Superwholock: Absolution of the Sinners

di PallinaRosa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fourth Wall ***
Capitolo 2: *** Allons-y! ***
Capitolo 3: *** Wings ***
Capitolo 4: *** It's a Matter of...Falling ***
Capitolo 5: *** EPILOGO - Prima che sia troppo tardi(s) PT. 1 ***
Capitolo 6: *** EPILOGO - Prima che sia troppo tardi(s) - FINE ***



Capitolo 1
*** Fourth Wall ***


“And we pray that there’s no God

to punish us and make a fuss.”

Muse, Fury.

 

 

Una pallida luce solare penetrava attraverso le sottili tende di cotone bianco della spoglia stanza del motel  dove Sam e Dean Winchester riposavano pacificamente, dopo un’estenuante caccia al vampiro della sera precedente.

Dean fu il primo a svegliarsi. Si girò verso Sammy, che se la dormiva ancora beatamente, con un cuscino avvolto tra le braccia ed il lenzuolo aggrovigliato ai piedi del letto.

Sospirò, e con uno svogliato movimento si mise in piedi, pronto ad iniziare una nuova giornata. Prima di tutto accese la radio, poi si stiracchiò per bene, si stropicciò gli occhi cisposi e senza razionalizzare che ore fossero o perché si sentisse così strano si diresse in bagno. Avrebbe giurato di sentire una strana pesantezza sul petto, proprio sui pettorali. “Probabilmente è perché ho dormito a pancia in giù” pensò dirigendosi in bagno. Ma d’altronde non era una novità: Dean dormiva sempre prono. Forse inconsciamente lo faceva perché al mattino, quando apriva gli occhi, non voleva rivivere la scena di sua madre attaccata al soffitto, avvolta dalle fiamme. Non si azzardava nemmeno a pensare se al posto di Mary ci avrebbe trovato Sammy un giorno o l’altro. Scosse il capo per scacciare quei brutti pensieri e dopo essersi levato i vestiti frettolosamente aprì il box doccia, fece scorrere un po’ d’acqua e quando fu sufficientemente calda entrò. Cominciò massaggiandosi bene il torace con il bagnoschiuma. Il petto sembrava così gonfio e morbido.

Troppo strano. Aprì gli occhi e guardò in basso. Il suo virile petto maschile ora era sostituito da due grossi seni.

<< E queste?! >> esclamò sorpreso. << ODDIO, LA MIA VOCE! >> esclamò di nuovo,portandosi una mano alla gola. Uscì dalla doccia in un lampo, spaventato. Il bagno era intriso del profumo del sapone e da tante nuvolette di vapore acqueo che fecero appannare lo specchio. Dean indossò l’accappatoio, e con l’aiuto della manica spugnosa passò la mano sul vetro per farlo spannare.

Ciò che si ritrovò davanti non era quello che si aspettava. Decisamente no.

 Alzò una mano, ed il suo riflesso lo imitò. Fece la linguaccia, e di nuovo il suo riflesso lo imitò.

<< Gesù CRISTO! >>  imprecò tappandosi la bocca con la mano.

<< Sam? SAM! >> chiamò a squarciagola, incapace di fare un singolo movimento, gli occhi incollati sullo specchio,increduli.

Sam si svegliò di soprassalto, e leggermente intontito si catapultò in bagno con il fucile spianato.

<< E tu chi sei!? >> è tutto ciò che riuscì a dire mentre abbassava l’arma,in parte sollevato che non fosse nulla di grave. Era solo l’ennesima ragazza che Dean si era ripassato. << Dov’è mio fratello? >> domandò dopo un secondo di esitazione, guardandosi intorno.

<< Sammy,sono io! Sono Dean! >> mormorò shockato, avvicinandosi con cautela a Sam.

<< E’ una specie di scherzo? Ora ti travesti da donna nel tempo libero? Che è successo,ti si è spezzata un’unghia? E wow, la voce da donna ti riesce benissimo, complimenti. >>

<< Cosa?! No no, Sam, non sono travestito, sono una donna! >>

Dopo un momento di silenzio raggelante, Sammy cominciò a ridere sguaiatamente, sotto gli occhi di Dean che se ne stava lì in piedi senza proferir parola, come congelato, ancora avvolto nell’accappatoio.

<< Si può sapere cosa c’è di tanto divertente? E’ una cosa grave. Oddio, ma sentitemi, ho la voce più ridicola del mondo! >>

Sam non riusciva nemmeno più a respirare, era diventato rosso in volto mentre si appiattiva contro la porta per trovare sostegno.

<< Fammi mettere qualcosa addosso e andiamo da Bobby >> fu tutto ciò che Dean riuscì a dire, troppo arrabbiato con suo fratello per averlo deriso così tanto, e ancora incredulo per ciò che gli era appena accaduto: era diventato una femmina! La sua mente vorticava attorno a migliaia di idee riguardo a cosa potesse essere stato a ridurlo così. Un incantesimo? Probabile. Ma esistono incantesimi capaci di farti cambiare sesso? Improbabile. Andava trovata una soluzione, e il più in fretta possibile!

  La pioggia batteva violentemente contro le grandi finestre dell’appartamento 221b di Baker Street. Sherlock Holmes stava suonando una composizione di Tchaikovsky con il suo adorato violino, mentre John Watson sorseggiava il suo tè all’inglese seduto comodamente sulla poltrona con il giornale aperto sulle ginocchia.

<< Non vuoi fermarti un paio di minuti per prendere il tè, Sherlock caro? Sono le cinque, è tradizione >>. La signora Hudson entrò nel polveroso salotto con il vassoio in mano, sorridente, come al solito.

<< Tradizioni. Indubbiamente affascinanti ma completamente inutili. >> borbottò il detective, obbedendo però alla cara signora. Provava un irrazionale benevolenza verso quella donnina. Probabilmente perché non si poneva troppi problemi nell’affittare il suo squisito appartamento ad uno squilibrato sociopatico con un fetish per gli omicidi.

John alzò lo sguardo dal giornale solo per tirare un occhiata di rimprovero verso Holmes, che per tutta risposta si stinse in spallucce e si accomodò  a sorseggiare il suo tè.

<< Nessun nuovo caso? >> domandò Watson

<< Niente che mi interessi. E’ tutto così noioso e banale. >> disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

John scosse il capo, e con un mezzo sorriso prese un sorso della bevanda.

Ad un certo punto,un rumore assordante entrò prepotentemente nella stanza. Sembrava il suono dello stridere delle ruote del treno sulle rotaie della metro. Lentamente, cominciò a materializzarsi un’enorme cabina blu della polizia proprio al centro del salotto.

<< Ma cosa diavolo …? >> mormorò stranito John, mentre con cautela si alzava e si avvicinava per esaminare l’oggetto da vicino.

La cabina restò perfettamente immobile, finalmente materializzata. Con un gesto secco, la porta si aprì. Watson balzò all’indietro.

Una testa uscì fuori dall’abitacolo e si guardò in torno per un po’, poi si voltò verso le facce inebetite delle tre persone presenti nella stanza e disse: << Buonasera, Signori. Chi di voi è Dean Winchester? >>

<< Scusi?! >> domandò sbigottita Mrs Hudson.

<< Uhm,accento inglese … siamo ancora a Londra,immagino. >> disse l’uomo, quasi deluso,uscendo definitivamente dalla cabina blu.

<< Devi far riparare questo affare, Dottore >> suggerì una voce femminile.

<< Shh,non intendeva offenderti >> mormorò complice l’uomo  accarezzando l’enorme cabina.

Sherlock scosse il capo come per ridestarsi da una visione. Questa era indubbiamente la cosa più assurda ed interessante che gli fosse mai capitata, ed era curioso ed affascinato dalla assurda situazione che gli si era parata davanti senza preavviso alcuno … letteralmente!

<< Lei sarebbe? >> domandò, rimanendo perfettamente seduto sulla sua poltrona, gli occhi improvvisamente vispi e luminosi. John conosceva quello sguardo: era lo stesso che Sherlock assumeva mentre analizzava una scena del crimine particolarmente intricata e, perciò, estremamente interessante.

<< Oh certo,che stupido. Immagino sia bizzarro assistere ad una scena simile ehm sì insomma … Mi presento, io sono il Dottore e lei è la mia compagna di viaggio, Rose >>

<< Il … dottore? Lavora in una struttura qui a Londra? Non l’ho mai vista. >> chiese John  insicuro delle proprie parole. Che senso poteva avere che un Dottore si materializzasse dal nulla a bordo di una strana cabina blu?

<< Non esattamente. Anzi, direi per niente. Non sono un Dottore, sono il Dottore. Mi chiamano così, è il mio nome. >>

<< Il Dottore … >> disse tra sé e sé Mrs Hudson. << Ma caro, scusi, com’è possibile che il suo nome sia solo “dottore”? Non ha un nome vero?  >> domandò premurosamente.

<< E’ andato perduto molti secoli fa, ma non ci badi, okay? Mi chiami solo il Dottore >> rispose con naturalezza.

Mrs Hudson annuì poco convinta e girandosi di spalle si fece il segno della croce.

<< E voi sareste …? >> domandò il Dottore, rivolgendosi agli altri due.

<< Il mio nome è Sherlock Holmes, e lui è il mio coinquilino John Watson. Ed ora potrebbe spiegarmi --- >>

<< Sherlock Holmes? >> domandò stupita Rose, interrompendolo. << Quel Sherlock Holmes? Dottore, oh mio Dio, siamo davanti ad uno dei più brillanti personaggi letterari di tutta la storia! >>

<< Lui non può essere Sherlock Holmes! >> esclamò il Dottore << Siamo un po’ troppo avanti con gli anni! Questo è il duemiladodici! >>

<< Anche lei detective? >> ironizzò Holmes, facendo un piccolo sbuffo di superiorità. << E mi dica, signor Dottore, in che anno dovremmo essere, secondo lei? >>

<< Beh, se non erro … Dunque, Sir Arthur Conan Doyle pubblicò il primo romanzo del 1887 quindi sì, direi intorno a quella data. >>

<< Tutto questo è ridicolo >> interviene Watson << Sir Arthur – chi? Avrebbe pubblicato il primo romanzo … di cosa? >>

<< Delle Avventure di Sherlock Holmes! >> rispose con ovvietà il Dottore << Uno studio in Rosso, … >>

<< Rosa >> lo interruppe John. << Uno studio in rosa >>

<< Sono molto, e dico molto sicuro che il titolo corretto sia Uno studio in Rosso. >>

<< L’ho scritto io stesso sul mio blog, il titolo esatto è Uno studio in rosa >>

<< Ma lei non è John Watson? >> domandò Rose, confusa.

<< Sì, e quindi? Onestamente non ci sto più capendo nulla. >>

Il Dottore ormai esasperato dalla situazione, si mise in moto e cominciò ad analizzare l’ambiente con il suo cacciavite sonico.

