Sora - Il Gioco del Destino e del Passato

di LilyLunaWhite
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Primo Capitolo. ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Titolo: Sora - Il Gioco del Destino e del Passato
Autrice: Lily
Fandom: Fairy Tail
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico.
Personaggi: Altri, Un po’ tutti.
Rating: Verde
Beta: Lucia

Titolo Capitolo: Prologo.

Improvvisamente un drago nero come la notte mi apparve davanti.
Quando mi ritrovai dinanzi a lui, cominciai a tremare di paura.
Gridavo e urlavo terrorizzata ma nessuno mi sentiva.
Sapevo bene che chiedere aiuto era inutile.
Ero sempre stata sola, quindi sapevo che nessuno mi avrebbe aiutata.
Era grande e imponente e difficilmente riuscivo a distinguere il suo corpo, dall'oscurità che ci circondava.
All’improvviso, incrociai gli occhi del drago, celesti come il cielo limpido in estate e profondi come l’oceano, in perfetto contrasto con il nero del suo corpo e l’oscurità presente in quel luogo.
Quella creatura che prima mi incuteva terrore, ora invece,  aveva cancellato ogni traccia di paura che poco prima il mio corpo conteneva.
Mi ritrovai ad essere felice di essere lì con lui, e stranamente sentivo di voler bene a quella creatura; provavo un sentimento che non sapevo spiegarmi, ma che proveniva dal profondo del mio cuore.
Che stessi impazzendo?
«Sora.», sussurrò debolmente il drago. In quel sussurro colsi malinconia, tristezza e dolore.
Era come se il drago volesse piangere ma non ci riuscisse.
Aspetta...
Un drago che piange?
Un drago triste?
E da quando i draghi piangono?
Ma soprattutto, esistono i draghi?
E poi, chi è “Sora”?
Sicuramente sto impazzendo!
Un ruggito di rabbia e dolore interruppe i miei pensieri, riportandomi con i piedi per terra.
«Sora.», sussurrò nuovamente il drago, «Attenta!»
Il drago cominciò a scuotere la lunga coda a destra e a sinistra e ad agitare le sue immense ali nere.
Poi, un altro ruggito.

~Angolo Autrice.~
Buona sera gente. Finalmente mi sono decisa a pubblicare questa storia che avevo ritirato tempo fa per delle rivisioni.
Come per l'altra storia, anche questa verrà aggiornata ogni settimana e per l'esattezza ogni giovedì. Prometto che sarò puntuale e che non vi farò attendere troppo, anche perché questa è stata la prima storia che ho seriamente scritto e voglio portarla al termine. Ho già quattordici capitoli pronti, quindi non temete.
Per il resto, spero vi sia piaciuto questo breve prologo e spero che mi lasciate un piccolo commento.
Ringrazio, come sempre, Lucia per aver letto e corretto anche questo capitolo. ♥
Ringrazio, anticipatamente tutti coloro che leggeranno e magari mi lascranno un loro commento.
Per ora vi saluto.
A giovedì.
Lily.

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Capitolo 2
*** Primo Capitolo. ***


Titolo storia: Sora - Il Gioco del Destino e del Passato
Titolo Capitolo: La Ragazza Dagli Occhi Viola.
Autrice: Lily
Beta: Lucia


