Flora's secret

di Cherrie_2709
(/viewuser.php?uid=176663)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scelte affrettate ***
Capitolo 2: *** Amore e litigi ***
Capitolo 3: *** Richieste inaspettate ***
Capitolo 4: *** Quello che sussurra il tuo cuore ***
Capitolo 5: *** Catture, morte e segreti. ***
Capitolo 6: *** L'ultimo rimasto ***
Capitolo 7: *** Lezioni di invisibilità ***
Capitolo 8: *** Vendetta...Giustizia ***
Capitolo 9: *** Monteriggioni ***
Capitolo 10: *** Alleati nemici ***
Capitolo 11: *** In amore e in guerra... ***
Capitolo 12: *** Una realtà difficile ***
Capitolo 13: *** La morte di Vieri ***
Capitolo 14: *** Sorpresa! ***
Capitolo 15: *** Impegno ***
Capitolo 16: *** In ricordo di... ***
Capitolo 17: *** La Contessa di Forlì ***
Capitolo 18: *** Locandiera per una notte ***
Capitolo 19: *** Il ricordo del colore dei suoi occhi ***
Capitolo 20: *** Cambiare ***
Capitolo 21: *** Ricerca ***
Capitolo 22: *** Una di voi ***
Capitolo 23: *** Odiava ***
Capitolo 24: *** Maestro Claudio ***
Capitolo 25: *** Questa è la mia scelta ***
Capitolo 26: *** La Serenissima ***
Capitolo 27: *** Due fiori ***
Capitolo 28: *** Convivenza ***
Capitolo 29: *** Prima è, meglio è ***



Capitolo 1
*** Scelte affrettate ***


-No! Vi ho detto che ho bisogno di rose rosse, non vanno bene gialle!-
Era ormai un'ora che quel signore sbraitava. Il tipico signore che ha dimenticato un importante festeggiamento e ha bisogno di rimediare. Flora però non sapeva proprio come aiutarlo.
-Va bene, va bene. Mi dispiace, ora mando qualcuno a chiamare mia madre, lei saprà darvi ciò che desiderate-
Il signore sbuffò, ma almeno smise di gridare.
"Diamine, perchè mia madre non c'è mai quando serve?"
Qualcuno notò la preoccupazione di Flora. Un giovane dal sorriso luminoso, si avvicinò a lei, per offrirle il suo aiuto.
-Avete bisogno?-
La ragazza si voltò di scatto. -Oh, salve messere. Mi aiutereste a cercare mia madre? Sapete, la sostituisco mentre fa commissioni, ma a volte non so proprio come aiutare i clienti-
-Sarò lieto di aiutarvi, ma se lo farò...- aggiunse con aria maliziosa -...dovrete dirmi il vostro nome-
Flora abbassò lo sguardo e sorrise, arrossendo leggermente -D'accordo-
Passarono pochi minuti e il ragazzo tornò seguito da Susanna, la madre di Flora. Subito la donna, guardando la faccia del cliente, che era ormai rosso fuoco, capì che qualcosa non andava.
-Santo cielo! Che succede figlia mia?- le gridò con una finta aria di rimprovero, per far vedere al cliente il suo sdegno.
-Madre, siete qui! Quest'uomo- disse indicando il cliente -vuole delle rose rosse, ma le abbiamo finite. Non so che fare-
Susanna si avvicinò gentilmente al signore e con dolcezza gli parlò.
-Buon uomo, a pochi passi da qui c'è il mio fornitore di fuori. Sarà lieto di darvi ciò di cui avete bisogno-
L'uomo, un pò adirato, ma comunque sollevato, si allontanò dalla bancarella.
-Vi ringrazio, Madre. Non era mia intenzione deludervi-
-Non l'hai fatto mio tesoro. Ora però vai a casa, si fa tardi. Io ti raggiungo-
-Se permettete- si intromise il bel giovane - la accompagno io, madonna-
-Che giovanotto ben educato- osservò la madre -Prego, accompagnatela pure-

Inizialmente i due non parlarono molto. Si lanciarono solo occhiate furtive. Si scrutarono per imparare l'aspetto altrui. Flora aveva i capelli neri sciolti, lunghi fin sotto le spalle. Tra i capelli non portava alcuna decorazione, ma aveva qualche treccina. La sua pelle era piuttosto pallida, in netto contrasto con i capelli. Sulle guance però risaltavano due piccoli tondini rosa, che si accentuavano quando arrossiva. Quel giorno, come in molti altri, portava un vestito non troppo sfarzoso, ma comunque elegante. Era azzurro, come i suoi grandi occhi. Scopriva le spalle ma aveva le maniche lunghe. Ai piedi delle Ballerine piuttosto usurate dalle continue commissioni per la madre. Il ragazzo era molto più curato. I suoi capelli color castano scuro, poco più corti di quelli della ragazza, erano raccolti a coda di cavallo con un nastrino rosso. La sua pelle era decisamente più scura di quella della ragazza, ma comunque molto curata per essere quella di un ragazzo. In viso non aveva nemmeno un accenno di barba. Doveva avere circa l'età di Flora, diciassette anni. Portava dei pantaloni in pelle marrone, con alcune decorazioni rosse sui lati. La camicia con le maniche a sbuffo lasciava intuire la sua appartenenza alla classe nobile. Sopra di essa portava un giacchino senza maniche, nero, con svariate decorazioni color argento. Ai piedi degli stivali lunghi fino al ginocchio, molto meno logori delle scarpe della ragazza, ma comunque segnati dal tempo. Dalla scollatura della camicia si intravedeva una catenina, forse con un nome.
Improvvisamente, la mora parlò.
-Flora- disse
-Come prego?- chiese il ragazzo
-Il mio nome...è Flora-
-Oh, certo. Il mio è Ezio- rispose facendole il baciamano.
Quando furono sotto casa della ragazza si fissarono per qualche minuto, poi fu nuovamente lei a rompere il silenzio.
-Allora, bel giovane- disse ridacchiando -Che intenzioni avete?-
-Ehm...che volete dire?-
Questa volta Flora rise fragorosamente –Certo, era ovvio. Beh, mi dispiace deludervi-
-Bene, bene- disse una voce maschile da lontano –Ezio che rimane a bocca asciutta-
-Vieri- digrignò Ezio, rabbioso.
-Tranquillo grullo, non sono qui per infastidirti. Ero venuto a trovare la mia bella- disse guardando Flora
-Vattene, Vieri. Io non sono la bella di nessuno, menchemeno di te, sporco maiale!-
Ezio scoppiò a ridere –Ma bene, una donna che sa farsi valere-
Vieri, il ragazzo che aveva parlato poco prima, si scaraventò sulla ragazza con aria minacciosa, ma non riuscì a torcerle un capello, perché Ezio gli si parò davanti per difenderla.
-Non provarci nemmeno, se non vuoi avere rogne-
Il ragazzo era nettamente più piccolo di Ezio. Vestito con abito elegante azzurro spento e calzamaglia avorio. Sembrva quasi una ballerina. Così non insistette e se ne andò, sbuffando.
-Vedo che abbiamo qualcosa in comune- osservò Flora –entrambi odiamo quel verme-
-C’è chi non lo fa?-
Per un attimo si fissarono, poi risero assieme. Non appena ebbero finito, la ragazza cambiò completamente tono. Sembrava molto più sicura di se.
-Ezio, giusto? Salite-
-In…in casa vostra?-
-Certo. Mi piace il vostro carattere…e mia madre lavora fino a tardi oggi-
-Offerta allettante- disse lui spavaldo –credo che accetterò, sarebbe da maleducati rifiutare un tale invito-
 
Lume di candela nella stanza della ragazza. I due si stavano baciando ormai da mezz’ora, seduti sul letto.
-Siete bravo a baciare sapete?- disse Flora, staccandosi solo un momento.
Poi slacciò le cordicine che tenevano chiuso il gilet, per poter toglierglielo di dosso. Subito dopo sbottonò la camicia e gliela sfilò, lasciandolo a petto nudo. Gli accarezzava petto e schiena, con foga.
-Siete caldo…bollente!-
Ezio, a sua volta, le slacciò il corpetto che teneva stretto il vestito e la ragazza si alzò per poterselo togliere. La faccia del ragazzo lasciava capire il desiderio che scorreva in lui. Così Flora si tolse anche il corpetto inferiore e tornò fra le sue braccia.
-Avete una pelle meravigliosa, liscia come i petali di un fiore-
-Perché credete che mia madre mi abbia chiamata Flora?-
Continuarono a baciarsi imperterriti, finchè Flora non slacciò anche i pantaloni del ragazzo. Risero, giocarono tra loro, si stuzzicarono e si leccarono. Quando si fece molto tardi, Ezio spense la candela: sapeva che avrebbe dormito con lei.
 
Il mattino dopo, Flora di svegliò di buon umore. Umore che svanì subito quando si accorse che l’altro lato del letto era vuoto. Si guardò in giro. Il suo abito azzurro e la sua biancheria erano ancora a terra, ma non c’era traccia dei vestiti di Ezio. Si mise a sedere, tenendo la coperta sul petto.
-Ezio?- domandò sperando di ricevere risposta, ma non accadde.
Pochi secondi dopo, sua madre entrò.
-Buon giorno mia…Flora! Che diamine fai nuda nel letto?-
-Oh…- la ragazza si guardò, ancora frastornata. Ripenso alla notte precedente. Ripensò ai baci, alle coccole. Ripenso alle mani del ragazzo sul suo corpo. Poi si inventò una scusa –Avevo tremendamente caldo-
-Capisco…non volevo certo fraintendere-
-Certamente, Madre. Oggi…oggi c’è la lezione da Messer Da Vinci giusto?-
-Giusto. Indossa i vestiti da pittura, io chiamerò una carrozza-
Flora si vestì svogliatamente. Raccolse la biancheria da terra e la indossò nuovamente. Poi mise il vestito azzurro nell’armadio, da cui tirò fuori un altro abito. Era rosa, con qualche macchia di colore qua e là. Usava quel vestito per dipingere e molti dei colori che utilizzava non venivano via nemmeno a lavarli. Quando si sedette davanti allo specchio, si rese conto che il suo volto era nettamente segnato dalla tristezza. Non riusciva proprio a sorridere e avrebbe fatto piangere perfino un giullare con il muso che aveva. Sapeva di aver sbagliato a dare così confidenza a uno sconosciuto, ma la verità era che aveva sempre guardato Ezio da lontano, affascinata.
 
La carrozza chiamata da sua madre la portò fino alla bottega di Leonardo da Vinci. Leonardo era un pittore ufficialmente, ma ufficiosamente era molto di più. Gli piaceva, più di tutto studiare l’anatomia umana. Flora aveva già visto un paio di volte cadaveri dentro al suo studio, ma lui diceva sempre che glieli avevano portati, che aveva il permesso di farlo. Inoltre era anche inventore. Qua e là per il suo studio erano sparse svariate macchine, molte delle quali non funzionanti. Quasi tutte.
-La ringrazio messere- disse la ragazza inchinandosi al cocchiere.
Bussò forte, perché se Leo, così lo chiamava, era impegnato, molto spesso non si curava delle visite. Dopo qualche minuto, alla porta apparve un omarino magro, con i capelli lunghi biondi, così come il suo pizzetto. Aveva sempre un’aria estremamente allegra.
-Flora! Mia cara. Entra, entra- disse aprendole la strada.
-Buongiorno Leo- disse lei a testa bassa.
-Sei triste piccina? E perchè mai?-
-Oh…si vede molto? Non è niente, davvero. Seguirò comunque la lezione di oggi-
-No, no, no. Con la tristezza si possono fare grandi cose. Oggi, pittura libera! Darai sfogo alle tue emozioni e creerai un’opera meravigliosa-
Così, le ore passarono. Flora stava anche giornate intere da Leonardo. Si perdeva dentro a ogni tela. Quella volta dipinse un viso. Il suo viso. Nemmeno se ne accorse, la mano andava da sola. Lo dipinse con espressione triste. Incarnava al tempo stesso quello che voleva e quello che provava.
-Chi è mai questo bel giovine?- le chiese Leonardo, quando il dipinto era quasi ultimato.
Lei si scrollò dai suoi pensieri e guardò il quadro.
-Lui…lui è…un ragazzo conosciuto da poco-
-Ahhh…amore a prima vista?-
-No…direi di no-
-Capisco…hai fame?- era ormai ora di pranzo
-Si, abbastanza-
-Vado a prendere un po’ di cappone dalla mia vicina, me ne tiene sempre un po’ da parte. Petto o coscia?-
-Petto se possibile- disse ormai sorridendo.
-D’accordo. Ah, prima che mi dimentichi…-
-Ditemi-
-Dovrebbe venire una signora di nome Maria a prendere alcuni quadri. Sono in quella scatola- disse indicando uno scatolone vicino alla scala d’entrata.
-Glieli consegnerò appena si presenta-
Non passò molto tempo da quando il pittore era uscito, che bussarono. Flora si pulì le mani in un cencio il più possibile. Aprì e davanti a lei trovò una signora molto ben vestita, sicuramente benestante.
-Voi dovete essere Madonna Maria-
-Si…e voi siete?-
Oh, perdonatemi. Mi presento. Sono Flora, un’allieva di Messer Da Vinci. E’ uscito un momento a prender da mangiare e ha chiesto a me di consegnarvi i vostri dipinti-
-Vi ringrazio, madamigella. Siete molto ben educata-
-Volete che vi chiami una carrozza?-
-No, non serve. Sta arrivando mio figlio ad aiutarmi. Abitiamo poco lontano da qui-

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Amore e litigi ***


La ragazza prese la scatola e la portò fuori dalla porta. Ma, non appena vide il figlio della donna, la lascio cadere. Le mani non rispondevano più alla sua mente. Si era come…resettata.
-Flora- esclamò lui
Lei nemmeno rispose. Ci mise un po’ a riprendersi e appena lo fece si rivolse a Maria.
-Perdonatemi, Madonna, non intendevo…-
-Non preoccupatevi, davvero. Deve essere molto pesante. Lasciate pure che sia mio figlio a portarla-
Flora tornò a guardare il ragazzo. Stavano lì, a fissarsi. Non sapeva cosa dire. Non poteva dire nulla, non con Maria lì accanto. All’improvviso la donna si allontanò, per andare incontro a Leonardo, che stava tornando con gli avanzi di cappone della vicina.
-Flora- ripeté Ezio –che ci fai qui?-
-Gli affaracci miei. E se non vi dispiace, preferisco mi sia dato del voi-
-Pensavo che dopo questa notte…-
-COSA? Cosa pensavi Ezio? Sai cosa pensavo io? Che mi avresti almeno salutata prima di andartene!- poi prese la scatola da terra e gliela butto fra le braccia –Lavora Ezio, tua madre ti ha dato un compito- concluse chiudendosi dietro la porta della bottega. Si accasciò a terra accanto agli scalini e scoppiò a piangere.
Poco dopo rientrò Leonardo, salutando Maria ed Ezio. Poi vide Flora.
-Piccina, che succede?-
-Quel ragazzo! Lo…lo odio! E’ un odioso villano approfittatore-
-E, se posso chiedere, come mai dite questo di lui?-
-Perché…perché si-
-Capisco. Forse per oggi è meglio se concludiamo qui, mh?-
La ragazza fece lievemente cenno di si con la testa. Leonardo provò a convincerla a prendere una carrozza: continuava a ripetere che lungo la strada di casa potevano esserci villani assai peggiori di Ezio. Ma lei volle tornare a piedi. Camminare le faceva bene, la aiutava a pensare. Non sapeva che sarebbe passata davanti a casa sua. Ezio era proprio lì davanti. Parlava con un bambino con i lineamenti molto simili ai suoi.
-Se ti aiuterò tornerai in casa?-
-Certo- disse il bimbo tutto euforico.
La scena fu strabiliante. Ezio si arrampicò lungo il muro di una casa, fino ad arrivare al tetto. Una volta lassù, prese una piuma vicino a un nido, su di un camino. Poi, abilmente, saltò giù, senza farsi un graffio, e porse la piuma al bambino.
-Grazie fratello!- gridò il piccolo rientrando.
Ezio lo guardò sorridendo. Doveva essere il suo fratellino. Scosse la testa, come se l’euforia del bambino per una semplice piuma gli ricordasse la sua fanciullezza. Poi scorse Flora. Sorrideva.
-Complimenti- disse lei, tenendo le braccia conserte –Dove hai imparato?-
-Ehm…io e mio fratello a volte facciamo a gara. Ci arrampichiamo fin da piccoli-
-Sei abile…davvero-
-Senti, Flora, riguardo a questa notte, non era mia intenzione abbandonarti- disse cercando di abbracciarla
-E allora perché lo hai fatto?- chiese lei scansandosi e guardandolo con sguardo interrogativo
-Per proteggerti! Pensa a cosa sarebbe successo se tua madre fosse entrata, scoprendoci a letto insieme. Sua figlia ha perso la verginità con un ragazzo conosciuto la mattina stessa. Sarei venuto a trovarti al banco dei fiori-
-Sul serio? O hai inventato or’ora questa scusa?-
-No! Dico sul serio. Flora, ti prego…-
La ragazza lo guardò per qualche secondo, con un sopracciglio alzato in segno di sfida. Vedendo che lui non cedeva, si arrese.
-E va bene, ti credo. Ma non fare mai più qualcosa che possa ferirmi-
-Ma più, prometto-
-No! Giura!-
-Giuro- disse dolcemente, baciandola sulla fronte –Vi accompagno a casa, Madonna?- disse ridendo e porgendole il braccio, come se avesse bisogno di corteggiarla per farla sua.
Flora rise, divertita da quel gesto, e accettò volentieri la richiesta.
Per tutto il tragitto risero e scherzarono e Flora scoprì che Ezio non era solo un Don Giovanni, ma anche un ragazzo molto buffo e simpatico, pronto a farsi ridicolo tra la folla solo per farla ridere. Quando furono nei pressi di Santa Maria del Fiore, però, il ragazzo si bloccò improvvisamente. Guardava in un punto fisso. Un angolino appartato vicino al muro della chiesa.
-Che accade?- chiese Flora preoccupata. Seguì lo sguardo del ragazzo e vide un uomo che pomiciava con la sua grossa ragazza –Ezio! Non sarai mica un guardone?!-
-No- disse lui serrando i pugni –Sono solo premuroso nei confronti di mia sorella-
Fu così che il ragazzo si staccò da Flora per dirigersi verso la coppia.
-Ehi! Lurido porco!-
L’altro ragazzo, biondo, alto quanto Ezio, ma più malandato e (forse) ubriaco, si girò e allargando le braccia esclamò –Ezio!- in finto tono amichevole.
-Insulti mia sorella, vedendoti con questa puttana!- gridò il bruno. La ragazza in carne, con cui il biondo pomiciava poco prima, si portò una mano alla bocca, sconvolta dall’affermazione.
-Non lo farei, se vostra sorella non fosse così avida con la sua dote-
-Le avete spezzato il cuore- disse Ezio, digrignando i denti e puntandogli un dito contro minacciosamente –E io vi spezzerò le gambe!-
Senza pensarci due volte, Ezio cominciò a picchiarlo e non poco. Il biondo si arrese solo quando il sangue iniziò a sgorgargli sia dal naso che dalla bocca.
-State lontano da mia sorella!- gridò infine il bruno.
Si ricompose e tornò da Flora, come se niente fosse. Lei era a bocca aperta dallo stupore.
-Mi…mi dispiace che tu abbia dovuto assistere. Quello è Duccio. E’… dovrebbe essere il fidanzato di mia sorella, ma, come puoi vedere, non la merita affatto. Ho dovuto farlo-
-Hai picchiato un uomo a sangue-
­-Flora, l’ho fatto per mia sorella, non sono violento di solito…-
-Sei…straordinario-
-Come??!- il ragazzo era sicuramente sorpreso
-Ti azzuffi per il bene di tua sorella. Sei disposto a batterti per la tua famiglia. E io che ti credevo bravo solo a fare una cosa…-
-Beh…grazie eh- disse facendo l’offeso
Tornarono sui loro passi e in poco tempo furono davanti a casa di Flora.
-Eccoci- disse lei, pronta a entrare in casa
Il ragazzo si spostò verso di lei perché si poggiasse contro il muro e mise le sue braccia poggiate alla parete, una alla sua destra una alla sua sinistra. Si guardavano dritti negli occhi, con le labbra a pochi centimetri di distanza. I loro respiri erano caldi ed affannosi. Poi Ezio si avvicinò ancora, fino a toccarle le labbra. Poi il toccarsi diventò più profondo. Si baciarono, si baciarono come la notte prima.
Poi, all’improvviso.
-Ehm-Ehm- fece qualcuno, una donna
-Madre!- disse Flora spingendo via Ezio –Siete…siete tornata prima-
-Anche tu a quanto pare…- sogghignò Susanna
-Io…vado a casa…- s’intromise Ezio –Arrivederci, Flora- disse chinandosi e correndo via
Così le due donne entrarono in casa. Flora teneva la testa bassa. Fu la madre a parlare.
-Potevi dirmi che hai trovato uno spasimante-
-Non mi ha chiesto la mano-
-Ah, no? Quindi…siete amanti?-
-No! Siamo…buoni amici, se così si può dire-
-Capisco…- concluse Susanna sospirando –Ho portato l’acqua per il bagno. Fallo prima tu-
 
Era ormai tardo pomeriggio quando Flora finì il bagno. Si stava pettinando i capelli, ancora umidi. Pensava a Ezio mentre fissava la sua immagine riflessa nello specchio della camera da letto. Ogni tanto spostava lo sguardo dalla sua immagine al riflesso del letto. Quel letto in cui la notte prima aveva scoperto quanto fosse bello l’uomo che ammirava da lontano. Che fosse innamorata? Non poteva saperlo, non ancora. Poi ripensò a quando quel pomeriggio l’aveva visto arrampicarsi. Si somigliavano molto. Anche lei da bambina lo faceva. Era sempre stata brava. Si arrampicava sugli alberi quando andava in campagna con il padre.
Quella sera non fu difficile addormentarsi. Era troppo felice per non voler sognare.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Richieste inaspettate ***


Il mattino seguente, Flora lavorava con la madre. Avevano deciso che era meglio mandare la ragazza a fare le commissioni, lasciando la madre al banco. Stava girando a cogliere fiori dai vari fornitori o nei prati. Era così felice da sentirsi leggerissima. Poi le venne un’idea. Decise di fare una sorpresa ad Ezio. Così mise il grembiule da lavoro nel cestino dei fiori, stando attenta a non schiacciarli. Mise a posto il vestito, quello azzurro di quando si era incontrati, e si diresse verso casa sua, carica di gioia. Ma quando si ritrovò là davanti, la gioia svanì. Svanì esattamente come era successo la mattina prima. Questa volta al suo postò, nacque la rabbia. Un’intensa rabbia. Il ragazzo, bello e sorridente come sempre, teneva le mani di una ragazza tra le sue. La stava guardando con occhi da triglia. Poi la bacio. Non poteva essere la sorella. Per il semplice fatto che la baciò sulle labbra. E poi Flora sapeva bene chi era lei. Era Cristina Vespucci, una delle ragazze più belle di Firenze. Avrebbe voluto schiaffeggiarlo. Avrebbe voluto piangere. Ma non fece nulla, semplicemente corse via, pendendosi un’altra volta di avergli dato questa confidenza.
 
Strappava i fiori con veemenza e tra uno strappo e l’altro esclamava frasi del tipo “Traditore” oppure “Maiale senza scrupoli”. Di lì passò un ragazzo. Un ragazzo che subito si interessò della sua rabbia.
-Questo linguaggio non si addice a una fanciulla così bella e aggraziata-
Flora, pensando che potesse essere Ezio, si alzò di scatto dallo spavento, rischiando di cadere dritta sull’aiuola. Il giovane però la afferrò giusto in tempo.
-Attenzione, non vorrete rovinare i fiori e farvi male-
Si guardarono profondamente per qualche istante. Gli occhi del ragazzo le ricordavano vagamente quelli di Ezio. Oh, basta pensare a lui!
-Vi…vi ringrazio messere- disse facendo capire di non aver più bisogno di appoggio.
-Non dovete. E’ stato un piacer aiutarvi. Se posso essere indiscreto…contro chi imprecavate?-
-Contro un idiota!-
-Questo è chiaro- rise –Dunque immagino che per voi gli uomini siano solo una perdita di tempo-
-Perché lo chiedete?-
-Sapete, è un po’ che vi osservo e sarei lusingato se accettaste di passeggiare con me nel pomeriggio. Se per voi non è un disturbo-
-Io…io…no…non è affatto un disturbo- balbettò –Ma prima, ditemi il vostro nome ve ne prego-
-Federico Auditore- disse chinandosi e facendo il baciamano
-Io sono Flora Tanucci-
-E’ un vero piacere potervi conoscere, Flora. Dove posso passare a prendervi per la nostra passeggiata?-
-Alla…alla bancarella dei fiori di mercato vecchio-
-Perfetto. A più tardi- disse chinandosi nuovamente e allontanandosi.
Flora sentiva il cuore a mille.
“Spero almeno che lui sia reale” pensò.
 
-Federico Auditore hai detto? Ti fa la corte?- chiese Susanna incredula –Oh gioia mia!!!- gridò poi, abbracciandola così forte che quasi la soffocò.
Liberatasi dalla morsa, Flora riprese fiato.
-Quindi? Ho il permesso?-
-Se hai il permesso??? Tu ci DEVI  andare!- disse ridendo
-Ah…d’accordo allora…-
 
Nel primo pomeriggio, poco più tardi di pranzo, Federico si presentò con un enorme mazzo di fiori bianchi.
-Ironico- disse Flora, quando furono vicini
-Lo so- disse lui grattandosi la testa in segno d’imbarazzo –Ma non m’è venuto in mente altro-
-Sono perfetti- rispose annusandoli a fondo
-Come voi-
Passeggiarono fino a sera. Federico era dolcissimo, la riempiva di lusinghe e non c’era istante in cui non la facesse arrossire. Non era affatto come Ezio. Ezio puntava alla spiritosaggine. Non che a Flora non piacesse, ma aveva proprio bisogno di un ragazzo premuroso e lusinghiero. A fine giornata il ragazzo la riportò a casa. Lei si appoggiò al muro, come aveva fatto con Ezio. Federico però non osava come lui. E lei lo apprezzò.
-Siete un ragazzo molto dolce, Federico-
-Vi ringrazio. Io…vorrei farvi una domanda, ma ho paura che penserete male di me-
-Male? E perché mai?-
-Perché è una scelta affrettata, ma per me è una cosa innocua-
-Parlate ordunque-
-Voi…vi piacerebbe conoscere la mia famiglia? Ovviamente non subito, tra qualche tempo-
-La vostra famiglia?- Flora non sembrava affatto agitata –Pensate che una settimana sia troppo poco per conoscerci meglio?-
-Avete fretta Madonna Tanucci?-
La ragazza rise lievemente.
-No, affatto. Solo che…mi infondete sicurezza. E ho sempre pensato che conoscere la famiglia di qualcuno non è poi una cosa così eclatante-
-Bene dunque. Tra una settimana verrete a cena da me-
-Penso che se ci vedremo ogni giorno, una settimana sarà abbastanza per conoscerci meglio-
-Sappiate…- disse baciandola profondamente, ma comunque con estrema dolcezza …che so di voi tutto ciò che devo sapere-
 
Flora entrò in casa completamente incantata dal suo nuovo spasimante. Federico era meraviglioso. L’uomo che ogni donna vorrebbe. Ma la ragazza non sapeva di doversi aspettare una grande sorpresa…
 
---
 
-Vuoi già portarla a casa???-
-Si! E’ la donna della mia vita. Non è per niente frivola, non è la tipica donna tutte moine. Sa farmi ridere…-
-Sei proprio sicuro? E come si chiama, sentiamo-
-Eh, no. Lo scoprirai tra una settimana come tutti gli altri-
-Oh, andiamo. Sono tuo fratello!-
-No, no. Niente da fare-
-Uff, d’accordo. Ma se tu porti lei, io porto Cristina. Non mi va di fare la parte di quello tutto solo-
 
---
 
I giorni passarono con estrema fretta e per l’occasione, Susanna comprò a Flora un meraviglioso vestito rosso. No era eccessivamente decorato, ma non era nemmeno troppo semplice. Dopotutto gli Auditore erano una famiglia nobile, non poteva certo presentarsi vestita da fioraia. I suoi lunghi capelli erano raccolti in uno chignon che lasciava cadere alcune ciocche sul viso. Infine l’aveva leggermente truccata.
-Sei meravigliosa. Non potrà resisterti. Giù la carrozza ti aspetta-
-Bene- respirò profondamente –Madre, sono agitata. E se mi chiede la mano?-
-Tu dagli il braccio!-
Risero assieme.
-Dico sul serio- replicò quando smisero
-Pensaci bene e digli solo quello che sussurra il tuo cuore. Ora va!-

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quello che sussurra il tuo cuore ***


Dunque...le cose si fanno interessanti...

Dalla finestra dell’immenso salone, il piccolo Petruccio sentì il rumore di una carrozza. Si sporse leggermente e, dalla povertà dei decori, capì che la carrozza doveva essere la sua (Federico aveva spiegato che non si trattava di una ragazza di nobile famiglia).
-Arriva, arriva!- urlò il bimbo per tutta la casa, con Annetta che lo seguiva per fermarlo.
Ezio vide il fratello maggiore fiondarsi giù dalle scale di corsa. Si era perfino messo i suoi abiti eleganti e Federico era il tipico ragazzo che non voleva mettersi roba elegante nemmeno la domenica mattina.
“Bah, chissà che avrà di così speciale…”
Cristina, che si accorse del suo sguardo fisso, gli tirò una gomitata sul fianco destro.
-Ouch! Che c’è?-
-Non so, dimmelo tu-
-Niente. Pare che mio fratello sia rimasto incantato da tale donna, mi chiedevo solo che avesse di così speciale-
La famiglia, composta dal padre Giovanni, la madre Maria e la bella Claudia, oltre che dai tre fratelli, si riunì a tavola per accogliere la nuova fidanzata di Federico. Il figlio maggiore sbucò dalla porta con un enorme sorriso a trentadue denti.
-Familiari, vi presento…-
La ragazza, un po’ intimidita, entrò dalla porta con una leggera riverenza.
-…Flora!- gridò Ezio finendo la frase del fratello.
Lei girò lo sguardo verso di lui. Ezio era una Auditore? Il ragazzo che sapeva arrampicarsi sui tetti e che andava in giro a conquistare ragazze a destra e a manca era figlio di uno dei più famosi banchieri di Firenze?
L’intera famiglia, ma soprattutto Cristina, lo stavano fissando, in attesa di una risposta a quell’intervento.
-Si, esatto- disse Federico serio –E tu come la conosci?-
-Ehm…io…-
-Ma certo!- s’intromise Maria, forse per caso, o forse perché aveva capito tutto –E’ la studentessa di Leonardo, l’abbiamo conosciuta quando abbiamo ritirato i quadri-
I due diciassettenni tirarono un sospiro di sollievo.
-Oh, capisco- disse Federico, per niente convinto, ma desideroso che la serata andasse per il meglio.
Così anche la seconda coppia si sedette a tavola, facendo il grosso sbaglio di lasciare Flora accanto ad Ezio. La ragazza aveva il cuore che batteva a mille, tanto che le ricordava il galoppare dei cavalli che l’avevano portata lì quella sera. Come se non bastasse, Ezio non le toglieva gli occhi di dosso, come se quella colpevole di qualcosa fosse lei. Si decise a tirargli un calcio perché distogliesse lo sguardo. Lui, per non urlare, si morse un labbro.
Verso metà cena, Maria si accorse che la fanciulla era pallida e non toccava cibo.
-Mia cara, state bene?-
-Io…non molto- stava sudando freddo a dire il vero
-Vi prego, lasciate che mio figlio Ezio vi accompagni a prendere una boccata d’aria su balcone-
-Io? E perché io?-
I due si guardarono preoccupati.
-Oh andiamo Ezio, non penserai mica che lasceremmo andare una coppietta fuori dalla stanza da sola, sarebbe maleducato, non credi?-
-Certo…-
 
Una volta sul balcone poterono parlare.
-Non stai bene? Che hai? Nausea?- il ragazzo pensò subito al peggio
-No cretino! E’ solo che non riesco a stare nella stessa stanza con il mio forse futuro fidanzato e suo fratello con cui sono stata a letto!-
Ezio abbassò lo sguardo. Ovviamente qui quello colpevole era lui, non certo Flora che aveva provato a rifarsi una vita.
-Ah! E aggiungici la presenza della sgualdrina del fratello-
-Cristina non è una sgualdrina!- la difese lui
-No, scusa hai ragione…la sgualdrina sei tu!!!!- urlò lei
Lui le coprì la bocca con una mano perché non urlasse. Dio solo sa cosa sarebbe successo se la famiglia avesse sentito. Quel gesto però, li portò ad essere paurosamente vicini. Ci volle poco perché Ezio togliesse la mano per tentare di baciarla.
-No!- protestò lei spingendolo via,contro la ringhiera del balcone –Non azzardarti!-
Poi corse via, verso la sala da pranzo.
 
Quando fu nuovamente lì, si inventò una scusa.
-Devo aver mangiato più di quanto il mio esile corpicino richiede-
-Capisco- disse Giovanni –A volte i cuochi tendono a esagerare con le portate. Ora vi sentite meglio?-
-Si…-
Ezio tardò un attimo.
-Dov’eri?- domandò Cristina
-Io…ehm…ho cambiato stivali…i miei m’erano stretti-
 
Il momento peggiore della giornata arrivò quando il pranzo si concluse. Flora pensò che finalmente la tortura fosse finita, invece era appena cominciata. Federico si alzò e fece fare altrettanto a lei. Poi le prese la mano.
-Madre…Padre…ho una richiesta da fare-
“Oddio no” pensò Flora.
Federico, senza lasciare un secondo la sua mano, si inchinò ai suoi piedi.
-Flora, amore mio…-
La tensione nella stanza era palpabile.
-…vuoi sposarmi?-
Silenzio. Silenzio totale. La ragazza stava ascoltando il suo cuore. Sapeva cosa le stava dicendo, ma aveva paura di dar voce ai suoi sentimenti. Prese un bel respiro e si preparò a rispondere. Ma qualcun'altro lo fece per lei.
-NO!- gridò Ezio, senza pensarci due volte
Gli sguardi tornarono a posarsi su di lui, soprattutto quelli di Cristina e Federico.
-Ebbene?- chiese Federico.
-Pure io sono curiosa- aggiunse Cristina
-Federico…- sussurrò la povera Flora
-Si?-
-Ricordi l’idiota di cui ti parlai quando ci siamo incontrati?-
-Si, tesoro mio, ma ora che centra?-
-Era lui- disse volgendo gli occhi ad Ezio.
-Ah…bene-
Il maggiore dei giovani Auditore fissava a terra. Pensava.
-La domanda sorge spontanea: l’appellativo idiota, da che deriva?-
Ezio e Flora si guardarono a fondo. Questa volta fu lui a parlare.
-Io…conoscevo Flora già prima di andare da Leonardo-
-Dove vuoi arrivare?- chiese Cristina, che si stava agitando.
-La conobbi il giorno precedente. Decisi di aiutarla alla bancarella dei fiori. Inoltre la accompagnai a casa…fino…alla sua camera-
-La sera che sei rimasto fuori…- disse Federico -…eri da lei-
Ezio, che ormai non riusciva più a dire nulla, fece di si con la testa. Federico lasciò la mano di Flora, che in quel momento si sentì estremamente in colpa, e corse di sopra. Chiuse la porta della camera tanto forte che tutti lo sentirono. Cristina invece non aveva mosso lo sguardo da terra.
-Cristina, io…- Ezio non poté finire la frase, perché la mano destra della ragazza gli si era violentemente stampata in faccia. La Vespucci corse via, piangendo.
-Annetta…- chiamò con dolcezza Maria
La donna che poco prima provava ad acciuffare Petruccio, spuntò da una porticina.
-Si Madonna?-
-Accompagna la ragazza a casa sua, te ne prego-
-Certamente-
Flora non provò nemmeno ad opporsi. Non aveva nulla da dire ad Ezio.
Maria, Claudia e Petruccio si congedarono, lasciando Ezio solo con il padre.
-Figlio…siedi- disse dando dei colpetti sulla sedia accanto a lui.
Il giovane obbedì.
-Ezio…devi sapere che arriva un momento nella vita in cui non potrai tenerti stretto tutte le donne che vuoi, perché molte di loro avranno la forza di dimenticarti. Solo una di loro ti starà accanto per tutta la vita-
Ezio continuava a non parlare. Così Giovanni sospirò e si alzò dalla sedia.
-Ti consiglio di parlare almeno con tuo fratello. Nessuna donna deve essere in grado di dividervi-
 
---
 
-Vi ringrazio Annetta-
-Non dovete, è mio compito- la donna si inchinò –Vi augurò buona notte-
La ragazza aveva esaurito il fiato. Ad accoglierla in casa ci fu la madre, già speranzosa in una nuova unione.
-Figlia mia! Allora?-
L’unica risposta che ottenne, fu il fragoroso pianto della figlia.
 