<< Siamo in un universo parallelo >> disse, rivolgendosi a nessuno in particolare.

<< Il che significa …? >> ribatté Rose, ormai impaziente.

<< Signor Holmes, ha mai provato a cercare il suo nome su Wikipedia? >> disse frettolosamente il Dottore, rivolgendosi al Detective.

<< Perché mai dovrei farlo? E poi mi vorrebbe spiegare cosa cavolo è quell’aggeggio che ha tirato fuori dalla tasta? >>

<< Le spiegherò tutto dopo, glielo prometto, ma ora si fidi di me e faccia come le ho detto, per piacere >>

Sbuffando leggermente dal naso, Sherlock afferrò con eleganza il suo smarth phone estraendolo dalla tasca dei pantaloni. Digitò il suo nome nel campo “ricerca” di Google e ciò che scoprì fu shockante.

<< E’ come ha detto lui, John … >> mormorò senza staccare gli occhi dal display. << Apparentemente, non esistiamo. >>

<< Oh, non dica così >> cercò di rincuorarlo Rose << Lei è un’icona, un vero eroe. >>

<< Sì sì certo >> tagliò corto Holmes, continuando a scorrere la pagina di Wikipedia con l’indice.

<< Forse ho trovato qualcosa >> disse, facendo segno al Dottore di avvicinarsi. << Qui parla di una serie televisiva mandata in onda dall’emittente “BBC”, dove io e John veniamo catapultati nel XXI secolo. A quanto pare il mio vero nome sarebbe Benedict Cumber – Bitch? No, ehm … ah, batch, Cumbertbatch. E John sarebbe un tale Martin Freeman. >>

<< Oh >> esclamò il Dottore << Ora è tutto più chiaro >>

<< Veramente? >> domandarono tutti all’unisono

<< Beh, non proprio ma … prendiamo le cose come vengono. >>

<< Come sarebbe a dire? Non ha senso tutto questo! Lei si materializza nel mio salotto a bordo di una cabina telefonica degli anni sessanta, mi dice che non esisto veramente e che in più sono un prodotto per la televisione, ed io dovrei semplicemente accettarlo? Assurdo. >> domandò sbigottito Sherlock, mantenendo comunque la propria compostezza.

<< A proposito >> intervenne Watson << Quella cabina mi sembra scomoda per due persone >>

<< Beh, dentro è più grande >> disse il Dottore, e con uno schiocco di dita le porte del TARDIS si aprirono, mostrando ai presenti la sua magnificenza. Mrs Hudson svenne senza ritegno alcuno sul pavimento, ormai incapace di reggere una storia simile: la vita dello stesso Sherlock le sembrava già abbastanza sconcertante, se in più ci aggiungiamo uno squilibrato con una cabina blu multidimensionale e capace di materializzarsi dal nulla … la questione diventa inverosimile!

<< Ed ora mi dica, Mr. Holmes >> disse il Dottore, sistemandosi leggermente il cappotto << le andrebbe di vivere un avventura? >>

Con la testa infilata nei libri, Bobby Singer cercava disperatamente qualcosa che potesse aiutare Dean,mentre Sam vagliava tutte le possibilità cercando online.

<< Non è possibile che non ci sia nulla! >> esclamò Dean,con la sua nuova voce femminile.

<< Calmati,sorella >> fu la risposta di Sam,con gli occhi ancora incollati allo schermo. << Ritornerai ad essere il rude macho che sei entro breve,te lo prometto >>

<< E’ che dentro questo corpo mi sento così … nervoso … riguardo … ogni dannata cosa >> disse continuando a guardarsi i palmi delle mani, così lisci, rosa, perfetti, senza cicatrici … piccoli

.<< Forse sei in fase premestruale >> mormorò Bobby, ridacchiando sotto ai baffi.

<< Oddio, no, speriamo di no. Non voglio avere il ciclo, è l’unica cosa che non vorrei in questo momento! >>

<< L’unica? >> domandò  Sam,  girandosi verso suo fratello/sorella.

<< Beh … ho pur sempre le tette. Quelle mi piacciono. >> rispose Dean,come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

<< Sei disgustoso >> disse in tono schifato ma divertito il più piccolo dei Winchester.

Dean sogghignò, e diede un’occhiata al suo balconcino. “Niente male” pensò compiaciuto. Poi si voltò per guardare fuori dalla finestra e notò un particolare che prima (ne è sicuro al 100%) non c’era.

<< Bobby? >> domandò, sempre guardando fuori

<< Che c’è, Deana? >> risponde sghignazzando.

<< Che accidenti è quella cabina blu che hai in rimessa? >>

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Capitolo 2
*** Allons-y! ***


<< Sai,credo che un viaggio nello spazio potrebbe farti persino bene,Sherlock >> disse John Watson, mentre si incamminava accanto al suo amico verso la casa di Bobby Singer. Il Dottore capeggiava il gruppo, e fu lui stesso a bussare alla porta della fatiscente casa.

<< Ancora con questa storia del sole che ruota intorno alla Terra o quel che diamine è? >> domandò scocciato il detective,sbuffando.

<< Dove hai imparato una tale fesseria?Pensavo che gli umani conoscessero almeno i princìpi di base! >> rispose il Dottore,guardando Holmes come se fosse pazzo.

<< Non mi serve sapere cosa c’è là fuori. Io sono qui,sulla Terra. E qui c’è già abbastanza caos. >> disse incrociando le braccia al petto. << E in più ho appena scoperto di non essere reale, per cui dello spazio non potrebbe fregarmene di meno in questo momento. >>

Bobby venne alla porta inciampando leggermente sui suoi passi. Aveva da poco ripreso a camminare, abbandonando definitivamente in un angolino polveroso della casa la sua sedia a rotelle, e sembrava quasi surreale stare sulle proprie gambe. Per quanto detestasse ammetterlo, quel dannato Crowley gli aveva salvato il culo. Letteralmente.

<< Posso aiutarvi? >> domandò stranito guardando il quartetto che si era presentato davanti alla porta.

<< Veramente, noi siamo qui per aiutare … >> precisò il Dottore dopo essersi schiarito leggermente la gola. << Chi è Dean Winchester? >> domandò tagliando corto. Bobby si sentì preso in contro piede e persino un po’ imbarazzato. Squadrò il Dottore e aggrottando le sopracciglia disse: << Lei sarebbe … ? >>

<< Sono il Dottore, loro sono la mia compagna di viaggio Rose e loro due … beh, diciamo amici di vecchia data. Avrò modo di spiegarvi più tardi. Ora è fondamentale che mi faccia vedere Dean prima che sia troppo tardi >>

<< E lei che ne sa? E poi Dottore chi, esattamente? >> domandò guardando quello strano individuo mingherlino di sottecchi.

<< Sì beh, me lo chiedono in tanti. Adesso per favore, mi porti da Dean Winchester >>

Alzando le mani al cielo in segno di resa, Bobby mostrò loro la strada verso la cucina. Quando varcarono la soglia, il Dottore cominciò a guardarsi intorno.

<< E lui chi è? >> domandò Sam a Bobby sulla difensiva

<< Lascia perdere, dice di essere un Dottore e che Dean è in pericolo  >>

<< Più in pericolo di così? >> intervenne Dean, facendosi segno come a voler dire “sono in questo corpo, come potrebbe andare peggio?”

<< Oh no >> mormorò il Dottore avvicinandosi a Dean puntandogli il cacciavite. << Sei tu, Dean? >>

<< Non puntarmi quel coso addosso! >> esclamò allontanandosi a passi indietro. << E comunque sì, sono io, anche se adesso ho le sembianze di una lesbica! Puoi aiutarmi? Io non - >>

<< Sì, posso >> lo interruppe il Dottore, rimettendo il cacciavite nel taschino.

<< Come? >> chiese Sammy facendosi più vicino. << E come sai il suo nome? Voglio dire, come sei arrivato qui? >>

<< Ho ricevuto un messaggio d’aiuto sulla mia carta psichica. Dice “Dean è in pericolo, abbiamo bisogno di te Cas, arriva prima che puoi”. Ho messo le coordinate nel TARDIS e sono arrivato qui. Beh, facendo tappa a casa di Sherlock Holmes, prima >>

<< Quella cabina ha qualcosa che non va, te l’ho già detto mille volte >> intervenne Rose, guardando con aria di rimprovero mista a divertimento il Dottore.

<< Sherlock Holmes >> ripeté Dean. << Questo tizio mi sembra un pochino troppo new age per essere Sherlock Holmes. Dove lo avete preso? Al Comic Con di San Diego? E scommetto che il tizio bassino lì dietro sia Watson … >>

<< Senti, non infieriamo, okay? >> rispose John, facendosi un po’ più avanti.

<< Come ti pare >> fu la risposta del Winchester.

<< Ad ogni modo … >> proseguì il Dottore << Non capisco cosa sia “Cas” >>

<< E’ il diminutivo di un nostro amico … si chiama Castiel >> disse Sam.

<< E speravate di chiamarlo col pensiero? >> domandò leggermente confuso.

<< Beh ecco … è un amico un po’ particolare >> replicò Dean

<< In che senso? >>

<< Nel senso che è … sì insomma … un angelo >>

<< Religione, affascinante >> commentò il Dottore.

<< Noioso >> sbuffò Sherlock.

<< Sherlock! >> lo rimproverò John << Possibile che tu debba sempre essere inopportuno e fuori luogo? >>

<< No, ehm, va tutto bene >> riprese Sam << Anche noi troviamo che la religione sia … strana forse? Ma ci siamo passati in mezzo, sappiamo cosa c’è dall’altra parte ma non starò a raccontarvi i dettagli o vi sembrerà pazzesco >>

<< Pazzesco? >> interruppe il Dottore << Vengo da un pianeta ormai estinto, sono l’ultimo della mia specie, ho viaggiato attraverso tutto lo spazio ed il tempo con la mia navicella spaziale che all’esterno è una cabina telefonica della polizia londinese, e che all’interno è infinitamente più grande. Letteralmente. Ho più di Novecento anni e ho due cuori. Dicevi? >>

Sam scosse il capo, incredulo e poco sicuro di aver capito ciò che il Dottore avesse detto.

<< Okay >> disse << Abbiamo sventato l’Apocalisse >> e si strinse in spallucce.

<< Benvenuto nel Club >> rispose il Dottore sogghignando.

<< Possiamo venire al dunque, per piacere ? >> si lamentò Dean, roteando gli occhi al cielo.

Prima che qualcuno potesse proferire parola, uno svolazzare di ali annunciò l’arrivo di Castiel.

<< Castiel, grazie al Cielo sei qui >> disse Sammy rincuorato.

<< Sono arrivato appena ho potuto, mi dispiace >> tentò di scusarsi l’angelo, guardandosi intorno confuso.