Quella mattina, di malavoglia, mi stavo preparando per andare a scuola, continuando a pensare allo strano sogno che avevo fatto quella notte. Mi sembrava così reale che facevo fatica a credere che quello fosse solo un semplice sogno. Mi ero svegliata nel cuore della notte, ansimante  e bagnata a causa del sudore freddo che ricopriva il mio corpo e continuavo a ripetermi che quello era stato solo fantasia notturna, nel vano tentativo di calmare il mio cuore che batteva troppo rapidamente. Inutile dire che ero riuscita ad addormentarmi solo due ore dopo e ora ero stanca e avevo un forte mal di testa. Poi, pensandoci bene, quel sogno non poteva essere reale perché, affermando ciò, avrei ammesso che i draghi esistono, cosa assolutamente non vera. I draghi erano creature nate dalle fantasia umana, non erano creature reali.
Comunque, decisi di accantonare quei pensieri e di uscire dalla mia abitazione per dirigermi verso la scuola che, per quanto noiosa e orribile, mi attendeva.
Odiavo la scuola, ma alle volte la preferivo alla solitudine che regnava in casa. Soltanto due anni fa, quando avevo nove anni, avevo perso i miei genitori in un misterioso incidente stradale e, da quel giorno, avevo vissuto in diversi orfanotrofi e in diverse famiglie. Un anno fa, però, sono stata affidata ad una signora che a causa del suo lavoro non vedevo quasi mai e, quando riuscivo a vederla, non faceva che trattarmi come un essere inferiore. Dato il suo atteggiamento, mi ero chiesta come mai allora mi aveva voluta in casa sua e, dopo una settimana di permanenza in quella casa, ebbi la risposta a questa domanda: aveva bisogno di qualcuno che le tenesse in ordine la casa perché, date le sue numerose assenze, non poteva farlo lei e, visto che non voleva pagare nessuno, chi meglio di una figlia poteva svolgere queste mansioni gratuitamente? Però, non mi ci ribellavo. Avevo fatto l'abitudine e, nonostante lei non mostrasse affetto nei miei confronti, mi teneva con sé, dandomi così la possibilità di avere una casa, un letto caldo in cui dormire e pasti regolari tutti i giorni.
Mentre mi incamminavo verso la scuola, mi sfuggì un sorriso un po' triste. Erano trascorsi solo due anni e io non ricordavo più i volti dei miei genitori. Non avevo nemmeno una loro foto, nulla. Sapevo solo che erano morti in un incidente stradale e avevo qualche piccolo ricordo sul mio passato, sui giorni prima di quell'incidente che però erano come avvolti dalla nebbia. Ricordavo che ero una bambina allegra, spensierata e solare. Ricordavo il dolce e caldo sorriso di mia madre, ma se mi sforzavo di ricordare i tratti del suo viso, mi veniva un forte mal di testa e non ci riuscivo. Secondo lo psicologo del primo orfanotrofio, la mia mente, per difendersi, aveva eliminato ogni ricordo, ma io, senza di essi, invece di sentirmi più sollevata, mi sentivo priva di difese. Cosa ancora più strana, era il fatto di aver completamente dimenticato mio padre. Se di mia madre ricordavo qualcosa, come il suo sorriso o la sua voce, però di mio padre nulla, vuoto totale.
Anche per queste ragioni ero cambiata e avevo perso completamente il sorriso, perché mi sentivo sola e lo ero davvero: non avevo una famiglia, degli amici e nessun'altra persona per la quale continuare a lottare e sorridere.
Appena varcai il cancello della scuola e misi piede in cortile, allontanai completamente i pensieri che, come ogni mattina, affollavano la mia mente.
Non appena giunsi in classe, Izumi mi si parò davanti, facendomi sospirare leggermente per l'esasperazione.
«Mi hai svolto i compiti per oggi?»
«Si Izumi.», le risposi incamminandomi verso il mio banco in fondo all'aula, vicino alla finestra.
Non appena poggiai la cartella sul banco, presi dal suo interno alcuni quaderni e li restituii ai loro rispettivi proprietari, notando i loro visi soddisfatti nel constatare che avevo svolto i loro compiti in maniera eccellente.
Certo che la giornata scolastica cominciava bene.
Con mio grande sollievo, poco dopo, cominciarono le lezioni e cominciai a prendere i miei consueti appunti. Odiavo la scuola, ma almeno rappresentava una buona distrazione ed evitava che i miei pensieri prendessero il sopravvento della mia mente.
