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di hikarisan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Egoista ***
Capitolo 2: *** Inizio burrascoso ***
Capitolo 3: *** Best friend ***
Capitolo 4: *** Resa dei conti ***
Capitolo 5: *** Fantasmi del passato ***
Capitolo 6: *** In fondo all'anima ***
Capitolo 7: *** Ragazzi e cioccolata ***



Capitolo 1
*** Egoista ***


“Io ti amo Sanae, ma non è giusto chiederti di stare insieme. Non adesso.”

La ragazza si rigirò nel letto e si mise ad osservare il soffitto con sguardo vuoto. Quello che credeva fosse il più bel giorno della sua vita era diventato il suo incubo peggiore. Era stata la resa dei conti di tutta quella storia. Tsubasa sarebbe partito per il Brasile in primavera, e stare insieme sarebbe stato impossibile, lo sapeva benissimo anche lei, anche se ci aveva sperato fino all’ultimo. Era stato corretto, avrebbe potuto benissimo prendersi tutto di lei e poi lasciarla il giorno prima della partenza, invece no, aveva messo le cose in chiaro fin da subito.
Si mise seduta sul letto e prese il proprio smartphone in mano, lasciato acceso come ogni notte sopra il comodino accanto al proprio letto. C’erano un sacco di messaggi di Yukari, Yayoi ed Ishizaki.
 
*Sanae, starai male oggi, starai male domani, ma ci sarà di nuovo qualcuno che ti farà battere il cuore… E quando tra qualche anno Tsubasa vincerà il pallone d’oro e tornerà tutto trionfante a chiederti di stare con lui, tu gli darai un bel due di picche perché avrai vicino u uomo meraviglioso che ti amerà per quel che sei… Senza metterti in secondo piano.*
 
La seconda manager della squadra non aveva mai visto di buon occhio il capitano ed il suo comportamento, nonostante lo rispettasse. Non che avesse stretto una profonda amicizia con lui, anche perché per qualsiasi cosa si rivolgeva alla prima manager.
 
*Gli farò cambiare idea, costi quel che costi! E non sarai tu a fermarmi!*
 
Ishizaki era un vero tesoro quando ci si metteva, era uno dei ragazzi a cui era più affezionata. Nonostante i continui battibecchi erano legati da un profondo legame.
 
*Non sai quanto mi dispiace, il sogno di Tsubasa è egoista nei tuoi confronti. Sono sicura che tutto si sistemerà, io e Jun ti staremo vicino.*
 
Piccola Yayoi, al contrario di Yukari era sempre stata ottimista. Jun aveva sempre cercata di tenerla con i piedi per terra, ma quando la fantasia di Yayoi prendeva il volo era difficile farla tornare con i piedi per terra.
 
Si alzò dal letto e scese in cucina. In questo genere di situazioni cadere nei soliti cliché era la cosa più ovvia. Aprì il frezeer e prese una vaschetta di gelato, pronta ad ingurgitarlo tutto, sperando di colmare un po’ quel vuoto che sentiva nel cuore.
 
“Tesoro, cosa ci fai sveglia a quest’ora?”
 
“Pensieri.”
 
La signora Nakazawa si avvicinò alla figlia e le carezzò una guancia, guardandola con sguardo tenero. Aveva notato gli occhi lucidi quando era tornata a casa, lo sguardo triste, spento. Non aveva toccato cibo durante la cena, nonostante le insistenze del padre.
 
“Non ti va di parlarne un po’?”
 
“… Non c’è niente da dire. Sono solo sfortunata in amore, tutto qui.”
 
La donna baciò la figlia sulla testa e la strinse forte in un abbraccio, carezzandole la schiena con le mani. La ragazza strinse forte la madre e cominciò a singhiozzare sul suo petto, tirando fuori tutto il dolore che sentiva dentro, tutto il suo odio verso quella passione che le stava portando via il suo primo amore, tutto il suo rancore verso un ragazzo che poteva evitare di alimentare la sua simpatia e darle false speranze. Perché dirle quella frase significava ‘Ti amo, ma non abbastanza da scommettere su noi due.’, e dopo tutti quegli anni era peggio di una pugnalata al cuore.
 
 
 
 
*Non voglio che tra di noi le cose cambino, ho combinato un casino oggi, non voglio perderti, non voglio vederti soffrire per colpa mia...*
 
Il ragazzo rilesse il messaggio e lo cancellò per l’ennesima volta. Non sapeva che parole usare in quella situazione, non sapeva come rimediare al casino che aveva combinato, non era mai stato un genio in quel campo. Aveva avuto la capacità di trasformare in merda il suo rapporto con Sanae con una tale facilità che ancora non riusciva a crederci.
 
*Sono uscito ora da scuola, cosa significa che hai combinato un macello?*
 
Tsubasa si mise seduto, pronto a fare un resoconto dettagliato al suo migliore amico di sempre, sperando in un aiuto da chi ne sapeva di più in quell’ambito. Essendo in due continenti diversi, doveva accontentarsi di scrivere tutto tramite Whatsapp.
 
*Un tizio andava dietro a Sanae, e mi ha sfidato apertamente perché voleva dimostrarle che non tenevo a lei. Ho accettato la sfida, ci siamo picchiati al parco ed ho vinto. Non le avrebbe dato più fastidio. Erano troppo palesi i miei sentimenti, non ce l’ho fatta a tenermeli dentro. Le ho detto tutto.*
 
*Cosa intendi con tutto?*
 
*Che l’amavo, ma che non potevo stare con lei.*
 
Tsubasa posò il cellulare sul letto e si strofinò gli occhi, aspettandosi una paternale di quelle epocali alla stile Taro Misaki. Cosa che non tardò ad arrivare.
 
*Te l’avevo detto di startene zitto, saresti partito per il Brasile ed avreste avuto tutte e due una vita diversa, dove non esistono più Tsubasa e Sanae, la manager ed il capitano, ma Tsubasa il campione nippo-brasiliano e Sanae, la manager e la studentessa modello della Nankatsu. Tutto ciò che dovevi fare era lasciare passare questi mesi ed allontanarti da lei. E non buttare la scusa che i ragazzi ci mettono il carico da quaranta con battutine varie, perché queste battutine le hai alimentate tu e lo sai bene.*
 
Il ragazzo lesse il messaggio ed incassò il colpo, sapendo benissimo che le parole di Misaki erano la verità più assoluta. Avevano parlato spesso durante il mondiale in Francia, ed l’amico le aveva addirittura suggerito di raccontarle una bugia, e di dirle cioè che provava per lei un profondo affetto che non aveva niente a che vedere con l’amore, visto che aveva già deciso che non voleva creare legami di nessun genere prima di partire, convinto che avrebbero inciso sulla sua vita in Brasile. E sarebbe stato meglio anche per lei, si sarebbe messa l’anima in pace.
 
*Con il Ti Amo hai fatto molti più danni, l’hai fatta sentire come se non fosse abbastanza, della serie “Ti amo, ma non così tanto poi.”. Se almeno prima potevi sperare di poter avere con lei un rapporto civile, ora scordati anche quella. Nel momento in cui hai detto quella frase l’hai persa, anche se non è mai stata tua.*
 
Schietto e sincero, Taro gli stava sbattendo in faccia i fatti così com’erano. E nonostante si sentisse uno schifo, capì che forse era stato meglio così. Anego non si meritava di essere amata in parte, lei non lo avrebbe mai accettato. Ma ora il suo orgoglio era ferito, ed il loro rapporto si era incrinato per sempre, prima lo capivano entrambi e meglio era.
 
*Lo Tsubasa campione di calcio è anche lo Tsubasa egoista. Mi dispiace.*
 
Il ragazzo inviò il messaggio al suo migliore amico e spense il cellulare, sperando di riuscire a prendere sonno una volta per tutte.
 
  
 
 

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Capitolo 2
*** Inizio burrascoso ***


Buongiorno piccoletti! Mi raccomando, allenatevi tanto e forse, un giorno, potrete dire di essere come me!”
 
Il ragazzo entrò in campo interrompendo la partita di allenamento e beccandosi un’occhiataccia dal mister, che osservava i ragazzi dal bordo campo.
 
“Ishizaki, neanche dopo il ritiro smetti di rompere le scatole?”
 