<< Chi sono queste persone? Dean dov’è? >>

<< Dunque, questo tizio con il cappotto marrone è una sottospecie di alieno schizoide, quella è la sua tipa, e quei due dietro sono Sherlock Holmes e John Watson >> tagliò corto Bobby, con la sua solita eleganza.

<< Scusa cosa intendi con tipa? >> domandò confuso il Dottore. Rose arrossì e cominciò a guardarsi intorno concitatamente. Nessuno rispose.

Castiel assunse la sua tipica espressione di chi si concentra con tutte le forze per cercare di capire qualcosa senza riuscirci. << Dov’è Dean? >> ripeté.

<< Ciao, Cas >> lo salutò Dean con la mano, stando leggermente staccato dal gruppetto che si era formato al centro della stanza. L’angelo lo guardò confuso. << Dean? >> domandò Castiel, avvicinandosi alla ragazza.

<< Ottimo spirito d’osservazione, come sempre >> scherzò Dean guardando l’angelo dritto negli occhi. Il cuore inspiegabilmente perse un battito.

<< Come è potuto accadere? >> chiese Castiel, senza staccare gli occhi da Dean.

<< Le Muse di Cydonia >> rispose il Dottore, contento di poter andare al sodo della questione.

<< Dottore, chi sono le Muse di Cydonia? >> chiese Rose.

<< Hai presente le Muse dell’Antica Grecia? >> Rose annuì. << Ecco, non sono una fantasia. Esistono davvero. Vivono in questa piccola regione su Marte chiamata Cydonia. Stanno in cima ad un monte altissimo, un tra i più alti di tutto l’universo*, il che è abbastanza simile alla versione Terrestre dell’Olimpo.

Spesso a queste Muse piace fare i dispetti a coloro che nella propria vita hanno trattato le donne come oggetti. Ritieniti fortunato ad essere diventato donna e a non esserti svegliato senza occhi o altri parti del corpo  >> disse il Dottore rivolgendosi a Dean, che deglutì vistosamente.

<< Ora sì che è tutto molto interessante >> commentò Sherlock, con conseguente occhiataccia di John.

<< Dean non è un santo, okay >> disse Sam << Ma ha scontato la sua pena. E’ stato all’Inferno, in Purgatorio … ora doveva capitargli anche questo? >> domandò sbigottito.

<< Deve esserci qualcos’altro sotto, e ho intenzione di scoprirlo. Vi aiuterò, se me lo lascerete fare. >>

<< Beh, direi che non abbiamo altra scelta >> mormorò Bobby stringendosi in spallucce. << Voi andate con il Dottore, io vi aspetterò qui e sarà meglio per voi che torniate interi, sani, salvi e del vostro sesso >>

<< Sono in un buone mani, glielo assicuro >> intervenne Rose, sorridendogli. Bobby ricambiò il sorriso poco convinto, per poi rivolgersi a Sam e Dean e improvvisare un impacciato abbraccio.

<< Mi raccomando >> mormorò l’uomo mentre salutava i suoi ragazzi.

Dean ricambiò l’abbraccio calorosamente, e Bobby dovette schiarirsi la gola per farselo scollare di dosso.

<< Sono gli ormoni femminili … >> tentò di giustificarsi, con la voce un po’ rotta.

<< Andiamo >> disse tra i denti Sam, senza trattenersi per le lunghe. Bobby fece uscire tutti dalla porta sul retro, che dava sulla rimessa dove era parcheggiato il TARDIS.

<< Che razza di incantesimo è mai questo?! >> esclamò Dean, appena mise piede dentro alla cabina.

<< Nessun incantesimo, è la legge dei Signori del Tempo: dentro è più grande >>

<< Uhm >> rifletté Dean << Dovrei far stampare questa frase su un paio di boxer >>

<< Sei sempre il solito cazzone >> commentò Sam alzando gli occhi al cielo.

<< Vedo che hai afferrato il concetto >> disse Dean strizzandogli l’occhio per poi alzare la mano a mezz’aria aspettandosi il cinque dal fratello, che non arrivò.

<< Sai, un linguaggio così scurrile non si addice ad un tal bel visino come il tuo, Deana >>

Dean riabbassò il braccio e guardò Sammy come se fosse una crostata scaduta.

<< Stronzo >>

<< Cretino >>

Il Dottore si chiarì la gola. << Siamo pronti per partire? >> domandò con una mano già ben salda alla leva di partenza.

<< Stiamo per andare su Marte? >> domandò John incredulo delle proprie parole.

<< Elementare, Watson! >> esclamò il Dottore  << Diamine, ho sempre sognato di dirlo >>

E finalmente tirò giù la leva.

 

note: *so che il monte di cui sto parlando in realtà si trova su Giove, ma per ragioni legati alla trama (e al fatto che Cydonia si trovi davvero su Marte), l’ho spostato lì. Letteralmente. *dowedooooooo*

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Capitolo 3
*** Wings ***


Atterrati sulla superficie Marziana, Il Dottore si adoperò per cercare delle tute spaziali per tutti i suoi compagni di viaggio. Nel frattempo Sherlock trafficava su internet con il suo smarth phone ( grazie al Wi-Fi del TARDIS), alla ricerca di informazioni su sé stesso.

<< Perché non ti stacchi da quel cellulare? >> disse John, leggermente infastidito e incredulo. << Siamo su Marte. Guarda che meraviglia! Vieni a vedere dal finestrino, dai. >> lo incoraggiò, con un mezzo sorriso.

Sbuffando lievemente, Holmes si avvicinò al finestrino. << Non è stupendo? >> domandò Watson, continuando a guardare fuori, ma Sherlock era troppo preso a guardare le fossette che il sorriso di John aveva creato sulle sua guance per poter prestare attenzione a Marte. John si voltò leggermente in direzione di Sherlock, che preso in contro piede annuì lievemente e spostò lo sguardo dall’altra parte. << Sì sì, fantastico >> mormorò frettolosamente. John sospirò, preoccupato. << Senti, se è ancora per quella storia del fatto che “non esistiamo” >> e fece il segno delle virgolette in aria << secondo me è tutta una cavolata. Voglio dire, guardaci, siamo veri, siamo tu ed io in carne ed ossa, e siamo su Marte. >> rise, rendendosi conto di quanto tutto questo fosse assurdo. << E’ perché non è spiegabile razionalmente che ti incaponisci >> continuò << se qualcosa non la puoi spiegare con la ragione o con la logica, ti arrabbi e lotti finché non trovi una risposta, ed è sbagliato. Forse dovresti solo lasciar perdere e lasciare le cose come stanno. >>

Già ” pensò Sherlock “lotto contro questa cosa ogni giorno”. 

<< Immagino tu abbia ragione >> concluse, tagliando corto. Quella conversazione cominciava ad infastidirlo.

Il Dottore balzò di nuovo fuori con sei tutine arancioni in mano, i capelli scompigliati e la cravatta allentata.

<< Castiel >> lo richiamò << Avrai bisogno di una tuta anche tu? >> domandò

<< Beh, sono pur sempre dentro ad un contenitore umano, per cui direi di sì >> rispose poco convinto.

<< Uhm >> mormorò il Dottore << è un concetto affascinante. Dovremmo assolutamente discuterne più tardi. Ho conosciuto degli Angeli ma credimi, non vorresti mai averci nulla a che fare >> disse, e poi sparì di nuovo alla ricerca di un’ altra tuta.

<< Che tipo >> commentò Dean in direzione del fratello.

<< Sembra simpatico. E’ un po’ fuori di testa, ma è sicuramente uno che sa il fatto suo >> replicò Sam, sorridendo bonariamente.

<< Ci sono altri Angeli nell’Universo? >> chiese Castiel a nessuno in particolare, sovrappensiero.

<< Pensa che figata >> ironizzò Dean tirandogli una gomitata. Cas sorrise poco convinto e Dean provò lo strano impulso di arruffargli i capelli. Avvicinò quasi con paura le dita alla capigliatura dell’Angelo e li accarezzò: per qualche strana ragione non voleva spettinarli, gli stavano così bene conciati in quel modo e poi erano così soffici e morbidi. Dean si ritrovò a pensare che forse anche le sue ali avevano quella consistenza così paradisiaca. Diamine, perché non l’ha mai fatto, prima? Era così rilassante! Fungeva da antistress.

Castiel si irrigidì e con sguardo terrificato guardava Sam, che rimase inebetito alla vista di quella scena. Nel frattempo Dean ci aveva preso gusto e continuava ad accarezzargli i capelli con un mezzo sorriso stampato in volto, quasi compiaciuto.

<< Ehm Dean? >> lo richiamò con voce rauca Castiel.

<< Mmh mmh? >> mormorò Dean, senza interrompere quel che stava facendo.

<< Mi stai … facendo venire i brividi. >> Ed era vero, ma Castiel non capiva a cosa attribuire quella sensazione: nervosismo? Tensione? O forse relax? In ogni caso, si sentiva molto strano.

Dean si schiarì la gola ed indietreggiò di un passo con circospezione. Che diamine gli era saltato in testa?

Borbottò uno “scusa” a mezza voce e si fissò le scarpe ora troppo grandi per il suo piedino femminile. Sembrava un clown.

Il Dottore finalmente ritornò con il numero giusto di tute in mano. << Mettetevi queste >> disse mentre le lanciava ad ogni membro di quella sgangherata ciurma. << E … Allons-y! >>

Marte si presentava come roccioso deserto rosso fuoco. John si chiedeva come facessero a viverci delle creature, lì. Sapeva che razionalmente non era possibile una cosa simile. La Nasa aveva mandato delle sonde spaziali lassù, e tutto ciò che trovarono fu il nulla assoluto. Eppure eccolo lì, con addosso una ridicola tutina arancione che lo teneva miracolosamente ancorato al terreno e con una scorta di ossigeno praticamente infinita. << E’ la legge dei Signori del Tempo >> spiegò il Dottore << Dentro è più grande >>

Non aveva capito inizialmente il senso di quella frase, ma guardandosi intorno all’interno del TARDIS capì, anche se non riusciva ancora a capacitarsene. E per quanto riguardava la Gravità il Dottore si limitò a puntare il suo, come lo chiamava lui, “cacciavite sonico” ai piedi della tuta e il gioco era fatto.

<< Tutto ciò è assurdo >> mormorò contemplando la maestosità del posto.

<< Tutto ciò non è reale >> replicò Sherlock << Qualcuno deve averci drogato mentre dormivamo. A quest’ora probabilmente ci staranno svuotando l’appartamento. Anche se sarà difficile per i ladri capire dove nascondo gli oggetti più preziosi. >>

<< O magari siamo solo in un episodio di quella dannata serie tv, che cosa ne pensi? >> rispose seccato John, che ormai ne aveva avuto abbastanza di questa storia.

<< Probabile >> disse Sherlock, pensandoci seriamente per un paio di secondi. << Ma che importa infondo? >> sentenziò infine, guardando il suo amico con un sorriso bonario stampato in faccia. John scosse il capo divertito, sperando che Sherlock avesse capito che doveva lasciarsi un po’ andare.