Le ore scolastiche trascorsero rapidamente e arrivò la tanto attesa pausa pranzo. Cominciai a sistemare il mio materiale all'interno della cartella quando una voce irritante mi bloccò.
«Ehi tu, Luna.», cominciò Izumi, «Idiota dico a te.»
Continuai ad ignorarla, nonostante quel nomignolo, "idiota", mi avesse infastidita non poco. Proprio lei, che non sapeva nemmeno fare uno più uno, non poteva e non doveva permettersi di chiamarmi in quella maniera. Quel giorno Izumi aveva deciso proprio di rovinarmi la giornata.
«Trovatella, ti sto chiamando.», cominciò lei, ridendo divertita per come mi aveva chiamata.
Che risata falsa e fastidiosa.
Compresi che se non fossi uscita immediatamente dalla classe, mi sarei innervosita e avrei sfogato tutta la rabbia trattenuta negli ultimi anni su quella principessina che si credeva chissà chi, solo perché era la più corteggiata in tutta la scuola.
«Idiota, vedi di rispondermi o sarà peggio per te.»
Quella frase fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Mi avvicinai con cautela a Izumi, piena di rabbia, e le rifilai un'occhiata gelida.
Ora, avrebbe capito chi era la vera Luna.
Poteva accettare di fare i suoi compiti a casa e farli anche al resto della classe. Potevo aiutarla durante le interrogazioni o durante i compiti in classe. Tutto pur di non avere problemi. Però ora stava passando il limite. Sentivo la rabbia invadere il mio corpo. Cercai di calmarmi, ma era tutto inutile: il solo vederla mi irritava. Era come se ad un tratto tutta la rabbia trattenuta in quegli anni, volesse fuoriuscire. Mi sentivo come un vulcano pronto ad eruttare.
«Vedi di stare calma con le parole, Izumi.», le parlai con un tono di voce basso e distaccato.
«Ti meriti ogni nome con il quale ti ho chiamata. Sei inferiore a noi, a me, quindi vedi di portare rispetto.»
Avevo le mani che tremavano e, quando ella pronunciò quelle parole, la mia mano si mosse da sola, come se fosse animata di vita propria: la schiaffeggiai in pieno viso.
Il silenzio cadde nella nostra classe e tutti mi fissavano sconcertati.
«Non sono inferiore a nessuno, men che meno a te.», le sussurrai con rabbia, per poi voltarmi e dirigermi verso la porta scorrevole dell’aula.
«Questa me la pagherai, trovatella!», esclamò con rabbia Izumi, quasi urlando.
Mi fermai sulla soglia della porta, leggermente aperta e, prima di varcarla, mi voltai verso di lei: «Vedremo.», sussurrai per poi chiudermi la porta alle spalle e dirigermi verso i bagni della scuola.
Erano tutti in cortile o nella sala mensa per la pausa pranzo, così trovai i corridoi deserti e con tranquillità potei dirigermi verso la mia meta.
Non appena mi trovai davanti allo specchio a parete presente in bagno, sopra i lavandini, fissai il mio aspetto.
Avevo i capelli lunghi, lisci e raccolti in una treccia laterale, biondo cenere, mentre il mio viso era piccolo e tondo e quando sorridevo si intravedevano delle fossette sulle guance. Nell’ultimo anno ero dimagrita ancora, cosa a cui avrei dovuto rimediare un giorno ricordandomi di mangiare con più regolarità e in modo abbondante. La mia statura si aggirava intorno al metro e cinquanta e avevo la pelle pallida e bianca come la luna. Infine, decisi di soffermarmi sui miei occhi. Erano quelli a rendermi strana davanti agli sguardi degli altri. Avevano una forma a mandorla, grandi e di un colore particolare, senza eguali: erano di un intenso viola. In quel momento scuri a causa della poca luce che filtrava in bagno quel giorno.
Mi sciacquai il viso e feci più volte dei lunghi respiri per calmare la rabbia.
Puntai nuovamente lo sguardo sul mio riflesso, notando che pian piano il rossore sulle guance dovuto alla rabbia stava sparendo.
Quando riuscii a calmarmi, i miei pensieri ritornarono a mia madre. A lei piacevano i miei occhi, non li trovava strani, anzi li trovava unici.
Sorrisi a quel vago ricordo, per poi vederlo sparire non appena un urlo agghiacciante echeggiò nella scuola.
Chi era?
Poco dopo, un altro urlo, seguii il primo, spaventandomi leggermente.
Successivamente, mentre mi avvicinavo alla porta, sentii tutta la scuola andare nel panico e le urla degli studenti che si riversavano nei corridoi rompere il silenzio che fino a qualche minuto prima regnava.
Cosa stava succedendo?
 