---
 
Toc-toc
-Se non siete Ezio, entrate-
Ezio sbuffò. E dire che suo fratello aveva ormai vent’anni. Si divertiva ancora così?
-Federico, te ne prego-
Il fratello aprì vigorosamente la porta.
-Cosa? “Te ne prego” cosa?-
-Io…- quando se lo trovò davanti capì che il difficile non era parlargli, quanto guardarlo negli occhi mente lo faceva -…volevo scusarmi-
-Bene, ci hai provato. Mi dispiace per il fallimento- tentò di chiudergli la porta in faccia, ma il minore la blocco sia con una mano che con un piede.
Restarono a guardarsi negli occhi per diversi minuti. Poi fu il maggiore dei due a parlare.
-Senti…a me va bene che ci sia stato qualcosa tra di voi, ma perché impedire il fidanzamento?-
-Perché…- Ezio provò a giustificarsi -…non lo so-
-E’ ora di scegliere fratellino. Non puoi averle entrambe- concluse chiudendo la porta, questa volta con più delicatezza.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Catture, morte e segreti. ***


Chiedo, come sempre, umilmente perdono. Purtroppo sono alle ultime settimane di scuola e mi sono dovuta ammazzare per studiare e trovare momenti per mettermi al computer. Oltretutto abito in Emilia Romagna e il terremoto non aiuta la mia creatività. Spero che questo capitolo compensi la mia lentezza.

Il giorno seguente, Susanna lasciò dormire la figlia, uscendo in punta di piedi per andare a lavorare. Nonostante ciò, la sua dormita non durò molto. Qualcuno infatti aveva cominciato a bussare con violenza alla porta. A Flora ci volle un po’ per alzarsi e sperò che la sua lentezza portasse il visitatore ad andarsene, ma così non fu. Allora indossò uno scialle e andò ad aprire.
-Ah, sei tu- disse acida.
Davanti a lei, con il solito sorriso ebete stava Vieri de’Pazzi. Siccome non proferiva parola, provò ad aiutarlo.
-Che vuoi?-
-Non essere così brusca, dolcezza-
-Se sei venuto per niente, ora che mi hai vista puoi anche andartene-
-In effetti…- disse bloccando la porta che la ragazza cercò di chiudere -…sono qui per un motivo-
Si addentrò nella casa con forza, senza lasciare altra scelta a Flora se non quella di farlo entrare.
-Sai, passeggiavo e mi sono chiesto “Chissà se la mia bella Flora è in casa tutta sola?”-
-Quindi?-
-Quindi…- disse bloccandola violentemente contro il muro -...penso che sia il momento buono per darmi un’occasione-
La ragazza provò a spintonarlo via, ma non c’era verso. Allora penso al piano B. Iniziò ad alzarsi lentamente la gonna e già Vieri sbavava impaziente, contento di averla finalmente fra le sue grinfie. Ma con uno scatto fulmineo, Flora estrasse lo stiletto che portava nascosto nel reggicalze, puntandolo sui suoi gioielli.
-Esci immediatamente da casa mia se non vuoi che ti porti via il tuo sporco cazzo!-
 

---

Era quasi arrivato davanti a casa sua, quando dal portone vide uscire Vieri, terrorizzato come non mai.
-Scappa Auditore, scappa finchè sei in tempo!- fu l’unica cosa che gli disse.
Il ragazzo non capiva. Capì solo dopo, quando dalla porta uscì pure Flora, con lo stiletto ancora in mano.
-Corri porco! Corri!- gridava agitando l’arma.
Poi vide Ezio. Subito si incupì e abbassò l’arma. Il ragazzo le si avvicinò lentamente con le mani in alto in segno di resa.
-Non voglio ucciderti- lo rassicurò lei
-Non lo metto in dubbio, ma è sempre meglio essere prudenti-
Ezio la raggirò in fretta e con una mossa la immobilizzò e le prese il pugnale. La teneva da dietro, per il collo, ma senza strozzarla. Iniziò ad annusarle i capelli e, mollata la presa, a baciarla sul collo. Lei accettò i primi baci, ma successivamente si scansò.
-Ezio, per favore- disse a fatica
-Scusa…è che non resisto-
-Già…con nessuna a quanto pare- disse incrociando le braccia in segno di rabbia
-No, Flora, io…la realtà è che non sapevo come dirle di te-
-Oh, ma davvero? E hai pensato che fosse bene riempirla di moine e portarla pure a casa dai tuoi?-
-Riempirla di moine? Ma di che...oh-
-Già, “oh”. Vi ho visti-
-Rimane il fatto che glielo avrei detto-
-E quando? Magari quando io e Federico ci saremmo sposati, mh?-
-Tu…vuoi davvero sposarlo?-
-Io…- ci pensò un po’ poi abbassò la testa -…no. E’ dolce e carino, ma non è quello che cerco-
-E…- Ezio si avvicinò di nuovo, come per baciarla -…tu cosa cerchi?-
Sul viso di Flora spuntò un sorrisino malizioso. Aveva capito dove voleva arrivare e non le dispiaceva affatto.
-Dovresti saperlo-
Così lasciò che lui la stringesse di nuovo. Lasciò che la baciasse ancora, come si erano baciati quella notte.
-Ezio…- disse fermandosi
-No, ti prego, non parlare. Parlerò con Federico e, se serve, anche con Cristina-
-Lo farai davvero?-
-Si…tornerò più tardi…amore mio-
 
Il ragazzo arrivò a casa poco dopo e trovò tutto sotto sopra. Lo studio di suo padre era stato “perquisito a fondo”.
-Padre? Federico?-
Nessuna risposta. Da dietro però sentì un rumore. Fece giusto in tempo per spostarsi, perché qualcuno aveva provato a tirargli un vaso in testa. Era stata Annetta, la badante.
-Ser Ezio! Scusate, mi dispiace-
-Che è successo? Dove sono tutti?-
-Hanno portato vostro padre e i vostri fratelli a palazzo della signoria…in prigione- disse coprendosi la bocca in segno di disperazione.
-E mia madre? Mia sorella?-
-Ezio- si sentì da lontano, in un lieve sussurro.
Dietro ad alcuni scaffali c’era Claudia, piuttosto spaventata.
-Claudia- esclamò Ezio sollevato.
Subito i due fratelli si abbracciarono.
-Stai bene?- le chiese.
-Si…ma nostra madre-
La ragazza si voltò verso Maria, che stava su di una sedia. Lo sguardo perso nel vuoto. Quasi come a vagare in un vecchio ricordo.
-E’ sconvolta- disse Annetta –Ha…opposto resistenza e loro…-
Ezio fu preso da una forte rabbia e anche da una certa confusione. Non capiva che stava accadendo.
-Qui sono in pericolo- osservò –puoi portarle da qualche parte?-
-Si. Si! Da mia sorella-
-Bene, d’accordo. Intanto andrò a trovare mio padre-
Annetta, che stava abbracciando Claudia, assunse un tono molto serio.
-State attento messer Ezio. Le guardie…cercavano anche voi-
 
Era ormai buio quando Ezio arrivò in piazza. Doveva trovare il modo di arrivare in cima alla torre di Palazzo Vecchio, dove stavano le prigioni, senza però farsi vedere. La porta principale era piena di guardie e quindi fuori discussione. Così, Ezio decise di addentrarsi in un vicolo, situato a destra del palazzo. Questo era sgombro, dunque perfetto per arrampicarsi. Ovviamente le difficoltà non erano finite. Il tetto a cui era arrivato pullulava di guardie. Doveva restare nell’ombra, nascosto, se non voleva essere catturato. Per passare al tetto del secondo piano utilizzò un’impalcatura che gli sembrava piuttosto solida. Da quel tetto si alzava la torre contenente le celle. Strisciando lungo i muri, sempre attento a non farsi vedere. Gli ci volle un po’ per arrampicarsi sulla torre: mancava di appigli. Ed eccolo là, suo padre, dietro le sbarre della finestra.
-Ezio-
-Padre! Che è accaduto?-
-Qualche percossa, ma sto bene. Che ne è di tua madre e tua sorella?-
-Sono al sicuro-
-Ci ha pensato Annetta?-
-Si- rispose.
Poi, pochi secondi dopo, si rese conto del fatto che il padre non sembrava affatto sorpreso, anzi, sembrava quasi che avesse pianificato tutto.
-Ma…ve l’aspettavate?-
-Non in questo modo e non così presto, ma ora questo non conta-
-Che volete dire?- il ragazzo stentava a capire –Spiegatevi!-
-Non c’è tempo. Ascolta bene, torna a casa. Nel mio studio c’è una porta segreta, usa il tuo fiuto per scoprirla. Lì troverai una cassa, prendi TUTTO ciò che contiene. Molte cose ti parranno strane, ma hanno tutte grande importanza. Hai capito bene?-
-Si-
-Bene. Tra queste c’è una lettera assieme ad alcuni documenti. Ho bisogno che tu porti quelle carte a messer Uberto. Era con me nel mio studio stamane-
-Il gonfaloniere…me ne ricordo. Ora vi prego, ditemi che accade. E’ opera dei pazzi tutto questo? C’era un messaggio per voi alla colombaia e diceva…-
Qualcuno stava entrando nella cella. Ezio non poteva essere visto, altrimenti l’avrebbero preso e nessuno avrebbe potuto aiutare la sua famiglia.
-Va Ezio, presto!-
Così, si tuffò dritto nel fienile che stava sotto di lui. Non voleva andarsene così, ma non aveva altra scelta. Inoltre, alcune guardie si stavano avvicinando e non poteva scendere da dove era salito. Così si arrampicò sui merli del palazzo e guardò giù: c’era un mucchio di fuori secchi. Era parecchio lontano, ma non poteva fare altro. Allora chiuse gli occhi e si tuffò. L’aria gli accarezzò il viso per un tempo che gli parve interminabile, poi toccò quel mucchio morbido, morbido. Sapeva di dover correre, correre a casa. Vi arrivò in fretta e furia e subito entrò nello studio del padre, guardandosi intorno.
Come trovo una porta segreta se è segreta?
Si concentrò a fondo finchè non gli sembrò di vedere un pezzo di muro più chiaro, quasi brillante. Vi si avvicinò e lo premette. Questo si abbassò, rivelando una stanza mai vista prima. Contro le pareti di destra e sinistra c’erano diversi scaffali pieni di libri, in fondo alla stanza invece c’era un baule. Doveva essere quello. Al suo interno vi trovò una tenuta bianca, piuttosto particolare, da indossare sopra i vestiti abituali. Dagli antibracci, capì che si trattava di un’armatura, di un tipo mai visto prima. Se doveva prendere tutto ciò che trovava dentro alla cassa, allora doveva indossare quell’abito. Si tolse il gilet e al suo posto indossò la veste, tirandosi il cappuccio sulla testa. Poi legò al polso uno degli antibracci. Non mise il secondo perché capì che aveva qualcosa di strano. C’era un meccanismo al suo interno, ma voleva scoprire di cosa si trattava prima si usarlo. C’era pure una spada, che il ragazzo infilò nel suo fodero, anch’esso compreso nel vestiario. Sul fondo del baule vi erano dei documenti, quelli da portare al gonfaloniere.
-Devo consegnarli al Messer Alberti- osservò Ezio, dirigendosi poi verso l’uscita.
Una volta fuori però, fu scovato da alcune guardie. Queste erano a spade sguainate.
-Traditore!- gridò una di esse.
-Ehi! Perché quelle spade?- chiese lui –Non dovreste arrestarmi?-
-No- concluse l’altro ridacchiando compiaciuto.
-Che volete?-
Quasi non fece in tempo a domandarlo che questi lo attaccarono. Non aveva mai combattuto prima, ma doveva provaci se non voleva morire. Così contrattaccò.
-Che tu muoia- gli rispose uno dei due.
-Beh…questo non accadrà. Quindi perché non cerchiamo delle alternative?-
Doveva farlo, non c’era altro modo. Afferrò quello che gli aveva risposto. Lo prese da dietro, bloccandogli il busto, poi con leggera esitazione, gli passò l’affilata lama della spada sul collo. Subito lo lasciò cadere, ma la manica si macchiò comunque di sangue, che usciva a fiotti. Non aveva tempo di pensare a ciò che aveva appena fatto, mancava ancora una guardia. Questa, approfittando del tempo perso dal ragazzo per uccidere il collega, provò ad attaccarlo. Ezio però parò il colpo, lo fece sbilanciare e poi lo trafisse da parte a parte. Non pensò nemmeno a pulire la spada, semplicemente la rinfoderò e, ancora sconvolto, corse verso la casa del gonfaloniere.
Una volta raggiunta, calò il cappuccio per farsi riconoscere e bussò alla porta furiosamente, in preda al panico per gli avvenimenti accaduti di recente. L’uomo ci mise un po’ ad aprire, tanto che Ezio per un attimo perse la speranza. Poi, lentamente aprì la porta-
-Ezio Auditore? Che cosa ci fai qui a quest’ora?-
Il ragazzo ansimava e tentava di parlare.
-Io…io non…-
-Aspetta- disse l’uomo –Prendi fiato, riordina i pensieri-
Ezio non ci mise molto a riprendersi, aveva fretta di risolvere le cose.
-Hanno arrestato mio padre e i miei fratelli. Questo è per voi- disse porgendogli il documento.
-Ah…ora capisco. C’è stato un malinteso Ezio-
Quasi il ragazzo non fece caso alla figura scura che passò dietro all’uomo.
-Rimedierò a tutto domani- continuò Alberti.
-Come?!- chiese Ezio disperato.
-I documenti che mi hai portato contengono prove di una congiura contro la tua famiglia e…e contro la città. Presenterò questi scritti domattina all’udienza e saranno liberati-
Il ragazzo tirò un enorme sospiro di sollievo.
-Vi ringrazio signore-
-Di nulla, figlio mio. Hai bisogno di un posto sicuro? Sei il benvenuto qui-
-No, grazie- rifiutò gentilmente –Ci incontreremo in piazza-
-Sta tranquillo Ezio, andrà tutto per il meglio-

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** L'ultimo rimasto ***


Scusate, scusate, scusate, ma da quando sono in vacanza sono stata davvero poco in casa. Questo capitolo è un po' corto, ma anche pieno di emozioni. Spero di riuscire a trasmettervele u.u

L’impazienza prese il sopravvento. Flora andava avanti e indietro davanti alla porta. Ezio aveva detto che sarebbe venuto. Doveva venire. Poi, quando ormai aveva perso le speranze, bussarono. Lei aprì prontamente e davanti non si ritrovò il solito Ezio sorridente e spavaldo, bensì un Ezio ansimante e vestito ad uno strano modo.
-Ezio che succede?-
-Hanno portato mio padre e i miei fratelli a palazzo Vecchio…in prigione-
-Cosa??? E perché mai??!!-
-Io…io non lo so…la casa era in disordine…e mia madre…mia madre è stata…-
Flora lo abbracciò forte, capendo che era sconvolto.
-Shh…calmati ora-
-Flora…cercano anche me-
La ragazza pensò in fretta. Che fare?
-Allora questa notte, dormirai qui. Io starò con mia madre e tu starai nel mio letto-
-No, te ne prego-
-Insisto-
Ezio la guardò per un po’. Sapeva di non avere altra scelta.
-D’accordo. Ma dormirò qui sul divano, non intendo farti scomodare-
-Affare fatto-
Subito lo fece entrare.
-Che hai fatto per tutto questo tempo?-
-Ho portato al gonfaloniere Alberti dei documenti fondamentali per la loro scarcerazione-
-Ma allora cos’è che ti turba? Grazie a te verranno prosciolti-
-Non lo so, ho una strana sensazione-
-Stai tranquillo-
La ragazza lo aiutò a togliersi l’abito bianco. Sentii che era pesante, non troppo per un ragazzo della taglia di Ezio, ma comunque troppo per essere un normale vestito.
-Dove lo hai trovato?-
-Tra alcuni oggetti di mio padre-
Flora lo poggiò su una sedia e fu in quell’istante che notò la spada insanguinata.
-Ezio…questo cos’è?- chiese indicando la lama macchiata.
-Sangue, mi sembra ovvio-
-Questo lo vedo. Intendevo chiedere…a chi appartiene?-
-Ad alcune guardie. Hanno provato ad uccidermi, non potevo permetterlo-
-E le hai uccise da solo?-
-Si, perché lo chiedi?-
-Avevi…avevi mai combattuto prima?-
-No mai. Avevo fatto a botte, certo, ma non c’era mai stato il bisogno di usare la spada-
La ragazza lo guardò a lungo. Aveva ucciso delle guardie, guardie allenate a combattere. Quel pensiero fece tornare il suo sguardo sull’abito e sull’emblema che esso riportava.
“Gli Assassini” pensò.
-Che c’è Flora?-
-Nulla…nulla-
 
Il mattino dopo, Flora sentii trafficare al piano di sotto.
-Già te ne vai?- chiese ad Ezio una volta raggiuntolo.
-Scusa, non volevo abbandonarti di nuovo. Non sono riuscito a prendere sonno tutta notte così ho deciso di andare in piazza-
-Non senza di me. Aspettatemi qui-
La ragazza tornò al piano di sopra per cambiarsi. Pochissimi minuti dopo tornò al piano terra, per accompagnare Ezio al proscioglimento.
Sentirono il tumulto della folla ancora prima di raggiungere piazza della Signoria. Non appena arrivarono, la ragazza capì subito che qualcosa non andava. Anche Ezio lo capì.
-Non capisco, perché hanno ancora il cappio attorno al collo?-
Flora teneva gli occhi incollati su Federico.
-Io…io non lo so. Forse il proscioglimento va fatto davanti a tutti-
-Giovanni Auditore- gridò Alberti rivolto alla gente –Voi e vostri complici siete stati accusati di tradimento. Avete delle prove da presentare a vostra discolpa?-
-SI! I documenti che vi sono stati consegnati la notte scorsa!- rispose subito Giovanni.
-Ehm…-il gonfaloniere si guardò attorno, per controllare che nessuno si stesse insospettendo. Ma i due giovani lo erano, lo erano eccome.
-Temo di non sapere nulla di tali documenti-
Ezio non ce la faceva più.
-STA MENTENDO!-
Nessuno lo sentì, così, preso dal panico, iniziò a spintonare a destra e a manca per arrivare sotto al palco. Flora provò a prenderlo per la veste, ma non ci fu verso di farlo ragionare.
-In assenza di qualunque prova contraria alle accuse- continuò Alberti –mi vedo costretto a dichiararvi colpevole!-
“No, Signore, no!” pensò la ragazza, che cercava di raggiungere Ezio.
-Voi e i vostri collaboratori verrete per tanto condannati…a morte!-
Il piccolo Petruccio guardava il padre, sperando in un miracolo. Federico invece non muoveva ciglio. Teneva la testa bassa.
-FEDERICO!- gridò Flora.
Il ragazzo la guardò. Per un attimo, solo per un attimo, sorrise guardandola dritta negli occhi. “Mi dispiace” lesse dalle sue labbra.
-SEI TU IL TRADITORE UBERTO! SEI UNO DI LORO! OGGI POTRAI ANCHE TOGLIERCI LA VITA, MA AVREMO LA TUA IN CAMBIO!-
E mentre Ezio continuava a correre, Flora notò il lieve cenno della mano di Alberti. Sapeva cosa significava.
-LO GIURO, NOI TI…-
Le parole di Giovanni furono spezzate. Fu la stretta del cappio a bloccargli il respiro. Flora sentì un tuffo al cuore. Sperava che Federico avesse capito. Tutto attorno a lei rallentò. Fissava il punto in cui prima i tre Auditore erano vivi e vegeti.
-PADRE!- gridò Ezio trattenendo le lacrime.
-Laggiù!- disse il gonfaloniere –Prendete il ragazzo, è uno di loro!-
Due guardie cercarono di bloccarlo, ma lui si divincolò.
-Ti ucciderò per ciò che hai fatto!-
Prontamente sguainò la spada e si piazzò davanti a Flora, che ormai lo aveva raggiunto.
-Guardie! Arrestatelo!-
Flora sapeva che non era lucido, che non ce l’avrebbe fatta. E il suo timore si fece concreto, quando una guardia enorme e dall’aria minacciosa gli si parò davanti. Questa cercò di colpirlo con l’ascia. Lui riuscì a pararsi con la spada, che però si ruppe a metà.
-Uccidetelo- ordinò Alberti.
-Ezio! Corri!- gridò allora Flora spingendolo via dalla folla.
Per un attimo lui la guardò, poi capì che in quel momento non poteva pensare a lei. E allora corse. Corse come non aveva mai fatto. Corse senza una vera meta. Pensò solo a salvarsi la pelle. Fu quando non sentì più la voce delle guardie, che si infilò in un mucchio di fieno aspettando che lo superassero perdendolo di vista.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Lezioni di invisibilità ***


E come sempre devo chiedee il vostro perdono, nonostante non lo meriti. Giuro che vorrei scrivere più spesso, ma non ci riesco. Tutto quello che vi posso giurare, è che non smetterò mai di scrivere per quanto la mia lentezza non conosca limiti. Spero che tutto questo aspettare aiuti a farvi leggere con più voglia i miei capitoli. Scusatemi ancora u.u

Anche Flora correva. Correva verso casa. Se non la stavano cercando, l’avrebbero fatto presto. Davvero presto. Quando raggiunse il portone, lo trovò spalancato.
-Madre?-
Fu quello il suo primo pensiero, perché ne era certa: ormai sapevano. La casa era in ordine, immacolata. Ma da sua madre nessuna risposta.
-Madre?- chiese, questa volta con più ansia nella voce.
Dalla cucina sentì un gemito, seguito da un lieve soffio di voce.
-Flo…ra?-
Subito la ragazza raggiunse la madre nell’altra stanza. Susanna era immersa nel suo stesso sangue. Flora le andò incontro piangendo.
-No, no, no. Madre, che v’hanno fatto?-
-A…amore mio…- le parole uscivano a fatica dalle sue labbra -…sai…sai che devi fare-
La ragazza non aprì bocca. Non ci riusciva. Ancora in lacrime, fece cenno di si con la testa. E proprio in quel momento entrò Ezio.
-Flora…-
Lei con la mano gli fece cenno di attendere. Si chinò lentamente sulla madre e le sussurrò qualcosa all’orecchio.
-Requiescat in pace-
Dopodiché si alzò da terra, asciugò le lacrime con una manica del vestito e, assunta un’aria seria, si rivolse a Ezio.
-Aspettami qui. Devo prendere una cosa-
Ezio non aveva idea di cosa stesse accadendo, ma aveva capito che Flora sapeva sicuramente più di lui, così le ubbidì.
Passarono pochi minuti e la ragazza tornò di sotto: indossava un abito molto simile a quello di Ezio. Anzi, era praticamente identico, solo meno agghindato e più femminile.
-Hai un posto dove andare? Qui non siamo al sicuro-
Era completamente diversa dalla Flora dei giorni precedenti.
-Si, ma dovremo passare inosservati-
-Questo non dovrebbe essere un problema-
Correndo a più non posso, ma anche cercando di non dare troppo nell’occhio, i due giovani si diressero verso casa di Ezio. Là avrebbero dovuto incontrare Annetta.
La donna, presa ancora dall’agitazione, corse loro in contro.
-Ser Ezio! Grazie a Dio, vi ho cercato dappertutto-
Ezio non si era ancora ben ripreso dall’accaduto. L’unica che pareva davvero distaccata dagli eventi era Flora.
-Io…non sono riuscito a fermarli, Annetta. Ci ho provato, lo giuro, ma…ma c’erano tante di quelle guardie-
-Vi prego, venite con me. Bisogna che vi togliate dalla strada-
-E mia madre e mia sorella?-
-Sono in salvo, vi conduco io da loro-
-No! E’ pericoloso muoverci insieme. Dimmi dove devo andare, ci vedremo lì-
-Da mia sorella, appena a nord del Duomo-
-Andiamo subito-
La donna si allontanò di fretta, per non far capire che stava con loro. Il ragazzo aveva già cominciato a camminare, quando Flora lo fermò.
-Fermo, è meglio muoversi fra i tetti-
-Fra i tetti?-
-Oh, andiamo Ezio! Ho visto come ti sei arrampicato per prendere quella piuma, non vorrai fare lo schizzinoso proprio ora?-
Stava ancora finendo di parlare, che si arrampicò sul muro più vicino e in pochi secondi raggiunse il tetto.
-Io non sono schizzinoso!- disse lui seguendola.
Dall’alto potevano vedere Annetta, la quale camminava come se niente fosse. Si mossero indisturbati per quasi tutto il tragitto, ma quando furono nei pressi della casa della sorella di Annetta, incontrarono una guardia. Questa non li vide, poiché era voltata altrove. Quella però era l’unica strada.
-Sai usare la tua lama?- chiese Flora
-Potrei…- rispose Ezio estraendola -…ma credo sarebbe inutile-
La lama era infatti spezzata a metà e quindi inutilizzabile.
-Allora ci penso io-
La ragazza arrivò molto discretamente alle spalle dell’uomo senza emettere alcun fiato. E non appena gli fu a pochi centimetri di distanza, si alzò e con uno scatto fulmineo gli conficcò la lama nella schiena, tappandogli la bocca perché non avvertisse nessuno. Delicatamente pose il corpo senza vita a terra, perché non cadesse di sotto, controllò se aveva del denaro con se poi proseguì, scendendo indisturbata dall’edificio. Ezio la seguì dopo aver superato il trauma.
Annetta li aspettava davanti alla porta e quando la raggiunsero, bussarono alla porta, nonostante non fosse chiusa a chiave. Attorno a loro, notarono subito che le donne non erano vestite come di consueto. I loro vestiti erano sensuali: le gonne stavano sopra al ginocchio e le scollature non lasciavano nulla all’immaginazione.
-Forse abbiamo sbagliato casa- disse Ezio, con un aria stranamente innocente.
-No…no è quella giusta- rispose Annetta.
Flora non era per niente sconvolta, dopotutto sapeva benissimo che alcune ragazze non potevano guadagnarsi da vivere in altro modo, se non lavorando in un bordello. Era quasi affascinata dalla naturalezza con cui si muovevano pur essendo mezze nude in presenza di un uomo. Lei aveva quella sicurezza solo con Ezio.
Mentre si guardavano attorno, sbucò da un paravento, una donna molto più matura delle altre e anche molto più vestita, ma comunque bellissima. Dalla scollatura, che osava comunque più del normale, Flora capì che quella doveva essere la tenutaria del bordello, nonché la sorella di Annetta. Non appena apparve, Ezio sfoderò un sorriso malizioso, quello che a Flora piaceva tanto. Quella volta però la fece ridere: stava sbavando dietro a una donna visibilmente più grande di lui.
-E’ un piacere fare la vostra conoscenza, Messer Ezio. Annetta parla molto bene di voi…ora capisco perché-
-Apprezzo le vostre cortesi parole, Madonna…-
-Ti prego, chiamami Paola-
-Grazie per l’asilo offerto alla mia famiglia, Paola-
-Era il minimo che potessi fare. Devi essere stanco, magari vuoi…-
Flora sapeva cosa gli stava offrendo e si era anche accorta che nessuno là in mezzo la notava. Ma i suoi nervi si placarono, quando Ezio rifiutò le cortesie di Paola.
-Non posso restare- aggiunse
-Perché? Dove vuoi andare?-
Paola era una cortigiana, ma i suoi modi di fare ricordavano più quelli di una madre.
-A uccidere Uberto Alberti- le rispose Ezio, con la voce piena di odio.
-Comprendo il tuo desiderio di vendetta, ma il gonfaloniere è un uomo potente- disse Paola mettendolo in guardia –E tu non sei un sicario…-
-Risparmiami la predica!-
-…ma posso far si che lo diventi-
-E perché dovresti insegnarmi a uccidere?-
-No,no. Io vi insegnerò a sopravvivere. Venite-
I due giovani seguirono Paola nel retro del bordello. Là c’erano due gruppi di ragazze, tutte sorridenti e ammaliate da Ezio. Dopotutto, chi non lo era?
-La discrezione è la chiave del mio mestiere- spiegò Paola –Dobbiamo aggirarci liberamente per le strade, viste, ma non viste. Anche voi dovete imparare a nascondervi tra la folla. Le mie ragazze vi spiegheranno come-
A turno, Ezio e Flora, si posizionarono all’interno dei gruppi di cortigiane. Paola spiegò loro che a quel modo potevano sembrare degli uomini “ben accompagnati”. Anche Flora infatti, con il cappuccio che le copriva la testa, poteva essere scambiata per un ragazzo. Allo stesso modo però, dovevano riuscirci in mezzo alla folla, sembrare sei semplici passanti. Così seguirono Paola all’esterno: dovevano seguirla senza farsi notare. Flora era agilissima, sembrava che si fosse sempre spostata a quel modo. Ezio, anche se un po’ impacciato, era molto bravo. Solo per un attimo qualche guardia lo notò, ma poi cambiarono strada.
-Bene!- esclamò la donna quando furono nuovamente sotto la pensilina della Rosa in Fiore –Ora che avete appreso a passare inosservati, vi mostrerò come servirvene per fare più che spostarvi…vi insegneremo a rubare-
Il ragazzo non sembrava molto convinto. A Flora invece venne in mente quando era più piccola e i suoi non avevano ancora lavoro. Molte volte le era capitato di rubare qualcosa dalle bancarelle di mercato vecchio, ma mai aveva rubato soldi alla gente. Fu lei a cominciare. Passò accanto a una delle ragazze come se nulla fosse e, nonostante l’agitazione, riuscì a rubarle qualche fiorino. Non li prese tutti, perché sapeva che dava molto più nell’occhio. Poi fu la volta di Ezio. Fece le stesse mosse, forse perché si era accorto che Flora era davvero brava. Quando si fu allontanato però, la cortigiana iniziò a gridare.
-Al ladro, al ladro!-
-Aiuto! Qualcuno lo fermi- disse un’altra.
Poi scoppiarono tutte a ridere, anche Flora. Il ragazzo era quasi terrorizzato, poi sorrise.
Paola batté le mani.
-Potete andare, ragazze-
-Mh, dobbiamo proprio?- chiese una.
-E’ così carino…-
-Da mangiarlo-
Ezio era sicuramente soddisfatto del suo fascino, ma quando incontrò lo sguardo di Flora, abbassò la testa, anche se lei non era arrabbiata. Lo stava solo prendendo in giro. La ragazza entrò con le altre, aveva percepito che Paola doveva parlargli di qualcosa di importante.
-Ora che hai imparato ad avvicinarti al nemico- continuò Paola –dobbiamo trovarti un’arma adatta-
-Quale mi consigli di usare?-
-Ah, ma tu conosci già la risposta- disse porgendogli la lama celata.
-Ehi, la lama e la polsiera di mio padre…come le hai avute?-
La donna rise.
-Con le stesse abilità che ti ho appena insegnato-
-Non è proprio in condizioni perfette-
-Immagino che tu conosca Leonardo da Vinci?-
-Si…ma che centra un pittore con tutto questo?-
-E’ molto più di un pittore…portagli i pezzi e vedrai…-
Prima di uscire, il ragazzo andò da Flora, che stava all’ingresso.
-Vieni con me?-
-No, Ezio. Sono questioni che riguardano solo te queste. Quando ti sarai vendicato e la tua rabbia si sarà placata almeno un po’, combatteremo di nuovo assieme. Per ora ti aspetterò qui-
-A più tardi amore mio-

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Vendetta...Giustizia ***


Pensavate che mi fossi dimenticata di voi vero? E invece nooooo ^^ Ho pensato così tanto a voi che ho perfino creato una pagina facebook!!! --> http://www.facebook.com/pages/Floras-secret/309904042440138?skip_nax_wizard=true
Per ora è una pagina un po' spoglia, ma vi aspetto comunque numerosi :)

Ezio bussò alla porta e, senza aspettare che Leonardo rispondesse, entrò.
-Ah, Ezio Auditore!- disse accogliendolo gioiosamente –Non…non mi aspettavo certo di rivederti dopo…tutto quello che è successo-
Dopo quell’attimo di tristezza, il giovane artista , riprese con il suo solito fare allegro.
-Ahhh, perdona i miei modi. Bentornato!- disse dunque abbracciandolo forte.
Ezio non aveva ancora spiccicato parola, ma d’altronde Leonardo parlava parecchio.
-Bene, che posso fare per te?-
Finalmente si zittì, aspettando una risposta del ragazzo.
-Speravo che potessi ripararmi una cosa-
-Ma certo! Vieni. Di qua-
L’euforia di Leonardo non veniva mai meno e anche il più piccolo incarico lo rendeva felice come un bambino.
-Ah, che confusione- disse fissando un tavolo da lavoro –Qui non si trova mai nulla. Lasciami fare un po’ di spazio-
In fin dei conti Ezio era divertito da quel suo comportamento. Lo guardava spostare oggetti con gran foga e tutto quello che gli veniva da fare era ridere.
-Va bene, vediamo-
Ezio posò la lama sul tavolo. L’artista la fissò per un po’ e ne rimase estasiato.
-Affascinante. Non saprei Ezio, nonostante gli anni la meccanica è piuttosto avanzata. Non ho mai visto una cosa simile. Temo di non poter far molto senza i progetti originali-
Il ragazzo, ormai rassegnato, stava già per riprendere l’arma inutilizzabile, quando Leonardo fece uno scatto, spostò i pezzi e trovò la pergamena che li accompagnava.
-Aspetta un istante!- gridò.
Srotolò dunque il papiro.
-Che stai facendo?- chiese l’assassino.
-Il contenuto di questa pagina è cifrato, ma se la mia teoria è corretta…in base a questi schizzi potrebbe benissimo…-
-“Potrebbe benissimo” cosa?-
-Siediti- lo intimò l’uomo.
-Leonardo!-
Ezio provò a capirci qualcosa, ma Leonardo lo zitti. Così ubbidì e si sedette. Lo ascoltò blaterare qualcosa, ma erano cose così incomprensibili, che presto si addormentò.
 
-Fatto! L’ho finita-
Fu la frase che lo risvegliò. Ezio guardò Leonardo un po’ contrariato e mugugnò un po’.
-Mh? Finita cosa?-
-La lama. Sono riuscito a decifrare la tua pergamena. Mi ha indicato esattamente cosa fare-
Il ragazzo stava per prendere la sua arma, ma il pittore tirò fuori una mannaia.
-Ora non rimane che tagliarti l’anulare-
-Veramente?-
-Mi duole, ma…è così che dev’essere fatto. La lama è pensata per garantire la dedizione di chiunque se ne serva-
Ezio esitò per qualche secondo, poi, poggiò l’anulare sul tavolo.
-Bene, fa alla svelta-
Leonardo alzò il coltello e l’assassino chiuse gli occhi, ma quando sentì il rumore del metallo che si conficca nel legno, poteva benissimo sentire che il suo anulare era ancora attaccato alla mano.
-Stavo solo scherzando- disse Leo ridacchiando, probabilmente non notando l’espressione contrariata di Ezio –Anche se un tempo la lama richiedeva un sacrificio è stata modificata, puoi tenerti il dito-
Ora era pronto. Ringraziò il suo amico pittore dalle mille risorse, il quale gli chiese di portargli altre pergamene simili a quella della lama celata se ne avesse trovate. Era sul punto di uscire e tornare al bordello, quando una guardia bussò rabbiosa alla porta.
Ezio rimase in un angolino: sapeva che cercavano lui.
-Sei tu Leonardo da vinci?- chiese la guardia.
-Si, come posso servirvi?-
-Voglio che tu risponda a qualche domanda-
-Certamente-
I due uomini uscirono nel giardino che stava accanto alla bottega. Il ragazzo non si mosse. Pensava che Leonardo avrebbe trovato il modo di liberarsi dell’uomo, così rimase dentro per non farsi scoprire. Ma quando dopo diversi minuti, non sentì l’amico tornare, capì che qualcosa non andava. Dunque che aspettava? Ora era armato, poteva batterlo.
Silenziosamente, come aveva visto fare a Flora, uscì e arrivò dietro alla guardia, che stava massacrando Leo di botte. Gli tappò la bocca e lo trafisse con la lama. Ce l’aveva fatta, lo aveva ucciso. Non come quando aveva ucciso le guardie fuori casa sua, là lo aveva fatto preso dall’agitazione, non si era soffermato sulle sue azioni. Ma quella volta ci aveva pensato bene e aveva sentito chiaramente il sangue caldo colargli sui vestiti.
 
Più tardi il giorno stesso, raggiunse piazza Santa Maria Novella1. Nel giardino della chiesa si sarebbe tenuta la mostra del Verrocchio e Uberto Alberti vi avrebbe partecipato. Il problema principale era entrare. Gli archi da cui accedere erano due ed entrambi erano protetti da omoni enormi armati d’ascia. Per un attimo Ezio ripensò al suo insuccesso contro uno di loro quando aveva provato a salvare la sua famiglia. Scrollò dalla mente quel pensiero e iniziò a elaborare un piano. Doveva esserci un modo per entrare. Poi notò un gruppo di ragazze: erano alcune delle cortigiane di Paola. Fece loro un cenno e queste, senza chiedere alcunché, lo circondarono. Tutti assieme si diressero verso uno degli archi e, quando furono a pochi passi, le ragazze attirarono a se le due guardie.
Era dentro. E proprio in fondo al suo campo visivo, c’era lui: il traditore. Stava parlando con degli aristocratici. Stava insultando la sua famiglia. Poté ascoltarlo stando nascosto in un gruppo di persone.
-Non me lo sarei mai aspettato da Giovanni- diceva.
-Se lo meritavano! E’ un bene che gli auditore siano morti- rispose una donna.
Non poteva più aspettare. Uscì dal suo nascondiglio e non ci volle molto prima che Uberto lo vide.
-Tu?-
Non gli lasciò aggiungere altro. Lo trafisse più e più volte con la lama celata, straziando il suo petto con foga.
-Tu avresti fatto lo stesso…per salvare coloro che ami- disse in fin di vita.
-Si, certo- rispose Ezio –E l’ho fatto-
E non appena il gonfaloniere spirò, il giovane si rivolse alle altre persone.
-GLI AUDITORE NON SONO MORTI! IO CI SONO ANCORA! IO! EZIO, EZIO AUDITORE!-
Le guardie si fecero avanti per catturarlo, ma lui era già sparito.
 