<< Hai parcheggiato di nuovo troppo distante dalla effettiva meta >> puntualizzò Rose guardando il Dottore di traverso, sorridendogli mentre camminavano. Non poteva fare a meno di sorridergli, era più forte di lei. Avrebbe voluto essere davvero arrabbiata con lui, ma non ci riusciva proprio.

<< E’ per proteggere il TARDIS, te l’ho già spiegato un mucchio di volte! >> cantilenò in tono puerile, piegandosi leggermente sulle ginocchia in una specie di inchino. Rose questa volta rise di gusto.

<< Quasi tieni più a quell’affare che a me >> commentò scuotendo il capo scherzosamente.

<< Il TARDIS è la più potente nave spaziale dell’Universo, ogni singolo essere di ogni singolo pianeta ha provato a metterci le mani – o zampe, o tentacoli che fossero – sopra. E non voglio che accada di nuovo. >> spiegò, senza scomporsi troppo.

<< Certamente >> replicò Rose << Era solo per dire … >>

<< Ehi aspetta un secondo >> si fermò di punto in bianco il Dottore, piazzandosi davanti a Rose << Non penserai davvero di non contare nulla, vero? >> domandò sentendosi all’improvviso ferito dalle parole della ragazza.

<< Oh no! >> si affrettò a rispondere. Sapeva quanto il Dottore tenesse a lei, e la cosa era reciproca. Non avrebbe mai voluto perderlo o scambiarlo per tutto l’oro dell’Universo. E, ci avrebbe scommesso, era davvero, davvero, davvero tanto  << Ripeto, era solo per dire... tanto per parlare >>. Ma il Dottore non era del tutto convinto delle parole di Rose e d’impulso la abbracciò meglio che poteva, visto l’ingombro delle tute. Risero entrambi mentre si stringevano in quell’abbraccio così strano.

Si staccarono, e il Dottore offrì la propria mano a Rose, che la afferrò prontamente.

<< Allons- y, Rose Tyler >> disse intersecando le loro dita.

<< Allons-y, Dottore >>

E ripresero a camminare mano nella mano.

Qualche metro dietro di loro c’erano Dean, Sam e Castiel.

<< Visto? Secondo me stanno insieme! >> commentò Dean, tirando una gomitata a Sam che alzò gli occhi al cielo.

<< Sei una tale pettegola … >> rispose senza dargli troppo corda mentre si guardava intorno affascinato. << Magari sono solo amici >>

<< Amici? Amici?! Anche io e Cas siamo amici, ma non ci teniamo per manina! >>

Castiel sembrava leggermente confuso da questa affermazione.

<< Devo tenerti la mano, Dean? >> chiese con la sua solita espressione di quando si concentra con tutte le forze per capire.

<< Castiel, mio Dio, era un modo di dire! >> esclamò Dean alzando gli occhi al cielo.

<< Beh mica vi vedrei male insieme >> commentò Sam, prestando nuovamente attenzione ai due. << Ora che tu sei in questo corpo potrebbe essere più facile, sai … >>

<< Ma di che accidenti stai parlando?! >>. La voce di Dean salì di parecchie ottave.

<< Tipico da parte di voi donne alzare la voce in modo così stridulo per nascondere qualcosa >>

<< Non capisco >> fu la risposta dell’Angelo.

<< Non temere, Cas, va tutto bene. Mr “Io e Dean abbiamo un legame più profondo” >>. Sammy ridacchiò.

Dean sapeva che c’è sempre stato qualcosa che legava indissolubilmente tra lui e Cas, ma non aveva mai pensato in quel senso. E poi, a lui piacevano le donne! Cosa cavolo c’entrava Castiel? Un Angelo del Signore, per di più. Roba da matti. Tutta quella situazione era da pazzi. Avevano appena scoperto che oltre alle creature sovrannaturali Terrestri, esistevano anche gli Alieni, gli Universi Paralleli e che Marte in realtà è abitato. Senza contare che lui adesso era diventato una donna!

<< Non vedo l’ora di tornare a casa con tutti gli attributi al loro posto, non ne posso più di stare in questo corpo. >> mormorò Dean lamentandosi.

<< Devi fare pipì? >> domandò a bassa voce Sam.

Dopo un secondo di silenzio imbarazzante la risposta di Dean fu : << Diamine sì. Non ci sono cespugli su Marte? >>

<< Potevi farla nel TARDIS! >> rispose Sam rimproverandolo.

<< Ma prima non mi scappava! Ora invece >>

<< Io non posso riportarti indietro col teletrasporto >> intervenne Castiel.

<< Ti sei messo ad ascoltare la nostra conversazione? >> lo rimproverò Dean.

<< Sono sempre stato qui! >> si giustificò l’Angelo. << Avete solo abbassato la voce di pochissimo, è naturale che io abbia sentito! >>

<< Sì ma stavo parlando di problemi intimi. Distanza personale, Castiel. Distanza personale. >>

<< La pipì è un problema comunissimo, comunque >> replicò in fine Cas, un po’ imbarazzato.

<< Aspetta, quindi i tuoi poteri qui non funzionano? >> domandò Sam, ripensando alle parole dell’angelo.

<< Non qui su Marte >> puntualizzò sconfortato.

Dean gli poggiò una mano sulla spalla per consolarlo, e non poté fare a meno di pensare a quando fu proprio Castiel a prenderlo per la spalla per trascinarlo fuori dall’Inferno.

<< Sto bene, Dean >> disse l’Angelo piegando le labbra in un sorriso. << Non è la prima volta che mi capita di essere privo dei miei poteri. >>

Più Cas guardava Dean nelle vesti di una donna, più capiva che c’era qualcosa di diverso in lui. Oltre l’aspetto fisico, s’intende. Il carattere era rimasto pressoché immutato, ma la sua parte più benevola sembra rivelarsi sotto una nuova luce. Che Dean fosse entrato in contato con la sua parte femminile? Forse questa cosa avrebbe solo potuto giovargli, in fin dei conti. Non che Dean fosse una persona cattiva, ovviamente, ma ha sempre avuto una certa riluttanza nel manifestare ciò che sentiva dentro, i suoi sentimenti, le sue inquietudini e le sue paure.

I tre ripresero a camminare silenziosamente, stando sempre qualche metro indietro rispetto al Dottore e Rose.

Il cammino continuava senza intoppi, troppo tranquillo per i gusti del Dottore.

Vedendo la sua espressione preoccupata, Rose lo richiamò all’attenzione << Tutto bene? >> chiese.

<< Sì, sin troppo. A quest’ora avremmo dovuto già incontrare -- >>

Senza nemmeno il tempo di finire la frase, tre cavalli alati scesero in picchiata dal cielo.

Avevano un’ aria maestosa, altezzosa ed elegante, completamente di colore nero, persino nelle iridi degli occhi.

<< I cavalieri di Cydonia >> disse infine il Dottore a nessuno in particolare.

<< Il Dottore, immagino >> parlò uno dei cavalli. La sua voce era incredibilmente umana.

<< Fantastico, cavalli parlanti >> commentò Dean sarcastico.

<< Non osare rivolgerti a Noi con quel tono, Dean Winchester! >> esclamò il secondo dei Cavalieri, gli occhi improvvisamente rosso rubino. Dean deglutì vistosamente e abbassò lo sguardo.

 << Vi stavamo aspettando >> disse il terzo Cavaliere, rivolgendosi al Dottore. << Le nostre Padrone vi aspettano. Abbiamo il dovere di accompagnarvi personalmente sul monte Cydonia perciò prego, montate >> concluse, abbassandosi leggermente per far salire a bordo i passeggeri. Essendoci solo tre Cavalieri a disposizione dovettero salire in coppie, e nel caso di Castiel, Dean e Sam in tre. Ma non fu un problema per il Cavaliere, che era robusto e leggermente più grosso degli altri. I Cavalieri nitrirono all’unisono e poi partirono, su in cielo, sempre più in su,e sempre più veloce, causando uno spostamento d’aria tale che tutti dovettero aggrapparsi saldamente alle criniere per evitare di precipitare di sotto.

Senza preavviso la corsa si interruppe, facendo sballottare in avanti i passeggeri.

<< Siamo arrivati a destinazione >>

Il gruppo scese dalla groppa, e in men che non si dica, i Cavalieri ripartirono in picchiata giù di sotto. Sherlock si avvicinò sul confine del burrone, e tremò: non si vedeva nulla laggiù, era buio pesto. Deglutì e indietreggiò lentamente.

<< Sarà meglio procedere in avanti, Mr Holmes >> commentò il Dottore con una punta di preoccupazione nella voce. Il detective si schiarì la gola. << Certamente >> disse. John lo guardò con aria interrogativa, ma Sherlock non gli prestò attenzione.

<< Bene >> replicò il Dottore. << Seguitemi, i cancelli di Cydonia sono da quella parte >> disse, ed indicò in avanti.

<< Però non mi è chiara una cosa >> disse Sam confuso << Quei cavalli parlavano la nostra lingua. Com’è possibile? >>

<< E’ la matrice del TARDIS, è in grado di tradurre tutte le lingue dell’Universo in simultanea. >> spiegò il Dottore.

Le labbra di Sam formarono una “O” muta e stupefatta, anche se a dirla tutta non è che avesse capito granché.

Il gruppo camminò fino a trovarsi davanti ad un gigantesco cancello argentato, che si aprì immediatamente al loro arrivo. Dean si sentiva così infinitamente piccolo e miserabile: non poteva credere che tutto questo stesse succedendo a causa sua! Non sapeva nemmeno quale grave crimine avesse commesso per scomodare l’Universo e infliggergli ciò che gli era stato fatto.

<< Dean? >> lo richiamò Castiel, afferrandolo per la spalla. Sobbalzò. << Distanza personale, Cas >> disse in tono stanco, come se lo avesse ripetuto duemila volte. << Scusa >> mormorò l’angelo, facendo un passo indietro. << Volevo solo che tu sapessi che qualsiasi cosa accada qui, oggi, io sarò sempre dalla tua parte. Ho promesso di vegliare su di te tempo fa, e intendo mantener fede alla mia promessa >>.

 Il cuore di Dean perse un battito. Di nuovo.

<< O-okay >> balbettò, battendo gli occhi. L’angelo piegò le labbra in un sorriso poco convinto e riprese il passo cercando di raggiungere Sam che si era fermato qualche metro più avanti per aspettarli.

Più Dean passava le ore dentro quel corpo, più si rendeva conto che reagiva in modo strano nei confronti di Castiel: la sua bocca diceva allontanati , ma il resto di sé sembrava dire stammi vicino. Scosse il capo allungo il passo, ancora pensieroso.