“Faccio subito mister, devo parlare un attimo con il capitano. Continuate in dieci voi con le magliette bianche, fatevi un po’ le ossa da soli, su!”
 
Il capitano si avvicina al bordo campo, prende un asciugamano pulita e si asciuga il sudore dalla fronte, cominciando ad incamminarsi verso gli spogliatoi, seguito dal compagno di squadra, che rimane stranamente in silenzio durante tutto il tragitto. Appena entrano il difensore chiude la porta a chiave e guarda Tsubasa togliersi la maglietta e posarla su una panca.
 
“Spiegami, perché io proprio non ci arrivo.”
 
“Non c’è niente da dire, doveva andare così.”
 
“Hai voluto tu che andasse così. Perché toglierla dalle mani di Kanda se poi tu non la vuoi?”
 
“Non è che non voglio, è che non posso.”
 
Tsubasa si sedette sulla panca e fece un respiro profondo, cercando le parole adatte per far capire al suo migliore amico quanto fosse difficile quella situazione.
 
“Non potevo chiederle di diventare la mia ragazza, non quando partirò tra qualche mese. Non potremmo condividere niente, io ho qualcosa per distrarmi ed è il calcio, ma lei? I primi mesi sarebbero un inferno, finirebbe per odiare me e la mia passione, andrebbe tutto a rotoli dopo appena un anno. Non potevo dirle che la vedevo solo come amica, sarebbe stata una bugia bella e buona che avreste confutato tutti quanti.”
 
“Ora vuoi dare la colpa a noi se lei ti piace?”
 
“Assolutamente no, ma avete sempre insistito con questa storia, da quando avevamo undici anni, ci vedevate come la coppia perfetta, sapendo benissimo cosa sarebbe successo una volta finite le medie... Io volevo starle vicino come amico e godere della sua compagnia fin quando avrei potuto.”
 
“E allora perché non lasciarla a Kanda?”
 
“Perché sono un fottuto egoista va bene?! Perché nonostante tutto le voglio bene, è la mia manager, e doveva sapere la verità! E’ una ragazza in gamba, si costruirà un bel futuro. E se il destino vorrà… Chissà. Promettimi solo che non la lascerai mai, che ti prenderai cura di lei come fosse tua sorella.”
 
“E perché pensi che ci litighi in continuazione?! I fratelli non fanno così?”
 
Il difensore gli fece un sorrise triste e fece per aprire la porta dello spogliatoio.
 
“Io però ancora non voglio capire.”
 
Lasciò il capitano ai suoi pensieri ed uscì fuori dallo spogliatoio, avviandosi verso la scuola. Probabilmente sarebbe stato uno dei primi ad arrivare vista l’ora, si sarebbe messo a studiare per gli esami, male non gi avrebbe fatto.
Si avviò verso la sua classe al secondo piano dell’istituto, quando notò qualcuno di sua conoscenza salire le scale per andare sul tetto.
 
 
 
 
“Manager, mattiniera stamattina?”
 
La ragazza rimase immobile, appoggiata con la schiena alla rete di protezione, a guardare il suo cellulare con occhi lucidi. Ishizaki sospirò pesantemente e le si avvicinò, appoggiandosi alla rete accanto a lei.
 
“Io ed il capitano non abbiamo neanche una foto insieme, sai? Noi due da soli intendo… Poi, perché dovrei averne, i fidanzati hanno le foto insieme, non gli amici.”
 
“Io e te siamo pieni di foto insieme, facevamo il bagno insieme da piccoli, ricordi? Tentavi di affogarmi.”
 
“… Per fortuna non ci sono riuscita, altrimenti ora non saresti qui con me.”
 
Ishizaki sorrise e volse lo sguardo verso il cielo, non avendo per la prima volta parole da dire.
 
“So che hai parlato con Tsubasa, ti ho visto uscire dagli spogliatoi…”
 
“Io volevo soltanto vedervi felici insieme, non avrei mai alimentato la cosa se solo avessi saputo che…”
 
Non riuscì a completare la frase, lasciò cadere l’argomento, preferendo non aggravare la situazione più del dovuto. Avrebbe dovuto pensare alle conseguenze ogni volta che apriva quel forno che si trovava per bocca per prendere di mira la manager ed il capitano, ma ormai era tardi.
 
“Va bene così, non darti colpe che non hai Ryo. E non dare colpe a Tsubasa. Il Brasile è sempre stato il suo sogno, è ora che io trovi il mio… Però ora non ce la faccio a fare finta che non sia successo nulla con lui.”
 
“Nessuno vuole questo, tu devi fare quello che ti senti… Ne hai di gente con cui parlare, me, Yukari, Yayoi. Non devi per forza rivolgere la parola a lui. Gli altri capiranno, o glielo faccio capire io.”
 
Sentirono il vociare degli alunni riempire pian piano la scuola e si resero conto che era ora di entrare in classe.
 
“Andiamo manager, il tuo vicino di banco ti scorta in classe stamattina… Ma non ti montare la testa, questa è la prima e l’ultima volta che accompagno una cornacchia in classe.”
 
“COME OSI?”
 
Il ragazzo fuggì vie per le scale rincorso dalla manager che roteava sopra la testa la sua cartella, mentre sorrideva contento per averla fatta distrarre per qualche minuto.
 
 
 
 
 
 
 
Ishizaki entrò in classe di corsa dribblando i posti in prima fila e sedendosi al suo posto, accanto al banco del capitano.
 
“Ehi, di corsa anche oggi che sei puntuale?”
 
“Buongiorno Manabu. Una cornacchia mi stava inseguendo!”
 
Sanae entrò in classe e si fermò un attimo a riprendere fiato vicino la cattedra. Avrebbe dovuto fare un po’ di allenamento se una corsetta era capace di ridurla senza fiato. Fece un respiro profondo ed andò diretta al suo banco salutando i compagni di classe intorno a lei. Frenò l’impulso irrefrenabile di girarsi dietro di lei per vedere se il capitano era arrivato o no, altrimenti sarebbe scoppiata a piangere lì davanti a tutti come una mocciosa, ed era meglio non dare materiale per chiacchiere inutili in classe.
 
Tsubasa guardò la compagna sedersi davanti a lui, per un attimo aveva creduto che lo avrebbe salutato come faceva tutti i giorni, ma poi aveva visto lo sguardo basso ed aveva capito che era meglio starsene zitto ed aspettare la prima mossa. Se mai ci sarà una prima mossa. Vide Ryo accanto a lui scuotere la testa nella sua direzione, come a dirgli di lasciarla tranquilla. Forse era meglio così. Il peggio sarebbe arrivato nel momento in cui tutti avessero saputo. Sì, praticamente mezza scuola sapeva della loro non-storia. Essere il capitano della Nazionale Giovanile e della squadra che aveva vinto per tre anni di seguito il campionato Nazionale gli dava una certa notorietà, e questo significava essere sulla bocca di tutti, ora per un motivo, ora per un altro. C’era stato sempre un gran vociferare su loro due, alimentato anche dalle battutine dei compagni di squadra, ed il fatto di essere sempre insieme non aiutava. La presenza di Sanae teneva lontano una gran parte delle fan, anche perché lei non faceva avvicinare nessuno, vuoi per gelosia o per altro, ma ora tutto cambiava. E la sua costante presenza accanto a lei non ci sarebbe più stata, il che significava che qualcuno si sarebbe fatto avanti, prima o poi. Confidava di essere già in Brasile, quando ciò sarebbe successo.
 
“Ehi Sanae!”
 
“Yukari, perché sei qui? Sta per arrivare il professore.”
 
“Non posso neanche salutare la mia migliore amica?!”
 
Yukari si avvicina a Sanae e le scocca un sonoro bacio sulla fronte con fare materno, mentre riserva al capitano uno sguardo tutt’altro che amichevole. Sarebbero stati mesi lunghi quelli.
 
 
 
 
Ringrazio chi ha recensito il primo capitolo, e noto con piacere di aver creato dissensi sui comportamenti tenuti dai vari ragazzi! Era proprio quello che volevo.
Volevo rendere tutto molto più realistico, come se fosse successo tutto ai giorni nostri, dove c’è una diverso approccio alla vita e all’amore, almeno secondo me. Non volevo descrivere la classica favola dove tutto fila liscio, non rispecchia la vita reale.
Spero di poter aggiornare in maniera frequente, in questo periodo sto scrivendo di getto e con tanta motivazione.
 
