fastidio per le invenzioni. Ma si sbagliava, Hermione non era una stupida, non si sarebbe fatta mettere certo nel sacco con un trucco scemo e balordo come quello. Però non poteva fare a meno di pensare che il Fred con cui aveva parlato, scherzato e addirittura sorriso sembrava sincero.
Passarono dei giorni, in cui Fred aveva preso a salutare sempre Hermione quando la incontrava e lei cercava di evitarlo come poteva. Una volta Hermione aveva notato una strana espressione mentre gli passava vicino senza degnarlo di un cenno. Sembrava triste. Ma non poteva essere, Fred Weasley triste perché lei non lo salutava, figuriamoci. Però aveva mantenuto la promessa, da quel giorno in cui avevano fatto la passeggiata nel parco, nessun primino aveva più saltato una lezione a causa di una Mollelingua, né per nessun’altra invenzione made in Weasley. Era MOLTO STRANO…
Poi un giorno, mentre stava andando in biblioteca, una mano la tirò verso il muro. Stava quasi per gridare, ma vide che era Fred che sbucava da dietro una statua e la guardava, quasi impacciato.
“Ma cosa diavolo ti passa per la mente? Vuoi farmi morire d’infarto?”
Fred si passava la mano tra i capelli. Fred Weasley impacciato. Questa si che era una novità.
“Perché mi eviti, Granger?”
“Io non evito nessuno, Weasley. E, così dicendo, aveva cercato di divincolarsi e andare via. Ma lui continuava a tenerla per un braccio.
“Mi lasci andare?”
“No, voglio farti vedere una cosa, vieni con me? Solo dieci minuti, poi prometto di lasciarti in pace.” Sbuffando Hermione accettò, magari finalmente avrebbero dato un taglio a quella storia.
Dopo aver attraversato il tunnel che si trovava dietro la statua, sbucarono in una grande stanza, piena di libri. Immensi volumi antichi riempivano le pareti ed Hermione rimase senza fiato.
“Dove siamo?” disse, ancora incredula mentre si guardava attorno.
“E’ una stanza che io e George abbiamo trovato in uno dei nostri giretti per il castello, ho pensato ti sarebbe piaciuta.”
“Perché mi hai portata qui? Intendo il vero motivo, Fred. Non sono stupida.” disse Hermione, con decisione.
“Viglio parlarti e voglio che tu mi ascolti.”
“Oh. Ok.”
“Sono stato bene quella volta al parco. Non ci credo neanche io che lo sto dicendo, ma si, sono stato bene. Mi piace parlare con te, ridere con te. George pensa che io stia impazzendo.”
Hermione avvampò. Aveva raccontato tutto a George? Ma certo, quei due condividevano faccia, codice genetico, cuore e mente, sarebbe stato strano il contrario.
Hermione era sorpresa dalle sue parole, non sapeva ancora se fidarsi o meno, ma poi successe tutto molto velocemente.  Lui che le apriva il suo cuore, era sincero lei lo sapeva. Lui che le prendeva la mano lei che lo lasciava fare. Le loro bocche che si avvicinavano, i sorrisi impacciati e increduli e il loro primo bacio.
E così Hermione e Fred avevano iniziato a vedersi, sempre di nascosto.  Nessuno lo sapeva, tranne George. Hermione non era sicura di ciò che stava facendo, era emozionata ma spaventata al tempo stesso. Era tutto talmente assurdo. E poi c’era Ron, con cui aveva un rapporto abbastanza strano. Non sapeva bene perché, ma pensava che lui ne sarebbe stato geloso. Harry probabilmente avrebbe capito, come sempre. Ma non voleva dargli altri pensieri, più di quanti il prescelto già ne avesse. Erano stati insieme per circa tre mesi.
Poi la bolla era scoppiata, o meglio, Hermione aveva preso uno spillo e l’aveva fatta scoppiare.
 
Febbraio 1996
 
Fred le aveva detto quelle due parole. Ti amo. Hermione aveva sgranato gli occhi e d’ istinto era scappata.
Aveva avuto paura. Era tremendamente spaventata che lui avesse detto quelle due parole e poi l’avrebbe illusa. Era un tipo che prendeva le cose alla leggera Fred, lei lo sapeva bene. E, anche se in quei mesi passati insieme le era sembrato sincero, non riusciva a togliersi dalla testa quel punto fisso: lui la stava prendendo in giro. Perché era impossibile che lui la amasse, ma era ancora più impossibile che lei amasse lui. Per giorni cercò di evitarlo e quelle poche volte che l’aveva incrociato, l’aveva visto terribilmente giù. Forse fingeva, forse voleva solo che lei si impietosisse… Forse no.
Un giorno, mentre stava andando a lezione di Rune antiche, un familiare braccio la prese per mano e la attirò a sé.
Non ebbe nemmeno il tempo di aprire bocca che quella di Fred era già sulla sua.
“Cercò di divincolarsi e disse: “Ma sei impazzito? Vuoi che ci vedano tutti?”
“Perché non dovrebbero? Io ti amo Hermione. Non voglio nascondermi più.”
Hermione si sentì piccolissima, vedendo gli occhi di Fred che cercavano nei suoi conferma. Ma quella conferma non arrivò.
“No, Fred. Siamo troppo diversi noi due.” disse piano. “Io sono un prefetto, tu.. Beh tu, rendi la vita impossibile ai prefetti.” Quasi sorrise.
“Non fai altro che pensare a come lasciare la scuola e io allora cosa farò? Io voglio stare qui, io voglio studiare. Devo aiutare Harry, io non sono fatta per questa storia. E’ meglio finirla qui, dammi retta.”
La mano di Fred che le teneva il polso allentò la presa, così lei si allontanò, evitando di guardarsi indietro, ma non le sfuggì il singhiozzo di Fred.”
 