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Capitolo 4
*** It's a Matter of...Falling ***


Si ritrovarono a camminare su un lungo tappeto nero che conduceva ad una specie di altare adornato da colonne greche con attorcigliate attorno piante rampicanti rosso sangue. L’atmosfera era lugubre e surreale. Tre donne dall’ aspetto apparentemente umano stavano aspettando sedute comodamente su delle rocce che sembravano di carbone. Dean rabbrividì.

<< Ben arrivati >> disse una di loro, alzandosi elegantemente dalla sua postazione. << Vi stavamo aspettando con impazienza. Oh e levatevi pure i caschi, qui l’aria è completamente respirabile. Ad ogni modo,  Il mio nome e Mathea, Musa di Cydonia. Lei deve essere il Dottore, immagino >>. La voce di Mathea era delicata come la pioggia d’estate, e se non fosse stato per le iridi degli occhi completamente nere sarebbe potuta sembrare tranquillamente un essere umana: lunghi capelli rosso fuoco raccolti maestosamente in una coda di cavallo, fisico statuario … una vera Dea.

<< In carne ed ossa >> rispose il Dottore sfilandosi il casco.

<< Il Dottore >> ripeté  la Musa << Ho sentito molte cose sul tuo conto. Le più remote regioni dell’Universo parlano di te come un’ eroe. >>

<< Mathea, non dilunghiamoci in lusinghe futili >> disse l’altra Musa, alzandosi a sua volta.

<< Dominique, hai per caso fretta? Abbiamo abbastanza tempo per occuparci di tutto quanto >>

<< Sorelle, non cominciate a litigare >> intervenne l’ultima delle tre Muse, apparentemente anche la più anziana: i capelli lunghi fino al bacino, liscissimi e bianchissimi ne erano la prova. Non che ci fosse una singola ruga sul suo viso, o su quello delle altre Muse. Erano talmente perfette che sembravano uscite da un dipinto.

All’arrivo della Musa Anziana, le altre due si scansarono e la fecero passare chinando leggermente il capo.

<< Facciamo in fretta con queste presentazioni, non ho molto tempo da perdere >> disse avvicinandosi al gruppo. << Il mio nome è Christophora, Musa di Cydonia. So chi siete voi, perciò non scomodatevi troppo a presentarvi. Quelle – e si girò leggermente per indicare le altre due Muse – sono Musa Mathea e Musa Dominique di Cydonia. Ma arriviamo al sodo: qui abbiamo un Angelo del Signore, due Cacciatori, un Signore del Tempo, due personaggi letterari del pianeta Terra e … una commessa. >> disse infine indicando Rose come se fosse un rifiuto. Rose avrebbe voluto rispondere, ma non ritenne opportuno farlo. << Cosa mai avranno in comune queste persone? >> domandò senza rivolgersi a qualcuno in particolare.

<< Beh ecco >> tentò di spiegare il Dottore << Sherlock e Watson non dovrebbero essere qui. E’ colpa della mia navicella spaziale, ho inserito le coordinate sbagliate e … >>

<< Non essere ridicolo, Dottore >> lo interruppe Musa Christophora << Credi davvero che tutto questo non sia stato architettato? >>

<< Oh >> disse lui semplicemente, preso in contro piede. << Quindi Voi avete alterato le coordinate del TARDIS? >>

<< Era necessario! >> esclamò Musa Dominique come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

<< Necessario … >> ripeté il Dottore << e per quale ragione? >> domandò leggermente confuso.

<< Beh, vede caro Dottore, se ci troviamo qui oggi è per parlare di sentimenti  >>. L’ultima parola uscì dalla bocca di Musa Christophora come se fosse quasi un peccato dirla, come se nel dirla l’avesse in qualche modo rovinata.

Lo stomaco di Sherlock si strinse.

<< Vedo che qualcuno qui ha già afferrato il concetto >> disse complice Musa Mathea, guardando Holmes dritto negli occhi. Per tutta risposta, Sherlock si mise una mano all’altezza dello stomaco.

<< Tutto bene? >> domandò John preoccupato, toccandogli il braccio. Sherlock annuì lievemente col capo.

<< Già Sherlock, tutto bene? >> ripeté quasi divertita Musa Dominique.

<< Sì >> rispose semplicemente il detective, cercando di sembrare il più neutrale possibile.

<< Ne sei sicuro? >> chiese Musa Christophora avvicinandosi a Holmes. Prese il suo viso tra le mani come se fosse un oggetto prezioso, e ne studiò i particolari con attenzione.

<< Non sei qui per caso, Sherlock Holmes >> sussurrò la Musa, per poi sfiorare le sue labbra con quelle di Sherlock. Una specie di nebbiolina bianca uscì dalla sua bocca finendo dentro a quella di Musa Christophora, che successivamente si allontanò elegantemente facendo due passi indietro. << Molto interessante >> commentò unendo gli indici sulle labbra.

<< Che cosa hai fatto? >> domandò John, facendo un passo in avanti. Le Muse cominciarono a ridacchiare sommessamente. Dean avrebbe ricordato il suono di quelle risate per sempre: era delicato e letale come una leonessa pronta ad attaccare. << Oh, Watson >> riprese Musa Dominique << Se solo tu sapessi … >>

<< Gli ha aspirato una parte di ricordi. >> spiegò il Dottore. << Non in maniera permanente, è come una specie di condivisione >>

<< Ma che bravo >> commentò Musa Mathea. << Le voci erano vere circa la tua intelligenza >>

<< John va tutto bene >> mormorò Sherlock guardando il suo amico che si era fatto avanti per lui, così coraggiosamente.

<< Diglielo >> ordinò Musa Christophora. << O ti ridurrò come ho ridotto il tuo amico Dean Winchester. >> Dean sgranò gli occhi stupefatto.

<< Non capisco >> replicò Castiel << Cosa diamine c’entra Dean? >>

<< Parli del Diavolo … >> disse in tono divertito Musa Dominique.

<< E va bene >> sbuffò Christophora << Davvero non riuscite ancora a capire? Siete qui per la stessa ragione: la vostra totale riluttanza per sentimenti che provate. Magari per qualcuno che ha rischiato la propria incolumità per voi, e che voi ripagate con la vostra totale indifferenza.  >>

Gelo. Silenzio. Rose guardò il Dottore. Il Dottore guardò Rose.

Dean e Castiel si scambiarono uno sguardo imbarazzato per qualche secondo.

Sherlock abbassò lo sguardo come un cane bastonato, mentre John lo fissava sconcertato.

E poi c’era Sam. << Non capisco il senso della mia presenza >> ammise un po’ imbarazzato.

<< E’ per l’amore che provi per tuo fratello, e viceversa >> spiegò Musa Mathea, avvicinandosi al più piccolo dei Winchester. << Non un amore romantico, s’intende, ma ciò che vi lega è un legame indissolubile. Lui non ti ha chiesto di venire qui  oggi, ma tu lo hai fatto lo stesso, incondizionatamente. Sappiamo bene chi era Jessica >> e nel sentir nominare il suo nome, Sam sgranò gli occhi  << e sappiamo quanto tu l’amassi. Perciò oggi vogliamo premiarti, e darti il tempo di parlare con lei un’ ultima volta. >>

<< Dici sul serio? >> chiese speranzoso, sentendosi quasi preso in giro.

<< Le Muse non mentono mai. >> e detto questo, Christophora gli offrì la propria mano. Sam la afferrò, ancora insicuro. << Ora chiudi gli occhi. Hai solo due minuti a disposizione >>

Sam chiuse gli occhi.

Si ritrovò in una distesa erbosa, e ovunque guardasse vedeva solo alberi, erba, e l’aria profumava di fiori di campagna. Si sentivano i grilli cantare, e gli uccellini cinguettare.

Jessica gli apparve di fronte come un miraggio. Era stupenda con la sua camicetta da notte di seta bianca, i lunghi capelli color del grano sciolti e liberi nell’aria. << Sam >> sussurrò commossa, fissandolo incredula. Senza dire nulla, Sam la strinse forte a sé. La sentii vera tra le sue braccia … solida. Era la sua Jess, la stava davvero abbracciando. Inspirò profondamente e sentì il profumo di lei inondargli il petto come una ventata di aria calda. Dio, quanto gli era mancata.

<< Jess, mi dispiace così tanto, io … >>

<< Shh, >> lo zittì Jessica, mettendogli un dito sulle labbra << Lo so >> disse semplicemente, sorridendogli. << So già tutto quello che vorrai dirmi.

     Che mi ami.

     Che ti dispiace.

     Che ti manco.

     Che non potevi saperlo.

Lo so, Sam. Ma sai che c’è? C’è che non importa. C’è che nonostante tutto io ti amerò per sempre, e che non hai niente da farti perdonare.

Non hai potuto scegliere che vita vivere : ti è stata indotta, ed io questo lo capisco. Ti guardo spesso da quassù e so che hai fatto grandi cose insieme a tuo fratello e … penso che infondo è così che le cose dovevano andare. >> sorrise, e gli toccò il viso << Sam Winchester, l’uomo più importante del mondo. E una volta era tutto mio. Hai idea di quanto io sia fiera di te? >>

Sam a questo punto e non riuscì più a trattenere le lacrime. Sorrise tristemente, mentre guardava il volto sereno della sua amata. << Sei sempre stata la parte migliore di me >> mormorò, tentando di assumere un tono normale di voce. Senza aggiungere altro, Jessica annullò la distanza tra di loro e catturò le labbra di Sam con le proprie.

Sembrava così vero, così reale. La morbidezza delle labbra di lei premute sulle sue, il sole sulle guance, il venticello che gli scompigliava i capelli. Una sensazione di beatitudine gli inondò il petto e si sentì felice. Non ricordava nemmeno più cosa volesse dire quella parola ultimamente.

<< Ma perché sei qui? >> domandò Jessica improvvisamente realizzando la situazione. << Questo non è un mio ricordo, non siamo mai stati qui … oh mio Dio >>

<< No no, non sono morto! >> si affrettò a dire lui << E’ una lunga storia, e ho poco tempo a disposizione. Sappi solo che questo non è un addio. Prima o poi succederà l’inevitabile e- >>

<< Non dirlo >> lo interruppe subito lei, afferrandogli la mano. << Tu per adesso pensa a vivere la tua vita, va bene? Bella o brutta che sia. Innamorati di nuovo almeno altre cento volte, sposati, fai quello che devi. Noi avremmo un’ eternità di fronte quando … beh, lo sai. Se ci è stata tolta la possibilità di vivere una vita insieme, ci accontenteremo del per sempre. Dovremmo solo aspettare. >>

Sam abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate e sorrise.

<< Te l’ho detto, tra i due tu sei decisamente la migliore. >> Jessica sorrise a sua volta. Non poteva non ammettere che Sam le mancasse terribilmente e che avrebbe dato qualunque cosa per tornare in vita e spendere il resto della sua vita insieme all’uomo che amava, ma purtroppo non era possibile.

<< Ti amo, Jess. >> mormorò sollevando le loro mani per portarsele alle labbra. Lasciò un lieve bacio sulle sue nocche e la guardò negli occhi, ormai piedi di lacrime.