A presto.
 
HK^^ 

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Capitolo 3
*** Best friend ***


Tsubasa entrò in classe con il borsone in spalla e si diresse verso il proprio banco, sbuffando pesantemente; posò il borsone sotto il banco e si lasciò cadere pesantemente sulla sedia, godendosi per qualche minuto il silenzio della classe interamente vuota. Un mese di inferno, e quello che arrivava si prospettava esser anche peggio. Sanae gli parlava a mezza bocca, Yukari era loquace quanto lei e sul resto della squadra aleggiava una situazione imbarazzante che sembrava non terminare mai. E come se non bastasse, era una settimana che Taro non lo degnava di un messaggio. Da quando aveva lasciato la Francia si erano sempre sentiti tramite skype, facebook, viber, o qualunque altra cosa che permetteva la messaggistica istantanea, l’aveva fatto sentire meno solo dopo la bomba che era scoppiata con Sanae. Fino ad una settimana prima, appunto.
 
Vide Ishizaki entrare tirando uno sbadiglio da record, cosa che fece sorridere il ragazzo, almeno gli era rimasto il suo migliore amico.
 
“Buongiorno Capitano.”
 
“Ciao Ryo… Mattiniero anche stamattina?”
 
“Sto cercando di fare il bravo ragazzo, così forse i professori si ricorderanno che il difensore migliore della Nazionale non può non entrare alle superiori Nankatsu…”
 
“Tu studia, che è meglio.”
 
“Guastafeste… Ancora preoccupato per Taro?”
 
“Già… Anche Matsuyama lo sente spesso, e questa settimana in nulla.”
 
“Oh, Taro è in gamba, forse si sta trasferendo, e non ha a disposizione internet.”
 
Tsubasa sospirò ed annuì, autoconvincendosi che quella fosse la soluzione più probabile. Smisero di parlarne quando videro che l’aula si stava riempiendo. Presero tutti il loro posto e si alzarono quando videro entrare il professore.
 
“Buongiorno ragazzi. È arrivato un nuovo alunno, mi raccomando, fatelo sentire a suo agio, visto che sono tre anni che non vede il Giappone… Vieni.”
 
Il ragazzo entrò in classe e subito si levò un brusìo tra i compagni.
 
“Io sono Taro Misaki e mi sono appena trasferito alle scuole medie Nankatsu dalla Francia.”
 
 
 
 
 
Appena finita la lezione il banco del nuovo arrivato fu circondato dai ragazzi che già lo conoscevano che lo tempestarono di domande.
 
“Non ci avevi detto nulla, eravamo convinti che saresti rimasto in Francia.”
 
“È stata una decisione improvvisa.”
 
“Aaaaaaah, ero così preoccupato per le superiori, senza Tsubasa avremmo perso alla prima partita, ma ora che ci sei tu la finale è assicurata!”
 
“Sì Ryo, ma non baciarmi per favore. Non sei il mio tipo.”
 
Risero tutti quanti, mentre Sanae guardava da dietro le spalle dei ragazzi il nuovo venuto. Il migliore amico di Tsubasa. Non sapeva se vederlo come amico o come nemico, visto che avrebbe catalizzato l’attenzione del capitano, ma anche del resto della squadra. Probabilmente era l’unico ad essere a conoscenza di tutto quello che frullava nella testa del capitano, e questo un po’ la infastidiva, perché questo significava che sapeva anche di lei. Sperava non si sarebbe messo in mezzo, non aveva bisogno di un’altra persona che la consolava o che cercava di convincerla di assurde teorie, o peggio che cercasse di fare da tramite tra lei ed il capitano. Erano abbastanza adulti da potersela gestire da soli.
 
“Misaki, ti ricordi della manager?”
 
Tsubasa l’aveva presentata come se nulla fosse, in quanto capitano e suo migliore amico si era arrogato il diritto di presentare la prima manager della squadra, ma già il fatto che non avesse detto nome e cognome le aveva fatto salire il sangue al cervello.
 
“Sanae Nakazawa, come no.”
 
“Alias Anego.”
 
Neanche il tempo di finire la frase che Ishizaki riceve un scappellotto che lo fa finire faccia avanti sul banco di Misaki.
 
“Ahia, sei manesca!”
 
“Così impari!”
 
“A quanto pare le cose sono rimaste come quattro anni fa!”
 
“Piuttosto, fate la foto al nostro nuovo acquisto e mettetela su Facebook, tutti devono sapere che la Nankatsu ha un nuovo elemento.”
 
La ragazza si allontanò dal gruppo quando sentì il suo cellulare vibrare al banco, chiedendosi chi fosse di prima mattina. Lo prese in mano e lesse il contenuto del messaggio.
 
*Le notizie corrono veloci, apri gli occhi, ci sono milioni di uomini meglio del tuo Capitano.”
 
*Mi scrivi sì e no due volte l’anno, qualche parola carina potevi pure sprecarla.”
 
*La verità fa male, vero Anego? Al prossimo ritiro esci con noi della Toho, ti devi fare le ossa… E non badare a quei ragazzini che hai per squadra.*
 
Che strano rapporto che si era creato con Hiyuga. Non che fossero amici, le loro interazioni si limitavano ai ritiri e agli incontri ai campionati nazionali, però si rispettavano, ed ogni tanto si facevano qualche risata insieme. Sarà per l’indole forte che hanno tutti e due, o per la loro famosa testa dura, in realtà si somigliavano più di quello che credevano.
 
*I ragazzini saranno capitanati da Misaki alle superiori, pensa alla tua di squadra.*
 
*Avevo giusto voglia di divertirmi alle superiori.*
 
Tsubasa stava guardando da lontano la ragazza sorridere al cellulare, mentre cercava di seguire i discorsi dei suoi compagni. Doveva smetterla di avere quel comportamento, lei poteva messaggiare con chiunque voleva… Anche se con lui non lo faceva più. Una volta passavano le intere giornate a messaggiare, parlavano di cavolate, ma parlavano almeno.
 
“Dobbiamo festeggiare direi.”
 
“Possiamo anche stare da me, mio padre ha un mostra a Niigata questo week-end… Ovviamente, qualcuno di voi verrà a darmi una mano con gli scatoloni.”
 
“Mi offro io, loro devono studiare per gli esami.”
 
“Affare fatto.”
 
 
 
 
 
 
 
Tsubasa aprì uno scatolone e vi guardò dentro, trovando una serie di libri in francese.
 
“E questi dove li metto?”
 
“Nella libreria vicino alla scrivania… Allora, ne vuoi parlare?”
 
“Di cosa?”
 
“Lo sai… Magari davanti ad un po’ di nutella.”
 
Misaki fece strada per la cucina al suo amico e lo fece accomodare ad una delle sedie della cucina. Prese il barattolo di nutella dalla credenza e la pose sul tavolo, insieme a due cucchiaini.
 
“Di solito non sono le ragazze che mangiano schifezze per dimenticare qualcosa?”
 
“Nah, io mangio sempre schifezze.”
 
Taro prese il cucchiaino ed aprì il barattolo della nutella, immergendolo nella cioccolata. E mentre mangiavano cominciarono a parlare della situazione.
 
“È un mese che non ci parliamo, non mi rivolge la parola.”
 
“Lo vedo.”
 
“Non volevo andasse così, lei non doveva sapere nulla, o almeno… Doveva sapere parte della verità, ma poi è arrivato quel Kanda e tutto si è complicato.”
 
“L’hai complicata tu e non questo Kanda, sia chiaro. Lo so, la bugia non è un’ottima soluzione, ma le bugie a fin di bene a volte aiutano.”
 
“Sarebbe stato meglio dirle che non l’amavo?”
 
