Superwholock: Absolution of the Sinners di PallinaRosa (/viewuser.php?uid=74807)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fourth Wall ***
Capitolo 2: *** Allons-y! ***
Capitolo 3: *** Wings ***
Capitolo 4: *** It's a Matter of...Falling ***
Capitolo 5: *** EPILOGO - Prima che sia troppo tardi(s) PT. 1 ***
Capitolo 6: *** EPILOGO - Prima che sia troppo tardi(s) - FINE ***
Capitolo 1 *** Fourth Wall ***
“And we pray that
there’s no God
to punish us and make
a fuss.”
Muse, Fury.
Una
pallida luce solare penetrava attraverso le sottili tende di cotone
bianco
della spoglia stanza del motel dove Sam
e Dean Winchester riposavano pacificamente, dopo un’estenuante caccia
al
vampiro della sera precedente.
Dean fu il primo a
svegliarsi. Si girò verso Sammy, che se la dormiva ancora
beatamente, con un cuscino avvolto tra le braccia ed il lenzuolo
aggrovigliato
ai piedi del letto.
Sospirò, e con uno
svogliato movimento si mise in piedi, pronto ad iniziare una
nuova giornata. Prima di tutto accese la radio, poi si stiracchiò per
bene, si
stropicciò gli occhi cisposi e senza razionalizzare che ore fossero o
perché si
sentisse così strano si diresse in bagno. Avrebbe giurato di sentire
una strana
pesantezza sul petto, proprio sui pettorali. “Probabilmente è perché ho
dormito
a pancia in giù” pensò dirigendosi in bagno. Ma d’altronde non era una
novità:
Dean dormiva sempre prono. Forse inconsciamente lo faceva perché al
mattino,
quando apriva gli occhi, non voleva rivivere la scena di sua madre
attaccata al
soffitto, avvolta dalle fiamme. Non si azzardava nemmeno a pensare se
al posto
di Mary ci avrebbe trovato Sammy un giorno o l’altro. Scosse il capo
per scacciare
quei brutti pensieri e dopo essersi levato i vestiti frettolosamente
aprì il
box doccia, fece scorrere un po’ d’acqua e quando fu sufficientemente
calda
entrò. Cominciò massaggiandosi bene il torace con il bagnoschiuma. Il
petto
sembrava così gonfio e morbido.
Troppo
strano. Aprì gli occhi e guardò in basso. Il suo virile petto
maschile ora era sostituito da due grossi
seni.
<< E queste?!
>> esclamò
sorpreso. << ODDIO, LA MIA VOCE! >> esclamò di
nuovo,portandosi una
mano alla gola. Uscì dalla doccia in un lampo, spaventato. Il bagno era
intriso
del profumo del sapone e da tante nuvolette di vapore acqueo che fecero
appannare lo specchio. Dean indossò l’accappatoio, e con l’aiuto della
manica
spugnosa passò la mano sul vetro per farlo spannare.
Ciò che si ritrovò
davanti non era quello che si aspettava. Decisamente no.
Alzò una mano, ed il suo riflesso lo
imitò. Fece la linguaccia, e di nuovo il suo riflesso lo imitò.
<< Gesù CRISTO!
>> imprecò
tappandosi la bocca con la mano.
<< Sam? SAM!
>> chiamò a squarciagola, incapace di fare un singolo
movimento, gli occhi incollati sullo specchio,increduli.
Sam si svegliò di
soprassalto, e leggermente intontito si catapultò in bagno
con il fucile spianato.
<< E tu chi sei!?
>> è tutto ciò che riuscì a dire mentre abbassava
l’arma,in parte sollevato che non fosse nulla di grave. Era solo
l’ennesima
ragazza che Dean si era ripassato.
<< Dov’è mio fratello? >> domandò dopo un secondo di
esitazione, guardandosi
intorno.
<< Sammy,sono io!
Sono Dean! >> mormorò shockato, avvicinandosi con
cautela a Sam.
<< E’ una specie di
scherzo? Ora ti travesti da donna nel tempo libero?
Che è successo,ti si è spezzata un’unghia? E
wow, la voce da donna ti riesce benissimo, complimenti. >>
<< Cosa?! No no,
Sam, non sono travestito,
sono una donna! >>
Dopo un momento di
silenzio raggelante, Sammy cominciò a ridere sguaiatamente,
sotto gli occhi di Dean che se ne stava lì in piedi senza proferir
parola, come
congelato, ancora avvolto nell’accappatoio.
<< Si può sapere
cosa c’è di tanto divertente? E’ una cosa grave.
Oddio, ma sentitemi, ho la voce
più ridicola del mondo! >>
Sam non riusciva nemmeno
più a respirare, era diventato rosso in volto mentre
si appiattiva contro la porta per trovare sostegno.
<< Fammi mettere
qualcosa addosso e andiamo da Bobby >> fu tutto
ciò che Dean riuscì a dire, troppo arrabbiato con suo fratello per
averlo
deriso così tanto, e ancora incredulo per ciò che gli era appena
accaduto: era
diventato una femmina! La sua mente vorticava attorno a migliaia di
idee riguardo
a cosa potesse essere stato a ridurlo così. Un incantesimo? Probabile.
Ma
esistono incantesimi capaci di farti cambiare sesso? Improbabile.
Andava
trovata una soluzione, e il più in fretta possibile!
La
pioggia batteva violentemente contro le grandi finestre
dell’appartamento 221b
di Baker Street. Sherlock Holmes stava suonando una composizione di
Tchaikovsky
con il suo adorato violino, mentre John Watson sorseggiava il suo tè
all’inglese seduto comodamente sulla poltrona con il giornale aperto
sulle
ginocchia.
<< Non vuoi
fermarti un paio di minuti per prendere il tè, Sherlock caro?
Sono le cinque, è tradizione >>. La signora Hudson entrò nel
polveroso
salotto con il vassoio in mano, sorridente, come al solito.
<< Tradizioni.
Indubbiamente affascinanti ma completamente inutili.
>> borbottò il detective, obbedendo però alla cara signora.
Provava un
irrazionale benevolenza verso quella donnina. Probabilmente perché non
si poneva
troppi problemi nell’affittare il suo squisito appartamento ad uno
squilibrato
sociopatico con un fetish per gli omicidi.
John alzò lo sguardo dal
giornale solo per tirare un occhiata di rimprovero
verso Holmes, che per tutta risposta si stinse in spallucce e si
accomodò a sorseggiare il suo tè.
<< Nessun nuovo
caso? >> domandò Watson
<< Niente che mi
interessi. E’ tutto così noioso e banale. >> disse,
come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
John scosse il capo, e
con un mezzo sorriso prese un sorso della bevanda.
Ad un certo punto,un
rumore assordante entrò prepotentemente nella stanza.
Sembrava il suono dello stridere delle ruote del treno sulle rotaie
della
metro. Lentamente, cominciò a materializzarsi un’enorme cabina blu
della
polizia proprio al centro del salotto.
<< Ma cosa diavolo
…? >> mormorò stranito John, mentre con cautela
si alzava e si avvicinava per esaminare l’oggetto da vicino.
La cabina restò
perfettamente immobile, finalmente materializzata. Con un gesto
secco, la porta si aprì. Watson balzò all’indietro.
Una testa uscì fuori
dall’abitacolo e si guardò in torno per un po’, poi si
voltò verso le facce inebetite delle tre persone presenti nella stanza
e disse:
<< Buonasera, Signori. Chi di voi è Dean Winchester? >>
<< Scusi?! >>
domandò sbigottita Mrs Hudson.
<< Uhm,accento
inglese … siamo ancora a Londra,immagino. >> disse
l’uomo, quasi deluso,uscendo definitivamente dalla cabina blu.
<< Devi far
riparare questo affare, Dottore >> suggerì una voce
femminile.
<< Shh,non
intendeva offenderti >> mormorò complice l’uomo
accarezzando l’enorme cabina.
Sherlock scosse il capo
come per ridestarsi da una visione. Questa era
indubbiamente la cosa più assurda ed interessante che gli fosse mai
capitata,
ed era curioso ed affascinato dalla assurda situazione che gli si era
parata
davanti senza preavviso alcuno … letteralmente!
<< Lei sarebbe?
>> domandò, rimanendo perfettamente seduto sulla
sua poltrona, gli occhi improvvisamente vispi e luminosi. John
conosceva quello
sguardo: era lo stesso che Sherlock assumeva mentre analizzava una
scena del
crimine particolarmente intricata e, perciò, estremamente interessante.
<< Oh certo,che
stupido. Immagino sia bizzarro
assistere ad una scena simile ehm sì insomma … Mi presento, io sono
il
Dottore e lei è la mia compagna di viaggio, Rose >>
<< Il … dottore?
Lavora in una struttura qui a Londra? Non l’ho mai vista.
>> chiese John insicuro delle
proprie parole. Che senso poteva avere che un Dottore si
materializzasse dal
nulla a bordo di una strana cabina blu?
<< Non esattamente.
Anzi, direi per niente. Non sono un Dottore, sono il Dottore.
Mi chiamano così, è il mio nome. >>
<< Il Dottore …
>> disse tra sé e sé Mrs Hudson. << Ma caro,
scusi, com’è possibile che il suo nome sia solo “dottore”? Non ha un
nome vero?
>> domandò premurosamente.
<< E’ andato
perduto molti secoli fa, ma non ci badi, okay? Mi chiami
solo il Dottore >> rispose con naturalezza.
Mrs Hudson annuì poco
convinta e girandosi di spalle si fece il segno della
croce.
<< E voi sareste …?
>> domandò il Dottore, rivolgendosi agli altri
due.
<< Il mio nome è
Sherlock Holmes, e lui è il mio coinquilino John Watson.
Ed ora potrebbe spiegarmi --- >>
<< Sherlock Holmes?
>> domandò stupita Rose, interrompendolo.
<< Quel Sherlock Holmes?
Dottore, oh mio Dio, siamo davanti ad uno dei più brillanti personaggi
letterari di tutta la storia! >>
<< Lui non può
essere Sherlock Holmes! >> esclamò il Dottore
<< Siamo un po’ troppo avanti con gli anni! Questo è il
duemiladodici!
>>
<< Anche lei
detective? >> ironizzò Holmes, facendo un piccolo
sbuffo di superiorità. << E mi dica, signor
Dottore, in che anno dovremmo essere, secondo lei? >>
<< Beh, se non erro
… Dunque, Sir Arthur Conan Doyle pubblicò il primo
romanzo del 1887 quindi sì, direi intorno a quella data. >>
<< Tutto questo è
ridicolo >> interviene Watson << Sir Arthur
– chi? Avrebbe pubblicato il primo romanzo … di cosa? >>
<< Delle Avventure
di Sherlock Holmes! >> rispose con ovvietà il
Dottore << Uno studio in Rosso, … >>
<< Rosa >> lo
interruppe John. << Uno studio in rosa >>
<< Sono molto, e
dico molto
sicuro che il titolo corretto sia Uno studio in Rosso. >>
<< L’ho scritto io
stesso sul mio blog, il titolo esatto è Uno studio in rosa
>>
<< Ma lei non è
John Watson? >> domandò Rose, confusa.
<< Sì, e quindi?
Onestamente non ci sto più capendo nulla. >>
Il Dottore ormai
esasperato dalla situazione, si mise in moto e cominciò ad
analizzare l’ambiente con il suo cacciavite sonico.