<< Ti amo anch’io. >> rispose lei, per poi gettargli le braccia al collo. L’abbraccio durò molto poco, poiché tutto sfumò via lentamente, e la realtà ritornò come quando ci si sveglia da un sogno bellissimo che non vorreste che finisse.

<< Grazie >> mormorò Sammy asciugandosi il viso, troppo emozionato per dire qualsiasi altra cosa.

<< E’ stato un piacere. Non capita tutti i giorni di avere a che fare con persone splendide come te, Sam Winchester. Hai la Nostra benedizione. >> rispose Musa Christophora sinceramente.

Dean, che per tutto il tempo era stato a guardare la situazione impotente e spaventato, ora si sentì come risvegliato, e sentiva che doveva fare qualcosa. Non sapeva esattamente che cosa, aveva una sorta di rabbia dentro di sé. Voleva abbracciare Sam, dirgli che andava tutto bene, che gli dispiaceva per Jessica e che non era colpa di nessuno, che dopo tutto ciò che avevano affrontato questa era solo una delle tante volte in cui i Winchester si mettevano nei guai e che ne sarebbero usciti vittoriosi come sempre. Ma più pensava a queste cose, più si sconfortava da solo, perché in realtà non aveva la minima idea di quel che stava succedendo, e realizzò che esternare quei pensieri non avrebbe giovato nessuno. Così fece un passo avanti e accarezzò il braccio di suo fratello, che si girò e gli regalò il sorriso più felice, sincero e commosso che Dean avesse mai visto sul suo volto. La rabbia di prima fu sostituita dal sollievo: Sam stava bene, e questo bastava.

<< Ma ora veniamo a noi, Dottore. >> riprese Christophora, avvicinandosi al Dottore strascinando la sua lunga tunica color avorio, come i suoi capelli. << Dunque, abbiamo avuto modo di notare che anche in passato hai avuto numerose compagne di viaggio. Ma dicci, come ci si sente quando queste vengono a mancare? >> domandò, con una punta di accidia guardando Rose. Rose guardava in basso, incapace di trattenere lo sguardo di Musa Christophora. Sapeva che il suo viaggio con il Dottore non sarebbe durato per sempre, e che avrebbe rischiato la vita chissà quante altre volte. Ma non le importava.

Il Dottore stinse la mascella, cercando di restare il più calmo possibile.

<< Fa male >> rispose << Fa … molto male. >>

<< Provi dolore, sconforto, tristezza … eppure, egoisticamente continui a reclutare compagni o compagne di viaggio, segnando inevitabilmente il loro destino. Sono secoli che ti osserviamo, e pensiamo che sia giunta l’ora per te di smetterla, o saremo noi a farti soffrire sul serio. >>

<< Non. Provare. A toccarlo. >> intervenne Rose, ritrovando il coraggio dentro di sé.

<< Rose, non … >> cercò di frenarla il Dottore, ma Rose era irremovibile. << No, Dottore, ho sentito abbastanza. Come ti permetti tu di dare dell’egoista a quest’uomo? Come puoi dire di volerlo far soffrire? E’ da più di novecento anni che soffre, e soffrirà per sempre probabilmente. Sono io che ho voluto incominciare a viaggiare con lui, non mi ha rapita né tanto meno costretta. Ed oggi sono qui, sfidando la tua grande autorità infischiandomene delle conseguenze perché ne vale la pena. Per il Dottore, ne vale la pena. Sempre. Perché è un eroe. Perché il numero di vite che si sono spente al suo passaggio sono assai inferiori a quelle che ha salvato. Io sono una di esse, il Dottore mi ha salvata. E io lotterò sempre per lui, così come lui ha sempre fatto per me. >> la voce di Rose si incrinò e fu incapace di continuare. In un angolino la sua testa diceva di aver appena commesso un grave errore nel parlare in quel modo ad una Musa, ma l’altra parte di sé urlava “chi se ne frega”

<< Rose … >> disse con un filo di voce il Dottore, incredulo. Non poteva credere che lei si fosse esposta così tanto per lui.

<< Molto bene! >> esclamò compiaciuta Musa Christophora facendo un passo verso Rose, che avrebbe voluto indietreggiare ma non lo fece, e restò esattamente al suo posto guardando negli spaventosi occhi la Musa. << Lo vedi, Rose Tyler? Questo è esattamente l’amor  che muove il Sole e l’altre stelle. Buffo, non è vero? E’ come se Dante avesse un forte impatto nei confronti di tutti voi. >>

<< Non ne sono certo >> puntualizzò Sherlock.

<< Sherlock nella parte di Virgilio, e Watson nella parte di Dante, in mirabolanti avventure. Ma verrà il momento per Virgilio di farsi da parte e lasciare andare Dante, anche se questo vorrà dire sacrificarsi. Ma questo lo vedremo più avanti. E non chiedermi come faccio a saperlo, non sono veggente. E’ semplicemente già stato scritto. >>

La consapevolezza si fece strada nel petto di Sherlock ed un brivido gli percorse la spina dorsale.

<< Non capisco >> ammise John, cercando l’approvazione di Sherlock, che però guardava in basso.

<< Sherlock? >> lo richiamò, e allora lui lo guardò.

<< John Hamish Watson >> disse, girandosi completamente verso di lui. << Vorrei innanzitutto porti anticipatamente le mie scuse per quel che sto per fare. Ti sembrerà inconcepibile ed insensato, e sono abbastanza sicuro che ne soffrirai. Ma non preoccuparti: tornerò. Non so come, non so quando, non so nulla, ed io stesso ho paura. Capisci, John? Io, Sherlock Holmes, ho paura. Ma so che andrà tutto bene … o almeno spero. Secondariamente, volevo dirti che  … >> la voce di Sherlock si incrinò, e dovette prendere fiato per riprendere il discorso. << … è vero, mi incaponisco sempre quando qualcosa di illogico mi si para davanti. Potrei semplicemente ignorare quella cosa, e vivere la mia vita lo stesso, ma … non quando si tratta di te e quello che provo nei tuoi confronti. So che ti sembrerà sconsiderato, ma quel che sto per fare è il gesto più significativo che posso fare nei tuoi confronti: Virgilio esce di scena >>

<< Sherlock, cosa stai dicendo, mi stai spaventando >> mormorò confuso, occhi lucidi e mascella stretta. Sherlock si avvicinò e prendendolo per il mento, posò delicatamente le sue labbra a quelle di John, come se volesse solo accarezzarle. John stette immobile, una lacrima solcò il suo viso senza sapere perché. Il cuore gli batteva all’impazzata, talmente tanto che gli faceva male il petto. Sherlock si staccò, e con il pollice spazzò via dolcemente una lacrima vicino all’angolo della bocca di John.

<< Arrivederci, John >> disse con un filo di voce, e fece per allontanarsi, ma John lo riafferrò per la manica della tuta, e lo fece girare verso di sé.

<< Perché ho il presentimento che tu stia per fare qualcosa di terribile? Non so nemmeno che cosa, so solo che sarà terribile. >>

<< Il mio John >> mormorò quasi compiaciuto Sherlock, sorridendo. << Non temere, andrà tutto bene. >>

<< E’ proprio quando mi dici di non temere che io ho più paura. Ho paura perché, Diamine Sherlock, io ti amo, e … tutto questo mi spaventa. >> Nel sentire quelle parole, Sherlock non resistette e strinse John a sé più forte che poteva.  << Di tutto ciò che potevi dirmi, questa è decisamente la cosa peggiore, perché adesso sarà infinitamente più dura e triste per me farlo. Ma ti ringrazio. Perché nemmeno in un milione di anni mi sarei immaginato che tu potessi ricambiarmi. Grazie John. Ora so che ne varrà la pena. >> e lasciandogli un altro piccolo e sfuggente bacio sulla fronte, Sherlock si voltò e con la morte nel cuore cominciò a camminare a passo deciso verso  lo strapiombo.

 Arrivò sul ciglio del monte e si fermò.

 Deglutì mandando giù il groppone che gli si era formato in gola.

Chiuse gli occhi per far uscire le ultime lacrime.

 Respirò profondamente e spalancò le braccia.

E poi si gettò nel vuoto.

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Capitolo 5
*** EPILOGO - Prima che sia troppo tardi(s) PT. 1 ***


John gridò con tutte le sue forze. Sembrava quasi che volesse far uscire i polmoni dalla gola. Tentò disperatamente di avvicinarsi al ciglio da dove Sherlock si era gettato, ma Sam lo acciuffò appena in tempo e lo trattenne tra le sue forti braccia nonostante John si dimenasse con ogni parte di sé stesso per tentare di liberarsi dalla morsa.

<< Perché l’ha fatto ?! >> continuava a gridare in preda all’isteria. << Non lo capisco! Perché, Sherlock? PERCHE’! >>

<< Perché era scritto, e Sherlock lo sapeva. Certo, le cose non sarebbero dovute andare esattamente così … >> rispose Musa Mathea con naturalezza.

<< Voi >> sputò John, con riluttanza verso le Muse. << Se questo ragazzo non mi stesse trattenendo probabilmente vi avrei già preso a pugni in faccia. Cosa vuol dire che era scritto? EH? Sapete che c’è? C’è che potete andare a fare in culo. >>

<< John Hamish Watson ti ordino di moderare i termini >> intervenne Musa Dominique.

<< Me ne fotto dei termini. Per quello che mi riguarda ora potreste anche strapparmi il cuore dal petto e non mi fregherebbe nulla! >>

Ed era vero. Non poteva credere di aver appena confessato i suoi sentimenti al suo migliore amico e che questo si fosse appena … John non riusciva nemmeno a pensarla quella parola.

<< Non tentarmi >> replicò Musa Dominique con gli occhi diventati rosso rubino, come era successo al Cavaliere quando si era accanito contro Dean.

<< Ora capite? >> domandò Musa Christophora rivolgendosi ai presenti << Capite quanto dolore provoca la scelta di tenere nascosti i sentimenti che provate per ciascuno di voi? >>

John cominciò a piangere senza rendersene conto, con Sam che lo cingeva ancora tra le sue braccia.

Il Dottore deglutì e poi prese parola. << Che senso ha tutto questo? Perché deve per forza andare così? >>

<< Perché è giusto così, Dottore. Perché tutto questo un giorno potrebbe finire anche in modo peggiore. >>

<< Non necessariamente >>

<< Noi lo abbiamo visto >> disse Musa Dominique, avvicinandosi alla Sorella. << Lupo Cattivo >> mormorò.

Il sangue nelle vene del Dottore si raggelò.

<< Dove hai sentito quelle parole? >> domandò attonito.

<< Riecheggiano in tutto l’Universo >>

<< Me lo ricordo >> intervenne Rose << E’ stato quando ti sei rigenerato … >>

<< La Decima incarnazione del Dottore >> precisò Musa Christophora. << Fino ad ora la mia preferita, se devo essere onesta. >>

<< Lusingato >> disse il Dottore senza emozione.