~Angolo Autrice.~
Eccomi qui come promesso. Puntuale come non mai.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Forse lo troverete un po' noioso perché è solo introduttivo e presenta la protagonista di questa mia storia ma vi assicuro che dal prossimo capitolo avrete anche un po' d'azione e di rivelazioni.
A parte questo, vorrei ringraziare tutti i lettori silenziosi del prologo e soprattutto un ringraziamento speciale va a 97_Levy_97 che ha recensito il prologo. Grazie di cuore. ♥
Inoltre, non mi stancherò mai di ringraziare Lucia, che come sempre corregge ogni mio singolo capitolo. Grazie amica mia. ♥
Fatti i ringraziamenti, spero ch il capitolo vi sia piaciuto e spero che mi lasciate qualche vostro commento, che vi assicuro mi aiutano ad andare avanti.
Per ora vi saluto e vi lascio. ♥
A giovedì.
Con affetto,
Lily.

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Capitolo 3
*** Secondo Capitolo. ***


Titolo storia: Sora - Il Gioco del Destino e del Passato
Titolo Capitolo: Panico A Scuola.
Autrice: Lily
Beta: Lucia
 
Mi decisi di aprire la porta del bagno per comprendere cosa stesse accadendo e quello che mi si presentò davanti mi paralizzò per lo stupore. I ragazzi di tutto l’istituto correvano nei corridori della scuola, disperati e spaventati, cercando di raggiungere l’uscita sul retro dell'edificio e ciò mi sorprese.
Perché uscire dal cancello sul retro, che era più piccolo, e non da quello principale?
Nel pormi quella domanda, però, mi risposi da sola. La causa di tutto quel trambusto si trovava in cortile, davanti al cancello principale.
Mentre riflettevo sulla mia prossima mossa, una ragazza catturò la mia attenzione: stava correndo anche lei verso l’uscita quando, a causa della calca di persone, inciampò e cadde a terra, non riuscendo più a rialzarsi a causa degli altri studenti che correvano senza badare alla sua presenza. La vidi prendersi la testa fra le mani, in un disperato tentativo di difendersi. Mentre fissavo la ragazza, un altro urlo agghiacciante si propagò per tutto l’istituto. Per qualche secondo, tutti, sorpresi, si fermarono chiedendosi come si potesse riprodurre un grido simile.
Approfittai della situazione e corsi verso la ragazza ancora a terra e rapidamente la tirai a me, per poi portarla nel bagno delle ragazze e richiudermi la porta alle spalle. Poggiai la schiena su quest’ultima e ripresi fiato.
Sentii gli studenti urlare nuovamente per il terrore e, più volte, qualcuno sbattere contro la porta del bagno.
La scuola era di nuovo nel caos totale.
Mentre riprendevo fiato, si udii una forte esplosione e il panico prese il sopravvento anche della mia persona. La ragazza che avevo salvato era rannicchiata a terra, con le mani sulle orecchie e evidentemente terrorizzata.
Posai l’orecchio sulla porta sentendo gente urlare qualcosa, sperando che fosse una spiegazione a quello che era successo poco prima. Anche se in modo confusionario, riuscii a cogliere che una forte esplosione aveva mandato in rovina un lato della scuola e sperai con tutta me stessa che non ci fossero feriti in tutto quel casino. Avevo sempre odiato gli studenti di questo istituto perché mi guardavano sempre dall’alto verso il basso, ma di certo non volevo che accadesse loro qualcosa. Nessuno meritava una cosa simile.
Volsi nuovamente lo sguardo verso la ragazza e la vidi alzarsi lentamente da terra e posare poi i suoi occhi castani nei miei e, appena notò il colore delle mie iridi, indietreggiò leggermente.
«Tu sei la famosa ragazza dagli occhi viola.», sussurrò lei impercettibilmente, cercando di nascondere la paura che stava provando.
Sbuffai sonoramente. Non riuscivo ancora a comprendere il perché avessero paura di me. Capivo bene che avevo le iridi di un colore inusuale e forse unico, ma non per questo ero pericolosa. Però, visto che per gli studenti del mio anno ero la figlia del diavolo, la reazione della ragazza che avevo davanti mi sembrava leggermente comprensibile.
«Gradirei essere chiamata con il mio nome, ovvero Luna, se non ti dispiace.», sbottai fredda.
Natai che non l’avevo tranquillizzata, ma al contrario sembrava più intimorita, aggiunsi con tono più dolce: «Tranquilla, non ti faccio nulla e un grazie sarebbe stato più gradito.»
«Scusa…», continuò lei, rilassandosi un po’.