<< Siamo in un
universo parallelo >> disse, rivolgendosi a nessuno
in particolare.
<< Il che significa
…? >> ribatté Rose, ormai impaziente.
<< Signor Holmes,
ha mai provato a cercare il suo nome su Wikipedia?
>> disse frettolosamente il Dottore, rivolgendosi al Detective.
<< Perché mai
dovrei farlo? E poi mi vorrebbe spiegare cosa cavolo è
quell’aggeggio che ha tirato fuori dalla tasta? >>
<< Le spiegherò
tutto dopo, glielo prometto, ma ora si fidi di me e
faccia come le ho detto, per piacere >>
Sbuffando leggermente dal
naso, Sherlock afferrò con eleganza il suo smarth phone
estraendolo dalla tasca dei pantaloni. Digitò il suo nome nel campo
“ricerca”
di Google e ciò che scoprì fu shockante.
<< E’ come ha detto
lui, John … >> mormorò senza staccare gli occhi
dal display. << Apparentemente, non esistiamo. >>
<< Oh, non dica
così >> cercò di rincuorarlo Rose << Lei è
un’icona, un vero eroe. >>
<< Sì sì certo
>> tagliò corto Holmes, continuando a scorrere la
pagina di Wikipedia con l’indice.
<< Forse ho trovato
qualcosa >> disse, facendo segno al Dottore di
avvicinarsi. << Qui parla di una serie televisiva mandata in onda
dall’emittente “BBC”, dove io e John veniamo catapultati nel XXI
secolo. A
quanto pare il mio vero nome sarebbe Benedict Cumber – Bitch? No, ehm …
ah, batch, Cumbertbatch. E John sarebbe un
tale Martin Freeman. >>
<< Oh >>
esclamò il Dottore << Ora è tutto più chiaro
>>
<< Veramente?
>> domandarono tutti all’unisono
<< Beh, non proprio
ma … prendiamo le cose come vengono. >>
<< Come sarebbe a
dire? Non ha senso tutto questo! Lei si materializza
nel mio salotto a bordo di una cabina telefonica degli anni sessanta,
mi dice
che non esisto veramente e che in più
sono un prodotto per la televisione, ed io dovrei semplicemente
accettarlo? Assurdo.
>> domandò sbigottito Sherlock, mantenendo comunque la propria
compostezza.
<< A proposito
>> intervenne Watson << Quella cabina mi
sembra scomoda per due persone
>>
<< Beh, dentro
è più grande
>> disse il Dottore, e con uno schiocco di dita le porte del
TARDIS si
aprirono, mostrando ai presenti la sua magnificenza. Mrs Hudson svenne
senza
ritegno alcuno sul pavimento, ormai incapace di reggere una storia
simile: la
vita dello stesso Sherlock le sembrava già abbastanza sconcertante, se
in più
ci aggiungiamo uno squilibrato con una cabina blu multidimensionale e
capace di
materializzarsi dal nulla … la questione diventa inverosimile!
<< Ed ora mi dica,
Mr. Holmes >> disse il Dottore, sistemandosi
leggermente il cappotto << le andrebbe di vivere un avventura?
>>
Con
la testa infilata nei libri, Bobby Singer cercava disperatamente
qualcosa che
potesse aiutare Dean,mentre Sam vagliava tutte le possibilità cercando
online.
<< Non è possibile che non ci
sia nulla! >> esclamò Dean,con la sua
nuova voce femminile.
<< Calmati,sorella >> fu
la risposta di Sam,con gli occhi ancora
incollati allo schermo. << Ritornerai ad essere il rude macho che
sei
entro breve,te lo prometto >>
<< E’ che dentro questo corpo
mi sento così … nervoso … riguardo … ogni
dannata cosa >> disse continuando a guardarsi i palmi delle
mani, così
lisci, rosa, perfetti, senza cicatrici … piccoli
.<< Forse sei
in fase premestruale >> mormorò Bobby, ridacchiando
sotto ai baffi.
<< Oddio, no, speriamo di no.
Non voglio avere il ciclo, è l’unica cosa
che non vorrei in questo momento! >>
<< L’unica? >> domandò Sam, girandosi
verso suo fratello/sorella.
<< Beh … ho pur sempre le
tette. Quelle mi piacciono. >> rispose
Dean,come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
<< Sei disgustoso >>
disse in tono schifato ma divertito il più
piccolo dei Winchester.
Dean sogghignò, e diede un’occhiata
al suo balconcino.
“Niente male” pensò compiaciuto. Poi si voltò per guardare fuori dalla
finestra
e notò un particolare che prima (ne è sicuro al 100%) non c’era.
<< Bobby? >> domandò,
sempre guardando fuori
<< Che c’è, Deana?
>>
risponde sghignazzando.
<< Che accidenti è quella
cabina blu che hai in rimessa? >>
|
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Capitolo 2 *** Allons-y! ***
<<
Sai,credo che un viaggio nello spazio potrebbe farti persino
bene,Sherlock
>> disse John Watson, mentre si incamminava accanto al suo amico
verso la
casa di Bobby Singer. Il Dottore capeggiava il gruppo, e fu lui stesso
a
bussare alla porta della fatiscente casa.
<< Ancora con questa storia del sole
che ruota intorno alla Terra o quel che diamine è?
>> domandò scocciato
il detective,sbuffando.
<< Dove hai imparato una tale
fesseria?Pensavo che gli umani conoscessero
almeno i princìpi di base! >> rispose il Dottore,guardando Holmes
come se
fosse pazzo.
<< Non mi serve sapere cosa c’è là
fuori. Io sono qui,sulla Terra. E qui
c’è già abbastanza caos. >> disse incrociando le braccia al
petto. <<
E in più ho appena scoperto di non essere reale, per cui dello spazio
non
potrebbe fregarmene di meno in questo momento. >>
Bobby venne alla porta inciampando
leggermente sui suoi passi. Aveva da poco
ripreso a camminare, abbandonando definitivamente in un angolino
polveroso
della casa la sua sedia a rotelle, e sembrava quasi surreale stare
sulle
proprie gambe. Per quanto detestasse ammetterlo, quel dannato Crowley
gli aveva
salvato il culo. Letteralmente.
<< Posso aiutarvi? >> domandò
stranito guardando il quartetto che
si era presentato davanti alla porta.
<< Veramente, noi siamo qui per
aiutare … >> precisò il Dottore
dopo essersi schiarito leggermente la gola. << Chi è Dean
Winchester?
>> domandò tagliando corto. Bobby si sentì preso in contro piede
e
persino un po’ imbarazzato. Squadrò il Dottore e aggrottando le
sopracciglia disse:
<< Lei sarebbe … ? >>
<< Sono il Dottore, loro sono la mia
compagna di viaggio Rose e loro due
… beh, diciamo amici di vecchia data. Avrò modo di spiegarvi più tardi.
Ora è
fondamentale che mi faccia vedere Dean prima che sia troppo tardi
>>
<< E lei che ne sa? E poi Dottore
chi, esattamente? >> domandò
guardando quello strano individuo mingherlino di sottecchi.
<< Sì beh, me lo chiedono in tanti.
Adesso per favore, mi porti da Dean Winchester
>>
Alzando le mani al cielo in segno di resa,
Bobby mostrò loro la strada verso la
cucina. Quando varcarono la soglia, il Dottore cominciò a guardarsi
intorno.
<< E lui chi è? >> domandò Sam
a Bobby sulla difensiva
<< Lascia perdere, dice di essere un
Dottore e che Dean è in
pericolo >>
<< Più in pericolo di così? >>
intervenne Dean, facendosi segno
come a voler dire “sono in questo corpo, come potrebbe andare peggio?”
<< Oh no >> mormorò il Dottore
avvicinandosi a Dean puntandogli il
cacciavite. << Sei tu, Dean? >>
<< Non puntarmi quel coso addosso!
>> esclamò allontanandosi a
passi indietro. << E comunque sì, sono io, anche se adesso ho le
sembianze di una lesbica! Puoi aiutarmi? Io non - >>
<< Sì, posso >> lo interruppe
il Dottore, rimettendo il cacciavite
nel taschino.
<< Come? >> chiese Sammy
facendosi più vicino. << E come sai
il suo nome? Voglio dire, come sei arrivato qui? >>
<< Ho ricevuto un messaggio d’aiuto
sulla mia carta psichica. Dice “Dean è in pericolo, abbiamo
bisogno di te
Cas, arriva prima che puoi”. Ho messo le coordinate nel TARDIS e
sono
arrivato qui. Beh, facendo tappa a casa di Sherlock Holmes, prima
>>
<< Quella cabina ha qualcosa che non
va, te l’ho già detto mille volte
>> intervenne Rose, guardando con aria di rimprovero mista a
divertimento
il Dottore.
<< Sherlock Holmes >> ripeté
Dean. << Questo tizio mi sembra
un pochino troppo new age per essere
Sherlock Holmes. Dove lo avete preso? Al Comic Con di San Diego? E
scommetto
che il tizio bassino lì dietro sia Watson … >>
<< Senti, non infieriamo, okay?
>> rispose John, facendosi un po’
più avanti.
<< Come ti pare >> fu la
risposta del Winchester.
<< Ad ogni modo … >> proseguì
il Dottore << Non capisco cosa
sia “Cas” >>
<< E’ il diminutivo di un nostro
amico … si chiama Castiel >> disse
Sam.
<< E speravate di chiamarlo col
pensiero? >> domandò leggermente
confuso.
<< Beh ecco … è un amico un po’ particolare
>> replicò Dean
<< In che senso? >>
<< Nel senso che è … sì insomma … un
angelo >>
<< Religione, affascinante >>
commentò il Dottore.
<< Noioso >> sbuffò Sherlock.
<< Sherlock! >> lo rimproverò
John << Possibile che tu debba
sempre essere inopportuno e fuori luogo? >>
<< No, ehm, va tutto bene >>
riprese Sam << Anche noi
troviamo che la religione sia … strana forse? Ma ci siamo passati in
mezzo,
sappiamo cosa c’è dall’altra parte ma non starò a raccontarvi i
dettagli o vi
sembrerà pazzesco >>
<< Pazzesco? >> interruppe il
Dottore << Vengo da un pianeta
ormai estinto, sono l’ultimo della mia specie, ho viaggiato attraverso
tutto lo
spazio ed il tempo con la mia navicella spaziale che all’esterno è una
cabina
telefonica della polizia londinese, e che all’interno è infinitamente
più
grande. Letteralmente. Ho più di Novecento anni e ho due cuori. Dicevi?
>>
Sam scosse il capo, incredulo e poco
sicuro di aver capito ciò che il Dottore
avesse detto.
<< Okay >> disse <<
Abbiamo sventato l’Apocalisse >> e
si strinse in spallucce.
<< Benvenuto nel Club >>
rispose il Dottore sogghignando.
<< Possiamo venire al dunque, per
piacere ? >> si lamentò Dean,
roteando gli occhi al cielo.
Prima che qualcuno potesse proferire
parola, uno svolazzare di ali annunciò
l’arrivo di Castiel.
<< Castiel, grazie al Cielo sei qui
>> disse Sammy rincuorato.
<< Sono arrivato appena ho potuto,
mi dispiace >> tentò di scusarsi
l’angelo, guardandosi intorno confuso.
<< Chi sono queste persone? Dean
dov’è? >>
<< Dunque, questo tizio con il
cappotto marrone è una sottospecie di
alieno schizoide, quella è la sua tipa, e quei due dietro sono Sherlock
Holmes
e John Watson >> tagliò corto Bobby, con la sua solita
eleganza.