“Per te no, ma forse per lei sì… Sei tu che hai scelto di andare in Brasile, ti devi assumere le responsabilità delle tue decisioni, e comportarti di conseguenza. Nel momento in cui scegli di partire, devi essere anche pronto a lasciare andare.  Non è giusto tenerla legata a te, non quando sai che non tornerai… Cosa potresti prometterle? Dopo il Brasile ci potrebbe essere l’Europa o chissà quale altro continente, e se anche durasse fino ad allora… Sanae è forte, almeno per quel poco che mi hai detto, ma  tu…? Scusa se te lo dico, ma non sei così forte… Lo dimostra il fatto che hai deciso di fare una cosa a metà… Tu la ami, ma forse non quanto lei ama te, ci hai mai pensato?”
 
“Come fai a valutare? Ci avrai visto insieme sì e no tre volte.”
 
“… Hai fatto finta di nulla per due anni, non hai mai preso posizione riguardo questa storia… Sei ancora immaturo Tsubasa… Se non sei sicuro di poterle dare l’amore che merita, non la illudere.”
 
“… Tu che hai fatto con Azumi?”
 
“Non è di lei che stiamo parlando.”
 
Misaki si alzò e posò il cucchiaino nel lavello. Tsubasa lo seguì, chiudendo il barattolo ed affiancandosi a lui.
 
“Sì, stiamo parlando anche di lei. Che è successo quando sei partito?”
 
“Niente, non ne abbiamo parlato… Bisogna andarci piano quando si parla di sentimenti, ed un mese sarebbe stato troppo poco per parlarne.”
 
“Lei non sa…?”
 
“No… La mia vita non è ancora così stabile.”
 
“… Certo che ci siamo proprio trovati io e te.”
 
“Ah, in quanto a sfiga io ti batto.”
 
I due risero e tornarono in camera, rimettendosi a mettere a posto la camera.
 
“Se però vuoi un consiglio, sii  chiaro con lei, vai fino in fondo a questo punto.”
 
Tsubasa sospirò e guardò il suo migliore amico negli occhi, rassegnandosi all’idea che avrebbe dovuto parlare con un Anego delusa ed arrabbiata.
 
 
 
 
Li sto quasi odiando tutti e due, lo ammetto, anche se li sto facendo io così.
Ringrazio chi segue la storia, e vi annuncio che, probabilmente, odierete veramente tanto Tsubasa.
A presto,
 
HK^^

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Capitolo 4
*** Resa dei conti ***


“Quindi Tsubasa ancora non ha provato a parlarti?”

“No.”

Le due ragazze  camminavano verso casa di Misaki molto lentamente, approfittando di quei momenti da sole per parlare un po’.

“Dubito che lo farà.”

“Dovresti mettere un punto tu allora… Questa situazione è ancora più imbarazzante di quella che c’era prima.”

“Lo so.”

“Sanae, hai mai pensato di uscire con qualcuno? Per provare, per distrarti…”

La prima manager sospirò e ci rifletté un po’; uscire con qualcuno? Non ci aveva mai pensato, non si era mai neanche accorta di eventuali corteggiatori, non che ne avesse a bizzeffe. Kanda era stato l’unico più insistente, ed il capitano si era messo in mezzo.
“… Dici che dovrei?”

“Sì… Ora che il capitano si è allontanato, qualcuno sicuramente si farà avanti e tu potrai voltare pagina... Perché non provi con Misaki? Sembra così carino.”

“È il suo migliore amico! … E poi, siamo così diversi, lo azzannerei dopo due giorni.”

“Oppure Hiyuga, dai, è così carino… Avete la stessa testa dura poi, sareste meravigliosi insieme.”

“Io non ho la testa dura… E Kojiro non ci prova con me, siamo soltanto amici.”

“Sì, sì, ridendo e scherzando ogni tanto qualche messaggino te lo manda… Tra due settimane andremo a Tokyo no? Dirò a Yayoi di organizzare una bella uscita con quelli della Toho.”

“Quando ti metti in testa una cosa tu…”

“Ci penso io alla tua vita amorosa!”

Forse avrebbe dovuto preoccuparsi sul serio.
 

 
Si era magistralmente seduta tra Yukari ed Ishizaki, evitando i contatti col capitano al minimo. Da quando era successo tutto quei due si comportavano da chiocce, le giravano intorno quasi tutto il giorno, proteggendola dall’esterno.
 
“Allora Taro, vedi di superare gli esami di ammissione alle superiori, abbiamo bisogno di te per vincere contro la Toho.”
 
“Tu che dici a Misaki di superare gli esami? Ryo, senti da che pulpito!”
 
“Il preside della scuola francese mi ha scritto una lettera di referenze, ma dovrò comunque rimettermi in pari sostenendo qualche verifica in più.”
 
“Se vuoi ti posso dare una mano io.”
 
Si era davvero proposta per aiutare il miglior amico di Tsubasa? Doveva essere impazzita, sicuramente. Beh, sarebbe stato questione di giorni, aveva i voti più alti della classe, sicuramente il professore avrebbe indicato lei come tutor per il ragazzo.
 
“Grazie, ne avrò bisogno sicuramente.”
 
Il capitano la guardava in modo veramente strano, ma si premurò di evitare il suo sguardo. Sentì il cellulare vibrare nella tasca dei suoi jeans, lo prese per vedere chi la cercasse durante la cena.
 
*Dì a Misaki che lo aspetto qui a casa, noi della Toho siamo essere molto persuasivi.”
 
*Non ci contare, lui è nostro.*
 
“Misaki, Kojiro vuole confonderti le idee sulle superiori, vuole sapere quando andrai a fargli visita.”
 
“Tra due settimane papà ha una mostra a Tokyo, potrei passare da Hiyuga.”
 
“Fammi capire manager, tu hai il numero del capitano della Toho?”
 
Ishizaki  pone questa domanda quasi con fare da interrogatorio. Ok fare il fratello maggiore, ma ora esagera.
 
“Sì, ce lo siamo scambiati l’anno scorso.”
 
“E per quale motivo?”
 
“Per lo stesso motivo per il quale ho il numero di Misugi, di Sawada…”
 
“Non mi risulta loro ti mandino messaggi.”
 
“Suvvia Ishizaki, quanto sei petulante… Stuzzichi tanto la prima manager ma poi sempre la sua ombre fai.”
 
Ishizaki comincia ad inveire contro Izawa, facendo ridere tutto il tavolo. Il capitano continua ad avere uno strano sguardo, Misaki sembra accorgersene e gli mette una mano sulla spalla per distoglierlo dai suoi pensieri.
 
“Tsubasa, accompagnami a prendere il dolce.”
 
“… Ok.”
 
 
  
Tsubasa ha preteso di accompagnare a casa la prima manager, zittendo con lo sguardo chiunque avesse avuto da ridire qualcosa. Era mezz’ora che camminavano e il silenzio dominava l’atmosfera.
 
“Sono arrivata.”
 
“La tua casa dista ancora tre isolati.”
 
“Non c’è bisogno che mi accompagni.”
 
“E’ pericoloso, non ti lascio andare in giro da sola di notte.”
 
“Poteva riaccompagnarmi Mamoru.”
 
“… O forse potevi chiedere a Hiyuga.”
 
“Purtroppo abita a Tokyo, altrimenti ne avrei approfittato sicuramente.”
 
“Ma dai, tu ed Hiyuga… ”
 
“Non sono affari tuoi.”
 
Il ragazzo la prese per un braccio e la costrinse a fermarsi con lui in mezzo alla strada.
 
“Lasciami o comincio ad urlare.”
 
“Lo sai che non ti farei mai del male… Kojiro è un bravissimo ragazzo, ma non fa per te.”
 
“Decido io chi fa per me! E lasciami!”
 
Sanae si divincolò dalla sua stretta e cominciò a camminare a passo svelto, sapendo di non poterlo battere nella corsa.
 
“Ora sei ferita e cerchi un rimpiazzo, ma non ti servirà…”
 
La ragazza si ferma di scatto in mezzo alla strada e si gira verso d lui, avvicinandosi piano piano e guardandolo negli occhi.
 
“Oh no, non ti azzardare a parlare per me! Ora ti darò un ultimatum Tsubasa Ozora, chiarisci la situazione, ADESSO!”
 
“Ecco… Sanae, io ti voglio bene e…”
 
“TSUBASA OZORA, TI HO DETTO DI CHIARIRE!”
 
“E VA BENE! Io ti amo, ma mi spieghi come faccio a legarmi a te a distanza? Non condivideremmo nulla, tutto ciò che fanno le coppie normali non sarebbe possibile!”
 