<< In dieci vite hai avuto un numero di compagni notevole. Prima di tutte tua nipote Susan. Che fine ha fatto? >>

<< Ha importanza? >> chiese, con una punta di accidia nella voce.

La Musa ridacchiò << Non ne hai la più pallida idea, non è così? Certo che è così. >>

<< Susan ha scelto di vivere la sua vita, ed io l’ho lasciata fare >>

<< Certo. E che ne sarà di questa ragazza? >> disse indicando di nuovo Rose. << Stai sbagliando tutto. Salvi molte vite, è vero, ma penso che dovresti farlo in completa solitudine. >>

<< Io non lo lascerò mai >> intervenne Rose.

<< Ora basta, Rose >> la interruppe il Dottore. << Musa Christophora ha ragione. >>

<< Neanche per sogno! >> esclamò la ragazza, rivolgendo l’attenzione al Dottore. << E poi anche se fosse ormai quel che è stato è stato, e non puoi essere punito per ciò che hai fatto secoli fa. Perché ora? Cosa c’è di diverso ora? >>

<< E’ complicato >> tagliò corto il Dottore.

<< Ogni cosa è complicata con te! E la questione non mi ha mai spaventata. E’ così terribile che non puoi dirmi di cosa si tratta? Tu lo sai, non è così? Come morirò intendo … Si tratta della mia morte? Posso sopportarlo, non ho paura. >>

<< Non posso sapere come morirai, Rose. O quando. So solo che prima o poi succederà, e questo mi fa stare male. Perché se fosse per me, vorrei sempre averti accanto, ed è un pensiero così egoistico, che non fa parte di me. Lo vedi? Tu mi mandi in confusione, Rose Tyler. Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto di averti trascinata in tutto questo. Perdonami. >>

<< Va tutto bene, ci sei tu con me. Sono al sicuro. >> mormorò lei dolcemente, afferrandogli il viso. Il suo sguardo era così stanco e mortificato che Rose non resistette e lo baciò sulle labbra con tutta la tenerezza di cui era capace. Il Dottore la abbracciò stretta a sé, come se avesse paura che svanisse via.

<< Non sei al sicuro >> mormorò, con la voce leggermente increspata. << Dici sempre un mucchio di sciocchezze, Rose Tyler. Ma se davvero vuoi restare, non ti costringerò ad andartene.  >>

Rose si staccò leggermente dall’abbraccio e rivolse lo sguardo alle Muse. << Resto >> disse con determinazione, senza staccare gli occhi da Musa Christophora che li guardava con aria di sufficienza.

<< Molto bene >> commentò lei, portandosi gli indici sulle labbra, studiandoli.

<< Beh, abbiamo lasciato il meglio per ultimo direi >> disse Musa Mathea, rivolgendosi a Dean e Castiel.

<< Dimmi Dean, come ti trovi in quel corpo? >>

<< Beh, poteva andarmi peggio. Sono molto sexy anche da donna >> rispose con quella nota sarcastica tipica di Dean Winchester.

<< Sei sempre il solito, non è così? Ma spiegami, cosa senti quando guardi Castiel? Il tuo amico, che ti ha salvato in così tanti modi, così tante volte … magari da uomo non te ne sei mai reso conto fino in fondo, ma ora? >>

Dean soffocò una risata con una specie di sbuffo. Guardò la Musa negli occhi e poi Castiel. Il blu più blu che avesse mai visto.

<< E’ vero. >> ammise << Castiel è un amico su cui posso sempre contare. Ma tra noi non c’è nulla di romantico. Diamine, lui è un Angelo del Signore. Hai una vaga idea di quel che significa? >>

<< Quindi mi stai dicendo che se Castiel non fosse un Angelo, se Castiel fosse un umano, allora sarebbe diverso? >>

Dean si ritrovò senza difese. Non poteva saperlo. Non sapeva se Castiel per lui era solo un amico. In quel momento mise in dubbio un sacco di cose. La testa gli faceva quasi male, e si sentiva così stanco.

<< Non lo so >> rispose in fine, sospirando.

<< Magari possiamo chiederlo a lui. Tu cosa ne pensi, Castiel? >>

Castiel non si scompose, come se sapesse esattamente cosa dire.

<< Dean ed io abbiamo un legame molto profondo. Io l’ho tirato fuori dall’Inferno, e da quel momento si è creato una connessione speciale che si limita a quella tra Angelo e Protetto. Il fatto che voi possiate vederci qualcosa di romantico mi disturba. >>

Il cuore di Dean perse un battito. Per la millesima volta. Tutte le volte per Cas.

<< Ouch >> commentò Musa Dominique.

<< Ti disturba? >> domandò Dean, sorprendendosi del tono triste della sua voce.

<< Non dirai sul serio, Dean! >> rispose l’Angelo. << Io e te? Insieme? Che assurdità! >>

Il cuore di Dean si fece piccolo piccolo, e la confusione nella sua testa aumentava sempre di più.

<< Assurdo, sì >> commentò tentando di sembrare il più neutrale possibile, ma Musa Mathea non se l’era di certo bevuta.

<< Ora capisci Dean? >> chiese << Forse dovresti smetterla di metterti sul piedistallo. Per Castiel non sei altro che una mansione da svolgere. >>

<< Un momento >> intervenne Castiel, improvvisamente arrabbiato. << Non ho mai detto questo. Dean è il mio Protetto, e per me aiutarlo non è semplicemente una mansione, come dici tu, ma un piacere. Perché oltre ad essere il mio Protetto è anche mio Amico, e non potrei mai, e dico mai abbandonarlo o voltagli le spalle. Lo stesso vale per Sam. >>

Dean sorrise in direzione di Cas, ma lui stava ancora fissando la Musa, con occhi di ghiaccio.

<< Bene >> disse lei semplicemente. << Beh, direi che posso anche ridarti la tua forma originale, Dean Winchester. >>

E  con uno schiocco di dita, Deana tornò ad essere Dean.

Dean scosse il capo, si sgranchì il collo e si voltò verso Cas. Il suo cuore perse un battito. Di nuovo, per l’ennesima volta. Forse la Musa aveva ragione, lui era davvero innamorato di Castiel, ma adesso che sapeva che per lui non era altro che un amico, se ne sarebbe fatto una ragione. Infondo non si era rovinato nulla, e la relazione tra lui e Cas sarebbe andata avanti normalmente, ed era giusto così.

Ma tutto questo gli era servito comunque da lezione: non avrebbe più dato nulla per scontato. Dean adorava Cas, e sapeva che a volte era uno vero stronzo nei suoi confronti, e gli dispiaceva. Ora aveva capito che lo faceva per reprimere quella parte di lui che avrebbe voluto semplicemente stropicciargli i capelli, abbracciarlo o … bacialo magari?

Il suo Angelo.

Il suo Cas.

E lui era il suo Dean. Non importava quale significato avesse il loro rapporto, ma solo il fatto che esistesse a Dean bastava.

<< Beh, direi che possiamo anche congedarvi ora. >> concluse Musa Christophora, battendo poi le mani tre volte. Tre volte, per tre Cavalieri che apparvero improvvisamente in volo da dietro l’altare e atterrarono sul cortile d’ingresso con la loro proverbiale eleganza.

<< E’ stato un piacere >> disse Musa Dominique, guadagnandosi una bella occhiataccia da parte di John che quasi voleva sfoggiare il dito medio, ma Sam lo bloccò appena in tempo.

<< Vorrei dire ‘Arrivederci’, ma spero vivamente di non dovervi mai più vedere, perciò … Addio.  >> disse Musa Mathea, poi quando tutti salirono a bordo dei Cavalieri, fischiò, e loro partirono in picchiata giù di sotto.

La camminata verso il TARDIS fu stranamente silenziosa. Tutti ripensavano a quello che era accaduto in totale silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri. John era ancora parecchio sotto shock, e la cavalcata a bordo del Cavaliere non lo aveva tranquillizzato per nulla. Ripensò a quando il Dottore disse che Cydonia era uno dei monti più alti dell’Universo, ed era terrorizzato all’idea di ritrovare vari parti di Sherlock sparse al suolo una volta atterrato. Il Dottore tirò fuori il cacciavite sonico e cominciò ad analizzare il terreno.

<< Non vi è la minima traccia di resti umani >> concluse dopo un’attenta analisi.

John non sapeva come prendere la notizia. Sarebbe stato un bene se ci fosse stata la minima chance che Sherlock fosse ancora vivo, ma non poteva essere così, per cui si sentiva solo più confuso ed amareggiato. Non aveva nemmeno dei resti su cui piangere, o da seppellire. Le lacrime ritornarono prepotentemente ad appannargli la vista e non poté fare a meno di lasciarle scorrere: trattenersi ormai era completamente inutile. Sam gli cinse le spalle nel tentativo di confortarlo, ma sembrava di abbracciare una statua di marmo.

Poi all’improvviso un barlume di speranza rischiarì la mente di John. << Sherlock era fissato con l’idea che noi in realtà non esistiamo … magari è così, magari lui è ancora vivo da qualche parte! Non essendo reali, non è possibile morire! Dico bene, Dottore? >> domandò speranzoso John, avvicinandosi al Dottore.

Il Dottore sospirò e guardò Watson negli occhi. << Non credo sia possibile, amico mio. Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto. Ma ho letto i libri, e posso garantirti che tornerà. >> disse tentando di usare un tono pacato. John annuì mestamente, e abbassò il capo.

Poi all’improvviso il Dottore sgranò gli occhi. << Oh mio Dio >> mormorò. << Sherlock Holmes è un genio >>

<< Dottore, che succede? >> domandò confuso Watson.

<< Il motto di Cydonia : non sprecare il tuo tempo, od esso sprecherà te. Qui il tempo non passa mai, per questo le Muse non invecchiano … quando ritorneremo alle nostre vite sarà tutto esattamente come prima. Sherlock lo sapeva. Lui … allunghiamo il passo, dobbiamo tornare al TARDIS, in fretta >>

Con una nuova speranza che gli faceva battere forte il cuore, John allungò il passo più svelto che poteva. Gli tornò in mente quando la zoppia gli sembrava un problema insormontabile, ma che riuscì a superare proprio grazie a Sherlock, e alla scarica di adrenalina che gli procurava risolvere casi insieme.

Ed ora eccolo di nuovo lì, a correre per Sherlock Holmes, come se fosse una cosa che aveva sempre fatto, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Il Dottore aprì in fretta la porta del TARDIS, tutti entrarono, e quando la porta fu chiusa, mise in moto e partirono. In meno di un secondo (il secondo più lungo della vita di John) si ritrovarono di nuovo nella rimessa di Bobby.