<< Scusa cosa intendi con tipa?
>> domandò confuso il Dottore. Rose arrossì e cominciò a
guardarsi
intorno concitatamente. Nessuno rispose.
Castiel assunse la sua tipica espressione
di chi si concentra con tutte le
forze per cercare di capire qualcosa senza riuscirci. << Dov’è
Dean?
>> ripeté.
<< Ciao, Cas >> lo salutò Dean
con la mano, stando leggermente
staccato dal gruppetto che si era formato al centro della stanza.
L’angelo lo
guardò confuso. << Dean? >> domandò Castiel, avvicinandosi alla ragazza.
<< Ottimo spirito d’osservazione,
come sempre >> scherzò Dean
guardando l’angelo dritto negli occhi. Il cuore inspiegabilmente perse
un
battito.
<< Come è potuto accadere? >>
chiese Castiel, senza staccare gli
occhi da Dean.
<< Le Muse di Cydonia >>
rispose il Dottore, contento di poter
andare al sodo della questione.
<< Dottore, chi sono le Muse di
Cydonia? >> chiese Rose.
<< Hai presente le Muse dell’Antica
Grecia? >> Rose annuì. <<
Ecco, non sono una fantasia. Esistono davvero. Vivono in questa piccola
regione
su Marte chiamata Cydonia. Stanno in cima ad un monte altissimo, un tra
i più alti
di tutto l’universo*, il che è abbastanza simile alla versione
Terrestre
dell’Olimpo.
Spesso a queste Muse piace fare i dispetti
a coloro che nella propria vita
hanno trattato le donne come oggetti. Ritieniti fortunato ad essere
diventato
donna e a non esserti svegliato senza occhi o altri parti del corpo >> disse il Dottore rivolgendosi a Dean,
che deglutì vistosamente.
<< Ora sì che è tutto molto
interessante >> commentò Sherlock, con
conseguente occhiataccia di John.
<< Dean non è un santo, okay
>> disse Sam << Ma ha scontato
la sua pena. E’ stato all’Inferno, in Purgatorio … ora doveva
capitargli anche
questo? >> domandò sbigottito.
<< Deve esserci qualcos’altro sotto,
e ho intenzione di scoprirlo. Vi
aiuterò, se me lo lascerete fare. >>
<< Beh, direi che non abbiamo altra
scelta >> mormorò Bobby
stringendosi in spallucce. << Voi andate con il Dottore, io vi
aspetterò
qui e sarà meglio per voi che torniate interi, sani, salvi e
del vostro sesso >>
<< Sono in un buone mani, glielo
assicuro >> intervenne Rose,
sorridendogli. Bobby ricambiò il sorriso poco convinto, per poi
rivolgersi a
Sam e Dean e improvvisare un impacciato abbraccio.
<< Mi raccomando >> mormorò
l’uomo mentre salutava i suoi ragazzi.
Dean ricambiò l’abbraccio calorosamente, e
Bobby dovette schiarirsi la gola per
farselo scollare di dosso.
<< Sono gli ormoni femminili …
>> tentò di giustificarsi, con la
voce un po’ rotta.
<< Andiamo >> disse tra i
denti Sam, senza trattenersi per le
lunghe. Bobby fece uscire tutti dalla porta sul retro, che dava sulla
rimessa
dove era parcheggiato il TARDIS.
<<
Che razza di incantesimo è mai questo?! >> esclamò Dean, appena
mise
piede dentro alla cabina.
<< Nessun incantesimo, è la legge
dei Signori del Tempo: dentro è più grande >>
<< Uhm >> rifletté Dean
<< Dovrei far stampare questa frase
su un paio di boxer >>
<< Sei sempre il solito cazzone
>> commentò Sam alzando gli occhi
al cielo.
<< Vedo che hai afferrato il
concetto >> disse Dean strizzandogli
l’occhio per poi alzare la mano a mezz’aria aspettandosi il cinque dal
fratello, che non arrivò.
<< Sai, un linguaggio così scurrile
non si addice ad un tal bel visino
come il tuo, Deana >>
Dean riabbassò il braccio e guardò Sammy
come se fosse una crostata scaduta.
<< Stronzo >>
<< Cretino >>
Il Dottore si chiarì la gola. <<
Siamo pronti per partire? >>
domandò con una mano già ben salda alla leva di partenza.
<< Stiamo per andare su Marte?
>> domandò John incredulo delle
proprie parole.
<< Elementare, Watson! >>
esclamò il Dottore << Diamine, ho
sempre sognato di dirlo
>>
E finalmente tirò giù la leva.
note:
*so che il monte di cui sto parlando in realtà si trova su Giove, ma
per
ragioni legati alla trama (e al fatto che Cydonia si trovi davvero su
Marte),
l’ho spostato lì. Letteralmente. *dowedooooooo*
|
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Capitolo 3 *** Wings ***
Atterrati
sulla superficie Marziana, Il Dottore si adoperò per cercare delle tute
spaziali per tutti i suoi compagni di viaggio. Nel frattempo Sherlock
trafficava su internet con il suo smarth phone ( grazie al Wi-Fi del
TARDIS),
alla ricerca di informazioni su sé stesso.
<< Perché non
ti stacchi da quel cellulare? >> disse John,
leggermente infastidito e incredulo. << Siamo su Marte.
Guarda che meraviglia! Vieni a vedere dal finestrino, dai.
>> lo incoraggiò, con un mezzo sorriso.
Sbuffando
lievemente, Holmes si avvicinò al finestrino. << Non è
stupendo? >> domandò Watson, continuando a guardare fuori, ma
Sherlock
era troppo preso a guardare le fossette che il sorriso di John aveva
creato
sulle sua guance per poter prestare attenzione a Marte. John si voltò
leggermente in direzione di Sherlock, che preso in contro piede annuì
lievemente e spostò lo sguardo dall’altra parte. << Sì sì,
fantastico
>> mormorò frettolosamente. John sospirò, preoccupato. <<
Senti, se
è ancora per quella storia del fatto che “non esistiamo” >> e
fece il
segno delle virgolette in aria << secondo me è tutta una
cavolata. Voglio
dire, guardaci, siamo veri, siamo tu
ed io in carne ed ossa, e siamo su Marte. >> rise, rendendosi
conto di
quanto tutto questo fosse assurdo. << E’ perché non è spiegabile
razionalmente che ti incaponisci >> continuò << se qualcosa
non la
puoi spiegare con la ragione o con la logica, ti arrabbi e lotti finché
non
trovi una risposta, ed è sbagliato. Forse dovresti solo lasciar perdere
e
lasciare le cose come stanno. >>
“ Già ”
pensò Sherlock “lotto contro questa cosa ogni giorno”.
<< Immagino
tu abbia ragione >> concluse, tagliando corto. Quella
conversazione cominciava ad infastidirlo.
Il Dottore balzò di
nuovo fuori con sei tutine arancioni in mano, i capelli scompigliati
e la cravatta allentata.
<< Castiel
>> lo richiamò << Avrai bisogno di una tuta anche
tu? >> domandò
<< Beh, sono
pur sempre dentro ad un contenitore umano, per cui direi di
sì >> rispose poco convinto.
<< Uhm
>> mormorò il Dottore << è un concetto affascinante.
Dovremmo assolutamente discuterne più tardi. Ho conosciuto degli Angeli
ma
credimi, non vorresti mai averci nulla a che fare >> disse, e poi
sparì
di nuovo alla ricerca di un’ altra tuta.
<< Che tipo
>> commentò Dean in direzione del fratello.
<< Sembra
simpatico. E’ un po’ fuori di testa, ma è sicuramente uno che
sa il fatto suo >> replicò Sam, sorridendo bonariamente.
<< Ci sono
altri Angeli nell’Universo? >> chiese Castiel a nessuno
in particolare, sovrappensiero.
<< Pensa che
figata >> ironizzò Dean tirandogli una gomitata. Cas sorrise
poco convinto e Dean provò lo strano impulso di arruffargli i capelli.
Avvicinò
quasi con paura le dita alla capigliatura dell’Angelo e li accarezzò:
per
qualche strana ragione non voleva spettinarli, gli stavano
così bene conciati in quel modo e poi erano così soffici
e morbidi. Dean si ritrovò a
pensare che forse anche le sue ali avevano quella consistenza così paradisiaca. Diamine, perché non l’ha
mai fatto, prima? Era così rilassante! Fungeva da antistress.
Castiel si irrigidì
e con sguardo terrificato guardava Sam, che rimase
inebetito alla vista di quella scena. Nel frattempo Dean ci aveva preso
gusto e
continuava ad accarezzargli i capelli con un mezzo sorriso stampato in
volto,
quasi compiaciuto.
<< Ehm Dean?
>> lo richiamò con voce rauca Castiel.
<< Mmh mmh?
>> mormorò Dean, senza interrompere quel che stava
facendo.
<< Mi stai …
facendo venire i brividi. >> Ed era vero, ma Castiel
non capiva a cosa attribuire quella sensazione: nervosismo? Tensione? O
forse
relax? In ogni caso, si sentiva molto strano.
Dean si schiarì la
gola ed indietreggiò di un passo con circospezione. Che
diamine gli era saltato in testa?
Borbottò uno
“scusa” a mezza voce e si fissò le scarpe ora troppo grandi per il
suo piedino femminile. Sembrava un clown.
Il
Dottore finalmente ritornò con il numero giusto di tute in mano.
<<
Mettetevi queste >> disse mentre le lanciava ad ogni membro di
quella
sgangherata ciurma. << E … Allons-y!
>>
Marte si
presentava come roccioso deserto rosso fuoco. John si chiedeva come
facessero a
viverci delle creature, lì. Sapeva che razionalmente non era possibile
una cosa
simile. La Nasa aveva mandato delle sonde spaziali lassù, e tutto ciò
che
trovarono fu il nulla assoluto. Eppure eccolo lì, con addosso una
ridicola
tutina arancione che lo teneva miracolosamente ancorato al terreno e
con una
scorta di ossigeno praticamente infinita. << E’ la legge dei
Signori del
Tempo >> spiegò il Dottore << Dentro
è più grande >>
Non aveva capito
inizialmente il senso di quella frase, ma guardandosi intorno
all’interno del TARDIS capì, anche se non riusciva ancora a
capacitarsene. E
per quanto riguardava la Gravità il Dottore si limitò a puntare il suo,
come lo
chiamava lui, “cacciavite sonico” ai piedi della tuta e il gioco era
fatto.
<< Tutto ciò
è assurdo >> mormorò contemplando la maestosità del
posto.
<< Tutto ciò
non è reale >> replicò Sherlock << Qualcuno deve
averci drogato mentre dormivamo. A quest’ora probabilmente ci staranno
svuotando l’appartamento. Anche se sarà difficile per i ladri capire
dove
nascondo gli oggetti più preziosi. >>
<< O magari
siamo solo in un episodio di quella dannata serie tv, che
cosa ne pensi? >> rispose seccato John, che ormai ne aveva avuto
abbastanza di questa storia.
<< Probabile
>> disse Sherlock, pensandoci seriamente per un paio
di secondi. << Ma che importa infondo? >> sentenziò infine,
guardando il suo amico con un sorriso bonario stampato in faccia. John
scosse
il capo divertito, sperando che Sherlock avesse capito che doveva
lasciarsi un
po’ andare.