“E l’amore dove lo metti?”
 
“L’amore basta secondo te?! Io in Brasile e tu in Giappone, come pensi di fare? Niente baci, niente passeggiate, niente vacanze, nulla fatto insieme! … E se poi uno dei due trova un’altra persona?!”
 
Sanae alzò un sopracciglio e fece un sorriso amaro.
 
“Questo è il vero problema… Tu non sei sicuro dei tuoi sentimenti. Hai paura che in Brasile ci sia una nuova ragazza che possa farti battere il cuore come ho fatto io, e poi come fare con la piccola manager? Ma ti informo che Sanae è cresciuta, Sanae è forte, SANAE NON DIPENDE DA TSUBASA OZORA! … Hai fatto bene a lasciarmi andare, non voglio avere a che fare con una persona che non è sicura di amarmi come la amo io… Per me sa stasera tu sei già in Brasile, stammi lontano.”
 
Il ragazzo sospirò e la guardò girare i tacchi ed allontanarsi da lui.
 
“Mi dispiace, avrei voluto essere più forte.”
 
 
 
 
Scusate l’immenso ritardo, problemi tecnici mi hanno tenuta lontana dal pc.
Ringrazio chi mi segue, spero di poter essere più celere negli aggiornamenti.
 
HK^^

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Capitolo 5
*** Fantasmi del passato ***


“… E ti dicevo, sei ancora in tempo per le borse di studio, hai voti alti, il tuo ingresso sarebbe solo una formalità.”
 
“Kojiro, la pianti di fuorviare il nostro centrocampista?”
 
“Parliamoci chiaro, Taro crescerebbe di più sotto la nostra guida, e la Toho è una delle scuole più prestigiose di Tokyo.”


“Allora dovrebbe prendere la scuola di Misugi, quella sì che è ottima.”
 
Erano da quando si erano visti che battibeccavano sulla questione Misaki; Kojiro insisteva che dovesse considerare l’opportunità che la Toho offriva ai calciatori promettenti come lui, mentre Sanae insisteva che a Nankatsu si sarebbe trovato meglio, e che inoltre avrebbe dovuto prendere le redini della squadra una volta che il capitano avesse lasciato l’incarico. Ovviamente Taro già aveva le idee chiare al riguardo, ma il quartetto Toho non demordeva.
 
“Anego, solo perché tu non hai preso in considerazione la nostra proposta non significa che non possa farlo lui.”
 
“Avete paura di perdere senza Misaki?”
 
“Meglio amico che nemico.”
 
“Ora basta guerra, Taro sceglierà ciò che vuole.”
 
Misugi si frappose fra i due prima che la situazione degenerasse. Meno male che era un’uscita comunitaria, o con Hiyuga se le sarebbero date di santa ragione, con i caratterini che si ritrovavano. Si erano trovati in un localino del centro di Tokyo dopo cena, per bere qualcosa in compagnia e scambiarsi quattro chiacchiere, dopodiché Misaki sarebbe ritornato in hotel dove alloggiava con il padre, mentre le ragazze sarebbero andate a dormire da Yayoi.
 
“Come stanno gli altri giù a Nankatsu?”
 
“Oh, chi li ammazza quelli. Tutti meravigliosamente, soprattutto quando si parla di oziare… E sparlare.”
 
“Quante me ne hanno tirate dietro quando hanno saputo che volevo provare a soffiargli un giocatore?”
 
“Ancora ce l’hanno con te.”
 
“Ishizaki mi chiama tre volte al giorno per sapere se cambio idea, se proprio lo volete sapere.”
 
Povero Taro, era sull’orlo dell’esasperazione. Aveva tolto la suoneria al cellulare pur di non sentirli con la solita cantilena. Da questo punto di vista, Kojiro, Ken, Takeshi e Kazuki erano stati di sicuro più leali.
 
“Motivo in più per venire da noi.”
 
“Ricominci Kojiro?”
 
“Ce la fate a stare dieci minuti senza discutere? Kojiro, tu la volevi come manager della squadra poi!”
 
“Scherzi Misugi? Hai presente le divise e l’organizzazione della loro squadra? Noi andiamo in giro con tute spiegazzate e siamo sempre gli ultimi a fare e a sapere le cose.”
 
“Merito nostro, ovvio.”
 
Yukari non esagera, se non fosse per noi, quegli undici scapestrati si presenterebbero nudi alle partite, o non si presenterebbero proprio.
 
“Manager, li avete abituati male voi.”
 
“Si dovranno disabituare, forse né io né Yukari seguiremo la squadra alle superiori.”
 
“Davvero, e perché?”
 
“Io e Sanae vorremmo provare altri club.”
 
“Fantastico, abbiamo la Nankatsu in pugno… Taro, se ti segni a Tokyo possiamo anche sperare che non vengano proprio alle partite.”
 
“Ma quanto li gufi Ko?”
 
Scoppiarono tutti quanti a ridere, sapendo che Kojiro tutti i torti non li aveva. Ringraziò mentalmente tutti per aver evitato l’argomento Tsubasa; probabilmente Misugi e Misaki avevano semplicemente evitato, mentre Kojiro aveva probabilmente minacciato i suoi amici di non uscirsene con qualsiasi argomento che implicasse più di due, tre parole sul capitano. Decisero di fare un giro per il centro, prima che si facesse troppo tardi. Cominciò a battibeccare con Kojiro come al solito, e si distanziarono un po’ dal resto del gruppo.
 
“… Come va con il decerebrato?”
 
“Hai grande stima del capitano della Nazionale.”
 
“Dal punto di vista calcistico nulla da eccepire. Sul lato sentimentale è carente però, te l’ha sempre dimostrato, e tu non hai voluto vedere.”
 
“Grazie Kojiro, tu sì che sai come tirarmi sul il morale.”
 
“Non ti sto tirando su il morale, ti sto aprendo gli occhi. Sei una ragazza così intelligente, vuoi davvero continuare a vivere un amore a metà? Al signor capitano si è risvegliato il tarlo della gelosia, ma con che diritto la esercita? Se ne è sempre sbattuto le palle, ora che parte decide che, FORSE, è il caso di dirti che ti ama, ma non abbastanza. Avrà anche due gambe d’oro, ma ha il cervello di un bradipo ed il cuore di una pietra.”
 
“Sei in vena di complimenti oggi.”
 
“Non sto scherzando Sanae.”
 
“L’ho capito Kojiro, da quando ha chiarito ho deciso di metterci una pietra sopra. Esiste solo Sanae ora.”
 
“Sanae, allontanati dalla squadra di calcio, per l’amor del cielo! Tutto lì ti ricorderà Tsubasa, e per quanto tu voglia bene a quei ragazzi, te ne devi staccare.”
 
“… No, questo non lo trovo giusto. Rimarrò lì, ma non seguirò la squadra di calcio. Il bene che voglio ad ognuno di loro prescinde da Tsubasa, e lo stanno capendo. Quando lui se ne andrà tutto andrà meglio.”
 
“… Già è qualcosa. Confida in Taro, saprà stupirti, anche se è il miglior amico di quella capra… Una volta che il capitano parte, Taro Misaki sarà una figura a sè… Non che lui sia più maturo in fatto di sentimenti, da quel poco che so ha lasciato una ragazza a Parigi senza dirle nulla riguardo i suoi sentimenti, ma sono solo voci di corridoio, non so come sia andata la cosa… Però Taro non ha conosciuto la madre, quindi questo sicuramente influirà sul suo rapporto con l’altro sesso.”
 
“Tsubasa è proprio stupido di suo insomma.”
 
“Brava, cominci a ragionare.”
 
La ragazza rise di cuore, sentendo il ragazzo spararne una dietro l’altra verso Tsubasa.
 
“… Sii più donna Sanae, e meno bambina. Vieni a Tokyo più spesso, ti divertirai qui con noi. E non c’è bisogno che vai sempre a dormire da Aoba, a casa mia c’è un letto disponibile in camera di mia sorella… Anche il piccoletto sarebbe disponibile, ma Takeshi ha una specie di  cotta adolescenziale per te, meglio non alimentarla.”
 
“… Povero Takeshi, è così dolce.”
 
“Troppo, per essere un ex ragazzo del meiwa.”
 