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Capitolo 6
*** EPILOGO - Prima che sia troppo tardi(s) - FINE ***


Sherlock era proprio lì, attaccato alla parete della casa di Bobby che con aria spavalda fumava la sua sigaretta. John gli corse in contro, e Sherlock gli si avvicinò sorridendogli. Ma ciò che Sherlock non si aspettava era un pugno in piena faccia.

<< Dimmi cosa diamine ti è saltato in mente, e come facevi a sapere che ci saremmo ritrovati qui sani e salvi >> disse col fiatone andando su tutte le furie.

Anche se aveva il naso gocciolante di sangue, sogghignava e ridacchiava.

<< E non ridere, cazzo! >> lo rimproverò, arrabbiato.

<< Reinchenbach Fall. L’ho letto su Wikipedia. Che mi sarei sacrificato per te, intendo. Così l’ho fatto. E ho fatto bene, a quanto pare. Non avevo idea che mi sarei ritrovato qui, sano e salvo. >>

<< Ma così hai alterato la storia! >> intervenne il Dottore

<< In meglio, oserei dire >> rispose Sherlock << Non avrei sopportato l’idea di vederti sposato con una certa Mary, o quel che era. La tua Beatrice, insomma. >>

<< Quindi Internet dice che dovresti buttarti giù da uno dei monti più alti dell’Universo, e tu lo fai? Ed io che ti facevo uno furbo! >> esclamò John

Sherlock sorrise e guardò Watson negli occhi << Sì >> rispose semplicemente << Doveva essere un palazzo in realtà, ma così è stato più scenoso. >>

John avrebbe voluto tirargli un altro pugno, ma lasciò perdere, ed invece gli si gettò al collo abbracciandolo.

<< Beh qualcosa di positivo da tutto questo siamo riusciti ad ottenerlo >> sospirò sollevato il Dottore. Rose gli afferrò la mano e lui si voltò verso di lei sorridendole.

Sherlock li osservò, e da ciò che aveva dedotto già molto tempo prima (precisamente quando i due fecero inaspettatamente capolino in Baker Street), quei due erano fatti l’uno per l’altra.

Ciò che aveva appreso riguardo Rose in particolare fu che era una ragazza coraggiosa, impavida, intelligente, furba. Passava il filo interdentale ogni sera, usava uno struccante a base d’olio, stirava i capelli tutte le sere e a giudicare dall’andatura sghemba indossava i tacchi poco volentieri. Aveva perso suo padre da molto piccola, come dimostravano i suoi vestiti troppo larghi di una o due taglie, quasi volesse assumere lei stessa un modello maschile in casa. Sua madre probabilmente era un’ incapace, ma il legame che legava la ragazza con la genitrice era molto stretto: Rose non sembrava il tipo di ragazza che sarebbe andata in giro con le unghie palesemente finte color fucsia fluorescente di sua spontanea volontà. La madre era probabilmente una fanatica che adorava mettersi in mostra, ma Rose le dava corda, specialmente durante quei Sabato sera noiosi passati a fare cose da donna, che la ragazza non sembrava particolarmente adorare. Ma lo faceva, perché voleva molto bene a sua madre e sapeva che le avrebbe fatto piacere.

Il Dottore fu molto difficile da esaminare, ed il fatto che gli effettivi novecento anni di età fossero celati in un corpo di un uomo sulla quarantina non era d’aiuto. Eppure c’era qualcosa nei suoi occhi che lasciava trasparire la stanchezza degli anni vissuti. Troppa stanchezza in un uomo solo. Un tipo di stanchezza dettata da un grosso fardello che si portava dentro, molto probabilmente. Il suo vero nome, forse?

No, era qualcosa di inimmaginabile, qualcosa di veramente grosso. Qualcosa che non ti aspetteresti da una persona universalmente riconosciuta come un eroe.

Rammarico, pentimento, rimorso, consapevolezza, voglia costante di fuggire.

L’ultimo della sua specie.

Sherlock capì e tacque.

Dean guardò Castiel, che però sembrava triste. << Cas, che cos’hai? >> domandò visibilmente preoccupato.

Cas guardò il Dottore, ed egli annuì, come se avesse capito cosa volesse dire con quello sguardo.

<< Castiel, Dean, entrate nel TARDIS, venite >> disse, e tutti e tre entrarono nella cabina. Dopo aver pigiato un paio di bottoni sul pannello di comando, il Dottore si congedò

 << Ora però vi lascio soli, avrete un sacco di cui parlare immagino >>

<< Grazie >> disse Castiel, guardando il Dottore. Sorrise, e poi uscì lasciando i due da soli.

<< Cas, ma cosa … >>

<< No Dean, lasciami parlare, okay? >> lo interruppe subito l’Angelo. Dean annuì confuso.

<< Mi dispiace per quello che ho detto a Cydonia, la verità è che se tu non fossi il mio Protetto avrei voluto qualcosa di diverso per noi. Ma il Cielo ci è avverso, e purtroppo non posso farci nulla. Ho pensato più volte alla possibilità di perdere la mia Grazia, ma sarebbe stato da pazzi. E comunque preferisco così, l’umanità mi ostacolerebbe dall’esserti accanto ogni volta che batti ciglio. In ogni caso volevo solo chiederti scusa, ecco tutto. >>

Le parole gli uscirono naturalmente, senza che avesse preparato un discorso o cose simili. Perché quando si trattava di Dean, tutto era più naturale. Avergli appena confessato ciò che provava non lo disturbava affatto.

<< Non hai nulla da farti perdonare, Cas. Va tutto bene. Anche io vorrei che le cose fossero diverse, ed è strano per me … beh sai, tu sei un uomo prima di essere un Angelo del Signore, e sì insomma … >>

<< Sì, conosco la sensazione >> commentò Cas, sorridendo nervosamente.

<< Allora amici? >> disse Dean, porgendogli la mano.

<< Amici >> rispose Cas, stringendogliela.

L’angelo fissò ipnotizzato il sorriso incastonato sul volto del cacciatore e appena il TARDIS si mise in moto, non resistette all’impulso di baciarlo sulle labbra. Perciò lo fece, attirandolo a sé prendendolo per il colletto della giacca, senza più freni né tabù. Dean si sentì preso in contro piede e se lo staccò di dosso gentilmente.

<< Cas, che diavolo stai facendo? >> domandò confuso.

<< Io … scusa, credevo lo volessi anche tu … >>

Dean scosse il capo ridacchiando.

<< Certo che lo voglio! Ma ti metterai nei guai, ed io non voglio che ti succeda nulla … insomma, è per questa ragione che per tutto questo tempo non … >>

<< Non siamo localizzabili >> lo interruppe Castiel, sorridendogli furbo.

<< In che senso? >>

<< Vieni con me >> lo invitò offrendogli la mano. Dean la afferrò e lui lo trascinò fino alla porta del TARDIS e poi l’aprì. Dean spalancò la bocca stupefatto.

<< Nemmeno io mi ero mai spinto tanto lontano >> mormorò Cas, fissando stupefatto il panorama.

<< Cas, siamo nello spazio! >> esclamò estasiato. Castiel abbassò lo sguardo sulle loro mani ancora intrecciate e sorrise. << E’ fantastico, non è vero? >> Dean lo guardò sorridendo esterrefatto, incapace di dire qualsiasi cosa.

Entrambi si sedettero sulla soglia della porta, con le gambe a penzoloni nel Vuoto Cosmico, con le mani intrecciate e le teste appoggiate l’une alle altre in completo silenzio. Era così bello che nessuno dei due avrebbe voluto che quel momento finisse. Contemplarono le stelle, i pianeti, indicando e commentando tutto quello che vedevano.

<< Ma come facciamo a tornare a casa ora? >> domandò Dean improvvisamente preoccupato.

<< Il Dottore mi ha mostrato quale bottone schiacciare, stai tranquillo >>

<< E quando lo ha fatto? >>

<< Quando è entrato. Ha impostato il timer del TARDIS e poi mi ha segnato il tasto da premere con un bigliettino. Era tutto programmato.  >>

<< Oh >> disse Dean. << Molto astuto. Sono sorpreso. >>

Castiel sogghignò.

Dopo qualche secondo di silenzio, Dean riprese la parola.

<< Come sarà adesso la situazione quando torneremo a casa? >>

L’Angelo sospirò. << Dovremmo fare come se nulla fosse purtroppo. Il Dottore ci sta concedendo tutto il tempo che vogliamo in questo momento, e ce lo faremo bastare. >>

<< Beh allora … >> mormorò Dean, fissando le labbra di Cas come se fossero un prelibato pezzo di crostata. Lo afferrò per la cravatta e lo baciò con trasporto: non gli importava più nulla, ormai. L’inferno l’aveva già visto, e avrebbe scommesso che date le circostanze, probabilmente ci sarebbe marcito per sempre lì sotto. Ma che importanza poteva avere, se le labbra di Cas erano come il Paradiso? Le sentiva così morbide, così … giuste, attaccate alle sue che si maledì per non averlo baciato prima. Sorrise contro la sua bocca, mentre pensava che effettivamente essere diventato donna, aver incontrato il Dottore, essere andato su Marte a fare visita a quelle dannate Muse di Cydonia era stata davvero la miglior cosa che potesse capitargli.

<< Perché stai ridendo? >> domandò confuso Castiel staccandosi di qualche centimetro dalle labbra di Dean.

<< Pensavo a quanto tutto questo sia così surreale. Insomma, stamattina ero una donna, poi siamo andati su Marte dove delle tizie mi hanno detto che praticamente sono uno spaccone idiota che farebbe meglio a schiarirsi le idee e capire cosa prova realmente nei confronti dell’ uomo con cui ora mi sto baciando appassionatamente a bordo di una cabina multidimensionale, con le gambe a penzoloni nel Vuoto Infinito. Tu che dici? >>

<< Dico chi se ne frega >> mormorò, catturando nuovamente le labbra di Dean.

Risero entrambi e, continuando a fissare le stelle accoccolati l’uno a l’altro, si concessero il tempo perduto.

Ed è così che finisce la nostra storia. Il Dottore e Rose continuarono a viaggiare insieme riscoprendo l’amore che provavano l’uno per l’altro, ma purtroppo il loro destino è quello di separarsi per sempre alla Baia del Lupo Cattivo, in Norvegia. Il Dottore non è mai riuscito a dire a Rose che la amava.

John e Sherlock vivono alla giornata, sempre insieme, al 221B di Baker Street a risolvere casi, e concedersi tempo per loro stessi lontano da occhi indiscreti.

Castiel e Dean si concessero parecchio tempo nel TARDIS, e se lo fecero bastare. Dean discusse della cosa con Sam che, contrariamente a quanto Dean si aspettasse, non si mostrò affatto sorpreso. Chiaramente tra loro non successe più nulla, ma ciò che li legava era insostituibile ed indissolubile, e sarebbe stato così per sempre.

Le Muse di Cydonia continueranno sempre a fare il loro mestiere, perciò, caro lettore, attento a quel che fai.

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