<<
Hai parcheggiato di nuovo troppo distante dalla effettiva meta >>
puntualizzò Rose guardando il Dottore di traverso, sorridendogli mentre
camminavano. Non poteva fare a meno di sorridergli, era più forte di
lei.
Avrebbe voluto essere davvero arrabbiata con lui, ma non ci riusciva
proprio.
<< E’ per proteggere il TARDIS, te
l’ho già spiegato un mucchio di volte!
>> cantilenò in tono puerile, piegandosi leggermente sulle
ginocchia in
una specie di inchino. Rose questa volta rise di gusto.
<< Quasi tieni più a quell’affare
che a me >> commentò scuotendo il
capo scherzosamente.
<< Il TARDIS è la più potente nave
spaziale dell’Universo, ogni singolo
essere di ogni singolo pianeta ha provato a metterci le mani – o zampe,
o
tentacoli che fossero – sopra. E non voglio che accada di nuovo.
>>
spiegò, senza scomporsi troppo.
<< Certamente >> replicò Rose
<< Era solo per dire … >>
<< Ehi aspetta un secondo >>
si fermò di punto in bianco il
Dottore, piazzandosi davanti a Rose << Non penserai davvero di
non
contare nulla, vero? >> domandò sentendosi all’improvviso ferito
dalle parole
della ragazza.
<< Oh no! >> si affrettò a
rispondere. Sapeva quanto il Dottore
tenesse a lei, e la cosa era reciproca. Non avrebbe mai voluto perderlo
o
scambiarlo per tutto l’oro dell’Universo. E, ci avrebbe scommesso, era davvero, davvero, davvero tanto <<
Ripeto, era solo per dire... tanto
per parlare >>. Ma il Dottore non era del tutto convinto delle
parole di
Rose e d’impulso la abbracciò meglio che poteva, visto l’ingombro delle
tute.
Risero entrambi mentre si stringevano in quell’abbraccio così strano.
Si staccarono, e il Dottore offrì la
propria mano a Rose, che la afferrò
prontamente.
<< Allons- y, Rose Tyler >>
disse intersecando le loro dita.
<< Allons-y, Dottore >>
E ripresero a camminare mano nella mano.
Qualche metro dietro di
loro c’erano Dean, Sam e Castiel.
<< Visto? Secondo me stanno insieme! >> commentò Dean,
tirando una
gomitata a Sam che alzò gli occhi al cielo.
<< Sei una tale pettegola … >> rispose senza dargli troppo
corda
mentre si guardava intorno affascinato. << Magari sono solo amici
>>
<< Amici? Amici?! Anche io e
Cas siamo amici, ma non ci teniamo per manina! >>
Castiel sembrava leggermente confuso da questa affermazione.
<< Devo tenerti la mano, Dean? >> chiese con la sua solita
espressione di quando si concentra con tutte le forze per capire.
<< Castiel, mio Dio, era un modo di dire! >> esclamò Dean
alzando
gli occhi al cielo.
<< Beh mica vi vedrei male insieme >> commentò Sam,
prestando
nuovamente attenzione ai due. << Ora che tu sei in questo corpo
potrebbe
essere più facile, sai … >>
<< Ma di che accidenti stai parlando?! >>. La voce di Dean
salì di
parecchie ottave.
<< Tipico da parte di voi donne alzare la voce in modo così
stridulo per
nascondere qualcosa >>
<< Non capisco >> fu la risposta dell’Angelo.
<< Non temere, Cas, va tutto bene. Mr
“Io e Dean abbiamo un legame più profondo” >>. Sammy
ridacchiò.
Dean sapeva che c’è sempre stato qualcosa che legava indissolubilmente
tra lui
e Cas, ma non aveva mai pensato in quel
senso. E poi, a lui piacevano le donne! Cosa cavolo c’entrava
Castiel? Un Angelo del Signore, per di più. Roba
da matti. Tutta quella situazione era da pazzi. Avevano appena scoperto
che
oltre alle creature sovrannaturali Terrestri, esistevano anche gli
Alieni, gli
Universi Paralleli e che Marte in realtà è abitato. Senza contare che
lui
adesso era diventato una donna!
<< Non vedo l’ora di tornare a casa con tutti gli attributi al
loro
posto, non ne posso più di stare in questo corpo. >> mormorò Dean
lamentandosi.
<< Devi fare pipì? >> domandò a bassa voce Sam.
Dopo un secondo di silenzio imbarazzante la risposta di Dean fu :
<<
Diamine sì. Non ci sono cespugli su Marte? >>
<< Potevi farla nel TARDIS! >> rispose Sam rimproverandolo.
<< Ma prima non mi scappava! Ora invece sì
>>
<< Io non posso riportarti indietro col teletrasporto >>
intervenne
Castiel.
<< Ti sei messo ad ascoltare la
nostra conversazione? >> lo rimproverò Dean.
<< Sono sempre stato qui! >> si giustificò l’Angelo.
<< Avete
solo abbassato la voce di pochissimo, è naturale che io abbia sentito!
>>
<< Sì ma stavo parlando di problemi intimi.
Distanza personale, Castiel. Distanza
personale. >>
<< La pipì è un problema comunissimo, comunque >> replicò
in fine
Cas, un po’ imbarazzato.
<< Aspetta, quindi i tuoi poteri qui non funzionano? >>
domandò
Sam, ripensando alle parole dell’angelo.
<< Non qui su Marte >> puntualizzò sconfortato.
Dean gli poggiò una mano sulla spalla per consolarlo, e non poté fare a
meno di
pensare a quando fu proprio Castiel a prenderlo per la spalla per
trascinarlo
fuori dall’Inferno.
<< Sto bene, Dean >> disse l’Angelo piegando le labbra in
un
sorriso. << Non è la prima volta che mi capita di essere privo
dei miei
poteri. >>
Più Cas guardava Dean nelle vesti di una donna, più capiva che c’era
qualcosa
di diverso in lui. Oltre l’aspetto fisico, s’intende. Il carattere era
rimasto
pressoché immutato, ma la sua parte più benevola sembra rivelarsi sotto
una
nuova luce. Che Dean fosse entrato in contato con la sua parte
femminile? Forse
questa cosa avrebbe solo potuto
giovargli, in fin dei conti. Non che Dean fosse una persona cattiva,
ovviamente, ma ha sempre avuto una certa riluttanza nel manifestare ciò
che
sentiva dentro, i suoi sentimenti, le sue inquietudini e le sue paure.
I tre ripresero a camminare silenziosamente, stando sempre qualche
metro
indietro rispetto al Dottore e Rose.
Il cammino continuava senza intoppi, troppo
tranquillo per i gusti del Dottore.
Vedendo la sua espressione preoccupata, Rose lo richiamò all’attenzione
<< Tutto bene? >> chiese.
<< Sì, sin troppo. A quest’ora avremmo dovuto già incontrare --
>>
Senza nemmeno il tempo di finire la frase, tre cavalli alati scesero in
picchiata dal cielo.
Avevano un’ aria maestosa, altezzosa ed elegante, completamente di
colore nero,
persino nelle iridi degli occhi.
<< I cavalieri di Cydonia >> disse infine il Dottore a
nessuno in
particolare.
<< Il Dottore, immagino >> parlò uno dei cavalli. La sua
voce era
incredibilmente umana.
<< Fantastico, cavalli parlanti >> commentò Dean
sarcastico.
<< Non osare rivolgerti a Noi con quel tono, Dean Winchester!
>>
esclamò il secondo dei Cavalieri, gli occhi improvvisamente rosso
rubino. Dean
deglutì vistosamente e abbassò lo sguardo.
<< Vi stavamo aspettando >>
disse il terzo Cavaliere, rivolgendosi al Dottore. << Le nostre
Padrone
vi aspettano. Abbiamo il dovere di accompagnarvi personalmente sul
monte
Cydonia perciò prego, montate >> concluse, abbassandosi
leggermente per
far salire a bordo i passeggeri. Essendoci solo tre Cavalieri a
disposizione
dovettero salire in coppie, e nel caso di Castiel, Dean e Sam in tre.
Ma non fu
un problema per il Cavaliere, che era robusto e leggermente più grosso
degli
altri. I Cavalieri nitrirono all’unisono e poi partirono, su in cielo,
sempre
più in su,e sempre più veloce, causando uno spostamento d’aria tale che
tutti
dovettero aggrapparsi saldamente alle criniere per evitare di
precipitare di
sotto.
Senza preavviso la corsa si interruppe, facendo sballottare in avanti i
passeggeri.
<< Siamo arrivati a destinazione >>
Il gruppo scese dalla groppa, e in men che non si dica, i Cavalieri
ripartirono
in picchiata giù di sotto. Sherlock si avvicinò sul confine del
burrone, e
tremò: non si vedeva nulla laggiù, era buio pesto. Deglutì e
indietreggiò
lentamente.
<< Sarà meglio procedere in avanti,
Mr Holmes >> commentò il Dottore con una punta di preoccupazione
nella
voce. Il detective si schiarì la gola. << Certamente >>
disse. John
lo guardò con aria interrogativa, ma Sherlock non gli prestò
attenzione.
<< Bene >> replicò il Dottore. << Seguitemi, i
cancelli di
Cydonia sono da quella parte >> disse, ed indicò in avanti.
<< Però non mi è chiara una cosa >> disse Sam confuso
<< Quei
cavalli parlavano la nostra lingua.
Com’è possibile?
>>
<< E’ la matrice del TARDIS, è in grado di tradurre tutte le
lingue
dell’Universo in simultanea. >> spiegò il Dottore.
Le labbra di Sam formarono una “O” muta e stupefatta, anche se a dirla
tutta
non è che avesse capito granché.
Il gruppo camminò fino a trovarsi davanti ad un gigantesco cancello
argentato,
che si aprì immediatamente al loro arrivo. Dean si sentiva così
infinitamente
piccolo e miserabile: non poteva credere che tutto questo stesse
succedendo a
causa sua! Non sapeva nemmeno quale grave crimine avesse commesso per
scomodare
l’Universo e infliggergli ciò che gli era stato fatto.
<< Dean? >> lo richiamò Castiel, afferrandolo per la
spalla.
Sobbalzò. << Distanza personale, Cas >> disse in tono
stanco, come
se lo avesse ripetuto duemila volte. << Scusa >> mormorò
l’angelo,
facendo un passo indietro. << Volevo solo che tu sapessi che
qualsiasi
cosa accada qui, oggi, io sarò sempre dalla tua parte. Ho promesso di
vegliare
su di te tempo fa, e intendo mantener fede alla mia promessa >>.
Il cuore di Dean perse un battito. Di nuovo.
<< O-okay >> balbettò, battendo gli occhi. L’angelo piegò
le labbra
in un sorriso poco convinto e riprese il passo cercando di raggiungere
Sam che
si era fermato qualche metro più avanti per aspettarli.
Più Dean passava le ore dentro quel corpo, più si rendeva conto che
reagiva in
modo strano nei confronti di Castiel: la sua bocca diceva allontanati
, ma il resto
di sé sembrava dire stammi vicino.
Scosse il capo allungo il passo, ancora pensieroso.
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Capitolo 4 *** It's a Matter of...Falling ***
Si ritrovarono a camminare su un
lungo tappeto nero che conduceva ad una specie di altare adornato da
colonne
greche con attorcigliate attorno piante rampicanti rosso sangue.