---
Paola era entrata nella stanza che aveva assegnato a Flora e la ragazza non se n’era minimamente accorta.
-Sei preoccupata?-
Sobbalzò leggermente quando la donna parlò.
-Mh? Per cosa?- chiese come se non sapesse.
-Per Ezio, mi sembra chiaro-
-Non molto. Lui ancora non lo sa, ma diventerà un grande assassino-
Lo sapeva perché era sempre stato nel sangue degli Auditore, o almeno così le aveva detto sua madre.
Proprio in quel momento sentirono dei gridolini di gioia da parte delle ragazze al piano di sotto.
-Ne deduco che sia arrivato- disse ridendo la tenutaria del bordello.
 
Ezio non provava nemmeno a togliersi di dosso le ragazze. Perché farlo quando lo riempivano di complimenti e moine? Ma non appena vide Flora scendere le scale, sembrò entrare in un altro mondo. Si aprì la strada tra le cortigiane e la raggiunse tendendole la mano.
-Bentornato- gli disse afferrandolo per la mano.
Subito lui la tirò a se e la baciò profondamente, suscitando un “ooohhh” da parte di tutte le ragazze.
Dopo quel bellissimo bacio, si avviarono al piano di sopra. Quando furono nella stanza, Flora lo aiutò a togliersi la veste, che ormai doveva pesargli parecchio.
-Come ti senti?-
-Mai stato meglio-
Era felice che si fosse ripreso un minimo.
Dovettero parlare di cose importanti, in particolare di cosa avrebbero fatto ora che Alberti era fuori gioco. Flora sapeva che dietro a tutti i loro problemi non c’era solo lui. Ezio no, a quanto pareva. Il suo piano era stare un paio di giorni dallo zio a Monteriggioni e dopodiché partire per la Spagna. La ragazza era poco convinta, ma fece comunque cenno di si quando lui disse che l’avrebbe portata con se.
-Inoltre domani mattina, prima di partire, dovrò seppellire la mia famiglia-
-Non se ne parla. Se vuoi farlo andremo sta notte. E più sicuro aggirarsi col buio-
 
Più tardi, quando il buio ormai ottenebrava Firenze, Flora ed Ezio, in veste d’assassini, uscirono e si diressero verso il luogo in cui erano stati brutalmente scaricati i corpi degli Auditore uccisi il giorno prima. Là vi trovarono…Cristina.
-Voi che ci fate qui?- chiese Flora minacciosa.
-L’ho chiamata io- rispose tranquillamente Ezio.
-E perché mai?-
-Ci aiuterà a distrarre le guardie. Fingerà di aver perso di vista un bambino e noi nel frattempo porteremo i corpi su di una piccola imbarcazione-
-Devi stare calma, Flora-
Cristina non avrebbe potuto pronunciare parole più sbagliate. Flora estrasse la lama e gliela puntò in viso.
-Non ditemi di stare calma e soprattutto non datemi del tu-
-Ehi, ehi, ehi- Ezio si fiondò tra le due ragazze e bloccò subito il braccio di Flora –Non fare così-
La ragazza, guardandolo negli occhi, non poteva fare altro che ubbidirgli.
Il piano funzionò alla perfezione. Tramite la barca portarono i corpi il più lontano possibile, dove nessuno li avrebbe trovati e, probabilmente, nemmeno cercati. Dopo una breve cerimonia, Ezio si rivolse a Cristina.
-Addio- disse secco.
-A…addio?- chiese lei incredula.
-Domani mattina partiremo per sempre. Se mai dovessi tornare sarà troppo tardi ed è mia intenzione tenerti al sicuro da questa faccenda. Dunque, addio-

Cherrie's notes 
1. so che prima tornerebbe da Paola, ma non mi è sembrata una parte fondamentale u.u

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Monteriggioni ***


Come al solito scusatemi, ma il cambio vacanze-scuola è stato traumatico. Spero di rifarmi al più presto u.u

La mattina dopo partirono, ma a piedi. Avevano stabilito che i cavalli avrebbero attirato troppo l’attenzione, soprattutto perché avrebbero dovuto rubarli. Flora era ancora turbata dagli eventi della notte precedente.
-Perché non parlate?-
-Non voglio sprecare fiato-
Ezio sapeva che era arrabbiata e forse anche triste.
-L’ho chiamata perché ci aiutasse-
-L’hai chiamata per dirle addio!- gridò, mantenendo però un tono che non permettesse alle altre due donne di sentire.
-E anche se fosse? E’ comunque una persona a cui ho voluto bene-
La ragazza sbuffò, girò la testa dall’altra parte e ricominciò a non dire nulla. Così il ragazzo trovò un altro argomento.
-Piuttosto. Non avete detto nulla riguardo a…mio fratello- lo disse a fatica.
La rabbia stava svanendo nel cuore della ragazza. Ora la tristezza lo riempiva. Ripensò per un momento a Federico, alle smancerie che le aveva riservato, all’ultimo sguardo che si erano dati…alla sua richiesta di matrimonio. Le mancava, si, ma Ezio era ancora in vita e lei sapeva che il suo grande amore era sempre stato lui.
-Avrei voluto salutarlo un’ultima volta e fargli sapere che non era mia intenzione usarlo-
-Io…io credo che lo sapesse…ti mancherà?-
-Così come mancherà a tutti voi- disse riferendosi anche a Claudia e Maria –Ma ora ho te…sempre che tu non preferisca Cristina-
-Ora basta, Flora! Io mi sono innamorato- disse piazzandosi davanti a lei –Innamorato di voi-
Adorava le sue dolcezze.
 
Ci volle un’intera giornata per arrivare nei pressi di Monteriggioni.
-Finalmente!- esclamò Claudia, ormai esausta.
Affrettarono il passo, non vedendo l’ora di arrivare. Ma qualcuno sbarrò loro la strada. Quel qualcuno…era Vieri.
-Bene, bene, bene. La famigliola felice…o almeno quello che ne rimane- disse ridendo fragorosamente.
A suo seguito c’erano diversi soldati e Ezio sapeva di non essere ben armato contro di loro. Tenne pronta la lama celata, per difendersi nel caso in cui avessero attaccato. Flora invece sguainò la spada, pronta ad ucciderli.
-Non avvicinatevi, verme!-
-Questa voce…questa voce soave…bella Flora!-
La ragazza calò il cappuccio, mostrandosi a Vieri.
-Ma bravo. Ora volete un premio?-
-Fatevi da parte, puttana! Non sono qui per voi, non oggi- disse, poi si rivolse alle guardie -Uccideteli…tutti quanti-
Ezio difese la sorella e la madre, non poteva perdere anche loro. Flora scatenò l’assassina che era in lei, così come era successo il giorno prima. Combatterono fino allo stremo, rischiando anche di essere soggiogati. Ma proprio quando sembrava finita, qualcuno arrivò in loro aiuto. Gli uomini di Vieri si accasciarono a terra all’improvviso, o così sembrò. In realtà erano state delle frecce a colpirli.
-Che stregoneria è mai questa?- gridò l’esile templare, spaventato.
-Nessuna stregoneria- urlò qualcuno ridendo –Abilità!-
-Fatti vedere!-
-Come desideri-
Un uomo piuttosto grosso, sbucò da una collinetta lì vicino, disarmando Vieri. Poi passò la spada ad Ezio.
-Prendi, usa questa-
-Uccideteli! Uccideteli tutti!!!- gridò nuovamente Vieri, ormai fuori controllo.
Ma il loro alleato gli corse contro a spada sguainata e lui fuggì via terrorizzato, lasciando i soldati a se stessi. Senza un capo, furono facilmente sconfitti e finalmente Ezio e Flora poterono parlare col misterioso aiutante.
-Vi ringrazio, Messere- disse il ragazzo restituendo la spada all’uomo.
Lui però non la accettò.
-Tieni la spada, Ezio-
Sapeva il suo nome…
-Vi ho già visto altrove?-
-Non mi riconosci? Sono io! Mario!-
-Zio Mario?-
Prima che potesse rendersi conto di aver trovato il suo parente più prossimo, quest’ultimo lo abbracciò forte, tanto che emise un gemito di dolore, e lo sollevò perfino da terra.
-Ne è passato di tempo! Troppo- osservò l’uomo.
Poi sospirò, incupendosi un momento.
-Ho saputo quanto è successo a Firenze…è terribile. Venite, dobbiamo condurvi via di qui-
Così si avviarono verso il piccolo paesino. Mentre erano per strada, Mario notò che c’era una donna di troppo.
-E questa bella fanciulla?-
La ragazza arrossì. Cosa gli avrebbe risposto Ezio? Dopotutto tra di loro non c’era nulla di ufficiale.
-Lei è Flora- rispose lui –La…la mia fidanzata-
-E’ un piacere conoscervi- disse dunque lei chinandosi verso Mario.
-Il piacere è mio- rispose Mario, facendole il baciamano –E ora vi prego, seguitemi-
Monteriggioni non era sicuramente nel suo momento di splendore. Si capiva infatti che doveva essere stato un bellissimo paese un tempo, ma in quell’istante non lo era affatto.
-E’ un borgo povero e non sempre posso permettermi di restaurarlo- disse Mario notando gli sguardi dei familiari –Allora, che intenzioni avete?-
-Ci fermeremo un paio di giorni, per riposarci. Poi ripartiremo- disse Ezio.
-Lascia che almeno ti istruisca in combattimento-
-Non c’è tempo-
-Oh, andiamo Ezio! Contro gli uomini di Vieri te la sei cavata a malapena-
-Tuo zio ha ragione- si intromise Flora –Devi imparare, non sei bravo come credi-
-Come prego?-
La ragazza abbassò la testa e rise leggermente.
-La tua amica- aggiunse Mario riferendosi a Flora –mi sembra un’avversaria perfetta per allenarti-
Così, il giorno stesso, dopo che li ebbe fatti accomodare in casa per posare le poche cose che avevano, iniziarono l’allenamento. Non indossarono alcuna armatura, solo camicia e pantaloni.
-Molto bene. La prima cosa da imparare- disse Mario lanciando due spade agli assassini –è schivare. Quando il nemico colpisce dovete essere pronti a salvarvi la pelle-
Successivamente si piazzò davanti a Flora.
-Da quando ti ho vista, ho capito che sei portata per queste cose. Facciamo vedere a mio nipote come si fa-
Si misero entrambi in posizione di difesa, ginocchia piegate, braccia in avanti e spada in diagonale1. Girarono intorno per qualche minuto, finchè Mario non si scaraventò su di lei. Flora però si lanciò prontamente all’indietro, senza perdere né equilibrio né concentrazione.
-Così si fa!- gridò Mario contento –Ora tocca a te, nipote. Prego-
I due giovani non si staccavano gli occhi di dosso. Si guardavano maliziosi. Quando furono entrambi al centro dell’arena, un mercenario gridò.
-In posizione-
Si misero nuovamente in posizione di difesa. Era la ragazza a dover iniziare e non esitò minimamente, anche se amava Ezio.
-Ehi, vacci piano!- disse Ezio sorridendo e schivando il colpo per un soffio.
-Non faccio favoritismi, Ezio- rispose lei ricambiando il sorriso.
Si muoveva di continuo e rigirava la spada nella mano. Poi quando si accorgeva che il ragazzo perdeva la concentrazione, lo attaccava di nuovo. Lui schivava ogni colpo, ma solo all’ultimo momento, e ciò in battaglia poteva essergli fatale.
-Devi metterti in testa che io sono il tuo nemico ora! Non sono solo una bella ragazza di cui puoi guardare il corpo-
Il ragazzo si fece serio. Flora aveva ragione: non era un gioco.
-Sono pronto-
Così la ragazza sferrò un colpo dopo l’altro: dal basso, dall’altro, da destra, poi sinistra e infine fece un affondo. Ezio li schivò uno ad uno senza problemi.
La risata fragorosa di Mario riecheggiò nell’aria.
-Ce l’hai nel sangue nipote!-
I due amanti non smettevano di combattere e anche Ezio aveva iniziato ad attaccare. Ad un certo punto fece per colpire Flora dall’alto e lei, invece di spostarsi, si riparò con la spada. Avevano i visi separati solo dalle loro armi e il ragazzo si lasciò distrarre.
-Siamo parecchio sudati. Non credi sia ora di fermarci e fare un bel bagno? Magari assieme…-
Flora ne approfittò per spingerlo a terra e bloccarlo, salendogli sopra e puntandogli la lama alla gola.
-Ci sto- disse poi rialzandosi e dirigendosi verso la villa.
Per un attimo Ezio rimase allibito, poi scoppiò a ridere.
 
Poco più tardi, Flora andò nella stanza della vasca. Qualcuno l’aveva già preparata con acqua calda. La fanciulla si tolse, un po’ a fatica, gli stivali. Poi slacciò le braghe e le lasciò a terra. Infine si sfilò la camicia e la adagiò accanto alla vasca.
Lentamente si calò nell’acqua, accorgendosi che era anche profumata. Iniziò a lavarsi via la sabbia di dosso. Che silenzio…che pace. Non c’era il fracasso del mercato. Non c’era il signore che sbraitava perché voleva delle determinate rose. Non c’erano più i fiori. Non c’era più sua madre. Stava davvero male se ci pensava, ma in fin dei conti lo sapeva. Sua madre gliene aveva sempre parlato.
Mentre stava a occhi chiusi e pensava al passato, qualcuno la raggiunse.

Cherrie's notes 
1. non so se sia giusta, diciamo pure che me la sono inventata xD

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Alleati nemici ***


Perdonatemiiiiii ç.ç sono una pessima scrittrice lo so, ma ho mille e mille impegni a causa della scuola e non solo. Inoltre questa settimana sembrava che il mio computer non volesse farmi pubblicare: continuava a cancellarmi i salvataggi del testo! Ma ora eccolo qui, come sempre non troppo lungo ma piuttosto ricco (spero). Godetevelo :)

-Ben arrivato- disse senza nemmeno vederlo arrivare.
-Come hai fatto a capire che ero io?-
-Abilità acquisita col tempo: i passi di ogni individuo producono un suono differente-
Quando aprì gli occhi, si trovò davanti il ragazzo, completamente svestito.
-Diamine, che visione- esclamò ridacchiando.
Ezio si chinò accanto alla vasca, così da poterla baciare. Profondamente. Flora amava quei baci, baci che non aveva mai scordato.
-Mi siete mancata- disse tra un bacio e l’altro.
Poi la raggiunse nella vasca. Si baciarono, si accarezzarono, si toccarono. Ma Ezio si fermò all'improvviso.
-Ho bisogno di sapere una cosa-
-Dimmi pure-
-So che non è affar mio, ma ho una domanda che mi perseguita da un po’…tu e Federico…si insomma…avete mai…?-
La ragazza sorrise leggermente, ripensando al primogenito degli Auditore.
-No, Ezio. Tuo fratello era un vero gentiluomo. Non siamo mai andati oltre il bacio-
Ezio la strinse forte.
-Scusami. Non volevo fartici pensare-
-Non fa nulla. I ricordi sono tutto quello che abbiamo, la sola cosa che nessuno può portarci via-
Il ragazzo riprese a baciarla. Sempre più profondamente. Fecero di nuovo l’amore, ma non fu come la prima volta. C’era qualcosa di particolare. Qualcosa di nuovo.
 
Quando quel particolare bagno si concluse, Flora si sedette davanti al caminetto in modo da asciugarsi. Per fare prima raccolse anche i capelli in una coda di cavallo.
-Sei meravigliosa-
-Smettila di elogiarmi o inizierò a pensare che lo fai per ottenere qualcosa-
-Non mi serve elogiarti per ottenere ciò che voglio- disse ridacchiando mentre si rivestiva.
-Non hai tutti i torti-
La ragazza indossò della biancheria pulita. Ezio l’aveva presa tra le cose di sua madre; Claudia era troppo tracagnotta rispetto a lei.
-Sei sicuro che a Maria non darà fastidio?-
-Se anche fosse, non credo ce lo direbbe-
Maria era in una specie di trance da quando aveva subito violenza. Non parlava e fissava il vuoto. Flora credeva stesse aspettando qualcosa.
-Vedrai che starà bene…un giorno- disse abbracciando il ragazzo.
Lui sorrise lievemente.
-Ti ringrazio amore mio- rispose baciandola sulla fronte.
-Senti…- aggiunse allontanandosi lentamente da lui e guardandolo poi con un sopracciglio alzato -…parlami di quando ci siamo fidanzati-
-Oh…quello…si, beh…non potevo certo dirgli che sei la mia amante-
-Amante? Pensavo di essere l’unica donna per te-
-Amante…- disse riprendendola fra le braccia con più veemenza -…nel senso che ami con tanta passione-
-Oh, messer Ezio così arrossisco-
Stavano per baciarsi quando entrò Claudia.
-Ezio, zio Mario ti…oh, Gesù! Cosa state facendo?!- gridò coprendosi gli occhi.
Ezio sbuffò, leggermente divertito, e Flora sghignazzò a testa bassa.
-Sorella, sono cose normali. Ancora ti scandalizzi?-
-Si! Si, mi scandalizzo! Scendi giù che zio t’aspetta!- gridò uscendo, ancora sconvolta.
-Fose- disse Flora –dovresti andare, magari è importante-
-D’accordo, ma quando tornerò, riprenderemo da dove ci siamo lasciati-
-Non vedo l’ora-
Così la ragazza fu nuovamente sola. Con calma si rivestì, mettendo i vestiti da uomo che indossava solitamente sotto la veste da assassina.
 
-Zio, mi cercavate?- chiese Ezio, non appena si trovò nello studio di Mario.
-Si. Vorrei che facessi un allenamento speciale, da solo-
-Ora???- 
-Certo che no- rispose l’uomo ridendo –Tra qualche giorno, dopo che tu e Flora sarete migliorati, farò un allentamento speciale. Solo io e te-
-Certamente-
-Mi scuso per averti sottratto del tempo, puoi tornare ai tuoi impegno-
-Non fa nulla. Chiamatemi pure se avrete nuovamente bisogno-
Il fatto che Mario volesse un allenamento privato con lui fece pensare a Ezio che volesse parlargli di qualcosa di importante. Poi quel pensiero fu sostituito dalla voglia di riprendere quello che aveva interrotto con la sua amata. Quasi di corsa, tornò nella sala da bagno, ma della ragazza neanche l’ombra.
 
Aveva deciso di uscire a fare una passeggiata. Monteriggioni era davvero messa male, ma i piccoli paesini le piacevano molto. Lei era nata in campagna, nei pressi di Vinci. Solo dopo la sua famiglia sei era spostata a Firenze. Trovava che i paesi avessero qualcosa di amichevole. Stava camminando per la via principale e si rese conto che molti dei negozi erano chiusi. Dei pochi negozi aperti attirò la sua attenzione quello del panettiere. Nonostante fosse già tardo pomeriggio si sentiva un forte odore di pane. Quasi senza volere, lo raggiunse.
-Buon pomeriggio- la salutò il panettiere.
-Salve. Infornate a quest’ora?-
-Mi era avanzato dell’impasto e non me n’ero accorto. Volete una pagnotta?-
-La prenderei volentieri, ma non ho denaro con me-
-Pagherò io per lei, Leopoldo-
A parlare era stato un ragazzo, probabilmente della sua età. Immaginò fosse un paesano, dato che sapeva il nome del panettiere.
-Vi ringrazio, ma non è necessario, messere-
-Per una così bella fanciulla, questo ed altro-
Flora arrossì e rimase impietrita. Il ragazzo comprò un po’ di pane e gliene porse una pagnotta. Era calda, ma non bollente.
-Ditemi, come mai una fanciulla così graziosa indossa vesti da uomo?-
-Oh. Per via della loro comodità immagino-
-Ma non vi valorizzano-
-Se qualcuno vorrà innamorarsi di me, lo farà anche senza vedere ogni singola curva del mio corpo-
-Vi assicuro che per innamorarsi di voi non c’è bisogno di un vestito-
Ezio era giunto da poco, non avendola trovata alla villa. La stava guardando intensamente. Poi spostò lo sguardo sul ragazzo. Lo scrutò a fondo: era biondo con i capelli corti; gli occhi erano blu di un blu scuro che dava un certo senso di mistero. Non lo convinceva. E lo ingelosiva.
-Voi sareste?- chiese dunque.
-Luigi Berti, discendente dall'unica famiglia nobile del paese, se escludiamo quel rognoso di Auditore. Voi invece? Dovrei conoscervi?-
-Sono il nipote del rognoso-
-Capisco. Beh, non vi sembra inopportuno dare fastidio a una fanciulla-
-Ehm, la fanciulla- si intromise Flora –è la fidanzata del ragazzo che voi state importunando-
Si spostò accanto ad Ezio e lui la cinse con un braccio.
-Siete stato gentile a offrirmi il pane, ma questo non vi scusa per la vostra arroganza-
-Perdonatemi, non intendevo essere così scontroso. E comunque potete stare tranquilli…qui siamo tutti dalla vostra parte-
Flora e Ezio si guardarono. Dunque Monteriggioni era un paese di Assassini?
-Scusate ancora per il disturbo. Se avrete bisogno per qualsiasi cosa, mi trovate nella casa subito sotto Villa Auditore-
Se ne andò lanciando un baldo sorriso alla ragazza. Lei arrossì di nuovo, ma cercò di nascondere le guance perché Ezio non le vedesse.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** In amore e in guerra... ***


Tah-dah!!! Non sarò stata un fulmine ma sono stata più lesta, dai :) ho fatto una bella scaletta per i prossimi capitoli e, come già detto sulla pagina FB, la storia non andrà molto per le lunghe. Ciò non significa che finirà in due o tre capitoli, ovvio, ma giusto per darvi un'idea finirà nel periodo in cui Ezio è a Venezia. Circa. Comunque gotetevi la storia, perchè in futuro prenderà una piega tutta nuova e, devo dire, originale. Sempre in stile assassini però ;) Link FB: https://www.facebook.com/pages/Floras-secret/309904042440138

-Come mai sei uscita da sola?-
-Pensavo che tuo zio ti avrebbe trattenuto a lungo e non mi andava di aspettarti senza far nulla-
-In realtà voleva solo dirmi che in futuro faremo un allenamento io e lui da soli. Scusami se mi preoccupo così. Non ne ho nemmeno il motivo, sei benissimo in grado di difenderti da sola-
La ragazza capì immediatamente che quell’apprensione improvvisa derivava dalla gelosia nei confronti del giovine appena conosciuto. Guardò Ezio sorridendo in modo da rassicurarlo. Lui cambiò subito espressione: il broncio passò e ricambiò il sorriso, regalando anche un bacio all’amata.
-Ora dobbiamo tornare alla Villa, manca poco alla cena-
Flora si accorse che il tramonto era prossimo ormai, così seguì Ezio verso casa. Stava ancora pensando a Luigi. Era davvero un bel ragazzo. Ma Ezio, il suo Ezio, era meraviglioso e affascinante, tanto da traboccare di sensualità. E soprattutto la amava.
Quando furono sulla soglia del portone, lo fermò tirandolo per un braccio.
-Dopo cena…riprenderemo ciò che abbiamo interrotto?-
-Puoi scommetterci, mia amata-
 
La cena fu piuttosto triste e silenziosa. Maria Auditore non scese a mangiare, come avevano immaginato. Claudia, ancora sconvolta, fissava la zuppa senza però mangiarla. Si sarebbe freddata. Mario era l’unico che sembrava davvero felice: ingurgitava il pasto con una velocità impressionante ed era ormai alla quinta porzione. Ezio e Flora mangiavano normalmente e ogni tanto si lanciavano delle occhiate maliziose, ripensando a cosa avrebbero fatto in seguito. Il ragazzo approfittava della vicinanza della ragazza per posarle la mano sulla gamba di nascosto. Lei prontamente la scansava, ridacchiando il meno possibile e guardandolo come per dire “Sii paziente”.
Quando tutti ebbero finito di mangiare, Flora si alzò da tavola, ripose la sedia e, facendo un lieve inchino, si congedò.
-Vi augurò una buona notte- disse.
-Altrettanto- rispose Mario.
Ezio fece un cenno col capo e Claudia rimase assorta nei suoi pensieri verso la zuppa. Il ragazzo non si era dimenticato del loro appuntamento, volle semplicemente aspettare per non dare troppo nell’occhio. Così, si alzò poco dopo, salutando allo stesso modo e dirigendosi verso la camera che lo zio aveva assegnato alla ragazza.
Lei lo aspettava con addosso solo la biancheria intima, sdraiata sul letto.
-Perdonatemi Madonna, devo aver sbagliato stanza- disse lui scherzando.
Flora decise di stare al gioco.
-Oh, no. Vi prego, non andatevene. Mi sento così sola-
Lentamente il ragazzo si chiuse la porta alle spalle.
-Non potrei mai fare un torto a una così incantevole fanciulla-
Flora lo invitò a raggiungerla con un gesto della mano e lui non esitò. Si posizionò sopra di lei e cominciò a baciarla e accarezzarla in tutto il corpo.
-La morbidezza della vostra pelle è straordinaria-
-Ezio, ora puoi anche smettere di darmi del voi-
-Oh, andiamo. Lasciami giocare almeno un po’-
La ragazza ridacchiò leggermente. Se giocare con lei gli faceva quell’effetto, non l’avrebbe di certo fermato. Fu percorsa da un brivido quando Ezio la baciò sulla scollatura.
-Vi sentite ancora molto sola?-
-Affatto. Siete tutto ciò di cui avevo bisogno. Ora però, andate fino in fondo-
-Non dovrete ripeterlo una seconda volta-
 
Il mattino dopo Flora si svegliò sola nel letto con un leggero tuffo al cuore.
-Ezio?- domandò come la loro prima notte.
Si rasserenò non appena sentì il rumore di lame che si scontravano provenire dal giardino. Prese una vestaglia poggiata su di una sedia, pensando che forse gliel’aveva lasciata Ezio appositamente, e si avvicinò alla finestra. Lui era là nell’arena ad allenarsi. Era parecchio sudato, quindi doveva essere sveglio da molto. Non era fuggito, l’aveva solo lasciata dormire in pace. Le scappò un leggero sorriso, ripensando a quanto sapesse essere dolce. Non si era resa conto che qualcuno, appoggiato allo stipite della porta, la stava fissando. Quasi fece un salto quando si accorse della figura.
-Luigi! Mi avete spaventata-
Istintivamente strinse a se la vestaglia, ricordando di non avere vestiti sotto di essa.
-Come mai qui?- chiese poi.
-Ero curioso. Questa villa è brutta dentro quanto fuori-
-E’ stata lasciata a se stessa per molto tempo- commentò Flora, leggermente infastidita.
Luigi si rese conto che Flora era tornata a guardare fuori dalla finestra e che quindi stava ammirando il combattimento. Si piazzò accanto a lei e fece lo stesso.
-Devo concederglielo, è bravo a combattere…e a scegliere le donne-
-Sinceramente, Messere, perché siete qui?-
-Sono stato smascherato. Volevo vedervi-
-Volevate vedere…me?-
-Già. Ieri sono tornato alla mia abitazione con una certa tristezza nel cuore dopo aver scoperto che siete fidanzata. E con lui poi-
-“Lui” è la cosa migliore che mi potesse capitare-
-Gira voce che Messer Vespucci lo odi per via delle ricorrenti tresche amorose con la figlia, Cristina-
-Era così. Ma poi sono arrivata io-
-Siete preferita perfino alla maggior bellezza di Firenze. Meravigliosa e sempre più intrigante-
-Messer Berti, a costo di sembrarvi scortese, devo chiedervi di andarvene. Mi sono appena destata da letto e il mio umore è facilmente cangiante-
-Chiedo nuovamente scusa-
Si stava chinando per farle il baciamano, ma fu interrotto.
-Vi ha chiesto di andarvene-
Ezio, grondante di sudore e con la spada ancora in mano, stava fermo sulla porta e fissava il biondo con sguardo infuriato.
-Ezio!- esclamò Luigi con tono falsamente gioioso –Che piacere. Stavo giusto salutando Flora. Diamine, vi consiglio di farvi un bagno, sembrate parecchio sudicio-
-Accetto di buon grado il consiglio. Addio, Luigi-
Mentre Luigi usciva, i due non si staccarono gli occhi di dosso. Si osservarono a vicenda finchè furono l’uno nel campo visivo dell’altro. E, non appena la porta della villa si chiuse, Ezio lasciò cadere la spada e si appropinquò alla sua amata.
-Buon giorno, amore mio. Perdonami per averti lasciata sola, ma non potevo svegliare una fanciulla che dormiva così meravigliosamente-
-Quante smancerie- rispose lei ridacchiando –Puoi stare tranquillo, non sono in collera con te. Avevo capito subito che ti eri svegliato per allenarti e che mi avevi lasciata qui solo per premura-
-Me ne rallegro. In ogni caso, se sono qui è perché sotto aspettano te…e perché ho davvero bisogno di un bagno-
-Concordo appieno-
-Bene, ti lascio preparare. Ci rivedremo per pranzo, immagino-
-A dopo, dunque-
Flora si tolse la vestaglia e la adagiò con delicatezza sul letto. Dopodiché prese i soliti vestiti da uomo, un corredo pulito però. Prima di uscire in giardino, passò dall’armeria e scelse uno stocco siciliano: leggero, sottile, ma potente. Una volta fuori, però, notò che c’era solo Mario ad attenderla.
-Buondì, Mario. Ezio mi ha avvisata del mio turno di allenamento. Sarete voi il mio avversario?-
-Buon giorno, Flora. Invero vorrei solo parlare stamani. Venite, passeggiamo-
Assieme si diressero giù per la scalinata che stava d’innanzi alla villa e lentamente presero a camminare per le vie del paese.
-Dunque- cominciò l’uomo –voi sapete, non è così?-
La ragazza capì immediatamente che parlava dell’Ordine.
-Si. Mia madre me ne ha parlato sempre da quando ho compiuto i sei anni. “Flora Tanucci” diceva “ricorda di stare sempre alla larga dalla croce”-
-Ahhh, vostra madre era Susanna. Grande donna, molto coraggiosa-
-La conoscevate?-
-Potete scommetterci. Io e Giovanni l’abbiamo conosciuta da giovani. E’ sempre stata forte, agile e protettiva nei nostri confronti. E’ stata una grande perdita per l’Ordine-
-Era da mesi che sentiva il pericolo. Non faceva altro che ripetere che la sua ora sarebbe arrivata presto e che io dovevo essere preparata. E’ solo grazie a lei se sono riuscita a distaccarmi sentimentalmente-
-Siete fatta per tutto questo, mia cara. In ogni caso, c’è altro che vorrei chiedervi. Per ora non dire nulla a mio nipote. Non appena avremo notizie di Vieri de Pazzi andremo a prenderlo. Siete piuttosto bravi entrambi e contro quel verme non ci vogliono abilità grandiose. Dopo averlo sconfitto potrete tornare ad allenarvi-
-Bene-
-E un’ultima cosa: è probabile che in futuro le vostre strade dovranno separarsi. Dovete promettermi che convincerete Ezio che è la cosa giusta da fare-
Ci pensò su per un po’. Lo sapeva in fondo al cuore che essendo assassina non avrebbe potuto vivere una vita normale. Amava Ezio con tutta se stessa e sapeva che, se lui provava davvero lo stesso, non sarebbe stata la distanza a separarli.
-Ve lo giuro-

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Una realtà difficile ***


Beh, beh, beh. Intanto ci ho messo meno di un mese. Poco meno, ma comunque meno (oddio che brutta frase). Chiedo comunque il vostro perdono, ricordandovi che dovete essere pazienti, ma che non vi abbandonerò mai (oltretutto ho la scaletta pronta fino alla fine u.u). Il mio regalino di natale per voi, così come per i lettori delle altre due fan fiction, sarà di postare il capitolo successivo entro la fine della settimana (venerdì sera/sabato pomeriggio), spero vi aggradi :) e non scordatevi di https://www.facebook.com/pages/Floras-secret/309904042440138, la bella paginetta facebook (assai spoglia) dedicata alla vostra storia preferita ^^ Buona lettura :)

Non ci volle molto prima di scoprire i piani di Vieri. Il ragazzo tendeva a vantarsi molto della sua posizione fra i templari e perciò a Monteriggioni seppero presto del suo arrivo a San Giminiano.
-Sappiamo cosa vuole?- chiese Flora quel giorno.
-Pare che lui, il padre e il nonno debbano incontrarsi con un quarto uomo, ma non sappiamo chi sia. Inoltre c’è un problema-
La ragazza fissava Mario, interrogativa.
-E’ il momento di includere Ezio nei piani. Volevo essere io a parlargli dell’ordine, ma inizio a pensare che con te potrebbe accettare meglio la situazione-
-Certamente. Io non ho alcun problema nel farlo, ditemi solo quando-
-Se non ti dispiace, anche adesso. Andrò ad avvisarlo che lo aspetti nell’arena-
Così la ragazza andò a prepararsi. La vera sfida non sarebbe stato l’allenamento, ma riuscire a dirgli ciò che doveva, facendogli capire quanto fosse importante. Nel frattempo Mario raggiunse Ezio nella sua stanza.
-Nipote! Come stai?-
-Buondì, zio. Mi sono svegliato di buon umore. Avete bisogno di me?-
-In un certo senso. Ricordi quando qualche settimana fa, quando ti ho parlato di un allenamento speciale?-
-Certo che si. Avete intenzione di farlo ora?-
-Esattamente. Però non ti scontrerai con me. Combatterai con Flora, che…ti spiegherà un paio di cose-
Il ragazzo annuì e, salutando lo zio, si diresse verso il giardino. Flora era tutta immersa nei suoi pensieri: faceva roteare la spada e ogni tanto sferrava un colpo qua e là trafiggendo l’aria. Ezio non poteva fare a meno di pensare come l’atteggiamento della ragazza cambiasse di volta in volta a seconda della situazione. Quasi non sembrava lei in combattimento, ma sembrava comunque una donna che lui amava profondamente. Poteva riconoscere la sua amata grazie ai capelli neri, legati in una crocchia, e gli occhi del colore del cielo. In quell’istante si accorse di lui e, sorridente, ripose l’arma nel fodero.
-Buon giorno, Ezio. Sei pronto?-
-Quando vuoi- rispose afferrando un’arma.
Scelse una spada da capitano, piuttosto lunga e maneggevole. Flora si staccò il fodero dalla cinta e cambiò la spada con uno stiletto, elegante ma, se usato bene, micidiale.
-Amore mio, ne sei proprio certa. Parti in svantaggio-
-Ti prego, Ezio. Sai che sei tu a doverti preoccupare-
Ed era vero. Per quanto Ezio potesse allenarsi, Flora era sempre un passo più avanti di lui nel combattimento. Prima che iniziassero, arrivò Mario, che prese la ragazza in disparte e le sussurrò qualcosa.
-Quando avete concluso, raggiungimi nel mio studio. Dobbiamo organizzare la partenza per San Giminiano il prima possibile-
-Sta bene-
L’uomo si congedò e li lasciò al loro allenamento. I due presero posizione: Flora teneva alto lo stiletto davanti al viso con la punta rivolta verso l’esterno del corpo, mentre Ezio teneva la spada inclinata in avanti. Fu lui a iniziare, pensando che in questo modo avrebbe spiazzato la ragazza, ma lei era sempre pronta. Sembrava gracile e deboluccia, ma in realtà aveva molta forza, tanto che col solo aiuto del piccolo pugnale fermò l’attacco avversario, spingendo Ezio indietro e attaccandolo successivamente sul fianco destro. Anche lui però era vispo e riuscì a schivare il colpo.
-Ezio, ciò che devo dirti è importante- iniziò Flora senza però smettere di combattere.
-Parla, dunque-
-Cosa sai di tuo padre?-
-Che intendi dire? Mio padre era un banchiere-
Un altro colpo. Sta volta la ragazza rischiò di tagliare le braghe di Ezio.
-Solamente?-
-Che…che altro doveva essere?-
Ezio iniziava a essere distratto da quelle parole. I suoi colpi iniziarono a diventare più istintivi che mirati.
-Ezio- era quello il momento, non poteva attendere oltre –tuo padre era un assassino-
Il ragazzo non pareva affatto contento di quell’affermazione. I colpi diventarono violenti e Flora riuscì a schivarli tutti per un soffio.
-Non ti sto prendendo in giro. Non ti sei mai chiesto cosa intendesse Luigi quando ci ha detto che qui siamo tutti dalla stessa parte? L’altra parte sono i Templari-
In quell’istante, Ezio la buttò a terra. Pronunciare quella frase aveva richiesto per lei più concentrazione che per l’allenamento, così era caduta. Dopodiché le puntò l’arma in viso.
-Di che stai parlando, Flora?-
Lentamente si rialzò, scansando la spada del suo avversario. Lasciò il pugnale dov’era e incitò il ragazzo a fare lo stesso con la sua spada, poi si sedette a bordo dell’arena. In parte fu per riprendere fiato, in parte per trovare le parole adatte.
-Dunque- cominciò dopo essere stata raggiunta da Ezio –Tuo padre era un banchiere, su questo non vi è dubbio. Fatto sta che la sua vita era anche un’altra-
Lui pensava. C’era sempre stata una nota di mistero in suo padre. Troppe commissioni segrete per un semplice banchiere, troppe precauzioni. Più volte si era chiesto cosa dovesse fare di notte. Giurava di averlo visto con addosso la veste bianca e rossa una volta, forse da bambino. Aveva pensato che fosse stato solo un sogno.
-Non fraintendere. La parola “assassino” non descrive i sicari a pagamento, o quelle persone che uccido prese da un impeto d’ira. Gli Assassini sono persone che fanno parte di un ordine, persone che seguono un credo antico, risalente alla terza crociata. La storia è davvero lunga e complessa, un giorno ti verrà raccontata, ma ti basti sapere che il nostro compito è cancellare dal mondo la minaccia templare-
-Credevo che i templari fossero finiti con la fine della suddetta crociata-
-E’ quello che loro vogliono far credere alla gente. Pensaci bene. Se qualcuno non sapesse della tua esistenza, non ti sarebbe molto più facile operare in segreto? Ezio, devi continuare l’opera di tuo padre, capisci?-
Non una parola. Il ragazzo rimase per diversi minuti a fissare il vuoto, senza fiatare. Si potevano sentire i battiti di entrambi. Infine abbassò la testa, scuotendola.
-Io…non posso. Devo proteggere ciò che rimane della mia famiglia. Ora che so difendermi non manca molto alla nostra dipartita-
-Non aspettarmi allora- disse Flora scendendo dal muretto.
-Come?-
-Non ti seguirò solo perché t’amo. Io seguirò le orme della mia famiglia e se tu non vuoi fare lo stesso sono affari tuoi. Ma non mi lascerò coinvolgere-
-Flora, te ne prego…-
-Sei un codardo, Ezio Auditore. Solamente un codardo-
Non lasciò al ragazzo la possibilità di replicare. Si diresse velocemente verso la casa, incredula per ciò che era successo. Non si aspettava certo i salti di gioia, ma perlomeno un minimo di comprensione, uno sforzo. Lo pensava coraggioso e desideroso di giustizia, ma forse il ragazzo non sapeva che dietro a Uberto Alberti c’era qualcosa di più grande e pericoloso.
Mario non fece caso alla rabbia di Flora e, quando la vide attraversare l’atrio, decise di parlarle del suo piano.
-Flora, mia cara. Ti dispiace seguirmi?-
“Si, mi dispiace” avrebbe voluto rispondere, ma si limitò a fingere entusiasmo per la cosa e a seguirlo nel suo studio.
-Pare che Vieri abbia già disposto le sue guardie qua e là per San Giminiano. Il ragazzo è prudente, non c’è che dire. L’incontro, secondo le nostre fonti, è fissato per sta notte. E’ allora che attaccheremo-
-Molto bene. Sarà meglio iniziare a preparare i cavalli se vogliamo arrivare per tempo-
-Dunque ti unirai a noi? Ne sei certa?-
-Più che certa. Ormai ne faccio parte, Mario. Il mio sangue mi pone il dovere di combattere i templari, ne sono consapevole e lo accetto-
-Brava, ragazza! Brava!- gridò pieno d’entusiasmo.
-Per quanto riguarda vostro nipote però…- aggiunse prima che l’uomo si congedasse -…dubito che verrà-
Lui sospirò e abbassò la testa.
-Non ci speravo troppo ad essere sincero. In ogni caso, lascerò detto dove andiamo. Chissà che non lo prenda la voglia di seguirci- concluse con un leggero sorriso di speranza.
Anche la ragazza ci sperava. Sapeva quanto fosse importante la famiglia, nonostante non avesse più una, ma ciò non giustificava la scelta di Ezio. Inoltre, se rinunciava all’essere assassino, rinunciava anche a proteggere Maria e Claudia.
Così, mentre Mario, Flora e qualche mercenario preparavano i cavalli, Ezio cominciò ad essere irrequieto. Non si era mosso dall’arena, anzi, si era fatto portare un manichino per potersi sfogare. E tra un colpo e l’altro di spada aveva iniziato a ragionare. Era tutto vero quello che Flora gli aveva detto? A pensarci bene sarebbe dovuto diventare banchiere per seguire le orme del padre, ma ora che sapeva degli Assassini, sarebbe dovuto diventare anch’egli assassino per poterlo onorare appieno? Lasciò la spada sul posto e raggiunse la sua stanza per poter prendere quella strana veste a cui ormai era quasi abituato.
-Ehi tu- disse rivolto a un mercenario –Sai dirmi dove posso trovare Mario e Flora? Credo abbiano bisogno di me-