Continuarono a parlare del più e del meno, almeno fino a quando non fu il momento di tornare a casa.
 
 
 
 
 
Misugi le aveva appena riaccompagnate a casa, si erano dirette tutte e tre in camera dopo aver dato la buonanotte ai signori Aoba che le avevano attese alzati; il signor Aoba era così protettivo nei loro confronti, le aveva prese per figlie acquisite, e finché non erano al calduccio nel letto al piano di sopra non sarebbe andato a letto.
 
“Allora, allora, di cosa hai parlato con Hiyuga?”
 
Yukari partiva subito alla carica, curiosa com’era; raccontò la conversazione, tralasciando la parte in cui le veniva detto che Sawada aveva una cotta per lei, non le andava di raccontare una cosa privata, già il fatto che Kojiro se l’era fatto sfuggire era troppo.
 
“Mi sta sempre più simpatico quel ragazzo. Burbero ma simpatico.”
 
“Non è burbero, lo dipingono gli altri così.”
 
“Già lo difendi? Che coppietta romantica!”
 
“Piantala Yukari, siamo troppo simili!”
 
“… Sanae… Perché non approfondisci l’amicizia con lui?”
 
Le due ragazze si voltarono verso l’amica con gli occhi spalancati; Yayoi era sempre stata quella ottimista, aveva scusato Tsubasa in ogni modo… Ed ora incitava l’amicizia con il capitano della Toho?
 
“Yayoi, stai bene?”
 
“… Ne ho parlato con Jun e… Pensiamo tutti e due che il fatto che lui ti provochi ti faccia più che bene. La sua amicizia ti aiuta ad essere una Sanae più combattiva. Ti ci trovi bene con lui no? Tira fuori la vecchia Anego.”
 
“E credi sia un bene?”
 
“Sì. Lui non è come noi, le cose te le dice dritte in faccia, ed il fatto che sia un ragazzo ti sprona.”
 
“Anche Ishizaki mi provoca.”
 
“No, Ishizaki ti protegge. Anche Jun crede che sia meglio che tu non segua il club di calcio alle superiori… Hai mai pensato a cosa vuoi fare da grande.”
 
“… No, però…”
 
“Però?”
 
“…”
 
Si erano messi a studiare in camera della ragazza, Sanae aveva simulato una sottospecie di verifica al ragazzo per verificare se fosse effettivamente in grado di sostenere le gli esami a cui i professori lo avrebbero sottoposto per vedere se era in pari con il resto della classe. Lei era seduta alla scrivania a correggere, mentre lui si guardava in giro curioso.
 
“Sono belle quelle foto, veramente artistiche.”
 
“… Detto da il figlio di un pittore è un onore.”
 
“Beh, i quadri e le foto sono diversi tipi di arte. Mi piacciono tutti e due, anche se in maniera diversa… Chi le ha fatte?”
 
“Le ho fatte io, qualche anno fa.”
 
Il ragazzo la guardò stupefatto.
 
“Sanae, sei un’artista.”
 
“No, non credo.”
 
“Scherzi? Queste foto sono stupende!  Vieni a parlare con mio padre se non sei convinta! Molti pensano erroneamente che un pittore odi la fotografia,mentre in realtà le cose sono più vicine di quanto si pensi. Spesso la visione è la stessa, è il modo in cui la rappresenti che cambia.”
 
“… Non credo di essere così brava.”
 
“Mi piace fare foto… Mi è sempre piaciuto.”
 
“E perché hai smesso?”
 
“Non avevo tempo.”
 
“In effetti, alle gite sei sempre tu che fai foto, e le fai anche bene, ci spendi tanto tempo con Photoshop e filtri.”
 
“Perfetto, sai cosa fare allora.”
 
“… Ci devo riflettere.”
 
Il discorso si chiuse lì. C’era da risolvere un problema alla volta.
 
 
 
 
*Kojiro ci ha provato con lei?*
 
Il capitano sapeva essere petulante se voleva. Il ruolo da migliore amico cominciava ad essere pesante anche per lui.
 
*Non è affar tuo.*
 
*Ma da che parte stai?*
 
*Dalla parte che ritengo migliore per te e per lei. Lasciale il diritto di vivere.*
 
Il capitano non rispose al messaggio, segno che aveva desistito, ed era meglio così. Prima si abituava all’idea e meglio era. Stava per spegnere il cellulare, quando gli arrivò un altro messaggio.
 
*Fai in modo che Sanae non faccia la manager l’anno prossimo. Prendi il ruolo di capitano e buttala fuori dalla squadra.*
 
*Tranquillo, Sanae ci stupirà tutti quanti. E’ una ragazza intelligente e forte… Al contrario tuo e di Tsubasa, io le lascio libertà di scelta. Kojiro Hiyuga, parla chiaro e dimmi perché lei ti sta tanto a cuore.*
 
*… Assomiglia a Naoko. E Naoko non deve soffrire. Se per una volta scindessi il ruolo di tua madre da quello delle altre donne, magari riusciresti ad affezionarti a qualche figura femminile.*
 
“Stronzo.”
 
Per quanto Hiyuga fosse stronzo, non sparava mai a caso, beccava sempre dove non doveva. Sapeva benissimo che l’abbandono della madre aveva influito sui suoi rapporti, appena aveva capito che il genere femminile non gli era più tanto indifferente aveva sempre evitato di affezionarsi troppo, anche perché non durava mai più di qualche mese in un posto. Con i maschi era più semplice, ma alle femmine si sovrapponeva sempre la madre, e quindi la paura costante dell’abbandono. Quando si era fermato tre anni in Francia aveva sperato fino all’ultimo che quella per Azumi fosse un’infatuazione di poco conto, ma più andava avanti e peggio era, soprattutto quando si accorse che anche lei provava qualcosa. Ma la paura dell’abbandono era troppo forte per poter affrontare una relazione a distanza, e la decisione di tornare in Giappone del padre era stata profetica. Sentì il cellulare vibrare e lo riprese in mano.
 
*Mi dispiace, ma è ora che anche tu affronti i tuoi fantasmi.*
 
 
 
 
Spero di aggiornare con sempre più frequenza.
Ringrazio chi mi segue, la nuova Sanae mi sta prendendo parecchio.
A presto.
HK^^

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Capitolo 6
*** In fondo all'anima ***


“Il capitano è partito quindi?”
 
“Già.”
 
Aveva scoperto che parlare con Hiyuga seduti sul suo letto mentre mangiavano un po’ di gelato era una tra le cose più belle del mondo. Ormai andava da lui almeno una volta al mese, ed ultimamente si fermava tutto il week end; non lo faceva quasi mai andare a Nankatsu sia perché era a conoscenza delle disponibilità economiche di Kojiro, sia perché non si sarebbe sentito a suo agio in territorio non suo. E poi, a lei Tokyo piaceva, si sentiva libera.
 
“Da quando ha saputo che siamo diventati molto intimi non mi ha più rivolto la parola, se non qualche frase di circostanza. Non mi ha neanche salutato.”
 
“Ha pensato ci fosse qualcosa tra noi.”
 
“Forse. E’ stato meglio così, stare lontano da lui mi ha fatto stare meglio.”
 
“Come sono andate le prime lezioni di fotografia?”
 
“Bene, il nuovo corso è sensazionale! Ci fanno usare un sacco di cose, non pensavo fosse così divertente!”
 
“… E con la squadra? Ishizaki come l’ha presa?””
 
Di cacca, ecco come l’aveva presa. L’aveva presa sul personale all’inizio, credendo che il mio attaccamento alla squadra fosse legato esclusivamente a Tsubasa. Non le aveva parlato per alcuni giorni, finché non si era stancata del suo comportamento e lo aveva affrontato nello spogliatoio, dove se ne erano urlate di tutti i colori, sotto lo sguardo allibito di Misaki che non sapeva se intervenire o no. Alla fine, lei gli aveva spiegato che la squadra rimaneva la sua famiglia, ma aveva bisogno di trovare la sua strada, così avevano trovato un compromesso: quando non c’era il corso di fotografia lei avrebbe dato una mano a Yukari e Kumi come manager.
 
“Ha capito, hanno capito tutti in realtà.”
 
“Oh, sono maturi quindi.”
 