L’atmosfera
era lugubre e surreale. Tre donne dall’ aspetto apparentemente umano
stavano
aspettando sedute comodamente su delle rocce che sembravano di carbone.
Dean
rabbrividì.
<< Ben arrivati >>
disse una di loro, alzandosi elegantemente dalla
sua postazione. << Vi stavamo aspettando con impazienza. Oh e
levatevi
pure i caschi, qui l’aria è completamente respirabile. Ad ogni modo, Il mio nome e Mathea, Musa di Cydonia. Lei
deve essere il Dottore, immagino >>. La voce di Mathea era
delicata come
la pioggia d’estate, e se non fosse stato per le iridi degli occhi
completamente
nere sarebbe potuta sembrare tranquillamente un essere umana: lunghi
capelli
rosso fuoco raccolti maestosamente in una coda di cavallo, fisico
statuario …
una vera Dea.
<< In carne ed ossa >>
rispose il Dottore sfilandosi il casco.
<< Il Dottore
>> ripeté la Musa << Ho
sentito molte cose sul tuo
conto. Le più remote regioni dell’Universo parlano di te come un’ eroe.
>>
<< Mathea, non dilunghiamoci
in lusinghe futili >> disse l’altra
Musa, alzandosi a sua volta.
<< Dominique, hai per caso
fretta? Abbiamo abbastanza tempo per occuparci
di tutto quanto >>
<< Sorelle, non cominciate a
litigare >> intervenne l’ultima delle
tre Muse, apparentemente anche la più anziana: i capelli lunghi fino al
bacino,
liscissimi e bianchissimi ne erano la prova. Non che ci fosse una
singola ruga
sul suo viso, o su quello delle altre Muse. Erano talmente perfette che
sembravano uscite da un dipinto.
All’arrivo della Musa Anziana, le
altre due si scansarono e la fecero passare
chinando leggermente il capo.
<< Facciamo in fretta con
queste presentazioni, non ho molto tempo da
perdere >> disse avvicinandosi al gruppo. << Il mio nome è
Christophora, Musa di Cydonia. So chi siete voi, perciò non scomodatevi
troppo
a presentarvi. Quelle – e si girò leggermente per indicare le altre due
Muse –
sono Musa Mathea e Musa Dominique di Cydonia. Ma arriviamo al sodo: qui
abbiamo
un Angelo del Signore, due Cacciatori, un Signore del Tempo, due
personaggi
letterari del pianeta Terra e … una commessa. >> disse infine
indicando
Rose come se fosse un rifiuto. Rose avrebbe voluto rispondere, ma non
ritenne
opportuno farlo. << Cosa mai avranno in comune queste persone?
>>
domandò senza rivolgersi a qualcuno in particolare.
<< Beh ecco >> tentò di
spiegare il Dottore << Sherlock e
Watson non dovrebbero essere qui. E’ colpa della mia navicella
spaziale, ho
inserito le coordinate sbagliate e … >>
<< Non essere ridicolo,
Dottore >> lo interruppe Musa Christophora
<< Credi davvero che tutto questo non sia stato architettato?
>>
<< Oh >> disse lui
semplicemente, preso in contro piede. <<
Quindi Voi avete alterato le coordinate del TARDIS? >>
<< Era necessario! >>
esclamò Musa Dominique come se fosse la cosa
più ovvia del mondo.
<< Necessario … >>
ripeté il Dottore << e per quale ragione?
>> domandò leggermente confuso.
<< Beh, vede caro Dottore, se
ci troviamo qui oggi è per parlare di sentimenti >>. L’ultima parola uscì dalla bocca di
Musa Christophora come se fosse quasi un peccato dirla, come se nel
dirla
l’avesse in qualche modo rovinata.
Lo stomaco di Sherlock si strinse.
<< Vedo che qualcuno qui ha
già afferrato il concetto >> disse
complice Musa Mathea, guardando Holmes dritto negli occhi. Per tutta
risposta,
Sherlock si mise una mano all’altezza dello stomaco.
<< Tutto bene? >>
domandò John preoccupato, toccandogli il braccio.
Sherlock annuì lievemente col capo.
<< Già Sherlock, tutto bene?
>> ripeté quasi divertita Musa
Dominique.
<< Sì >> rispose
semplicemente il detective, cercando di sembrare
il più neutrale possibile.
<< Ne sei sicuro? >>
chiese Musa Christophora avvicinandosi a
Holmes. Prese il suo viso tra le mani come se fosse un oggetto
prezioso, e ne
studiò i particolari con attenzione.
<< Non sei qui per caso,
Sherlock Holmes >> sussurrò la Musa, per
poi sfiorare le sue labbra con quelle di Sherlock. Una specie di
nebbiolina
bianca uscì dalla sua bocca finendo dentro a quella di Musa
Christophora, che
successivamente si allontanò elegantemente facendo due passi indietro.
<<
Molto interessante >> commentò unendo gli indici sulle labbra.
<< Che cosa hai fatto?
>> domandò John, facendo un passo in avanti.
Le Muse cominciarono a ridacchiare sommessamente. Dean avrebbe
ricordato il
suono di quelle risate per sempre: era delicato e letale come una
leonessa
pronta ad attaccare. << Oh, Watson >> riprese Musa
Dominique
<< Se solo tu sapessi … >>
<< Gli ha aspirato una parte
di ricordi. >> spiegò il Dottore.
<< Non in maniera permanente, è come una specie di condivisione
>>
<< Ma che bravo >>
commentò Musa Mathea. << Le voci erano
vere circa la tua intelligenza >>
<< John va tutto bene
>> mormorò Sherlock guardando il suo amico
che si era fatto avanti per lui, così coraggiosamente.
<< Diglielo >> ordinò
Musa Christophora. << O ti ridurrò come
ho ridotto il tuo amico Dean Winchester. >> Dean sgranò gli occhi
stupefatto.
<< Non capisco >>
replicò Castiel << Cosa diamine c’entra
Dean? >>
<< Parli del Diavolo …
>> disse in tono divertito Musa Dominique.
<< E va bene >> sbuffò
Christophora << Davvero non riuscite
ancora a capire? Siete qui per la stessa ragione: la vostra totale
riluttanza
per sentimenti che provate. Magari per qualcuno che ha rischiato la
propria
incolumità per voi, e che voi ripagate con la vostra totale
indifferenza. >>
Gelo. Silenzio. Rose guardò il
Dottore. Il Dottore guardò Rose.
Dean e Castiel si scambiarono uno
sguardo imbarazzato per qualche secondo.
Sherlock abbassò lo sguardo come un
cane bastonato, mentre John lo fissava
sconcertato.
E poi c’era Sam. << Non
capisco il senso della mia presenza >>
ammise un po’ imbarazzato.
<< E’ per l’amore che provi
per tuo fratello, e viceversa >> spiegò
Musa Mathea, avvicinandosi al più piccolo dei Winchester. << Non
un amore
romantico, s’intende, ma ciò che vi lega è un legame indissolubile. Lui
non ti
ha chiesto di venire qui oggi, ma tu lo
hai fatto lo stesso, incondizionatamente. Sappiamo bene chi era Jessica
>> e nel sentir nominare il suo nome, Sam sgranò gli occhi << e sappiamo quanto tu l’amassi. Perciò
oggi vogliamo premiarti, e darti il tempo di parlare con lei un’ ultima
volta.
>>
<< Dici sul serio? >>
chiese speranzoso, sentendosi quasi preso in
giro.
<< Le Muse non mentono mai.
>> e detto questo, Christophora gli
offrì la propria mano. Sam la afferrò, ancora insicuro. << Ora
chiudi gli
occhi. Hai solo due minuti a disposizione >>
Sam chiuse gli occhi.
Si ritrovò in una distesa erbosa, e
ovunque guardasse vedeva solo alberi, erba,
e l’aria profumava di fiori di campagna. Si sentivano i grilli cantare,
e gli
uccellini cinguettare.
Jessica gli apparve di fronte come
un miraggio. Era stupenda con la sua
camicetta da notte di seta bianca, i lunghi capelli color del grano
sciolti e
liberi nell’aria. << Sam >> sussurrò commossa, fissandolo
incredula. Senza dire nulla, Sam la strinse forte a sé. La sentii vera tra le sue braccia … solida. Era la
sua Jess, la stava
davvero abbracciando. Inspirò profondamente e sentì il profumo di lei
inondargli il petto come una ventata di aria calda. Dio,
quanto gli era mancata.
<< Jess, mi dispiace così
tanto, io … >>
<< Shh, >> lo zittì
Jessica, mettendogli un dito sulle labbra
<< Lo so >> disse semplicemente, sorridendogli. << So
già
tutto quello che vorrai dirmi.
Che mi ami.
Che ti dispiace.
Che ti manco.
Che non potevi saperlo.
Lo so, Sam. Ma sai
che c’è? C’è che
non importa. C’è che nonostante tutto io ti amerò per sempre, e che non
hai niente da farti perdonare.
Non hai potuto scegliere che vita
vivere : ti è stata indotta, ed io questo lo
capisco. Ti guardo spesso da quassù e so che hai fatto grandi cose
insieme a tuo
fratello e … penso che infondo è così che le cose dovevano andare.
>>
sorrise, e gli toccò il viso << Sam Winchester, l’uomo più
importante del
mondo. E una volta era tutto mio. Hai idea di quanto io sia fiera di
te?
>>
Sam a questo punto e non riuscì più
a trattenere le lacrime. Sorrise tristemente,
mentre guardava il volto sereno della sua amata. << Sei sempre
stata la
parte migliore di me >> mormorò, tentando di assumere un tono
normale di
voce. Senza aggiungere altro, Jessica annullò la distanza tra di loro e
catturò
le labbra di Sam con le proprie.
Sembrava così vero, così reale. La
morbidezza delle labbra di lei premute sulle
sue, il sole sulle guance, il venticello che gli scompigliava i
capelli. Una
sensazione di beatitudine gli inondò il petto e si sentì felice.
Non ricordava nemmeno più cosa volesse dire quella parola
ultimamente.
<< Ma perché sei qui?
>> domandò Jessica improvvisamente
realizzando la situazione. << Questo non è un mio ricordo, non
siamo mai
stati qui … oh mio Dio >>
<< No no, non sono morto!
>> si affrettò a dire lui << E’ una
lunga storia, e ho poco tempo a disposizione. Sappi solo che questo non
è un
addio. Prima o poi succederà l’inevitabile e- >>
<< Non dirlo >> lo
interruppe subito lei, afferrandogli la mano.
<< Tu per adesso pensa a vivere la tua vita, va bene? Bella o
brutta che
sia. Innamorati di nuovo almeno altre cento volte, sposati, fai quello
che
devi. Noi avremmo un’ eternità di fronte quando … beh, lo
sai. Se ci è stata tolta la possibilità di vivere una vita
insieme, ci accontenteremo del per sempre. Dovremmo solo aspettare.
>>
Sam abbassò lo sguardo sulle loro
mani intrecciate e sorrise.
<< Te l’ho detto, tra i due
tu sei decisamente la migliore. >>
Jessica sorrise a sua volta. Non poteva non ammettere che Sam le
mancasse
terribilmente e che avrebbe dato qualunque cosa per tornare in vita e
spendere
il resto della sua vita insieme all’uomo che amava, ma purtroppo non
era
possibile.
<< Ti amo, Jess. >>
mormorò sollevando le loro mani per portarsele
alle labbra. Lasciò un lieve bacio sulle sue nocche e la guardò negli
occhi,
ormai piedi di lacrime.