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** La morte di Vieri ***


Buon Natale! Ed ecco qui il mio regalo per voi: due capitoli in una settimana :) Vi ringrazio per sopportare tutti i miei ritardi. Non abbandonatemi mai perchè siete i lettori migliori del mondo ^^ Spero che questo capitolo vi piaccia e vi lasci un po' di suspance. Per chi ancora non avesse messo "Mi piace" ricordo https://www.facebook.com/pages/Floras-secret/309904042440138, ovvero la mia pagina facebook :) 

Era buio quando Flora e Mario videro le mura di San Giminiano. Lasciarono i cavalli lontani, in modo da non farsi sentire, poi si riunirono poco più in là dal cancello a sud del paese. Ci volle qualche minuto per placare gli animi dei mercenari, che già si credevano vittoriosi.
-Ora ascoltatemi- iniziò Mario –La città è ben protetta. Pare che Vieri ci aspetti. L’ingresso a sud però è il meno protetto ed è lì che attaccheremo-
-Posso unirmi al vostro piano-
A parlare non era stato uno dei mercenari, bensì qualcuno arrivato da poco. Flora aveva capito subito chi fosse. Era Ezio. Mario gli rivolse un sorriso di soddisfazione. Era contento che il nipote avesse trovato la sua strada. La ragazza però non si voltò a guardarlo. Non lo aveva ancora perdonato. Dopo pochi minuti il piano cominciò. Mario e i mercenari avrebbero attirato l’attenzione delle guardie davanti al cancello, mentre Ezio e Flora si sarebbero arrampicati sulle mura per poter uccidere gli arcieri con l’ausilio di pugnali da lancio. Gli arcieri erano due e Ezio uccise il primo. Non appena quello si accasciò, Flora raggiunse il tetto su cui si trovava e uccise il secondo. Riuscì a evitare per un pelo la freccia che arrivo dalla sua destra.
-Ma che diamine…-
Un terzo arciere si trovava sulle mura, proprio al di sopra del cancello. I due giovani non l’avevano notato. Ezio però, che si trovava ancora sulle mura, riuscì a raggiungerlo e zittirlo con la lama celata. Dovevano sbrigarsi se non volevano che tutti i mercenari di Mario morissero. Così si fiondarono ad aprire l’enorme cancello, per poi aiutare nella battaglia.
-Ben fatto Ezio, siamo dentro- gridò Mario.
Poco più avanti c’erano altri uomini, che discutevano della preoccupazione che attanagliava Vieri. Il gruppo di assassini si divise. Ezio avrebbe evitato, tramite l’aiuto di alcuni mercenari, che quelle guardie dessero l’allarme, mentre Mario e Flora con altri uomini avrebbero raggiunto la piazza di fronte a Santa Maria Assunta, dove l’uomo sperava di trovare Vieri. Per Ezio tutto filò liscio. Le guardie non costituirono un grosso problema e in men che non si dica poté dirigersi anch’egli verso la piazza. Lungo la strada però incontrò un mercenario ferito che lo avvisò.
-Ezio, tuo zio è stato attaccato e ha bisogno d’aiuto. Va da lui!-
Infatti Flora e Mario avevano incontrato parecchia resistenza a causa di un’imboscata. In quel modo il piano di Mario subiva un intoppo: se fossero rimasti tutti a combattere, Vieri sarebbe potuto scappare. Così Mario ordinò ai due giovani di trovarlo.
-Mario non vi lascerò solo- rispose Flora.
-Non se ne parla, mia cara. Va con Ezio. Stanate quel verme-
La ragazza non sembrava convinta, ma le bastò scambiarsi uno sguardo con Ezio per cedere. I due corsero per i tetti. In quel modo, quando avrebbero trovato Vieri, avrebbero potuto ascoltarlo senza farsi vedere. Flora sperava che Ezio le avrebbe porto le sue scuse, ma nulla. Il ragazzo non aprì bocca. E nel preciso istante in cui fu lei a voler aprire bocca, lui la zittì. Non per scortesia. Semplicemente avevano appena scovato il nemico. Assieme a lui c’erano il padre, Francesco, il nonno, Jacopo, e un quarto uomo. A Ezio sembrò di averlo già visto altrove. Fu proprio lui il primo a parlare.
-E’ deciso. Vieri rimarrà qui a coordinare i mercenari, Francesco organizzerà le nostre forze in città e avvertirà quand’è il momento di colpire. Jacopo, il vostro compito è calmare la cittadinanza quando avremo finito-
-E quell’ubriacone di Mario?- domandò Vieri –Continua a impegnare le mie forze e finirà per scoprire i nostri intenti-
-E’ una spina nel fianco- aggiunse Francesco –Come quel bastardo di suo fratello-
Ezio fu percorso da un fremito. Avrebbe voluto scendere dal palazzo e ucciderli tutti quanti, ma Flora gli impedì di farlo.
-Non provarci nemmeno. Ogni passo falso può costarci il piano e la vita-
-Si permettono di offendere mio padre dopo averlo ucciso!-
-Sono dei poveri stolti, nient’altro. Non rischiare per loro-
Il ragazzo sbuffo, ma almeno rimase al suo posto.
-Allora permettetemi di riunirli, padre- continuò Vieri.
-Avremo tutto il tempo di liberarci dei rifiuti una volta finito- li interruppe l’uomo misterioso –Ora, c’è qualcos’altro?-
Nessuno dei tre rispose.
-Muy bien. Che il padre della comprensioni vi guidi-
-Che il padre della comprensione vi guidi- risposero i Pazzi in coro.
Stavano per allontanarsi tutti, quando una guardia tutta agitata fermò il più giovane.
-Comandante, comandante!-
-Che c’è?-
-Mario Auditore ha attaccato la città! Sta cercando voi-
-Allora non facciamolo attendere- concluse pieno di se.
Difatti in quel momento Mario e gli altri sopraggiunsero. Bloccarono le guardie rimaste e iniziarono un nuovo combattimento. Vieri non vedeva l’ora di farlo fuori, ma qualcosa lo fermò. Non appena vide Ezio e Flora balzare giù dal tetto della casa, si voltò e, chiamate a se due guardie, corse sulle mura. Ezio lo seguì e perse Flora di vista. La ragazza era andata più a sinistra. “Vorrà combattere con mio zio” pensò il ragazzo. Ma non si lasciò distrarre. Raggiunse Vieri fin sopra a una torre, dove questo, tutto contento, sguainò la spada pronto a ucciderlo.
-Era da tanto tempo che aspettavo questo momento-
Ezio era nettamente in svantaggio numerico, ma le guardie di Vieri non avevano ricevuto alcun addestramento da assassini. Il nemico stava indietro e lasciava tutti il lavoro a loro. Man mano vedeva i suoi uomini cadere, come se Ezio fosse stato un esercito. La cosa lo spinse a fuggire calandosi dalla torre, ma non appena si voltò trovò una sorpresa.
-Salve, Vieri-
Flora non era fuggita per combattere con Mario, ma per tendere un’imboscata al templare. Lui ebbe solo il tempo di guardarla negli occhi prima di sentire il caldo sangue sgorgarli fuori dalla gola. Nel frattempo Ezio aveva ucciso tutte le guardie. Raggiunse il ragazzo ormai morente per avere delle risposte.
-Che cosa tramate tu e i tuoi alleati? E’ questo che aveva scoperto mio padre? PER QUESTO E’ STATO UCCISO?-
-Mi spiace…speravi in una confessione?- furono le ultime parole di Vieri.
Ormai era morto. A Ezio non bastava però. Infierì su di lui come mai aveva fatto quand’era in vita.
-Pezzo di sterco! Vorrei solo che avessi sofferto di più! Hai avuto la fine che meritavi! Spero che bru…-
-Basta Ezio!- gridò Mario –Abbi rispetto-
-Rispetto? Dopo quanto è accaduto?! Credete che lui ci avrebbe riservato un trattamento diverso?-
-Tu non sei Vieri, non diventarlo-
Flora raggiunse Ezio e, nonostante la rabbia verso di lui non fosse ancora scemata del tutto, lo abbracciò. Doveva riuscire a calmarlo, dopotutto avevano appena ucciso uno dei responsabili della morte della sua famiglia. Mentre lo abbracciava, lui vide lo zio rendere un saluto particolare a Vieri.
-Che la morte ti dia la pace che cercavi. Requiescat in pace-
Infine gli confiscò una lettera dalle tasche e disse al nipote di leggerla quando avrebbe avuto tempo. Era il momento di tornare alla villa.
 
Una volta a Monteriggioni, Flora si diresse verso la sua camera. Ezio voleva seguirla, ma fu bloccato dallo zio e da altri uomini. Essi festeggiavano per la vittoria, ma Mario voleva parlare con lui. La ragazza li guardò allontanarsi da soli, con un po’ di tristezza. Ezio parlava di proseguire l’opera di suo padre e di ciò era più che gioiosa. Ma al tempo stesso sapeva cosa comportava: la loro separazione. Lei infatti era un’assassina come lui, ma i responsabili della morte di sua madre era altri templari, non erano gli stessi che avevano ucciso Giovanni Auditore e i suoi figli. Nella sua stanza si tolse la veste dell’ordine, ma non i vestiti da uomo. Si sedette davanti allo specchio e guardo i suoi capelli. La crocchia si era disfatta durante le battaglie e qualche ciuffo le cadeva davanti agli occhi. Doveva provvedere.
-Diana!- chiamò la serva della villa.
-Si, Madonna Tanucci?-
-Dovresti aiutarmi con una cosa-
La ragazza si fece accorciare i capelli. La loro lunghezza raggiunse le spalle. In quel modo poteva tenerli lunghi ma più comodi.
-Ora fammi una treccia. La più stretta che sei in grado di fare-
-Non vorrei farvi male, Madonna-
-Non preoccuparti di quello-
Flora sentì la pelle tirarle e anche molto. Ma doveva trovare un’acconciatura che non compromettesse la sua femminilità e le azioni in battaglia al tempo stesso. Qualche lacrima le cadde dagli occhi, ma non lasciò che Diana le vedesse.
-Ti ringrazio- disse infine.
E non appena la donna uscì, al suo posto entrò Ezio.
-Ti dona-
-E mi fa davvero male. Ma è necessario. Non avrò il tempo di mettermi a posto i capelli mentre sono in giro-
-Dunque- disse lui sedendosi su di una sedia accanto a lei –Verrete con me a Firenze per scovare Francesco de Pazzi?-
Fu dura. Fu molto dura per lei rispondere senza scoppiare in lacrime. Ma se voleva onorare sua madre non poteva fare altro.
-No, Ezio. Sono estremamente dispiaciuta, ma…le nostre strade devono dividersi se voglio trovare come te i responsabili della morte della mia famiglia-

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Sorpresa! ***


Sono sempre ed inesorabilmente lenta, lo so. Vi assicuro che in una mia giornata-tipo è un miracolo se trovo tempo per scrivere, ma per voi questo ed altro (non oso pensare a quando dovrò fare la tesina D:). In ogni caso sono qui, come sempre :) Il capitolo è utile al fine della trama solo per una parte o due, per il resto è solo frutto della mia fervida immaginazione e della mia voglia di avere una dannata festa a sorpresa xD godetevelo ^^ (ricordate anche la pagina FB Flora's Secret).

Per Flora fu ancora più dura trattenere il pianto quando vide l’espressione assunta da Ezio. Fece fatica a decifrarla: c’erano comprensione, rabbia e dolore su quel viso.
-E non riuscirò a farti cambiare idea, vero?-
-No. Mi dispiace tanto, ma lo devo a mia madre, proprio come tu lo devi a tuo padre e ai tuoi fratelli-
Si sarebbe aspettata di sentire la porta della camera sbattere forte. Si sarebbe aspettata di percepire l’odio nella stanza. Invece il ragazzo si mise davanti a lei, chinato così da guardarla negli occhi. Le poggiò una mano sul viso e con l’altra spostò una ciocca di capelli, rimasta libera dalla treccia, dietro all’orecchio.
-Capisco. Non nascondo che la cosa mi renda assai triste e che vorrei averti sempre al mio fianco, ma ti capisco-
Quelle parole la fecero crollare. Copiose lacrime le rigarono il viso e iniziò a sentirsi la gola strozzata.
-Non vorrei lasciarti, credimi. Il mio amore per te è qualcosa di davvero inspiegabile: per te ucciderei e mi lascerei uccidere. Farei ogni cosa. Ma si tratta di mia madre. Una donna così coraggiosa, così brava da crescermi da sola. Merita giustizia-
-Shh. Tranquilla mia amata. Sentiti libera di fare ciò che ritieni giusto. Non potrei mai ostacolarti-
A quelle parole, così dolci e confortanti, seguì un lungo bacio. Ezio poteva sentire il sapore salato delle lacrime di Flora, che nel frattempo asciugava con i pollici. Il viso della ragazza però tornava sempre bagnato. Eppure nessuno dei due voleva fermarsi. Il ragazzo la prese in braccio, portandola fino al letto e adagiandovela sopra con dolcezza.
-Ti amo Flora. Ti amerò sempre-
Quella frase fece tornane un po’ di pace in lei, tanto che riuscì a smettere di piangere, e diede inizio a una dolce notte d’amore.
 
Per due anni non si ebbero notizie dei Pazzi, così Ezio e Flora ne approfittarono per allenarsi al meglio. La ragazza acquisì forza, il ragazzo agilità.
Il 24 aprile del 1478 era il diciannovesimo compleanno di Flora e Ezio volle preparare qualcosa di speciale. Ormai la villa era in grado di ospitare gente, pur non essendo nelle sue condizioni migliori. L’edera rampicante era stata lasciata solo là dove costituiva una bella decorazione, le crepe erano state riparare e la sporcizia eliminata. Mancava qualche messa a punto all’interno, ma aveva comunque l’aspetto di una villa. Inoltre Ezio e la sua amata erano riusciti a conoscere quasi tutti i paesani, perciò la lista degli invitati sarebbe stata considerevole.
Per quanto gli costasse caro, Ezio chiese a Luigi, ormai importante alleato, di portare Flora a fare una passeggiata fuori le mura, così che tutto potesse essere preparato con tranquillità. La passeggiata era cominciata alle 10 del mattino e comprendeva un pranzo all’aperto preparato dalle nuove serve di villa Auditore. Era stato per lo più Luigi a parlare, poiché aveva deciso di raccontare alla ragazza le varie storie di Monteriggioni, portandola nei luoghi d’interesse. Dopo il pranzo presero a camminare per il puro gusto di farlo e iniziarono così anche le chiacchiere.
-Come vi sentite?-
-Mh? Che intendete, messere?-
-Beh, è passato un altro anno della vostra vita. Non vi sentite cambiata?-
-Oh, certamente che mi sento cambiata, ma non è affatto per l’inizio di un nuovo anno di vita-
-E per cosa allora?-
-E’ l’essere diventata assassina ad avermi cambiata. Mi ha migliorata, in un certo senso-
-Pensate mai di diventare solo una buona moglie?-
-No, non ora. Ho tanto da fare prima di sistemarmi-
-Quale sarà la vostra prima mossa?-
-Voglio sapere che ha ucciso mia madre e scoprire qualcosa in più su mio padre. Sono sicura che la gente coinvolta è ancora in vita-
-Affronterete da sola il vostro viaggio?-
-Anche Ezio dovrà intraprendere un viaggio per la sua famiglia, diverso dal mio però-
-Io non mi stavo riferendo a Ezio-
Flora di fermò subito, rimanendo indietro rispetto al ragazzo. Luigi si fermò a sua volta. Sul viso uno strano sorriso.
-Luigi…-
Il biondo la raggiunse e le prese delicatamente le mani.
-Flora, sarò anche egoista, ma mi importa davvero poco del vostro amore per Ezio. Quel ragazzo è disposto a lasciarvi per accontentare se stesso, mentre io andrei in capo al mondo con voi. Lasciate che vi accompagni-
Subito lei scansò le mani da quelle del ragazzo e gli rivolse uno sguardo cagnesco.
-Avete ragione. Siete dannatamente egoista-
Detto ciò, la ragazza si diresse verso l’entrata principale del paese. Luigi avrebbe dovuto avvertire Ezio. Gli sarebbe bastato scalare velocemente le mura. Invece rimase fermo con quel suo ghigno sulla faccia, pensando che si sarebbe divertito nel vedere il fallimento dell’idea del povero Ezio.
Fortunatamente per l’assassino di Firenze, sua sorella Claudia era in giro per il paese e il suo cammino si incrociò con quello di Flora.
-Flora, che fate qui?!-
-Oh, buon pomeriggio Claudia. Sto tornando alla villa-
-No!-
Flora arrestò il suo passo veloce, insospettita dalla reazione di Claudia.
-E perché mai?-
-Ecco…io…- doveva trovare una scusa -…perché voglio comprarvi un vestito! Si, insomma, voglio farvi un regalo speciale. Dopotutto è il vostro compleanno-
-Vi…vi ringrazio- rispose Flora, non del tutto convinta.
C’è da dire che ovviamente Claudia aveva acquisito la furbizia tipica della famiglia Auditore. Le due giovani si ritrovarono così nella bottega del sarto. Claudia lo pagò bene così che si dedicasse solo a Flora quel pomeriggio. La festeggiata doveva scegliere ogni cosa: il tipo di stoffa, il colore, la forma del vestito e le decorazioni su di esso. Non c’era dubbio, quello era un ottimo diversivo.
Dopo parecchie ore, correzioni e prove di vestiti imbarazzanti, riuscirono a trovare un vestito che, a detta di Claudia, sembrava nato con Flora. Era di colore rosa, più precisamente era rosso corallo, così aveva detto il negoziante. Il bustino la avvolgeva delicatamente e da esso partiva una meravigliosa gonna morbida e larga. Le maniche non erano particolarmente strette se non ai polsi ed erano rese particolari da due drappi ricadenti verso il basso1. Per tutto il vestito si estendevano meravigliose decorazioni floreali.
-Non mi sento a mio agio- disse Flora.
-Flora, i bei vestiti non devono farti stare bene, purtroppo. Sono fatti per darti un’immagine di femminilità e delicatezza. Vedrai che quando ti vedranno alla…-
Claudia aveva rischiato. Stava per tradirsi. Doveva assolutamente trovare una nuova scusa.
-Chi dovrebbe vedermi?-
-Ehm…zio Mario e Ezio, no? Alla villa. Non vorrete passare la serata del vostro compleanno con i solidi, luridi vestiti da uomo, mh? Ammettetelo, Ezio sarà entusiasta di vedervi con un nuovo abito-
Flora si rese conto che non aveva tutti i torti. Era la sua giornata quella e Ezio sarebbe sicuramente stato contento di vedere che la sua amata non aveva perso femminilità. Così lasciò anche che Claudia le riordinasse i pochi ciuffi sfuggiti alla treccia (erano davvero rari) con qualche fiorellino per decorazione. Iniziava a pensare che i giochi di parole col suo nome stessero diventando frequenti quel pomeriggio.
Quando ormai era buio, Claudia la riaccompagnò alla villa, agitata dal non sapere se tutto era pronto. Ad ogni passo che le avvicinava alla casa si sentiva svenire. Pregava che ogni cosa fosse a posto, che gli invitati ci fossero e che fossero già nascosti ai loro posti. Le tornò il fiato quando Flora aprì la porta e ritrovò la casa deserta. Era piena di tavole imbandite, ma nemmeno un’anima viva.
-Claudia, ma cosa…-
La fanciulla non ebbe tempo di concludere la frase che da ogni angolo del salone spuntarono uomini e donne vestiti a festa.
-SORPRESA!2-
Per un momento fu davvero spaesata, poi, nel vedere Ezio, un sorriso enorme le apparve sul viso. Anche lui era vestito a dovere, con il suo vecchio panciotto e dei nuovi abiti, non logori. Come previsto da sua sorella, rimase rapito dal nuovo abito di Flora e non fu certo l’unico. Molti degli uomini e ragazzi invitati non le staccavano gli occhi di dosso.
-Ezio…sei stato tu?- chiese piena d’euforia.
-Oh, no mia adorata. Tutti mi hanno aiutato quest’oggi-
-Ma l’idea è totalmente sua- disse Luigi, anch’egli invitato.
La ragazza si guardò ancora attorno per qualche minuto, per poi abbracciare forte il suo amato.
-Amore mio, è meraviglioso-
-Mai quanto te, mia cara. Mai quanto te-

Cherrie's notes 
1. Nel caso non si fosse capito (ammetto che non è una gran descrizione xD) sto parlando di maniche come queste :)
2
. Lo so che fa molto "film americano", ma volevo troppo scriverlo xD

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Impegno ***


Non arrabbiatevi solo perchè è piuttosto corto, dato che comunque è molto profondo u.u Sono stata lenta come al solito, non perchè dovessi pensare profondamente a ciò che dovevo scrivere, ma perchè, nonostante avessi già tutto in mente, mi mancava il tempo di metterlo "su carta". Godetevelo con tranquillità, senza correre alla fine, e sappiatemi dire presto cosa ne pensate :) Chi di voi ancora non avesse messo "mi piace" alla mia pagina facebook, può farlo, se vuole, su Flora's Secret ^^

Flora non sapeva dove posare lo sguardo. Tutta la casa era piena di persone: alcune ammiravano i dipinti, altre le armi dell’armeria, altre ancora pensavano solo a bere e mangiare. Ma tutte emanavano un calore e una gioia che la facevano sentire tranquilla. Ezio la presentò a diversi invitati. Lei dimenticò i nomi poco dopo. Non era particolarmente interessata a conoscere nuova gente, le importava solo di quel meraviglioso gesto che il suo amato aveva organizzato con tanta cura.
-Ezio- disse ad un certo punto, fermandolo –Possiamo stare un momento da soli?-
Il ragazzo rimase serio per un po’, pensando a tutti gli invitati che ancora non avevano ammirato la bellezza della ragazza. Poi però sorrise e, prendendola per mano, la portò nel giardino. Le stelle erano luminosissime quella notte e la luna stava alta nel cielo.
-Dimmi amore mio-
-Volevo solo che sapessi quanto apprezzo questo gesto. E’ una festa a dir poco fantastica ed organizzata nei minimi dettagli. Grazie-
-E’ stato facile. Mi è bastato pensare a te per metterci tutto il mio impegno. E’ triste dirlo, ma tra poco dovremo separarci e io volevo lasciarti con un bel ricordo di me-
-Oh, Ezio- disse la ragazza avvicinandosi a lui –Qualsiasi cosa avessi deciso di fare, non avrei mai potuto avere un brutto ricordo di te-
Ezio prese ad accarezzarla in viso, guardandola intensamente negli occhi. Nessuno dei due avrebbe davvero voluto separarsi, ma entrambi sapevano quanto fosse necessario. Il ragazzo sarebbe dovuto partire il giorno dopo, perché a Firenze avevano avuto notizie di Francesco de Pazzi, mentre Flora sarebbe rimasta a Monteriggioni ancora un po’ per riordinare le idee.
-Flora, prima di andarmene devo assolutamente chiederti una cosa. Avrei voluto farlo davanti a tutti gli invitati, ma questo mi sembra il momento più opportuno-
Si allontanò da lei, prese qualcosa da una tasta e si mise in ginocchio. Per un attimo Flora pensò che stesse scherzando, ma guardandolo negli occhi notò la sua serietà. Il piccolo oggetto che aveva estratto dalla giacca era una scatola, di quelle che contengono gli anelli. E lì, davanti a lei la aprì, mostrando il suo contenuto: un bellissimo anello di oro bianco a cui era stato incastonata una pietra di acquamarina, esattamente dello stesso colore dei suoi occhi. Aveva già visto quella scena, l’aveva già vissuta. Ma la prima volta non provava un forte calore al cuore e una gioia immensa. La prima volta aveva solo paura.
-Lo so che non sono il primo a chiedervelo e, sapere che il primo fu mio fratello, è ciò che mi ha portato a pensarci molto prima di farvi quest’importante richiesta. Non appena mi sono recato dal gioielliere mi è bastato vedere il colore di questa pietra, di cui non conoscevo nulla, nemmeno il nome, per sapere che doveva essere vostra. Flora, io vi chiedo di sposarmi. Non ora, non subito. Ma ti prego di accettare questo anello. Sarà una promessa. La promessa che, non appena ci rivedremo, non appena tutto questo sarà finito, sarai mia e di nessun altro-
Lo fissava. Fissava quell’anello non come qualcosa di estremamente costoso, ma qualcosa carico di un significato importantissimo. Quell’anello non era un oggetto per adornarsi. Era un impegno. Un impegno che lei era disposta a prendere.
-Si, Ezio. Lo voglio. Voglio portare questo anello come segno del nostro amore che supererà gli ostacoli del tempo e dello spazio. Voglio la certezza che quando entrambi saremo di nuovo qui, pronti a vivere una vita non sconvolta dalla guerra, sarò tua e di nessun altro-
Ezio si alzò da terra, percorso da un fremito di gioia. La prese in braccio con così tanta foga che riuscì a sollevarla da terra. Le loro risate riempirono ogni angolo del giardino e forse anche del paese, vuoto com’era. E non appena l’ebbe riposata a terra, le mise quell’anello al dito, senza mai togliere il sorriso dalla faccia.
 
La festa proseguì senza intoppi. Il cibo fu consumato, il vino rallegrò ancor di più gli animi e la torta saziò infine ogni convitato. Alla mezzanotte la gente iniziò a salutare, chi sulle proprie gambe, chi aiutato da altri perché troppo ubriaco per camminare. L’ultimo ad uscire fu Luigi. Riuscì a trovarsi solo con Flora, di nuovo.
-Lo devo ammettere. Il vostro amato ha fatto un gran bel lavoro. Non vedevo gente ubriaca a Monteriggioni da…beh, da sempre. Se escludiamo Mario-
-Ve ne prego, Luigi. Smettetela con la vostra arroganza-
-Perdonatemi-
Il suo alito lasciava intendere che anche lui si era scolato parecchi bicchieri. Non sembrava particolarmente brillo, ma sicuramente non aveva piena coscienza delle proprie azioni. Riuscì a mettere Flora con le spalle al muro, ma non con violenza.
-Flora, non posso fare a meno di pensare a voi. Giorno e notte. Ho provato a non farlo, ho perfino provato al bordello, ma quando mi sono trovato con la cortigiana, non è accaduto nulla. Datemi un opportunità-
Prontamente lei alzò la mano sinistra. Non per difendersi dal bacio ferendo il ragazzo, bensì per mostrargli il dono ricevuto da Ezio quella sera. La visione dell’anello sortì lo stesso effetto di un pugno per Luigi.
-Che significa?- chiese incredulo.
-Significa che ho fatto una promessa. Una promessa all’unico uomo che amo e che intendo amare in tutta la mia vita-
Subito il ragazzo si allontanò, inorridito.
-Mia amata…- riuscì a dire.
-Non lo sono, Luigi. Non lo sono mai stata-
Detto ciò, Flora si diresse verso la sua stanza, triste per aver ferito nuovamente un uomo, ma felice perché quell’uomo era Luigi. Lui invece si diresse verso casa, incontrando Ezio sui suoi passi.
-Congratulazioni, Auditore. Le mie più sincere congratulazioni-
Ezio capì perfettamente a cosa alludeva. L’acido che trasparì da quelle parole, gli confermò la sua tesi. Luigi Berti si era innamorato di Flora dal primo momento. E secondo lui, non sarebbe stato l’ultimo.
 
Il mattino seguente fu molto travagliato. Ezio doveva preparare i bagagli, selezionando solo ciò che era strettamente necessario. Flora decise di aiutarlo, preparando il cavallo per il viaggio. Mentre lo spazzolava osservava contenta la sua mano sinistra, su cui l’acquamarina brillava costantemente. E ripensava alla notte prima, quando Ezio era entrato in camera sua. Non erano servite parole per farle capire cosa voleva. E così avevano fatto l’amore. Per salutarsi, per rendere quell’addio meno doloroso.
In realtà la più triste era Claudia. Era la prima volta che stava realmente separata da suo fratello. Sempre l’avevano protetta e mai lasciata sola, ma ora doveva riuscire a cavarsela. Doveva tirare avanti anche per Ezio, per dimostrargli che non era più bambina.
-Vedi di tornare tutto intero- gli aveva detto bruscamente.
Ma tutti sapevano che non l’avrebbe salutato con un broncio. Difatti tenne la testa bassa e il viso corrucciato per pochi secondi, poi, disperata, si attacco al suo collo come a non volerlo lasciare più. Singhiozzava pesantemente, mentre il fratello rideva un poco per la sua ammissione di debolezza.
-Claudia, sii coraggiosa. E bada anche per me a nostra madre. Dalle tutte le tue attenzioni anche se dovesse continuare a non parlare per il resto dei suoi giorni. Ti voglio bene, sorella mia-
Venne poi il turno di Mario. L’uomo diede due forti pacche sulla spalla del nipote e poi lo tirò a se in un abbraccio.
-Mi raccomando nipote!- gridò col suo solito vocione –Fatti valere! Tuo padre da lassù ti protegge, me lo sento-
-Grazie zio. Tenete d’occhio le donne, Flora in particolare. Ve ne prego. E avvisatemi se dovesse accadere qualcosa-
Per salutare sua madre, Ezio rivolse un saluto alla finestra della sua stanza. Sapeva che non lo avrebbe mai recepito, ma non gli importava.
Ed infine salutò la sua amata. La prese dolcemente per le mani e la guardò negli occhi profondi. La ragazza sorrideva, nonostante dentro il dolore crescesse a dismisura. Ma non le provocava lacrime. Era felice che Ezio avesse capito l’importanza della loro separazione, felice che avrebbe svolto il suo compito.
-Amore mio- cominciò il ragazzo –Non so dove ti porterà il tuo viaggio, ma quando avrò concluso il mio, tornerò qui ad aspettarti, dovessero passare secoli. Starò attento, perciò di prego di fare altrettanto. Ma in ogni caso so che sei una guerriera formidabile, anche più di me, e che quindi non devo preoccuparmi troppo-
-Non lascerò che mi facciano nemmeno un graffio. Sarò una lama nella folla. Rendimi fiera di te e fai giustizia per la tua famiglia e per tutti gli assassini-
Un lungo bacio fu l’ultima cosa che li tenne fisicamente uniti, prima che Ezio montasse in sella al suo cavallo, si portasse il cappuccio sulla testa e partisse alla volta di Firenze, pronto a fare ciò che l’ordine richiedeva.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** In ricordo di... ***


Scusate tanto per la solita lentezza, ma ero indecisa sul da farsi. Inoltre volevo evitare di scrivere schifezze e siccome sono stata presa da parecchie emozioni contrastanti in queste settimane ho fatto fatica. In ogni caso eccoci qui :) Non dimenticatevi di Flora's Secret mi raccomando ^^

Flora era sorpresa da se stessa. Il dolore non la pervase affatto, se non quanto le capitava di guardare fuori dalla finestra e notare che il suo amato Ezio effettivamente non c’era. Eppure la sua concentrazione era rivolta tutta alla ricerca. Aveva due obbiettivi: scovare il sicario che aveva ucciso sua madre e far luce sulla morte di suo padre. Qualcosa infatti non le tornava. Secondo i racconti di sua madre Susanna, suo padre era morto quando aveva otto anni, eppure lei non ricordava nulla. Ricordava suo padre Marco in ogni dettaglio, ricordava le giornate passate con la sua famiglia al completo, ma non ricordava proprio nulla della sua morte.
-Una bambina non dimentica facilmente la morte di un genitore- continuava a ripete a Mario nelle loro chiacchierate.
-Sono d’accordo con voi, mia cara, ma cosa pensate che gli sia accaduto dunque?-
-Non saprei. Rapito?-
-Scappato?-
Per quanto la cosa la ferisse, sapeva che era possibile. Ma in ogni caso la priorità era l’uccisione di sua madre. Mario aveva mobilitato diversi alleati perché scoprissero qualcosa, così da non mandare Flora in giro alla cieca. Nei due giorni successivi la partenza di Ezio, la ragazza si allenò parecchio e, tra un allenamento e l’altro, aiutò Claudia con i registri bancari della villa. Ormai la casa era ristrutturata, ma il paese no. Decisero di investire il loro denaro in alcuni negozi e luoghi d’interesse, così da migliorarne l’aspetto e ricavarne degli sconti.
 