“Parla l’attaccabrighe per eccellenza!”
 
Sentire ridere Kojiro Hiyuga è un’altra delle cose più belle del mondo; non ride quasi mai di gusto, ma quando lo fa assume tutt’altro fascino. In effetti si era sempre chiesta come mai quel ragazzo non avesse la fidanzata, ma poi si era risposta che con il caratterino che si ritrovava non era affatto difficile.
 
“Tsé, non è colpa mia se ho a che fare con delle femminucce, ci vuole qualcuno che abbia un po’ di polso.”
 
“Oh, sì, infatti. Hai così tanto polso che con Naoko diventi pongo.”
 
“Lei non fa testo, è una bambina.”
 
“La tua bambina ha 13 anni, presto sarà una donna. Ha il tuo stesso carattere forte, se non la prendi adesso ti metterà sotto facilmente.”
 
“Non dire idiozie.”
 
Aveva visto come quel ragazzo teneva alla sua famiglia, continuava comunque a fare qualche lavoretto part-time per poter aiutare la madre con i soldi, e così riusciva a mettere anche qualcosa da parte per togliersi qualche sfizio o per farglielo togliere ai suoi fratelli. Le cose erano nettamente migliorate da quando era entrato alla Toho.
 
“Piuttosto, come è andata a finire con Kanda?”
 
Eccolo un altro tasto dolente. Quando il ragazzo aveva saputo che il capitano si era tirato indietro era tornato all’attacco, anche se in maniera molto più gentile e pacata rispetto a prima.
 
“Mi toccherà uscirci qualche volta.”
 
“Fai bene, distraiti un po’… Ok, ha anche lui un pessimo carattere, però non mi sembra male il tipo.”
 
“Non lo so.”
 
“Vabbè, prenditi il tempo che vuoi. Fallo passare in fretta ‘sto tempo però, che là fuori è pieno di ragazzi che vorrebbero uscire con te.”
 
 
 
 
 
“Taro.”
 
“Sì, papà?”
 
Alzò lo sguardo dal piatto e notò che il padre lo stava guardando di sbieco, segno che c’era qualcosa che non andava.
 
“Ha chiamato il tuo professore.”
 
“Non ho subìto nessun calo.”
 
“No, hai ottimi voti in tutte le materie in effetti. Il professore a cui mi riferivo era quello che segue la squadra di calcio. Quello che segue la tua condizione fisica.”
 
“Oh.”
 
Il padre lo guardava critico, evidentemente contrariato.
 
“Che succede Taro? Hai perso cinque chili nell’ultimo mese, cinque! Il professore mi ha detto che non sei in splendida forma, ti vede sempre con la testa fra le nuvole. Pensavo si stesse sbagliando, ma poi in questa settimana che sono rimasto a casa ti ho controllato i pasti ed ho notato un netto calo!”
 
“E’ la crescita.”
 
“Non mi prendere in giro, sono tuo padre! Pensavo fossi contento di essere tornato in Giappone.”
 
“Lo sono infatti.”
 
“E allora cosa c’è? Se andrai avanti così mi costringerai a controllarti ogni singolo pasto… Io non ti ho mai imposto regole, davvero vuoi costringermi a farlo adesso che sei grande?”
 
“No.”
 
“Cosa c’è che ti preoccupa? Non ti piace Nankatsu?”
 
“Io amo Nankatsu, è l’unico posto in cui mi sento a casa.”
 
“Te l’ho giurato quando abbiamo preso quell’aereo, ci fermeremo minimo due anni. Ho molto da fare qui.”
 
“… Ti prometto che mangerò di più.”
 
Il signor Misaki sospirò pesantemente e lo guardò dritto negli occhi.
 
“C’entra la mamma?”
 
“No, lei non c’entra.”
 
“… Lo sai che conosco il suo indirizzo, puoi andarci quando vuoi… Lei ti aspetta.”
 
“Oh, sì, certo! Infatti da quando sono ritornato dalla Francia non ha fatto altro che telefonarmi! Sono io che dovrei aspettarla, non lei!”
 
“Ti ho spiegato che Kumiko non ha tutte le colpe. Se ti avesse cresciuto lei con il signor Yamaoka io sarei morto.”
 
“Questo non giustifica la sua totale assenza… Ora scusami, ma mi è passata la fame.”
 
Il ragazzo si alzò da tavola e si diresse verso la sua camera, chiudendosi la porta alle spalle. Si stese supino sul letto, prendendo in mano il cellulare e cominciando a scorrere le foto che aveva fatto in Francia, soffermandosi su quelle con Azumi. Le mancava fin troppo, e guardare quelle foto in cui erano molto intimi non lo faceva star meglio, avrebbe dovuto cancellarle prima o poi.
 
Sentì bussare alla porta e spense il cellulare per poi lasciarlo sul letto accanto a sé.
 
“Avanti.”
 
Il padre aprì la porta ed entrò tenendo un piatto in mano.
 
“Calumet della pace?”
 
Taro sorrise, mettendosi seduto sul letto e aspettando che il padre lo raggiungesse.
 
“Ho trovato in un negozio poco lontano da qui gli Imagawayaki alla crema di limone, i tuoi preferiti.”
 
“… Scusami per prima.”
 
“No Taro, va bene così. Capita a tutti. Vorrei solo tu capissi che la situazione con tua madre non è così semplice… Quando ti sentirai pronto le farai tutte le domande che vuoi.”
 
Tarò abbracciò il padre e lo strinse forte, abbraccio che fu contraccambiato dal padre.
 
“D’accordo papà.”
 
“Ora mangia. Questo mese non ho impegni fuori, ci penserò io ai pasti.”
 
“Ok.”
 
Il padre lo baciò sulla fronte e si alzò dal letto, avviandosi verso la porta.
 
“Taro… L’amore non obbedisce alle nostre aspettative*, qualsiasi tipo di amore. Impara a comprenderlo.”
 
 
 
 
 
*I ponti di madison county

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Capitolo 7
*** Ragazzi e cioccolata ***


“Mamoru Izawa, ora tu mi dici tutto, tutto, tutto!”
 
“Scordatelo manager, sono cose privatissime!”
 
“Cose private? Cambi una fidanzata a settimana e lo sa tutta la scuola!”
 
“Vuoi provare piccola?”
 
“Manco morta!”
 
Izawa riceve in faccia un fazzoletto appallottolato tiratogli dalla manager, mentre tutta la squadra sorride alla scena a cui sta assistendo. Erano andati a cena tutti insieme in un famoso localino al centro di Nankatsu, per festeggiare la vigilia tutti insieme. Erano passati nove mesi dalla partenza del capitano e tutto procedeva a meraviglia per lei: si era liberata di quell’amore che la opprimeva, era addirittura uscita con qualche ragazzo, anche se non li aveva trovati per nulla interessanti, il corso di fotografia andava alla grande ed aveva trovato dei nuovi splendidi amici a Tokyo. Procedeva tutto a gonfie vele.
 
“Pianeta Terra chiama la nostra piccola manager! Sanae, ci sei?”
 
A chiamarla era stato quello che da un po’ era diventato un suo amico intimo, tanto da ospitarlo spesso a casa quando il padre non c’era per lavoro.
 
“Taro Misaki, sono qui, proprio accanto a te.”
 
“Pensavo la tua mente fosse rivolta ad bel maschio muscoloso che vive a Tokyo.”
 
“La vuoi smettere con questa storia? Tra me e Kojiro non c’è nulla.”
 
“Non stavo parlando di Kojiro infatti.”
 
Taro le sorrise conciliante e le fece l’occhiolino, facendole imporporare le guance. Aveva dato un bacio a Wakashimazu l’ultima volta che era andata a Tokyo, ma era colpa dell’alcool, mica l’aveva fatto volutamente! Aveva bevuto un bicchierino di troppo ed il portiere della Toho l’aveva portata fuori al locale per farle prendere un po’ d’aria, quando si erano ritrovati pericolosamente vicini e c’era stato il bacio. Il giorno dopo lei era partita e non c’era stato modo di parlarne. Si era sfogata con Taro e Yukari, ed entrambi avevano riso della situazione, immaginandosi la faccia della manager in quella situazione.
 
“Non so se Kojiro sappia, ma sono in un bel guaio.”
 