<< Ti amo anch’io. >>
rispose lei, per poi gettargli le braccia al
collo. L’abbraccio durò molto poco, poiché tutto sfumò via lentamente,
e la
realtà ritornò come quando ci si sveglia da un sogno bellissimo che non
vorreste che finisse.
<< Grazie >> mormorò
Sammy asciugandosi il viso, troppo emozionato
per dire qualsiasi altra cosa.
<< E’ stato un piacere. Non
capita tutti i giorni di avere a che fare con
persone splendide come te, Sam Winchester. Hai la Nostra benedizione.
>>
rispose Musa Christophora sinceramente.
Dean, che per tutto il tempo era
stato a guardare la situazione impotente e
spaventato, ora si sentì come risvegliato, e sentiva che doveva fare
qualcosa.
Non sapeva esattamente che cosa, aveva una sorta di rabbia dentro di
sé. Voleva
abbracciare Sam, dirgli che andava tutto bene, che gli dispiaceva per
Jessica e
che non era colpa di nessuno, che dopo tutto ciò che avevano affrontato
questa
era solo una delle tante volte in cui i Winchester si mettevano nei
guai e che
ne sarebbero usciti vittoriosi come sempre. Ma più pensava a queste
cose, più
si sconfortava da solo, perché in realtà non aveva la minima idea di
quel che stava
succedendo, e realizzò che esternare quei pensieri non avrebbe giovato
nessuno.
Così fece un passo avanti e accarezzò il braccio di suo fratello, che
si girò e
gli regalò il sorriso più felice, sincero e commosso che Dean avesse
mai visto
sul suo volto. La rabbia di prima fu sostituita dal sollievo: Sam stava
bene, e
questo bastava.
<< Ma ora veniamo a noi,
Dottore. >> riprese Christophora,
avvicinandosi al Dottore strascinando la sua lunga tunica color avorio,
come i
suoi capelli. << Dunque, abbiamo avuto modo di notare che anche
in
passato hai avuto numerose compagne di viaggio. Ma dicci, come ci si
sente
quando queste vengono a mancare? >> domandò, con una punta di
accidia
guardando Rose. Rose guardava in basso, incapace di trattenere lo
sguardo di
Musa Christophora. Sapeva che il suo viaggio con il Dottore non sarebbe
durato
per sempre, e che avrebbe rischiato la vita chissà quante altre volte.
Ma non
le importava.
Il Dottore stinse la mascella,
cercando di restare il più calmo possibile.
<< Fa male >> rispose
<< Fa … molto male. >>
<< Provi dolore, sconforto,
tristezza … eppure, egoisticamente continui a
reclutare compagni o compagne di viaggio, segnando inevitabilmente il
loro
destino. Sono secoli che ti osserviamo, e pensiamo che sia giunta l’ora
per te
di smetterla, o saremo noi a farti
soffrire sul serio. >>
<< Non. Provare.
A toccarlo.
>> intervenne Rose, ritrovando il coraggio dentro di sé.
<< Rose, non … >> cercò
di frenarla il Dottore, ma Rose era
irremovibile. << No, Dottore, ho sentito abbastanza. Come ti
permetti tu
di dare dell’egoista a quest’uomo? Come puoi dire di volerlo far
soffrire? E’
da più di novecento anni che soffre, e soffrirà per sempre
probabilmente. Sono io che ho voluto incominciare a
viaggiare con lui, non mi ha rapita né tanto meno costretta. Ed oggi
sono qui,
sfidando la tua grande autorità infischiandomene delle conseguenze perché ne vale la pena. Per il Dottore,
ne vale la pena. Sempre. Perché è un eroe. Perché il numero di vite che
si sono
spente al suo passaggio sono assai inferiori a quelle che ha salvato.
Io sono
una di esse, il Dottore mi ha salvata. E io lotterò sempre per lui,
così come
lui ha sempre fatto per me. >> la voce di Rose si incrinò e fu
incapace
di continuare. In un angolino la sua testa diceva di aver appena
commesso un
grave errore nel parlare in quel modo ad una Musa, ma l’altra parte di
sé
urlava “chi se ne frega”
<< Rose … >> disse con
un filo di voce il Dottore, incredulo. Non
poteva credere che lei si fosse esposta così tanto per lui.
<< Molto bene! >>
esclamò compiaciuta Musa Christophora facendo un
passo verso Rose, che avrebbe voluto indietreggiare ma non lo fece, e
restò
esattamente al suo posto guardando negli spaventosi occhi la Musa.
<< Lo
vedi, Rose Tyler? Questo è esattamente l’amor
che muove il Sole e l’altre stelle.
Buffo, non è vero? E’ come se Dante avesse un forte impatto nei
confronti di
tutti voi. >>
<< Non ne sono certo >>
puntualizzò Sherlock.
<< Sherlock nella parte di
Virgilio, e Watson nella parte di Dante, in
mirabolanti avventure. Ma verrà il momento per Virgilio di farsi da
parte e
lasciare andare Dante, anche se questo vorrà dire sacrificarsi. Ma
questo lo
vedremo più avanti. E non chiedermi come faccio a saperlo, non sono
veggente.
E’ semplicemente già stato scritto. >>
La consapevolezza si fece strada
nel petto di Sherlock ed un brivido gli
percorse la spina dorsale.
<< Non capisco >>
ammise John, cercando l’approvazione di Sherlock,
che però guardava in basso.
<< Sherlock? >> lo
richiamò, e allora lui lo guardò.
<< John Hamish Watson
>> disse, girandosi completamente verso di
lui. << Vorrei innanzitutto porti anticipatamente le mie scuse
per quel
che sto per fare. Ti sembrerà inconcepibile ed insensato, e sono
abbastanza sicuro
che ne soffrirai. Ma non preoccuparti: tornerò. Non so come, non so
quando, non
so nulla, ed io stesso ho paura. Capisci, John? Io, Sherlock Holmes, ho
paura. Ma so che andrà tutto bene … o
almeno spero. Secondariamente, volevo dirti che
… >> la voce di Sherlock si incrinò, e dovette prendere
fiato per
riprendere il discorso. << … è vero, mi incaponisco sempre quando
qualcosa di illogico mi si para davanti. Potrei semplicemente ignorare
quella
cosa, e vivere la mia vita lo stesso, ma … non quando si tratta di te e
quello
che provo nei tuoi confronti. So che ti sembrerà sconsiderato, ma quel
che sto
per fare è il gesto più significativo che posso fare nei tuoi
confronti:
Virgilio esce di scena >>
<< Sherlock, cosa stai
dicendo, mi stai spaventando >> mormorò confuso,
occhi lucidi e mascella stretta. Sherlock si avvicinò e prendendolo per
il
mento, posò delicatamente le sue labbra a quelle di John, come se
volesse solo
accarezzarle. John stette immobile, una lacrima solcò il suo viso senza
sapere
perché. Il cuore gli batteva all’impazzata, talmente tanto che gli
faceva male
il petto. Sherlock si staccò, e con il pollice spazzò via dolcemente
una
lacrima vicino all’angolo della bocca di John.
<< Arrivederci, John >>
disse con un filo di voce, e fece per
allontanarsi, ma John lo riafferrò per la manica della tuta, e lo fece
girare
verso di sé.
<< Perché ho il presentimento
che tu stia per fare qualcosa di terribile?
Non so nemmeno che cosa, so solo che sarà terribile. >>
<< Il mio John >>
mormorò quasi compiaciuto Sherlock, sorridendo.
<< Non temere, andrà tutto bene. >>
<< E’ proprio quando mi dici
di non temere che io ho più paura. Ho paura
perché, Diamine Sherlock, io ti amo,
e … tutto questo mi spaventa. >> Nel sentire quelle parole,
Sherlock non
resistette e strinse John a sé più forte che poteva. <<
Di tutto ciò che potevi dirmi, questa
è decisamente la cosa peggiore, perché adesso sarà infinitamente più
dura e
triste per me farlo. Ma ti ringrazio. Perché nemmeno in un milione di
anni mi
sarei immaginato che tu potessi ricambiarmi. Grazie John. Ora so che ne
varrà
la pena. >> e lasciandogli un altro piccolo e sfuggente bacio
sulla
fronte, Sherlock si voltò e con la morte nel cuore cominciò a camminare
a passo
deciso verso lo strapiombo.
Arrivò
sul ciglio del monte e si fermò.
Deglutì
mandando giù il groppone che gli
si era formato in gola.
Chiuse gli occhi per far uscire le
ultime lacrime.
Respirò
profondamente e spalancò le
braccia.
E poi si gettò nel vuoto.
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Capitolo 5 *** EPILOGO - Prima che sia troppo tardi(s) PT. 1 ***
John
gridò con tutte le sue forze. Sembrava quasi che volesse far uscire i
polmoni
dalla gola. Tentò disperatamente di avvicinarsi al ciglio da dove
Sherlock si
era gettato, ma Sam lo acciuffò appena in tempo e lo trattenne tra le
sue forti
braccia nonostante John si dimenasse con ogni parte di sé stesso per
tentare di
liberarsi dalla morsa.
<< Perché l’ha fatto ?!
>> continuava a gridare in preda
all’isteria. << Non lo capisco! Perché, Sherlock? PERCHE’!
>>
<< Perché era scritto, e
Sherlock lo sapeva. Certo, le cose non sarebbero
dovute andare esattamente così … >> rispose Musa Mathea con
naturalezza.
<< Voi >> sputò John,
con riluttanza verso le Muse. << Se
questo ragazzo non mi stesse trattenendo probabilmente vi avrei già
preso a
pugni in faccia. Cosa vuol dire che era scritto? EH? Sapete che c’è?
C’è che potete andare a fare in culo. >>
<< John Hamish Watson ti
ordino di moderare i termini >> intervenne
Musa Dominique.
<< Me ne fotto
dei termini. Per
quello che mi riguarda ora potreste anche strapparmi il cuore dal petto
e non
mi fregherebbe nulla! >>
Ed era vero. Non poteva credere di
aver appena confessato i suoi sentimenti al
suo migliore amico e che questo si fosse appena … John non riusciva
nemmeno a
pensarla quella parola.
<< Non tentarmi >>
replicò Musa Dominique con gli occhi diventati
rosso rubino, come era successo al Cavaliere quando si era accanito
contro
Dean.
<< Ora capite? >>
domandò Musa Christophora rivolgendosi ai
presenti << Capite quanto dolore provoca la scelta di tenere
nascosti i
sentimenti che provate per ciascuno di voi? >>
John cominciò a piangere senza
rendersene conto, con Sam che lo cingeva ancora
tra le sue braccia.
Il Dottore deglutì e poi prese
parola. << Che senso ha tutto questo?
Perché deve per forza andare così? >>
<< Perché è giusto così,
Dottore. Perché tutto questo un giorno potrebbe
finire anche in modo peggiore. >>
<< Non necessariamente
>>
<< Noi lo abbiamo visto
>> disse Musa Dominique, avvicinandosi alla
Sorella. << Lupo Cattivo >> mormorò.
Il sangue nelle vene del Dottore si
raggelò.
<< Dove hai sentito quelle
parole? >> domandò attonito.
<< Riecheggiano in tutto
l’Universo >>
<< Me lo ricordo >>
intervenne Rose << E’ stato quando ti sei
rigenerato … >>
<< La Decima incarnazione del
Dottore >> precisò Musa Christophora.