La sera del 26 aprile, quando Flora, Claudia e Mario erano ormai seduti a tavola, pronti per mangiare, uno degli uomini dello zio irruppe nella villa con il fiatone. Diceva di avere importanti novità per Madonna Tanucci.
-Parla- disse Flora impaziente
-Sono riuscito ad avere udienza dalla famiglia Sforza. Inizialmente hanno detto di non sapere nulla, ma Madonna Caterina mi ha poi voluto incontrare da solo. Ha delle informazioni sulla morte di vostra madre, ma predente di comunicarle direttamente a voi-
Calò un silenzio di tomba. Flora tenne la testa bassa e strinse i pugni. Era arrivato il momento. Era ormai entrata nel vivo della ricerca, da lì non poteva più tornare indietro.
-Mario…partirò domattina-
 
E così fu. Il mattino seguente, la ragazza si preparò per raggiungere Forlì. Sarebbe stato un lungo viaggio, anche a causa della mancanza di un cavallo.
-Flora, vi prego, potete usare il mio cavallo- ripeteva Mario.
-No, Mario. Non potrei mai portarvelo via. La camminata mi aiuterà a pensare, state tranquillo-
L’omone sbuffò, ma non si oppose più. Piuttosto l’aiutò a prepararsi. La bisaccia era piena di mele e borracce d’acqua. C’erano anche pomate e fasciature mediche, nel caso si fosse ferita. Passando per il paese si sarebbe fermata a prendere anche delle pagnotte di pane. E fortunatamente riuscì anche a procurarsi una coperta per la notte. Si armò poi del necessario: la sua lama, una spada leggera, uno stiletto e qualche pugnale da lancio.
-Fate attenzione, o mio nipote mi taglierà la testa-
-So cavarmela e lo sappiamo entrambi-
Dunque il viaggio cominciò. Era ormai mezzodì quando varcò la porta di Moteriggioni; aveva tardato salutando i vari paesani. Per un attimo si era perfino fermata davanti al portone della casa di Luigi, ma alla fine si era rifiutata di rivolgergli le proprie attenzioni.
Il tempo le sembrò favorevole. Il sole stava alto nel cielo, ma non creava un’afa soffocante. Forse era grazie al leggero vento che soffiava, accarezzando il viso della ragazza. Ogni tanto qualche carrozza la affiancava, credendola una nomade, ma lei teneva la testa bassa e non rispondeva. Alcuni dei passanti si offesero per il gesto, ma nessuno provò a ferirla. “Fortuna per loro” pensò “Avrei potuto ucciderli”.
Purtroppo, però, sul far della sera, il cielo si riempì di nuvole. Per diverse ore non cadde una goccia, ma quando ormai era già buio pesto arrivò un tremendo acquazzone. Flora non poteva rischiare di contrarre una malattia bagnandosi da capo a piedi, così cominciò a correre, pregando di trovare una casa nei paraggi. La fortuna stava decisamente dalla sua parte, perché dopo pochi metri scorse una luce. Era la luce di una lanterna, una lanterna che un uomo stava riportando in casa, pronto probabilmente a coricarsi.
-Aspettate, vi prego!-
L’uomo, che si rivelò essere piuttosto avanzato in età, le sorrise cordialmente e, quando fu ormai vicina alla casa, le fece cenno di entrare.
In casa c’erano altre due persone: un uomo, più giovane del primo ma con i lineamenti molto simili, e una donna. Il primo uomo visto da Flora doveva essere davvero molto vecchio dato che aveva capelli e barba bianchi. Eppure i suoi occhi, azzurri e vivaci, lo facevano sembrare più giovane. L’uomo seduto a tavola aveva invece gli occhi marroni, ereditati forse dalla madre, e doveva avere cinque o sei anni in più di lei. La donna, altrettanto giovane, teneva i capelli castani raccolti in una crocchia che ormai, dopo una giornata di lavoro, era scompigliata. Da una copertina posata su uno sgabello, Flora intuì che in casa doveva esserci pure un neonato che già dormiva.
-Mi dispiace irrompere così nella vostra casa, Messere- disse la ragazza rivolgendosi all’anziano.
-State tranquilla, giovane fanciulla. Non potrei mai lasciare qualcuno sotto una simile pioggia-
-Emanuele!- gridò la donna alzandosi dalla sedia –E’ una sconosciuta! E per di più armata-
Il vecchio non sembrava sconvolto.
-Potete stare tranquilla, Madonna- la rassicurò Flora –Se non siete una criminale, non vi torcerò un capello-
-E come posso esserne certa?-
-Semplicemente è una delle principali regole del mio credo. Se vi uccidessi o ci provassi soltanto, andrei contro la mia stessa natura-
-Io le credo- disse l’uomo più giovane –Io le credo, amore mio-
Flora rimase molto sorpresa dalla sua reazione. Sapeva dell’Ordine?
-Siete amica di Mario Auditore, non è così?-
-Si, lo sono. Lo conoscete?-
-Lavoro come corriere e l’ho conosciuto durante uno dei miei viaggi. Il vostro credo mi ha molto impressionato-
Emanuele fece cenno a Flora di porgergli la veste, zuppa a causa del tempo. Lei non esitò a liberarsene e osservò il vecchio posarla accanto al camino.
-Diverrete assassino, dunque?-
-Oh, no. Ho una famiglia a cui badare. Ma non vi negherò mai il mio aiuto-
-Come vi chiamate?-
-Gabriele Corsetti. E lei è mia moglie Simona. E immagino che avrete capito che il vecchio che vi ha accolta è mio padre-
-Vi ringrazio immensamente per l’ospitalità. Il mio nome è Flora Tanucci e spero di non disturbarvi a lungo. Mi sto dirigendo a Forlì per parlare con Caterina Sforza. Solo lei può darmi le informazioni che cerco-
-Siete la benvenuta nella nostra casa finchè ne avrete bisogno. Spero solo che i pianti del piccolo Federico…-
-F…Federico?- chiese sbigottita la ragazza.
-Si- disse Simona –E’ il nome di nostro figlio. Mario Auditore ha perso due dei suoi nipoti a causa di un tradimento e Federico era il nome del primogenito. Mio marito lo ha voluto ricordare così e io non avevo nulla in contrario-
Si sentì mancare. Per un attimo sentì le gambe cedere e la vista annebbiarsi. Non cadde a terra, ma ci mancò poco. Ripensò a quel giorno, il giorno in cui aveva visto Federico morire sotto la stretta del cappio. Sotto la stretta del tradimento.
-Flora, vi sentite bene?- chiese Emanuele.
-Io…io…non è nulla-
-Conoscevate quel giovane?- aggiunse poi Simona.
Una lacrima quasi invisibile scese lentamente sulla sua guancia ripensando a quando si era inginocchiato facendole la proposta. Si era sentita così crudele nel dirgli di no, ma al tempo stesso sollevata perché non gli aveva mentito.
-E’ quasi diventato mio sposo- disse in un sussurro.
L’uomo anziano le portò una sedia e si mise accanto a lei, mentre Simona e suo marito si avvicinavano, come per sentire una storia.
-L’ho conosciuto due anni orsono, quando lavoravo con mia madre come fioraia. Mi ero innamorata di suo fratello, il nipote sopravvissuto di Mario, ma lui sembrava amare un’altra. E per caso, per puro caso conobbi Federico. Mi ricordava tanto suo fratello, ma al tempo stesso lo reputavo molto più gentile. Quando però ho rivisto Ezio, non ho potuto fare altro, se non rifiutare la proposta, suscitando lo sdegno di tutti. Pochi giorni dopo, in piazza, l’ho visto morire. Ho visto morire lui, suo padre e il suo piccolo fratellino Petruccio-
La donna di casa si teneva una mano davanti alla bocca, assai rattristata dalla storia. Gabriele manteneva la testa bassa scuotendola di qua e di là ed Emanuele stringeva la ragazza per le spalle, cercando di consolarla.
 
Poco più tardi, quando ormai Emanuele e Simona dormivano, Gabriele portò Flora nella piccola stanza del bambino. Era già grandicello, forse aveva quasi un anno. Ed era davvero bello. Guardarlo creava in Flora un certo senso di pace. Le ricordò che l’assenza di Federico non doveva essere per forza qualcosa di brutto, dopotutto lui era in pace ormai, ammesso che ci fosse un posto in cui stare in pace. Requiescat in pace recitava il suo credo. Quindi si…forse era così che doveva vederla.
-Buona notte piccolo Federico…Requiescat in pace-

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** La Contessa di Forlì ***


Bene, bene, bene. Mi scuso, però dai, almeno non ci ho messo un mese u.u A parte gli scherzi, mi sono dimenticata di dirvi, la scorsa volta, che io sto trattando Caterina Sforza già come reggente di Forlì assieme al marito, anche se in realtà lo diventò in seguito. Ho dovuto apportare questa modifica all'historia, perdonatemi. Comunque ecco qui il nuovo capitolo :) E da non dimenticare Flora's Secret su facebook ^^

Il mattino seguente, la ragazza fu svegliata da un gallo che cantava. Lo sentì più e più volte prima di aprire gli occhi. Era rimasta a dormire sul divano, per non far scomodare nessuno dal proprio giaciglio, e la finestra della stanza dava direttamente sul pollaio. La prima cosa che vide risvegliandosi fu Simona, che lavava alcune ciotole e piatti: lei, Gabriele ed Emanuele dovevano aver già fatto colazione. Sul tavolo di legno, attorno a cui erano seduta la sera prima, stavano ancora delle stoviglie. Sul piatto delle uova sode fumanti.
-Buongiorno, giovane Flora. Spero che per colazione vi piacciano latte di capra e uova sode-
-Oh- la ragazza osservò per un po’ la tavola, pensando che forse stava approfittando un po’ troppo di quella famiglia –Io…certo, certo che mi piacciono, ma non era necessario che li preparaste, ho con me del cibo-
-No, no, no. Siete nostra ospite e come tale mangerete il cibo che decidiamo di offrirvi- disse come una madre apprensiva –Sedetevi e mangiate-
Lentamente Flora si alzò e si stropicciò un po’ gli occhi. Doveva ammettere che le uova avevano davvero un aspetto invitante, addirittura da sembrare finte. La maniera in cui aveva vissuto, sin dalla morte dei suoi genitori, le aveva insegnato ad apprezzare il cibo e così, anche se nei due anni alla villa era stata abituata al meglio, quella colazione le sembrò un vero dono. Una volta sedutasi, ingurgitò velocemente il latte e, creando diverse briciole, fece lo stesso con le uova.
-Mamma mia- esclamò Simona –Facevate la fame prima di venire qui?-
-A dire il vero no, per niente. E’ solo che questo cibo è davvero gustoso-
-Aspettate a dirlo, non avete ancora assaggiato la porchetta che cucino per pranzo-
Il pranzo. Non voleva risultare maleducata, ma non poteva più rimanere. Rischiava di tardare ed era certa che la Sforza non lo avrebbe accettato. Inoltre si era già trattenuta troppo.
-Simona, vi ringrazio davvero di cuore, ma purtroppo non posso rimanere. Devo raggiungere Forlì il prima possibile-
La donna la guardò torva per un po’, poi chiuse gli occhi ed emise un leggero sospiro, come di sconfitta.
-E va bene. Ma almeno aspettate il ritorno di mio marito e mio suocero. Sarebbero davvero dispiaciuti se non potessero salutarvi-
Ed era altrettanto. Emanuele l’aveva fatta entrare senza chiedere nulla. Non gli era importato della sua identità e non aveva preteso nulla in cambio. Aveva solo fatto un’opera a fin di bene per una persona a lui completamente sconosciuta. Non poteva non salutarli.
 
In ogni caso i due uomini non tornarono molto tardi. Avevano portato a casa un maiale davvero grande, quello con cui Simona avrebbe fatto la porchetta. Dovevano averlo ucciso piuttosto lontano da casa, perché non si erano sentite le grida dello sfortunato animale. Gabriele provò in ogni modo a convincerla perché restasse, quantomeno a mangiare, ma non ci fu verso. Flora aveva un compito e non poteva tardare.
-Gabriele, casa vostra è stato un vero rifugio per me. Non so come avrei fatto a sopportare la pioggia di questa notte, altrimenti. Se riuscirò a compiere la mia missione sarà solo merito vostro e della vostra famiglia-
-La causa degli assassini e in un certo senso la mia causa. Se posso fare qualcosa, non mi tiro indietro-
Arrivò dunque il tempo di rimettersi in cammino. Sulla porta della casa, a salutarla, c’era anche il piccolo Federico. La madre lo teneva in braccio e agitava la sua piccola manina. Flora si commosse leggermente, ma era già lontana perché le lacrime potessero essere notate. Dopo altri piccoli passi, non si voltò più indietro.
 
Ci vollero un altro giorno di cammino, una nottata passata in un granaio abbandonato e qualche altra ora in movimento perché arrivasse finalmente alle mura di Forlì. Tutt’intorno il terreno era pieno d’acqua. Pozzanghere e piccoli laghetti sommergevano parecchie parti della campagna, tra le quali anche le case. Tutta quell’acqua rendeva il paesaggio davvero molto triste. Quasi tutti quelli che non erano impegnati nell’allevamento o nella coltivazione di ortaggi si occupavano di togliere l’acqua dalle case con quello che potevano: secchi, ciotole, pentole e quant’altro. La giovane avrebbe voluto fare qualcosa per loro, ma doveva assolutamente presentarsi a palazzo. Perfino all’interno delle mura, circondate da un enorme fossato, la vita sembrava spenta. Per le strade non c’era molta gente e le poche persone che giravano qua e la mancavano totalmente d’animo. Le uniche voci udibili erano quelle dei banditori, nemmeno i mercanti gridavano, non tentavano di vendere a chiunque la loro merce. Flora non si azzardò a correre: in mezzo a quel silenzio le avrebbero lanciato chissà quali offese e affibbiato chissà quali nomi, inoltre l’avrebbero presa per pazza.
Essendo stata invitata dalla Contessa di Forlì in persona, decise di entrare tranquillamente dal portone principale: non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi le spade delle guardie a pochi centimetri di distanza. Posò su di loro uno sguardo torvo e, leggermente infastidita, ma comunque con una certa calma, si spiegò.
-Sono stata invitata ufficialmente-
-Messer Riario non ci ha informati di alcun ospite-
-Perché lei è mia ospite-
Una voce femminile, acuta e molto decisa, accompagnata da un forte rumore di tacchi, provenne proprio in quel momento dall’interno del palazzo. La ragazza a cui apparteneva era molto snella, vestita di color porpora e con dei bellissimi capelli color biondo rame, raccolti in modo da lasciare libere solo due ciocche sul viso. La carnagione chiarissima e gli occhi azzurri come il cielo le conferivano, assieme alla corporatura quasi perfetta, una bellezza particolare. Flora non era sicura.
-Caterina Sforza?-
-In carne ed ossa. Voi dovete essere Madonna Tanucci-
L’assassina, ancora confusa dall’età della Contessa, che non doveva essere superiore ai quindici anni, fece un inchino alla maschile. Una ragazzina più giovane di lei poteva davvero aiutarla?
-Prego, seguitemi-
Le guardie tornarono al loro posto senza provare nemmeno a replicare. Caterina si muoveva davvero svelta all’interno del castello e continuava a guardarsi attorno, come se non dovessero essere viste da nessuno. Flora immaginò che Girolamo Riario, suo marito, non sapesse nulla e non dovesse venirlo a sapere. La giovane Signora di Forlì si calmò solo quando raggiunsero quella che doveva essere la sua stanza da letto. Una miriade di donne, sicuramente le sue serve, si inchinò al suo arrivo, ma lei si limitò a cacciarle fuori con severità.
-Qui non saremo disturbate- disse per prima cosa –Quando il vostro uomo è venuto qui e ha menzionato l’omicidio di vostra madre, avrei voluto subito informarlo, ma mio marito doveva restarne all’oscuro-
L’assassina si rese conto che Caterina sembrava molto più una donna di quanto il suo aspetto non desse a vedere. Lei alla sua età era molto più innocente e meno sicura di sé.
-Dunque sapete chi l’ha uccisa?-
-Non esattamente-
-Come sarebbe?-
-So chi ne è al corrente. Sapete, Flora, nella posizione in cui mi trovo riesco a recepire informazioni anche quando non vorrei. La gente, soprattutto quella a palazzo, parla molto-
-Ho bisogno che mi diate un nome- insistette Flora.
La Contessa rise leggermente. Non era un sorriso di gioia, era uno di quei sorrisi leggermente mescolati alla tristezza.
-Ebbene?-
-Il vostro bersaglio è Girolamo, mio marito-
Subito la ragazza sbarrò gli occhi e lasciò che la sua bocca si socchiudesse leggermente.
-State forse scherzando?-
-Assolutamente no, non potrei mai. Mio marito è molto amico di diversi templari, ma non ha idea che io stia dalla vostra parte. Così, molto spesso, quando mi trovo a letto con lui, mi racconta cose che dovrebbe tenere per se. Ho già sventato qualche piano a questo modo. Purtroppo sta volta non ha voluto dirmi il nome del sicario. Ho come l’impressione che inizi a trovarmi noiosa-
-E…io cosa dovrei fare?-
L’organizzatrice, la mente, era sicuramente Caterina.
-Se potete, vi chiedo di non ucciderlo. Vicino alle mura est della città c’è una locanda, in cui si reca spesso. Se sta sera mi rifiuterò di fare l’amore con lui, uscirà di certo a bere qualcosa. Dovrete fingervi locandiera e in questo vi aiuterà il proprietario, che è un caro amico. Non nego che Girolamo potrebbe volervi per se; sotto quelle vesti così mascoline credo nascondiate un fisico piuttosto attraente. In ogni caso, non potrete tirarvi indietro, perché accontentarlo, almeno un po’, sarà necessario per apprendere ciò che vi serve-
La vera difficoltà dell’essere assassina, constatò Flora quel giorno, non stava tanto nel trovare il coraggio di uccidere, quanto nel riuscire a comportarsi come ciò che non si era. Mai avrebbe potuto tradire Ezio, ma sapeva anche che quello non era un vero tradimento. Pregò perché lui non si trovasse in simili situazioni: era molto più debole nei confronti della carne e lo sapeva.
Lei comunque non si tirò indietro un secondo, pronta a fare qualsiasi cosa per la defunta madre.
-Portatemi dunque dal locandiere-

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Locandiera per una notte ***


Eccomi, eccomi! Dopo aver risolto qualche problema tecnico, sono finalmente tornata :) Spero che questo capitolo possa risultare interessante, sinceramente non rientra tra i miei migliori, ma nemmeno fra i peggiori u.u Non dimenticatevi assolutamente di fare un salto nella pagina facebook di Flora's Secret, anche per tenervi sempre aggiornati ^^

Il locandiere era un omone barbuto, che al tempo stesso mostrava un’aria amichevole. Si chiamava Bertoldo, né lui né Caterina pronunciarono il cognome, così Flora non lo chiese.
-Ci aiuterai quindi?-
-Ma certo, mia giovane signora! Se questa fanciulla non vuole stipendio alcuno, io non ho problemi a fingere che lavori qui-
-Al contrario, sarai tu a essere pagato-
L’uomo scoppio in una fragorosa risata, molto più di quelle di Mario. A Flora sembrò sentire la terra tremare.
La Sforza si congedò, salutando bene Flora consapevole che sarebbe partita subito dopo aver appreso ciò per cui era lì. Bertoldo portò poi la giovane in una camera.
-Qui potete cambiarvi, tra poco vi porterò l’abito adatto. Vi lascio pure la chiave, così se vi servirà porterete qui Girolamo stanotte-
-Molte grazie-
Era di nuovo sola. Sola con i suoi pensieri. Nascose la borsa sotto il letto e cominciò a slacciare la veste da assassina. Era necessario chiuderla nell’armadio e più tardi, una volta cambiata, vi avrebbe messo anche camicia, pantaloni e stivali.
Il vestito che gli porse il locandiere era sulle tonalità del verde, abbastanza scollato e con le maniche a tre quarti. Insieme ad esso c’era un grembiulino sudicio, originariamente bianco.
-Dirò che vi ho assunta oggi giorno per vedere come lavorate e, perdonatemi, vi darò del tu per tutta la serata, così non desteremo sospetti-
-Non c’è problema, capisco-
 
Flora aveva sempre avuto un seno delicato e poco abbondante, eppure quel vestito lo metteva dannatamente in risalto. Tutti gli uomini che entravano non badavano affatto al suo viso, ma solo al suo petto, e lo facevano senza pudore alcuno. “Ma che bella donzella!” dicevano alcuni. “Che acquisto, eh Bertoldo?” gridavano altri. Fortunatamente nessuno di loro provò ad allungare le mani, nemmeno quando la ragazza, per servire ai tavoli, era costretta ad assumere una posa poco decorosa. Serviva e puliva i boccali usati, poi serviva ancora e puliva altri boccali.
La speranza si affievoliva più la serata andava avanti senza tracce di Girolamo. Ma a notte fonda l’uomo, in abiti per niente nobili, si presentò, suscitando per un momento il silenzio di tutti. Lo temevano. Non appena si sedette, ognuno tornò a farsi gli affari propri. Quello era il momento di agire. Senza che il Riario ordinasse nulla, Flora gli portò un enorme boccale di birra, mettendosi leggermente in mostra.
-Posso offrire da bere al grande signore di Imola e Forlì?-
Lui la squadrò per qualche minuto. Era certo di non averla mai vista prima.
-Ti piace, Girolamo? L’ho assunta questa mattina- gridò Bertoldo in aiuto a Flora.
Infatti, ricevuta quell’informazione, l’uomo divenne meno sospettoso e molto più contento di avere davanti a sé la ragazza.
-Buonasera fanciulla, con chi ho il piacere di parlare?-
Si rese conto che dirgli il suo vero nome poteva essere rischioso e, siccome Bertoldo non l’aveva ancora mai chiamata per nome davanti a nessuno, se ne inventò uno di sana pianta.
-Sono Laura- rispose allungando la mano affinché l’uomo potesse baciarla.
-Laura. Ma che splendido nome. Splendido, proprio come voi-
-Sapete come adulare una donna-
Riario non era particolarmente affascinante, soprattutto per una donna abituata a Ezio. Portava i capelli di un castano chiaro lunghi fino alle spalle, lisci sopra e pieni di boccoli in fondo. Inoltre aveva un’aria piuttosto viscida. Purtroppo per Flora, però, era l’unico che poteva darle informazioni.
 
Reggeva molto bene l’alcool, perciò  ci vollero diversi boccali per farlo ubriacare. La locanda a quell’ora era quasi vuota: molti se n’erano andati, molti altri se ne stavano di sopra con qualche cortigiana o donna d’occasione.
-Portatemi con voi in paradiso- disse a un certo punto Girolamo, cingendo Flora in vita.
Lei cercò di non mostrare il ribrezzo che provava e riuscì perfino a ridacchiare, come se le piacesse l’idea. Dovette portarlo quasi di peso su per le scale, rischiando anche che le sfuggisse ruzzolando di sotto. Poi, una volta nella stanza, lasciò che si accasciasse sul letto, trascinandola con sé.
-Laura, dove siete stata tutto questo tempo? Vi prego, datemi tutto ciò che mia moglie non è mai riuscita a darmi-
-Non siate così duro con lei, scommetto che è graziosa-
-Mia moglie è solo una ragazzina. Scaltra, matura e intelligente, ma io ho bisogno di una vera donna-
Iniziò a palparla sulle natiche con veemenza e a cacciare il viso nella sua scollatura.
-Andate subito al sodo, eh?-
-Perché aspettare, amore mio?-
Flora si lasciò toccare, stando ben attenta a non ricambiare il “favore”.
-Fate piano, mio caro. Con calma. Se avrete tutta questa foga finirà tutto troppo presto-
-Oh, si. Divertiamoci usando tutto il tempo che abbiamo-
-Parlatemi di qualcosa…adoro le chiacchiere durante il sesso-
La ragazza si scoprì brava a mentire più di quanto pensasse. La sua voce, a differenza del suo viso, non lasciava trasparire il disgusto e l’orrore del momento. Fortunatamente, Girolamo era troppo impegnato per guardarla in faccia.
-Non saprei, la mia è una vita molto piena-
-Ho saputo che siete molto legato a persone “influenti”, persone che si liberano della feccia-
Caterina aveva detto che, se si parlava di templari, Girolamo parlava sempre dell’uccisione di Susanna, quasi come fosse un vanto.
-Già. Vi assicuro che è meglio averli come amici che come nemici. Due anni fa hanno brutalmente tratto in inganno una donna. Tullio Semproni, un vecchio amico di Napoli, è arrivato fino a Firenze su ordine dei piani più alti. Si è presentato alla sua porta, recitando la parte di un povero mendicante- faceva alcune pause per baciarle il seno –e così lei lo ha fatto entrare. Non sono passati nemmeno due secondi che la donna era già a terra pugnalata più e più volte, o almeno così lui dice. Povera stupida assassina, credeva che fare la fioraia sarebbe stata una buona copertura-
Immediatamente Flora si fermò. Avrebbe voluto ucciderlo, ma non poteva: lui serviva a Caterina. Invece, fece un respiro profondo e gli fece una proposta.
-Girolamo, vi prego, facciamo un gioco-
-Mi piace giocare…sono bravo. Di che si tratta?-
-Lasciate che io vi leghi. E’ una cosa che adoro fare-
L’uomo fu come percorso da una scarica d’euforia. Si tolse tutto ciò che aveva addosso, mantenendo solo le mutande.
-Fatemi vostro-
-Però c’è una regola. Ogni gioco ne ha almeno una. Finchè non vi dirò di smettere, dovrete tenere gli occhi chiusi. Guai a voi se li aprirete, o questa serata finirà molto male-
Girolamo avrebbe fatto di tutto pur di scopare quella notte, così la accontentò. Flora, più veloce di quanto non avesse mai fatto, riuscì a svestirsi e riappropriarsi dei suoi vecchi abiti. Dopodiché, sussurrando qualche altra frase falsa e sensuale, legò i polsi dell’uomo alle colonnine del baldacchino. Strinse forse e fece più e più nodi.
-Ecco qua- disse poi –Potete aprire gli occhi-
Il sorriso dell’uomo si trasformò in un’espressione di terrore e rabbia. Guardò le corde spaventato e provò a tirarle, ma tutto fu inutile.
-Mi dispiace tanto lasciarvi così, ma è solo grazie a voi se ora posso vendicare quella “povera stupida assassina” di mia madre- disse rimettendo il cappuccio sulla testa.
-Brutta puttana bastarda!-
-Non siate così cattivo, tra poco vostra moglie verrà a liberarvi. E grazie ancora, Girolamo-
Con leggiadria, la ragazza si lanciò fuori dalla finestra, che non distava molto dal suolo. Caterina si sarebbe occupata di tutto, anche di evitare che Girolamo denunciasse il fatto: Flora era certa che potesse farlo. La sua nuova meta era Napoli, ma sapeva che non poteva andare così lontano senza prima rivedere il suo amato. Prima sarebbe tornata nella sua bella Firenze.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Il ricordo del colore dei suoi occhi ***


Buon compleanno!!! Proprio così, ormai è da un anno che scrivo Flora's Secret ^^ La cosa mi rende molto fiera, perchè prima di questa FF e delle altre due in corso non ero mai arrivata a così tanto. Spero che la mia storia renda contenti/e anche voi, cari lettori, perchè è solo grazie a voi se scrivo ancora :) Questo capitolo è un po' più lungo del normale e spero vi colpisca come ha colpito me (fino a stamane non sapevo ancora come sarebbe finito xD). Perciò leggete e fatemi sapere, magari mettendo "mi piace" (se non l'avete ancora fatto) alla pagina fb di Flora's Secret :D

Era ancora notte quando partì per Firenze. Decise nuovamente di non usare alcun destriero, per non farsi notare. Rubò però una lampada ad olio per non camminare alla cieca: le nuvole non si erano ancora diradate del tutto e non permettevano alla luce della luna di illuminare il paesaggio. Sentiva molto la stanchezza, ma non voleva fermarsi a dormire. Una volta raggiunta la sua città natale si sarebbe coricata da Paola.
I paesaggi di campagna erano meravigliosi alle prime luci dell’alba. Erano luminosi, ma non accecavano come accadeva in pieno giorno. Avrebbe voluto avere con sé tela, tempera e pennelli per riprodurre quella visione, ma non era nemmeno sicura di saper ancora dipingere. Quel pensiero le ricordò che non aveva più visto Leonardo da quando era partita e che, in fondo al cuore, il suo maestro le mancava. Lo aveva sempre ammirato per le sue idee e lo ringraziava per averle insegnato l’arte del dipingere.
 
Quando vide le mura di Firenze era di nuovo notte, la notte fra il 30 aprile e il primo maggio. Fu una notte molto luminosa, luminosa come la speranza e la gioia che le infiammavano il cuore. Si sentiva come due anni prima, con lo stomaco sottosopra e la grande voglia di vedere Ezio. Riuscì però a resistere e ad andare prima alla bottega del Da Vinci. Il maestro dormiva raramente e, quando lo faceva, non era mai di notte. Eppure nessuno rispose al suo bussare sulla porta decorata. Ci volle parecchio trambusto prima di sentire dei passi all’interno della casupola. Flora non vedeva l’ora di guardarlo negli occhi e vedere cosa accadeva: l’espressione sorpresa di Leonardo era sempre bellissima, per non parlare della gioia che lo invadeva. Ma i passi non erano i suoi.
-Salai?-
Ad aprire la porta fu il giovane assistente di Leonardo, colui che il maestro incaricava delle commissioni.
-Madonna Tanucci? Siete voi?-
La ragazza posò di nuovo il cappuccio sulla testa, non più tanto contenta e tranquilla come prima.
-Dov’è il maestro?-
-Oh, ultimamente è davvero impegnato. Presto partirà per Venezia, i suoi servigi sono richiesti. Così va in giro per la città a concludere vari affari in sospeso-
-Capisco…beh, fategli sapere che sono passata, ma ditegli anche che è meglio se nessuno viene a sapere della mia presenza qui-
-Certamente, Madonna. Sarà felice di sapere che state bene-
Un lieve sorriso si disegnò sulle sue labbra nel sapere che il maestro non l’aveva dimenticata, ma avrebbe davvero voluto vederlo. Salutò Salai con solo un cenno del capo e si diresse verso la Rosa Colta.
Quando bussò alla porta del bordello e nessuno le rispose, ebbe un attimo il sospetto che anche Paola mancasse all’appello. Ma tutto tornò alla normalità quando i bellissimi occhi castani della donna le apparvero davanti. Adorava il calore con cui accoglieva la gente.
-Flora! Mia carissima Flora!-
La strinse forte a se, contenta di vederla. La ragazza ricambiò, sollevata di avere qualche appoggio in città e che tale appoggio fosse proprio lei.
-Madonna Paola, sono felice di vedervi-
-Entrate, mia cara. Entrate. E’ notte fonda e a una ragazza come voi non conviene girare-
La tenutaria sapeva bene che Flora era in grado di difendersi, ma ovviamente preferiva che non ce ne fosse il bisogno. Le sue ragazze non erano altrettanto contente di vedere l’assassina, memori probabilmente della sua influenza sul giovane Ezio. Non diede loro molta importanza e tornò a guardare Paola.
-Sono qui per salutare Ezio-
-Lui, però, non è qui. Mi hanno detto che era a Firenze, ma non alloggia qui da me-
-Lo so, lo so. Difatti sono io a voler alloggiare qui- disse sorridendo –Ho viaggiato per un giorno intero e credo di essere prossima a uno svenimento se non mi corico immediatamente-
-Ma certo, non v’è problema. Manterrò sempre una stanza libera per le persone che lo meritano. Andate di sopra, l’ultima camera non è occupata da nessuno. Potete restare finchè vi serve-
La stanza non era certo bella come quella di Moteriggioni e nemmeno come quella della locanda. Era piuttosto sudicia ed era certa di aver visto qualche insetto muoversi agli angoli. Il letto sembrava straniero: era pulitissimo e le lenzuola ben tirate su di esso.
La tranquillità e la solitudine di quella strana stanza riportarono Flora ai suoi pensieri di giustizia. Aveva un nome: Tullio Semproni. Aveva un luogo: Napoli. Il movente lo aveva ormai da due anni. Ricordò sua madre stesa per terra, immersa nel proprio sangue, dopo tanto che non ci pensava. Non sentiva le lacrime salire agli occhi: ormai non ne aveva più. Sentiva solo la solitudine. Suo padre le mancava, ma non troppo. Sua madre invece molto. Lei l’aveva fatta donna, grazie a lei era diventata ciò che era.
Concentrata su quei ricordi si addormentò, stranamente tranquilla. Non fece alcun sogno né incubo, vide solo il buio e riaprì gli occhi quando ormai il sole picchiava forte sulla città. A quell’ora del mattino era difficile trovare qualcuno sveglio al bordello, così non se la sentì di svegliare nessuno. Come saluto, lasciò un pugnale da lancio sul tavolino all’ingresso, certa che Paola avrebbe capito di chi fosse.
Il nuovo problema che le si poneva davanti era come trovare Ezio. Non sapeva dove alloggiava e se si fosse effettivamente fermato a dormire. Provò prima alla vecchia dimora Auditore, poi provò perfino alla sua vecchia casa. Di lui non trovò nulla, né là né in giro. O quasi. Si credeva ormai perduta, convinta che senza un informatore avrebbe fatto poco. Poi vide una donna. Una donna per cui non provava particolare simpatia, ma che poteva aiutarla. Stava passeggiando vicino alle bancarelle, diretta verso casa. Sapeva che non le avrebbe mai parlato di sua spontanea volontà, così escogitò un semplice piano. Si nascose in un vicolo lungo il percorso della giovane, sfruttando le ombre per capire quando sarebbe arrivata. Doveva coprirle prontamente la bocca per non farla gridare, ma doveva anche riuscire a calmarla perché non si liberasse.
Lo scatto fu fulmineo e, come immaginava, la donna iniziò subito a dimenarsi terrorizzata.
-Dovete stare buona, di grazia. Non voglio farvi del male, né rapinarvi, né null’altro. Ho solo bisogno di informazioni-
La giovane continuava a respirare affannosamente, tentando di liberarsi la bocca dalla mano di Flora, però smise di muoversi convulsamente. Fece di si con la testa e Flora, per essere certa che non gridasse, si liberò repentinamente del cappuccio.
-Voi?-
-Buondì, Cristina. Come state?-
Ascoltandosi, la ragazza si rese conto di aver acquisito un po’ della beffardaggine di Ezio in quegli anni.
-Cosa volete da me?-
Dagli occhi della Vespucci traspariva solo una cosa: gelosia. Aveva ragione, insomma, lei lo amava ancora.
-Sapete dov’è?-
-Chi?-
-Oh, andiamo, non provate a giocare con me. Sapete di chi parlo-
La squadrò dalla testa ai piedi, con un’aria un po’ altezzosa. Per diversi minuti tenne il broncio e la testa voltata di lato. Poi, capito che Flora non si sarebbe arresa, sbuffò e parlò.
-L’ho visto, se volete saperlo, ma non ho idea di dove sia. Doveva…farmi un favore, ma non so se ha già concluso-
-Dove?- insistette.
-Non lo so, dico davvero. Gli ho solo detto chi doveva cercare e lui ha risposto che ci avrebbe pensato da solo-
Era tipico di Ezio. Aveva sempre avuto una certa “abilità speciale” nel trovare le persone dal nulla. Chissà come faceva.
-Ora posso tornare alla mia passeggiata?-
-Certo-
Non le serviva più il suo aiuto. Flora si stava rimettendo il cappuccio e la giovane Vespucci stava tornando sui suoi passi, quando il sole illuminò qualcosa al suo collo. Era il ciondolo di una lunga e dorata collana, che al centro portava una piccola pietra rossa. Immediatamente fermò la ragazza trattenendola per un polso, così da guardare meglio. Si, non era solo una collana, era un medaglione.
-Dove l’avete preso?-
-Cosa?-
-Il medaglione-
Cristina guardò la sua collana e in quel momento capì che Flora non sapeva. Ezio non glielo aveva mai detto. Un sorrisino compiaciuto apparve sul suo viso e, contenta, si liberò dalla presa, iniziando a giocherellare con l’oggetto in questione.
-Secondo voi? Non ne esistono molto, ma immagino lo sappiate, no?-
In effetti ne aveva visti solo altri due. Uno al collo di Maria Auditore, uno al collo di Claudia. Difatti, quello era il medaglione della famiglia di Ezio. Tutti i componenti adulti l’avevano, ma solo le donne lo mostravano come fosse un normale gioiello.
-Me lo ha dato Ezio, tempo fa, quando ci siamo salutati-
Sapeva che era vero, che era l’unica possibilità. Ma non voleva crederci. Con forza afferrò il gioiello, sottolineando la domanda.
-Dove l’avete preso???-
Quel gesto fu un grosso errore. A pochi passi da loro, passeggiava un gruppo di quattro guardie che, sentendo le grida, si allertarono. Flora era vestita da assassina e oltretutto il modo in cui teneva la collana non la ritraeva come qualcuno dalle buone intenzioni.
-Non muovetevi- le ordinarono avvicinandosi.
Lei però non poteva obbedire. Guardò un’ultima volta Cristina negli occhi e, lasciandole la collana, cominciò a scappare.
Non tornava a Firenze da due anni e alcune strade erano cambiate. Decise di non provare ad arrampicarsi per paura di inciampare. Sapeva che il suo umore e le sue emozioni la stavano distraendo. Corse, ma non per molto. Presto si trovò in un posto davvero sconveniente: un vicolo cieco. Il muro era alto e senza appigli, perciò doveva combattere. Fortunatamente il gruppo nemico era formato solo da soldati semplici, gente in erba e con armi leggere. Sfoderò lo stiletto ed estrasse la lama celata, pronta a farli fuori tutti se necessario. Il primo provò ad attaccarla da sinistra con un fendente. Lei si abbassò e, girando su se stessa, gli procurò un grosso squarcio sulla pancia grazie al pugnale. Con tale mossa riuscì anche ad avvicinarsi a un suo compagno abbastanza da coglierlo di sorpresa e trapassargli il collo con la lama celata. Ne mancavano altri due. Quello più vicino pareva molto spaventato, mentre quello dietro era carico di adrenalina e voglia di attaccare. Flora prese una lieve rincorsa e si fece scivolare tra le gambe del primo. Ancora stesa a terra calciò nelle palle il secondo, che si piegò per il dolore. Ripose lo stiletto e, rialzandosi, prese la spada per poi privare la guardia della testa. Concluse puntando l’arma al petto dell’ultimo individuo. Il poveretto tremava davvero molto. Lasciò cadere la sua spada e si pisciò pure nelle braghe.
-Andate via e non provate a chiedere aiuto, intesi?-
Agitò velocemente la testa su e giù, pregandola con gli occhi. Lei lo lasciò andare, sapendo che con uno spavento del genere non avrebbe mai parlato.
Uscendo dal vicolo cieco, si accorse di essere vicino all’Arno. Non era nella zona del Ponte Vecchio, però. Il ponte che si trovò vicino era ancora in costruzione. Su di esso però c’era qualcuno. E quel qualcuno stava tenendo qualcun altro sospeso verso le acque del fiume. L’uomo in vantaggio lei lo conosceva bene. Non voleva interromperlo, però. Voleva vedere come andava a finire.
-Ezio…- sussurrò.
Si nascose di modo da vederlo ma da non farsi vedere. Il poveretto a rischio era il nuovo fidanzato di Cristina, Manfredo. Ezio l’aveva appena salvato dalle grinfie di un malfattore, ma non si fidava. Voleva sapere se amava davvero Cristina e se per lei avrebbe smesso di giocare d’azzardo. Impaurito quasi quanto il soldato che Flora aveva liberato poco prima, l’uomo fece cenno di si. Doveva averlo convinto, perché Ezio lo lasciò andare. Il volto di Flora si dipinse di gioia nel vedere che Ezio non era cambiato e non andava in giro a uccidere innocenti. Stava per alzarsi dal nascondiglio e corrergli incontro, quando qualcosa la fermò. Cristina Vespucci stava arrivando, preoccupata per il marito. Era diretta verso il ponte, quando Ezio la fermò portandola contro un muro. Anche se il cappuccio dell’assassino lo copriva, Flora capì subito cosa stava facendo. Stava baciando la ragazza e la stava baciando intensamente. Il bacio durò diversi secondi: durante i primi Cristina provò a liberarsi, per poi lasciarsi andare e acconsentire. Erano ormai abbastanza vicini perché Flora potesse sentire le loro parole.
-Sta bene- disse Ezio una volta concluso l’atto –Sarà un buon marito per te. Me ne sono accertato-
La Vespucci rimase parecchio allibita da tale affermazione.
-Che…che cosa?- chiese incredula.
Ma Ezio si allontanò senza aggiungere altro.
 