FINE FLASHBACK
 
 
Era stato impossibile impedire a quei ricordi di fare capolino nella sua mente. Li aveva tenuti chiusi in uno scomparto della memoria per molto tempo, come meglio aveva potuto, facendoli uscire solo nelle rare volte in cui si era ritrovata a scrivere su quella pergamena.
Si ricordava bene tutto il dolore che quelle sue azioni avevano portato. Le era sembrata la cosa giusta da fare, in quel momento, certo. Ma poco dopo Fred aveva lasciato la scuola insieme al fratello e per un anno tra di loro c’era stato il gelo assoluto. Quelle rare volte che si incontravano alla Tana, non facevano che evitarsi e sul volto di Fred era chiara la delusione che provava, era ferito. Anche lei c’era stata male, si sentiva terribilmente in colpa, ma gli eventi di quell’anno le avevano tenuto la mente occupata. Era nei momenti in cui si vedevano che la ferita sembrava riaprirsi e non volersi rimarginare più.
E ricordava anche tutte le volte, dopo che erano riusciti a riavvicinarsi un minimo, in cui lui la guardava, quando pensava lei non se ne accorgesse. E sospirava. E a quando, dopo che avevano riallacciato i rapporti diventando addirittura amici, lui aveva preso coraggio e le aveva chiesto: “Dimmi perché.”
Glielo aveva chiesto tante volte, e lei aveva sempre continuato a ripetere le stesse frasi, quasi che dicendole più volte potessero diventare vere.
C’era sempre stata l’ombra del passato tra di loro a incombere. Era sempre lì, non sarebbe mai andata via, le diceva lui.
Poi lui aveva iniziato ad uscire con Angelina e lei ormai era certa che fossero solo amici.
Poi c’era stata la guerra e tante volte lei si era sorpresa a pensare a lui, nelle lunghe notti passate di guardia fuori dalla tenda durante la ricerca degli Horcrux. Erano pensieri senza senso, si ripeteva. Lei doveva pensare a Ron che era andato via, a Harry e alla loro missione. Ma ogni tanto la testa rossa di Fred faceva capolino nei suoi pensieri, facendola ora sorridere, ora diventare triste.
E poi era successa la cosa che aveva davvero messo in discussione tutto il castello di convinzioni che in quegli anni si era creata.
 
FLASHBACK
 
2 MAGGIO 1998 – BATTAGLIA DI HOGWARTS
 
 
Voldemort aveva dato loro una tregua. Un’ ora, per seppellire i loro morti e decidere di consegnargli Harry. Non lo avrebbero mai fatto.
Pochi minuti prima era successo: lei e Ron, nella camera dei segreti, si erano baciati e avevano deciso di mettersi insieme. Dopo anni passati  a punzecchiarsi e tra incomprensioni, si erano messi insieme.
Ma poi era successo.
Stavano entrando, mano nella mano, nella sala grande, quando videro un gruppetto di teste rosse che si abbracciava e sussultava. Si avvicinarono di gran corsa. Fred era a terra, il suo corpo senza vita.
Il cuore di Hermione parve fermarsi, così come il suo respiro. Si fece largo tra quella folla, le sembrò di muoversi al rallentatore. Sul collo di Fred c’era una profonda ferita, un fiume di sangue continuava a uscire senza fermarsi. Con una calma e un metodo che non credeva le appartenessero, prese dalla sua borsetta di perline un’ ampolla e iniziò a versare le lacrime di fenice che vi erano contenute, insieme a quelle che continuavano a scenderle dagli occhi.
Fu un tempo lunghissimo quello che passò quando finalmente la pelle di Fred iniziò a rimarginarsi, la ferita a chiudersi, la vita a tornare dentro di lui.
E poi lentamente aprì gli occhi e sorrise, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Sorrideva e lei e a nessun altro e guardava solo lei come se non ci fosse nessun altro in quell’ immensa sala. Si guardarono per qualche secondo. Poi lei si alzò e, tra le lacrime scappò, via.
 
FINE FLASHBACK
 
Anche adesso che la memoria era tornata a quel giorno, Hermione non poteva fare a meno di piangere. Si era sentita morire, vedendo Fred in quelle condizioni, Aveva pensato che sarebbe morto, che sarebbe andato via per sempre. Ma poi lui si era risvegliato e lei, guardandolo, aveva capito la terribile verità. Lei lo amava ancora.
E non lo amava per quei pochi mesi in cui erano stati insieme, no. Ma per tutto ciò che era venuto dopo. Per il lento ricongiungersi, le frasi dette a metà, i sorrisi, i loro tanti silenzi, intramezzati dalle ammissioni di verità. Come quando per pochi secondi si guardavano negli occhi, o come quando  si ritrovavano a parlare, come quando si erano scritti su quella pergamena.
 
 
 
*riprende la scena di Izzy di Grey’s Anatomy, quando muore Danny e lei passa la giornata sul pavimento del bagno
 

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