<< Fino ad ora la mia preferita, se devo essere onesta. >>
<< Lusingato >> disse
il Dottore senza emozione.
<< In dieci vite hai avuto un
numero di compagni notevole. Prima di tutte
tua nipote Susan. Che fine ha fatto? >>
<< Ha importanza? >>
chiese, con una punta di accidia nella voce.
La Musa ridacchiò << Non ne
hai la più pallida idea, non è così? Certo
che è così. >>
<< Susan ha scelto di vivere
la sua vita, ed io l’ho lasciata fare
>>
<< Certo. E che ne sarà di
questa ragazza? >> disse indicando di
nuovo Rose. << Stai sbagliando tutto. Salvi molte vite, è vero,
ma penso
che dovresti farlo in completa solitudine. >>
<< Io non lo lascerò mai
>> intervenne Rose.
<< Ora basta, Rose >>
la interruppe il Dottore. << Musa
Christophora ha ragione. >>
<< Neanche per sogno!
>> esclamò la ragazza, rivolgendo
l’attenzione al Dottore. << E poi anche se fosse ormai quel che è
stato è
stato, e non puoi essere punito per ciò che hai fatto secoli fa. Perché
ora?
Cosa c’è di diverso ora? >>
<< E’ complicato >>
tagliò corto il Dottore.
<< Ogni cosa è complicata con
te! E la questione non mi ha mai
spaventata. E’ così terribile che non puoi dirmi di cosa si tratta? Tu
lo sai,
non è così? Come morirò intendo … Si tratta della mia morte? Posso
sopportarlo,
non ho paura. >>
<< Non posso sapere come
morirai, Rose. O quando. So solo che prima o poi
succederà, e questo mi fa stare male. Perché se fosse per me, vorrei
sempre
averti accanto, ed è un pensiero così egoistico,
che non fa parte di me. Lo vedi? Tu mi mandi in confusione, Rose
Tyler. Mi
dispiace, mi dispiace davvero tanto di averti trascinata in tutto
questo.
Perdonami. >>
<< Va tutto bene, ci sei tu
con me. Sono al sicuro. >> mormorò lei
dolcemente, afferrandogli il viso. Il suo sguardo era così stanco e
mortificato
che Rose non resistette e lo baciò sulle labbra con tutta la tenerezza
di cui
era capace. Il Dottore la abbracciò stretta a sé, come se avesse paura
che
svanisse via.
<< Non sei al sicuro >>
mormorò, con la voce leggermente
increspata. << Dici sempre un mucchio di sciocchezze, Rose Tyler.
Ma se
davvero vuoi restare, non ti costringerò ad andartene. >>
Rose si staccò leggermente
dall’abbraccio e rivolse lo sguardo alle Muse.
<< Resto >> disse con determinazione, senza staccare gli
occhi da
Musa Christophora che li guardava con aria di sufficienza.
<< Molto bene >>
commentò lei, portandosi gli indici sulle labbra,
studiandoli.
<< Beh, abbiamo lasciato il
meglio per ultimo direi >> disse Musa
Mathea, rivolgendosi a Dean e Castiel.
<< Dimmi Dean, come ti trovi
in quel corpo? >>
<< Beh, poteva andarmi
peggio. Sono molto sexy anche da donna >>
rispose con quella nota sarcastica tipica di Dean Winchester.
<< Sei sempre il solito, non
è così? Ma spiegami, cosa senti quando
guardi Castiel? Il tuo amico, che ti ha salvato in così tanti modi,
così tante
volte … magari da uomo non te ne sei mai reso conto fino in fondo, ma
ora?
>>
Dean soffocò una risata con una
specie di sbuffo. Guardò la Musa negli occhi e
poi Castiel. Il blu più blu che avesse
mai visto.
<< E’ vero.
>> ammise << Castiel è un amico su cui posso
sempre contare. Ma tra noi non c’è nulla di romantico. Diamine, lui è
un Angelo del Signore. Hai una vaga idea di
quel che significa? >>
<< Quindi mi stai dicendo che
se Castiel non fosse un Angelo, se Castiel
fosse un umano, allora sarebbe diverso? >>
Dean si ritrovò senza difese. Non
poteva saperlo. Non sapeva se Castiel per lui
era solo un amico. In quel momento mise in dubbio un sacco di cose. La
testa
gli faceva quasi male, e si sentiva così stanco.
<< Non lo so >> rispose
in fine, sospirando.
<< Magari possiamo chiederlo
a lui. Tu cosa ne pensi, Castiel? >>
Castiel non si scompose, come se
sapesse esattamente cosa dire.
<< Dean ed io abbiamo un
legame molto profondo. Io l’ho tirato fuori
dall’Inferno, e da quel momento si è creato una connessione speciale
che si
limita a quella tra Angelo e Protetto. Il fatto che voi possiate
vederci
qualcosa di romantico mi disturba. >>
Il cuore di Dean perse un battito.
Per la millesima volta. Tutte le volte per
Cas.
<< Ouch >> commentò
Musa Dominique.
<< Ti disturba? >>
domandò Dean, sorprendendosi del tono triste
della sua voce.
<< Non dirai sul serio, Dean!
>> rispose l’Angelo. << Io e
te? Insieme? Che assurdità! >>
Il cuore di Dean si fece piccolo
piccolo, e la confusione nella sua testa
aumentava sempre di più.
<< Assurdo, sì >>
commentò tentando di sembrare il più neutrale
possibile, ma Musa Mathea non se l’era di certo bevuta.
<< Ora capisci Dean? >>
chiese << Forse dovresti smetterla di
metterti sul piedistallo. Per Castiel non sei altro che una mansione da
svolgere. >>
<< Un momento >>
intervenne Castiel, improvvisamente arrabbiato.
<< Non ho mai detto questo. Dean è il mio Protetto, e per me
aiutarlo non
è semplicemente una mansione, come
dici tu, ma un piacere. Perché oltre ad essere il mio Protetto è anche
mio
Amico, e non potrei mai, e dico mai
abbandonarlo o voltagli le spalle. Lo stesso vale per Sam. >>
Dean sorrise in direzione di Cas,
ma lui stava ancora fissando la Musa, con
occhi di ghiaccio.
<< Bene >> disse lei
semplicemente. << Beh, direi che posso
anche ridarti la tua forma originale, Dean Winchester. >>
E con
uno schiocco di dita, Deana tornò ad essere Dean.
Dean scosse il capo, si sgranchì il
collo e si voltò verso Cas. Il suo cuore
perse un battito. Di nuovo, per l’ennesima volta. Forse la Musa aveva
ragione,
lui era davvero innamorato di Castiel, ma adesso che sapeva che per lui
non era
altro che un amico, se ne sarebbe fatto una ragione. Infondo non si era
rovinato nulla, e la relazione tra lui e Cas sarebbe andata avanti
normalmente,
ed era giusto così.
Ma tutto questo gli era servito
comunque da lezione: non avrebbe più dato nulla
per scontato. Dean adorava Cas, e sapeva che a volte era uno vero
stronzo nei
suoi confronti, e gli dispiaceva. Ora aveva capito che lo faceva per
reprimere
quella parte di lui che avrebbe voluto semplicemente stropicciargli i
capelli, abbracciarlo
o … bacialo magari?
Il suo Angelo.
Il suo Cas.
E lui era il suo Dean. Non
importava quale significato avesse il loro rapporto,
ma solo il fatto che esistesse a Dean bastava.
<< Beh, direi che possiamo
anche congedarvi ora. >> concluse Musa
Christophora, battendo poi le mani tre volte. Tre volte, per tre
Cavalieri che
apparvero improvvisamente in volo da dietro l’altare e atterrarono sul
cortile
d’ingresso con la loro proverbiale eleganza.
<< E’ stato un piacere
>> disse Musa Dominique, guadagnandosi una
bella occhiataccia da parte di John che quasi voleva sfoggiare il dito
medio,
ma Sam lo bloccò appena in tempo.
<< Vorrei dire ‘Arrivederci’,
ma spero vivamente di non dovervi mai più
vedere, perciò … Addio. >> disse
Musa Mathea, poi quando tutti salirono a bordo dei Cavalieri, fischiò,
e loro
partirono in picchiata giù di sotto.
La camminata verso il
TARDIS fu stranamente silenziosa. Tutti ripensavano a quello che era
accaduto
in totale silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. John era ancora
parecchio sotto shock, e la cavalcata a bordo del Cavaliere non lo
aveva
tranquillizzato per nulla. Ripensò a quando il Dottore disse che
Cydonia era
uno dei monti più alti dell’Universo, ed era terrorizzato all’idea di
ritrovare
vari parti di Sherlock sparse al suolo una volta atterrato. Il Dottore
tirò fuori
il cacciavite sonico e cominciò ad analizzare il terreno.
<< Non vi è la minima traccia di resti umani >> concluse
dopo
un’attenta analisi.
John non sapeva come prendere la notizia. Sarebbe stato un bene se ci
fosse
stata la minima chance che Sherlock fosse ancora vivo, ma non poteva
essere
così, per cui si sentiva solo più confuso ed amareggiato. Non aveva
nemmeno dei
resti su cui piangere, o da seppellire. Le lacrime ritornarono
prepotentemente
ad appannargli la vista e non poté fare a meno di lasciarle scorrere:
trattenersi ormai era completamente inutile. Sam gli cinse le spalle
nel
tentativo di confortarlo, ma sembrava di abbracciare una statua di
marmo.
Poi all’improvviso un barlume di speranza rischiarì la mente di John.
<<
Sherlock era fissato con l’idea che noi in realtà non esistiamo …
magari è
così, magari lui è ancora vivo da qualche parte! Non essendo reali, non
è
possibile morire! Dico bene, Dottore? >> domandò speranzoso John,
avvicinandosi al Dottore.
Il Dottore sospirò e guardò Watson negli occhi. << Non credo sia
possibile, amico mio. Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto. Ma ho
letto i
libri, e posso garantirti che tornerà. >> disse tentando di usare
un tono
pacato. John annuì mestamente, e abbassò il capo.
Poi all’improvviso il Dottore sgranò gli occhi. << Oh mio Dio
>> mormorò.
<< Sherlock Holmes è un genio >>
<< Dottore, che succede? >> domandò confuso Watson.
<< Il motto di Cydonia : non
sprecare il tuo tempo, od esso sprecherà te. Qui il tempo non passa
mai,
per questo le Muse non invecchiano … quando ritorneremo alle nostre
vite sarà
tutto esattamente come prima. Sherlock lo sapeva. Lui … allunghiamo il
passo,
dobbiamo tornare al TARDIS, in fretta
>>
Con una nuova speranza che gli faceva battere forte il cuore, John
allungò il
passo più svelto che poteva. Gli tornò in mente quando la zoppia gli
sembrava
un problema insormontabile, ma che riuscì a superare proprio grazie a
Sherlock,
e alla scarica di adrenalina che gli procurava risolvere casi insieme.
Ed ora eccolo di nuovo lì, a correre per Sherlock Holmes, come se fosse
una
cosa che aveva sempre fatto, come se fosse la cosa più naturale del
mondo.
Il Dottore aprì in fretta la porta del TARDIS, tutti entrarono, e
quando la
porta fu chiusa, mise in moto e partirono. In meno di un secondo (il
secondo
più lungo della vita di John) si ritrovarono di nuovo nella rimessa di
Bobby.