Lo seguì senza farsi sentire fino a raggiungere le mura. O così credeva. Non appena superato uno dei cancelli, Ezio scomparve, per poi riapparire alle sue spalle. La afferrò così come aveva fatto con Cristina, pronto a baciarla, ma lei fece qualcosa di tutto inaspettato. Il giovane si ritrovò una lama celata puntata alla gola.
-Che fai?-
-Che fai tu?!-
Ezio era riuscito ad accorgersi del pedinamento, ma non l’aveva vista quando erano al ponte nuovo. Dalla rabbia che traspariva negli occhi della ragazza, si rese conto che forse aveva visto. Ma voleva esserne sicuro.
-Io…io? Nulla. Ho sventato la congiura, se è questo che intendi-
-Si, beh, bravo. Davvero. Ma io parlo di Cristina-
Ecco, ne era certo. Lei aveva visto e lui non sapeva come spiegare. Si allontanò da Flora, per evitare di avere ancora un’arma puntata alla gola.
-Era…era un addio-
-Mh…gliene dai tanti di addii, perché ricordo che facesti la stessa cosa due anni fa-
-L’ho incontrata e non ho resistito, va bene?-
-Anche qui sbagli. Tu l’hai cercata, non l’hai incontrata per caso-
Quelle parole fecero comprendere a Ezio che forse non li aveva solo visti, ma aveva anche incontrato Cristina, da sola.
-Le hai parlato, vero?-
-Proprio così. Ti stavo cercando ed è apparsa lungo il mio cammino. Per davvero-
-Che altro sai?-
-C’è altro?-
La guardò, aspettando che ammettesse di sapere ogni cosa.
-In effetti…mi mostreresti il tuo medaglione di famiglia?-
Quello fu il colmo. Ezio capì di aver sbagliato ogni mossa, dalla prima all’ultima. Capì che aveva perso la sua fiducia come quando avevano lasciato Firenze. Capì che non c’era mai cascata nelle sue menzogne.
-Io…non l’ho con me-
-E perché?-
-Perché…-
-Ve lo dico io perché. Perché ce l’ha Cristina Vespucci, la donna che non avete mai smesso di amare-
Da che teneva gli occhi bassi, Ezio tornò a guardarla in viso. Lei era piena di rabbia, lui di rimorso. Entrambi condividevano il dolore.
-Perché Ezio…perché?-
-Non lo so, Flora. Quando lei non c’è non la penso, non sento il bisogno di vederla. Ma quando ho messo piede qui ho sentito che non potevo farne a meno-
-Non è di questo che parlavo-
-Cosa volete sapere allora?-
-Perché avete chiesto la mia mano, se non sono l’unica che volete?-
In quel momento anche lo sguardo di lei si riempì di tristezza. Ci aveva creduto, ci aveva creduto davvero. Avrebbe voluto parlare, avrebbe voluto chiarire, ma non c’era tempo. Decise di dirgli ciò per cui era arrivata là.
-Ho un nome-
Per un momento in Ezio balenò di nuovo la gioia.
-Davvero?-
-Si chiama Tullio. Tullio Semproni. E…si trova a Napoli-
Ed ecco che svanì di nuovo. Napoli. Era davvero lontana. Non significava più stare lontani per qualche giorno, ma per molto di più. Mesi, forse addirittura anni.
-Flora- disse prendendole le mani –Spero davvero che ciò risolva i tuoi problemi. Quando lo avrai ucciso e saprai finalmente di aver fatto giustizia, sappi che la causa degli assassini ha bisogno di te. Che io ne ho bisogno-
Lei sapeva che non mentiva. Lui la amava, o quantomeno provava qualcosa di forte per lei. Ma al contempo amava anche Cristina. E lei non poteva stare a guardare, non poteva basare la sua vita su un uomo ancora così confuso. Sorrise leggermente e gli donò un lungo bacio, quello che prima aveva tentato di rubarle.
-Lo so, Ezio. Ora devo andare-
Gli mise qualcosa tra le mani e allontana dosi sussurrò un dolce “Ti amo”. Lui ricambiò, per poi guardare cosa gli avesse dato. Nella mano stringeva il ricordo del colore dei suoi occhi1.

Cherrie's notes 
1. Spero abbiate capito....in caso contrario vi ricordo che l'anello di Flora era color acquamarina. If you know what I mean xD

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Cambiare ***


 Eeeeeeecco questo nuovo capitolo tanto sudato! Mamma mia, gli esami mi stanno uccidendo -.- Sono continuamente al lavoro, tra tesina e appunti ç.ç Il capitolo non è particolarmente lungo, ma lo è un po' più del solito. Vi ho inoltre lasciato un bel finale di quelli shock, così quando tornerò vi divorerete il capitolo ^^ Ci rivediamo verso luglio ragazzi e ragazze, cercherò di non marcire in questo mesetto :)

Continuava ad asciugarsi gli occhi dalle lacrime con la manica. Cercava di farlo senza sbavare il trucco, di cui, però, doveva rimanere ormai ben poco. Raramente nella sua vita aveva pianto tanto da non vederci più. Ma, anche se davanti ad Ezio era stata fredda e dura, ciò che aveva fatto la stava distruggendo. Lo amava, sapeva di amarlo davvero, ma non poteva promettergli una cosa profonda e importante come il matrimonio se lui non era certo di amarla allo stesso modo.
Sembrava quasi che il mondo avesse iniziato a piangere con lei: prima il cielo si era oscurato, poi una forte pioggia aveva iniziato a cadere sul terreno, rendendolo in poco tempo fangoso e scivoloso. Era già caduta più di una volta e ormai era sudicia dalla testa ai piedi. Eppure non si fermava, non cercava alcun riparo, continuava a camminare verso Napoli, nonostante la debolezza, le lacrime e la pioggia.
Il suo corpo, però, non era forte come il suo spirito. Dopo poche ore iniziò a sentire le ossa doloranti. Cadde di nuovo, per l'ennesima volta, ma non riuscì più ad alzarsi. Le si annebbiò la vista, non per le lacrime quella volta. Non era mai svenuta, ma era certa che la sensazione che si provava fosse quella. La testa iniziò a girare e il buio la avvolse in pochi secondi. Sentì solo un cavallo nitrire e qualcuno che, scendendo, atterrava esattamente in una pozza di fango.
 
-Pensavo non la conosceste-
-Infatti, ma l'uomo che me l'ha affidata si è raccomandato tanto-
-Molto bene. Potete stare certo che...-
La donna che parlava fu distratta. Un lieve mugugno richiamò la sua attenzione.
-Andate Gennaro, si sta svegliando-
-Certo, Madonna-
La ragazza era stata spogliata e lavata. Giaceva in un morbido letto, coperta, ma certa di non essere stava rivestita. Provò a parlare, ma dalla sua bocca uscirono solo versi e parole incomprensibili.
-Shh, shh, giovane Flora. Dovete riposare-
La donna al suo capezzale sapeva il suo nome, ma lei era certa di non poter associare quella voce ad alcun volto conosciuto.
-Dovete essere proprio pazza per passare ore sotto la pioggia e non provare nemmeno a fermarvi e riposare-
No, era certa di non essere pazza. Era solo dannatamente innamorata. Non fece in tempo a replicare che cadde nuovamente nell'oblio.
 
Quando si risvegliò, il sole entrava dalla finestra, finendole esattamente in viso. Sentiva che la debolezza non l'aveva ancora abbandonata, ma era certa di stare meglio. Riuscì a mettersi seduta, allontanando così i forti raggi del sole dagli occhi. Le era stata messa una veste da notte, che però le sembrò un po' corta. Era sicuramente in una stanza mai vista, il cui arredamento e stile, però, le ricordavano qualcosa. Svanì ogni dubbio quando la donna che la accudiva entrò. Era elegantissima, ma le sue vesti color smeraldo trasmettevano poco pudore a chi la osservava. Si trovava in un bordello e quella donna doveva esserne la tenutaria.
-Ah, bene. Siete sveglia, uagliona1. Vi stavo giusto portando la colazione-
In effetti recava un vassoio. Era colmo di cibo: pane, uova, latte, miele, marmellata. Sentì lo stomaco brontolare forte; doveva aver dormito per diversi giorni. Non appena la donna ebbe posato quel ben di dio davanti a lei, si abbuffò.
-Come...come mi avete chiamata?- chiese a bocca piena.
La donna rise leggermente.
-Uagliona. Non vi sarete offesa, ah?-
-Ehm...dovrei?- mandò giù il boccone -Non so che significa, perciò...-
-Ahhh, dunque è vero che non siete di qua. Siete giovane, no? Una ragazza. Perciò siete 'na uagliona-
-Oh. D'accordo. Comunque si, ho diciannove anni-
-Maronna mia, e che facevate immersa nel fango? Alla vostra età, a meno che non facciate il mio lavoro, dovreste starvene a casa ad aspettare il marito-
Flora sentì come un pugno allo stomaco. Per un attimo credette di vomitare tutto, ma subito tornò al presente, scacciando quel pensiero.
-No, Madonna, non sono una cortigiana. Ero diretta a Napoli per una questione importante. Sapete, la mia vita non è proprio...usuale-
-Sicuramente, però, siete fortunata. L'uomo che v'ha accompagnata sapeva proprio dove portarvi-
-Un uomo?- chiese speranzosa -E com'era? Vi ha detto il suo nome?-
-Eh, no. Nu sacc. Però era proprio nu bell uaglione: i capelli biondi, gli occhi blu e misteriosi-
No, non era Ezio.
-Luigi...-
-Quindi è amico vostro?-
-Si. Si, è un conoscente. Ma...avete detto che sapeva dove portarmi? Volete dire che ora sono a Napoli?-
-Eggià. Benvenuta-
Dunque era stato Luigi a raccoglierla da terra. Non aveva idea di come potesse conoscere la sua meta, ma gli era grata. La donna la lasciò nuovamente sola e, mentre scendeva le scale, imprecò qualcosa di incomprensibile. E così, quell'accento così strano ma anche molto allegro era il napoletano. Le piaceva, era particolare.
Dopo aver constatato di potersi reggere in piedi, si tolse la veste da notte per indossare quella da assassina, che era stata cortesemente lavata. Si accorse di non aver chiesto il nome alla donna, così la cercò al piano di sotto.
-Madonna, perdonatemi-
-Ditemi-
-Prima di tutto vorrei, per cortesia, sapere il vostro nome-
-Il mio nome è Giada. Gestisco da molti anni questo luogo, il “Profumo di Rosa”, rinomato bordello di Napoli. Che altro?-
-Mi scuserete, ma ora ho proprio bisogno di muovermi e di vedere questa città. Perciò mi aspetta una lunga passeggiata-
-Siete libera di fare ciò che volete. Ma non vi 'nguaiàte, siete ancora in via di guarigione-
Flora la salutò con un sorriso. Capì che quella città le sarebbe piaciuta non appena mise piede fuori dal portone: un meraviglioso mare azzurro si stagliava contro di lei e, sulla sinistra, c'era un enorme monte scuro2. O forse non era proprio una montagna. Doveva essere un vulcano. Ricordava qualche descrizione fatta da sua madre. I vulcani, ricordava, erano simili alle montagne, ma capaci di sputare fuoco liquido.
Dalla sua posizione, piuttosto soprelevata, poteva vedere molto di quella città. Era meravigliosa e immensa, piena di vita.
Calatasi il cappuccio sulla testa, cominciò a passeggiare. Non aveva ancora fatto nulla per farsi notare, perciò le guardie, che fossero state templari o meno, l'avrebbero lasciata in pace. In giro per la città c'era un forte vociare: non gridavano solo gli uomini e le donne di mercato, bensì anche coloro che volevano comunicare da casa a casa. E ognuno di essi sembrava essere molto allegro. L'ambiente risultava un po' più campagnolo rispetto a quello di Firenze, ma non le dispiaceva affatto. Era così presa da ogni piccolo dettaglio di quella nuova città, che non si accorse di essere seguita da qualcuno. Quel qualcuno la afferrò per un braccio, trascinandola in una viuzza secondaria. Lei prontamente estrasse la lama e, nonostante la debolezza, riuscì a sbattere la figura al muro e a puntarle la lama alla gola.
-Luigi! Ma siete voi!-
Senza pensarci due volte, lo abbracciò forte: le aveva salvato la vita e ora, grazie a lui, non era sola.
-Vi ringrazio, vi ringrazio davvero-
-Ho fatto ciò che avrebbe fatto qualsiasi confratello-
Non sembrava lui. Non si comportava come al solito, non era bramoso di averla. Voleva solo essere certo che stesse bene. La ragazza sciolse l'abbraccio per poterlo guardare negli occhi.
-Come sapevate dov'ero diretta?-
-Sarò sincero. Vi ho seguita a Firenze e, quando vi ho vista fuggire, ho parlato con Ezio. Sono rimasto a distanza finché non vi ho vista crollare a terra per l'ennesima volta-
-Vi devo la vita-
-Siete una sorella di lama. Non mi dovete proprio nulla-
Quando si accorse che, nascosti in quel vicolo e così incappucciati, potevano sembrare malviventi, la ragazza propose all'amico di continuare a passeggiare.
-Dunque, Flora, avete idea di come muovervi?-
-Non ancora. Ho deciso di non fare piani finché non conoscerò a fondo questa città-
-Beh, io so solo che il re è un templare, perciò dovete stare molto attenta. I Medici erano alleati e, pur non stando in prima linea, potevano evitarci gravi conseguenze. Qui, invece, rischiamo severe punizioni, come...-
-...l'impiccagione-
Non riuscì a non pensarci. Era bastato che i Signori di Firenze si allontanassero dalla città per far morire tre innocenti. Quell'immagine le tornò alla mente e la colpì più forte che mai. Ricordò Federico e il modo in cui l'aveva ferito. Ricordò Giovanni e tutto ciò che non aveva potuto dire al figlio. Ricordò Petruccio e il futuro che non avrebbe mai avuto.
-Flora, io non intendevo...-
Luigi, come tutti i fratelli, sapeva.
-No. Non provate pena per me, ve ne prego. E' stata una grave perdita, ma...dobbiamo andare avanti. Parlatemi di questo re, dunque-
Il ragazzo sospirò, ma non volle insistere.
-Discende dal ramo Aragonese. Si chiama Ferdinando I di Napoli, ma è spesso chiamato Ferrante. Ho mandato qualche mio uomo a carpire informazioni, soprattutto sul suo palazzo, la cui locazione mi è ora ignota-
-Un momento...avete degli uomini? Qui?-
-Flora, gli assassini sono ovunque. In alcuni luoghi si notano di più, in altri di meno, ma non c'è luogo che non possano raggiungere. Perché credete che Giada vi abbia presa sotto la sua ala?-
-Anche lei? Non sembra una guerriera...-
-C'è modo e modo di combattere-
A forza di camminare erano arrivati al mare. Flora non l'aveva mai visto se non nei dipinti. Non aveva mai viaggiato molto prima di quel momento. Senza badare alla presenza di Luigi, tolse gli stivali e si arrotolò le braghe. Lentamente iniziò a camminare sulla sabbia. Che strano terreno. Granuloso e fastidioso, secco all'inizio, ma umido là dove stava vicino all'acqua. Un'onda le bagnò i piedi. L'acqua era gelida e rinfrescante. Mise le mani a ciotola per prenderne un po', ma, quando fece per portarla alla bocca, l'amico la fermò.
-Ve lo sconsiglio-
-E perché mai?-
-Non vi hanno mai parlato del mare?-
-Vengo da una famiglia di fiorai, Luigi, nessuno di loro viaggiava particolarmente. Mia madre era la più dotta, ma tendeva a raccontarmi solo delle cose più strane della terra. Come il monte laggiù che sputa fuoco-
Il giovane rise e la lasciò fare. Lei ingurgitò quel poco d'acqua rimasta nei palmi, per poi mostrare una smorfia di disgusto.
-Sale!- gridò.
Luigi scoppiò a ridere fino a piegarsi in due, mentre Flora sputava ripetutamente sul terreno.
-Dannazione, perché mai quest'acqua è salata? A che serve una così grande riserva d'acqua, se tanto è piena di sale?-
-Mia cara, sono quelli che definiamo “misteri della vita”. Tenete, bevete dalla mia borraccia-
Bevve e sputò ripetutamente, riuscendo poi a levarsi quel saporaccio di bocca.
Dopo quello spiacevole episodio, rimasero sulla piccola spiaggia a contemplare il cielo e, più tardi, il tramonto. Era proprio come lo dipingevano. Nuovamente pensò a come avrebbe potuto dipingere lei quella scena, sentendo un po' di malinconia. Ma Luigi la rapì da quel pensiero.
-Questa luce vi rende ancora più bella-
-Oh, Luigi, pensavo aveste rinunciato-
-Mi sono comportato male, lo so. Ma vi giuro che non è puro desiderio il mio, c'è altro, ne sono certo-
Lo guardò negli occhi e ci volle poco per capire che non mentiva. A Monteriggioni aveva uno sguardo bramoso e spocchioso, mentre in quell'istante sembrava solo dolce e innamorato. Non ricambiava, ne era sicura, ma allo stesso modo non era sicura di non provare nulla. Forse fu per quello, forse fu per l'atmosfera del tramonto, forse fu per il cambiamento che quella città le aveva portato nel cuore, forse fu per tutte queste cose che si lasciò baciare, distesa sulla sabbia.

Cherrie's notes 
1. Okei, non ho mai scritto in dialetto, qualsiasi esso fosse. Ma, supponendo che questa simpatica donna non sia delle più colte, soprattutto per il lavoro che fa, ho voluto tentare. Il mio ragazzo e nato e cresciuto per diversi anni a Napoli, spero di non recargli offesa xD
2. E' la visuale che si ha da Posillipo, o almeno così la ricordo io e la ritrae una mia foto u.u

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Ricerca ***


Eccomi, eccomi, eccomi!!! Scusate davvero per il ritardo, ma con i miei in vacanza avevo un sacco da fare per non rischiare di rimanere senza cibo o di far ammuffire la casa u.u comunque sono qui con un capitolo nuovo e...si, un po' interessante. Uno di quei tipici capitoli che ti fanno pensare "Cosa succederà poi tra tizia e coso?" xD Comunque, tornando alle cose serie: come già detto sto cercando di rendere l'accento napoletano quando Flora incontra gente non proprio colta, nel caso in cui non si capiscano alcune frasi ditemelo pure :) Inoltre, una ragazza, che ringrazio molto, mi ha fatto notare che il mio modo di scrivere il discorso indiretto non era propriamente corretto, così l'ho cambiato ^^ progressivamente cambierò anche nei vecchi capitoli. 

- Non avrei dovuto.
Il ragazzo guardò Flora alzarsi dal letto frettolosamente. Si sentì un po' offeso.
- Ma che dite?
- Lo sapete bene, Luigi.
La ragazza era ormai pronta a vestirsi. Dopo quel bacio sulla spiaggia, i due si erano lasciati trasportare e, tornati al Profumo di Rosa, si erano chiusi in una stanza. Era la prima volta che Flora andava a letto con qualcun altro, con qualcuno che non era Ezio. Nemmeno con Federico era mai arrivata a quel punto.
- Non sembravate così contrariata fino a poco fa...
Quelle parole la fecero sorridere: Luigi aveva ragione, le era piaciuto. E anche molto. Scese a sua volta dal letto per raggiungerla e, dopo averla abbracciata da dietro, inizio a baciarle il collo.
- Luigi, vi prego.
- Non mi abbandonerete proprio ora, mh? - chiese con aria sensuale.
- Mi duole, ma devo. Necessito di una strategia e deve essere la più discreta possibile, vista la posizione del sovrano. Parlerò con Giada e, se servirà, con altri – rispose con la veste da assassina nuovamente addosso.
Lasciò il ragazzo nudo e da solo nella stanza, pronta ad eseguire la sua missione ad ogni costo.
 
- Tullio Semproni, dite?
- Esattamente. Sono stata informata da fonte certa e sono qui per trovarlo e ucciderlo.
Giada fece cenno a una delle sue ragazze di avvicinarsi. Questa sembrava piuttosto “esperta”, ma mostrava anche un'aria particolarmente professionale. Doveva essere una specie di assassina sotto copertura.
- Alessandra, dimmi, ricordi se tra gli ultimi clienti templari acquisiti c'è un certo Tullio?
- Tra gli ultimi clienti templari? - chiese Flora sorpresa – Quanti ne avete esattamente? -
- Parecchi. Qui gli assassini non si fanno notare molto, per cui il nemico è meno sospettoso. Fino ad ora nessuno di loro ha mai scoperto la nostra copertura.
Mentre parlava, Alessandra non sembrava affatto una cortigiana. Sembrava colta, sveglia, nonché un'abile stratega. Era sicuramente una sorella di lama.
- In ogni caso, sì, c'è un Tullio nell'elenco, ma purtroppo non sappiamo il suo cognome. Non posso dirvi che sia con certezza l'uomo che state cercando e, come ben saprete, non possiamo lasciare che uccidiate un uomo a caso.
Flora era perfettamente d'accordo con lei. Non poteva agire senza essere prima certa: il credo non permetteva di uccidere innocenti e, inoltre, se avesse ucciso l'uomo sbagliato, l'assassino di sua madre sarebbe potuto arrivare a lei. Così pensò che la cosa migliore da fare era cercare una gilda di ladri: erano sempre i più informati. Ricordava di aver sentito parlare della Volpe a Firenze, il ladro dei ladri. Immortale a detta di alcuni. Pregò perché a Napoli ci fosse un individuo simile in grado di aiutarla.
 
La ragazza provò in tutti i modi a dissuadere Luigi dal seguirla, ma lui non volle sentire ragioni. Per prima cosa raggiunsero il centro animato della città, dato che il bordello di Giada era in una zona più tranquilla.
- E come pensate di trovarlo? Sempre ammesso che esista...
- Mio caro, i ladri sono pur sempre ladri. Basterà il tintinnio dei soldi.
Flora prese la sua scarsella e la spostò di modo che fosse ben visibile e che facesse rumore. Si avvicinò a diversi negozi dall'aria per niente economica, accarezzando il borsello e sperando di essere vista. Quando si accorse che, forse, c'era un po' troppo trambusto, stabilì che sarebbe passata da un vicolo vuoto e perfetto per una rapina. Non appena il ladro sui tetti l'ebbe raggiunta, lei se ne accorse, ma non lo diede a vedere. Il povero disgraziato fece in tempo a sfilargli il portamonete che lei già gli aveva afferrato il braccio e, piegandogli quest'ultimo contro la schiena, l'aveva scaraventato a terra, sedendocisi sopra.
- Pietà, messere. Pietà!
- Se foste un bravo ladro, vi sareste accorto che sono una donna...ma dopotutto, se lo foste, non vi avrei atterrato così facilmente e al posto del piagnucolio ci sarebbe stato almeno un tentativo di fuga.
- Perdonatemi, madonna – continuò l'uomo, disperato - Avreste dovuto nascondere meglio i vostri risparmi, sembrava quasi che voleste...ah, mannagg'!
Ridendo leggermente, Flora lo alzò da terra e, voltandolo verso di sé, lo spinse contro il muro. Per assicurarsi che non fuggisse, fece cenno a luigi di puntargli la lama alla gola. Questi usò un pugnale, ma il concetto era lo stesso.
- Dunque, mio caro amico, guardateci bene, guardate bene le nostre vesti. Immagino che il vostro padrone vi abbia parlato di quelli come noi. Sicuramente vi avrà detto che non siamo nemici, ma che è meglio non mettersi contro di noi. Perciò...dove posso trovare il capo della gilda dei ladri?
L'uomo doveva essere poco più grande di Flora e Luigi, ma la sua espressione terrorizzata lo faceva somigliare a un bambino. Sapeva certamente chi erano, tutti i ladri, le cortigiane, i mercenari e i soldati sapevano riconoscere un assassino.
- Si – disse dopo qualche respiro profondo -Si, sacc chi siete, ma non posso portarvici ora dal padrone, altrimènt e' soldàt troverebbèr o' covo.
- Non ha tutti i torti – fece notare Luigi.
C'era bisogno del buio, della notte. Solo così si sarebbero potuti muovere.
- Sta bene. Sapete dov'è il Profumo di Rosa?
- Eccome.
- Non avevo dubbi...Non appena il sole sparisce dietro l'orizzonte, voglio trovarvi davanti alla porta del bordello, pronto ad accompagnarmi alla gilda, chiaro?
- Sinnò? - chiese il ladro, tentando di fare lo spavaldo.
Flora lo afferrò per il colletto, costringendo Luigi a spostarsi, e gli puntò la lama alla gola.
- Sennò state certo che vi troverò. Non avrete nemmeno il tempo di chiamare uno dei vostri amici che già sarete a terra sanguinante e agonizzante.
- Agg capit, agg capit! - concluse lui con il terrore nuovamente dipinto in faccia.
 
La notte stessa, il ladro bussò alla porta del bordello, tremando leggermente. Flora lo salutò con un sorriso un po' maligno: si stava proprio divertendo a spaventarlo. Al suo seguito c'era Luigi che, insistentemente, non la lasciava in pace. Ma, dopotutto, finché non rischiava di intralciarla, non la infastidiva.
- Non vi pentirete di essere venuto – disse comunque al ladro per rassicurarlo.
Lui non proferì parola, si limitò a far cenno di seguirlo e a incamminarsi verso la parte bassa della città. A quell'ora era decisamente più tranquilla. Le strade erano più vuote, nessuno gridava e parecchie cortigiane andavano a braccetto di uomini dall'aria facoltosa.
La ragazza capì che si stavano avvicinando quando furono in un quartiere piuttosto cupo, quasi privo di guardie e stracolmo di gente dall'aria poco amichevole. Poi si fermò. Di colpo.
- Flora, che fate? - le chiese Luigi.
Lei non disse nulla, fece solo un cenno col dito, un cenno che diceva “State zitto”. Lo fece perché la piccola piazzetta dinnanzi alla porta che il ladro stava per raggiungere le sembrò troppo vuota. Qualsiasi fosse il quartiere, era strano che una piazza, per quanto piccola, fosse completamente vuota. Quando la vide guardarsi attorno, l'altro assassino fece lo stesso. Anche il ladro si era fermato, ma era molto più vicino alla porta che sembrava la loro meta. Lentamente si allungò per aprirla e allo stesso modo vi si infilò dentro.
- Imboscata – fu l'unica cosa che Flora riuscì a dire prima che un gruppo di ladri sbucasse da ogni angolo. Essendo accerchiati, i due assassini optarono per la tecnica “schiena-contro-schiena”. Il ragazzo scelse la spada, mentre la ragazza preferì lo stiletto. Non era intenzionata ad ucciderli però.
- State commettendo un grosso errore, ladri. Non sono qui per causarvi guai, voglio solo parlare con il vostro capo.
- Statt' citt', bagascia -
Flora non sapeva il napoletano, ma certe cose le capiva facilmente, qualsiasi fosse la lingua. Il tono di un'offesa si riconosce sempre. Lei comunque non perse le staffe: doveva parlare con il capo della gilda e, se avesse ucciso i suoi uomini, non sarebbe stato facile. Per convincerli decise di mettere via l'arma: sapeva come disarmare a mani nude e, così facendo, li avrebbe solo tramortiti.
- Ma che state facendo? Siete forse impazzita? - chiese spaventato il fratello di lama.
- Vi assicuro che così ci risparmieremo un sacco di guai.
Agli uomini comunque non importò granché che fosse disarmata. La attaccarono ugualmente, ma lei riuscì con facilità a disarmarli e a renderli innocui con qualche botta nello stomaco, in testa e, se necessario, anche sui testicoli. Il suo amico continuava a difendersi con la spada, riuscendo anche a non ferire nessuno. Dopo che Flora ebbe steso due o tre uomini, estrasse la spada puntandola verso quelli rimanenti, ormai piuttosto impauriti.
- Ebbene?
- Ebbene, mi avete convinto.
Dal balcone dell'edificio in cui era entrato il ladro sbucò un uomo. Stava applaudendo con un ghigno soddisfatto in faccia.
- Uomini, siete 'na virgognaria!!! - gridò rivolto ai ladri svenuti e non -Venite 'ngoppa, uagliona. Voi e l'amico vostro.
Capirono di poter salire solo grazie al gesto con cui l'uomo aveva accompagnato la frase. Il posto non era male, ma, visti i vari stili che costituivano gli oggetti presenti, furono certi di trovarsi nella gilda dei ladri. Il giovane ladro che li aveva tratti in inganno indicava, stando a testa bassa, una scala. Di sopra trovarono l'uomo che prima stava al balcone.
- Suppongo siate voi il capo – esordì Flora.
- Supponete bene. Vi chiedo perdono, ma nun potevo arrisicà, dovevo avere la certezza che foste 'na assassina. Ora che siamo qui...di che abbisognate?
- Cerco un uomo.
- Se v'ha promesso informazioni, potete chiederle a me direttamente.
- No. Devo trovarlo...per ucciderlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Una di voi ***


Eccoci qui con un nuovo capitolo! Vi avviso da subito: non è particolarmente lungo né "ricco", perché è un capitolo di passaggio, diciamo. Il prossimo sarà decisamente meglio, ve lo assicuro :) Se avessi fatto di questo e del prossimo un unico capitolo sarebbe venuto fuori un romanzo e, come sapete, mi piace lasciare un po' di suspance ^^ 

- Fatemi pensare...Tullio Semproni...
- Esattamente. Saprò ricompensarvi per le vostre informazioni...ma solo se saranno attendibili.
- Potete fidarvi. Non intendo farmi ammazzare da voi. Comunque abbisogno di tempo per potervi dare un'informazione certa. Datemi l'intera jurnata di addimane ed entro sira vi dirò ciò che volete sapere.
- Molto bene. Una volta soddisfatta vi pagherò.
- No, no. Nun è necessario. Lo faccio per un bene maggiure.
E così, anche a Napoli, come a Firenze, i ladri e le cortigiane conoscevano la missione assassina contro i templari e la appoggiavano.
 
Flora tornò al bordello insieme a Luigi, sapendo di poter solo aspettare. Era una cosa che non sopportava, stare ad aspettare mentre un templare omicida si aggirava liberamente. Durante il tragitto non alzò mai la testa, se non per controllare di andare nella giusta direzione. Le cortigiane, che prima si erano occupate dei facoltosi, erano in compagnia degli uomini più umili, lasciandosi sbattere per strada. Fu leggermente disgustata dalla leggerezza con cui la cosa accadeva alla luce della luna, ma sapeva che grazie a molte di loro alcune informazioni arrivavano alle orecchie di assassini con più facilità.
- Parlatemi – disse poi Luigi, improvvisamente.
Flora alzò lo sguardo, sorpresa, e fece spallucce.
- Che volete che vi dica?
- Qualsiasi cosa riguardante noi due.
L'aveva quasi dimenticato. Aveva quasi rimosso dai suoi ricordi che la notte precedente era stata a letto con lui. E la verità era che non era certa di aver compiuto quell'atto in maniera coscienziosa. Ma dopotutto, la prima volta con Ezio era stata molto simile.
- Qualsiasi cosa? Allora vi dirò l'unica cosa di cui sono certa: non sono certa di nulla in questo momento.
Il ragazzo la guardò per diverso tempo con la bocca leggermente socchiusa. Sicuramente dopo ciò che avevano passato si aspettava qualcosa di meglio.
- Dunque...sono solo stato un rimpiazzo? - riprese poco dopo il giovane.
- Non ho detto questo. Ma, cercate di capirmi, ho appena lasciato il mio futuro marito perché non riusciva ad abbandonare il suo amore per un'altra. Non sono proprio in vena di impegnarmi con qualcuno, chiunque esso sia.
Per un attimo sembrò spiazzato, ma, successivamente, cominciò ad annuire.
- Avrei dovuto sospettarlo. Ma, in ogni caso, sappiate che io sono qui, pronto a tutto per voi.
Flora sorrise, contenta di non essere sola in quella nuova avventura, contenta che a farle compagnia fosse Luigi, rivelatosi più maturo del previsto.
 
Quella notte non accadde nulla fra i due, che, comunque, dovettero dormire assieme per mancanza di posti. La giovane assassina faticò ad addormentarsi, per paura che il giorno dopo il capo dei ladri, di cui non si era fatta dire il nome, le avrebbe comunicato la totale mancanza di informazioni su Tullio Semproni. Per la prima volta dopo tanto tempo, ripensò a sua madre, Susanna. Per quanto il dolore fosse forte, non si sentì triste, ma avrebbe tanto voluto parlare con lei di tutto quello che stava accadendo. Fu con quel pensiero in testa che riuscì finalmente a prendere sonno.
 
La mattina successiva, fu svegliata dal buon odore di pane appena fatto e di latte appena munto. Proveniva da un vassoio, che si trovava tra le mani di Alessandra, la cortigiana che il giorno prima si era dimostrata più di una semplice ragazza di strada.
- Madonna Giada mi ha chiesto di portarvi la colazione perché con ciò che avete passato rischiate di stare male se non vi nutrite a dovere.
- Vi ringrazio, ma potevo venire a consumarla al piano di sotto.
- Non fa nulla, non avevo altro da fare.
Solo quando la ragazza si sedette sul lato opposto del letto si accorse che Luigi non era più lì.
- E' andato a fare una passeggiata – disse Alessandra rispondendo al suo sguardo interrogativo.
- Oh, certo.
Mentre iniziava ad ingozzarsi come aveva fatto ad ogni pasto in quei giorni, Flora si rese conto che la ragazza, oltre a sembrare più colta del previsto, non presentava affatto l'accento Napoletano che avevano tutti gli altri.
- Voi...voi non siete originaria di qui...non è vero? - chiese masticando la sua colazione.
- A dire il vero sì, ma ho viaggiato molto prima di stabilirmi.
- Una cortigiana...che viaggia? E'...la prima volta che lo sento.
- Forse perché sono la prima finta cortigiana che incontrare – rispose ridacchiando.
- Finta cortigiana? - chiese ingoiando a fatica il boccone – In che senso, scusate?
- Fino a qualche anno fa ero una normale ragazza. Anzi, a dire il vero, ero una ragazza piuttosto benestante. La mia famiglia era da sempre una famiglia di viaggiatori, sia per commercio che per gaudio. Sapevano l'italiano, ma anche il francese e l'inglese. Mia madre sapeva anche il tedesco. Un giorno, però, uno dei nostri viaggi di ritorno in Italia, fece sì che i miei genitori incontrassero un orrendo destino: un fuorilegge, che si trovava a piede libero grazie a dei templari, li uccise perché si rifiutarono di consegnarli il denaro. Se sono salva è solo grazie a Giada.
- Il ladro si è lasciato spaventare dall'arrivo di una cortigiana?
- No, dall'arrivo di un'assassina.
Dunque anche Giada non era una semplice tenutaria, ma anche un'assassina. O almeno lo era stata.
- Mi ha insegnato lei quello che so. Così ora, per ripagarla di avermi salvato la vita e di avermi dato un alloggio, lavoro per lei.
- Siete una sorella di lama?
- In un certo senso, sì – disse sorridendo.
Flora era sempre più meravigliata dalla quantità di gente appartenente all'ordine o comunque a conoscenza di esso.
- Ma ditemi – continuò Flora – Come fate a fingere? Come fate a sopportare tutti quegli uomini che vi toccano, vi baciano e vi...violano?
- Per la nostra causa, questo è poco. Insomma, voi uccidete le persone a sangue freddo. Io non ci riuscirei mai, nonostante tutto.
Era vero, dopotutto. La giovane assassina era schifata all'idea di lasciarsi toccare da uno sconosciuto, ma, se doveva trafiggere, ferire a morte o sgozzare qualcuno, non ci pensava due volte.
 