«Mi spieghi cosa sta succedendo?», le domandai senza ulteriori indugi.
Vidi la ragazza dai capelli corvini prendere un respiro e iniziare a spiegarmi cosa stava accadendo.
Poco dopo, mi persi momentaneamente tra i miei pensieri.
Prima mi sveglio nel cuore della notte a causa di un drago con la strana convinzione che quell'incontro fosse reale e ora, a scuola, stava succedendo tutto questo a causa di qualche gruppo fanatico e a quanto pare anche ben organizzato, stando alle parole della ragazza che mi spiegava la situazione.
Una frase che ella pronunciò mi sorprese.
«Scusa, puoi ripetere?», le chiesi sorpresa e al contempo senza parole.
«Quei ragazzi hanno preso una ragazza del tuo anno, Izumi. Hanno detto che se Sora non si fosse presentata, l’avrebbero portata con loro.», mi rispose paziente lei.
Di nuovo quel nome: Sora.
Chi era questa ragazza? E perché dei ragazzi la cercavano?
Poi, il mio pensiero corse ad Izumi. È vero, non l’ho mai sopportata, ma non potevo lasciarla nelle loro mani.
Frettolosamente, riaprii la porta del bagno notando che i corridori erano quasi del tutto deserti, tranne per qualche studente che sicuramente per evitare il casino si era rifugiato in qualche aula o, come me e l’altra ragazza, nei bagni.
«Un’ultima domanda. Era lei ad urlare?», chiesi, voltandomi nuovamente verso di lei.
Lei silenziosamente annuì.
«Credo di si.», aggiunse poco dopo.
«Grazie. Comunque non c’è molta gente ora, vedi di scappare via da qui.», le dissi spingendola fuori dal bagno.
«E tu?», balbettò preoccupata.
«Tranquilla, io me la caverò.», le dissi, per poi spingerla via e cominciare a correre dalla parte opposta, verso l’entrata principale della scuola. Appena vi giunsi, trovai la parete buttata completamente a terra e notai una grande apertura nella facciata principale dell'istituto.
Davanti a me, intravidi sette figure che non riuscivo ad identificare data la lontananza.
Presi coraggio e mi feci strada tra le macerie, aiutandomi anche con le mani per poi giungere nel cortile e attirare lo sguardo di quel gruppo.
Senza indugio mi avvicinai a loro e puntai il mio sguardo, impassibile e freddo, sul ragazzo che teneva Izumi tra le braccia. Sembrava morta e aveva delle leggere ferite sul corpo. Quando ella mosse leggermente la testa verso di me, sospirai di sollievo: era viva.
Fissai le sette figure che avevo davanti e notai che tutti erano vestiti di nero e i loro corpi erano avvolti da dei burnus1, anch’essi neri.
Quando a separarci erano pochi metri, li guardai uno ad uno, senza però riuscire a scorgere i loro volti, nascosti dal cappuccio del mantello calato sulla testa.
«Finalmente sei uscita allo scoperto, Sora.», sussurrò il ragazzo che reggeva il corpo di Izumi, alzando leggermente il viso e mostrandomi il ghigno che aveva sul viso.
«Non so di chi tu stia parlando, ma sicuramente ti stai confondendo con qualcun’altra, io non sono Sora.», parlai con voce fredda e distaccata.
Mentre pronunciavo quelle parole, il dragone di quella notte mi ritornò in mente.
Che quello fosse un sogno premonitore? O tutto quello che stava accadendo era solo frutto di una serie di coincidenze?
Non riuscivo a trovare la risposta a quelle mie domande, anche perché in quel momento avevo tre priorità: mettere in salvo Izumi, scappare da quei sette individui e, soprattutto, comprendere chi fosse questa Sora.
Inoltre, volevo comprendere cosa centravo io in quella storia e perché quei ragazzi erano convinti che io fossi Sora.
 
1. Il Burnus o Aslham è l'ampio mantello con cappuccio di lana, perlopiù bianco, che costituisce l'elemento più tipico dell'abbigliamento maschile nell'Africa del Nord.

~Angolo Autrice.~
Eccomi qua, come promesso, con questo nuovo capitolo che spero vi sia piaciuto.
Volevo ringraziare tutti quelli che mi seguono su facebook, e in particolare volevo ringraziare Alys93 per aver recensito sia il prologo che il capitolo precedente e che ha deciso di seguire questa storia, con la speranza di trovare le risposte alle sue innumerevoli domande.
Come sempre, voglio ringraziare Lucia per aver ritagliato un po' del suo tempo per poter leggere e correggere questo capitolo.
Per tutto il resto, ringrazio i lettori silenziosi e vi do appuntamento a giovedì prossimo. ♥
Con affetto,
Lily.

 

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