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Capitolo 6 *** EPILOGO - Prima che sia troppo tardi(s) - FINE ***
Sherlock
era proprio lì, attaccato alla parete della casa di Bobby che con aria
spavalda
fumava la sua sigaretta. John gli corse in contro, e Sherlock gli si
avvicinò
sorridendogli. Ma ciò che Sherlock non si aspettava era un pugno in
piena
faccia.
<< Dimmi cosa
diamine ti è saltato in mente, e come facevi a sapere che
ci saremmo ritrovati qui sani e salvi >> disse col fiatone
andando su
tutte le furie.
Anche se aveva il
naso gocciolante di sangue, sogghignava e ridacchiava.
<< E non
ridere, cazzo!
>> lo rimproverò, arrabbiato.
<< Reinchenbach Fall. L’ho
letto su Wikipedia. Che mi sarei sacrificato per te, intendo. Così l’ho
fatto.
E ho fatto bene, a quanto pare. Non avevo idea che mi sarei ritrovato
qui, sano
e salvo. >>
<< Ma così
hai alterato la storia! >> intervenne il Dottore
<< In meglio,
oserei dire >> rispose Sherlock << Non avrei
sopportato l’idea di vederti sposato con una certa Mary, o quel che
era. La tua
Beatrice, insomma. >>
<< Quindi
Internet dice che dovresti buttarti giù da uno dei monti
più alti dell’Universo, e tu lo fai? Ed io che ti
facevo uno furbo! >> esclamò John
Sherlock sorrise e
guardò Watson negli occhi << Sì >> rispose
semplicemente << Doveva essere un palazzo in realtà, ma così è
stato più
scenoso. >>
John avrebbe voluto
tirargli un altro pugno, ma lasciò perdere, ed invece gli
si gettò al collo abbracciandolo.
<< Beh
qualcosa di positivo da tutto questo siamo riusciti ad ottenerlo
>> sospirò sollevato il Dottore. Rose gli afferrò la mano e lui
si voltò
verso di lei sorridendole.
Sherlock li
osservò, e da ciò che aveva dedotto già molto tempo prima (precisamente
quando i due fecero inaspettatamente capolino in Baker Street), quei
due erano
fatti l’uno per l’altra.
Ciò che aveva
appreso riguardo Rose in particolare fu che era una ragazza
coraggiosa, impavida, intelligente, furba. Passava il filo interdentale
ogni
sera, usava uno struccante a base d’olio, stirava i capelli tutte le
sere e a
giudicare dall’andatura sghemba indossava i tacchi poco volentieri.
Aveva perso
suo padre da molto piccola, come dimostravano i suoi vestiti troppo
larghi di
una o due taglie, quasi volesse assumere lei stessa un modello maschile
in
casa. Sua madre probabilmente era un’ incapace, ma il legame che legava
la
ragazza con la genitrice era molto stretto: Rose non sembrava il tipo
di
ragazza che sarebbe andata in giro con le unghie palesemente finte
color fucsia
fluorescente di sua spontanea volontà. La madre era probabilmente una
fanatica che
adorava mettersi in mostra, ma Rose le dava corda, specialmente durante
quei
Sabato sera noiosi passati a fare cose da donna, che la ragazza non
sembrava
particolarmente adorare. Ma lo faceva, perché voleva molto bene a sua
madre e
sapeva che le avrebbe fatto piacere.
Il Dottore fu molto
difficile da esaminare, ed il fatto che gli effettivi
novecento anni di età fossero celati in un corpo di un uomo sulla
quarantina
non era d’aiuto. Eppure c’era qualcosa nei suoi occhi che lasciava
trasparire
la stanchezza degli anni vissuti. Troppa stanchezza in un uomo solo. Un
tipo di
stanchezza dettata da un grosso fardello che si portava dentro, molto
probabilmente. Il suo vero nome, forse?
No, era qualcosa di
inimmaginabile, qualcosa di veramente grosso. Qualcosa che
non ti aspetteresti da una persona universalmente riconosciuta come un
eroe.
Rammarico,
pentimento, rimorso,
consapevolezza, voglia costante di fuggire.
L’ultimo
della sua specie.
Sherlock capì e
tacque.
Dean
guardò Castiel, che però sembrava triste. << Cas, che cos’hai?
>>
domandò visibilmente preoccupato.
Cas guardò il Dottore, ed egli
annuì, come se avesse capito cosa volesse dire
con quello sguardo.
<< Castiel, Dean, entrate
nel TARDIS, venite >> disse, e tutti e
tre entrarono nella cabina. Dopo aver pigiato un paio di bottoni sul
pannello
di comando, il Dottore si congedò
<< Ora però vi
lascio soli, avrete
un sacco di cui parlare immagino >>
<< Grazie >> disse
Castiel, guardando il Dottore. Sorrise, e poi
uscì lasciando i due da soli.
<< Cas, ma cosa … >>
<< No Dean, lasciami
parlare, okay? >> lo interruppe subito
l’Angelo. Dean annuì confuso.
<< Mi dispiace per quello
che ho detto a Cydonia, la verità è che se tu
non fossi il mio Protetto avrei voluto qualcosa di diverso per noi. Ma
il Cielo
ci è avverso, e purtroppo non posso farci nulla. Ho pensato più volte
alla
possibilità di perdere la mia Grazia, ma sarebbe stato da pazzi. E
comunque
preferisco così, l’umanità mi ostacolerebbe dall’esserti accanto ogni
volta che
batti ciglio. In ogni caso volevo solo chiederti scusa, ecco tutto.
>>
Le parole gli uscirono
naturalmente, senza che avesse preparato un discorso o
cose simili. Perché quando si trattava di Dean, tutto era più naturale.
Avergli
appena confessato ciò che provava non lo
disturbava affatto.
<< Non hai nulla da farti
perdonare, Cas. Va tutto bene. Anche io vorrei
che le cose fossero diverse, ed è strano per me … beh sai, tu sei un uomo prima di essere un Angelo del
Signore, e sì insomma … >>
<< Sì, conosco la
sensazione >> commentò Cas, sorridendo
nervosamente.
<< Allora amici? >>
disse Dean, porgendogli la mano.
<< Amici >> rispose
Cas, stringendogliela.
L’angelo fissò ipnotizzato il
sorriso incastonato sul volto del cacciatore e appena
il TARDIS si mise in moto, non resistette all’impulso di baciarlo sulle
labbra.
Perciò lo fece, attirandolo a sé prendendolo per il colletto della
giacca,
senza più freni né tabù. Dean si sentì preso in contro piede e se lo
staccò di
dosso gentilmente.
<< Cas, che diavolo stai
facendo? >> domandò confuso.
<< Io … scusa, credevo lo
volessi anche tu … >>
Dean scosse il capo ridacchiando.
<< Certo che lo voglio! Ma
ti metterai nei guai, ed io non voglio che ti
succeda nulla … insomma, è per questa ragione che per tutto questo
tempo non …
>>
<< Non siamo localizzabili
>> lo interruppe Castiel, sorridendogli
furbo.
<< In che senso? >>
<< Vieni con me >>
lo invitò offrendogli la mano. Dean la afferrò e
lui lo trascinò fino alla porta del TARDIS e poi l’aprì. Dean spalancò
la bocca
stupefatto.
<< Nemmeno io mi ero mai
spinto tanto lontano >> mormorò Cas,
fissando stupefatto il panorama.
<< Cas, siamo nello
spazio! >> esclamò estasiato. Castiel abbassò
lo sguardo sulle loro mani ancora intrecciate e sorrise. << E’
fantastico, non è vero? >> Dean lo guardò sorridendo
esterrefatto,
incapace di dire qualsiasi cosa.
Entrambi si sedettero sulla
soglia della porta, con le gambe a penzoloni nel
Vuoto Cosmico, con le mani intrecciate e le teste appoggiate l’une alle
altre
in completo silenzio. Era così bello che nessuno dei due avrebbe voluto
che
quel momento finisse. Contemplarono le stelle, i pianeti, indicando e
commentando tutto quello che vedevano.
<< Ma come facciamo a
tornare a casa ora? >> domandò Dean
improvvisamente preoccupato.
<< Il Dottore mi ha
mostrato quale bottone schiacciare, stai tranquillo
>>
<< E quando lo ha fatto?
>>
<< Quando è entrato. Ha
impostato il timer del TARDIS e poi mi ha segnato
il tasto da premere con un bigliettino. Era tutto programmato. >>
<< Oh >> disse Dean.
<< Molto astuto. Sono sorpreso. >>
Castiel sogghignò.
Dopo qualche secondo di
silenzio, Dean riprese la parola.
<< Come sarà adesso la
situazione quando torneremo a casa? >>
L’Angelo sospirò. <<
Dovremmo fare come se nulla fosse purtroppo. Il
Dottore ci sta concedendo tutto il tempo che vogliamo in questo
momento, e ce
lo faremo bastare. >>
<< Beh allora … >>
mormorò Dean, fissando le labbra di Cas come se
fossero un prelibato pezzo di crostata. Lo afferrò per la cravatta e lo
baciò con
trasporto: non gli importava più nulla, ormai. L’inferno l’aveva già
visto, e
avrebbe scommesso che date le circostanze, probabilmente ci sarebbe
marcito per
sempre lì sotto. Ma che importanza poteva avere, se le labbra di Cas
erano come
il Paradiso? Le sentiva così morbide, così … giuste, attaccate alle sue che si
maledì per non averlo baciato
prima. Sorrise contro la sua bocca, mentre pensava che effettivamente
essere
diventato donna, aver incontrato il Dottore, essere andato su Marte a
fare
visita a quelle dannate Muse di Cydonia era stata davvero la miglior
cosa che
potesse capitargli.
<< Perché stai ridendo?
>> domandò confuso Castiel staccandosi di
qualche centimetro dalle labbra di Dean.
<< Pensavo a quanto tutto
questo sia così surreale. Insomma, stamattina
ero una donna, poi siamo andati su Marte dove delle tizie mi hanno
detto che
praticamente sono uno spaccone idiota che farebbe meglio a schiarirsi
le idee e
capire cosa prova realmente nei confronti dell’ uomo con cui ora mi sto
baciando appassionatamente a bordo di una cabina multidimensionale, con
le
gambe a penzoloni nel Vuoto Infinito. Tu che dici? >>
<< Dico chi se ne frega
>> mormorò, catturando nuovamente le labbra
di Dean.
Risero entrambi e, continuando a
fissare le stelle accoccolati l’uno a l’altro,
si concessero il tempo perduto.
Ed è così che finisce la nostra
storia. Il Dottore e Rose continuarono a
viaggiare insieme riscoprendo l’amore che provavano l’uno per l’altro,
ma
purtroppo il loro destino è quello di separarsi per sempre alla Baia
del Lupo
Cattivo, in Norvegia. Il Dottore non è mai riuscito a dire a Rose che
la amava.
John e Sherlock vivono alla
giornata, sempre insieme, al 221B di Baker Street a
risolvere casi, e concedersi tempo per loro stessi lontano da occhi
indiscreti.
Castiel e Dean si concessero
parecchio tempo nel TARDIS, e se lo fecero bastare.
Dean discusse della cosa con Sam che, contrariamente a quanto Dean si
aspettasse, non si mostrò affatto sorpreso. Chiaramente tra loro non
successe
più nulla, ma ciò che li legava era insostituibile ed indissolubile, e
sarebbe
stato così per sempre.
Le Muse di Cydonia continueranno
sempre a fare il loro mestiere, perciò, caro lettore,
attento a quel che fai.
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