Ancor prima che Luigi tornasse, il capo della gilda dei ladri si presentò al bordello e il sorriso che portava dipinto in faccia faceva ben sperare.
- Dunque? - chiese Flora impaziente mentre ancora scendeva gli scalini.
- Ah, 'uagliona, siete davvero fortunata. Ho dovuto girare quasi tutta Napule per trovare ciò che cercavate, per poi scuverire che ciò che cercavamo era proprio sotto il nostro naso. Il vostro “amico” è conosciuto qui al vurdiellu. Pare sia un abbitudinario.
- Che pensate di fare? - le chiese allora Alessandra.
Flora ci pensò a lungo. Non era affatto certa della sua scelta, ma era sicura che non ci fosse altro modo. Sarebbe stata dura, ma alla fine avrebbe ottenuto ciò che voleva. Alzò lo sguardo verso Giada e la cortigiana.
- Diventerò una di voi.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Odiava ***


Oddio, ce l'ho fatta!!! L'altra sera ho acceso il mio lentissimo portatile e mi sono decisa: ho trasferito il capitolo, già iniziato, sul computer fisso, pronta a scrivere! Non l'ho concluso prima perché sono stata poco a casa, ma oggi, che non avevo nulla da fare, ce l'ho fatta!!! Come al solito non è particolarmente lungo, ma lo trovo piuttosto intenso (spero sarete d'accordo). Fatemi sapere cosa ne pensate e, sappiate, che ora proverò a scrivere più spesso (tutto dipende da quanto la mia famiglia occuperà il computer, dato che questo è anche loro mentre al portatile potevo starmene in pace u.u).

A partire da quel giorno, dunque, Flora divenne una cortigiana del bordello Profumo di Rosa. In realtà non divenne cortigiana a tutti gli effetti, poiché, nonostante i vestiti che le furono dati fossero quelli tipici, nonostante si aggirasse tra le ragazze perfettamente camuffata, non andò mai con nessun uomo. Ogni tanto qualcuno dei ladri si presentava e si faceva accarezzare in modo provocante da lei, di modo che potesse essere credibile agli occhi di Semproni, ma non fece nulla più.
Durante il giorno, quando nessuno poteva vederla, le ragazze le insegnavano come comportarsi una volta che si fosse trovata Tullio di fronte. Le insegnarono mosse sensuali, espressioni e gesti, per poi arrivare, qualche tempo dopo, al “sodo”. Le spiegarono che non poteva limitarsi a fare del sesso con lui, bensì doveva fargli credere di essere sua, di essere colei in grado di esaudire ogni suo desiderio.
 
Flora, che non era mai stata particolarmente “accesa” quando si parlava di sesso, ebbe bisogno di diverso tempo per adattarsi agli atteggiamenti di cortigiana. “E' molto brava per essere una che non vuole fare la cortigiana” disse Alessandra a Giada. E così era. Seppur schifata da quegli atteggiamenti, seppur desiderosa che ci fosse un altro modo per convincere Tullio a parlare (purtroppo lui non era stupido come Girolamo Riario), Flora riusciva a somigliare in tutto e per tutto a una normale cortigiana, spinta dalla forza di volontà e dalla consapevolezza che quello era il suo dovere.
 
Poi, finalmente o purtroppo, il giorno arrivò. Era il primo di giugno e il caldo afoso iniziava leggermente a farsi sentire. Il mattino presto e la sera si stava bene, ma a mezzodì era necessario rimanere al chiuso per non morire di un colpo di calore.
- Non possiamo fermarci solo per un momento? – chiese Flora, ormai sudata da capo a piedi e vicina allo svenire.
- No, assolutamente. Sta sera sarà il tuo momento, non ci sarà margine d’errore, altrimenti avrai passato tutto questo tempo ad impegnarti per nulla - le rispose Alessandra che, ormai, aveva capito essere la più sveglia e matura delle ragazze.
Così si rassegnò e continuò i suoi esercizi di seduzione insieme alle altre cortigiane.
In tutto questo, Luigi finì con il rimanere molto in disparte. E, data la sua indole, era solito fare l’offeso sperando di richiamare l’attenzione dell’assassina. Più volte aveva chiesto di fare da “cavia” per le serate in cui la ragazza doveva farsi notare da Semproni, ma, sia Flora stessa che le altre ragazze, avevano rifiutato categoricamente, ritenendolo non all’altezza.
- Se ti dovesse scappare un’occhiataccia nei confronti di Tullio – gli aveva detto una sera Giada, per farlo ragionare – lui potrebbe anche decidere di non volerla per non rischiare di scontrarsi con te.
Ciò l’aveva tenuto buono per un po’, ma, raggiunto il giorno decisivo, prese a fare lo stupido ogni volta che incrociava Flora.
Quando finalmente le ultime “prove” si conclusero, la ragazza decise di farsi un bagno, dato che in quello stato di certo non avrebbe attirato nessun uomo. Luigi, però, non la pensava allo stesso modo. Senza farsi sentire, la seguì fino nella stanza da bagno, rivelandosi solo poco prima che lei iniziasse a spogliarsi.
- Diamine! Io capisco che sappiate sfruttare le vostre abilità da assassino, ma così è davvero troppo! Placate questa vostra gelosia, altrimenti per questa sera vi farò rinchiudere da qualche parte pur di tenervi a bada.
- Non lo fareste mai, ne sono certo.
La ragazza, che si era voltata per guardarlo, abbassò la testa e tornò a dargli la schiena. In parte aveva ragione. In parte, perché per quanto gli volesse bene, non era ancora certa di amarlo. Magari poteva farcela, ma prima doveva dimenticare Ezio, altrimenti i sentimenti per Luigi sarebbero stati solamente una menzogna di ripiego.
- Luigi…non nascondo di sentire qualcosa per voi, ma…ancora non posso considerarmi innamorata. E, perciò, voi non potete considerarvi il mio uomo e non potete pretendere che io sia fedele. Se vorrete aspettarmi, ne sarò lieta, ma sappiate che non vi assicuro nulla. E, in ogni caso, la gelosia che provate ora è completamente insensata: Semproni è un informatore e una vittima, non è colpa mia se l’unico modo di incastrarlo e comportarmi da cortigiana con lui- disse tutto d’un fiato.
L’assassino si sentì leggermente ferito nell’orgoglio. Era ormai convinto di aver fatto breccia nel cuore i Flora e sentire quelle parole gli fece crollare il mondo addosso. Certo, non gli aveva detto che non aveva alcuna speranza, ma dopo la sera sulla spiaggia e la notte seguita a quel bacio, aveva sperato di essere ormai l’unico uomo per lei.  Provò ancora ad insistere, tentando di svestirla così da finire insieme a lei nella vasca, ma, delicatamente, Flora spostò la sua mano e lo guardò in modo da fargli capire che proprio non era il momento.
 
La sera arrivò in fretta, ma il momento di agire sembrò non avvicinarsi mai. L’assassina se ne stava sopra ad aspettare e, ogni volta che il portone si apriva, sbirciava l’arrivo di un nuovo cliente dallo spiraglio della sua porta. Eppure, Semproni sembrava non arrivare mai. Iniziò addirittura a pensare che ci fosse una spia che era riuscita ad avvisarlo e che, quindi, non sarebbe mai arrivato. Ma, ovviamente, si sbagliava. Lei sue erano solo paranoie, che furono appianate all’arrivo della mezzanotte. Infatti, Semproni, si presentò circa a quell’ora, gioioso come non mai e pronto a fare baldoria. Lasciò il suo mantello a una delle ragazze e, subito, Giada lo fermò.
- Mio caro! Questa è la vostra serata fortunata!
Lui sembrò leggermente spaesato, ma lasciò che la padrona del bordello continuasse a parlare.
- Ho notato che, ultimamente, avete riservato parecchi sguardi a una delle mie ragazze. Sapete, lei è speciale, non si dà a tutti. Diciamo che è quasi una cortigiana privata. Ma voi, l’avete colpita…lusingata, se si può dire. Vorrebbe offrirvi i suoi servigi.
- E, sentiamo, quanto mi verrebbe a costare? – chiese ridacchiando leggermente.
La sua voce era profonda, baritonale. Sensuale, certo, ma anche piuttosto lugubre. Aveva i capelli castano scuro e lunghi, legati da un appariscente laccio dorato. La pelle era tipicamente meridionale: di una naturale abbronzatura, non troppo scura. Gli occhi, invece, risaltavano perfettamente in tutto quel contesto: erano di un azzurro così intenso da sembrare finti. Era un peccato che tutte queste meravigliose caratteristiche si presentassero su di un uomo di mezza età1, perché, seppur molto affascinante, iniziava a mostrare diverse rughe e qualche capello bianco nascosto tra tutti gli altri. Questo suo particolare modo di apparire, contribuiva a rendere Flora una belva pronta ad uccidere, dato che le sembrava proprio il tipico uomo in grado di raggirare sua madre così da poterla uccidere indisturbato. Aveva capito, insomma, perché Susanna si era lasciata trarre in inganno così facilmente.
- Assolutamente nulla in più del solito – rispose subito Giada - Flora è “solitaria” per sua scelta, non vedo perché far pagare di più…
Sembrava convinto. Avrebbe pagato il solito prezzo per provare una nuova cortigiana, una cortigiana che aveva fissato con ardore per quasi due settimane.
Flora richiuse la porta e vi si appoggiò per prendere fiato. Sentiva il corpo tremare e aveva paura che, allontanandosi dalla porta, sarebbe caduta a terra. Ma sapeva di potercela fare. Si era preparata a lungo per affrontare quel momento e, pur di vendicare sua madre, avrebbe fatto qualsiasi cosa. Il pensiero di aver quasi raggiunto il suo scopo la vece rinsavire, così riuscì a dirigersi verso il letto. Alessandra le aveva comprato un vestito molto più sensuale di quello delle sue colleghe: la forma era la stessa, ma era tutto nero con decori bianchi e rossi. “Mi ricorda una veste da assassino che ho visto una volta” le aveva detto. I suoi capelli si abbinavano meravigliosamente e il rossetto rosso sangue che le aveva fatto mettere avrebbe steso qualsiasi uomo, a detta sua.
Ed eccolo. Sentì i passi sulle scale che man mano si facevano più forti. Poi, la porta iniziò ad aprirsi lentamente. Probabilmente, una qualsiasi donna avrebbe perso la testa per uno come lui, ma lei riusciva ad odiarlo ogni secondo di più. Odiava il modo in cui la guardava, il modo in cui sorrideva, certo che l’avrebbe fatta godere. Odiava il modo in cui si avvicinò al letto e il modo in cui la afferrò con violenza. Odiava, con tutta se stessa, il modo in cui quella notte la trattò come fosse di sua proprietà. Ma anche lei sorrise. Sorrise in un modo nuovo, malignamente. Sorrise pensando al futuro immediato, pregustando il momento in cui avrebbe affondato la lama nella sua carne.

Cherrie's notes 
1. Come alcuni di voi sapranno, nel medioevo la mezza età era considerata attorno ai 35-40 anni, dato che l'età massima che si raggiungeva erano i 70 anni circa 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Maestro Claudio ***


Dunque, so che ci ho messo più di un mese e perciò mi scuso immensamente. Ma il mio portatile ha deciso di abbandonarmi completamente!!! Condividere il fisso con la mia famiglia non è facile purtroppo :( Spero che mio padre mi trovi al più presto un portatile nuovo...In ogni caso, il nuovo capitolo è qui e porta anche a una svolta u.u Fatemi sapere cosa ne pensate ^^

Non si era mai sentita così sporca. Certo, l’aveva fatto per pura necessità, ma quella sensazione c’era comunque e avrebbe potuto lavarla solo con un lungo bagno. In quel momento, però, non poteva. Doveva agire. Aveva ammaliato Semproni e aveva lasciato che la facesse sua, non c’era momento migliore per fargli ammettere la sua colpa e ucciderlo.
- Strabiliante – disse lui prima che la ragazza potesse inventarsi qualcosa per farlo parlare.
- Dite?
- Eccome. L’avevo già capito quando vi ho vista la prima volta, ma ora ne ho la certezza.
Flora ridacchiò: se era risultata “strabiliante” facendo finta, chissà com’era quando faceva l’amore per davvero.
- Avete occhio allora.
Si era imposta di fare la cortigiana fiera, ingenua e dispensatrice di elogi, perfetta per raggirare tipi come Semproni. L’aveva trattata sin dal primo momento come se fosse di sua proprietà e ciò le diceva che doveva essere un uomo piuttosto pieno di sé.
- Ma, sapete, con un uomo come voi è facile. Siete attraente e sensuale, il tipo di uomo che non ha sicuramente problemi con le donne.
- Non per vantarmi, ma in effetti è così. Però, dovete sapere, non è una questione innata, bensì un’abilità che ho acquisito col tempo. Inoltre, quand’ero più giovane era solo una questione di svago, mentre ora ho unito l’utile al dilettevole…
- Ah, davvero? Che intendete di preciso?
- Beh, faccio si che il mio fascino mi sia utile in determinate situazioni…ad esempio, lo uso per farmi notare da una cortigiana speciale, che mi ricorda tanto la figlia di una persona che ho ucciso tempo fa…
La ragazza sentì il cuore in gola. Voleva scattare in piedi per raggiungere la specchiera, nel cui cassetto aveva nascosto la lama, ma sentiva che Tullio teneva poggiato qualcosa di appuntito sul suo fianco. Perché? Perché non aveva messo in conto che lui poteva benissimo conoscerla? Che probabilmente aveva spiato sua madre per giorni prima di ucciderla e che quindi era possibile che sapesse anche di lei?
- Già, io so – rispose l’uomo allo sguardo stralunato di Flora – E sono davvero contento che siate venuta fino a qui per cercarmi, risparmiandomi un lungo viaggio in giro per l’Italia per trovarvi e uccidervi.
- Diciamo che avevo in mente altro.
- Lo immagino. Per me, invece, è andata anche meglio di quanto sperassi. Non solo tra pochi minuti sarete morta, ma sono anche riuscito a appropriarmi di voi prima che ciò accadesse. Scommetto che scopare con vostra madre non sarebbe stato bello nemmeno la metà…
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Non le importava più che ci fosse il rischio di rimanere mortalmente ferita, Semproni doveva morire subito. Approfittando della nudità dell’uomo, gli assestò nelle intimità il calcio più forte che avesse mai dato. Lui iniziò a lacrimare e lasciò andare il pugnale con cui poco prima la minacciava, fornendole così un’arma più raggiungibile della lama celata. Afferrò il pugnale senza pensarci due volte e, mettendosi in ginocchio sul letto, giusto dietro all’uomo, lo prese per il collo. Lui tentò di liberarsi con una mano, tenendo però l’altra sulle parti intime, ancora doloranti. Flora lo soffocava, ma lui era più preoccupato per i suoi “gioielli”.
- Potrò anche sembrare una dolce fanciulla, ma sappiate che sono un’assassina più che spietata!
La frase riuscì a suscitare le risate dell’uomo, nonostante provasse tanto dolore. La ragazza, dunque, allentò la presa, incuriosita da ciò che faceva ridere Semproni.
- Aveva proprio ragione Maestro Claudio…siete particolare…
- Di che state parlando?
- Il mio Mentore, colui che mi ha ordinato di uccidere vostra madre, vi conosce bene.
Dunque Semproni non aveva agito di sua spontanea volontà, non aveva ucciso Susanna perché ciò poteva servire all’ordine. L’aveva uccisa perché qualcuno glielo aveva chiesto.
- Beh, Tullio, spero non sarà troppo dispiaciuto per la vostra dipartita. Requiescat in pace!
La lama trafisse il collo di Semproni e il suo sangue si mischiò alle sue lacrime di dolore, ormai colate sul braccio di Flora.
 
- Di già?
Giada era particolarmente dispiaciuta della partenza di Flora. Sì, perché Flora aveva deciso di ripartire. Non solo perché ormai il suo compito era concluso.
- Giada, qui a Napoli vige la monarchia e oltretutto il vostro re è templare, non posso proprio trattenermi ora che ho ucciso un uomo. Siete state molto gentili, voi e le vostre ragazze, ma il rischio è troppo grande.
- Ma dove andremo?- chiese dunque Luigi.
- Andremo???
A Flora non era mai parso di aver incluso Luigi nei propri piani, ma a quanto pare lui non l’aveva notato.
- Non vorrete partire da sola, vero? In due saremo più protetti e, inoltre, non ho intenzione di lasciarvi…
Giada si allontanò così da lasciar loro la giusta intimità.
- Già, ma in due saremo anche più lenti e, inoltre, – disse imitandolo scherzosamente – vorrei poter stare da sola.
- Non se ne parla. L’ultima volta che avete viaggiato da sola siete svenuta in mezzo al fango, rischiando di non venirne fuori. Ed è solo grazie a me se siete qui.
In fin dei conti, il ragazzo aveva ragione. Flora, allora, decise che se lo sarebbe portato dietro, seppur di mala voglia.
Il giorno stesso salutarono Giada, le cortigiane, dicendo anche ad Alessandra che se voleva abbandonare il mestiere e partecipare ad altre missioni era ben accetta a Monteriggioni, e i ladri di Vincenzo, questo era il nome del loro capo. Salutarono anche il Vesuvio, la montagna in grado di sputare fuoco, che dava quel tocco particolare alla bella città di Napoli. La strada per Monteriggioni sarebbe stata lunga.
 
Ben undici giorni li tennero separati dalla piccola cittadina toscana. Andare in due era davvero un rallentamento: ogni tanto era stanco il cavallo di Luigi e ogni tanto quello di Flora, solitamente non erano mai stanchi allo stesso momento; Luigi volle fermarsi per ogni singolo pasto della giornata e, ad ogni pausa, anche i cavalli prendevano tempo per mangiare un po’ di erba qua e là; di notte, poi, il ragazzo stabilì di dormire il più possibile, per evitare uno svenimento come quello che aveva colto Flora alla partenza.
In ogni caso, il 13 giugno riuscirono ad arrivare tutti interi alla Villa, nonostante il caldo cocente che avrebbe fatto star male chiunque. A prendere il cavalli c’era il fidato stalliere di Mario, contento di rivedere la “dolce Flora” e assolutamente indifferente nei confronti di Luigi.
La prima cosa che la ragazza notò fu che il borgo era decisamente migliorato in quei mesi: la Villa non cadeva più a pezzi e per le strade girava molta più gente del solito. Perfino Claudia non stava chiusa in casa.
- Flora! Siete qui! – disse correndole in contro quando la vide.
- Claudia, come state?
- Bene, molto bene. Come vedete si respira un’aria nuova qui. Ma ditemi…mio fratello?
Flora guardò un attimo Luigi, quasi a sperare che le fornisse una scusa, ma così, ovviamente, non fu.
- Non saprei Claudia. Ci siamo separati a Firenze e io sono andata a Napoli da sola.
- Da sola?
Ovviamente Claudia aveva notato la presenza di Luigi, pur non volendo darlo a vedere. A quanto pare nessuno in paese aveva una particolare ammirazione per il ragazzo.
- Luigi mi ha trovata per strada. Sono stata male e se non fosse stato per lui non sarei mai arrivata a Napoli e, quindi, a compiere il mio obiettivo.
- Capisco.
Lo sguardo di Claudia non faceva ben sperare: in poco tempo avrebbe sicuramente scoperto di lei e Luigi e, probabilmente, non sarebbe stata contenta.
- In ogni caso, zio Mario è nello studio. Se dovesse dirvi qualcosa riguardo ad Ezio, fatemelo sapere.
A fatica, Flora riuscì a convincere Luigi che doveva affrontare quella conversazione in privato con Mario. Il ragazzo tornò verso casa sua e la ragazza poté finalmente mettere piede nella Villa. Era molto più bella anche all’interno, ma ciò non la rese particolarmente felice: ripensò subito alla sera del suo compleanno e al momento in cui Ezio le aveva regalato l’anello. Fortunatamente, però, aveva altro da fare e, ben presto si ritrovò la mente impegnata.
- Ce l’avete fatta, dunque?
- Proprio così, Mario. Scoprire il nome dell’omicida è stato piuttosto facile, Galeazzo non è un uomo molto furbo. Ieri, quando è stato il momento di trarre Tullio, l’omicida appunto, in inganno, c’è stata una piccola complicazione…ma tutto è andato per il meglio. Mi è bastato affidarmi alla mia abilità di assassina.
- Perfetto cara. Dunque, se ora avete concluso la vostra missione…
- A dire il vero c’è dell’altro. Semproni non agiva di sua spontanea volontà. L’uccisione di mia madre non è stato un tentativo di liberare Firenze da ogni assassino. Qualcuno ha dato l’ordine di ucciderla. Un certo Maestro Claudio.
Mario sembrò preso alla sprovvista. Ciò, almeno, significava che sapeva.
- Immagino che avrei preferito lo scopriste in altro modo, ma a questo punto non ho altra scelta…
Flora attese con trepidazione: finalmente avrebbe saputo e sarebbe arrivata alla fine della sua missione. Forse dopo sarebbe riuscita a parlare con Ezio e mettere a posto anche la situazione in cui si trovava il suo cuore.
- Con voi usava un altro nome, ma sono certo che si tratti di lui. Claudio è il motivo per cui non vi tornano i conti sulla morte di vostro padre…Claudio è vostro padre.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Questa è la mia scelta ***


Ammetto che è un po' corto, ma se provavo ad allungarlo veniva uno schifo! Scusate per l'attesa, ma lo studio comincia a farsi davvero pesante (so che questa frase ormai vi esce dalle orecchie, ma purtroppo è così xD). Definirei questo capitolo, un capitolo di transizione u.u Dunque...scommetto che, nonostante la lunghezza irrisoria, questo capitolo vi piacerà. Il perché scopritelo da voi ;)

- Com'è possibile? Mio padre un templare???
- Proprio così. Immagino che non l'abbiate mai sospettato, ma chi avrebbe mai?
La ragazza rimase diversi minuti in silenzio. Dunque era quello il motivo per cui suo padre era sparito da un momento all'altro, il fatto che Susanna fosse un'assassina mentre lui apparteneva all'ordine templare.
- Come...come lo sapete?
- Beh, vostro padre non è sempre stato un templare. Quando lui e tua madre si conobbero, era un assassino. Fu appartenendo all'ordine che si conobbero. Un giorno, però, a tuo padre fu proposto di passare dalla parte del nemico. Avrebbe avuto una paga e anche molto buona. Pensando a com'era la vostra situazione, cercò di convincere tua madre che fosse la cosa migliore da fare; lei, però, era irremovibile.
- Così se ne andò - concluse la ragazza.
Mario la guardò in modo apprensivo. Quella era una verità di cui chiunque avrebbe fatto a meno.
 
Aveva bisogno di prendere fiato. Prendere fiato e pensare. Tornò in quella che era sempre stata la sua stanza lì alla villa, si liberò della veste e si sedette a lato del letto. Per un momento fissò un punto casuale sul pavimento, poi scoppiò improvvisamente a piangere. Aveva affrontato troppo in troppo poco tempo. La separazione da Ezio; il nuovo rapporto con Luigi che, nonostante tutto, le pareva un tradimento; l'essere diventata "cortigiana" e l'aver fatto sesso con un uomo solo per incastrarlo; il rischio di essere uccisa solo per una svista e, infine, la scoperta di ciò che era diventato suo padre. Era decisamente troppo.
 
Non permise a nessuno di entrare nella sua stanza e non la lasciò per alcun motivo. Pianse diverse volte quel giorno: a volte era un pianto liberatorio, altre rabbioso e incontrollato, altre ancora un pianto di totale tristezza. Continuò a piangere finché il sonno non prese il sopravvento.
 
Quando la mattina dopo si svegliò, per un momento pensò di aver sognato, ma si rese conto di essersi sbagliata non appena vide il disordine che la sera prima aveva causato in preda alla rabbia. E a quel punto che doveva fare? Non poteva certo lasciare Claudio impunito solo perché era suo padre. No, doveva comunque agire, ovunque lui si trovasse e qualunque fosse il suo grado di protezione.
Tornò a parlare con Mario. Con sua grande sorpresa, però, trovò nel suo studio anche qualcun altro.
- Ezio…
Il ragazzo si voltò immediatamente verso di lei e le sorrise. Portava la sua veste da assassino, ma il cappuccio non gli copriva il viso. Per un momento Flora dimenticò ciò che era successo tra di loro. Pensò solo a quanto era bello, a quanto quel sorriso le piaceva e la faceva stare bene. Ma, non appena le si appropinquò con l’evidente intenzione di stringerla a sé, si tirò indietro e abbassò lo sguardo.
- Flora…io…
Non fece in tempo a dire nulla, perché Mario li raggiunse, pronto a parlare con entrambi. Probabilmente ignorava ciò che era successo tra di loro, perché parlò senza mai fare cenno alla tensione che si era creata nella stanza. Venne fuori che il padre di Flora era a Venezia e che, quindi, lei doveva partire al più presto. Ezio, invece, sarebbe rimasto ancora in Toscana, per occuparsi degli altri congiurati. Se era tornato a Monteriggioni, infatti, era solo per comunicare a suo zio i nomi di coloro che aveva già ucciso e per riposarsi.
La ragazza provò ad allontanarsi dalla stanza il più velocemente possibile quando Mario concluse di parlare, ma Ezio la raggiunse subito.
- Ti prego, parlami.
Flora si fermò. Pensò velocemente a qualcosa da dire, poi si rese conto che il modo adatto con cui parlare a Ezio era uno soltanto: fermo e deciso, ma soprattutto distaccato.
- Parlarvi? E per quale motivo dovrei? Non mi sembra di avervi arrecato alcun torto. Ciò che ho fatto è stato solo in conseguenza a un vostro enorme errore: pensare che salutare Cristina Vespucci con un passionale bacio fosse il modo adatto di dirle che presto o tardi ci saremo sposati. Sono consapevole di ciò che c’è stato tra di voi, ma non ho la minima intenzione di sposarmi con un uomo che non riesce a dimenticare ciò che prova per un’altra donna; non ho intenzione di diventare vostra moglie, quella a cui avete donato l’anello, se poi passerete le vostre nottare con un’altra, colei a cui avete donato il cuore e il pene!!!
Il silenzio calò improvvisamente. Il ragazzo non riusciva a rispondere e la ragazza non aveva più nulla da dire. Ezio sapeva che aveva ragione, che lui non aveva scuse per ciò che aveva fatto. Avrebbe soltanto voluto mettere tutto a posto.
- E’ finita Ezio. Non dovete credere che non mi dispiaccia, ma questa è la mia scelta.
Tentò di fermarla, ma le sue parole l’avevano colpito nel profondo. Improvvisamente si sentì come se tutte le sue forze l’avessero abbandonato, così lasciò che la ragazza tornasse nella sua stanza. Ci aveva sperato, aveva davvero creduto di poter rimettere tutto a posto.
Flora pensò che avrebbe pianto di nuovo, ma, non appena si chiuse la porta alle spalle, si rese conto che tutto ciò che sentiva erano rabbia e gelosia. Sapeva di rivolere Ezio indietro, sapeva di volerlo solo per sé, ma sapeva anche che non poteva perdonargli ciò che aveva fatto.
Quel giorno restò nuovamente chiusa nella sua stanza, un po’ a rimuginare, un po’ a decidere cosa si sarebbe portata dietro partendo. Decise che avrebbe portato tutto il necessario, data la situazione. Tra gli oggetti scelti c’era anche il vestito da cortigiana che le avevano fatto a Napoli. Mario, infatti, le aveva detto che a Venezia avrebbe trovato un bordello gestito da un’altra assassina, Suor Teodora.
- Suor Teodora? Una suora che fa la cortigiana? – aveva domandato.
- Vi spiegherà tutto lei – aveva risposto Mario, ridendo.
Era incuriosita dalla faccenda, motivo per cui non vedeva l’ora di partire. Inoltre sarebbe salita per la prima volta su una nave. Per raggiungere Venezia, infatti, doveva prendere una nave in partenza da Forlì. Non sapeva come ci sarebbe salita senza un permesso, ma qualcosa si sarebbe inventata.
 
Il mattino seguente volle alzarsi e prepararsi senza fare alcun rumore. Sapeva che, se l’avesse sentita, Ezio si sarebbe precipitato da lei per parlarle e tentare nuovamente di farle cambiare idea sul loro rapporto. A disturbarla, invece, fu qualcun altro. Luigi apparve alla villa in modo a dir poco improvviso.
- Dove pensate di andare?
- A farmi gli affari miei, tanto per cominciare.
- Volete davvero farmi credere che non vi serva il mio aiuto?
- Dannazione, Luigi! Quando la smetterete?
- Mai – disse avvicinandoci a lei – O almeno continuerò finché non ammetterete di provare qualcosa per me…
Non aveva tutti i torti e ormai lo sapeva. Flora non poteva mentirgli per sempre, ma non voleva ancora diventare sua. Non era pronta a voltare pagina.
- Sentite…se vi permetto di venire con me, la smetterete? Come vi ho già detto, sì, provo qualcosa per voi, ma i miei sentimenti non mi sono ancora chiari. Perciò, ve ne prego, non fate il cocciuto, perché è un lato di voi che proprio non posso sopportare.
- E va bene – le schioccò un veloce bacio sulle labbra – Aspetterò.
In lontananza, al piano di sopra, un Ezio a dir poco furioso osservava.
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** La Serenissima ***


Bene, bene, eccomi di nuovo qui! So di essere stata assente davvero per molto, ma il periodo di esami all'università non lascia scampo! Di positivo c'è che ho conlcuso una delle mie tre FF, perciò dovrei avere più tempo per scrivere le altre due :) Questo capitolo non è particolarmente carico di novità, è solo "carino", nel senso che ho provato a inserire un po' di humor xD (spero di non aver fatto una schifezza). Fatemi sapere!

- Per quanto ancora dovremo stare qui?
- Luigi, penso me l’abbiate chiesto almeno una dozzina di volte. E, di nuovo, vi rispondo che non dipende da me. Finché non troviamo qualche brava persona che garantisce per noi, non possiamo imbarcarci.
- Ma sono già partite sei navi da quando siamo qui!
- Aspetteremo che ne partano centinaia, se necessario.
Flora era infastidita quanto Luigi dall’impossibilità di salire su una nave a loro scelta, ma preferiva aspettare piuttosto che ingaggiare una battaglia contro gli uomini a guardia del molo.
Stavano per perdere la speranza, quando qualcuno arrivò inaspettatamente in loro aiuto.
- Flora? Siete voi?
L’assassina si girò di scatto. Nel cuore il terrore che qualcuno potesse smascherarla. Ma a pochi passi da lei non c’era altri che la giovanissima signora di Forlì.
- Caterina!
Le venne spontaneo inchinarsi, ma la ragazza la tirò su per abbracciarla forte.
- Siete tornata a minacciare mio marito?
- Oh, no – rispose Flora ridacchiando – Sono qui per altri affari. Ho già dato una lezione a colui che ha ucciso mia madre. Non lavorava per conto suo però…
- Ahhhhh, state andando a cercare colui che ha commissionato l’omicidio, capisco.
Quella ragazza era davvero sveglia per essere così giovane.
- Già. Ma non è facile arrivare a Venezia, quando non si ha un permesso per salire su una nave.
- Beh, è il vostro giorno fortunato! Si da il caso che queste navi siano di proprietà di mio marito1 e, quindi, anche mie. Scambierò due parole con il capitano e così non avrete problemi a partire2.
- Lo farete davvero?
- E perché no? Se farvi partire servirà a mandarvi da qualche altro templare, non mi tiro indietro – disse Caterina sorridendo e dirigendosi verso la nuova nave pronta a salpare.
Scambiò un paio di parole con quello che doveva essere il capitano e questi, che sembrava particolarmente terrorizzato dalla ragazza, annuì per tutto il tempo.
Quando Caterina tornò dai due assassini, sembrava particolarmente soddisfatta.
- Ecco fatto. Ora non vi resta che dirigervi verso la nave, salutare gentilmente il capitano e aspettare di arrivare a Venezia.
- Vi ringrazio infinitamente, Caterina – disse Flora, facendo un lieve inchino.
- Non mi è costato nulla, dico davvero. Spero che la vostra missione si concluda in fretta. E, quando ripasserete da qui, potreste venire a farmi visita. Mio marito torna ad essere antipatico, vedervi potrebbe calmarlo.
 
Ci vollero ben cinque giorni di viaggio per raggiungere la Repubblica di Venezia. Venne fuori che Luigi soffriva il mal di mare: passò la maggior parte di quei giorni fuori, a vomitare. A Flora, in fin dei conti, non dispiacque. Almeno non dovette sorbirsi le solite domande di Luigi sulla situazione del loro rapporto: davvero non sopportava ricevere domande a cui non poteva rispondere con certezza. Essendo quasi sempre sola, si ritrovava a pensare. Per lo più, doveva ammetterlo, a Ezio. Andare nuovamente così lontana dalla Toscana le fece pensare che non l’avrebbe rivisto per davvero molto tempo.
- Madonna – disse un giorno un uomo, interrompendola – Stiamo per raggiungere la Serenissima3.
- La ringrazio, io e il mio compagno ci prepareremo subito.
Luigi non doveva fare molto. Non avendo fatto altro che sporgersi dal ponte per vomitare, aveva lasciato la sua borsa intatta. Flora aveva deciso di tenere un diario, così riprese tutto l’occorrente che aveva usato per scrivere. Ne approfittò anche per rubare una pagnotta di pane, dato che non era stato dato loro da mangiare granché.
- Non vedevo l’ora che questo viaggio finisse – le disse Luigi non appena si accorse che Venezia era in vista.
- Chissà perché lo immaginavo.
- Non siete affatto spiritosa.
- Oh, andiamo! Stiamo per raggiungere una nuova città! Nuovi costumi, nuove persone, cibi! Come può non eccitarvi l’idea?
- Sarò eccitato quando scenderemo da qui.
La ragazza rise e corse a prua. Da là poteva vedere bene la città e lasciare che il vento fresco le scompigliasse i capelli. Una volta raggiunta Venezia si sarebbe lasciata alle spalle tutto ciò che non centrava con suo padre. Scoprire dove fosse e ucciderlo senza dare nell’occhio, quelli erano i suoi unici obiettivi. Tutto il resto non contava più.
 
- Dio mio, che tanfo insopportabile!
- Luigi, non gridate! Quella che per voi è puzza per i cittadini potrebbe essere un buon profumo.
- Ne dubito…
- Beh, più in fretta raggiungeremo il bordello di Teodora, meno dovrete odorare.
- Il bordello di Teodora, dite? – chiese una ragazza in lontananza.
I due assassini si voltarono e videro quella che erano certi essere una cortigiana.
- Esatto. Potete aiutarci?
- Se aspettate qualche istante, finisco di lavorare e vi ci porto. Sono una cortigiana di Teodora. Ma vi avverto, non facciamo lavori con le coppie…
Flora e Luigi risero leggermente. Sembravano davvero così perversi?
- Mi dispiace deludervi, – rispose Flora – ma siamo qui per altro, non per i vostri servigi.
Rimasero qualche minuto in disparte, aspettando che la ragazza smettesse di lavorare. Flora pensò che era davvero giovane per fare la cortigiana.
- A che età iniziano?
- Come dite, Flora?
- Secondo voi, a che età iniziano a vendere il proprio corpo?
- Non saprei. Immagino che preferiscano vitto e alloggio allo stare per strada.
- Sì, ma a che prezzo? Malattie sconosciute, rischio di morte precoce, mancanza di vestiti adeguati alla temperatura, rischio di incontrare clienti possessivi. Io non potrei mai, preferirei lottare per strada.
- Non tutte le donne hanno la vostra forza. E poi, se non erro, anche voi siete stata con uno sconosciuto solo per necessità.
- Già, ma era uno soltanto!
Continuarono a fissarsi per diversi istanti. Era quello a farla desistere. Era quell’atteggiamento a non farla innamorare davvero di lui. Se Luigi fosse stato meno presuntuoso, meno antipatico, forse non avrebbe fatto fatica a renderla completamente sua.
- Se volete venire al bordello è meglio che smettiate di fissarvi con aria da piccioncini. Io vado, che voi ci siate o meno – gridò loro la cortigiana.
Adirata dalle parole di Luigi, Flora si affrettò a seguire la ragazza. Il bordello si trovava nel Sestiere di Dorsoduro, quartiere di Venezia famoso per il carnevale. Era ben decorato, proprio come La Rosa Colta e il Profumo di Rosa. I fiori che lo decoravano, però, erano color indaco e, inoltre, faceva parte di un complesso di palazzi a differenza dei primi due. Ma, la cosa che la sorprese di più, fu che la Madonna che lo gestiva era effettivamente vestita come una suora. Ad essere più precisi, era vestita come una suora sensuale: portava il velo in testa e una croce al collo, ma la sua veste, dello stesso colore dei fiori che adornavano il bordello, era scollata tanto quanto quella di Madonna Paola ed era, inoltre, adornata da pizzo. Per non parlare dell’enorme spacco sul lato destro della gonna, il quale arrivava fino alla cima della coscia.
- Ah, voi dovete essere Flora.
L’assassina smise di studiare quella donna e, prontamente, chinò la testa in segno di saluto. Si chiese se Teodora avesse notato il suo interesse.
- Sono io. Mario Auditore mi ha detto di rivolgermi a voi.
- Sì, mi ha scritto di voi. Sarò lieta di aiutarvi come potrò – disse, sorridendo – E, ditemi, chi è l’uomo che viaggia con voi?
Luigi superò Flora per avvicinarsi a Teodora e salutò quest’ultima con un baciamano.
- Luigi Berti, assassino di Monteriggioni. Lieto di conoscervi.
- Fortunata ad avere un uomo così galante.
- Non è proprio quello che definirei il “mio uomo” – replicò Flora un po’ stizzita.
Si notava davvero così tanto che tra di loro c’era qualcosa, seppure indefinito?
- Perdonate, ma di solito sono brava a riconoscere una coppia.
- Non ho detto che non siamo una coppia…
- Oh…capisco – concluse la suora, ridacchiando – Ma non tratteniamoci oltre. Ormai è sera e sarete stanchi dopo il lungo viaggio. Amanda – continuò rivolgendosi alla ragazza che aveva accompagnato lì i due assassini – libera una stanza per i nostri ospiti. Immagino non avranno problemi a dormire assieme.