“… Naaaaah… Però è meglio parlarne dopo, quando ti riporto a casa.”
 
“Manager, perché sei nei uai con Hiyuga? Cosa ti ha fatto?”
 
Rieccolo Ryo-guai-se-toccano-la-mia-manager-Ishizaki. Ancora non la smetteva di comportarsi come mamma chioccia.
 
“Niente Ryo, solo che gli aveva promesso che sarei andata su il prossimo week-end ma poi mi hanno messo un’uscita con il corso di fotografia a cui non posso rinunciare.”
 
“Permaloso com’è non ti rivolgerà la parola per un mese. Poco male.”
 
“Ryo…”
 
“Pensa a noi poveri maschietti che siamo costretti a lavarci le divise tutti i giorni, sigh, sigh.”
 
“Piagnucola di meno, dovete crescere anche voi!”
 
 
 
La ragazza versò la cioccolata calda nelle tazze e ne passò una al ragazzo seduto al tavolo.
 
“Grazie.”
 
“Prendo panna e mushmellow?”
 
“Magari anche i biscotti.”
 
Sanae aprì lo sportello della credenza e prese tutto l’occorrente per una merenda notturna, posandolo sul tavolo della cucina.
 
“Sono contenta che tu abbia ripreso a fare i pasti regolari, eravamo tutti preoccupati.”
 
“Un po’ papà, un po’ voi… Mi avete aiutato a superare quella fase.”
 
“Tutti pensavano che fossi io ad avere un crollo, i primi tempi Ishizaki mi chiamava due, tre volte al giorno per sapere se mangiavo e dormivo regolarmente… Da te nessuno se lo aspettava, non l’avevamo neanche capito… Fino alle visite mediche.”
 
“… Acqua passata, ora mangio il doppio di prima… Parliamo di te piuttosto, e di Karate Kid.”
 
“Se sa che gli hai dato un soprannome ti uccide.”
 
“Naaaah…. Parlami della situazione piuttosto.”
 
La ragazza fece un sospirò e si sedette di fronte all’amico, prendendo la sua tazza fra le mani e bevendo un sorso della bevanda calda.
 
“Non lo so… Non so cosa abbia significato per Wakashimazu, ma io di certo non me la sento di iniziare qualcosa con lui.”
 
“Prendila con più leggerezza Sanae, è stato solo un bacio. Esistono baci e baci. Ci sono i baci che si danno perché si è attratti fisicamente ed i baci che si danno perché c’è un coinvolgimento sentimentale.  Si può anche baciare e non pensare a niente dopo Sanae, basta che ne siate entrambi consapevoli.”
 
“Spero lo sappia anche lui… Odio non sapere cosa fare.”
 
“Anche questo è colpa della tua testa dura, ti sei fossilizzata così tanto su Tsubasa che ti sei preclusa qualsiasi tipo di esperienza. Direi che è ora di recuperare no?”
 
“… A tal proposito Taro… Io non vorrei metterti in difficoltà con Tsubasa, lui è il tuo migliore amico e…”
 
“E cosa? Il bene che voglio a Tsubasa è pari a quello che proverei per un fratello, ma questo non c’entra nulla con te. Posso essere tranquillamente amico di entrambi, sta tranquilla… Né io parlerò di te a lui, né tu saprai di lui.”
 
“Grazie Taro. Sei un tesoro.”
 
“Quindi mi merito una fetta di dolce?”
 
“Ovviamente.”
 
La ragazza si alzò e prese dal frigo la torta di mele.
 
“… Ti manca Parigi?”
 
“Il mio posto è qui.”
 
“Non ti ho chiesto dov’è il tuo posto ma se ti manca Parigi.”
 
“… Mi manca, è uno dei pochi posti in cui ho vissuto per più di un anno. Parigi era bellissima, aveva tutto quello che ho sempre desiderato. Mi sono sentito a casa dopo tanti anni.”
 
“Azumi…?”
 
“Già… Azumi… Tu pensi che io sia come Tsubasa, che ha paura di non amarla abbastanza… Io invece ho paura del contrario, che lei non mi ami abbastanza… E che mi lasci, come ha fatto mia madre.”
 
“Tu non sei come lui. Hai avuto una vita più complicata, con meno sicurezze. Azumi questo lo sa.”
 
“… Vorrebbe tornare a studiare a Tokyo un giorno… Chissà…”
 
“… Taro, tua madre è a Sendai, ricomincia da lei. Valla a trovare.”
 
“No. Se non mi ha cercato fino ad ora vuol dire che non mi ha mai voluto.”
 
“No Taro, lei ha rispettato la tua decisione di non volerla vedere cinque anni fa.”
 
“Ed i primi undici anni della mia vita? Io non sono un oggetto, non ho una scadenza. Ora ho sedici anni, cosa me ne faccio di una madre?! Ora so badare a me stesso da solo… E lo faccio da quando ho dieci anni.”
 
“Provaci almeno! Che ti costa darle una possibilità?!”
 
“Non ora che ho trovato una stabilità mentale. Non le permetterò di rovinare tutto… Ho papà, e mi basta.”
 
“… Ed hai noi. Ti farò io da mamma fino a quando non ti deciderai ad aprire gli occhi.”
 
“Comincio ad aver paura.”
 
 
 
 
La ragazza sistemò la macchina fotografica nel suo armadietto e chiuse lo sportello con la combinazione, pronta ad andare in classe per le lezioni pomeridiane.
 
“Nakazawa.”
 
Appena si girò si trovò davanti una margherita.
 
“Kanda, grazie… Non dovevi.”
 
“Ma ti pare. Niente rose in quanto ti preferisco solare e semplice come una margherita, piuttosto che vanitosa come una rosa.”
 
“Non so se considerarlo come un complimento od un’offesa.”
 
“Ti consideri una rosa Nakazawa?”
 
“No, io non ho spine.”
 
Sanae prese la margherita e ne ispirò il profumo.
 
“Potremmo andare a Tokyo domenica, c’è una mostra di fotografia che potrebbe interessarti. Uniamo l’utile al dilettevole: tu esci con me, e tu vedi una mostra che ti piace tanto... Prometti che ci penserai?”
 
“… Non ho bisogno di pensarci. Prendiamo il treno delle undici?”
 
Il ragazzo sorrise meravigliato.
 
“Sul serio?”
 
“Sul serio… Ma non montarti la testa.”
 
“Assolutamente no! Ti giuro che non te ne pentirai!”
 
“Vai in classe prima che il tuo essere così appiccicoso mi faccia cambiare idea!”
 
“Volo.”
 
Il ragazzo sparì nel corridoio e la ragazza sorrise, sentendosi per la prima volta libera in vita sua.
 
“Finalmente hai seguito il mio consiglio.”
 
Disse Taro circondandole le spalle con un braccio.
 
“Dì al pugile che dovrà fare il bravo o dovrà vedersela con me.”
 
“Riferirò.”
 
 
 
 
 
*Come va in Brasile?*
 
*Bene, ora sono di casa qui. Roberto è peggio di mamma chioccia.*
 
Misaki sorrise leggendo il messaggio e lasciò perdere per qualche minuto i compiti stendendosi sul letto con il cellulare davanti agli occhi.
 
*Non lo facevo così.*
 
*Ha preso sul serio il ruolo di tutore.*
 
*Hai incontrato qualche brasiliana carina?*
 
*Di brasiliane carine ce ne sono a iosa. Ma sono qui per concentrarmi sul calcio.*
 
*Questo non significa astinenza perenne.*
 
*Io non ne voglio una qualunque. Io volevo lei.*
 
*Apri gli occhi signorino, e guardati intorno. L’hai persa, fattene una ragione.*
 
*Tu ti sei rassegnato?*
 
*Io sto già uscendo con un’altra.*
 
Parte di verità detta a fin di bene. Stava provando a vedersi con qualcuna, anche se la maggior parte finivano liquidate dopo il primo appuntamento. Nessuna di loro leggeva il confronto con lei, almeno per ora. Il primo amore non si scorda facilmente d’altronde; Tsubasa ci avrebbe impiegato un po’ ma poi se ne sarebbe fatto una ragione… Oppure avrebbe fatto una di quelle pazzie ch si fanno solo per amore.
 
 
 
 

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