Cherrie's notes ♥
1. Ho supposto che le navi fossero di Riario solo perché partono dai pressi di Forlì...non vorrei aver detto una cavolata...
2. Sì, in pratica è la stessa cosa che fa con Ezio xD
3. Non so se lo sanno tutti, quindi lo scrivo: la Repubblica di Venezia era conosciuta come "Serenissima Repubblica di Venezia" e perciò chiamata anche la Serenissima :)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Due fiori ***


Corto, di nuovo. Ma purtroppo quando non ci sono scene DAVVERO clou, non riesco a dilungarmi :/ Beh, spero vi piaccia lo stesso ^^

- Vi ho detto di no.
- E perché?
- Perché il viaggio è stato stancante perciò vorrei riposare.
- Abbiamo tutto il tempo per riposare!
- Vi sbagliate. Ciò che dobbiamo fare qui a Venezia è lavorare!
Luigi tentò di convincere la ragazza a fare l’amore quella sera, ma con scarso successo. Inoltre, le parole di Flora non erano altro che una menzogna. Certo, era vero che avrebbero lavorato duramente nei giorni successivi, ma lei durante il viaggio aveva riposato senza problemi e in quel momento era assolutamente esaltata all’idea di essere in una nuova città.
- Quindi è un no definitivo?
- Proprio così. Imparate a trattenervi Luigi, il sesso non è il succo della vita.
 
Il mattino seguente, Flora si svegliò prima del suo compagno. Forse dipese dal fatto che la sera prima, dopo essere stato rifiutato, aveva deciso di stare al piano di sotto, parlando con un gruppo di cortigiane. Ciò che diede fastidio alla ragazza non fu il fatto in sé. Le dava fastidio sapere che, in realtà, non le importava nulla di ciò che Luigi faceva. Anzi, fu quasi felice che lui avesse preso quella decisione.
Ber il bordello non girava nessuno. In città, invece, sembrava esserci molta gente. Stando attenta a coprirsi bene con il cappuccio, uscì in strada, curiosa di scoprire di più su Venezia.
- Pesce! Pesce freschissimo! Signore, vuole del pesce?
La veste, come al solito, riusciva a non far capire che era di sesso femminile. Fece solo un cenno alla donna che le aveva fatto la richiesta: le piaceva mantenere il mistero.
Molti altri mercanti cercarono di convincerla, alcuni la inseguirono perfino per diversi metri. Erano allegri e senza scrupoli. Il tipo di persone che la rallegrano. Ma, nella vita di un’assassina, l’allegria solitamente durava poco. Infatti, non appena si discostò leggermente dalla zona di mercato, raggiungendo una zona dove quasi nessuno passeggiava, sentì delle grida. Una ragazza gridava, aggredita da un uomo.
- Lasciatemi!!!
Doveva avere circa l’età di Flora. L’assassina, che non poteva restare insofferente a una tale scena, si avvicinò silenziosamente all’uomo, puntandogli la lama alla gola.
- Vi conviene lasciarla andare, se non volete fare una pessima fine…
- Ma che diavolo…
- Shhh, tranquillo. Come vi ho detto, basterà che la lasciate andare.
Lentamente l’uomo, che teneva la ragazza per le braccia, la lasciò e si allontanò da lei. Guardò per un attimo Flora, per poi correre a gambe levate. L’assassina era già pronta a rispondere ai ringraziamenti della poverina. Non si aspettava certo di venire insultata.
- Ma si può sapere che vi passa per la testa???
- Prego?
- Ce l’avevo quasi fatta! Non vi hanno insegnato a farvi gli affari vostri, messere?
- Innanzitutto… - rispose adirata Flora, tirandosi il cappuccio sulle spalle -…sono una donna. Seconda cosa, non mi sembravate proprio sul momento di liberavi. Tutt’altro, direi! Perciò, ringraziarmi sarebbe il minimo!
- Ringraziarvi? E per cosa? Per aver mandato a monte il mio furto?
- Il…il vostro furto?
Squadrò la ragazza da capo a piedi e si rese conto che, in effetti, non era proprio vestita da dama. Era, più che altro, una stracciona. Una ladra. Aveva appena salvato una ladra. O, a detta sua, aveva appena sventato il suo colpo.
- Vorrà dire che, per rimediare, prenderò i vostri averi.
Ovviamente, la ladra non sapeva di aver a che fare con qualcuno che poteva tenerle testa. Infatti, non fece in tempo ad allungare la mano verso la scarsella di Flora, che questa le afferrò il braccio e glielo portò contro la schiena. E, per far sì che non si divincolasse, la spinse contro il muro.
- Mossa avventata.
- Chi diamine siete, si può sapere?
- Diciamo che sono qualcuno con cui è meglio essere amica che nemica.
- E va bene, va bene! Se mi presento, possiamo fare pace?
- Sta bene. Ma ricordatevi che se proverete a fuggire vi ucciderò e che, se anche riusciste a scappare, vi troverò.
Lasciò andare la ladra, mantenendosi, però, pronta ad afferrarla nuovamente in caso di fuga. La ragazza, però, sembrava davvero intenta a restare.
- Sono Rosa. E voi?
- Flora – rispose ridendo.
Non aveva mai conosciuto qualcuno con un nome così collegato al suo.
- Allora doveva essere destino.
Con il sorriso sul viso, Rosa sembrava molto più femminile e innocua.
- Mi dispiace per il vostro furto, ma sentendovi gridare non potevo fare altrimenti.
- Non fa nulla. Ci saranno altri uomini idioti da truffare. Ora devo tornare, altrimenti Antonio mi mangerà viva.
- Non lo farò.
La voce, che veniva da lontano, era quella di un uomo. A quanto pare, doveva essere l’Antonio appena nominato da Rosa. Sbucò da un vicolo nascosto e ciò fece pensare a Flora che doveva essere rimasto là tutto il tempo per controllare ogni mossa di Rosa. Era un uomo piuttosto magro, con capelli e baffi neri. Per essere un ladro era vestito abbastanza bene, ma probabilmente erano vestiti rubati.
- Sei stata brava, nonostante tutto, piccola.
- Ti ringrazio, ma il mio obiettivo era derubarlo.
- E ce l’avresti fatta, se non fosse stato per…
- Flora. Flora Tanucci.
- Antonio de’ Magianis – disse facendole il baciamano – E’ un piacere conoscervi.
- Vorrei poter dire altrettanto…
- Non sarete scandalizzata dal fatto che sono il capo della gilda dei ladri, vero?
- No, affatto. E’ che non sempre ci si può fidare dei ladri. Diciamo che ho avuto brutte esperienze, ecco tutto.
- Con me potete stare tranquilla. Diciamo che…la mia gilda e la vostra sono affiliate.
Dunque, quell’uomo era un assassino? Flora non colse subito ciò che voleva dire, ma decise comunque di fidarsi.
Seguì Rosa e Antonio fino a quello che doveva essere il loro covo. Era un luogo piuttosto nascosto da sguardi indiscreti, ma comunque abbastanza accogliente.
- Dunque…non vi ho mai vista qui. Posso chiedervi cosa vi porta a Venezia?
- Questioni delicate.
- Con “questioni delicate”, intendete forse “devo uccidere qualcuno”?
- Esattamente.
- Ahhh, dunque immagino che la vostra sarà una permanenza breve.
- Siete davvero convinto che io sia già pronta? Per vostra informazione, non so nemmeno dove si trova il mio obiettivo.
Il ladro sembrò particolarmente sorpreso da quell’affermazione. Poi, dopo la sorpresa, sulla sua faccia apparve qualcos’altro. Intuizione?
- Potremmo…aiutarvi.
Flora lo fissò per un po’, sperando che stesse scherzando o che capisse di doversi tirare indietro. Ciò, però, non accadde. Anzi, l’uomo sembrava seriamente interessato ad aiutarla.
- No. No, no, no. Senza offesa, davvero, ma l’ultima volta che ho lavorato con dei ladri ho fatto molta più fatica di quanta non ne avrei fatta da sola. Perciò grazie, ma no.
In fretta e furia, l’assassina uscì da quello che aveva capito essere lo studio di Antonio. Rosa sembrò particolarmente offesa dal suo comportamento ed era già pronta a inseguirla per infamarla nei modi più offensivi che conosceva. Antonio, però, la fermò subito.
- Non è necessario. Tornerà…

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Convivenza ***


Beh, non saprei come descrivere questo capitolo. Non è male, credo, però non è clou u.u Il prossimo sarà decisamente meglio, ecco. Però ditemi voi i vostri pareri ^^

- Altri ladri?
- Proprio così. Sembra quasi che io li attiri, dannazione.
Flora era tornata subito al bordello, unico luogo in cui riusciva a sentirsi sicura. Quando era arrivata, aveva trovato Luigi nuovamente circondato da cortigiane, dalle quali, però, si era allontanato non appena aveva capito che qualcosa non andava.
- Non li voglio tirare in mezzo sta volta. Non voglio tirare in mezzo nessuno che non appartenga alla confraternita. Teodora ci serve solo per rimanere nascosti, dopotutto.
- Fate bene. Meno siamo, meglio è. Altre persone diventerebbero solo un fardello inutile.
La ragazza apprezzava il fatto che, almeno riguardo alle cose importanti, Luigi sapesse mantenere un tono serio.
- Mi metterò subito al lavoro – concluse l'assassina – Voglio sbarazzarmi di mio padre al più presto.

Le ricerche di Flora cominciarono quel giorno e si protrassero per lungo tempo. Questo perché non tutti i testimoni furono collaborativi come le ragazze di Teodora. Queste ultime, infatti, erano ottime spie che, durante le loro nottate con affiliati templari, riuscivano a carpire diverse informazioni. Erano, per lo più, frammenti di informazioni, che l'assassina doveva poi assemblare di volta in volta. Le informazioni più corpose arrivavano, però, da coloro che Flora scovava per conto suo. Templari “dichiarati” ma non abbastanza coraggiosi da affrontarla, parenti di questi ultimi, guardie ubriache dopo una notte in taverna.  Dopo un po' tutti parlavano, ma solo dopo le dovute minacce. Certo, sarebbe stato tutto più semplice se Luigi le avesse dato manforte. Il ragazzo, infatti, andava in cerca delle sue vittime, ma tornava o a mani vuote o con informazioni che le aveva già dato qualche cortigiana.
Passarono quasi tre anni prima che potesse dire di sapere effettivamente qualcosa su suo padre: Claudio viveva in un'enorme villa poco fuori Venezia, ricoperto dall'oro guadagnato quando era un templare in servizio. La maggior parte degli altri templari lo snobbava, certi che la sua appartenenza all'ordine aveva solamente uno scopo di lucro. Gli unici che ancora stavano al suo fianco erano vecchi amici o lontani parenti.
- Ne siete sicura?
- Certo che sì! Quanto dovrei aspettare ancora, Luigi?
- Non saprei. Pensavo che, dopotutto, vi sareste presa del tempo per pensare. E' pur sempre sangue del vostro sangue.
- No. Non dirlo. Mio padre per me è morto. Quell'uomo è solo la sua ombra. Se vorrai venire con me, bene, ma non ti costringerò. E' una questione tra me e lui.
Se ne stavano seduti a bordo del letto, con lo sguardo rivolto verso il pavimento. Flora, nonostante ciò che aveva detto, sembrava piuttosto combattuta, mentre Luigi pareva...preoccupato? Aveva una strana espressione in volto.
- Che pensate? - chiese Flora, facendosi avanti.
- Io...credo che sarà bene prepararsi. Andrò da un fabbro a far controllare armi e armatura, per essere più sicuro che mai.
- Mio padre non ha uomini, dimentichi?
- Ah, attenzione. Non ne ha molti. Cosa ti dice che i pochi rimasti con lui non siano abilissimi guerrieri?
Sì, non aveva tutti i torti. Anche se ne aveva pochi, loro erano pur sempre in due.
- Se non vi dispiace, portatevi anche la mia armatura. Delle armi posso occuparmi anche da sola.
Il ragazzo le fece un lieve cenno con la testa e le sorrise. Lei rabbrividì: dove teneva nascosto quel lato dolce e premuroso? Ormai si era abituata a una belva bramosa di sesso e mossa da un'intelligenza dubbia.
Prima di occuparsi delle armi, comunque, volle fare un'altra passeggiata: dopo aver ucciso suo padre non sarebbe rimasta lì a lungo, perciò voleva godersi Venezia finché la sua notorietà era minima. Ormai si era abituata al puzzo dei canali e all'esuberanza delle persone, tanto che riusciva a non farsi distrarre. Passeggiava calciando qualche pietra a terra, osservando come queste si cozzavano in modo del tutto casuale creando, però, divertenti reazioni a catena. Con una, ad esempio, riuscì a far cadere una mela da una bancarella. Osservare quell'evento, però, la fece inciampare contro una persona. Inciampare, per modo di dire. Riuscì a travolgerla totalmente, facendo cadere praticamente tutto ciò che portava in mano. Pile e pile di carta, legni e legnetti, fili e pezzi di vetro che, fortunatamente, non si rovinarono minimamente.
- Mi dispiace davvero tanto. Io non stavo guardando dove mettevo piede.
- Oh, non c'è problema. So esattamente come è facile lasciarsi distrarre dalle cose del mondo.
La ragazza alzò subito lo sguardo. Quella voce, lei la conosceva. E davanti a lei ritrovò i lineamenti a cui la associava. Un bel pizzetto curato, capelli biondi lunghi fin sopra le spalle e due bellissimi occhi azzurri.
- Leonardo?
L'uomo, ancora preso dal raccogliere tutte le sue carte, alzò a sua volta la testa. I suoi occhi si spalancarono, così come le sue braccia.
- Flora! Mia cara!
La abbracciò senza pensarci due volte. Lasciò nuovamente cadere i suoi averi, solo per poterla cingere in un caloroso abbraccio. 
- Oh, Leonardo, quanto tempo! - disse lei ricambiando il gesto – Ma cosa ci fate qui?
- Potrei farvi la stessa domanda – osservò l'artista, lasciando la ragazza e ricominciando a raccogliere tutti i suoi oggetti.
Flora prese ad aiutarlo1 e, una volta che ebbero tolto tutto dalla strada, lo seguì. Si accorse che passarono diverse volte da strade già percorse, perciò capì che non doveva essere lì da molto.
- Da quanto siete qui? - chiese lui, precedendola.
- Ormai sono quasi due anni.
- Ah, siete praticamente una veneziana ormai – sorrise divertito dalla sua stessa battuta.
- Voi, invece, mi sembrate piuttosto spaesato.
- Ah, l'avete notato? Sì, beh, sono qui solo da stamattina e il viaggio non è stato granché. A quanto pare le navi non mi vanno molto a genio.
- Se mi dite dove dovete recarvi, posso aiutarvi.
L'artista si trovava nella laguna per via di una commissione da parte di un nobile veneziano, il quale gli aveva pagato il viaggio e la bottega in cui la ragazza lo stava accompagnando. Non se l'era sentita di lasciare tutti i suoi lavori a Firenze, sia perché era desideroso di portarne a termine il più possibile, sia perché aveva timore che qualcuno potesse saccheggiare la sua vecchia bottega.
- Ho lasciato Salai a guardia dei miei progetti già conclusi, perciò ora mi sento sicuro – concluse – E voi? Come mai vi trovate qui?
- Beh, sapete...affari...
- Ahhhh, capisco bene. Affari da assassini – disse sussurrando.
- Voi sapete? Pensavo che in un qualche modo Ezio vi avesse tenuto nascosto tutto.
- E come poteva? Gli ho costruito tante di quelle armi che qualche domanda dovevo fargliela.
Scoppiarono in una fragorosa risata. Leonardo era allegro come suo solito e per la ragazza era impossibile non lasciarsi contagiare. Chiacchierarono lungo tutto il tragitto, raccontandosi tutto ciò che si erano persi l'uno dell'altra in quei quattro anni, anche se Flora preferì omettere il fatto di aver passato la maggior parte del suo tempo con Ezio. Già l'aveva nominato guadagnandosi un leggero tuffo al cuore.
- Ma ditemi, dipingete ancora?
Erano ormai arrivati quando Leonardo le pose quella domanda. La ragazza posò gli oggetti dell'artista a terra, aspettando che lui estraesse la chiave e aprisse la porta.
- Eh, magari. Mi manca il tempo, Leonardo. E, sinceramente, non so nemmeno se ne sono ancora capace.
- Lo siete. Un vero artista non perde mai le sue capacità, anche quando restano latenti.
- Spero abbiate ragione. Quando tutto questo finirà, non mi dispiacerebbe ritagliarmi un po' di tempo per dipingere qualcosa. Ho troppe immagini stampate in testa che vorrei mettere su tela.
- Alcune di queste comprendono il viso di un uomo?
Probabilmente l'artista avrebbe voluto farla ridere con quelle parole, ma ottenne l'effetto contrario. Apparve, certo, un lieve sorriso sul volto di Flora, ma la ragazza non riuscì a nascondere la tristezza e una punta di rabbia. Leonardo era sempre stato bravo a capirla negli anni in cui studiava da lui e, a quanto pareva, non aveva perso il suo tocco.
- Ho detto qualche parola di troppo, forse?
- No, io...Probabilmente lo dipingerei un uomo, ma non più per amore. Forse userei dei colori freddi e spenti per dipingerlo, per rievocare la tristezza che mi provoca pensare a lui. E ce n'è un altro, poi, che non so con quali colori dipingerei. Che colore si è soliti utilizzare per rievocare la confusione?
- Oh, mia cara, non tutto dipende dai colori. Molto dipende dalle pennellate, dalla tecnica che usate. Perdonatemi, ma...ho capito bene? Addirittura due uomini?
- Già...uno peggio dell'altro...
L'uomo sorrise divertito e, come prima, contagiò anche la ragazza. Non che la tristezza e la rabbia l'avessero abbandonata, ma si rese conto che la sua battuta non era male.
- Ezio sarà curioso.
E tutto cambiò di nuovo. Flora perse ogni traccia di divertimento, rabbia e tristezza: tutte furono rimpiazzate da incredulità.
- Come...Come avete detto, scusate?
- Dicevo – rispose Leonardo riprendendo le cianfrusaglie da terra, dopo essere finalmente riuscito ad aprire la porta – che Ezio sarà curioso. Di solito è lui quello circondato da individui del sesso opposto – sghignazzò.
- Sì, ma...cosa centra lui ora in tutto questo?
- Beh, pensavo che, dopotutto, vi cercherà ora che siete entrambi qui.
Si sentì mancare. Subito cercò sostegno nel muro dietro di lei e lentamente si calò a terra stando contro di esso. Sentì la saliva diminuire e faticò a deglutire.
- Flora! State bene?
Subito Leonardo la aiutò a rialzarsi e le sventolò davanti un foglio per farle aria, credendo che avesse avuto un mancamento per il caldo. Poi, fermandosi a pensare, si rese conto che era Gennaio e che, quindi, il motivo doveva essere un altro.
- Ezio...è qui. A Venezia – borbottò la ragazza.
- Oh, diamine. Ora capisco perché non vi ha nominata nemmeno una volta. Mi era sembrato strano, sapendo che siete confratelli. Ma ditemi, cosa vi ha allontanati?
- Leonardo...la storia è assai più lunga.

- Matrimonio??? Ha chiesto la vostra mano in matrimonio???
- Proprio così. E io avevo anche accettato.
- Avevate?
- Sì, quella promessa non è durata a lungo, dato che voleva la mia mano e, contemporaneamente, le labbra di Cristina Vespucci.
Il pittore fece una smorfia di finto dolore. Sapeva che quella di Ezio era stata una pessima mossa. Inoltre, perché ferire quella povera ragazza?, pensò.
- Ezio, Ezio. Ma che mi combini?
- Leonardo, vi prego di non far parola di tutto questo con lui. Voglio dire, il nostro incontro, il fatto che sono qui...devono rimanere un nostro segreto.
- Oh, ma certo Madonna. Ora, non vorrei cacciarvi, ma, se non volete rischiare di incontrarlo, vi conviene andare.
- Stavo giusto pensando lo stesso. Tonerò Leonardo. Busserò tre colpi ben distinti per farvi capire che sono io e, se dovesse esserci una qualsiasi presenza a me non gradita, che siano Ezio o i templari, dovrete solo rispondere in modo da farmelo capire.
- Sta bene. Alla prossima, mia cara.

Quando rientrò al bordello lo trovò stranamente vuoto. Le cortigiane non giravano nell'atrio, dal piano di sopra non provenivano gemiti e nel salottino d'attesa non c'era alcun uomo. Dal giardino sul retro, però, sentii un vociare indistinto. Le ragazze emettevano grida di gioia con un tono a dir poco acuto.
- Suor Teodora? Ci siete?
- Sono tutte di là.
Dal nulla era apparsa una ragazza. Era Alice, quella che Flora aveva identificato come la più scorbutica delle cortigiane. In realtà le stava simpatica proprio perché non era frivola come le altre.
- Oh, salve Alice. Sapete cosa stanno facendo?
- E' arrivato un tizio e pare che ne siano rimaste ammaliate – rispose imitando le moine delle sue compagne - Suor Teodora le ha raggiunte per controllare che non lo infastidissero troppo.
- Un uomo? Fanno tutto questo baccano solo per un uomo?
- Lui è diverso. Non è come i soliti vecchi che vengono qui sbavando, tutto il contrario. E' giovane, affascinante e non sembrava minimamente interessato a noi. O così hanno detto le altre – disse la ragazza con tono disinteressato.
- Voi mi sembrate di altro parere, però.
- Ho altri gusti...
- Ah, capisco.
Flora ridacchiò. Aveva finalmente scoperto il perché del suo carattere scorbutico. Rimaneva però incuriosita dall'uomo misterioso che era arrivato.
- Ha detto il suo nome? L'uomo intendo.
- No, ma, da come Teodora si è rapportata, sembrava lo conoscesse. Non mi stupisce, dati gli abiti molto simili ai vostri.
- Come? Porta abiti simili ai miei? Intendete la veste bianca e rossa da assassino?
- Esatto. Lo conoscete?
L'assassina si diresse subito nel giardino, per scoprire che l'uomo “giovane e affascinante” altri non era che...
- Ezio.
Fu come a Monteriggioni due anni prima. Lui si voltò e, come se niente fosse, le sorrise amorevolmente.
- Oh, salve Flora.
- Flora – si intromise Teodora – Stavo giusto per mandarvi a chiamare. Immagino che avrete molto di cui discutere.
- Alloggerò qui al bordello, perciò potrete venire a parlarmi quando vorrete.
- Starete qui? Perché?
- Speravo vi avrebbe fatto piacere.
No, sapeva esattamente che le avrebbe dato fastidio. Proprio in quel momento, come una manna dal cielo, arrivò Luigi. Non che Flora avesse voglia di vederlo, ma sapeva che, se Ezio l'avesse visto, avrebbe cambiato atteggiamento.
- Ah, siete qui anche voi – osservò l'assassino biondo – Vi sentivate solo?
- A dire il vero, caro Messer Berti, ho una missione molto importante da portare a termine. Pare che la congiura de' Pazzi sia arrivata fin qui.
- Di che si tratta? - chiese Flora, subito più interessata.
Ce l'aveva con lui, ma il lavoro era sempre lavoro. Sapeva bene che quella congiura era seria e pericolosa.
- Perdonatemi, ma ora ho bisogno di riposo. Sta sera mi potete trovare nella mia stanza, se vorrete ancora saperne di più.
- Ezio, Flora non è stupida. Sa bene che il vostro è un tentativo di portarla a letto.
- Oh, no! Luigi, siete voi quello meschino, non io.
Si congedò dalle ragazze facendo a ognuna il baciamano, rischiando di farne svenire qualcuna. Salutò Luigi con un leggero inchino e a Flora poggiò una mano sulla spalla. Approfittando della vicinanza, si chinò abbastanza da sussurrarle nell'orecchio.
- Non prometto nulla, però.

Cherrie's notes -
1. Lo accompagnerebbe un'altra persona e, inoltre, Ezio dovrebbe essere con lui, ma questa è una delle mie solite modifiche alla trama ;)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Prima è, meglio è ***


Eccomi di nuovo qui ^^ Lo so, è passato davvero tantissimo tempo :( io purtroppo sono una che non si sa affatto organizzare: non riesco mai a fare più di un tot di cose in una giornata T.T vi chiedo, quindi, ancora scusa per la mia lentezza e spero che i capitoli ripaghino di questa attesa u.u

- Parlate, dunque.
- Quanta fretta – disse sdraiandosi comodamente sul letto della sua “nuova” stanza.
- Ora basta, Ezio. Se siete davvero qui per un'importante missione, parlate. Altrimenti, potete evitare di perdere tempo e lasciarmi concludere la mia di missione.
- Perdonami.
- Non osare darmi del tu!
- Perdonatemi – replicò alzando le mani – Sono qui perché, come dicevo, la congiura dei Pazzi si è estesa. O meglio, la Congiura dei Pazzi è conclusa, ma Rodrigo Borgia ha altri uomini. Uno di questi è Emilio Barbarigo, un mercante piuttosto potente. Controlla tutto il mercato presente nel sestiere di San Polo e non credo che la cosa vada bene ai mercanti lì presenti. Non a tutti, comunque.
- Come mai?
- Li comanda tramite un manipolo di guardie sempre in giro per il sestiere e, se non hanno un permesso, vengono cacciati. Ho assistito personalmente all'intervento di una guardia e mi sono trattenuto a stento dall'attaccarla e ucciderla.
- Siete sicuro che sia un uomo di Rodrigo e non un semplice nobile che si diverte a guardare i meno fortunati che soffrono sotto il suo potere?
- Abbastanza, dato che si trovava insieme allo Spagnolo e a Jacopo de' Pazzi quando li ho seguiti. Anzi, devo ammettere che, se ho ucciso Jacopo, è stato anche grazie al suo aiuto.
Flora lo fissò intensamente, aspettando che le desse spiegazioni.
- A quanto pare, Rodrigo non se ne faceva nulla di Jacopo senza il resto della sua famiglia e ha preferito liberarsene invece che aspettare il mio intervento. In ogni caso, l'obbiettivo è stato raggiunto, così sono passato al successivo. A dire il vero, ero sul punto di concludere anche questo, ma il luogo in cui Barbarigo risiede, Palazzo della Seta, ha delle mura piuttosto difficoltose da scalare. Se solo quella ladra non si fosse ferita... - continuò a dire abbassando sempre di più il tono di voce, come stesse parlando da solo e non più con la ragazza.
- Che state blaterando?
- Non sono l'unico interessato al ruolo di Emilio. C'è un piccolo gruppo di ladri che risiede nello stesso sestiere e ha tentato di entrare quando anche io ci ho provato. Gli uomini facevano da diversivo, mentre l'unica donna del gruppo pensava ad infiltrarsi. Ma il palazzo è circondato da arcieri e l'hanno colpita.
- Dannazione, Rosa! - esclamò lei senza pensarci.
- La conoscete?
- Sono entrata in contatto con la gilda di Antonio non appena sono arrivata qui. Ho deciso di tenermi alla larga dopo i trascorsi che ho avuto con i ladri di Napoli, ma Rosa è affidabile e scaltra. Nessuno sa che mi ha aiutata, forse nemmeno Antonio.
- E, per caso, vi ha insegnato qualcosa? Per esempio...come arrampicarsi su muri difficili?
- Può darsi. Ma è una loro tecnica, non spetta a me insegnarvela.
- Oh, andiamo! Non potete privarmi di ciò che mi serve per la mia missione solo perché avete deciso di tenermi il broncio!
- Tenervi il broncio? Credete che lo faccia per divertirmi e vedere la vostra reazione? Io vi odio, Ezio! Io non riesco a vedervi, dannazione!!!
Il ghigno sparì dal viso di Ezio. Divenne serio e, da sdraiato com'era, passò a sedersi.
- Dunque...è così?
- E come dovrebbe essere altrimenti? Io vi amavo, Ezio. Vi amavo per davvero. Per voi ho ferito vostro fratello! E voi avete saputo ricambiarmi dimostrando che non siete in grado di amare un'unica donna. Mi dispiace Ezio, ma un anello non dimostra che volete impegnarvi.
Il ragazzo assunse un'aria che Flora non gli aveva mai visto prima in viso, se non quando aveva dovuto fare i conti con la morte dei suoi famigliari. Era dolore. Ma lei non poteva cedere. Stava male tanto quanto lui e, oltretutto, lei era stata la prima a essere ferita nell'animo.
- E' inutile che assumiate quell'espressione. Se ora siamo in questa situazione, è solo colpa vostra.
Non aveva più nulla da dirgli e lui altrettanto. Con la rabbia e il dolore che le riempivano il cuore, uscì da quella stanza e si diresse verso il covo dei ladri. Aveva bisogno di spiegazioni.
 
- Chi ve l'ha detto?
- Ha importanza?
- No...no, davvero. Però è così. I miei ragazzi hanno tentato di introdursi nel palazzo per concludere la vita di Emilio Barbarigo. Siamo ladri, ma non per questo non ci sta a cuore la gente di Venezia.
- O, molto più semplicemente, con il controllo che Barbarigo esercita sul sestiere non riuscite più a derubare tanto facilmente i mercanti.
- Anche questo, sì.
La ragazza ridacchiò e Antonio con lei.
- Rosa? Sta molto male? - riprese poi Flora.
- Quando è arrivata non era messa affatto bene. Ma delle buone cure e una stampella l'hanno rimessa in sesto. Anche se per un po' non potrà ovviamente fare acrobazie di alcun genere.
- Proprio di questo ero venuta a parlarvi. Il mio informatore mi ha detto che Palazzo della Seta sarebbe normalmente difficile da scalare, vista la scarsa quantità di appigli, ma che Rosa era tranquillamente in grado di muoversi e che, se non fosse stata colpita, sarebbe entrata senza difficoltà.
- Che volete sapere? Conoscete già quella tecnica.
- E' il mio informatore a volerla conoscere.
- Perché ho l'impressione che questo informatore sia più un amico? Comunque non c'è problema, potete tranquillamente insegnargliela voi, no?
- No.
Antonio, che aveva iniziato a versarsi una strana sostanza scura in un calice, si fermò di colpo e tornò a guardare Flora.
- E perché mai? - chiese confuso sorseggiando un po' di quella bevanda.
- Perché...perché il rapporto con suddetta persona è alquanto complicato, Antonio. Ve ne prego, può occuparsene qualcun altro dei vostri?
L'uomo la guardò per qualche secondo, ancora sorseggiando dal calice. Avrebbe voluto sapere di cosa si trattava per via della sua indole curiosa, ma sapeva che non era un buon momento per chiedere.
- E va bene. Va a chiamare questa persona e dille di venire qui domani. Franco può occuparsi della questione.
- Vi ringrazio.
- Prima di andare, volete forse un po' di caffé? Ho notato che fissavate intensamente il mio bicchiere.
- Oh no, grazie. Mi chiedevo solo cosa fosse, ma...sarà per un'altra volta.
 
- E chi è Franco?
- Uno dei ladri, ovviamente. Accontentatevi, per cortesia, e andate al covo domattina. Io avrò da fare.
- Siete sicura di non voler venire?
- Più che certa, Auditore.
Sentirsi chiamare per cognome lo ferì ancora di più. Erano davvero così lontani oramai? Quasi a voler accorciare tutta quella distanza, allungò una mano e afferrò il polso di Flora. Dolcemente la tirò a sé in un abbraccio.
- Non vi chiedo di perdonarmi, – disse con il viso immerso tra i suoi capelli – ma, vi prego, non odiatemi.
La ragazza fu presa totalmente alla sprovvista. Avrebbe voluto spingerlo via con violenza e urlargli in faccia di tutto e di più, ma non ci riuscì. Poteva sentire il profumo tipico del ragazzo, quell'odore con cui poteva identificarlo a occhi chiusi. Per qualche secondo rimase immobile, poi, lentamente, lasciò che le sue braccia avvolgessero la vita di Ezio. Non lo strinse con vigore, ma fu forse l'abbraccio più forte che gli avesse mai dato.
Quando l'abbraccio si concluse, nessuno dei due disse nulla. Flora si limitò ad uscire dalla stanza, scossa da un fastidioso fremito: voleva gridare, piangere, sorridere. Quell'uomo era unico.
 
Il mattino seguente, quando si svegliò, si preparò subito per il suo compito. Voleva sbarazzarsi di quell'uomo, che aveva chiamato padre per anni, il prima possibile. Era curiosa di sapere se Ezio fosse già alla gilda, ma non voleva darlo a vedere.
- Dove andate di bello?
Luigi le sbucò davanti all'improvviso. Forse, se non fosse stata persa nei suoi pensieri riguardo ad Ezio, l'avrebbe sentito arrivare. Poche ore dopo si sarebbe dovuta scontrare con qualche guardia di sicuro, non poteva lasciare spazio alla distrazione. Scrollò via quei pensieri e fece finta di dimenticare l'assassino Fiorentino.
- Vado a scovare Claudio.
- Ma come, ora?
- Prima è, meglio è. Passerò velocemente dal fabbro, dato che ieri ho affrontato diversi inconvenienti, poi partirò con un cavallo. Dovrebbe volermici solo mezz'ora per raggiungere la villa.
- Avete già preso l'armatura che vi ho riportato?
- Certo, perché non avrei dovuto? A proposito, grazie mille.
- Di nulla, Flora.
- Sentite, sono proprio di fretta, perciò ditemi: venite con me o no?
- Mi occupo di far sellare due cavalli mentre siete dal fabbro – rispose sorridendo.
Ormai non era più certa di provare qualcosa per lui, soprattutto dopo aver rivisto Ezio. Ma, sapere che non sarebbe stata sola durante quella battaglia per lei così importante, la faceva sentire meglio.
 
- Davanti al portone ne vedo due, ma credo ce ne sia un'altra che fa il giro della villa.
Luigi e Flora stavano nascosti a qualche metro dalla villa. Non potevano permettersi di irrompervi senza una strategia, non sapendo cosa li attendesse realmente.
- Come fate a dirlo? - chiese il ragazzo incuriosito.
- Beh, basta guardare le dimensioni della villa. Non è possibile che abbia messo due guardie al portone e che abbia lasciato gli altri lati scoperti, altrimenti gli basterebbe dimenticarsi una finestra aperta in estate per essere completamente derubato.
- Ragionevole. Come pensate di muovervi, dunque?
- Ho bisogno che creiate un diversivo. Laggiù – disse Flora – vedo una stalla. Se fate un giro largo dovreste riuscire a raggiungerla senza che vi vedano. Fate in modo che i cavalli facciano baccano, ma vedete anche di non farvi scoprire, altrimenti sarete uno contro tre.
- D'accordo. Ma state molto attenta anche voi.
Il ragazzo si allontanò nuovamente e prese una strada che l'avrebbe portato alla stalla dall'entrata posteriore. Flora, nel frattempo, rimase a guardare. Da dove si trovava non poteva sentire nulla, perciò avrebbe aspettato di vedere le guardie allontanarsi per correre il più velocemente possibile verso la villa. Approfittò di quei pochi minuti per studiare una via d'accesso: dietro la porta d'ingresso potevano esservi altre guardie dopotutto. Le ville di campagna, però, solitamente avevano un cortile interno che precedeva l'entrata vera e propria. Perciò, se fosse salita sul tetto, si sarebbe potuta calare silenziosamente nel cortile per trovare un'entrata non controllata.
Dopo qualche minuto a pensare una strategia, si rese conto del fatto che nessuna delle due guardie del portone si era mossa. Quella che faceva il giro del palazzo – era abbastanza certa di averla vista – non era ancora riapparsa, però. Che avesse visto Luigi e avesse ingaggiato una battaglia con lui? No, avrebbe sicuramente chiamato altre guardie per dargli manforte. Allora cosa c'era di sbagliato nel piano?
Flora fece per allontanarsi dal suo nascondiglio, pronta a raggiungere Luigi per accertarsi che stesse bene, ma non riuscì a fare nemmeno un passo che sentì un forte dolore lancinante alla testa. Lentamente cadde a terra con la vista che pian, piano si offuscava. L'ultima cosa che notò furono due figure in piedi accanto a lei, pronte a prenderla su di peso e portarla chissà dove.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1046723